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Kristin Bjornsen si chiedeva se sul pianeta Barevi l'unica stagione fosse l'estate. La temperatura aveva subito ben poche variazioni nei nove mesi da quando era arrivata. Ne aveva trascorsi quattro in schiavitù, in quella che sembrava l'unica vasta città del pianeta, e da cinque godeva di una relativa libertà in quella giungla - anche se in condizioni critiche di sopravvivenza - dopo essere fuggita a bordo del flitter che aveva rubato. La tunica senza maniche che indossava era fatta di tessuto indistruttibile, ma non era adatta al freddo. La scollatura era indecente e la gonna le arrivava a metà delle lunghe cosce. In realtà, lo stile ricordava quello del mini tubino che indossava in quella mattina primaverile quando le astronavi catteni erano piombate su Denver, una delle cinquanta città sparse in tutto il mondo scelte dai conquistatori per dare una dimostrazione pratica. Un attimo prima era diretta al campus del college, e il successivo era una delle migliaia di abitanti di Denver, esterrefatti e terrorizzati, che venivano spinti a colpi di staffile sulla rampa di un'astronave, al confronto della quale la Queen Elizabeth sembrava un giocattolo. Una volta inghiottita dalle sue fauci, Kris, come tutti gli altri, era stata ben presto tramortita dal gas inodoro. Quando lei e i suoi compagni di sventura si erano svegliati, si trovavano nei recinti per gli schiavi di Barevi, in attesa di essere venduti. Con il nocciolo, grosso come un avocado, della gorupera che aveva appena mangiato, Kris prese di mira lo stelo centrale di un vicino boschetto di rovi dai rami color porpora. Dal cespuglio partì subito una pioggia di dardi. Kris scoppiò a ridere. Aveva scommesso che il giovane cespuglio avrebbe impiegato meno di cinque
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minuti per riarmarsi, e così era stato. Quelli più grossi impiegavano un tempo più lungo per piazzare nuovi missili, come aveva scoperto a proprie spese. Con aria distratta, allungò la mano sopra la testa per cogliere un'altra gorupera. La vecchia cara Terra non offriva niente che ne uguagliasse il gusto. Diede un morso alla polpa soda e rossastra del frutto, il cui succo le gocciolò lungo il mento e sui seni abbronzati. Dando uno strattone alla spallina dell'aderente tunica, lo asciugò. L'indumento era fantastico per abbronzarsi, ma quando fosse arrivato l'inverno? Avrebbe dovuto dedicarsi a raccogliere noci e a essiccare gorupere sulle rocce accanto al fiume in previsione della stagione fredda? Arricciò il naso guardando la pera mangiata a metà. Erano saporitissime ma nutrirsi esclusivamente di quei frutti le lasciava una voglia prepotente di altri fondamentali sostanze dietetiche. Osservando le creature della giungla, era riuscita a intuire cosa fosse commestibile. Grazie al corso di sopravvivenza che aveva seguito, possedeva un'idea superficiale di come fare esperimenti sulla propria pelle. Aveva avuto due reazioni violente a sostanze che i mammiferi sembravano divorare in grosse quantità, ma gli uccelli l'avevano indirizzata verso altre sostanze commestibili. Il periodo passato al reparto per la preparazione del cibo del suo "padrone" le aveva insegnato a individuare una varietà di prodotti, anche se pochi crescevano allo stato selvatico in quella giungla. Ciò nonostante, i piccoli pesci dalle scaglie gialle del fiume le avevano fornito sia proteine sia esercizio fisico. Un ronzio sordo attirò la sua attenzione. Si alzò in piedi, mantenendosi in equilibrio sull'alto ramo dell'albero e, scostando le fronde, sbirciò il cielo sereno. Due delle numerose lune che giravano intorno a Barevi erano visibili a ovest. Sotto di loro saettavano e scendevano in picchiata puntini che scintillavano alla luce del sole. I ragazzi hanno indetto un'altra battuta di caccia, pensò tra sé e, sempre sorridendo, si appoggiò al tronco dell'albero per osservare la scena da quel posto privilegiato. Nella giungla vivevano non poche creature, decisamente grosse e feroci, che era riuscita a evitare, trasformandosi in un Tarzan in gonnella e imparando a ser-
virsi di alberi e liane. A forza di duro lavoro e sudore, aveva sfruttato l'utile attrezzatura in dotazione al flitter per legare le liane agli alberi che le permettevano di andare avanti e indietro dalle zone dove si riforniva di cibo e dal fiume. Tutte le sue vie di fuga erano aeree. Prima di allontanarsi senza chiedere il permesso dal suo "lavoro", Kris non si era limitata a studiare cos'era commestibile su Barevi, ma ne aveva anche imparato la lingua, un idioma poliglotta composto dalle parole di sei o sette dei linguaggi parlati dagli schiavi e usato dai "padroni" per impartire ordini. Aveva racimolato qualche informazione sugli invasori della Terra, i catteni. Tanto per cominciare, non erano nativi di quel mondo ma provenivano da un pianeta molto più pesante e più vicino al centro galattico. Erano una delle razze di esploratori mercenari al servizio di una grande federazione. Solo in tempi recenti avevano colonizzato Barevi, che serviva loro da magazzino per il bottino accumulato depredando pianeti ignari, che non facevano parte della federazione, e da centro di riposo e svago per gli equipaggi delle loro enormi astronavi. Dopo anni di caduta libera nello spazio e di pianeti dalla minore forza di gravità, i catteni avevano difficoltà a far ritorno al loro mondo natale, più pesante e deprimente. Durante la sua breve schiavitù, Kris aveva udito i catteni vantarsi di voler morire in qualunque punto della galassia fuorché Catten. Il loro modo di "giocare", pensava Kris, era abbastanza violento da garantire che morissero giovani, oltre che lontani da Catten. Predatori enormi vagavano per le pianure e le giungle incontaminate di Barevi, e uno dei passatempi preferiti dei catteni era quello di affrontare un mostro simile a un rinoceronte armati di un'unica lancia. Cioè, ricordò Kris con un sorriso tetro, quando non si azzuffavano tra di loro per presunti insulti e offese. Due schiavi, amici suoi, erano rimasti schiacciati sotto i corpi massicci di alcuni catteni durante una mischia generale. Da quando era arrivata nella valle, aveva assistito a una mezza dozzina di scontri tra i rinoceronti e i catteni. Abituati a una gravità di gran lunga superiore a quella di Barevi, i catteni erano capaci di eseguire evoluzioni in-
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credibili mentre fiaccavano la loro preda. Le povere creature avevano meno probabilità di un toro da corrida e, in tutte le cacce alle quali Kris aveva assistito, solo un uomo era rimasto ferito, e si era trattato di un semplice graffio. Mentre i flitter si avvicinavano, si rese conto che non si comportavano come una squadra di cacciatori. Tanto per cominciare, un puntino precedeva di gran lunga gli altri. E, perdio, Kris vide i lampi luminosi delle armi anteriori dei flitter inseguitori che sparavano al "leader". Preda e cacciatori erano ormai arrivati ai piedi della valle. D'un tratto, un fumo nero eruppe dalla parte posteriore del flitter inseguito che puntò verso l'alto, si librò riluttante, quindi precipitò di sbieco, per andare a sbattere contro il groviglio di massi lungo la riva del fiume, non lontano dal suo nascondiglio. Kris sussultò quando vide una figura uscire barcollando dai rottami. Non riusciva a credere che perfino un catteni potesse sopravvivere a un simile incidente. Sorpresa, lo osservò mentre si rimetteva in piedi a fatica, quindi saltava da un masso all'altro per allontanarsi dal relitto fumante. Il velivolo esplose con una fiammata di una luminosità straordinaria. Frammenti volarono sibilando nel sottobosco fino al suo rifugio, e gli stupidi rovi che lei aveva provocato poco prima scagliarono i loro piccoli dardi dalla punta avvelenata. Adesso il fumo che si levava dai rottami oscurava la scena, e Kris perse di vista l'uomo. Gli altri flitter avevano raggiunto il relitto e si libravano sopra di esso, come tante enormi api furiose, impennandosi, scendendo in picchiata, cercando di perforare la cortina di fumo. Una brezza pomeridiana faceva turbinare le nuvole nere e Kris scorse di sfuggita l'uomo, che continuava ad allontanarsi barcollando dal luogo del disastro. Lo vide inciampare e cadere, dopodiché rimase a terra immobile. In alto, le api ronzavano rabbiose, girando in cerchio intorno al fumo, chiedendosi probabilmente se la loro preda fosse saltata in aria con l'esplosione. Di regola, i catteni non si davano la caccia l'un l'altro, si disse Kris, sorpresa di scoprire che era già a metà
strada dal terreno. Litigano come irlandesi, certo, ma inseguire un uomo così lontano dalla città ? Cosa può aver fatto? L'incidente si era verificato a una distanza tale per cui Kris non era riuscita a distinguere i lineamenti o la corporatura dell'uomo inseguito. Forse era uno schiavo fuggito, come lei. Se non era un terrano, poteva appartenere a una delle altre cinque o sei razze sottomesse che vivevano su Barevi. Uno che aveva avuto il fegato di rubare un flitter non meritava di morire sotto gli staffili dei catteni. Kris scese lungo il pendio, badando a evitare i numerosi rovi che dominavano quei boschi. Una volta si era divertita a immaginare che i rovi fossero i protettori delle gorupere, perché le due piante crescevano sempre l'una accanto all'altra. In cima al dirupo, sopra le cascate, afferrò la liana che vi aveva fissato per una discesa veloce. Una volta sulla sponda del fiume, seguì le rocce piatte e asciutte finché arrivò alle pietre che le permettevano di guadarlo, a valle dell'ampio specchio d'acqua formato dalle piccole cascate. Si calò lungo una gola, attraversò un'altra radura infestata da rovi e subito dopo si trovò proprio sopra il punto in cui aveva visto l'uomo per l'ultima volta. Tenendosi vicino alle rocce marroni, di una sfumatura così simile alla sua pelle abbronzata, superò l'ultimo tratto. Mancò poco che inciampasse in lui mentre il vento soffiava fumo nero tra le rocce. - Un catteni! - urlò, furiosa, mentre si chinava a esaminare l'uomo svenuto e riconosceva l'uniforme grigia e gialla, benché stracciata e macchiata di nero. Infilandogli con disprezzo un piede sotto la spalla, tentò di voltarlo, ma non ci riuscì. L'uomo avrebbe potuto essere un macigno. Kris s'inginocchiò e gli girò la testa, afferrandolo per la folta capigliatura color grigio ardesia, che in un catteni non indicava l'età; avevano tutti i capelli dello stesso colore. Che fosse morto? Non era la sua giornata fortunata perché respirava ancora. Un livido sulla tempia era uno dei motivi che spiegavano il suo stato d'incoscienza. Per essere un catteni, era quasi di bell'aspetto.
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La maggior parte di loro avevano lineamenti grossolani e rozzi; quello aveva invece un naso dritto, quasi aristocratico, anche se era più prominente di quanto avrebbe fatto piacere a un elefante, e la bocca era generosa e dalla linea bella. Il catteni che l'aveva comprata aveva labbra carnose e tumide, e Kris sapeva che i catteni dimostravano un'accentuata libidine sessuale per le donne terrane. Un crepitio secco la fece voltare di scatto; quegli imbecilli stavano sparando al relitto in fiamme. Kris abbassò lo sguardo sull'uomo svenuto, chiedendosi cosa diavolo avesse fatto per provocare una simile reazione. Era evidente che lo volevano morto e sepolto. Il fuoco di fila polverizzò ciò che restava del flitter, togliendo esca al fuoco. Il vento, denso di polvere, sollevò un tanfo acre dai rottami. L'uomo si agitò e tentò invano di sollevarsi, solo per ricadere riverso con un lamento. Kris vide che i flitter volavano in cerchio per atterrare sull'altopiano a valle del relitto. - Si perlustra la scena del delitto, eh? Era un'assurdità, si disse, aiutare un catteni solo perché quelli della sua razza gli davano la caccia. Ma... ispezionò il tragitto che aveva percorso, per controllare che non avesse lasciato tracce che potessero condurre a lui. Si spinse fin dove potè sulla nuda roccia. Dove iniziava il terreno fangoso, si era depositato uno spesso strato, che aveva cancellato eventuali orme. Dopotutto, c'era il rischio che i catteni la scoprissero, se avessero deciso di effettuare una perlustrazione accurata della zona, nel dubbio che la loro vittima fosse scampata al disastro. Quando tornò, lui si era alzato in piedi, stordito, con le grosse braccia che gli pendevano lungo i fianchi mentre si sforzava di mettere a fuoco la vista. Kris tentò di guidarlo ma era come comandare a una montagna di muoversi. - Coraggio, Maometto - lo sollecitò a voce bassa. Fa' il bravo, cammina fino al fiume così ti ci butterò dentro. L'acqua fredda dovrebbe svegliarti. In lontananza, uno schiamazzo di voci la fece trasalire. Dio, quei catteni non avevano perso tempo a risalire
la parete rocciosa. Si era dimenticata che potevano compiere balzi prodigiosi, grazie alla minore di gravità di quel pianeta. - Stanno arrivando. Seguimi - gli disse in lingua barevi. Lui gemette di nuovo, scuotendo la testa per schiarirsela. Si voltò verso di lei, con i grandi occhi gialli ancora sbalorditi per lo shock. Kris non si sarebbe mai abituata alle loro pupille color burro con le iridi nere. - Da questa parte! Presto! - Lo tirò con impazienza. Se non si fosse deciso a muovere quei tronchi che erano le sue gambe, l'avrebbe abbandonato a se stesso. Su Barevi, era meglio che i buoni samaritani non si facessero catturare dai catteni. Lo tirò per un braccio e lui parve prendere una decisione. Fece un balzo in avanti, stringendole la spalla con la grande mano in una morsa d'acciaio. Raggiunsero l'argine con un buon vantaggio sugli inseguitori, ma Kris gemette rendendosi conto che, a malapena cosciente com'era, lui non sarebbe riuscito a guadare il fiume. Le grida alle loro spalle indicavano che gli altri si stavano disponendo a ventaglio per perlustrare le rocce. Kris si affrettò ad afferrarlo per le dita della grossa mano e lo condusse alla base delle cascate. - Peggio per te se non sai stare a galla - commentò con aria truce. Gli lasciò andare la mano, indietreggiò e, Presa la rincorsa, gli diede una spallata e lo gettò in acSi tuffò al suo fianco e, vedendo che stava andando a fondo, lo afferrò per la folta capigliatura. Per fortuna, in acqua anche un catteni di quella mole era manovrabile. Facendo appello a tutta la sua forza e alla sua abilità di nuotatrice, gli tenne la testa fuori dall'acqua sostenendolo sotto il mento. Per un caso fortunato, erano riaffiorati nel tratto tra l'arco delle cascate e la rupe, così che la cortina d'acqua li nascondeva alla vista. Mentre il catteni iniziava a divincolarsi nella sua stretta, i cinque inseguitori si materializzarono in modo spettacolare nella radura accanto allo specchio d'acqua. Il suo "Maometto" fu subito sul
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chi vive e, invece di divincolarsi, si mantenne a galla agitando i piedi. I catteni stavano discutendo tra di loro e ognuno sembrava impartire ordini contrastanti agli altri. Maometto si sottrasse alla sua presa sotto il mento, senza mai staccare gli occhi gialli dal gruppo sull'argine. Rimasero a osservare, muovendo le mani il minimo indispensabile anche se la cascata avrebbe nascosto eventuali increspature. Dopo un acceso dibattito, uno dei catteni attraversò il vasto specchio d'acqua con un balzo per Kris prodigioso. Insieme a un altro, cominciò a spostarsi a valle, esaminando con cura entrambi gli argini e superando con naturalezza massi grossi come chiatte. Gli altri si allontanarono di corsa nella direzione da cui erano arrivati, continuando a discutere. Trascorso un periodo di tempo interminabile, durante il quale l'acqua gelata ghiacciò Kris fino al midollo, il fuggiasco le toccò la spalla e accennò con il capo verso la riva. Ma quando lei si rese conto che intendeva tornare sui propri passi, scosse con energia la testa, indicandogli la sponda opposta. - Da quella parte saremo al sicuro - urlò per sovrastare il rumore della cascata. Lui aggrottò la fronte. - Ho un flitter dove possiamo nasconderci. - Kris puntò il dito nella direzione del velivolo nascosto. Quando si rese conto di quello che aveva appena detto, lo fissò sbigottita. - Oh, Dio! Lui inarcò un sopracciglio, confuso, e per un lungo momento Kris sperò che non avesse afferrato il significato delle sue parole. Purtroppo non era così, e ora nei suoi occhi gialli brillava un interesse di tipo diverso. È come un grosso leone, pensò Kris, quasi soffocando per la paura. - Hai aiutato un catteni - disse lui con una voce profonda in lingua barevi. - Non ne pagherai le conseguenze! Kris non ne era convinta quando tentò di uscire dal fiume e scoprì di essere intorpidita dal freddo e svuotata di energie. Lui, invece, non incontrò la minima difficoltà
e, con un cipiglio irritato, la osservò mentre si dibatteva invano. Poi, senza sforzo apparente, le strinse le lunghe dita intorno all'avambraccio e la trascinò fuori dall'acqua, sostenendola finché ebbe ritrovato l'equilibrio. Rabbrividendo, Kris alzò la testa a guardarlo. Dio, quanto era grosso: il catteni più alto che avesse mai visto. Lei aveva ereditato la statura del padre svedese e, a piedi nudi, era alta un metro e settantotto. Superava di diversi centimetri la maggior parte dei catteni che aveva incontrato, ma lui la guardava dall'alto in basso. E le sue spalle erano larghe come la lama di un apripista. - Dov'è il flitter? - le domandò, laconico. Lei indicò la direzione, furiosa con se stessa perché non aveva esitato a ubbidire e perché non riusciva a smettere di battere i denti e a controllare il tremito del corpo. Lui le prese la mano, allentando la stretta quando le sfuggì un sussulto involontario di dolore. Sostituisci "zampe immonde" con "zampe ad alta forza di gravità", si disse Kris, in un tentativo di tenersi su di morale mentre gli si piazzava davanti. - Dovrò far strada tra i rovi - gli disse. - Oppure i rovi non danno fastidio alla pelle dei catteni? - aggiunse con insolenza. Lui sorrise cogliendola di sorpresa. - Forse per te è una fortuna che ce ne diano. Mentre si voltava, Kris si rese conto di non aver mai visto un catteni sorridere. Notò anche che seguiva con cura i suoi passi. Era bello sapere che era ansioso quanto lei di non disturbare i rovi con i loro piccoli dardi malevoli. Erano a metà strada dal flitter nascosto quando udirono entrambi, sul lato destro della valle, la raffica intermittente di forti voci catteni. Maometto si arrestò e si accovacciò, inclinando il corpo in modo da non toccare la vegetazione circostante. Rimase in ascolto e, benché le parole fossero troppo alterate perché Kris potesse afferrarne il significato, era evidente che lui le capiva. Un sorriso privo di allegria gli sfiorò le labbra e nei suoi occhi brillava una luce che la spaventò.
- Hanno notato un certo movimento da questa parte. Sbrigati ! - le disse a voce bassa. Kris partì al piccolo trotto; il sentiero serpeggiante sconsigliava un'andatura più veloce. Quando sbucarono nella valletta subito prima di un esteso folto d'alberi, si arrestò. - Dove? Ti sei persa? - chiese lui. - Attraverso quei cespugli. Sta' attento e muoviti solo quando te lo dico io. Lui la osservò con aria scettica mentre raccoglieva una manciata di piccole pietre. Con consumata disinvoltura e un'accurata valutazione, Kris le lanciò da destra a sinistra, osservando e contando le sventagliate di spine per essere sicura di aver fatto scatenare tutti i cespugli. Per misura di sicurezza, raccolse un'altra manciata di ciotoli e li lanciò in un ampio arco. Non ci furono altre piogge di spine. - Muoviti! - Maometto lo fece con un tempo di reazione talmente più rapido del suo che era già a metà della radura prima che Kris potesse rendersene conto. Si affrettò a raggiungerlo e a superarlo. - Abbiamo cinque minuti di tempo per attraversarla prima che si riarmino. Un'espressione che era quasi di rispetto gli passò sul volto. Lei lo trascinò con impazienza e iniziò a farsi strada tra i cespugli, seguendo un percorso personale, imparato a memoria per oltrepassare l'ostacolo. Quando superò l'ultima curva e lui vide il flitter, con il muso immerso tra l'intrico dei cespugli, gli sfuggì quella che, secondo Kris, era la versione catteni di una sghignazzata. Spalancò la portiera del flitter e, con un gesto regale, lo invitò a entrare. Lui puntò dritto al quadro strumenti, mugugnando mentre accendeva l'interruttore centrale. - Metà serbatoio di carburante - borbottò, facendo un rapido controllo delle altre letture. Diede un'occhiata alla capote trasparente, mimetizzata dal groviglio di fronde, al letto che lei si era fatta nella cabina, agli utensili che aveva ricavato adattando i pezzi di ricambio contenuti negli stipi. - Dunque, sei stata tu a rubare la vettura personale del comandante - disse lui, fissandola con attenzione.
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Kris sollevò il mento. - Io, almeno, l'ho fatta atterrare tutta d'un pezzo - replicò. La sua risposta gli strappò una risata sonora. - Facendola precipitare in un folto d'alberi? - Di proposito! - Appartieni a una delle nuove razze? - Io sono una terrana - ribatté lei con orgoglio altezzoso, anche se un tremito convulso guastava il suo portamento. - Una razza dalla pelle sottile - commentò lui. Leguardò il petto, notò che si sollevava e si abbassava per il recente sforzo, che i seni premevano contro l'indumento del tutto inadeguato e iniziò ad accarezzarle la spalla con un dito, lentamente. Fatto sorprendente, il suo tocco aveva la leggerezza di una piuma. - Morbida al tatto - commentò con aria distratta. - Non ho ancora provato una terrana... - E non comincerai con questa - ribatté Kris, scostandosi da lui per quanto glielo consentiva lo spazio ristretto dell'abitacolo. La sua perplessità si trasformò in irritazione. - Lo farò se vorrò. - Ti ho salvato la vita! - Ed è per questo che intendo ricompensarti in modo adeguato... - Violentandomi? - Kris tastò intorno e trovò un pesante attrezzo di metallo. Non che quello "stuzzicadenti" potesse far grossi danni a un catteni, ma era decisa a provarci. Un catteni non rispondeva alla sua idea di candidato per il ruolo di amante. - Violentandoti? - La sua sorpresa era comica. - Eri convinto che le donne terrane svenissero dalla gioia al pensiero di essere possedute dai tuoi simili? disse Kris, parlando a voce bassa e minacciosa e accentuando la stretta sull'attrezzo. - Nessuna si è lamentata... - Maometto s'interruppe, accovacciandosi con una rapidità incredibile mentre entrambi udivano aspre bestemmie. L'istante successivo, lui le aveva messo una grossa mano sulla bocca e la teneva con il corpo inchiodato al
proprio, come una mosca a carta moschicida. L'attrezzo di metallo ciondolava inutile dalla sua mano. Nessuno dei due aveva chiuso la portiera del flitter, perciò si udì con chiarezza il ronzio quando i rovi fecero partire i loro dardi. Ci furono esclamazioni rumorose di disgusto e altre bestemmie. Voltando la testa, Kris poteva vedere la faccia del catteni e il suo occhio sinistro in cui brillava un lampo di maliziosa allegria. Una voce autoritaria impartì un ordine brusco e perfino Kris capì che si poteva tradurre in un: - Tagliamo la corda. Da questa parte non è passato niente. Maometto la fece spostare in modo impercettibile, guardandola in volto mentre le toglieva la mano dalla bocca, un gesto che la sfidava a mettersi a urlare. Kris lo fissò in cagnesco; lui sapeva benissimo che aveva tutto da perdere se avesse gridato. Rimasero immobili finché si udirono di nuovo i rumori della giungla fuori dal flitter. Solo allora lui la rimise con i piedi per terra e si guardò di nuovo in giro. - Questa vettura è scomparsa da cinque mesi. Perché sei rimasta da sola tutto questo tempo? Ci sono altri come te nei dintorni? - Sbirciò fuori da una sezione del finestrino panoramico dal quale si scorgeva qualcosa di più dei rami. - Nessuno tranne me. - Kris stringeva ancora in mano l'attrezzo di metallo e si chiedeva se sarebbe riuscita a colpirlo abbastanza forte da fargli perdere i sensi. Perché quei catteni erano così ansiosi di catturarti? - Oh, un errore tattico - rispose lui facendo spallucce. - Sono stato costretto a uccidere il loro capo pattuglia. Aveva insultato un fratello emassi - e lei colse le sillabe di quella parola sconosciuta. - Non avendo alleati, ho battuto in ritirata. - Chi si batte e fugge si salva per combattere un altro giorno? - L'indomani - la corresse lui distrattamente. - L'indomani? - Certo. Secondo la legge catteni una lite non può protrarsi oltre la stessa ora del giorno seguente. Non de-
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vo far altro che restare nascosto fino a domani, quando il sole sarà allo zenit, e allora potrò tornare. - Non ti staranno aspettando? Lui scrollò il capo con energia. - È contro la legge. Altrimenti, noi catteni ci stermineremmo l'un l'altro molto in fretta. - Mi stai dicendo che, se non riescono a trovarti prima di domani a mezzogiorno, dovranno rinunciare? Lui annuì. - Anche se hai ucciso il loro capo pattuglia? Lui sembrava sorpreso. - È stata una lotta leale. - Non sapevo che voi catteni combatteste lealmente. - È così - s'inalberò Maometto a quell'accusa, ma subito dopo l'irritazione svanì, sostituita da un sorriso. Oh, secondo te, da parte nostra non è stato leale impadronirci del vostro pianeta. - Proprio così. Lui si mise a cavallo del sedile del pilota e appoggiò le braccia muscolose sullo schienale, molto divertito dalla sua indignazione. - Il vostro pianeta era privo di difese. È stato di una facilità ridicola sottometterlo. - Quindi, lo fate spesso? - Ti assicuro che è un affare molto redditizio. Come ti sei nutrita? - le chiese di punto in bianco e, udendo provenire da lui il più incredibile dei rumori, si rese conto che gli stomaci dei catteni potevano brontolare per la fame proprio come quelli degli esseri umani. Per quanto strano, quel particolare lo fece apparire meno minaccioso. - C'è un sacco di roba commestibile nella foresta, inoltre, il fiume è pescoso. - Davvero? - Vengo da una razza ricca d'ingegno. Non ho avuto difficoltà a rimpinzarmi a sazietà. Lui inclinò la testa in un gesto di rispetto. - Tieni delle provviste qui? Decidendo che non era il caso di avvicinarglisi troppo, Kris indicò il cesto sul pannello di comando alle sue spalle. - Gorupere e le radici di una pianta bianca che ho trovato perfettamente commestibile. Quando lui si
voltò, lo sorprese che arricciava il naso con un sospiro. Sono sicura che non è cibo adatto per un catteni, abituati come siete ai viveri migliori della galassia, ma questo cibo semplice impedirà al tuo stomaco di continuare a brontolare. Il rumore che fa rischia di rivelare il nostro nascondiglio. A differenza di quanto aveva visto fare da altri catteni, lui non si ingozzò mettendo in bocca tutta la pera. Prese anche una delle radici, che avevano un sapore dolciastro, non dissimile da quello delle carote, e la passò da una mano all'altra, sbocconcellandola con educazione. Terminata la prima pera, si voltò verso di lei con un'espressione interrogativa. - No, grazie. Avevo appena finito di mangiare quando ho visto il combattimento ravvicinato. - Combattimento ravvicinato? - Un termine terrano, che deriva dalla battaglia aerea tra caccia bombardieri. - Caccia bombardieri? - Anche noi avevamo realizzato il volo spaziale - aggiunse Kris, chiedendosi, mentre l'orgoglio la spingeva a parlare, se qualcuna delle unità SAC fosse stata lanciata quando i catteni avevano invaso lo spazio terrano. - Ah, sì, certo. Difese primitive ma con equipaggi coraggiosi. Kris si sentì mancare il cuore. Negli ultimi tempi le capitava troppo spesso di ricevere risposte che non erano quelle che voleva ascoltare. Al campo di concentramento, uno degli schiavi proveniente dalla zona di Chicago aveva detto che missili aria-terra erano stati sparati contro i velivoli catteni. I capi di governo terrani erano stati lenti a organizzare la difesa, non sapendo chi o cosa si fosse infiltrato nell'atmosfera. Avevano perso troppo tempo per poter ribaltare la situazione. Bill, che al momento indossava il suo walkman, aveva ascoltato i bollettini radiofonici fino a quando l'avevano fatto salire a furia di frustate sull'astronave dei catteni. Parlando tra di loro, i prigionieri avevano appreso che non tutte le grandi metropoli erano state attaccate e saccheggiate: solo un numero sufficiente perché tutto il mondo riconoscesse la superiorità
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degli invasori. Era una magra consolazione per quelli che erano stati rapiti, ma bastava per ridare un po' di orgoglio. - Ne abbiamo disarmato la maggior parte - proseguì Maometto in tono realista - e abbiamo impedito alle astronavi di decollare. Goffe, ma se ne intuiva il potenziale. - Grazie. Lui inarcò le sopracciglia, perplesso. - Per cosa? - Un simile elogio per dei selvaggi primitivi! Maometto gettò la testa all'indietro e si sbellicò dalle risa. - Ssst, ti sentiranno. Ragli come un asino! - E tu parli come una femmina catteni ! - Devo considerarlo un complimento? - Perché no? - replicò lui, inclinando la testa. Negli occhi gialli gli brillava una luce divertita che Kris non aveva mai visto in altri catteni. - Tu non sei come gli altri. - Quali altri? - Tutti gli altri catteni che ho incontrato, e osservato. - Certo che non lo sono. Io sono emassi - replicò Maometto con pacato orgoglio, portandosi la grande mano al torace in quello che poteva essere interpretato come un gesto di fierezza. - Qualunque cosa sia. - Un rango elevato. - Con uno schiocco sdegnoso delle dita, appiccicose di succo di gorupera, in direzione della città dalla quale lei era fuggita, relegò i catteni locali a un ceto inferiore. - Io comando. Loro ubbidiscono - aggiunse, per accertarsi che lei capisse la differenza. - E quelli che stanno cercando di ucciderti? Ubbidivano? - Alle parole del loro capo pattuglia moribondo - rispose lui, scrollando le spalle con noncuranza - che chiedeva di farmi pagare per la sua morte. - Subito dopo aggrottò la fronte, fissando il pavimento come se stesse riflettendo al loro significato. - Non ha importanza. Entro domani a mezzogiorno, tornerà tutto come prima. E adesso - aggiunse, cominciando ad alzarsi dal sedile senza far mistero delle sue intenzioni. Kris non esitò oltre.
Con un balzo stile karate, si lanciò su di lui stringendo l'attrezzo di metallo con le due mani, e lo calò con tutta la forza del corpo sulla sua tempia. Lui crollò a terra con un gemito. L'aveva ucciso? Inorridita al pensiero di aver tolto la vita a qualcuno, anche se era un catteni arrogante, si inginocchiò al suo fianco, notando il sangue rosso che usciva dalla ferita al cranio, e gli tastò la gola. Se aveva sangue, doveva avere anche vene; e poiché aveva l'aspetto della maggior parte degli umanoidi, nel collo doveva essercene una che alimentava il cervello. C'era! Non era neanche debole; anzi, pulsava con vigore sotto le sue dita, ormai appiccicose di sangue. Oh, non andava affatto bene, si disse. I piccoli e disgustosi insetti muniti di pungiglione l'avrebbero fiutato e si sarebbero messi alla ricerca della fonte. Il flitter sarebbe diventato inabitabile. Per prima cosa fasciò la ferita con il tessuto assorbente che aveva trovato negli armadietti. Quindi, gli ripulì con cura il volto e ne strofinò la pelle grigiastra con succo di gorupera. Già in altre occasioni era ricorsa a quel metodo per neutralizzare l'odore e tenere lontani gli insetti; una scoperta che aveva fatto in modo casuale, molto utile per la sopravvivenza. Cadendo, una delle sue massicce gambe si era impigliata nel sedile. La sua non era senz'altro una posizione comoda, e il tessuto dei calzoni era teso sui genitali, mettendone in risalto le dimensioni in un modo che la fece sentire in imbarazzo per lui. E che aveva uno stranissimo effetto su di lei. Bene, si disse, non aveva motivo di offendere la dignità di un altro essere vivente visto che lei stessa non sopportava le umiliazioni. Kris aveva un senso radicato della lealtà. Anche se l'aveva colpito per difendere la propria virtù, non per questo doveva creargli più disagi del necessario. Fino a quando sarebbe durato l'effetto del colpo? E, una volta ripresi i sensi, che cosa le avrebbe fatto? Bene, pensò, poteva sempre citare la legge dei catteni sulle rappresaglie, anche se era probabile che non valesse per schiavi e non-catteni. Frugò negli armadietti per trovare qualcosa con cui legarlo. Trovò un pezzo di robusta corda ma niente catene, forse l'unico deterrente in grado di resistere alla loro forza.
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Si sedette al posto del pilota e riesaminò la situazione. Era stata una giornata faticosa, e si stava per concludere. Bene, e se l'avesse riportato da dove era venuto? Con il calare dell'oscurità, il traffico diretto verso la città sarebbe stato intenso, così che nessuno avrebbe riconosciuto il flitter rubato; dopotutto, erano passati cinque mesi. Per quanto tempo i catteni tenevano esposti gli avvisi per i "ricercati"? Ventiquattro ore? Forse per i catteni emassi ma non per gli schiavi fuggiti... sempre che qualcuno avesse notato la sua scomparsa. Accese i comandi, rassicurata che, a quanto lui aveva detto, il serbatoio fosse pieno a metà. Non riusciva a ricordare quanto segnava l'indicatore quando era fuggita ma era un velivolo di tipo economico, motivo per cui era così diffuso. Conosceva le coordinate della città, a due ore abbondanti di volo da lì, ma il carburante sarebbe senz'altro bastato per riportarla indietro. In ogni caso, doveva disfarsi di Maometto. L'avrebbe abbandonato in periferia, dove un corpo inerte sarebbe passato inosservato. D'accordo, forse non la periferia dove gli schiavi e i parassiti vivevano in condizioni di semisquallore. Poteva comunque scegliere tra tutti quei luoghi di raduno, dove i catteni tenevano esercitazioni e riunioni pubbliche. Aveva partecipato a una o due con il cuoco, che considerava simili dimostrazioni utili per mantenere la disciplina. A lei era bastato assistere una volta alla scena di un ribelle frustato a morte con gli staffili; più che sufficiente per riattizzare il suo desiderio di sottrarsi a una simile disciplina. Accelerando, fece uscire il flitter a marcia indietro dal nascondiglio. Il suo era stato un atterraggio fortunoso, per niente programmato come aveva lasciato intendere a Maometto. Non aveva tenuto d'occhio l'altimetro la notte della fuga, né si era resa conto che le pianure che circondavano la città si erano trasformate in un terreno collinare. Aveva avvertito qualcosa che sfregava contro la pancia del flitter, era stata presa dal panico e il muso si era inclinato. Si era trovata in mezzo al boschetto, investita dalle spine scagliate dai cespugli infuriati, prima di riuscire a correggere l'errore. Aveva funzionato. Kris nutriva una fiducia incrollabile che le cose si sarebbero ri-
solte... a patto di vivere abbastanza a lungo per permettere che succedesse. Diresse il flitter verso sudest, ma non prima di aver rilevato di nuovo le coordinate per la ritirata. Sarebbe dovuta tornare con la luce del giorno, se voleva ritrovare il boschetto. I rami tornarono di scatto al loro posto appena il flitter li ebbe lasciati andare. Le luci della città erano un punto di riferimento più attendibile dell'indicatore di direzione. Soltanto lo spostamento dell'ago sul quadrante la informava che si trattava di una bussola. Supponeva che ci fosse un pilota automatico, ma non era riuscita a individuare il relativo comando. La sua esperienza era dovuta al fatto che, ogni giorno, doveva accompagnare il cuoco ai mercati per acquistare derrate fresche e, osservandolo, ne aveva afferrato i concetti fondamentali. Poi, quando aveva visto il flitter del comandante, non era riuscita a resistere alla tentazione. Come Oscar Wilde, era capace di resistere a tutto tranne alle tentazioni. Le era davvero utile aver studiato letteratura inglese! A essere preziose erano tutte le materie parascolastiche, come imparare a orientarsi, o il corso di sopravvivenza che aveva suscitato l'ilarità di sua madre, o anche quello di karate. Come mettere KO gli abitanti di pianeti ad alta forza di gravità. Diede un'occhiata a Maometto, ma lui non aveva mosso neanche un muscolo. Sembrava che avesse smesso di sanguinare. Illuminata, la città aveva un aspetto abbastanza gradevole, pensò, con alcuni degli stili architettonici più insoliti investiti dalla luce dei riflettori; non che l'enorme e incombente edificio del quartiere generale dei catteni, nel cuore di Barevi City, meritasse di vincere un premio. Si sarebbe detto che ci fossero un sacco di luci accese in città, oppure dipendeva dal fatto di vederla dall'alto, piuttosto che esservi dentro. L'illuminazione scarseggiava invece in periferia, mentre vi si avvicinava per trovare un posto adatto dove atterrare. Bene, avrebbe proseguito fino a uno dei luoghi di raduno. Erano circondati da tozze sagome di alberi piantati per fornire ombra al pubblico delle cerimonie dei catteni, e c'era tutto lo spazio per atterrare. Fatto abbastanza strano, non erano molti i flit-
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ter che entravano in città provenienti dalla sua stessa direzione. Be', dopotutto lei era arrivata dalla giungla. A quanto sembrava, c'era invece un numero notevole di velivoli militari, ben più grossi, provenienti dal Q. G. dei catteni. Stava succedendo qualcosa, intuì Kris quando aprì lo sportello del flitter. Regnava un baccano diffuso, e in esso c'era una nota minacciosa. Certo, spesso un brusio in lontananza sembrava più minaccioso di quanto lo fosse in realtà. Doveva affrettarsi e andarsene da lì al più presto per tornare al suo rifugio. Prese la corda che aveva visto nell'armadietto e legò i piedi di Maometto, quindi l'avvolse intorno al tronco tozzo di un albero. Se ne sarebbe servita come di un verricello per scaricarne il corpo. Piedi e gambe penzolavano già fuori, ma il sedere si era incastrato contro il bordo del telaio dello sportello. Era così impegnata a far superare l'ostacolo al suo deretano che non si accorse che il rumore si era avvicinato. Anche le luci. Perfino l'oscurità del luogo di raduno si era rischiarata. Sbirciando lungo i viali di accesso alla zona, riuscì a scorgere le luci. Torce? E il frastuono era decisamente minaccioso. Cosa stava succedendo a Barevi City? Il baccano la indusse a raddoppiare gli sforzi per buttare Maometto fuori dal flitter. Il suo tronco doveva pesare una mezza tonnellata perché non riusciva a smuoverlo. Non c'erano dubbi che il rumore si stesse dirigendo da quella parte, come il traffico aereo. Kris scavalcò il corpo inerte e tentò di sollevarne il torso per spingerlo fuori dallo sportello. Sarebbe caduto da un'altezza di una trentina di centimetri e, con la testa dura che si ritrovava, non si sarebbe fatto male. Grugnendo, sbuffando, con i piedi puntellati contro il montante del sedile del pilota, tentò in tutti i modi di spostare Maometto. Rumori e luci stavano invadendo l'estremità opposta del luogo di raduno. Kris decise che era meglio ricaricarlo sul flitter e filarsela! Ne scavalcò il corpo, gli liberò i piedi dalla corda e stava piegandogli le gambe per rimetterlo sul flitter quando udì il rombo sordo di una grossa astronave e sentì la pressione dell'aria sopra la testa. Ansimava per lo sforzo e non ebbe il tempo di tapparsi il
naso e la bocca quando la prima zaffata dolciastra e fin troppo familiare invase l'aria intorno a lei. Crollò sui piedi della sua vittima, chiedendosi perché fosse stata così sciocca da rischiare la libertà per un pezzo grosso catteni !
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Il fetore indescrivibile di una moltitudine di corpi spaventati, chiusi in uno spazio ristretto, il sibilo inconfondibile di uno staffile e un grido risvegliarono in Kris un incubo ricorrente. Era incuneata tra due corpi caldi e sudati, con la guancia contro una superficie dura e fredda, le ginocchia sotto il mento, in una posizione scomoda. Si stupiva di essere rimasta priva di sensi così a lungo. Forse non voleva ammettere di trovarsi in una cella catteni, che in quel momento era superaffollata. Era buio, anche se non come sul mezzo di trasporto. Non avrebbe saputo dire se fosse o no una benedizione. Si mosse con cautela, perché era tutta indolenzita e avvertiva lividi e graffi sulle gambe nude, sulle braccia e sulla faccia. Era bello sentire il freddo della parete contro la guancia dolorante. Ma ora che i suoi occhi erano aperti e si stavano adeguando alla semioscurità, scorse del movimento. Era un locale dal soffitto basso, del quale distingueva a malapena il perimetro. Il luogo brulicava di corpi, ma subito dopo vide che c'erano due aperture e che i corpi venivano spinti fuori, in uno spazio più luminoso. Le fruste dei catteni sibilarono di nuovo e quelli intorno a lei si affrettarono ad alzarsi in piedi, seguendo l'esempio delle file più esterne. Kris evitava di respirare a fondo per non sentire l'odore disgustoso dell'aria. Si alzò in piedi puntellandosi contro la parete. La persona alla sua destra emise un gemito di dolore. Kris si scoprì a tentare di aiutare la donna; era infatti una femmina deski, così leggera e dagli arti così esili da temere di poterle rompere un osso. Dovevano essere molto più robusti di quanto sembravano, pensò, altrimenti non sa22
rebbero mai sopravvissuti al rude trattamento che i catteni riservavano a tutte le razze. Lo staffile risuonò pericolosamente vicino a lei, che si chinò di scatto. Era uno degli svantaggi di essere alta, ma era riuscita a far alzare la deski e ne sorreggeva il corpo traballante. Anche i riflessi automatici del buon samaritano erano uno svantaggio, pensò. Non posso aiutare tutti, perciò, aiuta quelli che puoi. Con le due mani, afferrò la deski per le spalle inconsistenti e la sostenne mentre si allontanavano dalla parete, nella direzione verso la quale i catteni volevano che andassero... le porte. Dunque, lei - e Maometto - erano stati coinvolti in un controllo di massa dei catteni. Be', era probabile che lui ne fosse già fuori perché era difficile che lo ritenessero uno della folla che avevano domato con i getti gassosi. Come al solito, lei era stata di una tempestività impeccabile, così si trovava di nuovo al punto di partenza. Be', non proprio ma abbastanza vicino da far poca differenza. Tuttavia, se era fuggita una volta, poteva riprovarci. In un modo o nell'altro, doveva pur farsi animo. Adesso erano abbastanza vicine alla porta per vedere che il locale accanto era pieno di getti d'acqua: una di quelle docce di massa che i catteni usavano per lavare i prigionieri. Di tanto in tanto c'era una breve pausa quando il catteni di guardia alla porta strappava via gli indumenti. Kris digrignò i denti. La procedura aveva sottintesi che non le piacevano ma aveva già subito quel genere di trattamento nei recinti degli schiavi e ne era uscita viva... a respirare aria fresca. Qualsiasi cosa era meglio del fetore alle sue spalle. Spogliarla fu semplice. Il catteni si limitò a far scorrere il coltello lungo il davanti della sua tunica, gliela tirò da dietro e la spinse in avanti, nuda, sotto il getto caldo. Era una bella sensazione sentirsene investita dal basso, dall'alto e da tutti i lati. Aveva un odore solo leggermente migliore di quello del locale che aveva appena lasciato, ma il disinfettante era senza dubbio un'aggiunta saggia e ragionevole. Camminò il più in fretta possibile, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé e fuori fuoco, in mo-
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do da non vedere niente. L'acqua era abbastanza calda da creare una foschia, così non c'era molto da vedere tranne corpi, verdi, grigi e di altre sfumature, che vi si muovevano attraverso. Subito dopo erano nella camera d'essiccazione, assaliti da getti d'aria quasi troppo caldi sulla pelle irritata dal disinfettante, ma Kris era asciutta quando raggiunse l'estremità opposta del locale. Una breve pausa all'uscita, dove le porsero un fagotto e le ordinarono con un gesto imperioso di affrettarsi a proseguire. Trovò spazio a sufficienza nello spogliatoio e s'infilò la tuta. Non sapeva come avessero calcolato la sua taglia, ma l'indumento le stava a pennello. I mucchietti che rappresentavano le calzature catteni si avvolsero intorno ai suoi piedi e ne presero la forma nel giro di pochi attimi. Un sistema pratico, dovendo adattarsi a una quantità di piedi dalle diverse forme e dimensioni. C'era anche una delle sottili coperte termiche che lei arrotolò e fissò alla spalla sinistra con i lacci attaccati alle estremità. Quando fu vestita, si unì alla fila che stava varcando l'entrata successiva, dove le diedero una tazza e un pacchetto di una ventina di centimetri di lato e spesso una decina. Seguendo l'esempio di altri, infilò il pacchetto sotto la coperta. Venne spinta fino al punto in cui villosi rugarian scodellavano un liquido fumante nelle tazze e alla fine le fu permesso di uscire, grazie a Dio, all'aria più fresca di un enorme luogo di raduno circondato da reticolati. Numerosi catteni marciavano lungo una sovrastante passerella e facevano sibilare le fruste, per ricordare ai prigionieri che erano sorvegliati. Avendo notato che le pareti perimetrali erano occupate dai primi arrivati, Kris si fece strada verso il centro, l'altra zona di solito fuori dalla portata degli staffili. Iniziò a sorseggiare la sua zuppa. Era calda e liquida, due qualità che il suo intestino apprezzò, ma era il genere di cibo insapore e nutriente prodotto in serie per i prigionieri. Kris notò che alcuni avevano aperto i pacchetti con le razioni di tavolette che venivano distribuite agli schiavi. Dal modo in cui le razioni venivano divorate, era evidente che non tutti avevano mangiato con regolarità. E se i catteni distribuivano razioni in anticipo, Kris sospettava che avrebbe fatto meglio a tenersi strette le sue. Loro non fa-
cevano niente per carità, ma solo e sempre per opportunismo. Un fragore metallico riecheggiò sopra la folla silenziosa quando vennero chiuse le porte attraverso le quali era sfilata la gente. Kris si chiedeva cos'altro sarebbe successo ma essere puliti e nutriti era, in un certo senso, confortante. Le conversazioni non erano mai incoraggiate in adunate simili e, pur avendo notato che c'erano rappresentanti di tutte le razze più comuni che popolavano Barevi City, e che lei si trovava in un gruppo di terrani, nessuno le aveva rivolto la parola. Inoltre, tutti evitavano di guardarsi. Ci fu una seconda serie di fragori metallici e gli staffili sibilarono di nuovo sulla folla. Quella volta vennero spinti verso otto aperture che, come vide quando raggiunse la più vicina a lei, davano su una rampa. Dove li avrebbero condotti? Un mormorio terrorizzato si levò da quelli che stavano già salendo la rampa; ci fu anche qualche occasionale grido d'angoscia, ma nessuno avrebbe potuto indietreggiare perché la rampa era stretta e munita di sbarre. Apparvero alcuni catteni muniti delle corte mazze con cui si assicuravano che i prigionieri continuassero a muoversi. Le mazze facevano più male degli staffili e tutti e due potevano essere letali. Mentre veniva incalzata verso la rampa dai corpi alle sue spalle, la statura permise a Kris di vedere al di sopra delle teste e verso un luogo buio. Una volta più vicino, avvertì anche l'odore acre di metallo mescolato a quello di carburante, e si rese conto che venivano stipati su un qualche mezzo di trasporto, contiguo alla zona industriale. Doveva riconoscere che i catteni sapevano come costringere i più restii a fare quello che loro volevano che facessero e ad andare dove volevano che andassero. Niente a che vedere con Disneyland! Fu bloccata dalla mazza di un catteni che le sbarrava la strada. Trattenne il fiato per non farsi toccare mentre un portellone si chiudeva davanti a lei. La rampa, che era stata puntata verso un livello inferiore, ora ronzava sommessamente e si spostava allo stesso livello della passe-
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rella su cui si trovava Kris. Si aprì un secondo portellone, la mazza fu sollevata e lei si precipitò nell'astronave. Insieme a quelli che emergevano dalle altre sette entrate, attraversò in fretta il compartimento dal soffitto basso, fino alla parete opposta. Mentre si sedeva per reclamare il proprio spazio, ebbe l'occasione di osservare la gente che si ammassava intorno a lei. Trasalì per lo stupore quando vide l'inconfondibile figura di Maometto che si chinava per varcare una bassa porta. Ebbe ben poco tempo per digerire la sorpresa, e ancor di meno per mettersi comoda e per nascondere il pacchetto del cibo al sicuro sotto la tuta. Di colpo, aveva difficoltà a tenere gli occhi aperti e una strana fiacca le dilagava nelle gambe e nelle braccia. Guardandosi in giro, si accorse che non era l'unica in quelle condizioni. Dunque, la zuppa era stata drogata. Perché non ne era stupita? Alcuni si piegavano in due entrando ed era necessario spingerli da parte per far posto agli altri. Altri si trascinavano carponi per stendersi in uno spazio libero. Eccoci di nuovo in viaggio, fu il suo ultimo pensiero cosciente. Kris si svegliò con la sensazione di avere tutti i muscoli aggrovigliati e di essere coperta di lividi. Le doleva la testa, aveva la bocca arida e lo stomaco così vuoto da darle la nausea. Avvertì di nuovo la pressione di corpi caldi ma l'aria era fresca, non puzzava, e i suoi polmoni se ne riempirono con gratitudine. Aveva gli occhi incollati e dovette lottare con le ciglia per aprire le palpebre. Quello che vide la indusse ad abbassarle in fretta mentre si apostrofava con severità per riprendersi dallo shock. Era sdraiata in un campo di corpi, corpi davanti, di dietro, a sinistra e a destra. E di sicuro non si trovava su Barevi. Non con quel cielo color lavanda. Da qualche parte alla sua destra era in corso una discussione o, quanto meno, forti voci maschili intermezzate da grugniti e mugugni. C'era anche un sottofondo di lamenti e gemiti. Non era l'unica a tornare in sé dopo quella dannata zuppa. Si costrinse a muoversi e riuscì a sollevarsi su un gomito, ignorando le fitte della carne maltrattata e i musco-
li irrigiditi. Battendo le palpebre per schiarirsi la vista, voltò con cautela la testa in direzione della discussione. Un gruppo di maschi stava chiaramente disputandosi il possesso di una fila di casse. Diversi di loro vi erano saliti sopra e lame di coltelli brillavano alla luce del sole. Quelli a terra erano per lo più alieni: i tur, tarchiati e dall'aspetto di gnomi, con i quali non era mai piacevole avere a che fare, e più propensi a grugnire che a parlare, alcuni rugarian villosi e gli ilginish dalla pelle verde. Bene, di sicuro i coltelli non erano stati distribuiti prima della partenza. Perché erano disponibili a destinazione? In modo che i prigionieri potessero far fuori un numero sufficiente di anime e così averne di più per i vincitori? Non era un'ipotesi verosimile, nemmeno per i metodi dei catteni. A meno che non ci fossero catteni da quelle parti. Kris si rizzò a sedere, notando che altri erano coscienti ma decisamente incerti su come comportarsi. Non c'erano catteni in vista. Nemmeno Maometto, benché anche lui dovesse trovarsi lì, dal momento che era salito a bordo del mezzo di trasporto. - Hai soltanto due mani. - Le parole urlate giunsero fino a lei e vennero ripetute in lingua barevi. Gesti inequivocabili sottolinearono le parole successive. - Adesso hai tre coltelli. Coraggio. Vattene. Fila. Togli le tende! Le ultime parole furono pronunciate in inglese. Americani! Kris sorrise di orgoglio fatuo per il suo compatriota. Rimase a osservare finché il capannello di alieni si allontanò, risalì la collina e scomparve dalla vista. Seguendoli con lo sguardo, fece un'altra scoperta: non solo il cielo era del colore sbagliato, ma anche le sagome degli alberi che bordavano il campo erano insolite. A quanto poteva vedere, non avevano foglie ma una specie di ciuffi a spazzola di una sfumatura che si avvicinava al verde. Non le era più possibile ignorare l'arsura della bocca e della gola, soprattutto dopo che, esaminando la scena, ebbe visto cinque o sei persone inginocchiate presso quello che doveva essere un corso d'acqua dal momento che vi immergevano le loro tazze e bevevano. Solo allo-
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ra si rese conto di avere le dita della mano sinistra indolenzite a furia di stringere la sua tazza, nella quale c'erano ancora tracce della zuppa drogata. L'avrebbe sciacquata a fondo prima di servirsene. Non avrebbe neanche esagerato nel bere, si disse, ricordando di nuovo il corso di sopravvivenza. Nessuno di quelli che stavano bevendo dava l'impressione di soffrire di effetti negativi, e osservarli dissetarsi divenne insopportabile. Doveva bagnarsi la bocca, la gola e l'intestino. Compì uno sforzo per alzarsi in piedi, sempre stringendo la tazza, e urtò la persona sdraiata al suo fianco. Evitò di caderle addosso appoggiando la mano libera su un'anca ossuta e spigolosa. - Chiedo scusa - fu la sua reazione automatica, ma il corpo non ebbe neanche un guizzo. Era anche freddo e rigido al tatto attraverso il tessuto della tuta. Allarmata, scrutò il volto incavato e dalle guance cascanti... una deski e, a giudicare dalla bocca aperta e dagli occhi sbarrati, un'altra vittima dei metodi dei catteni. - Povera diavola - mormorò, scossa da un tremito spasmodico. Al secondo tentativo riuscì ad alzarsi, sia per allontanarsi dal cadavere sia per arrivare all'acqua. Si avviò in linea retta al torrente ma, accorgendosi di cosa vi stavano facendo alcuni, si diresse a monte. Mentre vi si avvicinava, vide che costeggiava il campo, uscendo dall'alta e strana vegetazione e scorrendo in cascatelle prima di sparire oltre gli alberi, al limitare inferiore. Il gorgoglio dell'acqua la spinse ad accelerare il passo e solo il più rigido autocontrollo la trattenne dal gettarsi a pancia in giù e immergere la faccia nelle acque limpide. Il fondo roccioso sul quale scorrevano doveva depurarle dalla maggior parte delle impurità. Inoltre, se i catteni li avevano lasciati vicino all'acqua, era probabile che l'avessero analizzata. Fino a quel momento, nessuno a valle aveva mostrato effetti negativi, anche se la disgustava il modo in cui stavano contaminando il torrente. Si sedette sui talloni e sciacquò la tazza, dando anche lei il suo piccolo contributo all'inquinamento quando i residui della zuppa vennero trascinati via. Immerse la tazza e raccolse quel poco di acqua che bastava per coprirne il
fondo. Ne bevve un sorso per inumidirsi le labbra. Con un secondo sorso si sciacquò l'interno della bocca, lasciando che i tessuti riarsi assorbissero il liquido. La gola esigeva la sua parte. Deglutì lentamente, cercando di mandar giù l'acqua una goccia dopo l'altra. Scese, fresca, fino alla bocca dello stomaco, e il suo organismo ne reclamò subito dell'altra. Ormai le sue papille gustative si erano risvegliate abbastanza da apprezzarne il sapore; era un'acqua di gran lunga migliore di quella che aveva bevuto a Philadelphia o in Colorado, ottima e genuina acqua di sorgente. Tra la gente a valle scoppiò un rumoroso alterco. Oddio, non era una vera e propria lite perché, servendosi delle tazze, si spruzzavano a vicenda. Alcuni si allontanarono, mettendosi fuori portata e limitandosi a osservare la scena. Anche Kris la osservava, sorseggiando dalla sua tazza. Non si sarebbe lasciata coinvolgere in nessun gruppo, non prima di aver capito alcuni particolari: per esempio, dove si trovavano? Cosa ci facevano lì? C'erano catteni che li sorvegliavano con discrezione? Oltre ai coltelli, cosa c'era in quelle casse e chi se n'era impadronito? Intendeva procurarsi almeno un coltello. Preferibilmente due... uno da nascondere nello stivale. Il già ridicolizzato corso di sopravvivenza le aveva insegnato come affilare, usare e lanciare un coltello. E i tizi in cima alle casse erano esseri umani. Placata la sete, il suo stomaco iniziò a brontolare. Infilò una mano sotto la tuta, ne tirò fuori il pacchetto e lo aprì con cura. Ecco perché avevano ricevuto in anticipo la scorta di cibo; per nutrirsi una volta arrivati a destinazione. Un luogo con acqua corrente a disposizione. Non sapendo assolutamente da quanto tempo non mangiava, o beveva, spezzò un terzo della tavoletta e la mordicchiò con cautela, alternandola a prudenti sorsi d'acqua. Quando ebbe terminato la sua porzione, si sentì molto meglio. Si alzò e si guardò in giro con maggiore interesse. Altri corpi stavano circolando tra quelli stesi a terra, come vittime di una sciagura, fila dopo fila. Il campo doveva misurare almeno un ettaro ed era affollato. Qua e là c'erano spazi vuoti dove la gente si era alzata. Kris calcolò che c'erano più spazi vuoti del numero delle perso-
ne in piedi che riusciva a vedere. In quanti erano stati scacciati dai tizi sulle casse? Immerse la tazza nel torrente e sorseggiò l'acqua fresca e pura mentre girava intorno ai corpi, diretta alle casse. Quando riuscì a vederne entrambi i lati, si accorse che all'estremità opposta ciondolavano alcune persone: per lo più terrani e, tra gli altri, diverse donne. Era rassicurante. - Cosa state sorvegliando, amici? - chiese quando fu abbastanza vicina, con un gesto cordiale della mano libera. Kris era abituata alle reazioni alla sua figura alta e slanciata. Non guastava mai essere bionda e piuttosto attraente. Aspettando che gli uomini esaurissero il solito repertorio di commenti banali e allusioni, continuò a sorridere e a sorseggiare acqua, tenendosi a distanza di sicurezza dal più vicino. - Qualcuno ha scoperto dove ci troviamo o cosa hanno fatto di noi? - Rivolse la domanda agli uomini in cima alle casse. Adesso poteva vedere che la maggior parte erano state forzate per controllarne il contenuto. Oltre a una notevole quantità di coltelli, scorse altri oggetti. - Coltelli, accette - rispose l'uomo. Era un tipo di corporatura massiccia, vicino alla trentina, e aveva l'inconfondibile portamento del militare. Aveva due coltelli infilati nella cintura e, a giudicare dal rigonfiamento dei calzoni alle caviglie, ne aveva altri due in ciascuno stivale. La sua coperta termica era piena zeppa di altri oggetti perché pendeva rigonfia attraverso il torace. - Alcune cassette del pronto soccorso con bende e quella roba arancione che i cat versano su tutto quello che sanguina. - Ne hai tu la custodia? L'uomo fece un gesto con una mano e un secondo terrano balzò a terra, con un coltello sul palmo aperto e il manico rivolto verso di lei. Come il primo che aveva parlato, era armato di coltelli supplementari. - Posso mostrarti come si usa, bellezza? - le chiese con un sorriso lascivo. - Vuoi dire... così? - Kris prese il coltello dalla sua mano e lo soppesò un momento per valutarlo, prima di
lanciarlo contro la cassa più vicina, dove rimase conficcato. - Uau! - L'uomo fece un balzo indietro, alzando le mani in un gesto di difesa. Kris scorse sopra di sé una lama nella mano del tipo con l'aria del militare. - Non intendevamo offenderti, sorella. - Nessuna offesa - ribatté lei in tono leggero, e recuperò il coltello, controllandone la punta per assicurarsi che non si fosse smussata. - Acciaio ottimo. - Non è acciaio - disse il tipo militare, accovacciandosi per essere alla sua stessa altezza. Tese la mano, disarmata. - È bello incontrare una donna che conosce il valore di un coltello. Chuck Mitford. - Esercito? - chiese Kris. - Marina - la corresse lui in tono deciso, come reagivano di solito i marine a una simile domanda. - Kris Bjornsen. Dove sei stato catturato? - Di recente? - domandò lui, con notevole amarezza. - O intendi sulla vecchia cara Terra? - Tutti e due - rispose Kris, riprendendo a sorseggiare l'acqua che non aveva versato quando aveva dato prova della sua bravura con il coltello. - Alcuni dannati imbecilli hanno scatenato una sommossa a un raduno disciplinare - spiegò Mitford con la cadenza meridionale che era diventata una norma tra le forze armate americane. L'altro uomo sembrava sul punto di esplodere. - D'accordo, d'accordo, c'erano anche dei terrani tra quei disgraziati che stavano frustando a morte, ma è stato stupido aggredire i catteni anche se eravamo molto più numerosi di loro. - Emise un'esclamazione di disgusto. - Ne abbiamo prese abbastanza da loro, sergente disse l'altro, sempre più risentito. Mitford si comportava proprio come un sergente, pensò Kris, decidendo che sarebbe stato un buon alleato. - E guarda cosa ci abbiamo guadagnato - sbraitò Mitford di rimando. - Il nostro Arnie non ha mai combattuto contro forze superiori. È convinto che basti essere coraggiosi per sconfiggere i dittatori. Ero in licenza a Lubbock, Texas - proseguì, ignorando Arnie - quando
siamo stati aggrediti, e ho perso ogni traccia della mia famiglia - concluse, serrando le labbra. - Denver - disse Kris. Si rivolse ad Arnie. - E tu? -DC. Lei non aveva incontrato nessuno della zona di Philadelphia, perciò poteva darsi che i suoi familiari fossero a casa, sani e salvi. Sempre che la casa fosse un posto sicuro. - Posso avere un po' di quei medicinali, se ne avanzano? - Certo. - Mitford camminò in cima alle casse mentre lei lo seguiva stando a terra. Amie si mantenne con discrezione a un passo di distanza da lei. - Ho pensato che sarebbe stato meglio se qualcuno avesse preso in custodia questo genere di provviste - proseguì Mitford, indicando un'altra cassa di coltelli. Alla successiva, si chinò e si rialzò con un'accetta, che le porse. - Ecco. Tanto vale che tu abbia anche una di queste. Non ci sono altre razioni di tavolette, perciò fatti durare quelle che hai fino a quando avremo scoperto cosa c'è di commestibile su questo fottuto pianeta. - Era mia intenzione - rispose Kris, infilando l'accetta nella cintura, dietro la schiena. Aveva tagliato un pezzo della coperta termica per proteggere le lame. Mitford le porse una borsa completa di tracolla. - Non contiene molti medicinali. A quanto pare, i cat non ne usano. Hanno la pelle dura, quei figli di puttana! - Ehi, sergente! - urlò un uomo, precipitandosi verso di loro e indicando alle sue spalle. - C'è un catteni! Si sta svegliando. Uccidiamolo, prima che uccida noi. Ordinando agli altri di seguirlo, Mitford balzò a terra, con un coltello stretto in mano. - Un momento - disse Kris, alzando le mani. - Se c'è un catteni qui con noi, anche lui è un prigioniero. - Chi se ne frega? È un cat e i cat devono morire - replicò Amie, aggirandola. Kris li seguì, accelerando il passo per raggiungere Mitford che aveva assunto il comando. - Sergente, ho visto un catteni nella stiva in cui ero rinchiusa. Ed è un brav'uomo.
- Non ci sono cat bravi! - ringhiò Mitford, fendendo l'aria con la mano. - Ce ne sono - replicò lei con altrettanta veemenza. E se lui è quello che penso, non ucciderlo. - Mi chiedi troppo, ragazza. - Non subito, almeno. Usa il cervello che Dio ti ha dato, Mitford. Se è il catteni che penso io, saprà un sacco di cose che dobbiamo scoprire su questo posto. A meno che non ci siano dei manuali in quelle casse. Mitford si arrestò di colpo e i tre uomini che lo seguivano andarono a sbattere contro la sua schiena. Socchiudendo gli occhi, la fissò in cagnesco. - Vorresti spiegarmi come fai a saperlo, ragazza? - Ho assistito alla scena di altri catteni che gli davano la caccia. L'hanno colpito in volo, quindi hanno fatto esplodere i rottami dell'aereo e hanno perlustrato la zona per accertarsi che fosse saltato in aria anche lui. - Come mai, allora, è vivo e si trova qui? - volle sapere Arnie. - Pensando che fosse uno schiavo fuggito come me, l'ho nascosto sotto una cascata finché gli inseguitori se ne sono andati. Soltanto allora siamo stati catturati insieme - rispose Kris. Corrispondeva più o meno alla verità. - Quando sono rinvenuta in carcere, ho pensato che l'avessero rimesso in libertà. I catteni non possono nutrire rancore per più di ventiquattr'ore. - Mitford indicò con un cenno del capo di esserne al corrente. - Dovevano odiarlo a morte per scaricarlo con noi. Inoltre, non fareste altro che pelar la gatta per i catteni. - Mitford la fissò, accigliato, e lei capì che era stata una mossa intelligente tirare in ballo quell'argomento. Maledizione, amico, loro si aspettano che lo facciamo fuori, non credi? Perciò, scopriamo prima quello che sa. Dopo, puoi anche ucciderlo. - Lo disse in tono noncurante, sperando con tutto il cuore che Maometto fosse in grado di mostrarsi abbastanza utile da convincerli a non eliminarlo. Le sembrava strano pensare così di un catteni, ma lui era diverso dagli altri... - Un po' di informazioni su questo posto non guasterebbero - ammise Mitford con riluttanza, guardandosi in giro. Fece una smorfia. - C'è troppo ordine per essere un
mondo disabitato, e preferirei sapere subito cosa ci aspetta, prima di trovarci a mal partito armati soltanto di coltelli e accette. Si avvicinò all'uomo che aveva scoperto il catteni, il quale gli indicò la direzione giusta. Era proprio Maometto, e Kris si inginocchiò al suo fianco per voltarne la grossa testa e mettere in mostra la tempia dove l'aveva colpito. C'era una cicatrice ma era ben rimarginata. - Oh-ho - commentò. - Oh-ho cosa? - chiese Mitford mentre gli altri uomini si disponevano intorno a Maometto. Le loro espressioni erano ostili e la maggior parte impugnava coltelli. Kris indicò la cicatrice. - Questo è il punto dove l'ho colpito. E si è cicatrizzato. Ne abbiamo impiegato, di tempo, per arrivare qui. - Uccidiamolo prima che si svegli - ringhiò Amie, chinandosi con il coltello alzato. - No! - Il tono di Mitford era così imperioso che Arnie si raddrizzò di scatto. - La ragazza non ha tutti i torti quando propone di lasciarlo vivere, in modo che possa parlare. Non mi dire che parla inglese? - Adesso nello sguardo di Mitford c'era un po' più di rispetto per lei, e Kris capì che la sospettava di essersi fatta abbindolare da Maometto. - Conosce la lingua barevi abbastanza da farsi capire. Kris rovesciò la poca acqua che restava nella tazza sulla faccia del catteni, il quale reagì sollevando una ma- no e rotolandosi su un fianco. Quando il suo piede incontrò la gamba di qualcuno, lo vide irrigidirsi. La ritirò e, con un unico agile movimento, si alzò in piedi: teneva le braccia leggermente scostate dal corpo, sul chi vive e pronto a difendersi, pur trovandosi in svantaggio contro tutti quegli uomini armati di coltelli. - Ehi, calma - disse Kris, fronteggiandolo. _ Ti ricordi di me? Lui le lanciò una rapida occhiata ma riportò subito lo sguardo su Mitford. Benché il sergente non impugnasse un coltello, Maometto l'aveva già identificato come il capo. Kris lo promosse a pieni voti in intuizione. - Sì. Hai rubato il flitter del comandante - rispose lui in lingua barevi.
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- Sei stata tu? Disgraziata! - esclamò Arnie accostando il volto al suo. Aveva un alito disgustoso, ma lei gli tenne testa e lo guardò dall'alto in basso, di nUOVO grata per quei centimetri in più che le avevano rovinato l'adolescenza. - Mi hanno frustato per colpa tua! - Arnie scostò la tuta dalla spalla per farle vedere i segni ancora arrossati che gli solcavano la pelle. - E lo stesso è successo ad altri cinquanta alla riunione disciplinare che hanno indetto a causa tua! Non è meno pericolosa del catteni. Non c'è da stupirsi che non volesse ucciderlo - Arnie guardò le facce dure degli altri, incitandoli a dargli man forte. - Piantala, Arnie - disse Mitford, sollevando il braccio destro in una mossa di karate. - Possiamo occuparci di lei più tardi, ma prima scopriamo cosa sa questo bastardo. Kris aveva di nuovo la bocca arida ed era spaventata a morte, ma non avrebbe potuto permettere che uccidessero Maometto senza intervenire. Glielo doveva, se non altro per averlo messo in pericolo prima che fosse passata la moratoria di ventiquattr'ore. Era sicura che fosse quello il motivo per cui si trovava incastrato lì con loro. Senza volerlo, aveva detto la verità: i catteni lo odiavano abbastanza da accertarsi che facesse una brutta fine. - Ehi, sergente - gridò qualcuno dalla parte opposta del campo, e tutti si voltarono a guardare. In quel lasso di tempo, altre persone si erano svegliate e si stavano dirigendo alle casse. Occorrevano rinforzi. - Vieni con me - disse Mitford a Maometto e gli indicò con un cenno della testa di seguirlo. - Anche tu aggiunse con freddezza a Kris. Per un attimo, lei prese in esame l'idea di chiedere scusa ad Arnie, ma decise che non ne valeva la pena. Arnie non le sembrava tipo da perdonare, e forse non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Maometto non si era mosso e, quando due degli uomini lo minacciarono con i coltelli, li ignorò e fece cenno a Kris di precederlo. Lei si affrettò a raggiungere Mitford, seguita dalle esclamazioni degli uomini.
- Ehi, la conosce molto bene - commentò uno di loro in tono lascivo. - Eppure, lei gli ha dato una botta in testa. - Già, ma prima o dopo, Murph? - Prima, Murph - rispose Kris, mettendo nella voce tutta l'asprezza di cui fu capace. Non era difficile, considerando quanto era spaventata. La situazione si era messa molto male. - E questo vale per chiunque abbia per la testa idee sconce. - Si avviò a testa alta, sfoggiando una sicurezza che era ben lontana dal provare. Una volta tornati alle casse, Mitford fece segno a due degli uomini di sorvegliare lei e Maometto mentre si occupava dei nuovi arrivati. Salì con un balzo su una cassa e, incrociando le braccia, iniziò il suo discorso. - Sono qui per controllare che le scorte vengano distribuite in modo equo. Perciò, fatevi avanti uno alla volta. - Lo ripetè in lingua barevi, parlandola con una scorrevolezza che sorprese Kris. Arnie l'aveva raggiunto sulle casse ma alcuni di quelli che ciondolavano intorno cedettero alla curiosità e si avvicinarono a Kris e a Maometto. - Cosa ne faranno del cat? - Mitford intende interrogarlo - rispose il più dinoccolato dei due, che superava Kris di una testa ed era alto quasi quanto Maometto. - Bene, Murph, adesso dai una mano ad Amie con le scorte - ordinò Mitford, balzando a terra. - Ehi, cat, spiegami perché dovremmo lasciarti vivere. - Cosa vuoi sapere? - chiese Maometto in barevi, in tono pacato e con diplomazia. Kris provò un'ondata di sollievo. Grazie al cielo aveva abbastanza buonsenso, per essere un catteni, da capire che la sua era una situazione molto pericolosa. - Dove ci troviamo. Chi vive qui. Ci sono animali feroci. Cosa possiamo mangiare senza rimetterci la pelle. Mitford batté sulla coperta dove aveva riposto la sua razione di tavolette. - Queste non dureranno a lungo. Dalla gola di Maometto uscì un suono raschiante; cercò di schiarirsela. Kris sapeva che doveva essere non meno assetato di tutti gli altri, ma non osava chiedere il
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permesso di portargli dell'acqua. Non doveva mostrarsi parziale con lui, tanto meno aiutarlo. - Ehi, dammi quella tazza, Bass - disse Mitford, schioccando le dita a uno degli astanti. - Uh? Vuoi dare da bere a un cat? - Sì, se lo aiuta a dirci quello che ci occorre sapere. Dammela. È da mezz'ora che ti stai ingozzando di acqua. - Mi piace! - Bass consegnò comunque la tazza. Bada che la voglio indietro. Maometto tese la propria tazza e, con un cenno del capo a Bass, accettò l'acqua che Mitford vi versò dentro. Ne bevve un piccolo sorso, si sciacquò la bocca, quindi ne bevve uno più generoso. - Ricordo alcuni particolari di un rilievo topografico di questo pianeta, ma non ho letto tutto il rapporto. - Cos'hai letto, allora?- chiese Mitford. - Giornate più lunghe, clima mite, alcune... - Maometto aggrottò la fronte, cercando di trovare le parole ...specie mai viste. Tre tipi mortali. - Fece una pausa per bere un altro sorso, quindi disegnò un cerchio con la tazza per indicare il campo. - Meglio andarsene presto da qui. Campo aperto pericoloso. - Allora, perché ci hanno sbarcato qui? - chiese Arnie dalla sua posizione vantaggiosa in cima a una cassa. - Così da farci uccidere? - No. - Maometto scosse la testa, con un sorriso mesto sulle labbra. - Per vivere, per combattere quello che c'è qui. È così che i catteni colonizzano i pianeti... quelli difficili. - Terminò di bere la sua acqua, inclinando la tazza per assicurarsi che non ne restasse neanche una goccia. Quindi rimase immobile, con gli occhi che si spostavano lentamente da una faccia all'altra prima di tornare a puntarsi su Mitford. - Come mai sei stato spedito qui con tutti noi? - chiese il sergente. Maometto lo guardò a lungo, perplesso. - Vuoi ripetere? - Li sorprese parlando in un inglese dall'accento marcato. - Anche tu ti trovi qui - disse Kris, riformulando la domanda. - Perché?
Lui si strinse nelle spalle senza guardare nella sua direzione. - Io uccidere. Io fuggire. Io sono... preso. Non ancora passato un giorno. - Si strinse di nuovo nelle spalle. - Hai ucciso un altro catteni? - chiese Mitford e Maometto annuì: - Ti hanno deportato per questo? - Non ancora passato un giorno. - È la regola di cui parlavi? - Mitford chiese a Kris, che annuì. - Perché uccidere un catteni? Maometto sbuffò e, dalla sua espressione, era chiaro che non si aspettava di essere creduto. - Lui insultato emassi e ucciso quattro schiavi senza motivo. - Schiavi? Come noi? - Mitford si puntò il pollice al petto. Maometto annuì. - L'amico è troppo astuto - mugugnò Amie. - Abbastanza astuto da mentire per salvare la pelle. - Non credo che stia mentendo - replicò Mitford. Mi è giunto all'orecchio qualcosa il giorno di quella sommossa. A proposito di certi cat che davano la caccia a un capitano cat perché aveva ucciso il loro capo pattuglia. - Capo pattuglia - ripetè Maometto, riconoscendo le parole e annuendo. - Io uccidere. Non saggio... D'un tratto, tutti avvertirono un misterioso rumore. - Giù. Tutti giù, immobili! - ordinò Maometto, buttandosi a terra. Il tono della sua voce era autoritario. - L'avete sentito disse Mitford, gesticolando con frenesia verso quelli in piedi sulle casse. - Scendete, stupidi, e restate immobili! Il rumore crebbe d'intensità, perforando i timpani. Alcuni di quelli che si stavano alzando tornarono a sdraiarsi, tappandosi le orecchie. I due deski che avevano ricevuto i loro coltelli gemettero e si rannicchiarono contro le casse. Un'ombra proveniente da ovest precedette la sagoma che sorvolò il campo mentre il suono misterioso si trasformò in un grido sibilante. Qualunque cosa fosse era enorme, e si avventò di colpo a capofitto. Alcuni sventurati lanciarono un urlo terrorizzato che si spense mentre il mostro volante si allontanava con la sua preda. Kris vide un breve agitarsi di braccia e gambe prima che tutto
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tornasse immobile. Il rumore misterioso cessò altrettanto bruscamente. - Cosa diavolo... era quello? — gridò Arnie. - Mortale - disse Maometto, quindi indicò le sagome degli alberi lungo il bordo più alto del campo. - Guardia? - chiese, dando al tempo stesso un suggerimento a Mitford. - Gridare per dare allarme? - Ce ne sono molti in circolazione? - chiese Mitford. - Non lo so. Uno non ti basta? - replicò Maometto in tono flemmatico. - Già, uno mi basta. Murph, tu che hai una voce sonora, vai con Taglione lassù e monta la guardia. Qualcuno ha visto chi era la vittima? - gridò a quelli all'estremità opposta delle casse, che avrebbero dovuto avere una visuale migliore. - Non ho visto. Sembrava uno di noi. - È probabile. Abbiamo più carne attaccata alle ossa dei deski - replicò Mitford, guardando le esili creature che gemevano, tuttora rannicchiate contro le casse. - Voi deski sapete cosa sono quelli? - chiese a uno di loro in barevi. Scossero entrambi la testa ma staccarono le mani dalle orecchie. - Il rumore fa male alle orecchie dei deski - disse Maometto, alzandosi in piedi e spolverandosi. - Loro udire prima di altri. Mandali di guardia. - Buona idea, cat - e Mitford impartì gli ordini. I due deski tentarono di svignarsela ma il sergente incaricò Murph e Taglione di scortarli. Maometto li apostrofò con un diluvio di suoni e loro ubbidirono senza esitare. - Parli deski? - gli chiese Mitford. - Deski, ilginish, turski e rugash - rispose Maometto. - Non molte parolle anglesi - aggiunse in inglese. Cappire meglio se parlare lento. - Bene, ottima cosa - disse Mitford. Girò lo sguardo sui suoi alleati, soffermandosi in particolare sul recalcitrante e insoddisfatto Arnie. - Mi pare che alcuni degli alieni non abbiano capito il mio messaggio. Maometto annuì. - Facile dire che non cappire... non piacciono ordini.
Mitford scoppiò in una risata fragorosa. - Ben detto, cat. Credo che ti terremo in vita ancora per un po'. - Grazie - replicò Maometto, accennando un inchino. - Nome? Rango? - gli chiese il sergente, ignorando i mormorii di disapprovazione che accolsero la sua decisione. Quando il malumore crebbe, si voltò di scatto. Ascoltate, siete stati voi a chiedermi di assumere il comando, perciò tenete la bocca chiusa quando prendo una decisione. Qualcuno deve pur farlo. Io sostengo che questo bastardo ci è più utile vivo... finché non dimostra il contrario. Ha già salvato la pelle a qualcuno poco fa. Se non siete d'accordo, liberi di andarvene per la vostra strada. Capito? La protesta degli esseri umani si placò e Kris sentì che le tremavano le ginocchia per il sollievo. Aveva anche di nuovo la bocca secca per la tensione. - Dunque, nome e rango - disse Mitford, rivolto a Maometto. - Zainal, emassi - rispose lui, ma Kris sapeva che non era la parola catteni per capitano. - Mitford, sergente, quindi tuo superiore. - La bugia di Mitford era così lampante che Kris tossì per mascherare una risata. - Vado a prendere altra acqua - annunciò, e si allontanò senza attenderne il permesso. - Acqua buona - commentò Maometto Zainal in tono pacato. - D'accordo, ma ho altre domande da farti, emassi Zainal. - Chiamami Zainal. Kris sorrise nell'udire quella rettifica, ma Zainal proseguì imperterrito verso il torrente. - Non avresti dovuto lasciarlo andare così - protestò Arnie. - Così come? Va soltanto a bere. Dove potrebbe andare? E ora, rimettiamoci al lavoro. Rallegratevi che non vi abbia chiesto di andargli a prendere l'acqua. - Mitford ignorò le bestemmie di Amie e proseguì: - Ecco che arrivano altri clienti. Concludiamo prima che quei mostri volanti facciano un'altra incursione.
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- Non capisco perché dovresti credere a quel cat - insistette Arnie. - E hai permesso a quella stronza di cavarsela... - Chiudi il becco, Arnie. Kris bevve due tazze piene di acqua prima di voltarsi a guardare verso le casse. Zainal, un nome interessante, pensò, l'aveva preceduta e si stava dirigendo verso Mitford, il quale fissava il campo coperto di corpi ancora immobili. Il catteni aveva gestito con abilità una situazione molto difficile e, al tempo stesso, l'aveva tirata fuori dai guai. Lo vide osservare il campo disseminato di corpi e fare una breve pausa per esaminare i più vicini. Tese le orecchie per udire cosa diceva a Mitford; la sua voce profonda le arrivava chiara. - Ci sono morti. - I catteni prevedono perdite? - Pe-dri-te? - Morti. - È stato viaggio lungo. - Zainal si toccò la cicatrice alla tempia. - Alcuni troppo deboli. Non sentire niente. - Lo immagino. - Imprudente stare qui vicino a morti - aggiunse Zainal. - Pericolo volante non unico. - Quanto ne sai di questo pianeta? - chiese Mitford, un po' sospettoso. Zainal emise un lungo sospiro. A Kris non sfuggì la sua espressione di rimpianto: lui, almeno, non faceva un mistero dei suoi stati d'animo, come la maggior parte dei catteni che aveva incontrato. Era un modo di comunicare quando il linguaggio si dimostrava inadeguato. - Non abbastanza - rispose con palese rammarico. Adesso, anch'io sono qui. Mitford scoppiò in una breve risata. - La situazione si è capovolta, eh? - Ripetilo? Mitford agitò una mano - Dovremo lasciare qui i morti... Sarà meglio fare un appello, per ogni evenienza. La maggior parte degli gnomi se ne sono andati, e non posso dire che mi dispiaccia. Quei bastardi erano perico-
losi! Quanto ai deski, se hanno buone orecchie, sono disposto a prenderli con noi. A cos'altro servono? Kris notò che Zainal aveva ascoltato con molta attenzione le parole di Mitford. Annuì come se ne avesse afferratto il succo. -I deski molto bravi. Chiami gnomi i tur? Ah! Bravi per i lavori più duri. Odiano tutti tranne i tur. - È vero - ammise Mitford con aria cupa. -I rug cercano almeno di andare d'accordo - aggiunse, indicando i rugarian, che si erano riuniti in gruppo, bevendo e masticando le loro razioni di tavolette. - Gli ilginish mi sono indifferenti ma puzzano, eccome. - Puzzano? Mitford si strinse il naso. - Ci resta una bella accozzaglia. Anche ragazzini. - Indicò cinque o sei adolescenti ammassati dietro le casse. Troppo occupata a seguire quello che stava accadendo a Zainal, Kris se ne accorse solo allora. - Un ostacolo per organizzarsi e muoversi. A proposito, dove andiamo? Lo sai? - Più sicuro su colline rispose Zainal, indicando quello che si poteva considerare il nord. Il sole di quel sistema non aveva ancora raggiunto il suo zenit. - Davvero? Quella cosa volante è arrivata da là. - Meglio stare tra rocce. Loro... - Zainal si chinò e batté sul terreno - arrivano con buio. Molto cattivi. Scrollò il capo con energia per sottolineare l'avvertimento. - Non vedere. - Quella roba esce dalla terra di notte? - Vero. - Zainal disegnò con una mano una traiettoria serpeggiante verso l'alto, quindi riunì le dita per indicare l'azione di mordere. Giorno ancora abbastanza lungo per andare e trovare posto roccioso. - Sai se ci sono caverne, posti rocciosi sicuri, su questo pianeta? - Roccia tipo giusto - disse Zainal, dando un calcio a una che a Kris sembrava calcare. - Mi farà ricordare altro. - Scosse la testa, come per ricavarne altre informazioni. - Comunque, preferirei trasferirmi in una località che sia possibile difendere - disse Mitford, saltando su una
cassa. - Ascoltatemi, gente - tuonò con una voce così squillante che i deski si tapparono le orecchie e si accovacciarono a terra. - Qui non siamo al sicuro di notte. Dobbiamo trasferirci sulle colline, trovare caverne dove rifugiarci. - Credi a quello che dice? - chiese Arnie, precipitandosi da Mitford e tirandolo per la gamba dei calzoni. Darai retta a un cat? - Ascolterò tutti quelli che dicono cose sensate e, poiché il cat è l'unico che sappia qualcosa di questo pianeta, non intendo ignorare possibili informazioni, Arnie. Nessuno ti costringerà a fare cose che non vuoi fare. Mi hai capito? - Alzò di nuovo la voce. - Per prima cosa, voi e puntò il grosso dito su Bass, Murph e alcuni altri che ciondolavano dietro le casse - contate quanti siamo. Formate una squadra e portate qui tutti quelli che respirano, e intendo tutti, così cercheremo di svegliarli. Non abbandonerei nemmeno mia suocera alla mercé di quegli esseri che camminano di notte. Muovetevi. Anche tu, Kris, e prendi con te il cat. - Se avessimo un recipiente per trasportare l'acqua iniziò Kris. Zainal batté la mano sulle casse vuote. Erano fatte di un materiale plastico ed erano abbastanza capaci. Ne rovesciò una, vuotandola dei residui di materiale da imballaggio. - Io portare - dichiarò e, facendo cenno a Kris di seguirlo, si diresse al torrente. - Buona idea - convenne Mitford, e incaricò i due desici più vicini di vuotare un'altra cassa piena a metà. Utile. - Sergente, cosa ne facciamo di tazze e coperte? Le lasciamo sui cadaveri? - gridò Bass. - Toglietegliele - gridò Mitford di rimando. - Non ne avranno bisogno. Noi, sì. Fatto eccezionale, tutti, anche i deski, si misero al lavoro e quando Zainal tornò con la cassa piena, senza nemmeno ansimare per la salita, il conteggio era stato completato e sul campo restavano soltanto i morti.
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Quando il sole raggiunse lo zenit, tutti i vivi erano stati rianimati e messi al corrente della situazione. Ci fu un'altra aggressione aerea, ma le orecchie dei deski avevano udito l'approssimarsi dei tre mostri molto prima che fossero visibili, e furono tutti in grado di fingersi morti. I mostri, con i loro sibili dal rumore insopportabile, se ne andarono senza aver catturato nessuno. Strappando a strisce le coperte di scorta, furono confezionate rozze cinghie con cui fosse più facile trasportare le casse, perché Mitford non intendeva lasciare niente che, in seguito, avrebbe potuto rivelarsi utile. Aveva perfino ordinato di spogliare i morti di calzature e tute e, anche se la sua decisione aveva suscitato qualche resistenza, alla fine lo sgradevole incarico era stato portato a termine. Quando le colonne furono pronte per partire, il rispetto di Kris per Mitford era cresciuto in modo notevole. Era contenta anche di essere intervenuta per salvare Zainal perché non sapeva soltanto trovare le parole per placare i dissidenti. La sua dimostrazione di forza aveva l'ulteriore vantaggio che pochi avrebbero tentato di affrontarlo anche se, come Arnie, lo odiavano a morte per essere un catteni. Alcuni di quelli appena rianimati erano deboli, perciò Mitford assegnò a ognuno un compagno e annunciò che avrebbe scorticato chiunque avesse "perso" il suo o la sua compagna. - Quanti ci hanno lasciato la pelle? - Mitford chiese a Bass, che aveva tenuto il conteggio. - Ottantanove non ce l'hanno fatta. Per lo più deski, qualche umano anziano e due ragazzi. Fa una perdita del dieci percento, se calcoli un centinaio di corpi per ciascuna delle otto file. Il conteggio dei vivi è di cinquecentottantadue; non li ho ancora suddivisi per razza. - Scordati la razza - sbuffò Mitford. - Siamo tutti sulla stessa barca. Operazione punto-e-a-capo. Bass fece una smorfia. - Voi militari e la vostra mania delle operazioni. Mitford inarcò le sopracciglia, sorpreso. - Fa bene al morale.
- Quindi, si comincia da capo. E siamo di nuovo liberi - aggiunse Bass guardando Zainal con la coda dell'occhio. Mitford raggiunse la parte alta del campo e, pugni sui fianchi, tuonò per imporre il silenzio. - Ascoltatemi. Ce ne andiamo da qui. Voi - e indicò un gruppo di umani - formate una colonna, a quattro a quattro. Abbiamo nove portatori di acqua; che si distribuiscano lungo la linea di marcia. Quelli ai quali è stato assegnato un compagno segnalino se si trovano in difficoltà ma cerchino di non restare indietro. Non vergognatevi di chiedere aiuto se ne avete bisogno. Bass, tu stai alla retroguardia. Prendi con te Cumber, Dowdall, Esker, Movi, Tesco e voi tre. - Sollevò tre dita indicando il gruppo più vicino di rugarian e fece loro cenno di unirsi a Bass. - Ricordatevi, siamo tutti sulla stessa barca! - Certo, sergente. Operazione punto-e-a-capo replicò Bass, ritenendolo evidentemente un nome appropriato. - D'accordo, in marcia. Mitford fece cenno a Zainal di seguirlo e insieme raggiunsero a passo veloce la gente che aveva iniziato a formare una colonna. Una volta alla loro testa, fece con il braccio il gesto di avanzare. - IN MARCIA, OPERAZIONE PUNTO-E-A-CAPO! - La sua voce marziale arrivò alle orecchie di tutti.
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A Kris avevano assegnato come compagna una ragazza dall'aspetto gracile, rossa di capelli e con la tipica carnagione delicata delle rosse. Patti Sue era stata una delle ultime a svegliarsi. Tossiva molto ma non sembrava febbricitante, perciò Kris decise che la causa doveva essere una reazione allergica alla droga che era stata loro somministrata con la zuppa. Patti Sue passava la maggior parte del tempo a scusarsi per il fastidio che le dava.. Quei piagnistei facevano uscire dai gangheri Kris che essendo di carattere fiducioso e ottimista, doveva compiere uno sforzo per non mostrarsi rude. L'unica altra informazione che riuscì a strapparle fu che era stata catturata a Detroit. Ogni volta che Kris cercava di intavolare una conversazione o di farle una domanda, Patti Sue era colta da un accesso di tosse. Quando si ripetè per la quinta volta, Kris afferrò il messaggio. Si chiedeva se Patti sarebbe arrivata viva al loro rifugio. Si inserì con lei nella colonna dietro uno dei recipienti di acqua, portato da due rugarian. C'erano rugarian tutt'intorno a loro due e, all'inizio, Patti Sue si teneva così vicina a Kris che un paio di volte rischiò di pestarle i piedi. I rugarian erano tipi robusti, stava meditando Kris, così, se avesse avuto bisogno di aiuto, sapeva a chi rivolgersi. Aveva anche notato il modo in cui alcuni maschi umani avevano guardato la rossa. La speranza è l'ultima a morire, pensò, divertita, ma aveva la quasi certezza che Patti Sue avrebbe respinto le loro offerte di aiuto. Avvertiva la fatica della salita nei muscoli dei polpacci e delle cosce ma, quando raggiunsero le sagome degli alberi, vide che li attendeva un tratto in discesa, lungo un altro campo. Il panorama la turbava, e ne capì il motivo
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3 esatto solo quando fu a metà del pendio. Il nuovo campo era di dimensioni identiche a quello in cui erano stati abbandonati. Sagome di alberi sfilavano ai bordi, e nei campi contigui, con una regolarità perfino eccessiva. Ogni cosa era disposta in modo ordinato, troppo ordinato per un pianeta che si riteneva disabitato. In realtà, Zainal non aveva detto che il pianeta era disabitato, non era così? Aveva sicuramente detto che c'erano pericoli e che non ricordava di che tipo, solo che c'erano creature "letali". In fondo a quel campo c'era un altro corso d'acqua. Torrenti creati a richiesta? E un altro campo sul lato opposto, identico a tutti gli altri della zona. Era così sull'intero pianeta? Dove era il bestiame? I ruminanti ai quali quei prati erano destinati? Facevano parte delle creature "letali"? Guardò davanti a sé e vide in lontananza colline pedemontane. Dio, ne erano ancora molto distanti. Si guardò al di sopra della spalla e vide la colonna che si snodava dietro di lei. L'unione faceva la forza? Che Mitford fosse riuscito ad amalgamare un gruppo così eterogeneo la diceva lunga sulla sua capacità di comandante, anche se l'ubbidienza era già stata inculcata in parte dagli staffili dei catteni. Un sacco di gente non avrebbe avuto il tempo di dimenticarsi di essere stato uno schiavo e di riprendere a pensare con la propria testa. Era ovvio che Mitford contava su quel fatto, come su qualunque cosa servisse a salvare il maggior numero di anime, pensò Kris tra sé. Durante la lunga marcia, scoprì che la infastidiva la fragilità di Patti Sue. Avrebbe preferito essere in testa con Mitford e Zainal, per vedere dove stavano andando: per recarsi perfino in ricognizione. Le piaceva essere tra i primi, e non seguire gli altri supinamente. Tuttavia, avendo accettato la responsabilità di assistere Patti Sue, avrebbe assolto il suo dovere fino in fondo. Quando il sole fu a metà strada dalla linea dell'orizzonte, Kris la portava ormai quasi di peso durante le salite. Le discese erano più facili, anche se Patti Sue continuava a inciampare e a scusarsi per il disturbo che arrecava, oltre a tessere le lodi di Kris perché sopportava una come lei. Kris doveva stringere i denti per impedirsi
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dirle di chiudere il becco e limitarsi a fare del suo meglio. Ogni ora venivano loro concessi cinque minuti di riposo per dissetarsi e altro, anche se superava la sua comprensione come facesse Mitford a capire che era passata un'ora. Forse, grazie all'addestramento militare, aveva un orologio incorporato, o qualcosa del genere. In ogni caso, accoglieva con sollievo le brevi pause. Gli informi involucri che erano le calzature dei catteni avevano del prodigioso. Il calore del corpo li aveva modellati, adattandoli in modo fedele ai suoi piedi lunghi e stretti che, benché stanchi, non avevano né una vescica né un'escoriazione. I muscoli delle sue gambe si lamentavano per la fatica, ma cos'altro si poteva aspettare dopo un periodo imprecisato di inattività? Camminavano tutti con passo strascicato, soprattutto i portatori d'acqua, anche se Mitford aveva provveduto a sostituirli a ogni sosta. A un certo punto, lungo la colonna passò voce che avrebbero fatto una pausa di un'ora per mangiare, e se qualcuno aveva già consumato tutte le sue tavolette, peggio per lui. Quel giorno non avrebbero intaccato le scorte. Kris ne aveva mangiato un altro terzo prima di mettersi in marcia, così sgranocchiò l'ultimo terzo e metà di un'altra. Riuscì a far mangiare a Patti Sue tutta una tavoletta dandole un pezzetto alla volta. La stanchezza della ragazza non era simulata. Aveva le guance incavate e il respiro affannoso. A Kris sembrava di udire dei rantoli nei suoi polmoni, ma forse era dovuto soltanto alla fatica dopo una lunga inattività. Patti Sue era ormai allo stremo. Quando arrivò il segnale di rimettersi in cammino, si trovavano sul bordo di una piantagione alquanto fitta. E piantagione era il termine esatto perché gli alberi erano disposti in file ordinate. Ce n'erano di diverse specie, a giudicare da quelle che, su quel pianeta, erano le foglie; differivano anche per dimensioni, e sotto i piedi c'era un morbido pacciame, un sollievo gradito dopo la superficie dei campi, più dura malgrado lo strato erboso. Pur essendo favorevole all'imboschimento, a Kris sembrava stra-
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3 no che fosse attuato su un pianeta che non era ritenuto abitato. Anche se Zainal non aveva esattamente detto che fosse disabitato, ricordò di nuovo. Kris fece alzare Patti Sue. La ragazza era così stanca da non avere nemmeno la forza di scusarsi. Kris si mise intorno alla vita una delle sue braccia magre e flaccide e la tenne stretta con la mano destra mentre la sosteneva con la sinistra. Aiutandosi con lievi spinte dell'anca, la fece avanzare passo dopo passo. Alla sosta successiva, anche Kris era sudata e ansimava. Aveva piegato la coperta di Patti Sue, con la tazza e il pacchetto delle razioni, e l'aveva messa di traverso sulla propria per sollevarla da qualsiasi peso. Risistemò l'equipaggiamento e, quando arrivò l'ordine di muoversi, si caricò Patti Sue sulla schiena, ritenendolo il modo più semplice per risolvere il problema. Kris aveva spalle robuste e, in un certo senso, era molto più facile portare la ragazza piuttosto che sorreggerla perché non cadesse. Adesso avanzava a un'andatura più spedita, anche se erano rimaste distanziate dai portatori d'acqua qualche tempo prima. Si sentì toccare la spalla e, voltandosi, si trovò a fissare gli occhi azzurri di un essere umano, dai lisci capelli biondi. - Ehi, signora, lasciala a me. Non hai l'obbligo di portarla. - Perché no? Non è mia sorella ma non è pesante - rispose Kris, e continuò a camminare pur ringraziandolo con un sorriso. - No - disse il tizio, facendo il gesto di prendere Patti Sue. - Tu mi porti il bagaglio e io porterò la ragazza. Sentendo su di sé le sue mani, Patti Sue si mise a piagnucolare, spaventata, e si aggrappò a Kris con le poche forze che le restavano nelle braccia. Kris uscì dalla colonna. - Sai cosa ti dico? Mi puoi aiutare portando il mio bagaglio, ma non credo che Patti Sue voglia avere uomini intorno. Capisci cosa intendo? L'uomo parve per un attimo indignato, offeso per l'insinuazione che a spingerlo fosse un altro motivo. - Non mi ha voluto dire altro che il suo nome e da dove viene - gli spiegò Kris - e non puoi ignorare la popolarità che noi donne terrane godiamo presso i cat.
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- Oh, Dio. Non ci avevo pensato. - L'uomo arrossì per l'imbarazzo. - Jay Greene - si presentò. - Di Denver. - Mi chiamo Kris Bjornsen, e anch'io sono stata catturata a Denver. - Kris aveva deposto Patti Sue a terra e la ragazza si aggrappava alle sue gambe, continuando a piagnucolare e a borbottare suppliche incomprensibili. Va tutto bene, tesoro, va tutto bene. Sarò io a portarti. Sei la mia compagna, non è così? - Si sbarazzò delle coperte arrotolate e delle sue tavolette ma tenne le tazze e il cibo di Patti Sue. - Ciao, Patti Sue - disse l'uomo, chinandosi su di lei. - Mi chiamo Jay Greene, e adesso ti solleverò per metterti sulla schiena di Kris. D'accordo? - Buona idea - disse Kris, rischiando di venire strangolata quando Patti Sue, evitando le mani di Jay, le balzò alla lettera sulle spalle. - Ohi! - mormorò Greene. - Brutta faccenda. Kris sistemò la ragazza in una posizione più comoda, sentendosi pungere dalle sue ossa. - Torniamo in fila, o ben presto finiremo per diventare il fanalino di coda. - Non preoccuparti. Non vi perderò di vista. - Non te lo permetterò, finché hai la mia razione. L'ultima parte di quell'eroica marcia fu in salita, su un terreno disseminato di rocce dove Greene dovette spesso sostenerla per impedirle di perdere l'equilibrio. Kris era così concentrata a non cadere che non vide dove stavano andando finché vi arrivarono. Quando ebbe un attimo per guardarsi intorno, vide che si trovavano su un vasto altopiano, con una vista fantastica sul mosaico di campi e siepi che sembrava estendersi per miglia e miglia nel crepuscolo. Anche la colonna si estendeva davanti a lei e non erano in molti alle sue spalle, essendo rimaste parecchio indietro. Per tutta la sua lunghezza, la gente si era seduta dove si trovava, troppo stanca per fare un altro passo o per preoccuparsi se avrebbe passato una notte scomoda. - Non mi sembra un granché come accampamento commentò Greene, guardandosi in giro. Liberò uno spazio dalle pietre e lo indicò a Kris. - Qui o là è lo stesso. Quella volta Patti Sue era troppo spossata perfino per lamentarsi quando Greene la sollevò con molta delica-
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3 tezza per depositarla a terra. Kris emise un enorme sospiro di sollievo. Sgombrò un altro spazio per sé e si sedette. Greene le porse le coperte e il cibo. - Dammi le tazze e andrò a prendere un po' di acqua - le disse, e lei gliele diede, rendendosi conto di essere distrutta, e di non avere l'energia di andarci di persona. Quando lui tornò, insieme riuscirono a mettere Patti Sue seduta; Kris le diede di nuovo da mangiare e si servì di parte dell'acqua per lavare la faccia a entrambe. - Ehi, abbiamo un Prometeo in questo gruppo eterogeneo - disse Greene, indicando verso la testa della colonna. Kris lanciò un'esclamazione di sorpresa e di sollievo. Le torce che avanzavano ondeggiando nella loro direzione la rassicurarono più di qualsiasi altra cosa. Le salirono le lacrime agli occhi e voltò la testa per nasconderle a Greene, non volendo guastare l'impressione di essere in grado di sopravvivere. Passò molto tempo, ed era calata l'oscurità, prima che gli uomini con le torce arrivassero in fondo alla colonna. Patti Sue si era addormentata con la testa sulla coscia di Kris. Alcuni sembravano avere abbastanza energie per parlare o lamentarsi; i deski emettevano i loro bizzarri sussurri dal piccolo cerchio che avevano formato. I rugarian si erano raggomitolati in palle pelose, con le coperte tirate sulle facce. Kris era troppo stanca per dormire; aveva i muscoli della schiena indolenziti e il collo rigido per la fatica. Roteò le spalle e scrollò le scapole per tentare di allentare la tensione. Un attimo dopo sentì che le mani di Greene iniziavano a massaggiarla e gliene fu molto grata. Si era appisolata quando la luce la svegliò. Mitford, Zainal, Taglioni e altri due stavano controllando la colonna. - Tutto bene, Bjornsen? - chiese Mitford, posandole una mano sulla spalla. - Ha portato la sua compagna per quasi tutto il pomeriggio - interloquì Greene. - Chiudi il becco - protestò Kris. - Non pesa molto.
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- Ed è la tua compagna - aggiunse Mitford, annuendo. - Lo so che è un posto schifoso per accamparsi... Alle sue spalle, Zainal stava parlando con il deski che era stato svegliato dalla torcia. Era un maschio, con gli occhi sgranati per l'ansia, che si calmò quando Zainal ebbe finito di parlare. - Non abbiamo potuto fare di meglio. Zainal e altri due andranno in perlustrazione per vedere se ci sono caverne nelle vicinanze. Secondo lui, stanotte saremo al sicuro su questo altopiano. Tu sei Jay Greene? -Sì. - Riesci a restare sveglio per un po'? - Certo. - Greene si alzò in piedi con uno sforzo. - Bene, tieni gli occhi aperti. Sveglierai Bass... lo conosci? Bene, quando tramonta la seconda luna. - Mitford indicò le lune che stavano sorgendo, una molto grande che precedeva la compagna, più piccola. - Questo pianeta ne ha cinque. Sono utili in mancanza di altri punti di riferimento. - Voltò la testa verso la figura dinoccolata di Bass che stava entrando nel cerchio di luce dalla torcia, seguito dal resto della retroguardia. - Hai sentito? Greene ti darà il cambio. Cumber, Bass ti sveglierà e starai di guardia fino al tramonto della quarta luna, quindi sveglierai Movi. Non imbrogliate e non confondete le lune, capito? - Abbiamo capito e ubbidiamo - disse Bass, facendogli un elaborato salamelecco. - Vi lascio la torcia - disse il sergente, porgendo a Jay Greene quella che reggeva. - Non durerà tutta la notte perché le notti qui sono lunghe, ma vi sarà di aiuto. - Capito. Mitford si avviò verso la testa della colonna. Zainal dedicò a Kris una lunga occhiata, quindi girò sui tacchi e seguì il sergente e gli altri. Kris si avvolse nella coperta e spostò Patti finché trovò una posizione comoda, nei limiti del possibile e dopo aver tolto un paio di pietre. Le coperte prodotte dai catteni erano ottime e calde. Alila fine, riposata, riuscì ad addormentarsi.
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Mentre, con Zainal, Taglioni e gli altri, tornava stancamente verso la testa della colonna, Mitford rifletteva alla saggezza di tenere in vita il cat. Tanto per cominciare, gli piaceva lo stile con cui aveva affrontato gente che non aveva nessun motivo di amare quelli della sua razza. Mitford sapeva, naturalmente, che il momento psicologico di uccidere Zainal era passato quando il cat si era alzato in piedi. Era un bastardo grande e grosso e nessuno, nemmeno Mitford, l'avrebbe sfidato da solo. Tipi come Arnie, che avevano assaggiato troppo spesso le fruste dei catteni, potevano organizzare un linciaggio approfittando di un momento favorevole. Ma c'era il modo di evitare un omicidio, se si sapeva chi erano la vittima e l'assassino. In un paio di occasioni, Mitford aveva disinnescato situazioni analoghe. Per di più, il gigante continuava a uscire con informazioni utili; come quella delle cinque lune. Centellinava di proposito quelle notizie preziose oppure la sua era una complicata messinscena? Gli anni passati in marina avevano insegnato a Mitford a individuare i bugiardi e i finti malati. Zainal non rientrava in nessuna delle due categorie, ma lui sapeva molto bene che tipo fosse Amie. Per gran parte della vita di Mitford, soprattutto da quando, pieno di entusiasmo, si era arruolato a sedici anni mentendo sulla propria età, il sole aveva governato le sue giornate: dal campo di addestramento al turno di servizio in Vietnam e alle due spedizioni in Kuwait, fino a quando era stato acciuffato dagli alieni, in un'amaca sulla veranda di suo padre. Gli tornò alla mente il suo reparto e si chiese se avesse partecipato ad azioni contro i catteni sulla Terra, ma i rapporti che arrivavano dal vecchio mondo erano pochi e saltuari. Una ragione di più per migliorare quello su cui erano bloccati. E se uno dei modi per riuscirci era tenere in vita il cat, Chuck Mitford avrebbe badato che vivesse. Si chiedeva in quali circostanze la bionda Bjornsen l'avesse incontrato. Lei non gli aveva mentito, ma non aveva raccontato tutti i fatti. Diamine! Era stata in gamba a gestire la situazione e a salvare la vita al cat. Aveva classe, quella. Ed era generosa, a giudicare da come ave-
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va ta.
portato
tutto
il
giorno
quella
povera
ragazza
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Taglione inciampò di nuovo e quella volta non respinse la mano del cat quando lo sorresse. Forse sarebbero riusciti a integrarlo, pensò Mitford, anche se ne dubitava. C'era troppo rancore contro i catteni. Doveva escogitare il modo di utilizzarlo senza averlo sempre intorno. Non era difficile; avrebbe mandato Zainal in ricognizione perché era necessario conoscere il terreno dove avrebbero finito per sistemarsi. Avrebbe mandato Bjornsen con lui, così si sarebbe sbarazzato di due potenziali problemi. Ne aveva già abbastanza. Non che non avesse iniziato bene ma oh, Signore, come aveva fatto a cacciarsi in quella situazione? Mitford, si disse, non conosci la prima regola della sopravvivenza? Mai offrirsi volontario! - Mi stavi dicendo che lavori per gli eosi? Non sono i catteni i capi supremi? - chiese a Zainal in barevi. - No, gli eosi. Gli emassi prendono ordini. Gli eosi comandano la galassia. Neanche il cat sembrava soddisfatto di quell'ordine gerarchico, pensò Mitford, interpretando il modo in cui aveva irrigidito la mascella come ostilità, se non aperta ribellione. - "Emassi" non è il termine che ho sentito per "capitano" - proseguì Mitford in tono affabile. Alla luce della luna colse il lampo negli occhi di Zainal quando il cat lo guardò dall'alto al basso. - "Emassi" è uno dei termini per capitano - rispose Zainal, arricciando le labbra. Capitano speciale. Hai sentito più spesso "tudo". E "drassi"'. - Già, "tudo" a terra e "drassi" nello spazio? Giusto? - Dunque, come Mitford aveva pensato, quel catteni era un paio di gradini al di sopra degli individui che aveva incontrato. - Allora, chi di loro ci ha scaricati qui? Tudo, drassi o emassi? - I drassi, per ordine degli eosi — e anche quello non garbava al catteni. - Tu hai ucciso un tudo, quindi... - Come ti ho detto - replicò Zainal con calma, ma c'era dell'acredine nella sua voce. - Era solo una verifica.
- Sappi che gli emassi non hanno motivo di mentire. La prima luna era ormai alta sulle colline e si rifletteva sui loro volti, illuminando il sentiero pietroso così da non calpestare involontariamente i corpi di quelli che dormivano. Per la sua mole, Zainal era agile. Certo, era abituato a una forza di gravità maggiore, ma quello non impediva ad alcuni cat di essere maledettamente goffi e di calpestare gli astanti nelle loro risse. - Adesso saremo lasciati soli con il compito di insediarci? - È così che funziona. - Quanto tempo passerà prima che qualcuno faccia un controllo? Zainal rimase per un po' in silenzio, quindi sollevò due dita. - Dipende. Se sopravvìviamo, scaricheranno altri prigionieri. Quindi controlleranno fra sei mesi, un anno, per vedere come ce la caviamo. - Parli al plurale perché includi anche te? - Mitford non era sicuro che gli piacesse quel suggerimento di solidarietà. Il cat non si trovava sulla stessa barca con gli umani: in senso figurato, cioè. O forse sì. Zainal sbuffò. - Io scaricato. Io resto. Non sono contro di voi. Sono con voi. - A me sta bene - replicò Mitford, e dopo un attimo aggiunse: - Ma scoprirai che non a tutti sei ben accetto. Zainal scoppiò in una risatina. - Non dappertutto gli emassi sono ben accetti. Sopravviverò. Non avrebbe saputo dire perché, ma Mitford non ne dubitò neanche per un attimo. Ed era sua intenzione mantenere quel catteni in vita. Gli venivano in mente molti modi in cui Zainal poteva essergli utile, soprattutto se lo infastidiva che gli eosi comandassero su tutto. - Allora, se riusciamo a restare vivi, scaricheranno altri ribelli? - Ribelli? - Già, ribelli, gente come noi che protesta contro le leggi dei catteni. Zainal sorrise. - Ottima parola, ribelli. Mi piace. - Non saresti, forse, un po' ribelle anche tu? - Forse.
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Mitford colse l'amarezza in quella risposta e ne fu sorpreso. - Dovremo discuterne in seguito disse Zainal. Parli bene la lingua barevi - aggiunse a voce più alta. - Sono un sopravvissuto, emassi. E imparare in fretta il linguaggio del posto è fondamentale per sopravvivere. Conosco abbastanza bene cinque o sei lingue della Terra per girare il mondo; non è sitato difficile imparare il barevi. - No, non lo è. - Un linguaggio semplice per gente semplice? Zainal scoppiò in una risatina. Ma non disse più niente perché la stanchezza aveva la meglio su entrambi mentre si avvicinavano alla testa della colonna di ribelli addormentati. Già, pensò Mitford, mi piace il ruolo di ribelle. Dopo aver controllato che le sentinelle da lui messe erano ancora sveglie, Mitford distese la sua coperta. - Se ti viene in mente qualcos'altro di quel rapporto, Zainal, fammelo sapere - disse, prima di sdraiarsi. - Sarà fatto.
La mattina dopo c'era poco d;a stare allegri! Kris era di nuovo indolenzita in più punti e sapeva che la colpa era del terreno sassoso su cui aveva dormito. Patti Sue non si era ancora svegliata, e lei la spostò per potersi alzare e soddisfare un bisogno impellente. Scese la collina fino a un masso che era già stato usato per quello scopo, anche se qualcuno aveva avuto l'educazione di spargere terra sugli escrementi. Fece altrettanto. Quando tornò, trovò Greene che l'aspettava con le loro tazze colme d'acqua. - Dio, cosa non darei per un po' di caffè - disse, sorridendole al di sopra dell'orlo della sua tazza. - Mi hai letto nel pensiero. - -A Kris piaceva il suo sorriso. Come mai era stata scaricata su quel pianeta dimenticato da Dio prima di aver incontrato un tipo per beine come lui? Le saltarono all'occhio anche altri particolari: Greene era di una magrezza spaventosa, le sue mani mostravano parecchie ferite rimarginate e le palme, quando gesticolava, erano coperte di calli. - Hai rubato davvero il flitter del comandante? Kris gemette. - Sì, ma non l'avrei fatto se avessi saputo che genere di rappresaglia avevano in mente i catteni. - Non ti angosciare. - Il sorriso di Greene si allargò. - È bastata l'idea che uno di noi ci fosse riuscito a darci coraggio. - Non a quelli che hanno avuto lunghe interviste con gli staffili. - Kris rabbrividì e i muscoli della schiena fremettero per solidarietà. Le due volte che aveva assaggiato quelle scudisciate che paralizzavano i nervi erano state più che sufficienti. - I cat approfittano di ogni scusa per intimidire noi terrani - disse Greene. - Eravamo più in gamba di quan-
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4 to avevano previsto, nel caso non ti fosse giunto all'orecchio. Ti hanno catturato di nuovo? - No - rispose Kris con energia, per sottolineare la sua mortificazione. - Ho scelto male il momento. Mi sono recata in città di nascosto proprio quando gli incrociatori hanno cominciato a spargere gas per sedare quella sommossa. A proposito, cos'è stato a scatenarla? - Oh, cercavamo di mandare all'aria una delle loro piccole sessioni disciplinari. Una cosa tira l'altra e alla fine eravamo una folla. Assurdo e irragionevole, scorazzare rompendo tutto quello che ci capitava a tiro. Lei annuì, terminando la sua tavoletta e leccandosi le dita. Arrivò l'ordine di mettersi in cammino. Patti Sue superò la mattina camminando con i propri piedi, quindi crollò di nuovo. Si scusava con tanta insistenza che Kris doveva stringere i denti per non trattarla rudemente. Era un po' difficile evitarne le scuse e i piagnistei avendo le sue labbra a pochi centimetri dall'orecchio. Greene faceva il possibile, conversando del più e del meno, nel tentativo di farla tacere. Il suo compagno era un rugarian che non parlava, si fermava e riprendeva a camminare quando lo faceva Greene, ed era in apparenza ignaro di qualsiasi altro stimolo. - Cosa facevi sulla vecchia cara Terra? - gli chiese Kris per ingannare il tempo. - Tecnico di computer. Così, naturalmente, su Barevi mi hanno messo a scavare, spalare e spazzare. Quanto meno, non erano prevenuti. Era la mansione che assegnavano a persone di un certo livello. - Gonfiò il muscolo del braccio, facendo tendere la tuta perché lei potesse ammirare il risultato. - In realtà, è meglio di una vita sedentaria davanti a uno schermo. Non sono mai stato così in forma. - Lanciò un'occhiata critica al corpo gracile di Patti Sue. - Sei sicura... - iniziò per la terza volta da quando avevano pranzato. - Ne sono sicura. Patti Sue si era addormentata oppure era caduta in uno stato semicomatoso. L'unico particolare che rassicurava Kris era che, essendo la sua pelle fresca, non doveva avere la febbre. Strinse i denti e proseguì, ripromet-
tendosi però che, in futuro, avrebbe preteso di scegliere chi accollarsi come compagna. Il pomeriggio si trasformò in una lunga lotta per mettere un piede davanti all'altro. Dovettero scalare tre pareti rocciose... Kris sperava che Mitford ricevesse rapporti accurati dai suoi ricognitori, perché non aveva nessuna voglia di rifare in discesa l'ultima delle salite. Avevano dovuto allestire un'imbragatura con una coperta per issare l'inerte Patti Sue. Alla fine Kris aveva le tibie e le punte delle dita escoriate. Nelle casse lasciate dai catteni per la sopravvivenza mancavano un'infinità di oggetti. Guanti, chiodi da roccia, picconi, zaini, una stecca di cioccolata erano tra quelli che sognava. Aghi e filo ! Cerotti. Ci furono tre cadute e una gamba fratturata. I deski, malgrado l'aspetto fragile, avevano scalato quasi volando la parete rocciosa. Poteva essere una dote utile, si disse Kris, stupita di riuscire a pensare a qualcos'altro a parte continuare a camminare. Nel momento in cui il suo coraggio cominciava a esaurirsi per cedere alla disperazione più cupa, arrivò loro la notizia che la testa della colonna era arrivata a destinazione. Ne avevano una? La notizia la sbalordì e la rincuorò. Non se ne accorse nemmeno quando vi arrivò. In primo luogo, era inciampata e aveva dovuto appoggiarsi alla parete rocciosa per non cadere. Aveva avuto una terribile, anche se fugace, visione del dirupo nel quale aveva rischiato di precipitare. In secondo luogo, era troppo esausta per importarle perfino che avrebbe potuto smettere di camminare. - La prendo io - disse una voce maschile mentre Patti Sue le veniva tolta dalle spalle. Qualcuno le mise una mano sul braccio e la trascinò lontano dalla parete rocciosa, facendole abbassare la testa perché non se la rompesse contro la bassa entrata. All'interno, l'oscurità era attenuata niente di meno che da falò. Non ne avevano l'odore, ma il loro bagliore rosato sembrava autentico. Scoprì in seguito che Zainal aveva fatto esperimenti con diversi tipi di legna, man-
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4 cando una descrizione adeguata per definire il materiale che aveva raccolto, finché aveva trovato una sostanza combustibile. Aveva trovato altre sostanze, compreso sterco secco, da aggiungere alla "legna" che avevano radunato durante la marcia. Lo sterco puzzava ma emanava calore e luce, due fattori indispensabili. Quando qualcuno le prese la tazza, Kris protestò ma, prima di poter dare in escandescenze, le fu restituita piena d'acqua. - Continua a muoverti - le fu detto, e una mano gentile la guidò lungo uno stretto varco tra gambe e stivali stesi a terra. Si lasciò guidare andando a sinistra, quindi a destra, quindi a sinistra di nuovo finché le fecero abbassare la testa per entrare in una caverna più piccola. C'era un fuocherello, che non puzzava troppo, in un cerchio di pietre disposte al centro. Il fumo saliva verso l'alto e lei inclinò la testa, quasi cadendo alli'indietro perché il suo equilibrio era non meno stanco degli altri sensi, ma non riuscì a vedere il soffitto. - Laggiù - e la guidarono su un lato del fuoco dove non c'erano gambe o stivali. - Siediti. - Una mano le premette con dolcezza sulla spalla e lei si sedette, felice di ubbidire. Quando sentì che qualcuno trafficava con la sua coperta, cercò di respingere la mano. - Dormire in coperta. La strana fraseologia attirò la sua attenzione; batté le palpebre per mettere a fuoco il volto che si trovò davanti, e si accorse che era quello di Zainal. Nessun altro raggiungeva la sua mole. Andava tutto bene, allora. Gli era debitrice, oppure era lui in debito con lei? - Sdraiati - le disse, un ordine al quale era fin troppo felice di ubbidire. Si distese a terra e sentì che le rimboccava la coperta intorno al corpo. Che strano comportamento per un cat... no, non doveva abbreviarne il nome. Catteni. "Teni" sarebbe stato forse meno brutto di "cat"? Fu quello l'ultimo pensiero che le passò per la mente.
Mitford aprì di colpo gli occhi, svegliato dal suo orologio interno dopo le consuete sei ore di sonno. Era buio pesto e impiegò un momento per stabilire dove si trovasse. Si sollevò con cautela su un gomito e riconobbe le sagome che dormivano intorno a lui: Taglione, Murphy, Dowdall e, sì, la massa scura del catteni dalle larghe spalle. Per quanto cercasse di tenersi in forma, a parte il sonno forzato sull'astronave-prigione, Mitford avvertiva le fitte della fatica del giorno prima. Bene, l'aspettava un'altra giornataccia e gli conveniva mettersi all'opera, considerando tutto quello che doveva fare. Si diede di nuovo dello stupido per avere assunto il comando di quella banda di disperati, ma chi altri, in quel branco malassortito di esseri umani e alieni, poteva occuparsi dell'organizzazione? Gli era ribollito il sangue vederli cavillare sul numero di coltelli che spettava a ciascuno di loro e su chi avesse diritto alla coperta. Era stato un caso che conoscesse un paio dei ladri per aver diviso la baracca con loro su Barevi, così era riuscito a ottenerne l'appoggio con un'allusione e un po' di persuasione verbale. Non c'era bisogno di litigare per le scorte; ce n'erano a sufficienza per tutti. Non sopportava l'avidità e odiava la prepotenza. Qualcuno poteva dubitarne, ma era la verità. Perciò, era intervenuto e aveva organizzato la questione delle scorte, distribuendo le armi in modo equo. Avrebbe dovuto capirlo che da cosa nasce cosa, ma nessuno aveva contestato la sua autorità, e chi l'aveva fatto aveva tolto il disturbo. Diamine, dopo ventisette anni con i marine, conosceva i metodi per convincere una ciurma eterogenea a comportarsi come un gruppo compatto. Aveva addestrato abbastanza reclute inesperte facendone buoni combattenti- Anche donne. Inoltre, aveva avuto dalla sua un paio di vantaggi. Tanto per cominciare, erano tutti abituati a prendere ordini senza potersi ribellare, così non doveva far altro che mantenere in vita quell'usanza, portandoli gradualmente verso un governo più democratico e l'indipendenza, una volta che avessero raggiunto un'organizzazione adeguata. In quel momento, era meglio restare uniti e non lasciarsi sfuggire gli alieni utili. Era contento
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di essersi sbarazzato di quei bastardi polemici e scontrosi dei tur, per non parlare degli ilginish, con i quali i rapporti erano stati sempre difficili nelle baracche di Barevi. La maggior parte aveva tolto il disturbo, e gli stava bene. Quanto agli umani, sapeva come trattarli. Si trovavano in una posizione difendibile, anche se ignorava contro cosa avrebbe dovuto difendersi. Avevano una buona fonte di acqua sotterranea in quel lago che i suoi ricognitori avevano scoperto. Il cat... Mitford si redarguì... come gli altri avrebbero considerato l'alieno dipendeva molto dal modo in cui lui avrebbe trattato Zainal. E, se in seguito avesse voluto mettersi in contatto con i catteni, avrebbe avuto bisogno di qualcuno dalla sua parte. Al momento, l'unico disponibile era Zainal. In ogni caso, Zainal aveva trovato il tempo per andare a caccia mentre era in perlustrazione con lag e Murphy, e aveva abbattuto qualche esemplare di fauna locale. Aveva dimostrato che era commestibile mangiandone un pezzo ancora crudo. Mitford preferiva la carne cotta ma il pezzo che aveva masticato e deglutito aveva proprio il sapore tipico della carne cruda. Quelle bestie se ne stavano accovacciate sulle rocce in branchi, e non si muovevano all'avvicinarsi degli esseri umani - ciò che suggeriva a Mitford che non ne avevano mai visti e non sapevano di doverli temere - perciò era di una facilità estrema abbatterle. Avevano così un'altra fonte di proteine per integrare la razione di tavolette. Acqua, un riparo, cibo. Niente male dopo due giorni soltanto su un mondo nuovo. Mitford era ottimista, anche se si concedeva raramente quel lusso. Il giorno prima aveva avuto l'occasione di parlare con un centinaio di uomini e di donne durante la marcia e lo incoraggiava molto il fatto che alcuni avessero specializzazioni che sarebbero state utilissime. Con gesto automatico, le sue mani corsero alle tasche dove di solito teneva matita e taccuino. Bestemmiò di nuovo sottovoce. Una tazza, una coperta, un coltello e un'accetta non erano molto. Aveva avuto di meno in occasione di un corso di sopravvivenza, ma lui era abituato alle privazioni, mentre quel branco di
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gente non lo era. Gli mancavano carta e matita. Aveva una memoria visiva, alla quale affidava i fatti in attesa di poterli annotare. Per fortuna, Gerry Capstan era stato ispettore del Colorado Park Service: era sicuro di riuscire a trovare qualcosa con cui scrivere e aveva già individuato dell'ardesia tra le rocce. Un modo fottuto per scrivere l'ordine del giorno, pensò Mitford, ma cosa ci poteva fare? A Lubbock, il vecchio caposquadra si serviva ancora di gesso e lavagna come tabellone per i suoi autisti. Murphy era un meccanico, sapeva saldare, e aveva assicurato a Mitford che gli bastava un fuoco per sagomare alcuni di quei coltelli in eccesso e ricavarne una serie di attrezzi utili. Una donna, che marciava a fianco di Murphy, aveva alzato la testa udendo i due uomini parlare. - Io sono vasaia... Sandy Areson. Già, so cosa stai pensando. Sorrise davanti all'espressione dubbiosa di Mitford. - Per te è roba pseudo-artistica quella che producevo un tempo, ma so come fare brocche, boccali, piatti e altri oggetti utili. Cioè, se c'è argilla su questo pianeta. - Lo terremo a mente - aveva replicato Mitford, sapendo che cose semplici come brocche e piatti potevano aiutare a sollevare il morale. Ora, nell'aria fresca dell'alba, Mitford iniziò a programmare le attività della giornata. Riempire la pancia con un buon pasto caldo li avrebbe stimolati a essere ottimisti, perciò andare a caccia era in cima all'ordine del giorno. Seguiva una perlustrazione minuziosa della zona circostante e del resto delle caverne. Oltre alle torce per illuminare i cunicoli che erano già stati esplorati. Quell'erborista poteva mettersi alla ricerca di vegetali commestibili. Non era escluso che ci fossero perfino delle bacche. C'erano due minatori, che avrebbe incaricato di individuare depositi di minerali. Avrebbe inviato pattuglie, avrebbe tenuto tutti impegnati, e Amie poteva occuparsi delle latrine. Quel pensiero lo fece sorridere. Se qualcuno avesse osato lamen-
tarsi, sarebbe stato assegnato a quel compito. Con tutta quella gente, l'igiene era una necessità fondamentale. Un altro aspetto positivo era il fatto di essere tutti buona salute; quelli che non lo erano, erano rimasti campo. Cominciò a svegliare gli uomini che, come aveva avuto modo di scoprire il giorno prima, sulla Terra erano stati esperti cacciatori. Li avrebbe incaricati di cercare legna adatta per ricavarne archi, frecce e lance. E fionde. Mitford sorrise mentre si infilava gli stivali. Da ragazzino era stato un ottimo tiratore: riusciva a tramortire un coniglio da quaranta metri di distanza. Come si chiamava quell'infermiere? Ah, Matt Dargle. Dannazione, come gli mancavano carta e penna. Mitford svegliò Taglione, Murphy e Zainal e cominciò a impartire ordini. Fu il fetore a svegliarla. Cominciò a tossire senza riuscire a smettere. Non era l'unica; intorno a lei, tossivano tutti. Poi, una folata di aria fresca e pulita le sfiorò la faccia e Kris cercò di riprendere il sonno interrotto. Era troppo presto per svegliarsi; fuori era ancora buio. Fuori dove? La domanda la fece scattare a sedere per scoprire "dove" si trovasse. All'interno di una caverna. Il fuoco al centro era ridotto a pochi tizzoni, anche se qualcuno cercava di ravvivarlo alimentandolo con certe zolle puzzolenti. - Credo che preferirei il buio all'odore - mormorò Kris, accorgendosi che la gente intorno a lei dormiva ancora. Anzi, riconobbe il corpo minuto di Patti Sue al suo fianco. Kris era mortificata. Non si era nemmeno accertata di avere con sé la sua compagna quando si era addormentata. Zainal? Zainal. Hmm. Si guardò in giro ma non riuscì a scorgere la sua mole. Rifletté se era il caso di rimettersi a dormire, quindi di rese conto che prima avrebbe fatto meglio a trovare la latrina. -Dov'è la latrina? - chiese alla sagoma che alimentava il fuoco. - Da qui? - L'uomo fece una breve pausa. - Hmm. Va' a sinistra e prendi la terza uscita sulla destra. - Riuscirò a vedere dove vado?
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- Oh, sì. Benché avessero distribuito torce lungo le pareti, Kris trovò la caverna giusta più guidata da un odore particolare che seguendo le indicazioni. Rimase stupita nel vedere il lavoro che era stato fatto. Per quanto tempo aveva dormito? Uno spazzolino! Pensando alle pratiche confezioni che distribuivano le compagnie aeree ai viaggiatori della "business class", avrebbe voluto averne una a portata di mano: spazzolino da denti, pettine, Umetta per le unghie, per non parlare di dentifricio, deodorante per l'alito e salviette detergenti, tutti oggetti che le avrebbero fatto molto piacere in quel momento. Anche qualcosa da mangiare. Tornando, oltrepassò la "sua" caverna perché aveva avvertito un odore fantastico... be', paragonato a quello che aveva mangiato negli ultimi tempi. Seguì il proprio naso, oltrepassando altri cunicoli laterali e sbirciando nelle caverne, piene di corpi addormentati. Sbagliò una curva e finì in un cul-de-sac dove regnava un odore tutt'altro che stuzzicante, un odore nauseante di muffa e di morte. Il suo naso la condusse alla fonte, e alla più vasta delle caverne. Vi regnava una grande animazione, un andirivieni di uomini, donne e alieni, ma ne capì il motivo solo quando vide un gruppo di uomini, ognuno dei quali brandiva con aria trionfante il proprio bottino. Erano andati a caccia e, benché le loro prede assomigliassero a grossi topi senza coda, se erano quelle che stavano arrostendo sui fuochi avrebbe sorvolato sulla somiglianza. Si diresse al fuoco più vicino e si fermò accanto alla roccia sulla quale erano stati posati due pezzi già cotti. I - Come faccio a mettermi in coda? - chiese al cuoco, un tipo dalla carnagione scura. - Se fossi in te, non farei troppi complimenti - le rispose lui con un sorriso. - Non badare all'aspetto; il sapore è buono e quel cat ha detto che non c'è pericolo di restare avvelenati. - L'ha detto lui? - disse Kris, cercando di comportarsi con disinvoltura mentre allungava la mano verso... la carne? Cibo? Non era caldissimo; si portò il pezzo alla bocca e gli diede una leccata furtiva per sentirne il sapo-
re. Ebbe la conferma che il suo stomaco aveva bisogno di quella roba, a prescindere da ogni altra considerazione. Gli diede un morso, inalando aria per raffreddare il boccone, caldo contro i denti. Lo masticò ben bene... dovette farlo perché la carne era dura, ma aveva un sapore fantastico e scese in uno stomaco riconoscente. - Soltanto uno a testa - disse il tipo bruno, infilzando il coltello nelle porzioni che stava arrostendo per controllare a che punto fosse la cottura. - È comprensibile. Ho le razioni di tavolette per colmare i vuoti, ma questo qui, così caldo... - Kris fece una pausa, non solo per mangiare un altro boccone ma anche per dargli un nome adatto. - Noi la chiamiamo carne - disse l'uomo, sorridendo. - Bene, chiamatela come volete ma è proprio quello che ci vuole. Grazie... - Kris terminò con una nota interrogativa, invitandolo a dirle il suo nome. -Bart. Tu sei Kris. - Come fai a saperlo? - Hai portato quella ragazza per due giorni e conosci il cat. - Oh! - Colta di sorpresa all'idea di essere così famosa, Kris si guardò in giro, piuttosto imbarazzata. Non vide né Zainal né Mitford. - Dove sono il sergente e il cat? - Fuori. A caccia, credo, e a verificare se ci sono altre caverne. - Bart arricciò il naso. - Questo posto non è abbastanza grande per tutti noi. In ogni caso, è una buona idea dividersi, se vuoi il mio parere. Soltanto che nessuno si sogna di farlo. - Il suo tono era affabile. - Sarebbe meglio se avessimo acqua corrente. - L'abbiamo, ma scendere non è uno scherzo. -Oh? - Un lago e un fiume sotterranei. È probabile che aumentino alcuni dei torrenti che abbiamo passato. Kris leccò l'osso, ormai spolpato. - Spezzalo. Anche il midollo è buono. Kris esaminò l'osso, riluttante a seguire il suo consiglio. - Il midollo è molto nutriente, Kris - disse Bart in tono serio. - Spezzalo e succhia.
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Per non fare la figura della schizzinosa, Kris ubbidì e scoprì che il midollo non era per niente sgradevole. Si accertò di aver ripulito le due metà, quindi si guardò in giro. - Nel fuoco - le suggerì Bart. - Bruciamo tutto quello che troviamo. - L'ho saputo dal mio naso - replicò Kris con un sorriso. - Già, la puzza non è male. Kris buttò l'osso nel fuoco, lo udì schioccare quando le fiamme lo lambirono e le arrivò anche una zaffata di "osso bruciato". Si leccò le dita per ricordare meglio il sapore della carne, quindi slegò la tazza che portava appesa alla cintura. - Dov'è l'acqua potabile? - Laggiù. - Bart fece un cenno con il capo e Kris riconobbe le sagome delle casse, ammassate contro la parete della caverna. Aveva appena bevuto un sorso quando una donna, con i capelli neri tagliati corti, le batté sul braccio. - Per caso sai come si fa a scuoiare e a sventrare un animale morto? - Sì - rispose Kris, con molta più buona volontà di quanta ne provasse per quel compito. Dopotutto, aveva scuoiato scoiattoli e conigli per qualificarsi al corso di sopravvivenza e quella era l'occasione migliore per dimostrare la sua competenza. - Io sono Sandy e mi hanno affidato l'incarico, anche se non so neanche da dove si cominci. Un tempo facevo la vasaia - concluse la donna con un sorriso divertito. - Io sono Kris... - Già, lo so. Conosci il cat e hai portato la tua compagna per due giorni. Erano tutti al corrente di quei due fatti sul suo conto? si chiese Kris mentre seguiva Sandy fuori dalla caverna. Non si era accorta che i cacciatori avevano portato altra selvaggina. Cinque o sei persone erano impegnate a scuoiare e sventrare, servendosi di grosse pietre come banchi da lavoro. Più avanti, due uomini e due donne esaminavano un mucchio di interiora, discutendo di anatomia.
- Le budella sono budella e non vedo perché non possiamo usarle - disse la donna, sollevando un lungo spago color grigio. - Dovrebbero essere resistenti come quelle di qualsiasi gatto. - Gli indiani se ne servivano per le corde degli archi, vero? - Credo di sì. Di certo non conoscevano il nylon. Kris non era schizzinosa, ma non aveva nessuna voglia di rivedere la colazione. Aveva avuto un sapore ottimo andando giù, ma che sapore avrebbe avuto venendo su? Preferiva non scoprirlo. Si trovò un posto e prese al volo l'animale che Sandy le lanciò. Molle, morbido, ma in carne. La pelle era sorprendentemente gradevole al tatto, anche se di un impossibile colore grigio-marrone. Più che una pelliccia, era uno strato di pelle scamosciata. Rigirandolo sulla sua lastra di pietra per esaminarlo da vicino, Kris non riuscì a capire cosa l'avesse ucciso finché notò che metà della "testa" era stata ridotta in poltiglia. Troppo piccola perché fosse opera di un randello, ed era da escludere un colpo con le accette che erano state distribuite. Aveva quattro zampe, un corpo tozzo e rotondo, e un collo inesistente prima dell'estremità smussata che era la "testa". Con un sospiro, Kris diede una rapida occhiata in giro per vedere come gli altri affrontavano il compito, voltò l'animale sulla schiena e, sollevandolo per la testa, si mise all'opera. Era più in carne di conigli o scoiattoli, avendo cosce massicce e spalle ben sviluppate. Il suo coltello, benché un po' troppo grande per un lavoro di precisione, era affilato. Kris combinò un piccolo pasticcio per togliere la pelle alle zampe ma, dopotutto, c'era ben poco sotto il "ginocchio". Aveva appena finito quando Sandy comparve con un altro animale, e così passò la mattinata. Sembrava che ci fossero quantità inesauribili di quelle bestie e di un'altra specie, con la pelle scamosciata e ali membranose, viscide al tatto. Non c'era carne sulle ali ma le fu detto di conservarle comunque. - Hai mangiato qualcosa? - le chiese Sandy a un certo punto. - Sì, un pezzo di questi tozzi animali, credo.
- Se avessimo una pentola per cuocerli, sarebbe un bel passo avanti - disse Sandy con un sorriso mesto. Sulla Terra Bob l'Erborista era esperto di erbe e ha trovato certe radici che non dovrebbero avvelenarci. Anche delle bacche dal gusto aspro ma abbastanza gradevoli. Almeno, il cat ritiene che siano commestibili. Le ha mangiate e non ha avuto neanche un mal di pancia, ma i cat mangiano un sacco di cose che a noi farebbero venire la diarrea. Kris tacque un momento, riflettendo a un altro stratagemma. Si sedette sui talloni. - Non ci sono da qualche parte buche naturali? Voglio dire, buche con un fondo che non perda? - Perché? - Be', potrebbero servire da pentole. Ne riempi una di acqua, quindi vi getti dentro pietre pulite e riscaldate. Così, l'acqua bolle e il contenuto si cuoce. - Davvero? - Non l'ho mai messa alla prova, ma mi sembra una teoria valida. Una pentola è soltanto un oggetto che puoi spostare. - Da quale popolo barbaro hai preso questa idea? Kris rise. - È un metodo usato un tempo dagli irlandesi. Ho visto le località nell'Irlanda del sud. Grandi attrazioni turistiche, ma la guida giurava che era così che facevano i lavoratori quando non avevano voglia di rifare a piedi il tragitto fino a casa. - Be', io non l'ho mai fatto - disse Sandy e si allontanò, scuotendo la testa. - Ehi, ragazza, sei diventata brava - disse una voce allegra e, alzando la testa dall'animale che aveva appena sventrato, Kris vide Jay Greene che si avvicinava a lei reggendo in ogni mano un paio di volatili. Da come pendevano le teste, avevano il collo spezzato. - Salve, Jay. Dimmi, come vengono catturati o uccisi questi animali? - Le trappole funzionano su questo pianeta come su qualunque altro - disse lui, compiaciuto. - Per mia fortuna, questi uccelli sono più stupidi dei tacchini e mangerebbero qualsiasi cosa, soprattutto briciole di tavolette. - Sei esperto di trappole?
- "Semper paratus", come erano soliti dire i boyscout - replicò Greene con modestia. - Ne ho costruita una e Mitford ci ha mostrato come usare una fionda. È un ottimo tiratore - dichiarò, con il dovuto rispetto. - Ci manca l'elastico ma, con un po' di pratica e un adeguato colpo di polso, puoi mirare con sufficiente precisione. Questi rocksquat non hanno abbastanza cervello per spaventarsi, così restano immobili e muoiono giovani! Ehi, sei abile con quel coltello ! - Già, lo sono - replicò Kris con allegria. - Tocca ai tuoi? - Tese la mano per togliergli la selvaggina mentre affilava la punta del coltello sulla roccia del tavolo. - Sissignora - rispose Greene e, evitando con cura esagerata il coltello che lei stava affilando, depositò gli uccelli sul lato opposto del tavolo. Il calore del sole la costrinse a fare una pausa per asciugarsi la fronte sudata con la manica; si rese conto di aver lavorato senza interrompersi abbastanza a lungo da avere il torcicollo e più sangue di quanto le piacesse sulla tuta. Il sangue attirava sempre gli insetti. Quanto meno, così succedeva sulla Terra e su Barevi. Finì di pulire l'ultimo rocksquat, si alzò e portò il proprio contributo all'addetto successivo nella catena dei preparativi. - Voglio lavarmi, bere e fare un breve intervallo - annunciò a Sandy. Sandy le indicò come arrivare al lago sotterraneo. Erano state installate altre torce, così il sentiero era illuminato abbastanza da impedire a Kris di inciampare nelle irregolarità del terreno. Quando arrivò in fondo al sentiero, vide la corda con i nodi che serviva per arrampicarsi. Sbirciando oltre l'orlo, vide che c'era della sabbia per attutire l'impatto del salto, due metri circa. La torcia le lasciava intravedere il movimento dell'acqua che scorreva oltre quel punto. Si ricordò, tuttavia, che le acque calme potevano essere profonde. Sandy non le aveva detto di non immergersi, ma non le aveva nemmeno detto che poteva farlo. Strisciò sulla pancia fino all'orlo dell'acqua e bevve una rapida sorsata; lasciava in bocca un sapore di bicarbonato ma non era cattiva. Immerse il volto nell'acqua, bevendone una sorsata più generosa. Fu allora che il
desiderio di sbarazzarsi del sudore e della sporcizia degli ultimi giorni divenne irresistibile. Per prudenza, Kris verificò prima che la corda si inoltrasse nell'acqua abbastanza da permetterle di restarvi aggrappata mentre faceva il bagno. Quindi si liberò degli stivali avvolgenti e della tuta e, stringendo con una mano la corda, si immerse nell'acqua. Era indubbiamente fredda, ma era una sensazione stupenda. Si strofinò come meglio potè con una mano, e senza sapone, in quello che fu probabilmente il bagno più veloce che avesse mai fatto. Servendosi della coperta, si asciugò alla meglio con il tessuto idrorepellente e sciacquò le maniche e il davanti della tuta macchiati di sangue. Si era rinfilata i vestiti, benché umidi, e stava mettendosi gli stivali quando udì avvicinarsi delle voci. Si issò in cima e tornò sui propri passi, molto rinfrescata. Si tenne vicina alla parete alla sua destra quando il gruppo che scendeva le passò accanto. - Non dobbiamo mollare quella corda - stava dicendo uno degli uomini - perché la corrente è forte, secondo il cat. - Dio, cosa non darei per un rasoio! - Affila il tuo coltello, amico - commentò un altro, ridendo. - Era così che facevano i pionieri. Quando Kris trovò la strada per tornare dove aveva dormito, vide che c'era rimasta soltanto Patti Sue, ancora addormentata. Esitò, incerta se andare a prendere del cibo e assicurarsi che la ragazza mangiasse, ma decise che il sonno era più importante. Dalla quantità di selvaggina che i cacciatori continuavano a portare, sarebbe rimasto qualcosa per lei quando si fosse svegliata. Fino a quando, però, la selvaggina sarebbe stata così stupida da farsi catturare e ammazzare? Le bocche da sfamare erano tante. Fu allora che udì un baccano di voci e di grida gioiose. Tornò nella caverna principale e cercò di capire a cosa fosse dovuto quel frastuono. Avevano tutti un'aria molto soddisfatta. Bart sorrideva come se avesse appena vinto alla tombola. - Cosa succede, Bart?
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- Hanno trovato del cibo. Una montagna - rispose lui, poi si ricordò del proprio dovere e girò i pezzi che si stavano cuocendo sul fuoco prima che si carbonizzassero. - Dove? Roba che possiamo mangiare? - Kris si scoprì a fissare la carne arrostita con aria famelica. - Suppongo di sì, altrimenti perché tutto questo strepito? Kris si spostò per udire cosa stavano dicendo. - Montagne di cibo! ... Una specie di caverna-magazzino. Come un silo. ... E altre porte che non siamo riusciti ad aprire... non ancora! ... Devono essere secoli che lo stanno accumulando. ... Nessuno nelle vicinanze, niente impronte, solo crepe nella pietra, come se vi si fosse posato sopra qualcosa di enorme. Kris si fece largo tra la folla eccitata e si diresse verso la zona anteriore della caverna, sperando di trovare qualcuno al quale chiedere delucidazioni. La caverna "magazzino" la preoccupava un po', perché suggeriva che le informazioni di Zainal non erano esatte. Non si immagazzina qualcosa, soprattutto cibo, se non c'è nessuno a consumarlo. - Con le prove di scarificazione ne avremo un'idea immediata - stava dicendo un asiatico in tono deciso. Hanno funzionato per la selvaggina che avete catturato, come anche per radici e bacche. - Possiamo utilizzare lo stesso metodo per i rugarian e i deski, Matt? - Kris udì Mitford chiedere. - Diamine, non lo so, sergente. I miei clienti erano esseri umani. - Zainal, puoi informarti? - disse Mitford, passando al barevi. - Sì. Glielo chiederò - e Kris vide del movimento tra quelli accalcati intorno a Mitford quando Zainal si allontanò per indagare. - D'accordo, ascoltate! - La voce del sergente assunse un tono da piazza d'armi. - Mi occorrono dei volontari... tu, tu, tu e tu. Arrotolatevi le maniche. Ci sono dei campioni che dobbiamo esaminare.
La folla si diradò di colpo perché molti si rifiutavano di essere scelti come "volontari" per l'idea brillante che Mitford aveva in testa. - Non hanno trovato altro che cibo? - chiese Kris, avvicinandosi al sergente. - Non ti basta? - replicò una donna in tono stizzito. - È senz'altro un aiuto, ma sono tante le cose che ci occorrono per rendere questo posto abitabile... - Abitabile? Che spasso - disse la donna, allontanandosi. - Anche tutto quel cibo potrebbe essere uno spasso disse Greene, apparendo al suo fianco - se si scopre che il nostro stomaco non lo tollera. - Qualcuno si è fatto un'idea del perché ci siano simili scorte? - gli chiese Kris. - E cosa succederà se i tre Orsi tornano a casa e scoprono Ricciolidoro? - Fece un gesto per indicare che a loro spettava la parte di Ricciolidoro. - No. Anche Zainal non ne aveva la minima idea. Insisteva che, secondo il rapporto dei catteni, il pianeta era disabitato... - Con forme di vita senzienti? - Mmmm. Sì, in effetti ha fatto questa distinzione rispose Greene, quindi sorrise. - Si è spaventato a morte anche il sergente quando si sono trovati di fronte a quelle porte di metallo che sbarravano gli ingressi delle caverne. - Come hanno fatto a entrare? Green ridacchiò di nuovo. - In questo gruppo ci sono tipi con specializzazioni molto interessanti. - Dove si trovano queste caverne prodigiose? - A mezza giornata di cammino da qui, perciò non preoccuparti. E non ci sono strade. È sconcertante come facciano a immagazzinare i raccolti senza lasciare tracce. - Ti innervosisce di più un congegno meccanico astruso che un alieno genuino - commentò Kris. - Se lo dici tu. Il sergente ha mandato un gruppetto in esplorazione, per vedere se riescono a capire come e da dove i silos vengono riempiti. Stasera, comunque, terrà una riunione per spiegare ogni cosa. - Greene si leccò le labbra e Kris si scoprì a fare altrettanto quando la brezza
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portò loro odori stuzzicanti. - Avrei potuto mangiarne uno intero. - Hai finito le tue tavolette? - Diamine, no, e fa' la guardia alle tue. Come ho detto, tra noi ci sono tizi dalle mani lunghe oltre che dalle specializzazioni interessanti. - Oh, povera me, Patti Sue - disse Kris, voltando le spalle a Greene per tornare dalla ragazza. Si fermò per chiedere a Bart se poteva portarle la sua razione. - Posso contare che la darai a lei e a nessun altro? chiese Bart, fissandola con severità. - Certo, hai la mia parola - rispose Kris in tono serio, e cercò una pietra su cui posare la carne calda. Patti Sue era ancora addormentata. Il pacchetto con le sue razioni era scomparso; qualcuno l'aveva fatta rotolare su un fianco per impadronirsene. Kris si infuriò, ma poi decise che Patti Sue doveva assumersi la sua parte di responsabilità. Si chinò, badando a non far cadere la carne calda sul pavimento sudicio della caverna, e la scrollò per la spalla. La reazione della ragazza, che agitò le mani e scalciò con i piedi, fu così inattesa che Kris si trovò a far giochi di destrezza passando la carne da una mano all'altra per non lasciarla cadere a terra. - Ehi, Patti Sue. Calmati, ragazza. Vuoi che faccia cadere il tuo pasto? Scotta - gridò, cercando di salvarlo dal mulinello di braccia e gambe. - Kris? - esclamò Patti Sue, smettendo di agitarsi. Ohhh, mi hai spaventata. - Non volevo. Vuoi sederti? Bada che scotta! Usa la manica. Patti Sue arrotolò la parte in eccesso di una manica fin troppo lunga e, servendosene come di una pattina, prese il pezzo dalle mani di Kris, che si leccò le dita mentre lei esaminava con sospetto la porzione. - Temo di non riuscire a mangiare niente - disse Patti Sue, restituendola a Kris. - Non se ne parla nemmeno, ragazza. Mangia. Fa' finta che sia il pollo fritto che tua madre era solita fare... - Non posso, perché mia madre era una pessima cuoca. - Era il primo commento personale che fosse uscito dalle labbra di Patti Sue. Con gli occhi chiusi, addentò
con cautela la carne e ne staccò un boccone minuscolo. Oh! Niente male, vero? - Aprì gli occhi e mangiò con più gusto. - Forse mi piace perché sono affamata. - Patti Sue, non hai pensato a nascondere le tue tavolette, vero? - le chiese Kris con dolcezza. Patti Sue la guardò, con aria smarrita. - No. Perché avrei dovuto? Nessuno si sognerebbe... - Tastò con una mano sotto la coperta e la disperazione si dipinse sul suo volto quando si rese conto che il suo pacchetto era scomparso. Iniziò a gemere e rischiò di lasciar cadere la carne. Kris le guidò la mano verso la bocca. - Ora mangia. Non è la fine del mondo perché hanno trovato una caverna-magazzino piena di cibo. - Caverna? Cibo? - Patti Sue sembrò farsi piccola per la paura. - Questo mondo è abitato da catteni? - No, stando a quanto dice il nostro esperto catteni... La ragazza sgranò gli occhi per il terrore. - Un catte ni... - Mangia! - le ordinò Kris. - L'hanno scaricato con noi, e non è un cattivo soggetto. Non ti darà fastidio. - Oh, oh, oh - e Patti Sue continuò a gemere mentre mangiucchiava la carne. Kris aveva conosciuto gente schizzinosa, ma Patti Sue batteva tutti.
Kris rimase con lei, sia perché la ragazza tremava di paura a ogni rumore di passi fuori dalla caverna, a ogni ombra che passava davanti alla luce della vicina torcia sia perché era stanca. Aveva le mani e le braccia indolenzite per la fatica di pulire la selvaggina, e le davano fastidio un paio di piccoli tagli che si era procurata con il coltello. Fu allora che si ricordò della cassetta di pronto soccorso e li spennellò con il liquido arancione. Bruciava un po' ma sapeva che il disinfettante dei catteni riduceva i rischi di infezione. Suggerì a Patti Sue di fare un bagno, ma quando le disse come ci si arrivava e in che condizioni primitive era, lei si strinse le ginocchia al petto gemendo.
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- Devi piantarla di lamentarti, ragazza - sbottò Kris, non potendone più. - A me non importa, ma ad altri sì. Siamo tutti nelle stesse condizioni, puzzolenti, spaventati e sospettosi. Perciò, non sei da sola. - Ma... - iniziò Patti Sue, con un'espressione sconvolta negli occhi mentre si apprestava di nuovo a chiedere scusa. Rimase invece a bocca chiusa per un lungo momento. - Hai ragione. Sono una codarda. Lo sono sem- | pre stata e immagino che lo sarò sempre. Non intendo chiedere scusa. Non posso cambiare. Kris si pentì di aver ceduto all'ira. - Tesoro, lo siamo tutti. Spaventati, voglio dire. - Sei sempre la mia compagna? - Il tono accorato della voce e l'espressione implorante del volto commossero Kris. - Ti hanno violentata, bambina? - le chiese, accovacciandosi al suo fianco. Un tremito spasmodico scosse il corpo gracile di Patti Sue mentre le lanciava un'occhiata carica di angoscia. Si vede, vero? - Non è come una voglia o una lettera scarlatta - replicò Kris con tutta la dolcezza di cui fu capace. - Ti ha tradito il modo in cui sussulti ogni volta che senti una voce maschile o vedi un'ombra o qualcuno, del tutto innocuo come Jay Greene, che cerca soltanto di aiutarti. Non dirò che non ci siano tipi in questo gruppo ai quali non piacerebbe... be', lo capisci... perché sei molto graziosa e attraente. Per il momento, comunque, nessuno ha molte energie extra. Hanno bisogno di tutte le loro risorse per sopravvivere su questo mondo assurdo. Quindi, perché non ti fai coraggio? Ti starò vicina quanto più posso, ma credo che mi affideranno dei compiti... - altrimenti impazzirò se dovrò occuparmi tutto il tempo di te, aggiunse Kris tra sé - che mi costringeranno a lasciarti sola. Vorrei perciò presentarti un paio di persone... di donne... che ti terranno d'occhio quando dovrò assentarmi. L'agitazione di Patti Sue era cresciuta man mano che Kris le spiegava la situazione, anche se era chiaro che lottava per dominare una reazione istintiva.
- Vieni, e porta con te la tua coperta. Non che non ce ne siano di scorta, ma è saggio non separarsi dalle proprie cose. Con gesti nervosi, Patti Sue arrotolò la sua coperta e se la mise in spalla, seguendo l'esempio di Kris. Tuttora in preda all'ansia, la seguì fuori dalla caverna, guardandosi in giro con nervosismo quando udiva voci provenire dai vari cunicoli e rischiando di sbattere contro Kris, a tal punto la tallonava. Esitò, trasalendo, quando entrarono nella caverna principale e la vide affollata di gente indaffarata o occupata a cuocere sui fuochi. Un gruppo di persone si stavano dirigendo verso l'ingresso. Sorpresa, Kris vide che l'oscurità, oltre l'uscita, era rischiarata dalla luce delle torce e di un fuoco, e la rassicurò l'idea che Mitford non ritenesse pericoloso illuminare così il posto. - Qui siamo al sicuro, Patti Sue - disse, indicandole l'ingresso. - Fuori è tutto illuminato come a Natale. Andiamo a prendere una boccata di aria fresca e troviamoci un buon posto per la riunione. Nella caverna principale non c'erano soltanto odori di cucina ma anche altri, non altrettanto gradevoli e per niente invitanti. - Oh... - gemette Patti Sue, facendosi piccola. - Te lo consiglio, tesoro, a meno che tu non voglia restare in questo fetore. - Se lo dici tu... - Patti Sue non si sarebbe avventurata da nessuna parte senza di lei. - Coraggio, credo di sapere dove possiamo sederci disse Kris, sperando che, nell'oscurità, non fosse possibile capire che parte della cengia fosse stata usata come mattatoio. Con Patti Sue così appiccicata da sperare che non la urtasse, facendole cadere tutte e due dalla sporgenza, si avviò verso un punto sopra il fuoco, le cui fiamme illuminavano le facce delle persone che vi erano sedute intorno. - Ehi, assisteremo allo spettacolo da un palco - annunciò. - Centrale e in prima fila. - Kris si sedette e Patti Sue prese posto alla sua destra.
Kris tentò di identificare le facce alla luce del fuoco: non ebbe difficoltà a individuare Zainal, seduto accanto a Mitford; Bass, Murphy, un rugarian e due deski poco oltre. Riconobbe altri volti che ricordava di aver visto durante la marcia ma ai quali non sapeva dare un nome. Un sussulto da parte di Patti Sue l'avvertì che qualcuno si stava avvicinando; le dita con cui le strinse il braccio avevano una forza sorprendente. - Calmati - borbottò Kris sottovoce perché aveva riconosciuto il nuovo arrivato. - È soltanto Jay Greene, un tipo per bene. Non so se hai già conosciuto la mia compagna. Patti Sue ti presento Jay Greene. È un autentico cacciatore, abile con le trappole. Unisciti a noi. Puoi farci da guardia del corpo. Kris si pentì delle sue parole appena le ebbe pronunciate perché la ragazza le si aggrappò con rinnovata energia. Anche lei sarebbe stata nervosa se avesse avuto alle spalle una storia di stupri. Dopotutto, non era proprio per sfuggire a quella sorte che aveva trovato il coraggio di rubare il flipper e nascondersi nella foresta? Greene si sedette a due spanne abbondanti da Kris, che colse l'occasione per rivolgersi a Patti Sue. - Mi stai bloccando la circolazione nel braccio. Rilassati! - mormorò. Quando sentì che la stretta si allentava, avvertì lo sforzo che dovette compiere per staccare le mani dal suo braccio. - Che novità ci sono, Jay? Hai saputo qualcosa? - Già. - Le fiamme fecero balenare i denti bianchi quando sorrise. - Ho saputo che non siamo soli! - dichiarò, scandendo le parole. Le mani di Patti Sue artigliarono di nuovo il braccio di Kris. - Questo lo so - disse Kris, limitandosi a staccarne le dita e a rimetterle le mani in grembo. - No, cioè, non siamo gli unici disgraziati che hanno scaricato su questo pianeta - replicò Greene. - Davvero? Hmm, mi sembra logico - disse Kris, sforzandosi di parlare in tono noncurante. Perché le avevano accollato quella piantagrane? - Nel nostro campo eravamo soltanto cinque o seicento, non un numero eccessivo. L'astronave su cui ci hanno ammassati avrebbe
potuto contenerne chissà quanti ancora. So che c'erano due livelli, se non di più. Forse hanno svuotato tutte le carceri di Barevi, così da economizzare sul viaggio. Altri esseri umani? Green si strinse nelle spalle. - Non sono sicuro che ci sia qualcuno in grado di dirlo. Patti Sue si mise a piagnucolare. - Vuoi deciderti a vedere il lato positivo, Patti Sue? disse Kris. - Tu non eri una di loro e sei al sicuro con noi. Non è così, Jay? - Come in una fortezza - disse Greene in un tono così rassicurante che Kris lo ringraziò con un sorriso, strizzandogli l'occhio. - Anzi, più siamo più si starà allegri purché si possano scambiare informazioni e unire le forze per risolvere i problemi che questo posto presenta. - Altre notizie? - Per esempio? - Quella pattuglia mandata da Mitford ha scoperto come arriva il grano? - No - rispose Greene, scuotendo la testa. - Hanno scoperto altre caverne-magazzino, tutte scavate in roccia solida. E altre valli con campi coltivati. È là... - Con un rapido cenno della mano Kris lo avvertì di non dire niente che avrebbe potuto sconvolgere Patti Sue. - Hanno visto che vi erano stati parcheggiati veicoli pesanti. Udirono un mormorio di voci e videro che la gente stava uscendo dalla caverna o per dirigersi verso il fuoco o per trovar posto sulla sporgenza. - Iniziamo con un inno nazionale o con una preghiera? - celiò Kris. - Dubito che il nostro sergente abbia tendenze religiose. - Cosa per cui sono molto grata. - Kris sentì che Patti Sue si irrigidiva a quella battuta. - Abbiamo bisogno un tipo realista. - Sono d'accordo! Chuck Mitford si era alzato e aveva sollevato le mani per imporre il silenzio. - È Mitford che vi sta parlando, nel caso non riusciate a vedermi - disse con la sua voce tonante da piazza d'armi che riecheggiò nella gola. - Abbiamo inviato diverse
squadre in ricognizione... esplorazione per quelli di voi che non conoscono il gergo militare. «Abbiamo trovato caverne-magazzino talmente di grano che a noi umani potrebbero durare anni interi.
piene
Non sappiamo chi, o cosa, l'abbia immagazzinato, ma difficilmente si accorgeranno di cosa abbiamo prelevato, e preleveremo, una volta che avremo organizzato il nostro spaccio. Siamo fortunati ad avere tra di noi alcuni botanici che hanno stabilito quali tipi di radici e bacche possiamo mangiare e quali dobbiamo evitare. Come voi tutti avete scoperto, l'acqua è buona. «Stiamo anche cercando altri alloggi, per non stare ammassati come sardine... - Come su quelle astronavi da trasporto? - commentò qualcuno con comica amarezza, suscitando le risate. Mitford sollevò una mano. - Abbiamo anche scoperto che altri gruppi sono... atterrati qui. Non abbiamo avuto contatti ma chiunque ne avesse, mandi il compagno alla base a chiedere aiuto. Non portate nessuno qui. Neanche altri terrani. - Fece una pausa per consentire che l'avvertimento venisse assimilato. - Non correremo rischi se restiamo insieme con gente che abbiamo imparato a conoscere. Accoglieremo chiunque lo voglia, ma ritengo che debbano prima superare un esame. Ci furono mormorii di approvazione. - Non altri alieni - disse una voce. - Non sono d'accordo - ribatté Mitford in tono fermo, guardando con aria di sfida nella direzione da cui era arrivato il commento. - Lo dico subito chiaro e tondo. Non so dove eravate su Barevi, ma ho appreso che alcuni alieni hanno subito tante umiliazioni quante ne ho subite io. - Si puntò il pollice al torace. - E alcuni possiedono capacità che io non ho. Dobbiamo iniziare da capo su questo pianeta, perciò lasciamoci alle spalle quelle stronzate. D'accordo? Il suggerimento fu accolto con un diffuso mormorio di approvazione. « Per chi non lo sapesse, sono stati i deski a trovare le caverne. Dubito che noi ci saremmo riusciti. Si arrampicano come i ragni ai quali assomigliano, solo che sono umanoidi come noi. Non voglio sentirli più chiamare ra-
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gni- Capito? Bene, aprite le orecchie. Sono stati strappati al loro pianeta proprio come noi, perciò li trattiamo come trattiamo uno di noi, perché sono dei nostri. Sono stato abbastanza chiaro? La reazione che ottenne fu fragorosa, e rassicurò Kris, che cercò di individuare quelli che avevano accolto con riluttanza l'annuncio. - Un deski ha portato durante la marcia il figlio di May Framble e non si è mai lamentato. - L'espressione di Mitford era un rimprovero per quelli che si erano lamentati. - Perciò, ricordatevi che anche loro ci sono dentro e fanno la loro parte. Anche i rugarian sono dei nostri, in base allo stesso principio. Hanno ucciso più selvaggina degli umani. Sono eccezionali con la fionda! «C'è un'altra cosa che dobbiamo chiarire subito! Qualunque carogna sorpreso a rubare la razione di tavolette di un altro, o in possesso di una quantità superiore alla sua parte, perderà tutto quello che gli viene trovato addosso e sarà assegnato alle latrine per un mese. Capito? - Guardò con aria di sfida la gente intorno al fuoco e quella sulla cengia. - Non abbiamo molto da rubare, ma questa colonia non tollererà i ladruncoli. - Batté il pugno sul palmo dell'altra mano per sottolineare le parole. -, Avete capito? - Chi ti ha nominato capo, Mitford? - chiese una voce maschile, stizzita. - Voi! - Mitford sporse il mento e fissò minaccioso nella direzione della voce. Kris ebbe l'impressione che fosse la stessa voce che si opponeva alla presenza degli alieni. Si chiedeva se fosse Arnie dalla faccia di faina ma, ripensandoci. Arnie non avrebbe avuto il coraggio di parlare con franchezza Era il tipo che agiva alle spalle, e che avrebbe rubato la razione a una ragazza addormentata. - Vuoi il mio posto? Accomodati! - Mitford fece il gesto di allontanarsi dal fuoco. Si levò subito una protesta veemente da parte degli umani, e Kris fu contenta di vedere che deski e rugarian agitavano braccia e mani. - Ho alle spalle anni di esperienza sui metodi per far lavorare insieme branchi di individui perfino peggio as-
sortiti di voi, amici... - Dal tono in cui lo pronunciò, l'appellativo suonò come un epiteto ingiurioso. - Così, a meno che non siate in grado di battere i miei ventisette anni, quindici dei quali come sergente maggiore, tappatevi la bocca. Qualcun altro vuole lamentarsi per il modo in cui dirigo questa combriccola? No? Bene, dimostrate di avere un po' di buonsenso in zucca. Questo incarico non piace neanche a me, ma l'ho accettato e lo terrò fino a quando scopriremo cosa c'è su questo pianeta. Perciò, ascoltatemi con attenzione. «Abbiamo un campo-base ma dobbiamo controllare la zona per evitare sorprese. Come sapete, non siamo stati gli unici a essere scaricati, e a qualcuno potrebbe far piacere trasferirsi nel nostro lussuoso insediamento. - La definizione suscitò le risate. - Non è granché, al momento. - Mitford fece una pausa, lasciando capire che aveva molte migliorie in mente, il che fu accolto con qualche mugugno. - Ma ce la caveremo bene, se ci lasceranno in pace. Così, ci sono due punti... - proseguì, alzando due dita. - Primo, abbiamo sentinelle con gli occhi aperti ventiquattro ore su ventiquattro, anche se non ci hanno dato orologi. Secondo, quando udite me o una sentinella urlare allarme rosso... - con le mani a coppa intorno alla bocca gridò a squarciagola le parole, facendo trasalire i più vicini. - ... precipitatevi il più in fretta che potete, pronti a usare i coltelli. Stare sempre sul chi vive è il prezzo che bisogna pagare per conservare la libertà, amici miei. - La sua espressione divenne molto seria. - Abbiamo perso sulla Terra ma vi assicuro che non intendo perdere qui. Quando ci hanno scaricato in quel campo, ci hanno rimesso in libertà, ed è mia intenzione restare libero e iniziare alla grande! Quindi, ogni volta che udite allarme rosso, cosa fate? - Inclinò la testa, con la mano all'orecchio. - Ci precipitiamo, paparino - gridò lo spiritoso dalle ombre oltre il fuoco. - Farete bene a non scordarvene! Dobbiamo anche evitare di ammalarci, e questo significa latrine, che bisogna scavare dove non abbiamo trovato buche abbastanza profonde. E buttateci un po' di sabbia ogni volta che le usate. Serve a combattere l'odore. Abbiamo bisogno di
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squadre che vadano a caccia tutte le mattine, di volontari per assaggiare gli alimenti e di altri che li cuociano. Ho parlato con molti di voi durante la marcia ma adesso mi occorre sapere chi di voi ha specializzazioni in medicina in chimica o perfino in corsi di sopravvivenza. Ognuno farà la sua parte di lavoro per mandare avanti la baracca. E non voglio sentire proteste quando è il vostro turno ai lavori più sporchi. Vi alternerete. Quelli che hanno specializzazioni specifiche, e con i quali non ho ancora avuto l'occasione di parlare, vengano da questa parte del fuoco al termine della riunione. I cacciatori saranno coordinati da questo rugarian, che si chiama Slav e che ha la mira migliore che io abbia visto dai tempi di Lou Gehrig. - Sergente, non eri nato quando Lou Gehrig si esibiva - gridò uno spiritoso. - No, ma l'ho visto in un sacco di filmati. Dunque, i cacciatori con Slav. Domani avrò bisogno di altre pattuglie, così, se vi va di far ginnastica - ci furono altre sonore risate - rivolgetevi a Zainal. - Ti fidi del cat? - Fino a quando l'inferno si congelerà replicò Mitford in un tono che non ammetteva discussioni. - E' stato scaricato qui come noialtri e non sono abbastanza coraggioso da chiedergli perché. Ci fu di nuovo un mormorio di sorpresa, ma Mitford proseguì. - Voglio venti persone che vadano a far rifornimento di grano... voglio vedere qualche mano alzata prima che scelga io i volontari. - Diverse mani si levarono in alto, molte più di venti. «E ora, un'ultima cosa. I maschi sono più numerosi delle femmine. Alcune delle nostre donne sono state violentate dai catteni. Noi siamo esseri umani! Che nessuno dia fastidio a una donna in questo accampamento. Al primo accenno di stupro, Patti Sue gemette e si aggrappò a Kris, che le mise un braccio intorno alle spalle con gesto protettivo. - E se una ragazza violentasse uno di noi? - gridò il solito spiritoso, suscitando le reazioni infuriate delle donne a lui vicine.
- Se la violenza è inevitabile, rilassati e goditela, amico - gridò la voce di una donna, in tono amaro e sprezzante. - Io stesso terrò d'occhio chiunque costringa una donna con la forza - disse Mitford, sollevando le grandi e capaci mani. - Lo stesso vale per le femmine che ricorrano a tattiche di adescamento. - Fece una pausa, quindi sorrise con sarcasmo. - Sempre che a qualcuno restino energie alla fine di una lunga giornata. - Hai sentito, Patti Sue - mormorò Kris, dando un colpetto sulle mani nervose che le stringevano il braccio - e parla sul serio. - Può darsi che lui parli sul serio, ma se... - Niente se, Patti Sue - la interruppe Kris con fermezza. La richiesta di esploratori le avrebbe offerto l'occasione di liberarsi di queill'impiastro e di fare qualcosa di più interessante che sventrare bestie. - L'hai sentito. Parla sul serio. Patti Sue continuò a piagnucolare, benché avesse promesso di smettere. - Adesso sono disposto ad ascoltare domande intelligenti, preferibilmente domande alle quali possa rispondere - disse Mitford. - Sarò sempre disponibile ma, se fossi impegnato, parlate con Bass. Zainal, tu hai l'incarico di tenere i rapporti con gli alieni, anche perché parli il barevi meglio di me. Dowdall... alzati in piedi, e anche tu, Murphy. Loro hanno la funzione di caporali. Avete delle lamentele? Parlatene con loro. Vi assicuro che saranno esaminate e risolte... se umanamente possibile. - Sergente Mitford? - gridò un uomo, alzandosi in piedi per farsi vedere. - Qualche idea sul motivo per cui ci hanno scaricato qui? - Zainal dice che i catteni lo fanno quando vogliono colonizzare un pianeta. Ritornano a intervalli per controllare se qualcuno è ancora vivo e respira. - Perciò, non riusciremo ad andarcene da qui? - Non ho detto questo - replicò Mitford - Devono pur atterrare per dare un'occhiata, non credi? Niente garantisce che decolleranno sulla loro astronave.
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Quel commento suscitò mormorii di speranza e commenti soffocati. - Ed è una buona ragione per essere cordiali con l'unico catteni che abbiamo dalla nostra parte - proseguì Mitford. - Altre domande? - Chi è che coltiva questo pianeta? - Ottima domanda, alla quale non so rispondere. - Il cat lo sa? - Il nostro alleato catteni - e Mitford fece una pausa per accertarsi che tutti notassero l'uso del nome completo - non lo sa, perché la sua conoscenza di questo pianeta è lacunosa quasi quanto la nostra... tranne che ha udito dire che alcuni degli esemplari locali sono pericolosi. Fuori da questo campo, tenete occhi e orecchie aperti. Oppure vivete abbastanza a lungo per dirci cosa avete visto o sentito. - Accidenti, grazie, sergente - e una risata percorse la folla. - Sono tutti di buonumore - Kris disse a Greene. - È sbalorditivo come uno stomaco pieno migliori il tuo modo di vedere. - Qualche bastardo ha rubato la razione di Patti Sue aggiunse lei. - Non mi stupisce - rispose Greene a voce bassa. Possiamo procurargliene un'altra. O dovresti conservarla tu per lei? - Dopo qu<ello che Mitford ha detto se si viene sorpresi con una quantità superiore a quella che ci spetta? Grazie, no. - Hmmm, be', non credo che la smarrirà di nuovo. Forse dovresti far cambio di compagna con Sandy. - Ci penserò - replicò Kris, pur sapendo che sarebbe stata colta dai rimorsi se l'avesse fatto. - Perché dovrei accollare Patti Sue a Sandy? - È una donna in gamba e la terrà d'occhio. Qualcuno dovrà pur sorvegliarla perché è molto nervosa. Kris sospirò. Decisioni, sempre decisioni. Ma lei non intendeva restare relegata nella caverna con Patti Sue, rinunciando a fare un po' di "ginnastica". Ed essendo sopravvissuta da sola su Barevi, era sicura di poter essere
utile come esploratrice o cacciatrice lì su... dovunque fossero. Prima di poter riflettere, mise le mani a coppa intorno alla bocca. - Ehi, sergente, questo pianeta ha un nome? Mitford cercò di individuarla nell'oscurità al di là del fuoco. - Bjornsen? Zainal, voi date un nome ai vostri pianeti? Zainal entrò nell'alone di luce del fuoco. - Solo numeri - rispose in barevi con una scrollata di spalle. - Cosa ne dite di "Bounty"? Come l'ammutinamento del... - gridò una donna. - Alcatraz?... Siamo ottimisti... El Dorado. Lo scambio di nomi e opinioni si trasformò in baccano e Mitford lasciò che si sfogassero per un po' prima di sollevare una mano. - Murphy ha trovato una specie di gesso. Lo metterà vicino all'ingresso della caverna e quelli di voi che sanno scrivere - ci furono delle risate - possono proporre un nome di loro scelta. Risolveremo la questione domani, qui - e indicò il fuoco - quando ci ritroveremo per il rapporto sui progressi fatti. Capito? - Capito! - fu la risposta corale che si levò da ogni angolo, e la parola riecheggiò nella gola. - Bene. Sentinelle, ai vostri posti. Vi daranno il cambio quando sorgerà la prima luna. Rompete le righe! Malgrado l'ordine militare, Mitford sorrideva mentre si allontanava dal fuoco e spariva nelle tenebre. - Vieni, Patti Sue - disse Kris, alzandosi. - Voglio trovare Sandy e vedere dove dorme. Così saprai da chi andare domani. La ragazza era di nuovo aggrappata al suo braccio. Domani? Te ne andrai? Dove? Non puoi lasciarmi! - Tesoro, posso e lo farò. Non ti succederà niente. Hai sentito Mitford. Nessuno ti darà fastidio. - Ma se per ipotesi... - Piantala, Patti Sue - disse Kris con fermezza, scrollandola. - Non posso farti da baby-sitter ogni istante della giornata. - Oh - e la ragazza si chiuse in se stessa.
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- Suvvia, Patti Sue - disse Greene con voce suadente, senza accennare ad avvicinarsi alla ragazza spaventata sarai al sicuro. Sandy e io dobbiamo fare l'inventario delle provviste che abbiamo e di quelle che arriveranno. Forse dovremo servirci delle pareti per prendere appunti, ma ho un po' del gesso che Murphy ha trovato e tu puoi farci da segretaria. Era questo che facevi sulla Terra? - Segretaria? - La voce di Patti Sue assunse un po' di vivacità. - Sì, facevo la segretaria. Ero anche brava, ma... - In questo caso, il posto è tuo - disse Greene con tanta gentilezza che Kris l'avrebbe baciato. - Hai sentito Mitford dire che noi tutti abbiamo doti che gli possono essere utili, Patti Sue - disse e, mettendole una mano intorno alla vita, la sospinse verso l'entrata. - Cercheremo Sandy. Sarà meglio che ci sbrighiamo se vogliamo trovarla. È una brava donna. - Ma tu sei la mia compagna - insistette Patti Sue con voce tremula. - Sì, lo ero - si sentì in obbligo di ammettere Kris durante la marcia, ma è cosa passata e ora siamo qui. Inoltre, Sandy è una brava cuoca ed è un'idea intelligente essere amici dei cuochi. Andiamo a cercarla. La trovarono che stava arrostendo gli animali rimasti. - Alle sentinelle spetta quello che resta - disse, notando l'espressione terrorizzata di Patti Sue e rivolgendole un sorriso rassicurante. - Patti Sue, siediti qui, accanto a me. - Senza aspettare che ubbidisse, la costrinse a sedersi nello spazio prescelto. - Ora vai pure, Kris, così che Patti Sue e io potremo fare conoscenza. Bisognava ammettere, pensò Kris, che non era nemmeno sbiancata all'idea di doversi sorbire quell'impiastro. Mentre si affrettava ad allontanarsi, seguita alle calcagna da Greene, udì Sandy dirle che aveva una figlia più o meno della sua età e da che parte della Terra arrivava. - Non puoi continuare a farle da balia - disse Jay mentre si dirigevano al fuoco. - "E non esiste congedo in tempo di guerra" - declamò Kris, citando Kipling. - Eh?
- Lascia perdere. Vedi il sergente o Zainal? - Oltre il fuoco, mi pare. Scoprendo che scendere era più agevole di quanto lo era stato salire, Kris si accorse che, durante la giornata, dei gradini erano stati scavati nella roccia. Dovettero aspettare il loro turno per parlare con Mitford perché non mancavano i volontari per le squadre di esploratori e cacciatori. - C'è posto per me in un gruppo di ricognitori, sergente? - Kris chiese quando lui, guardandosi in giro, la notò. Quando scorse Greene alle sue spalle, si accigliò. Oh, ho lasciato Patti Sue con Sandy. Sono esperta in sopravvivenza. - Già, te la sei cavata bene su Barevi - disse Mitford ma, per un momento, Kris pensò che avesse altri progetti per lei. - La competenza è utile, in qualsiasi punto dell'universo. Inoltre, ho avuto una giornata riposante, a sventrare bestie. Mitford esitò finché vide Zainal che lo osservava. Vai con il nostro alleato. Sarai più al sicuro con lui. - Davvero? - Farai bene a credermi - mugugnò il sergente. L'appuntamento è al tramonto dell'ultima luna. Stessa caverna? Bene, Zainal saprà dove trovarti. - Si voltò verso quelli che aspettavano dietro di lei. - Sergente, qualcuno ha rubato la razione di Patti Sue mentre dormiva. Mitford fece un cenno del capo a Greene. - Segna il suo nome su un pacchetto, Greene, e conservalo da parte. Nella migliore delle ipotesi, si abituerà di nuovo ad avere a che fare con un uomo. Il prossimo? - aggiunse, guardando quelli che aspettavano pazienti di avere la sua attenzione. Kris e Jay si allontanarono. - Non so se considerarlo un insulto o no - mormorò Jay, divertito. - Be', io so che è più sicura affidata alle tue cure e che mangerà. - A Patti Sue non mancherà mai da mangiare - disse Jay, con aria misteriosa.
Quando Kris passò a prendere Patti Sue, capì dall'espressione del suo sguardo che aveva temuto di non rivederla. Sandy chiese in quale caverna dormissero per trasferirvisi con la propria coperta. Kris accompagnò Patti ai contenitori dell'acqua per bere, quindi alla caverna delle latrine e le mostrò come risolvere quel problema fondamentale prima di ritirarsi per la notte. C'era una donna che dormiva come un ghiro e russava lungo la parete intema. Kris indicò a Patti Sue di sdraiarsi accanto a lei e si distese a sua volta, lasciando spazio sufficiente per Sandy, e forse per qualcun altro. Poiché la donna che russava avrebbe tenuto tutti svegli, Kris si chinò su di lei e la scrollò, suggerendole di voltarsi sul fianco. Assonnata, la donna ubbidì e Patti sospirò soddisfatta mentre si sistemava il più comodamente possibile. Kris non aveva bisogno di aiuto per crollare addormentata. Per quanto ricordasse, non si rigirò nemmeno una volta.
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Il panorama dalla cima della parete rocciosa era così impressionante da togliere il fiato, e Kris doveva recuperarlo dopo l'arrampicata che Zainal aveva fatto fare alla sua squadra. Davanti a loro si estendevano verso ovest, fino a dove arrivava lo sguardo, i vasti campi ordinati, disseminati di corsi d'acqua che scintillavano come nastri argentei sotto il sole mattutino. In alcuni campi pascolava del bestiame la cui forma era difficile decifrare da quella distanza. Verso sud c'era un enorme specchio di acqua, ma non era possibile stabilire se fosse un oceano o un lago. La squadra aveva anche l'incarico di cacciare e Zainal aveva detto in tono laconico che era meglio farlo lontano dall'accampamento. Tutti i cacciatori esperti si erano dichiarati d'accordo. C'era stato qualche mugugno tra gli umani a proposito del Catteni, ma nessuno si era più lamentato dopo un'ora di cammino, perché lui aveva imposto un'andatura forzata e l'orgoglio esigeva che gli otto membri della razza umana stessero al passo con Slav, il rugarian, e i due deski, Zewe e Kuskus, così almeno suonavano i loro nomi. Che i deski fossero utili, come aveva sostenuto Mitford, fu chiaro quando quelle creature alte ed esili scalarono a una velocità sbalorditiva le pareti rocciose. Non avevano ventose ai piedi ma era quella l'impressione che davano mentre, saldi sulle gambe, reggevano le funi che calavano per gli altri. Così faceva anche Zainal, il primo umanoide a seguirli. In un modo o nell'altro, al termine di ciascuna delle cinque arrampicate che fecero Kris venne sempre issata su da Zainal, che le sorrideva ogni volta che la deponeva a terra. Lei era stranamente
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compiaciuta da quella costante attenzione, considerando che era colpa sua se lui era finito su quel pianeta. Una giornata su Botany, il nome con cui Kris aveva deciso in cuor suo di battezzare il pianeta, era più lunga di una giornata sulla Terra o su Barevi, perciò camminavano da un pezzo quando il sole raggiunse lo zenit, e fu allora che Zainal ordinò una sosta per il pranzo in cima alla vetta. Sarebbe stato più facile mandare giù le razioni di tavolette con un po' di acqua per ammorbidirle, anche se tutti avevano bevuto in abbondanza all'ultimo torrente. Kris, con le gambe penzoloni oltre l'orlo della loro posizione privilegiata, masticava e guardava il panorama, cercando di capire quali tipi di messi venissero coltivate, e per chi. Fino a dove si spingeva il suo sguardo, la terra era coltivata o usata come pascolo, eppure Zainal aveva ripetuto spesso che il pianeta era disabitato. Perciò, chi lo coltivava, e per chi? Tenendo conto che le messi erano immagazzinate in caverne, era possibile che i consumatori fossero cavernicoli, che abitavano nelle viscere del pianeta? Così si sarebbe spiegato perché non si vedevano né città né abitanti. Non che Kris fosse ansiosa di imbattersi in trogloditi. Le catene di colline, delle quali quella era un affioramento, incombevano dietro e intorno a loro, estendendosi verso est. Mitford li aveva condotti a nord del campo sul quale erano stati scaricati dai catteni, percorrendo una serie di gole fino a quando avevano trovato le caverne. Ma non avevano trovato tracce, passate o recenti, che fossero state occupate; anche la fauna locale preferiva in apparenza le zone boscose e coperte di vegetazione. La faccenda si faceva sempre più strana, pensò Kris. Proprio in quel momento Slav, il rugarian, emise uno strano grido e puntò il braccio peloso e snodato verso nordest, attirando l'attenzione di tutti. Kris non riuscì a vedere niente, tranne altri campi ondulati nel loro meticoloso disegno a mosaico. Riparandosi gli occhi, Zainal scrutò e borbottò qualcosa al rugarian, che annuì con un cenno della testa.
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Zainal si rivolse agli altri. - Slav ha visto cos'è diverso... non animale. - Disegnò la sagoma di un cubo con rapidi gesti. - Persone? - chiese Kris, pensando che la presenza di oggetti geometrici potesse indicare un altro punto di sbarco e altri reietti. Non che facesse salti di gioia all'idea di altra gente, con le inevitabili conseguenze. Il campo era piuttosto distante; c'erano due piccoli boschi da attraversare e in ciascuno i tipi armati di fionde abbatterono alcuni esemplari alieni simili a uccelli e un numero sufficiente di rocksquat da poter definire la loro un'autentica battuta di caccia. Kris aveva convinto uno dei cacciatori a permetterle di cimentarsi con la fionda quando non gli serviva. Quando alla fine arrivarono al secondo bosco, la sua mira aveva fatto notevoli progressi. - Aspetta di incontrare un branco di animali - le suggerì Cumber - così se manchi quello che hai preso di mira, potresti colpirne un altro. - Sei incoraggiante - replicò Kris. - E tu? - Cumber inclinò la testa, con un lampo malizioso negli occhi. - Da quel punto di vista, no, amico, non incoraggiante - rispose lei in tono rude, ma con un sorriso. Le sarebbe piaciuto essere tra i primi, alle calcagna di Zainal, ma, non sembrandole un'idea saggia, rallentò il passo e rimase indietro con i deski, che camminavano lentamente, carichi degli animali che avevano abbattuto con la loro mira infallibile. Erano bravi come cacciatori tanto quanto lo erano come scalatori. I cubi erano veramente di origine catteni: ce n'era perfino uno ancora chiuso che conteneva coperte, che Zainal distribuì tra i cacciatori per portarle al campo-base. C'erano pozzanghere asciutte di color marrone, disseminate da un lato all'altro del campo ma poco altro. Kris provò un'ondata di rammarico per quelli che avevano perso la vita per mano di "ignoti aggressori", come si sarebbe espresso un notiziario. Radunando il suo mucchio di coperte, Kris vide i rugarian perlustrare il campo mentre Zainal ordinava a di-
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versi altri di avanzare in ordine sparso ed esplorarne i confini. - Credi che siano stati uccisi da quei mostri volanti? chiese Cumber, tornando da lei. - Può darsi. Ma tutti? Dopo che avevano aperto le casse. - Oppure da ciò che fuoriesce dal terreno con il buio e prosciuga i cadaveri - proseguì Cumber, aspettando di vedere l'effetto che le sue parole avevano su di lei. - Questo mondo si ricicla da sé - replicò Kris. Niente rifiuti, niente avanzi, nessuna bottiglia di Coke o bombolette vuote. - Eh? - Cumber era chiaramente un tipo pratico, e non afferrò l'ironia dei suoi commenti. In quel momento, da una delle pattuglie lungo i confini partì un grido e tutti, naturalmente, dovettero andare a vedere cos'avevano trovato: una traccia ben chiara che grossi oggetti si erano aperti un varco attraverso la siepe. - A quanto pare, qualcosa si è dato a una fuga precipitosa per di là - Cumber disse a Kris. Lei vide la direzione della ritirata, o della fuga, nella messe alta una trentina di centimetri del campo accanto. A quel punto, uno dei rugarian urlò. - Silenzio, dice - tradusse Zainal nel suo barevi gutturale, abbastanza forte da farsi sentire da tutto il gruppo. Slav stava gesticolando con il suo coltello e Kris distinse con chiarezza la parola barevi per "caldo". - Metallo caldo? chiese, avvicinandosi al gruppo intorno a Slav. - Metallo caldo? - gli venne chiesto. Altri tirarono fuori i coltelli, mimando una lama calda. - Iisss - e il rugarian puntò a valle e inspirò a fondo. - Avverte l'odore di metallo caldo - disse Kris. Zainal assunse il controllo della situazione, ordinando a tutti di nascondersi dietro le siepi e a Slav di andare con un umano a indagare. - Metallo caldo? La gente che coltiva questo pianeta è venuta a vedere chi porta lo scompiglio nei loro campi? - chiese Kris a nessuno in particolare.
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- Era tempo che qualcuno venisse a dare un'occhiata, se vuoi il mio parere - replicò Cumber in tono pessimista. - E noi siamo armati soltanto di coltelli! Gli esploratori stavano tornando, precedendo di poco la "cosa" che si muoveva pesantemente dietro di loro. Soltanto che non stava dando la caccia a loro, ma era diretta ai campi più alti. Avanzava scivolando su quello che doveva essere un cuscino pneumatico, perché superava le siepi con un balzo fluido e, mentre Kris e tutti gli altri osservavano affascinati, raggiunse uno dei campi coltivati e subito cambiò tipo di funzione, iniziando a innaffiarlo. - Ehi, guardate! - Per la sorpresa, chi aveva lanciato l'urlo si era alzato in tutta la sua statura. I due ai suoi lati si affrettarono a trascinarlo al riparo della siepe. - Ehi, non ha occhi. È soltanto una macchina agricola. E mi pare di averne vista un'altra laggiù, che innaffiava un altro campo. Aveva ragione, come scoprirono subito tutti dando un'occhiata prudente. - Ora esaminiamola da vicino - disse Zainal in barevi, e indicò non soltanto a Cumber ma anche a Kris e a Slav di studiarne i particolari. - Tenetevi bassi, in silenzio. Non sappiamo cosa siano in grado di fare queste macchine. - Bene, a me non dispiace riposare le ossa - fu la reazione di uno. - Quel cat sa come macinare chilometri. Kris era piuttosto compiaciuta di essere stata scelta come una la cui opinione sulla macchina poteva essere utile. Piegati in due - anzi, Zainal si muoveva quasi carponi come non aveva mai visto fare a nessuno, nemmeno nei film di Rambo - attraversarono il campo dove in passato era stato depositato un altro gruppo di colonizzatori. Scorgevano la sommità della macchina, che andava diligentemente avanti e indietro, innaffiando in modo uniforme. - Ecco perché i campi sono così regolari - borbottò Cumber al suo fianco. - Così, le macchine non devono preoccuparsi degli angoli.
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- Un
modello
di
efficienza
-
bisbigliò
Kris
di
riman-
do. Zainal agitò una mano e si portò un dito alle labbra per imporre il silenzio. Kris fece una smorfia, seccata di essersi attirata quel richiamo all'ordine. Macchine che arrivavano da sole per espletare compiti meccanici potevano essere programmate anche per altre azioni. Quando raggiunsero la siepe più distante, Zainal fece loro cenno di appiattirsi ancor di più. Soffocando un gemito, Kris si sdraiò sulla pancia e avanzò lentamente come gli altri. Trovarono dei varchi alla base delle siepi, tra i grossi tronchi della vegetazione, e sbirciarono la macchina, che ora si trovava all'estremità opposta del campo. Ancora in equilibrio sui suoi cuscini pneumatici, continuava a innaffiare, e l'unico meccanismo che ricordasse a Kris era un dalek della vecchia serie di telefilm del Doctor Who. - Sterminio. Sterminio.Il grido dalekiano le riecheggiò nella testa e lei si chiese fino a che punto fosse appropriato. La macchina stava spruzzando fertilizzante o insetticida? Aveva quasi finito, comunque. Quando arrivò all'ultimo angolo, girò e tornò verso di loro. Zainal fece cenno di rendersi quanto più possibile invisibili, schiacciandosi contro la fitta siepe, meglio ancora se sotto. Kris udì la cosa che si avvicinava nel momento in cui rischiò di sbudellarsi su una radice appuntita. Con una smorfia, sopportò il disagio per quella che le parve un'eternità. Udì un ticchettio, un fruscio, e altri rumori analoghi che erano così simili a quelli della vecchia serie del Doctor Who da aver voglia di mettersi a ridere. Ma c'era poco da ridere. Subito dopo la macchina "saltò" la siepe e a tutti loro arrivò una zaffata di calda e puzzolente aria metallica prima che sorvolasse il campo senza nemmeno sfiorarlo, anche se Kris era sicura che ne stesse facendo un controllo accurato. Un altro balzo e se ne andò, per fortuna senza mai entrare nel campo dove si trovava il resto del gruppo.
- È roba pericolosa, quella - disse Cumber a Zainal, che si limitò ad annuire. - Raggiungiamo gli altri e andiamocene - ordinò Zainal, sottolineando l'ultima parola. Slav, che l'aveva ascoltato con attenzione, portò le mani alle labbra ed emise un suono stridulo che non era né un richiamo per uccelli né per cani. In risposta, arrivò il richiamo analogo di Zewe. - Dire di andare - e Slav indicò la collina da dove erano arrivati. - Bene! - Tornarono sui propri passi e avevano appena raggiunto gli altri quando i deski lanciarono uno dei loro segnali, indicando con rapidi gesti cose volanti; si immobilizzarono. Una formazione di cinque mostri volanti arrivò silenziosa da est, scese in picchiata sul campo e lo perlustrò. Poiché niente si muoveva, i predatori rimasero a bocca asciutta e, con strida di protesta, proseguirono lungo il pendio. - Uau! - commentò Cumber, in tono di rispetto. Quella dannata macchina ha dato l'allarme. - Non ci ha visti - disse Kris, pensierosa - perciò deve essere munita di sensori, perché non ci sono dubbi che sapesse della nostra presenza. Come un dalek. - Un cosa? - Era chiaro che Cumber non aveva mai visto quei telefilm. - Un robot con intenzioni mortali. - Sterminio! Sterminio! - disse uno, in un falsetto nasale. - Ehi, amico, abbassa la voce! - ordinò un altro, nervosamente. - Cosa dicono? - chiese Zainal in inglese. - La macchina ha denunciato la nostra presenza spiegò Kris, mimando con gesti le proprie parole. - Può darsi che sia sensibile al calore. Sapeva che eravamo nascosti nella siepe a causa del calore del corpo. Zainal annuì. - Fa' molta attenzione. Ora noi andare a caverne. Cacciamo, ma sempre stare attenti. - Si rivolse a Slav e Zewe e diede loro alcuni rapidi ordini. - Loro udire meglio - spiegò quindi a Kris. I due rugarian si portarono ai lati del gruppo e, al segnale di Zainal, si misero di nuovo in marcia.
II ritorno al campo base fu ancor più arduo, dovendo affrontare le discese carichi del bottino della loro caccia, ma non incontrarono ostacoli insoliti. I ruminanti a sei gambe che avevano sorpreso a pascolare nel campo avevano perso sangue rosso quando li avevano tagliati. Ne avevano abbattuti e sventrati due sul posto, per spartirsi il peso della carne. Le coperte extra si rivelarono utili, soprattutto per difendersi dagli insetti quando fecero la loro apparizione dopo il calare del sole. Era evidente che i deski avevano uno spiccato senso dell'orientamento perché ritrovarono la strada nella semioscurità. Kris non era mai stata così contenta di vedere i fuochi di bivacco ! Non mancarono gli applausi ad accogliere il ritorno dei cacciatori, così sovraccarichi di selvaggina. Kris si era appena liberata del suo carico quando Zainal le toccò il braccio e le fece cenno di seguirlo per andare a fare rapporto a Mitford. C'erano anche Cumber e Slav. - Cumber dice che hai identificato quelle macchine, Kris - disse Mitford, che aveva un'aria molto stanca. - Io? No, non proprio, ma mi sembra che siano una specie di robot. - Cumber ha detto che non toccavano nemmeno il suolo. - Propulsione a cuscini pneumatici? - Hmmm. Tecnologia sofisticata. Anche localizzatori di calore? - Deve essere stata la macchina a chiamare i predatori volanti - rispose Kris. - Erano in cinque, perciò ne deduco che ha percepito i nostri cinque corpi nascosti nella siepe. Ma la mia è un'ipotesi che vale quanto quella di chiunque altro - concluse con modestia. - La tua, però, è un po' più fondata, grazie a quei programmi per bambini che hai visto alla TV. Ti credo, Bjornsen, ti credo. Ora va', e anche tu, Cumber. Stasera abbiamo una specie di pane, pane al bicarbonato. Uno dei chimici ha trovato un deposito di bicarbonato di sodio. Il pane non è niente male, se siete abbastanza affamati e non badate a eventuali granelli sfuggiti alla macinatura.
Kris era appena entrata nella caverna principale e si era messa in coda per il suo pezzo di pane quando Patti Sue notò la sua presenza. La ragazza le gettò le braccia al collo, urlando e piangendo lacrime di sollievo. - Ehi, Patti Sue, è andato tutto bene - le disse Kris, cercando di calmarne l'attacco isterico. Sandy accorse in suo aiuto. - Suvvia, Patti Sue, te l'avevo detto che Kris sa badare a se stessa. La ragazza si lasciò convincere ad allentare la stretta mortale. Quando indietreggiò, si accorse di essersi macchiata a contatto con la tuta sporca di Kris. - Oh, mio Dio, cos'è? - Sangue, probabilmente - rispose Kris, pensando alla carne che aveva trasportato. - Oh, mio Dio! - Patti Sue si scostò da lei come se fosse diventata di colpo una lebbrosa. - Suppongo di aver bisogno di un bagno - dichiarò Kris in tono allegro e, prendendo la sua porzione di pane, la mangiò mentre scendeva al lago sotterraneo per rendersi un po' più presentabile. Non era la sola a volersi lavare perché c'erano già diversi corpi bianchi che sguazzavano nell'acqua. Qualcuno aveva aggiunto altre corde. Indugiando solo il tempo necessario per aggiungere gli stivali, il pacchetto del cibo e la coperta alla fila di oggetti simili che aspettavano il ritorno dei loro proprietari, afferrò una corda Ubera e si tuffò in acqua. Avvolgendosi la corda intorno al polso, si sfilò la tuta e la sciacquò. L'acqua era fredda e corroborante, e le ridiede energia. Uscì, si asciugò con la coperta e se l'avvolse intorno al corpo a guisa di sarong.
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Strizzò la tuta, quindi tornò sui propri passi. Era sicura che quella notte avrebbe dormito. Così fu, finché Zainal la svegliò. Doveva essere nel cuore della lunga notte di Botany perché tutti gli altri dormivano come ghiri, anche Patti Sue, per fortuna, perché avrebbe avuto un attacco di nervi se, svegliandosi, avesse visto il catteni a un palmo dal suo naso. La luce della torcia era sufficiente per farle vedere che Zainal si toccava le labbra per imporle di tacere. Gemendo suo malgrado perché era indolenzita per gli sforzi del giorno prima, Kris ebbe difficoltà ad alzarsi. Zainal le tese una mano e in un attimo era in piedi. Gli sorrise e lo seguì fuori. Lui le trattenne la mano e Kris fu felice di lasciarla nella sua forte stretta. Doveva ammettere di essere decisamente attratta dal catteni, e non solo perché era più alto di lei. Si era comportato con tanta dignità e tatto negli ultimi giorni che di sicuro nemmeno quelli che nutrivano un odio feroce per i catteni potevano criticarlo. Mitford aveva fatto capire senza mezzi termini a quella eterogenea ciurmaglia che Zainal era un elemento utile per la loro sopravvivenza. Ciò nonostante, una volta che l'euforia dei primi giorni fosse passata, cedendo il posto alla monotonia della routine e a un'incertezza meno eccitante, sospettava che sarebbero sorti problemi. - Guai? - bisbigliò in bareviano una volta fuori dalla caverna. - Tu non dormi mai? - Non quando c'è pericolo - mormorò lui, precedendola. Stava tramontando la terza luna. Kris poteva vedere le facce illuminate dal fuoco di bivacco nella gola; tra le altre quella di Mitford. - Mi dispiace di averti svegliata, Bjornsen - le disse con un sorriso e le fece cenno di porgere la sua tazza. Solo allora Kris si accorse di aver raccolto per un riflesso condizionato la sua attrezzatura: la coperta, la tazza e la razione di tavolette. - A giudicare dal mio orologio interno, l'alba è passata da molto.
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- Sei un abitudinario? - Kris gli sorrise, accettando il liquido caldo. Era una specie di tè alle erbe, un progresso rispetto alla semplice acqua calda. - Avvicina una pietra - disse Mitford, e lei si sedette su quella alla sua destra. - Voglio che tu vada con Zainal, Slav e i due deski, per scoprire quali altre sorprese ha in serbo per noi questo posto. È assurdo pensare di essere al sicuro in questa gola. Secondo uno dei cervelloni, alcune tracce indicano che potrebbe allagarsi in primavera. - Così dicendo, indicò le pareti della gola. - Segni di acqua alta e alberi scorticati, a un'altezza superiore alla nostra statura, e io non sono un campione in acqua. «Voglio che esploriate la zona per un raggio pari a un giorno di marcia, e dovete farne una carta. Zainal dice di esserne capace. Il suo inglese migliora in fretta, e ha sicuramente doti da ufficiale. - Mitford pronunciò le ultime parole sottovoce e con un sorriso riservato a Kris soltanto. - Visto che lo conosci bene, e visto che, mimando, sei capace di farti capire da Slav e dai due deski, saresti l'umano della squadra. A meno che tu non abbia valide obiezioni per rifiutare l'incarico. - Ci saranno guai per gli... ehm... alieni, sergente? - Non ce ne sono sempre? - replicò Mitford con cinismo. - Posso fidarmi di te, Bjornsen - aggiunse a voce bassa. - Hai dimostrato di sapertela cavare. - Grazie, sergente - e Kris si sentì crescere di statura per quell'elogio inatteso. - E il catteni baderà che non ti succeda niente di male. - Grazie, sergente - ripetè lei, quella volta con ironia. Prima ti elogiano e poi ti demoliscono, ma sorrise per dimostrare che non si era offesa. Era già molto che il sergente non fosse così misogino come alcuni militari di carriera di cui aveva sentito parlare. - Voglio che ti faccia dare da Greene razioni supplementari per voi tutti. A quanto pare, i deski non digeriscono la carne rossa, e alla loro dieta manca qualcosa, anche se non sono riuscito a capire cosa. - Mitford sospirò. - Questo è un altro dei motivi per cui ne mando uno con voi. E dovete mangiare! - Le puntò contro un dito così di scatto che lei si ritrasse. - Abbiamo abba-
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stanza scorte per il sostentamento delle nostre pattuglie. Può darsi che quella roba sia meno saporita dei prodotti dei campi, ma ha tutte le porcherie dietetiche di cui avete bisogno per marciare. Fatti dare altre coperte e una tuta di scorta. Capito? - Capito, sergente - rispose Kris, facendo il gesto di portare la mano alla fronte, prima di rendersi conto che non era il caso, anche se era una reazione istintiva ai suoi modi. - Bene. - Mitford sorrise, essendosi accorto del tentativo di saluto lasciato a metà. - Zainal, procurati razioni e provviste e parti con comodo. Nel gergo militare, "con comodo" significava subito. Così, in men che non si dica stavano già risalendo la gola alle prime luci dell'alba, per inoltrarsi in territorio sconosciuto. Zainal apriva la marcia a un passo sostenuto che non sembrava variare a seconda del terreno che dovevano attraversare. Annunciò una sosta quando il sole fu alto in cielo. Prima di tutto, Zainal fece un nodo a una sottile striscia di coperta, delle quali aveva una scorta in una delle tasche. Una cordicella per misurare? Non avevano l'occorrente per scrivere e Zainal, per quanto forte fosse, non poteva portarsi appresso una lastra di roccia per annotarvi le distanze. - Cosa stai contando, Zainal? - I passi, così conosco la distanza - rispose lui in barevi. - Oh. - La regolarità dell'andatura aveva adesso un senso logico. - Qual è la parola catteni per miglia, o chilometri? Come misurate le distanze? - Il... mio... passo - iniziò lui in un inglese esitante corrisponde a un pleg catteni. - Fammi vedere un passo. Lui ubbidì. Allungando le gambe al limite massimo, Kris riusciva a malapena a coprire la stessa lunghezza. - Hmmm. Più di un metro. Hmmm. Potrei darti il cambio su un terreno piano, così da concederti una pausa.
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- Hmmm - borbottò lui, ammiccando mentre vagliava il significato delle sue parole. Kris "mimò" allora le proprie parole e, dal sorriso di Zainal, era chiaro che la sua spiegazione era stata compresa. - Un pleg corrisponde a un metro circa. Un pleg, un metro - precisò Kris. Anche Slav e il deski la stavano osservando e, dalle loro espressioni attente, erano palesemente interessati alla dimostrazione. Allora, Kris indicò al rugarian di fare un passo. Era più o meno della stessa lunghezza del suo, mentre quello del deski era molto più lungo, grazie alle lunghe gambe da ragno. Pur tentando di farsi dire da Slav come si diceva pleg nella sua lingua, e pur cercando di ottenere la stessa informazione dal deski, Kris non ebbe successo. Entrambi continuavano a ripetere imperturbabili: - Pleg, pleg. Tra sé, Kris li mandò al diavolo, ma sorrise e diede una pacca a ciascuno prima di sedersi e sfruttare quello che restava della sosta. Non sapeva decidere se non erano interessati a lezioni di lingua o se avevano qualche oscuro motivo per ostinarsi a parlare barevi. Sia il rugarian sia il deski avevano voci piatte e prive di inflessioni, ma anche quel poco che lei conosceva del catteni era piatto e privo di inflessioni. La lingua barevi era più ritmata e modulata di quelle che Zainal aveva usato per parlare con Slav e Coo. Proseguendo, arrivarono a un altro altopiano, dove fecero una seconda sosta: un nodo si aggiunse alla striscia. Quando Zainal le spiegò quanti pleg rappresentavano ciascun nodo, Kris calcolò che stavano viaggiando a una media di poco superiore alle quattro miglia all'ora... cioè, se passava un'ora tra una sosta e la successiva. Così, nel tragitto seguente, contò i minuti mentre Zainal contava i passi. Pensò di aver perso forse un paio di minuti perché si lasciò distrarre per osservare il deski che esaminava la vegetazione dell'altopiano... quel poco che c'era perché non si vedevano né campi né siepi. Nel momento in cui decise che stavano marciando da un'ora, Zainal ordinò una sosta.
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- Accidenti, amico, hai un orologio in testa? - gli chiese mentre aggiungeva un terzo nodo. Lui la guardò inarcando un sopracciglio con aria interrogativa, ciò che lo fece sembrare più simile a un umano che a un catteni. - Povera me, come fanno a calcolare il tempo i catteni? - borbottò tra sé, cercando di ricordare se lui avesse avuto un qualche aggeggio digitale al polso la prima volta che l'aveva incontrato. - Tempo. - Zainal captò quella parola e si diede un colpetto al cranio. - Tenere tempo qui. Tempo buono. - Non mi dirai che sul tuo mondo i giorni e le notti sono lunghi come su Botany? Loro due passarono il resto della sosta a spiegare e capire quel concetto. - Una rotazione completa di pianeta non lunga come qui - disse Zainal, formulando quella che era la sua migliore frase in inglese fino a quel momento. - Accidenti, come impari in fretta. - "Accidenti" è cosa buona da dire di me? - E la sua espressione era di nuovo interrogativa. - Be', sì - rispose Kris, divertita dal suo senso dell'umorismo, una qualità che non aveva pensato i catteni possedessero. - Ma tu sei un uomo, io una donna. Ragazzo è un uomo giovane. Ho usato la parola in un'espressione gergale, perciò con un significato diverso. Lui sorrise in modo così educato da farle dubitare che avesse capito la sua spiegazione, quindi fece cenno di rimettersi in marcia. Faceva caldo sull'altopiano, la cui superficie sabbiosa non offriva ombra alcuna, tranne quella delle piante sottili con le loro foglie dalle forme strane, che non avevano l'equivalente nei deserti della Terra... e Kris aveva visitato le regioni di Las Vegas e di Salt Lake City. Coo continuava ad assaggiare piante e perfino frammenti di terreno dai colori diversi; di solito sputava i campioni, così che Kris non avrebbe saputo dire quale fosse il suo verdetto. Era talmente assetata da avere la lingua gonfia, così, quando si fermarono per la sosta di mezzogiorno, non aveva nessuna voglia di scherzare con Zainal. Gli altri tirarono fuori il loro "pranzo", masticando grossi pez-
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zi di tavolette, ma lei non credeva di avere abbastanza saliva in bocca per masticare, tanto meno per deglutire. - Tu meglio mordere e masticare - disse Zainal in tono gentile, rigirando il boccone in bocca per mostrarle che neanche lui lo inghiottiva. Kris provò con un pezzetto e scoprì che la tavoletta conteneva qualcosa che aiutava a produrre umidità. Non mangiò tanto quanto gli altri tre, ma si sentì meglio con lo stomaco un po' meno vuoto. Ripresero il viaggio; l'altopiano digradava lentamente in un terreno più fertile. C'era anche un ruscello. Kris dovette trattenersi per non gettarvisi bocconi e riabituare invece con attenzione la bocca e la gola all'acqua. - Mio Dio, cosa non darei per una borraccia. - Cos'è questo "dio" che così tanti nominano? - chiese Zainal. - Un'altra parola come "accidenti"? Alla domanda, fatta nella voce profonda e gutturale di Zainal, Kris fu colta da un accesso di risa. Le avevano spesso detto che aveva una risata contagiosa - e l'aveva dimostrato di tanto in tanto, suscitando le risate di un'aula intera - ma le faceva un immenso piacere che l'effetto si estendesse anche ad altre razze. La risata del catteni aveva un suono molto umano. Slav inclinò la testa e aggrottò la fronte, mentre Coo si limitò a guardarla, costernato, come se pensasse che fosse stata colta da un attacco di convulsioni. - Non risponderò adesso a questa domanda, Zainal disse, quando riuscì a calmarsi. - "Dio" non è un "accidenti"! Te lo spiegherò un'altra volta, quando avremo qualche anno a disposizione. Zainal si accigliò, non avendo afferrato tutta la frase. Come c'era da aspettarsi, pensò lei, e tanto meglio così. Rianimata dall'acqua, Kris tirò fuori il resto della sua tavoletta e la finì. Era pronta a ripartire, ma Zainal non aveva fretta di lasciare quel posto gradevole, anche perché c'erano nuove varietà di piante lungo la riva che Coo stava assaggiando con notevole entusiasmo. Tornò con qualcosa che mostrò a Kris, cosa che accadeva per la prima volta.
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- Per me, assomiglia a una specie di crescione - commentò lei, assaggiando un gambo e una foglia. - Puoi mangiarla? - chiese, indicando la bocca con il campione. Il deski annuì e si mise in bocca uno stelo, masticandolo con palese gusto. Kris lo mordicchiava con prudenza e, sentendo che le si intorpidivano le labbra e le gengive, tuffò la faccia nell'acqua e fece degli energici gargarismi. Mentre Zainal la sorreggeva per le spalle, continuò a sciacquarsi, badando a non deglutire, finché la sensazione svanì. - Grazie, Zainal - disse e, notando la preoccupazione dei suoi tre compagni, aggiunse: - Oh, sto bene. Non ho inghiottito niente. Lo lascio tutto a te, Coo, tutto. Il deski annuì energicamente e, con ostentazione, si strinse al petto il resto della pianta. - Niente più prove - le disse Zainal con severità. - Ci puoi scommettere! La preoccupazione di Zainal si trasformò in frustrazione. - Altre parole come "accidenti"? - Be'. - Kris fece oscillare una mano in un gesto vago. Diamine, non si era mai resa conto della complessità dell'inglese. Ripresero a camminare, finché Kris si chiese per quanto tempo ancora avrebbe potuto ignorare il gonfiore dei piedi che gli stivali avvolgenti non riuscivano a equilibrare. E aveva creduto di essere in forma! Si era lasciata superare dai due alieni... due dei suoi compagni, si affrettò a correggersi... e si scoprì a osservare la peluria che si arricciava sulle gambe del rugarian. I suoi piedi erano buffi nelle calzature avvolgenti dei catteni e sembrava che non avesse "muscoli" dove li avevamo gli umani: ma a ogni passo apparivano e sparivano degli avvallamenti in senso laterale invece che verticale, come nel caso dei muscoli dei polpacci. Davanti a lui, Coo dava l'impressione di avere gambe fatte di ossa, prive di qualsiasi movimento muscolare, solo i tendini - o quelli che passavano per tendini in un deski - sui due lati delle gambe, che si sollevavano e si abbassavano come l'albero di una gru. Cercò di immaginarsi l'anatomia dei suoi compagni e fallì. Un'altra lacuna nella sua istruzione!
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Bene, non c'è niente come l'addestramento pratico per imparare, pensò. Qualche tempo più tardi, potè smettere di muovere le gambe e si sedette su una roccia. C'era un piccolo fuoco in un cerchio di pietre e intorno a un mucchio di altre pietre. Che strana disposizione, pensò, confusa. Un attimo dopo, quando lo stordimento della fatica lo consentì, Kris riuscì a udire il mormorio di un vicino ruscello. Acqua! Si alzò, ma venne subito respinta a sedere sulla roccia mentre le veniva offerta una grande foglia. -Bevi! Afferrò la foglia, avvertendone lo spessore, e trovò un orlo dal quale bere. L'acqua era freddissima e aveva un sapore divino. Ancora? chiese Zainal, sovrastandola dall'alto della sua statura. Lei compì uno sforzo per alzarsi. - Posso andarla a prendere da me... Ohhh, no - e la sua voce si spense in un gemito. La grande mano di Zainal la costrinse a sedersi e, solo allora, si rese conto di quanto fosse debole. Quella volta bevve a piccoli sorsi e potè così esaminare meglio l'ambiente circostante. Qualcuno stava scalpellando pietre? Si guardò in giro e vide Slav e Coo che, a martellate, stavano scavando una buca nella lastra di pietra poco lontana dal fuoco. Si trovavano su un affioramento roccioso che delimitava un ennesimo campo, un metro al di sopra del livello del suolo. Piante a foglie larghe formavano un baldacchino su quella zona, offrendo loro un po' di ombra. Poco lontano dal loro accampamento, Kris vide gli spruzzi di una piccola cascata che sgorgava dalla roccia e si riversava in una pozza, quindi proseguiva attraversando il campo. Un campo coltivato, notò. Guardando di nuovo gli uomini, si rese conto con un sussulto di sorpresa che stavano facendo un calderone di pietra. Sul lato opposto del fuoco c'erano le carcasse inerti di rocksquat e di altre bestie più piccole che non aveva mai visto; con le loro sei zampe, sarebbe stato una noia spellarle, fu la sua futile riflessione. Fu Zainal a inginocchiarsi per occuparsi di quel compito e, quando eb-
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be finito, raccolse le interiora e le lanciò nel campo sottostante con un gesto che le parve deliberato. - Zainal - chiamò Slav, indicando la buca, ormai di notevoli dimensioni, che avevano scavato nella roccia. - Acqua - ordinò Zainal, e Slav e Coo staccarono altre grandi foglie dagli alberi e fecero diversi viaggi a testa. Quando la buca fu piena fino a un palmo dall'orlo, Zainal vi buttò dentro gli animali a pezzi e Coo vi aggiunse delle radici, simili a quelle che già erano usate all'accampamento. Poi Zainal, servendosi con abilità di un ramo biforcuto, iniziò a trasferire pietre calde nell'improvvisato calderone. Kris batté le mani, felice che qualcuno sfruttasse il suo suggerimento. Raccolse altre pietre e andò ad ammucchiarle al centro del fuoco. Ne avevano bisogno molte per riuscire a cuocere la carne. Era buio ed era sorta la prima luna quando alla fine poterono mangiare, servendosi di ramoscelli come bacchette per trasferire i pezzi dalla pentola sulle foglie. Un po' di sale li avrebbe resi più saporiti, ma il cibo caldo nello stomaco era già di per sé un miglioramento rispetto alle razioni dure e asciutte, per quanto nutrienti fossero. Dopo aver mangiato in abbondanza, Coo coprì la "pentola" con una pietra piatta, strofinandosi le mani come avrebbe fatto ogni essere umano per aver portato a termine un buon lavoro. - Slav, fino al tramonto della prima luna - disse Zainal. - Quindi Kris fino al tramonto della seconda. Io per terzo e Coo per ultimo. Nessuno discusse, ma Kris era contenta di poter fare un sonno abbastanza lungo da recuperare le energie. Si recò alla cascata, bevve, quindi, sfilati gli stivali, vi immerse i piedi stanchi e gonfi. Dovette stringere i denti per resistere al dolore ma di lì a poco la carne maltrattata era troppo fredda per inviarle altri messaggi al cervello. Resistette al freddo finché poté prima di tornare accanto al fuoco. Pensava che i piedi si fossero sgonfiati ma non poteva esserne sicura perché erano troppo intorpiditi.
Anche Coo e Slav si erano allontanati per una necessità impellente, così arrivarono tutti insieme per sistemarsi per la notte. Kris srotolò le proprie coperte, le distese e si sdraiò sulla superficie rocciosa, con i piedi verso il falò. Un grosso mucchio di rami secchi era stato preparato a portata di mano per alimentare il fuoco tutta la notte. Per quale primordiale istinto l'idea che ci fosse un fuoco la faceva sentire meglio? Non importava nemmeno che non fosse possibile mitigare la durezza della roccia contro fianchi e spalle: era troppo stanca per farci caso. Per un attimo, la sua mente rifletté alla distanza che dovevano aver percorso quel giorno, ma in realtà non aveva notato quanti fossero i nodi sullo spago di Zainal. Bene, una buona notte di sonno leniva molti dolori. Quando Slav la svegliò, la prima cosa che notò fu che la prima luna era ancora visibile in cielo e la sua luce le permise di vedere che Slav era agitato... gli si era rizzato tutto il pelo della testa. Aveva svegliato anche Zainal. Indicò in basso, verso il campo, e fece loro cenno di avvicinarsi. Qualunque cosa fosse, non era necessario muoversi furtivamente e in silenzio. Slav si limitava a indicare e a guardarli, aspettando la loro reazione. A Kris venne voglia di vomitare. Zainal rimase a osservare le... cose: cose con lunghi tentacoli, capelli che si contorcevano, in apparenza senza corpo, a meno che il corpo non fosse ancora sottoterra; le cose stavano strisciando sugli intestini che Zainal aveva buttato via. Non ne restava molto delle interiora, perché la cosa misteriosa che se ne nutriva li assimilava velocemente e, pochi minuti dopo, restava soltanto lo strato erboso, senza traccia di rifiuti, tanto che Kris pensò di essersi immaginata le sagome rotonde che si dimenavano e si contorcevano banchettando. Zainal annuiva con la testa, come se si fosse aspettato quella scena. Kris deglutì. Era successo lo stesso a chi era rimasto sanguinante su quell'altro campo? E ai cada-
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veri che erano stati abbandonati su quello dove si era svegliata? - Un lavoro pulito - disse sottovoce. - Una raccolta incorporata delle immondizie! La pulizia è assicurata. Alla luce della luna, i denti di Zainal brillavano bianchi. - Tu sapevi? - gli chiese Kris. - Un pensando. - Pensiero, vuoi dire. - Pensare, pensiero? - Esatto. - Adesso, dormi. Lo spettacolo è finito. Diamine, dove aveva pescato Zainal quell'espressione? si chiese Kris, tornando al caldo delle sue coperte. Sospirò: forse avrebbe dovuto restare sveglia e permettere a Slav di riposare. Invece, si addormentò di colpo, senza fare nemmeno un sogno, finché il rugarian la svegliò sotto un cielo senza luna. Rimase di guardia, percorrendo il perimetro del loro affioramento roccioso. Era quello in motivo per cui Zainal aveva scelto di accamparsi lì? Oppure era per poter scavare un calderone nella pietra? Non che non ritenesse quel pianeta capace di essere popolato anche da abitanti delle rocce con poteri raccapriccianti. Tuttavia, non c'era più traccia di attività sul terreno. Era perfino tentata di lanciare altra immondizia per vedere cosa sarebbe successo: il genere di impulso che uno prova quando vuole accertarsi che quello che ha visto è orribile la seconda volta tanto quanto la prima. La notte e il silenzio stimolavano molto la fantasia, così che Kris dovette concentrarsi sulle cose positive: era viva, aveva lo stomaco pieno, era al sicuro come chiunque altro in quell'accampamento, anche se quel pianeta presentava troppe anomalie e misteri perché ci si potesse sentire tranquilli. Per impedirsi di pensare a particolari allarmanti, rivisse tutti i campeggi che aveva fatto - la pentola di pietra era una buona idea - per vedere se riusciva a ricordare altri "espedienti". Un coltello, un'accetta, una tazza e una coperta non erano molto per
sopravvivere. Non che non se la fossero cavata bene con quell'attrezzatura essenziale, ma erano così tante le "cose" che mancavano. Un secchio per trasportare l'acqua, una padella per cuocere, una forchetta o due sarebbero stati utili. Perché, quando ce n'era più bisogno, non aveva con sé il suo coltellino svizzero? Accidenti, quell'oggetto valeva tanto quanto il suo peso in platino ! C'erano, naturalmente, coltelli di riserva nella caverna principale. Non c'era qualcuno all'accampamento che pensava di poter trasformare le lame in attrezzi utili? Il suo stomaco si mise a brontolare. All'inferno quel pianeta! Anche l'orario dei pasti era sballato. Mangiò lentamente una mezza porzione di tavoletta, dal gusto decisamente sciapo in confronto allo stufato. Nonostante quelle riflessioni positive, non le dispiacque svegliare Coo perché facesse il suo turno di guardia. La mattina seguente, Zainal aveva già riscaldato per la colazione lo stufato rimasto dalla sera prima, e fu una colazione abbondante che riempì i loro stomaci vuoti. Ripulirono gli avanzi, inzuppando un'altra tavoletta nel sugo rimasto. Kris era sazia ma non avrebbe impiegato molto a smaltire il cibo. Chiese a Zainal che distanza avevano percorso il giorno precedente e, quando lui le mostrò lo spago, emise un fischio; avevano percorso quaranta chilometri, un'impresa non da poco se si consideravano le salite e le discese che avevano dovuto affrontare. I suoi piedi, che aveva immerso di nuovo nell'acqua, sapevano senza ombra di dubbio quanta strada avevano fatto. Forse era stato un errore chiederlo, perché bastava il pensiero per sentirsi già stanca. Zainal calpestò il fuoco per spegnerlo e ammucchiò le pietre del calderone prima di dare il segnale di mettersi in marcia. - Dove siamo diretti oggi? - Un cerchio - rispose lui, disegnando un ampio arco e terminando con il dito puntato sul mucchio di pietre. Trovare cosa c'è da trovare. - Cosa possiamo scoprire, trovare, vedere, imparare. - Kris non si era mai considerata una pedagoga, ma pro-
vava l'impulso irresistibile di correggere Zainal e di migliorare il suo linguaggio. Grazie al cielo, lui era disponibile a imparare strada facendo. Balzarono giù dall'affioramento e attraversarono il campo. Zainal moderò il passo rispetto all'andatura del giorno prima, ma non di molto. Che anche a lui facessero male i piedi? Quanto doveva camminare un soldato spaziale perché soffrisse di male alle estremità? Coo trovò alcune palline verdi in una delle siepi e le trangugiò, succhiandone il succo e fischiettando allegramente, ma Slav arricciò il labbro superiore in una smorfia di disgusto, un gesto che affascinò Kris perché Slav arricciò davvero il labbro all'insù e lo ripiegò al di sopra dei denti irregolari. Si chiese di nuovo come facessero i rugarian a non mordersi in modo serio l'interno delle labbra con una simile dentatura. Tenevano tutti gli occhi aperti, guardandosi alle spalle e in alto, soprattutto quando erano allo scoperto. Uno specchietto retrovisivo sarebbe stato utile, pensò Kris. Cose morte venivano risucchiate nel terreno di notte, ma era chiaro che i mostri volanti pattugliavano di giorno per nutrirsi di cose che si muovevano. I campi erano una distesa interminabile su quel terreno ondulato. I ruscelli si susseguivano a intervalli tali che l'auspicata borraccia di Kris era superflua. Non c'erano strade, ponti, cavalcavia, niente di più impegnativo di monticelli di pietra alquanto ripidi, che sembravano spuntare direttamente dal suolo. Aveva visto qualcosa di simile in qualche località della Terra, ma le ci volle del tempo per scavare nella memoria e risalire all'Etiopia. La maggior parte dei monticelli erano spogli, ma alcuni sembravano ricoperti da uno strato di terriccio sufficiente a permettere la crescita di cespugli, e uno o due erano coronati dagli alberelli che i minicespugli diventavano, se avevano la possibilità di vivere abbastanza a lungo. Arrivarono quindi a un'intera serie di campi che erano stati mietuti di recente. Non c'erano tracce a indicare la direzione dalla quale i mietitori erano arrivati o andati. Anche se significava fare una deviazione rispetto al cer-
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chio proposto da Zainal, seguirono le tracce della mietitura. Lo udirono prima di vederlo, ed ebbero appena il tempo di nascondersi prima che il congegno meccanico fluttuasse sopra la siepe che separava il campo dal successivo. - Restiamo fermi o fuggiamo? - Kris bisbigliò con voce roca a Zainal. Lui si strinse nelle spalle, ma se ne stava conficcato il più possibile nella siepe, immobile. Kris lo imitò, trasalendo quando i rami le penetrarono nelle parti più tenere. Potevano avvertire l'odore di metallo caldo, abbinato a un odore più strano che doveva essere di carburante... un particolare che suscitò una domanda logica nella mente di Kris: Chi produceva il carburante, per non parlare dei macchinari? Aspettarono in quella posizione finché le venne un crampo in un fianco e fece una smorfia, cercando di alleviare lo spasmo senza muoversi. Quando se ne andrà quella macchina? Oppure, e il pensiero la colmò di terrore, sta aspettando rinforzi? Su questo pianeta, i macchinari hanno la capacità di imparare? Allungando il collo con molta cautela, riuscì a vedere tra il fogliame dalla forma buffa della siepe che il dalek non si era mosso neanche di un po': si limitava a librarsi, sul lato opposto della siepe. Diede una gomitata a Zainal, anche lui teso a osservare ogni più piccolo movimento, e quando voltò la testa con molta prudenza, inarcò le sopracciglia in una domanda muta. In quel momento, Coo si agitò; non che il deski non fosse già innervosito dall'attesa. Voltò lo sguardo verso il campo e, con molta cura, indicò in una direzione. Qualcosa stava arrivando per catturarli? I mostri volanti davano sempre l'impressione di puntare su di loro uscendo dal sole. Cosa stava risalendo la collina? Avrebbero dovuto andarsene? Sempre che potessero, con quella macchina diabolica alla distanza di un braccio. E se avessero tentato la fuga, dove sarebbero andati? Nelle vicinanze non c'era nemmeno un monticello su cui arrampicarsi. A Kris, la faccenda non piaceva affatto.
Le piacque ancor di meno quando Coo si lasciò sfuggire un gemito e indicò, ancor più agitato, in fondo alla collina. Le cose si muovevano così in fretta che Kris ne scorse a malapena il bagliore nel sole quando furono sopra le loro teste... e spararono i loro piccoli dardi. Avvertì la puntura e perse i sensi da un attimo all'altro.
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Una mano che le scrollava la spalla la svegliò dal torpore provocato dal dardo drogato. - Kris, svegliati. - La voce di Zainal. - Lasciami dormire. - Era troppo stanca. - No, o andiamo adesso o mai più. Le parole le riportarono alla mente gli ultimi avvenimenti e si rizzò così di scatto che quasi sbatté con la testa contro quella di Zainal, inginocchiato al suo fianco. Intorno a loro regnava l'oscurità ma riuscì a distinguere sia Slav sia Coo; poi, uno strano scalpitio e un respiro pesante, come anche un odore di animali, le fornirono un altro indizio. Erano stati rinchiusi in una stalla? Classificati come animali dal robot? Non sapeva se essere divertita o indignata. - Acqua? - Zainal le porse una tazza colma, che lei sorseggiò per placare l'arsura della bocca e della gola. - Grazie. - Si alzò terminando di bere e, quando fece per restituirgliela, lui indicò il laccio vuoto alla sua cintura. - Oh! Sì. Grazie di nuovo. - Si tastò per cercare l'importante pacchetto con le razioni di tavolette e le sue coperte. Tutto a posto, verificò con un sospiro di sollievo. - Come facciamo a uscire da qui? - chiese, consapevole delle dimensioni, come anche dell'oscurità, dell'edificio. - Da questa parte. - Zainal le mise una delle sue grandi mani sotto il gomito e la voltò nella direzione giusta. - Attenta... Lei evitò per un pelo di inciampare in una qualche bestia addormentata: una di quelle creature che emettevano un suono dolce. Batté le palpebre per abituare gli occhi
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alla semioscurità e fece due rapidi e cauti passi per raggiungere Zainal, Slav e Coo.
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6 - La porta principale, naturalmente - mormorò quando si rese conto che era quella la loro meta. Una serie di porte molto grandi. Come avrebbero fatto ad aprirle, mancando in apparenza una maniglia o una serratura... Udì un lieve scatto, un clic, seguito da un'esclamazione soddisfatta di Zainal, quindi il fragore di una porta che scorreva in un binario mentre lui rinfilava il coltello nello stivale. - Venite - disse Zainal, e lei e gli altri non persero tempo a scivolare fuori. Zainal chiuse con cura la porta alle loro spalle. Non erano ancora in salvo perché, a quanto sembrava, la loro prigione temporanea era soltanto uno di molti edifici simili, disposti in una lunga linea, visibili come masse più scure contro quella più chiara del cielo. In alto, poteva infatti vedere le stelle ma nessuna delle lune. - Aspetta. - Zainal le prese la mano e un attimo dopo sentì le dita asciutte di Coo chiudersi intorno alla sua mano sinistra. Slav, che di notte ci vedeva meglio di tutti, faceva da guida. Dovevano aver compiuto un giro completo dell'immenso cortile prima di arrestarsi di nuovo. - Posto per nascondersi? - Zainal chiese a Slav. Il rugarian scosse la testa. - In alto? - disse Coo sottovoce, e indicò nella direzione del mucchio di casse che si trovava a metà del loro giro di esplorazione. - Forse vedremo qualcosa di più quando si leverà una luna - suggerì Kris. Zainal annuì e tornarono alla catasta di casse. Di nuovo, l'altezza e la forza di Zainal fecero la differenza quando sollevò ciascun membro della squadra fino al primo livello del mucchio di container. Ci vollero, invece, gli sforzi congiunti di tutti e tre per issarlo a loro volta. Ripeterono la procedura finché Zainal decise che erano abbastanza alti per non essere immediatamente visibili da terra. Visibili da cosa ? era la domanda che Kris si pose, ma la tenne per sé. Quanto meno, c'era spazio sufficiente per permettere a tutti di sdraiarsi, quella che le parve
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l'idea migliore. Solo Zainal rimase seduto, appoggiato alla cassa, con l'evidente intenzione di montare la guardia. - Svegliami per darti il cambio - gli disse Kris, allungandosi sulla dura superficie. Come è strano, pensò, che una semplice comodità come un materasso sia un ricordo sbiadito. Un attimo dopo sentì delle mani che la tiravano e, reprimendo una resistenza istintiva perché le uniche mani che fossero così forti erano quelle di Zainal, si lasciò spostare in modo da posargli la testa sulla coscia. Non era così dura come la cassa, oltre a essere calda, così si mise comoda. Lui le diede una specie di pacca prima di incrociare le braccia. Kris era vagamente contenta che Slav e Coo fossero gli unici testimoni di quella sistemazione. Diamine, dopotutto se ne infischiava. Strofinò la testa contro la sua gamba, rammaricandosi che i muscoli fossero così sodi. Erano molte le qualità encomiabili di Zainal. Vacci piano, ragazza, si ammonì. Perché, allora, mi sento più a mio agio con lui che con chiunque altro, perfino Jay Greene? Il sole, che la colpì dritto negli occhi, la svegliò più rapidamente di qualsiasi allarme. L'aveva di fronte, a differenza di Slav e Coo, che avevano avuto l'accortezza di stendersi con i piedi nella sua direzione. La testa di Zainal era caduta sulle braccia incrociate, e il suo respiro era abbastanza laborioso da poter dire che russava. Stava per svegliarlo quando un'attività improvvisa sotto di loro la fece trasalire. Macchine che ronzavano, cigolavano, andavano su di giri, e ogni genere di rumori tranne quelli di un qualsiasi linguaggio comprensibile. Si scostò da Zainal... Si era mai mosso da quando si era offerto di farle da cuscino?... strisciò fino all'orlo e guardò in basso: rabbrividì, ma si controllò subito. La notte prima si erano arrampicati molto più in alto di quanto si fosse resta conto: sopra di loro c'era soltanto un'ultima fila di casse. E le casse avevano l'aspetto di essere molto usate, a giudicare dai graffi sui lati e dalle numerose ammaccature: come succedeva quando le si imballava e sballava senza fare attenzione. Ma cosa provvedeva a
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6 farlo? Dove venivano svuotate? Di cosa erano piene in quel momento? Ora da un edificio uscivano nuvole di fumo e da un altro un fetore inconfondibile. Kris lo riconobbe perché una volta era capitata per sbaglio in un quartiere disgustoso di Denver ed era passata davanti a un'industria della carne. Un mattatoio? E si trovava di fronte a edifici che assomigliavano alla stalla dove erano stati rinchiusi. A conferma della sua ripugnante supposizione, le doppie porte di una delle stalle si aprirono e i suoi occupanti, tra i quali i ruminanti a sei zampe e altri tipi diversi e più piccoli, vennero spinti in branco verso il mattatoio da strani aggeggi meccanici che avevano lunghe "braccia" estendibili e che sputavano scintille elettriche contro gli animali ritardatari. Ignari della loro fine imminente, gli animali entrarono trotterellando nell'edificio. Kris si armò di coraggio ma non udì niente e vide soltanto gli animali che entravano nell'edificio. Le porte si chiusero e ne uscirono rumori che non aveva nessuna voglia di descrivere e che la costrinsero a tapparsi le orecchie con le mani. - Raccolgono anche carne - disse Zainal al suo fianco. Con un desiderio istintivo e disperato di trovare consolazione dallo strazio che si stava svolgendo poco lontano, si rannicchiò contro di lui. Era caldo, vivo e quasi umano. Lui la colse di sorpresa abbracciandola, accarezzandola con le mani per calmarla, ridandole coraggio. Le parve molto strano che un catteni potesse essere così consolante. Fu quando le porte della stalla successiva si aprirono e i suoi occupanti furono spinti fuori che le cose cambiarono di colpo. Perché erano esseri umani ben riconoscibili quelli che uscirono barcollando alla luce, riparandosi gli occhi dal sole che si riversava, in modo quasi osceno, lungo il passaggio tra gli edifici. Anche loro erano spinti in branco da una macchina dalle lunghe braccia che sputava scintille. A differenza degli animali, erano tutt'altro che docili. Mentre Zainal reagiva, svegliando Slav e Coo, alcuni umani cercarono di sfuggire alle estensioni della macchina, la quale non era ovviamente abituata ad alcun tipo di
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protesta. In realtà, sembrava che tutti gli umani cercassero di fuggire, come se avessero sospettato a quale fine erano destinati. - DA QUESTA PARTE! QUI! - urlò Zainal, gesticolando con frenesia e incitando Kris con un'occhiata a fare altrettanto. Uno degli umani li individuò, indicò verso l'alto e chiamò a gran voce i compagni. Benché Kris non riuscisse a immaginare come avrebbero potuto aiutare altri a fuggire quando loro stessi non sapevano come uscire da quella situazione, non era così importante come sottrarre esseri umani alle grinfie delle macchine. Scesero tutti e quattro dalle grandi casse che avevano faticato tanto a scalare la notte prima. Quanto meno, la discesa era più facile della salita, ma era in cima alla catasta che avrebbero dovuto tornare di nuovo. Gli umani si precipitarono verso il passaggio davanti al quale li aspettava Zainal che, con un gesto autoritario, aveva ordinato ai suoi tre compagni di fermarsi sulla prima fila di casse. Quando lo vide intrecciare le mani, Kris capì cosa intendeva fare: lanciare la gente verso la prima fila, dove lei, Slav e Coo li aiutavano a raggiungere il livello successivo, incitandoli a salire più in alto, fuori dalla portata delle braccia estensibili delle macchine. Formarono così un sistema di "ascensore" umano per i fuggiaschi, umani, deski, rugarian, tre ilginish verdi e due tur, gli gnomi così bassi che Zainal li scagliò alla lettera verso l'alto. In preda al panico di non riuscire a mettere tutti in salvo, Kris riportò lividi e tagli, oltre a storcersi tanto malamente il polso destro da poter contare solo sulla mano sinistra. C'era poi Zainal da issare al sicuro perché le macchine si erano rese conto che qualcosa non andava per il verso giusto. Kris si chiedeva se avessero contato i corpi che uscivano dalla stalla e avessero scoperto che solo una parte si dirigeva al mattatoio. Era un peccato scompigliare le cifre della loro produzione, ma ne avevano salvati più di venti dal massacro.
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6 Zainal dovette saltare per raggiungere le mani che si protendevano per aiutarlo. Una macchinetta che emetteva un buffo ticchettio stava ora perlustrando il passaggio. - Arrampicatevi! - ordinò Zainal a quelli che si trovavano sul suo stesso livello. - Loro cercare calore. Noi andare al freddo. Continuarono ad arrampicarsi finché raggiunsero gli altri in cima e si guardarono in giro, esterrefatti. Fino a dove si spingeva lo sguardo, c'erano casse ammucchiate alla stessa altezza, per ettari e ettari fino all'orizzonte. - Accidenti, queste sì che sono provviste - borbottò un umano, con una comprensibile nota di nervosismo isterico nella voce. - E abbiamo rischiato di finirci anche noi - commentò un altro. - Ce ne sono altri laggiù? - chiese Zainal, e Kris notò che ansimava per la prima volta da quando avevano iniziato quel giro di perlustrazione. - Diamine, non abbiamo visto altro che una stalla puzzolente dopo che quelle torrette volanti ci hanno colpito. Dobbiamo starcene qui a guardare? - Era evidente che chi aveva parlato non ne aveva nessuna voglia. - Ehi, tu sei un cat! - esclamò il primo in tono di accusa. - Cat o no, ci ha appena salvato la vita. Grazie, amico - disse il secondo uomo a Zainal, tendendo la mano. Era sudicio e la brezza che soffiava in cima a quell'incredibile riserva di provviste spandeva da lui un fetore tale che Kris si trattenne a stento dal vomitare. La maggior parte dei fuggiaschi era crollata a sedere per riposarsi dopo la scalata. - Zainal è il mio nome. Questi tre e io esploriamo. Voi chi siete? - Parla un buon inglese per essere un cat - disse il secondo uomo. - Kris Bjornsen, Slav e Coo siamo noi. - Zainal continuò le presentazioni, quindi tacque, aspettando che gli altri dicessero altrettanto. Le loro storie assomigliavano a quella del gruppo di Kris, tranne che non avevano avuto il vantaggio di un
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sergente Chuck Mitford che li portasse in salvo. Il campo dove li avevano scaricati era stato attaccato dai mostri volanti, benché i deski avessero tentato di avvertirli dell'imminente pericolo. Si erano sparpagliati tutti in piccoli gruppi di due o tre, solo per cadere vittime di una retata quando, la seconda mattina, erano stati individuati da una mietitrice. Erano rimasti nella stalla per diversi giorni, ed erano sopravvissuti grazie ai loro pacchetti di viveri, ormai quasi esauriti. Molti di loro erano morti calpestati quando gli animali, per un motivo inspiegabile, erano stati colti dal panico la seconda notte della loro prigionia. - Ecco perché puzziamo tutti - disse Lenny Doyle, un tipo magro e bruno, con una faccia schietta e un sorriso simpatico. Dick Aarens, il primo a parlare, continuava a guardare Zainal con sospetto. Più alto di Kris, aveva un atteggiamento villano e un qualcosa di infido nella linea della bocca. - Zainal è stato scaricato insieme a noi - disse Kris con noncuranza, per attenuare la tensione che si era creata di colpo tra i nuovi arrivati. - Non so perché si trovi qui ma so che non ha esitato a rischiare l'osso del collo per tirarvi fuori, perciò non scordartene, amico. Riluttante, Dick Aarens si calmò ma Kris lo sorprese più di una volta a fissare Zainal con aria minacciosa. - Allora, si scende per vedere se ce ne sono altri rinchiusi in quelle stalle? - Lenny chiese a Zainal. - Perché dovrebbe rischiare l'osso del collo per noi umani? - chiese in tono scorbutico un uomo tarchiato, in apparenza di origine italiana. Zainal se ne stava a capo chino, in quello che Kris cominciava a considerare il suo "momento di riflessione". Dopo un po', guardò verso il sole e girò lo sguardo tutt'intorno, socchiudendo gli occhi per difendersi dal bagliore. Rivolse poche parole a Slav, che annuì. - Slav vi guida all'accampamento - disse Zainal. Le macchine imparano... - Già, ma hanno qualcosa che si arrampica sulle case come un ragno? - chiese Aarens. - Come state a viveri? - domandò Zainal.
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6 - A te cosa importa? - volle sapere Aarens. - Oh, piantala, Aarens - lo apostrofò Lenny. - Le macchine non ci hanno perquisito. Abbiamo tazze, coltelli e tavolette. - Niente acqua. - Così dicendo, Zainal guardò di nuovo verso il sole. - Afferro il concetto - replicò Lenny. - Ascolta, mi offro volontario per tornare a vedere cosa combinano quei robot. Ieri devono avere... sottoposto a trattamento... un altro gruppo. Abbiamo udito urlare un paio di volte. - Fu scosso da un tremito convulso. - Così, abbiamo pensato che dovevamo tentare la fuga. - Ci sono un sacco di stalle laggiù - disse Aarens, scuotendo la testa. - Noi torniamo - disse Zainal. - Vediamo. - Ehi, aspetta un momento... - iniziò Aarens, alzando una mano in un gesto di protesta. Di protesta tanto per la proposta quanto per chi l'aveva espressa, pensò Kris, classificando Aarens come piantagrane. - Allora, va' con Slav - suggerì Zainal, alzando le spalle con indifferenza. - C'è molto da vedere e sapere. - Quella volta il suo gesto significava imparare quanto più possibile sulle macchine e il loro funzionamento. - Riesci ad aprire le porte delle stalle dall'esterno? chiese Kris. Zainal annuì. - Facile - e aggiunse, con un sorriso: Animali non aprono porte. Umani e cat, sì. Lenny scoppiò in una risata sonora e diede una gomitata all'ostile Aarens. - Ha anche senso dell'umorismo. Vado a dare un'occhiata? Ho bevuto una lunga sorsata prima che fossimo espulsi dalla nostra felice dimora. Zainal annuì e Lenny iniziò a scendere. - Ehi, fra', vengo anch'io - disse un secondo uomo, seguendolo. - Gli inseparabili fratelli Doyle. Mi chiamo Joe Lattore - disse l'italiano tarchiato con un sorriso e un cenno del capo a Kris e a Zainal. - Cosa si fa se ci sono altri umani e alieni rinchiusi con il bestiame? - Li tiriamo fuori - rispose Zainal e, accovacciandosi, srotolò una delle sue coperte di scorta, estrasse il coltello
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e cominciò a tagliarla a strisce. Per ricavarne funi, capì Kris al volo. - Già, una corda sarebbe molto utile - disse Lattore, prendendo una delle coperte che Zainal stava distribuendo. Non era un compito facile, considerando che si trattava di un tessuto indistruttibile. Kris dovette rinunciare: il polso le faceva troppo male per potersene servire. Tuttavia, issare la gente in cima alle casse con l'aiuto di una corda sarebbe stato molto più semplice. Sempre che le macchine non avessero scoperto dove si erano nascosti i fuggiaschi... un'eventualità da non escludere. Avevano già approntato un bel pezzo di corda resistente quando i Doyle tornarono. Non avevano visto molto, tranne il fumo che usciva dall'impianto di trasformazione. - Già, i robot agiscono in base alla logica e la nostra fuga, avendoci classificati come "animali da carne", sarebbe una contraddizione - disse Kris. - Non credo che la loro programmazione preveda di affrontare le contraddizioni. Noi siamo saltati fuori come fonti di calore dove non dovrebbero essercene, e stavamo portando lo scompiglio nei loro campi coltivati. La soluzione logica per loro era rinchiuderci con gli altri animali. - Non credo che la cosa mi piaccia - disse Joe, rabbrividendo. - È già abbastanza brutto essere scambiati per cibo. Come mai non riconoscono le persone? - Dobbiamo darlo per scontato, non vi pare? - disse Lenny. - Non riesco a capire il loro comportamento. Siamo rimasti rinchiusi quattro o cinque giorni, senza che nessuno badasse a noi o aprisse perfino la porta principale. Quando l'hanno fatto, ci è stato impossibile uscire per colpa di quelle robe a sei gambe che venivano pigiate dentro. D'un tratto, c'erano soltanto posti in piedi. Poi... zacchete! Eravamo sull'elenco per diventare carne tritata. Devono avere iniziato... ehm, la trasformazione... ieri, se quelle che abbiamo udito erano urla umane. - Lenny rabbrividì di nuovo. Kris osservò Zainal che meditava su quell'informazione. Si chiese come diavolo avessero fatto gli esploratori catteni a non accorgersi di impianti simili quando avevano perlustrato il pianeta. Possibile che non avesse-
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6 ro notato un numero così spropositato di casse? A meno, e Kris pensò agli indizi della scarsa cura con cui venivano maneggiate, che quelle fossero nuove, che l'ultimo lotto fosse già stato ritirato. Da cosa? Da chi? - Vediamo se ci sono... altre persone - disse Zainal, avendo preso una decisione. - Voi aiutare? - Girò lo sguardo su quelli che erano stati appena salvati. Dieci decisero di restare, compresi i due fratelli Doyle e, fatto abbastanza strano secondo Kris, anche Aarens. Gli altri avrebbero seguito Slav, che assicurò di nuovo Zainal di essere in grado di trovare il campo-base. I due deski andarono con lui, per avvistare i mostri volanti ed eventuali macchine vaganti che bisognava evitare a tutti i costi. Se non altro, quella ricognizione aveva insegnato a Kris, e agli altri, il genere di rischi che dovevano evitare: non bisognava dormire sul nudo suolo, si doveva girare alla larga dalle mietitrici ed era necessario immobilizzarsi in caso di avvistamento di mostri volanti. Regole semplici e facili, si disse Kris con una punta di ironia. Era contenta di aver bevuto una buona dose di acqua prima di mettersi in marcia, anche se non era escluso che riuscissero a strisciare di nuovo fino alle stalle vuote per dissetarsi. Fu quello che fecero quando Zainal e i suoi coraggiosi compagni raggiunsero il cortile. Si discusse del fatto che nessuno fosse stato perquisito, e tanto meno spogliato. - Non hanno perquisito gli animali a sei gambe - fece notare Lenny. - Perché avrebbero dovuto perquisire noi? - Ma noi... noi siamo umani - ribatté Aarens e il fratello di Lenny, Novanta, sbuffò. - Ti sei forse presentato? Bene, in questo caso come faceva la macchina a sapere che eravamo diversi? - Vuoi dire che ci hanno scambiato per animali? Aarens era indignato. - Non è molto lusinghiero, vero? - replicò Lenny con flemma. - Sei un corpo caldo e niente di più, fra' - aggiunse Novanta con una smorfia. - A loro sta bene qualsiasi corpo caldo, se è recepito.
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- È così che le macchine lo capiscono - disse Zainal. - Calore. - Sono d'accordo - replicò Lenny. - E movimento. - Non ci sono... persone... su questo pianeta - aggiunse Zainal. - Già - disse Lenny, pensieroso. - Penso che tu abbia ragione, anche se ero convinto che i robot dovessero proteggere gli umani - concluse con un'occhiata furba a Kris. - No, se non sono programmati per farlo. - Dunque, chi, o cosa, li ha programmati? - volle sapere Lenny. Kris non poté far altro che ammettere la propria ignoranza stringendosi nelle spalle. Dopo essersi fatti strada tra le casse fino alla stalla più vicina, ne avevano scalato il tetto e ora ne osservavano l'interno attraverso una delle pale del ventilatore. Era vuota e mandava un inconfondibile odore di disinfettante. - Che fetore - commentò Lenny, arricciando il naso. - È possibile che ci sia un pianeta agricolo completamente meccanizzato? - rifletté Kris, a voce alta. Si rivolse quindi a Zainal, sdraiato sul tetto al suo fianco, che fissava ancora il sottostante spazio vuoto. - Quanti continenti ci sono su questo mondo, Zainal? - Quattro. Due grandi, uno medio e uno piccolo. - Su quale ci troviamo? Zainal si strinse nelle spalle. - Come mai è così informato? - chiese Novanta rivolto a Kris, indicando Zainal con il pollice. - Una volta ha visto un rapporto su questo posto. Non l'ha esaminato con attenzione sufficiente per ricordare tutto quello che moriamo dalla voglia di sapere - rispose lei con una smorfia. - Quello che ne ricorda, però, ci ha già salvato un paio di volte. - Chi ha salvato? Kris glielo spiegò, e Lenny sorrise al fratello quando descrisse Chuck Mitford. - Non si arrendono mai, quei vecchi militari, vero?
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6 - Mitford non è vecchio - protestò Kris - e noi siamo molto fortunati ad averlo come guida, perché siamo ancora liberi. Lenny le diede una strana occhiata. - Puoi esserne sicura? - Non più di quanto lo sia di qualsiasi altra cosa su questo pianeta. Zainal si alzò in piedi. - Li ispezioniamo tutti. Appena una rapida sbirciata confermò che niente si muoveva nel cortile sottostante e che il fumo aveva smesso di uscire dal mattatoio, controllarono le altre stalle: venti in tutto, metà delle quali puzzavano di disinfettante. Tre delle altre dieci che esaminarono contenevano soltanto animali. Attraverso il ventilatore, lanciavano un richiamo, titubante all'inizio, poi con maggiore energia fino ad avere la certezza che non avrebbero ottenuto risposte. I ruminanti insistevano con il loro stupido "luuuh" a ogni domanda. - Le mucche non mi sono mai piaciute - disse Lenny, in tono di disgusto. - Non sono mucche - lo corresse Aarens. - Non assomigliano a mucche. - Con questo? Sono mucche-luuh, invece che mucche-muuh - commentò Kris, suscitando le risate dei fratelli Doyle. - Ciò nondimeno, non sono mucche - insistette Aarens. - Le mucche danno il latte. Quelle cose non hanno l'occorrente ma solo due zampe extra. La stalla successiva riservò loro grida di stupore e di gioia e un saltellare eccitato di sagome di persone tra quelle delle mucche-luuh. - Abbassate la voce, capito? - li redarguì Aarens, guardandosi in giro con nervosismo. Lenny Doyle strisciò fino all'estremità della stalla, guardò nelle due direzioni del viale silenzioso e fece un cenno di "via libera". - Cosa diciamo loro? - chiese Aarens, senza guardare Zainal. - Noi veniamo di notte. Adesso fanno silenzio - disse Zainal, ignorando di essere ignorato.
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- La notte è ancora lontana - replicò Aarens. - Noi stiamo di guardia. - Non potremmo calare le corde che abbiamo fatto e tirarli fuori? - suggerì Aarens. - È molto più facile aprire la porta di notte e farli uscire - dichiarò Kris con fermezza, sapendo di non essere all'altezza di issare chissà quanti corpi pesanti. Come abbiamo fatto noi. - Di notte è meglio - disse Zainal, annuendo. - Perché? Ai robot non importa se è notte o giorno. Le macchine non hanno bisogno di dormire - insistette Aarens. Zainal borbottò qualcosa tra i denti. - Di notte non corrono. Non possono. - Perché no? - Aarens stava diventando bellicoso, di proposito, pensò Kris; cercava in tutti i modi di criticare Zainal. - Credo che le macchine vadano a energia solare disse Kris, aggrappandosi a una spiegazione plausibile. Energia solare? - chiese a Zainal, che annuì, sorridendo perché aveva fornito la spiegazione giusta. - Già. - Novanta sgranò gli occhi. - Già, hanno quei buffi pannelli. Almeno, li aveva la mietitrice. È logico. Finora non è mai piovuto. Zainal fece una smorfia. - Pioggia molto brutta qui. In certi luoghi. Vediamo se ce ne sono altri - e indicò le stalle che dovevano ancora perlustrare. C'erano umani in altre quattro, ai quali venne ripetuto il messaggio dell'imminente liberazione, insieme all'esortazione di essere prudenti e di riposare quanto più possibile perché la strada della fuga era impervia. Ci furono delle proteste ma Kris, parlando a nome di Zainal una mossa diplomatica - li rassicurò che avevano validi motivi per rimandare l'operazione. Tornarono quindi sul tetto di una delle stalle vuote. Scostarono una delle pale del ventilatore e Lenny Doyle, il più magro di tutti, vi si infilò per accertarsi che non ci fossero sensori all'interno. Lo calarono abbastanza da permettergli di dare un'occhiata esauriente, appeso all'estremità della fune.
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Mi sembra pulito. Dopotutto, l'aspetto di un sensore non può cambiare molto - bisbigliò, rivolto a quelli che aspettavano sul tetto. - Fatemi scendere. Ho un bisogno urgente tanto di un bagno quanto di una pisciata. Ti prego di scusarmi, Kris. Lei scoppiò in una risatina e rimase a osservare mentre lo calavano a terra. Fu quindi il suo turno; dal basso udì che allargavano la fenditura per permettere al corpo massiccio di Zainal di passare. La sottile corda era ruvida tra le mani e Kris era scivolata un paio di volte perché le aveva ceduto il polso, ma arrivarono tutti sani e salvi a terra. C'erano una decina o più di trogoli degli animali che la stalla di solito ospitava, così se ne servirono come di vasche da bagno. Nelle mangiatoie lungo la parete c'era una sorta di biada secca, e Kris si augurava di passare una notte più confortevole aspettando che la luna si levasse. Zainal, accompagnato da Aarens e dai Doyle, fece il giro dell'edificio deserto, controllando che non ci fossero sensori in grado di avvertire le macchine che una delle stalle era di nuovo occupata. Mentre la maggior parte degli uomini optava per un bagno, Kris era più interessata ad ammassare biada per ricavarne un letto decente. Non le era piaciuta l'espressione lasciva di Aarens quando la guardava. Sospettava che avesse un carattere ambiguo e l'istinto del voyeur, avendone l'occasione. Bene, non intendeva offrirgliela... Lui le si avvicinò in quel momento, con i lunghi capelli ancora gocciolanti, e non le piacque l'arroganza con cui lasciò intendere di voler dividere con lei il suo mucchio di biada. - Trovatene un altro, amico - disse, decisa a scoraggiarlo. - Ehi, madama, credevo che avresti gradito la compagnia di un tipo in gamba. Non posso dire di approvare che una bella ragazza come te faccia coppia con un cat. Oppure è una libera scelta?
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- Ho scelto di partecipare alla ricognizione, se è questo che intendi. - E il suo tono implicava che era meglio che fosse così. - Ce ne sono altre come te al vostro accampamento? - Aarens, levati dai piedi! Sono stanca e voglio dormire... da... sola - disse Kris, sottolineando il suo desiderio di privacy. - Sparisci ! - La biada è laggiù, Aarens - disse Lenny, indicandogli la mangiatoia. Il tono era cordiale, ma era evidente che non si sarebbe mosso se prima Aarens non si fosse allontanato. Quando alla fine la lasciarono sola, Kris si sdraiò sul suo mucchio, così comodo che si addormentò malgrado il ronzio sommesso delle voci degli uomini. Mitford fece il giro dell'accampamento, molto soddisfatto delle migliorie degli ultimi due giorni. Avevano selvaggina in abbondanza e alcune donne avevano pensato di essiccare al sole le eccedenze. "Il risparmio è il miglior guadagno", era il tema del giorno. Le squadre di ricognizione continuavano ad arrivare con piccoli tesori durante la lunga giornata: tra gli altri una sabbia fine che poteva essere utilizzata per un contasecondi. - Come quando devi cronometrare la cottura delle uova sode. - Non abbiamo vetro. - Ma ci sono questi gusci di noci. Pratica un foro minuscolo in uno e lascia scorrere la sabbia. Poi, capovolgili. Non potrebbe essere più semplice. - Perdi un paio di secondi quando li capovolgi. - Mai contenti, mai. - Ehi, cosa ne dici di una meridiana? C'è quello spazio piatto in cima alla roccia, proprio sotto il posto di guardia. - Già, e come facciamo per regolarla? - Diamine, sei tu l'ingegnere meccanico. Tocca a te risolvere il problema. I secondi sono sempre secondi anche qui.
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6 A metà pomeriggio un trambusto condusse all'ufficio di Mitford quindici donne furiose e un Arnie che perdeva sangue dal naso. Notando che tutte le donne avevano i capelli bagnati, non gli occorse più di un minuto per capire che Arnie le aveva spiate di nuovo. - Non ha ubbidito all'ordine di girare alla larga! disse un'adirata Sandy Areson, dandogli un altro pizzicotto. - È uno sporco pervertito, ecco cos'è. Inoltre, essendo assegnato alle latrine, gli è più facile sapere quando andiamo a fare il bagno. Incatenalo a una roccia o, perdio, affilerò il mio coltello e... Mitford si era messo a ridacchiare perché aveva avuto un'ispirazione improvvisa. - Credo che possiamo rendere innocuo il nostro piccolo Arnold Sherman. E dare al tempo stesso un esempio. Jack Lemass! - tuonò il sergente. - Eccomi! - Un uomo che stava intagliando i vari tipi di legno che raccoglievano in un bosco poco distante avanzò saltellando. - Mi hai chiamato? Quasi tutti avevano il morale alto, pensò Mitford, e si dimostravano pieni di risorse e di inventiva. Non avevano chiodi, ma Jack Lemass, che era uscito presto quella mattina con un gruppo di cacciatori, era sicuro di poter fabbricare sedie, tavoli e altri oggetti utili con gli alberi più grossi. - Già, pensi di riuscire a costruire un paio di ceppi? - Ceppi? - Jack protese la testa, sorpreso. - Ceppi? - esclamò Sandy, scoppiando a ridere. Ehi, sarebbe fantastico. Potremmo anche bersagliarlo con uova marce... se ne trovassimo. - Diede un altro schiaffo ad Arnie, che se ne stava con la testa tra le spalle. Insieme con le altre donne, cominciò a sogghignare pregustando la punizione che avrebbe subito. - Bada anche che siano scomodi, Jack. Quando Jack fece finta di prendergli le misure, il tremante Arnie si mise a gemere per il timore. - Bene, signore, mi dispiace che siate state infastidite - disse Mitford. - Grazie, sergente - replicò Sandy e, cogliendo al volo l'imbeccata, sospinse le donne fuori dall'ufficio. - Il lavoro ci aspetta, signore.
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- Meglio ancora, Jack, portalo con te a tagliare il legno - suggerì Mitford - e fatti aiutare da lui. Fa' in modo che siano della sua misura perché credo che passerà un sacco di tempo in ceppi. Non è così, Arnie? - Stavo solo guardando - si difese Arnie piagnucolando. - Non ho fatto altro. - È più che sufficiente. Chiudi il becco e ritieniti fortunato che non ti faccia frustare legato a un palo. - Oseresti frustarmi? - La voce di Arnie si incrinò per il terrore e un tremito gli scosse il corpo. - Sei un essere umano, un americano. Non puoi - concluse con una nota di panico autentico. - Ringraziami allora, perché il passo successivo per uno come te, Arnie - disse Mitford, alzando la voce in modo da farsi sentire da tutti - sarà di lasciarti in un campo alla mercé degli spazzini. E non pensare che non possa accadere! Jack inarcò le sopracciglia quasi fino all'inesistente attaccatura dei capelli e fischiò adagio. - D'accordo, Arnie, adesso seguimi. Ceppi di foggia antiquata non avrebbero fatto seri danni a un uomo, o a una donna, pensò Mitford, prendendo un altro pezzo di ardesia per documentare la loro costruzione come deterrente. Il provvedimento avrebbe però dimostrato che la sua autorità aveva denti e non aveva paura di mordere. Fino a quel momento, comunque, erano tutti molto più interessati a mettere a frutto le loro doti per migliorare gli alloggi. Ed era in quello che consisteva la colonizzazione: vivere sfruttando le risorse del luogo e ricavarne il massimo possibile. Quella sera, più tardi, molto dopo che era stata servita la cena, due altre pattuglie fecero rapporto: una aveva trovato salgemma, che poteva soltanto migliorare il sapore del cibo, e l'altra - composta da geologi e ingegneri minerari - aveva localizzato depositi di ferro e rame e ne aveva portato dei campioni. Murph gli aveva tenuto una conferenza su tutto quello che si poteva fare con ferro e rame, così Mitford aveva deciso di organizzare una squadra che lo aiutasse a estrarli e a raffinarli. Murph se n'era andato, borbottando felice tra sé.
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6 - Le cose migliorano ogni giorno che passa - si disse Mitford, in grado di vedere un altro passo avanti nel processo di adattamento. Pochi mesi ancora e nessuno si sarebbe riconosciuto nella feccia disperata che si era svegliata poco meno di una settimana prima. Quando calò la notte, Kris fu svegliata con gli altri che si erano riposati. Zainal mostrò ai Doyle e ad Aarens come aveva forzato le serrature con la lama del coltello. - Il vecchio trucco della carta di credito, eh? - commentò Lenny, poi, vedendo l'espressione confusa di Zainal, aggiunse: - Ti spiegherò più tardi. - Altre parole come accidenti? - Zainal chiese a Kris, con i denti bianchi che scintillavano nell'oscurità. - Altre cosa? - volle sapere Lenny. - Ti spiegherò più tardi - rispose Kris, ridacchiando. Si chiedeva come avrebbe reagito Aarens se avesse saputo che lei preferiva la compagnia del catteni alla sua ogni giorno della settimana. O ogni notte, a ben pensarci. Controllati, ragazza, si ammonì, ma quella riflessione, una volta fatta, tornò spesso a stuzzicarla. Scivolarono fuori dalla stalla e Zainal accostò con cura la porta finché udirono lo scatto della serratura. Si recarono quindi alla prima delle stalle abitate e Zainal l'aprì. - Oh, mio Dio, pensavo che ve ne foste andati lasciandoci qui - esclamò l'uomo, e la sua voce risuonò nel silenzio della notte. Era soltanto uno dei tanti pigiati contro la porta. - Ssst - sibilò in coro la squadra di soccorso. - Quelle dannate macchine potrebbero udirti - disse Aarens. - Seguitemi e, per amor del cielo, state zitti. Mentre Kris dormiva, avevano organizzato il salvataggio. Due uomini avrebbero guidato ciascun gruppo fino alle casse, che avrebbero scalato servendosi delle corde approntate in precedenza. A Zainal e Kris toccò l'ultimo gruppo perché lui era l'unico a conoscere il trucco esatto per aprire le porte. Nel loro gruppo c'erano due donne: una era in avanzato stato di gravidanza e impacciata nei movimenti, l'altra era più anziana e zoppicava. La donna incinta era
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anche un po' isterica per il sollievo di essere stata salvata. - Hanno ucciso il mio Jack su Barevi, così ora non mi resta che il mio bambino - piagnucolò. Kris non gliene faceva una colpa, ma non era né il momento né il luogo per sfogarsi. - Poi, quell'orribile riunione disciplinare e io non facevo niente tranne starmene dove mi avevano detto di stare e loro invece mi stordiscono con il gas. Pregavo che Dio non ci abbandonasse e che ci avrebbero salvato. Infatti, eccoci qui. Non riesco a crederci. Oh, siete così buoni a rischiare la vita per noi. Kris non riusciva ad arginare quel flusso di chiacchiere. Patti Sue, almeno, ubbidiva e chiudeva il becco quando glielo ordinavano. - Come faremo a issarla sulle casse? - chiese a Zainal in un bisbiglio nervoso. - Io porto. Non pesante. Solo grossa. - Non farle capire che sei un catteni - suggerì Kris, sollevata che la semioscurità nascondesse il grigio rivelatore della sua pelle. La donna incinta, Anna Bollinger, rappresentò un problema meno serio di altri nella scalata alle casse. Impacciati nei movimenti, quattro di loro, oltre ad Anna, dovettero essere issati perché, arrivati al terzo "ascensore", i muscoli delle loro spalle erano fuori uso. Alla fine, raggiunsero tutti e trentacinque la cima e si avviarono in direzione nord, nella scia di Slav. Avanzavano a stento, come se la fuga e la scalata avesse tolto loro ogni energia residua. A volte, pensò Kris mentre arrancava al fianco di Zainal, si fanno le cose giuste per i motivi sbagliati. Le bruciavano le mani, le doleva il polso nonostante lo portasse al collo avvolto in una striscia di coperta, aveva i polpacci graffiati ed escoriati, le facevano male i piedi ed era convinta che i muscoli delle braccia e delle spalle non si sarebbero mai ripresi. Avrebbe dato chissà cosa per poter sguazzare in un trogolo. Non erano ancora arrivati alla fine delle casse quando si levò la prima luna. Si chiese di nuovo che cosa contenessero, se dentro ci fossero quarti di mucche-luuh, e per conto di chi le macchine raccogliessero provviste.
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Dovettero fare una sosta per consentire ai più deboli di riposare. Anna e la donna anziana, in particolare, non erano assolutamente all'altezza di sostenere una marcia senza interruzioni. Quando si scoprì che la maggior parte aveva mangiato quello che restava delle loro razioni in vista della fuga, Kris ordinò alla pattuglia di spartire quelle extra che avevano portato di scorta. Masticare le tavolette asciutte senza acqua per ammorbidirle era un'impresa. Uno dei tur la inghiottì in un solo boccone, come se fosse digiuno da giorni. - Non sapeva che i cat ci avevano riforniti di razioni - disse Lenny. - Novanta e io le abbiamo spartite con lui. - È stato un gesto molto generoso da parte vostra - lo lodò Kris - anche perché non sapevate quando avreste mangiato di nuovo. - Oh, immaginavo che sarebbe successo qualcosa replicò Lenny con un sorriso malizioso. - Posso chiederti perché tuo fratello si chiama "Novanta"? - Oh, ecco, noi siamo irlandesi... - Me n'ero accorta. Un altro sorriso. - E in Irlanda abbiamo questo detto, e cioè che novanta sta per far baldoria, divertirsi. - E non c'entra quanto costa - disse Novanta irritato. - Mi piace far baldoria... nei pub e così via... oh, Dio, in questo momento una Guinness sarebbe il massimo. - Ti ho pregato di non farlo, Novanta. Sopporto tutto tranne sentir parlare di Guinness - protestò Lenny e, per la prima volta in quella notte faticosa, c'era una traccia di nervosismo nella sua voce, di solito allegra. - Scusami, Kris. - Quindi, io sono Novanta perché sono a caccia di divertimenti concluse Novanta, con un'occhiata malinconica all'ultimo boccone della sua tavoletta. - Maledetti irlandesi - borbottò Aarens. Si era sistemato vicino a Kris, ma sul lato opposto rispetto ai fratelli Doyle. - Permettimi di chiarirti un particolare, Aarens - disse Kris. Non che le importasse risparmiargli di essere preso a pugni per il suo atteggiamento, ma i suoi com-
menti urtavano il suo senso dell'onestà. - Siamo tutti nella stessa situazione: umani, deski, rugarian, ilginish e tur. E soprattutto l'unico rappresentante della razza che ci ha catturato. È stato scaricato in questo posto dimenticato da Dio proprio come tutti noi, e ha il comando della pattuglia che ti ha appena salvato pelle, ossa e carne. Perciò, piantala con le discriminazioni. Capito? - Lo conosci bene? - replicò Aarens in un tono lascivo che non lasciava dubbi su cosa volesse insinuare. Lenny e Novanta reagirono insieme, ma Lenny era il più vicino. Si protese fino ad accostare la faccia a quella di Aarens. - Se Kris dice che il cat è un brav'uomo, le crederemo sulla parola, Aarens. Adesso piantala di lagnarti. Ti ha liberato, e se adesso vuoi andartene per conto tuo, da noi nessuno saprà che ti abbiamo incontrato. Aarens si calmò, mentre Kris si accostava ai fratelli Doyle. - Il cat dove... - iniziò Novanta, guardandosi in giro. - Il suo nome è Zainal - precisò Kris, decisa a insistere su quel punto con Novanta come con chiunque altro. - D'accordo, dove ci porterà Zainal? - All'accampamento organizzato dal nostro abile sergente Mitford. Una serie di grandi caverne con un lago sotterraneo. È un ottimo posto. La caccia è abbondante. Come ve la cavate con una fionda? Lenny ridacchiò. - Hai di fronte a te uno dei migliori cacciatori di conigli delle isole Blasket. Novanta sbuffò. - Tu usavi una doppietta - disse e, chinandosi verso Kris con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, aggiunse: - Munita di telescopio e silenziatore. - Così da poter sparare un secondo colpo senza che quelle bestiole mi udissero le rare volte che le mancavo al primo colpo. Una volta fatto l'occhio, non ho avuto più bisogno né di telescopio né di silenziatore. - Abbiamo trovato anche un enorme granaio - proseguì Kris - così dovrebbe esserci del pane al nostro ritorno. - Quanto dista? - chiese Lenny, con un'occhiata ad Anna e Janet.
- Non lo so... Aspettate un momento. - Con la coda dell'occhio, Kris aveva notato che Zainal si era alzato in piedi e guardava in una direzione precisa. Perlustrando la zona, scorse diverse figure che, alla luce della luna, scendevano lungo il pendio che sovrastava le casse. - È Slav che torna. O ha fatto un tempo eccezionale, oppure il nostro accampamento non è lontano. Slav aveva portato con sé altri due rugarian e quattro umani, oltre ad arrosto freddo di rocksquat, pane non lievitato e bottiglie di terracotta piene d'acqua, che perdevano ma ne contenevano ancora abbastanza da dissetare tutti. Portavano anche funi e coperte. - Il sergente dice di andare e noi venire - disse Slav in barevi, con un sorriso sdentato che includeva Coo e Kris. Dovettero dividere le porzioni di carne per darne un pezzo a tutti, ma Lenny e Novanta erano decisamente impressionati. Con Anna fu necessario insistere perché mangiasse, soprattutto perché era esausta, decise Kris, ma Janet dichiarò che avrebbe divorato di tutto. A entrambe fu riservato il trattamento speciale di due tazze di acqua. Fu allora che Zainal si accorse del polso bendato di Kris. - Ti sei fatta male? - Solo una storta. Niente di cui preoccuparsi - rispose lei, sentendosi un po' sciocca. - Tu vai con Pess. Guida la marcia. Fa' rapporto al sergente. - Scommetto che avrà un sacco di domande - disse Kris, contenta che Slav fosse arrivato in compagnia di umani per fare un rapporto verbale a Mitford. - Ma dovrei restare per aiutare le donne. - No - replicò Zainal con fermezza. - Non manca chi aiuta. Meglio che tu - e le puntò contro un dito - fai rapporto. - D'accordo - si arrese lei. Alle due donne non sarebbe mancata l'assistenza, mentre i deski e i rugarian avrebbero aiutato come portatori. Benché Lenny e Novanta protestassero di essere più che disposti a rendersi utili, Zainal li assegnò al gruppo di
Kris. Lei non si sorprese che ne facessero parte anche Aerens, Joe Lattore e alcuni altri, tutti molto ansiosi di vedere il grande accampamento che avevano organizzato. Rianimata dalla carne e dall'acqua, Kris andò a rassicurare Anna e Janet che non distavano molto dalle caverne. - Abbiamo anche personale medico - disse ad Anna. - E medicinali? - Se hanno trovato il pane, hanno l'elemento base della penicillina, non credi? - scherzò Kris, con la sensazione che Anna sperasse in qualche analgesico per alleviare i dolori del parto. Se ne andò in fretta, per evitare domande alle quali non le era possibile rispondere. Come se piedi e caviglie non le dessero alcun problema, Kris fece da battistrada, alle spalle di Pess. Aarens si incamminò al suo fianco ma, non gradendo la sua compagnia, lei rispose a monosillabi ai suoi tentativi di conversazione finché il messaggio fu recepito. Imprecando contro le megere ingrate e le lesbiche, Aarens rallentò e si unì alla retroguardia del gruppo. Kris si chiese se fosse stata saggia a limitarsi a scoraggiarlo, perché era sicuramente tipo da tornare alla carica. Tuttavia, forse era meglio così che prenderlo di petto e dirgli il fatto suo. Un paio di lunghe salite furono affrontate alla luce della seconda luna, con Aarens che non la smetteva di lamentarsi delle manovre notturne. Quando tramontò la terza luna, anche Pess aveva rallentato l'andatura ma quando i rugarian raggiunsero l'inizio della gola, s'illuminò, come anche Kris, sorpresa di riconoscere il terreno che aveva percorso in uno stato di semintontimento, portando Patti Sue. Un punto di riferimento che ti guidava alla tua casa - a qualsiasi casa - era sempre incoraggiante. - Siamo quasi arrivati, amici. Ormai manca poco gridò al di sopra della spalla, raddrizzando la schiena. Al sorgere del sole raggiunsero l'accampamento, che aveva subito cambiamenti sbalorditivi durante i quattro giorni di assenza. Quando uscì dall'ultima curva, si arrestò di colpo, notando tutte le migliorie. E il sergente
Chuck Mitford più o meno dove l'aveva visto l'ultima volta, al suo posto di "comando". Anche quello era migliorato. Il focolare era stato ingrandito, all'evidente scopo di usarlo come barbecue, e le fiamme ardevano vivaci al centro. Grosse pietre erano state disposte a semicerchio intorno alla "scrivania" di Mitford, anch'essa di dimensioni più grandi. Su un lato aveva un mucchio di lastre di ardesia, con segni di gesso, ma lui stava lavorando su qualcosa di sottile, come carta, con un tozzo aggeggio di legno che assomigliava a una matita. Sentinelle erano di guardia nei punti più alti della gola; la scala che portava alla caverna centrale ora vantava gradini più larghi e una ringhiera. Sul lato opposto della gola, non potè fare a meno di notare quelli che sembravano ceppi medievali. Due paia, uno occupato, anche se non riusciva a scorgere la faccia del condannato perché era a testa china. La figura magra sembrava quella di Arnie. Si chiese cos'avesse fatto per meritarsi quel genere di punizione. E che idea nuova per mantenere la disciplina! Il suolo della gola era stato spazzato, ma non riuscì a completare l'elenco delle migliorie perché Mitford l'aveva scorta. Le sorrise e le fece cenno di raggiungerlo. Mentre si avvicinava, lo vide piegarsi di lato e sollevare una brocca di terracotta di lodevole fattura. Sembrava rivestita di una strana stuoia e un po' di vapore sfuggiva dal coperchio. - Avvicina una pietra, Kris, e raccontami cos'avete combinato tu e il catteni - le disse, facendole cenno di porgere la sua tazza per potergliela riempire. - Per lo meno è caldo, e il sapore non è male. Ho bevuto caffè peggiori. - Il primo gruppo non ti ha detto niente? - chiese Kris, soffiando sulla bevanda. - Interrogo tutti, Bjornsen - fu la sua risposta, sottolineata da un lieve cipiglio. Lei mascherò l'imbarazzo per aver discusso i suoi metodi portandosi la tazza alle labbra. Il calore non era l'unica qualità della bevanda: aveva anche un sapore di menta che eliminava l'arsura della
bocca. Se non avesse avuto la tazza in mano, Kris sarebbe stata tentata di fare il saluto militare a Mitford. Ignorando la fatica che rendeva più difficile trovare le parole giuste, gli fece quello che le parve un rapporto conciso della perlustrazione. Insistette sul pericolo rappresentato dagli spazzini notturni, parlò dei campi coltivati e accennò all'idea che le macchine andassero a energia solare. Mitford annuì e prese un breve appunto sul sottile materiale. - Abbiamo una fonte di carta, sergente? - gli chiese lei, interrompendo il resoconto. - Corteccia, ma non so fino a quando conserverà la mina... ho perfino una matita. - Sorridendo, Mitford le porse la tozza asta. - Uno dei geologi ha trovato una vena di carbone. La corteccia è molto più maneggevole di quelle lastre. Non si rompe e non si sfalda. Dimmi di più di questa idea dell'energia solare. - Ne hai già sentito parlare? - Secondo le pattuglie che si sono recate al granaio è così che funzionano le macchine che vi si trovano posteggiate. Di notte non si muove niente, così si possono sottrarre le provviste senza correre rischi. Continua. Parlami del salvataggio. Quelli del primo contingente erano troppo esausti e sapevano dire soltanto che erano stati salvati. - Le riempì la tazza di bevanda calda. - Ricordami di dirti quanto sia felice di essermi trovata nello stesso gruppo con te, sergente - commentò Kris con un sorriso riconoscente. - Ah! - Lui liquidò l'osservazione con un gesto della mano, voltando la testa con modestia. - Aspetta di sapere cos'ho in mente per te domani. - A patto che sia domani - replicò lei, con una smorfia impertinente malgrado la stanchezza. La bevanda era stimolante, ma il suo effetto non sarebbe durato a lungo. - Abbiamo altri trentacinque profughi. - Kris girò lo sguardo sul campo. - Siamo in grado di ospitarli? - Ospiteremo tutti quelli che troveremo. Ne abbiamo raccolti alcuni che venivano da uno sbarco a sud. I casi sono due: o hanno scelto il tipo giusto di campi oppure sono stati fortunati. Erano felici di aver trovato il nostro
accampamento. Avremo bisogno di tutti i rinforzi che possiamo procurarci per avviare un'offensiva. - Una cosa? - Kris lo guardò, intontita. - Non penserai che io voglia passare il resto della mia vita su questa palla di fango - gnigni Mitford. Kris scosse la testa: Mitford le sembrava così equilibrato, eppure stava progettando di andarsene da quel mondo? - Ma questo in futuro. Qualche recluta utile? - Be', immagino di sì, ma non ho pensato di interrogarli. Abbiamo una donna in avanzato stato di gravidanza e una anziana, non troppo robusta. Zainal mi ha chiesto di precederlo. - Mitford annuì e, guardando al di sopra della spalla, Kris vide il resto del suo gruppo che arrivava alla spicciolata. - I due tipi davanti sono brave persone, irlandesi, i fratelli Doyle. Alle loro spalle c'è Joe Lattore, che è a posto. - Kris fece una pausa, vedendo Aarens arrancare nella scia dell'italiano. - E il tipo alto? Vedendola esitare, Mitford inarcò un sopracciglio. Si chiama Dick Aarens - rispose lei, con tutta l'indifferenza di cui fu capace. - Lo interrogherò io stesso - disse Mitford, sorridendo della sua riluttanza. - Va' a riposarti, ragazza. Sei fuori servizio per le prossime ventotto ore. - Indicò sopra la testa quella che lei riconobbe per una meridiana. La squadra ha impiegato tre giorni. A partire dal conteggio dei granelli di sabbia per ogni secondo fino alla suddivisione in ore. Dicono che è ancora rudimentale, ma è un progresso. - La sua voce era piena di orgoglio. - Tutte le comodità di casa e ora anche il tempo. Kris sorrise all'idea di un aggeggio così ingegnoso. - Non che una rivoluzione planetaria di ventott'ore sia un miglioramento rispetto a quello a cui siamo abituati. - E i ceppi? Una tua idea? Mitford ridacchiò, senza alzare la testa dagli appunti che stava prendendo. - Abbiamo sul gobbo troppi individui - e, sillabando la parola, le diede l'intonazione di un epiteto - che non vogliono renderci la vita più facile spa-
rendo, visto che non gradiscono il modo in cui è gestito questo gruppo. Va' a riposarti, ragazza. - Le diede un buffetto affettuoso sul braccio e accennò con il capo in direzione della caverna. Kris era a metà strada dai gradini quando lui invitò i nuovi arrivati ad avvicinarsi: i Doyle trasalirono nel sentirsi chiamare per nome, mentre Aarens le lanciò un'occhiataccia accusatrice. In cima ai gradini, notò altre prove di organizzazione: laboratori lungo la sporgenza e la scritta "Casa dolce Caverna" scarabocchiata sull'ingresso. Nello spazio con l'elenco dei nomi proposti per il pianeta, "Botany" era sottolineato mentre tutti gli altri erano stati cancellati. Kris sorrise. Adesso, la casa aveva un nome. All'interno, le squadre più mattiniere erano impegnate ad attizzare i fuochi, a mettere pentole di terracotta a riscaldarsi su treppiedi, a disporre ciotole un po' sbilenche per i cereali. Accanto ai fuochi notò ciotole di quello che sembrava sale grosso. Sulle sporgenze c'erano altre pentole e brocche: Sandy Areson non aveva perso tempo. - Kris! - strillò una voce e, prima di avere il tempo di evitarla, venne avviluppata dalle braccia di Patti Sue, che la inondò di lacrime. - Te l'avevo detto che sarebbe tornata sana e salva, Patti - disse Sandy, avvicinandosi e obbligando la ragazza a staccarsi. - Adesso è stanca e sporca, e tu non devi tormentarla. Era convinta che Mitford ti avesse messo in pericolo - aggiunse, rivolta a Kris. - No, anzi, abbiamo tratto in salvo altra gente, Patti replicò Kris - e c'è una donna in particolare che avrà bisogno del tuo aiuto: Anna Bollinger. È incinta. Sandy, chi è il medico che si occuperà di lei quando arriverà, tra un paio di ore? - Lo avvertirò io. Sei affamata, Kris? - Ho mangiato una tavoletta poco fa, ma mi andrebbe di fare un bagno. - Ti procuro una tuta pulita, e laverò la tua mentre dormi - si offrì Patti, ansiosa di rendersi utile. - Ehi, Patti, sei assegnata alla colazione.
- Lo so, lo so - rispose la ragazza, dirigendosi a un mucchio di indumenti su un lato della caverna. - Voglio soltanto accertarmi che non le sfuggano le ultime novità. Sandy sollevò le due mani, sorridendo a Kris, e tornò a rimescolare la sua pentola. Il liquido trapelava e sfrigolava nel fuoco, ma anche quel tentativo primitivo era meglio che niente. - Non c'è la possibilità di costruire un forno? - chiese Kris, rendendosi conto che le terraglie venivano essiccate soltanto al sole. Il sorriso di Sandy era radioso. - Mitford sa quali sono le priorità. Ha messo gli "specialisti" a studiarne uno ad alveare. Murph ha costruito mantici per me e anche per la sua fucina. Jack il Chiodo ha scoperto un legno duro che dovrebbe bruciare bene. Così, ora cuciniamo. E continuerò a farlo finché non avrò quel forno. - Rivolse a Kris un sorriso allegro mentre con una mano allontanava il fumo dalla faccia. - Va' a farti un bagno. Patti Sue continuò a saltellarle intorno mentre scendeva al lago, raccontandole del ritrovamento dell'argilla e di aver fatto lei stessa un paio di tazze, che avevano bisogno di un forno vero e proprio per ottenere risultati migliori, che avevano scoperto nelle vicinanze un campo coltivato a tuberi molto saporiti, quasi simili alle patate ma che i deski non potevano mangiarli senza sentirsi male. Kris fece una smorfia perché non si era ricordata di dire a Mitford che Coo aveva trovato una pianta commestibile per i deski. Il tunnel fino al lago adesso era ben illuminato. Quando vi arrivarono, scoprì che vi erano dei gradini di legno per accedervi, una zona bene illuminata e una serie di pioli per appendervi gli abiti, oltre a un rozzo cesto di canniccio pieno di baccelli. - Dove avete trovato le canne? - chiese Kris, notando il cesto. - Oh, è stato Bob l'Erborista. Trova ogni genere di materiale utile. Ha due pattuglie ai suoi ordini. - E cosa sono questi? - Kris prese in mano uno dei baccelli. - Vedrai. - Patti stando la sorpresa.
Sue
scoppiò
in
una
risatina,
pregu-
Kris vide anche che avevano ancorato una zattera per potersi bagnare senza correre rischi, così si tolse la tuta sudicia e puzzolente e s'immerse nell'acqua. - Ecco, prendi. - Patti le porse un baccello ovale. Non è proprio sapone e ti rovinerà la pelle ma toglierà lo sporco e la puzza. A Kris avrebbe fatto piacere una spazzola, che era proprio la sensazione che dava il baccello. Emanava anche uno strano odore d'erba, che era molto gradito dopo la puzza di cui era impregnata. Si sciacquò a fondo e uscì dall'acqua. Patti, con aria di trionfo, spezzò un baccello che si gonfiò in una vaporosa fibra bianca. - Il tuo asciugamano, signora. - La ragazza sorrise dell'aria stupita di Kris. - Funziona anche, e assorbe tutta l'acqua. Mettiamo quelli usati là, nell'altro cesto, e, una volta asciutti, sono ottimi per accendere il fuoco. Siamo intelligenti, vero? - Scoppiò in una risatina mentre porgeva a Kris una tuta pulita. - Credo che sia indispensabile una giornata di ventott'ore per fare tutto - mormorò Kris. Molto più rinfrescata e pulita, Kris era pronta per il meritato riposo di cui il suo corpo aveva un bisogno urgente. Non fece che sbadigliare durante il tragitto fino alla caverna, che era molto migliorata. Vi erano letti fatti con mucchi di fascine e, pensò lei, imbottiti di fibra bianca. Si sdraiò, si voltò sul fianco destro, sospirò di sollievo al pensiero di poter posare le ossa indolenzite su una superficie morbida e non si accorse nemmeno che Patti, con gesto amorevole, le stendeva sopra una coperta.
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A svegliare Kris fu l'aroma di carne arrostita, anche se era probabilmente il suo stomaco vuoto a inviarle il messaggio. Incoraggiata da un ronzio di voci, voci gradevoli, si alzò dal letto, si infilò le calzature senza far rumore, per non disturbare l'unico altro occupante della caverna che ancora dormiva, e uscì. Né Sandy né Patti Sue erano nella caverna principale ma, vedendo Bart, gli si avvicinò per scroccargli un pasto. - Ehi, Kris - disse lui, accogliendola con un sorriso Sei stata fantastica! - e riempì un piatto di terracotta, quasi rotondo, con il cibo che stava cucinando. - Io? Cos'ho fatto? - si schernì lei. Quando si vide porgere anche una forchetta di legno, non trattenne un'esclamazione di sorpresa. - Tutte le comodità di casa, eh? - Facciamo progressi. E alludevo ai prigionieri che avete liberato. - Oh, quello. È stato Zainal. Sapeva come aprire le porte. - Già, ma mi chiedo, come faceva a saperlo? - Ehi, andiamo, Bart! - Kris si affrettò ad assumere un tono diplomatico. - Lo sapeva, e con questo? Forse sarei riuscita ad aprirle anch'io, se avessi avuto una forcina o una carta di credito che non avevo. Le serrature sono serrature; non cambiano più di tanto. Lui ha capito come funzionava il meccanismo e ha aperto le porte. L'importante è che sapeva come farlo, ed è riuscito a salvare quella gente prima che la massacrassero. - Ho sentito dire... - iniziò Bart, esitante.
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- Quello che hai sentito dire e quello che è successo potrebbero essere due cose molto diverse. Da chi l'hai sentito dire?
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Bart si agitò, a disagio. - Da uno dei tizi che è arrivato con voi. - Si chiama per caso Aarens? - chiese Kris, con palese disprezzo. - La prossima volta che aprirà bocca sarà per dire che non dobbiamo dare retta a Mitford perché è un negriero, un dittatore, che mette in pericolo la nostra vita, e chi crede di essere, visto che è soltanto un sergente, e cosa crede di sapere? - Parlando, Kris descrisse un cerchio con il braccio, indicando la zona cucina, le stoviglie, le casse con l'acqua, la gente che lavorava, tutti con un incarico specifico. - Bene, direi che Mitford ne sa abbastanza per organizzarci a un notevole livello di autosufficienza. Aarens è un sobillatore e ha iniziato nel momento stesso in cui l'abbiamo tirato fuori da quella stalla. Vedendo che Bart la guardava in cagnesco, offeso dalla sua paternale, Kris gli sorrise. - Sei troppo intelligente per lasciarti abbindolare, Bart, e questo ha un odore troppo buono per permettere che si raffreddi. - Kris si sedette su una pietra e iniziò a mangiare. - E ora, posso illustrarti i fatti, niente altro che i fatti? Mi dispiacerebbe che avessi una cattiva opinione di me perché difendo il responsabile della salvezza di quarantacinque persone, quarantasei se Anna darà alla luce suo figlio. Dall'espressione della faccia di Bart capì che non era di lei che aveva una cattiva opinione, quindi era necessario chiarirgli le idee. - Be', forse le notizie erano un po' confuse... - Il momento più spaventoso della mia vita è stato svegliarmi in quella stalla - disse Kris, rabbrividendo, e stava ancora rispondendo alle sue domande quando arrivò Jay Greene. - Il sergente ha bisogno di te, Kris. - Un pasto fantastico. - Kris si alzò e si guardò in giro per vedere dove mettere il piatto e la forchetta. - Fuori - disse Bart, sorridendo. - Alla tua sinistra. È Aarens lo sguattero di turno. - Non potevano scegliere meglio - commentò lei.
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- Se permetti, faccio io - le disse Jay, togliendole il piatto di mano. - Sono sicuro che preferisci non incontrarti con Aarens. - Perché? Sta sparlando di me? O di Zainal? Jay sbuffò. - Non ti preoccupare. Mitford gli ha già preso le misure. - E gli altri? Diavolo, tutto sommato era meglio, meglio per noi, se ne facevano carne tritata per salsicce commentò Kris con cinismo. - Se continua così, ne passerà di tempo in ceppi. - Questo non farà che confermare l'opinione che ha di questo gruppo a regime dittatoriale. -T'importa? - A proposito di importare - disse Kris, uscendo alla luce del sole. Mitford era nello stesso posto in cui l'aveva lasciato più di nove ore prima, calcolò dopo aver dato un'occhiata alla meridiana. - Non si riposa mai? - Era una domanda retorica e, senza attendere risposta, proseguì: - Come sta Anna Bollinger, la nostra futura mamma? - Il dottore dice che andrà tutto bene, anche se soffre per la morte del marito. - Jay commentò quella tragedia scrollando la testa. - Janet se ne sta prendendo cura... Janet e Patti Sue. Quella ragazza è stata violentata? - Lo sospetto. - Non ne ha mai parlato? - Passerà molto tempo prima che riesca a parlare di quello che le è successo. -Oh? - Ti piace? - Mi fa tenerezza - rispose Jay con un sorriso trasognato. - Vacci molto piano. - Come pensavo. Kris scese i gradini mentre Jay svoltò a sinistra verso le casse dove Aarens stava asciugando tazze con pezzi di fibra bianca. Dovevano averne trovato una provvista inesauribile per sfruttarla tanto. L'uomo in ceppi era sparito, e Kris si rammaricò di non aver chiesto a Jay di cosa si fosse reso colpevole. Era per quel motivo che le aveva chiesto se Patti Sue era
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stata violentata? Mitford non scherzava quando aveva detto che le violenze sarebbero state punite. Udì dei passi alle proprie spalle e, voltandosi, scorse Zainal, seguito da Slav e Coo. Si chiese se dividessero la stessa caverna. Tutti e tre avevano un aspetto pulito e riposato. - Cosa ci fate in piedi così presto? - chiese loro. - Io dormito molto - rispose Zainal, con un lampo di buonumore negli stupendi e bizzarri occhi gialli. - Slav e Coo riposato bene. Sacchi da fare. - Un sacco da fare - lo corresse lei distrattamente. Quindi si affrettò ad aggiungere: - Comunque, impari in fretta. - È necessario imparare - rispose lui, con un largo sorriso. - Noi tutti impavave - disse Slav con la sua voce armoniosa. - Salve, Krisss - la salutò, sottolineando la sibilante. In quel momento i deski di guardia sulle alture lanciarono un fischio d'allarme e scomparvero di colpo. - Mostri volanti? - domandò qualcuno in tono preoccupato. Ogni attività venne interrotta. Un attimo dopo, tutti quelli che erano all'aperto si diressero alle caverne. Kris guardò in alto, girando su se stessa come stavano facendo Zainal, Slav e Coo, per scrutare l'orizzonte. Come anche Mitford, dalla sua posizione allo scoperto. Coo lanciò un grido perforante, al quale rispose un altro grido dall'alto. - Una cosa enorme - disse il deski, allargando le braccia per darne un'idea e roteando gli occhi. - Maaaale. Male, male, male, male - ripetè, scuotendo la testa e tappandosi le orecchie. Ma più che per difendersi dal rumore, che stava crescendo d'intensità - paragonabile a quello di cinque o sei treni della metropolitana che convergessero, ognuno sferragliando e strepitando - il suo gesto voleva sottolineare l'avvicinarsi del pericolo. A Kris parve che l'intensità del rumore assomigliasse a una prolungata esplosione sonica. Tutte le sue ossa iniziarono a vibrare, denti compresi. Vibrava anche la pietra sotto i suoi piedi.
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Avrebbe voluto chiedere da dove proveniva il rumore, e cosa ne fosse l'origine, ma nessuno l'avrebbe udita con quel frastuono. Arrivò per prima l'ombra... più lunga e più larga della gola; perfino della collina che la gola tagliava in due. Man mano che l'ombra si avvicinava, scorsero la prua tozza del leviatano che grugniva e ringhiava e faceva tremare il suolo. Non c'erano dubbi che, con la prua puntata verso il basso, stesse scendendo: a diverse migliaia di piedi sopra le loro teste, calcolò Kris, copriva il sole come un ombrello delle dimensioni di un'isola. Una grande isola, con ogni genere di protuberanze, lunghe e sottili, tozzi dischi rotondi, muniti di bacchette infilate qua e là, anche sulle massicce porte nel ventre che misuravano diversi ettari in larghezza e lunghezza. Sembrò che impiegasse ore per sorvolarli. Nel frattempo, ormai abituata al baccano, la gente era uscita di nuovo e scrutava quell'oggetto mostruoso. La curiosità aveva prevalso sul panico iniziale. Kris aveva seguito altri sull'altura più vicina; Mitford, Zainal, Jay Greene, Slav, Coo e i Doyle facevano da battistrada, seguiti da una mezza dozzina di uomini e donne, ansiosi di vedere da vicino il velivolo. - Si dirige verso il mattatoio - urlò Kris, sovrastando il rumore che era diminuito leggermente. - Già - disse Mitford, passandosi la mano sulla bocca con aria pensierosa. - Ti è familiare, Zainal? Zainal scosse la testa lentamente, senza mai abbassare lo sguardo. - I catteni non hanno astronavi così grandi. - Sembrava impressionato dalle sue dimensioni come tutti gli altri. - Strana... - Ruotò una mano, cercando di trovare il termine adeguato. - Configurazione? - suggerì Jay. Zainal scosse la testa e disegnò con le mani sagome che assomigliavano alle protuberanze e alle zeppe dell'astronave. - Oh, quelle. Hai ragione, le astronavi con cui avete invaso la Terra non le assomigliavano affatto.
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- No. - Zainal sorrise a Jay. - Troppo grandi, non bene. - Immagino sia uno degli aspetti della grandezza replicò Jay in tono bonario. Rimasero a osservarla finché scomparve alla vista, ma non all'udito. Nell'aria di mezzogiorno, la udirono cambiare marcia... o qualunque cosa fosse, modificando così il rumore. - Si sta librando? - disse Mitford, non riuscendo a credere alle proprie orecchie. Subito dopo scosse la testa. - Di sicuro non vorrei dover fare sollevare quella massa inerte da terra. - Sospirò. - Come ci riescono? - Guardò con aria interrogativa Zainal, che si strinse nelle spalle. Per la prima volta, Kris notò che era preoccupato. Deglutì. - Se ieri non avessimo fatto uscire quella gente... - Siete stati fantastici, Bjornsen. - Ha fatto tutto Zainal, sergente. Mitford ridacchiò e le diede una pacca di approvazione sulla spalla. Nessuno, umano o alieno, si allontanò dall'altura. Poco dopo, udirono che i rumori cambiavano di nuovo. Udirono anche l'esplosione potente dei razzi, o qualunque cosa fosse a fornire forza motrice alla grande astronave, mentre puntava di nuovo verso il cielo. Apparve all'improvviso, con il muso verso l'alto. Kris era in soggezione davanti alla tecnologia che poteva produrre una simile potenza. Non era una bella astronave, come lo erano stati il Discovery e il Challanger, con le loro ali a delta, anche se aveva una sagoma triangolare. - Siete disposti a fare di nuovo un salto laggiù? chiese Mitford, guardando Zainal, Coo e Slav. - Certo che lo siamo - rispose Kris, subito dopo mordendosi la lingua perché non era sua intenzione offrirsi volontaria. - No, Kris, tu sei fuori servizio. - Se lo sono io, lo sono anche loro. Intendo andarci perché sono curiosa come chiunque altro. Non riesco a credere che quell'astronave abbia inghiottito tutto quello che c'era là e poi sia decollata di nuovo.
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Mitford si mise le mani intorno alla bocca e gridò: Dowdall, manda una squadra al granaio per controllare se hanno vuotato anche quello. - Oh, mio Dio - gemette Kris. Si sentiva di nuovo vulnerabile, oltre a essere assillata dal pensiero di aver condotto lì altre bocche da sfamare. - Non ti preoccupare - disse Mitford - siamo ben riforniti, tutto sommato. Le due squadre partirono. Kris ebbe l'impressione che, quella seconda volta, impiegassero metà del tempo che era occorso la prima. Quando arrivarono al mattatoio, la distesa di casse era scomparsa. Al loro posto c'erano cataste di quelli che avevano l'aspetto di elementi piegati. Questo spiegherebbe le ammaccature e i graffi, pensò, e, ancora frastornata all'idea della mole che l'astronave aveva sollevato, scoppiò in una risata un po' isterica. - È tutto a posto, Kris - disse Zainal, il cui accento continuava a migliorare; doveva avere un orecchio fantastico per le lingue. Non avrebbe saputo spiegarne il motivo, ma quel particolare la rassicurò più delle sue parole o del braccio che le posò sulle spalle. - Controlliamo le stalle. - Come? - Kris fece un ampio gesto per indicare lo spazio vuoto, dove un tempo una piramide di casse faceva da ponte. C'era un dislivello di sei o sette metri dalla prima delle cataste di casse ripiegate. Si sentì di colpo disorientata da quel cambiamento. Zainal indicò il terreno roccioso e, solo allora, Kris si rese conto che i mecho avevano ricavato il deposito per le casse e le stalle nella parete. Da quello che le avevano detto, anche il granaio era scavato nella viva roccia. Neanche un pezzetto di terreno arabile era occupato da attrezzature, per quanto indispensabili fossero. Se quella situazione era estesa all'intero pianeta, si trattava di un risultato notevolissimo. Ed ecco che arrivano gli umani a portare lo scompiglio, pensò con aria cupa. Le stalle erano vuote, disinfettate e pronte ad accogliere l'infornata successiva. I prigionieri erano stati scaricati su quel pianeta nella stagione del raccolto? Con che frequenza arrivava quel mostro per il prelievo? Ogni
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mese, ogni due mesi? Ogni sei? Qual era la stagione attuale sul pianeta? Il tempo era abbastanza mite per giudicare che fosse primavera, ma le messi nei campi erano più mature di quanto fosse logico aspettarsi. Inoltre, aveva sentito dire che il grano aveva continuato a riversarsi nei magazzini, ciò che faceva pensare a raccolti autunnali. L'altro fatto rilevante era che i mecho erano probabilmente onnivori e umanoidi al tempo stesso. Per di più avevano bisogno di una quantità tale di cibo da affrontare la spesa necessaria per mettere a punto macchinari altamente specializzati nella coltivazione di messi e nell'allevamento di bestiame da carne: disponevano di un numero sufficiente di pianeti da poter dedicare tutto?... gran parte?... di quello alla produzione di cibo? Anche il veicolo addetto al prelievo, come le macchine, indicava un altissimo livello tecnologico. Eppure Zainal, benché i catteni fossero grandi viaggiatori ed esploratori, non aveva riconosciuto il tipo di mezzo impiegato e, sulla base delle informazioni in suo possesso, il pianeta era stato classificato come disabitato. Certo, quadrava se sul pianeta non c'erano che macchine. Tuttavia, perché i catteni non le avevano viste nei loro giri d'ispezione? Che avessero osservato il pianeta solo di notte? Oppure durante uno sporadico tempo passivo nei mesi "invernali"? Le cognizioni agricole di Kris le suggerivano che c'erano pochi tempi "passivi" in una fattoria: c'era sempre qualcosa di cui occuparsi durante tutto l'anno. E come era l'inverno su Botany? Zainal insistette per dare un'occhiata agli "hangar", dove bizzarri veicoli con una varietà di strani accessori aspettavano di essere richiamati in servizio. - Non riconoscono gli esseri umani. Nessun problema! - Così dicendo, era entrato nell'hangar prima che Kris potesse protestare. All'interno, c'era una macchina collegata a un'intelaiatura che brillava a intermittenza ed emetteva dei segnali. Un meccanismo per la manutenzione? Kris si rammaricava che nessuno di loro avesse nozioni di ingegneria. Avrebbe dato chissà cosa per un po' di corteccia e una matita, in modo da poter fare schizzi
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dei vari tipi di robot parcheggiati nei numerosi hangar. L'ultima delle grandi stalle conteneva invece sacchi e sacchi... di cosa? La logica le diceva sementi o forse fertilizzanti. Erano stati portati dal leviatano che aveva prelevato la carne? Si servì del coltello per tagliare alcuni sacchi ed estrarne campioni. Più della metà erano pieni di sementi, senza ombra di dubbio, e gli altri di fertilizzanti, a giudicare dall'odore. Si stava levando la prima luna quando la pattuglia tornò all'accampamento. Kris non si sentiva per niente stanca, a differenza di Slav e Coo che avevano un'aria affaticata. Prima di andare a riposare, lei e Zainal dovevano comunque far rapporto a Mitford. - Non hanno preso il grano, Bjornsen - fu il primo commento di Mitford, ma lei ebbe l'impressione che fosse depresso. - Cosa avete scoperto? Mentre Kris glielo raccontava, senza tralasciare le sue congetture quando gli consegnò i campioni che si era procurata, Zainal aveva preso diversi grandi fogli di carta di corteccia e stava facendo rapidi schizzi. Un paio di volte Kris perse il filo quando notò con quanta precisione illustrava i vari tipi di macchinari che avevano visto negli hangar. Mitford gli lanciava un'occhiata di tanto in tanto, mentre la sua penna volava sulla superficie. Zainal osservò la propria opera, quindi fece con calma le necessarie correzioni, modificando qualche linea. Tutto sommato, tra di loro c'era chi aveva nozioni di ingegneria. Il catteni possedeva più doti di quante chiunque di loro avesse sospettato. - Ecco fatto - disse Zainal, porgendo i fogli a Mitford. - Ehi, Bob l'Erborista, Mack Su, Capstan, Mar>, scattare e portar qui gli schizzi fatti al granaio - tuonò il sergente con la sua voce marziale e un sorriso di approvazione a Zainal e a Kris. - Ce n'è una vasta gamma di questi congegni. Ora dobbiamo studiare come metterli fuori uso. - Perché? - chiese Kris d'impulso. - Come te, Bjornsen, penso che ci siano degli umanoidi coinvolti in questa specie di produzione alimenta-
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re, visto che, a quanto pare, hanno bisogno degli stessi tipi di cibi che occorrono a noi. Tuttavia, è ovvio che ci troviamo di fronte a una razza che possiede una tecnologia molto avanzata. Kris annuì con energia. Quell'astronave è la conferma che fanno controlli periodici. Pertanto, deve esserci una specie di monitoraggio costante, anche se non abbiamo trovato una centrale di controllo. Kris si chiese quanto Zainal capisse di quel discorso, ma era chiaro che stava ascoltando con ogni grammo della sua mole. Avvertiva la tensione nella coscia accanto alla propria sull'ampia pietra su cui erano seduti. Era strano che non la infastidisse il contatto fisico con Zainal, ma lui lo faceva con molta discrezione, a differenza di alcuni tipi dalle zampe impudenti e invadenti che aveva conosciuto. - Così, se cominciamo a manomettere le macchine, qualcuno verrà a vedere - concluse Mitford. - E ci limitiamo a sopraffarli? - chiese Kris, terrorizzata al semplice pensiero di invadere un'astronave di quelle dimensioni. Considerando soprattutto che le loro uniche armi erano coltelli, accette, lance, archi e frecce. Scoppiò in una risata. - Non ridere, Bjornsen. C'è più di un modo per insinuarsi in una nave spaziale. E conto sul fatto che una nave di ricognizione sarebbe più piccola e avrebbe un equipaggio di esseri vivi, non automi. Le macchine vanno bene per lavori di routine ma una valutazione richiede cervelli. - Poi, cosa succede? - Procediamo con ordine. Aspettiamo che arrivi il ricognitore. Le persone che Mitford aveva convocato arrivarono e il sergente tuonò che un cuoco portasse due piatti di cibo. Doveva aver sentito lo stomaco di Kris che brontolava. - Abbiamo discusso alcune idee mentre voi eravate in perlustrazione, così vi aggiornerò. - Fece un cenno del capo a Kris e a Zainal prima di rivolgersi agli altri membri della pattuglia. - Coo, Slav, andate a mangiare. E
grazie. Oh, Coo, Bob l'Erborista ha raccolto altra di quella roba verde che ti piace. Coo annuì e, con il rugarian, andò dritto verso la caverna principale. Mitford lo seguì con gli occhi. - Le razioni di tavolette sono ora riservate ai deski, gli ilginish e i tur. Noialtri possiamo vivere dei prodotti della terra. Loro, no. - Siamo a questo punto? - Fino a quando troveremo qualcosa che il loro stomaco non rifiuti. - Mitford dimostrò la sua preoccupazione per quel problema con un sospiro rassegnato. Come qualsiasi condottiero, non sopportava l'idea di perdere uomini, soprattutto se avevano le doti dei deski. - I cuochi sono impegnati a preparare una specie di pemmican per le pattuglie, così non scombussolerete le macchine riducendo le loro mandrie. Come hai chiamato quelle bestie, Kris? Mucche-luuh. - Mitford rise sotto i baffi. - Sergente, se non sbaglio tu volevi che scombussolassimo le macchine - replicò Kris, volendo chiarire quel punto. - Noi progettiamo come scombussolarle, ma non voglio che qualcuno di voi faccia da bersaglio nei campi. Pertanto, mettiamo fuori uso il meccanismo. D'accordo, amici - disse, rivolto ai nuovi arrivati. Capstan e Macy erano facce e nomi nuovi per Kris ma, a quanto pareva, loro sapevano chi fossero lei e Zainal. Mitford fece circolare gli schizzi. - Zainal ha disegnato il tipo di robot che si trova al mattatoio. Mi sembra che siano diversi da quelli del granaio. - Sono macchinari molto specializzati - disse Su, sfogliando i disegni, soffermandosi a studiarne diversi prima di scambiarli con quelli di Capstan. Kris scoprì in seguito che aveva lavorato come disegnatore tecnico di impianti di produzione. - Guardate, funzionano tutti a energia solare! esclamò Su, indicando varie superfici piatte su ciascuna macchina. - Come ho detto, non poteva che essere così. Igienico da un punto di vista ecologico, usare energia rinnovabile. Non c'è da stupirsi se gli esploratori catteni hanno pensato che il pianeta fosse disabitato. È probabi-
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le che cercassero forme di vita, e queste macchine non sono vive. Dunque, devono essere munite di collettori e batterie di accumulatori, e dove... ah, sì, probabilmente questi elementi. Hmmm. - E se non c'è il sole? Stanno tutti fermi quando è nuvolo o piove? - chiese Kris, prendendo mentalmente nota dei pannelli solari su ciascun tipo di macchina. - Non è ancora piovuto e siamo qui da dieci giorni disse Mitford perlustrando con un sospiro la gola, dove le inondazioni avevano lasciato tracce visibili di acqua alta sulle pareti. Anche Zainal girò lo sguardo sull'accampamento. Fatto molto in dieci giorni. - Solleva il morale - fu la risposta laconica del sergente, che però sorrise al complimento. - Alcuni sono diventati autentici esperti con le fionde. Riescono a colpire un rocksquat a venticinque metri. Sarebbe possibile mettere fuori uso quei pannelli con le pietre? Su rifletté alla domanda, ma Capstan scosse la testa. - Bisognerebbe sapere quale materiale impiegano. Tuttavia, la conseguenza logica è che, danneggiandone la superficie, forse il pannello non assorbirebbe energia solare a sufficienza per un funzionamento efficiente. - Forse dovremmo ingegnarci nel lancio di fango con le fionde? - suggerì Kris, in tono innocente. - Non ho visto un autolavaggio alla dalek in quella stalla. Zainal le scoccò una rapida occhiata perché non aveva capito l'allusione, così lei gliene mimò il significato. L'idea sembrava andare a genio a Su, e perfino Capstan sorrise a fior di labbra. - Non mancano ruscelli nei punti giusti per preparare il fango - disse Su, entusiasta. - E se ne ricopriamo i pannelli, ci penserà il sole a farlo seccare. - Fango di notte, macchine ferme di giorno - suggerì Zainal. - Buona idea, Zainal. Le disarmiamo - disse Mitford. - Ehi, aspettate un momento - intervenne Capstan. Dovrebbero esserci batterie di accumulatori per mantenerle al minimo e metterle in moto la mattina. Qualcosa del genere, comunque. È necessario mettere fuori uso anche quelle.
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- Lo faremo - replicò Mitford con vivacità. - Mi chiedo quante ne dovremo eliminare perché qualcuno venga a controllare la situazione. Il problema venne discusso, ma si dichiararono tutti d'accordo che bisognava prima localizzare altre installazioni perché il piano riuscisse. Kris, Zainal e i due alieni non erano l'unica pattuglia che Mitford aveva mandato in esplorazione, e ne mancava ancora una all'appello. Il sergente non era preoccupato per loro, non ancora, perché erano andati a nord, lontano dal mattatoio. Ammise che dovevano esserci numerose altre attrezzature analoghe per tener dietro a tutta la terra che a loro risultava coltivata o adibita a pascolo. Dai posti di guardia si scorgevano catene di colline, ognuna delle quali poteva nascondere altre macchine, addette alla coltivazione di terreni arabili. - Zainal - disse Kris dopo una breve pausa - quanti ne scarica in un viaggio l'astronave-carcere? Zainal si strinse nelle spalle, dispiaciuto. - Non lo so. È una questione che non mi riguardava. - È certo che non hanno sbarcato soltanto noi e quelli che avete liberato - disse Mitford, colto da un'ira improvvisa. Gli altri annuirono con aria grave. - Una delle pattuglie - proseguì il sergente sospirando - si è scontrata con un gruppo di canaglie: solo due dei nostri si sono salvati e uno era seriamente ferito. Secondo loro, gli aggressori erano una trentina. Perciò, è più importante che mai che ogni pattuglia apposti sentinelle per la notte. Esker è stato abbastanza furbo da nascondersi, come anche Barrett, seppur ferito, e di restarci finché hanno avuto la certezza che non li avrebbero seguiti fino a qui. E questo - il tozzo indice di Mitford indicò ciascuno dei presenti per sottolineare le parole - non lo fa nessuno! Vi dirò una cosa: la volta seguente che ho dato il segnale di Allarme Rosso, sono scattati. Inoltre, Murph ha fabbricato un triangolo di metallo che sveglierebbe i morti. - Ma qui potremmo tenerne a bada centinaia, sergente - disse Kris, demoralizzata al pensiero che l'accampamento fosse vulnerabile, minacciato per di più da rinnegati di razza umana; un particolare che doveva aver demoralizzato anche Mitford.
- Sarà meglio che ne siate convinti - dichiarò Mitford con tanta fermezza e un sorriso scaltro che Kris si rilassò. Era ovvio che il sergente aveva occupato il tempo a prendere misure di difesa, oltre a provvedere alle comodità. - Fanno mai controlli sull'accozzaglia di gente che scaricano? - chiese a Zainal, che annuì. - Non presto - rispose. - Dopo sei mesi - aggiunse, passando al barevi per esprimere il tempo. - Sei mesi - mormorò Kris in inglese, e lui annuì di nuovo, con l'aria di memorizzare le parole. - Trasportando al tempo stesso altri prigionieri? volle sapere il sergente. - Scaricano gente in molti posti. - Zainal fece un gesto ampio con le mani. - Molte volte, per seminare pianeta. Kris non fu l'unica ad accogliere quell'informazione con un senso di sgomento. Secondo i catteni, quanti ne sarebbero sopravvissuti? E qualora non ci fossero stati superstiti, il pianeta veniva depennato? Che razza di metodo di colonizzazione! Non aveva pensato di calcolare quanti prigionieri fossero presenti nella zona recintata, prima di essere costretti a salire a bordo del mezzo di trasporto, ma ce n'erano stati sicuramente molti di più delle poche centinaia che erano finiti in quell'accampamento. Adesso sapevano di almeno altri quattro sbarchi. Da quanti era formato il carico iniziale? A quel punto, forse avrebbero fatto meglio a contattare i mecho. - Bene, cercheremo di cavarcela - dichiarò Mitford. E le nostre esplorazioni saranno quanto più possibile accurate, date le circostanze. Zainal, altre informazioni sui loro metodi di seminare il pianeta? - Io ero molto nello spazio - rispose lui, allargando le mani per esprimere la propria ignoranza. - Hm, ne devo dedurre che i catteni si comportano come qualsiasi altro esercito? - disse Mitford, con una punta di ironia. - La mano sinistra non sa quello che fa la destra. Kris faticò a spiegare il concetto a uno Zainal perplesso, il quale sogghignò quando lo capì.
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Quando alla fine il sergente li congedò, Kris percorse la gola, diretta alle scale. Le pareti della caverna-cucina erano adesso decorate con disegni di vari tipi di vegetazione. Erano divise in diverse sezioni: una contrassegnata "Umani", con le piante da evitare e quelle da raccogliere; un'altra aveva come didascalia "Deski", in elaborati caratteri gotici, e la scritta "potassio? calcio?". - Ehi, salve - disse una voce allegra, e Dick Aarens le andò incontro. - Non ora, Aarens Kris cambiò direzione per evitarlo. - Ehi, ragazza, cerco solo di essere cordiale. - Anch'io, ma in questo momento tutto quello che voglio è il mio letto. Aarens sgranò gli OCCHI, di una gradevole sfumatura azzurra, dovette ammettere, anche se quel particolare non cambiava l'antipatia che provava per lui. - Diamine, anch'io! - Così dicendo, Aarens fece il gesto di metterle un braccio intorno alla vita. Lei fu svelta a scansarsi. - Da sola, Aarens. -Kris... La voce di Zainal alle sue spalle le procurò sollievo e ansia al tempo stesso. Si voltò e avanzò di un passo verso il catteni. - Sì? - Sperava che lui capisse quanto era felice per il suo tempestivo intervento. - Parliamo adesso della spedizione di domani? Alle sue spalle, Kris udì Aarens borbottare qualcosa e subito dopo il calpestio dei suoi piedi sul suolo sabbioso mentre si allontanava. - Grazie, Zainal. Mi hai salvato la vita. Lui la osservò con espressione pensierosa. - Non ti è simpatico? - No - rispose lei, scuotendo la testa con energia. - A me sì, credo. - Osservalo, Zainal. È pericoloso. - Come? - La sua risposta l'aveva divertito. - Tu non gli piacci. - Perché piaccio a te?
Kris scosse la testa. - Primo perché sei catteni e, secondo, ritiene di essere migliore di te. E irresistibile ai miei occhi. Zainal scrollò il capo e le strinse le braccia in una tacita richiesta di spiegazione. - Non sono sicura di riuscire a spiegare le sfumature ~ disse Kris, sorridendogli. Gli occhi gialli erano molto più belli di quelli di un banale azzurro. E le piaceva sentire le mani di Zainal che la toccavano, mentre il pensiero di essere toccata da Dick Aarens le faceva accapponare la pelle. - Sfu-ma-tu-re? Gli mise la mano sul torace e avvertì il debole battito del suo cuore... dopotutto, anche i catteni avevano un cuore. - Te lo spiegherò più tardi, Zainal. In questo momento, sono troppo stanca. - Va'. - Lui la fece voltare verso il corridoio ma, quando le diede una lieve spinta, Kris gli afferrò la mano. - Vieni anche tu. Non voglio che Aarens mi salti addosso. - Mi piace venire - replicò Zainal. Vedendo il bagliore inconfondibile nei suoi occhi, Kris si chiese come avrebbe fatto a respingere quel corteggiatore. Se non fosse stata così stanca, avrebbe potuto prendere in considerazione... Scosse la testa. Era il momento sbagliato. Era esausta. Così, con la mano in quella grande di lui, si diressero alla sua caverna. - Dormi bene, Kris. - Ne dubiti, forse? Cogliendola di sorpresa, Zainal le mise una mano sulla testa e le arruffò i capelli prima di lasciarla andare. Ma aveva già imboccato il corridoio prima che Kris potesse reagire. - Troppo stanca perfino per un bacio della buonanotte - disse con malinconia, crollando sul suo letto di fascine. Il giorno seguente, la sua pattuglia era composta da Zainal, Coo, Slav e i due fratelli Doyle. Loro obiettivo principale era trovare e mettere fuori uso il maggior nu-
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mero possibile di robot, incominciando da quelli al mattatoio. Secondo Capstan, l'ideale sarebbe stato smontare, se possibile, i pannelli solari. Un'altra soluzione era fracassare i pannelli o imbrattarli di fango, a patto che le macchine fossero messe fuori uso. Il secondo obiettivo era quello di riprendere la ricognizione dei dintorni. Partirono meglio equipaggiati del solito, con funi di viticci intrecciati che non escoriavano la pelle come avveniva con il ruvido tessuto sintetico delle coperte. Avevano una fionda a testa, un sacchetto di piccole pietre - era quello uno dei compiti assegnati ai pochi adolescenti presenti all'accampamento - una lancia con la punta di silice, e sacchi pieni dei nuovi viveri per le pattuglie. Kris l'aveva assaggiato quando Jay aveva distribuito le razioni, e aveva decisamente un sapore migliore delle secche e pressate tavolette dei catteni. Coo e Slav ricevettero razioni di tavolette, distribuite con parsimonia da Patti Sue. Era evidente che la ragazza non aveva difficoltà a servire i maschi alieni, anche se non guardò una sola volta Zainal. - Non sappiamo se il pemmican contiene l'indispensabile fabbisogno nutritivo - disse Jay - ma potete cacciare per integrare le proteine. I fratelli Doyle erano una compagnia allegra, e tempestavano di domande sia Kris sia Zainal. Kris si chiedeva se fossero stati scelti perché, essendo irlandesi, andavano d'accordo con tutti. Fecero un buon tempo; Zainal aveva stabilito un percorso in diagonale, a ovest del tragitto precedente, quando erano stati catturati. Trovarono una collinetta e vi si accamparono in cima... finché iniziò a piovere. Non era una pioggerella: a Kris sembrava di stare sotto la cascata nel suo rifugio su Barevi. Si ammassarono sotto la tenda che improvvisarono con le coperte, e che offriva una certa protezione dalla violenza dell'acquazzone. Piovve forte per un'ora, a giudizio di Kris e dei Doyle, anche se, nelle condizioni disagiate in cui erano, parve un tempo interminabile. Poi, la pioggia smise di colpo come era iniziata.
- Come se qualcuno avesse chiuso la doccia - disse Lenny, sbirciando fuori dal loro rifugio inzuppato. - Ehi, non una nuvola in cielo e siamo solo alla prima luna. La riconoscerei dovunque dai suoi crateri. Scrollarono le coperte e il tessuto sintetico parve espellere l'acqua: la parte esterna era appena umida mentre quella interna era asciutta. - Un tessuto straordinario - disse Novanta, stringendo nella mano il bordo della sua coperta. - È giusto riconoscere i meriti. Il materiale di sopravvivenza dei catteni è ottimo. - Resistente - ammise Kris, guardando Zainal, il quale stava osservando i dintorni. - Cosa vedi? - Niente. - Ti preoccupa? - Sì. - Il catteni si sdraiò a terra. - Kris, tu fare primo turno di guardia. Svegliare Slav. Slav, tu svegliare Coo. Coo, svegliare i Doyle. Voi svegliare me. - Tastando la coperta per controllare quale fosse il lato asciutto, se l'avvolse intorno al corpo e posò la testa sul braccio. - Io dormo, così dopo penso meglio. I suoi timori ebbero l'effetto di tenerli ben svegli durante i rispettivi turni di guardia. Forse, pensò Kris quando Slav le diede il cambio, era proprio quello che Zainal aveva in mente: l'ignobile bastardo. Erano tutti svegli prima che il sole si levasse, non essendosi ancora abituati alle notti e ai giorni più lunghi. Avevano messo al riparo abbastanza ramoscelli secchi per accendere un fuoco e scaldare l'acqua attinta a un vicino ruscello: vi aggiunsero erbe essiccate, che divennero un tè fragrante da sorseggiare mentre mangiavano il pemmican. Tutto sommato, c'erano modi peggiori di rompere un digiuno. Quando arrivarono alla catena successiva, Zainal si arrampicò fino al punto più alto ed esaminò la regione prima di indicare a destra. - Colline - fu il suo misterioso commento. - È possibile che i robot abbiano costruito all'interno di ogni collina? - chiese Kris, accelerando il passo per tenergli dietro mentre scendeva di nuovo.
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- Noi vedere - rispose Zainal, con gli occhi gialli che scintillavano. Era mezzogiorno quando raggiunsero la nuova meta percorrendo la cresta di una catena di colline finché arrivarono alla nuda roccia e a un altro hangar, silenzioso ma pieno. - Secondo voi, fanno un intervallo all'ora di pranzo per oliarsi e ungersi di grasso? - chiese Lenny, mentre fissavano le porte chiuse dell'anonimo edificio. - Un altro granaio? - Indicò i campi poco distanti, del colore della paglia e spogliati di qualunque messe vi fosse cresciuta. - Noi guardare. - E bagnare? - chiese Novanta, asciugandosi il sudore della fronte perché gli ultimi chilometri erano stati per
lo più in salita. - Potrei inumidire una collina o due con il sudore che ho accumulato. I magazzini erano vuoti; neanche un granello di quello che avevano contenuto. - Quella bastarda di un'astronave si è data molto da fare se ha svuotato anche questi - commentò Lenny. - Da molto tempo - disse Zainal, mostrando il segno lasciato dal suo dito nello strato di polvere che copriva il pavimento. - Oh? Anche qui riducono le sovvenzioni agli agricoltori? - scherzò Novanta. Zainal indicò loro di controllare ciascun edificio dei quindici di quel complesso. L'ultimo era l'hangar, dove si trovavano file immobili di macchine; non sembravano impolverate. Novanta stava per entrare quando Zainal sollevò il braccio e indicò i lunghi rettangoli sulla sporgenza a est dell' hangar. - Energia solare. - Già - disse Novanta, deglutendo. - Credete che ci abbiano classificati come ladri? - Ne dubito - rispose Lenny. - Da cosa devono stare in guardia su questo pianeta? Non sanno nemmeno che siamo qui. E che siamo pericolosi! Zainal ridacchiò. - Noi lo siamo. Per loro. - Quindi, fece un cenno a Novanta, intrecciò le mani e aspettò. L'irlandese, scuotendo la testa al pensiero della sua non
disprezzabile mole che veniva sollevata dal catteni, gli mise il piede nella mano e si arrampicò sulle sue spalle, arrivando a un'altezza tale da poter esaminare i pannelli. - Ehi - disse dopo un momento - credo che vengano via. - Ne afferrò uno, ondeggiando un po' sulle spalle di Zainal, che non ebbe però difficoltà ad assecondarlo, e lo sganciò dai supporti. - Facili da installare, ricambi in magazzino, nessuna attesa, nessun problema! Uno a uno, calò i quattro pannelli, quindi esaminò i collegamenti, per vedere dove venisse accumulata l'energia. - Vorrei aver dato un'occhiata alle specifiche tecniche di quella roba a energia solare che dovevano portare a Dublino prima che ce ne andassimo. - Non vi hanno catturato in Irlanda? - chiese Kris. - No, stavamo lavorando in un cantiere di Detroit. La paga non era eccezionale ma sempre meglio che prendere un sussidio di disoccupazione di cinquanta sterline la settimana. Saltò giù dalle spalle di Zainal e si unì al fratello che, con Slav e Coo, stava sbirciando con sospetto i pannelli. Zainal pareva che aspettasse, con l'attenzione sulle macchine immobili. - Quanta energia possono immagazzinare questi cosi? - gli chiese Novanta. - Dobbiamo aspettare che cali l'oscurità? Non riusciremo a vedere niente. - Può darsi che siano in attesa - suggerì Lenny. Non sono armati. - Dardi - disse Zainal, sbirciando nell'hangar per vedere di localizzare le piccole minacce volanti. - Non mi sembra che ci sia qualcosa inserito nel telaio - disse Lenny, facendo correre la mano lungo il lato dell'apertura. - Nessun segno di congegni di sicurezza. Non che li riconoscerei se li vedessi. Ci deve essere... Mentre tutti tacevano, riflettendo, Coo entrò e si diresse verso la parte posteriore dell'hangar in penombra. Là giunto, si voltò e sollevò le mani dalle lunghe dita filamentose in un gesto che significava: "Su, coraggio". - D'accordo - disse Novanta, strofinandosi le mani. Vediamo se riusciamo a smantellare queste fottute macchine.
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Balzando sulla flangia del più vicino attrezzo agricolo, trovò gli appigli per arrampicarsi fino a raggiungere le superfici inclinate dei pannelli solari. - Anche questi vengono via con una torsione del polso - disse, strappando un primo pannello, quindi un secondo, dai loro supporti. Ce n'erano un totale di sette. Dopo aver terminato, abbassò lo sguardo su Zainal. - Bene, capo, adesso cosa si fa? Zainal salì sulla flangia e, sollevandosi in punta di piedi, guardò nella fessura lasciata dai pannelli rimossi. Kris trattenne il fiato, sperando che non si sarebbe acceso niente che lo mettesse fuori combattimento o che lo uccidesse. Avendole scorte solo di sfuggita, non ricordava quali sezioni delle macchine si illuminassero quando erano in funzione. Zainal iniziò a tirare un pezzo, che gli restò tra le mani. Con un grugnito soddisfatto lo porse a Kris, mentre Novanta iniziava a smantellare le lamiere esteriori. Anche Slav aveva un'aria soddisfatta; con l'aiuto di Coo e Lenny, ammucchiava i vari pezzi. - Semplice commentò Zainal dopo un'occhiata esauriente alle parti interne. - Questo - proseguì, toccando un cubo della lunghezza della sua mano e staccandolo - è il collettore di energia. - Hmmm, un normale dispositivo - disse Novanta. Maneggevole e facile da raggiungere. - Se devono essere altre macchine a fare la manutenzione, tanto vale che sia facile smontarle - disse Lenny. Anche i fili e i connettori inseriti nel cubo vennero via senza difficoltà e, con un altro grugnito di soddisfazione, Zainal lo rimosse. - Potremmo utilizzarlo all'accampamento? chiese Kris. - Per cosa? - sbuffò Novanta. - Non abbiamo niente che vada a energia elettrica. - Potremmo, se avessimo elettricità... forse i nostri ingegneri riusciranno ad assemblare le varie parti per ricavarne qualcosa di utile. - A cosa? - chiese Novanta.
- Qual è il tuo problema? Sei contrario alla tecnologia? - volle sapere Lenny, infastidito dall'atteggiamento del fratello. - A Mitford interesseranno questi pezzi - disse Zainal. - Li porteremo all'accampamento. - Si guardò in giro, socchiudendo gli occhi. - Cosa c'è che non va? - Non vedo i dardi. D'un tratto, Coo indicò in alto, cianciando con la tipica voce ridanciana dei deski. Allungando il collo, alla fine videro l'unità aerea, attaccata al soffitto. - Non c'è da stupirsi se non l'abbiamo vista nell'hangar del mattatoio. Non abbiamo mai guardato in alto disse Kris. - Adesso che sappiamo dove si trova, possiamo impadronirci anche di quella. - Quell'affare deve essere programmato da una macchina, vero? - disse Lenny. - Cioè, non può mettersi in moto qui dentro, non è così? - Spero di no - si augurò Novanta. Dovettero fare un numero acrobatico per arrivare al congegno: Novanta sulle spalle di Zainal, e Coo su quelle di Novanta. Nel tentativo di staccarlo dai supporti ai quali era fissato, la scala umana ondeggiò pericolosamente, mentre Lenny e Kris le saltellavano intorno, pronti ad ammortizzare eventuali cadute con i propri corpi. Nel tentativo di staccarlo dal suo ancoraggio, Coo finì per oscillare appeso al congegno, così che caddero insieme. Lanciando grida sgangherate, Coo precipitò con il meccanismo stretto al magro torace. Lenny e Kris si scontrarono nel tentativo di afferrare il suo corpo da ragno. Ne attutirono comunque la caduta, anche se Kris ricevette una botta sul naso da una delle ali del congegno volante. Vide le stelle ma riuscì a non mollare la presa sul fragile corpo del deski finché poterono rimetterlo con i piedi per terra. Quando si separarono, Kris trasalì perché le punte perverse dei dardi anestetizzanti erano visibili lungo i bordi delle due ali, ed erano puntate su di lei. Le aveva
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evitate solo per un pelo. Si sedette e inclinò la testa all'indietro per fermare il sangue che le usciva dal naso. Gli uomini erano propensi a fare a pezzi il congegno. - Neanche per sogno - li fermò lei, asciugando il sangue con la manica. - Scopriamo se c'è un serbatoio che contenga l'anestetico. - Perché? - chiese Lenny. - Non sono un tipo vendicativo, ma quando penso a cosa è successo a chi è stato colpito dai dardi... - Ho in mente un uso medico, per l'anestesia. Visto che ci fa addormentare, potrebbe essere utile. - Oh, già. Di conseguenza, smontarono il congegno prendendo tutte le precauzioni del caso. Quindi, misero fuori uso tutte le altre macchine nell'hangar, formando mucchi ordinati delle varie componenti. - Non mi va l'idea di trasportare tutta questa roba disse Lenny, osservando con aria dubbiosa la mole di materiale. - Chiameremo altri a darci una mano. Aarens è forte - replicò Zainal, con un sorriso malizioso a Kris. - Avrai la sua eterna riconoscenza per questo - ribatté lei, ridendo. - Trasportare questa montagna di roba è un lavoro che sa fare anche lui - disse Novanta, guardando con aria dubbiosa il materiale ammucchiato. - Ehi, ci possiamo fidare a lasciarla qui? Zainal si strinse nelle spalle. - Le macchine non hanno energia. - Anche questo è vero - disse Novanta, ma non era del tutto tranquillo. - Non c'è energia nemmeno nell'hangar - gli ricordò Kris. - Supponiamo che abbiano una pattuglia addetta alla sicurezza e che vengano a controllare che siano in servizio - insistette Novanta. - È quello che vogliamo - disse Zainal, dopo una breve pausa.
- Già, immagino che tu abbia ragione. - Novanta si grattò la testa. - Non dovremmo demolire tutto questo in modo che non possano rimontarlo? Zainal rifletté un attimo, prima di dire in tono fermo. - Noi nascondere. Dovettero trascinare i mucchi di pezzi a una certa distanza per trovare un posto dove fossero al sicuro da ispezioni aeree, e quel lavoro richiese il resto della giornata. Si accamparono per la notte nell'hangar disattivato, al riparo dalla pioggia torrenziale che tempestò di nuovo il terreno. Arrostirono sul fuoco i rocksquat che avevano catturato; Kris aveva stupito se stessa stordendone uno al suo primo tentativo di cacciare con una fionda. Mangiarono, osservando la pioggia che veniva giù a catinelle.
Durante i sette giorni della loro perlustrazione, il tempo concesso a loro da Mitford, trovarono e misero fuori uso altre quattro installazioni, compreso un altro mattatoio vuoto. Quella notte si accamparono là, su un comodo giaciglio di biada, mentre fuori picchiettava la pioggia. Pioveva tutte le sere, per un'ora circa, e preferivano essere al riparo durante quei violenti acquazzoni. - Questa non può essere pioggia naturale - disse Kris la quarta sera. - Non piove mai di notte, quando tutti i robot sarebbero al sicuro nei loro hangar. - Hanno un programma agricolo così ben organizzato che non mi stupirei se programmassero anche le condizioni metereologiche - disse Novanta. Quindi aggiunse, pensieroso: - Certo, sarebbe bello se non piovesse mai durante le partite di calcio. - Come fai a pensare al calcio? - lo redarguì il fratello in tono aspro. - In questo caso, deve esserci da qualche parte su questo pianeta una centrale di controllo - disse Kris rivolta a Zainal. - Ma dove? Non saremo in grado di percorrere distanze ragguardevoli a piedi, e non sappiamo nemmeno su quale continente ci troviamo. Non è così? Zainal scosse la testa, esprimendo con un sospiro la frustrazione per quella mancanza di informazioni.
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- Se continuiamo a smantellare un hangar dopo l'altro, può darsi che incontreremo presto i padroni di casa. Forse prima di quanto ci piacerebbe. - Con un gesto inconscio, Kris mise la mano sull'impugnatura del coltello infilato nella cintura. - Un coltello può darti fiducia, ma non basta a combattere il genere di tecnologia che abbiamo visto. - Non c'è intelligenza su questo pianeta. - Vuoi dire che a perseguitarci sarebbero soltanto macchine? - Kris non era per niente felice a quell'idea. O altri dardi volanti? - Siamo intrappolati su questo posto - disse Zainal, ma era chiaro che stava mentalmente esaminando le varie possibilità. - Noi stiamo attenti e teniamo occhi aperti. - Rivolse una serie di brevi latrati gutturali ai deski. Coo annuì e indicò le orecchie a sventola; quindi, sorprendendo Kris, unì due dita nel classico gesto dell'"OK". - Imparano in fretta, vero? - mormorò Lenny; sorrise al deski e sollevò un pollice per esprimere la propria stima. Coo annuì con entusiasmo, senza smettere di masticare. Osservando l'espressione del catteni durante quello scambio, Kris giunse alla conclusione che anche lui si era accorto del cambiamento che si era verificato nel deski. Pur stando al passo con la pattuglia, non si arrampicava più con la facilità di un tempo e a Kris sembrava più che mai filiforme e inconsistente. Inoltre, passava il tempo ad assaggiare specie nuove di piante, radici o quei frutti simili a noci e a funghi che crescevano sui tronchi di certe piante. Coo assaggiava tutto e, mentre gli altri si nutrivano di rocksquat, lui masticava lentamente le sue tavolette. Evidentemente, Zainal gli aveva detto di consumarne quante ne voleva perché ce n'era una buona scorta all'accampamento. Quanto meno, fu così che Kris interpretò i loro colloqui. La mattina del sesto giorno, Slav indicò la direzione che dovevano prendere per tornare al campo-base. Kris rimase ammirata dalla sua sicurezza perché, con tutte le colline che avevano salito e sceso, e con tutte le deviazioni che avevano fatto per aggirare ostacoli insormonta-
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bili, non aveva la più pallida idea di dove fosse l'accampamento.
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Al sorgere della quarta luna, tre giorni dopo aver inviato cinque squadre a individuare e smantellare impianti, Mitford stava esaminando alcuni progetti; ristrutturazioni studiate dai tre architetti del loro gruppo per stalle e mattatoi. Gli impianti di trasformazione erano stati demoliti, ma solo seri problemi di sovraffollamento avrebbero convinto chiunque, a conoscenza di cosa vi era accaduto, ad accettare di viverci. In ogni caso, ne avrebbero tenuto all'oscuro i nuovi arrivati. Udì una delle sentinelle lanciargli un fischio. - Sergente, sta arrivando qualcuno. - Sai cosa fare. Intimagli l'alto là - rispose Mitford, allungando una mano per prendere la lancia e sguainando il coltello con l'altra. - Chi va là? - urlò la sentinella. Quando gli risposero delle grida ma non la parola d'ordine, si gettò a terra. - Merda, sergente, non sono dei nostri ! - esclamò, riparandosi dietro una sporgenza. - ALLARME ROSSO! - gridò, picchiando con energia sul triangolo di metallo. - MALEDIZIONE, DA CHE PARTE ARRIVANO, RANEY! tuonò Mitford. SIAMO ATTACCATI! TUTTI AI VOSTRI POSTI! Anche se molti erano in giro a esplorare, per fortuna C'era sempre un manipolo di persone sveglie a qualsiasi ora del giorno e della notte. - STANNO SCENDENDO LUNGO LA GOLA, SERGENTE! Oh, mio Dio! - Raney si abbassò mentre una lancia colpiva la roccia alle sue spalle. - Mi hanno Preso di mira! Altre lance fendettero l'oscurità, dirette contro la sorgente di luce che era il fuoco dell'"ufficio". Tenendosi
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curvo per offrire un bersaglio più piccolo, Mitford balzò in avanti. In ceppi, Aarens urlava che lo liberassero mentre due frecce e una lancia gli cadevano vicino. - SEGUITEMI! - tuonò Mitford alle donne e agli uomini che si precipitarono fuori dalle caverne, armati di lance e coltelli, proprio come erano stati addestrati. Mitford provava una cupa soddisfazione all'idea che, da quella notte, nessuno si sarebbe più lamentato delle esercitazioni. Ma quanti erano gli aggressori? si chiedeva mentre risaliva la gola e scorgeva i primi attaccanti apparire al limite delle zone illuminate. Battersi, ecco una cosa che gli era mancata. Vedendo un bersaglio, si fermò il tempo necessario per prenderlo di mira e scagliare la lancia. Perforò il torace dell'avversario, che cadde come una pietra. Anche le sentinelle sulle alture si servivano delle loro armi. Un attimo dopo, un altro attaccante, lanciando un urlo, caricò Mitford. Il sergente lo attese a pie fermo: l'uomo impugnava un coltello in ciascuna mano ma, non essendo addestrato a combattere, fendeva l'aria nella speranza che il caso lo aiutasse a colpire il bersaglio. Mitford si chinò, si spostò di lato, quindi affondò il coltello nelle costole dell'aggressore. L'uomo lanciò un grido colmo di disperazione, crollò all'indietro e i coltelli gli sfuggirono dalle mani prive di forza. Mitford rimase accovacciato mentre recuperava il suo. Si preparava ad affrontare l'attaccante successivo quando una pietra, scagliata dalle alture, lo colpì alla spalla; barcollando, si appoggiò alla parete della gola. - EHI, BADATE A DOVE MIRATE! - ruggì, mentre Bart, Taglione e Sandy Areson lo superavano di corsa. Si concluse tutto in fretta: era ovvio che gli aggressori non avevano un piano preciso in mente. Avevano visto le luci, avevano sentito l'odore di cucina e avevano sferrato l'attacco, convinti di sorprenderli nel sonno. C'erano quattordici cadaveri da seppellire e tre con ferite da ricucire. Erano affamati e gli indumenti catteni che indossavano erano laceri e di una sporcizia incredibile. Quando sorse il sole, tre donne si presentarono all'accampamento, implorando di essere aiutate. Erano in condizioni spaventose; non solo erano affamate, ma
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mostravano chiari segni di essere state picchiate e violentate. Mitford osservò Patti Sue condurne una, poco più di una bambina, in cucina, probabilmente per il primo vero pasto da quando l'avevano scaricata. Solo cinque dei difensori erano stati feriti, due dei quali dal "fuoco amico" delle pietre scagliate dalle alture. A Mitford doleva la spalla, ma non ne parlò a Matt Dargle, che era impegnato a ricucire ferite. Un altro uomo, inciampando nel buio, si era fratturato la gamba, e ora malediceva la propria goffaggine mentre gliela sistemavano. - Mi dispiace, sergente - disse uno dei feriti, quando Mitford andò a fare il giro dell'infermeria per verificare i danni. - Non eri proprio dietro di me, Bart? - chiese il sergente mentre osservava Matt Dargle che suturava il brutto taglio sul braccio dell'uomo bruno. - Ti avevo insegnato a tenere la guardia alta. - Ti stavano prendendo di mira - replicò Bart, sogghignando. - Significa che mi hai salvato la pelle, vero? Bravo! Mitford lo ringraziò dandogli una pacca sulla spalla sana. La battaglia aveva svegliato l'intero accampamento e, anche se era presto, i cuochi prepararono la colazione per tutti. Mitford ne approfittò per ribadire che era indispensabile stare sempre sul chi vive. - Una reazione molto rapida, gente, ma non avrebbero mai dovuto arrivare fino alla gola. Penso che amplieremo il perimetro di sorveglianza. - Cosa ne dici di predisporre delle trappole, sergente? Potremmo sistemarne qualcuna lungo le vie d'accesso. - Studiami un piano - rispose Mitford con un cenno di approvazione. - Con tanti di noi in giro a perlustrare, non siamo un po' a corto di uomini? - chiese Sandy. - No, visto che tu stessa sei stata tra i primi ad accorrere - la elogiò il sergente in tono burbero. - Questa è anche casa mia - disse Sandy. - Inoltre, tu ci hai addestrati tutti !
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- Proprio così, vero? - D'accordo, d'accordo, ci siamo lamentati - ammise Sandy, afferrando al volo l'insinuazione. - Sapevi quello che facevi, e noi abbiamo peccato di presunzione. - Adesso siamo tutti più saggi, non è così? - Mitford girò lo sguardo sui presenti. - Diamine, non sono arrivati nemmeno fino al mio ufficio. Adesso mi occorre una squadra per eliminare i cadaveri. - Per seppellirli, vuoi dire? - chiese Dowdall, smettendo di affilare il suo coltello per guardarlo. - No, per eliminarli. Voglio che quei cadaveri vengano gettati almeno a quattro campi da qui, Dowdall. - Ohi, sergente - protestò Dowdall, per essere stato tacitamente assegnato a quel compito. - Non vorrai che quelle carogne appestino il nostro accampamento, vero? Tu, tu, tu, tu e tu - disse Mitford, formando la squadra. - Provvedete prima che il sole diventi troppo caldo. Era appena tornato nel suo "ufficio", per scrivere il rapporto sull'incidente, che Aarens cominciò a lamentarsi. - Mi avresti lasciato morire, senza potermi difendere! E ti consideri un essere civile! Credi di avere il carisma di un grande leader. Mitford andò dritto da lui e lo afferrò per i capelli, per costringerlo a guardarlo negli occhi. - Ascolta, misero pezzo di merda. Continua a comportarti così e andrai a raggiungere quei cadaveri. Aarens sussultò. - Non oseresti farlo! - Oh, davvero? Dammi soltanto una scusa! Mitford sapeva che la sua rabbia era alimentata più che altro dalla reazione allo stress per l'attacco a sorpresa e al flusso di adrenalina nel suo organismo. Non avrebbe dovuto perdere le staffe e sfogarla su Aarens, ma meglio lui di chiunque altro. - Ehi, sergente, calmati. Calmati. - Benché ci fosse un tremito nella voce di Aarens, i suoi modi erano concilianti e Mitford mollò la presa sui capelli. - Tu non vuoi sbarazzarti di me, sergente. Non ora. Non quando avrai bisogno di me. - Bisogno di te?
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- Già, di me, sergente. - Quello di Aarens era un autentico sogghigno. - Come ti ho detto quando sono arrivato qui, sono un genio della meccanica. Posso far funzionare una macchina quando tutti gli altri fallirebbero. Non ho nemmeno bisogno di manuali che me ne spieghino il meccanismo. È un mio talento naturale. Un tempo guadagnavo un sacco di quattrini negli Stati Uniti, solo perché consigliavo ai dirigenti cosa fare per migliorare l'efficienza delle loro linee di lavorazione. Ascolta, ho sentito di cosa discutevi con Mack, Su, Capstan e gli altri. Loro se ne stanno seduti dietro una scrivania, mentre io sono quello che si sporca le mani e realizza le loro idee, facendole funzionare. Non vorrai sbarazzarti dell'unico autentico genio che ti può fornire la luce per le caverne, vero? Acqua calda! Impianti come, per esempio, una rete di stazioni radar. - Stazioni radar? Come pensi di riuscirci? - Mitford era sospettoso ma più che disposto a servirsi di Aarens, se era in grado di realizzare progetti simili. - Si potrebbero montare i pannelli solari, e gli accumulatori, naturalmente, tutt'intorno all'accampamentoc Aarens gesticolò con le mani chiuse nei ceppi - con un circuito, diciamo di filo più leggero. Qualunque cosa spezzi il filo, fa suonare l'allarme. Semplice. - Di notte? Aarens scosse la testa, negando quella limitazione. - Suppongo che gli accumulatori risparmino carica a sufficienza per funzionare tutta la notte. Altrimenti, come si metterebbero in moto quei robot? Voglio dire, è abbastanza semplice. Mitford pensò che non c'era niente di male a sottoporre l'idea al vaglio di Mack e Spiller. - Già, abbastanza semplice. Adesso chiudi il becco. - Ehi, oggi dovrei essere liberato - si lamentò Aarens. Mitford gli diede una lunga occhiata, quindi guardò la meridiana. - Soltanto quando il sole sarà sul primo settore. Solo allora sarà passato un giorno da quando sei stato condannato per aver infastidito la ragazzina cinese. Mitford lo fissò ancora a lungo prima di voltargli le spalle e prendere un foglio e la sua matita.
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Gli dispiacque quasi che Mach, Spiller e Jack il Chiodo ritenessero l'idea di Aarens abbastanza valida da costruire un prototipo con il materiale proveniente dai mattatoi. La squadra di Zainal tornò all'accampamento poco prima della pioggia serale, e furono fermati dalle sentinelle che pretendevano da loro la parola d'ordine. - Parola d'ordine? - urlò Kris di rimando. - Quale parola d'ordine? Lo sapete chi siamo: Kris Bjornsen, Zainal, i fratelli Doyle, Coo e Slav. Maledizione, Tesco, non essere così pignolo. - Faccio il mio dovere, Kris. Ci hanno aggredito mentre eravate via. - Fu il suo sorriso a farle capire che l'attacco era fallito e che nessuno era rimasto ucciso o ferito gravemente. Superarono la postazione di Tesco e corsero alle caverne, ansiosi di conoscere i particolari dell'incidente. Quando Kris vide che il sergente non era nel suo ufficio, afferrò per il braccio la prima persona che le capitò a tiro, un ragazzo che ricordava di aver tratto in salvo dalle stalle. - Pete, dov'è Mitford? - Dentro. Hai saputo che ci hanno attaccato? - Sì, ma ci piacerebbe conoscere i particolari. - Da chi? Da cosa? - chiese Lenny. - Alcuni rinnegati, morti di fame. Il sergente ha guidato il contrattacco... sembrava un altro. - Gli occhi del ragazzo brillavano per l'ammirazione. - Bart e Sandy Areson lo seguivano alle calcagna. Io mi sono perso quasi tutto. - Un'espressione delusa si dipinse sul suo volto. - Le sentinelle hanno reagito con una pioggia di frecce e di pietre e hanno colpito alcuni di noi. - Il ragazzo non riuscì a trattenere un sorriso. - Fuoco amico, l'ha chiamato il sergente. E hanno dovuto scaricare quattordici cadaveri, da quelle parti, per la felicità degli spazzini. Il brivido che lo scosse non era simulato. - Come vedete, vi siete persi parecchio! - Ci sono feriti tra i nostri? - chiese Kris, guardando con ansia verso l'"ufficio" deserto.
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- Una gamba rotta e un paio di tagli. E il sergente ha offerto asilo alle donne che erano state malmenate da quelle canaglie. Suo malgrado, Kris guardò in direzione dei ceppi. Erano vuoti. Possibile che sia Aarens sia Arnie si stessero comportando bene? L'attacco li aveva spaventati al punto da farli ravvedere? - Morte a tutti gli invasori di Camp Ayres Rock! Così esclamando, Pete tese il braccio in un saluto a pugno chiuso. - Camp Ayres Rock? - ripetè Kris, perplessa. - Certo, perché no? La roccia che ci protegge. - Be', tu ti chiami Peter. - Uh? - Peter significa "pietra", tesoro. - Oh, non lo sapevo. - Sai dov'è in questo momento il sergente, Peter? gli chiese Kris. - Certo. Seguitemi. Sa installando stazioni radar. - Sta facendo cosa? - Già, le ha costruite quel tale, Aarens. Niente male, e funzionano. - Aarens? - Stupita, Kris si voltò verso Zainal. - I miracoli non finiscono mai - disse Lenny. - A quanto pare, non è del tutto irrecuperabile. - L'umanità è varia - fu l'unico commento di Mitford quando lo incontrarono. - Ma Aarens? - Ha sorpreso anche me - rispose il sergente, conducendoli alla piccola caverna che era il suo "ufficio al coperto" da quando erano iniziate le piogge. - Pete vi ha detto dell'incursione? - Possiamo interrogarti, sergente? - chiese Kris, ridendo. - Più tardi. Prima, fatemi rapporto su quello che avete scoperto. Tutto bene? - Mitford girò lo sguardo sugli altri. - Bene, sergente, ce la siamo cavata in modo egregio - rispose Lenny.
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- Coo, però, si è indebolito molto - lo informò Kris, evitando di guardare in direzione del deski. Mitford fece una smorfia. - Non hanno trovato niente di utile? - Matt Dargle ha ristretto il campo alla mancanza di vitamina C, potassio, o calcio, e stiamo cercando da dove si potrebbe ricavarla. Ora come ora, ci sono soltanto tre deski abbastanza forti da seguire le squadre incaricate di far provviste. - Mitford si rivolse a Zainal. - Ti è venuta qualche buona idea? - I deski hanno sempre avuto bisogno di cibi speciali, che venivano importati su Barevi, ma non so quali. Zainal sospirò. - Brave persone, i deski! - Più di quanto si possa dire di altri - commentò Mitford, disgustato, per poi aggiungere in tono più positivo: - Che lo crediate o no, Aarens è il genio della meccanica che sostiene di essere. - Così ci hanno detto. - Ha messo insieme sistemi d'allarme con circuiti periferici, nel caso che ad altri venga in mente di poter attaccare Camp Rock... - Mitford sorrise quando capì che loro sapevano già del nome dato al posto. - Lui e Spiller credono che si possano perfino adattare i pannelli per scaldare l'acqua e per l'illuminazione. Non ricordi cosa si dice in quel rapporto sugli inverni di questo pianeta, Zainal? - C'era un'ombra di preoccupazione nei suoi occhi. - Come, per esempio, nevicate, inondazioni? Zainal abbassò lo sguardo sulle grandi mani, come se potessero fornirgli le risposte. Poi, con un sospiro triste, scosse la testa. - La mia gente non esplorato bene. Non hanno visto molto di quello che abbiamo visto noi. Ma su questo pianeta c'è aria per respirare e cibo da mangiare, per i più. - Dal tono della sua voce era chiaro che chiedeva scusa per le lacune di quella spedizione. - Ci sono le cose essenziali per sopravvivere: aria, acqua e cibo. E ora sopravviviamo bene, grazie a te. Mitford accettò quel complimento con un cenno del capo. - Dal momento che, a quanto pare, le macchine agricole interrompono ogni attività dopo la mietitura, e i nostri agricoltori dicono che quelle tue mucche-luuh, Kris, non sono state radunate nella stagione invernale, possia-
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mo sperare di sopravvivere qualunque cosa ci riservi l'inverno. - Ehi, sergente, se le macchine sono disattivate, o da noi o perché così programmate, non potremmo trasferirci negli edifici? - suggerì Kris. - Ce ne sono abbastanza da ospitare tutti. - È stata presa in considerazione come alternativa rispose Mitford. - Alcuni sono spaventati dalla possibilità di altre scorrerie, ma si sentono più al sicuro a Camp Rock. Sarebbero contrari ad andarsene. Quelle stalle, comunque, sarebbero altrettanto difendibili. Adesso, lasciatemi parlare con i Doyle mentre voi due andate a riposare. Pioveva ancora a dirotto quando Kris e Zainal si recarono nella caverna principale per un piatto di zuppa calda e una saporita pagnotta di pane. Era così buono che, quella volta, lei non ne sputò nemmeno i grumi duri. In servizio non c'era nessuno che conoscesse, così mangiò con Zainal. Anche se cercò di ignorarle, non potè fare a meno di notare che erano oggetto di occhiate fugaci: alcune decisamente perplesse e per niente amichevoli. Non la sorprendeva che ci fosse ancora dell'animosità nei confronti di Zainal, e forse era per quel motivo che Mitford continuava a mandarli in perlustrazione. Occhio non vede, cuore non duole. Le sfuggì un sospiro lievissimo, ma Zainal se ne accorse e la guardò con aria interrogativa. Kris si limitò a un sorriso e spezzò un pezzo di pane per raccogliere il sugo denso e gustoso dal fondo di una ciotola un po' sbilenca. Zainal la imitò, ricambiando il suo sorriso. Lavarono le stoviglie e le rimisero a posto. - Vado a vedere Coo - disse Zainal. - Vengo... - Ma quando lui scosse la testa, Kris decise che un tuffo era una buona idea per concludere la giornata. Così, lo salutò dicendo: - Portagli i miei saluti. Io vado a fare un bagno. L'acqua del lago sotterraneo era abbastanza fredda da scoraggiare abluzioni prolungate. Era già fuori e si stava asciugando quando udì delle voci. - Aarens non aveva tutti i torti. Come facciamo a sapere che il cat non è una spia? Come facciamo a sapere
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che non dispone di un modo per comunicare? Come facciamo a sapere che non ha lasciato messaggi a quelle macchine negli hangar? - Piantala, Barker. - Kris, che si stava rivestendo in fretta e furia, riconobbe la voce di Joe Lattore. - Santo cielo, per quale motivo i cat dovrebbero farci spiare? Inoltre, lui non è un cat comune. Ne ho visti abbastanza per capire che appartiene a una classe altolocata. - In questo caso, perché si trova qui con noi? - Quella ragazza, la Bjornsen, mi ha detto che ha ucciso un capo pattuglia e che l'hanno preso prima che fosse passato un giorno. - Già, e chi è a seguirlo dappertutto? Eh? - Anche tu hai sentito cosa dicono i fratelli Doyle, e loro sostengono che non c'è niente fra quei due. - Stanno attenti, ecco tutto. - Oh, chiudi il becco. Il cat ha rischiato l'osso del collo per salvarci e io gliene sarò grato finché non troverò un motivo valido per non esserlo. Inoltre, Aarens non mi convince. Conosco il suo tipo e vi dico che, se fossi io incaricato delle assunzioni, lo scarterei a occhi chiusi. Kris si ritrasse nell'ombra mentre un brivido di paura per Zainal le correva lungo la schiena. Il sergente sapeva dell' ostilità che serpeggiava contro il catteni? Era probabile, ed era per quel motivo che Zainal era sempre fuori in ricognizione, per ridurre il rischio di eventuali rappresaglie nei suoi confronti. - Quando si deciderà Mitford a liquidarlo? Ha detto che l'avrebbe fatto appena gli avesse cavato tutto quello che sapeva. Secondo me, avrebbe dovuto farlo da un pezzo. - Che sia per questo che lo tiene lontano dall'accampamento? Perché, prima o poi, faccia una brutta fine? - C'è sempre la possibilità che la prossima volta non torni - disse una voce nuova con una risatina maligna. Qui non abbiamo bisogno dei cat. - Ah, mi date il voltastomaco. È un tipo in gamba, e si è reso utile. Non siete obbligati a provare simpatia per le persone utili, ma possiamo sfruttarle. È quello che Mitford sta facendo.
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La conversazione prese un'altra piega quando il primo di loro entrò in acqua. - Crrristo, quanto è fredda! Mi congelerà le palle. - Ce le hai? Kris fece una smorfia e smise di ascoltare uno scambio di battute che diventava sempre più sboccato. Gli uomini erano più pettegoli delle donne. Si accovacciò nell'ombra, con la schiena contro la pietra fredda, e aspettò. Per fortuna, il gruppetto aveva tanta voglia quanto lei di sguazzare nell'acqua gelida, perciò uscirono poco dopo e si rivestirono. Per maggiore sicurezza, Kris aspettò ancora qualche minuto prima di risalire. Si fermò all'"ufficio" di Mitford, ma era attorniato da una folla di gente che discuteva e si scambiava grafici, così proseguì verso la sua caverna. Nel suo ordine del giorno c'era in nota una bella dormita. Durante la sua ultima assenza, qualcuno ne aveva approfittato per rubare parte delle fascine che formavano il suo materasso, così quella notte non riposò bene quanto aveva sperato. Si svegliò prima dell'alba e si recò alla caverna principale, dove i cacciatori stavano bevendo una tazza di tè alle erbe prima di partire per controllare le trappole. Con la sua tazza in mano, Kris gironzolò, sperando di incontrare Jay o Sandy, due persone che sarebbero state sincere con lei sull'argomento Zainal. Arrivati a quel punto, non riusciva a immaginare che Mitford potesse condannarlo a morte. Era anche da escludere che Zainal fosse una spia; si trovava lì perché altri catteni lo volevano morto. Non trovando né Sandy né nessuno di quelli con cui le sarebbe piaciuto parlare, si sedette su una pietra libera davanti alla caverna e osservò la gente che entrava e usciva, aspettando che Zainal comparisse. Si chiedeva come stesse Coo. Non avrebbero dovuto permettere che fosse lui a trafficare con quel congegno volante; non gli aveva fatto bene cadere, anche se Lenny e lei ne avevano attutito l'atterraggio.
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Udì il rombo e il grido d'allarme delle sentinelle nello stesso momento. Precipitandosi alla sporgenza, cercò di vedere cosa fosse a provocare il baccano. Qualunque cosa fosse, era ancora piuttosto lontana, ma aveva tutta l'aria di essere il velivolo addetto al ritiro dei raccolti: enorme! Solo che non c'era più niente da ritirare. Non era così? - Dov'è Mitford? - gridavano tutti, e in diversi si misero alla sua ricerca. Kris andò a cercare Zainal. Si scontrò con la sua mole massiccia e il contraccolpo le fece sbattere la testa contro la roccia. Lui le afferrò il braccio per impedirle di cadere. - Un'altra astronave enorme, Zainal. - Sempre tenendola per il braccio, il catteni la trascinò con sé, nella scia di altri, svegliati dallo scompiglio generale. Di nuovo, ma quella volta al buio, tutti quelli che poterono si arrampicarono sull'altura più vicina e scrutarono nella direzione da cui stava arrivando il mezzo aereo. - Pensate che siano venuti per compiere rappresaglie? - chiese qualcuno. - Perché abbiamo manomesso i loro macchinari? - Zainal? - chiamò Mitford. - Sono qui. - Hai qualche idea? Kris si accorse che, con la testa inclinata, Zainal tendeva l'orecchio per ascoltare il rumore. - È il rumore di un motore catteni - dichiarò, indicando una massa, delineata da luci di posizione, che si materializzò nella semioscurità dell'alba. Perfino Kris riuscì a notare la differenza tra i due velivoli, il secondo certamente di dimensioni più piccole, a giudicare dalle luci che ne segnavano il perimetro. Zainal lo osservò ancora per un momento prima di indicare in direzione del mattatoio. - Da quella parte. - Gesù... cosa stanno facendo? - C'è la probabilità che sbarchino altri prigionieri, Zainal? - chiese Mitford. - Sì, buone probabilità - rispose lui, cominciando a scendere. - Chi viene con me? - Non ti ho detto di andare, amico - protestò il sergente in tono irritato.
- Solo gente che corre veloce - proseguì Zainal, ignorandolo. - Devono scaricare. - Già, e tu ci arriveresti in tempo per ripartire con loro? - chiese Mitford con durezza, uscendo dall'oscurità per afferrargli il braccio. Kris trattenne il fiato. Forse, dopotutto, Mitford non si sarebbe opposto a un'esecuzione sommaria del catteni, e lei si ribellava all'idea che fosse ucciso. Le piaceva troppo! - Non commettere sciocchezze, sergente. Io andrò con lui. - Ma certo - fu l'enigmatico commento di Mitford. La conversazione dovette interrompersi perché il rumore era diventato assordante. Zainal seguì il velivolo con lo sguardo, quindi annuì. - Trasporto. Altra gente. Dobbiamo tentare. È ancora buio - disse alla fine e, prendendo Kris per mano, la trascinò giù dall'altura. - Tentare cosa? gridò Mitford, contemporaneamente a Kris, ma Zainal stava già percorrendo la gola, nella stessa direzione del velivolo, trascinandola con sé. Lei si rese conto che alle loro spalle venivano impartiti ordini confusi e contrastanti. Iniziando a correre, si chiese per quale motivo fosse così ansioso di averla con sé, ma fu solo un pensiero fugace perché doveva impegnarsi per stare al passo con lui. Che ci riuscisse era straordinario e, in effetti, non era mai stata così in forma come su quel pianeta. Sentiva che altri li seguivano, imprecando contro il buio e il terreno accidentato, ma li ignorò per concentrarsi a seguire i movimenti di Zainal. Avevano un buon margine di vantaggio sugli altri quando Zainal le concesse una sosta di qualche attimo. Si trovavano nella parte bassa della gola e le luci del velivolo erano nascoste dalla conformazione del terreno. Ritrovò fiato a sufficienza per parlare. - Atterreranno nello stesso posto in cui hanno scaricato noi? - Sarebbe un bene. Là non c'è niente. Kris ritenne che volesse dire che quel campo era sgombro ed era perciò un buon punto dove scaricare corpi privi di sensi. Si chiese quanto tempo avrebbero im-
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piegato, a meno che i catteni non avessero un metodo rapido per far rotolare i corpi fuori dalla stiva. Fu allora che le tornò alla mente quello che accadeva agli esseri viventi che giacevano inanimati sui campi di quel dannato mondo. Non c'era da stupirsi che Zainal avesse tanta fretta: l'alba era ancora lontana. Sarebbero arrivati in tempo per impedire un massacro? Zainal si rimise in cammino e lei lo seguì, consapevole che avevano impiegato due giorni per coprire la distanza da quel campo alle caverne. Anche all'andatura imposta da Zainal, vi sarebbero arrivati prima che l'astronave decollasse di nuovo? Bene, dovevano provarci. Oppure lui sperava di attirare l'attenzione dalla cima di una delle colline che si affacciavano sul campo? Stavano arrampicandosi lungo un pendio quando Zainal si arrestò così di colpo che lei gli andò a sbattere contro. - Ehi, avvertimi... - Non terminò la frase perché si rese conto che le luci di posizione erano più alte di quanto avrebbero dovuto esserlo se l'astronave fosse stata in fase di atterraggio. Non si erano accorti che aveva ripreso quota. Zainal imprecò, girò su se stesso e guardò nella direzione dalla quale erano arrivati, percorrendo con la mano e il braccio tesi la rotta dell'astronave, come se volesse imprimersela nella memoria. Iniziò quindi a risalire il pendio che avevano appena disceso, scivolando per la fretta. Kris lo seguì scuotendo la testa, e si fermò solo un attimo quando il rombo dei motori le disse che l'astronave stava per sottrarsi alla forza di gravità del pianeta. La fiammata del propellente era vivida come quella che ricordava di aver visto in occasione di un lancio da Cape Kennedy. Le sarebbe piaciuto osservare lo spettacolo, ma non doveva farsi distanziare da Zainal. Pochi attimi dopo si incontrarono con gli altri, grazie all'andatura imposta dal catteni. - L'astronave si è già liberata del suo carico - li informò, sorreggendosi a uno di loro mentre parlava ansimando. - Da quella parte. Dobbiamo arrivare prima che gli spazzini li uccidano tutti. - È per questo che il cat ha una fretta dannata?
- Diavolo, voleva raggiungerli e andarsene da questo fottuto pianeta - boccheggiò un altro. - Pensate quello che vi pare, ma siete disposti ad aiutarci? - urlò Kris al di sopra della spalla mentre ripartiva sulle tracce di Zainal. Raccolsero altri soccorritori mentre riattraversavano la gola. L'alba stava rischiarando il cielo, perciò era più facile vedere dove mettere i piedi. Nel punto in cui il sentiero si biforcava, a destra per scendere nella gola, e a sinistra per proseguire verso la sommità, Zainal disse a Kris di fare rapporto a Mitford che li fissava, in piedi nel suo "ufficio", con i pugni sui fianchi. - Abbiamo bisogno di Slav - aggiunse Zainal, prima di ripartire di gran carriera. - Cosa diavolo sta succedendo? Kris si arrestò, con le mani sulle ginocchia, cercando di recuperare il fiato per parlare. - Abbiamo bisogno di Slav. L'astronave è decollata. Ha già sbarcato il suo carico. Dobbiamo arrivare prima degli spazzini. - Giustissimo! Mitford agì senza perdere tempo, chiamando a gran voce Slav, Pess, Tesco, Su, Dowdell mentre lei ripartiva all'inseguimento di Zainal. Lo raggiunse quando si fermò sulla riva di uno dei numerosi corsi d'acqua per sciacquarsi la bocca. Il sole non si era ancora levato e l'aria era fresca, ma Kris era accaldata per lo sforzo e si chiedeva se avrebbe resistito ancora per molto. - Mitford ha organizzato i soccorsi. È lontano? Lui scosse la testa. - L'astronave sta salendo - rispose, guardando il cielo che si rischiarava. - È una fortuna. Lo sperava anche lei, ma quando s'interrompeva l'opera degli spazzini? Quella mezza luce sarebbe bastata a spedirli dove trascorrevano le ore diurne? Avendo recuperato il fiato, si sdraiò sulla pancia e immerse il volto accaldato nell'acqua fresca, bevendone una sorsata per bagnarsi la bocca ma permettendo che solo poche gocce le arrivassero nello stomaco. Scattò in piedi contemporaneamente a Zainal, e ripartirono di corsa. La loro andatura non era male, pensò Kris, adesso che aveva ripreso fiato. Cercava di distogliere la mente da quello che gli spazzini potevano fare in un campo pieno
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di corpi vivi, caldi e succosi. Non era un pensiero produttivo! Per lo meno, ormai doveva essere chiaro a tutti che l'obiettivo di Zainal era "salvare" della gente, non fuggire da quel pianeta, sebbene lei non l'avrebbe biasimato se ci avesse provato. L'avrebbe portata con sé? Anche quello non era un pensiero produttivo, ma cominciava ad apprezzare quanto significasse per lei quel gigante. Non le era mai capitato che qualcuno la trattasse da pari a pari, riconoscendo le sue capacità, inoltre non aveva mai tentato di infastidirla dal giorno in cui l'aveva messo KO sul flitter. Dai commenti che aveva udito nelle cucine di Barevi, sapeva che, mentre i catteni erano attrezzati, per usare un termine elegante, come i maschi umani, solo in modo più vistoso, aveva precisato una donna con sarcasmo, le due razze erano incompatibili per quanto riguardava la riproduzione. Non ci sarebbe mai stata una progenie catteni-umana. Tuttavia, dal giorno in cui l'aveva tramortito, Zainal non aveva mai dato segno di desiderarla, e lei conosceva molto bene quel genere di sguardi. Zainal non la trattava come trattava i membri maschi delle loro pattuglie, ma con una cortesia che lei trovava insolita e forse perfino speciale, pur sapendo che era colpa sua se si trovava impegolato con quell'accozzaglia di umanoidi sospettosi, che non lo apprezzavano e che erano spesso intolleranti. Era abbastanza strano che, anche se i catteni erano la razza degli "oppressori", i deski e i rugarian non provassero ostilità nei confronti di Zainal... di sicuro non tanto quanto i terrani. Stavano percorrendo un terreno che non le era familiare e Kris respirò di sollievo quando il sole sorse e dissipò le ombre, diminuendo i rischi di inciampare. Era l'unica cosa che temeva... una ferita che i loro scarsi mezzi di pronto soccorso non potessero guarire. Oppure infezioni sconosciute, che fossero una minaccia per la vita. La lozione antisettica dei catteni non era una cura specifica per tutto quello che poteva succedere agli incauti, e la sostanza anestetica dei dardi poteva essere una benedizione. Zainal li precedeva salendo la collina a lunghi balzi e avanzando a zigzag nei punti più ripidi. Una volta in cima, aspettò che lei lo raggiungesse e le indicò dove
guardare. A due campi di distanza, Kris vide i cubi delle casse di provviste catteni e zone di terreno coperte da corpi inerti. Era troppo lontana per capire se gli spazzini li avevano già aggrediti. Zainal mise le mani a coppa intorno alla bocca e lanciò un grido bizzarro. A rispondergli fu probabilmente uno degli alieni, pensò Kris. Lui annuì, soddisfatto, e iniziò a scendere. I fianchi della collina erano coperti da una vegetazione piena di spine, che si attaccavano al tessuto delle loro tute con una tenacia incredibile. Zainal, rimasto impigliato in un grosso ramo, estrasse l'accetta e lo colpì con un fendente. Pur avendolo separato dal cespuglio principale, non riusciva a liberarsene. - Attenzione - disse Zainal, sollevando la mano libera per avvertirla di non avvicinarsi. - Prima taglia - aggiunse, indicando i cespugli sulla sua strada. - Posso aiutarti? - Scendi. Sbrigati - replicò lui, gesticolando in direzione del campo, ora nascosto dall'altura successiva. Pesta i piedi, urla - le ordinò, senza interrompere gli sforzi per liberarsi dal ramo spinoso. Kris esitò per un attimo, ma bastò il bagliore dei suoi occhi, quando sollevò la testa a guardarla, per convincerla a proseguire. Si servì dell'accetta per aprirsi un varco e riuscì a raggiungere un terreno sgombro, coperto dalle stoppie delle messi mietute. Lanciando un'occhiata al di sopra della spalla, vide che Zainal si era finalmente liberato dal ramo. Ripartì di corsa, attraversò il campo, saltò la bassa siepe all'estremità opposta ed entrò in quello attiguo. Quando le parve di udire delle grida, aumentò la velocità, lanciando le urla stentoree tipiche dei cowboy che aveva imparato da ragazza. Si fermò alla siepe di confine il tempo necessario per raccogliere una manciata di pietre, quindi, saltò la siepe e atterrò quasi sulla faccia di qualcuno. Un umano. Anzi, erano tutti umani vicino a lei. Alcuni erano già stati aggrediti dagli spazzini. Lanciò le pietre in un arco quanto più ampio possibile, gridando al tempo stesso. Quindi, sempre pestando i piedi e urlando, percorse il lato lungo del campo fino al confine superiore.
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Non c'erano tracce di spazzini al centro del campo, così continuò ad avanzare lungo il bordo esterno, smettendo di urlare solo quando doveva inumidirsi la bocca riarsa. Aveva completato due lati del vasto campo quando vide altri sopraggiungere e, a grida e a gesti, indicò loro di disporsi lungo gli altri due lati. Poco dopo scorse diverse persone che si svegliavano dal sonno provocato dalla droga e andò ad aiutarli. I catteni li avevano scaricati di nuovo vicino all'acqua e Kris si servì delle tazze appese alle loro cinture per dissetarli. Dowdall stava aprendo le casse, iniziando da quelle con le cassette del pronto soccorso e le coperte, mentre gli altri si prodigavano ad assistere quelli aggrediti dagli spazzini. Lei era così occupata da non accorgersi in un primo momento che Zainal non era tra i soccorritori. - Tesco, dov'è Zainal? - chiese quando notò la sua assenza. - L'ho visto laggiù. - Tesco indicò in una direzione imprecisata alle proprie spalle, prima di inginocchiarsi per dare da bere a una donna frastornata. Rassicurata, Kris passò al gruppo successivo, formato da deski. Girando lo sguardo sul campo, notò con irritazione che nessuno dei soccorritori si sognava di far qualcosa per aiutare gli alieni, così si dedicò a loro. Non che fosse ben disposta verso i tur, i quali guardarono l'acqua con sospetto finché lei stessa ne bevve un sorso e posò quindi la tazza sul terreno accanto a loro. Che facessero come preferivano. Tre ilginish erano stati morsi seriamente e, prima che li si potesse fermare, si suicidarono, evidentemente inghiottendo la lingua e morendo soffocati. La pelle delle loro facce da un normale verde cupo divenne quasi nera. Altri ilginish si avvicinarono per esaminare i morti, quindi ne ammucchiarono i cadaveri sotto le siepi. Le loro facce erano prive di espressione, così Kris non avrebbe saputo dire se fossero sconvolti o no ma si affrettò a distribuire loro coperte e coltelli, indicando le cassette di pronto soccorso. Altri arrivarono dall'accampamento, compreso Mitford. Lei rimase sorpresa di vederlo lontano dal suo
"ufficio", ma la sua presenza le fece piacere. Fu allora che si rese conto di non avere ancora visto Zainal. - Sergente, hai visto Zainal? - No - rispose Mitford, aggrottando la fronte mentre perlustrava il campo dove aumentava il numero di quelli che riprendevano coscienza. - Siete scesi dalla collina coperta di rovi? - No, Su ci aspettava per avvertirci di girare alla larga. Perché? Senza rispondere, Kris afferrò una cassetta di pronto soccorso e una manciata di coperte dalle casse, quindi si avviò a passo veloce, aggirando i gruppi e saltando i corpi di quelli che non si erano ancora svegliati. Attraversò come una freccia il campo attiguo, adesso illuminato dalla luce mattutina, saltò la bassa siepe senza rallentare e aggredì il fianco della collina. Non erano come i cespugli spinosi di Barevi, ma il varco che si era aperta a colpi di accetta era di nuovo fitto di vegetazione, come se non vi fosse passato nessuno. E non c'erano tracce di Zainal. Ormai in preda alla paura perché Zainal, più di chiunque altro, avrebbe dovuto essere capace di uscirne indenne, si guardò in giro con ansia. Doveva essere ancora da quelle parti e, se le spine erano abbastanza tossiche da rallentare un catteni, quasi sicuramente avrebbe cercato di portarsi vicino all'acqua. I rovi non erano abbastanza alti da nascondere la sua mole, e la sua tuta grigia sarebbe stata comunque visibile anche tra il fitto sottobosco. Acqua! Ce n'era sempre in quei campi a coltivazione meccanizzata e, visto che quello era stato mietuto, si doveva trovare nelle vicinanze. Tese l'orecchio e alla fine udì l'inconfondibile rumore di acqua corrente. Ai piedi della collina c'era un folto di cespugli dalle foghe a losanga, che crescevano in genere in prossimità dei torrenti. Udì un gemito soffocato, come se fosse sfuggito da un paio di labbra serrate. Rendendosi conto che i cespugli di Botany potevano essere pericolosi, scostò i rami e vide Zainal, immerso a metà in un ruscello che sgorgava dalle rocce seminascoste dalla vegetazione.
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Si era sfilato uno stivale e la gamba destra dei calzoni era arrotolata fin sopra il ginocchio, mettendo in mostra la ferita. - Oh, mio Dio - sussurrò Kris, vedendo l'estesa zona infiammata del polpaccio. Le spine di Barevi più che pericolose erano una seccatura, ma quella ferita sembrava piuttosto grave. Chinandosi su di lui, verificò che non ci fossero sintomi di avvelenamento del sangue, anche se la carne grigia dei catteni non avrebbe potuto mostrare un trauma simile. Il suo sangue era rosso come quello degli umani e si era coagulato, diventando quasi nero dove era colato lungo la gamba. Fu allora che si rese conto, dalle dimensioni della ferita, che aveva potuto estrarre la spina solo praticando un taglio nella carne. - Ohi! - mormorò, scossa da un brivido convulso. Frugò nella cassetta di pronto soccorso alla ricerca dell'indispensabile antisettico. Avrebbe bruciato da morire su una ferita aperta, ma non aveva altre alternative. Respirando a fondo, vuotò tutta la fiala nel cratere che lui si era aperto nella gamba. Urlando per il dolore, Zainal si rizzò a sedere, con la mano destra alzata per colpire e facendosi scudo con il braccio sinistro. Kris fece un balzo indietro. - Sono Kris, Zainal. Cerco di aiutarti. Lui ne mise a fuoco il volto e, pur sconvolto dal dolore e dalla paura, la riconobbe. - Sei venuta - disse, con un sussurro appena intelligibile prima di cadere riverso. Roteò gli occhi, battendo le palpebre con la stessa arte consumata di un'ammaliatrice, e svenne di nuovo. - Ho fatto la cosa giusta, Zainal? - Kris lo scrollò, cioè, tentò di scrollarlo per farlo rinvenire. Raddrizzò la cassetta di pronto soccorso che si era rovesciata e cercò di pensare cos'altro avrebbe potuto fare per aiutarlo. L'applicazione di compresse fredde poteva alleviare il gonfiore e, con tutto l'antisettico che aveva versato sulla ferita, l'acqua non poteva contenere niente che l'aggravasse.
Nella cassetta c'erano fogli di un materiale indefinibile, così li inzuppò per raffreddarli e li mise sulla ferita. Zainal gemette ma, vedendo che non si contorceva per il dolore, ritenne di poter continuare con quel trattamento. Fece un cuscino con una delle coperte e, scostando foglie e sassi, glielo mise sotto la testa dai capelli grigi di una morbidezza sorprendente, quindi ne coprì la mole con un'altra coperta. Fu Mitford in persona ad andarla a cercare. Kris emerse dal cespuglio in risposta al suo richiamo. Alle sue spalle vide la fila degli immigranti appena arrivati che si incamminavano per raggiungere l'accampamento. Mitford non aveva esitato ad accoglierli, anche se non doveva essere entusiasta all'idea di sfamare altre quattro o cinquecento bocche. - Cosa succede, Kris? - le chiese, raggiungendola a lunghi balzi, in apparenza per niente affaticato. Lei non si spiegava come riuscisse a mantenersi così in forma con tutto il lavoro sedentario che doveva svolgere, ma salì di un altro gradino nella sua stima. - Avverti la gente di stare alla larga da quei rovi - gli disse, indicando il pendio, ma la fila stava già prendendo la strada più lunga, aggirando l'infausta collina. - Zainal è stato ferito da una spina. L'ha estratta dalla gamba, ma era abbastanza tossica da metterlo fuori combattimento. Dovremo costruire una barella per trasportarlo. Mitford fece una smorfia e si grattò la testa, voltandosi verso i suoi nuovi protetti. - Lo so che devi prima occuparti di loro, ma considerando quanto ha fatto Zainal... - Lei stessa fu sorpresa dall'amarezza che trapelava dalla sua voce. - Ehi, calma, Bjornsen. Non ho intenzione di abbandonarlo. Dannazione, è troppo utile. - Dal tono in cui lo disse, era chiaro che lo riteneva utile, non popolare. Siamo tutti sulla stessa barca, o sullo stesso pianeta, ma tutta questa gente in più è un problema. - Mitford emise un sospiro profondo. - Non volevo creartene altri - si scusò Kris. - Dannazione, Bjornsen - si arrabbiò il sergente - tu non sei un problema, e non permetterò che lo diventi lui. Credi di poter tenere duro finché avrò sistemato quella
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gente? - Con una mano le strinse un braccio, afferrò con l'altra la coperta e la lasciò cadere ai suoi piedi insieme al sacco che portava con sé. - Qui c'è cibo e l'occorrente per accendere il fuoco. Portami da lui. Kris lo condusse da Zainal. Sollevando la medicazione, Mitford fece una smorfia e trasalì alla vista della ferita prima di ricoprirla. - Hai ragione, è brutta. Spero che abbia estratto tutta la spina, ma immagino di sì. - C'era un'ombra di ammirazione nella voce del sergente. - Diavolo, così deve star scomodo - aggiunse e, unendo gli sforzi, lo trascinarono fuori dall'acqua. Dopo che Kris ebbe sgombrato un tratto di terreno e disteso due coperte, lo fecero rotolare in una posizione più comoda. Mitford si rialzò ed esaminò la zona, prendendo a calci le radici dei cespugli. - Come fanno a crescere con così poca terra? - borbottò. - Il suolo è abbastanza roccioso, così gli spazzini non ti daranno fastidio. - Escono solo di notte - replicò Kris, poi si rese conto che sarebbe forse calata l'oscurità prima che arrivassero i soccorsi. - Qui dentro c'è legna da ardere e un po' di quei fiammiferi fatti da Cumber. Sai, abbiamo trovato dello zolfo. - No, non lo sapevo - rispose Kris, chiedendosi se lo zolfo avesse proprietà medicinali. - Ascolta, manderò una barella al più presto possibile. - Mitford osservò la mole massiccia del catteni. Spero che non cada in delirio e non ti salti addosso. - Me la caverò, sergente - replicò lei, digrignando i denti. - Buona fortuna, Bjornsen, anche se so che non ne hai bisogno perché sei un tipo in gamba. Kris lo osservò mentre si allontanava, rincuorata dalla fiducia che aveva mostrato di avere in lei. Il sergente non era prodigo di lodi e, anche se quello era forse un complimento a doppio taglio, le faceva piacere che la considerasse in grado di badare a se stessa. Tornò dal suo paziente, rassegnata a una lunga attesa e consapevole che la vita di Zainal era agli ultimi posti
nell'elenco delle priorità di chiunque altro. Bagnò di nuovo le compresse e gli inumidì le labbra. Le sembrava di ricordare che, in caso di avvelenamento, bisognava impedire la disidratazione. Lui socchiuse le labbra, come se fosse proprio quello di cui aveva bisogno, e Kris riuscì a fargli gocciolare un po' di acqua in gola, che Zainal deglutì con avidità. Era un buon segno. Aveva la fronte e le guance calde, ma non in modo eccessivo. Kris non avrebbe saputo dire quale fosse la temperatura corporea normale di un catteni, né se quella della sua pelle si fosse alterata, come succedeva a un essere umano quando aveva la febbre. Una parte di lei era contenta che i catteni non fossero del tutto immuni dai pericoli naturali, ma era molto dispiaciuta che Zainal fosse stato messo KO da una cosa così sciocca come una spina.
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Jay Greene, Slav, i fratelli Doyle, un uomo che non riconobbe e, fatto sorprendente, Coo, arrivarono al sorgere della seconda luna. Zainal era ormai fradicio di sudore, nonostante lei cercasse di rinfrescarlo con le compresse. Era irrequieto ma, mancandogli le energie, non aveva difficoltà a impedirgli di alzarsi. Tuttavia, era sempre più preoccupata. Deboli fruscii le facevano temere che gli spazzini fossero abbastanza audaci da infiltrarsi nel terreno roccioso. A intervalli, girava per la piccola radura pestando i piedi, nella speranza di spaventarli e farli fuggire. Codardi com'erano, aggredivano solo vittime impotenti. Fu sul punto di gridare per il sollievo quando udì chiamare il proprio nome. Aggiunse legna al piccolo fuoco per indicare loro la strada. - Ti presento il dottor Dane, Kris - disse Jay, sospingendo un uomo nella radura. - Sulla Terra, ha avuto in cura anche catteni. - Dio sia ringraziato! - sussurrò Kris, accompagnando il dottore da Zainal e sollevando la compressa per mostrargli la ferita. Sembrava perfino più brutta alla luce tremolante del fuoco. Dane le diede un'occhiata penetrante prima di inginocchiarsi accanto al malato. - Ha fatto un buon lavoro - commentò con un inconfondibile accento australiano mentre premeva con dita esperte i bordi della ferita. - Direi che l'ha estratta tutta. Hanno la pelle dura, questi bastardi di catteni. Hai svuotato tutta la fiala, vero? - chiese a Kris, sorridendole. - Ben fatto.
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- Non avevo altro ed è un prodotto dei catteni spose lei, accorgendosi che si stava torcendo le mani.
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- ri-
9 - Era la cosa giusta da farsi. - Dane tastò la pelle di Zainal, quindi gli posò una mano prima sul torace poi sulla grossa vena del collo. - Non è così malridotto, dopotutto. Bene, riportiamolo all'accampamento. Ehi, cosa c'è? - Raddrizzandosi dopo aver terminato l'esame, vide che Coo si era accovacciato vicino al fuoco per studiare l'oggetto che teneva in mano. La mano del deski tremava, per la stanchezza, suppose Kris, con un impeto di gratitudine per l'alieno che, pur così debilitato, voleva aiutare un catteni ferito. Quella che Coo stava esaminando era una foglia color grigio chiaro di un rovo. Prima che lei potesse parlare, se l'era messa in bocca e la masticava con evidente entusiasmo e sollievo. Quindi, scattando in piedi e voltandosi in un unico movimento, e con più energia di quanta ne avesse mostrata negli ultimi giorni, si precipitò verso il pendio della collina. - Cosa gli ha preso? - chiese il dottore, stupito. - Credo che Coo abbia individuato qualcosa per colmare le sue carenze dietetiche - spiegò Kris. - Ciò che fa bene a uno è veleno per un altro - commentò Dane con filosofia. - E adesso, riportiamo alla civiltà questo poveraccio. Mitford non ha tralasciato niente - aggiunse con ammirazione. - Tipica efficienza yankee - replicò Jay, sorridendo. - Dove la metti l'improvvisazione di noi irlandesi? disse Doyle, fingendosi offeso mentre scioglieva i lacci della barella. - Credete che sia abbastanza robusta per reggerne il peso? - chiese Novanta, misurando la mole di Zainal rispetto alla barella. - Quelle coperte sono indistruttibili - lo rassicurò Jay. Dovettero unire le forze per caricare lo svenuto Zainal sulla barella, con Kris che lo sorreggeva per i piedi. Lo legarono con strisce tagliate da una coperta per affrontare il disagevole viaggio fino all'accampamento. Kris spense il fuoco, mise la legna avanzata nel sacco che Mitford le aveva dato e li seguì. Alla luce della grande luna che si stava levando, Coo era occupato a raccogliere le foglie dei rovi e a infilarle nella giacca della tuta.
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- È quello di cui hai bisogno, Coo? - gli chiese Kris. - Posso aiutarti a raccoglierle? - Nooo. - Coo scrollò il capo con energia. - Fanno maaale agli uuumani. - Sottolineò l'avvertimento agitando una mano mentre con l'altra continuava a staccare foglie. Kris cercò di ricordare quanti deski ci fossero tra gli ultimi "immigranti" ma la sua mente affaticata si rifiutò di colpo di pensare. Si mise in coda dietro i portatori della barella, sollevata che la lunga attesa si fosse conclusa. Quando le toccò sostituire uno dei portatori - aveva insistito per non essere esentata - Leon Done le diede alcune interessanti notizie: la Terra si stava ribellando agli invasori catteni, una reazione che non aveva precedenti. Il metodo con cui i catteni sottomettevano un pianeta, piombando all'improvviso su una città e prelevandone l'intera popolazione, in genere otteneva la resa totale di una razza. Non con i terrani. Pur essendo stati invasi, la resistenza era iniziata appena gli enormi mezzi di trasporto dei catteni avevano iniziato a caricare ostaggi. Leon Dane era rimasto a Sydney, sfrattando la sua posizione di medico per trasmettere informazioni utili a un reparto molto attivo sulle Blue Mountains. Si era offerto volontario di curare i catteni perché, malgrado la pelle spessa, si rompevano spesso le ossa e incorrevano in "incidenti" che avrebbero ucciso gli umani. - Conoscendo i punti deboli del nemico, hai maggiori probabilità di combatterlo. Era questo il mio compito. Purtroppo, non c'è molto che riesca a mettere fuori combattimento un catteni; inoltre, sembrano immuni alle sostanze tossiche della Terra. Le ho sperimentate su di loro, per verificare le reazioni cliniche, naturalmente. Ma credimi, riescono a conciarsi per le feste con quelle loro vendette che durano ventiquattro ore! - Dane sottolineò le parole con un lungo fischio. - Ho passato un sacco di tempo a ricucirli. - Sono contenta che tu fossi disposto ad aiutare Zainal. È rimasto vittima di una di quelle vendette.
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9 Davvero? E l'hanno scaricato con il vostro gruppo? Kris annuì, trovando faticoso parlare e al tempo stesso reggere il suo angolo di barella. - Come ti hanno preso? - Ah! Avevamo ordine di scatenare una sommossa in un'ora e in un luogo determinati. Sono stato tramortito dal gas come tutti gli altri. I catteni non fanno nemmeno domande, e bisogna dire che hanno metodi molto efficaci. Ma mandare uno di loro a colonizzare... - Dane scosse la testa, perplesso. - Cos'ha fatto? - Ha ucciso un capo pattuglia - rispose Kris. - Ho osservato l'inseguimento dal mio nascondiglio. - Ti nascondevi? Kris sorrise. - Su Barevi. - Barevi? Sembra un nome aborigeno. - Già, quanto meno, aborigeni catteni. Barevi è uno dei loro grandi pianeti addetti alla distribuzione, oltre a essere usato come luogo di riposo e di svago. C'è soltanto una grande metropoli e aeroporti spaziali. L'industria più fiorente è quella della tratta degli schiavi, e il rifornimento delle astronavi catteni. Osservando il tipo che mi aveva comprato, ho imparato come si guidano i loro piccoli flitter, e una sera ne ho rubato uno. Me la sono cavata piuttosto bene nella giungla fino a quando - e Kris indicò Zainal con un cenno del capo - mi è capitato tra i piedi. Lo stavo riportando da dove era arrivato quando anch'io sono stata tramortita dal gas in una sommossa. - Hmmm. - Lui sapeva qualcosa di questo pianeta, abbastanza da impedire che molti di noi fossero mangiati dagli spazzini o catturati dai mostri volanti. - I cat non ci hanno lasciato molto per tirare avanti commentò Dane in tono lugubre. - Zainal dice che è così che hanno colonizzato un sacco di pianeti. - Kris gli lanciò un'occhiata, chieden-
dosi se l'osservazione che stava per fare l'avrebbe offeso. - Più o meno come è successo a voi australiani. Abbiamo votato e abbiamo chiamato il pianeta Botany.
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- Davvero? - Dane le lanciò un'occhiata sorpresa, ma sorrise. - Be', è esatto. L'Australia, quanto meno la zona di Sydney, è stata colonizzata da galeotti. - Hanno fatto anche un buon lavoro, vero? - Capisco il tuo punto di vista, Kris Bjornsen. Inoltre, non avevano molto di più di noi. Forse di meno. Tra di noi ci sono per fortuna molti specialisti. - Molti alieni? Deski, tur, rugarian, ilginish? Leon si strinse nelle spalle. - Mi sono occupato soprattutto di feriti umani, ma ho notato creature dall'aspetto strano nella caverna-ospedale. Magri come stecchi, come quello che è venuto con noi a prenderti. - I deski. Per loro, qui non va molto bene. Nella loro alimentazione manca qualche elemento fondamentale. - È per questo che raccoglieva le foglie dei rovi? - Lo spero. In quel momento Lenny e Novanta dichiararono di essersi riposati abbastanza per sostituirla. Kris cedette il posto senza farsi pregare, anche se si sentì in colpa per tutto il tragitto fino all'accampamento. Illuminati da numerose torce, Mitford, Murph, Greene e Dowdall stavano ancora interrogando gli ultimi arrivati quando i soccorritori arrivarono al sorgere della terza luna. Malgrado l'ora tarda - o era presto? - ferveva una grande attività e c'era l'odore di carne appena arrostita. Tuttavia, invece di recarsi alla caverna principale, i portatori si diressero a una di quelle secondarie. - L'ospedale - Lenny rispose alla domanda di Kris. Molto ben organizzato, ora. - Ma qualcosa nel modo in cui evitava di guardarla negli occhi la impensierì. - Resterò con lui - dichiarò lei con fermezza. - Avrà bisogno... - Tu... - e Dane le puntò un dito contro il petto - hai bisogno di riposo. - Alla luce delle torce, Kris notò che era un uomo di bell'aspetto, sui trentacinque anni, magro e asciutto come lo erano molti australiani. - Mi riposerò meglio con... il mio compagno - replicò lei, pronunciando l'appellativo con orgoglio e in
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9 tono difensivo, spinta a farlo dal modo in cui Dane la stava guardando. - Le cose stanno così? - NO! Niente affatto, ma sono stata io a cacciarlo in questo pasticcio, così resterò al suo fianco. - È gentile da parte tua, ragazza - disse Dane, dandole un colpetto di approvazione sulla spalla. - Ciò nonostante, lui riceverà le cure del caso mentre tu dormirai. Era una caverna piccola e bisognava chinarsi per entrarvi, per non correre il rischio di sbattere la testa. All'interno era più alta, abbastanza alta anche per Zainal quando si fosse ripreso. Kris ripetè mentalmente "quando" con tutto l'ottimismo di cui fu capace, anche se lui era troppo immobile per i suoi gusti quando la barella fu collocata sul mucchio di fascine e coperte. C'era un altro letto sul lato opposto della caverna, e lei lo guardò con desiderio mentre Dane controllava la ferita e il polso di Zainal. - Ce la farà. È un bastardo dalla pelle dura. Tu - aggiunse il dottore, indicando prima Kris poi il letto - riposati. Tornerò di nuovo durante la notte. - Le sorrise. Finora non ho ancora perso un paziente catteni. - Poi, vedendo che lei non ubbidiva subito al suo ordine, la prese per un braccio, la costrinse a sdraiarsi e la coprì con una coperta. - Dormi. Kris dormì, svegliandosi le poche volte in cui avvertì del movimento, ma era Dane che veniva a controllare il malato. Quando alla fine si svegliò, si stirò con voluttà, sentendosi del tutto riposata. Ma un lieve gemito l'attirò subito al fianco di Zainal. La gamba ferita, nuda a parte la compressa, era due volte più grossa nel normale, dal polpaccio a metà coscia. La carne, quando la sfiorò, scottava. La compressa era asciutta e si era attaccata alla ferita purulenta quando cercò di sollevarla. - Oh, signore - mormorò, sbattendo la testa quando uscì dalla caverna. - Ohi! - Fa male, vero? - disse Lenny in tono solidale, alzandosi dallo sgabello posto accanto all'ingresso. - Cosa ci fai qui? - chiese Kris, portandosi una mano alla fronte e ritirandola sporca di sangue.
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- Faccio attenzione a non sbattere il cranio come è appena successo a te - rispose lui, sorridendo, ma quando si affrettò a distogliere lo sguardo, Kris capì che il motivo era ben altro. - Avrei dovuto lasciarlo laggiù a morire? - gli chiese. - Non prendertela con me, Kris. Quell'omone mi è simpatico, ma Mitford non ha bisogno di altri guai. - Ammutinamento su Botany, eh? - Eh? - ripetè Lenny, confuso dal suo commento. Ascolta - si affrettò ad aggiungere, - Dane arriverà tra poco. Va' a fare colazione. Io resterò qui fino al tuo ritorno. - È ridicolo, con tutto quello che Zainal ha fatto per noi, che debba avere una guardia. - Ascolta, Kris, più che di guardia sono qui di servizio - disse Lenny, un po' imbarazzato - nel caso che abbia bisogno di aiuto. Capisci cosa voglio dire? - Immagino di essere paranoica - ribatté lei, rilassandosi un po'. - Dane ha parlato delle probabilità che ha di guarire? - Non gliel'ho chiesto. Mi sono offerto volontario, e sono di servizio anche per loro. - Lenny indicò l'apertura sul lato opposto del tunnel. - Abbiamo molti pazienti. Oh, la signora Bollinger ha avuto un maschietto durante la nostra assenza. Un bel bambino robusto. Kris sospirò di sollievo. - Queste sono notizie che fanno piacere. - Non ti preoccupare. Mitford ha già organizzato tutto. - Così dicendo Lenny la sospinse verso l'ingresso del tunnel. - Coraggio, va' a mangiare. Oggi, comunque, non sei di servizio, visto che il tuo compagno è sull'elenco degli ammalati. Kris non avvertì sfumature particolari in quel "compagno", così si rilassò. Affidato a Lenny, Zainal non avrebbe corso rischi. - Coraggio - la sollecitò lui. - Il pane è migliorato ora che i chimici hanno trovato un buon lievito. Kris se la prese comoda e, sbirciando nei vari reparti dell'"ospedale", notò molte facce familiari, diverse delle quali con espressioni sofferenti.
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9 Vide anche Anna Bollinger che, seduta sul suo letto, allattava il figlio, e sarebbe passata oltre se lei non l'avesse vista e non le avesse fatto cenno di entrare. - Come sta il catteni? Ho saputo che è ferito seriamente - le chiese, quindi aggiunse in tono duro e aggrottando la fronte: - Come sta? In piedi sulla soglia, Kris si chiese quale fosse il motivo di quel cambiamento di tono, e rispose senza particolari inflessioni nella voce. - Nel tentativo di salvare un gruppo di persone dagli spazzini, gli si è conficcata una spina nel polpaccio e ha dovuto tagliarsi per estrarla. Anna rabbrividì. - Oh, una brutta faccenda. Portagli i miei saluti. - Guardò con amore lo scricciolo in fasce che teneva tra le braccia. - Il mio piccolo non sarebbe mai nato se lui non mi avesse aiutato ad arrivare qui. Sono contenta che... cioè... Guarirà? - Sì, Anna, e grazie per i tuoi auguri. Glieli riferirò. Grazie ancora. - Senza fare altre soste, Kris raggiunse la sporgenza esterna pensando che forse, dopotutto, si era immaginata cose inesistenti. La meridiana indicava che si era vicini a mezzogiorno e, per un miracolo, Mitford non si trovava nel suo "ufficio", dove però molti lavoravano chini sulle loro scrivanie di pietra. Ce n'erano anche altri, arrivati con l'ultimo gruppo perché erano facce a lei sconosciute, che dovevano essersi ripresi abbastanza per partecipare alle attività dell'accampamento. C'era anche un gruppetto, seduto al sole, con gli occhi chiusi: un gruppo eterogeneo perché individuò alcuni asiatici, oltre a diversi indiani dalla carnagione bruna. Sopra le loro teste, appese alla parete della gola rivolta a sud, c'era un'autentica distesa di pelli di rocksquat, a dimostrare l'abilità dei cacciatori. Quanto lontano dovevano spingersi per catturare abbastanza selvaggina da nutrire la moltitudine di gente che si trovava lì? Kris rabbrividì, non tanto perché l'aria era fresca malgrado il sole, ma perché la preoccupava il problema dei rifornimenti. Per esempio, ci sarebbe stato un numero sufficiente di pelli perché ognuno avesse un cappotto caldo per l'inverno?
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Inoltre, se il giorno su Botany durava ventotto ore, quanto duravano i mesi? E gli anni? Quanto mancava ancora alla primavera? Quanti altri carichi avrebbero sbarcato i catteni su quel pianeta? Come sarebbero riusciti a sistemare l'ultimo contingente, per non parlare di quelli futuri? Kris era affamata, ed era sempre pessimista a stomaco vuoto. Sandy la salutò quando entrò nella caverna-cucina. - Salve, ragazza, ho appena sfornato qualcosa per quelli come te. - Quelli come me? - chiese Kris a bassa voce, accovacciandosi accanto a lei. Girò lo sguardo sulla caverna e vide sorrisi di benvenuto su altri volti; gente che conosceva. - Già, sei un'eroina, non lo sapevi? - Sandy ammiccò mentre sollevava la brocca, aspettando che Kris sganciasse la tazza dalla cintura. - Lassù con Mitford, a correre su e giù per la gola come un autentico guerriero. Mise un piatto di argilla, dalla forma rotonda quasi perfetta, sulla pietra vicino a Kris; conteneva un pezzo arrostito di rocksquat, una fetta di pane tostato e alcune palline fritte. - Non sono vere e proprie patate ma gli si avvicinano molto - disse Sandy, porgendole una forchetta di buona fattura. Kris la rigirò tra le mani. - Non è argenteria Chantilly, ma è meglio che rischiare di mettersi in bocca la punta di un coltello. - Sandy si riempì una tazza e si sedette al suo fianco. - Come sta il cat... scusami, Zainal... stamattina? - Non lo so. La gamba è molto gonfia. - I dottori stanno studiando un impiastro di pane. Non è pennicillina ma mia nonna ne faceva uno favoloso per foruncoli e roba del genere. - Sandy le batté una mano sul ginocchio in un gesto d'incoraggiamento. - Gente coriacea, i catteni. Me lo immagino mentre si taglia la gamba per estrarre la spina! Adesso abbiamo una vera squadra di medici, e anche altri specialisti. La maggior parte sono stati prelevati a Sydney. Da Botany Bay a Botany - concluse con una risatina. - Ehi, buono questo - dichiarò Kris, assaggiando un tubero fritto. Per sapore non era molto dissimile da una
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9 patata dolce. - Dimmi, quelle foglie di rovi fanno bene ai deski? Sandy annuì. - Ho preparato un tè quando Coo mi ha spiegato cosa voleva, e ne abbiamo dato una dose anche ai più ammalati. - Cambiò espressione. - Sai, ne abbiamo persi tre mentre eravate fuori in perlustrazione. - No, non lo sapevo. Hanno un aspetto così fragile... - Lo sono, se l'alimentazione non è adatta. Se non stai attento a come li tocchi, è facile spezzargli un osso. Sai chi ha dato una mano a nutrirli? Patti Sue. Kris ne fu sorpresa. - Non pesa molto più di loro e ha un tocco delicato. Si è offerta volontaria. - Sandy fece una smorfia. - Si sente più al sicuro con i deski, e perfino con i rugarian. - Jay Greene? Sandy ridacchiò. - Ci va molto piano, ma è stato lui a suggerire che era adatta a curare i deski. Lo è davvero, anche se perderne uno per lei è una tragedia. - Eppure, su Barevi hanno ricevuto le stesse razioni che hanno dato a noi. Credevo che le tavolette fossero sufficienti. - Coo dice che a loro era concesso anche del "plursaw", che è indispensabile nella loro alimentazione per impedire alle ossa di diventare fragili. Una specie di additivo a base di calcio, immagino. Qui non c'è l'equivalente... a meno che quella robaccia spinosa non colmi la lacuna. Certo, adesso ha un aspetto migliore, ma lui è uno dei più giovani. - Non lo sapevo - confessò Kris, provando rimorso. Non ho nemmeno pensato di chiederglielo. - Suvvia, Kris, non te la prendere. Non mi sembra che tu abbia avuto tempo per socializzare. - Sandy prese una pentola coperta che si trovava accanto al fuoco. Questo l'ho cucinato apposta per Zainal. È una specie di zuppa, la più simile al brodo di pollo che mi sia riuscito di preparare. È nutriente e non ha un cattivo sapore. Forse riesci a fargliene mandare giù un po'. Leon dice che i catteni feriti a volte hanno problemi di disidratazione. Più o meno l'unica cosa che può debilitarli. Kris la ringraziò, commossa e molto rassicurata. - Conosci per caso Aarens?
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- Già - rispose Sandy senza entusiasmo. - È da queste parti? Sandy scoppiò in una risatina maliziosa. - Lui! Accidenti, fortunato quel tipo. Sembra che abbia qualche qualità, dopotutto. È un genio della meccanica. Non ti preoccupare per lui. - Non mi preoccupo per lui, ma per la sua bocca. - Non è il caso. Kris la ringraziò di nuovo e tornò verso l'ospedale, fermandosi un attimo per osservare la fila di cacciatori carichi di selvaggina che tornava all'accampamento. Fece una smorfia alla vista delle quantità di bestie e di pesci che servivano al mantenimento di tutta quella gente. Si era dimenticata di chiedere a Sandy da quante persone fosse composto l'ultimo sbarco. Per di più, la sua pattuglia aveva trovato un'altra serie di stalle vuote. Lenny aveva lasciato il suo posto di guardia e il piccolo locale era affollato di gente che attorniava Zainal; Leon e altri che lei giudicò far parte del personale medico. Cercando di passare inosservata, trovò un posto sicuro dove posare la pentola di brodo, che era bollente. Leon si raddrizzò proprio in quel momento. - Niente di sofisticato ma è quanto di meglio abbiamo a disposizione. Ah, Kris, - disse scorgendola, e lei notò quanto era stanco, anche se gli occhi brillavano nel volto malinconico. - Stiamo usando una poltiglia di pane per combattere l'infezione. È una fortuna che abbiate scoperto il pane su questo pianeta dimenticato da Dio. Proprio una bella combriccola di improvvisatori. È stata lei a trovare l'anestetico... se soltanto riuscissimo a diluirlo senza che perda in efficacia. - Il suo sorriso si estese ai colleghi, che la salutarono con cortesi cenni del capo. - Puoi restare qui con lui? - Certo. Sandy mi ha dato del brodo. - Buona idea, il brodo. A Sydney, quando curavo le ferite dei catteni, il pericolo maggiore era la disidratazione. Bada che beva quanto più possibile, anche se fosse solo acqua - e le indicò una brocca velata di condensa sul pavimento, appena fuori dalla portata di Zainal. - Ma avrà bisogno anche del contenuto nutriente del brodo.
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9 Per quanto grossi, forti e coriacei, i catteni devono mantenere il loro equilibrio interiore. - Mi occuperò di lui. - Bene. - Leon studiò un pezzo di carta di corteccia. - Chi è il prossimo? - Quello con la gamba fratturata - rispose uno dei suoi colleghi, consultando a sua volta un foglietto. Se ne andarono tutti e Kris esaminò la gamba di Zainal, ora medicata con un impiastro. Avvertì l'odore di lievito del pane caldo quando si chinò su di lui. Era immobile, con il respiro lento e regolare ma, quando gli toccò la guancia, la pelle era ancora molto calda. Sciacquò la fibra che veniva usata come compressa e gli rinfrescò il volto. Poi prese un cucchiaio dal bordo levigato, abbastanza incavato da contenere una considerevole quantità di liquido, e gli fece gocciolare acqua sulle labbra. Con pazienza infinita, riuscì a fargliene bere una mezza tazza, quindi gli bagnò di nuovo la faccia, il torace e le braccia. Gli avevano tolto la tuta e una rapida sbirciata le permise di verificare che gli avevano coperto le parti intime con un pezzo di stoffa, così da non farla sentire in imbarazzo. Non era così muscoloso come le era sembrato, e la voluminosa tuta nascondeva un corpo decisamente ben fatto. Scosse la testa, sorpresa da quella riflessione imprevedibile. Diamine, cosa c'è di male ad ammirare un fisico di tutto rispetto? Niente, a meno che non pensi a quel corpo accanto al tuo! Ehi, ragazza, piantala! si redarguì con severità. Gli strofinò la pelle, più morbida di quanto lasciava sospettare il colore grigiastro, ed espirò, cercando di liberarsi da una strana sensazione nelle viscere. Sbavi dietro un catteni, ragazza? Sei disgustosa! Ciò nonostante, l'occasione di toccarlo, in un modo che fosse qualcosa di più del normale rapporto tra infermiera e paziente, era irresistibile. Gli lisciò all'indietro i serici capelli grigi, sottili come quelli di un neonato. Nel sonno, i lineamenti erano ancor più aristocratici, se li paragonava a quelli di altri catteni. Sì, apparteneva decisamente a una casta ben più nobile di quella del mercenario medio. Era ormai così abituata al suo aspetto da non vedere più in lui l'alieno.
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Hmmm. Bene, era meglio quell'atteggiamento di una cieca xenofobia! Quando non era occupata a farlo bere - era riuscita anche a dargli un po' di brodo, ormai abbastanza freddo - riposava sul suo letto, sonnecchiando. Si chiedeva se sapesse che stavano facendo del loro meglio per aiutarlo, perché era di un'immobilità totale, e non aveva fatto il minimo gesto neanche quando gli avevano applicato l'impiastro bollente. La sua unica reazione era di deglutire quando gli dava da bere. Altri rumori all'esterno, per quanto soffocati, l'avvertirono di un incremento di attività nell'ospedale. Lenny mise dentro la testa. - Anche se lui non mangia, tu non dovresti saltare i pasti. Fino a quel momento, Kris non si era resa conto di quanto fosse vuoto il suo stomaco. - Cosa offre il menù? - gli chiese in tono scherzoso. Lui sorrise e, da dietro la schiena, tirò fuori un piatto completo di coperchio, a guisa di fiamminga. - La qualità continua a migliorare - disse, scoperchiandolo. - Mio Dio, ha un aspetto umano - esclamò Kris, piacevolmente sorpresa. Il pasto era composto da altri tuberi, lessati a giudicare dall'aspetto, una porzione di volatile e due porzioni di verdure. - Proprio quello che ha ordinato il dottore! Ti lascio a gustartelo! Oh... - Lenny riapparve sulla porta. - Stasera riunione generale quando suona il gong. - Gong? - chiese lei, ma Lenny era già scomparso. Mangiò con appetito; il cibo era squisito. Le razioni di tavolette erano senz'altro nutrienti, ma un piatto di cibo autentico e vario, quello sì era da società civile. Aveva appena terminato quando Leon entrò; aveva un aspetto più riposato. - Com'è la situazione? - Beve sia acqua sia brodo ogni volta che glieli do, e l'ho rinfrescato a intervalli. Ma non si muove molto concluse Kris, guardando con ansia Leon Dane.
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9 - Hmmm. È normale. Autentici adepti della brigata far-buon-viso-a-cattivo-gioco. Soffrono in silenzio, ma sospetto che sia più cosciente di quanto sembri. Zainal? Leon si chinò sul catteni, posandogli la mano prima sulla fronte quindi sull'arteria alla sinistra del collo. Proseguì l'esame, controllando la temperatura della pelle e poi palpando la coscia. - Hmmmm. -I tuoi "hmmm" sono sempre più lunghi - commentò Kris con sarcasmo. - In caso di dubbio, uno "hmmm" è rassicurante. - Per chi? - Per chi ha l'abitudine di ricorrere agli "hmmm". Tolto l'impiastro, Leon tastò con delicatezza la zona della ferita, che era diventata di una sgradevole sfumatura grigio/arancio/verde. - Sì, penso che stia agendo. - Davvero? - Kris si chinò per vedere da cosa derivasse il suo ottimismo. Lo spaventoso cratere aveva un aspetto... più sano fu l'unica definizione che riuscì a trovare. Di un rosso normale invece che infiammato, e il gonfiore era diminuito in modo notevole, così che la rotula era di nuovo visibile. - Credo che tu abbia ragione. - Continua a dargli da bere. Ah, sei sveglio - aggiunse Leon quando Zainal li sorprese aprendo gli occhi. - Devo vuotare la vescica - disse con voce chiara. Ridendo, Leon andò a prendere ai piedi del letto un utensile dalla forma ingegnosa che Kris non aveva ancora notato. Si affrettò a battere in ritirata mentre il dottore assisteva il malato. Il dottore uscì, reggendo in mano l'utensile e ridacchiando tra sé. - Se la caverà. Non scordarti della riunione di stasera. - Da quanto tempo sei sveglio, Zainal? - chiese Kris, con diffidenza. - Mi sono svegliato a intervalli - rispose lui a occhi chiusi, ma tese la mano e, quando lei gliela prese, li riaprì. Vi era in essi un'espressione che le gonfiò il petto di un'emozione indefinibile, così intensa che le si inumidirono le palpebre. La sua era una stretta delicata e la pelle
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più che calda. - Sapevo che eri qui, vicino all'acqua. Gentile da parte tua, molto gentile. - Non c'è di che. - Kris gli coprì la mano con la propria. - Tu sei... noi siamo compagni. Ci prendiamo cura uno dell'altro. Zainal batté le palpebre. - Compagni? - In mancanza di un termine migliore, sì. Non ti abbandonerò. - Lo so. - Zainal ritirò la mano e lasciò cadere il braccio lungo il fianco, chiudendo di nuovo gli occhi. Acqua? Non sono più pieno. - Le sue labbra si distesero in un sorriso. - L'acqua saporita. - La chiamiamo brodo. - È buono. Kris lo nutrì, felice di farlo. Alla riunione c'era una gran folla, anche se Kris sentì la mancanza dei seguaci più assidui di Mitford, i rugarian come pure i Doyle. Erano presenti tutti i malati che era possibile trasportare: Anna e il suo bambino, i casi di fratture... tutti tranne Zainal. Kris era offesa per lui ma riuscì a convincersi che la sua indignazione era ingiustificata; era chiaro che Zainal stava troppo male per muoverlo e lei avrebbe sempre potuto riferirgli di cosa si era discusso, come anche difenderlo se necessario. Perché si sentiva così protettiva nei confronti del catteni? Vide Jay Greene con Patti Sue e li raggiunse; si appoggiò alla parete rocciosa, alla sinistra di Jay. - Cosa succede? - È una delle sedute di Mitford per sollevare il morale e comunicare le ultime novità - spiegò Jay. - Quali novità? - chiese Kris con un sorriso innocente, sapendo che lui la stava stuzzicando. - Il gruppo che tu e Zainal avete scoperto non era l'unico scaricato quella notte. Mitford ha mandato una pattuglia in ricognizione per controllare quanti campi sono stati seminati secondo quello che riteniamo essere il metodo classico dei catteni.
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9 - Altra gente? - Kris si guardò in giro; l'accampamento era superaffollato dopo l'arrivo dell'ultimo gruppo di profughi. Come avrebbero potuto far fronte alle inevitabili complicazioni? In quel momento, il triangolo riecheggiò e sulla folla calò il silenzio. Mitford si alzò e aspettò di avere l'attenzione di tutti. - Bene, gente, ascoltate. Ci sono altri profughi... Fece una pausa finché il mormorio, nel quale a Kris parve di avvertire un certo rancore, oltre alla sorpresa e alla preoccupazione, si fu calmato. - Io lo giudico un buon auspicio, considerando le relazioni che mi sono state fatte. Soggiogare la vecchia cara Terra non è così facile come i catteni avevano previsto. - Si levò un applauso. Inoltre, con loro abbiamo appena aumentato il nostro reparto di specialisti di quattro medici, diciotto infermieri, nove tecnici di computer, quattordici ingegneri, diversi esperti cacciatori australiani e un mucchio di personaggi utilissimi, compresi alcuni cuochi professionisti, così che la qualità della nostra cucina dovrebbe migliorare in un prossimo futuro. - Anche con così tante bocche da sfamare, sergente? - gridò una donna. Lui liquidò quel commento con un gesto della mano. - Disponiamo di un intero pianeta per andare a caccia e abbiamo grano in quantità, immagazzinato in luoghi a noi accessibili. - L'inverno si avvicina... - Anche il Natale e, tra non molto, quei pannelli solari ci daranno il riscaldamento. Calmatevi. Per risolvere la scarsità di alloggi, ci trasferiremo negli edifici che sappiamo vuoti e già perlustrati. - Ma tutte quelle macchine... - Sono state disarmate - replicò Mitford con la sua voce roboante da piazza d'armi. - L'Hilton o, se preferite, lo Sheraton di Botany, è sicuro, solido e offre spazio in abbondanza. I nostri arredatori sono stati occupati a disegnare modifiche, così resterete sorpresi nel vedere come starete comodi. - Non sono sicuro di voler vivere gomito a gomito con delle macchine...
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- I vicini più tranquilli che abbiate mai avuto, ci scommetto - ribatté Mitford, suscitando le risate. - C'è anche la possibilità di riuscire ad avere un sistema di ricetrasmettitori, adesso che abbiamo tanti tecnici in più. Tutti quei macchinari saranno riciclati a nostro vantaggio. - Già, e cosa succede quando i proprietari lo scoprono? L'uomo aveva parlato con un lieve accento, ma Kris non riuscì a individuarlo. - A quanto ne so, Doctor Who è sempre riuscito a sfuggire alle macchine e noi possiamo fare altrettanto disse Mitford in tono allegro, attirandosi altre risate. Parlando seriamente, la nostra popolazione sta aumentando e - fece una pausa - sono tutti benvenuti. Ci sono pari opportunità per tutti, che questo sia ben chiaro. Mi avete capito? - Attese la reazione e, con grande sollievo di Kris, ottenne un cordiale applauso. - Tanto per cominciare, l'unione fa la forza, soprattutto quando possiamo reclutare un sacco di specialisti, in grado di migliorare le nostre condizioni. Diavolo, sono passati sedici giorni da quando ci hanno scaricato su quel campo, ridandoci la libertà, e abbiamo già cucchiai e forchette, oltre a razioni migliori di quelle con cui siamo atterrati. Inoltre, abbiamo risolto alcuni problemi fondamentali dei nostri alleati da quando Zainal e Kris Bjornsen hanno trovato una pianta che sembra adatta ai deski. Anche se Zainal l'ha trovata... nel modo più difficile. Applausi e risate accolsero le sue parole, e Kris provò piacere nel verificare che i meriti di Zainal erano stati riconosciuti e che i deski si stavano riprendendo. - Noi yankee godiamo fama di riuscire a creare dal nulla, e non possiamo che migliorare ora che gli australiani si sono uniti a noi. Domattina, sull'albo ci sarà l'ordine di servizio - e Mitford indicò la parete della caverna principale di fronte a lui - così assicuratevi di controllare. Cercheremo di far spazio qui al quartiere generale per accogliere i profughi. Tesco ha la responsabilità degli alloggi, Dowdall assegnerà i compiti. Se avete bisogno di parlarmi, rivolgetevi a Cumber. Per ora, è tutto, gente. ROOOOMPETE LE RIGHE!
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9 L'ordine militaresco venne accolto da altri scoppi di risa, e Mitford scomparve nell'oscurità, oltre il falò principale. - Ciao, Patti Sue. - Kris si sporse davanti a Jay per parlarle. - Ho sentito che sei stata un'autentica Nightingale per i deski. Patti Sue infilò il braccio in quello di Jay con un gesto di possesso che indicava come fosse migliorata dalla ragazza terrorizzata che era un tempo. - Faccio quello che posso - rispose, con l'accento strascicato più marcato che mai. - Hai fatto meraviglie, e lo sai - disse Jay, accarezzandole la mano. - Sapete se ce ne andremo da Camp Rock? - chiese Kris. Jay si strinse nelle spalle. - No, non ancora. Nel cuore della notte, Kris fu svegliata da un baccano nel corridoio. Si svegliò perfino Zainal, che si puntellò su un gomito per cercare di vedere cosa succedeva. - Non ti sognare di mettere un piede per terra - lo minacciò lei, obbligandolo a sdraiarsi. Gli tastò la guancia; era molto più fresca dell'ultima volta che l'aveva controllato. - Stai meglio. Non combinare guai, mentre vado a vedere. Gli aveva riferito della riunione e che Mitford gli aveva riconosciuto il merito di aver trovato la soluzione per i deski. - Anche se hai dovuto farlo nel più astruso dei modi - aveva concluso, con un po' di acredine. Lui si era limitato a sbuffare. - Almeno, adesso sanno che c'è un catteni che è una brava persona. - Forse altri non sarebbero stati dello stesso parere, ma non aveva espresso quel dubbio a voce alta, anche se persisteva in un angolo della sua mente. Avvolse gli stivali intorno ai piedi, l'unica cosa che si togliesse prima di andare a letto, e uscì nel corridoio. - Bene! - Uno dei nuovi medici australiani l'afferrò per il braccio. - Ci servono tutti quelli in grado di aiutarci. I nuovi arrivati non avevano avuto la fortuna di uno Zainal o una Kris a insegnargli come tener lontano gli
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spazzini, e ce n'erano molti con braccia e gambe straziate. La maggior parte delle vittime parlavano lingue incomprensibili, ma che sembravano slave e scandinave. Solo alcuni conoscevano un po' di inglese. Quando Leon la mandò a procurarsi altre provviste e a radunare altri aiutanti, Kris vide che la gola era stipata di corpi, crollati a terra dove si erano fermati, troppo stanchi per fare un altro passo. La caverna-cucina risplendeva però di luci. Sandy, Bart e altri cinque o sei erano affaccendati intorno ai loro camini, mentre Jay e Patti Sue distribuivano razioni di cibo. Jay non perse tempo a evadere l'ordine per l'ospedale e Kris tornò sui propri passi. La terza luna era tramontata quando alla fine potè tornare nella minuscola caverna che divideva con Zainal e, quando vi entrò, dovette scavalcare gli altri tre corpi che trovò sdraiati sul pavimento. Per fortuna, dormivano tutti di un sonno profondo, anche se le parve di vedere gli occhi di Zainal brillare alla luce del corridoio. Di conseguenza, nessuno fu in grado di attenersi ai particolareggiati ordini di servizio affissi all'albo. Furono inviate altre pattuglie per radunare i dispersi, per cacciare e per prelevare dal deposito provviste supplementari di grano. Jay si lamentava che erano costretti a spingersi molto lontano da Camp Rock per trovare legna da ardere e fascine per i letti. Entro mezzogiorno, tutti i nuovi arrivati erano stati nutriti e avevano un posto dove stendere la loro coperta. I rugarian, condotti da Slav, tornarono alla fine con le casse delle provviste lasciate con quell'ultimo gruppo, che Mitford decise di chiamare Classe C. Tutta la mattina era stata dedicata a ottenere informazioni da quelli che parlavano inglese tra i russi, i norvegesi, gli svedesi, i danesi, i bulgari, i rumeni e alcuni greci che componevano il contingente. Il fatto che così tante e diverse nazioni resistessero ai catteni sulla Terra rialzò il morale a tutto l'accampamento. - Ma perché scaricarli qui se non parlano nemmeno inglese? - si lamentò uno.
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9 - Ce la caveremo - rispose un altro. - Diamine, conosco cinque frasi in deski e nove in mg. Qualche lingua in più non mi spaventa. Almeno, fino a quando avranno imparato l'inglese. Ora di sera, la popolazione era aumentata di millecinquecentodue individui: molti di più di quanti l'accampamento potesse ospitarne sfrattando tutto lo spazio disponibile. Della Classe C, quelli che parlavano inglese e non erano stati feriti o avevano solo lesioni minori, furono mandati con Sandy, Joe Lattore e Tesco a organizzare alloggi negli edifici del mattatoio. - Non sanno cosa vi è successo, e non intendo dirglielo - dichiarò Sandy a Kris, mentre imballava pentole e utensili. - Ho l'incarico di organizzare la cucina. Ci sono venti stalle, vero? - Quando Kris annuì, aggiunse: - È probabile che riusciremo a sistemarne molti di più di quelli che abbiamo accolto qui, e servirà a diminuire la ressa. Non c'era più un solo posto a sedere nella cavernacucina e tutti i camini funzionavano a tempo pieno. L'odore di corpi non lavati, che emanavano tanto puzza di paura quanto di sudore, mascheravano i profumi più appetitosi della carne alla griglia e del pane fresco. Quando Sandy e il suo contingente se ne furono andati, Kris non ebbe l'impressione che avessero guadagnato molto spazio mentre tornava all'ospedale con il brodo che era andata a prendere. Zainal era più interessato alle notizie che al cibo, ma mangiò con appetito. La gamba si era sgonfiata quasi del tutto e la ferita si stava rimarginando, anche se aveva ancora le dimensioni di un cratere e Leon aveva detto chiaro e tondo che Zainal doveva evitare di muoversi. Lui, tuttavia, dava una mano quando c'era da sollevare i pazienti per cambiare loro la medicazione o per trasferirli in un altro alloggio. Faceva più di quanto avrebbe dovuto, ma lei non poteva tenerlo d'occhio tutto il tempo e c'era un sacco di lavoro per alleviare le condizioni dei feriti, avendo a disposizione come antidolorifico o disinfettante solo l'irritante fluido dei catteni. Quanto all'anestetico, era così potente che ne bastava una goccia e il paziente restava in stato di incoscienza per un
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giorno intero. Malgrado il sollievo che offriva, da un punto di vista medico era imprudente usarlo. - A prescindere da ogni altra considerazione, i morsi di questi spazzini sono netti - disse più tardi Leon, mentre Kris l'aiutava a bendare un braccio ferito. La carne era stata asportata con la stessa precisione che si sarebbe ottenuta usando un bisturi, ma il paziente aveva perso anche parte del muscolo oltre alla carne e, dall'estensione della ferita, Kris temeva che non avrebbe riacquistato l'uso del braccio. - Sono anche morsi enormi - mormorò sottovoce, dopo aver controllato che la vittima fosse incosciente. Leon si limitò a sospirare, senza interrompersi. Kris era stupita di riuscire a sopportare la vista di squarci spaventosi nella carne e nei muscoli con un'obiettività che non sapeva di possedere. Mai una volta era stata colta dalla nausea, come era successo ad altri infermieri avventizi. Completata la medicazione, lei e Leon terminarono il giro e si diressero verso la parte anteriore dell'"ospedale". Soffiava una brezza che rinfrescava l'aria nel "reparto di pronto soccorso", deserto per la prima volta da molti giorni. - Tu hai bisogno di nutrirti e di riposare - disse Kris prendendo Leon per il braccio - non necessariamente in questo ordine, ma io baderò che tu mangi! - Inspirò una boccata di brezza. - Ha anche un buon profumo. - Tenendolo per il braccio, lo trascinò verso la caverna-cucina. - Odio le donne autoritarie - protestò Leon, ma senza convinzione. Sotto la cengia, nel suo "ufficio", Mitford stava ancora interrogando gli individui sani dell'ultimo gruppo ma, dall'espressione della faccia sua e di Esker, non faceva molti progressi con i due biondi scandinavi. - La maggior parte degli scandinavi parlano inglese — osservò Leon. - Quelli che hai incontrato a Sydney, o quelli di Oslo, Bergen o Copenhagen? Leon rise debolmente. - Ho sempre sognato di dedicare un anno a viaggiare.
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9 - Indovina un po'? È quello che stai facendo. Kris avvertì la mancanza di Sandy al suo camino, ma Bart era presente ed era chiaro che avevano affidato a lui la gestione della cucina. - Mai fatto un lavoro così monotono - si lamentò quando si avvicinarono al suo camino. Roteò gli occhi al cielo e si asciugò il sudore dalla fronte con un tampone di fibra, che gettò quindi nel fuoco. - Passo cucinando tutte le ore che il Signore ha stabilito per le assurde giornate di questo pianeta. Cosa gradite? Abbiamo zuppa per antipasto, zuppa per primo, e ancora zuppa come piatto principale. Ci sono perfino dei cracker - aggiunse, offrendo loro dei pezzi quadrati e non lievitati - perché abbiamo finito il pane e la nuova infornata non è ancora cotta. - Diamine, penso che sceglierò la zuppa - disse Kris, procurandosi una ciotola pulita dal mucchio accanto al camino. - Io, invece, correrò il rischio e proverò la zuppa - dichiarò Leon e Bart sorrise, riempiendo le loro ciotole. - Non chiedetemi cosa c'è dentro - fu il suo ultimo avvertimento quando si allontanarono. - Promesso - replicò Kris, ridendo. La zuppa era saporita, con un gusto piccante e pezzi di carne non identificabili. Le riscaldò lo stomaco, ridandole energia. Cioè, fino a quando vide Zainal che scendeva con cautela i gradini che portavano all'ufficio di Mitford. - Cosa diavolo crede di fare? - domandò Leon. - Qualcosa di diverso che starsene a letto a poltrire rispose Kris. Stropicciò i piedi con nervosismo, sapendo che non avrebbe dovuto seguire l'omone, ma volendo assicurarsi che la sua ferita non si riaprisse. Si rilassò, tuttavia, vedendo con quanta prudenza affrontava la discesa. La domanda era: cosa aveva Zainal di così urgente da discutere con Mitford, al punto di correre il rischio che la ferita si riaprisse? Qualcosa che non si fidava far riferire da lei? Calmati ragazza, si disse con fermezza. Era forse la sua guardiana, ma non la sua coscienza. Qualunque cosa gli stesse dicendo, il sergente lo ascoltava con molta attenzione. Zainal era ancora nell'"ufficio"
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quando lei e nare al lavoro.
Leon
finirono
di
mangiare
e
dovettero
tor-
Quella sera Esker la trovò mentre aiutava altri pazienti - nessuno dei quali capiva una parola di inglese - nella sua caverna. - Mitford
ha
bisogno
di
parlarti.
Anche
con
te,
Zai-
nal. Se n'era già andato prima che Kris potesse interrogarlo ma, riflettendo al tono con cui era stata fatta, la convocazione non la mise in ansia. Dopotutto, Zainal aveva appena avuto un'animata discussione con Mitford. Il sergente era forse arrivato a una decisione? Sempre che ce ne fosse bisogno di una? Come al solito a quell'ora della sua lunga giornata lavorativa, Mitford era seduto accanto al fuoco, con la brocca piena a terra vicino alla sua pietra e la tazza mezza piena in una mano. Nell'altra, aveva un bastone, con cui stava attizzando il fuoco. - Zainal ha avuto l'idea balorda di mandare un "mayday" alla sua gente la prossima volta che ci sorvolano esordì Mitford. - Secondo lui, ci dobbiamo aspettare che scarichino altri profughi. - Sospirò, al pensiero dei problemi che un altro incremento della popolazione avrebbe creato. - Ora, tanto per cominciare, non so se mi va di chiedere il loro aiuto, ma la verità è che abbiamo bisogno di medicinali e di sostanze nutrienti per i deski. Le foglie dei rovi non sono sufficienti, non per i deski più anziani, mentre hanno giovato a Coo. Non vorrei perdere nessuno, umano o alieno che sia. - Come potremmo contattarli? - chiese Kris, rivolta a Zainal. - Scriviamo messaggio su campo. - Zainal spiegò un pezzo di corteccia sul quale erano scritti, o forse disegnati era un termine più esatto, quattro complicati geroglifici. - Come? Non disponiamo ancora di vernice. Lui sorrise brevemente. - Il terreno è scuro sotto... Agitò una mano perché non gli veniva la parola esatta.
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9 - Stoppie? Erba? - suggerì Kris. - Qualsiasi cosa. Togliamo superficie, lasciamo terra nuda. Era una buona idea, solo che Kris condivideva l'ovvia riluttanza di Mitford a stabilire contatti con i catteni. - Mettiamo messaggio a molti campi da qui. - Zainal indicò verso il nord. - Loro sanno noi vivi e portare altri. - Sanno che siamo qui? - chiese Kris, turbata, anche se Mitford aveva un'aria più ottimista. Zainal annuì. - Sensori di calore. - Stirò il labbro in una smorfia. - Ecco perché ci sorvolano. - Hm, l'avevo sospettato - disse Mitford. - Bastardi! La smorfia di Zainal si trasformò in un sorriso divertito e Kris rimase di nuovo stupita nel vedere come il sorriso alterasse l'espressione della sua faccia di alieno. Sembrava quasi umano, a parte il contrasto tra i denti bianchi e il grigio della pelle. - Sanno che noi vivi, così mandano altri. - Già, ma non sanno ancora dell'esistenza dei mecho! Zainal scrollò il capo. - I sensori trovano corpi caldi, non macchine. - Hmmm - borbottò Mitford, attizzando il fuoco con il bastone. - Coo ancora debole ma giovane. I più anziani stanno sempre peggio - insistette Zainal in inglese. Poi, preoccupato di farsi capire, ricorse al barevi. - I catteni fanno prigionieri ovunque, ma li trattano bene. Tutti, rugarian, deski, tur, ilginish, terrani. Se godono buona salute, lavorano meglio. Chiedere cibo adatto è comprensibile. - Non lo troveranno strano che lo chiediamo con simboli catteni? - chiese Kris, indicando la corteccia con il messaggio. Zainal sorrise di nuovo, un sorriso ampio. - Sanno che gli umani sono intelligenti - rispose, in inglese. Troppo intelligenti così li scaricano qui. Qui, niente guai. Coo e Pess sono brave persone. Non possiamo perderli. - Si rivolse a Mitford, senza nascondere l'ansia. - Ho lavorato prima con deski e rugarian. Brave persone. Li salviamo? - Hai fatto in fretta a imparare l'inglese, Zainal - lo complimentò Mitford, forse per prendere tempo, pensò
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Kris. - E i deski meritano di essere salvati. I tuoi amici si limiterebbero a scaricare le provviste? - Zainal annuì. Non verrebbero a cercarci? - Zainal scosse la testa. Perché no? Zainal scoppiò a ridere. - Voi essere guai. Loro... Fece una pausa e Kris capì che stava rimuginando per trovare le parole giuste. - Sono prudenti. Anch'io sono prudente. - Significa che non approfitteresti dell'occasione per andartene da Botany? - chiese Mitford in un tono così amabile che Kris si augurò che Zainal non si accorgesse di essere sottoposto a un subdolo interrogatorio. - Non riprendono quello che scaricano - disse, stringendosi nelle spalle con filosofia. Mitford fece una smorfia. - Perciò, non c'è la possibilità che tu riesca a requisire una delle loro astronavi? Zainal rifletté e alla fine scosse la testa. - Loro scegliere con attenzione dove scaricare. Soprattutto vicino a voi terrani. - Come fai a saperlo? I denti di Zainal brillarono alla luce del fuoco. - Lo sapevo da prima, su Barevi. Molte chiacchiere. Inoltre, vedo come lavorate. - Grazie, amico - replicò Mitford con ironia, ma lusingato. - Perché, allora, dovrebbero farci un favore? - Io spiego perché. - Zainal era più teso ora e Kris ebbe l'impressione che il sergente lo tartassasse troppo, come se non credesse alla sua sincerità. - Loro tenere noi in buona salute per... migliorare questo pianeta. Zainal tese il pezzo di corteccia con i simboli e li spiegò, indicandoli con un grosso dito. - Questo dice "scaricare" - e mostrò l'intricato uncino al centro del primo geroglifico. - Questo dice "cibo"e fece correre il dito intorno alla spirale successiva. Questo sta per deski, e questo significa "pericolo di morte". Il quarto dice "medicine per infezione". Quattro soltanto. Facile da fare, facile da leggere da lontano. - Il suo tono era freddo e deciso. - D'accordo, d'accordo, amico - disse Mitford. - Era mio dovere chiederlo.
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- Questo, ora, è anche mio popolo raddrizzando le larghe spalle, come a sergente di parte di quel fardello.
- aggiunse Zainal, voler sollevare il
- Siamo un popolo unico, ora! - dichiarò Mitford con tanta veemenza che Kris trasalì. Notando la sua reazione, lui le scoccò un sorriso. - Forse finirò perfino per provarci gusto, a comandare questa accozzaglia di gente. Quando credi di poter partire, Zainal? - Al sorgere del sole. Kris iniziò a protestare ma il sergente sollevò una mano per zittirla. - Se pensa di potere, può. Quei deski hanno bisogno di cibo adatto. Abbiamo bisogno della loro abilità. Tu vai con lui, Kris. Quanti te ne occorrono per incidere il messaggio, Zainal? Il catteni indicò con un gesto della mano che sarebbe andato da solo. - Scherzi, amico - si irritò Mitford. - Avrai bisogno di aiuto per disegnare quelle lettere abbastanza grandi da essere viste dall'alto. Lo so. Mi è capitato di farlo in Vietnam. Anche per un semplice SOS ci vuole tempo. Si rivolse a Kris, con un'espressione quasi ansiosa. Conosci per caso qualche lingua scandinava? - Al suo cenno di diniego, sospirò. - Gli unici che posso mandare con voi sono gli ultimi arrivati, così insegnerete loro i nostri metodi. Ne sceglierò uno che parli inglese, e che faccia da interprete. Capito? - Capito, sergente. - Kris si alzò, consapevole di essere stata congedata. Zainal tese la mano a Mitford, che non esitò a prenderla e stringerla. - Non te ne pentirai - disse Zainal, alzandosi in piedi. - Spero proprio di no - replicò il sergente. - Esker vi farà trovare una pattuglia pronta alle prime luci.
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La mattina seguente, anche se camminava adagio, Zainal non dava l'impressione di voler risparmiare la gamba ferita. Mentre lasciavano Camp Rock, Kris si rese conto che la sera prima i due uomini avevano evitato - forse inavvertitamente - di discutere cosa sarebbe successo se i mecho fossero comparsi per primi. Certo, con l'approssimarsi dell'inverno... ma non le sembrava realistico che tutto ciò che c'era di meccanico andasse in letargo con la chiusura della stagione della coltivazione. Possibile che non ci fosse una specie di supervisore, o soprintendente o sorvegliante del pianeta? Forse su uno degli altri continenti? Doveva esserci qualcosa che controllasse il tutto. Non arrivando reazione alcuna dagli hangar, ora che i pannelli solari erano disattivati, doveva esserci qualcosa che registrasse quel particolare. E che provvedesse a verificare. Era proprio una reazione quello che loro speravano di ottenere. Oppure gli obiettivi di Mitford erano cambiati, ora che si stava abituando all'idea di essere il capo assoluto su Botany? Bene, come era solita dire sua nonna, perché fasciarsi la testa prima di essersela rotta? Benché quella notte non avessero dormito molto perché due dei loro compagni di stanza erano troppo irrequieti, Kris e Zainal erano in piedi molto prima che albeggiasse. Avevano mangiato - Bart era andato a dormire, spiegò uno degli altri cuochi sbadigliando - e stavano radunando le provviste per il viaggio quando entrò Esker con sei persone, cinque uomini e una ragazza, alta quasi quanto Kris, la quale parve sollevata nel vedere di non essere l'unica donna del gruppo.
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- Io parlo inglese - annunciò. - Mi chiamo Astrid. Questi sono Ole, Jan, Oskar, Bjorn e Peter. Vivevamo vicino a Oslo. Esker ci ha detto che veniamo con voi, a scavare? - Sì, a scavare - rispose Kris con un sorriso rassicurante perché era ovvio che ad Astrid sembrava un lavoro strano. Strinse le mani a tutti. - Lui è Zainal, il nostro capo. - Avete un catteni come capo? - bisbigliò Astrid, allarmata. - È anche bravo, altrimenti vi avrebbero mangiato. - Come hai detto? - Gli spazzini. Quelle bestie che uccidono di notte su questo pianeta. - Kris mimò una bocca con una mano e finse di mordersi. Astrid reagì, balzando indietro. - Non sempre capisco - si scusò. - Siamo ancora vivi. Aiutiamo altri a vivere? - Proprio così! Mandiamo un messaggio, per aiutare i deski, che hanno problemi di alimentazione. - Qualcuno lo leggerà? - Astrid non nascondeva di essere confusa. Uno degli uomini le chiese qualcosa nell'armoniosa lingua norvegese. Lei gli rispose, prima di rivolgersi di nuovo a Kris. - Non ci credo. - Credimi. Scaveremo i simboli nel terreno perché li vedano dall'alto. - Kris mimò le varie azioni. - Oh. - Astrid lo spiegò ai suoi compatrioti, che annuirono. - Kris? - Lei riconobbe una delle infermiere australiane nella donna che si precipitò nella caverna, agitando un sacco fatto con una coperta, il tessuto usato per fare di tutto, dai grembiuli alle tende. - Una scorta di bende per la gamba di Zainal - disse, con un'occhiata di rimprovero al catteni. - Lo sapevo che saresti partito senza prenderle, e quella gamba ha bisogno di essere medicata tutti i giorni. Anche se sei una specie di superman, sanguini rosso come tutti noi. Ecco qui! - Gli ficcò il sacco in mano, girò sui tacchi e uscì di corsa. Con una mezza smorfia e un po' imbarazzato, Zainal infilò il sacco in quello più grande che portava.
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- Andiamo, adesso - annunciò. Che avesse visto o no i gesti di Mitford durante la loro prima marcia, sollevò il braccio sopra la testa e lo abbassò nella direzione che dovevano prendere. Rassicurata dai suoi modi, Kris fece cenno agli altri di seguirla. Anche se Zainal non impose il ritmo che avevano mantenuto la prima volta che era andata in perlustrazione con lui, di certo non camminava adagio. Quando fecero la prima sosta Kris aveva già capito che i norvegesi non li avrebbero rallentati; era probabile che fossero abituati a sciare tutto l'inverno. Comunque, tenne d'occhio Zainal, per notare se cercava di risparmiare la gamba ferita. Si accorse allora che anche lui la stava osservando. - Ci dici i nomi delle cose? - chiese Astrid durante la sosta. - Non credo di conoscerne molti - confessò Kris, bevendo un sorso d'acqua dalla sua bottiglia di argilla. La fornace di Sandy funzionava, e aveva anche trovato una vernice vetrosa così la borraccia, pur essendo ancora fragile, non perdeva. Adesso, attaccato alla cintura aveva anche un sacchetto in cui tenerla. -I nostri botanici vanno in giro a esaminare le piante per vedere quali sono commestibili, ma non posso dire di essermi tenuta al corrente della loro attività. - Sei fuori in pattuglia? - La maggior parte del tempo. - Sai cosa sono quelle macchine? - Ah, sì. - Kris glielo spiegò, e Astrid tradusse per i suoi compatrioti finché Zainal diede il segnale di rimettersi in marcia. - Siete stati bravissimi - disse Astrid quando Kris ebbe terminato la sua breve storia di Botany. - Siamo contenti che noi scaricare qui. - Che ci abbiano scaricati qui - la corresse Kris per un riflesso automatico. - Oh, scusami, ma Zainal vuole che lo aiuti con il suo inglese. - Aiuta anche il mio. - Tu... insegnare... a noi? - chiese uno degli altri uomini. Kris pensò che fosse Ole, ma non aveva ancora imparato a distinguerli.
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- Potrei anche. Lezioni di inglese mentre si marcia. - Non abbiamo con noi i deski per avvertirci del pericolo che vola - disse Astrid, guardando il cielo con apprensione. - Ci hanno informato che ci sono spaventosi mostri volanti - aggiunse, vedendo che Kris era stupita che lo sapesse. - Gli hangar nelle vicinanze sono tutti disattivati, perciò non credo ci sia il rischio che ci piombino addosso. - Scusa? - L'inglese di Astrid era abbastanza limitato. - Scusami tu - replicò Kris, e ripetè la frase in modo più comprensibile. - Anch'io voglio ascoltare e imparare - Zainal rallentò il passo e, affiancando le due donne, mise un braccio sulle spalle di Kris. - Sarà meglio che tu non ti distragga e tenga gli occhi aperti - replicò lei, liberandosi del suo braccio e precedendolo. Capì subito di aver esagerato. Perché diamine aveva rifiutato il suo gesto amichevole, quando in realtà le piaceva averlo vicino? Pentita di averlo trattato così bruscamente, rallentò il passo e gli prese la mano. Dopo la seconda sosta, Zainal piegò verso nord, indicando vasti campi di stoppie dorate che si estendevano in salita, fino a una vetta rocciosa. Se, come Zainal spiegò, i catteni seguivano sempre la stessa rotta per sbarcare i prigionieri, quei campi sarebbero stati visibili nel caso avessero sorvolato di nuovo Camp Rock. Raggiunsero la loro destinazione a metà pomeriggio. Zainal mandò Kris e due degli uomini a caccia di rocksquat. Oskar e Bjorn si dimostrarono provetti con l'arco e le frecce, ed entrambi si congratularono con lei quando abbatté quattro volatili con tiri di fionda ben piazzati. Avendone però mancati sei, lei non era molto soddisfatta del risultato. Era evidente che gli uomini conoscevano l'arte della caccia perché, appena trovarono un torrente, scuoiarono e sventrarono la selvaggina senza che lei dovesse spiegar loro come si faceva. Lavarono le carcasse e le pelli, e stavano per seppellire le interiora quando Kris li avvertì che non era necessario.
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Sulla strada del ritorno, individuò tra le siepi alcuni tipi di verdure nutrienti e li raccolse. Fece anche scorta di tuberi, che crescevano ai bordi dei campi; fritti, sarebbero stati un ottimo contorno per la carne arrostita. Zainal, aiutato dagli altri, aveva delineato con sassi i geroglifici che avrebbero dovuto scavare nel terreno. Li stava sistemando lungo il perimetro del secondo enorme disegno, mentre i suoi compagni raccoglievano pietre. In cima al campo, Kris vide anche un cerchio di pietre dove ardeva un bel fuoco, alimentato dagli escrementi delle mucche-luuh, raccolti strada facendo. Sarebbero bastati pochi passi per mettersi al sicuro sull'altura rocciosa, notò Kris con sollievo. Gli spazzini saccheggiavano i campi coltivati come anche i pascoli, e solo pestando il suolo con le sei zampe le mucche-luuh si salvavano dal diventare una facile preda. Era per quel motivo che avevano sei zampe? Ma era senza dubbio per colpa degli spazzini se, come Kris aveva notato, le mucche-luuh dormivano durante il giorno, dopo aver pestato il terreno tutta la notte per restare in vita. I cacciatori esposero la selvaggina e Kris si mise alla ricerca di una roccia piatta delle dimensioni giuste per cuocerla. L'avevano avvertita di non scaldare troppo la nuova pentola, dal momento che era soltanto argilla smaltata, ma Jay Greene le aveva assicurato che l'acqua arrivava quasi a ebollizione, così che avrebbe potuto cuocere le verdure. Andò al ruscello per lavarle e riempire la pentola e, poco dopo, le pietre erano calde abbastanza per arrostire i rocksquat. Nel frattempo, Zainal aveva già delineato i quattro enormi geroglifici. Dopo un'ottima cena, suggerì di iniziare a scavare per mettere a nudo lo strato di terra scura. Era un lavoro più faticoso di quanto avessero previsto perché lo strato superficiale era percorso da una rete di radici resistenti che non era facile estirpare, come sarebbe successo con una ben educata erbaccia sulla Terra. Kris aveva le braccia e le spalle indolenzite per la fatica e fu contenta di interrompersi per scaldare l'acqua e preparare i beveraggi per la notte.
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I medici avevano stabilito che il tè a base di un miscuglio di erbe conteneva validi oligoelementi, perciò una tazza prima di andare a letto era diventata una consuetudine. Con lo stomaco riscaldato, era più facile addormentarsi. Ognuno cercò di sistemarsi il più comodamente possibile e quelli ai quali toccavano gli ultimi turni di guardia non ebbero difficoltà a prendere sonno. Impiegarono cinque giorni per completare i geroglifici: cinque giorni passati a rompersi unghie e schiena, a coprirsi di lividi e vesciche perché i loro unici attrezzi erano accette e coltelli. Ne avevano portato una scorta, e l'avevano esaurita per completare l'opera, riaffilandone le lame ogni sera. Poi, deciso a rendere il messaggio ben visibile, Zainal aveva fatto profilare le incisioni con la luccicante pietra bianca che abbondava in quella zona. La luce del sole, cadendo sui geroglifici, faceva scintillare la mica, con un effetto quasi simile a quello del neon. Benché esausta, Kris non potè non ammirare il risultato finale. - Tutti i catteni sanno leggere? - chiese a Zainal. - Quelli di guardia, sì. La gamba di Zainal si era gonfiata un po', ma la ferita si stava rimarginando e lui si lavava nel ruscello mattina e sera. A Kris piaceva immergersi nell'acqua, per quanto fredda fosse. Lei e Astrid facevano il bagno a monte e gli uomini a valle: il ruscello era abbastanza profondo per sdraiarsi sul letto sabbioso e lasciare che l'acqua scorresse sopra di loro. La sabbia, finissima, fungeva da detersivo, ruvido ma efficace. Inoltre, Kris aveva così freddo da non avvertirne l'azione abrasiva. O, quanto meno, cercava di convincersene. L'altura rocciosa ospitava, o aveva ospitato, un'enorme colonia di rocksquat. Ogni giorno, la pattuglia dedicava qualche ora a cacciare e a tagliare a strisce la carne avanzata, per essiccarla sulle rocce calde il giorno dopo. Kris era contenta di essere così produttiva, soprattutto considerando quanto era aumentato il numero di bocche da sfamare.
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La notte, tuttavia, ricordava loro che si stava avvicinando una stagione più fredda, e quel pensiero la preoccupava. Per fortuna, le coperte termiche dei catteni erano fatte di un tessuto che tratteneva e conservava il calore del corpo. Gli acquazzoni serali si ripetevano sempre alla stessa ora, ma non erano più violenti come un tempo; più che piogge torrenziali erano una leggera annaffiatura. Il sesto giorno si misero in viaggio per tornare all'accampamento, cacciando quando potevano perché un supplemento di proteine era sempre gradito. Quella volta, Zainal impose un'andatura più veloce, per potersi concedere il tempo di cacciare; quando arrivarono alle caverne, le trovarono ancora affollate di gente. Bart prese la selvaggina e si profuse in ringraziamenti, quindi chiese a Kris se era disposta a dargli una mano a cuocerla. Aveva un'aria così distrutta che lei non ebbe il coraggio di rifiutarsi; per di più, era evidente che alla cavernacucina si lavorava a un ritmo frenetico. Astrid rimase nei paraggi, sia perché non sapeva dove andare sia perché Kris era un volto familiare. Poco dopo, tuttavia, un messaggero informò Kris che doveva recarsi a far rapporto da Mitford. - Io osservato te. So come cucinare - disse Astrid, togliendole di mano la forchetta dal lungo manico che stava usando. Zainal e Ole, che conosceva un po' di inglese, erano nell'"ufficio" di Mitford. Il mucchio di fogli di corteccia era più alto della pietra che gli serviva da scrivania, e in cima, come fermacarte, c'era quella che sembrava una pepita d'oro, oltre a un pezzo di ferro e un altro, verdastro, che doveva essere rame. - Oro su quelle colline? - chiese Kris quando lui la invitò a sedersi. - Quello e altro. Ci siamo dati da fare mentre scavavate il mayday. - Tu non stai mai con le mani in mano, sergente. - Una pattuglia ha trovato i sopravvissuti di un altro sbarco: nove in tutto. Otto deski e un tizio di Atlanta, Georgia, che ha avuto il buonsenso di restare con gli
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alieni. Maledizione - esclamò Mitford con rabbia - avrei dovuto farvi aggiungere un PS a quel messaggio, per chiedergli di scaricare i deportati di giorno. Odio perdere la gente in quel modo. - Ma non erano ancora dei nostri, sergente - cercò di consolarlo Kris. Mitford la guardò in cagnesco. Ehi, pensò lei, prende molto sul serio il suo ruolo di capo. Bene, dopotutto nessun altro si è offerto di assumersi le responsabilità... e i grattacapi. E guardate i risultati che ha ottenuto. - Avrebbero potuto esserlo. Abbiamo anche trovato e disattivato un altro hangar. Venti altre stalle da trasformare in alloggi. - Una buona notizia. E le provviste? - Le abbiamo messe nelle stalle. È la soluzione migliore, ma preferirei poterci mettere anche la gente. Zainal, che aveva disegnato un altro geroglifico, lo tenne a distanza per verificarne il risultato. Lo modificò aggiungendo qualche segno, quindi lo voltò verso Mitford e Kris, dicendo: - Questo dovrebbe risolvere il problema. Mitford reagì udendolo parlare quasi senza accento. Impari in fretta, vero? - Devo. Ci vogliono due o tre giorni per andare e tornare. - Zainal si alzò e diede un'occhiata alla meridiana. - Abbiamo ancora luce abbastanza per viaggiare. - Come va la tua gamba? - chiese Mitford, accigliandosi perché la tuta gli impediva di verificarne le condizioni. Subito dopo, notò che Kris scuoteva la testa, ma senza dar nell'occhio. - No, meglio partire domattina, ben riposati. Gli altri sono solo terrani, non robusti come voi catteni. - Guardò Zainal, che torreggiava sopra di lui. - Secondo te, la tua gente ti darà retta? Zainal annuì con aria grave. - Non conoscono i pericoli di questo posto. Non conoscono gli spazzini. Vogliono questo pianeta... co-lo-niz-zato. Noi siamo sopravvissuti, così pensano che tutti possano sopravvivere. - Ma perfino il rapporto che hai visto diceva che qui ci sono animali pericolosi. - Il cipiglio di Mitford si accentuò.
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Zainal si strinse nelle spalle e sorrise. - Noi siamo sopravvissuti. Acqua, aria, animali, minore forza di gravità, meglio di Catten! - Dal tono della sua voce si sarebbe detto che di più non si poteva pretendere. Mitford sbuffò, rimestando tra i pezzi di corteccia disseminati sul piano di lavoro. - Per quanto ne sappiamo, questa volta gli sbarchi sono stati tre. Il nostro era uno di quattro, e passano tre settimane tra un viaggio e l'altro. Giusto? Zainal inclinò la testa, pensieroso. - Può darsi. Io ero addetto allo spazio, non alle co-lo-nie. - Allargò le mani in un gesto di ignoranza molto umano. - Conosci il problema: un grappo non sa cosa fa l'altro. - Già. - Il disgusto di Mitford era una prova della sua notevole esperienza in simili assurdità. Una donna, rossa in faccia, scarmigliata, con la tuta aperta sul petto, salì i gradini che portavano all'ufficio. - Sergente, o metti fine alla sua fregola o lo faccio io con un coltello. - Arnie? - Mitford si alzò e fece un gesto autoritario a due uomini che, in un angolo, avevano inventato un gioco servendosi di una manciata di sassolini. - Portatelo qui e rimettetelo in ceppi. Ci resterà finché marcirà, o ci verrà in mente cosa fare di lui. - Legalo in un campo e dallo in pasto agli spazzini... ed è ancora poco - suggerì la donna, annodando i lacci della tuta e lisciandosi i capelli. - Lurido pervertito! Ti farò un rapporto esauriente sul suo ultimo stratagemma quando avrai tempo di ascoltarmi - borbottò, andandosene. - Per fortuna, con l'ultimo sbarco la proporzione tra uomini e donne si è un po' bilanciata. Ma ne posso fare a meno di tipi come Arnie - disse Mitford quando la donna si fu allontanata. - È finito in ceppi quattro volte perché sorpreso a fare il guardone e due per aver rubato. - Rubato cosa? - Viveri ! Coperte e un coltello affilato perché è troppo pigro per affilare il suo. - Mitford sbuffò, disgustato. - Ho bisogno di lui quanto di una vescica sul sedere. Non provarne pietà perché l'hanno frustato, Kris. Ha avuto in anticipo quello che si meritava.
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- Legarlo e darlo in pasto agli spazzini - disse Zainal con flemma. - Buona idea. Mitford fece una smorfia, mettendo in mostra i denti. - Non posso, eppure... Va' a mangiare e a riposarti, capito, Kris? - Quando lei annuì, ubbidente, aggiunse: - E assicurati che Dane gli controlli la gamba. Ignorando le proteste di Zainal, fu quello che Kris fece, rimproverandolo perché non si era recato subito da Leon Dane quando erano arrivati all'accampamento. Lui si mostrò dapprima divertito dalla sua paternale, quindi si accigliò quando Kris, vedendo che non accennava a muoversi, lo afferrò per il braccio e lo condusse di persona all'ospedale. - Apri le orecchie, emassi Zainal, hai ricevuto un ordine da Mitford e ubbidirai, se domani vuoi uscire di pattuglia, altrimenti resterai qui. Nessuno verrà con te per aiutarti a scavare quel messaggio. - Allora, niente messaggio. - Zainal si strinse nelle spalle, come se la cosa gli fosse indifferente. - Ohhh, come mi fai infuriare... - Kris si sforzò di abbassare il tono della voce per non passare per bisbetica, ma Zainal si comportava in modo troppo irragionevole. - Solo perché sei un catteni non significa che non sanguini come noi fragili terrani, e che non sei quasi morto per le tossine di quella spina. Non deve più succedere niente del genere. Sei troppo importante per me perché ti permetta di fare lo stupido quando c'è in gioco la tua salute. Zainal afferrò il dito che gli stava scuotendo sotto il naso, guardandosi in giro perché si era accorto che avevano attirato l'attenzione. - Vado. Vado da Dane - disse, con una docilità quasi eccessiva, e Kris lo seguì con lo sguardo per accertarsi che lo facesse. Signore, un uomo dell'età di Zainal dovrebbe avere il buonsenso di badare se stesso. Non le piaceva nemmeno quando diventava remissivo. Non era tipico dei catteni. Il quinto geroglifico li impegnò per gran parte della giornata, ma faticarono di meno perché sapevano come procedere. Iniziarono subito a tagliare le zolle in superficie mentre Zainal lo disegnava, ed erano già a buon pun-
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to quando lui ebbe completato il disegno. Non dovettero nemmeno cercare altra mica perché ne era avanzato un mucchio dalla volta precedente. - Niente a che vedere con Shropshire Man - commentò Kris quando ammirarono il risultato delle loro fatiche dal campo adiacente. - Man? Un'altra parola come "boy"? - chiese Zainal. - Già. Al posto di "oh, boy" puoi dire "oh, man". Esprime uno stato d'animo. In inglese abbiamo molte parole che hanno un significato doppio. - Come fai a capire quando significano una cosa piuttosto che l'altra? - Dal contesto... da come la parola è usata nella frase. Ehi, ma questa sta diventando una vera e propria lezione. - Perché no? - disse Zainal. - Il lavoro è finito. Adesso noi... giochiamo? - Ah! Ma tu sai giocare? - replicò Kris. - Vuoi scommetterci? - Ti ha rovinato la compagnia dei fratelli Doyle - disse lei, minacciandolo con un dito. Zainal glielo afferrò e quando lei si liberò con uno strattone, cercando scampo nella fuga, lui la inseguì, sotto gli sguardi divertiti dei norvegesi. Non impiegò molto a catturarla e a imprigionarla tra le braccia. Impossibilitata a muoversi, Kris riuscì comunque a intrecciare le mani dietro la schiena, così impedendogli di impadronirsi di nuovo del suo dito. Era tutto molto sciocco, perché non avrebbe mai potuto competere con la forza di Zainal, ma la divertiva quella sua sorprendente voglia di scherzare. Come era prevedibile, Zainal riuscì a impadronirsi della sua mano destra e, con sbalorditiva delicatezza, se la portò alle labbra e baciò prima le dita e poi il palmo. Un guizzo indefinibile le pervase il corpo al contatto delle sue labbra sulla pelle tenera, anche se escoriata, della mano. Confusa, cercò i suoi occhi. Vi era un bagliore di trionfo ma, con il fiato sospeso, vi scorse anche un'altra emozione che ne incupiva lo strano colore. - Contento? - gli chiese con una certa asprezza. - Sì - si limitò a rispondere lui, lasciandola andare.
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Sulla strada del ritorno, Astrid e i suoi compatrioti non smisero mai di discutere animatamente, finché Kris non resistette più alla tentazione di chiedere cosa ci fosse di così interessante. - La terra - rispose Astrid, facendo un ampio gesto con la mano. - È un paese bellissimo, adatto all'agricoltura e agli animali da pascolo. È anche coltivato molto bene. Oskar e Peter, che sono cresciuti in una fattoria, dicono che non si potrebbe fare di meglio. - Hai ragione, e aspetta di vedere chi sono i contadini - replicò Kris. - Scusami? Ci fu una pausa nella conversazione mentre altri rocksquat andavano ad arricchire il bottino della giornata. Per il resto del viaggio, Kris li ascoltò disquisire sui sani metodi ecologici con cui era gestita l'agricoltura. Un adeguato sistema di scolo, acqua in abbondanza, zone boschive, usate come frangivento, dove non era possibile arare il terreno, il sistema delle siepi che fungevano da confine, tutto riscuoteva la loro approvazione. Ciò nonostante, Kris non aveva nessuna voglia di dover essere lei a spiegare chi ne fosse l'artefice. Cominciava, comunque, a crescere il suo rispetto per l'ingegno degli assenti proprietari: qualunque cosa fossero a parte essere onnivori. Una grande eccitazione serpeggiava per l'accampamento quando tornarono e si recarono a rapporto da Mitford. Il sergente aveva in mano quello che a Kris sembrò un telefono portatile. Stava parlando nel microfono perciò, se non gli aveva dato di volta il cervello, e lei non l'avrebbe biasimato se fosse successo, stava parlando con un altro gruppo dell'insediamento coloniale di Botany. - Fantastico, vero? - disse Bart quando Kris, Bjorn e Oskar entrarono nella caverna-cucina con il loro bottino di selvaggina. - Abbiamo un telefono? - Già, ma la cosa più importante è che adesso i tecnici sanno a cosa servono le varie componenti dei circuiti delle macchine. È un'autentica conquista.
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Kris doveva ammettere che lo era, e supponeva che avrebbe dovuto esserne elettrizzata come chiunque altro perché era un ulteriore passo verso uno stile di vita più sofisticato. Quel successo, invece, la turbava, anche se non avrebbe saputo dire perché. Forse, quella vita primitiva dedita alla caccia e alle esplorazioni l'attirava più di quanto avrebbe dovuto, considerando che comportava disagi e incertezze di non poco conto; per non parlare dei rischi che scatenavano flussi di adrenalina. Camp Rock non poteva che migliorare con qualche comodità moderna. Ma era veramente un vantaggio disporre di mezzi di comunicazione? - Dovrò aggiungere un altro gancio alla mia cintura per il cellulare - borbottò tra i denti. Quindi chiese, a voce alta, rivolta a Bart: - Ehi, Bart, a chi mi rivolgo per sapere dove dormirò stanotte? Bart le indicò il varco irregolare che conduceva alla maggior parte dei dormitori e al lago. - Troverai l'elenco laggiù. Accanto al suo nome c'era una P in grassetto, come anche accanto a quello di Zainal e, scorrendo la lista, vide che la stessa P contrassegnava i nomi dei norvegesi. P come Pattuglia? - Bjornsen? - chiamò qualcuno. - Eccomi ! - Ti vuole il sergente. Borbottando di essere ormai tra i senza tetto, Kris si diresse all'ufficio. C'erano tre cellulari sulla scrivania del sergente. - L'ultima novità ottenuta riciclando i macchinari - le comunicò un Mitford molto euforico. - Possiamo tenerci in contatto con i nostri avamposti e gli esploratori. Devi raggiungere una certa altezza per trasmettere il segnale così dicendo indicò con il pollice la cima della parete rocciosa alle sue spalle, dove un'antenna ondeggiava alla brezza serale - ma la distanza non rappresenta una difficoltà. In ogni caso, sapremo con largo anticipo quando i catteni effettueranno un altro sbarco. Abbiamo una rete di sentinelle, e non solo per avvertirci della prossima mossa dei catteni. - Rovistò tra i fogli sul suo tavolo e ne scelse uno grande - no, erano diversi fogli incollati
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(?) insieme. Bene, le mucche-luuh avevano zoccoli e qualcuno si era ricordato di farli bollire e ricavarne colla. Sul foglio era stata disegnata una carta, quanto meno l'inizio di una perché solo al centro erano tracciate curve di livello, corsi d'acqua, campi, foreste. La carta dava a Kris un'idea molto più precisa del territorio intorno al campo-base, e dell'ubicazione delle varie attrezzature. - Ben fatta - commentò. - Abbiamo un autentico topografo - disse con orgoglio Mitford. - Piuttosto buona, eh? Sono segnate anche le distanze. - La National Geographic Society non avrebbe potuto far meglio - ammise lei. - Non perdi tempo a civilizzarci, vero, sergente? - Non molto, ma è un grosso aiuto poter disporre di tecnologia yankee, e australiana. - Mitford notò la sua espressione ostile e il sopracciglio inarcato, così si schiarì la gola prima di proseguire. - Abbiamo anche alleati alieni. - Quindi la colse di sorpresa prendendo uno degli apparecchi e ponendoglielo davanti. - Voglio che la vostra pattuglia inizi a perlustrare questa zona - e il suo grosso dito scivolò fino alla parte a est del foglio, non ancora disegnato. - Dovrò tenermi in contatto con te, nel caso che qui si abbia bisogno di Zainal. - Sergente? -Sì? - C'è un motivo per cui tieni Zainal lontano dall'accampamento? Mitford la guardò dritto negli occhi. - Potresti pensare che sia così, e lo è. È una risorsa troppo preziosa per rischiare di perderlo. - Allora non mi sbagliavo... c'è chi gli è ostile. - Sii sincera, puoi biasimarli se lo odiano perché è un catteni? - Anche se è stato scaricato come tutti gli altri? - Anche così, perché è comunque un catteni, è armato soltanto di coltello ed è solo. - Non è solo - replicò Kris, spinta dalla lealtà. - Lo so, Bjornsen. Ma la gente pensa che abbiano avuto un buon motivo per scaricarlo, e non per aver ucciso un altro catteni. - Mitford sollevò una mano quando
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vide che lei stava per protestare. - So tutto delle vendette che durano ventiquattro ore, Bjornsen, e se si è trattato soltanto dell'uccisione di un capo pattuglia, l'avrebbero rilasciato il giorno dopo. Una cosa è certa, e cioè che non assomiglia a nessun altro catteni che io abbia mai conosciuto. - Cosa ne dici dell'ultimo sbarco? Se non fosse stato per Zainal... - Kris! - Il tono brusco di Mitford e la mano che le mise sul braccio la bloccarono. Lui non si guardò in giro per vedere se ci fosse qualcuno nelle vicinanze che avrebbe potuto udire la loro discussione, ma i suoi modi lasciavano capire che non voleva che lei facesse una scenata. - Ci sono un sacco di persone che dovrebbero essere riconoscenti a Zainal, ma non lo sono. E questo è un dato di fatto. Non posso cambiare la natura umana. - Il suo rammarico sembrava sincero. - Ma non lo scaccerò dall'accampamento. È troppo utile. Ora, ragazza. Piegò con cura la carta e la mise in una custodia fatta con il solito tessuto delle coperte e fornita di una tracolla. La posò accanto al cellulare, vi aggiunse una spessa "matita" di carbone e spostò i tre oggetti finché furono allineati. - Voglio che tu e Zainal andiate in perlustrazione con Astrid. Lei ha scelto di portare con sé Oskar. Zainal dice che è una ragazza in gamba e che è in grado di starvi dietro. Ci sono anche due australiani che giurano che neanche gli aborigeni riuscirebbero a distanziarli, perciò dovrebbero reggere la vostra andatura. Facevano parte dell'ultimo sbarco e sono riconoscenti a Zainal, benché la metà del tempo si comportino come se tutto questo fosse una specie di colossale burla. Forse lo è. Mitford fece una pausa, riflettendo a quella teoria. - Uno dei due se ne intende di medicina e ha studiato botanica. Con questo cellulare, puoi tenerti in contatto con me. Esker, Dowdall e un tipo nuovo, un ex maggiore anzac di nome Worrell che ha occupato posti di comando, così ne sa più di me... - Liquidò con un gesto della mano la protesta immediata di Kris. - Sono contento di averlo a bordo. Lo chiamano "Worry", perché si preoccupa un sacco, così lascio che sia lui a farlo anche per me. È in grado di sostituirmi. Sono stato chiaro?
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- Più o meno, sì - rispose Kris con tutta l'educazione di cui fu capace, perché fremeva d'indignazione all'idea che Zainal dovesse essere esiliato, e di sollievo perché sarebbe andata con lui. - Sarò il tuo fedele reporter itinerante! - Si alzò in piedi. - Sei una brava ragazza, Bjornsen, e mi piace il tuo stile, ma capisci che devo disinnescare la situazione. - Già, immagino che tu abbia ragione. Spiegami, però, perché tollerano lui - Kris indicò Arnie, in ceppi e non Zainal? Mitford sbuffò. - L'umanità è molto varia e lui è... stando alle apparenze... un essere umano. Comunque, se ci saranno altri reclami, prenderemo misure punitive che non gli piaceranno affatto. - Guardò verso la caverna principale. - Ecco la tua pattuglia, Bjornsen. Ho già parlato con Zainal. Mi farai rapporto tutti i giorni, d'accordo? Così sapremo che l'apparecchio funziona. Il codice è 369. - Sissignore! - Kris scattò sull'attenti facendo il saluto militare. Mitford la congedò e tre persone fecero a gara per prendere il suo posto. Lei si allontanò a testa alta, senza guardare né a destra né a sinistra. Appoggiato alla parete, a braccia conserte, Zainal la osservò avvicinarsi. Gli altri quattro membri della pattuglia chiacchieravano sottovoce. Lei salutò Astrid e Oskar con un cenno del capo, quindi osservò i due nuovi compagni. Tese la mano alla donna, che le piacque alla prima occhiata: di corporatura magra ma robusta, con una carnagione che recava i segni delle calde estati australiane, e capelli corti e ricci di un colore sale e pepe. Da lei emanava, tuttavia, un'aria di competenza, una caratteristica comune a molti australiani. Ai suoi piedi, accanto all'equipaggiamento da viaggio, c'erano una cassetta di pronto soccorso e un leggero arco con un mazzo di frecce. - Mi chiamo Sarah McDouall - disse, stringendo con energia la mano di Kris. - Lui è Francis Marley. Formavamo una buona squadra durante la resistenza, prima di essere catturati. Io sono il vostro medico.
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- Chiamatemi Joe. Qualsiasi nome è meglio di Francis - disse il suo compagno, fingendo di fulminare Sarah con un'occhiataccia. Parlava con una voce tenorile e un po' nasale. Era alto e magro, con gli occhi segnati da rughe, un volto e un sorriso schietti, e capelli scuri, brizzolati alle tempie. Aveva il tic di portarsi spesso una mano alla testa, come per aggiustare un cappello inesistente. Ogni volta concludeva il gesto grattandosi il cranio. Allevatore di bestiame... me ne intendo un po' di piante. - Aveva una fionda infilata nella cintura, e un sacchetto gonfio di pietre. Se ne stava appoggiato alle tre leggere lance di cui era armato. Kris notò che avevano la punta di metallo. Accidenti, pensò, anche l'arsenale sta migliorando! - Chi sa dove siamo sistemati per la notte? - chiese Kris. - Lo sa Zainal. - Vi faccio strada, seguitemi - disse il catteni, scostandosi dalla parete e avviandosi. Kris si chiese se non fosse seccato perché Mitford aveva dato a lei il cellulare, anche se la sua espressione era indecifrabile. Era un rifugio piuttosto che una caverna, ma li avrebbe riparati dalla pioggia serale e dai venti freddi che ora soffiavano di notte. C'era giusto lo spazio sufficiente per sei corpi, ma c'erano ganci per appendere e perfino una mensola. - Niente male - commentò Kris. - Zainal vi ha parlato della nostra missione? - Più o meno - rispose Joe. - Non vi secca avere un capo pattuglia catteni? Joe inarcò appena le sopracciglia e Sarah le diede un'occhiata penetrante. - Be', a essere... - Il capo è Zainal - dichiarò Kris con fermezza. - Io sono addetta alle comunicazioni - aggiunse, battendo la mano sul cellulare. - Capito! - Ho bisogno di un bagno - proseguì Kris, riponendo la carta e il cellulare sulla mensola. Vieni con me? chiese ad Astrid.
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- A lavarci? - È la parola giusta - sorrise Kris, più a suo agio ora che aveva chiarito alcuni punti. Si rivolse a Sarah. - Già fatto. Andrò a prendere la nostra cena. Joe, Oskar, venite con me. Voi due, non metteteci troppo tempo. - Ci puoi scommettere - rispose Kris e, con Astrid alle calcagna, tornò alla caverna-cucina e scese al lago. Astrid non aveva problemi a lavarsi con l'acqua fredda, come era naturale se in Norvegia era abituata a fare la sauna. Ma la temperatura non invitava a sguazzare ed erano lavate, asciugate, vestite e di ritorno al loro alloggio nel tempo che occorse perché la loro cena fosse pronta. - Mi manca una birra - si lamentò Joe, raccogliendo il sugo con un pezzo di pane. - A me manca una sigaretta - disse Sarah. - Anche a me - ammise Astrid, che tradusse quindi per Oskar. Lui sollevò le mani al cielo in un gesto di desiderio. - Hai detto che conosci le piante? - Astrid chiese a Joe. - Trovane una che assomigli al tabacco. - Ecco un'ottima idea - rispose Joe. - Ti garantisco che farò del mio meglio.
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Ogni mattina Kris chiamava Mitford per informarlo che procedeva tutto bene. Ogni sera, intorno al fuoco, si faceva aiutare dagli altri per aggiungere alla carta il territorio che avevano esplorato. Il quarto giorno si imbatterono in un altro hangar e passarono la giornata a smantellare i robot. Kris aggiunse quel particolare alla carta con non poca soddisfazione. Joe Marley spinse indietro il suo inesistente cappello e si grattò il cranio mentre osservava, per la prima volta, una macchina. Studiando un'enorme mietitrice, Oskar rivolse una lunga frase ad Astrid. - La vuole vedere in funzione - tradusse lei, guardando con aria dubbiosa la grossa macchina. - Forse l'anno prossimo - replicò Kris - se decideremo di riattivarle, e sempre che, per allora, ce ne sarà ancora qualcuna con tutti i pezzi a posto. Zainal, che aveva già sganciato i pannelli solari in cima all'hangar, si mise all'opera sul distributore di dardi. Leon aveva chiesto loro di raccogliere tutti quelli che trovavano, per sfruttare l'anestetico. - Oskar chiede come si muovono le macchine senza mote - disse Astrid, sbirciando sotto la più grande di tutte per controllare che mancassero effettivamente. - Su un cuscino pneumatico. - Kris mimò il rumore e il sistema. Oskar annuì, continuando a girare intorno al bestione meccanico. Esaminò anche il congegno che sparava i dardi, con molta cautela perché Kris l'aveva avvertito che erano pericolosi. Si sarebbe detto che Oskar approvasse in generale il progetto della mietitrice. Disegnò con i gesti delle mani una specie di montagne russe e disse qualcosa ad Astrid. 239
- La sua fattoria è su una collina dove questo tipo di macchine - spiegò lei, dando un calcio alla flangia - si capovolge. Joe si era trasferito nel magazzino, alla ricerca di qualcosa. - Non hanno lasciato attrezzi. Queste macchine si autoriparano? - Ne abbiamo visto alcune all'opera su altre - rispose Zainal, avvicinandosi alla mietitrice per staccarne i pannelli solari. - Mio Dio, è ben strano questo pianeta - commentò Sarah. - Puoi ben dirlo - convenne Kris. - Avranno bisogno di pannelli e accumulatori all'accampamento. Qui ce n'è in abbondanza. - Sbirciò nelle ombre dell'hangar, in direzione delle vaghe forme che vi erano parcheggiate. - Potremo dormire qui stanotte? - chiese Sarah. - Credo di sì. Anche a me piacerebbe passare una notte al riparo dal vento. - Ho visto dei rocksquat strada facendo - disse Sarah, raccogliendo le sue armi. - Kris, va' con lei - ordinò Zainal quando vide la donna avviarsi da sola. - So badare a me stessa - protestò Sarah, indignata. - Andate insieme - insistette Zainal. - Questo pianeta è pieno di pericoli, e Kris li conosce. - Già, ma non ho l'udito fine di Coo - disse Kris, posando la carta e il cellulare. - È sempre così? - le chiese Sarah quando fu sicura di non poter essere udita. - Così come? - Non ti inalberare. Non è niente male per essere un catteni. Non che ne abbia conosciuti molti, ma ho sentito dire... - Lasciò la frase in sospeso, invitando Kris a parlare. - Per essere un catteni, è veramente bravo - rispose Kris, senza sbilanciarsi. - Inoltre, ha salvato un sacco di gente. - Oh, accidenti! Non occorre che tu lo difenda ai miei 242
occhi. Ho ripreso i sensi su quel campo e il tizio accanto a me era già tutto morsicato. Avrei fatto la sua stessa fine se non fosse stato per voi che pestavate i piedi come cavalli bradi. Comunque, è solo questione di buonsenso uscire sempre in coppia. Credimi, è la prassi nel paese da dove vengo! Tornarono cariche di rocksquat, alcuni piccoli uccelli dalla carne tenera, legna e ramoscelli. Scorsero i mostri volanti solo in lontananza e Kris li indicò a Sarah e le spiegò come evitare di essere aggredita. - Stanno inseguendo qualcuno? - chiese Sarah, fissando con gli occhi socchiusi le minacce aeree. - Chi può saperlo? - Kris non era ansiosa di scoprirlo. - Se fossimo sulla Terra, salteresti sul tuo fuoristrada e andresti a indagare. - È probabile, ma non siamo sulla Terra, purtroppo. Nel tono dell'australiana c'era un rimpianto indicibile. - Mi dispiace - si scusò Kris. Camminarono per un po' in silenzio. Quando raggiunsero un'altura, Sarah si fermò a osservare il panorama degli ordinati campi quadrati e cintati da siepi. - Oh, accidenti! - sospirò. - Mio padre resterebbe di stucco. E non ci sono abitanti? - Non ne abbiamo ancora incontrati. È per questo che smantelliamo gli hangar, per lanciare un avvertimento. Sarah sgranò gli occhi. - Intendi dire che volete trovare chi ha fabbricato quelle... macchine? - Nessuno ti ha parlato dell'astronave che preleva i raccolti? - Ho sentito qualcosa, di un'astronave grande come una città. - Una cittadina - la corresse Kris, ridendo. - Volete impadronirvene? - Sarah sgranò di nuovo gli occhi, ma per l'ammirazione. - Non io, personalmente - replicò Kris, anche se niente le avrebbe impedito di seguire Zainal se fosse stato coinvolto nell'avventura. Ed era probabile che lui avrebbe partecipato all'abbordaggio. Sarebbe interessante vedere quali sono le razze che hanno organizzato questo pianeta, l'hanno reso autosufficiente, in grado di autoripararsi e di produrre quantità simili di cibo...
- Cibo? - Sarah deglutì e, per il panico, lasciò quasi cadere il bastone al quale aveva appeso la selvaggina catturata. - È questo che fa il pianeta, produce cibo, e noi non sappiamo per chi, o per cosa, tranne che devono essere onnivori come noi. Sarah deglutì di nuovo. - È un aspetto che non mi era passato per la mente. - Be', al momento è più facile vivere alla giornata ammise Kris. - Già. Ah, eccoci arrivate - disse Sarah quando girarono intorno alla roccia che ospitava l'hangar. I loro compagni avevano smantellato tutto quello che potevano portare all'accampamento per essere riciclato. Oskar si era dimostrato molto abile, così gli altri avevano finito per lasciar fare a lui. Lavorando, chiedeva di sapere il nome inglese dei vari pezzi e li ripeteva sottovoce per memorizzarli. Joe era quasi altrettanto bravo, ma era naturale, spiegò, perché aveva imparato a occuparsi di riparazioni all'allevamento di pecore del padre da quando era stato in grado di impugnare un cacciavite. - State guardando un mucchio di futuri cellulari e di altri utili aggeggi - disse Joe, indicando le cataste ordinate di pezzi, compresi fili, raccordi, morsetti e ogni genere di strani meccanismi. - Una collezione preziosa. - Sapresti ricavarne qualcosa? - gli chiese Kris. - Dipende da cosa si ha bisogno. In quel momento si avvicinò Zainal, con il cellulare di Kris in mano. - Devi chiamare casa. - E. T. ? - scherzò lei, ma solo Sarah e Joe colsero l'allusione. Digitò il 369 e le rispose una voce sconosciuta. - Parla Worry. - Worry? - Ah, tu sei Kris? - Sì, e tu devi essere Worrell. - Da quando sono sbarcato qui, Worry calza meglio. Rapporto? Lei glielo fece e Worry si complimentò per la scoperta di un altro hangar e del materiale da riutilizzare. - Mitford sta bene, vero? - chiese Kris prima di chiudere.
- Mai stato meglio - rispose Worry con sarcasmo. Un uomo incredibile. - Ci sono stati sbarchi? - Vi avremmo richiamato subito! - Ti credo! Ci fu una risata all'altro capo della linea, quindi Worrell chiuse la trasmissione dopo averle ricordato di annotare l'ubicazione approssimativa del nuovo hangar sulla carta. Zainal l'aiutò, essendo in grado di fornirle le distanze relative dal luogo del loro accampamento precedente e quella che lui definiva una buona congettura sulle curve di livello del tragitto percorso nella giornata. Benché Kris sapesse che le sue gambe potevano testimoniare di aver camminato molto quel giorno, non avevano memorizzato le salite e le discese. A mezzogiorno del giorno seguente arrivarono in cima a un'alta catena montuosa e videro lo scintillio inconfondibile del sole su una vasta distesa di acqua. Così vasta che non se ne distingueva la sponda opposta, nemmeno dalla posizione vantaggiosa in cui si trovavano. Alla loro destra, sul litorale, torreggiava una costruzione dalle linee squadrate. - Una rimessa per barche? Pescano anche? - chiese Astrid, facendosi schermo agli occhi con una mano. - Può darsi. Difficilmente trascurerebbero le ricchezze di un mare - rispose Kris. - Troppo giusto - mormorò Sarah, scrutando davanti a sé. - Sarà un mare salato? - Lo scopriremo - dichiarò Joe. - Zainal? - disse Kris, perché il catteni non aveva aperto bocca e fissava con attenzione l'edificio. - Procediamo con prudenza. La stagione della pesca dura molto. - È vero, ma come può una macchina pescare? Cioè, il mare non segue un programma, non è così? Burrasche e via dicendo... a meno che non riescano a controllare le maree come la pioggia. Non che non li riterrei capaci concluse Kris con un po' di amarezza. - Ma non possono controllare noi! - disse Zainal, cogliendola di sorpresa.
- Comunque, se ci sono delle macchine, saranno senz'altro studiate per essere usate in acqua. Mi sembra che quell'edificio sia proprio sulla riva. Secondo me, non dobbiamo preoccuparci che ci aggrediscano dall'entroterra. - Le ultime parole famose? - scherzò Joe, dandole una gomitata. - Spero di no. Una visita a un mattatoio è più che sufficiente. - Vuoi dire, uno stabilimento per inscatolare cibi. - Hmmm. - Subito dopo, Kris scoppiò in una risatina. - Immaginati lui in una scatola per sardine - e indicò con un gesto irriverente della testa il loro capo pattuglia, che continuava a fissare l'edificio. - Agiamo con cautela. Non ci avviciniamo prima che sia sorta la seconda luna. - Se lo dici tu, capo - replicò Kris con impertinenza. C'erano le maree su quel mondo, a giudicare dai segni dell'acqua alta e dai detriti depositati lungo la spiaggia. - Con tutte queste lune, le maree saranno complicate - osservò Joe. - Facciamo una nuotata? - suggerì Astrid a Kris, anche se diede una sbirciata a Zainal per chiederne il permesso. Si avvicinarono alla spiaggia tenendosi a un chilometro circa dall'edificio. Avanzare sulla sabbia bianca fu faticoso, anche se la superficie era compattata in un certo senso da ciuffi di un'erba robusta e, in un punto, da una piantagione di canne. Joe prelevò campioni di ciascuna pianta, nel caso che contenessero oligoelementi utili ai deski. Il mare era a diversi giorni di cammino dall'accampamento, ma non era inaccessibile. Un'altra pianta dai rami tozzi, che ricordò a Kris i cedri resi rachitici dal vento, era carica di frutti dalla polpa consistente. Joe ne infilò una manciata nel suo sacco. Zainal guardò in direzione dell'edificio, che adesso sembrava fluttuare sopra il terreno sabbioso per quella che Kris ritenne essere un'illusione ottica. Quindi osservò il mare e alla fine si strinse nelle spalle.
Sarebbe stata un'ironia, pensò Kris, essere sopravvissuti a tutti i pericoli della terraferma per finire annegati per colpa di qualche creatura marina, anche se niente sembrava disturbare la superficie appena increspata del mare: di sicuro, niente indicava che le sue profondità fossero abitate. Zainal si avvicinò all'acqua e ne raccolse un po' nella mano a coppa. L'annusò, quindi vi immerse la lingua. - Salata. Voi nuotate per prime - disse, indicando da Sarah ad Astrid a Kris. - Noi osserviamo. - Cosa osservate, noi? - ripetè Sarah con una punta di malizia, ma non perse tempo a dirigersi all'acqua, slacciando la tuta. Nelle ultime settimane, il radicato senso del pudore di Kris si era molto affievolito, così seguì Sarah, che era già stata preceduta da Astrid, sbarazzandosi in fretta e furia della tuta e gettandola sulla sabbia asciutta prima di tuffarsi in acqua. - Non allontanatevi troppo - gridò Joe, prima di sedersi sulla sabbia accanto a Oskar. Zainal rimase in piedi a scrutare il mare. Non era così salato come l'Atlantico che Kris ricordava dalle sue vacanze sulla costa orientale, ma lo era abbastanza da aiutare a stare a galla. Fece qualche bracciata a crawl mentre Sarah sguazzava lanciando grida entusiaste. - Ehi, mi piace. Un mare dove si può nuotare senza preoccuparsi degli squali. - Non ti allontanare - le gridò Kris, fin troppo consapevole che da Botany ci si potevano aspettare anche sorprese marine. Anzi, era un po' stupita che Zainal non si fosse opposto a quel bagno. - Restiamo vicine alla spiaggia, pronte a uscire prima che qualcosa là fuori - e indicò l'innocua distesa d'acqua - ci possa agguantare. - Hai ragione, compagna - ammise Sarah. Kris notò che Astrid nuotava con studiata economia di bracciate, mentre Sarah si limitava a sguazzare in modo disordinato. Non rimasero a lungo in acqua, per riguardo agli uomini che facevano la guardia e, con molta probabilità, desideravano rinfrescarsi a loro volta. Kris, comunque, si sentiva meglio dopo il breve tuffo e fece cenno agli altri
che stavano per uscire. Zainal, che continuava a sorvegliare la scena, non guardò le tre donne nude che emersero dall'oceano. Joe e Oskar avevano educatamente voltato la testa. - Bene, amici - gridò Kris quando furono di nuovo vestite. - Tocca a voi. - Si avvicinò a Zainal. - Starò di guardia. Il catteni scosse la testa. Poi, con un gesto ampio del braccio, fece segno a Joe e Oskar di andare senza di lui. - Non sai nuotare? - chiese Kris, divertita. - Troppo tranquillo - fu la risposta enigmatica di Zainal, che continuò a scrutare non solo l'orizzonte ma anche la spiaggia in entrambe le direzioni. - Sulla Terra, i pescatori escono di solito all'alba, o con la marea - disse Kris in tono discorsivo. - Quindi, se ci sono delle macchine, a quest'ora del giorno se ne starebbero tranquille. - Non sono mai stato al mare prima d'ora - replicò Zainal. - Però, hai un po' l'aspetto di un faro, qui dritto in piedi - ridacchiò Kris. - Un faro? - Zainal aggrottò la fronte ma non interruppe il suo esame minuzioso. - Ehi, credo che ci siano molluschi su questo pianeta - gridò Sarah, cadendo in ginocchio e iniziando a scavare con la sua accetta. L'onda che arrivò le coprì le gambe. - Non sapevo che ci fossero molluschi in Australia disse Kris, raggiungendola. - Al largo di Sydney ce ne sono banchi enormi. Anche di ostriche. Durante una vacanza al mare, Kris era andata a caccia di vongole su una spiaggia di Cape Cod, perciò riconobbe i piccoli fori dove i molluschi avevano aperto un passaggio per l'aria. Si mise a scavare anche lei. - Cosa state facendo? - chiese Astrid, unendosi a loro. - Scava e... oh... - Sarah chiuse le dita intorno a qualcosa e lo estrasse dalla sabbia bagnata. - Cosa diavolo è? - Sciacquò la conchiglia bivalve e la mostrò alle altre. Era di forma oblunga, ruvida come quella delle ostriche.
- Sembra un incrocio tra ostrica e mollusco - disse Kris. - Non ha chele, quindi non è un granchio. Forse contiene anche gli oligoelementi che servono ai deski. I pesci sono ricchi di minerali. - Già, lo so - disse Sarah, alzando gli occhi al cielo. Da piccola ho fatto indigestione di olio di fegato di merluzzo. Ehi, Joe, vuoi venire qui un minuto? Joe, disinvolto nella sua nudità, le raggiunse e prese il "mollusco". - Immagino che l'unica soluzione sia il metodo empirico - disse, senza molto entusiasmo. - Quanto meno, non sarà lui a mangiarci per primo. Prese l'accetta di Sarah, tese la mano per farsi dare quella di Kris e, usandone una come banco, colpì la conchiglia con l'altra. - Ahi, troppa energia - disse, guardando la poltiglia che colava dalla lama. - Cercatene un altro. Dopo la cattura e la dissezione di altri tre molluschi, Joe decise che la "carne" poteva essere commestibile. Si vestì e insieme si misero alla ricerca di legna da ardere. Nessuno, infatti, osava assaggiare i molluschi crudi, anche se erano tutti d'accordo nell'ammettere che avevano sapore di mare. Joe fu abbastanza ardimentoso da offrirsi come cavia quando il primo assunse un colore bruno e la punta del coltello penetrò senza difficoltà nella polpa. - Un po' gommoso, ma piuttosto saporito. Già, saporito. Dopo averne assaggiato un pezzetto, Oskar fu d'accordo e partì subito per raccoglierne altri. Zainal si limitò a sorridere e, anche se si mise in bocca un pezzo non lo inghiottì e scrollò il capo. - Non ce ne sono su Catten? - gli chiese Kris. Lui fece un cenno di diniego. - Mangiamo solo animali di terra. - I pesci contengono più proteine e meno grassi - disse Kris, divertita dalla sua reazione. Zainal tornò a fare la guardia. Accampati tra le dune, lontano dall'edificio e al riparo dalla lieve brezza che si era alzata, consumarono un pasto che iniziò con molluschi cotti alla griglia, seguiti da rocksquat freddo. Joe suggerì di aspettare e vedere se qualcuno di loro manifestava reazioni ai molluschi pri-
ma di farne una scorpacciata. Strano, ma facevano gola a tutti. - È probabile che contengano oligoelementi che mancano alla nostra dieta attuale - suggerì Joe. - A volte il nostro corpo sa meglio della nostra testa di cosa ha bisogno. Ma aspettiamo che passi la notte. Se nessuno di noi soffre di diarrea, vomito, nausea e non crepa, non dovrebbe essere rischioso mangiarli. - Freschi - aggiunse Kris. - In riva al mare maestoso - declamò Joe. Passarono quindi a discutere se gli spazzini vivessero o no anche nelle dune di sabbia. - Forse ci vive qualcosa di peggio - suggerì Sarah, rabbrividendo. - Io non vedevo l'ora di dormire su un letto di sabbia - disse Kris con desiderio. - A differenza della roccia, si adatta alle curve del corpo. Joe fischiò. - Già, e che curve! - esclamò, lanciandole un'occhiata maliziosa. Sarah gli pizzicò la coscia, richiamandolo all'ordine. - Come vorrei un materasso - sospirò Kris. - A essere sincera, non sono molte le cose che mi mancano, ma darei veramente un occhio della testa anche solo per un materassino gonfiabile - disse, stringendosi le ginocchia al petto. Colse un lampo divertito nello sguardo di Zainal, seduto di fronte a lei. - Occhio della testa? - le chiese, perplesso. - È solo un modo di dire. Passarono il resto della serata a far lezione di lingue. Il vocabolario di Oskar si stava arricchendo e l'inglese di Astrid diventava sempre più fluente. Aveva imparato anche alcuni dei modi di dire preferiti da Kris e li usava spesso, anche se la sua era una forma di adulazione che la infastidiva un po'. Quando le pause nella conversazione divennero sempre più lunghe per la stanchezza, Zainal annunciò l'ordine dei turni di guardia. Suggerì che la sentinella di tanto in tanto percorresse il perimetro dell'accampamento pestando i piedi per terra, nel caso che una specie di spazzini si annidasse sotto
la sabbia. Gli altri avrebbero dormito intorno al fuoco, che la sentinella avrebbe provveduto a non far spegnere. - Tra una pestata e l'altra? - non si trattenne dal chiedere Sarah. - L'hai detto - replicò Zainal. La lunga notte trascorse senza allarmi e Kris, su un letto di sabbia morbida, dormì di un sonno profondo e tranquillo. Come al solito, si svegliarono tutti prima dell'alba. Poiché nessuno mostrava reazioni negative ai molluschi, ne raccolsero una notevole quantità e, quando ne ebbero a sufficienza per un pasto abbondante, si tuffarono in mare per pulirsi dalla sabbia. Dopo aver fatto colazione in un'atmosfera di allegria, Zainal suggerì di sfruttare quello che restava della notte per avvicinarsi all'edificio ed esplorarlo. Nessuno aveva ancora capito quanto durasse la carica giornaliera di energia solare degli accumulatori, dal momento che i robot erano di solito inattivi durante le ore buie. L'edificio era più grande di quanto fosse sembrato in un primo momento, e dava l'impressione di espandersi man mano che si avvicinavano. Zainal, che di notte ci vedeva meglio degli altri, individuò alcune sovrastrutture sulla facciata e una passerella con ringhiera che portava all'acqua. - Che serva da scivolo? - suggerì Joe. - Sulla Terra, si pesca secondo metodi antichi - disse Astrid. - Che abbiano una barca automatizzata? chiese Kris. - Forse attirano i pesci nelle reti fischiando - mormorò Joe. - Non ho udito nessuna macchina fare rumori, a parte un tintinnio metallico - scherzò Kris. I robot non avevano bisogno nemmeno di finestre, e l'edificio ne era privo. Sembrava che l'intera facciata si aprisse per consentire l'uscita di eventuali macchinari. Sul tetto c'erano i pannelli solari più grandi che avessero mai visto, sorretti da un grosso palo, dal quale si deduceva che cambiavano direzione per assorbire al massimo i
raggi del sole. Era un espediente nuovo nella tecnologia dei macchinari. Zainal non riuscì a trovare, all'esterno, né fessure né serrature. Fece perfino salire Joe sulle sue spalle, per ispezionare quanto più in alto possibile le pareti rivolte verso il mare. Alla fine, decisero di aspettare a una discreta distanza per vedere se l'edificio si sarebbe aperto da solo alla luce del giorno. Aspettarono finché il sole fu allo zenit e passarono il tempo a pescare, servendosi di sottilissime strisce di coperta attaccate a una pertica, un filo metallico piegato a uncino e pezzetti di mollusco come esca. Riuscirono a catturare alcuni pesci che, cotti alla griglia per pranzo, furono assaggiati con molta cautela. - Mi piacerebbe avere l'occorrente per fare prove di laboratorio - sospirò Joe. - A te mancano i materassi, Kris. Io darei un occhio della testa per una lente d'ingrandimento. - Fece una pausa. - E magari qualche sostanza chimica per verificare la tossicità. Un microscopio, poi, sarebbe il massimo... - Non è escluso che i nostri geniali tecnici siano in grado di costruire strumenti simili, visto cosa sono riusciti a fare finora. - Kris batté la mano sul cellulare. A mezzogiorno passato l'edificio non aveva ancora dato segno di attività, così Zainal propose di prenderne le misure, essendo il più grande che avessero mai trovato. - Forse pescano solo certe specie di pesci, e questa non è la loro stagione - suggerì Joe. - Magari c'è un satellite lassù - disse Sarah, indicando il cielo - che li avverte quando devono uscire a pescare. Zainal scrollò il capo. - Nessun satellite altrimenti i catteni non esplorano. - Ti rendi conto - chiese Kris, sbigottita da quel concetto - che ci sono altre razze senzienti che viaggiano per lo spazio? Zainal la guardò con una certa aria di superiorità. Lo spazio è vastissimo. Si possono colonizzare molti pianeti, non sempre con questo metodo. - Quindi ag-
giunse, con un sorriso affascinante: - È un onore, non un nononore... - Disonore - lo corresse Kris. - Essere trasportati. - È un onore di cui avrei fatto volentieri a meno - si lamentò Sarah, quindi si affrettò ad aggiungere, sfiorando appena il braccio di Zainal: - Ma non avrei conosciuto te, e non avrei scoperto che noi terrani siamo maledettamente bravi! - Lo siete ! - Zainal annuì con energia. - È un onore per me essere qui. - Benissimo - commentò Joe, con palese soddisfazione. - Ora, continuiamo la nostra perlustrazione. - Zainal sollevò un braccio e diede il segnale di mettersi in marcia. Anche Kris era soddisfatta di quel breve scambio. Le faceva anche piacere che Sarah avesse toccato Zainal; fino ad allora, nessuno aveva mai avuto contatti fisici con il catteni, tranne lei. E Leon, ma solo da un punto di vista medico. Toccalo, è fatto di carne viva autentica e il suo sangue è rosso, pensò con irritazione mentre lo seguivano in fila indiana: una squadra disciplinata, in gamba e capace di superare tutte le difficoltà che Botany aveva messo sulla loro strada. Joe si fermò un paio di volte a raccogliere campioni di bacche e di frutti. Assaggiava quelli più teneri, o li dava da assaggiare a altri; con giudizio, naturalmente. Alcune bacche erano così amare che ne bastava un pezzetto minuscolo per far storcere la bocca; una sorsata generosa di acqua alleviava l'effetto. Un tipo di bacche, color verde scuro, era così dolce che chi era stato incaricato di assaggiarle ne mangiò una buona parte. Le raccolsero, ma aspettarono a mangiarle per sapere che non avrebbero avuto effetti negativi. Passarono il resto della giornata sulla spiaggia, a osservare i detriti lasciati dall'alta marea, composti soprattutto da alghe. Pensando che potessero avere un valore nutritivo, Joe ne prelevò dei campioni. Verso sera raccolsero una notevole quantità di molluschi; con un grasso rocksquat, radici di tuberi e verdure
che crescevano in abbondanza, prepararono un gustoso stufato, lo fecero cuocere in acqua di mare per sfruttarne il sale, del quale tutti cominciavano a sentire la mancanza. Trovarono un altro punto sabbioso in cui accamparsi, su un'altura che si estendeva a perdita d'occhio nelle due direzioni. Appena visibili nella fioca luce c'erano le macchioline color lavanda di un gruppo di isole. Seduti intorno al fuoco di bivacco, discussero l'ipotesi che quello fosse un mare interno, e presero in esame l'idea di proseguire lungo la costa fin dove era possibile spingersi. - Torneremo. Mitford vorrà prima analizzare la situazione - disse Zainal. - Ehi, ascoltatelo! esclamò Sarah, sorridendo "Analizzare", eh? È una parola da cinquanta dollari, compagno. - Io ascolto, io imparo - replicò lui, ricambiando il sorriso. Mitford in persona si mise in contatto con la pattuglia la mattina seguente per dire loro di rientrare. - I catteni potrebbero tornare da un momento all'altro. Fate un ampio giro ma partite subito. Zainal scelse un percorso in diagonale per tornare all'accampamento e, strada facendo, incontrarono altri due hangar agricoli e un mattatoio, vuoti e in attesa. Smantellarono ogni cosa, ammucchiando le parti utili con l'intenzione di tornare a prelevarle in seguito. Joe osservò le cataste grattandosi la testa. - Mi chiedo se qualcuno abbia pensato a reinventare la ruota. Ci risparmierebbe di dover trasportare questa roba a spalle. - Se disponi di cuscini pneumatici che saltano gli ostacoli, la ruota è un passo indietro - gli fece notare Kris. - Per di più, non ci sono strade perché sarebbero uno spreco di buona terra arabile, se vuoi il mio parere. - Hai ragione, compagna. Oskar annuì; doveva ricorrere sempre di meno alle traduzioni di Astrid. - Mi basta non essere qui a prendermi la responsabilità quando i capi scopriranno cosa abbiamo fatto alle loro attrezzature - disse Joe, con il gesto di lavarsi le mani.
- E se i capi fossero altre macchine? - chiese Kris, che aveva preso in considerazione quella possibilità. - Il vantaggio sarebbe che le macchine non si arrabbiano. - Le macchine non mangiano nemmeno carne né fanno il pane - osservò Sarah. - I capi devono essere umanoidi, altrimenti a cosa servirebbe tutto questo? - Già, ma scommetto che si servono di robot per tutti i lavori noiosi e ingrati - replicò Joe, sovrapensiero. Voglio dire, il livello della tecnologia impiegata per progettare e fabbricare queste macchine è fenomenale. Noi non abbiamo niente di simile. Nemmeno voi yankee, anche se usate mietitrebbie gigantesche nel midwest. - Ma le macchine devono essere progettate da... qualcos'altro. È possibile che sappiano autoripararsi... ma autoprogettarsi? Da qualche parte, a capo di questo sistema, ci sono esseri senzienti e intelligenti. Sarah e Joe sbuffarono all'unisono. - A patto che abbiano intenzioni amichevoli - aggiunse Joe. - Mi piace questo pianeta - disse Oskar. - Adesso lo gestiamo noi, non le macchine. - C'è qualcosa di diverso in questo lotto? - Zainal chiese a Oskar mentre aggiungeva un rotolo di filo e una manciata di morsetti al mucchio davanti al giovane norvegese. Lui scosse la testa, ma guardò Joe per averne una conferma. Anche Joe fece un cenno di diniego. - No, Zainal. Niente che non possa aspettare, a quanto mi risulta. E ho già messo nel mio sacco i dardi con l'anestetico. - Bene! Si sistemarono per la notte in una delle stalle. - Così Kris potrà riposare le ossa su paglia morbida disse Zainal con un sorriso. - Hai proprio ragione - ribatté lei. Le ragazze si ritirarono prima in un'altra stalla per lavarsi in privato negli abbeveratoi. Quando tornarono, mucchi di paglia formavano letti di altezza incredibile. - Ti sembra abbastanza morbido, Kris? - chiese Zainal, indicandole con un inchino quello riservato a lei. Kris distese con cura esagerata la coperta, quindi esitò, non sapendo come fare a issarsi su quel mucchio.
Zainal la sollevò e, facendole compiere un abile volteggio, la depositò al centro del suo "materasso". - Ohhh - esclamò lei, dimenando spalle e fianchi per sprofondare nella soffice massa. - Paradisiaco! - E io non pretendo da te un occhio della testa - disse Zainal, prendendo la rincorsa per saltare in cima al suo letto. - Mi chiedo cosa diranno i robot quando troveranno sei mucchi di biada pigiata in queste stalle. - Probabilmente controlleranno la programmazione dei loro meccanismi - disse Sarah, sbadigliando. Quella sera, fu l'ultima a parlare. Tornarono a Camp Rock nel tardo pomeriggio del giorno seguente. Kris e Zainal si recarono a rapporto da Worrell, dal quale seppero che Mitford era andato a ispezionare l'ultimo congegno montato "con tutti i pezzi che voi continuate a trovare". Worrell era un omone quasi calvo, tutto tronco e gambe corte, con una carnagione arrossata e una rete di venuzze rosse sulle guance e sul mento. Aveva l'abitudine di tirarsi su i calzoni, stretti dalla cintura di pelle di rocksquat, come se avesse paura di perderli, tanto che Kris si chiese se un tempo avesse avuto il ventre tipico dei bevitori di birra. Worry li invitò ad accomodarsi. I sedili ora erano corredati di cuscini di canniccio intrecciato e imbottiti probabilmente di fibra, molto più comodi della dura pietra. Accidenti, mi sto rammollendo, pensò Kris, se gradisco avere materassi e cuscini sotto il posteriore. Anche se Worrell si rivolse per prima a Kris, fu Zainal a fargli rapporto in un inglese ormai quasi privo di accento. Lei tirò fuori la carta e mostrò a Worrell la distanza che avevano coperto, strappandogli un fischio di approvazione, e l'ubicazione dei nuovi hangar. Worrell era interessato soprattutto all'edificio sulla spiaggia. - Penso che Mitford vorrà che se ne ispezioni l'interno. - Qui è successo qualcosa di eccitante? - chiese Kris, notando che il campo non sembrava così affollato come quando erano partiti.
- Abbiamo organizzato altri due accampamenti oltre a Camp Rock. L'hangar che la vostra pattuglia ha trovato durante l'ultima escursione è ora Camp Shutdown, mentre Camp Bella Vista si trova sul lato opposto, in quello trovato dal gruppo di Cumber. - Worry agitò la mano in direzione est. - I minatori sono alloggiati sul posto, a Ironclad. - Quante pattuglie sono fuori in perlustrazione? chiese Kris. - Al momento, altre quattro. - Worry estrasse un foglio da sotto una bella agata usata come fermacarte, e controllò che fosse quello giusto prima di mostrarle la carta in scala ridotta, con le linee che indicavano i percorsi delle pattuglie. - Finiremo per conoscere questo posto bene quanto i robot. - Sbaglio o sta bruciando qualcosa? - chiese Kris, avvertendo una puzza acre di metallo nella folata di brezza che arrivò nell'"ufficio". - Ah, sì, adesso abbiamo anche una fucina. Ce n'è un'altra a Ironclad. Abbiamo trovato un minerale di ferro di ottima qualità, oltre a rame, zinco, stagno, oro e bauxite. - Worry strizzò l'occhio a Kris. - Noterai che l'oro è parecchio in fondo alla lista. Le miniere sono da quella parte - e con la mano indicò prima verso nord, quindi verso nordest. - Abbiamo due maniscalchi, uno che sa lavorare il ferro battuto e nove saldatori. Adesso disponiamo di cacciaviti, viti, chiodi e tutti i tipi di utensili; presto potremmo avere anche aghi e spilli e non so cos'altro. La cava di sabbia sforna quotidianamente padelle e pentole. Tutta roba di buona qualità se si considera che dobbiamo reinventarci l'attrezzatura basilare. Kris gli sorrise, divertita. - I robot non estraevano metalli sul pianeta? - Neanche un pezzetto, a quanto ci risulta, e alcuni minerali erano sparsi qua e là, a portata di mano. - Significa che importano tutta la loro attrezzatura commentò Zainal, pensieroso. - Sembra che sia così. Quanto meno, non abbiamo trovato un solo hangar o edificio o miniera che suggerisca che le leghe usate nelle macchine siano originarie di qui. E, parola mia, alcuni dei nostri ingegneri darebbero
un occhio della testa - Zainal lanciò a Kris un'occhiata per conoscere la composizione delle leghe usate per i telai di quelle macchine. - Worry fischiò di nuovo. Kris si chiese se fosse un'abitudine degli antipodi quella di fischiare per mettere l'accento su qualcosa. Anche Joe Marley fischiava spesso. Bene, sempre meglio un fischio che un'imprecazione. - E subito dopo vengono i tecnici di computer, che vorrebbero sapere da dove arrivano i cristalli usati nei pannelli. - Nessuno qui che reinventi la ruota, allora? - chiese Zainal, lasciandolo di nuovo di stucco. - Credevo che il tuo inglese fosse limitato, Zainal disse Worry, con un'occhiata sospettosa a Kris. - Imparo le lingue con facilità. Ne so... - Zainal s'interruppe per contare sulle dita -... quindici con l'inglese. - C'è chi ha un vero talento per le lingue. Io ho ancora difficoltà con l'inglese puro. - Un sorriso illuminò la faccia di Worry. - Hai parlato della mota. Bene, voglio dirti che non abbiamo più bisogno di un oggetto così primitivo come una semplice mota. - Davvero? - chiese Kris. - Uno dei nostri ingegneri ha messo in funzione un cuscino pneumatico. Adesso, deve soltanto riprogrammarlo per farlo funzionare quando vuole lui. - Questo significa che non dovremo trasportare a spalle tutta la roba che abbiamo trovato - disse Zainal. - Ci puoi scommettere! - Worry sorrideva con orgoglio mentre frugava tra le carte per cercare un altro foglio. - Ah, eccolo. La vostra pattuglia è alloggiata a Mitchelstown. Domani vi spetta un giorno di riposo, e credo che per un po' vi terranno qui. - Mitchelstown? - chiese Kris. - Già, abbiamo cominciato a dare un nome alle caverne. Le rende più accoglienti. La caverna-cucina ora si chiama Cheddar. Ci sono anche le targhe con i nomi, così non potrete sbagliarvi. Mitchelstown è spaziosa. Seconda curva sulla sinistra dopo Cheddar. È anche vicino alle latrine.
- Dov'è il deski, Coo? - chiese Zainal, e Kris si rimproverò di non aver pensato di informarsi sul loro camerata. - Non sta troppo bene. Leon dice che si difende, ma le foglie dei rovi non sono sufficienti. Aiutano, ma non abbastanza. Spero che leggano presto quel messaggio. - Abbiamo trovato un sacco di roba durante il nostro giro; qualcosa che potrebbe andare bene per i deski disse Kris. - Molluschi, bacche, noci. - Molluschi? Niente ostriche? Kris fece un cenno di diniego. - Mi piacevano le ostriche - disse Worry con enfasi. Batté quindi le mani sulle ginocchia, si alzò, strinse la mano prima a Kris poi a Zainal e si voltò per gridare a Joe di avvicinarsi. - Dunque, Marley, siediti e mostrami cosa ci hai portato. - Il suo gesto includeva non solo Joe ma anche Sarah e i due norvegesi. Cheddar era talmente migliorata da essere quasi irriconoscibile... a partire dai pannelli solari, come un'insegna araldica, sopra l'ingresso. C'erano tavoli e sgabelli, camini di mattoni al posto dei cerchi di pietre, e una fila di forni lungo una parete. Su alcune rastrelliere c'era la produzione quotidiana di pane, che ora veniva preparato in pagnotte di forme e dimensioni diverse. La zona delle provviste era ora attrezzata con un banco e scaffali alla parete per esporre le merci, una dimostrazione di genialità e inventiva. Una porta ad arco dava in un magazzino, ma in quel momento era chiusa. Qualcuno era riuscito anche a soffiare il vetro, si rese conto Kris, notando che l'illuminazione del corridoio era corredata di paralumi di vetro; un po' grumoso e offuscato, ma vetro. Mitchelstown non solo sfoggiava una targa con inciso il nome, le lettere in nero contro il colore più chiaro della pietra, ma anche alcuni rozzi letti e materassi, probabilmente imbottiti di fibra. Quanto meno, non era terra battuta o pietra. Piccole nicchie erano state ricavate nella parete per le mensole, e c'erano grossi ganci di legno conficcati nella roccia per appendere indumenti e oggetti. Come se avessero qualcosa da ap-
pendere. In effetti, Kris l'aveva, la custodia a tracolla con la carta, che Worry le aveva detto di conservare, e il cellulare. - Bene - disse Kris, sedendosi con cautela sul letto più vicino - tutte le comodità di casa. Come? - Non hai dovuto dare un occhio della testa, Kris - ripetè Zainal. - Non è stato necessario - replicò lei. Si sdraiò sul letto ma subito dopo si rizzò di scatto a sedere, tanto che Zainal si guardò in giro per vedere cosa l'avesse spaventata. - Stivali infangati - disse lei, liberandosene con un calcio. - Sì, proprio tutte le comodità di casa. - Si sdraiò di nuovo. - Com'era la tua casa sulla Terra, Kris? - Zainal sganciò l'equipaggiamento dalla cintura e dispose gli oggetti in ordine sulla mensola sopra il letto accanto al suo. - Non era di sicuro una caverna. - La domanda l'aveva irritata. Di colpo capì perché gli altri detestavano Zainal solo per il fatto che era un catteni: la sua presenza ricordava loro a cosa erano stati strappati. Scacciò l'irritazione e, con tutta l'educazione di cui fu capace, descrisse la casa stile ranch a piani sfalsati dove era vissuta con i genitori, il fratello e le due sorelle: parlò dei vicini, degli amici. Gli parlò anche del suo gatto bianco e nero, della casa dello studente dove viveva al college, finché fu interrotta da Joe e Sarah che comparvero sull'ingresso, seguiti da Astrid e Oskar. - È questa la nostra casa? - domandò Joe in tono allegro. - Sì, è questa - rispose Kris, e provò un impulso improvviso di fuggire. Si alzò dal letto, infilò gli stivali che si era appena tolti, lasciò la stanza, attraversò di corsa la caverna-cucina e uscì fuori, scendendo i gradini senza la minima cautela. Percorse la gola, salì sulle alture, scese lungo il versante opposto e su per un altro colle, lontana da tutti. Là giunta, si sedette e, nascondendo la faccia tra le mani, pianse. Non capiva perché dovesse reagire in un modo così infantile, a meno che non fosse stata alla fine sopraffatta dal senso di smarrimento. Prima della domanda di Zainal, non si era permessa di pensare alla sua
casa, alla famiglia e a tutto quello che le era caro e familiare. Si era imposta di concentrarsi sulla necessità di sopravvivere, quindi sulla sfida di andare in ricognizione con Zainal, di dimostrarsi utile in quel mondo pazzesco. Aveva tenuto duro, aveva fatto tutto quello che le era stato chiesto, ma non bastava a compensare il futuro che un tempo aveva programmato per se stessa. Avvertì, piuttosto che udire, qualcuno nelle vicinanze, e girandosi di scatto, vide Zainal. - È stata tutta colpa tua... - Le parole le erano appena sfuggite che subito gridò: - No! Non intendevo dire questo, Zainal. Non lo intendevo! Non andartene. Lui rimase dov'era, solido come roccia e senza sorridere, ma in apparenza abbastanza preoccupato da volersi accertare che lei non facesse del male a se stessa. - Sarah dice che piangere fa bene. - Come sapeva che avrei pianto? Zainal sollevò una spalla. - È donna, terrana come te. Aveva ragione, vero? Stai piangendo. - Vuoi farlo sapere a tutta la montagna, dannazione? - replicò lei, asciugandosi le guance per avere la scusa di tenere la testa bassa. Non voleva che Zainal la vedesse piangere. - Le donne catteni piangono? - Sì. - La risposta era stata così precipitosa che lei capì che mentiva. Zainal si era avvicinato, e la sua vicinanza le era di conforto. Si rese conto che l'odore del suo corpo era diverso da quello dei maschi umani. Non era un odore cattivo o ripugnante, non di cipolla come quello di molti, ma non avrebbe saputo definirlo; sapeva solo che le piaceva. - Mi capita di rado di comportarmi da sciocca - dichiarò in tono brusco. Non voleva che una sentinella li sorprendesse insieme; quell'incontro poteva essere frainteso e preferiva evitare che per l'accampamento circolassero altre chiacchiere su Zainal. - Com'è la tua casa, oppure parlarne ti rattrista al punto di piangere? All'idea di un catteni in lacrime scoppiò in una risatina.
- Adesso stai meglio - disse Zainal e, mettendole una mano sotto il mento, le sollevò il volto. L'inattesa tenerezza nei suoi caldi occhi gialli la turbò. Come aveva fatto a pensare che il loro fosse un colore strano? Zainal le mise un braccio sulle spalle. - Stai meglio ora? La cena è pronta. Non sei affamata? Anche la fame fa piangere. Lei gli lanciò un'occhiata penetrante. - Non ho pianto per colpa della fame. Mi è venuta nostalgia. - No-stal-gia? - Sì, quando si ha voglia di vedere cose familiari e persone che ami. - Non credo che i catteni capiscano la "nostalgia". Perché chiamano questo posto Camp Ayres Rock? Joe ha riso. - In Australia è un importante punto di riferimento. Kris si guardò in giro. - Molto più grande di questa montagna, ma immagino che il profilo sia abbastanza simile. Gli australiani devono avere manipolato la votazione. - Questo non li riempie di nostalgia? - Non so. Tu non senti la mancanza della tua casa? - Non del mio mondo d'origine - rispose Zainal con tanta veemenza che lei si chiese se si riferisse al pianeta o ai suoi abitanti. - Andiamo a vedere Coo e Pess. Li informiamo dei nuovi cibi. - Sì, dovremmo farlo disse Kris, vergognandosi della propria debolezza quando c'erano amici in condizioni disperate. Coo, Pess e gli altri malati della loro razza erano ospitati tutti insieme in una caverna-ospedale. Lo sfinimento li avviluppava come un mantello tangibile, dando alla loro pelle un malsano e pallido color verde. Erano distesi su giacigli di paglia, ma Kris ebbe l'impressione che perfino respirare fosse per loro uno sforzo. Pess, che era il più vecchio dei deski, sembrava quasi trasparente, ma erano le loro ossa che si stavano indebolendo, non i loro polmoni.
I deski sembravano contenti di ricevere la loro visita e si misero a chiacchierare tutti insieme nella loro lingua quando seppero da Zainal e da Kris dei nuovi alimenti che avevano trovato. - Voi pensate bene, voi fate bene - disse Coo, guardando da Kris a Zainal e annuendo. - Coo camminare con voi presto. - Anche il tuo inglese migliora - disse Kris, stropicciando i piedi, un po' a disagio davanti a una malattia così debilitante. Ricordava come erano stati instancabili Coo e Pess durante le loro prime perlustrazioni insieme, e la demoralizzava vederli ridotti in quello stato. Se non stava attenta, sarebbe scoppiata di nuovo in lacrime. - Ci sono mari sul vostro pianeta? - chiese a Coo. - Mari? - Distese di acqua, salate. Ci fu uno scambio di commenti e Coo, come portavoce, scosse la testa con tristezza. Allora, Kris batté con un dito sulla caraffa dell'acqua. - Tanta acqua, da non vedere dove finisce. - Oh. - Coo e Pess annuirono con energia. - Tanta acqua buona. - Buona per i deski? - La risposta fu di nuovo un cenno affermativo. Forse i molluschi serviranno a qualcosa. In quel momento, Leon si affacciò all'ingresso. - Non stancateli troppo. Ho sentito che avete trovato altre fonti alimentari durante la vostra ultima camminata. Sollevata di avere un pretesto per lasciare i deski, Kris si lanciò in una descrizione di quello che Joe aveva trovato. - Gli parlerò più tardi. - Come stanno, Leon? - chiese Kris a voce bassa. - Tengono duro, e c'è una donna incinta. Kris lanciò un'occhiata al di sopra della spalla. Quale? - Quella vicino a Pess. È la sua compagna. Speriamo che lui resista fino al parto, ma ne dubitiamo, anche per via dell'età. Non è robusto come gli altri. Se fossero umani, direi che sono stati colpiti da rachitismo e avrebbero bisogno di vitamina C. Ho ordinato un microscopio
- aggiunse Leon con un sorriso - a quegli ingegneri, che sostengono di poter ricavare tutto quello che ci occorre dai rottami delle macchine. Vorrei che si sbrigassero. A quel punto, Zainal li raggiunse, ma non era necessario che ascoltasse la diagnosi di Leon per capire quanto fossero gravi le condizioni dei deski. Quella sera consumarono un'ottima cena, annaffiandola con una birra fermentata che veniva distillata a Camp Rock. Era stimolante, ma aveva un gusto strano. - Riusciremo a farla come si deve. Ci riusciremo disse Worry, che si era seduto al loro tavolo con la sua tazza e la brocca che conteneva la sua razione di birra. Non è all'altezza delle marche migliori, ma ne avremo un notevole quantitativo quando arriverà l'inverno. Ne avremo bisogno. - Davvero? - Hmmm, il meteorologo sostiene che qui gli inverni sono brutti. Lo deduce dai segni sugli alberi e da altri particolari del genere. Faremo ottimi affari con le pellicce di rocksquat. - Affari? - chiese Kris. - Certo, chi lavora si merita la paga... in privilegi. Mitford non permette che si usi l'oro per fare baratti, altrimenti la gente trascurerebbe il lavoro per andare a scavare oro. Stiamo anche cercando di produrre un tipo di vino, con certe bacche verdi. È piuttosto gradevole. E anche un cordiale, per quelli ai quali non piace la birra. - Perché, ce ne sono? - commentò Kris. - A te piace? - chiese a Zainal, che sorseggiava con cautela la sua birra. - Avete qualcosa del genere su Barevi o su Catten? - Sì, ma non così buona - rispose Zainal. Anche se aveva un sapore strano, l'effetto della birra era lo stesso di qualunque distillato prodotto sulla vecchia Terra. Dopo due tazze, Kris era già pronta ad andare a letto. Zainal si trattenne con Joe e Oskar, il quale, forse non molto saggiamente, si riempiva la tazza un po' troppo spesso. La mattina seguente di buon'ora, fu chiaro che soffriva dei postumi della bevuta e Astrid, aiutata da Joe e Zainal, lo portò al lago per una salutare nuotata. Non
avendo niente di meglio da fare, Sarah e Kris li seguirono, anche perché a quell'ora, essendo ancora buio pesto, avevano il lago a loro completa disposizione. Così, erano tutti insieme quando il cellulare di Kris emise il segnale. - Le sentinelle riferiscono che sta arrivando qualcosa di grosso - annunciò Worry. - Venite subito qui. - Ma è ancora buio. Non vedranno i geroglifici - gemette Kris, risentendo nei muscoli la fatica di scavare quei segni nel fianco della collina. - Io resto con Oskar - disse Astrid. Loro quattro risalirono di corsa i gradini; la luce delle lampade diminuiva infatti i rischi di cadute. Si precipitarono lungo i corridoi e attraversarono la caverna Cheddar, dove furono accolti con saluti allegri dai panettieri, quindi irruppero all'aperto, sulla cengia. Ascoltando con attenzione, poterono udire il rombo in lontananza di un velivolo. - Ecco le luci che ci sorvolano - disse una voce poco distante, che Kris riconobbe per quella di Worry. - Ho avvertito Mitford. Sta mettendo in stato di allarme le sentinelle. Quello laggiù è Zainal? - Worry fece ondeggiare una lanterna. - Potresti dirmi... - Rallenta per atterrare - disse Zainal. - Immagino non ci sia modo di sapere dove atterrerà. - No. Si può supporre che sceglieranno lo stesso punto dell'altra volta - rispose Zainal indicando in quella direzione. - Dio! Non riusciremo ad arrivarci prima che atterri. - Possiamo però farcela prima che riparta - disse Zainal e, girando sui tacchi, passò accanto a Joe e Sarah, diretto ai gradini. Kris lo seguì e, con un cenno agli altri di muoversi, rientrò in Cheddar. Sorridendo ai fornai, tese la mano verso le pagnotte appena uscite dal forno. - Possiamo prendere un po' di pane? - Certo. Lei lanciò una pagnotta a testa a Joe e Sarah, che si erano fermati per vedere che intenzioni avesse, quindi si gettarono all'inseguimento di Zainal. Il rombo cre-
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sceva d'intensità, come uno sciame di grossi insetti infuriati. Lasciata Camp Rock alle spalle, Zainal impose un'andatura micidiale. Quando si fermarono per riprendere fiato, l'astronave stava passando sopra le loro teste. - Un mezzo di trasporto - disse Zainal, sbirciando la massa scura, delineata dalle luci di posizione che lampeggiavano. Kris pregava che le passasse la fitta al fianco ma, quando Zainal ripartì, gli rimase attaccata alle calcagna, seguita dagli altri. Nonostante l'oscurità, riuscirono ad avanzare sul terreno accidentato inciampando qualche volta ma senza mai cadere. Sembrava che qualcosa nel rumore dell'astronave aliena li incitasse a tener duro. Immagini delle ferite che gli spazzini lasciavano nei corpi indifesi le passarono per la mente quando la fitta al fianco riprese a tormentarla; la ignorò di nuovo. Se soltanto fosse riuscita a non inciampare... Zainal superò la prima siepe con un balzo, senza curarsi per una volta di quelli che lo seguivano. Ma la sua non era un'esibizione di superiorità fisica, così Kris represse un moto di rancore mentre restava sempre più indietro. Si arrestò a una siepe, troppo alta per poterla saltare, con Joe e Sarah al suo fianco. - Bene, ricorriamo a una tecnica che usano nell'esercito - disse Joe e, dopo aver studiato la situazione, si gettò nella vegetazione, aprendo un varco tra i rami. Facendo attenzione, Kris e Sarah strisciarono sul suo corpo, quindi lo aiutarono a passare dall'altra parte. Ripartirono all'inseguimento di Zainal, che aveva già raggiunto l'estremità opposta del campo. - Dannato cat - borbottò Kris tra i denti, impegnandosi per accorciare la distanza. L'astronave aveva aumentato il vantaggio ma, dalle luci di posizione, Kris capì che la parte posteriore stava compiendo un cerchio. Atterrava forse sulla coda? Come scaricava i suoi passeggeri privi di sensi? La sua massa scomparve in fondo alla collina che stavano scendendo più in fretta di quanto fosse saggio, considerando le condizioni del terreno. Alle prime luci del giorno, videro
Zainal tuffarsi attraverso un varco nella siepe e deviarono in quella direzione, per passare nel campo successivo. Era forse quello dove si erano risvegliati, ignari dei pericoli che si annidavano nel sottosuolo? si chiese Kris, ma era difficile distinguere un campo dall'altro. La preoccupazione principale, anche se l'astronave fosse atterrata a diversi campi di distanza, era di trovarsi abbastanza vicino da salvare quante più vite possibile. Anche se il cielo si stava schiarendo, a giudicare dalla rotta che avevano seguito i cat non potevano aver visto i geroglifici, malgrado i contorni delineati da mica luccicante. Inoltre, e il pensiero le fece quasi perdere l'equilibrio, se Zainal se ne fosse andato con loro? Gemette, una, due volte, ma dovette smettere perché le occorreva tutto il fiato che le restava per continuare a correre. Sentì il suolo vibrare sotto i piedi quando l'enorme massa dell'astronave si posò a terra. Oh, Dio, e se i cat li avessero fatti di nuovo prigionieri? Ebbe un attimo di esitazione mentre rifletteva ai pericoli cui andavano incontro per soccorrere degli sconosciuti. A spronarla fu il pensiero di Coo che deperiva, di quelli della sua razza che erano già morti, e del bambino che avrebbe dovuto nascere. Che razza di altruista saresti! Simili riflessioni infusero nuove energie nelle sue gambe. Joe e Sarah rischiarono di andarle a sbattere contro quando si arrestò alla siepe successiva, sbalordita dalle dimensioni del velivolo. Non c'era da stupirsi che dovessero scegliere i campi più vasti di Botany. L'astronave era atterrata nel punto più alto e occupava un terzo dello spazio disponibile. Di colpo si accesero delle luci che rischiararono il campo con raggi così luminosi che Kris dovette ripararsi gli occhi. - Non fanno... le cose... a metà... vero? - boccheggiò Sarah, mentre osservava la scena attraverso le dita, impressionata ma non sconvolta. Kris, che stava riprendendo fiato, vide Zainal, la cui sagoma si stagliava contro la luce dei riflettori, correre verso l'astronave. Ne fu così spaventata che trattenne il respiro, con il risultato che puntini luminosi le ballarono davanti agli occhi. Si costrinse a inspirare ed espirare
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lentamente. Una larga rampa stava emergendo da un'apertura che si allargava nella stiva. - Accidenti a lui - borbottò, e si aprì un varco nella siepe, ignorando i rami che le graffiavano mani e faccia e liberando la tuta con uno strattone quando rimase impigliata. In quel momento i catteni iniziarono a sbarcare il loro carico, tre o quattro corpi, ovviamente privi di sensi, alla volta, portandone due di traverso sulle spalle e trascinandone altri due per i lembi delle loro tute. Il fatto che poi li disponessero in file ordinate sembrava un'assurdità. C'erano catteni ovunque e, malgrado il desiderio di stare vicino a Zainal, Kris si accorse di avere rallentato il passo. - Oh, Dio... so... cosa... sto facendo? - Se... lo sai... dillo anche... a noi - ansimò Joe, raggiungendola: era malfermo sulle gambe e boccheggiava. Si piegò in due, con le mani sulle ginocchia, per riprendersi. Due catteni smisero di scaricare quando Zainal si avvicinò: armi in pugno, lo tennero sotto mira. Con il vapore che usciva sibilando dall'astronave e i rumori metallici che provenivano dall'interno, Kris non riuscì a udire cosa si dicevano, anche se capiva la loro lingua, ma Zainal aveva un atteggiamento autoritario e i due catteni sembravano intimiditi. Risalirono di corsa sull'astronave; adesso che la stiva era spalancata, Kris vide che uno spariva all'interno mentre l'altro si rimetteva al lavoro. I catteni erano così veloci che c'erano già due file di corpi svenuti. Due casse, quasi sicuramente con il consueto contenuto di coltelli, accette e coperte, erano state poste su un lato del campo. Non avendo il coraggio di avvicinarsi ai soldati catteni, Kris, Joe e Sarah, lottando per riprendere fiato, si fermarono di comune accordo accanto alle prime due casse, al riparo della loro ombra. Zainal si girò di lato, fece loro un cenno, quindi si voltò di nuovo, ignorato dagli altri catteni che continuavano a scaricare. D'un tratto, quelli che stavano risalendo sull'astronave scattarono sull'attenti vedendo tre catteni avanzare
impettiti. Due si fermarono in fondo alla rampa mentre il terzo si diresse verso Zainal. Erano di statura imponente, ma a Kris sembrò che Zainal fosse un po' più alto, più robusto e con un portamento più orgoglioso. Afferrò frammenti e brani del loro linguaggio discontinuo, e le parve che il nuovo arrivato gesticolasse con impazienza. Poi, lo vide voltare la testa da un lato all'altro, con meno energia. Il linguaggio del corpo era sempre identico, pensò Kris. Non era di suo gradimento quello che udiva oppure non sapeva se avrebbe potuto soddisfare la richiesta. Zainal parve crescere di statura quando incrociò le braccia sul torace, con l'aria di chi ha dato un ultimatum. Che l'altro fosse indeciso era ormai chiaro a Kris. D'un tratto, fece un cenno brusco con il capo e, rotando su un tallone, risalì la rampa, scortato dalle due guardie. Zainal si limitò ad aspettare, a braccia conserte, con gli scaricatori che gli passavano sui due lati. - Perché non è andato a bordo? - chiese Joe. - A quanto pare, non l'hanno invitato - osservò Kris. - Inoltre, ha detto che, una volta scaricato, non ti riprendono più. - Alludeva a se stesso? - Sarah era sorpresa. - Voglio dire, si è comportato come se fosse di rango superiore al comandante, o chiunque fosse. Qualunque cosa abbia chiesto, penso che la otterrà. A quanto pare, non si sono nemmeno sorpresi che un catteni uscisse dal buio, così. Sarah fece schioccare le dita. - Non che io abbia mai visto un soldato catteni - e Kris fece una pausa per chiarire che non considerava Zainal in quella categoria - esprimere sorpresa o qualsiasi altra emozione.
- Dicono che Zainal fosse un emassi, perciò non fraternizzerebbe con tipi come gli scaricatori disse Sarah. - Apparteneva alle forze spaziali, non a quelle di terra.
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- Ne avete udite di cose su Zainal, vero? - Non ti innervosire, Kris. - Sarah la rabbonì battendole su una spalla. - A noi, Zainal piace. È in gamba. - Noi australiani apprezziamo i tipi come lui interloquì Joe. - Per l'inferno, siamo tutti nella stessa situazione. Operazione punto-e-a-capo, ragazza mia. L'operazione di scarico proseguiva inesorabile e il cielo diventava sempre più chiaro. - Non dovremmo, ehm... - Joe fece un cenno del capo indicando la siepe. - Neanche per sogno. Non mi nascondo da tipi come loro. - Ben detto, ragazza - l'approvò Sarah. - Inoltre, non possono farmi più di quanto mi abbiano già fatto, scaricandomi qui - proseguì Kris in tono fermo. Si passò la lingua sulle labbra e cercò di deglutire un po' di saliva per inumidire la gola secca. Doveva esserci un corso d'acqua nelle vicinanze... dopo che i catteni se ne fossero andati. Si sarebbe mossa solo dopo la loro partenza. E se avessero deciso di costringere Zainal a seguirli con la forza. Trasalirono tutti e tre quando udirono alle loro spalle mormorii e imprecazioni. Voltandosi di scatto, videro sagome scure spingersi attraverso la siepe e un
attimo dopo un Mitford ansimante si arrestò di fianco a Kris. Aveva portato con sé una vera folla, anche se lei non sapeva cosa potessero fare donne e uomini armati di armi primitive contro i catteni. Una dimostrazione di forza rischiava di far comparire gli staffili, e il solo pensiero di quel deterrente le fece accapponare la pelle. - Cos'è successo? Cosa sta facendo Zainal? ansimò Mitford. - Credo che abbia chiesto roba per i deski. È di questo che abbiamo bisogno, no? - rispose Kris. - È già salito a bordo? - domandò qualcuno dalla folla anonima. - No, e non credo che l'abbiano invitato. Qualcuno mugugnò, incredulo. - Guardate il modo in cui scaricano quei poveracci disse un altro. Dalla cadenza della voce Kris pensò che fosse uno dei Doyle. - Poveri bastardi. - Già, da noi si sentiranno i benvenuti - dichiarò Mitford con enfasi. - Non è così? - Certo, sergente, certo. Mitford si guardò in giro, soddisfatto di aver messo in chiaro quel punto. Altre casse vennero sistemate e i catteni, accortisi di essere osservati, si scambiavano commenti e gomitate. - Niente di lusinghiero, ne sono sicuro - disse la voce divertita di Lenny. - Altrettanto a voi, maledetti! - aggiunse a voce più alta, e venne subito zittito. I catteni si voltarono a guardare e uno di loro avanzò di un lungo passo, come a voler vedere la loro reazione. Nessuno arretrò; anzi, Kris vide che molti sollevavano gli archi e impugnavano le lance. Il catteni parve sorpre-
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so ma un grido dall'astronave lo indusse a tornare sui propri passi. Fu un'attesa interminabile ma, essendosi levato il sole, l'ansia che li aveva spinti a precipitarsi lì si era placata. Era pur vero, e a quel pensiero Kris fu colta dal panico, che i catteni scaricavano in più punti a ogni viaggio. Erano già atterrati altrove prima di sorvolare Camp Rock? No, secondo Zainal erano arrivati ad un angolo d'atterraggio. Era il loro primo sbarco? Zainal non potrebbe convincerli a lasciare tutto il carico qui e risparmiarci di correre per il pianeta a raccogliere i sopravvissuti? pensò Kris, irritata. Quando deglutì di nuovo per inumidirsi la gola, Mitford le porse qualcosa: la sua bottiglia dell'acqua. Invece di schizzare via come una freccia, come aveva fatto lei, il sergente aveva avuto la freddezza di munirsi del minimo indispensabile. Sciacquò la bocca con il primo sorso prima di deglutirlo e, dopo averne bevuto un secondo, più generoso, passò la bottiglia a Sarah. L'attesa continuò: Zainal non aveva mosso un solo muscolo da quando il comandante, o chiunque fosse, se n'era andato. Era come una statua, inondato dalla luce bianchissima e abbagliante dei riflettori, indifferente all'andirivieni che si svolgeva intorno a lui. A lungo andare, Kris decise che era una scena buffa e cominciò a ridacchiare. - Anche a me piacerebbe ridere - borbottò Mitford. - Zainal è come un'isola pedonale. Li costringe a girargli intorno ma non si muove di un millimetro. Vedi e Kris indicò un paio di catteni, costretti a fare una deviazione. - Non pensi che, essendo catteni, lo scosterebbero a spintoni? Se potessero? Se osassero? - Già, hai ragione - rispose Mitford, pensieroso. A voce più alta, per farsi sentire dagli altri, aggiunse: Ehi, il nostro Zainal li sta mettendo tutti in riga, non ci sono dubbi. Kris pensò che era una furbizia da parte del sergente far sapere a tutti come la pensava. E se davvero Zainal... Due catteni scesero dall'astronave con un grosso scatolone che andarono a deporre di fianco a Zainal. Altri
quattro arrivarono con pacchi più piccoli. A quel punto, Zainal alzò il braccio sinistro, facendo un gesto per invitarli ad avvicinarsi. - Benone, andiamo a raccogliere i nostri pacchi - disse Mitford, chiamando cinque nomi. - Vengo anch'io - dichiarò Kris, avanzando di un passo, imitata da Joe e Sarah. Quando il sergente la guardò aggrottando la fronte, lei aggiunse: - Siamo la sua pattuglia. Mitford emise un grugnito. Come una falange, si avvicinarono all'astronave, Mitford in testa. Kris era consapevole di tremare all'idea di essere così vicina a un velivolo catteni, per non parlare di quegli esseri abominevoli. Due passarono loro accanto, carichi di corpi umani. Kris aveva già notato che si trattava di un gruppo molto eterogeneo. Aveva visto deski, rugarian, altri tur, e alcuni trogloditi dall'aspetto strano che non aveva mai visto su Barevi. Mentre si avvicinavano all'apertura della stiva, si rese conto del fetore che emanava dal carico: sudore, escrementi, l'odore stantio di corpi rimasti a lungo al chiuso in uno spazio ristretto, e quello penetrante e acre della sostanza, qualunque fosse, usata per tenere la gente in condizioni di stasi per la durata del viaggio. - Che tanfo! - esclamò Sarah, facendosi vento davanti al naso. Non persero tempo a raccogliere le casse. Ci vollero quattro uomini per sollevare la più grossa, e i catteni risero dei loro sforzi. Era una fortuna che la pattuglia di Zainal avesse deciso di unirsi al gruppo; anche le casse più piccole erano pesanti, e Kris sentì tendersi i muscoli della schiena quando sollevò la sua. - Vieni con noi? - mormorò a Zainal, che aveva ripreso la sua posa a braccia conserte. - Tra poco. Non ho ancora tutto quello che voglio. - Resterai con noi? - Per Kris era della massima importanza che restasse. L'idea di perderlo, ora che aveva capito quanto significasse per lei, la colmava di panico. - Resto.
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Tornando verso il bordo del campo, Kris si costrinse a camminare molto lentamente, decisa a non offrire ai catteni l'occasione di ridere di lei. - Per la miseria, cos'hanno messo qui dentro? esclamò Lenny Doyle mentre aiutava a deporre la cassa a terra. - Attenzione, potrebbe essere fragile. - No, Lenny, ma lo siamo senz'altro noi - replicò Novanta gemendo e strofinandosi con ostentazione il fondo schiena. - Lui viene? - Lenny chiese a Kris, indicando Zainal. - Così dice. Non gli hanno ancora dato tutto quello che ha chiesto. - Speriamo che gli diano più di quanto dovrebbe avere. - Con uno scatto d'ira, Kris riconobbe la voce maligna di Dick Aarens. - Perché l'avete portato con voi? - chiese ai Doyle. - Era l'unico modo per accertarsi che facesse la sua parte - rispose Lenny. Quindi aggiunse: - Fa troppo il galletto, vantandosi con tutti perché è stato l'unico a capire come funzionano i robot e quali pezzi ci sarebbero stati utili. Secondo te, i catteni non sarebbero disposti a riprenderselo? - Magari... Mio Dio, guarda quei mucchi di persone disse Kris. In effetti, invece di essere disposti in file ordinati, ora i corpi venivano ammucchiati uno sull'altro. - Ce ne sono di più che nel nostro sbarco - disse Mitford, dopo un rapido calcolo. - Molti di più. Forse, dopotutto, ci stanno facendo un favore, scaricandoli tutti in uno stesso posto. - Ma dove li metteremo, quando si sveglieranno? - Faremo spazio. Molti di loro sono dei nostri! - dichiarò Mitford con fermezza. - Sì, ma quel che è troppo è troppo. Finalmente ci siamo sistemati bene e ora... - Ora si condivide. Ci ricordiamo, e molto bene, cosa abbiamo passato. Perciò, dannazione, si condivide! Non ci furono altre discussioni mentre le operazioni di scarico proseguivano. - Preferisco che stiano con noi, dove possiamo tenerli d'occhio, piuttosto che vaghino
come una banda di scatenati irresponsabili, procurando guai a non finire al nostro accampamento. La stanchezza, per la corsa e per aver trasportato le pesanti casse, cominciò a esigere un tributo dalle energie di Kris. Sfinita, si sedette su una delle casse. - Ho una pagnotta da dividere - annunciò, infilando una mano nella borsa della carta. Ne staccò un pezzo e lo diede a Mitford. - Buona idea - disse Mitford. - Riposo, uomini... e donne. Godiamoci lo spettacolo dei grossi, grassi e puzzolenti cat al lavoro. Tutti si misero comodi, sull'erba o seduti sulla fila di casse o semplicemente accovacciati. Joe e Sarah spartirono le loro pagnotte e venne distribuito il cibo che molti del gruppo di Mitford avevano pensato di portare. - "Oh, issa la balla, mettitela in spalla" - cantò adagio la voce tenorile di Lenny. - Ci starei a sbronzarmi e a farmi sbattere in galera disse un'altra voce maschile, finendo quindi di cantare il popolare motivo. Risero tutti, attirando l'attenzione dei catteni. - Si stanno agitando. - Cerchiamo di non esagerare. - Ah, sergente! - Meglio restare calmi. Vi siete dimenticati degli staffili? - Non ne vedo neanche uno. - Perché quei poveracci sono tutti privi di sensi. - Stai contando, Tesco? - chiese Mitford. - Lo farei... ottocentoventi, ventuno, ventidue... se non continuassi a interrompermi. - Cerchiamo di non farli infuriare, amici - consigliò Joe Marley. - Si stanno sfogando su di loro. Si zittirono tutti, dopo che Joe ebbe fatto notare il modo rude, più rude, in cui i catteni depositavano i corpi inerti. Poco mancava che li sbattessero a terra. - Zainal, puoi chiedere loro di non malmenarli? - disse Mitford con voce tonante. Zainal lanciò una rapida occhiata in giro e, scorgendo un catteni che si liberava senza tanti riguardi del suo ca-
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rico, lo redarguì in tono secco e autoritario. Il catteni cambiò subito atteggiamento e posò il suo fardello con esagerata delicatezza. Gli altri, sotto lo sguardo vigile di Zainal, divennero più cauti. - Zainal resterà là finché avranno finito? - chiese Lenny, chinandosi verso Kris con espressione ansiosa. - Penso di sì. Quanto meno, può mettere un freno alle loro pessime maniere. - Come mai glielo permettono? - volle sapere Lenny. - Perché sa come dare ordini - rispose Mitford, senza nascondere l'ammirazione. Il gruppo continuò a chiacchierare del più e del meno, ma non ci furono più scoppi di risate che avrebbero potuto irritare i catteni. Teseo era arrivato a mille quando Mitford fece cenno a Dowdall di continuare al suo posto. Furono scaricate altre casse, che i catteni ammucchiarono all'estremità opposta del campo, con un ultimo gesto di dispetto. Zainal continuava ad aspettare. Tutti i soldati erano scomparsi all'interno dell'astronave e il silenzio era rotto soltanto dai rumori del velivolo, gemiti metallici ed emissioni di liquido e di vapore. D'un tratto, gli spettatori udirono il suono di stivali su una superficie metallica e un'altra delegazione, questa volta formata da cinque catteni, apparve nell'apertura. Due rimasero dentro, tre scesero e due si fermarono a metà strada. L'ultimo catteni, che indossava un'uniforme più elaborata ed era di tutta una testa più basso di Zainal, andò a mettersi di fronte a lui e gli porse prima un fascio di quelli che a Kris parvero tabulati, quindi un'altra cartella, con gesto ancor più formale. Per un attimo, Kris pensò che l'ufficiale avrebbe battuto i tacchi e avrebbe salutato alla maniera teutonica. Zainal accettò il tutto quasi con diffidenza, disse alcune parole a voce bassa e si allontanò con disinvoltura dall'astronave. Le accecanti luci bianco-azzurre si spensero, la rampa venne ritirata e si udirono i rumori dei motori che si scaldavano. Per un attimo, Kris temette che i gas di scarico avrebbero fritto i corpi più vicini, ma, fischiando a un livello
che costrinse tutti a tapparsi le orecchie, l'enorme mezzo di trasporto salì lentamente in verticale prima di avanzare in linea retta. Quando fu a diversi campi di distanza dal luogo dell'atterraggio, dai motori posteriori saettò una luce che passò dal giallo al bianco e all'azzurro attinico, così accecante che Kris e gli altri dovettero coprirsi gli occhi. La folata di vento che sollevò fu talmente violenta da far cadere diversi di loro: per fortuna, essendo distesi a terra, i corpi delle ultime vittime si salvarono da quella raffica. Non potendo più trattenersi, Kris corse incontro a Zainal, che camminava a passo svelto, indifferente al vento del decollo. - Hai ottenuto quello che volevi? E cosa volevi da impiegarci così tanto? - gli gridò mentre gli si avvicinava. - Ho ottenuto il rapporto dell'esplorazione - rispose Zainal, alzando la cartella - e relazioni mediche sui desici. - Sventolò il tabulato. - Cure per i deski... - e indicò la cassa trasportata da Kris. - Medicinali per gli umani e i rugarian - aggiunse, indicando le altre. - Nonché l'occorrente per fare esperimenti. - Come mai erano così remissivi, Zainal? - chiese Joe. - Sono sempre un emassi, e loro lo sanno - rispose lui, ponendo l'accento su "sanno". - Cosa significa essere "emassi" sul tuo pianeta? volle sapere Joe. - È un rango... innato. - Rango di nascita - lo corresse Kris per un riflesso automatico. Voleva che Zainal imparasse a parlare un inglese perfetto. - L'avevo capito - dichiarò Joe, in un tacito rimprovero. Kris strinse le labbra per trattenersi dal replicare con una battuta mordente. Non era il momento di litigare. - Guardiamola da questo punto di vista, gente. Abbiamo raddoppiato la nostra popolazione... senza colpo ferire - annunciò Mitford, saltando in cima a una cassa.
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- Dobbiamo metterci al lavoro, eh, sergente? - urlò qualcuno. - Già, e seguiremo la stessa routine. Soltanto che questa volta siamo in vantaggio perché sappiamo cosa fare. Dowdall, torna a Camp Narrow e organizza letti e cibo. Mandami almeno altre venti persone. Portate secchi e brocche così che possiamo farli bere. Cominceremo a mandarveli appena saranno in grado di camminare. Per fortuna siamo abbastanza vicini. Tu, tu, tu e tu, fate un giro e individuate i feriti, quelli che i cat hanno maltrattato senza tanti riguardi. Lenny, Novanta, aprite quelle casse. Su, Jay, occupatevi della distribuzione. Poi, tu, Jay, guiderai il primo gruppo di cinquanta persone a Camp Narrow. - Mitford balzò a terra e si avvicinò a Zainal. - Secondo me, hanno svuotato l'intero carico su questo campo. Giusto, Zainal? Il catteni annuì. - Quel rapporto è leggibile? - Mitford sbirciò i geroglifici, simili a quelli che avevano scavato sul fianco della collina. - Sì. Li ho anche informati che questo pianeta è occupato da altri, con una tecnologia avanzatissima. - Ti hanno creduto? - No - rispose Zainal con un sorriso divertito. - Ma lo riferiranno a chi di dovere. Mitford lo scrutò con uno sguardo penetrante. - Perché non ti hanno creduto? Hanno pensato che stessi mentendo, per andartene da questo pianeta? Zainal scrollò il capo. - Per prima cosa ho detto loro che ero stato scaricato e che restavo. - Non guardò in direzione di Kris, ma lei capì, senza ombra di dubbio, che quelle parole erano rivolte a lei, e il cuore le sobbalzò in petto. Stupida! Ma era felicissima che non se ne fosse andato. - Credono al rapporto, dove si dichiara che questo pianeta è deserto. - Mio Dio - gemette Joe Marley - come hanno fatto a non accorgersi degli hangar? - Gli hangar non mostrano forme di vita a sangue caldo - spiegò Zainal. La conversazione si interruppe quando uno dei corpi più vicini gemette, e tutti si misero al lavoro. In realtà,
pensò Kris prendendo la borraccia di Mitford per andarla a riempire al vicino corso d'acqua, lei e gli altri avrebbero potuto risparmiarsi di correre come pazzi, rischiando di rompersi qualche osso, per arrivare lì. I catteni avevano impiegato diverse ore per scaricare. Avrebbero potuto camminare, o fare prima colazione, ma lei era felicissima di essersi precipitata lì, altrimenti si sarebbe persa la scena di Zainal, là in piedi come la rocca di Gibilterra. Ci sarebbe rimasto tutto il giorno se loro non fossero stati disponibili ad accogliere le sue richieste? O pretese? Essere emassi gli garantiva senza dubbio dei privilegi, anche se l'avevano scaricato.
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Erano così ben organizzati, e Mitford era così autoritario che ai nuovi arrivati furono servite bevande calde ed energetiche a una cucina da campo eretta in tutta fretta prima che il sole fosse a metà del suo percorso in cielo, e in seguito panini per pranzo. Appena svegli, veniva consigliato loro di limitarsi a bere acqua, quindi di masticare lentamente un terzo di una tavoletta: rimpinzarsi a stomaco vuoto provocava reazioni sgradevoli. Mitford aveva provveduto a far portare le casse di medicinali - tranne una cassetta con l'occorrente per fare esperimenti - a Camp Rock con la notizia del nuovo sbarco e la richiesta a Worry di mandare Leon e altro personale medico. Quelli che erano stati scaricati con brutalità dai catteni avevano subito qualche frattura. Alcuni del nuovo gruppo avrebbero dovuto essere ospitati al campo-base, La Roccia, come la gente lo chiamava ormai affettuosamente. Kris era molto sollevata al pensiero che Leon sarebbe stato in grado di curare Coo, Pess e la donna incinta, oltre a mantenere in buona salute i desici appena arrivati. Quando il primo gruppo di cinquanta si avviò a passo lento per dirigersi a Camp Narrow, Kris, per ordine di Mitford, si stava già occupando degli interrogatori: nome, professione, origini e ultimo ma non meno importante, tutto quello che sapevano di avvenimenti recenti che si erano verificati sulla Terra. Il semplice fatto che la gente opponesse resistenza ai catteni era un toccasana per il morale. Anche l'incontro di quel giorno era considerato molto importante. - Ottenere qualcosa dai catteni senza dover pagare era la felice conclusione. Quando si concesse qualche minuto per pranzare,
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Mitford le andò vicino per avere un riassunto delle sue scoperte. - Finora, gli umani che ho interrogato provengono dal nord America. Ci sono anche canadesi. A quanto pare, c'è un numero notevole di inglesi, francesi e tedeschi. La resistenza sta dilagando, e i catteni hanno dovuto chiamare rinforzi per fronteggiare scioperi, occupazioni del posto di lavoro e ogni genere di movimenti passivi. Ricorrono anche al sabotaggio, facendo saltare i rifornimenti dei catteni o le spedizioni destinate a Catten o a Barevi. - Spedizioni? Oggetti d'arte? - Che mi risulti, no. Non so perché, sergente, ma non credo che i catteni abbiano i nostri stessi gusti artistici. - Hmmm. È possibile. Professionisti utili? - Due dentisti canadesi, diciannove insegnanti... sembra che i catteni abbiano svuotato una scuola privata per rappresaglia. Hanno portato via... tutte le ragazze. - Kris pronunciò con riluttanza le parole. - Alcune delle insegnanti erano suore, che si sono opposte al sequestro. Una dice di aver avuto un braccio spezzato. Sembra un po' storto, e si sente il calcio in eccesso nel punto fratturato, ma si è sostanzialmente saldato. - Significa che il viaggio per arrivare qui è lungo. Cosa usano per provocare la stasi? Kris si strinse nelle spalle mentre passava in rassegna i suoi fogli per scovare altre professioni interessanti. Cinque parrucchieri, due massaggiatori, un riflessologo... - Un cosa? - Ti fa sentire felice. - Boh. - Dovresti provarlo, sergente, ti rilassa davvero! - Ho detto professioni utili!
- Ti vanno due chimici, cinque farmacisti, un ingegnere edile, diciannove casalinghe, tre con figli ancora piccoli e... lo sai, non ce n'è uno solo che superi i cinquanta tra quelli con cui ho parlato. - Non mi fare venire gli incubi. 282
- Due gioiellieri, tre ex soldati e un ispettore di polizia. - Kris aveva così concluso il suo rapporto sulle interviste del mattino. Ci volle il resto della lunga giornata di Botany per passare in rassegna tutti. Zainal parlò con i nuovi deski e ne mandò diversi di guardia per avvistare i mostri volanti. Mitford, però, era dell'opinione che, avendo smantellato gli hangar, anche i robot che li facevano intervenire erano stati disattivati; non era comunque contrario a piazzare sentinelle, per ogni eventualità. Sul campo furono abbandonati trecentodue morti. Alcuni furono identificati da altri, catturati nella stessa retata, così i loro nomi vennero registrati. Kris doveva distogliere lo sguardo dai corpicini dei bambini; quelli sotto i cinque anni non sopportavano la stasi. La loro morte, così inutile, così terribile, l'angosciava. - Non li conoscerai mai - mormorò Zainal quando vide le lacrime nei suoi occhi. - No, nessuno li conoscerà mai. Gli voltò le spalle, lottando contro il fatto che anche Zainal era catteni, e membro della razza responsabile di quelle vittime. Si disse con fermezza che catteni o no, Zainal aveva fatto tutto il possibile per aiutarli e di sicuro era riuscito a limitare i danni. Avrebbero dovuto essergli grati anche perché aveva ottenuto che lo sbarco fosse effettuato in un unico punto. Perfino la genialità di Mitford sarebbe stata messa a dura prova se avesse dovuto organizzare molteplici operazioni di salvataggio e portare tutti al riparo prima che gli spazzini emergessero di notte dal terreno. Zainal le sfiorò il braccio con dolcezza. - Andiamo, adesso. Sta per calare la notte. - Sì, è vero - sospirò lei, oppressa dallo stress di una giornata lunghissima. Le squadre di salvataggio furono rincuorate, in un certo senso, dal pasto caldo che le aspettava a Camp Narrow. Disporre di così tante stalle per gli alloggi - ammontando solo a poche centinaia la popolazione residente dell'accampamento - faceva la differenza tra il caos assoluto e la semplice confusione. Molti dei nuovi arri-
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vati si prodigarono per dare una mano, o assistendo i compagni feriti o aiutando a dar da mangiare a quella folla. Leon e i suoi assistenti avevano organizzato un'infermeria per i feriti e i debilitati. Kris vide Zainal e Leon esaminare le cassette con l'occorrente per eseguire esperimenti, con Zainal che traduceva le proprietà delle varie fiale. Poiché c'erano molti alieni in preda a una paura folle, Leon chiese a Zainal di fermarsi per fare da interprete. Slav poteva rassicurare i membri della sua specie i quali, notò Kris mentre mangiava, sembravano di buon umore. Ispezionavano le armi di Slav e cercavano perfino di tendere il suo arco, sibilando in quella che era l'equivalente rugarian di una risata. C'erano molte donne tra di loro, un particolare che poteva spiegare perché Slav si pavoneggiasse tanto. Kris non si era mai posta la domanda su come si comportassero le altre razze in fatto di relazioni o propagazione della specie. Essendo, comunque, rappresentati entrambi i sessi, tutte e cinque le razze avrebbero potuto riprodursi. Ma non Zainal. Relegò quell'eccezione in un angolo della mente. Mitford era onnipresente, incoraggiando, distribuendo compiti, cercando di farsi conoscere da tutti i terrani, così parve a Kris, che lo osservava dall'angolo della stalla-cucina dove era crollata per la stanchezza. Sorpresa, lo udì perfino scambiare qualche parola in tedesco e in francese con i rappresentanti di quelle nazioni. Conosceva il francese abbastanza bene per capire che ne aveva solo un'infarinatura, ma ci provava. E la gente gli rispondeva, ed era chiaro che si sentiva rincuorata. Vide poi Aarens che, accovacciato accanto a una graziosa ragazza, chiacchierava in quello che sembrava un francese molto fluente. Era evidente che la ragazza era lusingata e che si stava riprendendo dallo shock del viaggio. Aarens, che indossava una tuta con numerose tasche e una cintura di attrezzi, compreso un assortimento di cacciaviti di tutte le dimensioni, era riuscito a farla ridere. - Vieni - disse Zainal, porgendole la mano. - Tu dormire. Domani è un altro giorno. Sorridendo per l'uso inconsapevole della famosa frase di Scarlett O'Hara, Kris tese la mano e lasciò che
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l'aiutasse ad alzarsi. Non potè fare a meno di notare che molti occhi li seguivano mentre uscivano dalla stalla. Forse avrebbe dovuto dipingergli sulla fronte: "sono uno dei buoni". Subito dopo trasalì, ricordando che poco prima aveva fatto alcune riflessioni tutt'altro che benevole sul suo conto, anche se era stata colpa della stanchezza e dell'angoscia. Inoltre, aveva avuto la cortesia di non esprimerle a voce. Era oppressa dalla stanchezza, ma dove diavolo la stava portando Zainal? A Camp Rock? Lui si arrestò all'ultima stalla e, quando vi entrarono, Kris notò che era relativamente vuota. - Letto morbido - disse Zainal, conducendola all'angolo più lontano, dove era stato preparato un mucchio enorme. - Oh, grazie grazie grazie. - Kris vi si lasciò cadere alla lettera. Si rese vagamente conto che Zainal l'attirava contro il proprio corpo e un attimo dopo crollava addormentata. Il mattino seguente, Kris e Zainal si dedicarono a intervistare, lei gli umani e lui i vari alieni. Essendo nella stessa stalla, Kris vide come trattava le diverse razze: i quaranta deski con dignità, i ventinove ilginish con fredda diffidenza, e i trentotto tur con i modi rudi tipici dei catteni. Slav era impegnato con quelli della sua razza, sessanta in tutto. Dal momento che gli umani erano oltre ottocento, Kris era affiancata da altri cinque intervistatori, tre dei quali parlavano anche tedesco, francese e italiano. Quel pomeriggio, sul tardi, Mitford riunì i suoi collaboratori nell'hangar del Comitato di benvenuto per organizzare la sistemazione di quella folla enorme. Worry ed Esker erano arrivati dalla Roccia: Tesco e i Doyle, responsabili di Camp Narrow, erano a disposizione: Aarens brillava per la sua assenza. L'ultima volta che Kris l'aveva visto, stava facendo colazione con cinque o sei ragazze. La divertì vedere che pezzi di robot fungevano da sgabelli mentre i telai, in vari stadi di smantellamento, erano stati ammucchiati contro una parete per fare spazio per la riunione. Notò la valanga di schizzi, diagrammi e
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disegni fissati alle pareti, sopra i piani di lavoro, cosparsi di componenti che venivano riutilizzati. Mitford pretese che Zainal si sedesse alla sua destra, mentre Slav era alla sua sinistra. - Prima di tutto, gente, vorrei dire che non riusciremo mai a ripagare Zainal per quello che ha fatto. Ci ha procurato sostanze nutrienti per tenere in vita i nostri deski e l'occorrente per fare esperimenti, così non dovremo rischiare di avvelenarci per stabilire cosa sia commestibile. Ha ottenuto - e Mitford sollevò la cartella che il capitano catteni aveva passato a Zainal - il rapporto ufficiale dell'ispezione di questo pianeta. Vi farà piacere sapere che ci troviamo sul più vasto dei quattro continenti di Botany, quello a clima temperato. Zainal ha tradotto il rapporto e, a essere sincero, non ho una grande opinione della squadra di ricognizione che è atterrata su questo mondo. Nemmeno Zainal - concluse con un sorriso sardonico. - È bello sapere che i cat non sono così bravi come pensano di essere - disse qualcuno. - Senza offesa, Zainal! - Ma certo - replicò lui con un gesto scanzonato della mano. - Zainal ci farà un riassunto del rapporto. A te la parola. - Mitford si sedette, facendogli cenno di alzarsi. - Il rapporto dice che il pianeta è dotato di aria buona da respirare, acqua buona da bere, e che crescono anche piante verdi. Il rapporto dice che due cat - l'uso del diminutivo in tono di spregio suscitò sorrisi tra il pubblico - scomparvero una notte. Una guardia notò del movimento ma non andò a controllare. Pensava che i due andare a far acqua. - Forse Zainal non stava cercando di rendersi simpatico di proposito, ma la scelta dei commenti era molto intelligente. - Introvabili. La guardia riferisce di movimenti strani. Questo pianeta ha pericoli. Altri due spariscono così tutti dormono al chiuso. - Suvvia, Zainal, com'è possibile che non si siano accorti di questi hangar e delle stalle? - volle sapere Esker. - I sensori cercano carne fresca e l'astronave atterra in stagione fredda. - Zainal si strinse nelle spalle. - I
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sensori segnalano i metalli ma non servono molto per... si rivolse a Kris - quelli che lavorano nel terreno... - Minatori. - Minatori, e i catteni non hanno bisogno di metalli speciali. - Alcune leghe di quei robot sono davvero speciali disse Lenny Doyle - molto speciali. - Sono d'accordo - disse Zainal - ma gli imbecilli incaricati dell'ispezione non lo sanno. Prelevano terra, acqua, campioni di pietra, e anche carne di rocksquat, di uccelli, di mucche-luuh, e di bestie che trovano su altre terre ma... per il resto hanno gli occhi bendati. Novanta scoppiò a ridere. - Ben detto, Zainal. Kris era stata attenta alle varie reazioni e, di tutti i presenti, solo Dowdall e Tesco sembravano indifferenti a Zainal; se ne stavano seduti, con gli occhi puntati sul catteni. Dal loro atteggiamento, Kris si chiese se credessero a quello che stava dicendo. - Come sono gli inverni qui, Zainal? - chiese Lenny. - Si parla di... - Zainal aggrottò la fronte e si rivolse a Kris - quello che cade dal cielo, bagnato, freddo, solido ma... diventa acqua al sole... - Neve. - Ah, neve. - Tanta neve? - volle sapere Lenny. - Non qui. Oh, una spanna. - Zainal allargò la mano, pollice in giù, per indicare l'altezza. - È abbastanza alta. - Giorno più lungo che su Catten, anno più lungo. - Quanto? - Il rapporto dice - e Zainal alzò quattro dita, quindi tutte e cinque, e alla fine altre due. - Oh, cielo, dura tre mesi di più. Come faremo a da mangiare a duemilacinquecento persone per tutto verno? - Troveremo altri silos e inizieremo ad allevare squat in cattività - replicò Mitford. - Qualcuno si volontario per allevarli? - Diavolo, sergente, non togliere il divertimento a cacciatori - si lamentò Worry.
dare l'inrockoffre noi
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- Ehi, Zainal, quanti giorni è rimasta su Botany quella squadra? Zainal diede un'occhiata al rapporto. - Venti. - Accidenti, come esploratori abbiamo fatto meglio noi, non vi pare? - disse Novanta, ridendo. Zainal batté con il dito sui fogli. - Qui ci sono i risultati di prove di laboratorio, utili a Leon e Joe Marley. Alcune piante sono mortali. - Dicci qualcosa che non abbiamo scoperto nel modo più difficile - borbottò Tesco. - Ci sarà utile comunque - disse Mitford. - Ora, ti dispiace parlarci del tuo colloquio con il capitano dell'astronave catteni? Le labbra di Zainal si storsero in una smorfia di scherno. - Non capitano. Sotto a capitano. Di un grado. - Il suo secondo? - suggerì Mitford. Zainal si strinse nelle spalle. - Emassi comanda, anche se emassi che è scaricato. Loro ubbidiscono. Buona abitudine. Non credono ai robot. Non vogliono credere a quello che non è in rapporto. - Sbuffò, divertito. - Dovranno. Anche loro interrogano. - Lanciò un'occhiata a Mitford. - Staremo a vedere. - Già, ma non vedranno nessun robot se ci sorvoleranno ora, visto che li abbiamo disattivati tutti - fece notare Novanta, in tono quasi piagnucoloso. - Con questo? - replicò Zainal. - Noi siamo qui. Noi possiamo usare i robot. La prossima volta la storia cambia. Io non resto fermo. - Così dicendo, imitò l'atteggiamento a braccia conserte che aveva mantenuto ai piedi della rampa. - Attaccheresti una delle tue astronavi? - chiese Novanta, sorpreso. - Perché no? - Zainal lo guardò con divertita condiscendenza. - Un'astronave è utile quando verranno l'anno prossimo a prelevare i raccolti. - Vuoi dire che organizzeresti una spedizione per seguirli fino al loro mondo? - chiese Kris, stupita dalle sue intenzioni. Zainal annuì. - Sarebbe bello vedere chi coltiva l'intero pianeta.
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- Diavolo, avrei una paura boia - dichiarò Dowdall. Non sarà un po' pericoloso affrontarli da solo? - Tu vieni con me? - Io? - Dowdall rimase perplesso, quindi sorrise al catteni, senza nascondere un certo nervosismo. - Accidenti, se tu sei disposto ad andarci, immagino che lo sarei anch'io. - Adesso abbiamo sei piloti di compagnie aeree, oltre a due esperti di missioni NASA in pensione - disse Kris in tono entusiasta. - Forse potremmo... Accidenti, darei un occhio della testa per far parte del primo gruppo. - Gli occhi della testa sono esauriti - le disse Zainal con un sorriso smagliante. Il silenzio imbarazzato che seguì quella osservazione fece arrossire Kris, anche se nessuno la stava guardando. - Molti di noi lo vorrebbero, non solo quei tipi della NASA - interloquì Worry. - Ma ritengo che non sia una cosa imminente. Per caso, hai scoperto se scaricheranno altra gente? Zainal scrollò il capo. - Non una domanda da fare. Capitano prende ordini. Capitano di grado inferiore. Non intelligente. - Sventolò una delle grosse mani in un gesto che aveva visto fare a Novanta. - Voi terrani date grattacapi, così finite qui. Semplice. - Sorrise con un'aria che a Kris parve di approvazione. - I terrani danno grossi grattacapi ai catteni. - Il suo sorriso si allargò. - E questo ti piace? - chiese Tesco, con una punta di nervosismo nella voce. - Sì, mi piace. - Zainal si puntò il pollice contro il torace. - Ad altri catteni, no. E bene da parte vostra dare grossi grattacapi. Fa riflettere i catteni. Worrel scoppiò in una risata sonora. - È bene anche da parte tua, Zainal. Non sarei potuto capitare con un tipo più simpatico. - Quindi, dobbiamo aspettarcene altri? chiese Mitford, non del tutto entusiasta a quella prospettiva. - Credo di sì. Ma forse il rapporto fa cambiare idea. Forse... - Tu, però, non lo dai per scontato, eh?
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- E i cat permetterebbero che i padroni di questo pianeta diano la colpa a noi? - domandò qualcuno in tono aspro. - La proprietà è i nove decimi della legge - disse Kris con enfasi, avendo colto una certa ostilità nei mormorii che serpeggiavano per l'hangar. - Ci troviamo qui ed è evidente che ci resteremo. - I catteni non sono al livello più alto. Anche noi prendiamo ordini - disse Zainal, cogliendo tutti di sorpresa. - Da quegli eosi di cui mi hai parlato? - chiese Mitford, con la fronte aggrottata. - Lavoriamo per gli eosi, che possiedono la maggior parte dei pianeti buoni per umani, catteni e altri. Non vi piacerebbe incontrarli. - Oh, sì, mi piacerebbe, se sono i responsabili di tutto questo casino - replicò Mitford, sempre più nero. - Comunque, è quello che abbiamo sentito dire sulla Terra - dichiarò Worrell. - Non che si siano visti eosi sulla Terra. Soltanto i loro mercenari. - Fece una smorfia. - Avevamo reso il pianeta un po' troppo rischioso anche per le forze occupanti. - E io che ho sempre pensato che fossero i catteni i nostri nemici - confessò Dowdall, cercando di digerire l'informazione. Mentre sono soltanto manodopera assoldata. - Adesso lo sai - ribatté Mitford. - Come mai scopriamo soltanto adesso di questi eosi? - chiese Dowdall, lanciando un'occhiata accusatrice a Zainal. Non era un tipo a cui piacessero le sorprese. Zainal fece una smorfia. - Non me l'avete mai chiesto. Non mi avete interrogato. I Doyle e Worrell risero e Dowdall, ora molto meno ostile, sorrise. - Gli eosi fanno buon uso di tutti i popoli - proseguì Zainal. - Una razza molto intelligente. - Quindi, non prendiamocela con Zainal - disse Kris. - Diamo il titolo di cattivi agli eosi e spargiamo la voce. - Colpita da un altro pensiero, aggiunse: - Parli la lingua eosi, nel caso dovessero venire a ispezionare di nuovo questo posto?
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Zainal rifletté alla domanda. - Se il rapporto arriva alle alte sfere, credo che manderanno qualcuno, ma non eosi. Emassi di rango alto. Comunque, conosco la loro lingua. Kris dedusse dalla sua espressione che non lo faceva volentieri. - Perciò, aspettiamo che qualche alto papavero prima o poi legga un rapporto in questo secolo o cosa? - chiese Tesco. Zainal lanciò un'occhiata a Mitford, che annuì e s'incaricò di rispondergli. - Continuiamo come abbiamo fatto finora, quello che possiamo con ciò che abbiamo. Se una loro astronave venisse a ispezionare Botany, cercheremo di impadronircene. - Per andare dove? - chiese Tesco con sarcasmo. Neanche la NASA è andata oltre Giove. - Io prendo astronave. Io sono capitano spaziale - replicò Zainal, - ma avremo bisogno di un equipaggio. - Un'idea fantastica ma come la realizzerai? Se voi cat non sapete niente della razza che coltiva questo pianeta, cosa ne sai di come si pilotano le loro navi spaziali? - Se a pilotarla è un essere vivente, lo costringiamo a portarci via da qui - ribatté Zainal, per niente imbarazzato dal tono beffardo della domanda. - Se c'è un sistema automatico, ritornerà alla base: è programmato per comportarsi così. Con noi a bordo. - E poi? - insistette Tesco con arroganza. Zainal si strinse nelle spalle. - Prima l'astronave deve arrivare qui. Dove c'è molta... ingi-egnosità yankee. Kris applaudì, imitata da altri americani presenti. - Anche quelli di noi che vengono da Oz non sono male nell'arte di arrangiarsi - dichiarò Worry. - Studieremo un piano a seconda di quale astronave arriva per prima. Giusto? - Zainal si rivolse a Mitford, che si alzò di nuovo. - Giustissimo. Perciò, ascoltate, gente. Dobbiamo sistemare le ultime reclute e informarle della situazione. Worry, appena tornato terrai una riunione alla Roccia e riferirai cos'è successo. L'obiettivo principale di tutte le
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pattuglie è trovare alloggi, perciò andate a caccia di altri hangar. Dobbiamo prepararci per il prossimo gruppo. Io mi metterò in contatto telefonico con Shutdown e Bella Vista. - Così dicendo, Mitford guardò con affetto il portatile appeso alla cintura. - Potremmo perfino reclamare Botany come nostra! E all'inferno gli eosi e tutto il resto. - Lunga vita a re Mitford! - esclamò Lenny. Irritato, il sergente lo minacciò con un dito. - Piantala con queste fesserie, Doyle. Non sono il vostro re e non voglio esserlo. Se qualcun altro vuole assumersi la responsabilità di questo pianeta, si accomodi pure! - Si guardò in giro con aria minacciosa e nessuno dubitò della sincerità del suo desiderio di dimettersi, ma nessuno si offrì di prendere il suo posto. - Ehi, scherzavo, sergente - si scusò Lenny. - Stai facendo un lavoro fantastico. - Sono d'accordo - intervenne Worry, sollevando una mano per sollecitare un applauso, che fu unanime. - Bene. - Mitford era rabbonito solo in parte. - Non me la sono andata a cercare, ma qualcuno doveva organizzare questo pietoso branco di individui. - Cosa che tu hai fatto in modo ammirevole - disse Kris. - Nessun altro ci sarebbe riuscito! Rilassati, sergente. - Ahhhh. - Mitford fece il gesto di darle uno scappellotto, ma la sua espressione si rischiarò. - È avanzata un po' di birra? Nell'attimo in cui venne menzionata la birra, Kris notò che la tensione nell'aria si allentò. Lei stessa ne avrebbe gradito un paio di bicchieri se non avesse visto Zainal dirigersi alla porta. Approfittando della confusione che regnava nel locale, nessuno se ne accorse quando lo seguì. Fuori era buio pesto, e nessuna luna si era ancora levata. Scorse Zainal passare davanti alla luce che usciva dalla porta della stalla accanto, lasciata socchiusa. - Zainal - chiamò sottovoce, sapendo che l'avrebbe udita anche se si fosse limitata a sussurrare. Lo vide arrestarsi, quindi allontanarsi di qualche passo. Si mise a correre per raggiungerlo e lo afferrò per il braccio. - Non osare piantarmi in asso, amico !
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Lui continuò a camminare. - Non hanno ancora capito? Nemmeno noi catteni siamo i padroni di noi stessi! - No, non credo che l'abbiano capito. Io, no di certo. - Facciamo il lavoro sporco per gli eosi. Esploriamo per gli eosi, combattiamo per gli eosi, manteniamo l'ordine per gli eosi, uccidiamo... - pronunciò la parola con enorme disgusto - quando è necessario uccidere. La gente odia i catteni. Farebbero meglio a odiare gli eosi! Mentre sfogava l'indignazione repressa, avevano superato anche l'ultima stalla e si erano inoltrati nello spazio dove un tempo erano ammucchiate le casse di carne. - Non lo sapevo, Zainal. Credo che sarà più facile per te quando lo sapranno anche tutti gli altri. - Non pretendo che sia facile - ribatté Zainal, voltandosi con uno scatto d'ira verso di lei, una sagoma scura, ancor più invisibile nelle ombre per via della pelle grigia. - Già, ma non occorre odiare. Devo ammettere che ci sono un paio di persone... - Un paio? Più di un paio. Un paio sono due, vero? - Sì, forse, ma sono persone stupide che detestano chiunque non sia come loro. Perciò, facciamo in modo che odino i veri cattivi, gli eosi. I catteni devono prendere ordini, anche se non mi è mai passato per la testa che prendessero ordini da qualcuno. - Kris fece una pausa, cercando di intuire se stava dicendo le cose giuste. - Chi sono, allora, questi eosi da poter comandare ai coriacei, grossi e coraggiosi catteni? - Loro... - La pausa che Zainal fece non era solo per trovare la definizione giusta; per la prima volta, Kris avvertì che aveva paura. - Sono cervelli - e si batté la fronte - che sanno... tutto. - Pozzi di scienza petulanti - commentò Kris con irriverenza, e lui le afferrò le mani. - Non ridere degli eosi se non ne hai mai incontrato uno. Lei avvertì il tremito delle sue mani e lo udì nella voce. - Tu li hai incontrati? - Sì, da bambino, vado con mio padre per essere... esaminato dagli eosi. - Le strinse senza accorgersene le mani con tanta forza che Kris dovette compiere uno sfor-
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zo per non gridare. L'esame doveva essere stato un'esperienza dolorosa, se era così violenta la sua reazione al semplice fatto di ricordarlo. - Ti hanno promosso? - gli chiese, più con curiosità che impertinenza. Alla domanda, Zainal raddrizzò le spalle. Probabilmente, non si era nemmeno accorto di essersi contratto su se stesso. - Sono emassi. Parlo con gli eosi. - Malgrado l'oscurità, Kris ne vide i denti, più bianchi della pelle, e non stava sorridendo. Neanche quella classifica di autorità, pensò Kris, spiegava come mai il capitano del mezzo di trasporto non avesse osato ignorare Zainal. - Forse nessuno verrà a Botany, e noi non dovremo preoccuparci dei catteni o degli eosi o perfino dei mecho - disse con convinzione. Zainal sbuffò. - No, verranno. Gli eosi manderanno catteni di alto rango. - Fece una pausa, riflettendo sulle proprie parole. - E i mecho manderanno i loro rappresentanti, si scontreranno in una collisione frontale e noi potremo continuare a vivere in pace. - Kris allargò le mani, quindi picchiò insieme i pugni, nocche contro nocche. - Puf! Spariranno tutti in una nuvola di fumo ed è fatta! A quel punto, lui la strinse tra le forti mani e la sollevò di qualche centimetro da terra così che i loro occhi si trovarono alla stessa altezza. - È questo che ti auguri? - Certo, perché no? Le mote dell'universo girano secondo schemi misteriosi. I terrani creeranno così tanti grattacapi che gli eosi rinunceranno al nostro pianeta. Oppure, meglio ancora, i catteni si beccheranno una buona dose di umiliazioni e cominceranno a collaborare con le invincibili forze terrane per combattere la dominazione eosi e liberare l'intera galassia! Venite da questa galassia, vero? - Sì. - Zainal sembrava aver ritrovato il buonumore. Poi, la sua espressione cambiò. - A te piace questo catteni? - le chiese. - Questo emassi, che parla con gli eosi?
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Lei deglutì perché avvertì la sua improvvisa insicurezza. - Sì - rispose, cercando di mascherare l'ansia. Non era facile spaventare un catteni e farlo scappare, oppure sì? Un bacio, qualche carezza. - Io vado adagio, come Jay - disse Zainal, sorridendole. - Tu non sei come Patti Sue... - Diamine, spero proprio di no. - Ma avrai udito chiacchiere sui catteni... - Io conosco te, catteni emassi Zainal. - Kris gli conficcò il dito nel torace. - È per te che mi preoccupo. - Ti preoccupi per me? - Zainal sembrava compiaciuto e divertito al tempo stesso. - Diamine, ieri mattina avrebbero potuto spararti. Ho avuto il cuore in gola dall'inizio alla fine. - Ti preoccupi per me? - Zainal la prese per le braccia, sollevandola come se non pesasse più di... di un deski. - Sì, tu, grosso babbeo. E con me non occorre che vai adagio. Ho sperato che prendessi qualche iniziativa da... Fu allora che lui la baciò, e il semplice contatto delle sue labbra fu il catalizzatore che le scatenò dentro una tempesta di emozioni, emozioni e sensazioni che le percorsero le vene e le ossa così che dovette gettargli le braccia al collo per essere sicura di non barcollare. Ma i catteni non baciano, fu il suo pensiero irrazionale insieme ad altre osservazioni di carattere più sensuale. Le sue labbra erano decise e si sarebbe detto che conoscesse molto bene l'arte di baciare. Oh, cielo, ma certo, aveva visto Joe e Sarah scambiarsi baci teneri di sera. Oh, cielo, come aveva fatto in fretta a imparare! Tenendola stretta a sé con un braccio, con l'altra mano eseguì una breve e accuratissima esplorazione del suo corpo. Dopotutto, quella volta sul flitter, secoli prima, aveva detto di non essere mai stato con una terrana. Allora aveva dovuto stenderlo. Adesso voleva stendersi con lui. -I catteni sono ottimi amanti - le aveva detto qualcuno in tempi più recenti. Bene, l'avrebbe scoperto, molto presto. Si dimenò un po' per scostarsi e infilargli una mano nella tuta per sen-
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tire la pelle di una levigatezza erotica che aveva ammirato durante la sua malattia. Lui mormorò contro le sue labbra e si incamminò a lunghi passi, trascinandola chissà dove. Dove avrebbe potuto portarla? L'accampamento offriva così poca privacy e Kris non pensava che fosse possibile trovare un angolo appartato in un luogo stracolmo di corpi, ma sembrava che Zainal sapesse dove stava andando. Era tutto premeditato? Zainal rallentò e si arrampicò in cima a qualcosa di metallico. Dall'odore Kris capì che doveva essere una delle macchine riconvertite di cui aveva sentito parlare, e adesso veniva fatta sdraiare sulla sua piattaforma. Su mucchi di coperte. Oh, si trovavano su uno dei veicoli a cuscino pneumatico ricostruiti che aveva prelevato le provviste dal campo dello sbarco. Dopodiché, non ebbe più molto tempo per pensare perché le mani di Zainal, delicate malgrado le dimensioni e la forza, le stavano sfilando la tuta e lei cercava di fare altrettanto con la sua, solo che così si ostacolavano a vicenda. - Devi sempre aiutare... - la rimproverò lui in tono scherzoso. Kris sollevò le braccia sopra la testa. - D'accordo, fa' tu. Zainal non perse tempo. In pochi secondi l'aveva sbarazzata degli stivali e della tuta. Lo vide allora macchia grigia sopra di lei, mentre le scostava i capelli e, con le dita, le tracciava il contorno del volto, in un modo così dolce e tenero da innamorato che i suoi sensi ne furono sopraffatti. Chi avrebbe pensato che un catteni potesse comportarsi così? Sentì che si stendeva su di lei, con cautela, come se avesse paura di schiacciarla con la sua mole. Le venne alla mente un altro particolare sui catteni: erano grossi! Poteva anche sentire che lo era, e provò una fitta di paura. - Non ti faccio male - e la sua voce era poco più di un sussurro roco. - Non a te, Kris. Mi credi? Vado adagio, adagio, adagio... - e lei sentì che la pressione era
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lenta... oh, troppo lenta. Si dimenò, inarcandosi, ansiosa di sentirlo dentro di sé. Lo udì trasalire, ma si rifiutava di cedere ai suoi bisbigli e continuò a penetrarla con lentezza fino a farla gemere per la smania di raggiungere l'appagamento totale. Mai, nella sua peraltro breve esperienza in quel genere di giochi erotici, era stata così ansiosa di accettare tutto quello che un uomo poteva darle. Nemmeno con Brace Tennemann, che ai suoi occhi di matricola era sembrato l'uomo più bello della squadra di football. - Vai troppo adagio, Zainal - gridò, cercando di attirarlo vicino per quanto glielo permettevano le sue braccia puntate con risolutezza baciando ogni parte raggiungibile del suo corpo, coprendo di carezze sensuali la sua meravigliosa pelle. - Adagio è meglio - la stuzzicò Zainal, probabilmente lusingato dalla sua impazienza. - Adagio è meglio anche per me. E proseguì con lentezza la sua opera di seduzione, al punto che lei, in preda a un parossismo di sensazioni incredibili, si chiese come avrebbe fatto a sopravvivere all'orgasmo. Lo raggiunsero insieme, perché gridarono nello stesso istante: grida di gioia e di incommensurabile eccitazione. Il piacere squisito dell'appagamento calò d'intensità proprio quando Kris cominciava a temere di essere arrivata al limite della resistenza. Benché esausta e senza fiato, poteva avvertire gli spasimi che scuotevano il corpo di Zainal mentre rotolava di fianco. - Se la prossima volta andrai così adagio, Zainal, ti ucciderò - mormorò. - Adagio è meglio per te ed è molto, molto bello per me - replicò lui, quasi compiaciuto, ma la tenerezza con cui la sua mano le accarezzò il corpo rivelava un'affettuosa sollecitudine. - La nostra sarà una società con pari opportunità, amico. Di tanto in tanto sarò io a stabilire il ritmo. - Oh, davvero? - Lui la colse di sorpresa coprendola di nuovo.
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- Mio Dio! - Come aveva fatto a recuperare le energie così in fretta? Zainal le ridacchiò nell'orecchio. - Come per i rovi di Barevi, un catteni non impiega molto a riarmarsi. - Oh, mio Dio! - sospirò Kris, prendendo fiato. - Oh, sì, facciamolo di nuovo... a modo tuo. Ti prego! Emassi Zainal non se lo fece ripetere due volte. A un certo punto della notte, Zainal la riportò ai posti a loro assegnati, indumenti compresi. Kris sorrise quando si svegliò e scoprì di essere di nuovo vestita, e che gli stivali erano a fianco del mucchio di paglia che occupava. Era vero che Zainal dormiva al suo fianco, ma poco lontano c'erano Joe e Sarah, come era successo tante volte durante i loro giri di perlustrazione. Era stato molto premuroso a preoccuparsi per la sua reputazione, ed era straordinario che avesse trovato il tempo di pensarci nella foga passionale di quella notte. Stirandosi, Kris si accorse di essere alquanto indolenzita, nonostante la sua tattica al rallentatore, e capì perché le sue simili, oggetto delle attenzioni dei catteni, si fossero sentite orribilmente violentate. Ma dipendeva solo ed esclusivamente dall'uomo! catteni o umano che fosse! Qualcuno stava percorrendo il corridoio e bussava sulle porte delle stalle per svegliarne gli occupanti. Su Botany, era l'inizio di un'altra giornata. Una giornata dedicata a smistare la gente tra Bella Vista, Shutdown e la Roccia. Si era stabilito di concentrare a Camp Narrow l'attività di riciclaggio dei robot e che, pertanto, sarebbe diventata la base di tutti quelli con attitudini meccaniche e tecniche. Adesso che disponevano di due veicoli, potevano prelevare quello di cui avevano bisogno dagli hangar, per costruire veicoli utili. Si provvedeva ad assemblare altri portatili e mezzi di trasporto, utilizzando i telai già esistenti. - Non sono veloci ma non ci sono dubbi che sappiano superare gli ostacoli - le disse Lenny a mezzogiorno. Alcuni di questi ragazzi sono davvero intelligenti - proseguì con entusiasmo. - Hanno scoperto il metodo per
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mandare in corto circuito, o comunque si chiami quello che fai con i chit di programmazione... - Chip. - D'accordo, chip, in modo da conservare la versatilità ma mettendone il controllo nelle mani dell'autista. Bravissimi! - Davvero. - Stanno anche studiando come aumentarne la velocità. - Da parte mia, non mi attira viaggiare a velocità elevate su questo paesaggio. Lenny si limitò a sorridere. - Non l'hai mai fatto. Kris riprese a fare interviste, ma poco dopo fu convocata da Mitford per aiutare lui e i suoi assistenti a studiare la collocazione migliore per le rimanenti reclute. - Quanto impiega una persona per diventare dei nostri? - chiese a un certo punto al sergente. Doveva cambiare spesso posizione per via delle membra indolenzite, ma ne era valsa la pena. Quel giorno, Zainal sorrideva spesso mentre passava da un gruppo di alieni all'altro. - Eh? Come? - Mitford stirò le braccia per allentare la tensione dei muscoli delle spalle. - Ecco, diciamo fino a quando, a loro volta, devono aiutare un gruppo di nuovi arrivati. Parlami di quell'edificio in riva al mare che avete trovato. - Non c'è molto da dire. Era chiuso ermeticamente, anche se Zainal ha tentato in tutti i modi di entrarci. Forse non è la stagione per la pesca. - Mi piace il pesce. Anche la zuppa di molluschi. Fatto insolito, c'era un'ombra di rimpianto nella voce di Mitford, e a Kris non dispiacque vederlo cedere a un'emozione. - Con uno di quei cuscini pneumatici potremmo partire all'alba ed essere di ritorno al tramonto, con un sacco pieno di molluschi. - Certo che potreste. Se non fossero stati interrotti da Dowdall, Kris era sicura che avrebbero ottenuto il permesso di fare quella spedizione dallo scopo così voluttuario. Ma i veicoli erano necessari per altri compiti.
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Il terzo giorno lei, Zainal, Joe e Sarah scortarono un'auto a cuscino pneumatico, che portava alcune delle reclute più deboli a Bella Vista, passando dalla Roccia. Worry li salutò con calore dal suo "ufficio". - La vostra pattuglia deve andare a caccia per noi disse loro - e dovete addestrare alcuni di un gruppo misto. La Roccia diventerà il Magazzino per carni, frutta e verdure. - Gruppo misto? - chiese Kris. - Esatto, dal momento che avete con voi Zainal, che parla deski, rugarian e tur. - Oh, quel genere di grappo misto. - Se dovevano addestrare dei tur, Zainal era l'insegnante adatto. - Abbiamo bisogno di voi anche per brevi viaggi in giornata - le disse Worry, in tono più confidenziale. - In caso di... sai di cosa parlo, vero? - concluse, indicando il cielo con il mento. - Oh, in caso ci sia un'altra ispezione - disse Kris, guardando Zainal, che ora sfoggiava un portatile. Mitford pensava di tornare alla Roccia il giorno seguente, ma aveva scambiato due parole in privato con lei. - Starai sempre vicino a Zainal, vero, Kris? - Perché? - aveva chiesto lei, fissandolo in cagnesco. - Non voglio perdere la nostra più preziosa risorsa aliena. - Non la perderai. - Non per sua scelta, non credo - e Mitford aveva dato a Kris un'occhiata penetrante, che lei aveva ricambiato senza arrossire. Il sergente aveva annuito, come se sapesse più di quanto fosse disposto a dire. - È un emassi e può trattare con gli eosi... Suppongo che permetterebbero a un emassi catteni di parlare con loro. Potrebbe esserci indispensabile se dovessimo intavolare trattative con gli eosi. Cioè, se mai uno di loro dovesse leggere un rapporto su questo pianeta. - Zainal è convinto che invieranno un emassi, di rango più elevato del suo. Prima o poi. - Kris si era resa conto allora di aver rassicurato il sergente proprio sulla questione che lo preoccupava.
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- Sulla Terra, come su Barevi e Catten, sta succedendo molto di più di quello che sappiamo - aveva aggiunto Mitford. - Non ci sono dubbi. - Perciò, sai che faccio affidamento su di te, Bjornsen. Osservandolo, Kris aveva notato che c'erano rughe nuove intorno agli occhi e un'espressione cupa nello sguardo. - Puoi contare su di me, sergente - aveva detto, facendogli il saluto militare. Sorridendo, lui l'aveva ricambiato. Avrebbero dormito di nuovo nella caverna Mitchelstown, dove trovarono i loro averi così come li avevano lasciati. Su ogni mensola erano stati posti stivali e tute nuovi. Kris e Sarah decisero subito di fare un tuffo nel lago per lavarsi e lavare gli abiti che indossavano, visto che avevano la possibilità di cambiarsi. Non che le tute mostrassero segni dell'uso impietoso che ne avevano fatto nelle ultime cinque settimane. Un ragazzo, non uno degli ultimi arrivati, le intercettò prima che lasciassero il loro alloggio. - Kris Bjornsen? - chiese, guardando dall'una all'altra. - Sì - rispose Kris. - Il dottor Dane vuole che tu vada a parlare con lui. Quando hai tempo. Non è urgente. - Digli che ho ricevuto il messaggio e che lo vedrò tra poco. Come ti chiami? - Mi chiamano Speedy Gonzales, perché non sto mai fermo. Il mio vero nome e Parker, ma non mi piace. - Speedy Gonzales si addice a un ragazzo dinamico come te - disse Kris, sorridendogli. - Ci vediamo. - Certo - rispose lui, allontanandosi di corsa. Leon voleva riferirle le ultime scoperte fatte da quando avevano l'occorrente per gli esperimenti. Le informazioni sarebbero state di enorme valore per i cacciatori perché Leon e i suoi assistenti erano riusciti a indentificare altre piante e bacche ricche di elementi nutritivi.
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- Abbiamo spedito un gruppo di giovani a raccogliere questi - disse Leon, indicando dei gusci simili a noci. Ne ho visti in abbondanza qui nei dintorni. E queste bacche sono ricche di vitamina C e A. Stiamo cercando di essiccarle per poterle conservare. So che voi cacciatori preferite la carne, ma queste possono essere altrettanto importanti per una dieta equilibrata. - Possiamo vedere Coo? - chiese Kris. - Se riuscite ad acchiapparlo - replicò Leon in tono ironico. - Quella roba ha avuto un effetto magico sui desici. Tengo sotto stretto controllo Murn, la donna. Anche Pess è tornato al lavoro. Grazie, Zainal. - Leon gli diede una pacca cameratesca sul braccio. - Gli hai salvato la vita. Zainal si limitò a inarcare un sopracciglio ma Kris ebbe la sensazione che la sua ritrosia fosse solo apparente. Era evidente che Leon era dello stesso parere. La Roccia era di nuovo affollata. A Kris sembrava che fosse una cosa normale. Inoltre, era cresciuto il numero di quelli che salutavano o sorridevano a Zainal quando lo incontravano. Il giorno seguente andarono a caccia e tornarono carichi di rocksquat e di una mucca-luuh, perché Bart e Pete volevano arrostirne una intera per mostrare ai nuovi arrivati che si poteva fare e che la carne era saporita. Andarono a caccia anche i due giorni seguenti, in direzioni diverse, e passarono parte della giornata a raccogliere noci e a spogliare i rami di tutte le bacche. - Ne avremmo di più - disse Sarah con un'occhiataccia a Joe Marley - se fossero finite tutte nel sacco ! Joe assunse un'aria innocente e sorpresa, mentre Oskar scoppiava in una risata sonora, arrivando con un sacco ben più pesante. Avrebbero dovuto andare a caccia anche il giorno successivo, ma accadde un imprevisto. Era appena sorta la terza luna quando una sentinella entrò di corsa nella caverna Mitchelstown e gridò il nome di Zainal. - Sì?
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- Devi venire. Sta per atterrare qualcosa. Non è grossa come le precedenti ma lo è abbastanza - e così dicendo, l'uomo corse fuori. - Sveglia Worrell - gli gridò Zainal alle spalle. - È da lui che sto andando - gridò di rimando l'uomo, e qualcuno gli disse di abbassare la voce mentre percorreva il corridoio, diretto all'alloggio di Worry. - Venite tutti - ordinò Zainal, infilando i grossi piedi negli stivali. L'arrivo della sentinella li aveva svegliati, tuttavia nessuno aveva accennato a vestirsi. Ora lo fecero, in fretta e furia, ma quando Joe e Oskar si diressero per prendere le loro lance, Zainal li bloccò. - Sono inutili contro le armi dei catteni e mostreremmo mala fede. - Chi credi che siano, Zainal? - chiese Joe, anticipando Kris. - Catteni. Ed è presto perfino per loro. Era l'ora in cui in cielo splendevano due lune, così la notte era luminosa. Quando salirono l'altura, seguiti alle calcagna da Worrel, videro l'astronave che si avvicinava con le luci di posizione che baluginavano. - Nave piccola e veloce - commentò Zainal. - Credo sia diretta a quel campo - e indicò la più vicina delle distese, a una ventina di minuti di cammino dalla Roccia. - Sanno dove siamo? - Worry sembrava agitato. - Lettori di forme vitali - fu la succinta spiegazione di Zainal. - Sanno dove è atterrato il mezzo di trasporto. La Roccia mostra molta gente. - Per niente stupidi. Be', quanto meno questi catteni - disse Worry, iniziando a scendere. - Senza offesa, Zainal. - Certo. - Forse dovremmo lasciarli aspettare abbastanza a lungo da scoprire gli spazzini - suggerì Joe con aria scaltra. Zainal si limitò a grugnire ma a Kris parve che prendesse in considerazione l'idea. Così, non rimase sorpresa quando Zainal colpì con un preciso colpo di fionda un rocksquat addormentato su un masso e se lo mise in spalla.
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Quando lo raggiunsero, il velivolo era atterrato da un pezzo. Da un portellone aperto la luce inondava la stoppia del campo. La luce non attirava gli spazzini; li respingeva. Zainal lasciò cadere il rocksquat appena fuori dalla zona illuminata. - Quanto tempo ci vuole di solito? - borbottò Joe. - Di più vicino alla luce - rispose Zainal, proseguendo verso l'astronave. Kris notò che era di linea slanciata, e sembrava studiata per essere veloce e maneggevole con le sue ali a freccia e il muso affusolato. Ma era di dimensioni notevoli, non così grande come il Challanger o l'Enterprise... tre o quattro volte l'altezza di Zainal e lunga quanto un Boeing 727 ma molto più larga. Zainal si arrestò proprio di fronte alla porta e pronunciò alcune parole nell'aspra lingua catteni. Subito, tre catteni apparvero nel riquadro e uno di loro scese la rampa. Osservandone il volto, Kris lo vide sgranare gli occhi per un attimo, sorpreso, e stringere la mano destra a pugno. Poi parve compiere uno sforzo per rilassarsi mentre ascoltava le parole che gli venivano rivolte. - Il mio rapporto ha creato noie - disse Zainal ai compagni, prima di snocciolare un crepitio di altre frasi in catteni. Kris decise che uno dei catteni era un ufficiale, per di più di rango elevato, a giudicare dal taglio perfetto della tunica e dalla complessità delle mostrine sul colletto e sui polsini. Zainal non aveva l'aria di provarne timore o rispetto, a meno che i catteni non avessero l'abitudine di trattarsi tra di loro con modi bruschi: un po' come gli inglesi che sono di un'educazione scrupolosa con chi è loro antipatico, mentre coprono di insulti gli amici più cari. La lingua catteni sembrava formata da grugniti e ringhi, da gutturali e fricative, senza i suoni pastosi delle vocali, ma non poteva che avere un suono malevolo. Anche i cinesi danno l'impressione di inveire l'uno contro l'altro per poi scambiarsi sorrisi e inchini. - C'è un altro guaio - disse Zainal dopo un'altra serie di suoni crepitanti. - Con i terrani e gli eosi. - Sorrise
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con malignità... quanto meno, la sua bocca aveva un'aria maligna di profilo. - E... ? - lo sollecitò Worry. - Io sono scaricato. Io resto scaricato. Lui dice che mi aspetta incarico. Io dico io scaricato, io resto. Lui perde, voi guadagnate. - Zainal sorrise a Worry, e Kris pensò che aveva la stessa aria maligna di uno che ha in mano una scala reale massima e in gioco c'è un piatto molto ricco. - Puah! - esclamò Sarah, stringendosi al fianco di Joe. Zainal guardò al di sopra della spalla e così fece Kris; entrambi videro i primi tentacoli di uno spazzino strisciare fuori dal suolo e circondare il rocksquat morto. Zainal disse qualcosa e si scostò di lato per permettere al capitano di vedere la scena. Anche se i tentacoli evitavano la parte illuminata dell'animale, brillavano viscidi nelle ombre. Avendo deciso che il rocksquat era un boccone prelibato, lo spazzino lo fece sparire molto rapidamente. Zainal, allora, tirò fuori il suo cellulare e ne indicò i vari elementi, fornendo la prova irrefutabile che si trattava di manufatti alieni riciclati. La cosa strappò esclamazioni di sorpresa al capitano e agli altri due, che si avvicinarono per osservare l'oggetto. Per un attimo, Kris temette che glielo avrebbe consegnato. Ebbe anche l'impressione che proprio in quel momento Zainal cominciasse a elencare le sue richieste, perché all'inizio il capitano scosse con energia la testa ma, quando Zainal insistette, parve ammorbidirsi e cominciò a far domande a sua volta, alle quali Zainal rispondeva scrollando il capo o con un cenno affermativo. Poi, il capitano disse qualcosa a uno degli altri due, che si allontanò lungo il corridoio che portava a prua. Il capitano proseguì con il suo interrogatorio. Zainal rispose ad alcune delle domande, ad altre oppose una scrollata di spalle, a volte con irritazione e impazienza, a volte con un'espressione di divertita superiorità. Il messaggero tornò con un fascio di tabulati, alcuni dei quali accartocciati. Il capitano lo investì in malo modo e l'uomo, con un'espressione tra confusa e colpevole,
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si affrettò a rimetterli in ordine prima di consegnarli al capitano, che diede un'occhiata al primo foglio, quindi li diede a Zainal. Quest'ultimo li passò subito a Worrell. - Carte topografiche di questo mondo rilevate dallo spazio - mormorò Zainal. - Mostrano montagne, depositi di minerale e altre informazioni. Lui non vuole dare. Kris si accorse che solo un ferreo autocontrollo impediva a Worrell di esaminare seduta stante quel prezioso materiale. Zainal si scostò dal portellone aperto ma il capitano lo seguì, lanciando occhiate dure e penetranti alla folla degli spettatori, come se volesse imprimere nella memoria le loro facce. A Kris non piacque quell'esame minuzioso, anche se le offrì l'occasione di riconoscere in quel catteni un altro emassi, con gli stessi lineamenti quasi aristocratici di Zainal. Senza staccare gli occhi da lei, il capitano fece una breve domanda. Zainal rispose in tono sprezzante. L'altro, chiaramente impressionato, le lanciò una seconda occhiata. - Ho detto a loro che voi siete terrani molto in gamba, tutti voi, e che sono orgoglioso di fare parte della tua pattuglia, Kris. - Mille grazie, Zainal. - Se quel tipo fosse capitato di nuovo su Botany e avesse iniziato a cercarla, si sarebbe resa irreperibile. Evidentemente attribuiva a lei la colpa se Zainal si era rifiutato di "adempiere al proprio dovere". Il capitano pronunciò due brevi parole, con un'espressione ora scaltra e ambigua. Zainal gli sferrò un pugno a una velocità sorprendente e lo stese a terra, ignorando le armi che gli altri due gli puntarono subito contro. Rimase quindi a braccia conserte, impassibile, mentre il capitano, facendo cenno alle guardie di allontanarsi, si rialzava, massaggiandosi la mascella. - È bello vedere che si prende una piccola rivincita mormorò Worry all'orecchio di Kris. - Cos'ha detto quel tipo?
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- Come faccio a saperlo? - borbottò lei ma, dall'espressione del capitano, decise di intervenire. Zainal le aveva dato l'imbeccata, dicendo che lui faceva parte della sua pattuglia. Gli lanciò un'occhiata severa, come per fargli capire che non avrebbe dovuto reagire. - Non ti pare che la tua sia stata un'enorme sciocchezza, visto che abbiamo solo fionde per difenderci? - lo redarguì, facendo del suo meglio per assumere un tono imperioso. E il suo era un rimprovero sincero perché la vista delle armi l'aveva spaventata a morte. Le era capitato di vederle in azione, e la loro carica esplosiva aveva un effetto devastante su tutti i nervi del corpo, a meno di non essere così fortunati da finire KO all'istante. - Ne è valsa la pena - replicò Zainal, facendo comunque un cenno di sottomissione con il capo. Quindi, si mise alle sue spalle e incrociò di nuovo le braccia. Il capitano fece un'altra domanda, in tono quasi lamentoso, alla quale Zainal rispose con un'alzata di spalle che significava: "questo è impossibile". Il capitano disse qualcos'altro, in tono più vivace, allontanando con un gesto della mano i due subalterni, che sparirono nel ventre dell'astronave. Con un saluto rispettoso a Zainal, e un inchino gelido ma altrettanto rispettoso a lei, il capitano li seguì e il portellone si richiuse, lasciandoli in un'oscurità illuminata solo dall'ultima luna rimasta nel cielo. - Ehi, non potrebbero lasciare le luci accese finché ce ne saremo andati sani e salvi da questo campo? - gridò Sarah. - Camminate pestando i piedi - suggerì Zainal. Si voltò e si allontanò dall'astronave, battendo il suolo con energia ogni tre passi. - Ci dirai quello che non siamo riusciti a capire? chiese Worry che, avendo le gambe molto più corte, cercava invano di andare al passo con lui. - Certo. Erano già a una distanza di sicurezza dall'astronave quando decollò in verticale, come aveva fatto il mezzo di trasporto, e acquistò velocità inclinandosi.
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- Uau! - esclamò Joe. - Tutti i vostri velivoli sono in grado di decollare in quel modo, Zainal? - chiese, mimando l'azione. - Quelli che atterrano, sì. I più grossi, restano in alto - rispose Zainal senza fermarsi. Pestare i piedi, anche ogni tre o quattro passi, sfibrava il corpo affaticato, ma ogni volta che si accorgeva di un calo di energia, Kris non doveva far altro che ricordare l'aspetto viscido dei tentacoli dello spazzino per ritrovare le forze. Quando raggiunsero un terreno pietroso, si appoggiarono come un sol uomo contro la più vicina parete rocciosa. - Quell'ultima frase che ha detto, prima che tu lo stendessi - chiese Kris. - Che lo stendessi? - ripetè Zainal. Lei capì che non era un tentativo di guadagnare tempo, ma che non avevano ancora usato quel modo di dire nelle loro conversazioni. Glielo mimò. - A Catten, le donne comandano solo ad altre donne - spiegò Zainal. - Ma una... ehm... classe speciale di donne comanda perfino agli emassi. - Perché l'hai colpito? Zainal arricciò le labbra in una smorfia prima rispondere. - Ti ha chiamato con un brutto nome. Un nome inesatto. - Grazie, ma non credi di aver corso un grosso rischio? Avrebbero potuto spararci per aver colpito il loro capo. Sei già finito nei guai per una cosa del genere. Zainal sorrise e si puntò il pollice al petto. - Sono guai miei. Non l'ho "steso" per ucciderlo, perciò gli altri non sparano. Loro hanno soltanto... come dite... ? - Si accovacciò, facendo il gesto di impugnare un'arma. - Un riflesso condizionato? - suggerì Joe. - Hmmm - disse Zainal, anche se non ne aveva afferrato del tutto il significato. - Lasciamo da parte l'argomento dell'onore di Kris disse Worry. - Perché volevi questi? - chiese, spiegando i tabulati. - Non si capisce neanche cosa mostrano, al buio. - Carte topografiche di questo pianeta dallo spazio, per dirci dove siamo. Dove andare. Dove... - Zainal ag-
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grottò la fronte, cercando le parole giuste. - Dove è l'hangar più grande. - Davvero? I tuoi amici l'hanno trovato? Lui scrollò il capo. - Mostra dove c'è metallo. Una cosa molto... oh, buffa? No, non buffa. - Si rivolse a Kris perché l'aiutasse. - Un'anomalia? - Come diavolo fa a capire "anomalia"? - chiese Worry. - Oh, zitto, glielo spiegherò. Un'anomalia è qualcosa che è dove non dovrebbe essere. Una deviazione dalla norma. Una diversità bizzarra. - Ah, sì. - Zainal si agitò di colpo. - Ecco cos'è. Più metallo di quanto è bene che ci sia. In molti posti. Quantità di metallo. Non il metallo giusto. Anomalia... hmmm - e sembrò che assaporasse quasi la parola. - Qualcosa che è diverso. - Loro non volevano darti quelle carte? - chiese Sarah, cercando di distinguerne i particolari. - No. - Volevano che tu andassi con loro, vero? - chiese Kris in modo esplicito. - Sì, hanno detto che niente mi impediva di tornare a casa. Passato più di un giorno. - Il sorriso di Zainal era carico di malizia. - Catteni mi scaricano qui. Io resto qui. Non possono fare una regola per me, perché gli sono utile, e una diversa per altri catteni. - L'amico ha il senso dell'onore - commentò Joe, un po' sorpreso. - Perché non dovrebbe? - sbottò Kris. - Già, perché no - replicò Joe in tono conciliante. - Perché non te ne sei andato, avendone la possibilità? Per quale incarico ti volevano? - Incarico da emassi - rispose Zainal, e la sua voce assunse un tono inflessibile. - Adesso è troppo tardi per quell'incarico. Un tempo, lo volevo. Non ora. Sono successe molte cose. Loro mi scaricano. Io resto scarico. - Scaricato - lo corresse Kris. - Scaricato. Buffa lingua, l'inglese. - Non sei il primo a pensarlo. - E non sarò l'ultimo.
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- Dunque - disse Worry - ti volevano per un incarico di cui tu non senti più la necessità, è così? - Esatto. Nessuno crede a quello che ho detto agli uomini del mezzo di trasporto a proposito dei mecho. - Ecco perché gli hai mostrato il cellulare - commentò Sarah - perché lui sa in cosa consistevano le nostre vettovaglie, e che certo non comprendevano oggetti simili. - Esatto. - Così, glielo hai mostrato e ora dovranno crederti proseguì Sarah - ma perché non volevano crederti? - Io scaricato - rispose Zainal, con l'accento sull'ultima sillaba. - E adesso? - chiese Kris, preoccupata. - Aspettiamo. Vediamo. - E se gli eosi arrivassero prima dei mecho? - Non gli eosi ma qualcuno di grado più alto... - Zainal puntò un dito al cielo, per indicare il capitano. Aspettiamo. Vediamo. - Questa faccenda non mi piace - disse Worry. Il cellulare che portava alla cintura mandò un segnale, una curiosa ingerenza nel silenzio della notte. - Qui Worrell... Oh, Mitford. Sì, Zainal ha stabilito un contatto con l'astronave. A te - e Worry porse l'apparecchio a Zainal. - Avrebbe dovuto chiamarti sul tuo. Il colloquio fu unilaterale ma, poiché tutti i presenti sapevano cos'era successo dal punto di vista di Zainal, alcune delle sue risposte risultavano divertenti. Forse non all'orecchio di Mitford, ma nel cuore di una fredda notte - e Kris cominciava ad avvertirne il gelo nell'aria - le risposte avevano un sottofondo umoristico. Alla fine Zainal pronunciò una serie di "okay" in risposta alle istruzioni di Mitford, spense l'apparecchio e lo restituì a Worry. - Lui sa. Noi sappiamo. Non diciamo niente - li informò Zainal. - Non diciamo niente? - esclamò Worry. - Tutto l'accampamento si è svegliato quando quella sentinella è venuta a chiamarci. Pretenderanno di sapere. Zainal si strinse nelle spalle e iniziò a inerpicarsi.
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- Falso allarme, ecco cosa gli diremo. È stato un falso allarme. Un'astronave che si è limitata a sorvolarci proseguì Worry. - L'ora sbagliata della notte per sorvolare qualsiasi cosa - fece notare Joe, arrampicandosi dietro Worry. Le lune sono tramontate presto. - Sciocchezze - dichiarò Kris con fermezza, mentre seguiva i tre uomini. - Diciamo la verità, altrimenti come faranno a fidarsi di noi? - Ottimo argomento - approvò Sarah. - Vogliamo costruire fiducia, non distruggerla. - Non dite niente - insistette Zainal. - Sorridete e non dite niente. Il sergente dirà loro quello che riterrà che devono sapere. - Non ha tutti i torti - disse Worry. - C'è una cosa che mi lascia perplesso - disse Joe, scandendo le parole. - Perché alla vostra ispezione è sfuggito il fatto che questo mondo, quanto meno questo continente, è tutto suddiviso in campi ordinati? Non possono non essersi accorti dell'anomalia di questo particolare... una chiara indicazione che questo pianeta era, era stato, coltivato? - Le mucche-luuh e i rocksquat non sono intelligenti, perciò il pianeta non è abitato - rispose Zainal. - Loro non "vedono" i macchinari. - Aggiunse una frase in catteni, dal tono chiaramente sprezzante. Da quel momento, tutti risparmiarono il fiato per la salita. Quando arrivarono alla Roccia, solo le sentinelle erano sveglie, come era loro dovere, e Worry liquidò le loro domande con un: - Niente di cui preoccuparsi. Ve lo diremo domattina. Sono sfinito.
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La mattina seguente, Mitford arrivò a bordo di un trattore, modificato in modo da portare sei passeggeri. Era accompagnato da due specialisti in missioni della NASA, entrambi addestrati, come spiegò, a interpretare caratteristiche planetarie rilevate dallo spazio. I due tecnici - un uomo e una donna che non avevano niente di diverso da chiunque altro tranne il fatto di essere stati nello spazio esaminarono le carte a un'estremità della scrivania di Mitford, che Worry si era affrettato a cedere al sergente. - Perché non te ne sei andato con loro? - fu la prima domanda che Mitford pose a Zainal. - Qui mi piace di più - rispose lui sorridendo e senza guardare Kris. Lo fece Mitford e lei ricambiò il suo sguardo con l'aria di dirgli: "non sono affari che ti riguardino". - Io scaricato - aggiunse Zainal, e di nuovo sottolineò l'ultima sillaba. - Io resto. Kris non credeva che fosse stata soltanto la sua presenza a indurlo a restare: aveva detto in modo esplicito al capitano dell'astronave che si sentiva obbligato da un oscuro senso dell'onore, anche se avrebbe potuto servirsi di lei come di una scusa. In ogni caso, dovevano essere veramente ansiosi di riaverlo se avevano mandato un'astronave veloce apposta per prelevarlo. Ignoravano dove fosse stato portato emassi Zainal, considerando le circostanze della sua cattura, prima che espiasse la moratoria? Il capitano si era mostrato sorpreso, e non in modo piacevole, nel vedere Zainal. Era probabile che non sapesse con chi si sarebbe incontrato su quel pianeta. Le riusciva difficile credere che Zainal provasse un'attrazione così forte da non riuscire a vivere senza di lei. Scrollò la testa, ma non potè fare a meno di sorridere. I catteni e gli umani erano sterili da un punto di vista
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biologico, anche se potevano godere rapporti sessuali, e "godere" era un termine inadeguato per definire quell'esperienza travolgente. In un certo senso, Kris sperava che si sarebbe ripetuta; non che avessero avuto tempo per quel genere di... godimenti. Non riteneva di possedere un eccezionale sex-appeal, finché Zainal l'aveva eccitata, e Zainal le piaceva, a prescindere dal rapporto sessuale. Era un uomo complicato. Eccome, se lo era! Si era comportato con tatto e rispetto verso gli altri durante alcune settimane molto difficili. Su Barevi, non avrebbe fatto salti di gioia all'idea che ci fosse un catteni "interessato" a lei, ma Zainal era diverso, sotto tutti i punti di vista. Dovette compiere uno sforzo per strapparsi a quelle riflessioni. I due della NASA erano eccitati per certi simboli che Zainal stava traducendo dalla legenda della carta. Allungando il collo, riuscì a vedere che non c'erano soltanto vedute aeree di ciascun emisfero del pianeta ma anche primi piani - se così si potevano chiamare fotografie di interi continenti che mostravano contorni, montagne, valli. C'erano anche vedute dei fondali dell'oceano, con monti e abissi. Non mancava niente! Si concentrò su quello che stavano dicendo. - È una posizione perfetta per un posto di comando, sergente - stava dicendo l'uomo, Bert Put, battendo con il dito su un punto elevato, quasi al centro del continente principale. Non è facile raggiungerlo ma è una precauzione sensata, e qui - puntò di nuovo un dito tozzo - c'è un'altra concentrazione, uguale al simbolo del mattatoio che abbiamo già scoperto. Probabilmente un hangar, situato sotto le installazioni principali. Le distanze sono così grandi che non importa quanto sopra all'hangar si trovi il posto di comando. - Non è così lontano - disse Mitford, tirandosi il labbro inferiore con aria pensierosa. - Hmmm. - Misurò la distanza con le dita. - Una settimana buona di marcia. - Non ora che abbiamo quel veicolo - fece notare Worry. - È in funzione solo quello... - iniziò Mitford - ma, perdiana, una pattuglia se ne può servire per andare e tornare più in fretta e correndo meno rischi che a piedi. D'accordo, Zainal, Kris, Bert, Joe come medico, Sarah
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13 come cacciatrice, e vi occorrerà anche un buon meccanico. - Mitford fece una smorfia. - È un autentico rompiscatole, lo so, amici, ma il meccanico migliore che abbiamo è Dick Aarens. - Oh, no, sergente - iniziò a protestare Kris. Mitford alzò una mano per imporre il silenzio. - Non ti darà fastidio, se c'è Zainal con te. - Odia a morte gli alieni - si lamentò Kris. - Può darsi, ma ha dimostrato di saper interpretare i diagrammi dei mecho e di riuscire ad alterarli con la stessa facilità con cui tu giocheresti con i Lego. Questa non è una gita di piacere, è una perlustrazione! Dovete passare per Camp Narrow, così verrò con voi e darò ad Aarens un'energica lavata di capo. Tu - e Mitford si rivolse a Zainal, includendo Joe e Sarah nello stesso sguardo - puniscilo come e quando è necessario. Senza tanti complimenti. Il viaggio potrebbe perfino fargli bene. - Provvederemo che gliene faccia - promise Kris con sarcasmo, ma non le garbava affatto che Aarens partecipasse a quello che avrebbe dovuto essere un viaggio in compagnia di gente di cui si fidava. Anche se non conosceva bene Bert Put, le piaceva la sua faccia schietta e aperta e l'entusiasmo con cui aveva esaminato le carte degli alieni, come un ragazzo con un giocattolo che non aveva mai sperato di possedere. Un'accurata ispezione del terreno da attraversare suggerì che avrebbero impiegato tre, forse quattro, giorni, alla velocità che poteva raggiungere il trattore modificato. - Viaggeremo più veloci - dichiarò Zainal. - Non sopra parte del territorio - replicò Mitford, indicando diverse zone che sembravano di notevole altitudine, e fiumi. - Quel coso salta le barriere come una gazzella, e vi risparmia di dover aggirare gli ostacoli. Ne abbiamo provato la stabilità su ogni tipo di terreno, ed è meglio di un carro armato. Non si ribalta perché si solleva sui suoi cuscini pneumatici. È più comodo dei trattori dei miei ricordi di ragazzo. - Sergente, tu non sei mai stato ragazzo - lo prese in giro Kris.
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- Comincio a pensare che tu abbia ragione, Bjornsen - replicò lui, passando la carta a Dowdall. - Dow ne farà una copia che porterete con voi. Gli originali resteranno in mano mia. E ora, calcolate le provviste di cui avrete bisogno, e dovrete munirvi di pellicce. In quota, farà più freddo che in questa regione. Zainal sembrava ancor più monumentale nella pelliccia che gli avevano confezionato, ma la indossava con un'aria che la faceva sembrare un ermellino regale. - Il rocksquat più grosso che io abbia mai visto - disse Sarah, sorridendo da un orecchio all'altro. - Sono buffo? - chiese Zainal, fingendosi indignato. Mosse le spalle. - Mi va bene. È calda. - Se la sfilò, la piegò con cura e la legò con una cinghia. C'erano anche coperte e maglie di pelliccia per ogni partecipante della spedizione, compreso Dick Aarens. Kris non aveva ancora digerito il fatto che la sua presenza fosse indispensabile. - Lo so che è un essere spregevole, Kris, ma ha aiutato a montare questo veicolo e sa come sfruttarlo al massimo. La squadra avrà bisogno di lui. - Non mi piacerà per niente, sergente, e se si azzarda a... - Bastonalo. O meglio, lascia che sia Zainal a farlo. Non troppo forte, però, altrimenti non sarà in grado di aiutarvi. - Per sottolineare quegli ordini, Mitford le diede una stretta, forte ma amichevole, al braccio. La presenza di Bert Put fu di enorme utilità, anche se non doveva far altro che consultare la sezione di carta che Dowdell aveva riprodotto con fedeltà. Lasciarono Mitford a Camp Narrow e, con scarso entusiasmo, presero a bordo un Dick Aarens che sorrideva con impudenza, sempre bardato con la sua cintura di utensili e le tasche rigonfie di ogni sorta di oggetti. - Se voi lo siete, io sono pronto - annunciò con allegria, occupando il posto che Mitford aveva lasciato libero tra Joe Marley e Sarah McDouall. - Non montarti la testa, amico - lo ammonì Kris, guardandolo in cagnesco perché le toccava di proposito il ginocchio.
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13 - Cerco soltanto di essere cordiale - si lamentò lui. Forse dovrei guidare io. Conosco a fondo questa piccola. - Io guido replicò Zainal in tono categorico. Mitford aveva messo a prova la sua abilità nel tragitto fino a Camp Narrow, e non era la prima volta che Zainal guidava veicoli simili. Mitford girò la manopola di comando e Saltarello si mise in moto. L'avevano chiamato così perché "saltava" invariabilmente ogni tratto di terreno che superasse la sua angolazione ottimale preprogrammata. Avevano imparato ad aggrapparsi a qualcosa per difendersi da manovre impreviste, anche se, in genere, il veicolo avanzava senza scosse. I tentativi di Aarens di sedurre con le chiacchiere Sarah fallirono quando lei gli dimostrò di non essere interessata, infilando un braccio in quello di Joe. Aarens mise il broncio finché l'espressione incredula di Bert Put davanti a un atteggiamento così infantile lo fece vergognare. Il Saltarello era forse più veloce di un carro armato, ma non era certo una McLaren su un circuito di Formula Uno. "Volò" anche con grazia sopra l'ampio fiume serpeggiante e le tre strette gole che incontrarono il primo giorno. Quando si accamparono per la notte su una cengia rocciosa, Mitford e Bert calcolarono di aver percorso quasi settanta miglia. La cena fu a base di rocksquat e di alcuni piccoli pesci saporiti che avevano pescato in un corso d'acqua. Dopo aver fatto rapporto a Mitford, Zainal assegnò i turni di guardia, riservando l'ultimo ad Aarens. Svegliandosi la mattina seguente, Kris lo trovò addormentato. - A cosa serve fare la guardia? - chiese Aarens, indignato quando Zainal lo svegliò scuotendolo con violenza. - Ehi, calmati. Gli spazzini non possono attaccarci sulla roccia e nessuno ha mai visto i mostri volanti di notte. - Ci sono in circolazione bande di ribelli - disse Kris - e sai benissimo che sarebbero felici di impadronirsi di Saltarello. - Non abbiamo incontrato nessuno - protestò lui. - Credi che sarebbero così stupidi da farsi vedere se non sono ancora pronti ad attaccare? - proseguì Kris, livida di rabbia davanti a tanta sciocca arroganza. Si co-
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stringeva a tenere le mani lungo i fianchi per non cedere all'impulso di mandarlo al tappeto. Sarebbe stata felicissima di vederlo lungo disteso sulla roccia, ma il buon senso la sconsigliava di togliersi una simile soddisfazione. Potevano aver bisogno di Aarens in caso di guasti alla macchina. - Ma nessuno ci ha attaccato - si ostinò a difendersi lui. Quella sera lo obbligarono a raccogliere legna da ardere ed escrementi di rocksquat come punizione per la sua negligenza. Inquieta, Kris si svegliò diverse volte durante il turno di guardia di Aarens, per assicurarsi che non dormisse. Era evidente che Zainal aveva avuto la stessa idea. La volta che si svegliarono insieme, lui l'attirò vicino a sé e le strofinò il naso contro il collo in un gesto affettuoso ma le sue effusioni si fermarono lì, con grande rammarico di Kris. Impiegarono sei giorni per raggiungere la meta, e l'hangar che trovarono era visibile da miglia e miglia di distanza perché davanti a esso si estendeva un terreno brullo e desolato. - Strano luogo per un hangar - osservò Joe Marley, cercando di calcolare l'altezza delle porte. - Il posto di comando si trova proprio qui sopra, vero? - disse Kris, sbirciando la carta che Bert stava consultando. - Dovrebbe essere... lassù - rispose Bert indicando un punto, e gli sfuggì un sospiro alla vista della ripida parete rocciosa in cima alla quale si trovava. Soltanto i pannelli solari, di sagoma troppo regolare per essere una formazione naturale, ne segnalavano l'ubicazione. Mi chiedo se riusciremo a portare Saltarello lassù scegliendo un'altra via di accesso - aggiunse, guardando in direzione della catena montuosa. - No, abbiamo funi. - Così dicendo, Zainal ne prese un rotolo dal baule di Saltarello. - E chiodi da roccia - proclamò Joe, che aveva visto Jay Greene aggiungere alla loro attrezzatura quegli oggetti di recente fabbricazione. - Se avvicinate Saltarello, potrei cominciare a smantellare quei pannelli solari - propose Aarens, parlando
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13 per la prima volta in tutta la giornata. - Non vorrei che vi facessero aggredire da qualcosa mentre vi arrampicate - aggiunse con un ghigno. - Giustissimo - convenne Joe Marley. - Ti darò una mano. Non occorre che ci arrampichiamo tutti. Zainal sbirciò il sole, già basso all'orizzonte. - Non oggi. Domani. Oggi aiutiamo tutti a smontare i pannelli. Cercheremo anche di entrare. - Ma non sembrava troppo ottimista su quella possibilità mentre esaminava le enormi porte di metallo grigio. - Neanche una fessura. Quando lo riferirono a Mitford, lui fu contento di udire che erano arrivati a destinazione ma li avvertì di procedere con cautela se si trovavano di fronte a un'istallazione di tipo completamente diverso. Dal momento che poteva essere il punto di controllo dell'intero pianeta, non era escluso che i mecho l'avessero munita di misure di protezione. Aarens staccò i pannelli solari. - È per questo che mi trovo qui, non è così? - disse in tono maligno. - È in questo che sono bravo. Voi ci impieghereste un'eternità e potreste... - il suo sguardo ostile si posò sulle grosse dita di Zainal -... danneggiarli. Lo sapete che alcuni erano così rovinati da essere inutilizzabili? Voi non rispettate la tecnologia come dovreste. Sapendo quante difficoltà aveva avuto la pattuglia con i pannelli solari, Kris doveva ammettere, con riluttanza, che Aarens lavorava più in fretta e probabilmente meglio di chiunque altro, anche se non serviva ad attirargli le simpatie dei compagni. Quella notte, dovette fare comunque il suo turno di guardia, per quanto si lamentasse e protestasse. - Io ho mani grosse - disse Zainal, sollevando un pugno ed esaminandolo come se lo vedesse per la prima volta. Sorrise e si voltò verso Aarens, senza mascherare le sue intenzioni. - Mani grosse, danni grossi. - Non oseresti. - Aarens girò intorno al fuoco per andare a mettersi vicino a Sarah, che cambiò subito posto, lasciandolo di nuovo solo. - Avete bisogno di me come meccanico. Per dirvi cosa c'è lassù.
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- Può darsi - replicò Zainal - ma io ho molti anni di esperienza come pilota di astronavi. Me ne intendo un po' di circuiti e ancor di più di astronavi. Aarens si chiuse in un silenzio scontroso, guardandoli in cagnesco dall'altra parte del fuoco. - Svegliami per l'ultimo turno - bisbigliò Joe a Zainal. - Non mi fido di lui. - Dove può andare? - chiese Zainal, con una scrollata di spalle. - La questione non è dove potrebbe andare, ma cosa potrebbe fare. Per esempio, mettere fuori uso Saltarello per dispetto o far scivolare un po' di quelle foghe velenose nel tè della colazione. Diamine, lo ritengo capace di farci sorprendere nel sonno da qualche banda di ribelli e assistere ridendo mentre ci tagliano la gola. Aarens non fece commenti la mattina seguente, quando venne svegliato all'alba con gli altri. Ma sulla sua faccia c'era una smorfia compiaciuta, come se avesse vinto un round per il fatto di non aver dovuto montare la guardia come i suoi compagni. E l'aveva vinto, pensò Kris, di malumore. Benché avessero tentato di tutto, e Aarens stesse facendo del suo meglio per risolvere il problema, non riuscirono a scoprire il metodo per aprire la porta. Così, dopo una mattina infruttuosa, Zainal decise di sfruttare la luce del pomeriggio per arrampicarsi. - Perché non iniziamo domattina presto? - propose Aarens, colto d'un tratto da un tic nervoso. - Oggi riposiamoci. Andiamo a caccia. - No, ci arrampichiamo. - Così dicendo, Zainal si mise a tracolla un rotolo di fune. - Io, Kris e Bert. Aarens, tu vai a raccogliere verdure in riva al fiume. Joe e Sarah, state di guardia. Kris, dai a Joe il tuo cellulare. - Quando l'ebbe fatto, Zainal si avvicinò alla parete rocciosa sul fianco dell'hangar, dove certe irregolarità offrivano appigli per mani e piedi. Quanto meno, per i primi quindici metri. Non era così difficile scalare la parete come era sembrato guardandola dal basso. Anzi, si prestava abbastanza bene, anche se ebbero qualche problema a superare una sporgenza. Alla fine raggiunsero la zona di pietra li-
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13 scia e squadrata che doveva essere il posto di comando. Altri sei metri, scalati con facilità, li portarono alla serie di pannelli solari che ne coronava la cima. Ma, di nuovo, non c'era modo visibile di penetrare all'interno del locale che, come sapevano, doveva trovarsi dietro la roccia. Cioè, fino a quando Kris, esasperata, si arrampicò ben al di sopra dei pannelli e scoprì i fori di ventilazione. - Da qualche parte doveva pur esserci un sistema di ventilazione, non vi pare? - disse, dopo aver chiamato Zainal e Bert perché ispezionassero la sua scoperta. Subito dopo, si accorse che i due uomini la guardavano e, dando un'occhiata ai fori, si rese conto di essere la più magra. - Lo sapevo che avremmo dovuto portare Lenny con noi. Impiegarono due ore per staccare la griglia, servendosi dello scalpello più grosso tra quelli che Zainal aveva preso "in prestito" da un Aarens molto restio a separarsene, e che li aveva minacciati di guardarsi dallo scheggiare le lame. Dopo aver scalpellato uno spazio sufficiente per infilare le dita, con uno strattone vigoroso Zainal strappò via la copertura. Infilarono una corda sotto le braccia di Kris che, non senza graffiarsi, si introdusse nell'apertura e si lasciò calare per un lungo tratto, in un'oscurità che odorava di muffa. Nell'attimo in cui posò i piedi a terra, si accesero delle luci: un bagliore arancio piuttosto che l'illuminazione biancoazzurra dei catteni. Vide i pannelli allineati lungo il lato anteriore del locale, quindi i lunghi rettangoli a forma di scatole in fila lungo quello posteriore. Non c'era niente che assomigliasse a un sedile, niente che assomigliasse a oggetti a lei familiari, eccetto i pannelli di controllo inclinati con le loro tacche regolari. C'erano sei rettangoli di un materiale opaco che sembravano schermi, situati in alto su una parete, e uno più grande, davanti al quale c'era una specie di finestra panoramica. - Sarebbe meglio che Bert scendesse, o tu, Zainal. Non ho la minima idea di cosa fare. La testa di Bert si affacciò all'apertura. - Descrivimi cos'hai davanti, Kris. Forse sono in grado di darti istruzioni.
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- Ah! - Kris sfiorò con le dita il gruppo di tacche sulla sinistra e, un attimo dopo, si illuminò tutto. - Oh, mio Dio, ho combinato qualcosa. Ehi, ci sono dei pittogrammi che anch'io riesco a leggere. Ce n'è uno che sembra simboleggiare delle porte. - Premette insieme le punte delle dita, tremando per la paura, e si sentì come un pesce fuor d'acqua davanti a una simile tecnologia. Adesso avvertiva un ronzio sotto le suole degli stivali, basso ma non minaccioso. Riferì quel particolare ai due uomini. - Lo sentiamo anche noi - rispose Zainal, e il tono della sua voce era incoraggiante. - Quanti pittogrammi di porte ci sono? - chiese Bert. - Cinque? - Sono diversi tra di loro? - Vuoi dire per dimensioni? Sì. - Prova con il più piccolo e guarda cosa succede. Riluttante, Kris mise il dito nella tacca accanto alla porta piccola. Udì un fruscio e vide il pannello di una porta aprirsi alle sue spalle. - Si è aperta una porta. - Controlla dove dà. Kris lo fece e si ritrovò in un corridoio cieco, largo e alto, scavato nella roccia. Riferì quel particolare. - Prova con il simbolo di porta successivo. Kris lo fece e dai due le arrivò un grido di esultanza, seguito dall'Apriti sesamo! di Bert. Avvertì l'aria fredda prima di rendersi conto di avere aperto, involontariamente, la porta esterna, e provò un sollievo enorme quando Bert e Zainal entrarono nel locale. La faccia di Bert era uno spettacolo - il ragazzino che la mattina di Natale trova sotto l'albero i giocattoli che ha chiesto a Babbo Natale - mentre studiava il pannello di controllo. Zainal era più interessato ai rettangoli contro la parete posteriore, e cercava un modo per penetrare nelle loro viscere. - Bene, questo è il grande momento - dichiarò Bert in tono deciso, premendo l'ultima tacca con il simbolo della "porta". Il cellulare di Zainal emise subito un segnale.
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13 - Ehi, accidenti - arrivò a tutti e tre la voce esultante di Joe - ce l'avete fatta. Il portone sta scorrendo e s'infila nella roccia, liscio come l'olio. Oh, uau! - Cosa c'è dentro? - Una specie di velivolo, no, due, parcheggiati uno dietro all'altro. Ali tozze, e credo che funzionino con cuscini pneumatici perché non vedo ruote. Direi che sono aerei atmosferici, forse per permettere all'Ispettore Generale di dare un'occhiata in giro, e controllare che tutte le macchine facciano il loro dovere. Ehi, un momento, Aarens... - La comunicazione s'interruppe di colpo. Zainal si precipitò alla porta e, alle sue spalle, Bert e Kris rischiarono di scontrarsi nella fretta di seguirlo. A causa della sporgenza nella parete rocciosa, non potevano vedere cosa stava succedendo in basso, ma un attimo dopo dal cellulare di Zainal arrivò un altro segnale. - Tutto a posto qui - annunciò Joe. - Scusate se mi sono lasciato prendere dal panico ma quell'imbecille è salito a bordo di uno degli aerei e non sapevo cosa sarebbe successo. - L'imbecille ci serve quassù - disse Zainal, scuro in faccia. A Kris sarebbe piaciuto che Aarens vedesse quell'espressione, perché gli avrebbe fatto abbassare la cresta. Mentre aspettavano che arrivasse, Bert studiò i geroglifici del pannello, cercando di capire le varie funzioni. Solo alcuni dei simboli erano chiari, tra gli altri quello delle porte. Un altro era composto da una fila di sei tacche, segnate con un oggetto dal muso smussato, una specie di proiettile. Una delle sei era spenta. - Potrebbero averne sparato uno - disse Bert. - Una sonda? Una specie di capsula? - O un siluro? - suggerì Kris. - Già, potrebbe essere una qualunque di queste cose. - Zainal? Il catteni si avvicinò, studiò le tacche per un momento e scosse la testa. Il cellulare squillò. - Non vuole venire - disse la voce disgustata di Joe. - Non vuole venire? - ripetè Zainal, incredulo.
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- Si rifiuta di arrampicarsi. Sembra che abbia paura delle altezze. - Paura delle altezze? - Dal tono della voce era chiaro che Zainal stentava a credere alle proprie orecchie. - Chi l'avrebbe detto? - commentò Kris. - Si arrampicherà - dichiarò Zainal, la cui espressione non lasciava presagire niente di buono per Aarens. - Ti aiuterò - si offrì Kris, impaziente di vedere la reazione di Aarens quando si fosse reso conto che non si poteva disubbidire a un ordine di Zainal. Scesero a corda doppia, un esercizio che Kris aveva imparato al corso di sopravvivenza e che l'aveva sempre entusiasmata. Joe e Sarah avevano messo Aarens con le spalle al muro, dietro i due aerei dalle ali tozze. L'hangar era più alto di quanto servisse per ospitare i due velivoli: essendo anche illuminato, era chiaro che tutte le sue funzioni erano controllate dall'alto. Kris si chiese se gli aerei fossero telecomandati, e se quelli accanto ai pannelli di controllo fossero schermi radar. Nel frattempo, Zainal aveva affrontato Aarens, l'aveva afferrato per il davanti della tuta e lo stava trascinando fuori. - No, no, non posso. Non sopporto le altezze. Rischio di svenire. Ti vomiterò addosso... - protestava Aarens, cercando invano di liberarsi. - Lassù abbiamo bisogno di te, perciò salirai! - Zainal fece cenno a Joe di portargli la corda di scorta. Senza mai mollare il meccanico, che si divincolava con la forza della disperazione, Zainal creò un'imbracatura che gli fissava le braccia al torace e formava dei cappi sotto le ascelle per sollevarlo. Quindi assicurò al proprio corpo le estremità dell'imbracatura e iniziò a scalare la parete rocciosa, tirandosi dietro Aarens, che cercava di ostacolarlo scalciando. - Sarebbe meglio che ti servissi delle gambe per non sbattere contro la roccia - gli consigliò Sarah con spassionata indifferenza. - Oh, non posso. Non sopporto le altezze. Oh, Dio, oh, Dio, oh, Dio - continuò a lamentarsi Aarens, oscillando e sbattendo contro la parete. Kris li seguiva da vicino; non che avrebbe potuto salvare Aarens, o che volesse farlo, o che fosse necessario
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13 dal momento che Zainal aveva la situazione sotto controllo. - Oh Dio oh Dio oh Dio. - La litania aveva assunto un tono isterico. - Tieni gli occhi chiusi, stupido - lo consigliò Kris. Non guardare. Non guardare in basso. Aarens non vomitò, ma a un certo punto si verificò un episodio di incontinenza. Kris riuscì a spostarsi in tempo per evitare di essere innaffiata. Gli "oh Dio oh Dio" divennero un lamento fioco, che Zainal continuò a ignorare. Alla fine, aiutato da Bert, issò un Aarens terrorizzato sulla stretta sporgenza e lo spinse nella sala di controllo. - Smettila di piagnucolare - gli ordinò Bert, disgustato, mentre scioglieva le corde e Zainal si sbarazzava dell'imbracatura. Questo complesso si addentra nella montagna, Zainal. Voghamo dare un'occhiata? - No, io resto qui - rispose lui, guardando Aarens che offriva un ben misero spettacolo. - Lui ha del lavoro da fare. Kris fu contenta di lasciare lo spazio ristretto della sala di controllo perché era già appestata a causa dell'incidente occorso ad Aarens. Non capiva come riuscisse Zainal a sopportarlo, ma il vento che entrava dalla porta aperta avrebbe forse ripulito l'aria e fatto asciugare il meccanico. Precedendola, Bert varcò una porta, scese una breve rampa di scalini molto larghi e con alzate basse. Si accesero delle luci, che si illuminarono a poco a poco, come se faticassero per un lungo disuso, fino ad assumere il bagliore color arancio delle luci della sala di controllo. Entrarono nella prima stanza, vuota eccetto un lungo tavolo a piede centrale, ma senza sedie o sgabelli o altri tipi di sedili. Il tavolo aveva l'aria di essere stato usato; i bordi erano in parte consunti e la superficie era graffiata. Graffi prodotti da cosa? Bert la sospinse verso la stanza accanto. - Non riesco a capire se questi sono letti - disse, indicando larghe piattaforme quadrate, sistemate a una trentina di centimetri dal pavimento. - Tanto meno capisco cosa sia questo - proseguì, mostrandole un locale
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di uguali dimensioni, che aveva al centro una grande depressione con quello che sembrava un tubo di scarico. - Non sono riuscito a trovare né rubinetti né tubi. Si aggirarono per le varie stanze e decisero che alcune dovevano essere dormitori, mentre di altre non era chiara la destinazione. In alcune c'erano grandi casseforti rettangolari, che resistettero a tutti i loro tentativi per aprirle. Le mensole alle pareti si trovavano all'altezza della spalla di Kris. - Che siano più o meno alti così? - disse Kris, fingendo di prendere un oggetto da una mensola. - È da un pezzo che non vengono usate - fece osservare Bert, stropicciando i piedi nella polvere che copriva il pavimento. - Non so cosa sia questo - disse la voce di Aarens, provenendo da un punto vicino al soffitto. - Nessuna reazione di nessun tipo. Bert e Kris si scambiarono un sorriso. - Forse dovremmo avvertirli che è in funzione il vivavoce. Bert si strinse nelle spalle. - Perché? - Perché tocchi i proiettili? - stava dicendo Zainal, con una nota di preoccupazione nella voce. - Questi sono per quei congegni tipo siluri che si trovano su una rastrelliera nell'hangar. - C'era qualcosa di infido nel tono di Aarens. - Può darsi che... - Non farlo ! - ruggì Zainal. In quel momento udirono un rombo che riecheggiò dal basso. Di comune accordo, tornarono di corsa nella sala di controllo. Zainal era in piedi accanto al corpo bocconi di Dick Aarens, con la mano destra ancora stretta a pugno. Nella sinistra reggeva il cellulare, acceso. - L'ho mandato al tappeto - disse, indicando il pannello dove brillava la luce rossa di una delle tacche con il simbolo del proiettile. Rosso era il colore che segnalava sempre allarme? - L'ha premuto, ed è partito. - Grazie, Zainal - si udì al cellulare la voce fioca di Joe. - Ci siamo spostati dalla parte giusta. Quel coso è schizzato via con una fiammata e saremmo stati troppo
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13 vicini allo scappamento. Appena riesco a mettere le mani su Aarens... ! - Dovrai aspettare il tuo turno - disse Kris, avvicinandosi al cellulare per stabilire il suo diritto di precedenza. - Quando avrà ripreso i sensi, cioè. - Spinse con il piede il corpo bocconi. - Che intenzioni aveva, Zainal? - Combinare guai. - Oh! - L'esclamazione proveniva da Bert Put perché Kris era ammutolita al pensiero di chiamare di proposito i mecho e dover rispondere a qualunque cosa fosse che si serviva di solida roccia come letto e mangiava a un tavolo senza sedersi. - Oh, mio Dio! - mormorò alla fine, appoggiandosi contro Zainal. - Forse, dopotutto, è una buona idea - disse lui, annuendo con il capo. - Così sapremo se la nostra situazione peggiorerà o migliorerà. - Come potrebbe migliorare? - chiese Kris, felice che Zainal la sostenesse con un braccio intorno alla vita. - Primo, è meglio sapere. Secondo, è divertente scoprire chi fabbrica quelle macchine - rispose Zainal, sorridendo quando Kris lanciò un'esclamazione di protesta. - Se le condizioni di questo posto possono costituire una prova, nessuno o niente viene qui da molto tempo, Zainal - fece notare Bert, scuotendo la testa. - Mi dispiace non averlo visto partire - aggiunse, con rammarico. - Chiedilo a Joe quando scendiamo. - E cosa ne facciamo della bella addormentata? Kris, diede un'altra spinta con il piede alla spalla di Aarens. - Sarebbe più divertente calarlo mentre è cosciente disse Bert con un'espressione maliziosa, insolita per lui. - E ascoltare la sua litania di oh-Dio-oh-Dio-oh Dio? - Se prometto di non toccare niente, posso restare qui per tentare di scoprire qualcosa di più sulle funzioni di quel pannello? - chiese Bert. Zainal si strinse nelle spalle e guardò Kris. - Non vedo perché no, uomo della NASA. - Per prima cosa, facciamo rapporto a Mitford - propose Zainal.
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- Questa faccenda non gli piacerà. - Kris scosse la testa. - Soprattutto perché probabilmente si aspettava che noi impedissimo che succedesse una cosa del genere. Invece, rimase sorpresa quando Mitford reagì più o meno come aveva fatto Zainal: non avrebbe dato l'autorizzazione di inviare un messaggio, se era quello che Aarens era riuscito a fare, ma in un certo senso era sollevato all'idea che fosse partito. - Se la tua gente sta osservando questo pianeta, Zainal, subirà un vero shock. - Puoi ben dirlo - replicò Zainal. - Dobbiamo tornare alla Roccia, sergente? chiese Kris. - Tanto vale che torniate ma, strada facendo, controllate le altre località segnate sulla carta che ho dato a Bert - rispose Mitford prima di togliere la comunicazione. La conclusione fu che Zainal calò il corpo incosciente di Aarens lungo la parete, mentre Kris ne seguiva e guidava la discesa. Non era quello il trattamento che gli avrebbe riservato, ma non poteva neanche abbassarsi al suo livello. Sarah e Joe riempirono un sacco con cibo, acqua e indumenti di pelliccia, che Zainal issò in cima alla parete. Erano le provviste per Bert, al quale consegnò anche il proprio cellulare, in modo che potesse mantenersi in contatto. - Di' a Bert di fare con comodo. Non c'è nessuna fretta - Joe disse a Zainal, servendosi del suo cellulare e strizzando l'occhio a Sarah con aria complice. Decisero di non slegare Aarens, ancora privo di sensi, ma lo caricarono su Saltarello, tra i sedili. Sarah lo coprì con la sua pelliccia. - Può darsi che domattina puzzerà, ma è un problema suo - disse. Quindi aggiunse: - C'è stufato per cena. Noi quattro soltanto. - Vedendola sorridere con aria furba, Kris non impiegò molto a capire quali fossero le sue intenzioni, e ricambiò il sorriso. - Stanotte potremmo fare i turni di guardia insieme. Non è una buona idea? - Fantastica - si dichiarò d'accordo Kris, esplorando con lo sguardo la zona per studiare dove avrebbe messo le coperte sue e di Zainal. Di sicuro abbastanza lontano
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13 da Aarens per ignorarne le lamentele quando alla fine si fosse svegliato, e abbastanza lontano da non violare la privacy di Joe e Sarah. - Ho sentito dire che i catteni sono amanti favolosi commentò Sarah in tono discorsivo. - Davvero? - Già. Sulla Terra conoscevo un paio di ragazze che si erano messe con dei catteni... di proposito, per carpire loro informazioni - Sarah si affrettò ad aggiungere. - Ah, nell'adempimento del dovere - commentò Kris. - Be', a quanto ho capito, concedersi non era la parte più difficile. - Sarah le strizzò l'occhio e tacque un momento, volendo vedere come Kris accoglieva l'informazione. - In effetti, tornavano a casa sorridenti. Oh, lo so che ci sono stati un sacco di stupri, so tutto di Patti Sue e so anche che molti di loro sono veramente brutali. Ma Zainal è diverso. Oh, accidenti se è diverso, e se non avessi conosciuto Joe... - C'era un'ombra d'invidia nell'espressione di Sarah, ma svanì subito, sostituita dalla consueta franchezza. - Quello che sto cercando di dire è di non preoccuparti se Zainal ti piace in quel senso, Kris. E sono convinta che ti piaccia. - Hmmm. Ne sono convinta anch'io. Grazie, Sarah. Mentre Sarah tornava al fuoco per mescolare lo stufato, Kris osservò Zainal scendere la parete rocciosa con movimenti esperti ed eleganti. Si era ormai abituata alla sua mole e di sicuro non avrebbe più dovuto preoccuparsi di cosa pensava la gente. Ciò nonostante, da parte di Sarah era stato gentile parlare con tanta franchezza, soprattutto perché su Botany erano parecchi quelli che, da molto tempo, pensavano a lei e a Zainal come a una coppia. Lo osservò mentre si liberava della fune e la arrotolava con cura prima di entrare nell'hangar. Lo osservò mentre esaminava il tubo di lancio che aveva sparato il siluro, e gli altri quattro, ancora nelle loro sedi. I ventilatori si erano messi in funzione quando il missile era schizzato fuori dall'hangar così i vapori si erano dispersi, ma lui annusò l'aria, tentando di stabilire, pensò Kris, quale tipo di carburante fosse stato usato. Ispezionò quindi il resto: armadietti, pannelli e attrezzatura dall'aspetto misterioso. Alla fine si sedette sulla tozza ala inclinata di un aereo e, da una tasca dei calzoni, tirò
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fuori carta di corteccia e la sua matita al carbone. Quando lo raggiunse, Kris vide che stava facendo schizzi accurati dell'interno. - Bert è impegnato a fare altrettanto lassù? - Sì. Prendiamo nota di tutto per il sergente. A Kris piaceva osservare Zainal al lavoro, i gesti abili con cui si muovevano le sue dita, grosse ma non impacciate. Pensò come si sarebbero mosse sul suo corpo mentre facevano il loro doppio turno di guardia quella notte, e fu percorsa da un brivido di desiderio. Era un disegnatore molto abile, e gli bastava una rapida occhiata per fare lo schizzo accurato di un'intera sezione; con la fronte aggrottata, confrontava quindi il disegno con il modello per essere sicuro di averlo riprodotto nei minimi particolari. - Sei un tipo dai molteplici talenti, vero, Zainal? - gli disse quando ebbe terminato. - Non così tanti - rispose lui, sovrapensiero. Poi, mise da parte matita e carta e, prendendola per un braccio, l'attirò a sé, dedicandole tutta la sua attenzione. - Cosa ne dici di fare un doppio turno di guardia con me stanotte? - chiese Kris, quasi con timidezza. Non poteva soffrire il termine "timida", perché era un ruolo che non si addiceva alle ragazze alte quasi un metro e ottanta, ma Zainal aveva cambiato il suo modo di comportarsi. - Non è escluso che accetti - rispose lui, in tono soave. - A volte, Zainal, sembri più americano di me. - È un complimento? - Voglio dire, è fantastico che tu abbia imparato l'inglese così bene e così in fretta. - Mi piace imparare qualcosa bene e in fretta. - Le strofinò il naso contro il collo e glielo mordicchiò con delicatezza. - I morsi fanno parte del rituale amoroso dei catteni? - Rituale amoroso? - Fare l'amore. - Credo di sì. Non ho amato una donna catteni. La sua risposta le fece trattenere il fiato.
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13 Se non aveva amato una donna catteni, amava forse lei? Non essere stupida, Kris. È un emassi e ha conosciuto gli eosi. È troppo importante per una ragazza come te, che viene dalla vecchia e insignificante Terra. Ma, suo malgrado, gli mise un braccio intorno al collo e lo baciò sulla guancia. La sua guancia glabra. - Voi catteni non avete bisogno di radervi? Non sapeva cosa l'avesse spinta a fargli una domanda simile, ma era stato più forte di lei. Zainal scoppiò a ridere. - Radersi? Ah, togliere i peli dalla faccia. I catteni non ne hanno. - Strofinò la guancia contro la sua. - EHI, VOI DUE, SCANSAFATICHE! - urlò Sarah dal fuoco di bivacco. - A CENA! Zainal le mise un braccio intorno alla vita e la trascinò verso il fuoco. - Non credo che passeremo molto tempo in piedi durante il nostro turno di guardia - le bisbigliò all'orecchio benché, naturalmente, sia possibile farlo anche così. - Come vuoi tu - rispose Kris, affascinata dall'idea. Mangiando lo stufato, Joe Marley non smise di discutere della capsula che, secondo lui, sarebbe tornata alla sua base. - Forse non ci tornerà - suggerì Zainal. - Cos'altro potrebbe essere? - ribatté Joe. - Non ci sono state esplosioni, se era un siluro, altrimenti Mitford ce l'avrebbe detto. Inoltre, quei bastardi sono aggeggi grossi e complicati. Era anche fornito di carburante, a giudicare dalla puzza che si è lasciato dietro. È possibile che sia programmato per tornare alla base. - È vero. - E adesso che siamo riusciti a entrare in questo posto - e Joe indicò la massa dell'hangar, dove la luce arancione era così tenue da non riuscire a scorgere nemmeno la coda del primo aereo - potremmo escogitare il modo di entrare nell'edificio in riva al mare. - No se dobbiamo portare Aarens con noi per aprirlo - dichiarò Kris con fermezza. - Verrà Bert con noi - disse Zainal. - Se ne avremo il tempo prima che i mecho ci attacchino - borbottò Joe con aria cupa.
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- La capsula potrebbe impiegare decine di anni per raggiungere la sua destinazione. - A cosa servirebbe, allora? - chiese Joe. - No, per essere efficiente, e questi mecho sono ingegneri maledettamente efficienti, dovrebbe raggiungere la base in un periodo di tempo relativamente breve. - La prospettiva della reazione che avrebbe scatenato non lo rallegrava. - Perché fasciarsi la testa prima di essersela rotta, Joe? - chiese Kris. - Be', è saggio premunirsi, essere preparati a ogni evenienza. - È compito di Mitford - replicò Kris con semplicità. - E di Worry. Lascia che sia lui a farlo per noi. - Con lo stomaco pieno, era bello indugiare accanto al fuoco, vicino a Zainal, e sapere che lui le era vicino e lo sarebbe stato ancor di più quando Joe e Sarah se ne fossero andati a letto. - Sul serio, Zainal, credi che ci sarà presto una reazione? - Se vuoi la mia opinione, arriverà prima la reazione dei catteni. - Con le mani intrecciate dietro la testa e le pupille che scintillavano come oro alla luce delle fiamme, Zainal aveva un aspetto alieno e al tempo stesso meravigliosamente familiare agli occhi di Kris. - Perché? Hanno forse messo in orbita un satellite o qualcosa del genere? Dovettero spiegare a che tipo di satellite Joe si riferisse, e Zainal ammise che i catteni disponevano di attrezzature simili. - Ma loro non credono nell'esistenza dei mecho. Anche se da quando... - Zainal non terminò la frase e una ruga gli solcò la fronte. - Da quando è venuto il capitano? - lo sollecitò Kris. Zainal le sorrise. - Lui mi ha creduto ed è in grado di agire senza ricevere ordini. - Sono stati gli eosi a ordinargli di venire qui? Zainal scosse la testa. - È venuto per prendere me. - Ma tu sei stato scaricato e tu resti - celiò Sarah. Kris, consapevole che si era trattato di un incontro
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13 molto più importante di quanto era lanciò una rapida occhiata a Zainal giva. - Io resto - ribadì lui, sorridendo.
sembrato a tutti loro, per vedere come rea-
- Avrebbe potuto attivare un congegno d'allarme? chiese Joe, che aveva quel chiodo fisso in testa. - È possibile. - Perciò, saprebbero che qualcosa è stato lanciato. Zainal annuì. - Forse sospenderanno gli sbarchi di pionieri recalcitranti - disse Sarah speranzosa. Zainal ridacchiò. - Hanno altri terrani da scaricare al sicuro. Molti altri. - O, poveri noi, come faremo a cavarcela? - esclamò Sarah. - Finora ce la siamo cavata molto bene - replicò Kris con una certa asprezza. Sarah e Joe erano arrivati con uno sbarco successivo, ma si comportavano come se fossero lì fin dall'inizio. Bene, cosa c'era di male? si rimproverò Kris. Quanto meno, loro vogliono far parte di questa folle colonia. - È vero - convenne Zainal, alzandosi in piedi. - Facciamo il primo turno - aggiunse in tono disinvolto. - No, cadreste addormentati dopo esservi arrampicati su e giù per quella parete rocciosa - replicò Joe. - Dovremmo dar da mangiare ad Aarens - commentò Sarah senza il minimo entusiasmo. - E anche cambiarlo, o domani Saltarello puzzerà. - Non è sveglio - disse Zainal, stringendosi nelle spalle. - Non l'avrai colpito troppo forte, vero, Zainal? chiese Kris, preoccupata. Fu Joe a risponderle. - Ho controllato. Zainal non ha fatto altro che metterlo KO, come tutti noi avremmo voluto fare, potrei aggiungere. - Oh Dio oh Dio oh Dio, anche tu? - disse Zainal con malizia, facendoli scoppiare a ridere. Il cellulare suonò e Joe rispose. - Bert... ci controlli, vero?... No, non ce ne andremmo lasciandoti qui a dare spiegazioni ai mecho. Siamo quasi pronti per andare a letto. Trovato niente di nuovo, d'accordo... Oh... Bene,
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abbiamo avuto una giornata piena di sorprese. Farai il primo turno di guardia? Oh, sei molto gentile, amico. Sei in una posizione ottima. Passo e chiudo. - Joe si rivolse a Zainal sorridendo. - Farà il primo turno. Sveglierà me, e io sveglierò te. Adesso, vado a vedere come sta Aarens. - Basta che mi lanci un urlo - disse Zainal tendendo una mano a Kris, che si lasciò tirare su e finì tra le sue braccia mentre Sarah spariva nell'oscurità dietro Joe. Alla luce del fuoco i suoi occhi erano d'oro. - Non so come la pensi tu, Bjornsen, ma per me è stata una fortuna che tu ti trovassi tra i rovi di Barevi. - La ritieni una fortuna? Dopo tutto quello che è successo da allora? - Kris si scostò per guardarlo negli occhi. - Tu cambi la mia vita. Non molte cose cambiano un catteni. - No, non credo che ce ne siano molte - ammise lei. - Abbiamo molto tempo a disposizione prima del nostro turno. - C'era una luce diabolica nei suoi occhi gialli mentre la guardava. - Come lo occuperemo tutto questo tempo per conto nostro? - Hmmm, penso che riusciremo a escogitare qualcosa. Ci riuscirono, naturalmente.
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EPILOGO
Il sergente Chuck Mitford tenne per sé la notizia che Aarens aveva fatto partire quello che aveva l'aria di essere un proiettile programmato per tornare alla base. Maledetto bastardo! Era tipico di lui agire con intenzioni malevole. Prima di sapere chi sarebbe stato il capo-pattuglia, si era dimostrato impaziente di partecipare alla spedizione che aveva per obiettivo un presunto posto di comando; un'altra occasione per dimostrare quanto fosse intelligente Dick Aarens. E non si poteva negare che avesse un autentico talento per la meccanica; tutti gli esperti concordavano su quel punto. Ma questo non gli impediva di essere un piantagrane! Quando aveva saputo che sarebbe stato agli ordini di Zainal, e che la Bjornsen avrebbe fatto parte della squadra, era stato altrettanto impaziente di fare marcia indietro. - Sei al corrente di quei due! - aveva sbraitato. - Lo sai che lei dorme con il cat? - Anche se fosse, sono affari suoi, Aarens, e, se fossi in te, mi guarderei dal puntare il dito - aveva replicato Mitford. - Se non sbaglio, anche tu corri dietro alle sottane, non è così? Comunque, ti avverto, lascia che mi arrivi un'altra accusa di molestie e, non solo ti farò passare in ceppi tutte le notti, così da sapere dove sei, ma dirò anche a Dane di castrarti. Capito? - Non oseresti. - Ma la minaccia aveva scosso il genio della meccanica perché ormai aveva imparato che Mitford non era tipo da fare promesse a vuoto. Così, Aarens aveva preso l'iniziativa alla prima occasione che gli era capitata. D'altra parte, non ci sarebbe stato nessun messaggio a bordo della capsula, sempre
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che fosse tornata alla base. Forse i mecho ne avrebbero ignorato il ritorno, considerandolo un falso allarme. Mitford sospirò e intrecciò le dita dietro la testa. Gli sarebbe seccato se tutto quello che aveva costruito su Botany partendo da zero fosse andato a carte quarantotto. Era piuttosto orgoglioso dei risultati che era riuscito a ottenere. Ed era stato un paradiso non avere tra i piedi capitani e tenenti, boriosi palloni gonfiati usciti da West Point, a dirgli che metà di quello che faceva era sbagliato. Non era stato lui a cercarsi quell'incarico, ma aveva finito per provarci gusto. Partire da zero e rendere un mondo abitabile non era un'occasione che capitava a molti. L'indomani mattina avrebbe iniziato a fare piani per gli imprevisti. Di sicuro, il futuro riservava loro seri guai con i mecho per aver manomesso le loro macchine. Era probabile che avrebbero dovuto abbandonare hangar e stalle, quindi avrebbe fatto bene a organizzare ricognizioni per trovare altre caverne, dove nascondersi se i padroni del pianeta li avessero invasi. Inoltre, c'erano anche i catteni. Che avessero messo in orbita un satellite per spiarli? Per vedere se ci sarebbero stati contatti con razze dalla tecnologia avanzata che rivendicavano la proprietà del pianeta? Doveva controllare con Zainal. Mitford aveva il sospetto che fosse successo molto di più di quello che Zainal aveva riferito in quell'incontro con l'astronave degli emassi, ma lo rispettava troppo per fargli il terzo grado. Era un tipo onesto, e la gente cominciava a vederlo in quella luce; un altro fardello che Mitford si era tolto dalle spalle. Se gli emassi avevano in mente progetti ai danni di Botany, il sergente era sicuro che Zainal non gli avrebbe mentito. - Io scaricato, io resto - borbottò tra sé, e ridacchiò. Era contento di non aver dato retta a quelli che volevano il catteni morto. Invece, non era altrettanto felice che la Bjornsen avesse fatto coppia con lui. Lui stesso le aveva messo gli occhi addosso. Un leader aveva pochi privilegi. Dannatamente pochi.
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Sospettava che niente avrebbe modificato i piani dei cartóni per Botany. Era un luogo troppo comodo per scaricare tutti i dissidenti guastafeste che non riuscivano a tenere in pugno sulla Terra, e su Barevi. Bene, il possesso rappresenta i nove decimi della legge. Ma quale legge si applicava a Botany? Se avesse potuto, avrebbe applicato la sua personale. Stava diventando piuttosto bravo nell'arte di governare, e stava facendo una figura migliore di quanto l'avessero mai fatta sia Democratici sia Repubblicani. Oppure il loro destino era di trovarsi in mezzo a due razze dominanti... i misteriosi eosi e la moltitudine non ancora quantificata dei mecho? Poteva essere interessante. Poteva essere fatale. Bene, non era il momento di preoccuparsene. Si trovavano su un continente molto vasto. Doveva ricordarsi di fare scorta di fogli di corteccia, o di incaricare qualcuno di produrre carta. Occorrevano altre copie delle carte, geografiche e spaziali. In quella moltitudine non poteva non esserci chi sapeva come ottenere una carta decente! Frugò nel taschino, tirò fuori la striscia di corteccia che vi teneva e una delle matite più recenti e più sottili e prese un appunto. Ecco fatto! L'indomani avrebbe iniziato a studiare un piano per fronteggiare le invasioni. Avrebbe avuto l'occasione, come leader planetario, di trovarsi faccia a faccia con i rappresentanti delle due fazioni? Hmmm. Poteva forse convincerli ad accettare un compromesso? A consegnare il pianeta a lui. Una possibilità molto remota, ma Mitford rise della propria presunzione. Prima avrebbe dormito le sue sei ore, e avrebbe riposato la mente per affrontare i compiti che lo aspettavano. L'operazione punto-e-a-capo, come l'aveva denominata scherzosamente la mattina che aveva assunto il comando di quella accozzaglia eterogenea, stava entrando in una nuova fase, e lui avrebbe fatto meglio a essere pronto. Si girò di fianco, sprimacciò il cuscino imbottito di fibra e si addormentò.
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Il lancio era stato osservato. Si era preso nota direzione spaziale del siluro e il rapporto era stato trato a chi si occupava di questioni simili.
FINE
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della inol-