STUART PALMER UN DRAMMA NELL'ACQUARIO (The Penguin Pool Murder, 1931) Personaggi principali HILDEGARDE WITHERS insegnant...
8 downloads
408 Views
504KB Size
Report
This content was uploaded by our users and we assume good faith they have the permission to share this book. If you own the copyright to this book and it is wrongfully on our website, we offer a simple DMCA procedure to remove your content from our site. Start by pressing the button below!
Report copyright / DMCA form
STUART PALMER UN DRAMMA NELL'ACQUARIO (The Penguin Pool Murder, 1931) Personaggi principali HILDEGARDE WITHERS insegnante OSCAR PIPER ispettore di polizia ABRAHAM LINCOLN ZASHINGTON ISIDORE MARX scolari BERTRAND B. HEMINGWAY direttore dell'acquario PHILIP SEYMOUR avvocato GERALD M. LESTER agente di cambio GWEN LESTER moglie di Gerald MARIAN TEMPLETON segretaria di Lester BARRY COSTELLO avvocato 1 I pinguini danno l'allarme I primi a dare l'allarme furono proprio i due piccoli pinguini neri dell'acquario, che a un tratto, e senza ragione apparente, dettero segni di vivissima agitazione. Battevano le ali, si tuffavano rapidamente in fondo alla vasca, e le grida rauche e disperate che gettavano ogni volta che risalivano in superficie suonavano come un sinistro richiamo. All'improvviso, un lacerante urlo di donna rimbalzò contro le bianche pareti piastrellate dell'acquario e, ancor prima che se ne spegnesse l'eco, un omino macilento dal volto inespressivo, con una borsetta da signora in mano, si lanciò correndo verso l'uscita. Stava già per raggiungere le scale che davano accesso alle gallerie sotterranee dell'acquario, quando, in cima ai gradini, comparve l'uniforme grigia di un guardiano. L'ometto fece un rapido dietrofront e sgattaiolò in un corridoio laterale, poi, con uno scatto improvviso, cercò di guadagnare l'uscita, ma il guardiano, che non lo aveva perso di vista, lo inseguì. Vedendosi quasi raggiunto, il fuggiasco accelerò ancor di più la sua corsa precipitandosi verso l'uscita, ma qualcuno gli scaraventò un ombrello tra le gambe, facendolo cadere malamente. Andò a sbattere con la testa contro un pilastro e rimase lì disteso, immobile, mentre la gente accorreva da tutte le parti.
Ci fu un momento di grande confusione, di cui la signorina Hildegarde Withers (che al recente censimento risultava: stato civile, nubile; età, 39 anni; professione, insegnante) approfittò per riprendersi l'ombrello, che si mise sotto il braccio dopo averlo accuratamente spolverato con il dorso della mano. «Le sta bene!» esclamò contemplando con acuti occhietti azzurri il povero diavolo che giaceva inerte ai suoi piedi. Poi volse lo sguardo sulla folla. «Abraham!» chiamò. Da un gruppo di bambini che si alzavano sulla punta dei piedi per vedere meglio, si staccò un bambinetto di circa dieci anni. «Eccomi, signorina...» disse, facendosi avanti. «Presente, signorina!» «Raccogli la borsa e portala a quella signora laggiù» comandò la maestra, orgogliosa dell'impresa compiuta in presenza della sua classe, durante la visita scolastica all'acquario. Il ragazzo obbedì con sollecitudine, e la signora le cui grida avevano richiamato l'attenzione generale si profuse in ringraziamenti. «Mi sono accorta che cercava di tagliare i manici della mia borsa con una lametta» spiegò a chi voleva darle ascolto «poi me l'ha strappata di mano.» Nel frattempo il guardiano, ancora ansante, afferrato saldamente l'omino per il colletto, lo aveva rialzato mettendolo a sedere contro il pilastro. Quest'operazione ebbe come primo risultato quello di fare scivolare dalla tasca del ladro tre orologi d'oro che rotolarono a terra. «Ah!» esclamò il guardiano. «Un borsaiolo, eh?» «Proprio così» sentenziò la signorina Withers. «Su questo mi pare che anche una persona d'intelligenza mediocre non possa avere il minimo dubbio.» «In ogni modo l'abbiamo acciuffato» continuò il guardiano. «Ora non resta che chiamare la polizia.» «O l'ambulanza» interruppe la signorina Withers curvandosi sullo sconosciuto. «Ma...» aggiunse poi, sempre rivolta al guardiano «si muova, dunque. Non se ne stia lì impalato. Faccia qualcosa, diamine!» Il guardiano lasciò subito andare il prigioniero, che si accasciò a terra. «Non so precisamente che cosa prescriva il regolamento in simili casi» borbottò. «Il signor direttore è occupato, in questo momento, e poi so che certe faccende non gli piacciono.» «Ehi!» tuonò una sonora voce di basso che fece alzare tutte le teste. «Allora, che succede?»
Un agente di polizia, un vero gigante alto più di due metri, e grosso in proporzione, fece la sua comparsa. «Fate largo!» ordinò. Si avvicinò a passi lenti e maestosi, e rivolgendosi al guardiano: «Suvvia, Fink» continuò sullo stesso tono «parli, una buona volta. Di che si tratta? Questo tizio è forse ubriaco? Ha chiamato l'ambulanza?» «No, signor Donovan, non ancora, ma quest'uomo non ha preso una sbornia. È un borsaiolo che ho acciuffato poco fa.» Ad avvalorare le sue parole, Fink tese gli orologi al poliziotto, che li prese e li rigirò tra le mani osservandoli con aria diffidente. Poi si curvò sul prigioniero e, dopo averlo esaminato a lungo, trasse di tasca un taccuino, lo sfogliò lentamente e, giunto alla pagina che cercava, lesse ad alta voce: «McGirr, John. Alias Chicago Lew. Statura un metro e sessanta; peso, quarantasette chilogrammi. Ricercato dalla polizia di Detroit e di Chicago per furto e borseggio...» Si rimise il taccuino in tasca e aggiunse: «È proprio lui. Sono due mesi che l'aspettiamo al varco. Ma questa volta lo tengo.» «E il premio?» saltò su il guardiano. «Ce ne sarà certamente uno per l'arresto di quest'uomo. In tal caso lo reclamo. Ho i testimoni.» «Eh, via» replicò il poliziotto. «Sono io che lo arresto. Appartiene alla polizia, lei? Chi di noi due l'ha riconosciuto?» Dicendo così, si chinò di nuovo per sollevare da terra lo sconosciuto e già si accingeva a passargli il braccio intorno al corpo, quando Fink s'interpose. «Questo non cambia le cose, signor Donovan» protestò. «Lei può arrestare quest'uomo perché il caso ha voluto che si trovasse qui, ma è mio prigioniero, e se c'è un premio spetta a me.» «Finitela, dunque!» esclamò la signorina Withers avanzando con l'ombrello in mano. «Inutile che discutiate per una cosa che non spetta né all'uno né all'altro. Il premio, se c'è, tocca a me, poiché sono stata io a far cadere il ladro scaraventandogli quest'ombrello tra le gambe. Senza di me, se la sarebbe svignata.» Intanto i visitatori, agitati, reclamavano a gran voce la restituzione dei loro orologi. Il poliziotto li fece tacere. «Non si restituisce nulla, per adesso» brontolò. «Se volete riavere i vostri orologi, dovrete andare tutti al posto di polizia. Circolate.» Fink sembrava poco soddisfatto. «Ascolti» disse a Donovan «ho diritto per lo meno alla metà della ri-
compensa. Me la deve. Se non ci fossi stato io, costui starebbe ancora scappando. Non è giusto negarmela.» «Non avrà neppure un soldo, Fink. Lei era lontano mille miglia dall'immaginare che quest'uomo era ricercato dalla polizia.» «È una vergogna perdere tempo in queste discussioni» riprese la signorina Withers con voce severa. «Non vi siete neppure accorti che il vostro prigioniero si è ferito cadendo. A quest'ora dovrebbe già essere all'ospedale. Chissà, potrebbe essersi fratturato il cranio. Che diranno di voi i giornali, se muore mentre state litigando per pochi miserabili soldi! Andiamo, non potete lasciarlo qui, disteso sul pavimento.» Con gesto drammatico indicò con l'ombrello il punto in cui l'uomo giaceva. Ma rimase con il braccio a mezz'aria, perché... il borsaiolo era scomparso. Senza dubbio, durante la discussione, doveva essersi trascinato fin verso la porta, riuscendo così a prendere il largo. I presenti si guardarono stupiti. Donovan scrutava tutte le facce come se sperasse di ritrovare tra la folla il suo prigioniero. Poi, a un tratto, corse alla porta, gettò un'occhiata in strada, a destra e a sinistra, e tornò indietro a testa bassa. Nel frattempo la signorina Withers si dava da fare per rimettere in fila la sua allegra brigata. «È ora di andarcene, bambini» disse. «Isidore, è perfettamente inutile che cerchi di persuadere l'agente che uno di questi orologi ti appartiene, perché tanto lui che io sappiamo perfettamente che non è vero. Jimmy Dooley, finiscila di chiacchierare, dobbiamo andare...» Si interruppe. Macchinalmente, mentre parlava, stava cercando di rimettere in equilibrio il cappellino azzurro piantato sulla sua testa come il turacciolo di una bottiglia, ma dal gesto ricavò un'amara constatazione. «Il mio spillone!» esclamò. «Oh, ragazzi, ho perduto il mio spillone!» Con dita tremanti si tastò il cappellino continuando a lamentarsi: «Era la cosa più preziosa che avevo. Apparteneva a mia madre e aveva per capocchia una granata vera. Di sicuro me l'ha preso il ladro.» Donovan, che l'ascoltava stando sempre vicino alla porta, scosse il capo. «I borsaioli non rubano oggetti del genere, signorina» osservò «non saprebbero che farsene.» «Allora, se non è stato lui, chi ha potuto prendere il mio spillone?» «Signorina!» La mano rosea e graziosa di una bambinetta si alzò in mezzo al gruppo
dei compagni. «Che c'è, Becky?» «Stamattina, mentre venivamo qui, ho visto che lei aveva il suo spillone rosso, ma era fuori per metà... Forse sarà caduto.» «È possibile» ammise la signorina guardandosi intorno «ma mi pare inutile pregare questi signori in uniforme di cercarlo. Ricorrerò a voi, bambini, che avete gli occhi buoni. Guardate dovunque siamo passati durante la visita all'acquario. Chi lo ritrova avrà un premio.» «Quale premio, signorina?» domandarono tutti i bambini in coro. La signorina Withers rifletté un momento. «Che ne direste di un piccolo dizionario rilegato?» Il silenzio con cui fu accolta la proposta dimostrava così chiaramente la mancanza di entusiasmo che l'insegnante cambiò idea. «Ebbene» riprese «il premio sarà un biglietto per il cinema.» I bambini si lanciarono subito in tutte le direzioni, ma lei li richiamò. «No, no, non è questo il metodo buono» ammonì. «Bisogna che andiate per ordine, partendo dal punto da cui abbiamo cominciato la nostra visita questa mattina. Sono certa che ritroverete il mio spillone. A meno che» continuò, volgendo intorno sguardi sospettosi «qualcuno non lo abbia già raccolto...» Il gruppetto, seguito a pochi passi dalla vigile maestra, fece lentamente il giro delle gallerie fermandosi dinanzi a ogni vasca e vaschetta, a ogni vetrina davanti a cui la signorina Withers aveva dato loro spiegazioni scientifiche. Rividero così le anguille, i serpenti acquatici, le tartarughe, i coccodrilli, i ghiozzi, i pesci tropicali. Percorsero di nuovo tutto il vasto emiciclo, salirono alle gallerie superiori e ridiscesero senza aver trovato lo spillone. Ma quando furono giunti in fondo alla scala, il piccolo Abraham, deciso più degli altri a recuperare l'oggetto perduto, si mise carponi e quasi subito si rialzò con un grido di trionfo. Aveva ritrovato il lungo spillone d'acciaio dalla capocchia rossa, intatto. L'insegnante, prendendolo dalle mani del fierissimo Abraham Lincoln Washington, ricordò infatti d'essersi aggiustata il cappello prima di salire le scale, e mentalmente fece onorevole ammenda verso il borsaiolo che aveva creduto autore del furto. «Bravo, Abraham» disse affrettandosi a fissare al cappello il tesoro recuperato «avrai il premio promesso. E adesso, ragazzi, sbrighiamoci a rientrare. È quasi luna e dovete avere fame.» Mentre parlava, andava rapidamente contando le testoline brune e bion-
de che la circondavano: ne mancava una. «Isidore! Isidore!» chiamò. Nessuna risposta. Tese l'orecchio. La maggioranza dei visitatori se n'era andata e il silenzio regnava nell'acquario. Solo Fink e Donovan, a pochi passi dalla porta, continuavano a discutere a proposito della ricompensa, del resto ormai sfumata tanto per l'uno che per l'altro. «Isidore! Isidore Marx!» chiamò di nuovo a gran voce l'insegnante. «Sì, signorina!» Il bambino si era attardato a contemplare i pinguini, accovacciato sotto la scala. «Andiamo, Isidore. Fa' presto, siamo già molto in ritardo.» Ma Isidore non si muoveva. Era rimasto con il naso schiacciato contro la parete di vetro che lo separava dagli uccelli neri. «Guardi, signorina» disse «in che modo buffo si tuffano queste anatre.» «Isidore, ti ho già detto e ripetuto che non si tratta di anatre, ma di pinguini originari delle isole Galapagos, che si trovano presso la costa occidentale dell'America centrale. Andiamo, vieni.» Il ragazzo non voltò neppure la testa. «Sembrano arrabbiati» riprese. «Vede con quanta agitazione si tuffano e risalgono?» La signorina Withers era molto paziente, e inoltre l'aver ritrovato il caro spillone la disponeva alla più ampia indulgenza, ma Isidore cominciava proprio ad abusarne. Si fece avanti brandendo minacciosamente l'ombrello, e stava già per afferrare il bambino per un braccio quando, proprio in quel momento, scorse qualcosa che la bloccò. I piccoli pinguini neri si comportavano in modo molto strano. Nuotavano freneticamente facendo il giro della vasca e gettavano grida rauche puntando il becco verso l'angolo più buio del loro domicilio, cioè proprio sotto la scala. Certo dovevano avere qualche ragione per agitarsi così. La signorina Withers pulì le lenti degli occhiali e guardò attentamente. Sì, laggiù, sotto la volta, c'era una massa informe che a un tratto cadde nell'acqua. La lieve corrente, spingendola verso i condotti di scarico, la fece avanzare verso l'orlo della vasca. I pinguini si dibattevano intorno alla massa segnalandone con le loro funebri grida l'orribile natura, e la signorina Withers vide finalmente... Vide una faccia che galleggiava qualche centimetro sotto la superficie, una faccia cadaverica che veniva lentamente verso la luce, e dal cui orec-
chio destro colava un lungo e sottile filo di sangue che a poco a poco si diluiva nell'acqua. 2 Il borsaiolo muto L'ufficio del signor Bertrand B. Hemingway, direttore dell'acquario, si trova a sinistra dell'ingresso principale. Situato com'è alla base dell'emiciclo formato dal corpo dell'edificio, prende luce da due grandi finestre di cui una dà sulla zona bassa di Manhattan, l'altra sulla banchina. Due porte a vetri lo mettono in comunicazione diretta con la grande sala del museo. Quel giorno, un po' prima dell'una pomeridiana, tre persone si trovavano riunite nell'ufficio. Il direttore mostrava gli esemplari rari della sua collezione a Gwen Lester e a Philip Seymour. Gwen Lester era una di quelle donne che per la bellezza, il contegno, lo sguardo suscitano un profondo turbamento nel cuore degli uomini. La seduzione che esercitava era indefinibile; possedeva un fascino irresistibile e, dovunque andasse, attirava tutti gli sguardi. I due uomini che s'intrattenevano con lei quel giorno non sfuggivano al sottile incantesimo. Dal canto suo la giovane signora, seduta sull'orlo della seggiola, appariva visibilmente distratta, e tuttavia fingeva di interessarsi alle spiegazioni del direttore, domandandosi dove mai potesse aver incontrato quell'ometto ridicolo che si dava un così gran da fare e sembrava conoscerla così bene. Senza dubbio in casa di Athelea, che aveva la mania di invitare esploratori, artisti e ogni sorta di gente incredibile; non ricordava esattamente, ma certo quella voce aspra e nervosa non le era nuova. In quel momento, peraltro, le riusciva difficile concentrarsi. La sua sola preoccupazione era di trovare un pretesto per congedarsi e andare via, ma non ci riusciva. Anche il suo compagno, Philip Seymour, sebbene possedesse un maggior controllo, mostrava la stessa malcelata impazienza: con la coda dell'occhio guardava Gwen, pur fingendo di seguire attentamente le spiegazioni dello scienziato. «Ecco un esemplare arrivato ieri» stava dicendo Hemingway. «Questo, signora, è il famoso pesce Gyppi. Osservi la tinta delicata delle pinne caudali e il giallo arancione del ventre.» «Com'è grazioso» si sforzò di commentare Gwen. Di tanto in tanto accavallava nervosamente le gambe, prendeva una Camel, la fumava, ne
prendeva un'altra subito dopo e lasciava cadere la cenere sulle ginocchia. I suoi occhi ansiosi erano fissi intensamente in quelli di Seymour. «È molto interessante» disse alla fine «ma ora bisogna che...» «Guardi» proseguì il direttore, tutto preso dall'argomento «guardi come questa piccola Gyppi descrive un cerchio nuotando.» La giovane signora tentò di concentrare l'attenzione sulla vaschetta di vetro in cui un pesciolino rosso, dagli occhi strabici, nuotava in circolo senza fermarsi mai. «È una femmina» spiegò Hemingway in tono solenne. «Sicuramente penserà che si senta sola, senza il suo compagno, lasciato in qualche lontano fiume. Ebbene, non è così.» E picchiando trionfalmente con il dito sulla parete di cristallo, lo scienziato continuò: «Per questa specie di pesci la stagione degli amori volge alla fine. Non più tardi di stamattina, questa Gyppi nuotava insieme al compagno. Ora è sola, per la buona ragione che poco fa, mentre stavo preparando un'altra vaschetta per separarli, se l'è mangiato... L'ha inghiottito tutto, dalla testa alla coda. Nel nostro paese una donna, quando è stanca del marito, ricorre indifferentemente al divorzio o alla rivoltella. Ma nella famiglia dei Gyppi, la signora non si serve che dei suoi denti.» Il direttore rise della propria facezia, ma Gwen Lester balzò in piedi. Capì di essere impallidita e si volse dall'altra parte. Seymour l'ammonì con una rapida occhiata. «Come, ve ne andate di già?» protestò Hemingway. «Che peccato. Capita così di rado l'occasione di mostrare le nostre scoperte scientifiche a persone che se ne interessano sul serio. Se fossi stato avvertito della vostra visita, oltre a far preparare nuovi esemplari vi avrei mostrato gli animali delle vaschette.» Queste ultime parole fecero trasalire lievemente Seymour, circostanza che Hemingway doveva ricordare soltanto più tardi. Per il momento continuò: «Spero che tornerà presto, signora, e anche lei, signor Seymour. Signora Lester, la prego di ricordare a suo marito la visita che mi ha promesso. So bene che è molto occupato, ma...» Fu interrotto dal guardiano Fink che, senza neppure bussare, si precipitò nella stanza come un bolide. «Signor direttore!» esclamò. «C'è un uomo... un uomo nella vasca dei pinguini!» «Quante volte le ho detto, mio caro, di non venirmi a disturbare mentre ho visite?» disse il direttore in tono di rimprovero. «Che diamine fa un vi-
sitatore nella vasca dei pinguini? Come ci è entrato? Lo faccia uscire subito. Non voglio gente nella vasca dei pinguini.» Fink lo guardò con aria inebetita. «Ma signore... quell'uomo è morto.» Il direttore lasciò cadere vaschetta e pesce, cercò gli occhiali e si precipitò fuori dall'uscio, con Fink alle calcagna. Gwen e Seymour si scambiarono un lungo sguardo, poi a loro volta si mossero dietro il direttore. Alcuni curiosi invadevano i corridoi, dirigendosi verso la vasca dei pinguini. «Faccia uscire tutti» ordinò Hemingway. «Telefoni subito perché venga mandata un'ambulanza.» Una donna alta, con un inverosimile cappellino azzurro in testa, si drizzò davanti al direttore spaventato. «La polizia è già stata avvertita» disse con tono autoritario «e invece di mandare via tutti, giovanotto, sarebbe meglio che facesse chiudere le porte, tanto per impedire ai curiosi di entrare quanto per evitare che i presenti se la svignino.» Hemingway obbedì macchinalmente. Fink ricevette l'ordine di non far passare che gli agenti o i funzionari di polizia. «E adesso» disse poi il direttore «che cosa bisogna fare?» «Ecco» riprese la signorina Withers, che sembrava essersi assunta l'incarico di assicurare l'ordine e di procedere a una prima inchiesta «è necessario sapere, prima di tutto, da che parte si può raggiungere la vasca.» Gwen Lester diede un'occhiata al compagno, ma questi guardava fisso la porta indicata da Hemingway. Sulla porta era scritto ACCESSO VIETATO AL PUBBLICO. «Questa è l'unica via d'accesso. È sempre chiusa a chiave» spiegò il direttore «eccetto quando un inserviente deve sbrigare qualche faccenda all'interno. Bisognerebbe andare a vedere...» La signorina Withers si intromise. «Non toccate nulla» disse. «Spetta alla polizia il compito di procedere alle indagini. In quanto a quell'uomo, non c'è più nulla da fare: è chiaro che è morto.» Sì, era chiarissimo, infatti, e Gwen Lester stessa, alzandosi sulla punta dei piedi per guardare al di sopra delle spalle di coloro che aveva davanti, ne ebbe la certezza fin dalla prima occhiata. I due piccoli pinguini, spaventati dalle voci, se l'erano battuta al di là del bordo della vasca ed erano scomparsi, sebbene le loro grida lugubri non
cessassero di scuotere i nervi degli spettatori. Il morto continuava a galleggiare e, seguendo il movimento dell'acqua, faceva lentamente il giro della vasca. Era un uomo di circa trent'anni, piuttosto grasso. I capelli bruni, un po' lunghi, avevano assunto ondulazioni simili ad alghe sulla superficie dell'acqua. Gwen fissava con orrore il volto pallido, il volto di Gerald, suo marito, che le sembrava ora così insulso e senza espressione, così diverso da quello che era stato... quando? Molto tempo prima, o solo pochi istanti? Non avrebbe saputo dirlo. Strinse il braccio del compagno che, pallidissimo, non poteva distogliere gli occhi dal tragico spettacolo; e, come in un sogno, mosse le labbra mormorando: «Oh, Philip, che cosa abbiamo fatto...» La frase risuonò chiara tra il brusio confuso della folla. A Gwen parve che tutti si accostassero a lei, stringendola fin quasi a soffocarla. Chiuse gli occhi e cadde svenuta ai piedi della parete di cristallo che la separava dal morto. Quando tornò in sé si trovò ancora distesa a terra, ma qualcuno le sollevava la testa. Aprì gli occhi e scorse il più bel viso d'uomo che avesse mai visto. Lo sconosciuto le stava versando tra le labbra un liquore che le bruciava la gola. «Va meglio adesso, vero, signora?» le domandò. «Avanti, cerchi di mandarne giù un altro sorso... Ecco, così va bene. Non si muova.» Dall'estraneo emanava qualcosa di così seducente e simpatico che Gwen si abbandonò senza timore alle cure che le prodigava. Non pensare più, non cercare di ricordare... Rimanere così, con la testa appoggiata sulla mano tiepida di quel buon samaritano dagli occhi azzurri e dalla fronte coperta di ribelli riccioli neri... La calma momentanea fu presto interrotta da una voce decisa. La signorina Withers vegliava. «Giovanotto» disse «se non la finisce di far ingurgitare porcherie a questa povera donna, ci saranno tra breve due morti da deplorare, invece di una.» Gwen alzò gli occhi, e per la prima volta scorse il volto angoloso della signorina Withers. Dietro di lei avanzava un poliziotto in uniforme, tenendo un bambino per mano. Era il grosso Donovan, più imponente e più solenne che mai. «Fra poco arriverà l'ispettore» annunciò gravemente. «Per il momento rappresento io l'autorità. Questo marmocchio mi dice che qui c'è un morto.
Dov'è? Ah, laggiù. Nell'acqua? Mostratemi subito da che parte si entra. Mi serve qualcuno che mi aiuti a tirare fuori il cadavere.» Percorse la folla con lo sguardo, ma nessuno si offrì. Allora, scorgendo l'uomo che assisteva Gwen Lester, si rivolse a lui dicendo: «La prego, signore, vuole accompagnarmi?» Lo sconosciuto aiutò Gwen a rialzarsi. «Si sente meglio, vero?» disse con voce calda e carezzevole. «Sono costretto a lasciarla per dare una mano all'agente, ma si ricordi che sono a sua disposizione. Mi chiamo Barry Costello.» Gwen lo ringraziò con lo sguardo, poi, mentre l'uomo si allontanava, raccolse le proprie forze e, a fianco della signorina Withers, si diresse verso la porta riservata. L'uscio immetteva in un corridoio stretto e buio cui si accedeva salendo tre gradini, tutto ingombro di tubi e di rubinetti che servivano alla distribuzione dell'acqua nelle vasche. Donovan e Barry Costello comparvero quasi subito sul bordo della vasca in cui affiorava il cadavere. Un cappello da uomo galleggiava a poca distanza. Mentre l'agente posava cautamente il piede sui gradini della scaletta di ferro che conduceva al rifugio dei pinguini, il direttore si affannava a spiegare che la porta rimaneva sempre chiusa a chiave "come prescrivevano i regolamenti". «I pinguini» soggiunse «erano stati messi provvisoriamente qui proprio oggi dal mio assistente, Olaavson, perché dovevano venire gli operai a pulire la grande vasca centrale. Probabilmente, quando è andato a fare colazione, avrà dimenticato di chiudere la porta.» L'agente Donovan si era intanto rimboccato le maniche. «Andiamo» disse, rivolgendosi a Costello. I due uomini si distesero sullo stretto bordo della vasca e, tenendosi con una mano ai gradini di ferro, riuscirono ad afferrare il cadavere per un lembo della giacca. Lo attirarono verso di loro, lo sollevarono e lo distesero sul pavimento del corridoio. «La bottiglia del cordiale, presto» ordinò l'agente. «Bisogna seguire le prescrizioni del regolamento» continuò, mentre cercava di introdurre qualche goccia tra le labbra serrate del morto. «Mi aiuti a praticare la respirazione artificiale.» «A che scopo?» chiese l'altro rabbrividendo. «Gli ordini sono ordini» rispose il poliziotto. «Se non intende farlo spon-
taneamente, le ordino di aiutarmi. Del resto, non è una cosa difficile. Ce l'hanno insegnato alla scuola di polizia. Si deve premere sulle costole con un movimento ritmico. Qualche volta si riesce a rianimare un individuo che è stato in acqua anche un'ora.» Costello fece una smorfia. Senza dubbio avrebbe preferito tornare dalla graziosa donna che era svenuta, ma non protestò e, sotto lo sguardo severo della signorina Withers, i due uomini inginocchiati cominciarono a eseguire a turno la ginnastica respiratoria per la rianimazione. Qualche minuto dopo, un uomo alto e magro, che indossava un ampio cappotto svolazzante, si fece strada tra la folla radunata davanti alla porta. Aveva l'aspetto di un vecchio giornalista. La signorina Withers osservò che il labbro inferiore, un po' cascante, gli dava un'espressione imbronciata, e dentro di sé lo paragonò a uno scolaretto poco intelligente. Ma la voce che risuonò chiara e vibrante era quella di un capo, e non certo quella di un ragazzino. «Donovan! In nome di Dio, cosa pensa di fare?» L'agente si rialzò subito e salutò militarmente. «Buongiorno, ispettore Piper. Cercavo di rianimare quest'uomo, come impone il regolamento.» «Uhm» borbottò l'ispettore. «È un posto molto strano per annegarsi.» Alzò la testa, percorse con lo sguardo la serie di vasche e il groviglio dei tubi, quindi si soffermò a considerare con curiosità un raggio luminoso che filtrava attraverso una fessura della vetrata opaca del lucernario. «Si sa chi è?» chiese poi a Donovan. La signorina Withers rispose per prima: «È un certo signor Lester, agente di cambio. Lo ha riconosciuto il direttore, che è qui presente» aggiunse indicando Hemingway. «Ah, il direttore. Direttore di che?» Hemingway si presentò. «Sono Hemingway, dottore in scienze» disse «e direttore dell'Acquario di New York. Si tratta effettivamente del signor Lester, agente di cambio. Probabilmente era ubriaco, oppure lo avrà colto un malore improvviso ed sarà caduto nella vasca.» «Lo conosceva bene? Era un suo amico?» «No, un amico no. Lo vedevo di rado. Non sapevo neppure che fosse qui.» «Beh» riprese il poliziotto «mi sembra che questo signor Lester abbia una contusione al mento e sia stato anche colpito alla nuca.»
«Mi ero già accorta delle ferite» intervenne la signorina Withers. «Ecco perché l'ho fatta chiamare.» «Va bene» continuò l'ispettore Piper rivolgendosi al direttore. «È molto verosimile che si tratti di un delitto, e in tal caso ho il diritto di richiedere la sua assistenza. Prenda un agente e faccia sfilare tutti i presenti. Prenda soltanto nome e indirizzo di ognuno dei curiosi che sono entrati qui dopo la scoperta dell'incidente. Poi lasci pure che se ne vadano. In quanto a quelli che si trovavano già all'interno dello stabilimento, li riunisca in una sala qualunque. Devo rivolgere loro alcune domande.» Uno degli agenti posò la mano sul braccio di Gwen che, ancora stordita, dovette appoggiarsi a lui per poter camminare. Philip, scortato a sua volta, la precedeva di qualche passo. Le parole che le erano sfuggite risuonavano ancora nella mente affaticata di Gwen. Cominciava a rendersi conto che la sua frase, che poteva essere interpretata come una sentenza di morte, era stata udita da tutti. Ma perché Philip non parlava? Perché evitava il suo sguardo? La signorina Withers, dal canto suo, avanzava con passo fermo; di tanto in tanto portava la mano al cappello per assicurarsi che il caro spillone fosse al suo posto. Le altre persone parlavano fra di loro o se ne uscivano con esclamazioni indignate. Poco dopo, si trovavano tutti riuniti nell'ufficio del direttore. Gwen rivide le tre sedie dove Hemingway, il suo compagno e lei erano stati seduti qualche istante prima, e i cocci della vaschetta del pesce Gyppi. L'ispettore Piper entrò per ultimo. Mise uno dei suoi uomini di guardia alla porta, con la consegna di non lasciar entrare né uscire nessuno, eccettuato il medico legale, dottor Bloom, che, giunto proprio allora, stava esaminando il corpo. Una quindicina di persone, tra uomini e donne, si trovavano dunque nella stanza: Fink, cui un collega aveva dato il cambio all'ingresso principale, stava davanti alla finestra, a sinistra; la signorina Withers, ritta in un angolo, aspettava mantenendo un contegno; Hemingway andava e veniva nervosamente fra i gruppetti. Quando comparve Gwen, non c'erano più sedie libere. Piper andò difilato verso Philip Seymour. «Se confessa immediatamente» disse senza preamboli «risparmierà a tutti molte noie. Ciò che è accaduto è chiaro come la luce del giorno, signor Seymour. Si è sbarazzato del marito, non è vero? Lo sappiamo bene: le parole che la signora Lester ha pronunciato lo provano esaurientemente.
Avanti, parli.» Seymour scosse il capo. «Non sono colpevole dell'assassinio, ispettore. Sono disposto a dire tutto. Benché sia una brutta faccenda, pure non è così orribile come crede. Mi sono scontrato con Gerald Lester, è vero, ma...» «Oh, quanto a questo, lo credo» interruppe il funzionario. «Si è scontrato con lui e lo ha tenuto con la testa sott'acqua, finché la morte non è sopraggiunta. Lo sappiamo, e sappiamo anche perché l'ha fatto. Si tratta di un delitto passionale. Ama la signora Lester e ne ha ucciso il marito. È semplice. Ma ha agito da solo o con l'aiuto della signora?» «Sono avvocato, ispettore» rispose Seymour senza alzare la voce «e non commetterò la sciocchezza di perdere il sangue freddo. Inutile dunque cercare di intimidirmi. Ripeto che non ho ucciso Lester. Se è morto, non può essere stato che per un incidente.» «A chi vuole darla a intendere? È stato proprio lei ad assassinarlo, e confesserà subito. L'ha ucciso con le sue mani, Seymour, e credo che voi due vi siate accordati per condurlo là. Del resto, se la signora Lester sia o no implicata, si scoprirà in seguito. Andiamo, un po' di sincerità.» «Le assicuro...» In quel momento Gwen sentì che le gambe le si piegavano. Un terrore invincibile la invase. Temeva per la sua vita, per il suo bel corpo delicato. Aveva paura della fredda cella, delle sbarre di ferro; e tutto il suo essere fremette di spavento al pensiero della sedia elettrica... Qualcuno la fece accomodare su una cassa e si inchinò profondamente davanti a lei. Era Costello. «Sono avvocato, signora» le sussurrò all'orecchio «e se ha bisogno dei miei consigli...» Un'occhiata irritata dell'ispettore impedì a Gwen di rispondere, ma la sua spalla rimase appoggiata al braccio del difensore improvvisato. Seymour stava ripetendo con fermezza i suoi dinieghi, quando la porta si aprì bruscamente. Un giovane dai capelli biondi lunghi e scompigliati, con un paio di grossi occhiali rotondi, comparve sulla porta tenendo vigorosamente per il collo un ometto dal viso scialbo e insignificante, che si dimenava come un burattino disarticolato. Da tutte le parti si udirono esclamazioni e grida di stupore, ma l'ispettore Piper reclamò il silenzio. «Che cosa vuole?» domandò al nuovo venuto. «Chi è lei?» «Sono Olaavson» rispose l'altro sorridendo svagato «e porto al direttore questo tizio. L'ho trovato nascosto dietro i serbatoi superiori. Credo che
volesse rubarmi la mia invenzione.» «Ma chi è, insomma, e che cosa faceva anche lei dietro i serbatoi?» insisté l'ispettore con severità. Hemingway rispose per lui: «È il mio assistente. Da parecchi mesi lavora a migliorare il sistema di filtraggio delle acque che circolano nelle vasche. Non ho pensato a segnalarle la sua presenza nelle gallerie superiori, ma lo conosco bene e posso garantire per lui.» «Ero talmente assorto nel mio lavoro che ho dimenticato di andare a fare colazione» rispose Olaavson. «Ho udito un lieve rumore dietro di me e ho visto quest'insetto di cui nulla giustificava la presenza. L'ho interrogato, e siccome mi pareva che cercasse di farmela, l'ho preso per il collo e l'ho trascinato fin qui.» Il giovane scienziato lasciò andare l'ometto, che si accasciò a terra come uno straccio. «È il ladro di orologi!» esclamarono insieme il guardiano e la signorina Withers. «È Chicago Lew.» Il borsaiolo aprì un occhio, e Piper si curvò su di lui. «Si nascondeva, eh? Ha qualcosa da dire? La polizia la conosce bene, sa, ma se può darci qualche informazione parli subito, e ne sarà tenuto conto. Forza.» Chicago Lew guardò prima l'ispettore, quindi i presenti, e sorrise stupidamente. Poi, siccome Piper lo scuoteva per farlo parlare, aprì la bocca, ma non ne uscì che un orribile miscuglio di suoni rauchi, brevi, inarticolati, che sembravano far eco al sinistro richiamo dei pinguini. Per la seconda volta nella giornata, il borsaiolo crollò a terra e rimase disteso immobile, quasi senza respiro. Nel silenzio che seguì, si udirono da lontano le cupe strida dei due pinguini neri. 3 Una confessione prematura «Portatelo via e mettetelo al fresco» ordinò l'ispettore Piper. «Più tardi si vedrà se è davvero muto.» Donovan e un altro agente presero ciascuno il borsaiolo per un braccio e lo trascinarono fuori. «Lo conosco bene» osservò Donovan sul punto di varcare la soglia «e non credo che fosse muto prima di andarsi a nascondere dietro i serbatoi. Ora, invece, sembra voglia far concorrenza ai pinguini...»
Così dicendo uscì, e ci fu un nuovo, lungo silenzio. «Ho ancora parecchie domande da fare» riprese Piper. «Chi ha scoperto il cadavere?» «Io» rispose la signorina Withers, facendosi avanti. «Continui pure, giovanotto.» Sentirsi chiamare giovanotto da una donna press'a poco della sua età non andò molto a genio all'ispettore, ma non lo fece capire. «È stata la prima a vederlo?» chiese. La signorina Withers fece un cenno affermativo. «Era sola?» «No, ero insieme ai miei allievi. È stato appunto uno di loro ad attirare la mia attenzione sul corpo che galleggiava nell'acqua. Poi, senza che io abbia potuto impedirlo, tutti gli altri si sono precipitati intorno al parapetto della vasca.» «Ah» disse Piper annoiato «e dove sono adesso i suoi allievi? Credevo di aver dato l'ordine di non lasciar uscire nessuna delle persone che si trovavano nell'acquario al momento del rinvenimento del corpo. Perché ha permesso che tornassero a casa?» «Permesso? Eh, signor ispettore, ha un bell'appartenere alla polizia, ma si vede bene che non conosce i bambini. Finché ho cercato di allontanarli da quel macabro oggetto di curiosità sono rimasti inchiodati sul posto, ma appena è stato dato l'ordine di non uscire, sono filati via più presto che hanno potuto. Inoltre era ora di pranzo. Non si preoccupi, giovanotto, li ritroverà tutti nella mia classe, in qualsiasi giorno della settimana.» «D'accordo. Adesso mi dia il suo nome e cognome.» «Hildegarde Martha Withers.» «Indirizzo?» «Settantaseiesima Strada Ovest, numero 11. Abito in un appartamento insieme ad altre due insegnanti.» «Occupazione?» «Occupazione? Al momento rispondo a domande stupide. Le ho già detto, giovanotto, che sono un'insegnante.» «Che cos'è venuta a fare qui, oggi?» «A tenere una lezione di storia naturale ai miei allievi, ai quali, almeno una volta all'anno, facciamo visitare l'acquario.» «Conosceva il defunto?» «L'ho visto oggi per la prima volta.» «Che ora era?»
«Circa l'una dopo mezzogiorno.» «Ci dica quello che ha visto e quello che ha fatto.» «Uno dei miei allievi, Isidore Marx, aveva richiamato la mia attenzione sul bizzarro comportamento dei pinguini, e proprio in quel momento ho visto un corpo cadere in acqua. Allora ho fatto chiamare la polizia, che è arrivata solo dopo un quarto d'ora.» «Crede che durante questo tempo qualcuno abbia potuto uscire dal passaggio interno e fuggire senza essere visto?» «Impossibile, ispettore. Fino al suo arrivo sono rimasta io stessa di sentinella davanti a quella porta.» «Uhm, lei è molto decisa nelle sue affermazioni. Non ha osservato nulla che possa gettare un po' di luce su questa storia?» «Nulla... eccettuate le parole che la giovane signora ha pronunciato quando ha visto il cadavere di suo marito. Ha gridato, come del resto sa già anche lei: "Che abbiamo fatto!".» «Non ha notato, per caso, l'espressione di Seymour nel momento in cui è arrivato davanti alla vasca, in compagnia del direttore? Ci pensi bene.» «Sì, l'ho notata. Nella mia professione si diventa osservatori, e non c'è niente di più rivelatore e di più mutevole del viso di un fanciullo o di un uomo. Ebbene, il signor Seymour mi è sembrato dapprima spaventato e...» «E che cosa?» «E sorpreso, sì, dolorosamente sorpreso; sono le parole che descrivono bene la sua espressione.» La signorina Withers si interruppe un secondo. «Signor ispettore» aggiunse poi «se desidera proprio saperlo, l'espressione non era quella di un colpevole.» «I grandi delinquenti non hanno mai un viso da colpevoli, fuorché nei romanzi» ribatté l'ispettore «ma qui la faccenda è fin troppo semplice. Siamo in presenza dell'eterno triangolo: la bella donna oziosa, il marito preso negli affari, e il bel giovanotto...» Con le mani dietro la schiena passeggiò avanti e indietro, apparentemente immerso in profonda meditazione. «Per il momento basta, signorina Withers» riprese poi. «Le chiederò di ripetere la sua deposizione davanti a uno stenografo.» Bruscamente si rivolse a Philip Seymour. «A lei, adesso.» Il giovane avvocato, pallidissimo ma molto calmo, fornì le proprie generalità: «Philip Seymour, iscritto all'albo degli avvocati dello Stato di New York dal 1926, socio dello studio Billings & Seymour. Domicilio, Tudor City.»
«Conosceva il defunto?» «Appena. Ho assistito al suo matrimonio con Gwen... voglio dire con la signora Lester, qualche anno fa, ecco. A giugno saranno esattamente quattro anni.» «E non l'aveva più rivisto? Sembrerebbe molto strano, se non ne comprendessimo il perché.» Seymour strinse i pugni, ma dominando la collera rispose: «Non cerchi di farmi perdere le staffe, ispettore. Non ho nulla da nascondere. Ho amato Gwen Lester, è vero. Si è sposata con un altro. Era suo diritto. Da allora non l'ho rivista che stamattina.» «Pensa forse che le creda?» «Che mi creda o no, non ha importanza, ma è la verità.» «Già... E così, dopo quattro anni di dolorosa separazione, vi siete dati appuntamento in un luogo così poco poetico come un acquario. Eh, caro signore, la dia a bere a qualcun altro.» Seymour scosse la testa. «La prego» riprese «permetta almeno che mi spieghi. Questa mattina, appena arrivato in ufficio, che è dalle parti di Broadway, non molto lontano da qui, sono stato informato che la signora Lester, dopo aver telefonato due volte, aveva lasciato il suo numero. Niente di più naturale che mi sia affrettato a richiamarla. Mi ha detto che gravi dispiaceri la angosciavano, e infatti parlava con voce rotta. Ho indovinato subito la causa delle sue angosce, poiché tutti sapevano che fra i coniugi Lester non regnava l'armonia. Per farla breve, ha espresso il desiderio di vedermi per chiedermi un consiglio.» «A proposito di che?» «Del suo divorzio. Suo marito, oltre a essere stupidamente geloso, era anche brutale.» «Il suo studio legale è dunque specializzato in cause di divorzio?» «No, ma quando si presenta l'occasione ce ne occupiamo.» «Perché la signora Lester non è venuta nel suo studio, come una cliente qualsiasi?» «È appunto quel che le ho proposto subito, ma non ha voluto saperne. Era ossessionata dal timore di ciò che avrebbe potuto fare il marito, se lo avesse saputo. Sembra che, dopo le gravi perdite subite durante la recente crisi finanziaria, Lester fosse diventato più diffidente e tirannico che mai. Per questa ragione Gwen ha rifiutato anche di darmi appuntamento in un ristorante. Allora ho pensato all'acquario, che non è lontano dal mio uffi-
cio, immaginando che verso mezzogiorno non dovesse essere troppo affollato. Inoltre era poco probabile che a un agente di cambio, oberato dagli affari, saltasse in mente di andarci. Ci siamo dunque incontrati qui, a mezzogiorno, e la signora Lester mi ha confidato i suoi dispiaceri e le sue delusioni.» Piper si voltò verso Gwen Lester. «Conferma quel che ha detto il signor Seymour?» chiese. Gwen interrogò Costello con lo sguardo e, dopo aver avuto da questi un cenno affermativo, rispose di sì. «Scusi» disse allora l'ispettore, rivolgendosi al difensore improvvisato «non ho l'onore di conoscerla, ma vorrei sapere in quale veste assiste la signora con i suoi consigli.» «In veste d'avvocato, ispettore. Le ho offerto i miei servigi, che sono stati accettati.» «Allora aspetti di essere davanti alla corte» replicò Piper, gravemente. «Per il momento passi dall'altra parte.» Costello fece un inchino e si ritirò in un angolo. «Continui, Seymour» disse l'ispettore. «In che punto dell'acquario si è intrattenuto con la signora Lester?» «Abbiamo passeggiato qua e là, come normali visitatori. Non c'era quasi nessuno. Il disastro si è verificato verso mezzogiorno e mezzo, quando tutta un tratto Gerald Lester è comparso davanti a noi. Ci trovavamo in quel momento quasi in fondo al viale, davanti alla vasca dei pinguini che si prolunga fin sotto la scala. Forse, in quel momento, eravamo un po' troppo vicini l'uno all'altra, ma il fatto è che Lester ha creduto a un appuntamento galante. Non so davvero come gli sia stato possibile scovarci, a meno che non abbia fatto pedinare sua moglie. Per dirla in poche parole, mi ha apostrofato violentemente accusandomi di ogni colpa immaginabile, dalla distruzione della sua unione coniugale al...» «Alla seduzione, immagino» interruppe l'ispettore. Philip guardò Gwen: questa volta fu lei ad abbassare gli occhi. «Naturalmente» disse l'avvocato. «Il che è falso, non è vero?» chiese Piper con ironia. «È falso e la prego, ispettore, di essere così cortese da fingere per lo meno di crederlo.» «Eh» sospirò Piper. «Se non ci fossero tante persone che si accusano reciprocamente, potrei osservare un po' di più le regole della cortesia.» Queste parole potevano passare per una scusa.
«Gerald Lester» riprese Seymour «ha fatto minacce assolutamente odiose, poi, senza alcun preavviso, mi si è avventato contro. Era molto forte a calcio, quando eravamo all'università, ma io lo superavo nel pugilato. Ho schivato facilmente il suo primo attacco e sono riuscito a colpirlo mentre tornava alla carica. In qualche secondo l'ho messo fuori combattimento. Ho fatto segno a Gwen di non gridare...» «Bene, continui.» «Per caso non ci aveva visto nessuno; ci trovavamo quasi sotto la scala e la lotta era durata soltanto pochi secondi. Ma in qualsiasi momento poteva venire gente: il guardiano era vicino alla porta d'ingresso, e dalle gallerie superiori provenivano voci di bambini. Mi sono guardato intorno e ho visto che il passaggio interno era socchiuso. In simili circostanze non si perde tempo a pensare. Dovevo convincere Gwen ad allontanarsi prima che suo marito si riavesse e che scoppiasse lo scandalo, così mi è venuta l'idea di nascondere il mio avversario, svenuto, dietro quella porta.» Seymour si fermò un secondo per riprendere fiato, e nel silenzio che seguì si udì stridere una penna. «Che cos'è questo rumore?» chiese l'ispettore. «È la mia penna stilografica» rispose la signorina Withers. «Sto stenografando il racconto del signor Seymour, nel caso le possa essere utile.» Piper alzò le spalle. «In fondo, non è una cattiva idea» disse. «E poi, Seymour?» «Ho pregato Gwen di andare ad aspettarmi all'uscita. Sapevo già che suo marito avrebbe ripreso i sensi dopo qualche minuto, quanto mi bastava per mettermi d'accordo con lei che, com'è naturale, non poteva rientrare direttamente a casa. Ho preso Lester per le spalle, l'ho trascinato fin nello stretto corridoio cui dà accesso il passaggio e l'ho lasciato là. Allora...» «Allora» interruppe l'ispettore Piper «glielo dirò io quello che ha fatto, Seymour. Ha riflettuto di avere in suo potere questo marito imbarazzante. Ha sperato insensatamente che la sua morte potesse passare per accidentale, essere attribuita a una vertigine, a ubriachezza o a qualche cosa di simile. In ogni caso lo ha trascinato qualche centimetro più in là e gli ha messo la testa sott'acqua, mantenendovela finché l'asfissia non è stata completa. Lei» la voce dell'ispettore risuonava sempre più dura, severa e implacabile «ha assassinato un uomo svenuto, privo di difesa.» Il giovane avvocato non batté ciglio. «No» rispose con fermezza «no, non ho ucciso Gerard Lester. Se è stato trovato in acqua è perché ci è caduto accidentalmente, o qualcun altro ce
l'ha gettato. Quando l'ho lasciato era ancora svenuto, ma cominciava già ad agitarsi e a respirare rumorosamente. Mi sono affrettato allora a raggiungere la signora Lester, ma proprio in quel momento abbiamo incontrato questo ben intenzionato idiota di Hemingway che ci ha portato nel suo studio. Il resto lo conosce.» «Non mi prenda per un imbecille» ribatté gravemente Piper. «Ripeto che ha ucciso Lester con le sue mani. Le si era presentata l'occasione e non le mancavano i motivi. Lo ha tenuto con la testa sott'acqua finché le ultime bollicine prodotte dalla respirazione non sono venute alla superficie. È un assassinio puro e semplice, commesso a sangue freddo.» «Scusi, giovanotto» intervenne la signorina Withers «ma non credo affatto che questo signore abbia agito come lei dice. Infatti, se ricorda la mia deposizione, ho visto il corpo cadere in acqua, ma non c'era nessuno, dietro. Inoltre... inoltre non ho perduto di vista la porta e posso assicurare che nessuno è uscito. Ispettore» aggiunse brandendo l'ombrello «questo ragazzo non ha l'aria del delinquente, non è il tipo.» «È proprio questo che la trae in inganno, signorina» replicò Piper. «È colpevole, gliel'assicuro, e d'altronde vedrà che non tarderà a confessare. Basta, per il momento, Seymour. Finirò più tardi con lei, in separata sede.» Con un fremito, Gwen vide il funzionario di polizia rivolgersi a lei. «In quanto a lei, signora Lester, mi chiedo come farà a trarsi d'impaccio davanti ai giudici. La sua complicità non può essere messa in dubbio. Certo, la morte sulla sedia elettrica non è una prospettiva piacevole, come ben sa, ma poco tempo fa ci abbiamo mandato per l'appunto una donna che non andava d'accordo con il marito. Via, signora. Se vuole meritare tutta la nostra indulgenza, confessi ogni cosa. La sua storia, del resto, non ha nulla di straordinario. Vedeva spesso Seymour in questi ultimi tempi, è vero?» La giovane signora, che pur rabbrividendo si irrigidiva per tentare di non venir meno, era in preda a una specie di vertigine. Nel turbine che l'avvolgeva non si sentiva sorretta che da una forza amichevole, incoraggiante, piena di comprensione. Questa forza emanava dall'estraneo, da Costello che, ritiratosi in fondo alla stanza, continuava a sorriderle. Philip sembrava averla abbandonata: da quando il dramma era avvenuto, non le aveva rivolto neppure uno sguardo. La biasimava, forse? Intanto, bisognava rispondere. «Sì... no... come no» balbettò senza sapere ciò che diceva. Le sembrava che tutto le fosse ugualmente indifferente. Viveva come in un incubo... un incubo che datava dal giorno del suo matrimonio.
«Benissimo, signora» riprese l'ispettore «ci dica la verità. È tutto quello che le si domanda, ed è una cosa facilissima.» Con voce a un tratto addolcita e incoraggiante, Piper aggiunse: «Non aveva mai smesso di amare Seymour, né di vederlo qualche volta di nascosto, vero? Era sposata a un altro, ma i sentimenti prendono sempre il sopravvento. Non se ne vergogni, e non rifiuti di dirci quello che sappiamo già. Lei ama il signor Seymour.» Gwen stringeva nervosamente la borsetta tra le mani. «Mio Dio» gemette «io... non lo so... Non posso rispondere a queste domande... non posso dire nulla.» Cercò di alzarsi, ma ricadde. Piper volle approfittare di quello smarrimento. «Se una donna è incatenata a un uomo che odia» disse «a un uomo che la terrorizza e la inganna, che può fare?» «Ma... non le resta che sbarazzarsi di lui, sfuggirgli...» rispose Gwen, senza badare alle occhiate che le gettava Costello per metterla in guardia. «Ebbene» continuò implacabilmente il funzionario «lei odiava suo marito, e la sua scomparsa l'avrebbe resa libera, non è così?» «Alt!» esclamò allora Costello. «Mi rincresce, signor ispettore, doverle ricordare che, a termini di legge, la signora Lester non è obbligata a rispondere a queste domande. Se è in arresto non si può costringerla a subire un interrogatorio senza l'ausilio di un difensore, e può dunque rifiutarsi. Non ha il diritto di continuare, signor Piper.» «Procedo all'inchiesta preliminare come meglio credo» replicò l'ispettore «e cerco di scoprire la verità. Vediamo, formulerò le mie domande in un altro modo.» «Inutile» interruppe Seymour. «Lasci in pace la signora, ispettore. Dirò tutto. Sì, ho ucciso Gerald Lester, lo confesso... L'odiavo, e l'ho ucciso.» Gwen trasalì e balzò in piedi in preda a un turbamento indescrivibile, ma Costello le fece segno di rimettersi a sedere. «Ho ucciso Lester» continuò con maggior forza il giovane avvocato. «Sono il solo colpevole e responsabile.» Tutti i presenti emisero simultaneamente un profondo sospiro di sollievo. «A meraviglia!» esclamò Piper, la cui voce, ora che considerava vinta la partita, era tutta vibrante di umanità. «Lo sapevo che si sarebbe ravveduto, Seymour. Ci dia dunque i particolari. Come lo ha ucciso?» «Nella maniera indicata da lei stesso. Lo avevo già trascinato fin sull'orlo della vasca quando...»
«Ha pensato che sarebbe stato facile approfittare del suo svenimento per farlo cadere in acqua.» «Sì, l'ho fatto scivolare nella vasca e gli ho tenuto la testa sott'acqua, finché non ha respirato più. Per parecchi minuti ho visto affluire alla superficie una quantità di bolle d'aria, poi il fenomeno è cessato, e allora ho capito che doveva essere morto. Ho lasciato che il corpo galleggiasse e sono corso a raggiungere la signora Lester.» «Ma perché l'ha ucciso?» «Perché? Lo sa bene. Perché lo odiavo, perché faceva soffrire sua moglie in modo abominevole, e perché mi aveva gravemente insultato davanti a lei. L'ho messo nell'impossibilità di nuocere e non me ne pento. Dopo mi sono asciugato le mani, ho richiuso la porta...» «Ha visto qualcuno lì vicino? La signorina Withers, per esempio?» Seymour fece col capo un cenno negativo. «No» disse «la signorina sbaglia quando afferma di aver visto il corpo cadere in acqua: non c'era nessuno né da una parte della vasca, né dall'altra.» «Permette?» interruppe la signorina Withers. «Dove stavano i pinguini mentre teneva Lester con la testa sott'acqua?» «I pinguini? Non lo so. Sul trespolo, suppongo. Ah, ecco... ora me ne ricordo, passeggiavano nel corridoio interno, poco lontano da me. Dicevo quindi che mi sono affrettato a raggiungere Gwen. Sulle prime non l'ho trovata, perché si era nascosta dietro le vasche all'estremità ovest dell'edificio. Proprio allora il signor Hemingway l'ha vista ed è venuto a salutarla.» «Lei non lo conosceva?» chiese l'ispettore. «No, e la signora Lester non si ricordava di lui, ma il direttore diceva di esserle stato presentato non so più in quale salotto, e ha insistito per mostrarci qualche nuova curiosità dalle sue collezioni. Non potevamo rifiutare senza dare nell'occhio.» «Tuttavia la signora Lester doveva temere di essere vista nell'edificio dove poco dopo sarebbe stato scoperto il cadavere di suo marito.» «Dimentica che in quel momento la signora Lester non sapeva ancora che suo marito era morto. Non avevo avuto il tempo di dirglielo.» Piper annuì lentamente. «Sì, capisco» disse. «Bene, è pronto a sottoscrivere la sua dichiarazione? Premetto che, se rifiuta, ho qui una buona dozzina di testimoni...» «Oh, firmerò tutto quello che desidera. Ho ucciso Lester, lo confesso.»
«Confessa molto facilmente» osservò la signorina Withers con voce aspra. «Per me, non sono affatto sicura che sia lui il vero assassino di Lester.» «Inutile ostinarsi» disse l'ispettore. «Vede bene che l'accusato stesso disdegna l'ancora di salvezza che lei gli offre affermando con tanta insistenza di aver visto cadere il corpo in acqua. Lei dà prova di buon cuore cercando di salvare un bel giovanotto, ma la sua pietà non deve spingersi fino al punto di alterare la verità.» «Sappia, ispettore» ribatté con veemenza la severa maestra «che io non altero mai la verità, per nessuna ragione. Inoltre, nella mia professione, si impara a riconoscere la menzogna sul volto dei bambini. Le ripeto che questo giovanotto ci nasconde qualche cosa. Si accusa per proteggere un'altra persona... e so chi è.» Tutti gli sguardi si volsero verso Gwen, che chinò il capo. Seymour ruppe il grave silenzio. «È proprio necessario» domandò «sottoporre ancora a lungo gli innocenti a una simile prova? Ha la mia confessione. Non potrebbe lasciar andare via tutti i presenti, adesso?» «Sì, infatti» disse Piper lentamente «mi sembra che tutto sia chiaro. Le faremo firmare la dichiarazione tra un'ora o due. Lo porti via, Casey, al deposito. La raggiungerò fra poco.» Due agenti in uniforme misero le manette al prigioniero. «Addio, Philip!» gridò Gwen con voce straziante nel momento in cui lui varcava la soglia. Il giovane non volse neppure la testa, e la porta si richiuse dietro lui e i due agenti. «Ecco la più pronta confessione che sia mai riuscito a strappare a un omicida» concluse l'ispettore Piper, asciugandosi la fronte. «Signore e signori, adesso potete...» Si interruppe udendo bussare alla porta. Qualcuno lo chiamò fuori. La sua assenza durò solo pochi minuti; quando rientrò nella stanza, mordicchiando nervosamente un sigaro, sembrava pensoso, e il suo sguardo passava distrattamente sugli astanti. «Ebbene, ispettore» disse Costello, di nuovo accanto alla signora Lester «suppongo che, dal momento che il colpevole è assicurato alla giustizia, la mia cliente sia libera.» Così dicendo offrì il braccio a Gwen, che si alzò e lo accettò. L'ispettore si tolse il sigaro di bocca e si mise a esaminarlo come se gli offrisse un nuovo soggetto di meditazione; poi lo gettò con un gesto rabbioso in una
delle vaschette di vetro. «Devo copiare a macchina le mie note stenografiche sulle dichiarazioni di Philip Seymour?» gli domandò la signorina Withers. Piper scosse il capo. «Come vuole» rispose bruscamente. «Non ha più grande importanza, adesso, perché se Seymour ha assassinato il signor Lester, non lo ha fatto, come sostiene, tenendogli la testa sott'acqua. Le bolle d'aria sono pura fantasia. Il medico legale che ha esaminato il cadavere afferma che la morte non è avvenuta per asfissia.» «Cosa? Come?» reagirono tutti i presenti, stringendosi intorno a lui. «Solo l'autopsia rivelerà le vere cause della morte» continuò Piper «ma in ogni caso i suoi polmoni non contengono una goccia d'acqua. Quando è caduto in acqua era già morto.» «Gliel'avevo detto, io!» esclamò trionfalmente la signorina Withers. L'ispettore la guardò fisso, con aria perplessa. 4 La bella signora Lester Gwen Lester non aveva ancora lasciato la stanza. Nell'udire le ultime parole dell'ispettore, lasciò il braccio di Costello. Prevedeva che la prova non fosse finita. «Non esca, la prego» disse infatti Piper. «Cercherò di non trattenerla a lungo, ma bisogna che vada a fondo della cosa.» La giovane signora tornò al suo posto. La signorina Withers preparò la sua penna stilografica. «Signora» continuò Piper «vorrei riepilogare gli avvenimenti dal principio... cioè, per non rendere la cosa troppo complicata, da questa mattina. Può dirmi esattamente tutto ciò che le è accaduto oggi?» «Non ho nulla da nascondere» rispose Gwen con voce appena percettibile. «Infatti...» «Andiamo, coraggio» disse paternamente l'ispettore. «So benissimo che le cose che ha da dire sono penose e delicate, ma stia certa che le saremo tutti riconoscenti della sua sincerità.» «Ebbene sì. Stamattina a colazione, mio marito mi ha fatto una scenata spaventosa.» «Mi permetta» interruppe Piper. «Abbiamo detto di cominciare dall'inizio della giornata: non aveva visto suo marito prima di colazione?»
Gwen abbassò gli occhi. «Da più di un mese» disse «non occupavamo più una camera in comune. La nostra vita era ormai un inferno. Gli affari di mio marito andavano male, anche prima della crisi. Doveva essere successo qualcosa che non voleva dirmi, ed era diventato nervoso, irritabile, cattivo. Mi rimproverava tutto ciò che facevo, e si mostrava poi di una gelosia così spaventosa da farmi vivere in continua apprensione. Non sapevo più che fare. Mio padre è malato, non si occupa più di nulla, e ha lasciato tutta la direzione degli affari a mio marito. Impossibile dunque andargli a chiedere consiglio, tanto più che ha sempre creduto che questo matrimonio, combinato da lui, mi avesse resa felice. Dunque, stamattina a colazione c'è stata una scenata tremenda. Ieri sera, fingendo di non sentirlo, avevo fatto trovare a mio marito la porta della mia camera chiusa a chiave. Mi ha accusato di avere passato la notte fuori, nonostante la sua proibizione di uscire la sera senza di lui. Questa volta ho rifiutato di rispondergli, limitandomi a manifestare la mia intenzione di lasciarlo. Allora mi ha insultato davanti alla cameriera, al punto che mi sono alzata da tavola piangendo. Poi è uscito per andare in ufficio. Potevano essere circa le nove.» «Che cosa ha fatto, allora?» «Ho cercato di mettermi in comunicazione con mio padre, che si trova in Florida, ma non è stato facile farlo rapidamente.» «Mi scusi, ma prima di continuare mi dica con esattezza qual è la posizione di suo padre nella ditta.» «La ditta è White & Lester. Prima del matrimonio era White & C. Mio padre, in un primo momento, aveva preso mio marito come socio, poi si è ritirato definitivamente, ma lasciando il capitale nell'impresa.» «Bene. Che cos'ha detto a suo padre?» «Non ho potuto parlargli. Stava giocando a golf. In quel momento ho pensato a Philip Seymour.» «Con quale intenzione? Di farsi rapire, magari?» «Ma no, neanche per sogno. Quattro anni fa, quando gli annunciai di aver accettato di sposare Gerald Lester, Philip si mostrò molto ragionevole e mi pregò solo di rivolgermi a lui, piuttosto che a qualsiasi altro, nel caso che avessi avuto qualche dispiacere. Suppongo che, in simili circostanze, anche altri avrebbero fatto lo stesso, ma Philip mi ha sempre ispirato una gran fiducia, e poi è avvocato. Quando ho telefonato la prima volta, mi hanno risposto che non era ancora in ufficio. La seconda volta, verso le dieci, non sono stata più fortunata e allora ho lasciato il mio numero pre-
gando che mi chiamasse appena arrivato. Non ha mancato di farlo, infatti, e io, dopo aver alquanto esitato, ho acconsentito a incontrarmi con lui, qui all'acquario, verso mezzogiorno.» «Va bene» disse Piper. «Ma chi altro ha potuto essere informato dell'appuntamento?» «Nessuno.» «Avete diversi apparecchi telefonici a casa vostra?» «Sì, ma non credo che qualcuno dei domestici abbia ascoltato la mia conversazione con il signor Seymour. Lei sa bene che si è subito avvertiti dal lieve scatto che si sente sulla linea.» «Vada avanti.» «Sono uscita, ho preso un tassì e, tagliando per Central Park, sono arrivata qui qualche minuto prima dell'ora stabilita.» «Pensa di essere stata seguita?» Gwen spalancò gli occhi. «Non ci avevo pensato» disse «ma mi sembra impossibile. Il mio tassì andava molto veloce, e ha attraversato il parco con tanta rapidità che, lo ripeto, sono arrivata troppo presto.» «Un altro tassì avrebbe potuto seguire il suo con la stessa rapidità» osservò l'ispettore. «Come le sarà facile comprendere, sto cercando di scoprire in che modo suo marito ha potuto essere informato dell'incontro. Ma poco importa, per il momento. Proseguiamo. Dunque, incontra Seymour, lo mette al corrente della situazione, ascolta i suoi consigli... A questo punto, compare suo marito. I due uomini si battono. Lester cade. È esatto?» «Sì. Non osavo guardarli. Quando Gerald è caduto a terra, Philip mi ha detto a bassa voce di andarlo ad aspettare vicino all'ingresso principale. Mi sono allontanata e ho aspettato fingendo di osservare le prime vasche dell'acquario.» «Il signor Seymour dice di non averla trovata subito, quando l'ha raggiunta. Quanto tempo ha passeggiato da sola, mentre aspettava?» «Una decina di minuti, forse» rispose Gwen dopo un momento di riflessione. «Allora, se nella sua deposizione Seymour ha detto la verità e si è limitato a nascondere il signor Lester svenuto dietro la porta di servizio, lei avrebbe avuto tutto il tempo, mentre lui la cercava, di tornare alla vasca dei pinguini e finire l'uomo che si trovava là disteso, visto che...» Piper si interruppe, poiché, per la seconda volta, la donna era svenuta e, sempre per la seconda volta, Costello l'aveva sostenuta tra le sue braccia.
«Ecco!» esclamò questi rivolto al funzionario. «È soddisfatto, adesso?» Piper alzò le spalle, prese il bicchiere d'acqua che Hemingway gli porgeva e andò a bagnare la fronte di Gwen, restando accanto a lei finché non riprese i sensi. «Può ritirarsi, ora» disse gentilmente. «Non la trattengo oltre. Solo abbia la cortesia di non lasciare la città e di tenersi a nostra disposizione.» Costello aiutò Gwen a rialzarsi. «Ha oltrepassato i limiti» disse rivolgendosi di nuovo all'ispettore. «Le annuncio che, in qualità di difensore della signora Lester, ne terrò conto.» «Difensore o no» rispose placidamente Piper «per me non significa niente.» Sostenendo la sua cliente, Costello si diresse verso l'uscita, quando la signorina Withers bisbigliò qualcosa ali orecchio dell'ispettore. «Signor Costello» chiamò allora questi. «Un momento, la prego.» L'avvocato si voltò. «Cosa c'è ancora?» chiese. «Ha intenzione di continuare il terzo grado?» Piper fece di no con la testa. «La signora Lester può andarsene» rispose. «Si tratta di lei. Non è certo in qualità di avvocato che era qui stamattina. Posso farle qualche domanda? Si trovava nel locale insieme a tutte le persone qui presentì, non è vero? Vuole dirmi che cosa faceva?» Costello sorrise ironicamente. «L'acquario è un luogo pubblico, ispettore. Mi sono sempre interessato molto ai pesci.» «Bene» borbottò il funzionario. «Ma deve capire che faccio soltanto il mio dovere.» «Certo, ispettore, e tuttavia non vorrà permettere che la signora, giovane com'è e in questo stato, rientri a casa da sola.» Così dicendo, Costello si voltò verso Gwen. «Può aspettarla, se lo desidera.» Gwen restò. «Il suo nome, cognome e indirizzo» riprese Piper. «Barry Costello, avvocato. Domicilio, Club Quattro Arti.» «Esercita la professione?» «No, vivo di rendita. Sto scrivendo un libro sulle contraddizioni della burocrazia legale, e spero di pubblicarlo tra poco.» «Conosceva il signor Lester?» «Non lo avevo mai visto.»
«E la signora Lester? La conosceva?» «Neppure. Ma confesso di essere felice dell'occasione che mi si è presentata.» «Bene, bene» brontolò l'ispettore, senza dissimulare il suo disprezzo per la fatuità di cui il giovane dava prova in simili circostanze. «Si trovava dunque qui da semplice spettatore?» continuò gettando via il sigaro che aveva acceso proprio allora. «Precisamente» rispose Costello. «Non le ho già detto che mi piacciono molto i pesci? E poi, oggi è venerdì.» «Basta, può andare con la signora Lester. Se sarà necessario, la convocherò ancora.» Piper seguì con lo sguardo Gwen e l'avvocato che uscivano, poi si avvicinò alla signorina Withers, che continuava a scrivere. «Ecco un individuo insopportabile» osservò. «Mi sembra proprio che si stia prendendo gioco di noi.» «Sa bene che non bisogna fidarsi delle apparenze» rispose l'insegnante. «Lo diceva anche lei, poco fa.» «È vero, non importa. Procediamo.» 5 Una mano che esce dall'acqua Il direttore, Hemingway, era spazientito. «Posso ricordarle, ispettore» disse a un certo punto «che la polizia non ha mai avuto all'acquario il suo quartier generale? Non intendo ostacolare in alcun modo la sua inchiesta, ma durerà fino a sera?» Piper lo guardò freddamente. «Verrà il suo turno, signor direttore» rispose «ma prima di ogni altra cosa voglio sbarazzarmi dei pochi visitatori che ancora tratteniamo qui, lontani da casa. Poi la pregherò di farmi visitare minuziosamente l'acquario.» C'erano ancora, infatti, sei o sette persone che dovevano essere interrogate. Fra queste, la signorina Withers riconobbe la signora a cui il ladro aveva rubato la borsa. Si trattava di una certa signora Douglas, del Bronx, che fu lasciata subito andare, avendo dichiarato di non sapere nulla né del signor Lester né del delitto. Si procedette quindi all'interrogatorio di tre giovani impiegati di Wall Street. Le loro dichiarazioni non fecero che confermare una parte del racconto di Seymour. Mentre si trovavano nelle gallerie superiori, avevano
udito voci concitate, ma avevano supposto che fossero di operai che stavano lavorando a qualche riparazione. Sporgendosi dalla balaustra avevano visto una donna che cercava di nascondersi dietro le vasche, dalla parte della porta d'ingresso. Evidentemente quella donna era Gwen. L'ispettore si affrettò a congedarli. Gli altri, tutta gente rispettabile, dotata di referenze, non portarono nuova luce sulla faccenda; eccettuato, forse, l'ultimo interrogato, un certo Robert Sproule di Chicago, che lavorava per una ditta di abbigliamento maschile. «Mi trovo a New York per affari» dichiarò «e quando ho qualche ora libera la impiego visitando i musei o altri posti del genere. L'acquario mi interessa in modo speciale, perché se ne sta costruendo uno nuovo a Chicago. Posso assicurare che, accanto al nostro, questo farebbe una figura molto misera.» «Lo spero con tutto il cuore per Chicago» commentò Piper freddamente. «Ma per tornare alla questione che ci interessa, conosceva il signor Lester?» «No. Sebbene, a dire il vero...» «Si spieghi.» «Ecco, verso mezzogiorno e un quarto, mentre entravo nell'acquario, sono stato urtato da un uomo che, nella fretta di passare prima di me, per poco non mi ha fatto cadere. Era alto, largo di spalle, rosso in viso. A giudicare dall'aspetto, sembrava che fosse su tutte le furie. Indossava un elegante soprabito grigio-azzurro e un cappello duro. In mano aveva un bastone di malacca. I particolari del vestiario mi sfuggono di rado. Deformazione professionale.» «Ah» osservò Piper con interesse. «Ha detto un cappello duro, vero? Bene, continui pure.» «È dunque entrato correndo. L'ho sentito discutere con il custode, che reclamava il bastone.» «È la regola» intervenne Hemingway. «Ogni visitatore deve lasciare nel vestibolo il bastone o l'ombrello.» «Allora» saltò su la signorina Withers «se entrando i miei allievi non mi fossero stati intorno, il custode, vedendo il mio ombrello, me lo avrebbe tolto e il borsaiolo sarebbe fuggito.» «Infatti è così» riprese l'ispettore. «Vada pure, signor Sproule, ma le sarei grato se volesse lasciarmi il suo indirizzo, tenendosi pronto a venire qualora la mandassi a chiamare. È davvero sicuro che l'uomo che l'ha urtata fosse proprio il signor Lester?»
«Sì, sicurissimo.» Piper chiamò Fink. «È stato lei a chiedere il bastone dell'uomo che è stato ucciso?» «No, signore. A quell'ora è di servizio il mio collega MacDonald. È andato a fare colazione, ma credo sia già tornato.» «Vada a chiamarlo.» MacDonald, piccolo, magro, infagottato in una uniforme troppo larga per lui, si presentò sorridendo. «Mi ricordo benissimo del fatto» disse rispondendo alla domanda del funzionario. «Quel signore sembrava deciso a tenere con sé il bastone. Un bastone grosso e pesante. Ha ceduto solo quando l'ho minacciato di non lasciarlo entrare. Il bastone dev'essere ancora là. Devo andare a prenderlo?» Piper fece un cenno affermativo e l'uomo corse a cercare l'oggetto in questione. «Ma questa è una clava!» esclamò l'ispettore, soppesandolo. «Più che un bastone da passeggio, è un'arma micidiale.» Svitò il pomo d'argento: la canna era cava per circa trenta centimetri di lunghezza, e conteneva pallini di piombo. «Il signor Lester deve averceli messi lui stesso» osservò. «Uno specialista avrebbe usato piombo fuso; e il pomo non era avvitato bene. Si direbbe che fosse venuto qui con intenzioni omicide.» «Oppure semplicemente pronto a difendersi» disse la signorina Withers. Nella stanza erano rimasti, con il funzionario di polizia e la sua stenografa improvvisata, solo il direttore e il suo assistente. Piper interrogò Olaavson per primo. «Ha lavorato tutta la mattina nei corridoi di servizio dietro le vasche, giusto? E ha interrotto il lavoro solo per trascinare qui il ladro che aveva sorpreso nascosto vicino a lei?» «Sì, signore» rispose il giovane scienziato. «Ma prima ero stato occupato a sorvegliare la distribuzione del cibo ai pesci e a traslocare i pinguini dalla grande vasca centrale a quella che è sotto la scala delle gallerie. Soltanto alle dieci ho potuto riprendere i miei studi su un apparecchio di depurazione dell'acqua delle vasche, che ho collocato dietro la galleria superiore, vicino al condotto di erogazione.» «Non ha visto o sentito nulla di strano?» «No, nulla. Pensavo solo al mio apparecchio, tanto che ho persino dimenticato l'ora di colazione.» «Ha dimenticato anche di chiudere a chiave la porta di servizio» riprese
l'ispettore. «Questa negligenza è forse costata la vita al signor Lester.» «No» protestò il direttore «quella porta può essere chiusa a chiave soltanto dall'esterno. Ecco perché rimane sempre aperta quando si lavora dietro le vasche. Solo il saliscendi funziona da tutte e due le parti, ma dall'interno non è possibile introdurre la chiave nella serratura.» «Grazie, signor Hemingway» disse Piper. «Ora tocca a lei. Da quanto tempo conosceva Gerald Lester?» «Da molto tempo, come ho già detto, ma non intimamente. Ci incontrammo la prima volta al banchetto organizzato dal Circolo degli esploratori, in onore del celebre Chasmic, il trasvolatore francese del Polo. Lester era stato portato da un socio del circolo, e lo ebbi vicino a tavola.» «Lei ne fa parte?» Hemingway si fece impettito. «Il direttore dell'acquario è membro di diritto» rispose. «Feci la conoscenza di Lester quel giorno, e in seguito abbiamo avuto occasione di incontrarci qualche volta al ristorante. Il suo ufficio è in questo quartiere. Una o due volte mi ha offerto anche di accompagnarlo a teatro, dove spesso andava solo. La moglie usciva di rado, ma una sera, dopo lo spettacolo, Lester mi ha invitato a casa sua per un drink, e così le sono stato presentato. La signora ha bevuto un sorso con noi e si è ritirata quasi subito. È molto bella... Suo marito ne era fiero, e tremendamente geloso. Credo che in sua presenza lei avesse paura di parlare con un uomo.» «L'ha incontrata soltanto quella sera?» «Sì. Non l'avevo più rivista fino a oggi. Poco dopo mezzogiorno l'ho notata qui, vicino alla scala, in compagnia di un giovane. Naturalmente sono andato a salutarla, e ho insistito per far loro gli onori di casa. Li ho portati nel mio ufficio a vedere gli esemplari più particolari arrivati recentemente all'acquario, e ho fatto tutto il possibile per mostrarmi premuroso. Ah, certo che la signora Lester è molto bella...» «Non c'è mai stato alcuno screzio fra Lester e lei... a proposito di sua moglie, per esempio?» chiese Piper che, facendo questa domanda, non poté astenersi dal sorridere, tanto gli sembrava comica l'idea di Hemingway che metteva gli occhi su una così meravigliosa creatura. Il direttore, peraltro, non rispose subito. Alla signorina Withers e all'ispettore non sfuggì il suo imbarazzo, ma lo attribuirono all'amor proprio offeso. «No» disse alla fine Hemingway «non abbiamo mai avuto discussioni, ma, ripeto, ci conoscevamo davvero molto poco.»
«Va bene, va bene» concluse Piper. «Un altro particolare, per piacere. Quando il guardiano, Fink, si è precipitato qui a riferirle che c'era un uomo nella vasca dei pinguini, perché lei è uscito dalla porta che dà sul vestibolo principale, invece che dall'altra, che conduce direttamente ai piedi della scala ed è la via più breve?» Alla signorina Withers sembrò che il direttore impallidisse lievemente, mentre rispondeva: «Ma non saprei... Credo che... che non mi sia venuto in mente. Ah, sì» aggiunse dopo qualche secondo di riflessione «ora ricordo il perché. Quando Fink ha detto 'la vasca dei pinguini", ho pensato naturalmente a quella centrale, dove si trovano di solito. Soltanto quando ero già uscito mi è venuto in mente che gli uccelli avevano momentaneamente cambiato posto.» Piper fece una lieve smorfia, ma si limitò a dire: «Continui.» «Più o meno ho detto tutto» riprese Hemingway. «Ho riconosciuto subito Lester, benché fosse ancora in acqua. Il resto le è noto.» «Benissimo. E ora vuole avere la cortesia di farmi visitare l'acquario? Vorrei rendermi conto della sua configurazione generale.» Accese il suo quarto sigaro pomeridiano e, rivolgendosi alla signorina Withers, aggiunse: «La ringrazio molto dell'aiuto che mi ha dato stenografando questi primi interrogatori, ma non voglio abusare...» «Non ho da fare nient'altro di meglio» replicò la maestra «e ho bisogno di distrarmi. Proprio per trovarmi un'attività, invece di vegetare nell'Iowa, dieci anni fa venni a insegnare qui a New York. Il tragico avvenimento al quale ho assistito mi interessa moltissimo, ed è per me un piacere poter prendere qualche appunto. Permetta dunque che l'accompagni.» «Va bene» disse l'ispettore. «Perché no, in fin dei conti?» Entrambi seguirono il direttore. Il pomeriggio invernale volgeva alla fine e il vasto emiciclo era già immerso in una lugubre semioscurità, dissipata appena da alcuni globi elettrici sospesi alla volta. La voce aspra e sgradevole di Hemingway risuonava stranamente nel silenzio popolato di fremiti di animali invisibili. Era la terza volta che la signorina Withers faceva il giro delle vasche, e cominciava a stancarsi delle curiosità dell'acquario. Fink e MacDonald, nel loro stanzino vicino all'ingresso, discutevano dell'avvenimento. In quanto a Olaavson, era evidente che si disinteressava della faccenda e che il suo unico pensiero era quello di tornare ai suoi calcoli. La signorina Withers domandò se era stato messo un agente di guardia all'ingresso dell'edificio.
«È inutile» rispose Piper. «Ho dato ordine solo di chiudere i chiavistelli dalla parte interna. Così nessuno può entrare, mentre ognuno di noi è libero di uscire quando vuole. Inoltre ho piazzato due uomini vicino alla vasca dei pinguini.» La signorina Withers salì la scala della galleria e, giunta in cima, tracciò sul suo taccuino una pianta sommaria della parte dell'acquario in cui si era svolto il dramma. Compiuto il giro dell'emiciclo e delle gallerie, l'ispettore dichiarò che gli restava da esaminare soltanto il passaggio di servizio che girava dietro le vasche. Il direttore arretrò di un passo.
«Si rassicuri» disse Piper. «Il corpo è stato trasportato altrove e il dottor Bloom sta facendone l'autopsia. Voglio semplicemente rendermi conto della topografia dei luoghi.» I due imponenti agenti in uniforme, di guardia all'ingresso del corridoio, si fecero da parte salutando il loro capo. Piper si fermò. «Casey» disse rivolgendosi a uno di loro «senta un po'...» Lo trasse in disparte e gli diede istruzioni a bassa voce, ma la signorina Withers, che aveva buone orecchie, poté afferrare l'ultima frase: «Faccia come le pare, seduca la cameriera, la corrompa, la cloroformizzi, ma si procuri quelle calze di seta per stasera.» Casey si allontanò con malcelata esultanza. «Devo rimanere qui da solo?» domandò l'altro agente. «Certo» rispose l'ispettore. «Perché? Ha forse paura dei fantasmi?» «No, signore» rispose l'agente. «Ma ho l'impressione che ci sia qualcuno che gira qui attorno. Tanto a Casey che a me è parso di udire più di una volta passi lievi, bisbigli... Abbiamo cercato, esplorato il corridoio, senza trovare nulla. Quando siamo tornati al nostro posto, abbiamo sentito il ru-
more di una porta che si chiudeva piano.» «Sciocchezze, pura immaginazione» brontolò l'ispettore. «Non sa che nell'acquario ci sono animali vivi? Mi faccia il piacere di restare al suo posto.» «Sì, signore. Ho creduto bene di avvertirla.» «D'altra parte, non è necessario che resti sull'attenti. Può andare, venire, mettersi a sedere, se vuole.» Piper, Hemingway e la signorina Withers si inoltrarono nel passaggio di servizio e si fermarono davanti alla vasca dei pinguini. «Vorrei proprio sapere con precisione quello che è successo qui cinque o sei ore fa» osservò pensosamente l'ispettore. «Non si potrebbe avere un po' più di luce, signor Hemingway?» Il direttore andò a tirare un cordone che pendeva a pochi passi di distanza. Dalla cupola si diffuse allora una luce che conferì all'ambiente un aspetto ancor più strano e irreale. Nell'ombra cupa dei pilastri, il luccichio dell'acqua delle vasche formava qua e là chiazze lievemente risplendenti. «Ebbene» disse Hemingway «ora che ha visto quello che voleva, non potremmo andarcene?» «Perché tanta fretta?» osservò l'ispettore. «Si direbbe che cerchi di ostacolarci nel compimento della nostra indagine.» «Ma è così tetro, quaggiù» ribatté il direttore, con un sorriso un po' forzato. «Andiamo. In ogni caso non dovrebbe esserlo per lei, che ne conosce tutti gli angoli e i nascondigli. Venga, ci rimane da fare il giro delle gallerie.» I due uomini passarono avanti. La signorina Withers indugiò un secondo sull'orlo della vasca dei pinguini, guardando fisso l'acqua cupa e immobile, come se vi fosse celato il segreto della recente tragedia. A un tratto si mise a correre e afferrò l'ispettore per la manica. «Là, là...» balbettò reprimendo un grido d'orrore «una mano mi ha fatto cenno dalla vasca... una mano che è emersa dall'acqua...» 6 Un cappello e sette mozziconi L'ispettore guardò la signorina Withers con un'espressione di malcelato disprezzo. «Ma come» disse «anche lei? E io che credevo che avesse i nervi saldi.
Non vorrà svenire come quella sciocchina della signora Lester? Mi ha deluso profondamente.» In quel momento l'acqua si agitò di nuovo e qualche cosa comparve alla superficie; ma questa volta non era nulla di umano, e l'ispettore scorse solo la testolina di un pinguino che, dopo un momento, si rituffò subito. La signorina Withers fu la prima a ridere delle proprie paure, ma dopo un momento di riflessione osservò: «Perché questi due pinguini sono stati lasciati qui? Credevo che li avrebbero portati via. Non solo, ma che la vasca sarebbe stata vuotata.» «Non ho dato ordini in questo senso» disse Piper «ma capisco che forse sarebbe stato utile.» «Non è una cosa da poco» spiegò Hemingway. «E poi, in questo momento non saprei dove sistemare i pinguini.» «Non importa» interruppe seccamente l'ispettore. «Le manderò degli operai, se necessario, ma è indispensabile vuotare la vasca. Chissà che non nasconda qualche indizio prezioso. È molto importante non trascurare nulla. Proseguiamo la nostra ispezione. Attenta, signorina Withers, c'è dappertutto un groviglio di condotti.» Giunsero a una scala di ferro che congiungeva il corridoio a una specie di nicchia sopraelevata. «È qui che Olaavson ha collocato la sua macchina» disse il direttore. «Quest'apparecchio nel quale passa e ripassa velocemente l'acqua delle vasche vi reimmette via via l'ossigeno e le sostanze necessarie alla vita acquatica, in modo che solo una o due volte all'anno dobbiamo provvedere a sostituirla con quella di mare.» «Molto interessante» osservò Piper «ma di nessuna utilità agli effetti di un'indagine per omicidio. Scendiamo, non si può fare o vedere nulla, con questo buio.» «Ho nel mio ufficio una buona torcia elettrica. Vuole che vada a prenderla?» propose Hemingway. «Sì, ottima idea.» Appena il direttore si fu allontanato, Piper disse a bassa voce alla signorina Withers: «Ha notato quella grossa macchia scura sulla sua giacca? Ora è quasi asciutta e perciò appena visibile, ma al mio arrivo si vedeva ancora benissimo. Non so che cosa darei per analizzarla.» «L'ho vista anch'io» rispose la maestra. «Crede che possa essere...» «Acqua della vasca dei pinguini, forse. Ma in fondo questo non proverebbe nulla. Ah, dimenticavo che l'agente di guardia, di sotto, ha l'ordine di non lasciare passare Hemingway da quella parte. Lo avrà di certo ferma-
to.» «Scusi» osservò la signorina Withers «ma perché prende tante precauzioni, dal momento che è sicuro che Seymour ha ucciso Lester?» «Mia cara signorina, non sono sicuro di nulla, io. E i miei sospetti ricadono sulle persone che oggi si trovavano qui. Chissà, forse è stata lei... Ne avrebbe avuto tutto il tempo, mentre i suoi alunni cercavano lo spillone. Inoltre, non so neppure cosa abbia realmente provocato la morte di Lester. Forse i pugni di Seymour gli hanno causato una paralisi cardiaca.» Un vago timore si dipinse sui lineamenti della maestra, che non rispose nulla. «Non creda che sospetti di lei in modo particolare» continuò l'ispettore. «Non aveva motivi di rancore contro Lester, ed è il movente che, molto più dell'occasione, conta scoprire in tali casi. Chiunque avrebbe avuto modo di uccidere Lester. Chicago Lew, il borsaiolo, per esempio: ma perché se ne stava nascosto dietro la vasca in attesa del momento propizio per uscire dall'acquario? Si sarebbe forse divertito ad assassinare qualcuno? E Olaavson... Ah, forse sì, se avesse creduto che qualcuno volesse rubargli la sua invenzione, ma non pare possibile. Hemingway, allora: avrebbe potuto uscire dalla porta in fondo al suo ufficio, compiere il delitto e tornare poi a salutare cordialmente la signora Lester e il signor Seymour.» «Neanche lei, dunque, presta fede alla confessione di Seymour e crede, come me, che si sia accusato soltanto per salvare la signora Lester.» «Non dico questo; dico che non ne so nulla. Può darsi che la signora Lester sia la sua complice, o che sia proprio lei l'autrice del delitto. Mentre Seymour la cercava e l'aspettava presso l'ingresso principale, avrebbe avuto tutto il tempo di penetrare nel corridoio e uccidere il marito. Certo è che tanto lei quanto Seymour avevano lo stesso potente motivo per attentare alla vita di Lester. Ecco perché Seymour è in prigione, e tuttavia ciò non mi impedisce di continuare la mia inchiesta.» «Benissimo» approvò l'insegnante. «Per parte mia, credo...» Un gorgoglio improvviso, come di una pietra gettata in acqua, la interruppe. «Ecco i pinguini che si agitano di nuovo.» La signorina Withers non ebbe il tempo di finire la frase che Piper le aveva afferrato il braccio. «Silenzio!» bisbigliò. Sotto di loro, sull'orlo della vasca, il sottile filo di luce di una torcia elettrica illuminò per un istante la superficie dell'acqua, poi si spense. La porta
del passaggio di servizio si chiuse pian piano e tutto ricadde nel più profondo silenzio. «Hemingway!» chiamò Piper. «Hemingway, dov'è? Che cosa fa? Ci porti la torcia.» Nessuna risposta. L'ispettore e la maestra discesero la scala a tentoni. Nella penombra scorsero larghe chiazze scure sul bordo di pietra della vasca, ma non era sangue; soltanto acqua, forse spruzzata dai pinguini che continuavano ad agitarsi. Piper, che era avanti, fece un gesto di sorpresa appena arrivò alla porta di servizio. L'agente di guardia non c'era più. «Rollins!» chiamò. «Rollins!» Silenzio assoluto. «Avrà avuto paura» mormorò la signorina Withers. Piper avanzò nell'emiciclo continuando a chiamare. Gli rispose Hemingway, apparendo sulla soglia del suo ufficio. «Non riesco a trovare la mia torcia elettrica» disse. «Eppure so che era qui, oggi pomeriggio.» «Non importa» interruppe Piper. «Ma dov'è Rollins, l'agente che avevo messo di guardia all'ingresso del corridoio?» «L'agente? Ma no, non c'era più» rispose Hemingway, con un po' di esitazione. «Mi sono domandato anzi se non fosse andato a raggiungere Fink nel suo stanzino vicino all'ingresso, ma non ho dato importanza alla cosa.» «Davvero?» tuonò l'ispettore. «Non ci ha dato importanza. Ma come? Mi sente ordinare al mio subalterno di rimanere di guardia in quel punto, due minuti dopo si accorge che non c'è più, e ciò non la sorprende affatto? Lei è straordinario, signor Hemingway.» In fondo alla scala, come all'ingresso del corridoio, si scorgevano sul pavimento parecchie macchie scure. Piper si chinò, le toccò con la punta delle dita e sentì qualcosa di tiepido e di vischioso. «È sangue» disse. «Povero Rollins. L'hanno ucciso.» «Un uomo non può sparire così, svanire, disperdersi come vapore» osservò la signorina Withers. «Non lo avranno trascinato molto lontano.» «Che cos'è?» chiese Piper, indicando una porticina situata tra quella dell'ufficio e le scale. «È... sono i gabinetti per gli uomini» rispose il direttore. «La scritta è poco visibile a causa della scarsa illuminazione, ma come sa l'acquario non è mai aperto al pubblico dopo le sei.»
Piper non attese la fine di queste verbose spiegazioni per lanciarsi verso la porta. Rollins era là, solidamente legato, con una larga ferita sanguinante sulla fronte. Il poveretto gemeva debolmente. «E pensare che lo ha preso in giro, quando sosteneva di avere sentito dei passi» disse la signorina Withers. «Il servizio prima di tutto» replicò Piper. «Mi dica, Hemingway, che cosa sono queste strisce di tela con le quali lo hanno legato? Sono state prese qui?» «Si direbbero lembi del camice da lavoro di Olaavson» osservò il direttore. «Di solito lo appende qui. Vado a prendere un po' d'acqua fresca per lavare la ferita di questo povero diavolo.» La signorina Withers e Piper si scambiarono un lungo sguardo, poi, di comune accordo, corsero alla porta d'ingresso e constatarono che era chiusa, ma che si poteva aprire facilmente dall'interno. «Non avete visto passare nessuno?» chiese Piper ai guardiani, Fink e MacDonald, che stavano giocando a carte nello stanzino. Gli interrogati risposero di no e Piper tornò da Rollins, che cominciava a riprendersi. «Scommetto che non ricorderà niente, se non di aver sentito un lieve rumore di passi dietro di sé, e subito dopo un colpo formidabile alla testa» lamentò Piper. I dettagli che Rollins poté fornire sull'aggressione di cui era stato vittima non portarono, infatti, alcun nuovo indizio. «Ho sentito un rumore nel gabinetto» raccontò «ho visto socchiudersi la porta, o per lo meno mi è sembrato... Sono entrato, non ho visto nessuno e, siccome era buio, ho cercato l'interruttore. Proprio in quel momento sono stato stordito da un colpo violento alla testa.» «Non aveva la torcia? Perché non l'ha usata? Si era impaurito, vero?» Lasciando l'agente alle cure di Hemingway e della signorina Withers, Piper ritornò nello stanzino dei guardiani, dicendo tra sé: "A meno che non si tratti di Hemingway, Fink e MacDonald, è certo che l'aggressore di Rollins deve essere rimasto nascosto in qualche parte dell'acquario fin da mezzogiorno, poiché da quell'ora in poi nessuno è potuto entrare dall'ingresso principale". «Fink!» chiamò. «Eccomi, signore.» «L'acquario ha qualche altro ingresso?»
«No, signore.» «Dopo la scoperta del cadavere, quando le è stato dato ordine di riunire tutti i visitatori, ha guardato nei gabinetti?» «Sì, signore. Non c'era nessuno.» «Ma qualcuno non avrebbe potuto introdurvisi quando lei era già passato, o mentre faceva il giro delle vasche?» Fink dovette ammettere tale possibilità. Tornarono insieme nel gabinetto e l'ispettore accese la luce. Si vedevano ancora alcune macchie di sangue dove Rollins era caduto. Dietro la porta, che si apriva dall'esterno verso l'interno, scorsero una certa quantità di mozziconi di sigarette e di mucchietti di cenere. Piper si curvò e contò i resti di sette Camel, fumate fin quasi all'estremità che non risultò bagnata. «Un uomo è rimasto nascosto qui a lungo» disse. «Un uomo così sicuro di sé che ha osato fumare e che, al momento propizio, ha fatto un po' di rumore per attirare l'attenzione di Rollins e, appena lo ha visto entrare, lo ha aggredito. Cosa facilissima. Quanto all'arma di cui si è servito...» Afferrò la maniglia dell'uscio che, essendo svitata, gli restò tra le mani. Era tutta macchiata di sangue. «Ecco» disse «questa può produrre benissimo l'effetto di una mazza.» L'avvolse nel suo fazzoletto, a rischio, come confessò più tardi alla signorina Withers, di cancellare ogni impronta digitale. «Non vuole conservare i mozziconi di sigarette per studiarli con comodo?» chiese la maestra. «Ha letto troppi romanzi polizieschi in cui si parla di assassini che lasciano sul luogo del delitto sigarette con il proprio monogramma. Ma queste sono di una marca comune e non potrebbero fornire alcun nuovo indizio. Se la persona che le ha fumate non si fosse servita di un bocchino, avrei anche potuto conservarle per esaminarne le eventuali impronte.» Qualche minuto dopo, Rollins riprese le forze e, un po' imbarazzato per essersi fatto attirare in un agguato con tanta facilità, tornò al suo posto di guardia, all'ingresso del corridoio. Piper e la signorina Withers proseguirono la loro indagine. «Darei chissà che cosa per conoscere lo scopo dell'aggressione di Rollins» confidò l'ispettore alla sua segretaria improvvisata. «E io darei più di lei per scoprire chi ha spruzzato l'acqua nel corridoio e vicino alla porta. Se fossimo scesi un po' prima...» «Forse uno di noi due avrebbe ora una ferita sulla fronte. In ogni modo il mistero è ben lontano dal chiarirsi. Il dottore afferma di non avere riscon-
trato sul corpo di Lester nessuna ferita che possa averne causato la morte. Vediamo un po'. Seymour avrebbe dovuto fermarsi qui, quando lo ha trascinato all'ingresso del corridoio.» Si inginocchiò sull'orlo del bacino, e dopo un momento continuò: «Allora, se Seymour non fosse colpevole, l'assassino sarebbe indubbiamente passato da questa parte. Ehilà...» Nel muoversi, Piper aveva urtato un condotto, e il suo cappello era caduto in acqua. Lo ripescò subito. Proprio in quel momento la signorina Withers, come se un'idea l'avesse improvvisamente colta, emise un piccolo grido e rivolgendosi all'ispettore bisbigliò: «Si ricorda il cappello che galleggiava sull'acqua mentre Donovan e Costello cercavano di richiamare in vita Lester con la respirazione artificiale? Che razza di cappello era?» Piper rifletté. «Non l'ho visto» disse poi «ma ricordo che Donovan mi ha in effetti parlato di un cappello.» «Beh, io ho potuto vederlo. Era un feltro floscio. Quel tizio di Chicago ha affermato invece che Lester portava un cappello duro.» L'ispettore si rialzò. «Ma sì!» esclamò. «Sproule ha detto proprio così, me ne rammento benissimo. Dunque, a meno che non si sia sbagliato, non era il cappello della vittima a galleggiare sull'acqua, ma quello dell'assassino. È lui che è tornato a riprenderlo stasera e che ha spruzzato l'acqua tutt'intorno.» «Invece di affrettarsi troppo a concludere» consigliò la maestra «sarebbe meglio indagare se, insieme al corpo di Lester, è stato portato via anche il cappello. È possibile saperlo?» «Certamente. Me ne occupo subito.» Ritornarono nell'ufficio del direttore, che li stava aspettando. «Che tipo di cappello porta?» gli chiese Piper a bruciapelo. «Un cappello duro, sia d'inverno che d'estate. Eccolo là, appeso alla porta. Ma perché questa domanda?» «Oh, nulla. Non avrebbe una sigaretta da offrirmi?» Hemingway estrasse di tasca un pacchetto di Lucky Strike, e l'ispettore ne prese una. «Credevo che fumasse Camel» osservò. «Oh, no» rispose Hemingway e, vedendo che Piper cercava con gli occhi un posacenere, ne prese uno di cristallo e lo posò sulla tavola. L'ispettore lo guardò distrattamente. «Bene» riprese scuotendo la cenere della sigaretta «credo che le mie
prime indagini siano terminate. Non la tratterrò più. Ho ancora qualche domanda da rivolgerle, ma posso aspettare. Grazie dell'aiuto che ci ha dato.» Uscito dall'acquario, espresse calorosamente la sua riconoscenza alla signorina Withers. «Dovrebbe entrare al servizio della polizia.» «È stata l'ambizione di tutta la mia vita» confermò la maestra. «Ma potrei sapere che domande intende ancora rivolgere al signor Hemingway?» «Voglio domandargli, prima di tutto, che cosa ha fatto di tutti i mozziconi di Camel di cui, nelle prime ore del pomeriggio, era pieno il posacenere di cristallo che adesso mi ha presentato vuoto.» «Forse ha l'abitudine di vuotarlo da sé» osservò la signorina. 7 Il tassì vuoto L'indomani, sabato, giorno di vacanza per la scuola, la signorina Withers si svegliò più presto del solito, nonostante avesse trascorso parte della notte a dattilografare gli appunti stenografici presi all'acquario. Alle sette il telefono squillò. Era l'ispettore Piper. «Signorina Withers? Ho da parlarle di molte cose. Potrebbe venire a colazione con me? Benissimo, verrò a prenderla tra un quarto d'ora.» La signorina Withers si rese conto di avere accettato forse con troppa premura. Ma indossò il vestito della domenica e, prima che il quarto d'ora fosse trascorso, era già pronta con la copia dattiloscritta in mano. Quando si furono seduti a un tavolino di caffè, davanti a una cioccolata fumante e ai pasticcini, presentò i fogli all'ispettore. «Li vedremo più tardi» disse questi allontanandoli con la mano. «Per il momento devo parlarle del cappello.» «Ah. Mi ero forse sbagliata?» «No. Donovan ha confermato di aver visto anche lui nella vasca, mentre si ripescava il corpo di Lester, un cappello floscio grigio scuro o nero. Gli uomini che hanno trasportato il cadavere dichiarano all'unanimità che non aveva cappello. Se dunque Sproule ha detto la verità, e non c'è ragione di dubitarne, risulta chiaro che il cappello floscio apparteneva all'assassino. Gli deve essere caduto, proprio come a me ieri sera.» «È un po' strano, tuttavia» osservò la signorina. «Com'è possibile che abbia abbandonato così il suo cappello, senza pensare che poteva essere un
indizio contro di lui? E inoltre ne aveva bisogno, se non voleva attirare l'attenzione quando si è confuso tra la folla.» «Mia cara signorina» ribatté Piper «un cappello che cade in acqua corre quasi sempre il rischio di bagnarsi, e il delinquente, se si tratta di lui, non poteva mettersi in testa un cappello grondante, tanto più che ciò avrebbe attirato l'attenzione. Non avendo tempo da perdere, ha semplicemente preso quello della vittima al posto del suo. Dev'essere una persona intelligente.» La signorina Withers posò la sua tazza. «Allora l'assassino» esclamò «quando è uscito dall'acquario portava un cappello duro! A meno che non sia riuscito a svignarsela per un miracolo, doveva trovarsi fra le persone riunite nell'ufficio di Hemingway. Non c'è che da identificare l'individuo con un cappello duro.» «Già» rispose Piper. «Per cominciare, Seymour ne portava uno, e questo lo denuncia in modo indiscutibile.» «Certo, ma non era il solo.» «Anche questo è vero. Hemingway ci ha mostrato il suo, e poi Sproule, Costello... e anche gli impiegati di Wall Street ne avevano uno. In questa stagione la maggior parte degli uomini porta un cappello duro.» «Sì» osservò giudiziosamente la maestra «ma uno degli uomini che si trovavano nell'ufficio del direttore ne aveva uno che non gli apparteneva.» «Questo non ci fa fare un passo avanti, poiché non abbiamo più sotto mano quelle persone» brontolò l'ispettore. «Tuttavia qualcosa abbiamo fatto. Sappiamo ora perché uno sconosciuto è tornato ieri sera alla vasca dei pinguini. Vorrei proprio sapere dove si trovava quel cappello floscio nel tempo trascorso da quando lei lo ha visto al momento in cui qualcuno ha cercato di ripescarlo alla luce di una torcia.» «Forse sott'acqua, dove è rimasto invisibile. Sarebbe stato necessario vuotare la vasca.» «Lo so. Sarà fatto questa mattina, ma senza dubbio è troppo tardi. In ogni caso un fatto è definitivamente assodato.» «Quale?» chiese la signorina Withers. «Che l'assassino è un uomo... ammesso che si tratti di assassinio, poiché bisogna pure ammettere che non sappiamo ancora se Lester è morto in seguito a paralisi cardiaca o a un'emorragia cerebrale, conseguenza dei pugni ricevuti da Seymour. Tutto fa credere, peraltro, che sia stato commesso un delitto. Infine, abbiamo un cappello da uomo...» «Questo particolare non è affatto decisivo» disse la signorina Withers.
«La persona che si è nascosta nei gabinetti e ha poi aggredito Rollins può aver agito per ragioni del tutto estranee alla questione del cappello.» «Eh, sì, è una faccenda molto complicata» sospirò Piper. «In ogni modo, signorina, tengo a felicitarmi con lei e a ringraziarla. La sua perspicacia mi è stata preziosissima.» «Ciò significa» interruppe la maestra «che posso ritornarmene alla mia scuola.» «Mia cara signorina, che cosa vorrebbe fare? Non può accompagnarmi ovunque possano condurmi le esigenze dell'indagine. Sono cose che non si fanno... D'altronde, anche lei ha i suoi impegni professionali.» «Ho una supplente a mia disposizione per qualche settimana» ribatté la signorina Withers. «Per tutta la vita ho sognato di potermi occupare di un caso poliziesco. In fin dei conti, credo che tornerebbe a suo vantaggio farsi aiutare da una persona come me, che non ha l'aria di appartenere alla polizia.» «Sì, sì» ammise Piper con bonomia, mentre uscivano dal caffè. «Tuttavia la cosa mi sembra un po' difficile.» Chiamò un tassì, e, mentre si accingeva a salire, soggiunse: «Mi ha aiutato molto, e la ringrazio di nuovo. Autista, mi porti al Fleming Trust Building, al numero 138 di Wall Street.» La vettura si mosse lasciando la signorina Withers sul marciapiedi. Lei si strinse nelle spalle e, per un po', rimase immobile seguendo il tassì con lo sguardo. Proprio in quell'istante ne scorse un altro all'angolo della strada, sul punto di partire. Era una vecchia Ford, ancora abbastanza veloce, che si mise a seguire l'auto di Piper fino all'estremità del viale. Le due macchine, una dopo l'altra, svoltarono in una via laterale. Allora la signorina Withers non esitò, prese la metropolitana per la Quattordicesima Strada, cambiò treno e scese, incamminandosi tranquillamente lungo il fiume per due isolati. Era in anticipo di dieci minuti sul tassì di Piper. Non appena lo scorse, fece un cenno all'autista; questi rispose indicando il tassametro per intendere che non era libero. L'ispettore, avendola riconosciuta nel frattempo, picchiò sul vetro ordinando di fermare. «Signorina!» esclamò. «In nome del cielo, che altro vuole da me?» La signorina Withers salì e si sedette al suo fianco; la vettura ripartì. Lei gettò un'occhiata alla strada. «Non so se ha pensato che ieri la signora Lester ha percorso in senso inverso queste strade.» «E allora?» «Ieri ha citato la possibilità che fosse stata seguita, non è vero?»
«Sì, ma...» «Ebbene, in questo istante c'è qualcuno che segue lei. Guardi quella Ford. L'ho vista mettersi sulle sue tracce e, come vede, continua a seguirla.» «Ah» fece Piper. «E ha visto la persona che c'è dentro? È un uomo o una donna? L'ha riconosciuta?» «No» rispose la signorina Withers, scuotendo la testa «ho semplicemente immaginato che quel tassì seguisse il suo, e ho fatto in modo di venire ad avvertirla.» «Grazie, ora vediamo di chi si tratta.» L'ispettore diede un ordine e l'autista, con abile manovra, si lasciò raggiungere dalla Ford. In un attimo Piper balzò dalla vettura, mostrò il suo distintivo e aprì la portiera del tassì sospetto. Era vuoto! «Dov'è sceso il suo cliente?» chiese l'ispettore all'autista. «Era un uomo o una donna? Presto, parli!» «C'è un equivoco» rispose l'autista. «Non portavo nessuno, gironzolavo a caso.» Piper entrò nel tassì ed esaminò lo sportello del lato opposto, che trovò mal chiuso. Guardò il tassametro, la cui bandierina era alzata, poi, stringendosi nelle spalle, fece cenno all'autista di proseguire per la sua strada. La signorina Withers lo raggiunse correndo proprio allora. «Falso allarme» le disse Piper. «Qualcuno può essere saltato giù dall'auto accorgendosi della nostra manovra, e in mezzo alla folla si fa presto a sparire» obiettò la maestra. «Uhm» fece l'ispettore. «Non mi pare plausibile, e credo che lei abbia sospettato a torto un autista innocente. Ci sono centinaia di Ford come quella, per le vie di New York.» La signorina Withers non disse nulla: rifletteva. A un tratto si chinò, raccolse un fogliettino giallo che lo spostamento d'aria causato dalla partenza del tassì aveva spinto fin sul marciapiedi e lo tese a Piper. Era uno scontrino di tassametro per un dollaro e sessantacinque centesimi. «Questo scontrino è volato fuori dalla vettura che ci seguiva. Guardi: è per un dollaro e sessantacinque centesimi. Ho pagato il tassì che ha preso uscendo dal caffè, e la cifra era la stessa. Ciò prova che le due macchine hanno percorso la stessa distanza.» 8 La segretaria del signor Lester
«Ecco una cosa che non chiarisce affatto la situazione» dichiarò Piper. «Vuole accompagnarmi, signorina?» E, dopo un istante di riflessione, aggiunse: «Desidero andare subito a dare un'occhiata all'ufficio della vittima, prima che arrivino gli impiegati.» Presero un altro tassì e, quando arrivarono a Wall Street e si fermarono davanti al grande fabbricato della Fleming Trust Company, erano già le otto e mezzo passate. Numerosi impiegati di banca, avanguardia dell'imponente esercito della finanza americana, si dirigevano verso i rispettivi uffici. Sulla porta principale, una targa di metallo portava scritto il nome della ditta: WHITE & LESTER, AGENTI DI CAMBIO, PRIMO PIANO. I due visitatori salirono senza servirsi dell'ascensore ed entrarono nei locali dell'ufficio, situato in fondo a uno stretto corridoio. «Ho un mandato di perquisizione da mostrare, se necessario» spiegò Piper. Fu inutile. Nell'anticamera non c'era che l'usciere, un ragazzo cui il distintivo di Piper ispirò subito il più grande rispetto. «È qui che il signor Lester svolgeva la sua attività?» domandò l'ispettore, entrando nelle stanze dell'ufficio, vuote e tristi. Diede ordine al ragazzo di allontanarsi. Questi obbedì e, nell'andarsene, lasciò il giornale del mattino che stava leggendo. Piper lo raccolse. Uno dei titoli di testa era: "Suicidio di un agente di cambio all'acquario". Ciò bastò per far capire alla signorina Withers che l'ispettore non aveva fatto parola ai giornalisti della confessione di Seymour, e in cuor suo l'approvò. «Ma come mai gli uffici sono ancora deserti, a quest'ora?» domandò. «È sabato, e la Borsa è chiusa» rispose l'ispettore, sedendosi davanti a un tavolo ingombro di lettere e di documenti che Lester doveva avere lasciato lì il giorno prima, andandosene precipitosamente. Aprendo i cassetti, trovò in quello di sinistra una pistola calibro 45, carica, che sembrava non essere stata usata. La mise in tasca, e nello stesso tempo tirò fuori l'astuccio dei sigari e ne prese uno. Stava per accenderlo quando nella stanza vicina si udì aprire una porta. In tutta fretta Piper si tolse il sigaro dalle labbra, afferrò per il polso la signorina Withers e andò a nascondersi con lei dietro un alto casellario. In quel momento una ragazza entrò senza togliersi né cappotto né cappello e, lasciando aperta la porta, andò dritta verso lo scrittoio di Lester, aprì il primo cassetto a sinistra e vi introdusse la mano.
«Se cerca la rivoltella del signor Lester, ce l'ho io» disse l'ispettore mostrandosi. La ragazza trasalì. Le sue mani ebbero un tremito, ma si dominò subito. «Che cosa fate qui?» chiese. «E perché vi nascondete? Sono la segretaria particolare del signor Lester, e chiamerò la polizia se...» «Qual è il suo nome?» la interruppe Piper esibendo il distintivo. «Templeton, Marian Templeton» rispose la ragazza. Piper le indicò una sedia. «No, grazie. Preferisco rimanere in piedi.» Non poteva avere più di ventitré o ventiquattro anni. Era graziosa e vestiva elegantemente, ma senza ostentazione. L'ispettore si sedette comodamente e accese il sigaro. «Mi permetta di farle qualche domanda, signorina Templeton» cominciò. «Sono sicuro che non chiede di meglio che facilitare le nostre indagini sulle cause della morte del suo principale. So che possiamo contare sul suo aiuto. Mi dica dunque perché stamattina, appena arrivata, è venuta a cercare la rivoltella.» La ragazza alzò le spalle. «Perché immaginavo che la polizia sarebbe venuta a fare una perquisizione» rispose «e siccome il signor Lester non aveva denunciato l'arma, ho creduto bene...» «Ho capito. È da molto tempo che è impiegata nella ditta?» «Da cinque anni. Ero già la segretaria del signor Lester prima che venisse a stabilirsi qui, come socio del signor White. E ora che sarà di noi? Che catastrofe, non ho dormito tutta la notte... Ma perché si sarà ucciso?» «Se può consolarla un po', le dirò che il signor Lester non si è ucciso... è stato assassinato.» Piper pronunciò queste parole a voce alta e in tono minaccioso, ma la signorina Templeton non batté ciglio. «Ho dato ai giornalisti la versione del suicidio per essere lasciato in pace» proseguì l'ispettore. «Ora resta da scoprire l'assassino. Può aiutarci?» «Io? E come? Perché non interroga la bella signora Lester, sua moglie? Sono certa che ne sa molto più di me, lei...» «Si, sì, lo so» disse Piper cortesemente. «In ogni modo, la prego di dirmi tutto quello che sa. Era presente ieri mattina, quando il signor Lester è arrivato? Mi racconti com'è andata.» «Non è successo proprio nulla di straordinario. Come al solito sono arrivata alle nove e un quarto. Il signor Lester è venuto mezz'ora dopo.» «Le è sembrato preoccupato o turbato?»
«No, cioè, né più né meno dei giorni precedenti. Del resto aveva molti grattacapi, dopo la crisi finanziaria che lo ha fortemente colpito, come quasi tutti gli agenti di cambio. I suoi interessi erano strettamente legati a quelli delle compagnie cinematografiche, e le perdite sono state forti. Non dovrei parlarne, forse, ma tutti sapevano che non regnava più l'armonia fra sua moglie e lui.» «A causa di che cosa?» «A dire la verità, non ne so nulla.» «Ecco una cosa che mi stupisce» disse Piper con calma. «Generalmente, dopo cinque anni di servizio, una segretaria privata ne sa più del principale stesso, tanto sul suo conto che su quello della moglie. Sia sincera, signorina Templeton.» «Oh, signore, non c'è bisogno di essere segretaria particolare per sapere che la signora Lester è una sciocchina che non pensa che a sperperare denaro. Si capisce allora che le cose vadano male, quando i fondi cominciano a scarseggiare. D'altronde, non aveva né simpatia né vero affetto per suo marito. Il matrimonio era stato combinato dal padre, il vecchio signor White, e neppure il signor Lester era molto innamorato di Gwen White.» «Come può esserne così certa?» La signorina Templeton strinse le belle labbra rosse e, per un momento, apparve alquanto sconcertata; ma poi aggiunse, con un sorriso che avrebbe disarmato chiunque: «Oh, lo so perché, come ha detto lei, una buona segretaria privata conosce il suo principale meglio di quanto si conosca lui stesso.» «Benissimo. Torniamo al momento in cui Lester è arrivato qui, ieri mattina...» «Ali ha dato il buon giorno, ha posato cappello, soprabito e bastone, è uscito dal mio ufficio, che è là, di fianco al suo, e un secondo dopo mi ha pregato di portargli la corrispondenza. Poi mi ha dettato alcune lettere.» «Mi permetta... Mentre lui leggeva la corrispondenza non ha osservato se qualche cosa lo avesse sorpreso, turbato?» La ragazza scosse il capo. «No. D'altra parte, ho classificato io stessa tutte le lettere ricevute e posso mostrargliele, se vuole. Ho anche la copia di quelle che mi ha dettato. Erano tutte lettere d'affari.» «Va bene, continui.» «Poi mi ha chiesto di chiamare il signor Fairchild, il capo venditore.» «Ha ricevuto visite durante la mattinata?»
La signorina Templeton rifletté un istante. «No» disse poi «non è venuto nessuno. Gli affari vanno male, lo sa, e da qualche tempo il signor Lester affidava tutto il lavoro fuori ufficio al signor Fairchild. Lui...» «Quanto tempo è rimasto nell'ufficio di Lester, il signor Fairchild?» «Quasi un'ora. Quando se n'è andato, cioè verso mezzogiorno, il signor Lester è uscito in gran fretta senza dirmi, come faceva sempre, a che ora sarebbe tornato. Ha preso il cappello...» «Che tipo di cappello?» interruppe la signorina Withers, che per la prima volta manifestava la sua presenza. La ragazza la osservò con sorpresa, ma Piper le fece segno di rispondere. «Un cappello duro» disse. «Il signor Lester non portava che quelli.» «E il bastone, che tipo di bastone era?» La segretaria rifletté di nuovo un momento. «Un bastone di malacca, con un gran pomo rotondo. Di solito ne usava uno molto più leggero, col manico curvo.» «Ecco un particolare molto importante» osservò Piper. «Può dirci da quando Lester aveva cambiato il bastone da passeggio con un altro molto più pesante, un vero randello, direi?» «Da una settimana circa... Ma perché mi fa questa domanda?» «La ringrazio molto delle sue informazioni» rispose Piper evasivo. «Una parola ancora. Sa quale fosse l'argomento del lungo colloquio fra Lester e Fairchild?» «No, signore.» «Eppure il suo tavolo si trova vicino alla porta di comunicazione. Non ha sentito nulla?» «Non ascolto mai le conversazioni che avvengono nell'ufficio del signor Lester.» «Ne sono certo, ma speravo che avesse una vaga idea di quello di cui avevano parlato.» «No... affatto» rispose la ragazza con una lieve esitazione. Piper ne approfittò. «Suvvia, signorina Templeton» disse «sia franca, faciliti il compito della giustizia. Non voglio importunarla o procurarle delle noie, ma...» «Ebbene» confessò la segretaria «credo di sapere in realtà di che cosa si trattava, e non perché abbia origliato alla porta, ma perché durante il colloquio il signor Lester mi ha dato da dattilografare un foglio che doveva essere consegnato al signor Lathrop. Vado a prenderlo.»
Andò alla sua scrivania e tornò quasi subito con un appunto dattilografato, concepito così: "Per il signor Lathrop: dato che il signor Fairchild deve lasciare la ditta il 18 novembre, la prego di fare subito il conto delle commissioni che gli sono dovute e di preparare l'assegno, che mi manderà per la firma. G. Lester". Piper rese il documento alla signorina Templeton. «Questo Lathrop è il cassiere, suppongo?» «Sì, signore.» «Crede che il signor Fairchild abbia dato le dimissioni, o che gli siano state imposte?» «Non ne so nulla; bisogna domandarlo a lui. Quello che posso dire è che, dopo la crisi, il signor Lester ha dovuto licenziare parecchi impiegati fra i più importanti. Il signor Fairchild riceveva ogni mese ottocento dollari d'anticipo sulle commissioni che gli erano dovute.» «Capisco» commentò Piper. «Ah, dove ha fatto colazione ieri?» «Alla rosticceria dell'Exchange, come al solito. Perché?» «Sola o con qualche suo conoscente o amico?» «Sola.» Si udì un rumore nell'anticamera, e la ragazza ebbe un gesto di stanchezza. «Ha altre domande da farmi, signor ispettore?» chiese. «Non lo so» rispose Piper riaccendendo il sigaro. «Potrebbe portarmi l'incartamento di uno dei vostri clienti... un certo signor Sproule, di Chicago.» «Non abbiamo nessun cliente con questo nome.» «Allora quello del signor Costello.» Mentre parlava, l'ispettore sorvegliava attentamente l'espressione della giovane segretaria, ma non vi scorse la minima traccia di timore o di esitazione. «Neppure il signor Costello è nostro cliente» rispose lei. «Ebbene, allora mi porti il fascicolo del signor Bertrand B. Hemingway.» La signorina Templeton sorrise. «Il signor Hemingway? Abbiamo chiuso il suo conto circa tre settimane fa. Non ha più rapporti d'affari con la nostra ditta.» 9 Lo spillone da cappello
«Non mi resta che una cosa da chiederle, signorina Templeton, e poi non la tratterrò oltre. Ieri, un po' prima di mezzogiorno, qualcuno ha telefonato al signor Lester?» «No, nessuno che io sappia. Di solito rispondo io al telefono; secondo il caso, chiedo poi al signor Lester se vuole mettersi in comunicazione.» «Perché il signor Lester si circonda, o piuttosto si circondava, di tante precauzioni?» «Era una cosa inevitabile» spiegò la ragazza. «C'è tanta gente che con la crisi ha perduto fino all'ultimo centesimo, e gli agenti di cambio sono continuamente esposti a recriminazioni e anche a minacce. Nella maggior parte dei casi non hanno alcuna colpa di queste improvvise rovine, poiché non possono impedire ai clienti di comprare o vendere come meglio credono. Eppure i clienti se la prendono sempre con loro.» «Capisco. Ma affinché io possa avere l'assoluta certezza che il signor Lester non ha ricevuto nessuna comunicazione telefonica al momento indicato, vuole mandarmi l'impiegata del centralino?» La signorina Templeton si ritirò con una fretta mal dissimulata. Qualche secondo dopo, un'altra impiegata, dai capelli rossi, entrò con aria sfrontata masticando gomma. «Sono Maggie Colton» disse senza aspettare di essere interrogata «e rispondo al centralino. Volete spremermi?» «Ma no, figliola» rispose Piper cortesemente. «Solo una domanda. Volevo chiederle perché ieri, verso mezzogiorno, ha passato una chiamata telefonica al signor Lester senza passarla prima alla signorina Templeton.» «Ieri mattina? Ah, sì, mi ricordo. Il signore che telefonava ha detto che si trattava di una cosa importantissima e della massima urgenza. Allora l'ho messo direttamente in comunicazione con il signor Lester. Ecco tutto.» «Sì, ecco tutto» riprese Piper, guardando la signorina Withers. Poi, rivolgendosi alla telefonista, continuò: «Che voce era? Una voce d'uomo, ha detto. Una voce molto bassa?» «No, signore. Una voce... una voce qualsiasi, ecco.» «Acuta, nervosa, come questa...» E Piper pronunciò qualche parola imitando il timbro stridulo e un po' stonato di Hemingway. La signorina Colton fece con la testa un cenno di diniego. «Allora una voce così» continuò Piper, imitando alla perfezione la voce calda, ma un po' pastosa, di Costello.
«No, no, affatto» disse la ragazza. «Si sentiva indistintamente, tanto che sulle prime ho creduto che si trattasse di una comunicazione interurbana. Invece era proprio locale.» «E se fosse stata una donna che contraffaceva la voce?» «Impossibile. Sono sicura che era un uomo.» «La ringrazio, può andare. Mi dia, senza passare la comunicazione alla signorina Templeton, il numero trentuno, zero, zero, Spring.» Qualche minuto dopo Piper era in comunicazione con la polizia. La signorina Withers lo sentì chiedere, per prima cosa, se avevano ricevuto il rapporto definitivo del medico legale. «Gli ricordi la questione» raccomandò. «Gli dica che voglio sapere al più presto la causa della morte del signor Lester. Preghi poi il tenente Keller di mandarmi qui al Fleming Trust Building, negli uffici della White & Lester, due esperti in grado di esaminare rapidamente la contabilità. Stamattina stessa, per piacere. Mi mandi anche un agente con un mandato di perquisizione, Taylor se è possibile... ma anche un altro va bene... Sì, sì, arrivederci.» Riagganciò e si rivolse alla signorina Withers, dicendo: «Bisognerà pure che veniamo a capo di qualcosa.» «Certo» annuì l'insegnante, passando distrattamente la mano tra gli incartamenti di un casellario. «To'!» esclamò a un tratto. «E questo cos'è?» Aveva urtato con le dita, dietro una cartella che non era stata spinta fino in fondo al cassetto, un oggetto duro che si affrettò a tirare fuori: un vasetto d'argento dall'imboccatura lunga e stretta, fatto per contenere un solo fiore. «Non sarà con questo che hanno ucciso Lester?» disse Piper accostandosi per esaminarlo. La signorina Withers scosse il capo. «In generale» osservò «non si mettono i vasi da fiori dietro i documenti. Ho sentito dire che tutti i misteri si chiarirebbero se si sapessero osservare i particolari fuori dell'ordinario, come questo.» «È probabile che sia caduto dietro i fascicoli e sia stato dimenticato» osservò Piper. Tuttavia prese il vasetto e lo depose sullo scrittoio di Lester. «In ogni caso» aggiunse «è certo che fa parte dell'arredamento, poiché è dello stesso tipo del posacenere e degli altri soprammobili. Ma non ci perdiamo in considerazioni inutili, e dal momento che dobbiamo aspettare rileggiamo, se le va, la copia dei suoi appunti di ieri.» La lettura non era ancora terminata quando bussarono alla porta. Tre agenti in borghese vennero introdotti dalla signorina Templeton. Piper atte-
se che questa si fosse ritirata e, senza occuparsi di presentarli alla signorina Withers, si rivolse al più grosso dei tre, un pezzo d'uomo dall'aspetto di un camionista, se non fosse stato per le mani delicate, con lunghe dita. «Taylor» disse a mezza voce «la dattilografa che ha visto poco fa, quella che vi ha fatto entrare, si chiama Marian Templeton. Abita al Greenwich Village, Morton Street 19. Vorrei che, mentre è ancora qui, lei andasse a dare un'occhiata al suo appartamento. Poi la pedinerà. Se scoprirà qualche cosa d'importante, mi telefoni in ufficio. Era la segretaria privata di Gerald Lester.» «Capito» rispose Taylor, che salutò e uscì. Piper staccò il ricevitore. «Preghi il signor Fairchild di venire qui.» Frederick Fairchild era giovane, e aveva un paio di baffetti impomatati che gli ornavano il labbro superiore. Vestito con ricercatezza, portava una giacca blu a quadretti, ghette grigie e camicia floscia. «Non credevo che sarebbe tornato, oggi, dopo la conversazione avuta ieri con Lester» gli disse Piper. «Saprà naturalmente perché sono qui. Può aiutarmi nell'inchiesta?» «Sono a sua disposizione» rispose Fairchild. «Non avevo infatti nessuna intenzione di venire, ma il signor Lester doveva firmare il mio assegno.» «Ha avuto con lui una discussione... un po' vivace, quando l'ha licenziata.» «Una discussione!» esclamò Fairchild. «Sospetta forse che l'abbia ucciso io? So che corre voce che non si tratti di suicidio, ma non c'è stata nessuna lite tra noi. Mi ha semplicemente detto che non poteva più tenermi. Me lo aspettavo. I clienti sono diventati rari, gli affari non si concludono più, e perciò anche le commissioni mancano. Si capisce, dunque, come la ditta non potesse continuare a versarmi un forte mensile come anticipo di commissioni... inesistenti.» «Allora tutto è andato bene, con Lester?» «Certo. Ci siamo lasciati da buoni amici.» «Benissimo» riprese Piper. «Questi due signori sono contabili alle dipendenze della polizia. Desidero che esaminino i libri della ditta. Ho un regolare mandato di perquisizione, e le sarei molto riconoscente, signor Fairchild, se volesse aiutarli in tale compito. Per il momento, tutto quello che occorre è la lista dei clienti che hanno perduto somme considerevoli negli ultimi dissesti.» «Sono interamente a sua disposizione» dichiarò Fairchild, dirigendosi
verso la porta. «Ancora una parola» continuò l'ispettore. «Dove ha fatto colazione ieri, e con chi? È una semplice formalità.» Fairchild esitò. «A dire il vero» rispose poi «non ho fatto colazione. Ero un po' turbato, in fondo, per avere perso l'impiego. Avevo bisogno di riflettere e sono andato a fare una passeggiata a Battery Park.» «Sa senza dubbio che è proprio da quelle parti che Lester è stato assassinato.» «Sì, lo so. All'acquario... Ma non ci ho messo piede.» «Va bene. Per il momento mi pare che non ci sia altro. Ah, a proposito, riconosce quest'oggetto?» Fairchild guardò sorridendo il vasetto che Piper gli mostrava. «Ma sì, certo, lo chiamavamo la coppa del sacrificio. La segretaria di Lester, la signorina Templeton, aveva l'abitudine di portare ogni mattina una rosa e mettercela dentro. Ma da qualche giorno non la vedevamo più arrivare con il suo fiore accuratamente avvolto.» «C'era qualcosa tra la signorina e il principale?» «Evidentemente. Da parecchi anni era la segretaria di Lester, e lui non ha mai voluto separarsi da lei neppure quando... Beh, non importa. Insomma, l'ha sempre tenuta gelosamente presso di sé.» «Anche quando la signora Lester ha trovato da ridire?» «Appunto, ha indovinato. La signora avrebbe desiderato che suo marito avesse una segretaria un po' più seria, diceva, ma Lester non ha mai voluto sentirne parlare. Abbiamo visto la signorina Templeton riattaccargli persino i bottoni del cappotto.» «Grazie, Fairchild, è tutto ciò che volevo sapere. Ma può darsi che uno di questi giorni debba parlare nuovamente con lei. Adesso abbia la compiacenza di mostrare la contabilità ai signori.» I due esperti della polizia seguirono Fairchild. «Beh» disse Piper alla signorina Withers «che gliene pare? Vede la faccenda sotto una luce diversa?» «Per niente» rispose la maestra. «Mi sembra, al contrario, sempre più oscura. Potrei sapere se lei, almeno, ha scoperto una buona pista?» «Ahimè, no, mia cara signorina» ammise Piper ridendo. «Getto lo scandaglio in tutte le direzioni, ma non vedo ancora affiorare nulla di preciso. Tutto quello che posso dire è che presto o tardi il colpevole commetterà qualche errore grossolano, e che noi nel frattempo avremo riunito gli ele-
menti necessari per accusarlo e provare l'accusa.» Così dicendo, Piper sollevò il ricevitore e chiese di nuovo la comunicazione con la polizia. «Pronto? Ha avuto il rapporto del dottor Bloom? Ah, allora gli dica... o piuttosto no, gli telefonerò io direttamente. Pronto? Sì, parlerò a Casey. È lei, Mike? È riuscito a incontrarsi con quella ragazza? Sì? Allora ha le calze? Le mandi subito alle analisi. Bisogna cercare a mezz'altezza, circa, della gamba destra... Va bene, sì. Adesso mi dia la comunicazione con il dottor Bloom.» Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Piper, tenendo la mano sul microfono, disse alla signorina Withers: «Sa che ho dato a uno dei miei agenti l'incarico di procurarsi, in un modo o nell'altro, le calze che la signora Lester portava ieri, quando era all'acquario? Avevo notato una macchia sospetta e... Pronto, dottore» continuò togliendo la mano dal microfono. «Sì, sono l'ispettore Piper. La ascolto.» Senza dubbio il medico dovette fargli un rapporto particolareggiato, perché il discorso fu lungo. Finalmente Piper riprese la parola. «Paralisi cardiaca? Sì, va bene, ma qui si tratta di sapere che cosa l'ha provocata. Non posso credere che un uomo robusto come Lester sia morto per un pugno in faccia... Ma certo, continui le analisi. Se un esame del cranio può servire, lo faccia. Tenti l'impossibile e mi richiami appena avrà scoperto qualcosa di nuovo. Ma faccia presto. Come? Eh? Al mio ufficio sanno sempre dove trovarmi.» Riattaccò il ricevitore e accese un altro sigaro. Sul posacenere di Lester ce n'erano già quattro spenti appena cominciati. Piper non riusciva a tenerli accesi. «Capisce?» disse sovreccitato. «Bloom, il più abile medico legale di New York, non riesce a scoprire le cause della morte di Lester. Non si è riscontrata sul corpo la minima ferita, nei polmoni non c'è acqua. Dall'esame delle viscere non è risultata alcuna traccia di sostanze venefiche, nulla, nulla...» «Oh, ma ci sono mille altre ipotesi plausibili, lo sa bene» ribatté la signorina Withers. «Chissà, Lester può essere morto di paura vedendo la propria faccia riflessa sul vetro della vasca.» «Basta, basta» interruppe l'ispettore ridendo. «Per farla riposare un po', dopo tutto questo dispendio di immaginazione, le proporrei prosaicamente di accompagnarmi da Hemingway. Vediamo come ci spiegherà perché giocava in Borsa attraverso un agente di cambio che asserisce di conoscere
appena.» La signorina Withers si guardò attorno. «Sono appena ventiquattrore» disse pensosamente «che Gerald Lester, ancora pieno di vita, stava uscendo dal suo ufficio per andare all'acquario, dove lo attendeva la fine. Mi domando se sia stata quella telefonata urgente a guidare i suoi passi verso la morte.» «Evidentemente sì» disse Piper. «Qualcuno deve averlo avvertito che in quel momento sua moglie si trovava con un uomo, indicandogli dove, ed è bastato questo a farlo accorrere subito. Credo che se si potesse riuscire a identificare chi ha telefonato... Sì, bisogna che me ne occupi immediatamente.» Staccò di nuovo il ricevitore. «Pronto, parla l'ispettore Piper. Mi dia la direzione dei telefoni.» Gli rispose il direttore in persona. Piper spiegò ciò che voleva. «Disponga tutte le ricerche necessarie» aggiunse. «È una cosa importantissima. Sì, un po' prima di mezzogiorno... comunicazione urbana... grazie. E adesso andiamo» disse, rivolto alla signorina Withers. «Speriamo che le ricerche non vadano troppo per le lunghe. Può essere stato un domestico ad avvertirlo. In ogni modo, vedremo.» Mentre stavano per uscire dalla stanza, il telefono squillò di nuovo. L'ispettore si precipitò all'apparecchio. «Pronto? È lei, dottore? Sì, sono l'ispettore Piper. Come dice? Ah, benissimo. L'ascolto.» La comunicazione del medico legale non fu lunga. Una luce strana brillava negli occhi di Piper mentre riagganciava il ricevitore. «Il dottore sa adesso a che cosa attribuire la morte di Lester» disse raggiungendo la signorina Withers. «Il disgraziato...» «È stato assassinato, vero?» lo interruppe la maestra, impaziente. «Sì, ed esaminando il cervello il dottore ha scoperto...» «Avanti, senza tanti giri di parole» incalzò la signorina Withers, che sembrava molto agitata. «Veniamo ai fatti. Non abbia paura, non cadrò svenuta.» «D'accordo. Ecco, dunque. Gerald Lester è stato ucciso con una lunga punta, probabilmente metallica, che qualcuno gli ha introdotto nell'orecchio destro e che, forando il timpano, è penetrata fino al cervello. Deve essere morto istantaneamente, senza difendersi, e non ha perduto che pochissimo sangue. Lo strumento omicida, subito ritirato, non ha quasi lasciato traccia, e se non avessimo insistito perché il dottore facesse l'esame necroscopico del cervello, si sarebbe concluso che si trattava di paralisi cardiaca.
Bloom afferma che la punta metallica doveva essere più sortile di quella degli stiletti ordinari, e di un acciaio di ottima tempra, poiché non dev'essersi spezzato né contorto. Sebbene l'orecchio sia un punto molto vulnerabile...» La signorina Withers aveva ascoltato con molta attenzione. Per un momento rimase in silenzio, poi disse a mezza voce: «Ho un'idea. C'è qualche disposizione che la obblighi a fornire alla stampa e al pubblico una piena e completa informazione su questo caso?» «Non capisco cosa voglia dire.» «Il medico legale fa rapporto a lei solo, non è vero?» «Certo, ma in tribunale dovrà deporre e ripetere le sue conclusioni.» «Già. Ma il processo non è ancora cominciato e, per il momento, tre persone soltanto sanno come è morto Lester. Il dottore, lei e io.» «Dimentica il quarto» osservò tranquillamente l'ispettore «e cioè l'assassino.» «Ha ragione, ma...» La signorina Withers spiegò a bassa voce la sua idea. Piper scosse la testa. «Impossibile» commentò. «Devo rendere conto di tutto al procuratore, Tom Roche.» «No, no» insisté la signorina Withers. «Nulla può costringerla, dal momento che il suo silenzio è un mezzo per scoprire l'autore o gli autori del delitto. In ogni caso non prima del processo, intesi?» Piper esitava, guardando davanti a sé con lo sguardo vago di chi riflette profondamente. A un tratto i suoi occhi si ravvivarono e si fissarono con intensità sul cappello della maestra. Lei se ne accorse, restò un momento pensosa, poi osservò: «Ha detto una punta più sottile e più lunga di uno stiletto ordinario? Allora è del tutto verosimile che Lester sia stato assassinato con il mio spillone da cappello.» Piper si fece grave e il suo volto si rabbuiò. «Precisamente» disse. «È proprio a questo che pensavo.» 10 La macchia sulla calza di seta Lentamente la signorina Withers alzò il braccio, si tolse lo spillone e lo porse all'ispettore. Ma il suo solito brio era scomparso. «Faccia attenzione a non pungersi» disse per dissipare un poco l'imba-
razzo che gravava su di loro. Piper non batté ciglio. «Allora, dica qualcosa» riprese lei, acida. «Se arriva al punto di sospettare che abbia ucciso io Lester, perché non mettermi le manette?» «Taccia un momento» disse l'ispettore. «Non vede che cerco di riflettere? Dice di aver perso questo spillone ieri, e che i suoi allievi si sono messi a cercarlo per l'acquario?» «Ma sì. Ed è stato il piccolo Abraham, un bambino molto svelto, a ritrovarlo sul primo gradino della scala, vicino alla vasca dei pinguini. E poi, caro signore, ho quindici testimoni che la informeranno su tutto quello che ho detto e fatto durante la visita all'acquario. I miei allievi mi sono rimasti intorno costantemente e non si sono allontanati di un passo fino a quando, mentre stavamo per uscire, mi sono accorta della scomparsa dello spillone.» «Già» osservò Piper «ma in quel momento...» La signorina Withers si fermò di colpo, vedendo che l'ispettore tirava fuori dalla tasca una lente per esaminare lo spillone. «Inutile cercare le impronte digitali» disse lui. «È passato per troppe mani, e poi il solo fatto di averlo riappuntato al cappello sarebbe bastato a cancellarle. In ogni modo la prima cosa da fare è quella di assicurarsi se la punta corrisponde esattamente alla perforazione che ha provocato la morte di Lester. In seguito, un'analisi accurata potrà forse rivelare qualche traccia di sangue.» Avvolse accuratamente lo spillone, quindi riprese: «Dicevamo? Ah, ecco, mi diceva che i suoi allievi non si sono allontanati da lei prima di mettersi alla ricerca dello spillone.» «È esatto. Del resto, li ho seguiti.» «Non ne dubito, ma un'abile requisitoria potrebbe, a rigore, convincere i giurati che ha avuto il tempo di avvicinarsi a Lester e conficcargli lo spillone nell'orecchio, mentre i ragazzi, come uno stormo di passeri, si disperdevano per cercarlo. Le sarebbe poi stato facile lasciarlo cadere sul primo gradino della scala, dove, naturalmente, uno di quei monelli lo avrebbe trovato.» «E può immaginare una cosa simile, lei?» «Mia cara signorina Withers, un buon poliziotto non immagina mai nulla. Sa o non sa. E in attesa di sapere ha il diritto e il dovere di sospettare di tutti. Perciò io sospetto, per il momento, che in questa faccenda il suo spillone abbia avuto una certa parte... non lei, intendiamoci, poiché non aveva alcun motivo di odiare a morte il signor Lester, non è vero?»
Si interruppe, e il suo sguardo si fece cupo. «Non mi ha detto» aggiunse «che un tempo abitava nell'Iowa?» Le sue parole sembravano non avere alcun nesso logico con le precedenti. «Sì» rispose la signorina Withers. «Perché?» Piper non rispose, ma attraversando di nuovo la stanza andò a frugare in un cassetto dello scrittoio di Lester. In mezzo ai prospetti delle agenzie di viaggio trovò ciò che cercava e che gli era bastato intravedere un'ora prima, per una frazione di secondo, mentre ispezionava i cassetti. Era una vecchia cartolina postale indirizzata a Gerald Lester, che riportava queste parole: "Caro ex alunno, due righe soltanto per ricordarti che il 15 ottobre prossimo l'Associazione degli ex allievi della scuola superiore celebrerà il suo cinquantesimo anniversario. Per l'occasione verrà disputato un incontro di calcio e ci saranno altre attrazioni. Spero che sarai dei nostri". La cartolina portava la firma di Horace Fleetwit, presidente dell'associazione, e il timbro postale era "Cedar Rapids, Iowa". «È nata nell'Iowa, signorina Withers?» «Sì, sono nata a Dubuque, dove ho fatto tutti i miei studi... ma perché?» «Oh, semplice curiosità.» La signorina Withers fece un movimento brusco e, prima che l'ispettore potesse impedirglielo, riaprì il cassetto e si impadronì della cartolina postale. «Ah, ecco!» esclamò. «Adesso capisco tutto. Così, sono io che ho ucciso Lester per la sola ragione che tutti e due siamo cittadini dello stesso Stato! Ma si rende conto di quel che dice? Gerald Lester deve aver lasciato Cedar Rapids molto tempo dopo la mia partenza da Dubuque, che del resto è all'altra estremità dell'Iowa.» Dovette fermarsi per riprendere fiato, poi proseguì con maggior calma: «Credo di essere più anziana di Lester per lo meno di dieci anni. Non so dunque come possa immaginare che io sia una sua amica d'infanzia da lui abbandonata nel villaggio natio.» «Ma io non immagino nulla» replicò Piper. «Ho cominciato a interessarmi di questa storia per pura curiosità, ma ora sappia che desisterò solo dopo la scoperta dell'assassino» disse lentamente la signorina Withers. «E io le dico che dovrà continuare, che le piaccia o no.» «Intende dire che devo restare "a sua disposizione"? Siamo d'accordo. Dove andiamo, adesso?» «Alla centrale, a depositare lo spillone e a ricevere gli eventuali rapporti
degli agenti. Devo pregarla di aspettarmi per un'oretta. Poi potremo fare insieme una visita a Hemingway.» «Ebbene, se me lo permette, vorrei impiegare quest'ora in una visita a Seymour. Non ha detto tutto, e forse in una conversazione privata con me si troverà più a suo agio. Mi autorizza?» «Oh, sì, non ci vedo alcun inconveniente, ma dubito molto del risultato.» «Le ripeto che lo credo innocente dell'assassinio di Gerald Lester» ribadì con fermezza la signorina Withers. «Inoltre penso che a un uomo non sarebbe mai venuto in mente di servirsi di uno spillone da cappello per uccidere qualcuno. È un'idea...» «Da donna» disse l'ispettore terminando la frase in vece sua. «È quel che pensavo anch'io. Bene, allora vada a fare due chiacchiere con Seymour. La accompagnerò fino alla porta della prigione e passerò poi a prenderla per andare all'acquario.» Munita di regolare autorizzazione, la signorina Withers si inoltrò in un lungo corridoio, ai due lati del quale si aprivano le porte delle celle. «Signora» disse il guardiano, dopo aver letto il nome del prigioniero che l'insegnante desiderava vedere «sono sicuro che suo figlio è innocente.» «Non è mio figlio» corresse gentilmente la signorina Withers. «Mille scuse, signora. Ma, in ogni caso, è un giovane molto per bene, cortese...» E la introdusse nella cella di Philip Seymour che, assopito sulla sua stretta branda, udendo il rumore della porta aprì gli occhi lucidi di febbre. «Viene da parte di Gwen?» chiese. «Mi porta finalmente un suo messaggio?» «No» rispose la signorina Withers. «Non è la signora Lester che mi manda.» Seymour ebbe un gesto di scoraggiamento. «La riconosco» disse dopo qualche istante. «È l'insegnante che sosteneva che non avevo l'aria di un assassino. È sempre della stessa opinione?» «Sì» rispose lei. «Ma, senza averne l'aspetto, forse lo è?» Queste parole misero subito sulla difensiva Seymour, che rispose con amarezza: «Allora non ha sentito la mia confessione?» «Sì, ma Gerald Lester non è stato ucciso nel modo che ha detto lei. Non è morto né in seguito ai suoi pugni né asfissiato.» Seymour non rivelò il minimo interesse e si limitò a dire, forse per pura cortesia: «Davvero?»
«Già. Gerald Lester è stato assassinato con un lungo spillone che qualcuno gli ha conficcato nell'orecchio, mentre giaceva svenuto presso la vasca dei pinguini. La punta è penetrata fino al cervello.» Si fermò per osservare l'effetto che le sue parole producevano. Questa volta il prigioniero trasalì leggermente. «Hanno scoperto questo?» domandò. «Sì, stamattina, e siccome si tratta proprio del mio spillone, mi trovo in un certo qual modo implicata anch'io nella vicenda.» «Eppure, nemmeno lei ha l'aspetto di un'assassina» osservò ironicamente Seymour. La signorina Withers lo guardò fisso. «Ha ricevuto notizie dalla signora Lester, da quando si trova qui?» chiese. «No. E perché avrebbe dovuto mandarmene? Mi dica, come sta?» «Sopporta con ammirevole sangue freddo la disgrazia che ha colpito lei» assicurò la signorina Withers. «Secondo me, dovreste prendere tutti e due il medesimo avvocato. Generalmente, in simili casi si fa così.» Seymour le afferrò un braccio. «Parli!» esclamò. «Gwen è stata forse arrestata? Hanno...» S'interruppe a un tratto vedendo la porta della cella aprirsi bruscamente. L'ispettore Piper entrò. «Buon giorno» disse a Seymour. «Dovevo attendere la signorina Withers all'ingresso, ma ho preferito venire qui, perché ho cose importanti da comunicarle. Ho visto proprio adesso il procuratore generale, Tom Roche. Sembra che Costello gli abbia telefonato in qualità di avvocato della signora Gwen Lester, chiedendo una dichiarazione di non luogo a procedere in favore della sua cliente, che offre in cambio rivelazioni schiaccianti contro di lei.» «Contro... di me?» «Sì. Costello, da parte sua, promette un racconto particolareggiato del delitto, nel quale la signora Lester non avrebbe avuto che una parte passiva e, in compenso, reclama la cessazione di ogni procedura nei confronti della cliente.» Seymour era impallidito. «Il procuratore accetta?» chiese. Piper alzò le spalle. «Ha chiesto il mio parere» rispose. «Suvvia, Seymour, è ora che dica tutta la verità. Non vede che la signora Lester fa il doppio gioco e si schie-
ra risolutamente contro di lei, dominata com'è da quel Costello? Ascolti» proseguì accostandosi al prigioniero «non si faccia un falso concetto dell'ideale cavalleresco da cui è guidato. La pura verità è la cosa migliore. Mi dica sinceramente che cosa ha fatto dopo avere lasciato Lester svenuto dietro la porta di servizio. Dov'era la signora Lester?» Seymour rabbrividì. «Dov'era? Eh, senza dubbio occupata come sempre a tirarsi fuori dai guai. È la seconda volta che questa creatura troppo amata si prende gioco di me...» «Parli, Seymour, parli» riprese Piper, con la sua voce più paterna e incoraggiante. «Ebbene sì, parlerò. D'altronde, non ha alcuna importanza. Possibile che Gwen desideri vedermi sulla sedia elettrica? No, non posso crederlo. Non avrebbe più pace né bene... È stata sempre un po' leggera, eppure non ho mai cessato di amarla follemente. Eravamo fidanzati, forse lo sa, quando ero ancora studente. Ci amavamo, ma il padre di Gwen è un vecchio tiranno che aveva fatto progetti per l'avvenire di sua figlia, sicché lei non osava parlargli di me. Mi diceva che bisognava avere pazienza e cercare di convincerlo a poco a poco.» Seymour si fermò un istante, oppresso, con la gola arida. «Mi rassicurava sempre» riprese «dicendo che stava per ottenere il consenso del padre, ma avevo un bell'aspettare. Questo consenso non arrivava mai. Gwen forse mi amava, a modo suo, il che non le impediva di uscire a divertirsi in compagnia di altri ragazzi. Per tranquillizzarmi diceva che lo faceva per stornare da me i sospetti del padre. A quel tempo ero povero e il padre di Gwen, invece, guadagnava molto. Poi si verificò la catastrofe. Un giorno, senza alcun preavviso, Gwen mi scrisse due righe per annunciarmi che il suo matrimonio con Gerald Lester era fissato per il 21 giugno. Mi invitava alle nozze, aggiungendo che sperava saremmo rimasti buoni amici.» «Davvero?» «Sì. Andai alla cerimonia nuziale con la rivoltella in tasca... Ma quando la vidi bella, raggiante, felice al braccio di Lester, non seppi decidermi a compiere un gesto omicida. No, non avrei davvero potuto spegnere la vita di quella splendida creatura, per falsa e perversa che fosse. Vidi Lester infilarle l'anello al dito e, sentendomi male, uscii dalla chiesa inosservato. Da quel giorno non avevo più rivisto Gwen... Ma ieri, quando ho sentito la sua voce tremante chiedere il mio aiuto, ho dimenticato tutto.»
«Capisco» disse Piper. «Ma mi permetta: non ha esagerato andando al matrimonio con la rivoltella in tasca? A meno che non ci fosse tra voi un legame più profondo...» Seymour fremette. «Sì» rispose a bassa voce «un legame esisteva, in realtà. Ci amavamo, ma non potevamo sposarci. Un giorno, un fine settimana, fuggimmo insieme e sulle rive dell'Hudson, sotto la luna, ci giurammo eterno amore. Bisognava avere pazienza, mi diceva Gwen, e aspettare che il padre si piegasse... Invece il padre ha piegato lei.» Prese un pacchetto di sigarette da sotto il cuscino e ne accese una. Gli tremavano le dita. «Non so perché vi racconto tutto questo» riprese. «Non ne ho mai parlato con nessuno. Ma ne ho abbastanza di essere preso in giro. Ieri mi sono dichiarato colpevole per salvare Gwen. Mi pareva di compiere un bel gesto impedendo che i sospetti cadessero sulla donna che amavo. Questa notte, invece, ho riflettuto molto. Tutti i particolari del suo comportamento mi sono tornati alla mente. E come se non bastasse, ora cerca di rovinarmi per salvare la sua tranquillità... Che orrore!» «Se desidera tanto essere salvata, è segno che è colpevole» osservò Piper. «In tal caso, vuole confidarmi ogni particolare in modo che possa servirmene per indurla a confessare? Se ha agito da sola, deve pagare da sola. Lei avrebbe tutto da guadagnare.» «No, grazie. Del resto, le ho detto tutto quello che sapevo. Ho lasciato Lester privo di sensi, ma vivo, vicino alla vasca, all'ingresso del piccolo corridoio di servizio. Forse sua moglie ha potuto accostarsi a lui furtivamente e compiere l'orribile gesto mentre la cercavo dappertutto, ma non ho nessuna prova, nessun indizio. Quando ci siamo ritrovati nell'ufficio del direttore, era visibilmente sconvolta... come me, d'altronde. Ecco tutto.» «È proprio tutto?» chiese Piper. «Rifletta» aggiunse poi, senza attendere risposta «e cerchi bene di ricordarsi qualche altro particolare. La esorto a farlo. I gesti cavallereschi sono belli, senza dubbio, ma bisogna che gli esseri per i quali ci si sacrifica ne valgano la pena. Se decide di avere qualcosa da aggiungere, mi faccia chiamale.» L'ispettore e la signorina Withers lasciarono la cella, scortati dall'agente di custodia. «Lo crede ancora innocente?» le chiese Piper, quando si trovarono fuori della prigione. La maestra scosse il capo, dubbiosa.
«Non so. Avrei preferito che proclamasse a gran voce l'innocenza della signora Lester. Non mi pare degno di lui lasciarla accusare, ora.» «Non sempre si può essere generosi secondo il proprio impulso, quando si rischia di essere condannati a morte» sentenziò l'ispettore «ma vedremo. Ora facciamo una capatina nel mio ufficio, prima di andare da Hemingway.» La stanzetta dove Piper introdusse la signorina Withers aveva le pareti adorne di sinistre curiosità. Rivoltelle di tutti i modelli, coltelli, mazze, asce, insomma ogni sorta di micidiali strumenti. «Ecco quello che ho raccolto durante quindici anni di servizio» disse Piper notando l'interesse che la signorina Withers manifestava per i terrorizzanti trofei. «Forse il suo spillone da cappello non ci starebbe male. Che ne dice?» Suonò il campanello. «Mi mandi Casey» ordinò all'agente che si presentò. Un momento dopo apparve un robusto giovanotto, che la signorina Withers riconobbe subito per il poliziotto che il giorno precedente era stato di guardia con Rollins in fondo al corridoio di servizio, e al quale Piper aveva affidato la missione riguardante un paio di calze da donna. «Bene, Casey» disse l'ispettore «sempre che sia riuscito, ci racconti tutto in poche parole.» Casey cominciò a sfogliare un taccuino logoro, ma Piper gli fece segno di lasciar perdere. «Ci dica soltanto l'essenziale.» «Bene, signore. Secondo gli ordini ricevuti ho cercato di fare la conoscenza della cameriera della signora Lester. Si chiama Belle Gayly. Non è stato difficile farla parlare. Prima di sapere chi ero, mi ha raccontato tutte le liti che avevano avuto luogo tra i suoi padroni, e mi ha parlato lungamente di una ragazza che il signor Lester manteneva nel Village.» «Rientra in scena Marian Templeton» azzardò Piper. «Prosegua.» «Poi le ho detto che poteva essere arrestata come testimone, se non aiutava la polizia per quanto era possibile, e particolarmente consegnandomi il paio di calze che la signora Lester portava ieri pomeriggio. La signora se le era cambiate rientrando, ed erano già nel sacco della biancheria da lavare.» «Questa brava signorina Gayly le ha detto a che ora è rientrata la signora?» «Sì, sembra che la signora Lester sia tornata a casa verso le cinque, sola,
in tassì. Piangeva.» «Bene, Casey, grazie. Sono contento di lei. Uscendo, veda se Max Von Donnen è nel suo ufficio, e gli chieda di venire da me al più presto.» Uscito Casey, Piper spiegò alla signorina Withers che Von Donnen era il miglior esperto di laboratorio che la polizia avesse mai avuto. Il personaggio in questione non tardò a bussare alla porta. Era un piccolo individuo rinsecchito con occhiali spessi. Parlava lentamente, ma con voce sonora e fortemente gutturale. «Ho esaminato il paio di calze» dichiarò «e ho analizzato le macchie.» «Ebbene» disse Piper «scommetto che su una di esse ha trovato tracce di sangue. Avranno cercato di lavarle, ma forse con acqua calda, cosa che fa penetrare il sangue nelle maglie. I delinquenti ignoranti fanno sempre così... per fortuna.» «Si sbaglia, signore» rispose con calma il chimico. «Non ho trovato assolutamente tracce di sangue. L'esame delle macchie in questione non ha rivelato che un po' di sale e qualche escremento di pesce.» Piper cercò febbrilmente il suo portasigari. «Ah, bene» disse poi riprendendo fiato, come se avesse fatto una corsa. «E mi dica, caro signore, le sostanze che compongono gli escrementi di cui parla sono forse simili a quelle che potrebbe depositare l'acqua presa, per esempio, in un acquario?» «A dire il vero, ispettore» rispose il chimico inchinandosi «quest'acqua è forse la sola al mondo che possa lasciare un tale deposito in quantità apprezzabile; quella dei fiumi, dei laghi, o del mare, diluisce troppo le sostanze.» «Ottimamente, grazie» disse Piper, gettando via il sigaro appena acceso. «Mi farà un rapporto scritto. Arrivederci. Ecco una cosa che non conferma affatto le asserzioni della signora Lester» continuò rivolgendosi alla signorina Withers. «Dichiara di non essere passata dal corridoio di servizio dietro le vasche, ma le macchie sulle sue calze provano decisamente il contrario, e sono più eloquenti che se fossero macchie di sangue.» «Seymour avrebbe dunque ragione» disse pensosa l'insegnante. «La colpevole sarebbe lei. A meno che...» «A meno che niente» ribatté l'ispettore. «Il caso è pronto per il gran giurì.» 11 Nella cabina telefonica
Il lungo silenzio che seguì le ultime parole dell'ispettore fu bruscamente interrotto dallo squillo del telefono. Piper alzò il ricevitore. «Pronto?» «È l'ispettore Piper che parla?» chiese una fresca voce di donna, all'altra estremità del filo. «In persona. Che cosa desidera, signora?» «Sono la capo centralinista della centrale telefonica. È lei l'ispettore che ci ha chiesto di rintracciare il numero di provenienza della telefonata all'ufficio White & Lester, effettuata ieri a mezzogiorno circa?» «Precisamente, signora. Sa il numero?» «Mi scusi, la prego, ma la direzione mi ha raccomandato di non comunicarlo prima di essermi assicurata che parlo proprio con lei. Capirà, ci sono tante persone che vorrebbero avere informazioni di questo genere.» «Insomma, ce l'ha o no questo numero telefonico?» «Vorrà perdonare la nostra cautela. La chiamata proveniva da una cabina telefonica. Numero dell'apparecchio: Hanover, zero, due, zero, zero.» «Che si trova?» «Nell'edificio dell'acquario di New York, in Battery Park» rispose la voce soave. «Grazie» disse seccamente l'ispettore che, riattaccando il ricevitore con gesto brusco, si affrettò a informare la signorina Withers. «Ragione di più per andare subito all'acquario» commentò lei. Mezz'ora più tardi erano entrambi davanti alla cabina telefonica dell'acquario. Era una semplice cassa di legno che aveva la forma e la grandezza di una bara posta verticalmente, munita di una porta in cui si apriva un finestrino quadrato delle dimensioni di un fazzoletto. In quel momento era occupata da un giovane che si affannava a persuadere di qualcosa una signora invisibile e ribelle che si trovava all'altro capo del filo. Dopo qualche secondo, sotto lo sguardo ostile dell'ispettore, uscì asciugandosi la fronte. Piper entrò a sua volta nella cabina e, per non dare nell'occhio, accostò il ricevitore all'orecchio. In realtà si mise a esplorare minuziosamente le pareti con la sua torcia. «Speravo di trovare qualche scritta rivelatrice, tra quelle che si vedono generalmente intorno agli apparecchi telefonici pubblici» disse alla signorina Withers quando uscì. «Forse il numero di Lester... ma non c'è nulla, poiché per togliere al pubblico l'abitudine le pareti sono state recentemente tappezzate di tela incerata.» La signorina Withers sorrise ed entrò nella cabina. Poi, rivolgendosi
all'ispettore, disse: «No, questa tela incerata non è affatto nuova. Saranno almeno tre anni che l'hanno messa. Tuttavia, qualcosa d'interessante c'è, guardi.» Mostrò a Piper un bicchiere che si trovava in terra dietro la porta e, curvandosi, lo raccolse per esaminarlo. «Lo lasci stare!» esclamò Piper. «Cancellerà tutte le impronte, se ce ne sono, e non resteranno che le sue.» Le strappò quasi il bicchiere dalle mani e, avvolgendolo nel fazzoletto, continuò: «Non so se questa scoperta abbia o no qualche importanza, ma è probabile. Di solito nessuno porta con sé un bicchiere in una cabina telefonica, a meno che abbia intenzione di restarci a lungo. Comunque si vedrà.» «In ogni caso» riprese la signorina Withers, mentre andavano in cerca del direttore «abbiamo visto il posto da dove uno sconosciuto ha avvertito Lester che sua moglie si trovava qui insieme a un altro uomo. Se riuscissimo a trovarlo...» «Trovare lo sconosciuto? Eh, già, una cosetta da nulla» commentò l'ispettore. Il guardiano Fink, a cui chiesero del direttore, li informò rispettosamente che il signor Hemingway era assente. «Non importa» disse Piper «lo aspetteremo.» Ma appena entrati in direzione, videro Hemingway in persona occupato a raccattare dal pavimento dei frammenti di vetro. «Mi è caduta una vaschetta» spiegò «e temevo per la suola delle mie scarpe. Che cosa desidera, oggi? È seccante che venga data tanta pubblicità a questa triste vicenda. Senza gli agenti di guardia alla porta dell'acquario, credo che i cronisti mi avrebbero mangiato vivo.» «Sarebbe così cortese da darmi un piccolo chiarimento?» chiese Piper. «Ma volentieri. Si sieda, la prego, e scusi se non ho Camel da offrirle: sono le sigarette che preferisce, credo. Vuole una Lucky, allora? Spero di poterle dare il chiarimento che desidera. Di che si tratta?» «Oh» riprese Piper con indifferenza «niente d'importante. Vorrei solo sapere perché ieri ci ha tenuto nascoste le sue relazioni d'affari con Lester. E perché le è sembrato necessario affermare che non lo vedeva da parecchi mesi, mentre lui aveva chiuso il suo conto solo da tre settimane, dopo averle fatto perdere ingenti somme.» Il signor Hemingway si afflosciò come un pallone sgonfiato. «Allora? Perché?» insisté gravemente l'ispettore. Il direttore aspirò con forza la sua sigaretta spenta. «Ho avuto paura...» disse alla fine, riprendendo a poco a poco il control-
lo di sé. «Paura di che? Delle conseguenze del suo atto?» «No, no... Non ho assassinato Lester. Non otterrà da me una simile confessione. No, ho semplicemente temuto di essere costretto a subire lunghi e penosi interrogatori sui miei affari e sulla mia vita privata. Ho creduto che, non parlando di queste disgraziate perdite di denaro, tutto sarebbe stato più semplice e...» «Continui, la prego.» «Temevo soprattutto di perdere il mio posto di direttore all'acquario, non a causa del delitto, ma delle mie speculazioni. Capisce bene che se il consiglio di amministrazione dell'acquario lo venisse a sapere, sarei immediatamente destituito. Il presidente è contrario al gioco in Borsa.» «Forse ha ragione lui» sentenziò Piper. «Va bene, ne parleremo un'altra volta. Per il momento, vuole fare uno sforzo di memoria e cercare di riferirmi altre circostanze che forse ha tralasciato, concernenti il dramma di ieri?» «Ma come!» esclamò Hemingway. «Credevo che l'inchiesta fosse terminata. Philip Seymour non ha forse reso una confessione completa? Tutti i giornali ne parlano.» «I giornali dicono quello che suppongono, o quello che io decido di rivelare, ma non sono ancora certo che Seymour e la signora Lester siano colpevoli. A questo proposito, qual è stato il loro comportamento quando li ha invitati a entrare nel suo ufficio, ieri? Sa che anche i minimi dettagli possono avere una grande importanza. Sembravano sconvolti, angosciati? I loro vestiti portavano tracce di lotta?» Hemingway rifletté un po', ma non cadde nel tranello. «No» rispose «non posso dire che fossero particolarmente sconvolti o agitati... né sembravano reduci da una lotta. Ora, alla luce degli avvenimenti, ricordo che parevano distratti, impazienti di andarsene, il che non ha loro impedito di essere cortesi e fingere un grande interesse per quello che dicevo.» «Sì, sì, capisco» concluse Piper. «Grazie, signor Hemingway, credo che non abbia altro da dirmi. Tuttavia non si assenti senza lasciarmi un suo recapito, perché potrei aver bisogno di chiederle nuovi chiarimenti. Arrivederci.» L'ispettore e la maestra uscirono dall'ufficio di Hemingway, ma invece di lasciare il tetro edificio, deserto o quasi, tornarono presso la vasca del delitto. Era stata vuotata, e i due pinguini nuotavano allegramente nella grande vasca centrale. Davanti alla porticina di servizio, un agente in bor-
ghese fingeva di bighellonare osservando con interesse le collezioni di pesci. Secondo gli ordini che indubbiamente doveva aver ricevuto, non salutò il suo capo, e la signorina Withers pensò di aver fatto molti progressi nella scienza poliziesca, se era stata capace di distinguere a prima vista un agente di polizia da un semplice visitatore. Piper osservò in silenzio il bacino vuoto che, dietro la parete di vetro, non era più che un cubo con il fondo di cemento. Vi si scorgevano soltanto i tubi per l'immissione e lo scolo delle acque. «Hanno passato tutto al vaglio» spiegò «ma non si è trovato nulla.» Entrarono nello stretto corridoio del passaggio di servizio. «Se avessimo avuto l'idea di venirci appena scoperto il cadavere» lamentò l'ispettore «avremmo trovato l'assassino, che di certo si era nascosto qui, in questo corridoio oscuro.» «Ma no» obiettò la signorina Withers «non ci avrebbe trovato che Olaavson e il borsaiolo, e nessuno dei due è l'assassino.» «Eppure qualcuno deve avere spinto il cadavere nell'acqua. Lei stessa lo ha visto cadere.» «I pinguini forse c'entrano in qualche modo. Si agitavano tanto intorno al cadavere... Quanto al delinquente, doveva già essere lontano.» «Già lontano?» ripeté l'ispettore. «No, non credo. Si sarà trovato senza dubbio costretto a seguire gli altri nell'ufficio di Hemingway. Ed è proprio questa la parte più irritante della faccenda. Lo conosciamo, l'abbiamo visto... Era dei nostri, per così dire. E ciò nonostante, non abbiamo fatto un passo avanti. Evidentemente tutto concorda nel designare Seymour e la signora Lester come gli autori del delitto, poiché erano i soli ad avere a un tempo il movente e l'occasione di compierlo. Le altre persone potevano avere, invece, chi il movente, chi l'occasione soltanto. È una cosa davvero imbarazzante.» Appoggiato alla porticina, Piper faceva ad alta voce le sue riflessioni. «Nella maggioranza dei casi di assassinio» continuò «si hanno dati più che concreti. Si tratta di un delitto premeditato, poiché la vittima viene attirata in un tranello, e i mezzi impiegati per compierlo lasciano tracce. Cercando chi aveva motivi di rancore verso la vittima, o in quali circostanze il crimine è stato commesso, si riesce almeno a orientare le ricerche. Ma qui, nulla. Non c'è premeditazione, perché nessuno poteva prevedere che Lester sarebbe rimasto svenuto per un certo periodo di tempo dietro le vasche. Nessuno, dico, neppure Hemingway, anche ammettendo il caso, del resto
assurdo, che sia stato lui a telefonare a Lester. No, non è davvero in un acquario che si dà appuntamento alla persona che si vuole uccidere. Si tratta dunque di un'occasione che l'assassino ha afferrato al volo. Deve essere stato proprio il suo spillone, signorina Withers, che, caduto per caso sottocchio all'assassino, gli ha suggerito l'idea di colpire l'uomo che giaceva inanimato a pochi passi di distanza. Non correva alcun rischio, poiché, compiuto il delitto, poteva sbarazzarsi dell'arma gettandola di nuovo a terra.» «Ma allora lei è assolutamente certo che Lester fosse ancora svenuto, quando gli è stato conficcato lo spillone nell'orecchio?» «Sì. Almeno mi sembra che debba essere così. Prima di tutto, l'assassino non avrebbe potuto fare quel che ha fatto, se si fosse trovato di fronte a un uomo capace di muoversi, di dibattersi, se non di difendersi. Certo, ha dovuto agire con una prontezza e un'abilità diaboliche, e, ritirato lo spillone, deve averlo immerso nell'acqua per toglierne il sangue, rimettendolo poi sul primo gradino della scala, fuori della porta di servizio. Non ha visto nessuno aggirarsi in quei paraggi, mentre i suoi allievi cercavano l'oggetto smarrito?» «No, nessuno, può starne sicuro, poiché messa in guardia dal tentativo del borsaiolo, non ho mai smesso di sorvegliare con la coda dell'occhio quella misteriosa porta "vietata al pubblico".» «In questo caso» riprese Piper «l'assassinio dev'essere stato commesso prima di quanto crediamo. Forse, mentre si dava la caccia al ladro. Lester doveva essere morto da un po' di tempo quando il suo corpo è stato spinto nell'acqua, ammesso che lei abbia visto bene.» La signorina Withers e l'ispettore, che, sempre parlando, si erano alquanto inoltrati nel corridoio, tornarono indietro. A una certa distanza dalla porta di servizio, la signorina si fermò lanciando un'esclamazione di trionfo. Aveva scorto un sottile filo di luce filtrare sotto i battenti. «Facciamo un esperimento» disse, mostrandolo a Piper. «Scenda i tre gradini esterni e guardi dove cade la mia matita.» Trasse dalla borsa una piccola matita e la fece passare sotto la porta. La matita cadde rotolando dal gradino più alto, rimbalzò sul secondo e si fermò sul primo. «È in questo punto preciso che il mio allievo ha ritrovato lo spillone» disse la signorina Withers. «Ecco una prova conclusiva: l'assassino ha potuto gettare lo spillone fuori del corridoio senza essere costretto a riaprire la porta di servizio.»
12 L'arresto Uscendo dall'acquario, l'ispettore Piper e la signorina Withers andarono a prendere un caffè in un piccolo bar vicino. Ma la quiete durò poco, giacché erano appena stati serviti che uno strillone entrò nel locale gridando: «Edizione straordinaria! Risolto il "caso Lester"!» «È chiarissimo» disse Piper scoraggiato. «Il procuratore generale ha rovinato tutto.» Comprò un giornale su cui, a caratteri cubitali, spiccava questo titolo: DUE DONNE SI DISPUTANO IL CUORE DI G. LESTER Sotto, c'erano tre fotografie. Due di Gwen Lester: una in costume da bagno sulla spiaggia di Palm Beach, l'altra in abito da sposa, all'uscita della chiesa. La terza, che occupava l'intero fondo pagina, raffigurava una ragazza appoggiata a una balaustra di pietra. La didascalia diceva: "Marian Templeton, che ha confessato al procuratore generale, signor Tom Roche, di essere stata non soltanto la segretaria, ma anche l'amante dell'agente di cambio". Piper voltò pagina con un gesto irritato. «Ecco risolto il caso Lester, grazie alla sagacia del nostro geniale procuratore generale» disse ironicamente. Comprò un altro giornale, diverso, e lo porse alla signorina Withers. Poi, ad alta voce, lesse: Molto tardi nel pomeriggio, un comunicato ufficiale ci annuncia che la segretaria privata di Gerald Lester ha confessato di essere stata la sua amante per parecchi anni, ma che recentemente aveva dovuto rompere ogni relazione con lui a causa delle minacce della signora Lester. La scoperta di questo fatto, nuovo e sensazionale, si deve alla perspicacia del procuratore generale che ha diretto personalmente l'inchiesta seguendo i metodi più aggiornati con una conoscenza psicologica superiore a ogni elogio... Piper si interruppe, emise una specie di grugnito inarticolato, poi continuò:
Non appena stabilito definitivamente che il povero Lester era stato ucciso mediante uno spillone conficcatogli con arte diabolica in un orecchio, i migliori segugi di Tom Roche, grazie alle precise istruzioni ricevute, hanno ottenuto sollecitamente risultati conclusivi. Una perquisizione operata nell'appartamento della signorina Marian Templeton ha portato alla scoperta di parecchi oggetti personali appartenenti al signor Lester, tra cui un cappello con le sue iniziali. Abilmente interrogata, Marian Templeton ha rivelato che fra i coniugi Lester regnava da tempo il più completo disaccordo. Infine il signor Tom Roche ha annunciato che procederà fra breve a un arresto sensazionale. Naturalmente, per ragioni facilmente comprensibili, non ha voluto dare ulteriori spiegazioni, sebbene abbia lasciato capire che la soluzione del caso si avrà in direzione opposta a quella seguita finora nell'inchiesta condotta dalle regolari forze di polizia. «Che filastrocca! Che insieme di sciocchezze, di errori, di contraddizioni!» esclamò Piper esasperato, incapace di continuare a leggere. «Tutto ciò significa, credo, che fra poco arresteranno Gwen Lester.» «Forse è colpevole, dopo tutto» azzardò la signorina Withers. «Ragione di più, in tal caso, per lasciarla in pace, aspettando che si accusi da sé commettendo qualche imprudenza. Allo stato attuale delle cose, nessun tribunale potrebbe condannare né lei né Seymour, che se ne rende perfettamente conto. Ecco perché ha fatto quella confessione. All'ultimo momento la ritratterà ed esporrà le sue ragioni, che saranno certo approvate. È un avvocato, e conosce bene la procedura penale. Del resto, dal momento che Lester è stato ucciso in modo diverso da quello descritto da Seymour, la confessione di quest'ultimo non ha più nessun valore. Inoltre, se questo capo di accusa cade, non potrà essere più toccato, anche se si avessero prove materiali contro di lui. È più al sicuro in fondo alla sua cella di quanto lo sarebbe in qualsiasi altro luogo, e intanto si conquista le simpatie del pubblico.» Tutte queste complicazioni inattese avevano stancato e scoraggiato la signorina Withers. «Sarà meglio che torni a casa» disse. «Ricopierò gli appunti presi durante la giornata.» Piper annuì.
«È stata proprio una fortuna che il mio stenografo abituale, dovendo subire una piccola operazione, questa settimana fosse all'ospedale» aggiunse. «Lei mi ha dato un aiuto molto più valido del suo. Possiede un certo fiuto che in questo genere di indagini è prezioso. La ringrazio di nuovo.» Pagò il conto, mentre la signorina Withers si alzava. «Allora non c'è più niente da fare, per me?» domandò. «No» rispose Piper con amarezza. «Non c'è più niente da fare per nessuno. Tom Roche cerca ormai soltanto ulteriori aneddoti per consolidare e sostenere la sua tesi. Non gli mancheranno. Seymour e la signora Lester cominciano già ad accusarsi a vicenda, e questo li condanna. In quanto alla verità... vera, al gioco nascosto dei moventi e delle azioni, la gente se ne infischia. Rinuncio perciò a ogni indagine; farò la mia deposizione davanti ai giurati, e poi me ne laverò le mani.» «Ma è mostruoso quello che dice!» esclamò la signorina Withers indignata. «Qualunque cosa accada, non deve rinunciare. Nel profondo dell'animo nemmeno lei è convinto della colpevolezza di Seymour e di Gwen Lester. Sente benissimo che in questa faccenda ci sono cose misteriose e ancora insospettate, eppure, per il solo fatto che il procuratore generale fa qualche sciocchezza per attribuirsi tutto il merito, se ne disinteressa e si dichiara pronto a lasciar condannare due possibili innocenti...» Piper alzò le spalle. «Ah» disse «non tiene conto della differenza che passa tra le convinzioni personali e le prove. D'altronde non ho scelta. So benissimo che, appena sarò tornato in ufficio, mi verrà notificato ufficialmente che l'inchiesta è chiusa.» «Ebbene, per me non lo è affatto, e non mi rassegnerò facilmente a lasciar commettere un errore giudiziario» dichiarò la signorina Withers, congedandosi. In quello stesso momento Gwen Lester, sprofondata in un'ampia poltrona del salotto, ascoltava fremendo le urla dei venditori di giornali, che giungevano fino a lei nonostante le finestre chiuse. Un uomo, con le mani dietro la schiena, andava e veniva per la stanza. «Sono le sette» disse alla fine la signora Lester «e non è ancora venuto nessuno.» «Ahimè» replicò Barry Costello, con la sua voce calda e vibrante di compassione «verranno, non dubiti. Roche vorrà procedere all'arresto in tempo perché i giornali della domenica ne possano parlare. La pubblicità
gli sta a cuore. Ha letto il suo comunicato nelle edizioni speciali?» Gwen chinò la graziosa testolina. «Se avessi abbastanza denaro, fuggirei» disse. «Andrei a Mineola, dove potrei prendere un aereo. Ma non ho un soldo. Tutto quello che Gerald possedeva è sotto sequestro... E, del resto, credo che non avesse granché. Non mi rimarranno che l'assicurazione e la sua cauzione di agente di cambio, che dovrebbe valere un bel po'.» «Si era assicurato per una somma molto vistosa?» «Sessantamila dollari, mi pare... L'anno scorso lo convinsi a raddoppiare la cifra, poiché stava per raggiungere l'età in cui le società di assicurazione chiedono premi rilevanti.» «Brutta faccenda» commentò l'avvocato. «La compagnia non pagherà tanto facilmente. Capisce perché, vero? Finché rimane il dubbio che lei abbia ucciso suo marito, non pagherà.» Gwen sollevò le palpebre appesantite dalle lacrime. «Ahimè, anche lei mi crede colpevole. Come tutti gli altri. Il mio stesso avvocato dubita della mia innocenza.» «Non parli così, signora» disse Costello, accostandosi a lei. «Voglio essere suo amico, più che il suo avvocato. Ha bisogno di qualcuno che la consigli e la protegga. Le assicuro che ho in lei la più cieca fiducia. Perciò mi parli a cuore aperto, non come a un avvocato, lo ripeto, ma come a un vero amico. Mi dica... è stata lei a ucciderlo?» Gwen lo fissò con un lungo sguardo penetrante; le sue labbra tremavano. «Davanti a Dio» disse solennemente «le giuro che non ho mai fatto del male a Gerald. Il mio solo torto è stato quello di sposarlo. Non spero di convincere né lei né nessun altro. La polizia non mi crede, i giurati non mi crederanno e mi manderanno sulla sedia elettrica.» Un brivido di spavento la scosse mentre pronunciava queste parole. Costello le prese la mano. «Ma io ho fiducia in lei» disse con slancio «e nessuno al mondo le è più devoto di me. Sento che queste piccole mani sono innocenti, e sono pronto ad affrontare l'impossibile per farla assolvere. Si fidi di me.» «Sì, sì» disse Gwen «mi rimane soltanto lei. Tutti i domestici se ne sono andati dopo la perquisizione della polizia. Ora verranno ad arrestarmi...» «Andrei con gioia in prigione al suo posto, lo sa bene!» esclamò Costello con fervore. Gwen chinò il capo. Quella calorosa vicinanza la commuoveva profondamente, e nel suo smarrimento appoggiò la testa contro la spalla dell'av-
vocato, aggrappandosi alla sua giacca. Costello la strinse a sé, dicendo: «Non pianga, cara ragazza, coraggio. La difenderò, la salverò...» Qualche secondo dopo, il campanello della porta d'ingresso risuonò nel completo silenzio dell'appartamento. Gwen si alzò, pallidissima. Costello le strinse con forza la mano. «Siamo d'accordo che si rifiuterà di dire una sola parola se io non sarò presente» raccomandò. «Non dimentichi che sono il suo avvocato.» «Sì, sì, glielo prometto» mormorò Gwen con un filo di voce, tenendo gli occhi fissi sulla porta. Ma invece di veder comparire gli agenti, come si aspettava, vide entrare la signorina Hildegarde Withers che, dirigendosi verso di lei, le domandò senza preamboli: «Mi riconosce?» «Sì» rispose Gwen «è l'insegnante che ha ripetuto ieri all'ispettore le parole incoerenti che lo spavento mi aveva fatto uscire di bocca.» «Non ho potuto fare altrimenti, signora. D'altronde, altre venti persone avevano sentito... Ma non è per questo che sono qui.» «Davvero? Perché, allora?» La maestra si volse verso Costello. «Giovanotto» gli disse «gli agenti possono venire qui da un momento all'altro. Perché non cerca di assumere un atteggiamento più disinvolto?» Costello arrossì e andò a sedersi in una poltrona, all'altra estremità della stanza. «Mi risulta» riprese la signorina Withers, rivolgendosi di nuovo a Gwen «che stia per essere arrestata, e ho creduto opportuno avvertirla, ma vedo che ha già un buon consigliere...» «Tuttavia non sarà per pura carità cristiana che è venuta ad avvertirmi» interruppe la signora Lester, con superbia. «No, signora, è semplicemente perché non la credo colpevole dell'assassinio di suo marito. No, nonostante le affermazioni di Philip Seymour.» «Non vorrà farmi credere che Philip mi accusa» disse Gwen scuotendo la testa. «Ne è incapace, e poi sarebbe una menzogna.» «Eppure l'accusa, l'ho sentito io stessa. E ho voluto avvertirla. Aggiungo che non posso biasimarlo, poiché, da parte sua, lei l'aveva più o meno direttamente incaricato di liberarla dal suo giogo.» La signora Lester si alzò fremente. «Io! Io avrei...» Non poté terminare. Il trillo del campanello risuonò di nuovo. Costello fece un passo per andare ad aprire.
«No» disse in tono risoluto la signorina Withers. «Resti qui, andrò io.» Sul pianerottolo si trovò di fronte a Oscar Piper, il quale, vedendola, ebbe un'esclamazione di stupore. «Lei qui! Oh, no, non mi spieghi nulla, adesso. Ho fretta. Dov'è la signora Lester?» Si precipitò nel salotto e, rivolgendosi a Gwen: «Scusi, signora» disse «forse non sa quello che si sta preparando. Davanti a casa sua ci sono venti giornalisti, più di trenta fotografi e una macchina da presa. Il giudice istruttore stesso si è creduto in obbligo di accompagnare il procuratore generale per procedere a questo sensazionale arresto. Si aspetta di vedere Tom Roche in persona scendere maestosamente dalla sua auto per venire ad arrestarla, alla testa di una squadra di agenti e sotto il fuoco incrociato di proiettori e lampi di magnesio. Domani, su tutti i giornali, ci sarà il suo ritratto a fianco di quello del nostro geniale procuratore, e sotto si leggerà a grandi lettere: "L'arresto movimentato di un'abominevole delinquente dell'alta società, grazie all'acume del procuratore generale Tom Roche...".» Piper si interruppe un istante; l'indignazione lo aveva fatto rimanere senza fiato. «Si rende conto di quel che significa?» riprese con più calma. «Una simile messa in scena le alienerà tutte le simpatie del pubblico prima, e poi, cosa ancor più grave, quelle dei giurati. Ce n'è abbastanza per farla condannare.» «Che gliene importa?» disse altera la signora Lester. «Suppongo che non sia venuto qui a consigliarmi la fuga.» «No, signora, ma per arrestarla in modo decoroso, e senza questa pubblicità vergognosa. La porterò in prigione. Presto, passiamo per la scala di servizio, o da un'altra parte che sia libera.» La signora Lester scosse tristemente il capo. «È inutile» disse «non ci sono scale di servizio, e gli ascensori funzionano soltanto durante il giorno. Se sono già entrati nell'edificio, è impossibile passare inosservati.» Piper mordicchiò il sigaro con rabbia. Intanto la signorina Withers si tolse il cappello. «Ho un'idea» disse. Dieci minuti dopo, due robusti agenti in borghese facevano irruzione nel salotto dove Costello si trovava accanto a una donna che indossava un vestito di seta. Un signore in tight e guanti bianchi si fece avanti.
«Gwen Lester» pronunciò solennemente «nella mia qualità di procuratore generale della città di New York, la arresto per l'assassinio premeditato commesso nella persona di suo marito, Gerald Lester.» Nello stesso momento, come a un segnale, due fotografi che erano riusciti a introdursi nella stanza insieme agli agenti fecero scattare i loro apparecchi. «Mettete le manette a questa donna» ordinò il procuratore generale; e rivolgendosi a un altro signore che, con una gardenia all'occhiello, entrava in quel momento aggiunse: «Signor giudice istruttore, le consegno Gwen Lester, l'assassina.» Seguì un lungo silenzio. «Allora?» riprese con impazienza il procuratore generale. «Ma che cosa fanno gli agenti? Che cosa aspettano?» «Chiedo scusa» disse il più alto dei due poliziotti in borghese, facendosi avanti «ma questa signora non somiglia affatto a quella che ci ha ricevuto stamattina, quando siamo venuti per la perquisizione...» Dal gruppo dei giornalisti si levò qualche risata sommessa. Tom Roche guardò la donna che gli stava davanti, ritta in mezzo al salotto, e che fino ad allora non aveva detto una parola. «È lei Gwen Lester?» domandò. «Non scherzi con la giustizia, la prego.» «Non ne ho la minima intenzione» rispose la signorina Withers «ma non sono Gwen Lester e non ho mai detto di esserlo. Mi ha soltanto prestato il suo vestito.» «Risponda!» tuonò il magistrato, livido di rabbia. «Dov'è la signora Lester?» A un suo cenno, gli agenti corsero tesi nelle stanze alla ricerca della padrona di casa. Mentre il procuratore generale pestava i piedi come una donnicciola infuriata, la signorina Withers sorrideva beatamente. «Non so dove si trovi in questo momento la signora Lester» aggiunse «ma quando è uscita, poco fa, in mezzo alla confusione generale, portava il mio cappello e il mio mantello, e se non sbaglio era diretta in prigione scortata dall'ispettore Piper.» Queste parole leggermente canzonatorie ebbero il potere di suscitare la collera del procuratore generale. «Arrestate questa donna!» gridò. «Arrestatela per oltraggio a pubblico ufficiale, per complicità, per...» Il giudice istruttore interruppe il torrente di parole.
«Se mi permette di esprimere la mia opinione personale, caro procuratore» disse con una sfumatura di ironia nella voce «credo che faremmo meglio a ritirarci, lasciando ai nostri subordinati la cura di continuare le indagini, ed evitando così di renderci ridicoli.» Il signor Tom Roche si passò una mano sulla fronte. «Forse ha ragione» mormorò. 13 Un devoto difensore «Ho molta stima di lei, Piper, e vorrei evitare che avesse fastidi.» Il giudice istruttore aveva fatto chiamare l'ispettore nel suo ufficio e s'intratteneva con lui sugli avvenimenti del giorno precedente. «Sia detto fra noi» continuò «convengo che il procuratore generale ha agito un po' troppo teatralmente, ma capisce che non posso sconfessarlo. Dunque, ufficialmente, sono costretto a deplorare che, almeno in apparenza, lei gli abbia giocato un brutto tiro. Stia in guardia: il suo avanzamento e la sua carriera sono in gioco.» «Grazie, signor giudice.» «Il signor Tom Roche le serba rancore, ma in fondo non può, per il momento, rimproverarle nulla di preciso, giacché era suo diritto arrestare la signora Lester prima di lui. Tuttavia, se tiene alla sua posizione, ora non le resta che portare al procuratore i risultati dell'inchiesta e sottoscriverne le conclusioni... che del resto sono uguali alle sue, non è vero?» «Sì, signor giudice. In effetti tutto accusa Seymour e la signora Lester, ma non abbiamo ancora prove materiali della loro colpevolezza, e poi...» «Poi che cosa?» «In questo, come in molti casi simili, c'è l'elemento imponderabile, e cioè quel certo non so che senza importanza davanti ai giurati, come ben sa, signor giudice, ma che mi turba e mi ossessiona. Perché alla fine è molto probabile che Seymour e la sua ex fidanzata siano innocenti.» «Questi sentimenti le fanno onore, ispettore, ma, ripeto, deve soltanto fare un rapporto particolareggiato. Basterà.» «Per il signor Tom Roche e per i giurati forse sì; per un funzionario di polizia degno di questo nome, no. In ogni caso, a me personalmente non basta credere che il tale o il tal altro abbia commesso un delitto; bisogna che sappia anche in quale modo, ma non importa. Scusi, signor giudice. Farò il mio dovere.»
Piper si ritirò nel suo ufficio, accese un altro sigaro e si mise a leggere i documenti ammucchiati sul tavolo, tutti relativi al caso Lester. Prese prima la relazione dei due esperti incaricati di esaminare i libri contabili della White & Lester, nella quale si dichiarava che la ditta appariva solvibile, ma non fiorente. Conformandosi ai desideri dell'ispettore, gli esperti avevano inoltre compilato la lista dei clienti le cui perdite, durante l'ultima crisi, erano state più ingenti. Cinque di essi, uomini d'affari molto noti, sembrava avessero sopportato agevolmente il duro colpo; in quanto al sesto, che non era né un commerciante né un industriale, ma appunto il direttore dell'acquario, il signor Hemingway, dopo aver impegnato una somma considerevole in un affare non ancora consolidato e del tutto nuovo, si era ostinato a sostenerlo anche quando le azioni erano ribassate, perdendo alla fine la notevole somma di diciassettemila dollari. L'ultimo cliente citato dagli esperti era un certo signor Parson, senza nome di battesimo, che figurava sui libri della White & Lester come "cliente speciale del signor Lester". Piper avrebbe voluto conoscere meglio le procedure finanziarie della Borsa di Wall Street. Avrebbe forse potuto trarre qualche vaga indicazione. In ogni caso, questo signor Parson non figurava in alcun annuario commerciale, né sull'elenco del telefono. Da quel che risultava dai registri, era in relazione di affari con la White & Lester da più di un anno, e durante questo periodo aveva versato somme importanti sia per sostenere il suo credito, sia per transazioni a breve scadenza conclusesi, in genere, piuttosto favorevolmente. A parecchie riprese, ribassi improvvisi avevano, è vero, spazzato via tutti i profitti intaccando anche i capitali, ma il signor Parson, continuando a colmare le perdite con nuovi fondi, era riuscito a realizzare in varie occasioni lauti guadagni. Nulla di straordinario in tutto ciò, dunque, e il signor Parson non poteva avere nessun motivo di prendersela con Lester. Tuttavia, per scrupolo di coscienza, Piper continuò a sfogliare la pratica e trovò che il giorno stesso del primo crollo in Borsa, cioè il 18 ottobre, dopo aver venduto in perdita qualche migliaio di azioni della Wagner Brothers Preferred, il signor Parson era passato in ufficio e, non trovando Lester, aveva lasciato l'ordine, come risultava da un appunto dattilografato da un'impiegata, di vendere realizzando quanto possibile. Un altro documento contabile metteva in chiaro che i valori in questione non avevano trovato nessun acquirente durante la giornata, ma alcuni ritagli di giornali finanziari provavano che, il giorno 19, milleduecentocinquanta azioni della Wagner Brothers Preferred avevano parecchie volte cambiato di mano, precipitando sempre più. Le
operazioni infine erano terminate senza una perdita eccessiva per la White & Lester, ma con il completo esaurimento del deposito Parson. Poteva anche essere che un uomo, sprovvisto di altre risorse, se la fosse presa con il suo agente di cambio. Ma Parson non sembrava il tipo. Infine Piper si decise a consultare il libretto degli assegni personali del morto, documento che, in simili casi, è stato e sarà sempre considerato come la più preziosa sorgente di informazioni. La prima cosa che osservò fu che, dopo il crollo in Borsa, il signor Lester aveva considerevolmente ridotto le spese di casa, ma sebbene la sua situazione finanziaria apparisse molto scossa, non sembrava esserlo al punto di impedirgli di firmare, dieci giorni prima della morte, un assegno di mille dollari a favore di Marian Templeton. Mille dollari non erano una somma indifferente, per un uomo che aveva decurtato della metà le spese destinate al bilancio domestico... Eppure l'assegno era stato regolarmente pagato. Un altro talloncino del libretto attirò l'attenzione di Piper. Il 10 ottobre, il signor Lester aveva firmato un assegno di cento dollari a favore del signor Ralph Hodge, direttore di un'agenzia di investigazioni private. L'ispettore chiamò immediatamente il signor Hodge al telefono, e questi si affrettò a spiegare il versamento dei cento dollari. «Il signor Lester» disse «temeva per la sua sicurezza personale. Ci aveva chiesto un agente incaricato di accompagnarlo ovunque con discrezione e all'occasione di proteggerlo, e glielo avevamo assegnato. La tariffa è di dieci dollari al giorno, ma dopo dieci giorni, non essendo stato eseguito il secondo versamento, l'agente è stato richiamato. Peccato che il signor Lester non si sia servito di noi qualche giorno di più.» «Già» fece Piper. «Come si chiama l'agente privato che avevate assegnato al signor Lester?» «McFee. Vuole vederlo?» «Sì, certo, e il più presto possibile, grazie.» Un'ora dopo, il citato McFee, un individuo vestito normalmente, dall'aria un po' malinconica, entrò nello studio dell'ispettore Piper. «È lei che per dieci giorni ha avuto l'incarico di proteggere il signor Lester?» «Sì, aveva pagato soltanto per questo periodo di tempo. L'ultimo giorno mi ha spiegato che non riteneva più necessario prendere una simile precauzione, e ha aggiunto che i suoi timori erano senza dubbio infondati.» «Le ha confidato di quali timori si trattasse?»
«Sospettava che qualcuno tentasse di ucciderlo.» «Non le ha detto nulla di più? Nessun dettaglio sulla persona della quale aveva paura, né sui motivi?» «No, nulla.» «Ed è stato seguito, spiato o qualche cosa del genere, nel periodo in cui lo ha scortato?» «No, che io sappia. Ma doveva temere realmente qualcosa, perché appariva nervoso, agitato...» «Rimaneva con lui giorno e notte?» «No, il giorno soltanto. Lo accompagnavo fino alla porta del suo appartamento, o di...» «Di?» «Di quello della sua amica, al Greenwich Village. Ma non ci restava mai molto a lungo.» «Va bene» disse Piper, riaccendendo il sigaro. «Mi dica, il signor Lester non le aveva dato altri incarichi?» «No... mai, perché?» «Non ha accettato, in seguito, di sorvegliare sua moglie, Gwen Lester?» «No. Posso indicarle le persone per conto delle quali ho lavorato dopo.» «Oh, non importa» fece Piper con indifferenza. Poi aggiunse a un tratto, bruscamente: «Dica un po': non stava seguendo la signora Lester, il giorno in cui è andata da casa sua all'acquario in tassì?» «Le ripeto di no, ispettore.» «E dopo averla vista raggiungere Philip Seymour, non ha telefonato a suo marito?» Per la quarta volta McFee oppose il più formale diniego alle supposizioni dell'ispettore. Questi continuò: «Bisogna che mi dimostri in modo preciso e incontestabile come ha impiegato il suo tempo venerdì scorso, perché qualcuno ha avvertito telefonicamente il signor Lester che sua moglie e Seymour si trovavano insieme all'acquario.» «Non sono stato io» rispose tranquillamente l'investigatore «per la buona ragione che sono rimasto tutta la giornata al palazzo di Giustizia, dove mi avevano chiamato come testimone al processo per il villino della Quarantottesima Strada. Credo che sia sufficiente.» «Sì, va bene, grazie.» Un po' contrariato, Piper si rimise a scartabellare l'incartamento. Per un momento aveva sperato che il misterioso personaggio della cabina telefo-
nica dell'acquario fosse McFee. In tal caso, le accuse formulate contro Seymour e Gwen sarebbero state confermate e quindi conclusive. Così, invece, la faccenda restava al punto di prima. In mezzo ai documenti sparsi sul tavolo, scorse la fotografia della scena del delitto, scattata dal fotografo della polizia mentre nell'ufficio del direttore si svolgeva l'interrogatorio dei presenti. Aveva già visto il negativo nella camera oscura dove era stato messo ad asciugare, ma ora la copia, ingrandita e stampata su carta lucida, rivelava numerosi particolari che gli erano sfuggiti a prima vista. Fra questi osservò una piccola macchia nerastra nella vasca dei pinguini, che presentava la forma e l'aspetto di un cappello... Con l'aiuto di una lente, vide chiaramente che quello che appariva sulla foto era realmente un cappello da uomo. Ora aveva la prova che la persona, senza dubbio l'assassino stesso, che era tornata all'acquario la sera del delitto era andata a riprendere l'oggetto che poteva diventare una prova schiacciante contro di lei, e per riuscire nel suo intento aveva stordito l'agente di guardia. A quell'ora Seymour era già in prigione: bisognava scartare totalmente l'idea che fosse lui. Forse Gwen Lester? No, impossibile. Una donna non poteva riuscire ad abbattere un uomo robusto e vigoroso. L'ispettore consultò di nuovo le relazioni degli esperti di laboratorio a proposito dell'esame delle impronte digitali rilevate sui vari oggetti requisiti, e soprattutto sulla maniglia della porta dei gabinetti. Ma sul metallo lucido, troppe volte toccato prima di essere sottoposto alla perizia, non si era rilevato nulla di preciso. Gli esperti aggiungevano che avrebbero continuato le analisi sperando di ottenere, più tardi, migliori risultati. Piper era ancora immerso nella lettura dei documenti quando il telefono squillò. Allungò la mano per staccare il ricevitore, ma si trattenne e, aperto l'uscio, chiamò: «Taylor!» L'agente si presentò subito. «Taylor, risponda al telefono, e se è il procuratore generale gli dica che non ci sono, che sono fuori città...» «Sì, signore.» Taylor prese il ricevitore, ascoltò, poi volgendosi all'ispettore disse: «È l'agente Hyde. Telefona dalla prigione.» «Bene. Non si allontani, rimanga a mia disposizione. Può darsi che abbia bisogno di lei. Pronto» continuò poi accostando il ricevitore all'orecchio «parla l'ispettore Piper. Che cosa desidera, Hyde?» «Volevo solamente informarla che abbiamo scoperto, nella fodera dei vestiti del ladro arrestato l'altro giorno all'acquario, un orologio che era
sfuggito alle prime indagini. È un orologio d'oro che...» «Non mi pare che ci sia nulla di straordinario» osservò Piper. «È un professionista, ne aveva quattro o cinque in tasca, e uno è evidentemente scivolato nella fodera.» «Non sono un investigatore» ribatté seccamente Hyde «ma se lo fossi non accoglierei con tanta indifferenza la notizia che l'orologio ritrovato nelle tasche di un borsaiolo è quello di un uomo assassinato.» «Cosa dice?» «La pura verità. L'orologio in questione porta incise le iniziali G.M.L.: Gerald Maurice Lester. Del resto, ho preso l'iniziativa di mostrarlo alla signora Lester, che ha subito riconosciuto l'orologio di suo marito. Vuole che glielo porti?» «Inutile, ma questa scoperta mi interessa. Vorrei proprio trovare il modo di far parlare quel muto. Non posso mica fare il terzo grado a uno che non può rispondere... Si potrebbe cercare di indurlo a scrivere. In fin dei conti, c'è la possibilità che ne sappia più di noi sull'assassinio di Gerald Lester.» «È precisamente quel che mi diceva un momento fa l'avvocato Costello, che è venuto a visitare la sua cliente, la signora Lester, ed è anche andato da Seymour, che forse lo prenderà come difensore. Sembra molto in gamba, questo signor Costello, e anche lui crede che il borsaiolo potrebbe dare informazioni interessanti sulla questione.» Piper rifletté un secondo, poi chiese: «Senta, è da molto che Costello se n'è andato?» «È ancora qui. Anche lui vorrebbe cercare di far parlare Chicago, dopo avere visto Seymour.» «Lo trattenga» ordinò l'ispettore. «Quell'azzeccagarbugli finirà con lo scoprire qualcosa prima di noi. Che s'immischi delle faccende che lo riguardano e lasci in pace i testimoni!» Dieci minuti dopo, entrò bruscamente nell'ufficio del corpo di guardia delle carceri, dove si trovava appunto Costello. Questi lo salutò cortesemente. A un cenno di Piper il guardiano uscì. «Felicissimo di vederla, ispettore» disse l'avvocato. «Avevo bisogno di parlarle. Grandi notizie.» Piper, che avrebbe voluto apostrofarlo duramente, si trattenne a stento. «Ho avuto proprio adesso una conversazione con il famigerato borsaiolo» proseguì Costello in tono gioviale «o piuttosto, per essere più esatto, ne ho fatto io le spese, perché il povero diavolo è muto come un pesce. Tuttavia ero arrivato a un punto interessante quando il guardiano è venuto a
dirmi che lei non gradiva che rivolgessi domande ai prigionieri... anche se si trattava di qualcuno che non poteva rispondermi.» «Lei non ignora quali sono i diritti di un avvocato» replicò Piper «e non capisco come abbia potuto indurre il guardiano ad autorizzarla a vedere il ladro.» «In qualità di difensore della signora Lester» riprese Costello più freddamente «devo tentare il possibile per salvarla. Non è colpevole, sebbene tutte le apparenze la condannino. Che voglia credermi o no, ispettore, le assicuro che darei ogni cosa al mondo per dimostrare la sua innocenza.» Gli occhi dell'avvocato brillavano e la sua voce era sincera. Piper si inchinò. «Non sono io a condannarla» disse «ma non vedo in che modo il borsaiolo possa discolparla.» «Ne sa più di quello che crediamo» insisté l'avvocato. «Mi domando se abbia perso l'uso della parola in seguito a uno spavento, o se sia davvero muto. Forse è sotto shock, tuttavia sente e comprende quel che gli si dice. Vorrei conquistare la sua fiducia, e scommetto la testa che le informazioni che potrebbe dare su questa vicenda sarebbero sufficienti a salvare la vita della signora Lester. Tenga presente che era il solo, eccettuato quell'imbecille dell'assistente di Hemingway, a trovarsi nelle vicinanze del corridoio di servizio al momento in cui è stato commesso il delitto. Non è dunque il caso di interrogarlo? E non potremmo unire i nostri sforzi per cavargli di bocca qualche indicazione preziosa?» Piper guardò a lungo l'avvocato, poi gli tese la mano. In fin dei conti, quel chiacchierone era simpatico. «Io cerco soltanto la verità» disse semplicemente «e se si può scoprire che la signora Lester è innocente, sarò il primo a dichiararlo. È possibile infatti che il ladro sappia qualcosa che potrebbe discolparla. Ha ottenuto qualche risposta? Qualche cenno, almeno?» «Ancora nulla di positivo» rispose Costello «ma ho buone speranze. È in condizione di rispondere con cenni affermativi o negativi ad alcune domande semplici. Domani gli metterò in mano una matita e cercherò di farlo scrivere. In ogni caso, voglio ottenere la sua fiducia. Mi dia un giorno o due, ispettore, e sono convinto che riuscirò a strappare a quel tizio la soluzione dell'enigma.» «Benissimo, faccia tutto quello che può, ma lasci che le dica che, per un avvocato, sta dimostrando un enorme zelo. Potrei sapere quale interesse speciale ha in questa faccenda?»
«E me lo chiede? Possibile che non indovini? Un giovane avvocato ricco e sfaccendato incontra la più bella ragazza che abbia mai visto, accusata di un delitto che non ha commesso. Si schiera dalla sua parte e non solo ne sarà l'ardente difensore, ma la sposerà, se verrà assolta e se vorrà accettarlo. È semplice, non le pare?» «Sì, sì, capisco.» «Ma non una parola su tutto ciò» riprese Costello. «Siamo d'accordo. Mi fido di lei.» L'avvocato prese il cappello. Involontariamente Piper osservò che era un cappello duro, ma subito si giudicò ridicolo: in quel momento, a New York, portavano tutti il cappello duro. «Darò ordine al capo guardiano perché la lasci comunicare liberamente con il ladro» disse. «Grazie, ispettore, arrivederci.» Piper rimase pensieroso. Era evidente che Costello desiderava sinceramente salvare la sua bella cliente, ma non si sarebbe spinto troppo oltre suggerendo al borsaiolo affermazioni inesatte o tentando di comprarlo? Senza esitare, si recò nella cella di Chicago Lew accompagnato dal guardiano. «Siamo venuti a offrirle la libertà» annunciò quest'ultimo senza preamboli, rivolgendosi al prigioniero «purché acconsenta a mettere per iscritto quello che sa. In caso contrario, sarà condannato a vita. Non desidera venirne fuori?» L'uomo fissò sul carceriere uno sguardo triste, velato, senza vita, e scosse lievemente il capo. «Fa anche il sordo, adesso?» reagì Piper. «Non le basta fare il muto? Ma dato che ha cominciato a rispondere all'avvocato, sappiamo benissimo che ci sente e che può comprenderci. Preferisce essere mandato ai lavori forzati per vent'anni? Su, si sbrighi!» Così dicendo, agitava il bastone resistendo a fatica alla tentazione di adoperarlo come argomento persuasivo. Il povero ometto, che pareva sul punto di piangere, emise alcuni gemiti inarticolati. «Non mi sente, allora? Non capisce quel che dico?» continuò Piper esasperato. «La lascerò libero, se risponde per iscritto o facendo un gesto, un cenno con la testa... D'accordo?» Ci fu un lungo silenzio, poi Chicago Lew nascose il viso tra le mani scoppiando in singhiozzi, oppure in risa: l'ispettore non avrebbe saputo di-
re. «Costello si illude, se pensa di cavare qualcosa da costui» disse Piper uscendo. «In effetti mi pare maturo per il manicomio» convenne il guardiano. Non appena la porta fu chiusa, Chicago Lew alzò la testa, emise un sospiro di sollievo e, traendo di sotto il letto un pacchetto di sigarette, ne accese una con espressione beata e soddisfatta. 14 Il pinguino malato «Ecco dunque a che punto è la situazione» concluse Piper dopo aver raccontato gli ultimi eventi alla signorina Withers, venuta a chiedere notizie. «Vedo bene» osservò l'insegnante «che tutto condanna Seymour e la signora Lester. Ma ci crede proprio, lei, che siano colpevoli?» «Mia cara signorina Withers, credo di averle già detto che la mia opinione personale non ha alcuna importanza. Lei si occupa di questa storia con tutta la sensibilità di un animo che oserei definire romantico. Senza dubbio, deve aver letto chissà quanti romanzi in cui si parla di una giovane coppia accusata a torto di un infame delitto, e all'ultimo capitolo riabilitata e riunita... Ahimè, nella vita reale accade spesso il contrario.» «Eh, già» si affrettò a ribattere la signorina. «Quando non si comprende una donna, si dice sempre che è una romantica e che si lascia trasportare dal sentimento. Una maniera facile per non compromettersi. Se fossi al suo posto farei una figura migliore, anche a occhi bendati e con le braccia legate. Invece di cercare la verità, non pensa che ad accumulare prove sufficienti a far condannare qualcuno, poco importa chi. Beh, l'avverto, signor Piper, che saprò dimostrarle di che cosa è capace una povera donnetta romantica. Senza nessuna delle facilitazioni concesse a lei come uomo e come ispettore di polizia, continuerò le indagini per conto mio e riuscirò a scoprire con i miei soli mezzi l'assassino di Gerald Lester. Ecco.» Si alzò e uscì sbattendo la porta. Sul marciapiedi si fermò un momento. Poi, con fare deciso, chiamò un tassì e diede l'indirizzo di casa sua; ma a metà strada cambiò idea e si fece portare in tutt'altra direzione. Qualche momento dopo suonava alla porta di un appartamento al terzo piano di una casa della Diciottesima Strada. Le venne ad aprire Barry Costello in persona. Indossava un'ampia veste da camera rossa e fumava una lunga pipa. Un
grosso cane lo seguiva dappresso. «Signorina Withers!» esclamò l'avvocato. «Che fortunata coincidenza, stavo appunto chiedendomi se potevo azzardarmi a telefonarle. Entri, la prego.» La fece entrare in un bello studio pieno di libri. L'odore del cane si mischiava a quello del tabacco, i cui vapori azzurrastri rendevano densa l'atmosfera. La scrivania era ingombra di documenti e di fascicoli sparsi alla rinfusa, che Costello scostò per posare la pipa. Poi, venendo a sedersi di fronte alla visitatrice, disse: «Sono immerso fino al collo nel caso Lester e sto consultando i trattati di giurisprudenza. Uno a uno, ripasso tutti i miei codici, poiché l'accusata, innocente o colpevole che sia, merita di essere difesa con tutte le conoscenze possibili.» «Proprio per questo sono venuta da lei» disse la signorina Withers, lanciando sguardi terribili al cane, che sembrava manifestare l'intenzione di avvicinarsi a lei. «È buono» disse Costello notando l'espressione di disgusto dell'interlocutrice. «È molto vecchio, ma non ho il coraggio di disfarmene.» «Dicevo» riprese la signorina Withers «che ero venuta proprio per parlarle di questa faccenda. Mi sono fatta un'opinione forse sbagliata, ma alla quale tengo moltissimo. Credo fermamente che la signora Lester sia innocente, se non moralmente, almeno materialmente parlando, e ho i miei dubbi anche sulla colpevolezza di Seymour.» «Benissimo» approvò Costello. «E crede...» «Che, se davvero vuole, può salvare Gwen Lester. Non posso assumermi da sola questo compito, ma ascolti la mia teoria.» Rifletté qualche secondo, poi proseguì con voce ferma: «Prima di tutto, bisogna trovare il movente. Senza dubbio non è stata la gelosia a spingere al delitto il misterioso assassino. Si tratta forse solo della vendetta di un uomo che è stato, o si è creduto, leso nei suoi interessi da Lester; qualcuno che nelle speculazioni dell'agente di cambio ha perso, in tutto o in parte, il suo patrimonio. Ecco come ricostruisco la scena. Quest'uomo si trova all'acquario, vede la signora Lester in compagnia dell'avvocato Seymour e, sapendo della gelosia del marito, si affretta a telefonargli. Lester arriva e lo sconosciuto assiste con evidente soddisfazione allo scontro fra i due uomini. Vede Seymour trascinare Lester svenuto dietro la porta di servizio e poi andarsene, allora si avvicina, scorge il mio spillone e gli viene l'idea di completare la sua vendetta conficcandolo nell'orecchio sinistro di Lester.»
Costello, proteso verso di lei, l'ascoltava attentamente. «Mi sembra perfettamente giusto e molto ben ragionato» osservò. «È davvero molto abile, signorina Withers, e secondo lei...» L'avvocato fremeva d'impazienza. «Mi chiede chi è l'assassino, vero? Ma naturalmente un uomo rovinato dalle speculazioni sbagliate di Lester; un uomo che si è poi affrettato ad avvicinare cortesemente la giovane coppia.» «Che cosa intende dire?» «Ma sì» riprese con calma la signorina Withers «ha indovinato. È proprio del signor Hemingway che sospetto.» Ci fu un lungo silenzio. Costello fece un respiro profondo. «Sì» disse alla fine «credo che abbia ragione. Come mai non ci ho pensato prima? Ero convinto della colpevolezza di Seymour soprattutto dopo la sua confessione, e temevo che la signora Lester fosse, più o meno, sua complice... Ma ora tutto cambia.» «Resta da provarlo» aggiunse la signorina interrompendo l'avvocato, che appariva esultante. «Occorre unire i nostri sforzi per riuscirci. Non sarà facile.» «Certamente no. Eppure quel miserabile deve pure aver commesso qualche imprudenza, dimenticato qualche precauzione... I delinquenti si fanno sempre prendere così. Nonostante tutta la sua perspicacia, l'ispettore Piper, che davvero non sospetta di Hemingway, avrà trascurato alcuni indizi. Vuole che andiamo insieme all'acquario? Non ricordo bene i particolari. Per esempio, la posizione esatta del corpo al momento in cui è stato trovato. Non sono arrivato al bordo della vasca che pochi secondi dopo, quando già affluiva la folla degli altri visitatori.» «Vuole chiedermi come il corpo è caduto in acqua, vero? Credo di sapere...» «Ah, già. Lei immagina che sia stato il borsaiolo.» «No. Il fatto che l'orologio di Lester sia stato ritrovato nella fodera della giacca di Chicago Lew non significa granché, a mio parere. In fondo, sono convinta che non c'era proprio nessuno in quel momento, vicino alla vasca dei pinguini.» «Bisognerà che mi mostri bene il posto» disse Costello. «Glielo mostrerò immediatamente, se verrà all'acquario con me.» «Certo, anche se sono molto stanco. Ho girato tutto il giorno per procurare del denaro per la difesa della signora Lester. Sa, finché non sarà assolta, non potrà riscuotere un soldo dell'assicurazione. E le indagini costano,
così...» Con un gesto stanco, Costello le indicò la parete dello studio, dove si scorgevano due intelaiature vuote. «Ho dovuto separarmi da due dei miei più preziosi ritratti di famiglia» riprese. «Quelli del mio prozio lord O'Doyle e di sua moglie Deirdre. Per fortuna di Gwen, erano di un pittore celebre. Ma non incasserò il denaro prima di domani.» «Si interessa molto a Gwen Lester» disse la signorina Withers, commossa. «È abbastanza strano, poiché dopo tutto la conosce solo da così poco tempo.» «Sì, infatti è strano» convenne Costello alzandosi. «Sono molto romantico. Ho conosciuto tante donne, ma non ne ho mai incontrata una più bella di Gwen. Forse le sembrerò ridicolo...» «Oh, no» protestò la signorina Withers comprensiva. «È naturalissimo, anzi, e la capisco bene.» Costello sorrise. «Credo al colpo di fulmine» proseguì «come credo all'eroismo e ai bei gesti. Ma lei, che interesse ha a dimostrare l'innocenza della signora Lester?» «Ecco, cercherò di spiegarglielo, ma temo che non mi capirà. È per un sentimento tanto forte quanto l'amore, sebbene molto differente. Non mi giudichi tuttavia incapace di apprezzare le belle azioni ispirate dall'amore. Ho conosciuto i tormenti del cuore... ma non parliamo di questo. M'interesso al caso Lester non solo perché il problema si presenta difficile e perché Seymour e la signora Lester sono persone simpatiche, ma perché sento, al di sopra di ogni altra, la passione per la giustizia. La sola idea di un errore giudiziario mi fa rabbrividire. Credo che la legge, invece di essere presa alla lettera, debba cedere allo spirito della pura giustizia, e che tutto debba essere sacrificato a questo grande ideale.» «Ah, signorina Withers» commentò Costello «sono felice di sentirla esprimere i miei stessi pensieri. Se otterrà qualche risultato, farà commuovere i giurati quando si presenterà a testimoniare. Sono già commosso io stesso.» «Non perdiamo tempo» tagliò corto la signorina. «Andiamo all'acquario.» «Permetta che mi tolga la veste da camera e che indossi una giacca, poi l'accompagno.» L'avvocato andò nella sua stanza. Mentre si vestiva, la signorina Withers, fedele al suo sistema di giudicare le persone dai loro autori preferiti, si alzò ed esaminò la biblioteca di Costello. Rimase un po' delusa poiché,
eccettuati i trattati giuridici, non c'erano che memorie, racconti di viaggi, ma nessuna opera d'immaginazione. Tuttavia, su uno scaffale a parte, scorse qualche atlante e alcuni libri su falene e farfalle notturne. «Vedo che ha l'hobby dell'entomologia» disse quando Costello rientrò con il cappotto sul braccio e il cappello in mano. «L'avevo» rispose lui «ma da parecchi anni ho smesso di far collezione delle graziose bestiole che svolazzano intorno alle lampade. Del resto, credo che la mia passione sia comune a tutti i ragazzi.» La signorina Withers lo sapeva bene: non passava settimana che qualcuno dei suoi scolari non portasse in classe topolini, mosche, ragni, pesci rossi, e via dicendo. «Mi domando» continuò Costello prendendo posto nell'automobile «se quel bravo Hemingway sia un ingenuo collezionista o un ambizioso fallito.» «Chi lo sa» rispose pensosamente la signorina Withers. L'orario della chiusura dell'acquario era passato da un pezzo e la notte stava per calare. Avvicinandosi, i due visitatori videro a sinistra della porta d'ingresso una finestra da cui usciva una luce vivissima. Era quella dell'ufficio del direttore. «Quel vecchio pedante è ancora al suo posto» osservò Costello. «Chissà se ci farà entrare.» «Ho paura di no.» Invece di suonare, la signorina Withers provò a girare la maniglia della porta che, con sua grande sorpresa, si aprì facilmente. Entrarono. Il grande edificio deserto era immerso nella più completa oscurità, e l'atmosfera sinistra, il silenzio che pesava su tutto diedero i brividi alla signorina. Ma, via via che i loro occhi si assuefacevano al buio, scorsero qua e là fosforescenze opache e intermittenti dietro le pareti di vetro, e alle loro orecchie giunse un brusio lieve a cui si univa il gorgoglio dell'acqua. La vita si agitava incessante e nascosta tutt'intorno a loro. Una vita fredda e muta che faceva pensare alla morte. Un invincibile orrore per tutti quegli esseri gelidi, viscosi o squamosi si impadronì della signorina Withers. L'oscurità era così fitta che tutti quei pesci dalle forme strane, polpi, serpenti d'acqua, avrebbero potuto circondarla e soffocarla senza che se ne accorgesse. A un tratto Costello si fermò e le toccò il braccio. Una lunga striscia luminosa filtrava sotto una porta. Si trovavano davanti all'ufficio di Hemingway. «Mi sembra di aver sentito qualcosa» bisbigliò l'avvocato.
Infatti si udiva a intervalli un suono molto debole, come un gemito. Poi divenne più forte, e non tardò a mutarsi in grida acute che li misero in apprensione. Grida che non avevano nulla di umano. «Signore, abbi pietà di noi» mormorò Costello con voce strana, stringendo il braccio della compagna, come se si aspettasse di veder sorgere dinanzi a sé il livido fantasma di Gerald Lester. «Sciocchezze!» disse energicamente l'insegnante. «Sentiamo.» Il grido di dolore e di angoscia si fece udire ancora, poi si spense. Sembrava provenire dall'ufficio e, come in risposta, altre rauche, sinistre grida echeggiarono sotto le volte. «I pinguini!» esclamò Costello. «Hanno sentito anche loro?» Proprio in quel momento la porta dell'ufficio si spalancò e un'ondata di luce investì i due intrusi. «Chi va là?» domandò una voce che voleva essere imperiosa. Sulla soglia della porta comparve il guardiano Fink, a bocca aperta dallo stupore. Non si aspettava certamente di trovarsi davanti due persone a quell'ora. «Che diavolo fate, qui?» riprese, riconoscendo la signorina Withers. «Ho forse dimenticato di nuovo di mettere il catenaccio? In ogni caso, a quest'ora è vietato l'ingresso.» «Non per noi» dichiarò Costello, facendosi avanti. «Fink!» chiamò dall'interno la voce di Hemingway. «Torni subito a farmi luce e lasci stare quella gente, li manderà via dopo.» La signorina Withers e Costello entrarono insieme al guardiano. Sulle prime, il contrasto fra la luce intensa che rischiarava la stanza e il buio pesto dal quale venivano li accecò. Poi distinsero Hemingway curvo su un tavolo dove era disteso un pinguino con le zampe legate e il becco aperto. L'animale emetteva di tanto in tanto sordi gemiti. In piedi accanto al direttore, Fink dirigeva sul pinguino i raggi di una lampada. Lentamente, ma con mano ferma, Hemingway introdusse nella gola dell'uccello uno strumento lucido e affilato, dicendo con voce carezzevole: «Su, su, piccino mio, un po' di coraggio, avanti. È penoso, lo so, ma è per il tuo bene.» Gli incoraggiamenti parvero calmare il pinguino, che piegò la testa mentre il sottile stiletto d'acciaio spariva a poco a poco nell'esofago. Costello avanzò a grandi passi. «Fermatevi!» esclamò. «Perché torturate questa povera bestia?» Hemingway alzò un istante gli occhi e guardò con disprezzo l'importu-
no. «Stia zitto» replicò. «Non vede che cerco di salvargli la vita?» Allora, lentamente e con infinite precauzioni, lo scienziato ritirò lo strumento dall'esofago contratto del pinguino, che gettò un grido riprendendo fiato, poi rimase immobile e calmo, sotto la mano di Hemingway che lo reggeva. Intanto la signorina Withers, tranquillizzata sulle sorti dell'animale, non poteva staccare lo sguardo dall'oggetto informe e nerastro che era stato estratto dal suo esofago. 15 Il muto che parla Con molta delicatezza il direttore slegò le zampe del pinguino, che si sollevò, guardò un momento i presenti con espressione stupita, poi balzò a terra. Hemingway si rivolse allora ai due intrusi. «Non so come, né perché siate entrati qui» disse «ma potete vantarvi di aver assistito a una delle più difficili operazioni che siano state mai tentate su un esemplare di pinguino vivente in acquario. Quella povera bestia sarebbe morta di qui a poche ore, se non fossi riuscito a estrarre dal suo esofago un corpo estraneo che ostruiva completamente le vie digerenti. E pensare» continuò poi rivolgendosi a Costello «che ha osato intromettersi come un presuntuoso...» «Non si arrabbi» intervenne la signorina Withers. «Il signor direttore ha perfettamente ragione» ammise Costello, inchinandosi con un sorriso amabile. «Non avrei dovuto intervenire. Ma sono troppo sensibile e, per un momento, ho creduto che si divertisse a torturare quel povero animale. Mi perdoni.» «Bene, bene» borbottò il direttore «ma questo non spiega la ragione della vostra presenza. Non basta forse che il mio acquario sia divenuto meta di pellegrinaggio per tutti i fotografi, poliziotti e giornalisti di New York? Devo essere assediato e spiato anche durante la notte?» «Non sono che le sette» osservò la signorina Withers «e siamo rimasti sorpresi di trovare l'acquario completamente immerso nell'oscurità, mentre soltanto la finestra del suo ufficio era illuminata.» «Quando devo fare un lavoro delicato, qui sono costretto a spegnere le lampade, se voglio vederci bene» spiegò Hemingway. «L'energia elettrica municipale è troppo cara, perciò abbiamo una vecchia dinamo che ci sem-
bra più che sufficiente, dato che l'acquario è aperto al pubblico soltanto durante il giorno.» Si interruppe, contento d'essere stato indotto a dare spiegazioni invece di ricevere quella richiesta. Ma la signorina Withers non lo ascoltava più: era intenta a osservare il pinguino. «Guardatelo!» esclamò. Il piccolo uccello nero, già dimentico delle sofferenze del tavolo operatorio, andava su e giù con la sua brutta andatura dondolante, come se cercasse l'uscita. Lanciò un richiamo lamentoso cui rispose, dal fondo dell'acquario, un grido prolungato. «Povero piccino» disse Hemingway «vuole raggiungere il suo compagno. Andiamo, carino, ti sei sbarazzato di quello che ti causava dolore.» «Un momento» intervenne la signorina Withers facendo un passo avanti «che cos'era la pallottola nerastra che il pinguino aveva inghiottito? Forse si tratta di una cosa importante.» Si diresse verso il cestino della carta straccia nel quale l'oggetto era stato gettato. Hemingway le sbarrò la strada. «Senta» disse «ho sopportato stoicamente interrogatori, perquisizioni e altri supplizi di questo genere, ma adesso ne ho abbastanza e non sono tenuto a risponderle. D'altronde quella roba non è di alcun interesse. È un brandello di stoffa caduto incidentalmente nella vasca e che il pinguino aveva inghiottito.» «Non si può dire nulla senza averlo esaminato» ribatté la signorina Withers. «I pinguini erano nella vasca prima dell'assassinio e ci sono rimasti per tutto il pomeriggio. A me è sembrato che non fosse un lembo di stoffa, ma in ogni modo, se è una cosa insignificante, perché non vuole che la esamini?» «Ma sono o non sono il direttore dell'acquario?» protestò Hemingway, esasperato. «Fink, faccia uscire subito questa gente!» Costello si fece avanti e guardò minaccioso il guardiano. «Ci provi, avanti» disse. «L'aspetto.» Anche Fink aspettava, e intanto la signorina Withers agì. Prima che il direttore potesse impedirlo, si era lanciata verso il cestino e aveva recuperato la palla nerastra e vischiosa estratta dall'esofago dell'uccello. La spiegò e la distese sul tavolo. Si trattava realmente di un pezzo di stoffa, ma non di un brandello qualsiasi: era un nastro di seta, all'estremità del quale si scorgeva il residuo di un nodo lacerato. La signorina guardò Costello, ed entrambi si volsero verso Hemingway.
«Sa» riprese l'insegnante con voce severa «che cosa ha tirato fuori dallo stomaco del pinguino, e che cosa stava per buttare via, giudicandolo senza importanza? Tutto mi fa credere che sia il nastro del cappello dell'assassino di Gerald Lester.» Hemingway, pallidissimo, indietreggiò di un passo. «Del cappello... dell'assassino?» ripeté, come in sogno. «Gliel'avevo detto che avremmo scoperto qualcosa d'interessante, qui. Che nessuno lo tocchi. Avverto immediatamente l'ispettore Piper.» L'apparecchio telefonico era su un tavolino all'estremità dell'ampia stanza, fuori del cerchio di luce proiettato dalla grande lampada a riflettore accesa per operare il pinguino. La signorina Withers staccò il ricevitore e compose il numero. C'era da sperare che l'ispettore fosse in ufficio; in ogni modo, ci sarebbe stato un agente che avrebbe saputo dove trovarlo. L'attesa le sembrò molto lunga. I tre uomini, intanto, in piedi dietro di lei, si guardavano l'un l'altro senza parlare. Alla fine risuonò la ben nota voce dell'ispettore. «Pronto, chi parla?» «La signorina Withers. Può venire immediatamente all'acquario? Ho scoperto qualcosa di nuovo a proposito dell'assassinio di Lester... Sì, molto importante.» «Vengo subito» rispose l'ispettore. «Che cos'ha trovato?» «Sì tratta di...» La signorina Withers non poté finire, perché qualcuno alle sue spalle fece un movimento brusco. Nello stesso istante la grande lampada a riflettore si spense e una profonda oscurità invase la stanza. La signorina lasciò cadere l'apparecchio telefonico, una voce maschile imprecò, una sedia cadde, poi si udì Costello che diceva: «No, no, caro signor direttore, a me non la fa. L'ho pescata!» A mani tese, la signorina Withers cercava d'orientarsi e di ritornare nel mezzo della stanza. «Una luce, presto, che venga qualcuno!» continuava a gridare Costello. «Dov'è, signorina Withers? Non può fare un po' di luce?» La signorina, naturalmente, non aveva fiammiferi, e si limitò a rispondere: «Sono qui. Che cosa è successo? Dov'è?» «Vicino al tavolo. Ho afferrato questo diavolo di un direttore e non lo lascio scappare. Gli sono saltato addosso proprio nel momento in cui cercava d'impadronirsi del nastro del cappello... e allora la luce si è spenta. Si avvicini. Ho i fiammiferi in tasca.» «Inutile» disse la voce acuta di Hemingway.
Nello stesso momento un fascio di luce scaturì dal riflettore. Il signor Hemingway, accovacciato in un angolo, teneva ancora la mano sulla spina che aveva di nuovo inserito nella presa di porcellana infissa nel muro. A tre metri da lui, vicino al tavolo, Fink si dibatteva sotto la stretta vigorosa di Costello che, accorgendosi del suo errore, lasciò subito la presa. «Eppure, è stato proprio il direttore a tirare il cavo. Ne ho avuto la precisa sensazione e ho cercato di fermarlo.» «Ma cosa dice!» esclamò Hemingway. «Sa benissimo che non sono stato io.» «E neppure io» protestò Fink. «Vi do la mia parola. Non mi sono mosso da quando la luce s'è spenta, per impedire che qualcuno toccasse il nastro. Non so quale di questi due signori, ma uno aveva certo fatto un passo avanti.» La signorina Withers rifletté. Non riusciva a ricordare le rispettive posizioni dei tre uomini nel momento in cui era andata al telefono. Poco importava, d'altronde, poiché il cavo che, partendo dalla grande lampada, arrivava fino alla presa a muro, attraversava più di metà della stanza e perciò un rapido gesto di ognuno dei presenti poteva essere stato sufficiente. Fink e Hemingway protestavano energicamente. Costello, dopo un'alzata di spalle, aveva riacceso la pipa. «La faccenda è più grave di quel che credete» disse la signorina Withers ai tre uomini. «Non spetta a me occuparmene, ma all'ispettore, che sarà qui a momenti. Intanto, nessuno esca. Credo che Piper dovrà perquisire tutti, perché il nastro da cappello è scomparso.» Un profondo silenzio seguì queste parole. Evidentemente uno solo dei presenti sapeva dove il nastro fosse andato a finire, ma gli altri si sospettavano a vicenda. Hemingway si sedette tranquillamente nella sua poltrona. Fink continuava a protestare e ad accusare Costello. «Gli chieda che cosa faceva vicino al tavolo, quando mi ha aggredito» ripeté. «Avremo domande e risposte in abbondanza, fra poco» disse alla fine Costello. «Per adesso stia zitto.» E accostandosi alla porta, aggiunse: «È assolutamente impossibile che qualcuno abbia avuto l'audacia e il tempo d'introdursi qui, di prendere il nastro e di andarsene nei pochi istanti in cui è mancata la luce.» Mise la mano sulla maniglia della porta e fece per aprirla, ma la signorina Withers vegliava, e lo richiamò severamente. «Sarà meglio che resti qui, alla luce.»
«Già, è vero» ammise Costello. «Non ci avevo pensato.» Prese una sedia, si sedette accanto a Hemingway e si mise a fare cenni al pinguino, che si era rifugiato sotto il tavolo. «Povero piccolo» disse, tendendogli il dito. «Ti doveva fare molto male la gola poco fa, vero?» «Dovrebbe dire povera piccola» corresse Hemingway ironicamente. «È una pinguina, e compiangendola non fa che perdere tempo, poiché inghiotte tutto quel che trova a portata di becco, dai giornali ai lacci delle scarpe, e di solito digerisce benissimo tutto. Ci è voluto proprio che quel nastro da cappello formasse una palla per ostruirle lo stomaco, ma potrebbe staccarle di netto il dito con una beccata, il che accadrà di certo... spero.» Costello ritirò prontamente la mano. «Mille scuse, signora pinguina» disse scherzosamente, rimettendosi a fumare. In quel momento si udì il rumore di un'automobile che si fermava davanti all'acquario. La signorina Withers spalancò la porta per illuminare il cammino ai nuovi venuti. Un istante dopo, Piper entrò di corsa, seguito da quattro agenti. «Che cosa è successo, signorina?» chiese. «L'apparecchio le è caduto di mano e ho sentito strani rumori, così sono venuto in auto... e accompagnato.» In poche parole la maestra mise l'ispettore al corrente degli avvenimenti. Piper ascoltò attentamente, poi si rivolse a Hemingway, Fink e Costello. «La situazione è seria» disse. «Molto più seria di quanto possiate immaginare. La persona che ha fatto sparire un corpo del reato sa di essersi resa implicitamente rea di complicità?» Diede alcuni ordini e mise un poliziotto di guardia a ognuna delle porte dell'ufficio. Gli altri due uomini vennero a mettersi accanto a lui. «Il nastro da cappello deve trovarsi da qualche parte in questa stanza» riprese Piper. «È molto probabile che appartenga all'assassino del signor Lester. Avrei il diritto di arrestare tutte le persone presenti, tenendole a mia disposizione, ma ricorrerò a questa misura solo se respingeranno la perquisizione personale. Avete capito? Siete disposti?» Costello si alzò e rispose per primo: «È proprio quello che stavo per proporle, ispettore. È la sola cosa che ci sia da fare, a mio parere. Vuole cominciare da me?» «Benissimo. Signorina Withers, abbia la cortesia di uscire un momento in compagnia di uno dei miei agenti. Non si può fare eccezione per nessu-
no. Nulla esclude che sia stata proprio lei a prendere il nastro.» L'ordine venne eseguito e Costello si sottopose compiacente alla perquisizione. Ma certo non immaginava che potesse essere così accurata e totale. Per prima cosa, tutto quello che contenevano le sue tasche fu deposto sul tavolo. Pochi spiccioli, un temperino, un mazzo di tre chiavi e due fazzoletti di batista. Un estratto conto, dal quale risultava che Costello aveva ritirato dal suo deposito duecento dollari non lasciandovene che cinquanta, attirò in special modo l'attenzione di Piper. Nel portafogli si trovarono cinquecentoquaranta dollari in banconote, due assegni, uno di cento, l'altro di trecento dollari, firmati "M.B.M. Costello, tesoriere", e alcuni biglietti da visita su cui era stampato il nome di Barry Costello, avvocato, procuratore generale della Società degli amici degli animali. «Questa è appunto la mia occupazione principale» spiegò lui, rispondendo a uno sguardo interrogativo di Piper. «Voglio molto bene agli animali e cerco di rendere più sopportabile la loro esistenza. I due assegni sono sussidi destinati alla cassa della piccola società che ho fondato.» In un'altra tasca dell'avvocato c'erano una busta vuota e un taccuino di indirizzi. Piper vi lesse i nomi di note famiglie della Quinta Strada. Evidentemente i conoscenti del signor Costello erano persone facoltose e l'ispettore avrebbe desiderato prenderne nota, ma l'avvocato gli fece osservare con un po' d'impazienza che il nastro da cappello non poteva essere nascosto nel taccuino né nella busta vuota. Sul rovescio di questa, tra appunti scarabocchiati, Piper scorse alcune cifre: la somma di cinquemila dollari ripetuta più volte, oltre a un'addizione di cifre di minor conto. «Non vedo alcun inconveniente nel farle sapere che si tratta di somme raccolte per le spese inerenti alla difesa della signora Lester» disse l'avvocato rientrando in possesso dei suoi oggetti. Ma la perquisizione non era ancora finita: si frugò nelle fodere dei suoi vestiti e nelle scarpe; dovette persino mostrare che non aveva nascosto il nastro in bocca. «Ebbene, ispettore?» chiese alla fine. «Si è convinto della mia innocenza?» «Sì, sì, ma era necessario. La ringrazio di essersi prestato a questa formalità. Tocca al signor Hemingway, ora.» Il direttore protestò, dapprima, ma senza ottenere alcun risultato, e tutto quel che portava indosso fu palpato e frugato a fondo dagli agenti. Si trovarono un orologio d'oro, un biglietto da dieci dollari, un mazzo di una trentina di chiavi, un infinito numero di pezzetti di carta ricoperti di formu-
le e di appunti scientifici, un temperino con numerose lame... ma neppure l'ombra di un nastro di seta nera. «A lei, Fink» disse l'ispettore. Il guardiano dell'acquario oppose sulle prime una viva resistenza, e fu solo quando Piper lo minacciò di mandarlo immediatamente in prigione che acconsentì a farsi perquisire come gli altri. Il motivo della sua opposizione, che rese l'operazione più minuziosa e completa, non tardò a venire fuori. Fink possedeva un portafogli d'insolite dimensioni ed eccessivamente gonfio che conteneva un'intera serie di fotografie pornografiche. «Ecco, perderò il posto» disse il poveretto. «Silenzio!» esclamò l'ispettore. «Sono incaricato di un'inchiesta criminale, e questa roba non mi riguarda.» Le ricerche continuarono, ma il nastro da cappello non uscì né dalle tasche né dalle scarpe né dalla bocca di Fink. «Si può rivestire» borbottò Piper «e vada a chiamare la signorina Withers.» L'insegnante rientrò, evidentemente seccata di essere stata estromessa e lasciata ad aspettare così a lungo. «Secondo lei, adesso toccherebbe a me, vero?» domandò con aria bellicosa. Piper sorrise. «Neppure per idea» rispose. «Non la credo proprio capace di telefonarmi la sua scoperta con la segreta intenzione di farla sparire. No» aggiunse accendendo un sigaro «il nastro non è stato rinvenuto indosso ad alcuno dei presenti. Le finestre sono rimaste chiuse e, durante il breve periodo in cui la luce è stata spenta, nessuno di voi può avere avuto il tempo di aprire la porta, gettare via il nastro e tornare al suo posto.» «Quando la lampada si è riaccesa, il signor Costello si è avvicinato alla porta e l'ha socchiusa» disse la signorina Withers. «Ha oltrepassato la soglia?» «No.» «Ha teso il braccio per buttare fuori qualcosa?» «Neppure.» «Lei ha sentito scorrere l'acqua del rubinetto mentre eravate al buio?» «No.» «Ebbene» concluse l'ispettore «il nastro è in questa stanza. Uno di voi l'ha preso e l'ha nascosto da qualche parte, dopo avere staccato la presa della lampada. Di conseguenza, ragazzi miei» aggiunse rivolgendosi ai suoi agenti «bisogna ora procedere a una perquisizione in piena regola del
locale, mettendolo a soqquadro e ispezionandolo da cima a fondo.» Si ritirò nell'angolo dove il pinguino, ormai tranquillissimo, si stava addormentando ritto sulle zampe. «Quest'animale sarebbe capacissimo di aver inghiottito il nastro di nuovo» osservò. «Ma come avrebbe potuto tirare il cavo?» «Ora che ci penso» esclamò la signorina Withers «quando la luce si è riaccesa, il signor Hemingway stava rannicchiato in quell'angolo!» «È naturale» rispose il direttore. «Sapevo dove era la presa, e non appena ritrovato il cavo ho rimesso a posto la spina.» «Sì» ribatté la maestra «ma forse ha fatto anche un'altra cosa: ha nascosto il nastro da qualche parte.» Due poliziotti diressero i raggi delle torce verso la signorina Withers che, con un gesto brusco, aveva strappato nuovamente il cavo dalla presa e stava svitando l'interruttore di porcellana. Invano: nessuna traccia del nastro. Un'ora dopo, Piper dovette ammettere che l'oggetto delle loro ricerche era irreperibile. Gli agenti avevano esaminato minuziosamente tutto quello che si trovava nell'ufficio del direttore: carte, libri, tavoli, sedie, bicchieri, strumenti... Avevano introdotto un fil di ferro piegato nel tubo di scarico del lavandino senza estrarre nulla. Il nastro pareva essersi dileguato, volatilizzato. «Potete andarvene» disse Piper ai suoi. Quindi, volgendosi alla signorina Withers, aggiunse: «Non abbiamo fatto il minimo passo avanti. Ma forse quel nastro non presentava nulla d'interessante. Non è detto che appartenesse proprio al cappello dell'omicida.» «La cosa peggiore di tutta la faccenda» osservò l'insegnante «è il fatto che ci si imbatte di continuo in prove concrete, che però non servono a niente. In questo caso ci vorrebbe un testimone oculare... ecco!» Il telefono squillò. Hemingway, che stava per uscire, si voltò e si avvicinò all'apparecchio, ma Piper lo prevenne. «Risponda, Calloway» ordinò a uno degli agenti. Questi obbedì. «Pronto? Sì, signore, è qui. Sì, ascolto... Glielo riferirò. Va bene, d'accordo. Era il tenente Keller» disse poi rivolgendosi all'ispettore «dalla centrale. La guardia carceraria Hyde l'ha avvertito in questo momento che Chicago Lew, il borsaiolo, ha scritto un biglietto pregandola di andare da lui domattina. Promette rivelazioni importanti sul caso Lester.» «Ecco il testimone oculare che desiderava» disse Costello, sulla soglia. «Se si decide a parlare...»
«Si deciderà, presto o tardi» assicurò Piper. 16 Il muto che tace L'indomani mattina a colazione, l'ispettore Piper era di ottimo umore e attaccò il suo toast al bacon con l'assoluta certezza che tutto volgesse al meglio. «Buongiorno, signore» gli disse la sua vecchia domestica servendogli il caffè. «Mi sembra soddisfatto, oggi.» «Sì, signora McFecters. Ho dormito benissimo e prevedo per oggi la conclusione di una questione che mi ha tenuto molto occupato.» «Il caso Lester, vero?» «Precisamente. Abbiamo infatti trovato un testimone del delitto, o per lo meno un uomo che si trovava nelle vicinanze del luogo dov'è stato commesso. Ha promesso che stamattina dirà o scriverà tutto quello che sa.» «Davvero?» «Sì. E del resto, perché non dovrebbe? È un ladruncolo qualunque, a cui condoneremo qualche anno di prigione in cambio delle sue rivelazioni. Ancora un po' di caffè, per piacere, signora McFecters. Devo andare in fretta alle carceri a interrogarlo.» «Le racconterà la sua storiella adesso come fra un'ora. Faccia la sua colazione in pace. Il bacon era ben cotto? Desidera il giornale?» «Al diavolo il giornale. Ma che c'è adesso? Chi mi vuole?» Dalla stanza vicina proveniva lo squillo del telefono. «Chi può essere?» disse placidamente la signora McFecters. «Se non risponde, non lo saprà mai» osservò l'ispettore. La donna andò all'apparecchio e tornò quasi subito. «È un signore che chiede di lei. Dice che si tratta di una cosa urgente. Devo rispondere che è già andato in ufficio?» «No, vengo» disse Piper correndo al telefono. «Pronto? È lei, Costello? Allora, che c'è?» «Le telefono dal carcere» rispose l'avvocato. «Mi aspetti. Sarò da lei tra pochi minuti. Ho notizie straordinarie.» «Stavo venendo lì.» «Inutile, vengo io. Si tratta, come immaginerà, del caso Lester. Ho avuto un altro colloquio con il ladro. Volevo vederlo prima che cominciasse a cantare. Capisce, nell'interesse della mia cliente. E lui ha confessato d'aver
ucciso Lester.» «Sciocchezze! È impossibile.» «Ho in tasca la sua confessione scritta. Ora gliela porto.» Costello riagganciò il ricevitore e Piper fece lo stesso imprecando. Nonostante il suo dispetto per essersi fatto precedere dall'attivissimo avvocato, non gli restava che aspettarne la visita. Prese il giornale e lesse qualche articolo. Il tempo passava. Le otto... le otto e mezzo... Costello non si vedeva. Alla fine l'ispettore, sbuffando, prese il cappello e si avviò per uscire, ma nell'aprire la porta si trovò faccia a faccia con Costello. «Ah, eccola, finalmente» brontolò facendolo entrare. «Adesso mi dirà come le è saltato in mente di andare a parlare con il prigioniero prima di me.» Costello posò con calma il cappello sul tavolo e accese una sigaretta. «Le spiegherò» disse. «Senza dubbio ricorderà di avermi autorizzato, qualche giorno fa, a visitare il prigioniero nella sua cella. Quando ho saputo che si preparava a fare le sue rivelazioni ho temuto per la mia cliente, ed ecco perché ho voluto sapere tutto il più presto possibile. Le faccio le mie scuse, ma il risultato è magnifico. Ecco, legga.» Con un lieve inchino, porse all'ispettore un foglio di carta. «Da parte del borsaiolo?» domandò Piper prima di aprirlo. «Sì. Mi ha pregato di consegnarle questo biglietto.» Piper aprì il messaggio, che si componeva soltanto di poche parole scritte goffamente, in stampatello: HO UCCISO L'UOMO ADDORMENTATO VICINO ALLA VASCA PERCHÉ SI È SVEGLIATO MENTRE GLI TOGLIEVO L'OROLOGIO. AVEVO PAURA CHE SI METTESSE A GRIDARE. ADESSO RISCHIEREI DI FINIRE ALL'ERGASTOLO PERCHÉ SONO RECIDIVO. PREFERISCO MORIRE CHE PASSARE LA VITA IN GALERA. «Senza firma, eh?» osservò Piper. «Mi ha fatto capire che firmerà tutto quello che si vuole, ma è molto depresso e non pensa più che alla morte. Quanto a me, l'essenziale è che risulti l'innocenza della mia cliente.» «La signora Lester? Infatti, mi sembra che questo le permetta di riprendere coraggio. Non mi piace il suo modo di procedere, Costello, glielo dico francamente, ma devo riconoscere che fa l'impossibile per salvare la vi-
ta della signora, ed è sul punto di riuscirci.» «Lo spero, ispettore» disse gravemente l'avvocato. «Sono follemente innamorato di lei. L'incontro in circostanze drammatiche con una donna giovane, bella, affranta, e accusata del più mostruoso dei delitti, e lo slancio che mi ha spinto in suo soccorso fin dal primo momento... tutto questo mi ha sconvolto. Forse mi troverà un po' troppo romantico, ma...» «Sì, sì, capisco» lo interruppe freddamente l'ispettore, riponendo con cura nel portafogli la confessione del borsaiolo. «Non potrebbe rimettere la signora Lester in libertà provvisoria, adesso?» domandò Costello. «Non corra troppo» rispose Piper ridendo. «No, non posso rilasciare la signora Lester prima di aver ottenuto una dichiarazione più esplicita da Chicago Lew. Se firmerà davanti a me, dopo averlo letto e compreso, un documento in cui confessa ogni cosa, allora non dico di no. Ma veramente quel tizio non mi era proprio sembrato un assassino, nonostante la crisi nervosa che l'ha colto quando è stato scoperto all'acquario. Insomma, non posso dire nulla prima di averlo visto.» «Allora andiamo subito, ispettore. Ho l'impressione che ci avviciniamo alla soluzione del mistero. La signora Lester non rimarrà a lungo in prigione. La speranza che possa essere liberata questa sera stessa mi ha spinto a venire subito da lei. Presto, torniamo al carcere.» «Sì» rispose semplicemente l'ispettore. Si alzò, andò al telefono e formò un numero. Costello lo interrogò con lo sguardo. «Do appuntamento alla signorina Withers» spiegò Piper. «Si è occupata molto di questa faccenda e merita di vederne la fine.» «Ma perché vuole far intervenire una terza persona, ispettore? È inutile, non servirà che a farci arrivare in ritardo.» «Oh, no, la signorina Withers non si fa mai aspettare. Del resto, se sollecito la sua presenza, le consiglio di non lamentarsi. Ricordi che, come le ho già detto, ha abusato più volte del suo ruolo di avvocato, esercitando la sua influenza su Chicago Lew. Questo non è affatto regolare, glielo ripeto. E poi la signorina Withers è mia amica e, quanto a buon senso, può dare dei punti a molti uomini.» «Oh, è una donna simpaticissima» si affrettò ad ammettere Costello, battendo in ritirata. «Non mi fraintenda, ispettore. Sarò felicissimo...» «Tanto meglio. E adesso andiamo. Strada facendo mi racconterà i particolari del suo colloquio con il borsaiolo.» «Come le ho già detto, volevo essere informato per primo, nel caso che
le sue rivelazioni potessero danneggiare la mia cliente. Ecco perché l'ho preceduta. Così sono andato alla cella di Chicago Lew.» «Non è andato prima da Seymour?» «No, ci sono stato ieri. Passando, stamattina, l'ho visto attraverso lo spioncino: dormiva. Dunque, per tornare a Chicago Lew, il carceriere Schmaltz, che mi accompagnava, mi ha aperto la porta della cella e mi ha lasciato con lui.» «Schmaltz è rimasto in corridoio davanti allo spioncino, come di regola?» «No, la mia visita così mattutina l'ha infastidito, perché a quell'ora ha da fare al primo piano. Perciò mi ha chiuso dentro e se n'è andato. Ho cominciato a interrogare il prigioniero...» «Ha violato tutti i regolamenti» interruppe l'ispettore. «Ma no, lei aveva garantito per me, non ricorda? E poi mi ha perquisito, ovviamente.» «Bene, continui» brontolò l'ispettore. «Ho parlato a lungo con il prigioniero, facendogli un quadro drammatico del triste destino di una donna innocente che potrebbe essere salvata da lui. Sapevo bene che era in condizioni di udirmi e di capirmi, e le assicuro che questo patetico appello al suo cuore non è stato vano. Non avevo infatti ancora finito di parlare che quasi piangeva, e non ci è voluto molto perché crollasse del tutto. In preda al rimorso, come se fosse già fra i tormenti dell'inferno, ha preso carta e matita da lei lasciate nella cella e ha scritto rapidamente queste poche parole. Gli ho fatto comprendere l'enormità della sua colpa, non solo per aver ucciso Lester, ma per aver lasciato imprigionare degli innocenti. Già da tempo sentivo che era colpevole. Non appena scritta la confessione, si è rifugiato in un angolo e si è messo a singhiozzare con la testa tra le mani. Quando l'ho lasciato dopo aver chiamato il guardiano, era ancora nella stessa posizione. Uscendo mi sono fermato un momento per rivolgergli, attraverso lo spioncino, una parola d'incoraggiamento. Poco dopo, andando da Seymour ad annunciargli la buona notizia, ho sentito che Chicago Lew continuava a lamentarsi. Credo che, se ne avesse l'opportunità, potrebbe tentare di uccidersi.» «Niente di più facile» convenne Piper. «Ha la tipologia del suicida, non dell'assassino. Non ha abbastanza fegato.» «Come, è questa la sua opinione? Un uomo svenuto non poteva incutergli un gran timore.» «Sembra che la vittima si fosse riavuta, stando almeno a quel che con-
fessa lui stesso. Ma non importa, eccoci arrivati. Se non sbaglio, la persona che aspetta davanti alla porta è proprio la signorina Withers. Vede che è arrivata all'appuntamento prima di noi. Ma mi sembra sconvolta...» Infatti la signorina Withers scese i gradini e si precipitò incontro all'ispettore gesticolando. «Credevo che non arrivasse più!» esclamò. «Perché non mi ha avvertita di quel che è successo? Non immaginavo nulla quando sono entrata nella prigione.» «Non si agiti tanto, cara signorina» disse l'ispettore sorridendo. «Spero che rimarrà soddisfatta vedendo Chicago Lew firmare la confessione del suo delitto.» «Firmare la confessione del suo delitto?» ripeté la signorina. «Ma allora... non sa niente?» «Non so cosa?» «E io credevo che mi avesse chiamata per questo! Caro ispettore, Chicago Lew non firmerà nessuna confessione.» «E perché no, di grazia?» chiese Costello. «Perché in questo momento dondola all'estremità di una fune nella sua cella.» L'ispettore Piper si passò una mano sulla fronte. «Bisogna ammettere che non abbiamo fortuna con le confessioni, in questo caso» concluse. 17 Dalila! «Sì, l'ho trovato io» dichiarò Schmaltz. «Terminato il mio lavoro al piano superiore, sono sceso alla solita ora per mettermi di guardia in fondo al corridoio. Passando davanti alla cella di Chicago Lew, ho guardato dallo spioncino e l'ho visto penzolare a mezzo metro dal suolo.» «E fino a quel momento non aveva visto o sentito nulla di strano?» chiese l'ispettore Piper. «Senta, a che serve interrogare quest'uomo?» si intromise Hyde. «Non sarebbe meglio che andasse a visitare la cella dove il prigioniero si è ucciso?» «Stia zitto, lei» ribatté Piper. «Anche se qui la fa da padrone, la morte improvvisa di un testimone così importante riguarda me. E io conduco le indagini a modo mio, intesi? Se non le sta bene, vada a protestare da Ro-
che. Continui» proseguì poi, rivolgendosi al subalterno. «Dica tutto quello che sa, dall'inizio.» «Non ho sentito nulla di strano» rispose l'uomo. «Non è successo niente di straordinario, né prima né dopo la visita del signor Costello.» «È venuto molto di buon'ora, vero?» «Sì, signore. Non avevo ancora finito le pulizie, ma siccome la sua autorizzazione era in regola l'ho introdotto immediatamente nella cella del detenuto. Entrando mi ha detto che sperava di strappargli una confessione. Li ho lasciati insieme dopo aver chiuso la porta con cura e sono tornato al primo piano a riprendere il lavoro.» «Il signor Costello non si è trattenuto per vedere qualcun altro? Seymour, per esempio?» «No, quando siamo passati davanti alla sua cella, Seymour dormiva o faceva finta. Anche Chicago Lew dormiva, ma sentendo aprire la porta si è alzato di scatto.» «E poi?» «Nient'altro, signore. Trascorsi i venti minuti regolamentari, sono andato ad aprire al signor Costello.» «Ha notato qualcosa di particolare in quel momento? I modi del prigioniero erano cambiati?» Il guardiano rifletté un po' prima di rispondere. «Era seduto sul letto con la testa fra le mani» riprese poi. «Sembrava che piangesse. Il signor Costello e io siamo rimasti a osservarlo attraverso lo spioncino, ma non si è mosso. Il signor Costello mi ha raccomandato di tenerlo d'occhio, perché gli sembrava in preda alla disperazione. Gli ho risposto che era piuttosto il signor Seymour a sembrare stanco della vita, dato che aveva smesso di chiedere notizie della signora Lester.» «Bene. E poi è ritornato al suo posto in fondo al corridoio?» «Non subito, signore. Non avevo finito di fare le pulizie. Soltanto dopo una mezz'ora circa sono andato al mio posto abituale, ed è stato passando davanti alla cella del borsaiolo che ho visto...» «Che cosa? Mi dica esattamente ciò che ha visto.» «Il prigioniero, che sembrava dondolare in aria nel bel mezzo della cella. La scarsa luce impediva di vedere la fune ma, alzandomi sulla punta dei piedi, ho notato lo sgabello rovesciato vicino al letto.» «Ha verificato, in quel momento, la serratura della porta?» chiese la signorina Withers. «Sì, signora, tutto era in regola. Mi ci è voluto qualche secondo per tro-
vare la chiave, poi ho aperto e ho capito che il prigioniero si era impiccato. Mi sono affrettato a tagliare la fune, ma quel poveraccio non respirava già più. Allora ho chiamato il signor Hyde.» Piper fece un cenno d'approvazione. «Mi porti alla cella» disse, rivolto a Schmaltz. «Signorina Withers, vuole accompagnarmi? O preferisce rimanere? Non dev'essere uno spettacolo troppo piacevole...» «Posso sopportarlo» affermò l'insegnante. «Andiamo, venga, signor Costello.» «Le dirò che sarei più contento di non rivedere morto quel povero diavolo che poco fa ho rimproverato aspramente. Provo una specie di rimorso. Perciò, a meno che non abbiate bisogno di me...» «No, no» disse l'ispettore. «Ci rivedremo più tardi. Questo fatto può essere importante per la sua causa, ma non è certo... Vedremo.» Accompagnato dalla signorina Withers, da Hyde e da Schmaltz, Piper entrò nella cella del suicida. «Ma di che fune va dicendo?» disse non appena ebbe dato un'occhiata. «Non vede che si è impiccato con un fil di ferro?» Infatti un filo metallico flessibile, che partendo da una delle sbarre dello spioncino passava su un condotto attraverso il soffitto, era rimasto penzoloni sopra il cadavere steso sul pavimento. «Mi scusi se ho detto fune» disse Schmaltz. «In effetti avevo notato anch'io che si trattava di metallo. L'ho tagliato poco sopra la testa. Il nodo è ancora attorcigliato intorno al collo.» Impassibile, Piper rivoltò il corpo della vittima. Il fil di ferro, penetrando nelle carni, lo aveva quasi decapitato. L'ispettore gettò sull'orribile faccia violacea una delle coperte del letto. «Informi della cosa il procuratore» ordinò a Hyde «e chiami il dottor Bloom. Desidero che esamini in modo particolare la gola e le corde vocali del suicida.» «Crede dunque che non fosse muto?» osservò la signorina Withers. «Cosa vuole che ne sappia» rispose l'ispettore. «Per ora la cosa più importante è scoprire come il prigioniero abbia potuto procurarsi il fil di ferro.» Si era voltato, dicendo così, verso la guardia carceraria. «Non ci capisco niente» disse questi. «Ma lei è responsabile dei prigionieri. Il filo può provenire dalla prigione? Ne esiste di simile, nell'edificio?»
«No, non usiamo fili di questo genere.» «Allora è stato portato da qualcuno che lo ha dato di nascosto al prigioniero. Eppure tutti i visitatori vengono perquisiti, non è vero?» «Certo. Le assicuro, ispettore, che sono assolutamente sbalordito.» «Silenzio» interruppe Piper. «E lei, Schmaltz, risponda. Ha perquisito bene, senza alcuna eccezione, tutti i visitatori che si sono presentati ultimamente?» «Sì, signore, può contarci.» «Tuttavia, questa mattina ha omesso tale precauzione per il signor Costello.» Piper non faceva che tastare il terreno, ma Schmaltz non si sconcertò. «Chiedo scusa» disse con fermezza. «Il signor Costello è stato perquisito come gli altri.» «Va bene. Vuole mostrarmi come fa? Supponga che io sia un visitatore.» Schmaltz si fece avanti, palpò i rovesci del pastrano e della giacca dell'ispettore, le tasche laterali e quelle dei pantaloni, e ne trasse una rivoltella di grosso calibro e un paio di manette. «Ecco» disse. «Ci preoccupiamo solo di cercare le armi o gli utensili, come seghe...» «Allora» riprese l'ispettore «se avessi avuto su di me qualche metro di cordicella o di filo metallico attorcigliato intorno a una gamba o al petto, non se ne sarebbe accorto?» «No, signore. Non togliamo ai visitatori né le penne né le scatole di fiammiferi. Si confiscano solo gli oggetti che possono servire ad aggredire i guardiani o a evadere.» «Se il regolamento non esige nulla di più, bisognerà cambiarlo dopo questo esempio» osservò Piper «poiché abbiamo la prova che qualcuno ha fornito a Chicago Lew i mezzi per sfuggire al giudizio... se non al castigo, che si è inflitto da sé.» «Lo crede dunque colpevole dell'assassinio del signor Lester?» chiese la signorina Withers. «La mia convinzione non è assoluta» rispose Piper «ma ci sono la confessione scritta e il suicidio. C'è di che rimanere perplessi. E, a meno che non fosse pazzo...» «Per me, è proprio a quest'ultima supposizione che mi atterrei» osservò la signorina, pensosa. «Ha visto come si è comportato quest'uomo dopo che il mio ombrello lo ha mandato a battere la testa contro un pilastro? Ha
agito da demente...» «Forse ha ragione, ma che cosa farebbe al posto mio? Terrebbe conto della confessione di Seymour o di quella del borsaiolo, e rimetterebbe la signora Lester in libertà?» «Sì, e rilascerei anche Seymour.» «Questo no. In ogni caso, non prima del processo. Ma aspetti un momento. Vado a fargli una domanda.» L'ispettore si fece aprire la cella dov'era rinchiuso il giovane avvocato. «Non potete proprio lasciarmi in pace?» brontolò il prigioniero. «Ahimè, no, per il momento» rispose Piper. «Volevo soltanto domandarle se è al corrente degli avvenimenti.» «Quali? Non so nulla.» «Non ha saputo che Chicago Lew si è ucciso?» «No... Povero diavolo!» «Non ha sentito nulla di strano questa mattina nelle celle vicine... uno scalpiccio, per esempio?» «Nulla. Tutto quello che chiedo è che mi si lasci dormire finché non sarò rimesso in libertà.» «Ci vorrà ancora un po' di tempo» disse Piper. «Intanto non ha niente da comunicare alla signora Lester?» «Sì, certo» rispose Seymour con voce vibrante. «Le dica che per me non si chiama più Gwen, ma Dalila.» 18 Il caso si complica La signorina Withers si era fatta sostituire per qualche giorno a scuola, perciò i suoi allievi furono molto sorpresi, quel pomeriggio, nel vederla entrare in classe. Quando ebbero finito di darle un chiassoso benvenuto, l'insegnante spiegò loro che dovevano farle un importante favore. Quando ebbe esposto ciò che voleva da loro, tutti aderirono lanciando grida d'entusiasmo. Quindici minuti dopo, un piccolo esercito di bambini invase le vie della città, brandendo un pezzetto di filo metallico. Rientrata a casa, la signorina Withers non si era ancora tolto il cappello che udì squillare il telefono. Era Piper. «Le avevo promesso di tenerla al corrente» disse. «Ebbene, ho avuto or ora il rapporto del dottor Bloom, al quale si è aggiunto uno specialista per le malattie del naso e della gola. Tutti e due affermano che le corde vocali
di Chicago Lew erano perfettamente normali.» «Che cosa ne conclude?» chiese la signorina. «Che si è preso gioco di noi. Ma a che scopo, dato che poi ha fatto una confessione e si è ucciso?» «Certo, è stato un modo d'agire molto strano.» «Comunque sia, il procuratore generale dice che con questa confessione scritta non ci sono più molte probabilità di incriminare la signora Lester. Non significherebbe molto se Costello non l'avesse vista, ma così insisterà perché venga ammessa tra le prove e riuscirà a ottenere quel che vuole dalla giuria. Si presenterà domattina a chiedere la libertà provvisoria per la sua cliente. Lei, signorina, è forse venuta a conoscenza di qualche elemento che possa scagionarla? Perché, in tal caso, sarò costretto a rilasciarla.» «Forse» rispose enigmaticamente la signorina Withers. «In ogni modo, se permette, assisterò al colloquio che avrà domani con Costello. E se la fortuna mi assiste, le porterò un fatto nuovo.» E tolse la comunicazione senza ulteriori spiegazioni. L'indomani mattina, la signorina Withers e Piper aspettavano insieme l'arrivo di Costello. «Mah» disse l'ispettore «non capisco proprio...» «Aspetti, mi lasci parlare per prima e vedrà. Ah, ecco il nostro uomo.» Il tenente Keller fece entrare Costello. «Buongiorno, signorina Withers» disse questi in tono cordiale. Strinse vigorosamente la mano dell'ispettore e si sedette. «Sapete perché sono qui» esordì. «Un momento, prego» lo interruppe la signorina Withers. «Potrei chiederle se rammenta in che modo Chicago Lew si è ucciso ieri nella sua cella?» «Si è impiccato servendosi di un fil di ferro, se non sbaglio» rispose l'avvocato stupito. «Sì, ed è un filo che si usa comunemente, rivestito di sostanze isolanti. Mi sono chiesta se fosse possibile stabilirne la provenienza, poiché non può essere entrato nella prigione da sé, le pare?» «Certo.» «Becky!» chiamò la signorina Withers ad alta voce. «Vieni qui.» La porta si aprì, e una bimba con le efelidi entrò con un uomo alto, in camice azzurro. «Vi presento Becky, una delle mie migliori allieve» disse la maestra.
«Di tutti i bambini che ho sguinzagliato ieri nel pomeriggio, è lei che ha scovato la preda.» Così dicendo, sorvegliava con la coda dell'occhio Costello, il quale tuttavia non manifestò il minimo turbamento. Continuò: «Ieri, alla prigione, avevo prelevato un pezzo abbastanza lungo del filo metallico in questione, che ho tagliato e distribuito ai bambini assegnando a ciascuno una strada da percorrere, visitando tutti i negozi di ferramenta. Hanno così ispezionato il quartiere di Manhattan, e Becky ha avuto la fortuna di scoprire il negoziante da cui, due o tre giorni fa, è stato acquistato il filo. Eccolo.» Piper si rivolse vivamente all'uomo in camice. «Si ricorda chi ha comprato il filo?» domandò. «Era un uomo o una donna? Può descriverlo?» Il negoziante esitò un momento. «Sì» disse poi «era un uomo che portava calzoni a righe, un bastone dal manico ricurvo e una gardenia all'occhiello.» Costello ascoltava sorridendo. La signorina Withers lo additò. «Sarebbe forse questo, il signore?» Il negoziante non rispose subito, ma guardò attentamente l'avvocato. «Non so» finì col dichiarare «forse è lui, e forse no. Quello sembrava un po' più alto, e poi portava un cappello duro, come quelli che si vedono al cinema, sapete... Non sono sicuro che sia lui, ma certo gli somiglia un bel po'.» «È naturale» interloquì Costello «dal momento che sono stato proprio io a comperare il filo e a portarlo al carcere. Le mie congratulazioni, signorina Withers, la ringrazio per avermi dato l'occasione di spiegare all'ispettore lo scopo della mia visita. Ma avrebbe potuto risparmiarsi tutto questo.» «Come?» fece Piper, balzando in piedi. «È stato lei? Perché non l'ha detto ieri?» «Perché nessuno me lo ha chiesto» rispose Costello. «E del resto volevo mantenere il segreto, se potevo. So bene di aver violato i regolamenti della prigione, e me ne assumo tutta la responsabilità. Mi ero avvolto questo filo addosso, sotto il panciotto, e Schmaltz si è limitato a tastare le tasche.» «Non capisco» sbottò l'ispettore. «Ma perché l'ha fatto?» «Desideravo condurre a buon fine il compito che mi sono imposto» spiegò Costello con semplicità. «Quello di salvare Gwen Lester.» «Non vedo come avrebbe potuto aiutare la signora Lester, provvedendo al borsaiolo il mezzo per uccidersi.» «Non credo che si sia ucciso» spiegò gentilmente Costello «e comunque
non avevo alcuna intenzione di aiutare lui. Ho portato il filo nella prigione perché Philip Seymour mi aveva pregato con insistenza di procurarglielo per mettere fine ai suoi giorni. Era il suo più ardente desiderio, stando almeno a quanto affermava; e siccome il suo suicidio sarebbe equivalso a un'ammissione di colpa, la signora Lester avrebbe potuto essere messa immediatamente in libertà. Ecco perché, violando deliberatamente i regolamenti, gli ho portato il filo metallico.» «In nome del cielo!» esclamò Piper. «Cosa vuole darci a intendere? Che ha portato un filo metallico a Seymour e che un altro prigioniero, in un'altra cella, se n'è servito per impiccarsi? È una cosa che non regge!» «Ma le ho appena detto» proseguì Costello sorridendo «che non credo al suicidio di Chicago Lew. Adesso, alla luce degli avvenimenti, vedo che ho avuto torto a crederlo colpevole, spingendolo a confessare il delitto. Dev'essere stato fuori di senno per scrivere la confessione, come fa tanta gente squilibrata dopo ogni delitto. La mia sola scusa è che lo credevo colpevole, ma quando ho saputo che lo avevano trovato impiccato con lo stesso filo che doveva servire a Seymour... beh, cosa volete, mi è venuta l'idea che sia stato lui a ucciderlo.» «Ma che diamine dice? Crede forse che Seymour possa andare e venire liberamente da una cella all'altra, per i corridoi della prigione? Se Chicago Lew non si è ucciso, mi dica di grazia come avrebbe potuto ucciderlo Seymour?» «Non lo so, ispettore, non faccio il poliziotto. Tutto quel che posso dire è che ho lasciato il filo metallico nella cella di Seymour, ieri mattina, quando il guardiano è venuto ad aprirmi.» «È ben difficile crederci» intervenne la signorina Withers «la cosa è troppo inverosimile. Con quale diritto avrebbe potuto incitare il povero Seymour a uccidersi? Che una simile suggestione possa avere prodotto il suo effetto sul ladro può passare, ma su Seymour... No, è addirittura inammissibile.» «E tuttavia» ribatté Costello «Seymour aveva proprio l'intenzione di uccidersi, e in un certo senso lo capisco. Non c'erano molte speranze per lui, e ritengo che in tali condizioni un uomo abbia il diritto di abbreviare il suo martirio. Perché dunque non avrei dovuto aiutarlo?» «Lasciamo da parte queste teorie che si potrebbero facilmente contestare» tagliò corto la signorina Withers. «Mi permetta piuttosto di richiamare la sua attenzione sul fatto che Seymour non si è ucciso. Suppone forse che abbia mandato il filo metallico per posta a Chicago Lew, con la preghiera
d'impiccarsi in vece sua?» «Io cerco di spiegare l'accaduto» replicò l'avvocato, senza perdere la calma. «Mi limito a confessare quel che ho fatto ed è già, credo, abbastanza duro per me. Sono pronto a sopportarne le conseguenze; che si proceda pure al mio arresto, se lo si giudica opportuno. Ma arrestare l'avvocato di una persona accusata d'omicidio, una settimana prima del processo, non farebbe buona impressione. Il pubblico potrebbe credere che si voglia mettere a tacere la difesa.» «Non ho infatti intenzione di arrestarla» disse Piper, accendendo il suo terzo sigaro «ma insisto nel domandarmi in che modo il filo metallico possa essere passato dalla cella di Seymour a quella del borsaiolo.» «Non sono un poliziotto» ripeté Costello «e posso soltanto riferire ciò che so. Agisco nell'interesse della signora Lester, e cerco di trarre vantaggio da ogni fatto nuovo. Ecco tutto. Gioco a carte scoperte.» «Va bene» riprese Piper «ma qui bisogna mettere in chiaro come sono andate le cose. Questo filo non è andato da solo ad annodarsi al collo di Chicago Lew. D'altra parte, il guardiano Schmaltz e lei siete stati i soli a passare per il corridoio di quell'ala della prigione, ieri mattina.» «Può essere» ammise Costello. «Però...» Fu interrotto dallo squillo del telefono. Piper alzò il ricevitore. «Pronto? Ah, è lei, Hyde? Sì, sono Piper. Ha fatto la perquisizione che le ho chiesto? Sì? Bene, ascolto.» Il rapporto fu abbastanza lungo. Alla fine Piper riagganciò il ricevitore, incrociò le braccia e rimase sovrappensiero. Per la prima volta, da quando era stato chiamato presso il cadavere di Lester, fece un gesto di stanchezza e di scoraggiamento. «La guardia carceraria mi informa» spiegò dopo qualche minuto di silenzio «che, nascoste sotto il catino del lavabo di Seymour, sono state scoperte una lima e una specie di chiave che si adatta alla serratura della sua cella.» 19 Lo spioncino La signorina Withers e l'ispettore si scambiarono uno sguardo grave e stupito. Costello si accarezzava pensosamente il mento. «In fin dei conti» osservò, dopo un istante di silenzio «non sono stato il solo a passare per i corridoi della prigione, ieri mattina.»
La signorina Withers scosse la testa. «Anche ammesso che Seymour avesse trovato il mezzo di uscire» disse «non capisco proprio come avrebbe potuto penetrare nella cella del borsaiolo per ucciderlo. A quale scopo, poi, lo capisco ancor meno...» «Lo scopo è chiaro» interruppe l'ispettore. «Avrà saputo che Chicago Lew stava per fare rivelazioni importanti, e ha voluto sopprimere un testimone scomodo, ecco tutto.» «Sì, è plausibile» ammise Costello. «Resta ancora da spiegare come sia stato possibile a un prigioniero non soltanto uscire dalla sua cella, ma entrare in quella di un altro detenuto e assassinarlo. Sono desolato di aver prestato involontariamente aiuto per un simile delitto. Seymour si è preso gioco di me simulando la disperazione e il proposito di uccidersi. In realtà voleva sbarazzarsi dell'uomo di cui temeva le rivelazioni. La costante preoccupazione di salvare la signora Lester a ogni costo mi ha accecato.» «Che cosa ha detto Seymour quando ha visto la lima e la chiave trovate nella sua cella?» chiese la signorina Withers. «Ha giurato e spergiurato di non saperne nulla» rispose Piper «ma questo suo negare non ha alcun valore. Si è messo in una situazione molto brutta, poiché, se non possiamo accusarlo dell'assassinio di Chicago Lew, possiamo incriminarlo per averne favorito la morte. In ogni modo, bisogna andare a vedere come ha fatto per riuscire nel suo intento. Vuole accompagnarmi? E anche lei, avvocato?» Costello esitò. «A dire il vero ho un appuntamento» disse «ma posso rimandarlo. Ho l'impressione che ci avviciniamo alla conclusione.» «Anch'io» dichiarò la signorina Withers. Trovarono Hyde ad attenderli. Su un tavolo erano disposti gli oggetti rinvenuti nella cella di Seymour: una lima lunga appena tre centimetri, ma di ottimo acciaio, e tre frammenti di metallo che, riuniti insieme, formavano una chiave grossolana. «Prima di essere spezzata avrebbe potuto benissimo servire ad aprire la porta della cella di Seymour» disse Hyde. «L'abbiamo provata.» «E avrebbe potuto aprire anche quella di Chicago Lew?» chiese Piper. «Impossibile» rispose Hyde «non esistono due serrature identiche, nelle prigioni.» «Seymour non aveva nient'altro? Non c'era un'altra chiave?» «No, niente.» «Allora non è stato lui a uccidere Chicago Lew» osservò la signorina
Withers. «Tutt'al più, può avere fatto passare il filo attraverso le sbarre dello spioncino, inducendo quel povero diavolo a servirsene per farla finita.» Si recarono tutti nella cella che aveva occupato Chicago Lew. Vi regnava la più completa oscurità, ma l'ispettore era munito di una torcia, e fece convergere il fascio luminoso negli angoli più riposti. Quando la luce rischiarò il tubo che attraversava il soffitto, e al di sopra del quale era stato fatto passare il filo, gettò un grido di sorpresa. «Signorina Withers, Costello!» esclamò. «Osservate questo tubo, salite anzi su una sedia per vedere meglio. Nel punto dove passava il filo che ha strangolato Chicago Lew c'è qualcosa di strano.» Infatti, proprio in quel punto, si scorgeva sul tubo una specie di fenditura che, a giudicare dalla lucidità degli orli, doveva essere molto recente. «Non comprendo come un filo metallico che sosteneva un peso così lieve come il corpo minuto di Chicago Lew abbia potuto intaccare un tubo di ghisa di quello spessore» osservò Piper. Ci fu un silenzio prolungato. Tutti sembravano cercare di spiegarsi che significato potesse avere la scoperta di Piper. «Ah, ci sono» disse a un tratto Costello. «Ho capito quel che è successo, e ora ve lo mostrerò. Portatemi il filo, per piacere.» Il guardiano Schmaltz corse a prenderlo, e nel frattempo l'avvocato continuò: «Seymour ha potuto agevolmente compiere il suo misfatto senza entrare in questa cella, come adesso vedrete. Con un pretesto ha chiamato vicino alla porta il suo compagno di sventura e, facendo passare il filo metallico attraverso le sbarre dello spioncino, gli ha lanciato intorno al collo il nodo scorsoio.» «Infatti non è inverosimile» annuì Piper. «Ma anche ammettendo che lo abbia strangolato in tal modo, non vedo come gli sia stato possibile far passare il filo al di sopra del tubo, al centro della cella, senza entrare.» «Oh, non è difficile» disse Costello, prendendo il filo che il guardiano gli porgeva. «Guardate. Il tubo fa un gomito e passa proprio vicino alla porta.» Senza entrare nella cella, Costello introdusse l'estremità del filo metallico attraverso le sbarre dello spioncino e, spingendolo a piccoli scatti successivi, lo fece arrivare al soffitto lungo il tubo. «Benissimo» disse la signorina Withers. «Ma come avrebbe potuto spingerlo più lontano? Non dimentichi che il suicida è stato trovato impiccato in mezzo alla cella, e proprio sotto la fenditura osservata dall'ispettore.» «Un momento» riprese Costello. «Il filo è molto più rigido di una fune, e
può venire facilmente spinto in su. Ecco, vedete? Segue il condotto... ancora un poco... è arrivato sulla fenditura. Capite, ora? Seymour, dopo aver strangolato Chicago Lew, fa risalire il filo lungo il tubo, spingendolo sempre più in là, e quando è proprio al di sopra del centro della cella afferra il capo del filo che è passato sul tubo servendosi della scopa del guardiano, che vedete là nell'angolo, poi riesce, robusto com'è, a sollevare la vittima e a farla penzolare nel vuoto. Annoda quindi a una sbarra dello spioncino l'estremità libera del filo, avendo cura che il nodo rimanga dalla parte interna, e il gioco è fatto! Tutti crederanno al suicidio. La sedia rovesciata che viene trovata nella cella accresce l'illusione, sebbene, come ricorderete, non fosse proprio immediatamente sotto il corpo.» «Lei sarebbe riuscito bene, come investigatore» dichiarò Piper, al colmo dello stupore. «La forza dei suoi ragionamenti è sorprendente, e mi sembra molto plausibile la spiegazione che ha dato, ma non capisco perché si accanisca tanto, adesso, a dimostrare la colpevolezza di Seymour.» «Prima di tutto perché mi sono sbagliato credendo a quella del borsaiolo, e poi per diminuire le mie responsabilità per aver portato il filo metallico a quel miserabile di Seymour. Inoltre, ed è quello che conta di più, se ha ucciso Chicago Lew è evidente che l'assassino di Lester è lui, il che prova l'innocenza della mia cliente. La rimetterà in libertà, adesso?» «Non so che cosa risponderà l'ispettore» osservò la signorina Withers «ma, per conto mio, non mi sembra assolutamente che tutto questo discolpi la signora Lester.» Una mezz'ora dopo, l'ispettore e la signorina Withers si trovavano insieme in un ristorantino del quartiere dove Piper aveva raggiunto la sua invitata, dopo aver sbrigato qualche formalità. «Sa chi ho visto poco fa?» domandò lui aprendo il tovagliolo. «No davvero. Come potrei indovinare?» «Beh, ho fatto una visita a Seymour, al quale è stata naturalmente fatta cambiare cella.» «Lo ha interrogato di nuovo?» «No, gli ho parlato di cose qualsiasi, e mi sono limitato a osservargli le mani.» «Le mani? E che cosa ha notato di particolare?» «È proprio questa la cosa più strana, signorina Withers» rispose l'ispettore, ricoprendo la sua bistecca di uno spesso strato di pepe. «Al contrario di quanto c'era da aspettarsi, non c'è nulla, assolutamente nulla di particolare
sulle sue mani.» 20 Il testimone a difesa Il grande giorno era arrivato. I giurati, i giudici, il procuratore generale si trovavano ai loro posti. Una folla compatta riempiva l'aula. Philip Seymour e Gwen Lester sedevano sul banco degli accusati. Costello, orgoglioso della sua bella cliente, era in piedi dietro di lei. Il procuratore generale aprì il dibattimento esponendo i fatti, come voleva la legge. Il resoconto di Tom Roche non fu in realtà così strettamente imparziale come avrebbe dovuto secondo la procedura. Pur limitandosi a riservare ogni giudizio ai giurati, infatti, l'esposizione dei risultati dell'inchiesta fu tale che la colpevolezza di Seymour e della signora Lester sembrava indiscutibile. Si procedette in seguito all'escussione dei testi. La signorina Withers, sentendosi chiamare per prima, trasalì, ma riacquistò subito il suo sangue freddo e pronunciò con voce ferma il giuramento. «Signorina Hildegarde Withers» disse Tom Roche «esercita la professione d'insegnante, non è vero?» «Sì, signore, alla Jefferson Public School, terza classe.» «Vuol dire alla Corte che cosa faceva il 14 novembre scorso, a mezzogiorno?» «Certo. Stavo facendo visitare l'acquario ai miei allievi.» «E un'ora dopo mezzogiorno?» «Cercavo il mio spillone da cappello, che avevo perso qualche momento prima. I miei allievi mi hanno aiutato.» «Lo avete trovato?» «Sì, o per meglio dire è stato trovato da uno dei bambini sul primo gradino della scala che conduce alla galleria.» «Bene. Riconosce quest'oggetto?» riprese Tom Roche, spiegando la carta che avviluppava un lungo e sottile spillone d'acciaio, all'estremità del quale luccicava una grossa pietra rossa. «Sì, è il mio spillone da cappello.» «Vuole adesso descriverci con esattezza tutto quello che è successo dopo che uno dei suoi allievi lo ha ritrovato?» «Era ormai ora di radunare la classe e di andare via, ma uno dei bambini, Isidore Marx, mancava all'appello. L'ho trovato un momento dopo ad am-
mirare i pinguini, che sembravano agitatissimi. Ho visto allora nella penombra, dietro la vasca, un cadavere scivolare e cadere in acqua...» «Un momento, signorina Withers. Come poteva sapere che era un cadavere?» «Eh, perbacco, ho occhi buoni. Il corpo di un morto è diverso da quello di un vivo. Ho subito mandato uno dei miei allievi a cercare un custode e un altro a chiamare la polizia.» «Chi è arrivato per primo?» «Non saprei... dei curiosi, credo. Devo aver gridato. Poco dopo è accorso il custode, che è andato ad avvertire il direttore. Questi è arrivato insieme a due persone.» «Chi erano?» «Lo sa meglio di me.» «Risponda alle domande che le vengono rivolte.» «La folla dei curiosi si pigiava intorno alla vasca» proseguì la signorina Withers, senza scomporsi. «Il direttore si è avvicinato seguito da due persone, come ho già detto. È stato allora che Gwen Lester ha esclamato: "Oh, Philip, che abbiamo...".» La signorina Withers si interruppe, esitante. «Continui. Non abbia timore di ripetere esattamente quello che ha sentito.» Barry Costello si alzò. «Mi oppongo! Non influenzi la teste.» «È nel mio diritto...» cominciò il procuratore generale. «Obiezione accolta» intervenne il giudice. «La teste prosegua.» «Allora» riprese la signorina Withers «è arrivato un agente che, nella speranza che l'uomo non fosse morto, si è fatto aiutare da uno dei presenti a tirarlo fuori dall'acqua.» «Chi era quest'uomo?» «L'avvocato Costello, qui presente. Stava prodigando le sue cure alla signora Lester svenuta. Ha seguito l'agente, e tutti e due hanno tentato la respirazione artificiale per rianimare lo sventurato, ma non hanno ottenuto nessun risultato, come immaginavo.» «E perché era così sicura dell'inutilità dei tentativi?» «Perché fin dal primo momento avevo capito che l'uomo era stato assassinato. Dal suo orecchio sgorgava un sottile filo di sangue, che si spandeva diluendosi nell'acqua.» «Non ha stabilito alcuna relazione fra la perdita dello spillone e il san-
gue? Non le è venuto in mente che fosse stata l'arma utilizzata per compiere il delitto?» «Oh, mio Dio... no di certo!» «D'accordo. Che cosa è successo, poi?» «È arrivato l'ispettore Piper, e ha cominciato immediatamente le indagini.» «Grazie, signorina Withers. La richiamerò se sarà necessario, ma per il momento basta. I signori della difesa hanno da rivolgere nessuna domanda alla teste?» L'avvocato di Seymour rispose negativamente, ma Barry Costello si alzò. In piedi davanti al banco, aveva un aspetto imponente e, prima che avesse detto una parola, la sua fisionomia aperta, bonaria, ma risoluta gli aveva conquistato il favore del pubblico, dei giurati e del giudice. «Signorina Withers» cominciò «desidero che dia alla Corte qualche informazione supplementare.» Ma lei non lo ascoltava. Era occupata a osservare gli altri testimoni seduti poco distanti, che ora poteva vedere meglio. C'era Hemingway, che si mordeva nervosamente le unghie e i cui lineamenti apparivano stravolti dall'angoscia, se non dal rimorso. Guardandolo, la signorina Withers si ricordò di molti piccoli particolari rimasti inspiegati: il modo in cui lui aveva cercato di tenere nascoste le sue sfortunate speculazioni di Borsa; la sua improvvisa sparizione, con il pretesto di andare in cerca di una torcia elettrica, proprio nel momento in cui qualcuno tornava a riprendere un cappello compromettente; la vana ricerca del nastro estratto dalla gola del pinguino; i mozziconi di sigarette presso l'uscio dei gabinetti... Dettagli futili, eppure preoccupanti. A fianco del direttore dell'acquario stava seduta Marian Templeton, la segretaria dell'agente di cambio. Non aveva più l'aria arrogante, la povera ragazza, e i segni delle sue lacrime erano ben visibili. Un po' più in là, la signorina scorse la faccia onesta e fiduciosa dell'ispettore Piper. «Signorina Withers» ripeté Costello «posso chiederle se porta sempre lo spillone al cappello?» «No, non sempre.» «Ma lo portava il giorno del delitto.» «Sì, avevo lo stesso cappello che ho oggi, ed è necessario fissarlo con uno spillone perché stia fermo in testa. I cappelli attuali sono fatti per i capelli corti e io, che ho continuato a tenerli lunghi...» «Bene, bene» la interruppe l'avvocato «ma è stata una disgrazia per il si-
gnor Lester che proprio quel giorno abbia messo questo cappello.» La frase sembrava non richiedere risposta, infatti Costello riprese subito: «È di New York, signorina Withers?» «No, sono nata e cresciuta a Dubuque, nell'Iowa.» «Senza dubbio, non ignora che il signor Lester era anche lui di Cedar Rapids, nell'Iowa.» «Sì, lo so.» «Eravate quasi vicini.» «Ma no, c'è...» «Insomma, avreste potuto conoscervi.» «Non scherziamo, avvocato. Sarebbe come dire che a New York si conoscono tutti.» «Risponda alla mia domanda, la prego.» «Ebbene no, non ci conoscevamo.» «Davvero? Non c'è stato dunque fra voi un amoretto di gioventù?» «No... assolutamente!» Costello sorrise ironicamente. Sfogliò il suo incartamento e continuò: «Quindici anni fa, la sera del primo settembre, non ebbe forse un colloquio tempestoso con Gerald Lester, che partiva il giorno seguente per l'università, e non gli fece forse giurare che l'avrebbe sposata?» La signorina Withers, indignata, stupefatta, rimase senza parole, ma rendendosi subito conto che il suo atteggiamento poteva essere interpretato come una confessione, protestò a gran voce: «Assolutamente no, che diamine! Avrei agito così con un uomo più giovane di me di dieci anni?» «Risponda alla mia domanda! Non minacciò Gerald Lester di vendicarsi se fosse partito senza di lei? Non è vero che proferì terribili minacce, udite dalle altre giovani coppie che si trovavano in quel giardino pubblico dell'Iowa, la stessa sera?» Il giudice prese la parola. «Avvocato» disse «non vedo quale sia il suo scopo. A quanto mi consta, la testimone non è in stato di accusa.» «Chiedo scusa alla Corte» rispose Costello «ma posso assicurare che non mi perdo in considerazioni oziose. Ho un fine ben preciso da perseguire, il cui risultato andrà probabilmente a favore della mia cliente. Mi si permette di continuare?» Il giudice annuì. «Signorina Withers» riprese Costello «non scrisse in seguito lettere su lettere al signor Lester, supplicandolo di tornare da lei?»
«Ripeto e sostengo che quell'uomo mi era assolutamente sconosciuto, fino al giorno in cui ho visto il suo cadavere galleggiare nella vasca dei pinguini, all'acquario.» «Signorina Withers, non dimentichi di essere sotto giuramento. Non è forse vero che abbandonò la buona e redditizia posizione che si era fatta al suo paese per venire a New York, con la speranza di ritrovare Gerald Lester e di riportarlo da lei?» «Rifiuto di rispondere, dato che a tutte queste insinuazioni non potrei che ripetere no, no e sempre no.» «Benissimo» disse l'avvocato inchinandosi ironicamente, e la signorina Withers si rese conto della gravità della situazione. Già la folla faceva udire un mormorio ostile, e i giurati si sporgevano per vederla meglio. «Ci ha detto, signorina Withers» riprese gravemente Costello «di avere mandato i suoi allievi in cerca dello spillone smarrito.» «Infatti è così.» «È dunque rimasta indietro, di modo che nessuno sa ciò che ha ratto durante i circa dieci minuti in cui i suoi allievi erano dispersi qua e là, e nessuno può venire qui a testimoniare che, dal canto suo, si è limitata a cercare tranquillamente l'oggetto smarrito.» «Ammetto di essere rimasta indietro» replicò la maestra «e non so se qualcuno mi abbia vista o no. Ma era una cosa normale...» «Già. E potrebbe giurare che in quel momento lo spillone non fosse nascosto tra le pieghe del suo vestito?» «Come? Ma no, assolutamente...» «E mentre era sola, non ha visto l'imputato trascinare il signor Lester svenuto nel passaggio di servizio, e poi uscirne e dirigersi di corsa verso l'ingresso principale? Non ha colto al volo l'occasione assolutamente unica che le si offriva per vendicarsi dell'uomo che l'aveva abbandonata, introducendo nel suo orecchio destro l'innocente spillone, diventato improvvisamente uno strumento di morte nelle mani di una donna decisa alla vendetta?» Un lungo fremito percorse il pubblico alle ultime parole dell'avvocato. Il procuratore generale si alzò agitando le braccia, e la signorina Withers dovette appoggiarsi alla sbarra per non cadere. «Ho finito, per quanto riguarda la teste» dichiarò Costello. Ma la signorina Withers si raddrizzò. La vertigine che l'aveva colta per un istante si era dissolta. Recuperò la parola e con voce chiara, alta, decisa
che impose il silenzio alle proteste del procuratore generale, ai rumori della folla, ai richiami all'ordine del giudice: «È possibile» disse lentamente «che lei abbia finito per quanto mi riguarda, ma io non ho finito per quanto riguarda lei, Barry Costello. Dice che Gerald Lester è stato ucciso con un lungo spillone conficcatogli nell'orecchio destro, giusto? Ebbene, mi permetta di richiamare l'attenzione della Corte su questo piccolo particolare, che è quello che la perderà e che la manderà direttamente alla sedia elettrica, signor Barry Costello.» Il giudice abbozzò il gesto di agitare il campanello, ma non lo toccò, perché la signorina Withers, che aveva ripreso fiato, continuò col dito teso verso l'avvocato allibito: «Soltanto quattro persone al mondo sapevano che lo spillone era stato conficcato nell'orecchio destro di Lester. Il medico legale che verrà a testimoniarlo, l'ispettore Piper e io, che avevamo deciso di far credere al pubblico che si trattasse dell'orecchio sinistro. Eravamo in tre, dunque... La quarta persona a conoscenza del segreto non poteva essere che l'assassino. Ebbene, come vede, si è denunciato da solo.» Un frastuono incontenibile riempì la sala. La signorina Withers, fiera e fremente, vide allora l'ispettore Piper scavalcare la sbarra, appoggiare sulla fronte di Costello la canna della rivoltella e mettergli le manette, che si richiusero con un rumore secco. A quel punto, per la prima volta dall'inizio del caso Lester, si permise il lusso di svenire: alla buona vecchia maniera, come esige la fragilità femminile. 21 Lo schiaffo Quando riprese i sensi, la signorina Withers si trovò distesa su un divano, in una sala del palazzo di Giustizia. L'ispettore Piper le bagnava la fronte con un fazzoletto umido La maestra si alzò. «Non si preoccupi per me» disse «sto meglio. Non lasci fuggire Costello.» «Stia tranquilla. Costello è in cella, e un carceriere sta di guardia alla porta. Ha già tentato di uccidersi.» «Povero diavolo» disse la maestra. «Ma in fin dei conti ha ciò che si merita. Dovevo pur difendermi dalle sue abominevoli insinuazioni.» «Ha trovato pane per i suoi denti.» «Avremmo dovuto sospettarlo molto prima. Si ricorda? Non ha mai
spiegato perché si trovava all'acquario, ed è il solo, di tutti gli interessati, che abbia potuto tornarci la sera a cercare il suo cappello.» «O piuttosto nascondersi nei gabinetti, dove ha fumato tante sigarette» osservò Piper. «La fortuna lo ha assistito, e ha potuto riprendere il cappello e svignarsela. La sua più grande preoccupazione era senza dubbio quella di far tacere il ladro, che lo aveva visto e poteva denunciarlo. Spero che non sarà arrabbiato con me perché le ho tenuto nascosto questo segreto, che mi riservavo di rivelare all'udienza in caso di bisogno. Chicago Lew, il borsaiolo, non era affatto muto, e mi ha parlato. Costello aveva bisogno di molto denaro per comperare il suo silenzio. Quando ha capito che Chicago Lew era deciso a parlare nonostante tutto, lo ha strangolato nella cella, nel modo che ci ha mostrato lui stesso, facendo poi ricadere la colpa su Seymour. Lei è andato a vedere se le mani di quest'ultimo presentassero le tracce della forte trazione che avrebbe dovuto esercitare sul filo di ferro, ma non ha pensato a osservare le mani di Costello. Ebbene, erano proprio le sue che portavano impressi lunghi solchi rossi...» «Capisco, capisco» disse Piper pensosamente. «Ma quello che non mi spiego è la sparizione del nastro da cappello che Hemingway aveva estratto dallo stomaco del pinguino.» «È appunto questo, al contrario, che ha contribuito a far cadere i miei sospetti su Costello. Ricorda la grossa pipa nera che lui ha fumato ininterrottamente per tutto il tempo in cui, per suo ordine, sono stati perquisiti i presenti? Il pessimo odore che diffondeva mi ha sorpreso: non si trattava di tabacco, capisce? Aveva riempito la pipa con il nastro.» «Quanto al movente, poi...» cominciò l'ispettore. «Lo conosce come me. Sotto il nome di quel signor Parson, di cui non sono mai state trovate le tracce, Costello speculava con Lester e, avendo perduto somme ingenti, ce l'aveva a morte con lui. Ricorderà che il misterioso cliente di Lester non scriveva mai e dava tutti gli ordini a voce.» «Allora, lo sconosciuto che ha chiamato Lester dalla cabina telefonica dell'acquario era lui?» «Senza dubbio. Vedendo la signora Lester a colloquio con un giovanotto, ha avvertito il marito. Prima vendetta. Poi, vedendo Lester steso a terra svenuto dopo la lite con Seymour, gli si è avvicinato e, trovato il mio spillone, se ne è servito per ucciderlo. Dopo aver compiuto il delitto, ha fatto passare l'arma sotto la fessura della porta perché venisse rinvenuta fuori del corridoio di servizio.»
«E in seguito, ha voluto erigersi a protettore e difensore della signora Lester...» «Già, prima di tutto per sviare le indagini, ma anche perché si era pazzamente innamorato di quella donna.» Bussarono alla porta, e comparve un agente che disse qualche parola all'ispettore. «Pare che Seymour e la signora Lester saranno rimessi in libertà fra qualche minuto» disse Piper alla signorina Withers. «Vuole venire ad assistere alla fine del dramma?» Il vestibolo della prigione era deserto. La decisione presa dal procuratore generale era stata tenuta nascosta con cura, tanto ai cronisti quanto al pubblico. «Guardi quella porticina» disse Piper alla signorina. «I prigionieri usciranno di là, dopo le formalità d'uso.» Fu una faccenda abbastanza lunga. Alla fine Philip Seymour comparve, fece qualche passo e accese una sigaretta. «Aspetta la signora Lester» disse la signorina Withers a mezza voce. «Queste due persone, separate da tanto tempo, finalmente si ritroveranno grazie a noi.» Proprio in quel momento la porticina si riaprì di nuovo, e ne uscì Gwen Lester. Anche lei, dopo aver respirato a pieni polmoni l'aria fresca, fece qualche passo e scorse Philip. Le sue mani ebbero un tremito. Distolse lo sguardo e si diresse all'uscita con decisione. Ma Philip la raggiunse, le si piantò di fronte e la schiaffeggiò. Quindi scese rapidamente i gradini e si perse tra la folla. La signorina Withers non credeva ai propri occhi. «E io che ero convinta di aver riunito una coppia d'innamorati, e contavo di assistere a una scena commovente!» esclamò. «Neppure la sofferenza è bastata a riunirli.» Piper incrociò le braccia. «Lei è proprio un'irriducibile romantica, signorina Withers» disse. «Si aspetta sempre il lieto fine come nelle favole. E così si sposarono e vissero felici e contenti... Ma non vedo dove possiamo trovarlo a questo mondo, a meno che... ecco... non si decida a sposare me.» La voce era scherzosa, ma gli occhi grigio-verdi erano seri. «Dice sul serio?» chiese la signorina Withers, che a sua volta si sentiva in preda a uno strano turbamento. «Mai stato tanto serio» rispose Piper tendendole la mano. «Presto, ven-
ga! L'ufficio di stato civile chiude fra qualche minuto.» FINE