Elmar e Mchaela Zadra
Tantra La via dell’estasi sessuale
OSCAR MONDADORI (c) 1997 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Mi...
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Elmar e Mchaela Zadra
Tantra La via dell’estasi sessuale
OSCAR MONDADORI (c) 1997 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione Comefare ottobre 1997 I edizione Bestsellers Oscar ottobre 1998 ISBN 8804453923 www.librimondadori.it
Questo libro è dedicato a tutte le persone che portando più consapevolezza nella loro sessualità intraprendono questo affascinante viaggio verso se stessi. Ringraziamenti In primo luogo ringraziamo i nostri principali maestri Bali Hellwig Schinko e Prabhato Regina Konig dell’Aruna Institut in Germania, che ci hanno iniziato al cammino tantrico e ci hanno guidato attraverso le giungle e i deserti della ricerca interiore. Li ringraziamo anche per il permesso di usare i protocolli dei loro corsi a filo conduttore di questo libro che senza il loro contributo non sarebbe nato. Ringraziamo tutti gli altri maestri con i quali abbiamo fatto delle esperienze importanti e che sono confluite in questo libro: • Batty Thunder Bear Gold, Rose Thunder Eagle Fink, Ha ley Swift Deer Reagan, Diane Nightbird e la Deer Tribe Meth Medicine Society per i loro insegnamenti del Chuluaqui Quodoushka e per il permesso di pubblicare le ruote dell’or gasmo, i livelli dell’orgasmo, la ruota dei rapporti, le tipologie anatomiche. • Marjorie Rand, Jack Lee Rosenberg e Beverly Kitaen-Morse che hanno sviluppato l’IBP (Integrative Body Psychotherapy), la disciplina psico-corporea occidentale che più di altre si avvicina al paradigma tantrico. I capitoli 3 e 4 riprendono sinteticamente il loro concetto. • Lama Zopa, Lama Yesce e Lama Chokyi Nyima Rinpoche che ci hanno trasmesso delle conoscenze essenziali per ricollegarci con le origini e per demistificare radicalmente la concezione del tantrismo. • Satya Narayan Goenka per averci insegnato con la meditazione vipassana un metodo così chiaro ed efficace per penetrare gli strati più sottili della mente. • L’Istituto di Programmazione Neurolinguistica di Bologna, l’Istituto di Sessuologia Clinica di Roma, il Boyesen Institute di Londra, i Rebalancer Ansu e Unmila per gli ottimi corsi di formazione che abbiamo frequentato presso di loro.
• Satya Puja Richardson e Gandharaja per i loro preziosi input sulla «via del nonfare», Osho Rajneesh per i suoi insegnamenti toccanti, Margo Anand per il suo esempio pragmatico nel descrivere il Tantra sessuale. Tutti i colleghi del 4° Training e dell’Aufnautraining dell’Aruna ‘nstitut che hanno condiviso una parte del cammino con noi. Ringraziamo Gianna e Silvia per la battitura e la correzione dei testi. Enrico Bellati e Igor Sibaldi per i preziosi consigli, Muni Antonio Maniscalco per le foto che hanno ispirato le illustrazioni degli esercizi. Grazie a nostra figlia Julia per il suo grande amore, a Sara per aver sbrigato le faccende quotidiane mentre scrivevamo, a Renate per il suo sostegno morale, alle donne del villaggio per la loro collaborazione. Grazie ai nostri genitori Michael e Renate, Siegfried e Gertrud per la loro approvazione della nostra strada.
Come puoi usare questo libro Ti invitiamo, anzi ti imploriamo di non credere nulla di ciò che diciamo in questo libro, ma di provarlo nella tua vita, di fare gli esercizi e valutare dopo. Come dicono tutti i grandi saggi da Buddha fino ai nostri maestri: non credere niente. Niente di ciò che c’è scritto qua, niente di ciò che dicono gli illuminati, i maestri, i testi sacri. Invece prova tutto e fatti le tue esperienze. Quello che sperimenti nel tuo corpo, nella tua mente lo sai e non c’è più bisogno di crederlo, quello che non sperimenti nel tuo corpo e nella tua mente, non lo sai e perciò in questo momento non ha nessuna rilevanza per te, lo puoi dimenticare. È provalo nel tuo ritmo, nel tuo tempo, nel tuo modo. Però prova tutto almeno una volta, per sapere se fa per te o no. È se in tutto questo libro un solo esercizio o una sola frase, ti indicano una strada o ti aprono una porta, e tutti gli altri non ti dicono nulla, conserva quell’uno nella cassetta dove metti gli strumenti utili e butta via tutto il resto. Considerando che il Tantra è l’unico percorso spirituale che considera il rapporto uomo-donna e che anche in questa epoca nella cultura del piacere e dell’eros non si trovano tante mappe o discipline valide, è legittimo usare le pratiche tantriche per tutto ciò che ti fa stare bene e che ti fa crescere. Come puoi usare questo libro senza nuocere né a te stesso né agli altri? Puoi usare queste mappe per la ricerca del piacere e della consapevolezza: 1. per liberarti sessualmente, star bene col tuo partner, sensibilizzarti nel tuo corpo e ritrovare una certa pace ed equilibrio mentale; 2. Arricchire la tua vita sessuale e affettiva, allargare la mappa della conoscenza, collegare sesso e cuore. 3. Entrare in stati estatici, crearti dei momenti dove ti senti un tutt’uno con te stesso e con il tuo partner, sperimentare dei piaceri più fini, indagare negli strati più sottili della mente, staccarti dalle identificazioni ordinarie con il tuo corpo, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, il tuo piacere e intraprendere un viaggio spirituale che ti conduce oltre i limiti dell’io. Queste tre categorie di obiettivi si riflettono nelle 3 parti del libro. Puoi condividerne uno o due o tutte e tre. Il Tantra non è un sistema chiuso in cui devi prendere tutto o niente, ma contiene una miriade di tecniche che diversi maestri e scuole hanno raccolto nei secoli, fra le quali puoi scegliere quali sono le più adatte per te. • Darci un appuntamento fisso e costante, un appuntamento dedicato alla coppia (per esempio il lunedì sera), ha arricchito molto il nostro
rapporto: a volte era un massaggio, altre volte una esperienza energetica, altre volte abbiamo usato l’appuntamento per dirci tutto ciò che durante la settimana si era ammucchiato tra di noi, altre volte ancora è diventato una festa del piacere o un piccolo rituale che ci siamo creati. • Se in questo momento sei single trovi molti esercizi che puoi fare da solo e molti altri che puoi fare con un’amica o con un amico, perché non richiedono una tale confidenza da esser fatti soltanto col partner della vita. • Questo libro è disegnato per la coppia eterosessuale. Se vivi un rapporto omosessuale, noterai che la maggior parte degli esercizi è facilmente modificabile. • Tutti gli esercizi descritti si prestano per essere fatti a casa. Puoi tranquillamente lasciar da parte timori come: “Ma se poi entro in cose che non riesco più a gestire...”, poiché le difese del nostro carattere (le cosiddette resistenze), quando siamo da soli, di solito non ci permettono di varcare la soglia del sopportabile. • Troverai alcuni esercizi che ti invitano a scrivere o a riflettere: a questo punto un diario può essere molto utile, un libro o un quaderno, al quale hai accesso solo tu, che ti accompagna lungo il percorso. Serve sia a liberare la mente, che a mettere in chiaro le tue emozioni, che a vedere i tuoi cambiamenti che diventano evidenti rileggendolo dopo un certo periodo • Questo libro si rivolge a persone sane e con una certa consapevolezza del proprio corpo e della propria mente. Se soffri di un disturbo organico o psichico rivolgiti al tuo medico o psicoterapeuta prima di fare gli esercizi. Nel dubbio puoi chiedere consiglio agli autori. • Infine sconsigliamo vivamente di praticare il Tantra a chi si immagina una scampagnata erotica, un po’ new age. Riteniamo la sessualità e l’amore argomenti troppo importanti per essere trattati con superficialità. • Già sfogliando l’indice puoi notare: quali sono i capitoli che mi interessano di più? In che direzione va la mia ricerca? Dove c’è qualcosa da scoprire, forse ti aspetta una sorpresa. Come dicono le persone che partecipano ai nostri corsi di Tantra: il miglior modo per saperlo è quello di provarlo. Buona lettura e buon divertimento!
Indice TANTRA .......................................................................................... 1 Ringraziamenti................................................................................................. 1 Come puoi usare questo libro ............................................................................ 2
Indice........................................................................................ 3 Introduzione ............................................................................. 8 Storia ...................................................................................... 10 PARTE PRIMA ................................................................................. 15 I – Dal desiderioalla scoperta.................................................. 15 1° – Scoprire il proprio corpo .................................................... 15 Davanti allo specchio ......................................................................................... 16 Davanti al partner ............................................................................................. 17
Le parti più sconosciute...................................................................................... 17 L’esercizio inizia dall’uomo. ............................................................................. 18 L’esercizio prosegue con la donna .................................................................... 18 Massaggio del corpo e massaggio dell’anima......................................................... 19
2° – Le 4 chiavi del piacere....................................................... 20
L’attenzione ...................................................................................................... 22 Il movimento e il ritmo....................................................................................... 23 La “Danza tribale” .......................................................................................... 24 La voce e il suono.............................................................................................. 25 l’esercizio chiamato “Gibberish”. ...................................................................... 26 Il respiro .......................................................................................................... 27 Un esercizio dal “rebirthing” ............................................................................ 27 Più sensibilità nel bacino..................................................................................... 29 L’esercizio “Medusa” ....................................................................................... 29 L’esercizio “Medusa” – La preparazione ............................................................. 29 L’esercizio “Medusa” – Prima fase..................................................................... 30 L’esercizio “Medusa” –Seconda fase.................................................................. 30 L’esercizio “Medusa” – Terza fase..................................................................... 31 L’esercizio “Medusa” – quarta fase ................................................................... 31 Le 4 chiavi e il sesso .......................................................................................... 33 L’attenzione................................................................................................... 33 Il movimento e il ritmo ................................................................................... 33 Il respiro ....................................................................................................... 34 I suoni e la voce ............................................................................................ 34
3° – Gli – strati dell’io ............................................................. 34
I mostri addormentati dietro la facciata................................................................ 35 a – L’agency.................................................................................................. 36 b – Il carattere .............................................................................................. 39 b – Il carattere – 1 – l’abbandonato.................................................................. 39 b – Il carattere – 2 – l’invaso.......................................................................... 39 b – Il carattere – 3 – il come se ...................................................................... 40 c – le emozioni represse.................................................................................. 41 d – il nucleo .................................................................................................. 41 L’amore per se stessi ......................................................................................... 41
4° – Crescere in coppia ............................................................ 42
La ruota dei rapporti .......................................................................................... 42 L’esercizio della ruota sciamanica..................................................................... 43 L’esercizio della ruota sciamanica – SUD:......................................................... 43 L’esercizio della ruota sciamanica – NORD:....................................................... 44 L’esercizio della ruota sciamanica – OVEST: ..................................................... 44 L’esercizio della ruota sciamanica – EST:........................................................... 44 Qual è il mio modo di sabotare i rapporti?............................................................. 46 I pregiudizi contro l’altro sesso ........................................................................ 48 I pregiudizi contro il proprio sesso.................................................................... 48 L’amante fantasma......................................................................................... 48 Il potere della vittima ..................................................................................... 49 I bambini come collante per il rapporto ............................................................. 49 Ritrovare i desideri ............................................................................................ 49 Il gioco “la regina e il servo”............................................................................ 50 Il modo di dirsi ciò che c’è da dire........................................................................ 51 Un esercizio per migliorare la comunicazione ..................................................... 52 I tre modi comuni di abbracciarsi ..................................................................... 54 Il bonding ..................................................................................................... 54 La distanza giusta tra me e te ............................................................................. 55 L’esercizio dei due cerchi................................................................................. 55 Se convivi con un abbandonato: ...................................................................... 56 Se convivi con un invaso:................................................................................ 56 Se convivi con un come se: ............................................................................. 56
PARTE SECONDA ............................................................................. 57 II – La via del piacere ............................................................. 57 5° – Star bene nel sesso .......................................................... 57 Cosa me lo impedisce? ....................................................................................... 58 Il top dog ...................................................................................................... 59 L’under dog ................................................................................................... 59 L’esercizio dei “dogs”...................................................................................... 59 I quattro modelli comuni di coppia.................................................................... 61 I quattro modelli comuni di coppia – 1 – La coppia spenta:................................. 61 I quattro modelli comuni di coppia – 2 – La coppia drammatica: ......................... 61 I quattro modelli comuni di coppia – 3 – La coppia cerebrale: ............................. 62 I quattro modelli comuni di coppia – 4 – La coppia radiante: .............................. 62 Star bene al femminile ....................................................................................... 62 Il ciclo femminile............................................................................................ 63 Star bene al maschile......................................................................................... 65 Da maschio a maschio .................................................................................... 66 L’esercizio della danza maschile ....................................................................... 66 Sesso al maschile........................................................................................... 68 Il piacere da solo............................................................................................... 70 Testimonianze di donne: ................................................................................. 71 Amarsi al maschile ......................................................................................... 72 Testimonianze di uomini: ................................................................................ 72 L’esercizio dell’amarsi da sé............................................................................. 73
6° – Allargare la mappa dell’eross ............................................. 74
Insegnare al partner .......................................................................................... 75 L’esercizio maestro-allievo............................................................................... 75 La tipologia anatomica del Quodoushka................................................................ 77 La tipologia anatomica femminile ..................................................................... 77 Donna danzante. Al centro. ............................................................................. 77 Donna cerva. All’est........................................................................................ 78 Donna pecora. Al sud...................................................................................... 79 Donna bufala. All’ovest. .................................................................................. 79 Donna lupa. Al nord........................................................................................ 80 La tipologia anatomica maschile .......................................................................... 80 Uomo danzante. Al centro. .............................................................................. 80 Uomo cervo. All’est. ....................................................................................... 81 Uomo coyote. Al sud....................................................................................... 81 Uomo orso. All’ovest....................................................................................... 81 Uomo cavallo. Al nord..................................................................................... 81 I ggiochi erotici e le soglie del coraggio ................................................................ 82 L’esercizio del ragazzino timido e dell’eroe ........................................................ 84 L’essenziale dal Kamasutra ................................................................................. 85
7° – La sessualità consapevole................................................ 86
Rilassarsi nell’ardore .......................................................................................... 87 Ruotare il bacino ............................................................................................ 89 Sincronizzare il sesso...................................................................................... 90 Il massaggio che non hai mai avuto ..................................................................... 91 Massaggio per lui ........................................................................................... 91 Un massaggio per lei ...................................................................................... 93 Controllare l’eiaculazione: un mito ....................................................................... 95 Il circuito tra cuore e sesso................................................................................. 98 La curva orgasmica...........................................................................................101 L’esercizio dei 5 ritmi.....................................................................................103 Traccia la tua curva .......................................................................................104
8° – Estendere l’orgasmo – La sessualità sacra ..........................106
L’orgasmo è più grande della fantasia .................................................................106 Le forme dell’orgasmo.......................................................................................107
La ruota dell’orgasmo maschile .......................................................................110 La ruota dell’orgasmo femminile .....................................................................111 Svelare il punto G.............................................................................................112 Come si trova il proprio punto G .....................................................................114 Scoprire il punto P ............................................................................................118 Come fare?...................................................................................................119 Un orgasmo di 20 minuti ...................................................................................121 PARTE TERZA – TRA ORGASMO ED ESTASI ....................................... 123
9° – Scoprire i chakra............................................................ 123
Il 4° chakra: il trasformatore .............................................................................124 Il 1° chakra: la fonte ........................................................................................125 Il 2° chackra: il centro dei sentimenti .................................................................126 Il potere del 3° chakra ......................................................................................127 Il 5° chakra .....................................................................................................129 Il 6° chakra .....................................................................................................129 Il 7° chakra .....................................................................................................130 Scoprire i 7 chakra ...........................................................................................130 L’esercizio per scoprire la carica dei chakra ......................................................130 Il chakra-breathing........................................................................................131 Il chakra-reading..............................................................................................133 L’onda che attraversa i chakra ...........................................................................134
10° – Amarsi all’estasi ............................................................136
Amarsi nella pelle dell’altro ................................................................................136 L’esercizio alla “scoperta” dell’animus e dell’anima ............................................137 Animus – Anima ...............................................................................................138 Prepararsi all’estasi...........................................................................................139 Lo streaming ................................................................................................140 Salire insieme la scala dei chakra .......................................................................142 Il primo matrimonio.......................................................................................143 Il secondo matrimonio ...................................................................................143 Il terzo matrimonio .......................................................................................144 Come far pratica con la scala dei chakra ..........................................................146
11° – Meditazione – Oltre la mente e il corpo .............................149
L’essenza della meditazione ...............................................................................149 Un test sull’immagine di sé.............................................................................152 Staccarsi dalle etichette .................................................................................152 Trova la tua strada e mettila in pratica................................................................154 Meditazione statica e dinamica........................................................................155 La meditazione dinamica................................................................................156 La meditazione vipassana...............................................................................157 Accorgimenti utili ..........................................................................................158 La coppia spirituale...........................................................................................160 Nell’occhio del ciclone .......................................................................................163
12° – Le porte del piacere supremo ..........................................164
Fare l’amore per ore .........................................................................................165 Il problema non è più “posso o non posso?” ma “voglio o non voglio?”.................166 I livelli dell’orgasmo e dell’estasi ........................................................................170 Primo livello .................................................................................................172 Secondo livello..............................................................................................172 Terzo livello..................................................................................................173 Quarto livello ................................................................................................174 La prima reazione… .......................................................................................176 Maithuna. Cavalcare la tigre...............................................................................177 Il fuoco interiore ...........................................................................................178 Il matrimonio dei chakra ................................................................................179 L’onda della beatitudine ....................................................................................181 Il samsara .......................................................................................................184
Corsi di Tantra .................................................................................................185
Introduzione Il percorso tantrico è come un viaggio interiore che ti conduce nei paesaggi del tuo inconscio, un immergersi in un paese sconosciuto e assai interessante. E in queste zone, così vicine e al contempo così lontane, ti attendono avventure nelle giungle, negli oceani e nei deserti della tua psiche. In questi anni il Tantra ha incuriosito i mass media non tanto come tecnica estatica, ma piuttosto come arte amatoria con la quale ottenere prestazioni da primato. Noi vi possiamo confermare che fare l’amore per ore non è una fantasia, ma una vera e propria arte che ognuno può apprendere, così come s’impara a sciare o a parlare inglese. Ma non è questo il punto focale del Tantra: non è né un’atletica del sesso, né si tratta di assumere posizioni strane, bensì di portare maggior consapevolezza e rilassamento nell’atto amoroso, per accedere agli stati della coscienza sublime. In più, il Tantra non mira ai record, ma è un modo estremamente femminile di amare, proprio perché ha origine da una cultura matriarcale. Non è un caso che anche in Italia sempre più donne frequentino dei corsi di Tantra, riappropriandosi della loro predisposizione a esplorare il proprio corpo e la propria anima. Molti – forse anche tu che stai leggendo queste righe – hanno avuto qualche piacevole esperienza di “picco”: durante un bell’atto amoroso o in altre situazioni, un qualche momento nella loro vita che è stato cioè molto più intenso, più chiaro, più carico, più forte, più piacevole. C’è chi lo descrive così: Ho l’impressione che in quel momento la Dea Fortuna mi avesse toccato, perché mai prima avevo vissuto momenti così intensi. Anche in situazioni simili, un momento così non è mai più tornato. Difficile parlarne, non so come spiegarmi; alle volte mi succede con mio marito di sentirmi leggera, tutta piena di vita e potrei volare; una volta l’ho provato anche con un amante. Percepisco una grande carica dentro di me e mi sento vuoto e pieno allo stesso momento. Sono preso da una forza che spazza via tutti i pensieri. Vivo ogni momento, ogni secondo con una grande intensità, immersa in una luce che pervade tutto il mio corpo, poi cado in un silenzio profondo dal quale esco come rinata e ogni movimento che faccio, ogni pensiero, ogni parola ha una freschezza che riempie tutto lo spazio del mio essere. L’orgasmo è molto più alto del solito, ogni cellula del mio corpo inizia a vibrare e mi sento riempita di tante piccole scintille. Poi queste sensazioni continuano a riecheggiarmi ancora per giorni nel cuore e nel ventre e tutto quello che vedo, la strada, i fiori, i libri, l’arredamento, è più colorato e più vivo del solito. In questi momenti capisco perché sono così come sono. Mi fondevo con mia moglie in un lento sciogliermi che mi faceva sentire tutt’uno con lei, eppure avevo una sensazione chiarissima di me stesso, senza quella paura di perdermi che ho conosciuto in altre situazioni. Abbiamo continuato a fare l’amore così e ad un tratto qualcosa ci ha letteralmente folgorato a letto e il cielo si è aperto sopra le nostre teste. Ora so cos’è l’estasi. È che quello che chiamavamo “fare l’amore” era solo l’inizio. Una lucidità mentale straordinaria, in cui capisco me stesso e mi accetto in ogni mio gesto, in ogni mia parola, in ogni mio pensiero. Un’esperienza in cui tutto ha senso,
in cui inizio a comprendere il perché della vita. Se in questo stato guardo un’altra persona, la capisco al volo, come se leggessi in un libro aperto. La prima volta è successo durante un corso di Tantra che frequentavo col mio partner, e ha cambiato molto nel nostro rapporto: tutto quel tempo che prima usavamo per litigare, ora lo usiamo per fare l’amore: lo facciamo in modo più lento, più giocoso e con più comprensione reciproca. Eravamo al mare e dopo aver fatto l’amore tenevo la mia ragazza fra le braccia, guardavamo il mare come fanno gli innamorati, avevamo dimenticato talmente il tempo, che a un certo punto mi è sembrato di fondermi con il mare, mi sentivo un tutt’uno con me stesso, e tutto ciò che mi circondava risplendeva in una luce più brillante. Le onde del mare sembravano seguire il mio respiro; e anche il più piccolo movimento, come alzare un braccio, diventava una danza.
Da tutte queste testimonianze si può cogliere come tali esperienze vadano oltre il piacere ordinario, possono avvenire di rado, o possono ricorrere più volte. Conosciamo persone che hanno avuto esperienze estatiche spontanee nella loro vita e che non osano raccontarlo, nel timore che gli altri li prendano per matti o comunque per delle persone esagerate. Alle volte capita che un grande orgasmo o un’estasi arrivino improvvisamente e non sappiamo cosa fare, non sappiamo nemmeno come definirli, ci domandiamo se era vero o se è stato soltanto un sogno, e qualcosa ci dice che sì, era vero. Qualcuno pensa che questi momenti possano accadere soltanto per grazia del destino, altri tentano di ricreare la situazione e rimangono delusi se l’esperienza non si ripete. La buona notizia è che queste esperienze di solito hanno una struttura ben definita, si possono imparare e ripetere, e ci sono fattori ben precisi che contribuiscono a raggiungerle e altri fattori che le inibiscono. E questo libro può guidarti verso esperienze in cui sesso e amore si fondono in un qualcosa di più grande, che avvolge completamente te e il tuo partner, e vi dischiude l’accesso alla dimensione estatica. La brutta notizia è che questo percorso spesso non è lineare. Se da A passo a B, non è detto che arriverò a C automaticamente. Talvolta si giunge in luoghi interiori in cui dobbiamo (o possiamo) rivedere tutto il nostro rapporto con l’altro sesso, o confrontarci con degli aspetti della psiche – i cosiddetti “mostri” – che preferiremmo non incontrare. Una cosa però è certa: anche se quelle bellissime esperienze non si verificano subito, nel frattempo si imparano un sacco di cose su se stessi, sui nostri partner e sui nostri rapporti di coppia. E tuttavia ricordate: le esperienze estatiche non sono riservate ai santi o ai vincitori d’una qualche lotteria cosmica, ma sono accessibili a “tutti”, è sufficiente iniziare a confrontarsi con se stessi e a usare le antiche tecniche, collaudate da millenni. Si possono imparare, così come si impara ad andare in bicicletta. I fattori che ti possono aiutare molto lungo questo percorso di ricerca interiore sono: – la curiosità: l’atteggiamento del bambino che libero da ogni preconcetto va alla scoperta del mondo, sia del mondo esterno che di quello interiore; – lo slancio: occorre ritrovarlo, anche se una lunga routine e anni di convivenza hanno colorato di grigio il nostro rapporto. Molte persone fanno
delle esperienze amorose, nel periodo dell’innamoramento, e a volte si avvicinano agli stati estatici: ma pensano che una sensazione così forte ci sia concessa solo per un breve periodo della vita. È una credenza assai diffusa, ma non corrisponde affatto alla verità; – un po’ di coraggio: quando cominciamo a muoverci in zone poco conosciute, o addirittura sconosciute della nostra psiche, non sappiamo mai in anticipo che cosa incontreremo; è utile perciò esser pronti a tutte le possibili esperienze interiori, non soltanto a quelle che si desiderano; – un po’ di elasticità intellettuale: le mappe e gli strumenti che ci vengono dati dal Tantra, dallo yoga, dal buddhismo, dalla psicoterapia evolutiva o da altri modelli di ricerca interiore, vanno seguiti senza attaccarcisi più di tanto. Sono infatti mappe che rappresentano in forma semplificata il territorio della tua psiche, ma non sono il territorio. Noi, – gli autori di questo libro, – vivevamo in un buon clima familiare, con una figlia, un bell’appartamento, un’azienda prospera, giravamo il mondo, avevamo un gruppo di amici con i quali ci trovavamo bene, facevamo l’amore mediamente tre volte la settimana, la nostra vita di coppia era caratterizzata da affetto e intesa, insomma eravamo arrivati a una forma di vita serena e benestante in tutti i sensi. Ed è proprio a questo punto della nostra vita che la domanda “è tutto qua?” si è fatta sempre più pressante. E questa domanda era accompagnata da diversi momenti che lasciavano intendere che il nostro matrimonio non terminava con “e vissero felici e contenti per il resto della loro vita”, ma che altre avventure ci aspettavano, avventure non così definibili, esperienze più interiori rispetto alle quali spesso ci mancavano le parole. E anche il nostro rapporto iniziò a cambiare: da periodi di grande amore cadevamo in crisi profonde, ai momenti di passione si alternavano giorni di una gran noia dove stavamo sdraiati sul letto senza guardarci, fingendo di provare ancora qualche desiderio l’uno per l’altra. A un certo punto Michaela disse: “Vorrei fare qualcosa per la nostra coppia”. Una settimana dopo ci trovavamo all’estero per un corso di Tantra e da lì è iniziato un viaggio che non avremmo mai immaginato...
Storia Tantra, in sanscrito, significa “tecnica per ampliare la coscienza”. Il Tantra «non è né una religione nel senso tradizionale del termine, né una filosofia, né una via mistica basata su concetti metafisici, bensì uno strumento empirico per chi è alla ricerca di qualcosa; è una tecnica che si basa sull’esperienza, nell’ambito della vita concreta. L’ampliamento della consapevolezza inteso in questo modo, include tutti gli aspetti della nostra vita, e appunto in quest’ambito il Tantra è l’unica disciplina nella quale si operi una sintesi tra le dimensioni, apparentemente opposte, del diletto e della liberazione. Proprio i nostri desideri edonistici, basati sul principio della semplice e immediata soddisfazione, formano nel Tantra la dinamica nella quale si allarga la consapevolezza, fino a giungere all’esperienza mistica – ed è così che le pratiche sessuali diventano un veicolo per il progresso spirituale. Come si legge nel Guhyasamaja Tantra: “Nessuno riesce a ottenere la
liberazione se si impegna in pratiche difficili e tormentose; la liberazione può essere raggiunta soltanto attraverso l’appagamento consapevole di tutti i desideri”.» [1] Oltre a creare un ponte tra sessualità e spirito, il Tantra congiunge due direzioni della ricerca spirituale che in altre scuole vengono tenute distinte: controllo ed estasi. Nello yoga, per esempio, viene accentuato maggiormente il controllo di sé, l’autodisciplina, il rinsaldarsi dell’io, il meditar se stessi dinanzi al divino; fra i mistici cristiani, al contrario, conta di più l’abbandono al divino, l’attesa paziente della sua grazia e l’annientamento dell’io. Nel Tantra, il divino e l’io rimangono ciascuno al suo posto, e l’oggetto della ricerca è principalmente quella vibrazione della coscienza che fa incontrare questi poli opposti dell’esperienza soggettiva, lungo due strade, quella attiva e quella ricettiva, che vengono praticate entrambe dai tantristi. Dedichiamo qualche parola alla storia del Tantra, alle sue origini e al suo sviluppo. Tratteremo molto brevemente questo argomento, sia perché non siamo degli storici, e sia perché esistono già tanti buoni libri sulla storia, la simbologia, e le diverse forme e correnti che il tantrismo ha prodotto nei suoi due grandi rami, quello indiano e quello tibetano – libri che contengono traduzioni di testi originali, che interpretano i testi tantrici dal punto di vista etnologico, storico, culturale, religioso, metafisico ecc. «Le origini del Tantra risalgono al 2000 a.C. circa, quando gli Harappei popolarono la valle degli Indù. Questa popolazione godeva d’un notevole benessere, e mostrava uno spiccato amore per le arti. La società degli Harappei era di tipo matriarcale. La principale preoccupazione degli Harappei era di vivere nel benessere, e ogni loro abitazione era dotata di almeno un bagno. A questo proposito, è utile ricordare che anche nella piazza della capitale, Mohenjo-Daro, l’edificio dominante non era una torre o un tempio, bensì una grande piscina – un vero monumento al benessere. Nelle culture matriarcali la donna occupa un posto d’onore, tanto nella vita profana come nella religione – che è incentrata sulla Dea madre. La figura femminile domina i santuari. Braccia aperte, gambe divaricate, ella si offre all’adorazione.» [2] È da segnalare anche l’uso degli Harappei, di porre un grande letto nella stanza principale delle case. Era il letto della padrona di casa, e li – nella stanza principale, nel salotto – si celebrava l’atto amoroso. Nelle società matriarcali anche la religione era un’esperienza viva, in cui l’incontro con il divino non era legato a un sistema di dogmi e credenze, ma veniva sperimentato personalmente. Perciò la religione degli Harappei è strettamente connessa col corpo, con il piacere e la sessualità. Nelle religioni delle società patriarcali il divino è lontano, e diventa quasi irraggiungibile dall’essere umano: il divino non è vissuto all’interno della coscienza individuale e perciò nasce l’esigenza di riempire questo spazio incolmabile tra l’uomo e il divino con credenze, rituali e intermediari (i sacerdoti) che fanno da ponte tra la terra e il cielo. Dunque il passaggio da un’organizzazione matriarcale della società a una patriarcale, che avvenne sia in India che in Europa, cambiò 1 - Ajit Mookerjee - Madhu Khanna, The Tantric Way, London 1977, pp. 1326. 2 - André Van Lysebeth, Tantra-L’altro sguardo sulla vita e sul sesso, Milano 1992, p. 17. (Orig. Tantra Le Culte de la Féminité. L’autre regard sur la vie e le sexe, Fribourg 1988.)
notevolmente le concezioni religiose: «Mentre il Tantra conosce una vasta gamma di rappresentazione del femminile, nella cultura cristiana il femminile è spezzato: la donna appare o come puttana, o come madonna in adorazione passiva del suo frutto maschile. Nel Tantra, le rappresentazioni del femminile sono sessuali e spirituali, estatiche e intelligenti, feroci e pacificanti. Quale liberazione poter essere spirituali, senza dovere stare in ginocchio con gli occhi abbassati, pii e casti. La donna può mostrare acutezza, lucidità o rabbia e può celebrare il suo essere femmina.» [3] Il Tantra ebbe il suo periodo di maggior fioritura tra il X e il XII secolo dopo Cristo, nel Nord dell’India, e fu in seguito soppresso, con il prevalere della religione islamica. Sopravvisse tuttavia in scuole segrete, specie nel Bengala e nell’Assam, e qui stabilì rapporti fruttuosi con la Cina, dove si era formata la seconda grande scuola della sessualità consapevole, quella taoista. In Tibet, invece, al riparo dagli influssi di altri popoli, il Tantra poté esprimersi alla luce del sole, sposandosi con il buddhismo e il Bon, l’antica religione sciamanica: «Il Guru Padmasambhava, un famoso tantrico indiano, viaggiò nel Tibet nell’VIII secolo dopo Cristo, e insegnò il Vajrayana (la via del diamante) ai primi discepoli, fondando la scuola Nyigmapa del buddhismo tibetano. Nell’undicesimo secolo il traduttore tibetano Marpa viaggiò in India per studiare il Tantra da Naropa, discepolo di Tilopa. Tornato in Tibet tradusse e insegnò i principi tantrici al suo celeberrimo discepolo Milarepa. Da questo periodo cominciò la larga divulgazione del Tantra in Tibet. I suoi insegnamenti furono la base della scuola Kagyupa del tantrismo tibetano.» [4]. Ed è proprio in Tibet che accanto a lama di sesso maschile troviamo donne sapienti e venerate. Col passare dei secoli, anche in Tibet alcune scuole – come la Gelugpa – iniziarono a prender le distanze dalle pratiche sessuali del cosiddetto “Tantra rosso” (o Tantra della mano sinistra) e si limitarono a studiare l’unione tra il maschile e il femminile sul piano energetico, senza badare più al contatto fisico: questa versione più metafisica fu il cosiddetto “Tantra bianco” (o Tantra della mano destra). Così, “il noto mantra buddista “Om mani padme hum” viene tradotto in modo gentile come “il gioiello nel loto”, il che, però, non vuole dire proprio niente. Il pudore si affanna a trovare qui una spiegazione artificiosa, negando l’origine tantrica del mantra. Qual è dunque il significato vero di questo antico mantra? Mani, il gioiello, è l’equivalente tibetano del termine sanscrito vajra (diamante) che è l’organo maschile; padme è il fiore di loto che simboleggia la yoni, la vagina; perciò “il gioiello nel loto” non significa nient’altro che l’unione sessuale, il maithuna, in cui il principio maschile e quello femminile si uniscono sia in senso carnale, sia in senso mistico.» [5] I secoli successivi furono secoli di decadenza per il Tantra in India, e soltanto dopo la rivoluzione sessuale negli anni Settanta e l’emancipazione della donna in Occidente, si preparò il terreno per la riscoperta dell’unione del 3 - Tsiiltrim Al Hone, Tibets weise Frauen, Munchen 1987, p.56. (Orig: Women of Wisdom, Henley on Thimes 1984.) 4 - TenzinGyatso14°Dalai Lama, DieWeisheitdesHerzens,Miinchen 1987, p. 90. (Orig. Universal responsability and the Good Heart, Dharamsala India 1980.) 5 - André Van Lysebeth, Tantra - L’altro sguardo sulla vita e sul sesso, Milano 1992, p. 182. (Orig. Tantra Le Culte de la Féminité. L’autre regard sur la vie e le sexe, Fribourg 1988.)
piacere con la spiritualità. Negli ultimi decenni i lama tibetani hanno portato gli insegnamenti del Tantra bianco in Europa e America, e alcuni di loro – come Lama Yesce, Lama Zopa o Chiigyam Trungpa Rinpoche – hanno fatto molto per adattare le meditazioni tibetane alla mentalità occidentale. In India molti ashram si sono aperti agli occidentali, e maestri come Osho Rajneesh, Paramahansa Satyanand a o Yogi Bhajan hanno dato chi a vi di lettura più aggiornate e comprensibili per gli antichi testi tantrici. Ma le vecchie tecniche e il nuovo pubblico non si incontrano facilmente. Molti discepoli del Tantra vengono a trovarsi in una situazione come quella descritta da Margo Anand, una delle pioniere del nuovo Tantra rosso: «Il primo rituale – i canti dei mantra – ci aiuta a concentrarci. Ci guardiamo negli occhi: non mostrare la mia paura, non ignorare la sua! Qual è il prossimo passo? Dannazione, devo sempre interrompere per leggere le istruzioni. Ciò spezza l’energia. Ah sì, respirare! Inspirare per sei secondi, trattenere per dodici secondi, espirare per sei secondi in sincronia con l’altro. Ma lui inspira, mentre io espiro; sbagliamo tutto. In più questa maledetta posizione del loto: le braccia incrociate dietro la schiena, con l’alluce tra il pollice e l’indice, visualizzando una luce verde tra l’ano e i genitali, che sale pian piano. Non riesco a vedere nulla. – “Che razza di rilassamento!” esclama il maschio, il cui scettro tantrico non è disposto ad alzarsi. Finalmente riusciamo a svegliare l’energia con un respiro profondo, con qualche trucco e qualche carezza fuori luogo. Passano venti minuti ma nessun’estasi si fa vedere. Il massimo è qualche brivido sulla schiena. L’esercizio è esotico ma non è proprio una rivelazione.» [6] Oggi la sessualità si è liberata e la donna, grazie all’emancipazione, ha ritrovato il suo spazio; la situazione sociale non è più quella di duemila anni fa; ma si presuppone ancora che il sesso appartenga più al maschio e che soddisfi più il desiderio maschile che quello femminile. Questo preconcetto è il retaggio di secoli di repressione patriarcale esercitata sia sulla sessualità sia sul femminile, e impedisce a molte donne di pensare che il buon sesso sia un veicolo per la crescita spirituale, com’era considerato in una cultura concepita al femminile. Viviamo in un’epoca in cui l’approccio alla sessualità pone problemi nuovi: se fino a pochi anni fa il sesso sembrava proibito, oggi sembra che farlo sia diventato un dovere. Alla repressione, ancora mal digerita, si è aggiunto il boccone amaro della prestazione a ogni costo... Il Tantra non hanulla a che fare con tutto ciò. In primo luogo, il Tantra, ricordiamolo, è uno strumento per allargare la coscienza. Anche se in pratica ci aiuta a diventare amanti migliori, ciò non è che un piacevole effetto collaterale. «Ed eccoci al punto chiave della pratica tantrica, che oggi desta tanta attenzione in Occidente: l’impiego del sesso, e cioè delle energie sessuali individuali, al fine di raggiungere l’illuminazione, l’estasi, la beatitudine dell’assoluto: after enjoyment, enlightenment.» [7]. Anche se il Tantra non è tutto così: “Soltanto il 7% dell’intera massa dei testi tantrici contiene dei brani centrati
6 - Margo Anand Naslednikov, Tantra, Weg der Ekstase, Berlin 1987, p. 33. (Orig. The Art of Sexual Ecstasy. The Path of Sacred Sexuality for Western Lovers, Los Angeles 1989.) 7 - Giorgio Milanetti, Alle origini del Tantra, in "AAM Terranuova", 10/1995, p. 66.
sull’erotismo, il rimanente 93% descrive l’uso dei mantra, dei mandala, delle meditazioni sui diversi aspetti del divino...» [8]. Sembra che oggi in Occidente il Tantra soddisfi due grandi bisogni: il primo è quello di tracciare una mappa spirituale che ci ricolleghi con le dimensioni più ampie dell’io in un senso molto pratico ed esperienziale; il secondo è quello di creare una cultura dell’eros – così come esiste una cultura del benessere, dello sport, del cibo... In materia di sesso, infatti, siamo tutti autodidatti. Nel mondo dell’eros, le tradizioni sono ben scarse, le esperienze ognuno se le fa da sé e se le tiene per sé, lo scambio di informazioni è sporadico, le scuole sono quasi inesistenti e la qualità dei punti d’incontro (cinema a luci rosse o club privati) è per lo più deprimente. Siamo bombardati da messaggi sessuali d’ogni tipo (parole, immagini ecc.) e sembra che tutto sia permesso, ma in realtà questi nuovi messaggi non sono ancora arrivati nella nostra camera da letto e nel nostro sistema corporeo ed energetico. Tutto ciò sembra piuttosto sospeso e arenato nel mondo della fantasia. Viceversa, nelle meditazioni tantriche si creano da sempre delle situazioni concrete di alta carica erotica, che va però ben interpretata da una mente estremamente rilassata e aperta. Il rituale che coinvolge il sesso – citato in quasi tutti i saggi sul Tantra – è il cosiddetto pancha-makara, ovvero “le cinque M”: «Gli adepti del Tantra della mano sinistra (o Tantra rosso) bevono vino (madya), mangiano carne (mamsa), pesce (matsya) e un cereale afrodisiaco (mudra) e si uniscono sessualmente (maithuna).» [9]. Le “5 M” in una società vegetariana, dove mangiare pesce e carne o bere vino era proibito, erano appunto trasgressioni da compiersi in modo consapevole, con la mente lucida, senza indulgere nel piacere, e badando invece a percepire le sensazioni piacevoli e cogliere la loro energia senza attaccarvisi. Ripetere lo stesso rituale oggi, in una cultura dove mangiare carne e pesce o bere vino fa parte della prassi di tutti i giorni, non ha proprio alcun senso. Oggi le vere sfide – cioè quelle situazioni che provocano stati di alta intensità psicologica e che impongono al contempo una mente chiara e attenta – sono tutt’altre: l’espressione delle emozioni, dell’affetto, dell’amore e delle varie forme della sessualità. Qui è contenuto oggi il potenziale della nostra energia bloccata, che possiamo usare per intensificare il nostro corpo e la nostra mente rimanendo perfettamente coscienti, provocando ciò che nel Tantra si fa da 4000 anni: il congiungimento dell’energia di Shakti con la consapevolezza di Shiva. In questo senso le scuole tantriche negli ultimi anni hanno sintetizzato i principi di base degli antichi riti, ne hanno sviluppato i temi principali creando dei rituali nuovi e più adatti. Buoni esempi di rituali classici e riadattati sono le tecniche dell’unione del femminile con il maschile (capitoli 7, 8 e 12). In queste situazioni, sessualmente intense, l’energia del cuore raggiunge una profonda commozione sia nell’uomo che nella donna. Ed è proprio questo che distingue un rituale tantrico da una volgare orgia: l’atmosfera rispettosa, nata dalla fusione di un’alta energia e della consapevolezza, nella radiazione dell’amore.
8 - Agehananda Bharati, La tradizione tantrica, Roma 1977, p. 236. (Orig. The Tantric Tradition, London 1965.) 9 - Ajit Mookerjee e Madhu Khanna, The Tantric Way, London 1977, p.29.
Parte prima I – Dal desiderioalla scoperta 1° – Scoprire il proprio corpo La maggior parte di noi conosce poco il proprio corpo. Anche chi pratica gli sport, va in palestra o si gode un buon massaggio ogni tanto, è portato a trattare il suo corpo come uno strumento o un oggetto che deve semplicemente funzionare, rimanere snello, sano, bello. E questo avviene perché la nostra cultura ci educa a considerare il corpo come qualcosa che abbiamo e non come qualcosa che siamo. Molti di noi, inoltre, non sono contenti di com’è il loro corpo, e vorrebbero cambiarlo in vario modo. Invece dobbiamo renderci conto di un fatto: il corpo che abbiamo è il nostro hardware e non possiamo modificarlo più di tanto. Possiamo tingere i capelli, abbronzarci, tenerci in forma con esercizi, sport e yoga, ma la struttura ossea, la costituzione di base, l’altezza e le proporzioni, a dispetto delle diete dimagranti o di altri drastici interventi, rimarranno sempre quello che sono. E a questo punto la reazione può essere: “Va bene, visto che non lo posso cambiare, questo corpo lo devo accettare così com’è”. Ma questa è una trappola: questo è un rassegnarsi e un non accettarsi. L’accettazione non si fonda sui “devo”, ma nasce da una profonda conoscenza di se stessi e del proprio corpo. Accettare il proprio corpo significa apprezzarlo proprio così com’è, non come lo vorremmo nell’immagine ideale che abbiamo di noi stessi. È ciò significa conoscerlo, conoscerlo dentro, e non tanto da come lo vediamo nello specchio. Infatti, poiché non esiste una mente o una psiche senza un corpo, ogni nostro pensiero, ogni emozione, ogni aspetto del nostro carattere sono rappresentati nel nostro corpo, e dunque noi siamo il nostro corpo, e accettare il proprio corpo non significa dire sì alla nostra “carrozzeria”, ma dire sì a noi stessi. Di primo acchito questa prospettiva potrà magari sembrarci esagerata, ma appena avremo acquisito una minima familiarità con le tecniche della meditazione, ci accorgeremo con sorpresa che ogni nostro pensiero, ogni nostra idea si connette a una sottile sensazione corporea, così come ogni sensazione che percepiamo nel corpo e ogni sentimento si connettono a un pensiero. Quindi accettare il proprio corpo equivale davvero ad accettare se stessi, scoprire il proprio corpo significa scoprire se stessi, e sperimentare nuove sensazioni nel corpo vuol dire trovare nuovi elementi nel proprio inconscio. Possiamo iniziare dalla mente a capire il nostro corpo, o viceversa. Non importa da dove iniziamo, ciò che importa è incominciare. Seguendo gli esercizi proposti in questo libro, apprenderemo il modo di scoprire altre sensazioni che non conoscevamo, e quante più cose scopriremo di noi stessi, tanto più semplice diventerà accettarci come siamo e per quello che siamo.
Ecco un primo esercizio che ci aiuta a capire cosa significa accettarsi, prendendo come punto di partenza il nostro “esterno”. Davanti allo specchio Ci rendiamo conto “per forza” di avere un corpo, quando avvertiamo i nostri bisogni primari, quando abbiamo fame, quando è ora di andare in bagno, o quando abbiamo un disturbo, una malattia. Ma siamo in genere ben lontani dal saper apprezzare i piaceri e la gioia che possono nascere dal nostro corpo in conseguenza dell’accettarci così come siamo. Nella via tantrica, invece, il corpo viene considerato come un tempio sacro nel quale ognuno può festeggiare la propria vita e la propria sessualità. Con questo esercizio dedicheremo più tempo del solito al nostro corpo – almeno mezz’ora – per entrare maggiormente in contatto con esso. Poniamoci davanti a un grande specchio, che rifletta la nostra immagine dalla testa ai piedi. Assicuriamoci che niente e nessuno ci disturbi. Per entrare più intimamente in contatto con noi stessi, assumiamo una posizione eretta ma comoda, facciamo alcuni respiri profondi e rilassanti, e iniziamo a osservarci senza ansietà. a) Iniziamo dai nostri abiti: come siamo vestiti? ci piacciono i vestiti che indossiamo e il nostro modo di mostrarci? cosa vogliamo far vedere di noi col nostro modo di vestirci? cosa vogliamo sembrare? siamo contenti di essere così come siamo? oppure vorremmo essere diversi e cambiare look? b) Poi esaminiamo il nostro viso, e proviamo a guardarci in modo “dissociato”, come se vedessimo questo viso per la prima volta e non per verificare che un qualche foruncolo non ci sia sfuggito. Manteniamoci per qualche minuto a una distanza di circa mezzo metro dallo specchio. Poi allontaniamoci un poco. Senza smettere di osservarci, spogliamoci e di nuovo riavviciniamoci allo specchio continuando a respirare in modo profondo e rilassato: cosa ci dice il modo in cui ci poniamo di fronte al mondo? siamo fieri o umili? magri ed essenziali o abbondanti e prosperi? Quali sono le parti del nostro corpo che ci piacciono di più e quali quelle che ci piacciono meno? Osserviamo dettagliatamente le dita, le mani, il collo, il petto, lo stomaco, le anche e i fianchi, le ginocchia, i piedi. Immaginiamo di leggere il nostro corpo come se fosse un libro che racconta la sua storia, con tutte le cicatrici e gli altri segni che la vita vi ha lasciato. Possiamo raccontarcelo ad alta voce (oppure, se preferiamo, possiamo raccontarlo per iscritto più tardi nel nostro diario). Osserviamolo con calma in ogni dettaglio, diciamoci come usiamo le sue varie parti, e quanto tempo dedichiamo a esse ogni giorno. Questo esercizio può farci capire che più tempo dedichiamo al nostro “tempio”, più intenso e più radicato sarà il nostro rapporto con lui. Può farci capire quanti pregiudizi abbiamo sul nostro corpo – (questo è bello, questo è brutto...), – forse può farci vedere una parte del corpo con occhi diversi da
come la vedevamo prima, o può rivelarci un collegamento tra l’aspetto del nostro corpo tutt’intero e il nostro stato d’animo. Davanti al partner È molto piacevole accettarsi e provare curiosità nello scoprire nuovi lati di sé. Ma è altrettanto importante condividere queste esperienze con il proprio partner, e sentirsi accettati (e visti) anche da lui o da lei. Infatti denudare ogni angoletto del proprio corpo e della propria psiche, non con la mentalità analitica di uno scienziato, ma con la curiosità di un bambino, è forse il modo migliore per rivitalizzare non solo noi stessi ma anche un rapporto diventato ripetitivo – e in più può esserci di grande aiuto nell’acquisire fiducia nei segnali del nostro corpo, nell’accettarci così come siamo. L’esercizio consiste nel fare in presenza del partner ciò che abbiamo già fatto da soli davanti allo specchio: spogliarsi, mostrarsi, parlare di sé, delle parti del proprio corpo che ci piacciono e che non ci piacciono. Questa volta bisogna cercare di essere più precisi, di raccontare in che modo qualcosa ci piace, e cosa proviamo. Forse raccontare ad alta voce cose che abbiamo magari pensato tante volte e mai confessato neanche alla persona più amata, potrà metterci in imbarazzo. Ma mentre uno parla di sé e del proprio corpo, sente che il suo partner lo ascolta in modo ricettivo, sente che è aperto alle sue parole e non interferisce, non giudica, non critica, lascia entrare dentro di sé quelle parole, si lascia toccare da esse e da tutto quello che c’è sotto quelle parole. A tratti può sembrare difficile, si può addirittura provare disgusto a raccontare certe cose. Qualche volta può esserci d’aiuto mettere una mano sulla parte del corpo della quale stiamo raccontando. Ma per quanto possa diventare difficile, vale la pena tentare: alla fine confessare le nostre intimità ci darà un grande senso di liberazione. L’esercizio continua con lo scambio dei ruoli: ora tocca a noi ascoltare cosa dice il nostro partner del suo corpo, ed è davvero il caso di prepararsi a essere tutt’orecchi per conoscere cose che non avremmo mai immaginato. La conclusione dell’esercizio consiste nel sedersi l’uno di fronte all’altro per scambiarsi le proprie impressioni, spiegando come ci si è sentiti sia mentre parlavamo del nostro corpo, sia mentre ascoltavamo il nostro partner parlare del suo. È un esercizio molto efficace per guarire dalle vecchie insicurezze. Lo dimostra, un caso fra moltissimi, la confessione meravigliata di Anna, che racconta: Ho sempre pensato che le mie cosce non piacessero a mio marito perché sono un po’ massicce e con qualche segno di cellulite. Da quando lui ha dichiarato che invece gli piacciono tanto, mi metto più volentieri gonne che le mettano in risalto.
Le parti più sconosciute Le parti più intime sono quelle più sconosciute, a dispetto di tutti i piaceri che ci procurano e di tutte le fantasie che ruotano intorno a esse. Per arrivare
a fare davvero l’amore con naturalezza, dobbiamo innanzitutto cominciare a nominare senza falsi pudori tutte le parti, anche le più intime, dei nostri genitali. L’esercizio inizia dall’uomo. L’uomo si mette in piedi, nudo, di fronte alla propria partner, e prende il suo pene in mano in modo da sentirlo ben appoggiato sul palmo. Non importa che sia in erezione o no, in questa fase non c’è nulla da (“dimostrare”: si tratta piuttosto di sentirlo dall’interno, di entrare in lui, di capire cos’è, quali sono i suoi bisogni. A questo punto l’uomo inizia a parlare dando voce al proprio pene, che racconta la propria esistenza: → come sta in questo momento, cosa prova, come viene trattato; cosa gli fa piacere, cosa no; → come ricorda il primo orgasmo, le prime masturbazioni, la prima volta che ha fatto l’amore; → cosa desidera, di cosa ha bisogno per stare bene. L’esercizio prosegue con la donna Seduta comodamente con la schiena contro una parete, fra cuscini disposti come il trono di una regina, la donna nuda apre le cosce in modo che il suo partner possa vedere la vulva. Per sentirsi più comoda, può sostenere le gambe con dei cuscini. Con gli occhi socchiusi, respirando profondamente, porta tutta la sua attenzione ai suoi genitali, che forse non ha mai mostrato in maniera così esplicita al proprio partner. Se ha difficoltà a sentire dall’interno i suoi genitali, la donna può portare una mano sulla vulva e toccarla fino a quando avverte tutte le sensazioni e i sentimenti che suscita in lei questa esperienza: entrare in contatto con i propri genitali sotto lo sguardo del proprio partner è già un atto molto intimo. A questo punto la donna immagina di essere la propria vulva, che inizia a raccontarsi in prima persona, oppure può immaginare di giocare con lei a botta e risposta: → che aspetto ha? come sono le sue labbra, che dimensioni hanno, che colore hanno? E la pelle intorno? → che cosa prova quando fa il bagno, quando il partner la tocca, quando fa l’amore? → come ha scoperto che toccarsi procura piacere? e la prima mestruazione? e la prima volta che ha fatto l’amore? → cosa le piace oggi, come desidera essere toccata e che cosa detesta? Qualcuna potrà notare che la propria vulva ha un carattere tutto suo, che fino a ora non ha mai notato così chiaramente: è timida, o estroversa, oppure vergognosa, forse sente meno di quanto ami le fantasie, forse ama nascondersi ed è molto silenziosa, o forse le piace esibirsi e si eccita, insomma spesso ha un modo di esprimersi che si conosce soltanto in momenti molto rari. Terminate le due fasi dell’esercizio, concediamoci alcuni minuti per scambiare impressioni e sensazioni su ciò che si è vissuto, sia nel ruolo
dell’attore che si è messo in mostra, sia nel ruolo ricettivo dello spettatore/ascoltatore. Chi tiene un diario personale, può annotarvi le proprie considerazioni. Massaggio del corpo e massaggio dell’anima Dopo esserci guardati, mostrati e anzi esposti, ora con lo stesso desiderio di consapevolezza impariamo a toccarci – e questa volta non si tratta di un massaggio erotico, ma di un massaggio che ci metta in contatto con il nostro centro, con l’anima. Chi ha un partner lo può fare benissimo dopo l’ultimo esercizio, e può essere la conclusione di una bella serata in due. Chi in questo periodo non ha un partner, può “scambiare” questo massaggio con un’amica o un amico, e si accorgerà che si tratta di condividere qualcosa di diverso e più soddisfacente che quattro chiacchiere e una tazza di caffè. Si tratta infatti di un massaggio che rilassa in profondità, partendo dai punti periferici del corpo (la testa, le mani e i piedi), per concludersi nel suo baricentro, l’haraa. In questo modo si possono sperimentare i flussi energetici nel corpo e sentirsi nello stesso tempo “centrati”, cioè equilibrati in un punto fermo, e “presenti a se stessi” cioè aperti e vivi. Programmiamo circa un’ora e mezza di tempo (chi massaggia controlla il tempo, così il massaggiato potrà rilassarsi più agevolmente), e sistemiamoci in una stanza tranquilla e confortevole. Consigliamo un materassino duro, un futon oppure una coperta doppia (ma non un materasso morbido), evitando i cuscini sotto il capo, perché interrompono il flusso energetico alla nuca. Il massaggio, che inizia dal capo, prenderà circa 15 minuti perla testa, 10 minuti per le mani e infine 10 minuti per i piedi, ma i tempi possono essere dilatati a piacere. Non c’è una tecnica precisa per questo tipo di massaggio: lo scopo è capire quale tipo di contatto piace di più al massaggiato. Chi massaggia potrà provare diversi tipi di contatto: un contatto deciso e sicuro, una carezza leggera, oppure lievi sfioramenti, o un tocco in pressione sui muscoli. Più della tecnica, conta il tempo che dedichi al partner e il fatto di toccarlo con attenzione. È attenzione non significa necessariamente delicatezza: è ammesso qualsiasi tipo di contatto che porti piacere e consapevolezza nelle parti del corpo che vengono massaggiate. 1. Si incomincia dalla testa, in particolare dalla nuca e dai muscoli lungo il collo, si stimola il cuoio capelluto disegnando piccoli cerchi con la punta delle dita, si stira la fronte dal centro verso i lati e verso l’alto con i palmi delle mani, alla fine si tiene la testa appena rialzata dal materasso per alcuni minuti fin quando si sente che le tensioni si allentano e spariscono. Infine si ritirano lentamente le mani: millimetro per millimetro. 2. Poi si passa a una mano, cominciando a comprimerne ogni millimetro con un “tocco personale”. Per esempio, si può liberare in noi il nostro
bambino interiore, quella parte di noi che è curiosa e tocca in modo giocoso e innocente la mano di chi stiamo massaggiando. 3. Si passa poi all’altra mano, e poi a un piede e infine all’altro piede. 4. Terminato il massaggio ai piedi, e dopo aver lasciato al partner il tempo di assorbire le sensazioni piacevoli nelle mani e nei piedi, chi massaggia avvicina la sua mano all’hara del massaggiato, un’area del diametro di una moneta situata due/tre dita sotto l’ombelico. Chi massaggia, può lasciare la mano appoggiata con leggerezza su quella zona, e chiedere al partner se percepisce questo contatto come un tocco che lo aiuta a sentirsi “centrato”, se avverte “qualcosa” nel punto di contatto (calore, formicolio, altre sensazioni). Chi viene massaggiato, può immaginare di respirare in quest’area focalizzando l’attenzione dall’interno sul punto di contatto, tenendo però sempre presenti anche le parti periferiche del corpo (mani, piedi e testa). 5. Dopo circa 10 minuti chi massaggia toglie dolcemente la sua mano, lasciando il partner immerso nell’esperienza degli spazi silenziosi aperti da questo massaggio. Concedersi l’esperienza di un massaggio che non tenda a focalizzare subito un contesto sessuale, è un buon punto di partenza per un contatto intimo. Ha l’effetto rilassante e riequilibrante di portare l’attenzione ai punti periferici del corpo, per allargare la percezione del proprio essere e per espandere l’energia prima di riconvogliarla verso il suo centro. Conoscere meglio il proprio corpo non è però soltanto un presupposto per il benessere psicofisico e per la buona salute: è il punto di partenza per qualsiasi ricerca interiore. Infatti, come insegnano molte discipline spirituali, prima di viaggiare nelle sfere più sottili della propria psiche, prima di scendere nelle tenebre dell’inconscio o di salire negli strati celesti delle esperienze estatiche, bisogna radicarsi bene nel corpo materiale e liberare le sue energie bloccate. Altrimenti, il cammino spirituale rischia di sperdersi nell’ipocrisia o in quel conflitto tra corpo e mente di cui quasi tutti soffriamo perché fa parte del nostro retaggio culturale collettivo. E radicarsi nel corpo e superare questo conflitto è appunto uno degli scopi, e forse il più importante, di questo libro. 2° – Le 4 chiavi del piacere A un primo sguardo, il piacere è la cosa che tutti desiderano di più nella vita, e la vita di coppia a volte diventa una vera e propria riserva di caccia del piacere. Ma, curiosamente, mentre tutti aspiriamo a raggiungere il piacere, sfugge alla nostra attenzione il fatto che, in un certo senso, noi stessi ce lo precludiamo. Infatti, ognuno di noi è abituato a una certa soglia di piacere, ma se il godimento tende ad andare oltre, nel nostro sistema psicofisico suonano
tutti i nostri campanelli d’allarme e, più o meno inconsapevolmente, mettiamo in atto qualcosa che evita il suo accrescimento, confermando un paradossale ma verissimo detto di Goethe: “Niente è più insopportabile che tre giorni di continuo piacere!”. Nei prossimi capitoli esamineremo come varcare i limiti che la nostra struttura mentale pone alla conquista del piacere; in questo capitolo, invece, ci concentriamo sull’analisi delle reazioni che si manifestano nel nostro corpo quando arriviamo alla soglia della sopportabilità del piacere, e vedremo cosa possiamo fare per spingerne i confini più in là, cioè per allenarci a sopportare piaceri più intensi, più forti, più interiori. Troppe volte pensiamo che per aumentare la quota di piacere nella nostra vita – specialmente nella nostra vita sessuale – dobbiamo avere il partner giusto, la situazione adatta, una certa atmosfera, una tecnica sperimentata, la buona giornata... Troppe volte insomma tendiamo a cercare i presupposti del nostro piacere “all’esterno”, fuori di noi: nel partner, nel destino, nelle circostanze e così via. Certo, tutto può aiutare. Ma più ci addentriamo nella comprensione della nostra psiche, più ci accorgiamo che possiamo essere noi i registi del nostro piacere, e che i fattori in mano nostra sono molti, e possiamo controllarli e modificarli a seconda dei nostri obiettivi. Margo Anand, che viene chiamata anche la madre del Tantra occidentale, paragona il nostro corpo a «un tamburo che entra in vibrazione quando viene colpito dal battente (che corrisponde alla mano del partner che ci accarezza). Per provare più piacere non servono tanto colpi più forti, ma piuttosto un ampliamento della nostra consapevolezza oltre il tamburo e la scoperta dell’intera orchestra che abbiamo a disposizione e che può entrare in azione.» [10]. E questo ampliamento della coscienza avviene attraverso
→ il respiro Di solito abbiamo un accesso spontaneo a una o, al massimo, due di queste chiavi, con le quali ci sentiamo a nostro agio senza troppe difficoltà, sia nel vivere quotidiano che nel contesto amoroso. Ognuno può scoprire qual è, o quali sono, le chiavi che ha in mano fin dalla nascita. Ad alcuni piace ballare, muoversi. Altri hanno un respiro libero e profondo, altri per istinto prestano molta attenzione a quello che sentono e percepiscono. Il consiglio valido per tutti è di cominciare con la chiave che ci è più familiare, per continuare poi via via, impadronendosi delle altre. L’attenzione Per attenzione intendiamo mettere a fuoco la “consapevolezza del nostro corpo”. Permettiamo troppo spesso alla nostra attenzione di rivolgersi all’esterno e di essere insensibile a ciò che avviene in noi. Stiamo attenti non a noi, a cosa facciamo, a chi siamo, ma a cosa fa o a chi è il nostro partner – o, in generale, a cosa potrebbero pensare gli altri, alla musica che ascoltiamo, a ciò che vediamo intorno a noi o sui giornali o alla televisione. Altre volte siamo “assenti”, cioè privi di noi stessi, non ci siamo con la mente: pensiamo al lavoro, fantastichiamo su quello che desideriamo, pensiamo già cosa faremo dopo quello che in realtà non stiamo facendo affatto, perché pensiamo ad altro. In breve, ci facciamo condizionare dalle situazioni, dalle circostanze. È ne ricaviamo un’insoddisfazione, un fastidio, che scarichiamo sul nostro partner colpevolizzandolo come se ne fosse lui la causa. In tutti questi casi il focus della nostra coscienza è lontano dal nostro corpo, e questo pone un limite alla nostra possibilità di usufruire del piacere, perché il piacere lo possiamo percepire soltanto nel corpo e anche i cosiddetti piaceri cerebrali diventano tali in quanto provocano delle piacevoli sensazioni corporee a seguito di immagini, fantasie o parole significative. Per farci un’idea concreta di cosa s’intenda per attenzione, proviamo a fare questo esercizio: → chiudiamo gli occhi e tentiamo di percepire dall’interno il nostro corpo: → dove avvertiamo tensione nel corpo? passando dalla testa al collo, dalle spalle alla schiena, alle braccia, alle ginocchia, cerchiamo di percepire dove avvertiamo e dove non avvertiamo tensione, dove il corpo sembra muto o sordo e dove invece è fluido, dove abbiamo la sensazione che qualcosa sia in movimento. → Se fate questo esercizio con il vostro partner, comunicategli ciò che scoprite, anche con una sola frase o con una sola parola → Se invece fate questo esercizio da soli, descrivete ad alta voce a voi stessi, oppure scrivetele sul vostro diario. → Proseguiamo chiedendoci:
l’esercizio,
e
chiudiamo
un’altra
volta
gli
occhi
→ com’è il mio stato emotivo? quali emozioni, quali sentimenti e che atmosfera sento in me? Sono triste, depresso, allegro, malinconico, gioioso, annoiato, agitato, indifferente? Dove e come percepisco questi piccoli movimenti interiori? Quali sono i miei pensieri? (non importa il contenuto ma la qualità e il tipo dei pensieri: sono pensieri ampi o ristretti? pensieri che mi portano in alto o pensieri che mi tirano in basso? pensieri oscuri o chiari? pensieri precisi o vaghi)? → Anche in questo caso, descriviamo i nostri pensieri e comunichiamoli al partner, oppure ripetiamoli ad alta voce o scriviamoli per noi stessi. Ecco le testimonianze di alcune persone che hanno sperimentato e lavorato sulla chiave attenzione: Ho cominciato a osservare di più il mio corpo e mi sono accorta che lo curavo poco, praticamente non gli davo niente di più di quello che serviva per sopravvivere: lavarlo, mangiare, vestirlo... insomma il minimo indispensabile. Quando ero malata, e lo sono spesso, mi sono chiesta cosa sbagliavo e mi sono resa conto che dedicavo poca attenzione a me e al mio corpo. Lo tenevo in brutte calze di nylon che non sopporta, comprimevo i miei piedi in scarpe che mi facevano male, mangiavo per abitudine senza gustare il cibo e poi mi arrabbiavo pure quando il corpo non funzionava. Ora ho un buon rapporto con il mio corpo, lo ascolto molto di più. Dare attenzione al mio corpo è diventato più importante che qualsiasi altra cosa, per me è come un viaggio infinito in mondi nuovi interessantissimi, dove c’è sempre qualcosa da scoprire e dove potrei stare per sempre, perché è qualcosa di appagante e mi sazia. Mi accorgo del mio corpo quando faccio sesso o quando sono sudato e penso: Adesso mi dovrei lavare altrimenti gli altri cosa penseranno?
Il movimento e il ritmo Il movimento è un’ottima chiave per entrare nel flusso dell’energia del proprio corpo e per osservare come quest’energia si modifica e si amplia. Anche se i gesti (soprattutto nel contesto amoroso) col tempo tendono a ritualizzarsi – e diventano addirittura una routine che toglie alla cosa più bella del mondo quella freschezza effervescente che aveva nei momenti in cui tutto era nuovo – possiamo nondimeno cominciare a imparare a muoverci di nuovo creativamente. Ecco un esercizio finalizzato a riconquistare il movimento: mettetevi nella posizione dell’immagine: tenete con le mani i polsi del partner, la schiena rimane appoggiata per terra, i piedi prendono contatto con i piedi del partner; cominciate a fare un po’ di “bicicletta” insieme; quando avete trovato un equilibrio e un ritmo comune, potrete accelerare e ampliare i movimenti.
Osservate il tipo di comunicazione che si instaura tra di voi, e la dinamica che prende i vostri corpi. Forse il gioco diventa una forma di lotta o di competizione per vedere chi è più veloce o chi arriva più in alto; oppure uno di voi si adatta al ritmo dell’altro; oppure c’è un continuo cambiamento del ritmo, o una frequente alternanza tra chi segue e chi impone il ritmo e la velocità; o infine si può creare un’armonia, un’intesa affettuosa e divertente. Prendete semplicemente atto della dinamica della situazione, senza giudizi e senza critiche. La “Danza tribale” Un altro esercizio che ci fa riscoprire l’antico piacere del movimento del corpo, e lo espande fino a coinvolgere a poco a poco tutto il nostro essere, è la “danza” – la danza riportata alle sue origini, quando non era ancora una performance ma un insieme di movimenti spontanei e liberi, che esprimevano stati d’animo mediante gesti armoniosi o bruschi o apparentemente privi di significato. Questo esercizio divertente e rilassante – accompagnato da un brano musicale che duri almeno trenta minuti con un ritmo continuo ma non martellante (per esempio il “Bodyjazz” di Gabrielle Roth) – ha lo scopo di renderci più consapevoli delle varie parti del corpo, di sciogliere le tensioni anche nelle parti di cui siamo più inconsapevoli e di riportare l’energia in un flusso più omogeneo. La cosa più importante è di non seguire un’idea o di prefigurarci un movimento, ma di accettare il più possibile gli impulsi che provengono dal corpo sotto il suggerimento della musica. → Si inizia con la testa: seguendo il ritmo della musica, lasciamola ciondolare in avanti e indietro, ai due lati verso le spalle, con moto rotatorio in senso orario e in senso antiorario. I movimenti sono dolci, senza sforzi e senza strappi, movimenti piacevoli in cui si percepisce un leggero stiramento dei muscoli del collo e dell’occipite. Tutta questa fascia muscolare di solito è abbastanza “bloccata”, perciò dobbiamo allentarla non mediante movimenti controllati, ma piuttosto con movimenti sensuali, dolci, dilettevoli. → Iniziamo poi a girare gli occhi, a muoverli in su e in giù, a destra e a sinistra, a ruotarli senza muovere la testa. Muovere gli occhi produce diverse reazioni: ad alcune persone provoca giramenti di testa, ad altre procura un certo fastidio, altre ancora lo trovano piacevole, altre dicono che aiuta a rilassare tutta la faccia, altre ancora diventano aggressive. Osserviamo liberamente quali sensazioni e quali sentimenti scaturiscono quando, muovendo gli occhi, sciogliamo tensioni molto sottili e lo “schema di controllo” (molto delicato) collegato a questa muscolatura.
→ Continuiamo con il movimento, ma ora passiamo alla bocca: facciamo tutte le smorfie e le boccacce che ci vengono in mente, accompagnandole con il respiro, respirando a bocca aperta, contraendo e tendendo i muscoli facciali e smuovendo la mascella. Immaginiamo di essere un mostro dei cartoni animati o un essere che è appena uscito da un film di fantascienza, o una divinità feroce di un thanka tibetano. → A poco a poco, combiniamo tutti e tre i movimenti (della testa, degli occhi e della bocca) con il ritmo della musica in modo che il capo ballonzoli a suo piacere seguendo sia la musica che il ritmo del nostro respiro. Quando ci accorgiamo che non respiriamo profondamente ma solo superficialmente, oppure quando il movimento diventa meccanico, interrompiamo con tre o quattro respiri profondi e riprendiamo il ballo. → Sempre seguendo questa tecnica, passiamo alle spalle, poi ai gomiti e infine alle mani. A poco a poco, parte per parte, arriviamo a far ballare anche le anche, il bacino, le ginocchia, i piedi. Un buon trucco per ottenere questo risultato consiste nel suddividere il brano musicale in parti uguali per ogni parte del tuo corpo, concedendo un po’ più di tempo alla testa. Per esempio, se il brano dura trenta minuti, dedichiamo dodici minuti ai quattro movimenti della testa, e tre minuti a ogni altra parte del corpo. I vantaggi di questa danza sono anche pratici: ci sentiremo ispirati a inventare movimenti che sono nuovi per noi, e a dare un raggio più ampio a giunture che solitamente muoviamo soltanto in una direzione o in un’angolazione molto stretta (per esempio i gomiti e le ginocchia). Muovendo ogni parte del corpo singolarmente, inoltre, portiamo anche la nostra attenzione in ognuna di queste parti, e con l’attenzione arriva la vitalità e l’energia, fattori che per la nostra crescita sono molto più importanti dell’allenamento fisico o di una buona forma. Ovviamente possiamo fare questa danza anche insieme al nostro partner, prendendo contatto fra le rispettive parti del corpo – le tue mani ballano con le sue mani e le tue anche toccano le sue anche – ma l’attenzione rimane e deve sempre essere riferita al nostro corpo, non salta al corpo dell’altro, ma resta focalizzata sul nostro movimento. La voce e il suono C’è una grande differenza tra suoni e parole. Le parole hanno già attraversato il filtro del nostro controllore interiore, isuoni invece vengono direttamente dall’inconscio, dalla nostra parte infantile, come fanno i bambini che gridano, gemono, sospirano, fanno “aah” e “ooh” senza dire altro. Quando emettiamo suoni invece che parole, non ci domandiamo se è permesso farlo o se piace al nostro partner. Ed è proprio questa la ragione per la quale siamo abituati a reprimerli: perché sono istintivi, spontanei, provengono dal nostro intimo, svelano il nostro stato d’animo e comunicano direttamente qualcosa all’intimo del nostro partner. Proprio per questa ragione diverse persone trascorrono la loro festa amorosa in assoluto silenzio, altre invece simulano, attraverso i suoni, piaceri che non sentono, ma che credono opportuni in una data situazione. Sia il
suono che non viene espresso, sia quello che viene filtrato e modificato dalla mente, inibiscono il piacere autentico e chiudono la porta ai piaceri più interiori. Quello che alle origini del Tantra era l’uso spontaneo del suono, che da un lato esprimeva uno stato d’animo e dall’altro lo consolidava, successivamente nella storia del Tantra e dello yoga venne sempre più raffinato e ritualizzato. Si passò così alle «sei sillabe-germe (bija mantra): hrarn, hrim, hruni, hraim, hraum, hrah, ciascuna delle quali agisce su una parte del corpo», [11], e poi seguirono mantra più lunghi, che vennero riempiti di altri contenuti fino a formare intere preghiere. Noi usiamo nuovamente i suoni nel senso arcaico, cioè per “svuotare” la mente di quei mille pensieri e concetti che abbiamo in testa e non per inserime altri. In media noi elaboriamo tra i settantamila e i centomila pensieri al giorno, gran parte dei quali sono una continua ripetizione di altri pensieri già pensati mille volte. Un ottimo modo per svuotare la testa da questa massa inconsapevole di pensieri è: l’esercizio chiamato “Gibberish”. Gibberish «è un’antica tecnica di meditazione, che consiste nell’esprimere dei suoni senza senso. È un metodo molto catartico, che stimola anche i movimenti corporei espressivi. Trova quindici minuti per te, in cui niente e nessuno ti possa disturbare, chiudi gli occhi e comincia a emettere suoni senza senso, balbettii, urla... Per quindici minuti abbandonati completamente a questi farfugli. Lascia libero corso a tutto ciò che in te ha bisogno di esprimersi. Se il corpo comincia a muoversi, lascia che si esprima. Dopo ti puoi prendere alcuni minuti, sdraiato sulla pancia e osservare cos’è cambiato nella tua mente.» [12] Un altro esercizio divertente è quello delle smorfie: è ancora nel Gibberish, ma si fa accompagnando i suoni con delle smorfie. Se inizialmente ci sembrerà difficile, cominceremo a usare soltanto le vocali: a, e, i, o, u. Emettiamo una “a” esagerata. Possiamo anche urlare, tendere tutti i muscoli intorno alla bocca. Ripetiamo l’operazione con la “e”, e poi con tutte le altre vocali. Noteremo subito che ogni vocale produce diverse vibrazioni. Cominciamo a emettere suonivocali e a far smorfie al contempo, così come ci vengono spontaneamente, senza arrestarci, per almeno dieci minuti. «Bisogna innanzitutto immaginare la vocale, immaginarla emozionalmente, poi vocalizzarla. Ognuna ha il suo campo d’azione: i: vibra verso l’alto, verso la laringe, il naso, la testa; e: agisce sulla gola, le corde vocali, la laringe, la tiroide; 11 - André Van Lysebeth, Tantra L’altro sguardo sulla vita e sul sesso, Milano 1992, p. 177. (Orig. Tantra Le Culte de la Féminité. L’autre regard sur la vie e le sere, Fribourg 1988.) 12 - Osho Rajneesh, Il libro arancione, Roma 1983, p.125. (Orig. The Orange Book, Oregon 1981.)
a: sull’esofago, le tre costole superiori ed i lobi polmonari superiori; o: sul centro del torace e il diaframma; u:su tutte le viscere addominali, cioè stomaco, fegato, intestini e gonadi.» [13] Il respiro Il respiro è la più inconscia delle funzioni consce del nostro corpo. Mentre sensazioni, emozioni e pensieri cambiano, il respiro ti accompagna dalla nascita fino alla morte formando un filo conduttore che, nella tua vita, ti porta attraverso tutti gli stati d’animo e i loro repentini cambiamenti. Il respiro è profondamente legato al carattere di una persona, e “cambiare il respiro” è un esercizio non naturale né facile, che ci coinvolge profondamente e può mettere in discussione tutto ciò che pensiamo di essere. Infatti modificare il respiro libera, strato dopo strato, il nostro vero essere luminoso. Per questa ragione l’osservazione del respiro costituisce una delle pratiche fondamentali in molte meditazioni. Un esercizio dal “rebirthing” Il seguente esercizio è meno meditativo ma più catartico, e proviene dalle tecniche del rebirthing (nella forma originaria di Leonard Orr). Apparentemente è molto semplice, ma ci porta subito ai nostri limiti mentali e ai blocchi del nostro corpo energetico. Ecco come si pratica questo esercizio: → ci sdraiamo su un materasso o su una coperta senza cuscino, e iniziamo a respirare più profondamente del normale; focalizziamo l’attenzione più sull’inspirazione che sull’espirazione – più sul prendere che sul dare, più sull’assorbire energia che sul buttare fuori qualcosa; → respiriamo in modo ciclico: inspirazione ed espirazione hanno la stessa durata, formano un’onda, il ciclo è rotondo e senza stacchi o apnee; → respirando in questo modo, entro breve tempo inizieremo ad avvertire nel corpo sensazioni che sono leggermente diverse da quelle abituali, forse più forti, più chiare o acute. Continuiamo a respirare mentre percepiamo queste sensazioni – (pressione, formicolio, un fluire o una tensione qua e là, una parte del corpo che sembra addormentata, qualche indolenzimento, qualche stiramento, qualche sensazione piacevole...); → oltre alle sensazioni corporee, molto probabilmente sorgeranno anche emozioni (rabbia, tristezza, gioia, paura, un senso di apertura, amore, eccitazione sessuale...). Continuiamo a respirare mentre percepiamo queste emozioni. Non dobbiamo né reprimerle né enfatizzarle, ma osservarle così come ci arrivano e per ciò che sono, cioè emozioni. Focalizzando la nostra attenzione sul respiro, noteremo che le emozioni vanno e vengono, che alle volte possono alternarsi rapidamente e che possono anche passare per lasciare spazio a qualcosa che è al di là delle emozioni; 13 - André Van Lysebeth, Tantra L’altro sguardo sulla vita e sul sesso, Milano 1992, p. 178. (Orig. Tantra Le Culte de la Féminité. L’aut re regard sur la vie e le sere, Fribourg 1988.)
→ molto probabilmente osserveremo anche una folla di pensieri: “Dovevo ancora dirgli una cosa...” oppure “domani farò...”, ricordi, pensieri autocritici “non ce la farò”, o pensieri scettici “ma a cosa serve questo respiro...” ecc. Quando ci vengono queste ondate di pensieri, non lasciamoci prendere da esse: i pensieri tendono a creare altri pensieri che a loro volta tendono a creare altri pensieri e così via. Osserviamoli soltanto, distacchiamocene e ritorniamo al respiro. E a questo punto è necessario aggiungere un importante commento. Quando pratichiamo il rebirthing oppure qualsiasi altra forma di “respiro alterato” che ci porta a un contatto intenso con il nostro corpo, non è necessario emettere giudizi su questa esperienza, non dobbiamo subito etichettarla: “Ah, questo significa questo, quest’altro vuol dire che...”. Invece, possiamo osservare: c’è questa sensazione, c’è un formicolio nella gamba destra, c’è un bruciore nel ginocchio sinistro, ho i piedi caldi o freddi, mi gira la testa, e così via. Così, possiamo cogliere il messaggio che ci viene direttamente dal corpo senza aggiungervi subito una nostra interpretazione. Queste interpretazioni, infatti, fanno parte del nostro modo di vedere il mondo, e perciò sono già dei limiti per capire noi stessi e il mondo. Invece il corpo, liberandosi con il rebirthing, inizia a percepire nuove sensazioni che forse all’inizio possono sembrare strane e difficilmente definibili, ma successivamente aprono tutto un nuovo spazio interiore che ci è sempre appartenuto, ma che non sapevamo di avere. Insomma, non dobbiamo chiudere le nuove sensazioni nelle vecchie scatole, in concetti e parole ormai superate. Possiamo piuttosto descriverle al nostro partner per ciò che sono – sensazioni, emozioni – guardandoci bene dal giudicarle o dall’interpretarle o dall’attribuire loro un significato. Infatti, cosa ci può succedere? Cosa possiamo scoprire? Non è possibile saperlo, perché le “scoperte” sono tante quante sono le persone che si sottopongono a queste prove; e le loro testimonianze ce lo fanno capire eloquentemente. Prima avevo paura, ora so che ci voglio ritornare più volte per potermi liberare da questa angoscia nel petto. Noto che cado spesso in trance, uno spazio bellissimo dove però non sento più nulla e dove perdo il filo del respiro. Mi veniva da vomitare, non volevo continuare a respirare, mi sono fermata e ora mi pento, perché ascoltando gli altri capisco quanto può essere piacevole. L’ho fatto già alcune volte e mi trovo molto bene, ora sento ancora benessere e una percezione più globale del mio corpo. Avevo paura, le prime volte, degli effetti dell’iperventilazione [cioè i crampi che avvengono per l’aumento del livello di ossigeno al quale il corpo non è abituato). Ora non ne soffro più! Ho respirato come un elefante che corre, ma non sento niente! Sento una gran pace, un silenzio che mi avvolge tutta.
Mi sento rilassato e molto carico, e anche se è tardi non riuscirei a dormire più, adesso. Avevo giramenti di testa, ma ora so che era soltanto perché mi ero alzata troppo in fretta. Mi sento estremamente rilassata e piacevolmente pesante. Non avevo nessuna voglia di fare questo esercizio, avevo tutte le voci contro e i capelli mi si drizzavano solo al pensiero. L’ho fatto ugualmente e sono più che contenta. Penso che sia questo l’amore (piange) e mi sento felice. Ho notato che mi perdo nelle sensazioni e seguo più queste che il respiro, poi me ne accorgo e riprendo il respiro, poi lo riperdo di nuovo ed è così anche adesso.
Le 4 chiavi per aumentare la consapevolezza e il piacere non sono strettamente legate al Tantra, ma hanno un carattere pressoché universale. Le ritroviamo nella bioenergetica o nello yoga, dove corrispondono a dharana, asana, mantra e pranayarna, e anche nella terapia sessuale, dove costituiscono gli elementi centrali per la cura dell’eiaculazione precoce, dell’impotenza, della frigidità o delle disfunzioni orgasmiche. [14] Più sensibilità nel bacino Nell’attività sessuale, la rigidità, la ripetitività, la mancanza di appagamento, gli orgasmi finti oppure i disturbi della sfera sessuale in senso proprio, sono sempre accompagnati da uno stato di tensione nel bacino, nelle cosce e nella parte bassa (lombare) della schiena. Ridurre queste tensioni originatesi durante la nostra educazione e diventate più o meno croniche – può cambiare molto nella vita di una persona: dal modo di amare, a tutto il rapporto con il piacere e con la vitalità in generale. Questo è lo scopo di un esercizio chiamato “Medusa”, che fa parte di ogni corso introduttivo al Tantra, ma che può essere eseguito anche a casa propria in coppia. L’esercizio “Medusa” Si tratta di un esercizio importante, sia perché coinvolge tutte quattro le chiavi del piacere, sia perché ci offre la possibilità di caricarci di energia e di indagare sulle nostre emozioni inconsce e represse. L’esercizio si fa dunque in coppia, si suddivide in quattro fasi, precedute da una “preparazione”, e si svolge in questa sequenza: uno dei due partner assume un ruolo attivo, cioè vive l’esperienza in prima persona, mentre l’altro assume un ruolo di supporto, in cui è semplicemente a disposizione, ma senza interferire nel processo. L’esercizio “Medusa” – La preparazione Programmiamo una sessione di un’ora e mezza circa, in una stanza tranquilla dove rimanere soli e senza alcun disturbo. Dopo aver deciso chi avrà ruolo attivo nell’esperienza e chi quello di appoggio, sistemiamo a terra un 14 - Helen Singer Kaplan, Nuove terapie sessuali, Milano 1995. (Orig. The New Sex Therapy, USA 1974.)
materasso sottile con alcuni cuscini, e prepariamo una musica rilassante per il finale. L’esercizio “Medusa” – Prima fase → La persona che entra nell’esperienza in modo attivo si sdraia prona (ventre a terra) e comincia a respirare profondamente, rilassandosi. → Il partner si accosta da un lato e le massaggia il bacino, i glutei e le gambe. Lo può fare premendo i muscoli con il palmo della mano, oppure può fare un massaggio stretching, non pesante. → Terminato questo massaggio, chi è steso si sdraia supino (schiena a terra) mantenendo il ritmo del respiro e lo stato di rilassamento. L’altro si colloca dietro la sua testa in una posizione comoda che dovrà mantenere per dieci minuti, e comincia a massaggiare con un tocco dolce e deciso la nuca e i muscoli lungo il collo, scendendo fino alle spalle. Con la punta delle dita, muovendole in piccoli cerchi, può massaggiare anche la cute della testa, poi passa a strofinare la fronte verso l’esterno e a massaggiare le guance e la zona intorno alla bocca (se l’altro non fa obiezioni). → Se ci sono ancora delle zone tese nel bacino o nel collo, altri cinque minuti verranno dedicati a sbloccare anche queste parti. → A questo punto l’accompagnatore si posiziona nuovamente di lato, restando attento e ricettivo nei confronti del partner, ma anche consapevole del proprio respiro e delle proprie sensazioni. → Chi è stato massaggiato, ogni tanto può comunicare al compagno (con poche parole) le nuove sensazioni che avverte. L’esercizio “Medusa” –Seconda fase → Dopo alcuni respiri profondi, chi è sdraiato piega le ginocchia verso l’alto e avvicina i calcagni ai glutei (tenendo i piedi paralleli). Poi, sempre respirando lentamente e profondamente, facendo forza sulla pianta dei piedi solleva il bacino (solo il bacino!) quando inspira, e lo lascia ricadere pesantemente quando espira. → Il ritmo è binario e sostenuto: a= inspira/il bacino si solleva;
b= espira/il bacino ricade giù. È importante, a ogni espirazione e caduta del bacino sul materasso, emettere con la voce un suono “liberatorio” che sottolinei l’impatto del bacino col materasso.
Bisogna continuare con questa inspirazione/espirazione più intensa del normale, con i suoni liberatori e con il movimento/impatto del bacino, anche se si avvertono emozioni forti o indesiderate: le emozioni che emergono dall’inconscio non devono essere filtrate o giudicate. Dopo circa dieci minuti, il movimento diminuirà fino a permettere al bacino di giacere sul materasso, mentre il respiro si rilassa e rallenta. L’esercizio “Medusa” – Terza fase → Sempre respirando lentamente e profondamente, e sempre marcando il ritmo respiratorio inspira/espira, la persona sdraiata e con le ginocchia alzate, rilassata e a occhi chiusi,inizia una dolce rotazione del bacino. Il movimento non deve sforzare bacino, e tutto il corpo deve restare disteso a contatto con il materasso. Forse all’inizio sarà necessario “pensare” a come eseguire questo movimento rotatorio, ma in breve il corpo imparerà lì per lì ad armonizzarlo al ritmo respiratorio. Questa fase dell’esercizio dovrà durare almeno un quarto d’ora. Di tanto in tanto il protagonista dell’esercizio potrà (ma con poche parole) manifestare al partner che lo assiste i sentimenti e le sensazioni che prova. L’esercizio “Medusa” – quarta fase → Trovato un buon raccordo tra il ritmo del movimento rotatorio e quello del respiro, la persona sdraiata metterà una mano sui genitali e l’altra sul cuore. A questo punto immaginerà di avere al posto della colonna vertebrale un bambù cavo o un tubo o una canna; e, sempre marcando il ritmo respiratorio inspira/espira, con quella canna “tirerà su” l’energia dai genitali al cuore, e viceversa. A ogni inspirazione, succhierà l’energia dai genitali in su verso il cuore; a ogni espirazione, lascerà scendere l’energia, di nuovo, dal cuore ai genitali. In questa fase può capitare di “vedere” (dietro gli occhi socchiusi) un colore, o di sentire un calore o uno strano formicolio o una sensazione molto sottile (come un filo) che attraversa il corpo. Quando il protagonista dell’esercizio ha acquisito questa respirazione insieme all’immagine collegata, apre lentamente gli occhi e guarda il suo partner. Poi stende le gambe, si rilassa e dice se ha bisogno di qualcosa (di rimanere da solo, di un bicchiere d’acqua, di una coperta, di essere abbracciato...).
→ Dopo la fase di relax, in cui ripercorrerà tutte le sensazioni nuove o già note che ha provato durante l’esercizio, commenterà questa esperienza insieme al partner. Questo “viaggio interiore” può essere un’esperienza significativa anche per il partner accompagnatore, come dimostrano alcune interessanti testimonianze. Avevo molte difficoltà a rimanere seduto e presente quando in lei sorgeva quell’emozione come di rabbia, volevo aiutarla e parlarle. Diventavo nervoso. Non capisco niente di quello che ho osservato. Mi veniva di incoraggiarlo con le parole, poi ho capito che è lui che deve entrare e fare la sua esperienza. Continuo a stupirmi di quanto è successo. Il non potere fare niente, mentre lei urla, mi fa sentire un po’ stupido. Dopo ho sentito una grande onda che mi avvolgeva. È stata una esperienza nuova e piacevole.
Chi è entrato in prima persona nell’esperienza, racconta altre emozioni. Mi è sorta una tristezza profonda e una specie di risentimento per aver trascurato per tanto tempo questa parte del mio corpo, il mio bacino. Provo immenso piacere nel sentirmi tutt’uno, il sesso collegato al cuore. È una sensazione completamente nuova per me. Ho un po’ di paura di mostrarmi così agli altri. Ho sentito molta rabbia e forza che si alternavano. Adesso sento che ho toccato un punto importante nella mia storia personale e che lo posso affrontare da sola. Prima era una fatica enorme a battere il bacino; poi mi sono lasciato andare e ora mi rendo conto che anche fare l’amore con il mio partner era spesso faticoso e che in fondo dipendeva da me, perché esprimevo la fatica con il mio bacino. Sento beatitudine, non lo so. Sono semplicemente felice, ma è una felicità silenziosa all’interno. Non voglio usare parole per proteggere questo silenzio. Mi sento confusa, perché non è successo granché. Non riesco a staccarmi dalle mie sensazioni (piange). È la prima volta che sento sensazioni così piacevoli nel mio corpo. Rilassando il bacino entro in uno stato di profonda distensione, come se si fosse creato più spazio nel mio corpo, dove tutti i sentimenti trovano posto.
Durante questo esercizio possono insorgere emozioni o sentimenti di diversi tipi. Ed è bene sapere che le emozioni spesso sono dei sentimenti repressi, cioè dei sentimenti che in altre circostanze non hanno trovato una via per esprimersi. Come è noto, le ripetute frustrazioni dei sentimenti o delle emozioni possono localizzarsi in molte parti del corpo o della mente (con l’effetto di somatizzazione) procurando danni e disturbi inspiegabili e inaccessibili per la medicina ufficiale.
Invece, con esercizi come questo – liberando l’energia bloccata insieme all’emozione per mezzo di visualizzazioni, suoni, respirazione, lacrime, sorrisi e abbracci – si possono eliminare i “blocchi energetici” nel nostro corpo, e ritrovare la sensazione di fluire liberamente sia nel rapporto con noi stessi che nel rapporto con gli altri. Le 4 chiavi e il sesso Ora che abbiamo sperimentato l’effetto liberatorio delle 4 chiavi del piacere, passiamo a introdurle anche nella nostra vita sessuale. Per prima useremo la chiave che ci è più familiare o che ci riesce più facile, e successivamente le altre. È più naturale introdurre una chiave alla volta e passare alla successiva solo quando abbiamo la sensazione corporea che la prima chiave sia entrata a far parte di noi: ciò significa che anche il corpo (che è più lento della mente!) ha imparato a usare questa chiave. L’attenzione L’attenzione verso le sensazioni che sentiamo nel nostro corpo è la prima chiave e il primo passo. Se la nostra attenzione (o consapevolezza) è volta altrove, sarà inutile muoversi o respirare in un certo modo: sentiremo comunque ben poco, per esempio, nei nostri genitali. Innanzitutto è necessario mettere a fuoco la nostra attenzione sulla zona di contatto con l’altro corpo, curando che la percezione sia spontanea, cioè non guidata dall’idea di cosa dovremmo sentire e come e dove (dovrei essere eccitata, dovrei avere una sensazione di durezza nel pene...). Tutte le percezioni filtrate sono doveri e non piaceri. Invece mettendo a fuoco le sensazioni che percepiamo realmente, e che alle volte sono tutt’altro che spettacolari o entusiasmanti, riusciamo a perforare il velo delle illusioni e ad accedere alle sensazioni più sottili e più vicine alla verità. Il punto di partenza sono dunque le sensazioni realmente percepite, e non i nostri desideri o la nostra immaginazione: osserviamo per prima cosa tutto quello che succede in noi mentre facciamo l’amore. È la domanda, semplice ma basata sull’“attenzione”: cosa senti nel tuo corpo quando fai l’amore? Appreso l’uso della prima chiave, introduciamo la seconda. Il movimento e il ritmo Mentre facciamo l’amore dobbiamo permettere al nostro corpo di muoversi liberamente, senza censure, con movimenti che forse abbiamo sempre sognato ma mai osato. Se ci riesce difficile, parliamone con il nostro partner: oggi voglio provare a muovermi come vuole il mio corpo. Questo può togliere dall’imbarazzo tutti e due, ed elimina il timore che il partner ci giudichi male, o che ci dica: “Che cosa ti prende?”. E movimenti e ritmi possono nascere come una proposta, cioè come espressione creativa delle nostre sensazioni, e non come una risposta ai pregiudizi e alle repressioni che in qualche modo abbiamo in testa. Il
movimento e il ritmo nel fare l’amore – seconda chiave del piacere – aprono la via alla terza chiave. Il respiro Muovendoci più liberamente, infatti, respireremo in modo “diverso”. Inizieremo così una fase delicata, in cui potremo fare l’amore in modo più consapevole e forse in maniera diversa da quella a cui siamo abituati. Il respiro infatti è spesso il modo più subdolo per inibire l’eccitazione e la carica erotica: ogni volta che ci eccitiamo con tocchi, carezze, fantasie e parole, ma respiriamo corto e in modo superficiale, è come se schiacciassimo l’acceleratore dell’auto tenendo il freno tirato. Se respiriamo più profondamente e con un ritmo fluido e rotondo, qualcosa in noi cambia e ci sentiamo toccati nel nucleo delle nostre emozioni. Nel nostro rituale amoroso, dobbiamo incominciare a respirare profondamente già dal primo bacio e durante i preliminari, non soltanto quando si è al culmine dell’eccitazione. È mentre respiriamo profondamente, rafforziamo il contatto con il partner attraverso lo sguardo: respirare profondamente, aprirsi ai propri sentimenti e intanto guardare il partner e sapere che vede noi e tutti i nostri sentimenti, è molto erotico e, oltre a eccitarci, apre il nostro nucleo. Quando ci siamo impadroniti di questa terza chiave, conquistiamo la quarta. I suoni e la voce Con queste due parole intendiamo le espressioni vocali spontanee che accompagnano il movimento e il respiro, e sottolineano le nostre sensazioni ed emozioni. Forse all’inizio dovremo sforzarci, ma ben presto ci accorgeremo che queste “emissioni vocali” (di qualsiasi forma e intensità, anche la più strana) aprono la gola, liberano la mente, sbloccano torace, stomaco e ventre. Non si tratta dunque di produrre gemiti di piacere, ma di rilassarci per concedere alle emozioni e ai sentimenti anche questa via di uscita. Chi si sarà impadronito delle 4 chiavi del piacere e le avrà fatte sue, migliorerà ancora la sua esperienza se, facendo tutti questi esercizi insieme al proprio partner, dopo ogni esercizio si concederà un po’ di tempo per comunicare al proprio compagno quali sono state le (“scoperte”, piacevoli o imbarazzanti, di questo modo di fare l’amore. Può essere anche stimolante stringere un patto: per 3 settimane voglio usare le 4 chiavi con te, una dopo l’altra in un dato ordine, comunicandoci ogni sensazione, sia quelle nuove o piacevoli, sia quelle che ci ostacolano.
3° – Gli – strati dell’io Nei capitoli precedenti, si è già dimostrato che una caratteristica della via tantrica è quella di aumentare il livello dell’energia e della vitalità, aumentando, di conseguenza, anche l’intensità del piacere. Lo scopo di questa scelta metodologica è duplice: 1. ci aiuta a scoprire piaceri finora sconosciuti
2. è un veicolo potentissimo per arrivare agli strati profondi della mente e portare alla luce il nostro inconscio, fino a trovare quel nucleo o il centro che alcuni chiamano hore, altri l’essenza dell’essere, i maestri zen, il sé che non è mai nato, o in molti altri modi diversi. Sperimentando con le 4 chiavi – che agiscono a livello corporeo – ci accorgeremo ben presto che anche nella nostra mente qualcosa inizia a cambiare. Forse abbiamo liberato così tanta energia che la mente non riesce più a controllarla, forse non riusciamo a capire cosa ci sta succedendo o cosa sta succedendo al nostro partner, o ci preoccupiamo perché ci sembra di andare troppo oltre. A questo punto è importante sapere quali sono i confini della nostra mente, e cosa succede quando andiamo a urtare contro questi confini, cosa proviamo quando cerchiamo di allargare la mappa del conosciuto per entrare in territori vergini. Ci servono anche nuove mappe, vere e proprie carte geografiche per il nostro viaggio interiore. È lo yoga, il buddhismo, la psicanalisi, le nuove terapie corporee, non sono nient’altro che diversi modi di disegnare le mappe di questo mondo sconosciuto ma affascinante. Prima di caricare il nostro corpo di ulteriore energia con i metodi tantrici nel senso più stretto, abbiamo bisogno di preparare il nostro sistema psicofisico a sopportare la nuova energia che abbiamo già risvegliato, e di ristrutturare adeguatamente il mondo dei nostri pensieri. In India un discepolo yoga impiega vari anni per imparare gli asana, il pranayama e le altre pratiche preparatorie. In Tibet si eseguono migliaia di prostrazioni e si recitano migliaia di mantra, identificandosi con divinità purificatrici o concentrandosi sugli yantra, prima di iniziare con le meditazioni sessuali. Il guaio di questi metodi è che preparano bene un adepto a livello individuale, ma non servono a portare nel rapporto di coppia quel maggior grado di consapevolezza che è necessario per andare oltre. L’effetto di una preparazione strettamente individuale è che spesso il primo incontro col partner in un setting tantrico finisce in una grande confusione, e che la pace trovata in se stessi dopo tante meditazioni viene brutalmente spazzata via. Il metodo qui adottato per procedere nella nostra ricerca ha un nome preciso: IBP – (Integrative Body Psychotherapy). Ed è una disciplina che, sviluppata da Jack Rosenberg, Beverly Kitaen Morse e Marjorie Rand, si avvicina alla via tantrica ben più di altre discipline psicocorporee occidentali permettendo di raggiungere fin dall’inizio alti livelli energetici e una precisa consapevolezza sia dei processi intrapsichici sia delle dinamiche di coppia. Questo capitolo e il prossimo, costituiscono una breve sintesi del metodo IBP. I mostri addormentati dietro la facciata Come abbiamo visto quando abbiamo usato le 4 chiavi per aumentare il piacere, nella nostra autoesplorazione non incontriamo soltanto sentimenti
piacevoli, ma anche i sentimenti che teniamo in ombra, che non illuminiamo volentieri con il faro della consapevolezza. Scopriamo quali strati dell’io incontreremo sul nostro cammino. a – L’agency Il primo strato dell’io che incontriamo, in inglese è chiamato agency – che significa sia “impulso ad agire”, sia “mediazione”, sia anche “agenzia”, e quest’ultimo significato è quello più efficace nel caso nostro, poiché il primo strato dell’io è quella modalità per cui una persona non vive “in proprio”, ma vive per conto di qualcun altro, esattamente come un agente non opera professionalmente per sé, ma per conto di un committente. L’agency è quella componente di noi in cui abbiamo imparato, fin da piccoli, che possiamo venir amati soltanto se prima ci preoccupiamo degli altri e facciamo qualcosa per loro – per i genitori, per i fratelli, per gli amici e così via. Diventato adulto, l’agent – colui cioè in cui predomina I’agency – è una persona molto amichevole, sempre pronto a aiutare gli altri; è anzi molto “sintonizzato” sugli altri, infatti una sua frase tipica è: se stai bene tu, sto bene anch’io; se tu stai male, soffro con te. Quando alla fine di una cena nel vassoio rimane un solo pasticcino, l’invitato agent, prima di prenderlo, chiederà sempre a tutti quanti se lo vogliono loro, nella speranza che nessuno lo voglia. Se qualcuno dice di sì, glielo lascerà con un sorriso, ma dentro di sé proverà stizza. In questo modo, adottando sempre comportamenti simili, l’agent accumula un bel po’ di rabbia e rancore nell’arco della vita, e siccome è convinto che gli altri lo amino e lo stimino soltanto quando è gentile, non mostra mai quei sentimenti, ma deve isolarsi ogni tanto per “riprendere l’equilibrio”. Un altro esempio? Agent è la tipica donna-madre: Sono sposata da quindici anni. La famiglia per me è tutto e ho sempre cercato di fare tutto per i bambini e per mio marito, cucinare, pulire la casa, educare bene i miei figli. Non ho mai pensato a me stessa in tutto questo periodo, fino a quando il mio matrimonio è entrato in crisi. Credevo di non essere più affascinante per mio marito, ma la verità era che io non c’ero più, esistevo solo in quanto mi occupavo degli altri e praticamente avevo perso me stessa. Allora come poteva mio marito amare una donna che non c’era più?”.
Se l’agent una volta fa qualcosa per sé – il che avviene di rado – viene subito assalito dai sensi di colpa. Immaginiamo questa scenetta: sulla spiaggia strapiena di Riccione arrivano contemporaneamente un agent e un’altra persona che lui non conosce. È rimasto solo l’ultimo ombrellone. L’agent normalmente avrebbe detto “lo prenda lei”, ma questa volta, non si sa perché, pensa a se stesso, accelera il passo e occupa ombrellone e sdraio. Ovviamente non osa guardare in faccia la persona che ha perso la corsa, e probabilmente passerà una giornata d’inferno sotto l’ombrellone, tormentato da rimorsi perché il suo bisogno ha prevalso a danno di quello di un altro. L’agent chiama il suo comportamento gentilezza o amore o compassione. In verità è, soltanto, bisogno: il bisogno di essere amato, accompagnato dalla
convinzione che per essere amato occorra prima fare qualcosa per l’altra persona. Per l’agent è inconcepibile stare bene con se stesso da solo, o con un altro individuo senza fare qualcosa per lui. Se non c’è nessuno di cui l’agent si possa preoccupare, si apre un grande vuoto, un grande punto interrogativo, non sa più cosa fare della sua vita. Chi ama qualcuno può sempre scegliere se insistere o cedere in un conflitto di interessi, ma l’agent non ha questa scelta: senza esserne consapevole favorisce sempre l’altro, si subordina all’altro per automatismo. La sua motivazione profonda è la ricerca di contatto, di amore; ma l’agent non riesce a immaginare di poter amare se stesso, è sempre rivolto all’esterno. L’unica strategia che conosce è quella di aiutare. Il prezzo che l’agent paga è tuttavia molto alto, e spesso si fa notare verso la metà della vita, quando le forze diminuiscono e ci si rende conto di essere letteralmente esauriti. L’energia segue l’attenzione – (è una legge fondamentale), e se la nostra attenzione è continuamente rivolta agli altri, la nostra energia si riversa su di loro e il nostro corpo ne risente. Così l’agent è poco consapevole di quello che succede in lui, dei suoi giudizi, dei suoi pensieri, delle sue sensazioni, della sua sessualità, del suo benessere. In fondo si stima poco, perché altrimenti non sarebbe così dipendente dal suo partner, e penserebbe di meritarsi il suo amore per quello che egli è, e non per quello che fa. Una persona poco attenta a sé e poco centrata in se stessa col tempo perde il suo fascino, la sua radiazione, la sua dignità e quel poco che gli è rimasto della stima del partner. È il partner continua a rimanere più per comodità, che per vero amore e vera attrazione. A questo punto la coppia può entrare in un circolo veramente tragico. Prendiamo l’esempio classico di una donna che da buon agent ha vissuto esclusivamente per la famiglia, si è trascurata ed è giunta al momento in cui i figli ormai grandi vanno via di casa. L’agent, quando perde le “vittime” delle sue cure, va in crisi, al vuoto delle domande esistenziali si aggiunge ben presto una piccola depressione, e il marito comincia a frequentare un’altra. La strategia dell’agent – di occuparsi del partner per ottenere il suo amore – ha anche un lato oscuro che nessuno guarda volentieri: per assicurarsi l’amore del partner, l’agent lo aiuta sempre dove può, ma al contempo non gli permette di crescere più di tanto, perché altrimenti il partner potrebbe diventare autosufficiente e “liberarsi”. Quindi, oltre a preoccuparsi di “stabilizzarlo”, si preoccupa di non rafforzarlo troppo: perciò quando il partner sta veramente bene, l’agent inconsciamente cova un conflitto, e mira a destabilizzarlo al solo scopo di poterlo poi recuperare. Questo gioco logorante può durare molto a lungo, anche un’intera vita. Questa è un’altra caratteristica che distingue l’agency dall’amore. L’effetto forse più tragico dell’agency è che il proprio corpo col tempo diventa totalmente sordo e la sensualità svanisce, perché l’attenzione non è focalizzata al proprio corpo ma è sempre rivolta all’esterno. Il sesso diventa sempre più raro, perché se l’attenzione non è focalizzata sul proprio corpo, non
è possibile aumentare il grado di carica energetica o di eccitazione. Invece la sessualità dell’agent è più collegata alla paura che al piacere: l’agent donna si preoccupa di far ciò che piace al partner e l’agent uomo si preoccupa dell’orgasmo di lei. Nella sessualità l’agent – donna o uomo – difficilmente riesce a sapere ciò che desidera, di cosa ha bisogno per sentirsi bene e per eccitarsi, per seguire i propri istinti. Inoltre pensa che, se esprimesse i suoi desideri erotici, il partner non sarebbe disposto a soddisfarli se non in cambio di qualcos’altro. La maggior parte dei disturbi sessuali ha l’agency come causa. Questa diagnosi vale sia per la disfunzione erettile (impotenza) o per l’eiaculazione precoce nell’uomo, come per il disturbo del desiderio (frigidità) o la difficoltà ad arrivare all’orgasmo nella donna. Quando in una coppia ambedue sono in agency, succede quello che descrive Marco, un infermiere di 48 anni: Quando facevo l’amore con la mia compagna ero sempre attento a quello che le piaceva e soprattutto dopo il rapporto la tempestavo di domande: ti è piaciuto? Sei arrivata all’orgasmo? Oppure la accarezzavo così come avrei voluto essere accarezzato io, pensando: se sei soddisfatta tu, lo sono anch’io. Anche lei d’altra parte era molto attenta ai miei bisogni e per anni credevamo entrambi di essere una coppia felice e armoniosa, senza accorgerci che il sesso diventava sempre più raro tra noi e che la passione si stava spegnendo.
Questa diagnosi non sarebbe completa se non aggiungessimo che chiunque, se vuole, può uscire dalla condizione di agent. L’agency non è un’eredità genetica, non appartiene biologicamente alla nostra personalità, non è il nostro autentico carattere: è solo una modalità di percepire i propri desideri e quelli degli altri; noi l’abbiamo imparata e spesso, impiegandola, siamo stati addirittura premiati e ciò ci ha condizionato; ma si può anche “disimpararla” per ritrovare un maggior senso nella propria esistenza e scoprire il piacere nel proprio corpo. Il rimedio non sta nel diventare egoisti, ma nel riconoscere la semplice verità che in fondo possiamo provare piacere soltanto grazie al nostro corpo, possiamo provare amore soltanto nel nostro cuore e raggiungere l’orgasmo soltanto nei nostri genitali. Occorre capire che il miglior dono che possiamo fare al nostro partner è quello di curare la nostra vitalità e di accrescere la nostra autostima, per essere una persona vitale e degna di autentica stima anche per lui. Ma come può avvenire questo cambiamento? Nel momento in cui l’agent si accorge di essere tale e gli vengono i primi dubbi, di solito prova anche il desiderio di cambiare e di vivere più per sé. Dopo la scoperta, «la prima reazione che si ha istintivamente è quella che chiamiamo counteragency: ci si comporta cioè in maniera opposta rispetto a prima, e si crede di non essere più in agency.» [15]. Invece questo nuovo atteggiamento non è ancora la risoluzione, ma solo una fase di passaggio. 15 - Jack Lee Rosenberg Beverly KitaenMorse, The Intimate Couple, Atlanta 1996, p. 203.
Il corretto punto di arrivo è uno soltanto: quello in cui diventiamo consapevoli dei nostri bisogni, percependo anche quelli degli altri. Solo quando si riesce a valutare e scegliere “tra i miei e i suoi” bisogni, possiamo decidere in modo sano e creativo: “oggi farò qualcosa in più per me e la prossima volta farò di più per te”, tenendo sempre presente l’obiettivo di soddisfare i bisogni di entrambi. Qualche conseguenza è ovviamente inevitabile. Quando ci si libera dal condizionamento dell’agency, può succedere che gli amici che prima ci stimavano perché ci curavamo di loro, ci accusino di egoismo. C’è un solo modo di reagire: spiegare tutto con chiarezza. Poiché l’agency è una sindrome molto diffusa, molti lo troveranno un passo coraggioso, e ne trarranno forse un prezioso insegnamento. b – Il carattere Lo “strato dell’io” che incontriamo subito dopo l’agency nel nostro viaggio interiore è il carattere. È uno “strato” col quale solitamente ci identifichiamo, al punto di ritenere che “noi siamo il nostro carattere” piuttosto che “noi abbiamo il nostro carattere”. Osserviamo allora le manifestazioni del carattere, soprattutto dal punto di vista che ci interessa: nel rapporto di coppia. Leggendo le frasi e le descrizioni qui di seguito riportate (e possiamo leggerle da soli o con il nostro partner, magari sottolineando le frasi che ci toccano di più), potremo capire in quale dei tre tipi fondamentali di carattere ci identifichiamo di più. b – Il carattere – 1 – l’abbandonato Se nel nostro passato abbiamo conosciuto la paura di venir abbandonati, il nostro carattere nel rapporto di coppia si manifesterà in questo modo: 1. non importa quanto riceviamo, non è mai abbastanza; 2. ci lasciamo guidare da desideri vaghi, indefinibili, provenienti dal passato; 3. non abbiamo l’idea dei limiti/confini, né il concetto di “troppo vicino”; 4. ci aggrappiamo a persone e cose (amici, cibo, vestiti, lavoro, droghe ecc.); 5. la frase-chiave è «faccio quello che vuoi purché tu non mi abbandoni»; 6. ci rendiamo vulnerabili e poi ci sentiamo vittime della situazione; 7. siamo molto sensibili a livello corporeo. b – Il carattere – 2 – l’invaso Se nel nostro passato abbiamo conosciuto la paura di essere “invasi” (dominati), il nostro carattere nel rapporto di coppia si manifesterà in questo modo: 1. preferiamo stare soli e siamo emotivamente riservati; 2. la nostra frasechiave è “sono quello che sono”; 3. viviamo “isolati” dai nostri sentimenti; 4. abbiamo confini rigidi nelle convinzioni e nelle opinioni, e tendiamo a radicalizzare (tutto è bianco o nero, buono o cattivo); 5. il nostro modo di essere è molto pratico, solido e sobrio;
6. abbiamo un corpo piuttosto rigido e una “corazza emozionale”: non liberiamo i sentimenti del cuore, ci piace il sesso ma non riusciamo ad amare; 7. ci piacciono le stimolazioni forti (gli sport pericolosi, il sesso pesante). b – Il carattere – 3 – il come se Se abbiamo conosciuto sia la paura di venir abbandonati sia la paura di venir invasi/dominati, il nostro carattere nel rapporto di coppia si manifesterà in questo modo: 1. la nostra frase chiave è “né troppo lontano né troppo vicino”: a volte viviamo un semplice distacco come abbandono e la gentilezza come invadenza, comunque viviamo sempre in una continua oscillazione in ogni rapporto; 2. nessuno ci può dire cosa fare: troviamo sempre buone ragioni per dire di no (troppo piano, troppo forte, non è il momento giusto, le circostanze non sono adatte ecc.); 3. abbiamo un’idea fissa delle cose, programmiamo tutto, una frase ricorrente è «quando avrò terminato, allora...»; 4. trattiamo gli altri e noi stessi come oggetti: con distacco; 5. non riusciamo a essere quello che siamo: vogliamo apparire sempre più “grandi” o più “piccoli” di quel che siamo; 6. viviamo “divisi” da noi stessi (dal corpo, dai sentimenti dalla nostra vitalità); 7. siamo impermeabili alle emozioni, non riusciamo ad avere un autentico contatto con gli altri. Tra questi tre tipi o aree di carattere, esistono ovviamente sovrapposizioni e lati comuni, e in ciascun tipo di carattere esistono sfumature più o meno accentuate. Si stima che il 10% delle persone appartenga alla categoria “abbandonato” puro, il 10% alla categoria “invaso”, e un altro 10% alla categoria “come se”, mentre il restante 70% si suddivida in due blocchi comunicanti: in uno prevalgono i tratti dei “come se” e dell’invaso”, nell’altro quelli dell’”invaso” e dell’”abbandonato”. Ogni carattere è dominato da una convinzione, che viene continuamente rafforzata. Queste “convinzioni dominanti” possono essere sintetizzate in specifiche affermazioni: • “nessuno mi ama” = l’abbandonato • “tutti mi vengono troppo addosso” = l’invaso • “nessuno mi capisce veramente” = il come se. Queste convinzioni dominanti emergono con forza ogni volta che decidiamo di formare una coppia o che dobbiamo prendere una decisione di coppia: andare a vivere insieme, sposarsi, separarsi, trovare una casa adatta, procreare un bambino. Ogni volta cioè che il cuore è coinvolto dagli avvenimenti, interviene il carattere a dare la sua risposta. Il carattere – che non è un dato biologico – è chiamato anche ego, o maschera, o ruolo di difesa, oppure (nel suo aspetto più positivo) personalità,
e viene determinato nell’infanzia dai nostri genitori e dal contesto socioculturale (la “famiglia”) nel quale siamo cresciuti. Il suo scopo educativo è dapprima quello di proteggere e difendere dalle influenze esterne il sé (cioè il nostro nucleo), creando una corazza protettiva nella personalità indifesa del bambino. Ma queste strategie di difesa, oltre a fungere da meccanismi di protezione, possono diventare anche ostacoli al naturale sviluppo della persona. Agiscono infatti non soltanto contro le emozioni “negative” o proibite, ma contro tutte le emozioni indistintamente, e anche contro l’amore. c – le emozioni represse La conseguenza è che, sotto il carattere e le strategie difensive, troviamo ancora uno strato dell’io: lo strato delle emozioni represse, dei bisogni più intimi e delle ferite. Generalizzando, si può dire che ogni carattere ha difficoltà a percepire e ad accettare una particolare emozione o un particolare stato interiore: • l’abbandonato non vive la sua forza e la sua rabbia • l’invaso non vive l’affetto e tutti i sentimenti di tenerezza • il come se non accetta se stesso così com’è. Nell’intento di evitare che ulteriori ferite vengano ad aggiungersi a quelle già subite, tutti e tre i tipi di carattere tendono a dare al partner la colpa del loro malessere proiettando su di lui il lato negato della propria personalità. Se nei momenti più intimi di un rapporto di coppia riusciamo ad andare oltre il carattere (e questo è il desiderio profondo di ognuno) e iniziamo a mostrare al partner anche il nostro strato vulnerabile, da un lato ci esporremo certamente al rischio di venir feriti di nuovo, ma dall’altro lato troveremo l’unica strada per aprirci veramente, per comunicare da nucleo a nucleo. d – il nucleo Sotto lo strato delle emozioni represse troviamo infine un ulteriore strato dell’io: il cuore, il nucleo, quel luogo in noi stessi che non ha nome e che si esprime più in un silenzio radiante che non nelle parole. È il nostro centro, quello che entra in gioco nelle esperienze più alte, nell’innamoramento, nella meditazione, nell’estasi, e lo ritroveremo in modo approfondito nella parte conclusiva di questo libro. L’amore per se stessi Nel Tantra l’obiettivo è l’incontro tra due sé, cioè l’incontro tra due core, tra due persone che hanno raggiunto un profondo contatto con se stessi prima di entrare in contatto con gli altri. Poiché gli altri strati dell’io – il carattere e le emozioni – sono sempre presenti e non si possono togliere ma si possono riconoscere, divenire consapevoli di essi ci permette di renderli permeabili, e quindi agevola la comunicazione tra nucleo e nucleo. La consapevolezza di tutti questi strati dell’io ci consente di essere in contatto con il nostro nucleo in uno stato molto aperto, molto vulnerabile e al contempo molto sicuro.
Queste esperienze durano a volte un periodo molto breve, talora per qualche secondo soltanto, ma ogni volta nutrono il nostro nucleo e il rapporto col partner. Molte persone, sull’onda della new age, associano il Tantra con un “indulgere nel piacere”. Essere pieni di amore, essere rilassati e naturali senza fatica, non è affatto l’inizio della via tantrica ma è la sua seconda parte, quella in cui possiamo inoltrarci solo dopo esserci resi conto delle strutture mentali e caratteriali che ci limitano, e dopo aver realizzato una effettiva liberazione corporea che ci permetta di padroneggiare il flusso della nostra energia. Ma per arrivare a quel punto ci vuole «disciplina, pazienza con se stessi e il coraggio di guardare anche nelle proprie ombre.» [16]. Finché ci identifichiamo con il nostro carattere, non conosceremo né l’amore né la ricerca spirituale. «Se ci accostiamo al Tantra per diventare grandi amanti e per soddisfare meglio il nostro partner, siamo ancora nella trappola, siamo in agency e la nostra ricerca non ha nulla di spirituale.» [17]. Amare se stessi significa invece identificarsi con il nucleo più profondo del nostro essere, e ciò non si fonda su una determinata idea di se stessi, ma su un benessere corporeo che viene percepito come un sentirsi tutt’uno con l’esistenza, e in sintonia con tutti gli strati dell’io.ù 4° – Crescere in coppia La ruota dei rapporti Quando aumentiamo il livello energetico con l’aiuto delle 4 chiavi, e portiamo una maggior consapevolezza nel nostro corpo e nella nostra mente, non incontriamo soltanto le nostre difese e i nostri bisogni più nascosti – come abbiamo visto nell’ultimo capitolo – ma facciamo emergere anche tutto ciò che nel nostro rapporto di coppia è ancora irrisolto e frustrato. La navigazione nelle acque del rapporto di coppia diventa allora più laboriosa, e ulteriori mappe possono rivelarsi provvidenziali. Una mappa per la crescita personale che sin dall’inizio ci ha stupito e che riteniamo quantomai adatta per il percorso tantrico è la “ruota” degli sciamani americani, [18], o meglio quel sistema di ruote in cui i diversi aspetti della vita vengono strutturati in base ai 4 punti cardinali, così come li intendono gli sciamani. Il nord è la sede della mente ricettiva, ed è associato all’aria e alle norme. Nella concezione sciamanica la mente è intuitiva o ricettiva – e non attiva come nella nostra psicologia, secondo la quale la mente è al principio di ogni attività. 16 - Prabhato Regina Konig, Was hat Tantra mit Disziplin zu tun?, in "Connection" 10/1995.
17 - Bali Hellwig Schinko,Was hat Tantra mit Disziplin zu tun?, in
10/1995.
3
"Connection"
18 - Harley Swift Deer Reagan, Shamanic Wheels and Keys, The Teachings of the Twisted Hairs Elders, Arizona 1994
Nel sud ci sono le emozioni che si associano all’acqua, al dare, al bambino innocente. E secondo gli sciamani, è tramite le nostre emozioni che noi diveniamo attivi – al contrario della nostra concezione, che considera le emozioni come un aspetto ricettivo e passivo della vita psichica. All’ovest c’è il corpo, la materia associata alla terra. Qui accumuliamo e tratteniamo energia. All’est c’è il fuoco o lo spirito; la capacità di decidere di orientare la vita e di liberare energia in una determinata direzione. Al centro risiede la sessualità, non tanto nel senso genitale ma in un senso molto più ampio, che coincide con il nostro concetto di vitalità (nel buddhismo si parla anche di vacuità). Sull’asse nord-sud, tra la mente che commenta, controlla e limita nel nord, e il bambino interiore, emozionale, spontaneo e impulsivo nel sud (e sono due componenti che spesso si scontrano fra loro), nasce quel fiume di pensieri e di impulsi mai espressi che chiamiamo il dialogo interno. Sull’asse ovest-est avviene invece tutto il processo di accumulo e di liberazione di energia che è essenziale per il nostro sviluppo spirituale. Nelle mappe psichiche degli sciamani d’America non predomina il pensiero lineare, o il concetto di causaeffetto, ma ogni evoluzione ha un andamento circolare. Ciò significa che chi procede d’esperienza in esperienza e dell’esistenza tocca i diversi aspetti torna sempre al punto di partenza, vi ritorna sempre ma su un altro piano, perché durante il suo percorso ha arricchito le sue conoscenze, trasformando il cerchio bidimensionale (la “ruota”, appunto) in una specie di spirale. Mente, corpo, emozioni, spirito sono sullo stesso piano e per crescere dobbiamo attraversarli tutti, e crescere ugualmente in tutte le direzioni. Se cresciamo in modo disuguale, la ruota non riesce più a girare e le conseguenze di ciò si ripercuotono subito sulla nostra sessualità, che non è affatto estranea alla crescita spirituale, e ne forma bensì il perno. Perciò il Quodoushka (l’insieme degli insegnamenti sulla sessualità sacra) viene anche chiamato “Tantra sciamanico”. L’esercizio della ruota sciamanica Con questa ruota ti invitiamo ora a fare un’analisi, un check-up del tuo rapporto attuale. Se c’è un albero nei dintorni, va’ a sederti accanto ad esso, e appoggia la schiena al suo tronco come usano fare appunto gli apprendisti sciamani mentre tentano la seguente analisi. Pronuncia sempre ad alta voce sia le domande che le risposte, e prendi per buona solo la prima risposta che ti viene in mente. La prima risposta è spesso quella che viene direttamente dall’inconscio, mentre quelle successive sono già interpretate e corrette dalle nostre strutture difensive. L’esercizio della ruota sciamanica – SUD: → Come mi sento, dal punto di vista sessuale?
→ Quanto mi aggrappo al mio partner? → Quali sono le cose che ho assoluto bisogno di ricevere dal mio partner? → In che misura trattengo i miei sentimenti quando comunico con il mio partner? L’esercizio della ruota sciamanica – NORD: → In che modo giudico e condanno me stesso? → In che modo giudico e condanno il mio partner? Con le parole, con gli sguardi, con i pensieri? → Quali sono le mie aspettative, nei riguardi del mio partner? → In che modo le comunico? Le comunico in modo che lui le capisca o le tengo per me, sperando che lui prima o poi le intuisca? L’esercizio della ruota sciamanica – OVEST: → Quali sono le mie fantasie sessuali? → In che misura ho realizzato le mie fantasie sessuali? → Quali sarebbero le qualità del mio partner ideale, del mio principe azzurro? → Un partner con queste qualità sarebbe interessato a me? → In che modo uso la sessualità per manipolare, per controllare il mio partner? → Che cosa desidero cambiare? L’esercizio della ruota sciamanica – EST: → In che misura c’è entusiasmo e fuoco nel rapporto con il mio partner? → C’è speranza che il nostro rapporto si sviluppi? → Quanto piacere e quanto benessere mi posso concedere? In che modo saboto il nostro piacere? → Qual è la via che mi indica il mio cuore? Se hai fatto quest’analisi accanto a un albero, abbraccialo alla fine e lasciagli un regalo per l’aiuto che ti ha dato. Se hai un partner e avete fatto quest’analisi separatamente, confrontate le vostre risposte: da questo confronto potranno nascere molte sorprese e idee utili a ridisegnare il vostro rapporto. Ora considera la tua situazione sotto un altro aspetto, collocando il tuo rapporto sulla ruota degli sciamani. In ogni rapporto di coppia esistono tre tipi di “contratti”: 1. Il contratto che tu hai con te stesso: significa sapere che cosa si vuole, ascoltare i propri desideri, seguire le proprie intuizioni ed essere fedeli a se stessi. Il contratto che hai con te stesso è il più importante dei tre, e chiunque entra in un rapporto di coppia con le idee poco chiare ne sconta poi inevitabilmente le conseguenze. 2. Il contratto che il tuo partner ha con se stesso: la misura, cioè, in cui anche lui sa cosa vuole e perché vuole stare con te.
3. Il terzo contratto è tra l’uomo e la donna: comprende i primi due e regola lo scambio tra i partner. Questo concetto potrà forse sembrarti più adatto a una trattativa d’affari, che non a un rapporto. Ma contratti del genere esistono comunque, in ogni rapporto di coppia: solo che per lo più non sono espliciti, o lo sono in modo insufficiente. Spesso ci accorgiamo della loro esistenza soltanto al momento della crisi, o addirittura della separazione: e allora li si affronta in modo piuttosto violento. La ruota dei rapporti [19] ci mostra le cinque possibilità fondamentali d’impostare la sessualità in modo consapevole. NORD: L’amore libero In questo tipo di contratto prevalgono le regole, la mente, i principi, le fantasie, le aspirazioni e gli ideali; esso sfocia nell’amore libero, nello scambio di coppie o nell’amore di gruppo. Si è notato che tutte le comunità che praticano l’amore libero affrontano l’argomento in maniera molto cerebrale: pochi sentimenti, molte discussioni intellettuali. SUD: Il triangolo I protagonisti divengono qui due uomini e una donna, o due donne e un uomo. Questa combinazione è caratterizzata da molte emozioni e tensioni. In inglese si chiama “Love, sweat and tears”: amore, sudore e lacrime. Spesso la gelosia è alimentata dall’idea che tra gli altri due protagonisti del triangolo tutto sia più divertente e più eccitante. Si è constatato che il triangolo funziona quando i due partner dello stesso sesso hanno un buon rapporto tra loro; mentre non funziona mai se essi non si conoscono l’un l’altro – come nel caso delle amanti segrete – o sono reciprocamente ostili. In questi casi il triangolo è una fonte di conflitti e tensioni. Questo tipo di rapporto è più diffuso di quanto si pensi: pochi lo desiderano consapevolmente, ma molti finiscono per trovarcisi. Viene spesso usato per portare più emozioni nella monogamia. Il terzo può essere un vero amante in carne ed ossa, ma può anche essere un cosiddetto “amante fantasma”: un amante, cioè, irraggiungibile, soltanto desiderato e sognato. OVEST: La monogamia È la sessualità praticata con un solo partner. Questa forma di rapporto può essere molto profonda. Consente di scavare fino in fondo e di volare molto alti. Il pericolo è che la monogamia possa divenire monotonia, se si adottano sempre gli stessi rituali. Distinguiamo la monogamia in aperta o chiusa: nel primo caso si rimane fedeli a un solo partner per sempre, mentre nel secondo ci si può concedere
19 - Batty Thunder Bear Gold e Rose Thunder Eagle Fink, Quodoushka 1 + 2 Seminar, Seifriedswórth 1995.
ogni tanto rapporti con altri, per fare esperienze nuove o per imparare nuovi modi d’amare. EST: Il celibato È la forma della sessualità che vivevano i monaci e gli yogi e che da circa mille anni viene erroneamente definita asessualità. Pochi sanno che la parola celibato deriva da celebrare: celebrare la sessualità con se stessi e con il proprio corpo. Il celibato può essere una scelta per la vita, o anche un’occasione per godere della propria sessualità dopo un rapporto andato a pezzi, e per prepararsi ad affrontare un nuovo rapporto senza ripetere gli stessi errori. CENTRO: La danza libera In mezzo al cerchio c’è la danza libera (free dancing) nella quale ti poni come single che sa cosa cerca e lo dichiara a se stesso e agli altri. Nella sessualità ha rapporti con più partner, riflettendosi in loro come in altrettanti specchi. Questo è il vantaggio della danza libera. Lo svantaggio può essere che non appena s’incontra qualche difficoltà in uno di questi rapporti, non si cerca di superarle ma si interrompe il ménage, cercando nuovi lidi. Ogni tipo di contratto ha i suoi aspetti particolari, vantaggi e svantaggi predeterminati già al momento della scelta: non ha senso, perciò, lamentarsi di ciò che in un contratto non ci piace; tutto sta nello scegliere quel tipo di contratto che più ti arricchisce e che meglio corrisponde al momento attuale della tua vita. In questo senso, puoi porti le seguenti domande: 1. In quale forma di contratto sto vivendo adesso? 2. Ho scelto questo contratto, oppure vivo così per abitudine, o perché non so bene cosa voglio? 3. Dove va il mio desiderio? Cos’altro voglio sperimentare in questa vita? 4. Cosa vuole il mio partner? Il mio stesso contratto, o un altro? 5. Il contratto che abbiamo fra noi corrisponde al contratto che ciascuno di noi ha con se stesso? Qual è il mio modo di sabotare i rapporti? Ognuno di noi ha un gran bisogno di contatto, di pelle, di amore, di venir accettato, di intimità; e in genere portiamo in noi questi bisogni come un peso, insieme alla speranza che quando verrà il partner che ci ama veramente ci toglierà questo peso per sempre. Il principe azzurro mi libererà di tutti i miei pesi e riempirà tutti i vuoti nella mia anima. Tuttavia, dopo il primo periodo di innamoramento più o meno vertiginoso – durante il quale il nostro strato difensivo è momentaneamente sospeso e possiamo dare un’occhiata ai tesori che nascondiamo sotto di esso – incominciamo a esaminare il principe azzurro, lo sottoponiamo a un’analisi più critica, e di nuovo ci identifichiamo con il nostro carattere, cioè con il nostro primo strato difensivo. Ciò avviene solitamente così: proponiamo qualcuno dei nostri bisogni – di questi nostri pesi – al partner, per lo più non molto chiaramente; lo suggeriamo soltanto, nella speranza che il principe azzurro possa coglierlo al volo, e sollevarci da quel primo peso, e poi da un altro, e poi da un altro ancora. Se non lo coglie e non mi solleva da quel peso, inizia la punizione: la rivendicazione, il risentimento,
l’ostilità, o magari il pietire, il ricattare addirittura. Ciò porta ben presto a litigi continui, e può diventare una situazione molto dolorosa – finché non riconoscerò che in realtà nessuna madre, nessun padre, nessun principe azzurro, nessun maestro mi può alleggerire di quel mio peso. Solo allora potrò fare un contratto con un partner reale e demistificato, mettendo in chiaro che nel periodo della nostra convivenza ciascuno si prenderà la responsabilità del peso dei propri bisogni e insieme ci sosterremo in un modo che ciascuno possa alleggerire quel suo peso di per sé. Anche con un contratto di questo genere possono certamente capitare momenti di crisi, di stress o problemi dinanzi ai quali le tue difese si attiveranno in modo esagerato, e in cui il carattere affilerà le sue armi. Ciò avviene specialmente quando ci sentiamo feriti nei nostri desideri profondi d’intimità o di distanza. Le armi più usate in questa battaglia sono: • il “martello”: l’aggressività che può arrivare alla violenza fisica; • il “coltello”: il punzecchiare, il ridicolizzare, il ferire il partner nelle parti più vulnerabili; • l’“uncino”: l’agganciarsi là dove il partner ha un punto debole (per esempio: litigando davanti ad altre persone; negando denaro al partner, se il partner non ne guadagna di suo; approfittando di ogni aspetto in cui il partner dipenda da voi, ivi incluse le dipendenze di carattere emotivo). Con questi uncini tentiamo di trascinare il partner dove vogliamo noi. Gli uncini funzionano solo se il partner offre un appiglio; se invece è compatto e liscio, non servono a granché; • il “piattino del mendicante”: “Senza di te non posso vivere, mi ammalo, non ce la faccio” e così via; è il far di tutto per creare un senso di colpa nel partner, indossando la maschera della vittima; • il contrario del precedente: “Chiudo tutto, non ti voglio più vedere, non mi occupo più del rapporto, non mi metterò mai più in un rapporto di coppia, non ho bisogno di te” ecc; • il “seghetto”: è quando cominciamo a fiaccare il partner con un’azione lenta ma continua (parole, o atteggiamenti), che a lungo andare spezza ogni resistenza. Probabilmente hai già avuto modo di notare quale di queste armi sia la tua preferita, o se ne usi altre ancora, più sofisticate. Forse ne hai nel tuo arsenale qualcuna che non conosciamo ancora? Ogni volta che la usi, osserva come essa difende le tue vecchie ferite, e come distrugge l’intimità con il tuo partner, impedendoti di raggiungere ciò che vorresti veramente. Uno dei più forti ostacoli all’intimità sono i segreti, quei pensieri che non si comunicano mai, apparentemente per non ferire il partner, ma che finiscono per ferire più di ogni altra cosa, perché creano un filtro, una pesante cortina che attraversa ogni aspetto del rapporto. Ciò avviene perché una parte della mia attenzione sarà sempre occupata a tener segreto il segreto: sarò sempre parzialmente assente, non potrò lasciarmi andare completamente per timore che il segreto esca fuori. Appunto perciò (e non tanto perché sabotano la fiducia reciproca) i segreti lasciano ferite profonde nel rapporto; la sfiducia non è tanto la causa, quanto piuttosto la conseguenza di queste ferite.
I segreti più ricorrenti sono: • i pregiudizi contro l’altro sesso; • i pregiudizi contro il proprio sesso; • l’amante fantasma; • il potere della vittima; • i bambini intesi come collante del rapporto. I pregiudizi contro l’altro sesso Sono le convinzioni generali che abbiamo riguardo all’altro sesso, sia nel bene che nel male: convinzioni che spesso abbiamo semplicemente copiato dai nostri genitori senza averle mai verificate. Il guaio di queste convinzioni è che tendono ad autoavverarsi: se ho la convinzione che “gli uomini sono inaffidabili”, questa convinzione crea in me un filtro attraverso cui guardo il mio mondo, e tenderò a notare gli uomini inaffidabili più di quelli affidabili, con la conseguenza che entrerò continuamente in rapporto con uomini inaffidabili. In tal modo vedrò confermata quella convinzione che sembra essere il risultato della ricerca, ma che in verità era il suo punto di partenza. Altri esempi sono: • gli uomini sono egoisti; • le donne sono manipolatrici; • le donne ragionano con l’utero; • gli uomini pensano soltanto al sesso. Fate questo gioco: sedetevi l’uno di fronte all’altro e iniziate a tirar fuori i vostri pregiudizi. Coraggio: anche le persone intelligenti e ben educate hanno una buona provvista di questi luoghi comuni, solo che li custodiscono sotto un più spesso strato di ragionamenti. I pregiudizi, tuttavia, sono sempre irrazionali e farli venir fuori nella forma di un gioco è più saggio che lasciarli agire durante il prossimo litigio (in cui si manifesteranno immancabilmente). I pregiudizi contro il proprio sesso Questi sono ancora più infami, perché minano la nostra autostima. La loro origine è spesso una convinzione che il genitore del sesso opposto nutriva contro il genitore del nostro stesso sesso. Anche per questi puoi fare lo stesso gioco che abbiamo appena descritto. Tutte e due le categorie di pregiudizi tendono a ridurre la gamma delle possibilità di reciproco adattamento dei partner, limitando sia la percezione che abbiamo di noi stessi, sia la percezione che abbiamo del partner. L’amante fantasma L’amante fantasma prende forma quando pensi che il tuo partner non sia quello che ci vuole per te; allora il rapporto diventa qualcosa come una sala d’attesa in cui stai facendo quattro chiacchiere con una persona che hai incontrato per caso e che hai trovato abbastanza simpatica – in attesa che arrivi il treno, cioè il partner che desideri nelle tue fantasie. Avere un amante fantasma significa offendere incessantemente il tuo partner, poiché lo consideri un partner di seconda scelta col quale passi il tempo mentre aspetti il “vero” amore.
Il potere della vittima Immagina tre cani che entrano in una stanza: il primo entra e scodinzola, il secondo entra e salta sulla sedia, il terzo entra e sospira. Normalmente quello che riceve più attenzione è il terzo, quello che entra nella veste della vittima, che porta con sé un alone di insuccesso: «Io non posso fare niente, sono povero, non ci riesco». Una forma di vittimismo molto frequente nelle coppie consiste nel non esprimere mai che cosa si vuole nell’amore e nella sessualità, ma di rimproverare poi il partner se non fa le cose giuste. La vittima è abituata a ricevere attenzione in forza delle sue sventure, dei suoi disagi, della sua sopportazione. Quello che le vittime non ammettono mai è il grande potere che esercitano sul partner appellandosi alla sua agency e suscitandogli sensi di colpa. I bambini come collante per il rapporto Una volta era soprattutto il caso della donna che si fa mettere incinta per evitare che il suo uomo l’abbandonasse. Oggi è più frequente il caso in cui i due partner giunti sull’orlo della separazione decidono più o meno inconsciamente, d’avere un figlio, sul quale poi riversano tutta la loro attenzione per non dover vedere le crepe del loro rapporto. All’inizio d’un cammino tantrico è opportuno fare una pulizia generale nel rapporto: chiarire con se stessi che cosa si vuole; ridefinire il contratto con il partner se è poco chiaro, adeguandolo ai veri desideri di entrambi, anche se sembrano apparentemente contrastanti; trovare un modo di comunicare senza ferirsi continuamente e far emergere i segreti, liberando tutta l’energia mentale trattenuta in essi. Ritrovare i desideri Alcune coppie, dopo qualche anno di convivenza, si trovano alle prese con un dilemma che in poche parole si potrebbe descrivere così: “Ci amiamo molto ma il lato sessuale è fiacco”. Queste coppie si vogliono bene, hanno interessi in comune, conducono una vita abbastanza armoniosa e gli amici li considerano una bella coppia; ma a letto la tempesta d’amore iniziale si è trasformata in un venticello che tiene ancora in vita i rapporti sessuali, ma non soddisfa più né lei né lui. Questo fenomeno può assumere diversi aspetti: Sto pensando più al piacere del mio partner che al mio, mi preoccupo più del suo orgasmo che del mio. E quando mi preoccupo della mia soddisfazione lo faccio quasi più per fare un piacere a lui o a lei. Sono convinto che, per contribuire alla relazione, mi devo trattenere, e devo scendere a dei compromessi. Penso che il mio partner mi desideri principalmente perché faccio le cose che gli piacciono e intuisco i suoi desideri. Quando sento il bisogno di fare qualcosa per me, qualcosa che mi piaccia davvero, devo stare da solo; soltanto così mi posso ricaricare per continuare il rapporto di coppia.
Probabilmente hai già intuito qual è la causa del fenomeno: è ancora sempre l’agency. In questo caso tutti e due sono in agency, hanno un vero e proprio contratto di agency, in cui uno aiuta continuamente l’altro e viceversa. La conseguenza è che entrambi hanno spostato l’attenzione dal proprio corpo e sono perciò tagliati fuori dal piacere. Il sesso a questo punto può essere soltanto fiacco. Il gioco “la regina e il servo” Una via divertente per uscire dal contratto di agency e provare nuove strade è il gioco “la regina e il servo”, un gioco tanto impegnativo quanto allegro, in cui si affrontano con coraggio quei tabù e quelle limitazioni che hanno soffocato il piacere nel letto matrimoniale, e in cui cominci a sfidare più i tuoi limiti che non quelli del tuo partner. Ti ricordi di tutte quelle volte che desideravi che lui ti toccasse in un certo modo, che ti sfiorasse il ventre o la schiena, o che ti abbracciasse in una data situazione? Ecco, questa è l’occasione per esprimere quei desideri che da tanto tempo avresti voluto veder soddisfatti dal tuo partner. Se leggendo queste righe ti vengono in mente diverse idee, o se un lieve brivido ti scende lungo la schiena o provi una sorta d’ebbrezza nei pensieri, sei pronta a seguire quella tua voce interiore che spesso s’esprime nei desideri sessuali. Come fare? → Durante una bella cena a due nel vostro ristorante preferito, puoi anticipare al tuo partner che questa sera vorresti... e senza entrare nel dettaglio dei tuoi desideri spiegargli il setting (la cornice del gioco). Lo scopo di questa anticipazione è duplice: 1. lo prepari allo “scandalo” e così eviti che poi cada dalle nuvole... 2. puoi star sicura che ora anche la sua fantasia comincerà a fervere, e che mentre rincasate penserà a cosa tu potresti desiderare da lui e a cosa lui potrebbe chiedere a te... Come si gioca? → Prendetevi due ore di tempo: un’ora per ciascuno è il minimo per arrivare a desideri un po’ più scottanti. → Scegli un ambiente dove ti senti protetta, e che associ all’erotismo e al piacere. → All’inizio sei tu la regina che spiega al suo miglior servo cosa le piacerebbe che lui facesse, (per esempio: accarezzami per dieci minuti i seni senza toccare i capezzoli poi portami un bicchiere di spremuta d’arancia, siediti davanti al mio trono e dimmi tre cose che ti piacciono di me, baciami le gambe dai piedi fino ai glutei e alla fine coccolami nelle tue braccia, in maniera protettiva...). → L’intento non deve esser quello di far soffrire lui (non è un gioco sadomaso) ma di far godere te. → Sii coraggiosa! Non usare mezzi termini ma esprimi ciò che veramente desideri, non indugiare sui desideri sicuri e privi di rischio, ma scegli quelli che ti fanno venire la pelle d’oca. Man mano che prosegui col gioco, scoprirai che il mondo va avanti lo stesso e che molti desideri una volta espressi sono meno pericolosi di quanto sembravano prima. È ogni
desiderio espresso, oltre a liberare qualcosa in te, trova finalmente l’occasione di venir soddisfatto. → Tutto quel che fa piacere è permesso. Se una tua richiesta andasse oltre i limiti di sopportabilità, il tuo partner ha il diritto di dire “stop”, cioè di non soddisfarla. In questo caso scambiatevi, brevemente, le vostre opinioni in merito, senza interrompere il gioco; ridimensionate la richiesta finché diventi accettabile, o continuate con un altro desiderio. → Dopo un’ora, scambiate i ruoli e ora lui diventa il re e tu diventi la migliore serva che lui possa immaginare. Questo gioco, dopo un primo imbarazzo, piace sempre a tutti. Oltre a essere divertente, aiuta a esprimere i nostri bisogni al partner e a condividere con lui i nostri desideri più intimi, che spesso vengono velati da sentimenti di vergogna o di inadeguatezza. In genere è molto allegro, ma può anche metterti in contatto con vecchie ferite, o suscitare un’improvvisa tristezza – che è il rimpianto d’aver trattenuto tanto a lungo un desiderio, o di non esserti concessa per tanto tempo una soddisfazione che era invece così a portata di mano. In compenso, con questo gioco riuscirai comunque a sentirti capita e accettata dal tuo partner esattamente così come sei. Spesso, ciò che pone dei limiti ai nostri desideri non è affatto il nostro partner, ma solo una nostra voce interiore. Questo è stato, per esempio, il caso di Mariacarla, 44 anni, segretaria. Quando toccò a lei d’essere la regina, arrossì violentemente, le sue labbra iniziarono a tremare, la gola si seccò, e si vedeva che stava lottando con se stessa. Dopo un po’ prese coraggio e con una voce pacata chiese a suo marito Mario di accarezzarle e di massaggiarle per 20 minuti le gambe senza arrivare ai genitali. Il marito, senza nessun tipo di esitazione, iniziò a farlo, dolcemente e sensualmente... dopo pochi minuti Mariacarla scoppiò in lacrime di gioia per il fatto che lui aveva accettato questo desiderio, che la paura di chiedere troppo le aveva sempre impedito di esprimere. Il modo di dirsi ciò che c’è da dire In una coppia è importante parlare per risolvere i tanti dissidi e conflitti che si possono creare. Ma benché sembri tanto semplice, ben pochi lo fanno: la coppia media comunica sette minuti al giorno. Sette minuti di comunicazione cosciente, in cui uno si sente ascoltato: il resto del tempo si riempie di fiumi di parole prive di consapevolezza, lungo i quali ogni frase è solamente ovvia, scontata. Se ci accostiamo al Tantra per imparare a fare l’amore più a lungo, è bene che prima impariamo a comunicare più a lungo. Quando parliamo con il nostro partner, molto spesso le parole che pronunciamo hanno già attraversato diversi filtri: questo lo posso dire, quello no; questo è importante e quello no; se dico questo sembro intelligente, quello non lo posso dire perché verrei criticata. Queste convinzioni, questi schemi, questi filtri sono molto elaborati, e crediamo erroneamente che servano a
migliorare la nostra comunicazione. È davvero un errore, e infatti poi ci meravigliamo che sul piano emozionale non riusciamo a farci capire, anche se siamo molto abili nel discutere riguardo a situazioni, a persone, a fatti e a problemi quotidiani: dove andiamo a cena fuori, chi invitiamo alla festa, cosa è successo oggi, cosa facciamo domani, come ci organizziamo per le vacanze e così via. Il problema è che dimentichiamo un fatto molto importante: e cioè che per comunicare bisogna comunicare tutto. Se osserviamo noi stessi mentre parliamo, possiamo notare che v’è spesso in noi un impulso a dire una qualche cosa che ci occupa la mente già da un po’, ma non la diciamo: cominciamo a parlare di qualcos’altro, meno importante, meno scottante, perché parlandone ci esponiamo meno e non ci rendiamo vulnerabili. Per entrare nel flusso della vera comunicazione, è importante sforzarsi di esprimere tutte le nostre emozioni e i nostri sentimenti. Di solito, sappiamo parlare di tutto, tranne che di noi stessi – di come ci sentiamo, di cosa proviamo, cosa ci passa veramente per la testa e nel corpo. Far venir fuori quello che pensiamo è veramente un atto di coraggio, ma ne vale la pena perché solo se condividiamo ciò che è più prezioso per noi possiamo dire al nostro partner come stiamo veramente. A volte siamo così preoccupati di non dispiacere all’altro (agency) che tratteniamo in noi ciò che pensiamo, proviamo, sentiamo solo per “non ferire” il partner. Invece così gli infliggiamo la più grande ferita, quella di trattenere insieme ai nostri impulsi anche la nostra vitalità e energia, che sono in assoluto le cose più preziose che possiamo condividere con lui. Reprimere ha anche un altro prezzo: ogni impulso non espresso dovrà essere rielaborato da qualche parte dentro di noi, e ciò, oltre a consumare energia mentale, creerà offuscamento, confusione, quel senso di assenza che spesso notiamo nelle persone che parlano poco, o che parlano molto senza comunicare le loro vere emozioni. Un esercizio per migliorare la comunicazione Fa’, insieme al tuo partner, un esercizio molto semplice ma decisamente efficace: → per un periodo (almeno una settimana) prendetevi venti minuti al giorno solo per voi due, e dedicateli alla comunicazione, dieci minuti per uno. → Decidete chi inizia per primo a parlare di sé (chiamiamolo partner A). → Il partner A inizia a parlare in prima persona: io mi sento... ho fatto... mi trovo a disagio con... Puoi usare questo tempo per parlare di te e soltanto di te, di tutto quello che ti sta a cuore, o che ti è rimasto sullo stomaco, o che ti passa per la testa o che ti dà piacere. Evita di parlare di altri, di pronunciare giudizi – (è positivo, è negativo, è buono...) – o paragoni, di parlare in termini di convinzioni – (la vita è dura, le donne non mi amano...) – o di generalizzazioni – (si deve, tutti sanno che...); parla solo di quello che ti muove dentro. Nel dubbio, inizia sempre con “io...”.
→ Guardatevi negli occhi. Quando non ci guardiamo, è molto facile andare in una specie di trance, dove ci parliamo addosso senza essere in contatto né col partner né con noi stessi. → Durante questi dieci minuti il partner B rimane silenzioso e ricettivo. Non giudica, non interrompe, non commenta, neanche con i gesti. Ascolta, e non fa altro che ascoltare, è tutt’orecchi e apre la sua mente per recepire non soltanto le parole dell’altro ma anche il suo stato d’animo, il suo modo di organizzare i pensieri, il suo modo di capire se stesso e il mondo. → Il partner B, intanto, può osservare cosa succede in lui mentre ascolta: quali sono i momenti in cui si sente toccato, quali i momenti in cui fa fatica a rimanere presente, o quando avverte gli impulsi a intervenire. → Alla fine dei dieci minuti scambiatevi i ruoli senza alcun commento. Ora B parla di sé e A ascolta. È importante che questo esercizio sia fatto in un luogo neutrale, che non sia emotivamente caricato (come per esempio il letto). L’esercizio è assai semplice, eppure si rimane ogni volta stupiti di quante cose si chiariscano e vengano in luce, di quanta limpidezza porti nel rapporto, di quanta energia si liberi e di quante cose si possano dire in soli 10 minuti. È particolarmente utile farlo quando si stanno sperimentando esercizi che aumentano il livello energetico, le 4 chiavi o gli esercizi tantrici che descriveremo più avanti. Noi due l’abbiamo fatto per mesi ogni mattina dopo colazione, e quel periodo fu contrassegnato da un’assenza pressoché totale di litigi coniugali. Altre coppie che lo hanno praticato per un periodo, ne parlano così: Quando ho cominciato a fare questo esercizio con la mia partner, mi sentivo molto frenato, facevo una gran fatica a parlare soltanto di me. Dopo circa una settimana si è rotto il ghiaccio, a volte siamo rimasti a parlare per un’ora e io parlavo e parlavo e veramente mi si apriva l’anima. All’inizio spesso c’era soltanto silenzio in questi dieci minuti, non sapevo cosa dire. Mi accorgevo che la nostra comunicazione era soltanto superficiale, e non così buona come credevo. Mi veniva da piangere, ero irritata e commossa nello stesso tempo: avevo per dieci minuti la sua completa attenzione e riuscivo solo a piangere; mi sono liberata di un grande peso. Ci aiutava molto a risanare il nostro rapporto, eravamo in crisi e io ero arrabbiata con lui. La costanza e la disciplina con la quale ci incontravamo ogni sera per questo esercizio prima di andare a letto ci ha permesso di superare momenti molto difficili. Ho visto e sentito molto di più su di lui. Potevo lasciar entrare le parole e accettarlo nella sua diversità, capivo che i suoi sentimenti seguivano tutta un’altra logica: che davvero vedeva il mondo diversamente da me.
Potete concludere l’esercizio con un abbraccio. E qui ci troviamo di nuovo di fronte a un gesto semplice ma che a volte viene usato più per mantenere la
distanza, che non per creare intimità. In Vietnam si dice: «L’abbraccio è una bellissima usanza. Se tieni in braccio un bambino o se abbracci tua madre, il tuo uomo, il tuo amico e inspiri e espiri tre volte si raddoppia la tua felicità.» [20]. I tre modi comuni di abbracciarsi Vediamo i 3 modi più frequenti per abbracciarsi: 1. L’abbraccio del cowboy, fianco a fianco come vecchi colleghi, uniti nella forza ma divisi nei sentimenti: bacini vicini e cuori lontani, ciascuno dei due è piegato leggermente all’indietro, ci si fissa negli occhi. 2. L’abbraccio di Nonna Papera: viso a viso, battendosi sulle spalle, dicendosi con parole quanto ci si è mancati con un’aria un po’ romantica e sentimentale; ma guai ad avvicinare i ventri, o i genitali: per carità! più lontani possibili. Molto affetto, poca energia. 3. L’abbraccio intimo: i corpi si toccano su tutta la lunghezza: cosce con cosce, bacino con bacino, ventre con ventre, petto con petto e testa con testa. In questa posizione rimaniamo semplicemente fermi, forse respiriamo nello stesso ritmo, pochi gesti, niente parole. I nostri corpi parlano tra di loro una lingua silenziosa, e si capiscono l’un l’altro. Quando abbiamo detto a parole tutto quello che c’è da dire, possiamo lasciar parlare i nostri corpi e a questo punto entriamo in quei processi che vengono chiamati “scambio dell’energia” o “fusione sottile”: sono avvenimenti che si sottraggono al nostro controllo e alla nostra volontà e che avvengono di per sé nel contatto tra due corpi, specialmente se uno è maschile e l’altro femminile. Il bonding Bonding in inglese significa legarsi o essere in connessione, e può rispondere a tutta una gamma di esigenze, dal sintonizzarsi prima di fare l’amore fino alla catarsi terapeutica. [21]. → Dopo aver sciolto le tensioni del corpo e le tensioni più grossolane e superficiali con lo sport, la danza o con uno degli esercizi di questo libro, sdraiatevi in questo modo: uno di voi supino su una coperta, sul letto o su qualsiasi altra superficie morbida, l’altro su di lui a pancia in giù. Allineate nei primi minuti il ritmo dei vostri respiri e dopo un po’ noterete che il peso del corpo non diventerà più un problema. Quando i campi energetici si sintonizzano puoi reggere anche una persona più pesante di te senza alcuna fatica. → Rilassatevi semplicemente in questa posizione, rilassate tutti i muscoli dalla testa fino ai piedi ed entrate in quello spazio delle percezioni corporee che, di minuto in minuto, diventano sempre più sottili. → Dopo circa 10 minuti sentirai che il corpo si sta rilassando anche negli strati più interiori. I testi tantrici dicono che dopo 32 minuti i corpi 20 - Thich Nhat Haldt, Ich pflanze cin Llichelrt, Munchen 1992, p. 106. (Orig. Peace is Every Step, New York 1991.) 21 - Jaqueline C. Lair and Walther H. Lechler, Von mir aus nennt es Wahnsinn. Protokoll einer Heilung, Stuttgart 1993. (Orig. I Exist, I Need, I’m Entitled, New York 1980.)
energetici si fondono, e i loro confini si diluiscono. Voi provate a restare così per un minimo di 20 e un massimo di 40 minuti, e osservate. La distanza giusta tra me e te L’intimità in un rapporto non sta soltanto nell’essere vicini, ma nasce da un equilibrio tra vicinanza con l’altro e spazio libero per se stessi, per respirare. L’intimità può nascere soltanto quando nel rapporto ci sono entrambi questi elementi. Nella vicinanza non c’è ancora intimità. Spesso si pensa che più si è stretti l’uno all’altro, e più si è in intimità. Ma ognuno di noi conosce bene quei momenti in cui ci stringiamo al partner solo col corpo, mentre energeticamente siamo a un livello basso, e ciascuno dei due è occupato da altri pensieri. Molti conflitti di coppia hanno, come loro principale causa, un mancato bilanciamento tra vicinanza e spazio libero. Sia la vicinanza che lo spazio libero sono sensazioni ben precise, e suscitano entrambi un senso di benessere: quanto ti senti vicino al partner e al contempo ti senti bene nel tuo spazio, te ne accorgi in tutto il tuo corpo, nel tuo respiro fluido, in una sensazione di pienezza. Non è uno stato che puoi creare ad hoc, non è una cosa che dipende dalla tua volontà o dalle tue convinzioni sul rapporto, o da argomentazioni o discussioni preliminari. L’esercizio dei due cerchi Per sperimentarlo concretamente, usa il seguente esercizio: [22]: il momento migliore per farlo è dopo aver comunicato come abbiamo descritto più sopra, o dopo aver sperimentato le 4 chiavi. → Sedetevi uno di fronte all’altro su un pavimento, dove puoi disegnare col gesso. Tenete due pezzi di gesso a portata di mano. → Guardatevi negli occhi e fate 20 respiri profondi continuando a guardarvi; notate ogni vostra sensazione: formicolio nelle mani, calore nel ventre, inebriamento nei pensieri. Rimanete presenti a voi stessi e continuate a respirare. Per molte persone respirare profondamente e guardare simultaneamente il partner crea già una situazione insolita: non è una cosa che facciamo spesso, e significa mostrarsi con una carica energetica più alta – perciò si può avvertire un senso di disagio. → Ognuno prende contemporaneamente il suo pezzo di gesso e disegna il suo spazio intorno a sé. Fatelo senza pensare, lasciatevi guidare soltanto dalla vostra mano che disegna.
22 - Jack Lee Rosenberg Beverly KitaenMorse, The Intimate Couple, Atlanta 1996, pag. 58.
→ Ora, notate se c’è qualcosa di diverso nell’avere questo spazio definito intorno a sé. Qual è la differenza rispetto a prima? Come vi sentite ora? Ci sono delle persone che si sentono isolate e che non amano avere dei confini così definiti. Altri si sentono più sicuri, più compatti e solidi, perché il cerchio accentua il loro sentimento di sé. Alcuni si sentono intrappolati, limitati, isolati e chiusi in se stessi. Ci sono persone che disegnano il loro cerchio intersecando il cerchio del partner, altri hanno difficoltà a disegnarlo. Per alcune persone questo confine non fa nessuna differenza, perché hanno già un loro confine naturale dentro di sé. → Ora guardate i cerchi e rammentate il questionario sul carattere descritto nel capitolo precedente [23]: • l’abbandonato ha spesso un cerchio dai confini poco visibili e non ben definiti, e si sente isolato • l’invaso ha, di solito, confini ben definiti, a volte anche con linee forti e doppie. Si sente protetto e al sicuro nel suo spazio • il come se è spesso insicuro nel tracciare il cerchio, lo modifica più volte per adattarlo a una sua idea di come il cerchio dovrebbe essere. → Ora osserva anche il cerchio del tuo partner e confrontalo con il suo questionario sui caratteri. È molto utile sapere quali potenzialità e quali difficoltà puoi incontrare nel rapporto con il carattere del tuo partner. Ecco le più frequenti: Se convivi con un abbandonato: • non riesci mai a convincerlo che non lo lascerai; • quello che gli dai non sarà mai abbastanza; • pur di star con te, è pronto ad acutizzare e a esasperare i suoi comportamenti fino a un vero e proprio martirio; • cerca sempre di muoversi verso di te; • è un buon seguace. Se convivi con un invaso: • non è mai completamente disponibile, e non si sente del tutto coinvolto nel rapporto; • tu potrai sentire la sua mancanza, ma lui no; • è logico, fidato, indipendente e vuol essere sempre ineccepibile; • non cura molto le relazioni sociali; • potresti essere il suo unico amico; • si sente relativamente soddisfatto di come sta andando la sua vita; • non si sente a suo agio nell’esprimere le emozioni. Se convivi con un come se: • impieghi molto tempo a trovare la distanza giusta; • è bravissimo a risolvere problemi, se può fare come vuole lui; • puoi contare su di lui, se hai bisogno di venir guidato;
23 - vedi qui: “b – Il carattere” pag. 39 sgg.
• avrete difficoltà nel prendere impegni, sul darvi dei compiti, nella puntualità, nel dire prego e grazie, nel farvi regali; • ci saranno sempre delle discussioni sul metodo da seguire, il tuo o il suo. Sappi che tutti gli aspetti del tuo carattere e di quello del tuo partner ti accompagneranno nei successivi capitoli, e che le caratteristiche di ogni carattere si fanno particolarmente evidenti ogni volta che diventiamo più presenti a noi stessi, più meditativi, più eccitati, più sensibili. Perciò preparati a ritrovare quegli aspetti del carattere anche negli esercizi erotici e in tutti gli esercizi in cui faremo esperimenti con gli spazi energetici, gli orgasmi o gli strati profondi della mente. Se in questo capitolo avete imparato a notare quali sono le caratteristiche salienti dei partner e le dinamiche della coppia, vi renderete conto facilmente che è importante rafforzare la propria identità, cioè la propria presenza e l’energia nel proprio spazio, per poter incontrare il partner in un nuovo modo, più intimo, più aperto, più radicati in se stessi.
Parte seconda II – La via del piacere 5° – Star bene nel sesso Per quanto riguarda la sessualità, viviamo in un’epoca di grande confusione, tra pochi riferimenti credibili e molte contraddizioni. In genere, nostro padre e nostra madre – le persone che hanno costituito il nostro primo punto di riferimento – hanno raramente parlato di sesso, e se ne parlavano era piuttosto in termini di divieti o di battute, ma non con quella naturalezza, quella apertura e quel coinvolgimento interiore, di cui avevamo bisogno; e ancora meno ci hanno insegnato come sentirci bene e rilassati nella nostra sessualità. Quante volte li abbiamo visti nudi? Al contrario, ora assistiamo a una valanga di informazioni sul sesso: il sesso è uno degli argomenti più trattati dai mass media, sono in vendita tantissimi libri sul sesso, ogni rivista ha almeno un articolo sull’argomento, ma sembra che tutte queste parole non bastino mai, che le questioni che ci turbano rimangano sempre le stesse e che la gestione del rapporto di coppia stia diventando sempre più difficile e più problematica, invece che più semplice. Quanto alla scienza, i sessuologi sanno certamente dare ottime informazioni, per quanto riguarda l’aspetto più meccanico e organico del rapporto sessuale. Ma nelle questioni che coinvolgono tutto il nostro essere, anche la scienza dà risposte abbastanza contraddittorie, o si avvolge di silenzio. Al cinema, nella pubblicità e sulle copertine delle riviste veniamo bombardati da una quantità di nudi che non hanno alcun rapporto con un qualche nostro desiderio di mostrarci nudi in prima persona. E in quelle rare occasioni in cui ci spogliamo davanti ad altri (sulla spiaggia, nella sauna, a una visita medica...) proviamo vergogna oppure siamo del tutto staccati dai nostri
sentimenti, e ci mostriamo nudi più per voglia di apparire che non per sentirci a nostro agio. Mentre la Chiesa cattolica va predicando concetti adatti a una società di cent’anni fa, la “donna moderna” accampa pretese quali la multiorgasmicità e l’indipendenza nell’espressione sessuale. [24]. Mentre quasi il 50% degli uomini ha il “problema” di una eiaculazione troppo rapida o di un’impotenza temporanea, la stampa parla di record men del sesso che fanno l’amore per diverse ore di seguito. Perfino il Tantra, che insegna a provar gioia e distensione nell’ardore sessuale, viene utilizzato spesso per creare un’ulteriore “ansia di prestazione sessuale”. Fino a circa dieci anni fa le donne non dovevano far sesso, se tenevano alla loro buona reputazione; e se lo facevano, lo facevano di nascosto, e in modo sommesso, silenzioso, inibito. Oggi per essere “in”, bisogna farlo, farlo spesso, avere degli orgasmi sconvolgenti e parlarne senza inibizioni. Poiché è da questa situazione che noi tutti partiamo, prima di cominciare a estendere l’orgasmo con le tecniche tantriche e unire l’ardore del sesso al silenzio della meditazione, dobbiamo trovare un modo di sentirci veramente (e non solo apparentemente) bene nella nostra vita sessuale. Un modo di aprirci più a noi stessi e alla danza dei nostri sensi, che non alle esigenze esterne e a concezioni idealizzate. In questo capitolo non vogliamo aggiungere nuove tecniche a quelle che già si trovano in tanti altri testi; vogliamo solo dare spazio a quelle potenzialità che ciascuno di noi porta in sé, e fornire indicazioni per capire perché quelle potenzialità non trovano attuazione. Non miriamo né a degli standard né a dei record, ma solo a trovare un’espressione della sessualità individuale e personale, così come essa è in realtà. Non occorre diventare diversi da come si è per essere pienamente soddisfatti a letto; basta comprendere i nostri automatismi corporei, sentimentali e mentali e portare alla luce quei tesori che ciascuno di noi ha già dentro di sé. Prima di districarci da tutte quelle immagini artificiose che abbiamo coltivato e che ci siamo impresse nella mente riguardo ai modi di essere sexy, dobbiamo renderci conto di che cosa esse siano, e in qual modo riescano a boicottare il nostro benessere personale. Cosa me lo impedisce? Una convinzione è una frase, un pensiero, un giudizio che crea realtà. Se per esempio sono convinta che il sesso sia noioso, cercherò inconsapevolmente situazioni nelle quali il sesso sarà sempre noioso. Questa convinzione crea una sorta di visione ristretta e deformata della mia realtà personale e relazionale, che limita non solo la mia sessualità, ma anche tutti gli altri aspetti della vita. La maggior parte di noi ha ricevuto poco incoraggiamento nella sua educazione sessuale e ha viceversa accumulato un ampio repertorio di affermazioni, regole, convinzioni e giudizi deprimenti, e decisamente inibitori. Anche il semplice non parlarne, non dire mai niente, far finta che il sesso non 24 - Bali Hellwig Schinko, Tantra-Einfah sings-Workshop des Aruna Instituts, Scifriedsworth 12/94.
esista, la cortina di silenzio che avvolge un tema così importante per gli adolescenti, conduce sempre a convinzioni inibitorie: ai vari “non si può”, “non devi”, e così via... Queste convinzioni apprese dai genitori, dagli educatori, dai preti ecc. hanno un duplice effetto: 1. diventano parte della nostra struttura mentale e danneggiano il nostro piacere personale; 2. danneggiano anche il piacere di altre persone, sotto forma di giudizi, disapprovazione ecc. Queste convinzioni ci parlano continuamente sotto forma di “voci interiori”, e possono avere due nature: Il top dog Significa “una voce che viene dall’alto”: che cioè è avvertita come autorevole. Di solito ha un tono molto aggressivo che, indipendentemente dal contenuto delle sue frasi, produce veri e propri shock nel corpo energetico, frena improvvisamente tutta la nostra vitalità e ci mette in uno stato di allerta, di difesa o di fuga. il top dog ha di solito un tono forte e attivo, ma pericoloso come un padre che picchia. L’under dog Letteralmente significa “il cane che c’è giù”: è una voce che viene dal basso o che comunque tende a tirarti giù, a toglierti la tua energia; ti priva della forza vitale lasciandoti una sensazione di pesantezza e di stanchezza. È la voce di una vittima, e il suo tono è paragonabile al tono d’una madre che soffre e si lamenta. Tipici top dogs sono: • Non mi devo toccare e gemere così. • Dovrei essere più sensuale. • Non comportarti come una puttana. • Dovrei essere in grado di soddisfiare sempre mia moglie. • Devo riconoscere la mia sessualità. • Voglio controllarmi e tenere duro. • Dovrei essere più bravo a letto. Tipici under dogs sono: • Non posso far nulla per star bene. • Bisogna adattarsi al partner. • Non ci provo nemmeno a dirglielo, tanto non lo capisce. • Non riuscirò mai ad avere una buona erezione. • Non mi merito il suo amore. • Ho tanta paura, non ce la faccio. • Non sono abbastanza bella per piacergli. L’esercizio dei “dogs”
Ora che ti sei fatto un’idea, prendi un foglio di carta, piegalo a metà e scrivi su un lato tutti i top dogs e sull’altro lato tutti gli under dogs che riguardano la tua sessualità e in particolar modo il piacere che provi nel sesso. Poi, esamina la struttura delle tue voci: → in quale delle due categorie le tue voci interiori sono più numerose. → Quali sono gli operatori modali più frequenti: devo, non devo, non posso, dovrei, voglio (con tono insistente), non voglio. → Dove potresti averle imparate: da tuo padre, da tua madre, dai tuoi coetanei, dai partner che hai avuto...? → In che modo limitano il tuo piacere: quale sensazione provi nel corpo se dici ad alta voce quelle frasi, rivolto a te stesso? → In quale misura giudichi anche altre persone secondo i criteri di queste voci? Una volta che hai individuato le voci, le frasi, le convinzioni con le quali ostacoli il tuo benessere sessuale, non avrai certo risolto ogni cosa, ma avrai comunque fatto il primo passo per prender le distanze da questo tuo programma negativo: la prossima volta che senti una di quelle voci, potrai pensare “ah, eccola di nuovo”, e ciò ti impedirà di identificarti con essa; la riconoscerai come tua, ma potrai scegliere se seguirla o se seguire di più il tuo piacere. Potrai anche domandare al tuo partner se lui pensa la stessa cosa che tu credi che lui pensi. Quanto più spazio dai al tuo piacere, tanto più udibili divengono le voci interiori che vogliono ostacolarlo. Talvolta queste voci interiori non si limitano a singole frasi, ma espongono interi ragionamenti, del tipo: “io non mi merito di provare molto piacere, e devo semmai faticare prima, per guadagnarmelo, devo accontentare il partner per riceverlo e, se per caso il mio partner mi fa sentire felice, gli devo dare subito qualcosa in cambio”. Queste voci infernali sono la nostra prigione, sono i limiti che non ci vengono imposti dall’esterno ma che ci creiamo e manteniamo da dentro; è attraverso queste voci che noi siamo violenti con noi stessi, ostacoliamo la nostra strada verso il piacere, ci comprimiamo energeticamente, ci rendiamo deboli o rigidi. Quando ti accorgerai che è così, potrai avvertire una certa collera contro queste voci, e questa collera è necessaria per affrontarle, e per decidere da che parte starai in futuro: se dalla parte del piacere, o da quella dell’inibizione. Ci sono diversi modi per affrontare queste voci infernali nel nostro dialogo interiore: 1. rivolta: rimandare il messaggio al mittente con un “ora basta!” 2. ammettere la verità: “questa frase mi offende” 3. umorismo: dissolve la forza distruttiva della voce 4. esagerare: “Ah, ma posso essere ancora più porca, se voglio” 5. aggredire la voce che ti giudica: “Come puoi tu giudicare cos’è un buon amante?” 6. equanimità: rimanere radicato nel corpo, considerando la voce con distacco
7. ristrutturare la voce: per esempio, se dice “il sesso è sporco” voi rispondete, spostandola in un contesto dove è più utile “ora faccio il sesso come mi viene, e poi farò pulizia sulla mia scrivania che è disordinata”. Ma non crediate che la mente, con le sue voci e le sue convinzioni, sia l’unico ostacolo a una sessualità serena. Le cose sono più complesse: a quelle voci corrispondono blocchi muscolari e blocchi emotivi. E, d’altra parte, anche il potenziale della sessualità liberata si trova sia nella mente – (i desideri, le fantasie, le voci del bambino interiore) – sia nel corpo – (sensualità, slanci spontanei, voglia di allargarsi). Alle voci che dicono “sì” o “no” all’energia sessuale, si aggiungono le forze dei sensi che tendono ad allargarla, e dei blocchi che tendono a comprimerla e a frenarla. I quattro modelli comuni di coppia
Nel vissuto sessuale della coppia si possono creare svariati equilibri, che dipendono dalla distribuzione dei potenziali e dei freni che agiscono nel corpo e nella mente. Possiamo distinguere quattro forme di comportamento tipiche, che una coppia può adottare nel corso della sua storia. I quattro modelli comuni di coppia – 1 – La coppia spenta: Fanno poco sesso, e a 30 anni sembrano già anziani. Questa coppia può assumere due forme: 1. i partner socializzano volentieri con gli altri, e sono allegri ma un po’ piatti, poco vitali, non “irradiano”; 2. sui due partner pesa una sorta di cappa, sono depressi o rigidi e fanno una vita difficile, passano le sere davanti al televisore o a discutere dei difetti degli altri, si sentono frenati sia nel corpo che nella mente. I quattro modelli comuni di coppia – 2 – La coppia drammatica:
Fanno una vita movimentata, vivono le emozioni, fanno sesso, a volte litigano e piangono, hanno frequenti scenate di gelosia; ma tutto ciò ha una netta tendenza a divenire ripetitivo: “È sempre la solita storia”, mancano i cambiamenti, le prospettive nuove, la profondità. 1. Spesso, lei frequenta diversi gruppi new-age e vuole convincere lui a seguirla; 2. si sentono vivi nel corpo ma ingabbiati mentalmente. I quattro modelli comuni di coppia – 3 – La coppia cerebrale: Sono svegli e aperti a qualsiasi novità, fanno sesso in diversi luoghi e sono sempre alla ricerca di qualcosa di stuzzicante. Lo fanno spesso, ma in modo teso. Rincorrono le fantasie e hanno diversi video porno a casa. 1. Spesso lui vuole convincerla che uno scambio di coppia arricchirebbe il loro rapporto; 2. si sentono vivaci mentalmente ma in qualche modo il corpo non segue. I quattro modelli comuni di coppia – 4 – La coppia radiante: Curano il rapporto e la sessualità, hanno come un alone di cordialità intorno a sé, traboccano di gioia di vivere, a 60 anni sembrano ancora giovani. È uno stato che quasi ogni coppia conosce nel periodo dell’innamoramento. La loro energia è viva sia nel corpo che nella mente. Oltre che alle coppie, questi schemi si adattano anche all’analisi degli individui, o di gruppi e organizzazioni (lo staff di una banca, un gruppo di teatro), o di alcuni rituali e avvenimenti (la festa di Natale in famiglia, i giovani davanti alla gelateria, i fedeli alla messa, il party con gli amici, le assemblee di condominio). In ogni caso, è bene sapere che i programmi mentali e le voci ostacolanti si possono cambiare, e che i blocchi corporei e emotivi si possono sciogliere. Riconoscerli e accettarli è il primo passo in questo senso; liberare la loro energia e darle una forma più fluida, chiara e irradiante, è il secondo passo. Questo processo ha bisogno di una certa continuità, non si risolve con un “ah, ho capito”: in un corso di Tantra, richiede per esempio, tutta la prima metà del training. Star bene al femminile “Anche se pensiamo di vivere in un periodo in cui la donna si sente molto libera e disnibita, perché ha più possibilità di scegliere nel suo agire, nel pensare, e nell’esprimersi, in realtà il processo per ritornare all’essenza del femminile è molto lento. Ciò che veramente ci fa sentire donne ha sede nel nostro corpo.” [25]. Oggi, l’universo femminile ha alle spalle generazioni di donne che hanno eliminato tutti i loro sentimenti o che per tutta la vita son state costrette ad
25 - Prabhato Regina Konig, Heimliche Lust, Selbstbefriedigung, in Signale 16.12.96, WDR, regia di Reichel Ricki.
annientare tutto ciò che potevano percepire – in periodi in cui trovar piacere nel prendersi cura del proprio corpo veniva considerato quasi un peccato. Ciò non riguarda soltanto le antiche “streghe”, che venivano condannate al rogo per avere espresso il proprio piacere e i propri sentimenti (o perché gli uomini si erano immaginati che così fosse), ma anche le nostre mamme e nonne, che hanno subìto a lungo la repressione delle emozioni e del piacere sessuale. In questo senso abbiamo potuto imparare veramente poco dall’ambiente in cui siamo cresciuti: nessuno ci ha insegnato a sviluppare i nostri sensi. Oggigiorno diventa invece fondamentale imparare cosa significa piacere, godere, gioire, e apprendere – finalmente! – che il corpo è una forza più vicina al femminile che non al maschile, poiché la donna ha sicuramente una maggior dimestichezza con i segreti del corpo. Il ciclo femminile Il ciclo più importante è la mestruazione, che accompagna le donne più o meno dai dodici ai cinquantacinque anni. Per quanto riguarda la prima mestruazione si può sicuramente affermare che vi sia una forte carenza d’informazioni: le adolescenti vi giungono solitamente impreparate, sia a livello mentale sia a livello psicofisico. Gli antidolorifici alleviano i disturbi legati al periodo, la pubblicità per gli assorbenti fa sembrare che non stia succedendo nulla, gli ormoni aiutano a regolarizzare il ciclo: tutto questo mira soltanto ad allontanarci dalla realtà di questo ritmo naturale. Nelle antiche culture matriarcali questi giorni erano invece considerati come un momento carico di potenza: la donna si ritirava e dedicava tempo alla riflessione; si facevano rituali che la collegavano con dimensioni più grandi di lei; il colore rosso era sacro; si pensava che il sangue mestruale avesse poteri magici. Erano giorni in cui ci si chiudeva all’esterno e ci si volgeva all’interno, alla profondità interiore. Le donne in questi giorni erano davvero al culmine del loro potere, e sprigionavano energie; da ciò provengono tutte le superstizioni riguardo alla donna mestruata che si sono tramandate fino ai giorni nostri. Esiste una ben precisa connessione tra il ciclo biologico e le fasi lunari, anche se nella vita frenetica di tutti i giorni la si è un po’ dimenticata. “Raramente una donna riesce ad accorgersi di come cambi la sua esperienza del periodo mestruale in rapporto ai movimenti della luna.” .[26]. Il prossimo esercizio è appunto una buona occasione per riconnetterci con i cicli della natura. L’esercizio del calendario mestruale lunare. ∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏ 3° ciclo ∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏ 2° ciclo ∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏∏ 1° ciclo 26 - Luisa Francia, Drachenzeit, Munchen 1987, p. 51.
In questa scheda prova a segnare: → i giorni della mestruazione (con M); → il giorno della ovulazione (con O); → le volte che hai fatto l’amore (con ♥), e segna 1, se non ti è piaciuto; 2, se ti è piaciuto; 3, se era super; → poi scegli un simbolo che ti piace, per segnare i giorni in cui ti senti sexy e attraente; → inserisci una P per la luna piena, e una N per la luna nera. Dopo alcuni mesi potrai scorgere i collegamenti. Per poter leggere bene il calendario, è importante che i cicli siano posti l’uno sopra l’altro. Alcune donne che hanno seguito in questo modo il loro ciclo raccontano così le loro impressioni: Non ci credevo tanto a queste cose, poi un’amica me l’ha raccontato e mi sono messa a osservare il mio ciclo: e sono rimasta sorpresa delle informazioni che ho scoperto su di me e soprattutto sui miei sentimenti. Adesso ho una buona percezione del giorno dell’ovulazione, lo sento nelle gambe, un certo tirare verso le cosce e nella zona delle ovaie. Il calendario mi ha aiutato a comprendermi di più, a vedere che questi sentimenti di rabbia prima della mestruazione sono ricorrenti e non dipendono dalle circostanze esterne, così non dò più la colpa agli altri, e ne parlo con il mio partner, anche lui riesce a capirmi meglio. L’osservare il ciclo e il grado di soddisfazione nell’amore mi ha portato a una maggior comprensione di me stessa. Mi ha molto meravigliato scoprire questa mia connessione naturale con fenomeni così ampi. È una cosa difficilmente comprensibile dalla men te razionale. Adesso mi conosco molto meglio rispetto a qualche tempo fa, quando il ciclo era un vero disastro e odiavo i giorni della mestruazione. Quando sento il sangue scorrere mi sento molto aperta e molto connessa con la terra, mi farebbe piacere gustare di più questa connessione e i sentimenti legati a essa, magari con altre donne, e lasciar scorrere, ed essere aperta e vulnerabile; ma ho dei bambini e lavoro e perciò mi è difficile prendere tre giorni al mese solo per me. Ho riconquistato un lato della mia femminilità. Mi sento più sicura di me. Ogni tanto mi viene il desiderio di dedicare più tempo a me sola, ma mio marito mi prende per pazza e dice che sono scemenze. Quando ho la mestruazione vorrei ritirarmi, sfuggire dal mondo, stare nella natura, stare con me stessa soltanto, Nel periodo successivo, fino all’ovulazione, mi sento carica e piena di desiderio, vorrei fare l’amore tutti i giorni. È il periodo della luna calante. L’ovulazione la sento come un momento di cambiamento, e sono facilmente irritabile. Dall’ovulazione in poi sto più per i fatti miei, mi sento più dentro di me. I giorni prima della mestruazione mi sento carica quasi da esplodere e mi capita più spesso di litigare. Nella mestruazione esplodo, e mi torna il desiderio di fuggire da impegni di qualsiasi tipo. Sono in menopausa e sono contentissima di poter sentire il fuoco interno senza essere collegata a ritmi periodici che inf luenzano la mia vita. Ho altri ritmi e altre esigenze che sento più mie, e mi sento più potente nelle decisioni della mia vita.
Attraverso il seguente questionario potrai indagare ancor di più nella tua sessualità. Prendi il tuo diario e rispondi spontaneamente alle domande: 1. Quando senti la parola orgasmo, cosa senti? (perplessità, indifferenza, calore, gioia...) quali associazioni si formano nella tua mente? (situazioni, immagini, desideri, pensieri...) 2. Ti intimidisce la tendenza dei mass media a parlare troppo della sfera sessuale? Per esempio: ti senti meno abile o più abile delle donne con le quali ti paragoni, oppure ti sembra che ti somiglino? 3. Il pensiero che altri sappiano che tu ti interessi della tua sessualità ti suscita paura o imbarazzo, o ti carica di energia? 4. Hai degli orgasmi? Se sì, qual è la loro qualità e intensità? Se no, credi di esserti avvicinata a un orgasmo? 5. Con quale frequenza hai un orgasmo durante il coito? (mai, raramente, qualche volta, spesso, sempre) 6. Ti piace il sesso orale? Se sì, descrivi dettagliatamente (come farebbe uno scienziato) in che modo ti fa piacere e cosa provi. 7. Ti piace il sesso manuale? Se sì, prova a spiegarlo nel modo più chiaro possibile. 8. Ti masturbi? Se sì, quante volte? Raggiungi sempre un orgasmo? Ti senti sempre soddisfatta, dopo? Qual è il modo di stimolarti che ti piace di più? Ci sono differenze tra il masturbarti e il fare l’amore con un partner? Quali? Se non ti masturbi, perché non lo fai? 9. Ti sembra che le tue esperienze sessuali combacino con il tuo ideale della sessualità? 10. Quali sono le tue fantasie sessuali? 11. Quante volte hai finto un orgasmo? 12. Cos’altro ti viene in mente che possa riguardare la tua sessualità? Se dopo aver risposto alle domande nel tuo diario senti la necessità di parlarne con qualcuno, chiama la tua migliore amica, mostrale il questionario e poi confrontate e discutete le vostre risposte. Star bene al maschile Fare l’amore con una donna rimane spesso, per i maschi, l’unico modo per sentirsi bene e corporalmente soddisfatti. In fondo, l’uomo è più dipendente dalla donna di quel che vorrebbe essere: non tanto sul piano esistenziale, ma per il suo benessere psicofisico, per la sua felicità sentimentale e corporea. E questa dipendenza, che i maschi difficilmente ammettono, ha tre conseguenze che sono fonte di sofferenza e malumore: 1. Crea una certa confusione nel rapporto con la donna perché ognuno può facilmente percepire quella dipendenza, ma nessuno ne parla. Automaticamente, i maschi scivolano nel ruolo del figlio in età puberale che vuole dimostrare a tutti i costi alla madre che non ha più bisogno di lei. Questa configurazione energetica è causa di attriti e di discussioni interminabili, dopo le quali ci sentiamo più lontani che mai dalla donna della quale in realtà abbiamo tanto bisogno.
2. Quando si osserva un gruppo di uomini, vi si nota spesso un senso come di assenza, una nebbia, o una irritazione inespressa. Parlano di lavoro, di calcio, di progetti... ma non sono presenti completamente, sono tagliati fuori dai loro sentimenti autentici; non si sentono presenti nel loro corpo, ed è come se stessero aspettando qualcos’altro. È il mistero si svela non appena vedono passare una donna: tutti si voltano a guardarla. Sembra che ritengano il contatto tra uomini un contatto di seconda qualità, e che qualcosa in loro miri incessantemente al femminile. 3. Voler essere più indipendenti di quel che si è, crea una maschera, una corazza emotiva che preclude ai maschi l’accesso alle forme più sottili della sessualità, a orgasmi più coinvolgenti, e ostacola quel fenomeno che in Oriente si chiama “l’ascesa della Kundalini”. La sessualità maschile in fondo è più complessa e più delicata di ciò che volgarmente crediamo e che vorremmo far credere alle nostre compagne. Da maschio a maschio Per rompere la corazza puoi fare questo esercizio con un tuo amico o con un uomo di cui ti fidi. inizia con qualche domanda di quelle che di solito fra maschi non si fanno (o per lo meno non così esplicitamente): → Come ti senti nel tuo corpo? → Quali sono i tuoi obiettivi, le tue sfide? → Com’è il tuo rapporto con te stesso? → Cosa provi verso di te in questo momento? → Com’è il tuo rapporto con gli altri uomini? → Com’è il tuo rapporto con le donne? → Con quale tipo di uomo ti capita di sentirti in concorrenza? → Quale tipo d’uomo potrebbe avere più successo di te con le donne? → Di che cosa hai paura? → Quali paure ricorrono più frequentemente nei tuoi sogni e nelle tue fantasie? → Cosa ammiri nella virilità? → Quali doti implica, secondo te, l’essere maschio? Poi commenta le risposte del tuo amico, digli cosa provi ascoltandolo, cosa capisci di lui e cosa non capisci. Evita di giudicarlo con asserzioni come “tu sei...” o “questo è giusto, questo è sbagliato...”; usa delle frasi come “ho notato che”, “mi sono accorto che” o “se ti guardo, vedo che...”, “quando hai detto questo, ho avuto l’impressione che...” e così via. Dopodiché scambiate i ruoli. L’esercizio della danza maschile Ora cerca un contatto più corporeo. A questo punto molti uomini pensano: “Cosa? Un contatto corporeo con un altro maschio? non sono mica omosessuale!”. Spesso il fatto che il contatto tra due uomini vada oltre le parole e diventi un contatto fisico, viene associato immediatamente con l’omosessualità: ma questa è solo un’idea preconcetta, e una paura che perseguita il mondo dei maschi. Di solito si tratta semplicemente del desiderio
di contatto umano e di amicizia. Questa inibizione dei maschi è ancora più accentuata se nella tua vita l’unica forma per uscire dal tuo isolamento emotivo e per entrare in contatto con gli altri passa attraverso il rapporto sessuale con le donne; tendi allora a proiettare la modalità sessuale anche sugli uomini, e blocchi ogni tuo desiderio di contatto umano con i maschi, appunto per non sembrare un omosessuale. E la paura di essere in tal modo giudicato aumenta ancora di più il tuo isolamento. Il seguente gioco ha un triplice scopo: 1. Ti dà l’opportunità di radicarti maggiormente nel tuo corpo – e non da solo, nei modi che hai conosciuto grazie allo sport o al bodybuilding, ma attraverso il contatto con un altro maschio. 2. Puoi assaporare le diverse qualità e i diversi ritmi di un contatto corporeo maschile. 3. Ti consente di entrare in una danza energetica maschile e di godertela, senza necessariamente fare sesso. → Mettetevi l’uno di fronte all’altro e chiudete gli occhi. Assumete una posizione stabile, mantenendo un buon contatto con la terra; senti il contatto con il pavimento, ascolta il tuo respiro, e poniti due domande: cosa senti nel tuo corpo? Come ti senti in rapporto al tuo partner? → Fai un passo in avanti, stendi in avanti una mano, quella più attiva, e senti la mano come un prolungamento del tuo corpo. A questo punto la tua mano incontrerà quella dell’altro, afferrala in modo deciso e aspetta che i movimenti affiorino da soli: ciò succederà se continuerai a respirare come prima e se manterrai il contatto con le tue sensazioni e vibrazioni interiori. → Si potranno avere vari tipi di movimento nel contatto tra le due mani: fluidi o staccati, concatenati o contrastanti, lenti o veloci, forti o teneri. → Se entrate in un momento di stallo in cui le vostre forze si annullano, fa’ respiri più profondi, concentrati sulla sensazione che ti dà il contatto col pavimento e continua a osservare i movimenti della tua mano. Quando ti sarai veramente immedesimato con il movimento della mano, tutto il tuo corpo ne seguirà il ritmo. Il movimento potrà diventare turbinoso: forte e avvolgente come una danza delle vostre energie maschili. → Preparati a un cambiamento repentino del ritmo, e abbandona qualsiasi idea che ti sei fatto su quel che dovrebbe succedere. L’incontro fisico tra due maschi non segue un andamento lineare ma si amplia nelle due onde che originano da te e dal tuo partner, e che formano poi una terza onda che è l’insieme delle vostre vibrazioni. → Dopo circa 10 minuti avvertirai che il movimento cambia ritmo e rallenta pian piano, fino a cessare. Esprimi la stima per l’altro in un saluto, allora rimarrai con la carica energetica, che sarà in tutto il tuo corpo.
→ Ora torna a concentrare l’attenzione sul tuo corpo: che cosa senti? Cosa provi? In quali punti ti percepisci vibrante, carico, vitale, radiante? → Sedetevi, e scambiatevi le vostre impressioni. Sesso al maschile La donna ha una tendenza a vivere la sessualità in una maggior connessione con la propria psiche, e ogni suo stato d’animo si riflette istantaneamente nel suo benessere corporeo; l’uomo, invece, tende a vivere la propria sessualità isolandosi molto di più dai propri processi intrapsichici e relazionali, e perciò la sua sessualità si esplica in modo più istintivo e automatico. Il vantaggio di ciò è che “l’uomo può farlo anche senza un grande feeling”; lo svantaggio è che il sesso può allontanarsi sempre più dal suo nucleo profondo, fino a che la curva sessuale perde ogni connessione con il suo andamento energetico, e tutto il sistema corpo-mente comincia a crollare. A questo punto, di solito, l’uomo non capisce più nulla, si spaventa e va in crisi. La percentuale di uomini che soffrono di impotenza o di eiaculazione precoce è più alta di quel che si pensi. [27]. Proprio perché la sessualità maschile tende a “funzionare da sola”, senza bisogno di strette connessioni con gli altri aspetti della sua vita psichica, questo disturbo viene vissuto come un avvenimento sul quale non si può intervenire e porta il maschio al panico. Spesso, infatti, il primo desiderio, in questi casi, non è “voglio star bene” ma “voglio funzionare di nuovo”. In più, molti uomini non fanno differenza tra prestazione sessuale e virilità, e quando il loro pene non è dritto e duro come l’acciaio crolla anche la loro immagine di sé e la loro autostima; il tutto diventa, dunque, assai meno una questione di piacere che non di orgoglio. Per la stessa ragione, la lunghezza del pene è sempre stata una misura simbolica della propria virilità; benché tutte le donne confermino che non c’entra niente con l’intensità del piacere che provano durante il rapporto. Si può dire che il problema di fondo nella sessualità maschile sia la scarsa considerazione che l’uomo ha per il suo benessere psicofisico, per le sensazioni corporee e per gli aspetti più sottili della propria sessualità – insieme alla sua idea ossessiva di “funzionare” e di provocare piacere alla donna. “L’equivalenza tra bravura sessuale e virilità è un luogo comune che la maggior parte di noi ha sempre accettato tacitamente, e che – anche se pochi di noi vorrebbero essere dei Don Giovanni – ci condiziona profondamente nel pensare e nell’agire.” [28]. La sessualità che – come la meditazione – ci tocca nel nostro centro vitale, nel nostro nucleo, è anche il momento in cui “la convinzione che gli uomini siano indipendenti e le donne siano dipendenti si rivela essere soltanto un mito moderno. Il letto matrimoniale è anche il luogo in cui emerge alla consapevolezza dei maschi un segreto che essi ammettono malvolentieri – e cioè che la loro vita ruota in enorme misura intorno al femminile, e solo a prezzo di decennali sforzi un uomo può sperare di giungere a una sua autonomia nell’identità maschile. Il mancato riconoscimento di questo potere arcaico che il femminile esercita su di noi è anche la ragione per la quale la 27 - Chiara Simonelli e altri, Diagnosi e 1996.
trattamento delle disfunzioni sessuali, Milano
28 - Bernie Zilbergeld, Mannliche Sexualitdt, Tubingen 1983. (Orig. Male Sexuality Guide to Sexualit Fulfillment, USA 1978.)
maggior parte degli uomini non si sono mai liberati, e non hanno mai scoperto chiaramente nella loro esperienza diretta che cosa significhi veramente la virilità. Ogni uomo si deve porre innanzi tutto due domande. La prima è: “Dove sto andando?”. E la seconda è: “Con chi?”. E deve porsele in quest’ordine. Se inverte l’ordine, finisce in un inferno.” [29]. Può sembrare ironico, ma in realtà i maschi dovrebbero addirittura provar gratitudine per quei momenti in cui il loro sesso non obbedisce più: perché è un segnale d’allarme che il nostro corpo ci dà, per comunicarci che non ci stiamo occupando abbastanza di lui, o meglio di noi stessi. Infatti, anche nella terapia sessuologica, per i tipici disturbi maschili non si ricorre a tecniche stravolgenti, ma spesso a un semplice riorientamento dell’attenzione: perché l’uomo concentri la sua attenzione meno sulla donna e più su se stesso; meno sulle sue idee, sui suoi pensieri e sulle sue preoccupazioni riguardo alla sessualità, e più sulle sensazioni fisiche nel corpo; meno sulla prestazione e più sul piacere). Nei cosiddetti “disturbi sessuali maschili” (non dovuti a cause organiche) il problema non è tanto il sesso di per sé, quanto il significato che il maschio dà a esso e il dramma interiore che ne viene, e che successivamente si ripercuote sulla donna e che serve più a colmare il suo vuoto interiore che a risolvere il disturbo. Se ogni tanto soffri di impotenza passeggera e hai il pene flaccido davanti a una donna eccitata, potrai cominciare a dubitare della tua virilità, potrai cercare di convincere il tuo pene – con le buone o con le cattive – ad alzarsi, e più ti agiterai, meno si alzerà, potrai cominciare a scusarti e a dichiarare che non ti è mai successo, a vergognarti ecc., potrai insomma entrare in una spirale che non solo non fa alzare lui, ma finisce per tirar giù del tutto anche te. Se conosci questa dinamica, prova una volta a evitare il solito dramma e a introdurre il pene flaccido nella vagina, in una posizione comoda e rilassante (per esempio a forbici) nella quale non occorre tenerlo dentro con la forza, ma si possa semplicemente sentire il piacere di una vagina umida e avvolgente intorno al tuo scettro molle e rilassato. Prova, godi questa sensazione e vedrai cosa cambia! Chi ha mai detto che per penetrare una donna occorra avere un pene duro come l’acciaio? È soltanto un mito maschile, che fa soffrire tanti ma non è in alcun modo correlato con il grado di piacere e di soddisfazione che provano sia la donna sia l’uomo. Allo stesso modo se soffri di eiaculazione precoce e “fare sesso sta diventando un esame insopportabile”: magari cominci a preoccuparti già in macchina, mentre stai rincasando. Ti chiedi: come andrà a finire, questa volta? Durante il rapporto potrai cercare di trattenerti e di contrarre tutti i muscoli, o di pensare ad altre cose per distrarti, ma tutti questi sforzi avranno un solo risultato: che non ti godrai neanche quei pochi minuti che avresti potuto godere se non avessi fatto alcuno sforzo. La soluzione non sta nel controllarti ancora di più, ma nell’allargare il piacere concentrato nei genitali, nell’estenderlo a una zona più ampia, e nel sentire ciò che potresti sentire in 29 - Sam Keen, Fire in the belly, New York 1991.
termini di piacere se fossi meno preso dai tuoi pensieri. Quando l’eiaculazione avviene a pochi minuti dalla penetrazione, ti trovi di nuovo davanti a un bivio: puoi affliggerti in silenzio, piangere nel grembo dell’amata e coltivare il dramma della tua “insufficienza”; oppure puoi semplicemente aspettare qualche minuto, finché non ti torna la voglia di fare l’amore. Stai certo che questa volta durerà più a lungo, perché, come si dice, “da un sacco vuoto non può uscire più di tanto”, e questa volta permettiti di sentire ogni vibrazione, ogni fruscio, ogni sensazione nei tuoi genitali e di avvertire con esattezza l’inizio dell’eiaculazione. Prima di arrivare al punto di non ritorno, ferma il movimento, respira profondamente e permetti all’energia sessuale di espandersi nel bacino e poi in tutto il corpo. Se finora hai scelto sempre la prima strada, prova la seconda e nota cosa cambia in quel groviglio di convinzioni intorno alla tua mascolinità che ti sei coltivato finora. In più, se la fondamentale qualità virile, che energeticamente è attiva e penetrante, viene vissuta come tale in tutti i settori della vita – nel lavoro, nell’interazione con altri maschi, nel modo in cui realizzi i tuoi progetti – il disturbo sessuale può dissolversi rapidamente, come capita appunto a quegli uomini che, stanchi del loro vuoto interiore, a un tratto, “non ne possono più della solita vita” e iniziano a cambiare tutto ciò che di ambiguo e di irrisolto hanno trascinato avanti per troppo tempo nel lavoro, nel rapporto, nella famiglia... Decidere, fare chiarezza, prendere posizione, seguire la propria strada, essere fedeli a se stessi sono tutte cose che, se le realizzi nel tuo vissuto quotidiano, migliorano immediatamente anche la tua sessualità. E viceversa. Il piacere da solo “Anche se noi donne moderne pensiamo di aver liberato la nostra sessualità, questa convinzione si fonda ben più sull’ideologia, che non su una autentica libertà emotiva e corporea. Se consideriamo il nostro modo di percepire il piacere notiamo che siamo in realtà separate dalla nostra sessualità, perché da secoli subiamo una discriminazione a causa della nostra corporeità e di conseguenza della nostra sensualità. Ora diventa molto importante avere di nuovo accesso al nostro corpo, e riacquistare anche una certa complicità con esso e con la nostra sessualità.” [30] La masturbazione, per esempio, è sempre stata concepita come una cosa da fare “sotto la coperta”, [31], come un segreto che nessuno deve conoscere; al contrario, ciò che occorre è proprio il concedersi il tempo e il modo di entrare in contatto con il nostro respiro, e, tramite il respiro, di entrare in contatto con noi stessi, con il corpo e con il movimento che ci aiuterà a portare più energia nel nostro sistema e a entrare pian piano nel nostro corpo. Il respiro ci aiuta anche ad avere orgasmi più intensi”, e ancora “percepisci il tuo respiro, senti il tuo fuoco sensuale e sessuale nel tuo bacino e lascialo espandere. Quello che tu stai sperimentando adesso potrebbe non coincidere con le tue convinzioni, ma tu sii aperto a quello che il tuo corpo ti vuole dire: la masturbazione è un ausilio quando vogliamo fare sesso e il partner é stanco. 30 - Helen Singer Kaplan, Nuove terapie sessuali, Milano 1995. (Orig. The New Sex Therapy,USA 1974.) 31 - Jacopo Fo, L'enciclopedia del sesso sublime, Bresso 1996.
Ma masturbarsi é utile anche quando abbiamo accumulato molte tensioni, e usiamo il sesso per allentare queste tensioni. In caso di forti tensioni è molto meglio masturbarsi piuttosto che usare il partner come valvola di sfogo”, dice Prabhato un’esperta della sessualità femminile e aggiunge “pensare che la masturbazione sia praticata esclusivamente quando qualcosa nella coppia o nella relazione non funziona, è solamente una falsa convinzione, perché la masturbazione serve semplicemente a star bene, e a celebrare la sessualità e il piacere attraverso se stessi. In questo senso, è da porsi allo stesso livello della sessualità di coppia ed è vista come qualcosa che non disturba il rapporto, ma lo arricchisce. “ [32]. Testimonianze di donne: Per me, la masturbazione si accompagna alla paura di venir scoperta, perché so che è proibita. La masturbazione mi libera perché riesco a vivere la mia sessualità liberamente, seguendo i miei ritmi. Ho pensato per tanto tempo che le donne e le bambine non lo facessero, che fosse una cosa da maschi. Penso di non averne bisogno, anche perché non mi dà grande soddisfazione, e non la voglio fare. Quando mi sono toccata la prima volta ho sentito l’odore, e poi non mi sono più toccata, perché era un odore molto forte e per questo non lo volevo far sentire a nessuno, avevo paura di quell’odore. Uso raramente un vibratore perché a me piace di più la stimolazione manuale; però ogni tanto lo uso, perché le mie voglie e curiosità sono molto varie, e penso sia un buon attrezzo da provare. Quando mi sono toccata la prima volta, o quando ho visto i miei genitali per la prima volta ero piena di emozioni; poi per vent’anni non l’ho mai guardati, né toccati, non li ho mai considerati in nessun momento della mia vita. Io mi sento molto più sincera quando sono con me stessa e mi masturbo. Mi sono spesso chiesta perché non riesco a essere così sincera con il mio partner; mi è molto più facile raggiungere un orgasmo mentre mi masturbo, invece con un partner richiede più tempo ed è più difficile. La masturbazione mi aiuta anche nella vita di coppia; e da quando ho saputo che anche lui si masturba, per me è stata una vera liberazione. Avevo tantissime parti del mio corpo che non mi piacevano: non le consideravo, e così via; poi, grazie alla masturbazione, sono riuscita ad accettare tutto il mio corpo così com’è. Se per sperimentare la mia sessualità dovessi dipendere dagli uomini, mi mancherebbe una grande parte della conoscenza che ho di me, del mio corpo.
Coltivare la masturbazione è un’ottima occasione per liberarsi da un mito femminile: lasciarsi andare non ha nulla a che fare con l’abbandonarsi 32 - Prabhato Regina Konig, Heimliche Lust - Selbstbefriedigung, in Signale 16.12.96, WDR, regia di Reichel Ricki.
completamente a qualcuno, o con l’essere senza coscienza, o col perdere il controllo. Abbandonarsi significa fluire con ciò che avviene istante dopo istante, ed esprimerlo; abbandonarsi vuol anche dire lasciare spazio a tutto quello che succede nel corpo: alle sensazioni fisiche, ai sentimenti. Quando mi sento triste lascio scorrere le lacrime, quando sento voglia di ridere, rido; non nego nessuna mia emozione, nessuna mia sensazione. Quando lasciamo fluire tutto quello che nasce nel nostro corpo possiamo percepire l’autentico “lasciarsi andare”. E se ciò non avviene, conviene scoprire perché: forse perché ci sentiamo in colpa, forse perché abbiamo paura dei giudizi, forse perché siamo pieni di convinzioni e pensieri ereditati dal passato. Forse tutti i draghi sono delle principesse che aspettano soltanto di essere viste nella loro bellezza, nel loro orgoglio e nel loro coraggio. [33]. Amarsi al maschile Di solito un uomo, quando pensa all’amore per una donna, pensa al fare l’amore con una donna. Ma raramente quando pensa a come amare se stesso, pensa a fare l’amore con se stesso – cioè a masturbarsi, a godere del proprio corpo e del proprio sesso. Sentiamo ciò che alcuni uomini raccontano della loro esperienza di masturbazione: Testimonianze di uomini: La masturbazione è diversa dal fare l’amore con una partner: mi dà meno piacere, però avrà sempre un posto nella mia vita. La prima volta che ho saputo e visto cos’è la masturbazione è stato a tredici anni, quando sotto la doccia, dopo avere fatto sport, si parlava di sesso, di com’era l’erezione e così via; e lì ci masturbavamo. Avevo sempre paura che mia madre potesse entrare in quel momento. In più avevo anche un conflitto religioso, perché masturbarmi mi dava molto piacere, ma il prete diceva “non è così grave se lo fai in sogno, però se lo fai mentre sei cosciente, allora è un peccato”; allora vivevo sempre questa sensazione del peccato, e tentavo di. rendermi un po’ incosciente mentre lo facevo. La mia prima partner, quando mi scopriva a masturbarmi, mi diceva “se ti becco un’altra volta ti lascio, perché non capisco perché lo devi ancora fare, adesso che possiamo avere dei rapporti”. Le mie fidanzate hanno sempre avuto difficoltà sia nel masturbarsi sia con il pensiero che io mi masturbassi, perché non ci vedevano un senso; invece per me è una cosa che completa la mia sessualità, anche se mi vergogno un po’. Anni fa avevo dei problemi a parlare della masturbazione, oggi ne ho meno perché ho acquistato molte nuove conoscenze sulla sessualità, che mi hanno portato a parlarne più liberamente; adesso posso dire quanto è importante per me. Ho capito molto di più della sessualità femminile, anche perché la mia partner mi ha fatto vedere quanto le piace masturbarsi, e questo ha arricchito il nostro rapporto di
33 - Prabhato Regina Konig, Heindiche Lust - Selbstbefriedigung, in Signale 16.12.96, WDR, regia di Reichel Ricki.
intimità; poi anch’io ho iniziato a farglielo vedere e a dirle cosa mi dà più piacere. Lo intendo come un assumermi una maggiore responsabilità della mia sessualità. Davanti è il punto più sensibile, lo tocco soltanto leggermente, senza sfregare e quando mi masturbo lo faccio molto lentamente, dolcemente e mi accarezzo con l’altra mano mentre mi masturbo; e più sono affettuoso con me stesso, più godo nel toccarmi, e l’orgasmo si allarga fino alle clavicole, fino alle ginocchia. Mi sono accorto che in fondo non godo tanto del mio corpo: ciò che mi piace sono le donne che immagino mentre lo faccio. E mi occupo più della donna che sto immaginando, che non del mio piacere fisico. Chissà cosa succederà se elimino la donna anche dalla fantasia?
Le questioni di fondo sono: che rapporto ho con il mio sesso? Cosa succederebbe dentro di me se invece di farlo rapidamente, e con forza – con una eiaculazione rapida a cui segue un senso di vuoto – mi prendessi più tempo, e mi dedicassi più seriamente alla mia sessualità e al mio desiderio di star bene? In realtà, si direbbe che il vero tabù non sia quello di manipolarsi il pene, ma di farlo con tenerezza, con affetto, in modo sensuale, così da provare vero piacere. È qui incontriamo di nuovo quei cortocircuiti mentali che deprimono il sesso maschile: il sesso è con le donne, masturbarsi serve solo come sfogo... ecc. L’esercizio dell’amarsi da sé Anche se tutto in te si ribellerà, ti invitiamo a provarlo una volta in questo modo. → Prenditi un’ora tutta per te. → Metti su un po’ di musica e comincia a muoverti al ritmo della musica, inizia a sciogliere tutto il corpo. → Massaggiati il collo, le orecchie e la faccia, accarezzati; se lo trovi difficile, immagina di star amando qualcun altro, un bambino, un animale, una donna o immaginati che sia un altro ad amarti. → Poi accarezzati tutto il corpo, senza masturbarti ancora, da’ a te stesso tutto quel piacere, quell’affetto, quell’amore che vorresti ricevere da una persona che ti ama, ma fallo con le tue mani. Noterai alle volte delle resistenze, dei pensieri come “adesso basta”, “ma che scemenza è questa”... → Continua finché tutto il corpo è vitalizzato, carico e sensibile. → Quando sei abbastanza carico – il che richiederà almeno mezz’ora – e ti senti bene dappertutto, inizia a toccarti anche i genitali ma con l’altra mano continua ad accarezzarti anche altrove, e usa le 4 chiavi: attenzione, movimento spontaneo, voce e suoni, respiro profondo. → Successivamente puoi concentrarti di più sui genitali e ti puoi eccitare fino all’orgasmo; ma rimani sempre in contatto – attraverso le carezze – anche con le altre parti del corpo; se noti che stai perdendo il contatto col resto del corpo, fa’ una breve pausa, accarezzati e continua a eccitarti. Nonostante le voci interiori che probabilmente ti ostacoleranno, questo esercizio potrà farti provare sensazioni nuove, più estese, più calorose, più
amichevoli verso te stesso. Forse il grado di eccitazione sarà minore di quello che raggiungi nel modo abituale di masturbarti, o che sarà minore la pressione di arrivare all’orgasmo. Ma non lasciarti distrarre da ciò che sai e da ciò che pensi, continua per tutto l’esercizio a rimanere soltanto con ciò che provi. 6° – Allargare la mappa dell’eross Una recente indagine negli USA (30 mila intervistati, la più grande fino a ora! [34]) sostiene che, nonostante tutto ciò che se ne è scritto, letto e detto in questi decenni, i comportamenti sessuali degli americani dagli anni Cinquanta a oggi sono cambiati pochissimo. Probabilmente lo stesso si può dire per gli europei. Una valanga di libri, film, articoli e altro materiale arriva quotidianamente al nostro cervello, ma non modifica i nostri comportamenti. Possediamo più informazioni, ma continuiamo a fare le stesse cose. E ciò non per pigrizia o stupidità, ma perché il corpo per cambiare ha bisogno di modelli d’esperienza: di vedere, di sentire, di provare, di riprovare più di una volta. Ed è un po’ come quando s’impara a guidare: l’unico modo è guidare accanto a uno che ha imparato prima di noi e ora lo sa fare bene; lo stesso vale per la sessualità. Quale giovane donna, insoddisfatta e piena di dubbi, dopo avere per l’ennesima volta parlato con un’amica o aver letto un articolo su una rivista femminile, non si è chiesta: lo faccio più spesso o meno spesso delle altre? Le mie fantasie sono ancora “normali” o sono già “perverse”? Il mio orgasmo è come quello delle altre, è più lieve, o più intenso? Sono normale anche se ho periodi in cui non ne ho voglia e altri in cui lo farei due volte al giorno? E le altre, si divertono di più o meno di me? Ciò che è sempre mancato alla formazione della nostra vita sessuale – quando i nostri genitori ci dicevano così poco! – è davvero il modello. E una mancanza che lascia nella nostra psiche adulta una lacuna difficile da riempire con informazioni astratte, e che spesso fa sì che, quando siamo già intellettualmente adulti, emotivamente siamo ancora bambini. E i genitori di oggi – (ci spiega una recente indagine italiana sull’informazione sessuale), [35] – hanno le stesse difficoltà nell’istruire i loro figli dei genitori di ieri. Gli adolescenti infatti ottengono le loro informazioni sulla vita sessuale da: Priorità Fonte d’informazione femmine maschi 1 gruppo dei coetanei 33% 41% 2 madre 25% 11% 3 libri, riviste e tv 13% 16% 4 lezioni a scuola 8% 11% 5 partner 8% 3% 6 fratelli e sorelle 4% 4% 34 - Robert T. Michael e altri, Sexwende–Liebe in den 90ern, Munchen 1994. (Orig. Sex in America, Boston 1994.) 35 - Massimo Mirandola e altri, Istituto di Immunologia e Ma/attic infettive dell'dlniversita di Verona, 1995.
7 8
padre altre fonti
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5% 9%
Se insistiamo tanto su questa “lacuna erotica” nella nostra cultura, e quindi su una carenza di riferimenti e di modelli emotivi, è per spiegare il fatto che molte persone ben informate sulla sessualità – anche medici, psicologi o sessuologi – dopo le prime esperienze nel Tantra rimangono meravigliati nel rendersi conto di quanto c’è ancora da scoprire in questo campo. Insegnare al partner Nel prossimo esercizio possiamo recuperare almeno una parte delle esperienze che alla nostra adolescenza sono mancate, con in più una compensazione: il fatto che ora da adulti possiamo sperimentare entrambi i ruoli, e quindi saremo una volta l’alunno del nostro partner e un’altra volta il suo insegnante. L’esercizio maestro-allievo Ed ecco l’esercizio: → iniziamo questo rituale con il classico saluto; → per caricarci balliamo un poco (o facciamo una qualsiasi altra cosa che ci aiuti a sciogliere il corpo); → seguiamo il filo dell’esercizio del capitolo 1°, [36], ma questa volta saremo più espliciti: chi insegna si appoggia comodamente al muro, mostra i suoi genitali al partner e aspetta; → chi impara si siede davanti a lui e inizia a fare domande. È lo fa ponendosi nel ruolo di chi non sa ma desidera imparare; non fa l’esperto con domande difficili, libera il “bambino interiore” che ha in sé, e che, curioso, guarda e tocca i genitali dell’altro sesso per la prima volta; → forse ci accorgeremo che qualche volta ci mancano le parole: se il naso comunemente viene chiamato naso (e tutti lo chiamano nello stessa maniera), per i genitali esiste un gran numero di nomi, nomignoli e sinonimi: dal termine anatomico, all’epiteto gergale ai vezzeggiativi individuali nati nell’intimità; → dovremo chiedere tutto. Più chiederemo, più domande ci verranno in mente. → Se un uomo chiede a una donna cosa le fa piacere, non deve né “intuirlo” né scavare nelle proprie conoscenze, ma aprirsi alle risposte che otterrà, che forse sono molto diverse da ciò che pensava di sentirsi dire. → Se una donna si trova nel ruolo dell’insegnante, può liberarsi dal luogo comune secondo il quale un uomo quando ama “dovrebbe capirlo da solo”: può rompere il ghiaccio del silenzio e spiegare nei minimi dettagli come e cosa le fa piacere, cosa prova, quanto l’eccitazione dipende dal suo stato d’animo, e mentre glielo spiega può anche toccarsi esattamente lì. → Facciamo alcuni esempi: • dove vuoi essere toccata? 36 - vedi qui “Le parti più sconosciute” pag. 17 sgg.
• come vuoi che ti accarezzi il clitoride? • dovè l’uscita dell’uretra da cui esce la pipì? • che sensazioni provi durante l’orgasmo e dove le provi? • cosa ti piace di più? • Come bisogna toccare i testicoli in modo che sia piacevole? • Fammi vedere il ritmo, la velocità e la pressione di una mano che procura piacere! • Cosa succede dentro di te, quando durante l’atto amoroso ti passa la voglia: cosa senti, provi, pensi in quel momento? • Dove parte l’eccitazione e in quali altre parti del corpo va successivamente? Si concentra o si espande? → Dopo 20 o 30 minuti, insegnante e alunno si scambiano i ruoli. È alla fine si condividono informazioni e sensazioni su quello che hanno capito meglio o sentito per la prima volta, poi chiudono il rituale con un saluto. Cosa ci racconta chi ha provato questo esercizio? Kerstin di Berlino: Alla domanda “come vuoi essere eccitata?” risponde: È diverso, qualche volta mi piacciono delle carezze per lungo tempo, che poi si concentrano sul clitoride, non mi piace se uno prende subito il clitoride come bersaglio, e neanche se si sofferma lì per tanto tempo, divento tutta nervosa. Da circa un mese mi piace se viene prima massaggiato e poi premuto, è molto piacevole anche tutta la zona intorno all’ingresso: accarezzare con tocco leggero le grandi labbra; mi piace anche essere massaggiata sui glutei e sulle cosce, per poi tornare alla vulva
Sandra di Pescara: Non era tanto il mostrarmi, quanto il vedere tante lacune dentro di me: e non le volevo vedere assolutamente. Provavo angoscia nel nominare le parti del corpo, nel dare un nome a quello che mi piaceva e nel dirlo a lui. Quel poco che dicevo era solo qui, qui, qui... Quando si trattava di dare i nomi, era come se dovessi dire una cosa oscena, anche il semplice nominare le cose era più che imbarazzante.
Raffaello di Catania: Finalmente ho detto a mia moglie come mi piaceva essere toccato. Prima avevo sempre sperato che prima o poi lo indovinasse da sola e non gliel’avevo mai detto. È tra me e me l’avevo anche rimproverata spesso per non averlo intuito da sola. In fondo era così semplice: bastava dirlo, prendere la sua mano eguidarla. È ora è chiaro.
Giuliana di Pordenone risponde alla domanda: “Se perdi il tuo senso di benessere e la tua eccitazione durante l’atto, cosa può fare lui perché tu lo ritrovi?”. Fermarsi un attimo, parlare con me, vedermi come donna completa, accarezzarmi la testa, guardarmi negli occhi e non ritirarsi né continuare a eccitarmi, ma aspettare finché io mi ritrovo, allora anche l’eccitazione torna.
Questo rituale si presta bene per inglobare anche la conoscenza del tuo tipo anatomico, come vedremo nel prossimo capitoletto, verificando in quale tipologia ci riconosciamo per poterla poi insegnare al nostro partner.
La tipologia anatomica del Quodoushka Questa tipologia, che stabilisce dei veri e propri “caratteri genitali” (indipendenti dal carattere inteso come personalità), proviene dal nostro maestro Swift Deer (Cervo Veloce); che insieme a Castaneda è uno degli sciamani più conosciuti della scuola di Don Genaro (o Due Orsi). Gli sciamani, che fino a ora hanno tramandato le loro conoscenze esclusivamente da maestro a discepolo in rituali iniziatici, in questi ultimi anni hanno incominciato ad aprirsi a un pubblico selezionato. Questo materiale viene qui pubblicato per la prima volta sotto forma divulgativa – al di fuori dei seminari di Tantra o di Quodoushka. Aggiungiamo che, quando hanno appreso questa catalogazione sciamanica, gli autori sono rimasti assai meravigliati perché in tutta la sessuologia scientifica accademica tradizionale non esiste nulla di simile, e anche la tipologia genitale del kamasutra o del kokasastra indiano} è meno dettagliata, troppo generalizzante. Dopo averla accuratamente studiata e verificata, gli autori hanno senz’altro cominciato a utilizzare questa tipologia nel proprio lavoro. Il presupposto di questa tipologia è il seguente: in ogni tipo di persona, la forma anatomica dei genitali viene correlata a un certo ritmo sessuale, a un modo preferito di eccitarsi, a una forma dell’orgasmo, che si colloca in una determinata posizione nella cosiddetta “ruota base”. Esaminando le varie schede anatomiche e le loro caratteristiche, ogni lettore potrà riconoscere il tipo a cui appartiene; va però tenuto conto che è possibile identificarsi esattamente con un determinato tipo, oppure riconoscersi in caratteristiche proprie di due tipi diversi. La tipologia anatomica femminile Donna danzante. Al centro. • Il50/60 % delle donne appartiene a questo tipo: • distanza del clitoride dall’apertura vaginale: 3/4 dita, quindi molto distante; • cappuccio del clitoride: copre sopra un clitoride piccolo che esce molto velocemente; • forma della vulva: le piccole labbra sono strette; • dimensione della vagina: la profondità è media, l’apertura è due centimetri e mezzo; • locazione del punto G: è molto profondo nella cavità dietro l’osso pubico; • umidità della vagina: varia molto col ciclo e lo stato sentimentale; generalmente abbastanza umida; • temperatura della vagina: è calda, ma anche molto variabile a seconda del ciclo mestruale e dei sentimenti; • sapore: neutro;
• tempo per arrivare all’orgasmo: mediamente da venti a quaranta minuti; • modalità di eccitazione preferite: è importante stimolare il clitoride, molto distante dalla vagina, con una pressione leggera – il sesso orale risulta molto piacevole con succhiate, movimenti laterali e piccoli schiocchi. • Questo tipo di donna ama che il clitoride sia preso sotto il cappuccio e stimolato direttamente, ama muoversi quando fa l’amore, ama la frizione, considera piacevole il vibratore; • posizioni nel coito preferite: quelle in cui l’uomo può penetrare molto profondamente (come le posizioni degli animali, perché il punto G è molto indietro) con simultanea stimolazione del clitoride da parte della donna, oppure posizionando un cuscino sotto l’osso sacro per modificare l’angolo in modo che l’uomo possa penetrare più in profondità; • tipo di orgasmo: combinato, tutti i modi sono possibili • tipi anatomici maschili preferiti: il coyote perché fa dei movimenti rotondi e macinanti, ma va bene anche l’uomo danzante, gli altri tipi sono accettabili. La difficoltà della donna danzante è che il clitoride è molto lontano dall’ingresso vaginale e il punto G è molto indietro: ciò può portare a frustrazioni, perché spesso le donne danzanti non ricevono la stimolazione di cui hanno bisogno. Donna cerva. All’est. • Il 5/6 % delle donne appartiene a questo tipo: • distanza del clitoride dall’apertura vaginale: il clitoride è piccolo e direttamente sopra l’ingresso vaginale, fa quasi parte della vagina; • cappuccio del clitoride: normalmente il clitoride non è coperto ma libero, e se è coperto guarda in avanti; • forma della vulva: le labbra sono molto piccole e sottili; • dimensione della vagina: è molto profonda, 17/20 cm., l’ingresso è stretto, da 2 a 2,5 cm.; • posizione del punto G: vicino all’ingresso, a 2 dita di profondità, è raggiungibile facilmente; • umidità della vagina: asciutta; • temperatura della vagina: calda; • sapore: dal dolce all’acerbo acido; • tempo per arrivare all’orgasmo: mediamente da due a cinque minuti dopo i preliminari; • modalità di eccitazione preferite: non ama molto il preludio lungo né il sesso orale, la stimolazione diretta del clitoride può risultare dolorosa perciò bisogna essere molto delicati. Il clitoride può essere stimolato in modo indiretto premendovi sopra le labbra, coprendolo; siccome il clitoride è molto vicino alla vagina, spesso basta la penetrazione; questo tipo di donna ama la penetrazione a colpi duri e veloci; • posizioni nel coito preferite: tutte le posizioni, ma specialmente quelle con le gambe allargate in su e indietro; • tipo di orgasmo: esplosivo, più orgasmi, principalmenteclitoridei;
• tipi anatomici maschili preferiti: tutti, specialmente il cervo e il cavallo; ha più difficoltà col coyote perché è piccolo. Donna pecora. Al sud. • Il 15% delle donne appartiene a questo tipo: • distanza del clitoride dall’apertura vaginale: 2/3 dita; • cappuccio del clitoride: lungo, grande, liscio a forma di tunnel, con il clitoride molto arretrato e nascosto; • forma della vulva: le piccole labbra sono di norma sottili, ma più forti e più grandi che nella donna cervo; • dimensione della vagina: è piuttosto profonda, da 12 a 17 cm., l’ingresso è grande, con diametro 3/3,5 cm.; • posizione del punto G: è abbastanza profondo; • umidità della vagina: molto umida; • temperatura della vagina: molto calda; • sapore: dolce; • tempo per arrivare all’orgasmo: mediamente da 15 a 30 minuti; • modalità di eccitazione preferite: ama molto i preludi e la stimolazione orale, il succhio energico e le pressioni laterali sul clitoride, muoversi avanti e indietro e le piace se gli ossi pubici si sfregano durante il rapporto; • posizioni nel coito preferite: quelle con la donna sopra, posizioni degli animali col dorso curvato, con la schiena curva, donna su uomo in posizione rovesciata, posizione delle forbici; • tipo di orgasmo: molto emozionale, ha bisogno di un forte rapporto col cuore, di solito ha un profondo e intenso orgasmo che inizia al punto G e va in ondate dall’interno verso l’esterno, fino a esplodere nel clitoride; • tipi anatomici maschili preferiti: ama il coyote per i suoi movimenti macinanti, ma anche gli altri. Donna bufala. All’ovest. • Il 15 % delle donne appartiene a questo tipo: • distanza del clitoride dall’apertura vaginale: 2/3 dita; • cappuccio del clitoride: ha un cappuccio simile a una tenda con molte pieghe e rughe; • forma della vulva: le piccole labbra sono molto grosse, rugose e sporgenti; • dimensione della vagina: è poco profonda, da 7,5 a 10 cm., ingresso molto grande, con diametro da 5 a 7 cm.; • locazione del punto G: è nella parte media oppure verso l’interno; • umidità della vagina: molto umida; • temperatura della vagina: è piuttosto bassa, fresca; • sapore: salato; • tempo per arrivare all’orgasmo: mediamente da 15 a 20 minuti; • modalità di eccitazione preferite: un preludio lungo se il cappuccio del clitoride viene tirato indietro e si succhia direttamente il clitoride o il cappuccio, ama il sesso orale, durante la penetrazione ama un ritmo
lento ma continuo, una frizione degli ossi pubici, ama molto la stimolazione con le mani; ama stare a lungo a letto; • posizioni nel coito preferite: le posizioni dei cucchiai, delle forbici, degli animali, con le gambe strette insieme, non ama alzare le gambe, perché questo porterebbe a una penetrazione profonda e dolorosa per la vagina che è poco profonda; • tipo di orgasmo: soprattutto nel punto G, può arrivare a più orgasmi implosivi come terremoti; • tipi anatomici maschili preferiti: l’uomo orso che è abbastanza grosso, per avere sufficiente stimolo. Donna lupa. Al nord. • Il 10 % delle donne appartiene a questo tipo: • distanza del clitoride dall’apertura vaginale: 1/2 dita; • cappuccio del clitoride: il clitoride è leggermente coperto; • forma della vulva: le piccole labbra sono lunghe, sottili e sporgenti come le ali di una farfalla; • dimensione della vagina: è mediamente poco profonda, da 10 a 12,5 cm., e l’apertura va dai 2,8 ai 3,2 cm.; • posizione del punto G: è in profondità e indietro, con la stimolazione spesso si provoca la sensazione di pressione sulla vescica, spesso si riscontra un prolasso dell’utero; • umidità della vagina: umida; • temperatura della vagina: calda; • sapore: dolce; • tempo per arrivare all’orgasmo: mediamente da 20 a 30 minuti, ama fare versi e suoni; • modalità di eccitazione preferite: copula volentieri durante i cicli della luna (mestruazione), preferisce provare nuove cose, è molto attiva nella sfera sessuale e perciò frequenta spesso gruppi di Tantra, ama stimolazioni orali e clitoridee forti quando è eccitata. Durante il coito, preferisce dei movimenti macinanti, lenti ma forti, un ritmo continuo con alcuni colpi forti e veloci durante l’orgasmo, usa molto la fantasia; • posizioni preferite nel coito: le ama tutte tranne quella con le gambe contro il petto perché la vagina non è molto profonda; • tipo di orgasmo: dall’esplosivo all’implosivo, inizia con uno o più piccoli orgasmi al clitoride e poi va verso il punto G; • tipi anatomici maschili preferiti: ama l’uomo danzante e l’uomo cervo, ha problemi con l’uomo cavallo che è dotato di un pene troppo grosso. La tipologia anatomica maschile Uomo danzante. Al centro. • lunghezza del pene: con erezione piena, due mani per traverso (usando proprie mani) la lunghezza è relativa al corpo; • diametro del pene: l’indice tocca la giuntura del dito pollice; • eiaculazione: da quattro a otto scariche; • ritmo: tra una scarica e l’altra veloce; • temperatura del pene: mediamente caloroso;
• sapore dello sperma: salato (però il sapore dello sperma dipende molto dall’alimentazione e si modifica: se per esempio si mangia pesce mezz’ora prima del coito, lo sperma saprà di pesce); • consistenza dello sperma: cremosa. Uomo cervo. All’est. • lunghezza del pene: con erezione piena, due mani per traverso più il glande; • diametro del pene: più sottile dell’uomo danzante; • eiaculazione: da tre a sei scariche, i testicoli tendono molto in basso; • ritmo: tra una scarica e l’altra veloce; • temperatura del pene: caldo; • sapore dello sperma: leggermente piccante e piuttosto salato; • consistenza dello sperma: lattiginosa. Uomo coyote. Al sud. • lunghezza del pene: con erezione piena, una mano per traverso più il glande; • diametro del pene: come il cervo ma più sottile; • eiaculazione: da sei a dodici scariche; • ritmo: tra una scarica e l’altra molto veloce; • temperatura del pene: caldo; • sapore dello sperma: dolce; • consistenza dello sperma: acquosa. Uomo orso. All’ovest. • lunghezza del pene: con erezione piena, da una a due mani. • diametro del pene: molto grosso (anello tra pollice ed indice) e grosso glande; • eiaculazione: da una a due scariche, con pause; • ritmo: lento; • temperatura del pene: fresca; • sapore dello sperma: da agrodolce a piccante; • consistenza dello sperma: denso, bianco come il miele. Uomo cavallo. Al nord. • lunghezza del pene: due mani più il glande; • diametro del pene: come l’orso; • eiaculazione: da otto a dieci scariche; • ritmo: piuttosto lento; • temperatura del pene: calda; • sapore dello sperma: mediamente dolce, talora salato;
• consistenza dello sperma: mediamente densa, lattiginosa, liquido abbondante. I ggiochi erotici e le soglie del coraggio Per “sperimentare” nella sessualità, e per farlo con una certa serenità per se stessi e nel rispetto delle scelte di vita e della salute di entrambi i partner, occorrono tre presupposti. 1. Una contraccezione sicura, che lasci spazio agli esperimenti e che non comporti un eccessivo controllo né da parte dell’uomo né da parte della donna durante il coito. 2. Una attenta tutela contro AIDS, epatite C e altre malattie sessualmente trasmesse – il che significa: o un partner stabile e sano, o l’uso del preservativo se il partner è occasionale o di incerta affidabilità. 3. In più, se si vive in una condizione di monogamia aperta a sperimentare al di fuori della coppia, ci vuole un patto saldo all’interno della coppia sia per la contraccezione che per l’uso del preservativo durante i rapporti con gli altri. Poiché questo é un libro sul Tantra, chi ha dubbi su questi argomenti, certo non li troverà discussi in queste pagine. Aprirsi al Tantra infatti presuppone l’avere già affrontato questi temi. Dal seguente elenco di giochi erotici (di cui riportiamo soltanto il titolo, lasciando la sceneggiatura alla fantasia), scegliamo i tre “giochi” che ci stuzzicano di più: → darsi un appuntamento in un caffè, come se non ci si conoscesse, poi prendere una stanza in albergo e amarsi come se fosse la prima notte; → concedersi una cena a lume di candela: lui porta un mazzo di fiori profumati il cui colore riflette qualcosa che apprezza particolarmente in lei, e lei porta l’abito che la fa sentire più desiderabile; → fare l’amore con il proprio partner mentre qualcun altro ci guarda; → bendare gli occhi al nostro compagno, legarlo e poi “giocarci” senza limiti; → andare con il nostro partner sotto la doccia di una palestra o di una sauna pubblica, dove gli altri ci vedono, mentre ci insaponiamo reciprocamente; → farsi toccare da più persone contemporaneamente, in modo sensuale; → scalare una montagna e fare l’amore sulla cima; → giocare a letto nudi imitando due animali per mezz’ora (...e quale animale sceglieremo?); → provare sei diverse posizioni in un unico amplesso; → sperimentare il coito anale; → accarezzarsi con foulard, piume, un drappo di seta; → spalmarsi miele sul collo, sul seno, sulla pancia, sulle cosce... e leccarlo; → immaginare di essere due membri di una tribù della giungla: lui scopre lei nuda sotto una palma e la prende...; → giocare al dottore;
→ un partner si sdraia supino, l’altro gli spalma olio sulle gambe, sulla pancia, sul torace poi si sdraia su di lui e si fanno delle belle scivolate... Può darsi che durante la lettura la nostra fantasia si sia accesa, e che abbiamo inventato altri giochi ancora, o magari nessuno di questi giochi ci è parso di nostro gusto. Comunque vadano le cose, rivolgiamoci al nostro partner e affrontiamo i seguenti quattro passaggi: 1. riveliamogli i giochi scelti, quelli che ci piacciono di più; 2. invitiamolo a provarli insieme – questo è già un grande passo avanti, – forse il nostro partner vorrà introdurre qualche variante, e quando avrete scoperto il gioco che piace a tutti e due... 3. fatelo!... 4. ...e infine scambiatevi le vostre impressioni sui momenti belli e sui momenti difficili incontrati durante i giochi. Forse così avremo scoperto delle fantasie trasgressive, ma queste fantasie sono preziose, ci indicano la strada verso nuove scoperte, ci dicono dove possiamo trovare gli stimoli che rendono più intensa la nostra realtà, dove possiamo curiosare, scoprire, crescere... Nel Tantra, come dicono i maestri Bali e Prabhato, tutto è permesso, non ci sono tabù, tutto può essere provato: tutto ciò che ci stimola, che ci fa star bene, che ci fa sentire più completi. Ma attenzione: questi giochi erotici servono a poco se li facciamo meccanicamente, senza consapevolezza, senza cogliere l’energia che si libera in ogni attimo. Perché in un percorso spirituale come il Tantra, seguire la fantasia e i desideri non ha lo scopo di infrangere le regole, di essere diversi dagli altri, ma di scoprire noi stessi, di sfidare noi stessi. Per questo il Tantra viene chiamato anche “la via del piacere”. Lungo questa via, è bene avere sempre presenti alcuni principi: 1. di solito vale l’eguaglianza: paura di = voglia di (paura di esibirsi = voglia di esibirsi!...) 2. più grande è la paura, più forte è il desiderio 3. quando seguiamo i nostri desideri, aumenta la carica energetica 4. ogni desiderio soddisfatto, ce ne farà scoprire altri 5. la via dei desideri non è sempre lineare, ma può assumere forme tortuose: magari il prossimo desiderio che scopriremo potrebbe essere l’opposto del precedente (dopo un gioco con stivali e fruste, potremmo sentire bisogno di coccole, affetto e dolcezza...). Il confine tra il noto e l’ignoto, tra l’abituale e il nuovo, non è un solco netto e distinto, ma una fascia della realtà contrassegnata da due “soglie” davanti a noi, cioè da due linee che invitano a oltrepassarle. Se varchiamo la prima soglia, troviamo tutto stimolante, e, sì, abbiamo qualche timore, ma anche molte curiosità. Possiamo in qualsiasi momento decidere se andare oltre o se ritirarci. Se andiamo oltre, incontriamo la seconda soglia, e da qui in poi predominerà la paura, ci irrigidiamo o cominciamo a perdere la testa, possiamo
spingerci in terreni da cui non siamo sicuri di tornare salvi. Spesso, quando ci spingiamo oltre la seconda soglia, ci pentiamo di averlo fatto, e per difesa regrediamo nell’abitudine esclamando: ho rischiato una volta ma non lo farò mai più. L’arte consiste nel rimanere fra le due soglie, nel non ricadere nella noia del conosciuto né nell’abisso dei terreni pericolosi, restando in quella fascia intermedia in cui ci sentiamo incuriositi e sicuri al contempo. Proprio come fanno i bambini, che vogliono scoprire nuovi angoli del loro territorio, ma si spingono soltanto fino a dove sanno di poter tornare indietro. È man mano che nuove strade e nuovi paesaggi diventano conosciuti, osano scoprirne altri. Ognuno ha due anime in sé, una che spinge e l’altra che frena. Se dopo qualche gioco erotico notiamo che la fascia tra le due soglie ci sembra molto stretta, significa che in noi la parte timida e la parte coraggiosa sono in conflitto. L’esercizio del ragazzino timido e dell’eroe In questo caso possiamo iniziare una cosiddetta negoziazione tra le due parti, come ci insegna Gianni Fortunato, un vero maestro della Programmazione Neurolinguistica: [37] a. immaginiamo la nostra parte timida e la nostra parte coraggiosa come due personaggi – (per esempio, un ragazzino e un eroe), – posti a circa due metri davanti a noi, e circa due metri distanti fra di loro: immaginiamoli ognuno nel suo aspetto tipico, in dettaglio (i loro gesti e il loro timbro di voce); b. osserviamo le caratteristiche dell’uno e dell’altro c. chiediamoci in quali situazioni è più “a posto” l’uno e in quali l’altro; d. se all’inizio siamo più attratti dal personaggio coraggioso, chiediamoci quali sono le possibili conseguenze negative del suo coraggio e, al contrario, cosa potrà fare di buono il personaggio timido; e. come andrebbe a finire ognuno dei due da solo, senza l’altro? f. cosa possono guadagnare l’uno e l’altro se si mettono insieme? e ognuno dei due, cosa è disposto a fare per sostenere l’altro? g. alla fine, andiamo nel luogo davanti a noi dove ci siamo immaginati il timido ragazzino, e poi muoviamoci lentamente verso il luogo in cui stava il coraggioso eroe, portandoci dietro le qualità del timido ed entrando nella pelle del coraggioso; h. ci sentiremo come un nuovo personaggio: una integrazione d’entrambi nella quale, non più in conflitto, i due personaggi si sono fusi in un essere più completo. Dopo questo esercizio diventerà ancor più chiaro il concetto delle due soglie. Il timido da solo andrebbe soltanto fino alla prima soglia, ma in questa zona il coraggioso si sentirebbe morire di noia; tutti e due insieme riescono 37 - Gianni Fortunato, Corso master di PNt, Istituto Italiano di PNL, Bologna 1995/96.
bene a muoversi tra la prima e la seconda, e il coraggioso da solo andrebbe anche oltre la seconda, ma senza venir seguito dal timido, che là si sentirebbe morire di paura. Più riusciamo a integrare queste due parti di noi stessi, tanto minori saranno i nostri conflitti interiori e tanto più agevolmente riusciremo a muoverci nella zona di alta energia compresa tra le due soglie, dove siamo integri e vivaci allo stesso tempo. E questi criteri non valgono soltanto per i giochi erotici, ma per tutte le avventure, gli esercizi, le sfide che incontriamo sul nostro cammino. L’essenziale dal Kamasutra Di tutte le opere sull’ars amandi orientale, il Kamasutra di Vatsyayana e il Kokasastra di Kokkoka sono i più conosciuti. Oltre a queste ci sono il Kamasastra [38] tibetano, il Fangchungshu [39] cinese e diversi altri. Sono tutti libri intesi ad allargare la mappa erotica, a trovare nuovi modi di baciarsi, di accarezzarsi, di unirsi e di muoversi, per uscire dall’abitudine. Il pericolo consiste nel prenderle come semplici tecniche, come una specie di ginnastica amorosa, mentre si tratta di posizioni che inducono determinati stati d’animo, una certa atmosfera, un certo gusto del sentirsi insieme. Quando sperimentiamo nuove posizioni, dobbiamo badare ai sei fattori determinanti, sia per il livello della carica energetica che per il grado di consapevolezza nel fare l’amore: 1. il respiro: valutiamo, innanzi tutto, se in una data posizione possiamo respirare liberamente, se abbiamo il torace libero (dal peso del partner) così da poter “caricare energia” mediante il respiro 2. il movimento del bacino: riusciamo sempre a ruotarlo e a muoverlo liberamente, o siamo incastrati? 3. le mani: abbiamo le mani libere per toccare e accarezzare il partner anche quando siamo in fase di penetrazione? (per la donna, inoltre, può essere importante arrivare liberamente al clitoride per gestire la propria eccitazione indipendentemente dai movimenti dell’uomo) 4. la posizione: possiamo stare in questa posizione in maniera rilassata anche per un periodo prolungato o fatichiamo a reggere il nostro peso o il peso del partner? 5. lo sguardo: possiamo osservare il partner? possiamo guardarlo negli occhi, per comunicare attraverso lo sguardo, anche col cuore? 6. il punto di appoggio: abbiamo un buon punto di appoggio? possiamo spingere con i piedi o le ginocchia contro qualcosa di stabile (muro, letto, pavimento...) per radicarci bene nella parte bassa del corpo? A grandi linee possiamo dividere le posizioni in quattro categorie: 1. uomo sopra, donna sotto 2. donna sopra, uomo sotto 3. da dietro 4. posizioni tantriche 38 - Gedun Chopel, Kama Sastra, Roma 1995. (Tibetan Arts of Love, Ithaca 1992) 39 - Werner Heilman, Hg. Fang-chung-shu, Munchen 1990
Ognuna di queste posizioni, dà una particolare colorazione all’atto sessuale. Nelle prime due posizioni, il “sopra” e il “sotto” sono spesso connessi con il “controllare” e con l’”abbandonarsi”, dato che il partner che sta sopra è avvantaggiato nella guida del ritmo e del movimento. Di queste posizioni vale la pena provare le più diverse varianti, chiedendo al partner come ti senti, cosa provi, cosa ti stimola e cosa no, in che grado ti senti libero di muoverti e di respirare. Le posizioni da dietro, o “a tergo”, di solito sollecitano una sessualità molto corporea, animalesca, passionale. Sono posizioni che consentono di fare l’amore più al livello del 1° chakra (sesso puro), con una più profonda penetrazione (se la lunghezza della vagina e del pene lo consente) e con una maggior stimolazione del punto G (se si prende l’angolo giusto). Nelle posizioni paritarie i partner sono “allo stesso livello”, e due di queste sono molto utili per gli esercizi tantrici: • Lo yab-yum (una posizione che si ritrova frequentemente nell’iconografia tantrica – vedi l’immagine a pag. 1, sotto il titolo): ha il vantaggio che ambedue i partner hanno la spina dorsale in verticale, perciò si presta per tutti gli esercizi che coinvolgono una canalizzazione dell’energia sessuale verso i chakra alti (la via del fare). • La forbice: è una delle posizioni più adatte per fare l’amore in modo rilassato per lungo tempo (la via del nonfare). In questa posizione, l’uomo riesce a regolare bene l’equilibrio tra eccitazione e contenimento della carica, muovendo lentamente il bacino. Così sarà possibile dosare l’eccitazione prima di avvicinarsi al “punto di non ritorno”. Un altro vantaggio di questa posizione è quello di permettere alla donna di arrivare facilmente con la mano al clitoride e quindi di eccitarsi comodamente. Questa posizione, infine, consente ad ambedue i partner di mantenere un buon contatto visivo e di avere le mani libere per toccarsi e accarezzarsi durante l’unione. In tutte le posizioni, comunque, è importante comunicare: cioè esporre al partner cosa si prova in base ai sei fattori determinanti sopra menzionati, e quali sentimenti, emozioni, associazioni di idee nascono in noi nel corso dell’unione.
7° – La sessualità consapevole Nel capitolo precedente abbiamo allargato la nostra mappa sessuale in senso orizzontale tramite nuove informazioni, giochi erotici ecc. In questo
capitolo vedremo come allargare la nostra sessualità in senso verticale: nel senso d’una maggiore consapevolezza e d’un maggior coinvolgimento corporeo, emotivo e mentale. Rilassarsi nell’ardore Nel modo abituale di fare l’amore, impariamo a vivere il sesso in un modo piuttosto teso, specialmente dalla penetrazione in poi. L’eccitazione va infatti di pari passo con una notevole tensione corporea e con un respiro affannato, che si liberano finalmente nell’orgasmo; dopodiché si cade rilassati, ma anche esausti, sulle lenzuola, come un sacco di patate. Nel modo abituale di far l’amore abbiamo imparato a separare l’atto in due fasi: 1. prima dell’orgasmo: eccitazione + tensione 2. dopo l’orgasmo: rilassatezza + stanchezza. Ma questo è soltanto uno dei modelli possibili del ciclo sessuale; è quello a cui siamo abituati, non è certo l’unico. Nel Tantra impariamo invece a vivere tutto quanto il ciclo sessuale come un combinarsi di eccitazione e rilassamento, eliminandone la tensione e la stanchezza; impariamo cioè a prendere il meglio sia dell’eccitazione sia del rilassamento, e a unirli in una nuova forma che somiglia molto al modo in cui gli innamorati vivono il primo periodo della loro passione: quando diventa ogni giorno più splendido, e i colori d’ogni cosa sono più brillanti e i suoni delle macchine che passano sotto la finestra sembrano musica. Prima di vedere come possono combinarsi l’eccitazione e il rilassamento, spendiamo qualche parola per descriverli più in dettaglio: 1. Tutta la nostra sessualità consueta è finalizzata all’eccitazione – dall’abbigliamento al primo approccio, dai primi contatti fisici e dai primi sguardi fino alla stimolazione dei genitali. È poiché l’uomo si eccita più rapidamente della donna, il ciclo che di solito si conclude con l’eiaculazione dell’uomo ha una durata piuttosto breve. Questa incidenza del maschio sulla sessualità assume le sue forme più estreme nella pornografia e nella prostituzione, due ambiti questi, congegnati quasi esclusivamente per soddisfare il maschio con stimoli forti, eccitanti, provocanti, veloci, e nei quali il concetto di “benessere” non ha alcuna rilevanza. 2. Rilassamento, d’altro lato, è diventata un po’ la parola magica del mondo new-age: una specie di panacea, di soluzione a tutto. Noi, qui, non intendiamo comunque quel tipo di rilassamento che serve a coprire con uno strato di “tutto va bene, sta’ tranquillo!” i mostri che dormono dentro ciascuno, bensì quell’autentico rilassamento che evolve dal fondo del nostro essere quando abbiamo affrontato quei mostri, e accettati come parte integrante di noi. Chiunque abbia fatto esperienza di qualche tecnica di rilassamento, avrà osservato che all’inizio si riesce a raggiungere uno stato di benessere superficiale, i muscoli si distendono e il respiro si fa più profondo; ma poi le nostre difese interiori diminuiscono, e qualcosa di irritante (le emozioni represse dal carattere) comincia a far capolino. È a questo punto di solito finisce la tecnica di rilassamento.
Chi si è dedicato alla meditazione o alla preghiera per alcuni giorni consecutivi – come fanno i monaci – e ha cominciato ad attraversare sia lo strato di quelle difese, sia quello delle emozioni, dopo l’iniziale rilassamento e le successive turbolenze incontra il centro – che come abbiamo visto è connesso con la fonte della nostra vitalità e della nostra sessualità; e quando si giunge al centro, ci si sente eccitati. Molti esperti di meditazione, che abbiamo incontrato sia in ambienti buddisti sia in ambienti cristiani, temono questa fase, perché porta a uno “squilibrio mentale” accompagnato da grandi fantasie erotiche e a un certo nervosismo. E quanto più è tabuizzata la sessualità nell’ambiente a cui si appartiene, più questa fase diventa fastidiosa e dolorosa. Probabilmente è proprio per questo che i mistici cristiani parlano di lunghi periodi di sofferenza, ben più di quanto i mistici di altre religioni. Molte persone curiose del Tantra ci chiedono stupiti cosa mai abbia a che fare il sesso con la meditazione – appunto perché vedono l’atto di eccitarsi e quello di rilassarsi in se stessi come due opposti, come due cose inconciliabili tra loro. Un altro mito molto diffuso – che deriva sempre da questa scissione – è che quando si è giovani si fa sesso in maniera migliore, e che poi con il progredire dell’età l’attività sessuale tenda a diminuire. Le ricerche più aggiornate indicano però il contrario: specialmente le donne s’accorgono di godere molto di più, nell’atto sessuale, dai 30 anni in poi – e quasi la metà delle donne in menopausa riferiscono che “i rapporti migliorano qualitativamente grazie a una maggiore intimità ed esperienza”. [40]. E sembra proprio che nell’età tra la pubertà e i 45 anni – che molti vivono come un periodo di grandi prestazioni – anche la sessualità venga vissuta con una notevole tensione, mentre proprio quando non ci si aspettano più grandi cose, e finalmente ci si rilassa, si raggiunge quella qualità, quella distensione che si sarebbe potuta avere anche prima, se ci si fosse accettati per quello che si era in realtà. E quello che si è, è molto spesso diverso da ciò che si vorrebbe essere, se pensiamo a quel 35% di uomini che – secondo le statistiche – non sono soddisfatti della loro erezione, e a quel 30-50% delle donne che hanno difficoltà ad arrivare all’orgasmo durante l’atto sessuale. Una frase che sentiamo spesso è “prima di iniziare un percorso tantrico vorrei vincere il mio problema”. Invece il problema sta proprio in questa convinzione, nel pensiero che “prima devo essere a posto, e poi potrò cominciare a crescere”. È un’illusione. Nel Tantra non c’è nulla da vincere, nulla da superare, nulla di diverso da diventare, poiché tutte queste convinzioni e tutti questi sforzi appartengono soltanto al nostro strato difensivo e ci separano dal nostro vero essere. La convinzione di dover diventare diversi da come si è non aiuta affatto, ma ostacola soltanto nello sviluppo personale. Allo stesso modo l’idea ossessionante di dover avere un’erezione, o di dover avere un orgasmo, crea soltanto un’ulteriore tensione mentale, che rende difficile abbandonarsi alle sensazioni, al piacere, a tutta la gamma di emozioni che attraversiamo quando facciamo l’amore. Quando parliamo di “portare rilassamento nella sessualità” non intendiamo certo la pigrizia o un lasciarsi trascinare dagli umori, ma 40 - Adele Fabrizi e altri, “La sessualita delta coppia in menopausa”, in Chiara Simonelli e altri, Sessualita e terzo millennia, Milano 1997, p. 268.
intendiamo uno spazio mentale in cui tutto può succedere, in cui io mi apro a me stessa e aspetto di vedere ciò che accadrà nel mio corpo nei prossimi istanti. Se rimango in questo stato e comincio a stimolarmi o a essere stimolata, l’eccitazione si può sposare con il rilassamento e da questo matrimonio nascere un figlio: la consapevolezza. L’asse che vi era prima – eccitazione-rilassamento – si trasforma in un triangolo e solo ora si creano i presupposti perché il sesso possa veramente crescere. Il rilassamento forma il contenitore che contiene l’eccitazione. Quando i due sono in equilibrio, formano una base stabile per aumentare la carica energetica e la consapevolezza. Come dice Ornella di Torino: Quando sono eccitata, mi sento come un bocciolo in primavera, pieno di linfe e di forza vitale, pronto ad aprirsi in una lenta esplosione per diventare quel bellissimo fiore che sento di contenere in me. Ma per aprirmi ho bisogno di una bella giornata di sole, in modo che tutta la mia bellezza interiore così fragrante, venga accolta da un’atmosfera dolce e da quell’aria tipica di una giornata primaverile. Allora posso godermi l’aprirsi del mio fiore d’istante in istante, e lo spandersi del mio profumo nel vento.
I prossimi esercizi sono altrettante occasioni per sperimentare questo triangolo in una maniera molto pratica: Ruotare il bacino → Siediti comodamente su un cuscino, faccia a faccia con il tuo partner, e dapprima osserva il tuo respiro. → Guarda il tuo partner con quel particolare sguardo sfocato che si allarga quasi a 180°, e che non penetra nell’altro, ma piuttosto si apre per accogliere l’immagine di lui. Poi aumentate entrambi, gradualmente, l’intensità del respiro – attraverso la bocca semiaperta. → A questo punto probabilmente un suono accompagnerà i vostri respiri e la carica energetica che c’è tra di voi aumenterà. Lasciate che i ritmi dei vostri respiri si sincronizzino (non dovete forzare, fate in modo che avvenga spontaneamente) e cominciate a ruotare il bacino (come descritto nel capitolo 2). → Espirando porta il pube in avanti, inspirando tiralo indietro, in modo che il perineo strofini leggermente sul cuscino. È importante che, per tutta la durata dell’esercizio tu e il tuo partner non interrompiate il contatto dei vostri sguardi. Guardatevi sempre negli occhi. L’attenzione rimane costantemente focalizzata sul respiro che, a sua volta, sarà sincronizzato con il movimento del bacino. In questo modo avrai attivato tutte e 4 le chiavi (focalizzazione sulle sensazioni corporee, movimento, respiro e suono). L’eccitazione per il momento non è genitale ma si crea attraverso il respiro profondo. Lasciala che si espanda in uno stato di rilassamento, e fa’ il movimento in modo da non stancarti. Ben presto ti accorgerai che questo movimento non richiede alcuna fatica, anzi ti aiuta a distendere tutta la parte bassa del corpo: dalle gambe fino al diaframma. → Quando con questo movimento ti colleghi con le tue emozioni e con la tua profonda intimità – mentre attraverso lo sguardo mantieni sempre il contatto con il tuo partner – potrà manifestarsi un certo imbarazzo.
Siamo più abituati a essere in contatto o con noi stessi o con il partner: non con tutti e due insieme. Ma continua! Questo è l’inizio dell’intimità. Intimità non è entrare il più possibile nell’altro (il che significherebbe interferire con l’altro), ma essere sintonizzati con se stessa e con l’altro al contempo. In questo stato diventiamo veramente vulnerabili, perché ci apriamo profondamente e mostriamo il nostro intimo al nostro partner, senza più veli. → Fatelo per circa 10 minuti, poi concludete, comunicandovi le sensazioni, i sentimenti, i pensieri e le fantasie vissute durante questo esercizio. Sincronizzare il sesso Quando vi sarete familiarizzati con il respiro sincronizzato, con la rotazione del bacino e il contatto attraverso gli sguardi, potrete tentare, la prossima volta che fate l’amore, qualche esperimento con questa forma di eccitazione estesa: → prendetevi più tempo del solito; → accarezzatevi, eccitatevi, fate tutto quello che fate normalmente; → dopo la penetrazione non iniziate con i consueti movimenti pelvici, ma rimanete in una posizione comoda e distesa per circa 10 minuti come nel bonding (capitolo 4° pag. 54) e rilassatevi nell’eccitazione, lasciatela espandersi in uno spazio più largo, nel tempio del vostro corpo; → poi iniziate a ruotare i vostri bacini come avete fatto prima da seduti: portate con l’espirazione il pube in avanti e con l’inspirazione indietro; → quando l’eccitazione diventa troppo forte e tende a scaricarsi in un orgasmo, rallentate il ritmo, e quando decresce, aumentate il ritmo, sempre in modo da essere rilassati ed eccitati al contempo, anche nell’aumentare della carica energetica. → Continuate per almeno 10 minuti a giocare con questo equilibrio tra rilassamento ed eccitazione, e noterete che la consapevolezza aumenta e si raffina da sola: comincerete a percepire sensazioni sottili nel vostro corpo, o gustare in modo nuovo il vostro sentirvi eccitati, o a sentire diversamente dal solito nei genitali. Osservate tutti questi piccoli cambiamenti e non aspettatevi delle grandi cose; a volte potrà accadere di entrare in sensazioni più profonde, ma più spesso assaporerete svariati piccoli cambiamenti che nell’insieme daranno una qualità più distesa, più rilassata, all’atto amoroso. Violetta di Catanzaro lo descrive così: Non è che mi fossi aspettata niente di speciale, sapevo solo che stavo per scoprire qualcosa senza avere un’idea precisa di cosa fosse. Dopo alcuni minuti siamo entrati in spazi in cui il tempo non scorre al ritmo consueto, e anche i sensi erano leggermente più aperti. Prima ero molto rilassata, ero come senza peso, mi sembrava di volare; successivamente mi sono sentita pesante, mi sembrava di affondare nel materasso. Nella mia vita ho sempre fatto molti sforzi per non sentire davvero me stessa ed evitavo specialmente queste sensazioni belle; quando arrivavano, quasi non mi sentivo preparata. Dopo un po’ mi sono concessa di ascoltarmi, e mi son detta: oh, che bello! Mi è entrata nel cuore un’onda che veniva da sotto, e il contatto con quest’onda mi ha messo in contatto con qualcosa che era molto forte, a cui non so dare un nome, mi
sembrava come una libertà terribile, il senso di poter accogliere qualsiasi cosa in me, era come se il mio corpo rispondesse a un piacere che veniva da un’altra sponda, da molto dentro.
Il massaggio che non hai mai avuto Esistono moltissimi tipi di massaggi (massaggio muscolare, massaggio dei tessuti connettivi, shiatsu, massaggio thailandese, linfodrenaggio, riflessologia...) ma tutti hanno un aspetto in comune: descrivono sempre un grande arco intorno ai genitali. Tutto viene massaggiato, dalla punta delle orecchie fino alle dita dei piedi, tranne i genitali – come se non sentissero anche loro il bisogno di rilassarsi ogni tanto. Infatti, molte persone non ricordano di essersi sentiti mai veramente rilassati nei genitali e neanche riescono a immaginarsi come ciò possa avvenire. I genitali vengono associati, piuttosto, con l’eccitazione, con il sesso caldo; e in tal modo dimentichiamo che anch’essi hanno l’esigenza di rilassarsi, di sentirsi coccolati, accarezzati, senza necessariamente prepararsi all’atto sessuale. Il massaggio che ora vi spiegheremo ha appunto lo scopo di insegnare ai genitali un nuovo modo di essere, di riprogrammare lo schema che hanno appreso (tocco, eccitazione, penetrazione, orgasmo) e di sostituirlo con la sensazione di essere considerati come parti preziose del nostro corpo, che si meritano una vacanza, un po’ di benessere e di distensione senza alcuna ulteriore finalità. Se fate questo massaggio in due, è meglio che sia l’uomo a ricevere il massaggio per primo, perché lui è più caldo nell’area genitale e la sua eccitazione è più concentrata. Il tutto può durare dai 30 ai 40 minuti ciascuno. Massaggio per lui 1. Osso pubico 2. Area inguinale 3. Pene 4. Perineo → L’uomo si distende comodamente ed entra in contatto col proprio respiro, facendo qualche profonda espirazione. Si prepara ad allargare, a distendere tutta la sua area genitale: non si tratterà né di avere un’erezione (che ne abbia una o no è proprio irrilevante, adesso) né di arrivare a un orgasmo, ma soltanto di rilassare il suo pene, i testicoli e tutta la zona circostante, di percepire le sensazioni da dentro senza pensare alla donna o a congiungersi con lei; dovrà solamente godersi il massaggio che riceverà. → È molto utile comunicare con la donna, perché lei non sa come il pene si senta dall’interno: può dirle se il tocco va bene o se lo desidera più forte o più leggero. → La donna comincia con un tocco fermo ma delicato, gli massaggia innanzitutto il ventre, le cosce e la zona intorno ai genitali, per far giungere il rilassamento un po’ in tutta la parte bassa del corpo. Poi prende molto olio (usa un olio neutro, non profumato: per esempio olio di mandorle o di germe di grano) e strofina con lunghi movimenti i genitali, senza fermarsi in un punto particolare, né cercando di eccitare nel modo
consueto; la donna dovrà solo cercare di stabilire un contatto con i genitali, come se con il messaggio volesse dir loro: “Sono qui, vi potete rilassare...”. → Più avanti, la donna potrà anche scoprire un tocco suo, personale, seguendo il ritmo delle sue mani. → Il massaggio passa poi all’osso pubico, che è quell’osso (veramente sono due) tra i genitali e la pancia – sotto la zona pilifera. La donna potrà entrare anche più in profondità lungo l’orlo superiore, dove inizia la muscolatura addominale. Potrà premere con due dita oppure fare dei piccoli cerchi, sempre con movimenti piuttosto lenti, delicati, ma con una pressione ferma. Se ha qualche dubbio, domanderà all’uomo cosa gli piace di più. → L’uomo, dal canto suo, dovrà respirare più profondamente, se si accorgerà che la sua mente comincia ad andare per conto suo. Il tocco lo aiuterà a concentrare l’attenzione nell’area pubica; è un’attenzione che guarisce, che rilassa, che ti fa sentire meglio, che ti estende, se la accompagni col ritmo del respiro. → Poi, la donna scende lungo la parte bassa dell’inguine, tra le cosce e i genitali, sopra e sotto l’attaccatura dell’adduttore lungo, che è il principale muscolo sul lato interno della coscia, (non bisogna massaggiare la parte alta dell’inguine, tra il ventre e la coscia, poiché è molto delicata). Si deve usare un tocco non puntuale, ma sempre a superficie ampia: per esempio, con tutte le punte delle dita insieme, o con il taglio della mano. → La mano prosegue lungo l’osso ilio, poi va verso l’inguine, e pian piano in giù; può anche spostare i testicoli, fino ad arrivare al perineo, che è quell’incrocio di muscoli tra i genitali e l’ano. Poi fa la stessa cosa dall’altro lato dei genitali, sempre con una pressione decisa, lenta ma decisa, e ogni tanto distribuisce un poco l’energia prodotta dal massaggio sul ventre, sulle cosce, e in su, verso il cuore. → Poi la mano si sposta verso quel solco sottile che si forma tra il pene e l’osso ischio quando si tira leggermente il pene da una parte. Può entrare con le punte di due o tre dita (con le unghie tagliate!) in questo solco, mentre l’altra mano sposta il pene sul lato opposto. La donna deve usare una pressione lenta e costante, e domandare all’uomo fino a che punto il massaggio è piacevole e rilassante. Deve star attenta a non schiacciare i dotti seminali, che sono quei tubi che salgono dai testicoli. → Se l’uomo percepisce un bruciore, un formicolio, o altre sensazioni insolite, dovrà immaginarsi di respirare nel punto in cui avverte queste sensazioni, e di sciogliere a ogni espirazione le eventuali tensioni che a queste sensazioni si accompagnano. → La donna può estendere ora il massaggio intorno al pene, descrivendo una specie di U rovesciata: ai lati del pene, e sopra, tra pene e osso pubico, ma non sotto – dove ci sono i testicoli. → Quando si passa a massaggiare il perineo (vedi immagine; la freccia indica l’incrocio dei muscoli) – che è un muscolo, o meglio un insieme di muscoli molto forti – si può anche aumentare la pressione, ma sempre su una
superficie ampia: con più dita, o con due pollici, o con il pugno, o con il palmo della mano. La pressione in questa area può causare all’uomo la sensazione che il suo baricentro stia scendendo più in basso; gli sembrerà di sentirsi più radicato nel suo corpo, o più vicino alla terra, con in più un profondo rilassamento di tutta la “base del bacino”. → La donna può massaggiare il centro del perineo, e anche i suoi lati, verso le cosce e verso lo sfintere anale. Massaggiando il perineo, indirettamente massaggerà anche la prostata, che si trova appunto dietro il perineo. Se eserciterà una pressione più forte, dovrà badare a far movimenti lenti: mai nulla di improvviso – entrerà nel muscolo molto piano, in modo che il muscolo possa adattarsi alla pressione della sua mano. → L’uomo le dirà, di nuovo, cosa gli piace e cosa no. L’uomo noterà una differenza nelle proprie sensazioni, a seconda che la donna prema più in avanti verso i genitali o più indietro verso l’ano; e anche se tali differenze sono lievi, la sensazione interna potrà mutare notevolmente. → Alla fine, la donna solleverà con una mano un’anca e porrà l’altra con il dorso in giù – sotto l’osso sacro, in modo che questa mano crei un appoggio per l’osso sacro. La donna potrà semplicemente tenere la mano in questa posizione, o fare delle piccole vibrazioni con le dita, senza massaggiare – il peso dell’anca, infatti, sta già producendo un automassaggio, in questa posizione. Questo tocco posteriore può avere un effetto molto sottile e anche se la donna avrà dapprima la sensazione che non stia succedendo niente, rimanga così per 5-10 minuti, con l’osso sacro dell’uomo che poggia sulla sua mano: e pian piano si accorgerà dei cambiamenti che avvengono. → L’uomo, poi, serberà in sé tutte queste sensazioni, anche quando i ruoli cambieranno e sarà lui a massaggiare la donna; quello spazio delicato che il massaggio gli ha fatto avvertire nel bacino è qualcosa che gli appartiene ora: e l’uomo lo conserverà anche quando tornerà ad assumere un ruolo attivo. Un massaggio per lei 1. Osso pubico 2. zona inguinale 3. grandi labbra 4. vulva 5. perineo 6. ano Ora tocca alla donna: → si mette comoda, può tener rialzate le ginocchia con due cuscini, oppure appoggiare le ginocchia su quelle dell’uomo; può sentirsi del tutto sicura e a suo agio: questa mezz’ora ètutta per lei, non dovrà aprirsi per qualcuno, non si tratta di soddisfare l’uomo, non c’è un
obiettivo, si può rilassare e abbandonare, non deve ottenere né dimostrare niente, può semplicemente seguire le sue sensazioni, si può sentire come una regina che merita piacere, che merita di sentirsi bene. Può darsi che questo massaggio la ecciti, ma non è questo lo scopo; può anche diventare un piacere molto delicato, tutto è permesso. → Segui la tua realtà, non c’è altra realtà fuori dal tuo corpo. Immaginati di entrare con il respiro nelle sensazioni e apri ogni tanto gli occhi – e in ogni caso, comunica all’uomo cosa provi, come ti piace di più, ecc. → L’uomo dovrà attraverso il suo massaggio, collegare i genitali con il ventre, il cuore, le gambe e lo farà strofinando e accarezzandoli con l’altra mano. Con questo massaggio l’uomo risveglia la sensazione nel centro sessuale, nella base, nel primo chakra della donna, le dà un senso di sicurezza, di fiducia, e di attenzione, proprio come quello che lui ha provato prima. Nel fare questo massaggio, non dovrà mai basarsi su esperienze simili avute con altre donne: ogni donna vi reagisce infatti a suo modo: ciò che per l’una può essere stato molto piacevole, a un’altra può dare fastidio. → L’uomo dirige le dita verso l’osso pubico, come la donna ha fatto con lui poco prima. → La donna comunica all’uomo come preferisce venir toccata: non aspetterà che lui lo indovini; se lui non la tocca come lei desidererebbe, non significa che non la ami, ma che semplicemente non sa ancora come toccare i suoi genitali, anche perché i genitali di lui hanno tutta un’altra forma, tutt’altro ritmo. → Se l’uomo non è sicuro, può domandare indicazioni, può provare modi diversi: ma durante tutto il massaggio dovrà rimanere in contatto con il proprio respiro, centrato in se stesso, nel suo cerchio energetico, senza lasciarsi assorbire dall’energia femminile o dalla vista della sua amata con le gambe aperte. → L’uomo passa poi alla parte bassa dell’inguine, senza ancora toccare i genitali: sfiora, strofina, tocca, preme i solchi tra i genitali e le cosce; può usare anche dell’olio, perché la mano scivoli meglio; dopodiché è la volta dei genitali. → Può strofinare longitudinalmente le grandi labbra, con due dita, o sollevarle un po’ e prenderle fra le dita, o tirarle con delicatezza. La donna gli dirà quale modo la rilassa di più, come le piace di più. → Le piccole labbra vanno toccate con maggiore delicatezza e sempre ricordando che ora non si tratta di stimolare la donna, ma di rilassare i suoi genitali e di darle un piacere senza alcuno scopo ulteriore. L’uomo può prendere fra le dita le piccole labbra, passandovi sopra un altro dito; oppure tirarle leggermente in su e in giù, o toccarle con una carezza, leggera come un soffio. → Alla fine, l’uomo terrà l’osso sacro della donna per 5-10 minuti, come descritto prima. → La donna, ora, dovrà aprirsi a qualsiasi sensazione che cominci ad avvertire; potrà essere un senso di eccitazione, o di piacevole distensione; potrà percepire qualcosa come un fuoco, una forza, un desiderio; forse le verrà da ridere, oppure sentirà un impulso a muoversi
o qualcos’altro che non riuscirà, lì per lì, a controllare. L’uomo, dal canto suo, sappia che ciò che la donna sta provando ora non è rivolto verso di lui, è semplicemente un qualcosa racchiuso nei suoi genitali, che ne esce quando lui glieli massaggia, ma che non è lui a provocare. Il corpo contiene ricordi: di tempi belli, ricordi nostalgici, o di eventi che ci hanno fatto soffrire. Ora questi ricordi emergono, e tutto è possibile. Può avvenire che l’osso sacro si allarghi, che si restringa, che vi si avverta una energia concentrata, che la donna veda una luce, o molto altro ancora. → Alla fine rimanete entrambi per un po’ in questo spazio rilassato. Vi potete rannicchiare vicini, addormentarvi, rimanere sdraiati insieme, o ognuno per sé. Se fate l’amore, l’uomo mantenga quella rilassatezza che ha provato durante il massaggio; potrà forse scoprire un nuovo modo di fare l’amore. Forse seguirà un ritmo più lento con movimenti più leggeri, più ampi. È anche possibile che faccia dei sogni particolari questa notte. Questo massaggio è un’ottima occasione per sperimentare in un senso molto concreto quello che nel Tantra chiamiamo l’espansione dell’energia sessuale e di cui parleremo ancora più avanti. Lo si può immaginare come un estendersi dell’eccitazione, che inizialmente è concentrata per lo più nella zona genitale, e che appena trova maggiore spazio all’interno di un corpo rilassato e consapevole, si allarga fino a comprendere anche il centro del cuore e il centro della testa, fino a diventare un’energia che ti avvolge completamente. Controllare l’eiaculazione: un mito Molti testi tantrici e taoisti parlano del controllo dell’eiaculazione. La prima immagine che ciò suscita solitamente nel lettore è quella di un rubinetto che si chiuda, o di un qualche sforzo da fare con il perineo o con i genitali per trattenere l’energia. Questo è un grande equivoco: non si tratta né di chiudere con la forza un flusso che avviene naturalmente, né di controllare o trattenere una energia che sa benissimo dove vuole andare, né di bloccare qualcosa che deve uscire, o di fermare, come che sia, un processo che si è già avviato. Tutti questi tentativi sono forme di violenza contro se stessi in nome d’una crescita spirituale: un’altra freccia contro il principio maschile, scoccata dal pregiudizio secondo il quale il maschio dovrebbe contenersi e controllarsi per arrivare alla realizzazione di sé. In realtà, il principio autentico della non-eiaculazione non è quello di frenare le energie già messe in moto ma di fare in modo che esse non si orientino affatto verso 1’eiaculazione, In altre parole, significa espandere il contenitore energetico nel nostro bacino in modo tale che l’energia che si accumula durante l’eccitazione non raggiunga quel grado di pressione che la rende insostenibile, oltre il quale essa fuoriesce insieme allo sperma, come il vapore attraverso una valvola di sfiato. L’arte, nelle pratiche tantriche, consiste proprio nell’espandere questo contenitore energetico – che non è un organo o un tubo, o un qualcosa di materiale, ma la precisa sensazione soggettiva di poter immagazzinare molta
più energia nel bacino, e di potersi godere questa grande forza della sessualità maschile, dandole più spazio dentro di noi. Il che non c’entra con la tecnica d’una particolare pressione da esercitare nel giusto momento al punto giusto, ma è una vera e propria apertura energetica, che si accompagna a una apertura emozionale. Vale qui la metafora di un famoso maestro zen, che alla domanda: “Come si fa a controllare la mente?” rispose: “Dare al vostro toro un pascolo grande ed esteso è il miglior modo per controllarlo. Lo stesso vale per voi. Se nella vostra meditazione volete raggiungere la tranquillità completa, non lasciatevi impressionare dalle diverse immagini che troverete nella vostra testa. Lasciatele venire e lasciatele sparire: allora saranno sotto il vostro controllo. Ma ciò non è così semplice. Quando tenterete di raggiungere uno stato di pace interiore, non riuscirete a rimanere seduti; e quando cercherete di non sentirvi disturbati da nulla, il vostro impegno non sarà l’impegno che occorre. L’unico impegno che vi può aiutare, è quello di concentrarvi sull’inspirazione e sull’espirazione. Lo chiamiamo concentrazione, ma concentrare la vostra attenzione su qualcosa di preciso non è il vero scopo della meditazione. Il vero scopo è vedere le cose come sono, e nel lasciar che tutto vada come deve andare. Questo atteggiamento è ciò che permetterà di avere ogni cosa sotto controllo. Meditare vuol dire aprire la nostra piccola mente, perciò la concentrazione è soltanto uno strumento che vi aiuterà a percepire la mente più grande, o la mente che è ovunque” [41]. Questo principio del “controllo della mente” può senz’altro venir applicato anche al controllo dell’eiaculazione: anche qui si tratta di non lasciarti impressionare dalle forze che senti nei tuoi genitali, di lasciarle venire e sparire senza cercare di pacificarle, bensì seguendo semplicemente il ritmo del tuo respiro, lasciando che tutto vada come sta andando e percependo le sensazioni nel tuo corpo così come esse semplicemente sono. Praticare il Tantra vuol dire aprire il nostro piccolo corpo energetico e la focalizzazione è soltanto uno strumento che ci aiuta a percepire quelle energie più grandi che sono ovunque. È ciò, appunto, richiede tempo, non lo si può ottenere ricorrendo a una semplice “tecnica” – giacché essere consapevole della mente o essere consapevole della propria energia sessuale è in fondo la stessa cosa. È un processo di espansione di tutto il tuo essere maschile, non soltanto della tua sessualità, ed è un processo che ha inizio con il risvegliarsi d’un serio interesse per se stesso e con una scelta, la scelta di assumersi la responsabilità della propria virilità e del proprio benessere. Va inoltre considerato, a tale riguardo, che le meditazioni per il congiungimento senza eiaculazione descritte nei testi indiani e tibetani erano destinate a persone che avevano già alle loro spalle un lungo percorso spirituale, che avevano già allargato il loro contenitore energetico, perciò non possiamo applicare queste pratiche tantriche in maniera immediata, nel nostro modo abituale di fare l’amore. In molti libri recenti sul Tantra si fa una certa confusione tra lo stato psicocorporeo e il suo fenomeno, la non-eiaculazione. Quando ci avviciniamo ai livelli superiori dell’orgasmo, entriamo in degli spazi meditativi, nei quali siamo 41 - Suzuki Shunryu, Zen mind, Beginner's Mind, New York-Tokyo 1970.
talmente assorbiti con tutto il nostro essere da non sentire più lo stimolo a eiaculare: non c’è più nessun bisogno di espellere l’energia accumulata, poiché essa ha trovato altre strade. E non-“tratteniamo” nulla, siamo semplicemente così rilassati, nella nostra carica energetica, che questa si è estesa di per sé senza concentrarsi nei genitali, è andata altrove, si è sparsa nei centri energetici superiori. Quando al contrario tratteniamo l’eiaculazione, non ne consegue affatto necessariamente che tale carica si estenda altrove, su tutto il corpo e che ci permetta di raggiungere quegli stessi stadi della meditazione. Anzi, è più probabile che un simile sforzo aggiunga soltanto un’ulteriore tensione a quelle che già portiamo con noi. Tutto il segreto della ritenzione del seme consiste nel “rilassarsi sempre di più, e seguire con la mente l’energia attraverso il corpo fisico lungo le vie assegnategli dalla natura per aiutarla a raggiungere ogni punto desiderato. Il miglior amante è l’uomo completamente rilassato e perfettamente consapevole di quanto avviene dentro di lui”. [42]. L’energia sessuale rimane bilanciata nel triangolo tra eccitazione, rilassatezza e consapevolezza che, partendo dal centro sessuale, si espande al bacino e a tutto il corpo. In modo simile quando sono assorto nella meditazione non avverto più nessun impulso a muovermi, e mi sento molto bene e rilassato, in questa condizione, ma la capacità di rimanere seduto senza muovermi è l’effetto, non la causa di tale condizione, che la meditazione permette di raggiungere. Se invece ritorno tutto teso dall’ufficio, e mi siedo su una sedia e mi impongo di rimanere lì per mezz’ora senza muovermi sperando di entrare in meditazione, è molto più probabile che riesca soltanto a irrigidirmi ancora di più.
Lasciate pur perdere anche quelle svariate dicerie riguardo al fatto che nell’arco della vita ci siano concessi solo un numero limitato di eiaculazioni, e che dunque meno eiaculiamo e più a lungo viviamo. Queste credenze, confutate dalle ricerche andrologiche [43] non vengono dal taoismo ma da superstizioni cinesi. Se fossero vere non leggereste questo libro, perché sarei già morto da molto tempo. Quello che ti fa crescere spiritualmente non è il fatto che tu eiaculi o meno durante il ciclo sessuale, ma solo l’altezza che riesci a raggiungere nella tua curva orgasmica e la misura incui ti lasci coinvolgere fisicamente, emotivamente e mentalmente prima di eiaculare. Se sei riuscito a mantenere la tua carica più del solito e hai portato il tuo livello energetico vicino alla seconda soglia, puoi decidere tu stesso se mantenere la carica ulteriormente o goderti una bella eiaculazione. Puoi provare l’una cosa e poi l’altra, e valutarne le conseguenze. Ci sono uomini che affermano di sentirsi più svegli e più pieni di forza se non eiaculano a ogni rapporto, altri invece dicono che subito dopo un rapporto senza eiaculazione si sentono bene, ma dopo qualche ora diventano nervosi e tesi. Altri ancora preferiscono eiaculare una volta su due o 42 - Mantak Chia, Il Tao Yoga dell'Amore, Roma 1992, p. 133. (Orig. Taoist Secrets of Love, New York 1984.) 43 - GianFranco d'Ottavio e Chiara Simonelli, Andrologia e psicopatologia del comportamento sessuale, Roma 1990, p. 112.
una volta su tre o quattro. Il modo più sicuro per trovare la propria risposta è quello di sperimentare. Il circuito tra cuore e sesso “Nel 1970 giunse in California Thakin Kung, un giovane maestro spirituale birmano e presentò una teoria semplice ma efficace, secondo la quale il cuore del maschio – ovvero il suo 4° chakra – è yin, ricettivo, negativo e fresco, mentre il suo polo genitale – ovvero il 1° chakra – è yang, aggressivo, positivo, caldo. La polarizzazione nella donna è al contrario: lei è yang al cuore e yin al polo genitale. L’obiettivo energetico nell’atto sessuale è lo scambio delle cariche elementari tra l’uomo e la donna, con il risultato che ambedue raggiungono un maggior equilibrio all’interno del loro sistema. Contemporaneamente, durante l’atto il potenziale energetico aumenta in entrambi. Quando l’uomo è da solo, nei suoi genitali aumenta la pressione yang; quando essa raggiunge una certa soglia, nasce in lui il desiderio di unirsi di nuovo con la sua amata e di far diminuire così la carica yang nei suoi genitali, e di far aumentare la carica nel suo cuore. Se l’uomo teme lo scambio energetico al livello del cuore, bloccherà, finché è da solo, l’accrescersi dell’energia yin nel suo cuore e perciò al successivo incontro con l’amata non sarà completamente presente, in senso energetico, e non riuscirà ad avere uno scambio energetico. E ciò, purtroppo, accade a tanti uomini ed è una causa dei frequenti disturbi sessuali nella nostra società. Molti uomini si preoccupano più di far decrescere la pressione energetica nel loro polo genitale, e assai meno dell’altra metà del circuito energetico. Il risultato dell’atto amoroso è del tutto diverso, se l’obiettivo è un’armonizzazione essenziale delle energie sessuali. Appena la consapevolezza si è estesa fino a comprendere, oltre ai genitali, anche il cuore, questa determina uno stato energetico nel corpo che fa diventare l’atto sessuale un avvenimento travolgente.” [44]. Pertanto è abbastanza inutile che l’uomo, nell’incontrare la donna, nasconda il proprio desiderio sessuale, così come è inutile che cerchi di fingere tanto affetto quanto lei ne mostra verso di lui. Ma esattamente in questo inferno vengono a trovarsi molti maschi, che faticano a dire a una donna in modo chiaro, e in armonia con le proprie sensazioni corporee, che la desiderano innanzi tutto sessualmente, o che hanno paura di lasciarsi “coinvolgere”, di lasciarsi prendere nella sfera dei loro sentimenti e nel polo del cuore. Questo vero e proprio disastro energetico, poggia sulla convinzione assai diffusa che l’amore sia bello ma che il sesso sia sporco. Anche le persone più aperte e aggiornate che non considerano più il sesso come un qualcosa di sporco, ritengono in gran parte che l’amore sia comunque più “evoluto” del sesso. Quante donne, quando si arriva al dunque, esclamano con tono indignato: “Ma tu vuoi solo sesso!”. Una frase che, se la si prende per ciò che dice, è completamente priva di senso: basta infatti rispondere “sì, ora voglio fare sesso con te...”. Il vero problema nasce quando il pregiudizio delle donne nei riguardi degli uomini (e del sesso), tramandato dalla nonna alla mamma 44 - Selby John, Kraftquelle Kundalini - die Sublimierung miinnlicher 1966.)
alla figlia, si trova a coincidere con il pregiudizio del maschio nei riguardi della propria sessualità, quando cioè anche lui è in fondo convinto che il sesso sia un qualcosa di inferiore e che un uomo si dovrebbe controllare, o essere più sensibile ecc. Ma quanto più l’uomo cerca di nascondere o di reprimere il proprio desiderio sessuale, tanto più questo suo desiderio si manifesterà in maniera indiretta, per esempio attraverso i gesti o gli sguardi, e una donna appena un po’ sensibile lo noterà subito, dato che le sue antenne energetiche sono sempre attratte dagli uomini che possono desiderarla. E quanto più un uomo rinnega la propria realtà energetica – che si accende assai più nel sesso che non nel cuore – tanto più si vedrà messo in discussione, criticato, contestato, poiché finirà per non essere né pesce né carne. Intendiamoci, noi non vogliamo dire che la soluzione sia lo stupro istantaneo ogni volta che un uomo avverte il proprio desiderio sessuale, ma che sarebbe un’ottima cosa se egli, prima di tutto, rimanesse fedele a se stesso, a ciò che prova e sente nel suo corpo, e non a ciò che pensa sia opportuno provare. In secondo luogo, sarebbe altrettanto auspicabile che l’uomo riuscisse a comunicare quello che avviene in lui anche alla donna (che tanto, se ne sarà accorta comunque): questa sincerità verso se stessi è infatti la base per arrivare a un autentico accordo con una donna, e in più crea quello spazio mentale più aperto, in cui l’energia, concentratasi nei genitali, potrà cominciare a espandersi. Per l’uomo, l’accettazione delle proprie pulsioni e la sincerità nel comunicare, sono i presupposti indispensabili per l’aprirsi del cuore, e per divenire ricettivo all’energia femminile. Ed è più una questione di chiarezza interiore e di onestà con se stessi, che non di un particolare comportamento esteriore. Cambia tutto, se invece di pensare “come posso fare per trascinarla su un letto il più presto possibile” l’uomo si domanda: “Dove sento la mia forza e come posso condividerla con la donna che desidero?”. Solo allora tutta la dinamica energetica del rapporto tra uomo e donna cambia nella direzione che in fondo tutti e due desiderano. La conseguenza più bella, però, è che quando accetta la propria carica genitale e la percepisce chiaramente in ogni millimetro quadrato del pene, l’uomo non diventa quella bestia irrefrenabile – che la donna teme e che la deve penetrare subito per non scoppiare – ma si può godere la propria eccitazione molto consapevolmente, e la penetrazione non diventa più un dovere, ma una possibilità: può per esempio avvenire in modo così lento che la donna stessa scopra di desiderarlo ancor più di lui. Allora, non è tanto lui che la apre con la sua pressione, ma lei che si apre e lo invita dentro di sé; ciò crea sensazioni del tutto diverse più piacevoli per entrambi. A sua volta, la donna – essendo più carica al livello del cuore che non nel sesso – se decide di aspettare a fare l’amore con l’uomo che la ama come lei lo ama, può benissimo rimandare anche per lungo tempo. Perciò avviene tanto spesso che “lui voleva e lei no”. Così come l’uomo non è onesto con la sua realtà corporea ed energetica, allo stesso modo anche la donna è spesso incline a seguire più le sue voci interiori (che hanno la loro origine in una tradizione di secoli di repressione sessuale, e non dalla situazione attuale) che non gli impulsi del suo corpo. A molte donne sembra inimmaginabile, ma una vagina rilassata ha sempre voglia di fare l’amore. Quello che vieta alle donne di seguire le loro sensazioni corporee e il flusso naturale dell’energia, è una lunga
tradizione di denigrazione della sessualità e in particolare della sessualità femminile. Molte donne confondono l’aprirsi con l’essere sottomesse, l’abbandonarsi al proprio piacere con l’abbandonarsi all’uomo, il decidere di lasciarlo entrare in sé con l’essere a sua disposizione, e il divenire vittime del sesso. Per reazione, molte donne nell’epoca dell’emancipazione sono passate all’estremo opposto, hanno deciso di riappropriarsi della propria sessualità, di diventare sessualmente attive: e lo hanno fatto in modo maschile, sono cioè diventate attive nel 1° chakra. È un atteggiamento vantaggioso nel mondo del lavoro, ma a letto comporta una lunga serie di frustrazioni perché la donna che diventa energeticamente aggressiva nel centro sessuale va incontro a due possibilità: o entra in conflitto con l’energia attiva che proviene dall’uomo, o trova un uomo sessualmente debole. In ogni caso, si preclude l’accesso alle sensazioni più raffinate e più sottili della sessualità femminile. Ciò non va inteso nel senso che la donna debba tornare al vecchio vittimismo e subire ciò che riceve dall’uomo. Viceversa, la donna oggi è più responsabile nei riguardi della sua sessualità, ma nei riguardi della sua sessualità femminile, che non significa imitare l’uomo, bensì decidere consapevolmente di aprirsi e di diventare ricettiva nel 1° chakra e di continuare con coraggio a emanare l’energia dal suo cuore, per chiudere il circuito. Per la donna questo compito è una sfida non meno grande di quanto lo sia per l’uomo. Se, in questo senso, tutti e due seguono i loro impulsi corporei ed energetici, avviene una cosa molto semplice ma molto piacevole per entrambi: • la donna ama l’uomo a partire dal suo cuore attivo, e così lo aiuta ad aprirsi ai propri sentimenti e ottiene ciò che vuole: cioè un uomo che apra anch’egli il suo cuore e diventi più sensibile nei riguardi di se stesso, e di conseguenza anche nei riguardi di lei; • l’uomo, con il suo desiderio che è espressione del suo polo attivo, il pene, aiuta la donna a riscoprire il suo corpo e la sua energia sessuale, attraverso la vagina. Se comprendiamo questo circuito, non dovremo più aspettare che l’altro si attivi nel suo polo ricettivo (ovvero che lei aspetti che lui la ami, e che lui aspetti che lei lo desideri sessualmente) causando una serie di equivoci e inconvenienti, ma ciascuno si riterrà responsabile per il suo polo attivo, e seguirà i propri impulsi, sapendo che in cambio riceverà dall’altro quella componente complementare, quell’altra metà dell’intero, che sboccia dall’aprirsi del polo ricettivo dell’altro: l’uomo darà sesso e riceverà amore, la donna darà amore e riceverà sesso. In questo modo si crea il circuito energetico che unisce cuore e sesso sia nell’uomo che nella donna, e si ristrutturano i due livelli nei quali uomo e donna possono scambiarsi i loro doni più preziosi: il loro amore e il loro sesso. Facciamo un esercizio pratico per aggiungere a questa descrizione teorica anche l’esperienza corporea: fate di nuovo l’esercizio all’inizio di questo capitolo – “Sincronizzare il sesso” a pag. 90 – e quando avrete raggiunto quel respiro ciclico sintonizzato con la rotazione, inserite questa modifica.
→ invertite il respiro: quando lui inspira, lei espira – e viceversa. La prima volta che lo farete vi sentirete confusi, all’inizio; continuate, finché anche questo nuovo ritmo non diventa un’onda che vi spinge sempre più avanti. → L’uomo, mentre espira, immaginerà di lasciar scendere l’energia verso il basso, dal cuore verso i genitali e di farla uscire attraverso il pene, che la comunica alla donna; quando inspira, invece, si immaginerà di assorbire l’energia che la donna gli manda dai seni, e che si comunica al suo cuore. → La donna farà il contrario: mentre inspira, immaginerà di assorbire l’energia che le arriva dal pene dell’uomo, e che dalla vagina sale verso il cuore; quando espira, la farà uscire attraverso i seni, per mandarla al cuore dell’uomo. → All’inizio potete sottolineare questo flusso energetico anche con i brevi movimenti delle mani, per familiarizzarsi meglio con esso. Quando visualizzerete questo circuito energetico, non fate alcuno sforzo mentale, non cercate neppure di concentrarvi sulla visualizzazione: lasciate soltanto emergere le immagini nella vostra fantasia, e le immagini seguiranno di per sé il ritmo del vostro respiro e i movimenti del bacino. → Continuate così per circa 10 minuti, sempre guardandovi l’un l’altra con quello sguardo sfocato che ormai conoscete bene; e fate attenzione a quel che succederà nel vostro corpo. E ricordate: potrà essere un’esperienza molto piacevole. La prossima volta che fate l’amore, potrete sperimentare questa forma di respiro e di movimento insieme alla visualizzazione energetica nell’atto amoroso. La curva orgasmica Dopo aver esaminato negli scorsi capitoli l’aspetto rilassante nella sessualità, possiamo tornare al suo aspetto eccitante – che assume ora tutt’altro carattere. Lo sviluppo energetico nell’atto sessuale segue una curva che nei libri sulla sessualità viene solitamente descritta così: [45] “Vi si distinguono quattro fasi: 1. l’eccitamento, 2. il plateau, 3. l’orgasmo 4. la risoluzione. Nei testi consueti si parla di tensione sessuale, che, prodotta da adeguate stimolazioni, continua a crescere fino a rilasciarsi nell’orgasmo. Mentre l’uomo tra un orgasmo e un altro ha un periodo di stasi, la donna può avere orgasmi multipli, e anche il cosiddetto “orgasmo di plateau”. 45 - William Masters eVirginia Johnson, L'attosessualeneil'uomoenetla donna, Milano 1994, p. 15. (Orig. Human Sexual Response, USA
Nel Tantra, questa curva ha un andamento ben più ampio e invece della “tensione sessuale”, si ha quella carica energetica in cui eccitazione e rilassamento si integrano. Questa carica energetica segue la stessa curva che abbiamo appena visto – e che d’altronde descrive non soltanto l’atto sessuale, ma la dinamica di tutte le attività dell’essere umano: il parto, la morte, la danza, l’elaborazione di un progetto, l’estasi, il ciclo vitale nel suo complesso, ecc. La curva orgasmica diventa dunque uno strumento per ampliare non soltanto il piacere sessuale ma anche la coscienza, in due direzioni: 1. estendendo la durata temporale della curva; 2. accrescendone il livello d’intensità. E questi due ampliamenti non avvengono in un qualche senso simbolico ometaforico, ma in un senso molto concreto, reale. Ma vediamo le fasi in dettaglio. Gabrielle Roth, che ha dedicato decenni allo studio delle danze di vari popoli del mondo, le riconduce tutte a una sequenza di cinque movimenti di base che corrisponde ottimamente all’andamento della curva orgasmica: [46] 1. Fluire: è un ritmo fluido come l’acqua, i suoi movimenti sono rotondi, teneri, ondeggianti, un movimento sfocia nel successivo senza alcuna soluzione di continuità. Nell’atto amoroso, corrisponde ai preliminari. È la fase piena di desiderio. 2. Staccato: un ritmo pulsante, pieno di energia, con movimenti bruschi e forti, l’uno staccato dall’altro, ha il ritmo dei tamburi, è forza passionale, è il crescendo del desiderio sessuale. 3. Caos: in questa fase, nella danza proprio come nel sesso, i movimenti sfuggono al controllo, diventano autonomi, coinvolgono tutto l’essere, hanno perso qualsiasi direzione precisa, seguono soltanto una loro logica, e culminano in un apice, in un orgasmo. 4. Lirico: è la fase nella quale ci sentiamo d’un tratto leggeri, come se fossimo su una nuvola che ci guida nella danza senza più alcuno sforzo; tutto il corpo è pervaso da un ardore sensuale. Nell’atto amoroso, è a questo punto che ci ritroviamo tra le braccia del partner, con il nostro corpo colmo dell’eco delle pulsazioni appena trascorse. 5. Silenzio: sereni e rilassati come la luce del tramonto, percepiamo ogni piccolo movimento che sorge dalla carica energetica di ciò che abbiamo appena vissuto, e che riempie completamente la nostra attenzione. Ci sentiamo limpidi, e contenti di essere come siamo. Nell’atto amoroso abbiamo l’impressione di poter stare così per ore, siamo ancora colmi di energia e sensazioni sottili, ma pacati e silenziosi all’esterno. 46 - Gabrielle Roth, Das befreite Herz, Munchen 1995, pp. 50 segg. (Orig. Maps to Ecstasy, San Rafael, 1989.)
“Se la donna ha già avuto l’esperienza del parto, riconoscerà facilmente questi stessi ritmi nel ricordo che ne ha: le contrazioni che all’inizio sono più pulsanti e ritmiche, poi diventano più pressanti e convulse, e nella terza fase diventano impetuose, ed esercitano una spinta irresistibile, ormai sottratta al suo controllo; la quarta fase è l’espulsione della placenta, e la quinta è la profonda soddisfazione, con il bambino in braccio”. [47] L’uomo a sua volta, potrà riconoscere queste fasi nell’elaborazione d’un qualsiasi suo progetto importante: la prima fase è quella in cui ti muovi da un’idea all’altra, discuti con il tale e il talaltro, fai abbozzi e calcoli veloci, per poi arrivare alla concretizzazione – che è la fase dello staccato: impegno totale, attività intensa e molteplice, ritmo deciso, fino a giungere a quei momenti caotici in cui le telefonate si accavallano, l’assetto definitivo viene più volte mutato da improvvise modifiche, i collaboratori sembrano impazziti, ognuno sembra tirar l’acqua al suo mulino, ma infine, in un modo o nell’altro, si arriva alla realizzazione. Segue la fase lirica, in cui si danno i tocchi finali con la leggerezza di chi sa che “ci siamo”, e poi presenti la tua opera, per cadere poi in una silenziosa soddisfazione, nella certezza d’aver fatto bene quel che dovevi, e di poterne godere i frutti. A questi ritmi si possono correlare anche degli stati d’animo e un’attivazione di certi chakra che si notano al procedere della curva orgasmica – e anche nell’atto amoroso quando ci entriamo pienamente: usiamo molto questi 5 ritmi nei corsi di Tantra, perché sono un ottimo mezzo per inquadrare indirettamente il fenomeno dell’orgasmo, e per metterlo in rapporto con tante altre esperienze e situazioni di carattere non sessuale. L’esercizio dei 5 ritmi Per il prossimo esercizio, puoi usare il CD Initiation di G. Roth, o preparare tu stesso una serie di brani musicali diversi, della stessa durata, che corrispondano ai 5 ritmi descritti. Quando avrai ripetuto l’esercizio un paio di volte, noterai che la musica ti porta da sola da un ritmo all’altro, lungo quella curva che il nostro corpo ben conosce e ti potrai chiedere: • con quale ritmo hai delle difficoltà; • quale ritmo ti riesce più facile; • in che misura hai accesso alle emozioni connesse a ciascun ritmo; • in che modo questa curva rispecchia il tuo ciclo sessuale e i tuoi cicli in altri ambiti dell’esperienza. Ritmo Fluire Staccato Caotico Lirico silenzio
Stato d’animo Sensualità Aggressività, rabbia, pulsione Tristezza ptrofonda, distacco dall’io Gioia Sentirsi connesso
Chakra 2 3
47 - Kaye Hoffmann, Dimension der Ekstase, Munchen 1994, p, 146.
4 5 6
Traccia la tua curva → In un secondo momento puoi sperimentare la tua “curva orgasmica personale”. Mettiti di fronte al tuo partner, e fai un movimento senza la musica: puoi cominciare muovendo un braccio o una gamba, fai un qualsiasi movimento che puoi ripetere facilmente e lascia che questo movimento si amplii, che diventi più grande. Poi esegui questo movimento con tutto il corpo e ridisegna i 5 ritmi nel tuo modo personale senza curarti del trascorrere del tempo, e concentrando la tua attenzione solo sul movimento che ben presto comincerà a guidare il tuo corpo. Lascia che sia questo movimento a condurti: potrà succederti quel che succede a Paola, che non perde volentieri il controllo di se stessa e ha una fase di staccato piuttosto rapida e un apice lungo e piatto; oppure come a Marco, che ripete due e anche tre volte la fase di staccato, e che poi ha ancora l’impressione che ciò che ha fatto non sia abbastanza. Potrà succederti come a Fabrizia che dopo la prima curva ci prende gusto e ne compie un’altra, più armoniosa della prima; o come a Sabina, che inizia con una piccola curva giusto per prender lo slancio, e poi parte sul serio. → Mentre tu sei completamente assorto dal tuo movimento, il tuo partner ti osserva e riproduce la tua curva in un disegno, su un foglio di carta. Poi cambiate ruolo e osservate e commentate i vostri due disegni; e provate a capire come si manifestano le vostre curve nelle diverse situazioni della vostra vita, e non soltanto nella sessualità. Vediamo qualche altra caratteristica della curva orgasmica. La prima fase è strettamente connessa con l’intimità, con il lasciarsi andare ai sentimenti: è in questa fase che si segue l’ispirazione del momento, e ci si apre agli aspetti più dolci e rilassanti della sessualità. Se si cominciasse subito con lo staccato, con l’aspetto più attivo, senza concedersi un preludio, ci si stancherebbe ben presto e nella seconda fase si avvertirebbero sensazioni di fatica. L’ampiezza della curva è minore, quando ci si sforza di recitare la parte del buon amante, con l’ansia di fare tutto come si deve: di solito, in questi casi, si riesce a gestire bene le prime due fasi, ma la terza è fiacca, la quarta ha un rapido calo, e la fase lirica e la fase del silenzio sono assai brevi. La seconda fase, lo staccato, ha carattere aggressivo e in molti si associa con immagini di punizioni, di urla, o vessazioni – immagini cioè di una forza che si rivolge contro di loro, invece che con la sensazione di gioire della propria forza. Queste persone tendono perciò a evitare la seconda fase, non riescono a reggere alla sua carica energetica, o dicono a se stessi e al partner: “Basta, non ce la faccio più, mi gira la testa...” Se respiri poco profondamente e focalizzi la tua attenzione più sulle idee e sui pensieri che non sulle sensazioni, non riesci a contenere l’energia e hai un orgasmo breve e veloce. Più ti lasci coinvolgere nelle varie fasi, e più emergono nella mente immagini, sentimenti e ricordi che non sono connessi con il piacere, proprio come succede quando lavoriamo con le 4 chiavi; sappiate che anche quelle
immagini, sentimenti e pensieri fanno parte del gioco, e si affacciano alla tua consapevolezza per venir risolti, compresi, accettati. Uno dei princìpi fondamentali nella sessualità consapevole è quello di ampliare sempre la curva, di spingerla sempre più in alto, indipendentemente dal fatto che i sentimenti e gli stati d’animo che in essa si destano siano gradevoli o sgradevoli. Quanto più ampliamo la curva, tanto più l’orgasmo diviene un evento autonomo dal nostro fare e dalla nostra volontà, un’esperienza che ci dischiude dimensioni più grandi dell’io e che ci carica di energia. Proprio il contrario, insomma, dell’orgasmo normale, dopo il quale ci si sente stanchi. Per poter perdere il controllo nella fase caotica (nell’orgasmo vero e proprio), bisogna avere un forte senso di sé, ben radicato nel corpo, non nelle idee e non nell’immagine che abbiamo di noi stessi. Suona paradossale, ma quanto più saldi sono i confini dell’io, tanto più facilmente ci si può abbandonare all’orgasmo. Solo un io forte e ben strutturato affronta un momento di caos con la certezza di poter tornare presto al suo mondo consueto, ordinato; un io debole al contrario, ha sempre paura di perdersi. Avviene così anche nell’estasi. Questa è la ragione per cui, prima di sperimentare tecniche estatiche, è necessario radicarsi saldamente alla terra e alla concretezza, giacché lo sviluppo della personalità è sempre prioritario rispetto a qualsiasi percorso spirituale. Il caos è anche la fase più profonda, dove incontri ciò che è più grande di te, dove la mente viene scossa come da un terremoto e l’ego comincia a sciogliersi. Per entrare con successo nel caos, per avere un bell’orgasmo, bisogna lasciarsi coinvolgere profondamente nelle prime due fasi. La fase lirica è proporzionale a quella dello staccato: quanto si arriva in alto nello staccato, tanto più potrai planare poi: molti non riescono a orientarsi, nella fase lirica: non hanno punti di riferimento ai quali guardare. Perciò non meravigliarti se incontri qualche difficoltà in questa fase. Fin da bambini impariamo a far credere agli altri che la nostra vita familiare sia armoniosa e allegra, ma nella maggior parte dei casi questa è solo finzione: è una maschera che ci mettiamo. Dietro alla maschera, c’è un gran vuoto e una totale assenza di gioia, connessa con il nostro sé profondo. Non per nulla l’Italia, che a prima vista sembra il Paese più allegro d’Europa, è anche il maggior consumatore di antidepressivi con 85 milioni di confezioni vendute ogni anno; La quinta fase, il silenzio, è il prodotto delle prime quattro, è la sua logica conseguenza. Se ci siamo lasciati coinvolgere pienamente nelle altre quattro, il silenzio si istaura da sé, ci riempie, ci nutre, ci dà una sensazione molto concreta, molto profonda, di essere, ci sentiamo uniti con noi stessi e con il partner, e ne traiamo una carica energetica che durerà per diverso tempo. Alla fine dell’atto amoroso, avvertiamo un’intimità più salda. Se invece abbiamo attraversato le altre quattro fasi alla bell’e meglio, il silenzio sarà molto breve, dovremo interromperlo con delle parole, o facendo qualcosa, o magari voltandoci dall’altra parte e addormentandoci subito. Nella curva orgasmica, spesso la donna non sa dove stia andando, ha una notevole carica energetica ma non ha una direzione. Non sa esattamente cosa vuole. Ciò risulta difficilmente comprensibile per l’uomo, che ha invece un
obiettivo ben preciso: l’orgasmo. In situazioni del genere, è bene che l’uomo tenga per sé le sue sensazioni, la sua consapevolezza di sé e del suo obiettivo, e che tuttavia prenda atto che per la donna è diverso – senza stare a ragionarci sopra, e senza tentare di comprenderla. Non c’è nulla da comprendere: è soltanto una diversa modalità energetica. La donna impiega spesso più tempo dell’uomo per percorrere le prime due fasi; se tenterà di accelerare la propria curva orgasmica per accontentare l’uomo, rischierà di perdere il contatto con le proprie sensazioni. La prossima volta che fai l’amore, osserva la tua curva orgasmica sotto il profilo dei cinque ritmi e comunica le tue osservazioni al partner. → Considera la tua curva: i tuoi punti forti e i tuoi punti deboli. → Qual è la durata delle varie fasi nella tua curva? Sono di uguale durata o alcune fasi sono più lunghe e altre più corte? → In che modo puoi rimanere entro la tua curva senza perdere il tuo intimo contatto con la curva del partner? → Disegnate una vostra curva comune: qual è la durata delle fasi, in questa curva? → Chi dei due prende l’iniziativa, chi dei due guida nelle varie fasi? → In quale punto la vostra curva comune mostra un divario? E in quali punti è invece armoniosa? → Cosa succede se vi scambiate il ruolo di guida? Se per esempio l’uomo ha sempre guidato nella fase dello staccato, cosa succede se è invece la donna a prendere la guida, e lui la segue? O se la donna ha sempre guidato la prima fase – con la seduzione – quali cambiamenti si notano se è lui a cominciare? → Infine, prova a guidare tu, nelle fasi in cui hai incontrato finora qualche difficoltà. Potrebbero aversi cambiamenti interessanti: come per Emma di Urbino, che per anni aveva faticato ad adattarsi ai ritmi piuttosto veloci del suo partner. Da quando ha assunto lei il ruolo di guida nelle prime due fasi, tutto l’amplesso è diventato più lungo: Emma ha riscoperto le sue tecniche di seduzione e ha ricominciato a gioire davvero nei suoi rapporti sessuali. 8° – Estendere l’orgasmo – La sessualità sacra L’orgasmo è più grande della fantasia L’orgasmo dura mediamente dieci secondi. Una coppia media fa l’amore 6-7 volte al mese, il che significa 65 secondi di orgasmo al mese oppure 13 minuti all’anno. Se calcoli quante ore e giorni dedichi ogni anno a pensare, a fantasticare e a coltivare timori e speranze intorno a questi 13 minuti di piacere, dovrai certamente riconoscere che val la pena di considerare con maggior attenzione questa esperienza, lasciandoci guidare dal nostro desiderio che ci indica la strada nella ricerca. Quando si cominciano a realizzare le fantasie sessuali allargando la mappa delle conoscenze – come descritto nel capitolo sei – prima o poi ci si accorge che i nostri desideri cambiano e aprono altre vie, verso nuove dimensioni della sessualità. Anche noi dopo aver messo in pratica diverse fantasie – scambi di coppia, una donna con due uomini, un
uomo con due donne, rapporti anali, orge – e poi un lungo periodo di monogamia chiusa – ci siamo accorti che c’era sempre un nuovo desiderio dietro tutti i desideri, e che quanto più sperimentavamo, tanto più questo desiderio prendeva forma e ci indirizzava verso un’esperienza sessuale più interiorizzata: così abbiamo cominciato a capire sempre di più cosa intendano i testi tantrici quando congiungono il sesso alla sacralità e descrivono il sesso come una porta che conduce alla liberazione completa dai legami del samsara. In Occidente l’unico residuo di questa connessione tra il sesso e l’esperienza sacra è il nome di “osso sacro”, dato all’osso che collega bacino e colonna vertebrale e che si trova nella parte più bassa del tronco, e non vicino a punti come il cuore o la testa, che per le religioni patriarcali sono assai più connessi con le forme della sacralità. Quando proviamo a estendere l’orgasmo, andiamo in realtà a toccare un terreno molto delicato: da un lato risvegliamo un grande desiderio (chi non vorrebbe provare un orgasmo più lungo o più intenso, o più lungo e intenso al contempo?), dall’altro svegliamo anche tutte le nostre voci inibitorie e i nostri mostri dormienti. Così qualcuno penserà subito: “Ora che so che esiste, devo assolutamente arrivare a un orgasmo più grande” o al contrario: “Ci provo, ma so già che non ce la farò”, e qualcuna si chiederà: “Ma se faccio fatica ad arrivare a un orgasmo normale, che cosa potrei mai estendere?”. Ma in ogni caso, vi garantiamo che vale la pena sperimentare le forme di orgasmo esteso. Chi lo ha provato ve lo potrà confermare. Ed è anche assai più semplice di quello che sembra. Le forme dell’orgasmo Quando una donna incontra la sua amica e le chiede “sei stata al mare?”, nel caso di una risposta affermativa la domanda successiva sarà “dove? sull’Adriatico? sul Tirreno, o alle Maldive?”. Quando invece la domanda è “sei arrivata all’orgasmo?” la risposta “sì” o “no” chiude di solito la conversazione sull’argomento, come se esistesse soltanto un orgasmo a questo mondo. Anche la letteratura scientifica spesso si accontenta di parlare di “orgasmo” senza curarsi delle sue varie forme e dei modi di viverlo. In linea generale, si può dire che l’orgasmo femminile e quello maschile si distinguono l’uno dall’altro per la frequenza e per il livello di coinvolgimento: • le donne ci arrivano meno sovente, ma quando ci arrivano lo vivono come un evento più coinvolgente a livello emotivo e mentale; • gli uomini ci arrivano quasi sempre, ma lo vivono più come un evento genitale e corporeo. In conseguenza di ciò, lo scopo della ricerca dovrà essere duplice: per la donna, si tratterà di aprirsi rimanendo in contatto con l’eccitazione sessuale, in modo da giungere più spesso all’orgasmo, mentre l’uomo avrà il compito di aprirsi energeticamente, per espandere di più l’orgasmo nel corpo e in tutto il suo essere. E per prima cosa, occorre sfatare i due grandi miti che contornano la nostra immagine consueta dell’orgasmo. 1. L’uomo associa l’orgasmo all’eiaculazione, e quando sente e vede uscire lo sperma non si preoccupa più del proprio orgasmo, della sua
intensità, della sua estensione nel corpo e nella mente, o delle sue sfumature: lo ha avuto e basta. Viceversa appena iniziamo a sperimentare con diverse forme di orgasmo, ci accorgiamo che ci sono orgasmi senza eiaculazione ed eiaculazioni senza orgasmo. L’eiaculazione è un evento fisiologico, mentre l’orgasmo è un evento energetico: per lo più si manifestano simultaneamente, ma non sempre, e non è affatto necessario che avvenga così. Mentre l’eiaculazione è un fenomeno relativamente semplice – (anche se la possiamo percepire in modi molto più piacevoli di quello a noi già noto), – l’orgasmo può assumere diverse forme e sfumature, e raggiungere diversi gradi di intensità: può diventare piccolo o grande, piatto o profondo, ecc. 2. L’orgasmo femminile, invece, si associa in genere con la domanda “c’è stato davvero, o no?”; e questa domanda è connessa a una ben precisa forma di orgasmo, e precisamente l’orgasmo dei film porno: quello con grida, urla, sobbalzi e contorcimenti. Se nella tua immaginazione esiste soltanto questo tipo di orgasmo, può succederti come a quella donna, il cui marito era convinto che non avesse orgasmi, perché non gli graffiava la schiena e non gemeva come la sua partner precedente. Un’altra donna iniziò a dubitare del suo orgasmo quando il suo medico le chiese se aveva delle contrazioni vaginali. Non ne aveva, o almeno non ne aveva mai percepite: e ricevette perciò la diagnosi di “anorgasmia”, e le venne prescritta una terapia sessuologica. Spesso le donne non interpretano le loro reazioni sessuali come orgasmi, perché non coincidono con ciò che esse si immaginano o si aspettano che l’orgasmo debba essere. Dato che poche donne parlano della loro sessualità, non hanno modo di conoscere la vasta gamma di reazioni sessuali che si possono considerare come orgasmi. La maggior parte delle donne vive i primi orgasmi in modo molto quieto, blando, mentre si aspetta dei veri e propri fuochi d’artificio. E se una donna racconta che durante l’orgasmo dimentica tutto il mondo e avverte contrazioni nel ventre e lungo le braccia e le gambe, l’amica che l’ascolta potrà pensare che la sua sensazione di calore fluttuante e l’improvviso addolcirsi dell’ardore siano qualcosa d’inferiore all’orgasmo. [48]. Nessuna donna dubiterebbe di avere un viso, solo perché il suo viso è più dolce e meno marcato di quello dell’amica: ma la maggior parte delle donne dubita di aver avuto un orgasmo, se non lo vivono come un vero e proprio terremoto. In realtà, – più che di un orgasmo – conviene parlare di un campo orgasmico compreso tra la carica energetica (l’altezza della curva orgasmica) da un lato, e il grado di estensione dell’orgasmo nel corpo, dall’altro.
48 - Lonnie Barbach, Mehr Lust, Hamburg 1995, p.100. (Orig. For Each Other. Sharing Sexual Intimacy, New York 1982.)
Come tutti i concetti, anche il concetto di “orgasmo” è principalmente una convenzione sociale che si modifica col passare del tempo. Così, fino a qualche tempo fa, il grande problema della donna era quello di arrivare all’orgasmo, mentre l’uomo si preoccupava di non arrivarvi troppo presto. Oggi, con il parificarsi dei ruoli femminili e maschili nella vita professionale e familiare, si sta verificando anche il caso opposto: “L’eiaculazione ritardata dell’uomo è ancora poco diffusa, ma in costante aumento”, [49], e tra le ricercatrici californiane sta prendendo piede il concetto di un “orgasmo precoce” della donna in carriera, che caratterizza l’abitudine di procurarsi l’orgasmo attraverso una breve e forte stimolazione clitoridea per sbarazzarsi delle tensioni – il che è quasi il tentativo di imitare l’orgasmo maschile. Questo esempio ci dimostra come nell’arco di pochi anni si siano delineate nuove forme di orgasmo; e se andassimo a cercare in epoche più remote, o in altre culture, troveremmo certamente molte altre varianti. Ma senza allontanarci troppo, dai partecipanti ai nostri corsi di Tantra apprendiamo che nell’orgasmo: • alcuni provano una sensazione di scioglimento, come se il miele attraversasse il loro corpo; altri lo sentono come una cannonata di fuoco che esce da una tensione dei muscoli delle gambe e della pancia; • alcuni sentono un calore diffuso; altri sentono onde fini e vibranti che partono dai genitali; • alcuni lo percepiscono solo nei genitali; altri in un’ampia parte del corpo; • alcuni parlano d’una distorsione delle percezioni spaziali e temporali; per altri è un profondo rilassamento di tutta la muscolatura; • per alcuni è l’obiettivo e il senso di tutto l’atto sessuale; altri lo vedono come la sua conclusione, senza attribuirvi una particolare attenzione; • c’è chi lo vive come una esplosione accompagnata da urla, lacrime e forti movimenti; e c’è chi lo vive invece come una scivolata silenziosa in uno spazio interiore, pieno di pace; • per alcuni l’intensità è abbastanza costante; per altri l’intensità varia moltissimo a seconda del grado di apertura affettiva e mentale nei riguardi del partner. Chi ha sperimentato le pratiche tantriche, descrive anche altre forme d’orgasmo: Un uomo: Appena mi sono svegliato la mattina sentivo tutto fuoco sotto la pelle, come uno strato sottile ma molto caldo, come se avessi sotto la pelle un’altra pelle che bruciava, poi una palla rossa e calorosa all’altezza dell’osso sacro con un alone arancione, all’inizio molto piccolo, che poi si espandeva e che nell’arco di qualche minuto arrivava a riempirmi tutto; poi toccava quello strato caldo sotto la pelle, attraversava la superficie del mio corpo e spariva nel buio, in un grande spazio silenzioso. Poi riappariva e spariva di nuovo, era come un’esplosione al rallentatore, che durava tantissimo e alla fine mi lasciava con una tale carica addosso, che avrei potuto far sesso all’infinito.
49 - Chiara Simonelli e altri, Diagnosi e trattamento delle disfunzioni sessuali, Milano 1996, p. 125.
Una donna: Ero già caricata dagli esercizi precedenti quando siamo andati a letto. Abbiamo fatto l’amore con tanto rispetto, con tanta leggerezza e luminosità: non era mai stato così prima. C’erano dei momenti fluidi in cui entravo come in un cerchio magico, e avvertivo delle sensazioni di calore che ritmicamente si riducevano e poi si rialzavano focosamente. Il mio compagno era dentro di me da un’ora e più, e sentivo che avrei potuto andare avanti ancora per molto tempo; non avvertivo in me nessun segno di stanchezza, e nei movimenti lenti mi accorgevo di entrare delicatamente in un’altra dimensione. Poi il mio uomo ebbe l’orgasmo e io con lui. In quel momento tutto il corpo, dai capelli fino alle dita dei piedi si rilassò così profondamente che finii come in una nuvola che mi avvolgeva dolcemente. Rimasi così per circa un’altra ora, in un tempo che non passava ma era come se mi assorbisse; io e il tempo eravamo tutt’uno, e io ero io ma allo stesso tempo non ero io. Mi sentivo leggera, volavo e quando ci siamo alzati potevamo capire anche senza parole che eravamo entrati in qualcosa di più grande di noi, che fino a quel momento non conoscevamo e anche oggi non riusciamo a definire. Dovevo camminare attentamente per non cadere, percepivo tutto come da un altro mondo: le pareti, il pavimento, il letto, tutto vibrava, cambiava forma e si muoveva con me e anche l’aria era piena di vibrazioni...
Nella tradizione sciamanica, [50], le diverse forme dell’orgasmo vengono riportate su due ruote, in relazione ai quattro aspetti dell’essere umano (mente-nord, emozione-sud, corpo-ovest, spirito-est). Ogni forma ha il suo valore e arricchisce la gamma dell’esperienza umana, nessuna è migliore o peggiore dell’altra, e nel nostro viaggio di ricerca interiore possiamo sperimentare anche le forme che conosciamo meno – e in particolar modo il cosiddetto “orgasmo di fuoco” al centro della ruota. Tutte sono forme di percezione soggettiva dell’orgasmo, che ai fini della crescita personale riteniamo assai più importanti che non le loro reazioni fisiologiche. La ruota dell’orgasmo maschile a. Ovest: il terremoto. È l’orgasmo cosiddetto “normale”. Avviene nel corpo che trema e vibra tutto, come in un grande brivido; l’energia è concentrata nei genitali; vi è forte erezione e forte eiaculazione. b. Sud: la valanga. Erezione debole o parziale, eiaculazione impulsiva. È un orgasmo emozionale. Si manifesta in onde più miti ed è trasportato da sentimenti che lo inondano e lo trascinano via. Si accompagna a tensioni e preoccupazioni per la donna. L’uomo entra nel suo bambino interiore. Termina spesso con un senso di delusione: “Sei arrivato troppo presto” (eiaculazione precoce). Il problema, tuttavia, non è la forma dell’orgasmo di per sé, ma il dramma che l’uomo ne fa. c. Nord: il tornado. Piena erezione, nessuna eiaculazione (eiaculazione retrograda). L’orgasmo arriva in ondate che si concentrano nella testa e nei genitali ed è accompagnato da immagini ricche di fantasia, e da un forte autocontrollo. Rimane presente per lungo tempo e arriva a un alto livello energetico. È usato in alcune pratiche taoiste e tantriche: quando senti lo sperma arrivare al punto di non ritorno, rilassa tutti i muscoli, specialmente perineo, ano e glutei e inizia a respirare ritmicamente; ciò ti 50 - Deer Tribe Metis Medicine Society, The Sweet Medicine Sundance Teaching of the Chuluaqui Quodoushka, Training Manual, Arizona 1997.
getterà in questa forma di orgasmo. Da non praticare spesso, altrimenti può creare problemi alla prostata. d. Est: l’incendio a tappeto. Nessuna erezione, nessuna eiaculazione, pieno orgasmo. Onde calde iniziano dai genitali e si espandono su tutta la superficie del corpo come fiamme. A volte questo fenomeno avviene anche come post-orgasmo. e. Centro: l’orgasmo di fuoco. È un orgasmo non concentrato ai genitali ma che comprende tutto il corpo e la mente, che si scioglie in un ardore. Ci si arriva con il “respiro di fuoco”. È il catalizzatore per poter provare tutte le forme della ruota. La ruota dell’orgasmo femminile L’orgasmo femminile si può scatenare da due punti diversi: dal clitoride e/o dal punto G. In linea di massima non esistono donne frigide o anorgasmiche, ma soltanto abitudini, schemi mentali e blocchi corporei limitanti. Le chiavi per superarli sono: • essere connesse alle proprie sensazioni corporee; • essere presenti a se stesse (qui e ora); • essere tolleranti verso se stesse (qui e ora). a. Ovest: il terremoto. È un orgasmo vaginale di carattere interiore e implosivo; è generato dal punto G. Elettrizza il corpo, che sembra impennarsi. Se durante questo orgasmo ti accorgi di buttar fuori troppa energia, immagina di respirare profondamente nell’utero e ciò ti consentirà di tener l’energia dentro il corpo. Questo orgasmo può diventare multiplo. b. Sud: l’onda che si frange. In un primo momento viene generato dal punto G ed è implosivo, poi segue una seconda ondata dal clitoride, di carattere esplosivo, che crea fitte onde di piacere. Spesso è un orgasmo unico, intenso e molto emozionale, che corre fino al cuore; può finire in risate o pianti. c. Nord: l’uragano. In un primo momento è esplosivo, e parte con microorgasmi, dal clitoride, accompagnati da forti fantasie e immagini vivide; termina poi in un climax vaginale implosivo. È accompagnato da gemiti e urla. È tempestoso. Il movimento energetico è l’opposto di quello del Sud. d. Est: il vulcano. È un orgasmo in prevalenza clitorideo, esplosivo, a volte multiplo ed è imprevedibile, improvviso e veloce. Una vampata di calore che corre a fior di pelle. e. Centro: l’orgasmo di fuoco. È un orgasmo non concentrato nei genitali ma che pervade tutto il corpo, scioglie i blocchi energetici e finisce in un ardore. Usando il “respiro di fuoco” con qualche allenamento la donna può arrivare all’orgasmo in tre-quattro minuti. Ciò presenta vantaggi pratici, qualora il suo compagno non sia un buon amante. Questo orgasmo è il catalizzatore per potere sperimentare la ruota completa. Il “respiro di fuoco” è una tecnica sciamanica simile ad alcune pratiche del Kundalini yoga o del Tantra tibetano: consente di arrivare a un orgasmo
anche senza alcuna stimolazione genitale, ma con una sequenza di respirazioni nei 7 chakra e il collegamento energetico tra di loro. Fino a oggi il respiro di fuoco viene insegnato solo direttamente da maestro a discepolo in corsi di Tantra o di Quodoushka, perciò rinunciamo senz’altro a descriverlo in questo testo. In generale, si può dire che nel modo ordinario di fare l’amore gli orgasmi implosivi siano i meno noti. “Questi stati orgasmici più profondi partono dall’interno. È piuttosto semplice gestire gli stimoli esterni che ci eccitano, ma quando i sentimenti partono dall’interno, molte persone tendono a fermarsi e a reprimere questa pulsazione interiore, perché se ne sentono inondati e ne hanno timore. Per ciò nel Tantra usiamo degli esercizi sia per lo sviluppo dell’eccitazione interiore, sia per aprirci ad essa.” [51]. Con ciò non intendiamo certo sminuire l’orgasmo esplosivo, quello più comune e rivolto all’esterno: vogliamo soltanto arricchire la nostra conoscenza con forme orgasmiche che automaticamente portano la nostra consapevolezza agli strati profondi della psiche, alla fascia emotiva e al nucleo, al nostro vero sé. La forma più appropriata, in tal senso, è l’orgasmo totale, l’orgasmo che include e pervade tutto il corpo. E possiamo apprenderlo, proprio così come abbiamo appreso la forma di orgasmo che ci è più nota. “Possiamo imparare l’orgasmo totale. Il piacere deriva dal piacere, e lo sviluppo dell’orgasmo può avvenire soltanto attraverso la pratica. Una teoria dell’accumulazione non avrebbe senso nella sessualità. Non possiamo accumulare l’eccitazione o la carica energetica come su un libretto di risparmio, e sperare di arrivare così a un orgasmo più grande. Ciò, al contrario, creerebbe un blocco e porterebbe alla frustrazione e alla sua degenerazione.” [52]. Quanto più coltivi i tuoi orgasmi, tanto meglio ti riusciranno, e tanto più ti saranno d’aiuto nel riconnetterti con il tuo nucleo, con quello spazio sacro che vi è in te. Gli atteggiamenti più comuni rispetto all’orgasmo sono l’indifferenza, molto diffusa tra gli uomini (“È come è, e non ho mai pensato che potesse essere diverso”) oppure la preoccupazione, più diffusa tra le donne (“Ci arriverò? Arriverò nel momento giusto?”). Ma non è certo preoccupandosene che si possono ottenere miglioramenti; e noi non intendiamo accrescere le vostre preoccupazioni riguardo all’orgasmo: vogliamo insegnarvi a curarlo, coltivarlo, accarezzarlo, e a giocare con esso. Scopriamo dunque, innanzi tutto, una forma di orgasmo implosivo che non richiede lunghi allenamenti, ma solo la volontà di dedicare circa 2 ore a lui e 2 ore a lei, il coraggio di aprirsi a nuove esperienze, una certa curiosità e un po’ di fiducia in se stessi. Svelare il punto G Il punto G è un’area il cui diametro varia da 0,5 cm. a 2,5 cm, situato sulla parete superiore della vagina, dietro l’osso pubico. La distanza dall’entrata vaginale dipende dalla configurazione anatomica individuale (vedi 51 - Jack Lee Rosenberg, Orgasm-us, Berlin 1993, p. 53. 52 - Andro and Devatara, Orgasmus-Schule, Waldfeucht 1995, p. 44.
capitolo sei – “La tipologia anatomica femminile” pag. 77 sgg.). Negli antichi testi tantrici viene chiamato anche saspandana “punto del piacere”, “punto della beatitudine” o “punto sacro”. Su nessun altro argomento relativo alla sessualità si troverà una tale divergenza d’opinioni come sul punto G. [53]. Ci sono sessuologi di fama internazionale [54] che lo ritengono un mito, altri [55] stimano che solo il 20% delle donne ne siano dotate, altri, come Ladas [56] o Sevely [57], dimostrano empiricamente che tutte le donne ce l’hanno; c’è insomma una grande confusione in proposito. Noi che abbiamo studiato prima il Tantra e poi la sessuologia, abbiamo potuto sperimentare il punto G in prima persona, e dopo averlo molto assaporato e goduto, gli studi scientifici non ci hanno suscitato né particolari dubbi né ripensamenti. Nella letteratura tantrica non si trova alcuna divergenza su questo punto, che viene considerato da tutti un punto sacro, proprio perché è una chiave verso l’orgasmo implosivo. Da dove nasce dunque una tale confusione, tra gli studiosi occidentali? Come possono dei ricercatori come Masters e Johnson [58], che hanno studiato 7500 orgasmi in 382 donne, non aver trovato il punto G o non prenderlo in considerazione? Dal canto nostro, abbiamo condotto accurate osservazioni su 125 donne, mentre scoprivano il punto G con l’aiuto del loro partner. Tutte (il 100%) lo hanno trovato. E non soltanto ci hanno descritto tutte una medesima sensazione, nettamente distinta da quelle nelle pareti vaginali limitrofe, ma i loro volti aperti e rilassati, il fastidio passeggero, le lacrime di gioia, i gemiti, il respiro disteso, i movimenti di abbandono e il silenzio commovente che è seguito alla scoperta non ci hanno lasciato alcun dubbio. Naturalmente, le nostre ricerche stanno continuando: tutti coloro che sono interessati ad approfondire questo argomento possono contattarci all’indirizzo indicato in fondo al libro. Secondo noi quell’enorme divergenza nei risultati delle varie ricerche sul punto G non dipende dalla sua esistenza o nonesistenza, ma solo dalla metodologia di ricerca. Una ricerca che consideri esclusivamente elementi anatomici e fisiologici (battiti cardiaci, millimetri di dilatazione vaginale, colorazioni delle labbra ecc.) non lasciando alcuno spazio ai sentimenti e alle pulsioni che la donna prova in quei momenti e non considerando le più intime e spesso oscillanti espressioni del femminile, non è il metodo adatto per trovarlo, 53 - Silvano Sala, Orgasmo e anorgasmia fennninile, Tesi di laurea Istituto di Sessuologia Clinica, Roma 1995, pp. 91 segg. 54 - Ruth Westheimer, Buon sesso, Rozzano (Mi) 1996, p. 200. (Sex for Dummies, California 1995.) 55 - "Willy Pasini e la coppia”, in Roberto Gervaso, Sotto a chi tocca, interviste famose, Milano 1994, p. 122. 56 - Alice Ladas, Beverly Whipple, John Perry, Il pun to G, Milano 1986, p. 53. (Orig. The G spot, uSa 1982.) 57 - Josephine Lowndes Sevely, Evas Geheimnisse, Munchen 1990. (Orig. Eve's Secrets, USA 1987.) 58 - William Masters, Virginia Johnson, II sesso e i rapporti amorosi, Milano 1986.
per quanto grande sia il campione studiato e per quanto sofisticati siano gli strumenti utilizzati; una simile ricerca avrà infatti l’effetto di inibire il fenomeno stesso che si era proposta di misurare. Il punto G, che trova una sua corrispondenza anatomica nel “corpo spugnoso uretrale”,[59], ha caratteristiche che a prima vista fanno sembrare contraddittorie le sue manifestazioni, non in linea con la logica maschile che tuttora prevale nella ricerca scientifica. Così, anche noi abbiamo avuto modo di constatare che persone dotate di buona intelligenza, e alle quali era stata fornita una dettagliata spiegazione e un preciso disegno anatomico, non lo hanno trovato al primo tentativo, oppure lo hanno localizzato con precisione e poi lo hanno smarrito, perché non corrispondeva alle loro aspettative. I presupposti che aiutano a trovarlo, secondo le nostre esperienze, sono i seguenti: • occorre dedicare a questa ricerca molto tempo e una buona dose di pazienza; • l’uomo deve esser presente con se stesso, e centrato in se stesso; • occorre un ambiente e una cornice che aiutino la donna a concentrarsi su se stessa; • bisogna proseguire anche se all’inizio si hanno delle sensazioni sgradevoli; • è anche auspicabile, ma non indispensabile, la guida di una persona esperta che possa condurti attraverso i meandri delle diverse sensazioni, come succede in un rituale iniziatico. Tutti questi presupposti, che un rituale tantrico può agevolmente garantire, mancano di solito nell’ambiente sterile dei laboratori di ricerca. Questo spiega perché nei corsi di Tantra tutte le donne trovano il punto G, mentre nelle cliniche ciò avviene di rado. Il punto G deve essere letteralmente scoperto, localizzarlo non basta. Quasi in tutte le donne esso è “velato” all’inizio, e qualche donna ha bisogno di più tempo per togliere quel velo e per svegliare il punto G al piacere. Vediamo meglio le sue caratteristiche, prima di intraprenderne noi pure la scoperta. Il punto G ha un tessuto simile a quello della prostata maschile. In senso energetico può essere considerato un polo negativo, perché è ricettivo: assorbe e invita ciò che gli si presenta sotto forma di energia. Attira il piacere, in cambio ha la capacità di aprirsi a opportunità di piacere via via più alte, fino a momenti estatici. La stimolazione del punto G per la donna è strettamente correlata con i sentimenti, non provoca una sensazione sessuale neutrale come avviene nel clitoride: corre parallela a un fiume di sentimenti. Come si trova il proprio punto G Ora vediamo come svelare il punto G.
59 - Federation of Feminist Woman's Health Centers, Frauenkorper neu gesehen, Berlin 1992, pp. 43 segg. (Orig. A New View of a Woman's Body. A Fully Illustrated Guide, New York 1981.)
→ Lo puoi fare anche da sola, seduta, ma è una di quelle pratiche che si fanno molto meglio in due e che non arricchisce te sola, ma anche l’uomo, il quale potrà vedere un aspetto del femminile che forse non aveva mai percepito con tanta intensità. → Prendetevi 2 ore di tranquillità, che dedicherete esclusivamente a questa esplorazione. Preparate un letto comodo in un ambiente caldo con diversi cuscini per sostenere la testa e le ginocchia, fazzoletti di carta, un gel vaginale, musica rilassante, candele e quant’altro vi occorre per sentirvi a vostro agio. → La donna si può rilassare completamente e sente accanto a sé l’uomo, che le rimarrà vicino anche quando lei scenderà nel profondo dei suoi sentimenti e li assaporerà da dentro. Deve solamente essere consapevole del suo respiro, e rilassarsi; comunicare all’uomo le sue sensazioni corporee, le sue emozioni, i pensieri, i dubbi, dirgli come vuol essere toccata; ciò aiuterà anche l’uomo a sentirsi più sicuro di sé. → L’uomo si lava accuratamente le mani e si taglia le unghie e le lima in modo da non lasciare alcun margine aguzzo. Poi inizia a toccare la donna in maniera piacevole; non la deve eccitare o portare a un orgasmo, deve solo toccarla senza alcuna preoccupazione riguardo a un qualche obiettivo. Deve anche sapere che tutto ciò che lei esprimerà riguardo ai suoi sentimenti (che potranno mutare anche molto velocemente), non riguarderà lui personalmente, ma emergerà da lei, mentre sta scoprendo sempre di più se stessa. Per la donna è importante che l’uomo le rimanga vicino e attento, mentre lei si abbandonerà fiduciosamente, e questa vicinanza e assistenza vigile è il dono più bello che egli le possa fare ora. → L’uomo comincia con un massaggio: il “massaggio che non hai mai avuto” del capitolo sette [qui a pag. 91 sgg.] o un altro massaggio che inizia su tutto il corpo e poi si concentra sui genitali, collegandoli ogni tanto con le altre aree: il ventre, il seno, il torace, le cosce. Già ora potranno emergere i primi sentimenti. → L’uomo arriva, col suo massaggio, all’osso pubico e all’attaccatura della muscolatura della pancia; arriva alle labbra esterne, può massaggiarle, prenderle tra le dita, stirarle leggermente; passa poi alle labbra interiori; può, per esempio, tenere tra l’indice e il medio le labbra esterne e massaggiare col pollice dell’altra mano quelle interne, massaggiare a sinistra e a destra la pelle sopra il clitoride, o anche tenere una mano su tutta la vulva, con il palmo sul monte di venere; la donna potrà muoversi leggermente, rilassarsi in questa mano che la tiene; dirà lei quando è il momento di introdurre il dito. L’uomo pone pure il dito sull’apertura della vagina e lo lascia lì, per qualche momento, mentre con l’altra mano accarezza il ventre, il torace e il seno. → Quando lei lo chiede, il dito entra lentamente: non infilarlo, ma fallo come scivolare dentro; usa il lubrificante, specialmente se la vagina è stretta; rimani lì, con una pressione costante sul punto, e lascia che la vagina si apra millimetro dopo millimetro; vedrai che se non premi ma rimani fermo, la vagina si aprirà da sola e ti inviterà – e per la donna invitare a penetrarla è una sensazione completamente diversa dal venir
penetrata da una forza esteriore. Quando sei dentro di lei, comunica sempre alla donna dove sei e cosa fai col dito, in modo che lei possa precisare l’immagine dell’interno della sua vagina, e capire “ah, così è lì, in questo punto provo la tal sensazione, ora lui è più in là, ecc.”, e crearsi così una mappa visiva della sua vagina nei diversi punti. → L’uomo incontra il primo anello muscolare all’incirca alla profondità della prima falange del dito. Esercita una pressione sù tutti i lati, fermandoti ogni tanto per qualche istante; lapressione è dolce ma decisa, il dito porta consapevolezza in questo tipo di contatto, il tuo dito sta praticamente chiamando l’attenzione della donna in quel punto, la invita a rilassarsi. Procedi circolarmente, in senso orario ed esercita una pressione su ciascuna ora, eccettuato il punto più alto, il 12. Immagina che il tuo dito sia al centro di un orologio, il dodici è verso il clitoride e il sei è verso l’ano. → Poi puoi entrare di più, fino circa alla metà della vagina, e puoi sentire da dentro l’ilio, l’osso su ciascun lato; ora (nel tuo orologio immaginario) premi verso l’undici e verso l’una, verso il nove, su un’ampia superficie della parete vaginale e là dove senti come dei piccoli nodi, non massaggiare ma lascia lì il dito (e la donna immagini di star respirando in quel punto); poi premi sul sei, sul tre ed entra ancora di più, più in profondità; non toccare il collo dell’utero, che è molto sensibile, premi soltanto intorno a esso, non su di esso, continuando intanto a accarezzare tutto il corpo della donna: accarezza le cosce, le ginocchia, le anche, i fianchi, il seno, il ventre, il collo e così via; la vagina in questo stato rilassato è come una grande caverna che si modifica e cede sotto la tua pressione. → Il punto G: quando arrivi al dodici, sul tuo orologio immaginario, piega lentamente il dito in su e in avanti; col dito piegato arrivi dietro all’osso pubico, oppure più in profondità (in dipendenza del tipo anatomico); puoi esercitare anche lì una pressione dolce ma decisa e ferma – tenendo il dito quasi immobile. Se adesso la donna avverte delle emozioni forti, delle sensazioni sottili o un alternarsi di diversi sentimenti, dovrà parlarne ed esprimerle; l’uomo intanto le tocca sempre con l’altra mano tutto il corpo – e potrà aumentare la pressione, o rilassarla un po’, potrà descrivere dei piccoli cerchi con la mano, o delle vibrazioni (è consigliabile il ritmo di una al secondo), ma vedrete voi stessi cosa vi dà più piacere, cosa vi aiuta di più a essere consapevoli; la prima volta la donna avvertirà qualche bruciore, la sensazione di dover fare la pipì, ma solo all’inizio: poi sentirà che quest’area inizia a sciogliersi. → Per circa 20 minuti, l’uomo continuerà a premere e massaggiare questo punto. Se in alcuni momenti ciò sarà fastidioso, alleggerirà la pressione ma rimarrà sempre su quel punto. La donna aumenterà l’ampiezza del respiro e esprimerà quello che prova, mediante sospiri, gemiti, parole, piccoli movimenti ecc.
→ Alla fine, l’uomo estrae lentamente il dito e mette la mano sull’esterno della vagina, e la tiene lì per un po’: dopo un rapporto tanto intimo non bisogna staccarsi subito; l’uomo strofina le gambe della compagna, le accarezza, le chiede se vuol restare ancora accanto a lui o se preferisce rimanere da sola. In questa esperienza c’è da tenere conto di alcuni punti. • Può verificarsi un fenomeno che viene chiamato eiaculazione femminile. Se la stimolazione al punto G arriva a un certo tipo di orgasmo, esce dall’uretra un liquido che non è urina, ma una sostanza biancastra simile allo sperma, solo meno densa. Proviene dalle “ghiandole periuretrali”,[60*, e l’espulsione è piacevole. Molte donne sentono lo stimolo, ma poi si trattengono perché si vergognano pensando che sia urina. Tenete pronto un asciugamano, e se la donna sente lo stimolo, si rilassi pure e lo lasci fluire. Sembra – ma ancora non abbiamo la certezza – che non tutte le donne provino questo fenomeno, perciò non preoccupatevi se non si verifica. • Per l’uomo quest’esperienza può rivelarsi particolarmente irritante: può infatti accadere che mentre lui sta dando il meglio di sé, e dopo che per un’ora ha dedicato tutta la sua attenzione alla donna, lei improvvisamente scoppi in lacrime, si arrabbi, diventi triste, provi fastidio o dolori, e si mostri cioè tutt’altro che contenta. In tal caso, l’uomo sappia che non ha sbagliato nulla, che ha fatto tutto ottimamente e che quel fastidio non l’ha provocato lui ma si trovava già prima nella donna – o meglio, si trovava negli strati in ombra che attraverso il massaggio l’uomo ha portato in superficie. Prima o poi quel senso di fastidio finisce, e sotto questi strati più bui che l’uomo ha scoperto insieme alla sua compagna, emergerà qualcos’altro, qualcosa che renderà la donna profondamente vitale e che, in un secondo momento, risulterà assai piacevole anche per l’uomo. • La donna è invitata a osservare le proprie sensazioni: anche quando diverranno sensazioni forti, non dovrà lasciarsi trascinare via da un qualche dramma emozionale; manterrà il ritmo del respiro, rimarrà presente a se stessa e continuerà a osservare. Dopo un po’ le sensazioni diverranno comunque piacevoli, leggere, fluttuanti. (Qualche donna dovrà probabilmente ripetere più volte questa esperienza prima di arrivare ai piaceri tanto sottili.) “Il punto G, ma anche tutta la vagina, possono essere corazzati da inibizioni, dalla memoria di vecchi divieti, o d’una prima esperienza amorosa poco delicata, o di momenti nei quali hai fatto l’amore quando il corpo non era pronto, quando la vagina era ancora sorda e non era viva. La vagina assorbe tutto quello che entra, sia in senso fisico che energetico. Per difendersi si corazza e di conseguenza percepisce meno, riduce le percezioni al minimo. Ogni zona dei genitali femminili può corazzarsi continuando a nascondere sotto
60 - Josephine Lowndes Sevely, Evas Geheinmisse, Munchen 1990, pp. 70 segg. (Orig. Eve's Secrets, USA 1987.)
la corazza certi traumi. – (Margo Anand)”. [61]. E quando andiamo a massaggiare queste parti, i traumi vengono a galla, e si fanno sentire per venir guariti – così come emergono le emozioni represse quando massaggiamo la corazza muscolare nella terapia bioenergetica. Il pene o il dito d’un uomo che ti vuol bene, possono aiutarti a sciogliere queste corazze, a riportare alla luce i loro traumi e a risvegliare la tua capacità di percezione. Con un massaggio di questo tipo, col dito e successivamente col pene, tutti questi traumi possono veramente guarire. L’esperienza è più efficace se la si ripete più volte: durante un primo massaggio della vagina, del punto G o di altre parti, possono emergere anche emozioni molto spiacevoli e grossolane. Se la donna non si contrae ma si rilassa anche nei momenti fastidiosi e osserva consapevolmente quel che avviene, accogliendo tutte le sensazioni, piacevoli o spiacevoli, per quello che semplicemente sono, la corazza si scioglie. Scoprire il punto P Il centro sessuale dell’uomo ha una carica energetica opposta a quella della donna, ed è tutto rivolto in avanti, è attivo, penetrante e martellante, con una tendenza ad accumulare l’energia fino all’esplosione. Qualsiasi film porno esaspera questa caratteristica. Ma il centro sessuale, o il 1° chakra, ha anche un “rovescio della medaglia”: la sua parte posteriore è ricettiva e femminile. Questo lato, per l’uomo, è tuttavia associato a molti tabù, a sensi di vergogna, al timore dell’omosessualità – e numerose espressioni ingiuriose d’uso comune la dicono lunga sul disprezzo che abbiamo tradizionalmente per l’ano e per tutta la parte posteriore della zona pelvica. Molti uomini non si toccano mai l’ano se non attraverso uno strato di carta igienica, altri provano piacere a toccarselo quando si masturbano, ma se ne vergognano. “Tutto ciò, con in più l’associazione con idee riguardanti lo sporco e la tabuizzazione generale della zona posteriore del bacino, crea tensioni croniche nell’ano, nel perineo, nei glutei, fino alla zona lombare” e queste tensioni hanno un loro prezzo: dopo i 50 anni infatti questa parte trascurata del nostro corpo tende a sviluppare diversi disturbi della prostata, assai fastidiosi se non dolorosi. È la nostra parte femminile che si fa sentire così, e reclama attenzione dopo che l’abbiamo voluta escludere dal piacere per tutta una vita. È questa non è una metafora, se si pensa che la prostata non solo è costituita da un tessuto analogo al punto C, ma è collegata all’utricolo, un piccolo utero vicino all’incrocio dei dotti eiaculatori, – ultimo residuo di quel periodo embrionale durante il quale il femminile e il maschile erano tutt’uno. [62]. 61 - Margo Anand Naslednikov, Tantra oder die Kunst der sexuellen Ekstase, Munchen 1990, p. 262. (Orig. The Art of Sexual Ecstasy. The Path of Sacred Sexuality for Western Lovers, Los Angeles 1989.) 62 - Margo Anand Naslednikov, Magic des Tantra, Munchen 1995, p. 386. (Orig. The Art of Sexual Magic, Los Angeles 1995.)
Il punto P anatomicamente, è la prostata. Lo chiameremo punto P – in analogia col punto C – in quanto punto sacro dell’uomo. La prostata è una ghiandola alla quale puoi accedere o dall’esterno attraverso una pressione sul perineo, o dall’interno attraverso l’ano. Nel caso di una prostatite, di un’ipertrofia o di un qualsiasi altro disturbo alla prostata, consigliamo di consultare il medico prima di stimolarla. La prostata non solo ha un tessuto simile a quello del punto G, ma genera all’uomo sensazioni analoghe e una forma di orgasmo molto intima, che apre la strada ai nostri più profondi spazi interiori. Inoltre, la sua stimolazione dà modo all’uomo di scoprire l’esperienza di essere penetrato, che apre una dimensione della sessualità del tutto diversa da quella che egli conosce. Per il maschio la stimolazione della prostata è una buona opportunità per scoprire una forma di orgasmo completamente diversa da quella normale, estroversa: un orgasmo che assomiglia molto all’orgasmo femminile. Può sembrare incredibile, ma attraverso la stimolazione della prostata puoi provocare un orgasmo senza toccare mai il pene; è un orgasmo più largo ed esteso, si comunica a tutto il corpo e per l’uomo può rappresentare una delle vie più facili e veloci per familiarizzarsi con le esperienze estatiche. Le sensazioni iniziali di un lieve bruciore, l’impressione di dover urinare, il completo abbandono che l’uomo si concede durante questa esperienza, e il rapido alternarsi di diversi sentimenti durante tale abbandono somigliano molto alle sensazioni che la donna prova durante la stimolazione del punto C Come fare? → Prendetevi almeno 2 ore di tranquillità – così potrete anche godervi il periodo successivo a questa esperienza, che molti uomini descrivono come sconvolgente. Preparatevi un posto comodo e mettetevi tutti e due a vostro agio. → L’uomo si prepara al fatto di non aver proprio nulla da fare: si può sdraiare comodamente supino, e rilassarsi. Non si tratta di arrivare da nessuna parte, neanche all’orgasmo. La miglior cosa che può fare, è dimenticare tutto ciò che sa circa la sessualità e l’orgasmo e aprirsi a qualcosa di completamente nuovo, in cui non si sforza di raggiungere nulla, ma si lascia solamente andare. → La donna inizia a massaggiargli la testa, la nuca, la schiena e le gambe per poi arrivare ai genitali, all’osso pubico (in cerchi), la parte bassa dell’inguine, e il perineo come ha già fatto nel massaggio descritto nel capitolo sette [qui a pag. 91 sgg.]. Passa ogni tanto l’altra mano su tutto il corpo, estendendo la carica energetica e l’eccitazione verso altre zone. → La donna prende in mano il pene e lo massaggia in diversi modi: lo tira con due mani in direzioni opposte, oppure lo spinge in su con una mano, tirando i testicoli in giù con le dita dell’altra a forma d’anello, lo strizza con due mani come un asciugamano bagnato, lo rotola tra le due mani come fosse un bastone. Può usare anche un tocco più forte del solito: nel dubbio, chiederà consiglio all’uomo. Non mirerà comunque a
eccitarlo, ma a rilassarlo: lo massaggerà come massaggerebbe un braccio o una gamba. → Ogni tanto estende, di nuovo, la carica genitale ad altre parti del corpo: una mano massaggia i genitali e l’altra tocca, massaggia e carezza le cosce, l’addome, lo stomaco, il petto, il cuore e i capezzoli, il che aiuterà l’uomo a distribuire l’energia in modo più omogeneo su tutto il corpo: → Una mano tocca il perineo, l’altra il terzo occhio: le mani vibrano leggermente su questi due punti; poi l’uomo si gira e si sdraia a pancia in giù. → Con una mano la donna massaggia i glutei, il perineo e la periferia dell’ano, quei muscoli rotondi che lo circondano, mentre l’altra mano distribuisce l’eccitazione lungo la schiena; poi, una mano inizia a tastare l’ano, e rimane ferma li. Ora é il momento di usare una crema lubrificante, un gel e, volendo, anche un preservativo. → Il dito medio dritto penetra lentamente nell’ano: la donna sente quando è teso, e non preme contro tale tensione, ma rimane lì dov’è teso finché il muscolo si rilassa da solo, da dentro; dopo circa mezzo centimetro si incontra lo sfintere esterno, che è un muscolo che puoi stirare e dilatare o stendere in tutte le direzioni, premendo in ogni direzione finché il muscolo segue il tuo movimento dilatante; i movimenti devono esser lenti ma decisi. Più in profondità si incontra lo sfintere interno, che si può allargare anch’esso in tutte le direzioni, tirandolo verso l’esterno con movimenti lenti e continui, senza stacchi. → Premi contro l’ilio a sinistra (alle nove dell’orologio immaginario) e a destra (alle tre); questa pressione provoca spesso una sensazione di calore acuto: l’uomo potrà immaginare di respirare in questa sensazione, perché ciò aiuterà a diluire il calore. Lo stesso avverrà se si preme leggermente contro il coccige (alle dodici) o contro il perineo (alle sei). Quest’ultimo si può massaggiare da dentro e da fuori al contempo, aiutandosi con un dito dell’altra mano. L’uomo si gira lentamente, fino a mettersi supino, mentre la donna rimane col dito dentro l’ano. → Il dito sale ora verso le dodici dell’orologio immaginario, e sente la prostata, che ha la forma e la grandezza di una castagna; la si può massaggiare, premere, fare piccole vibrazioni, l’importante è mantenere sempre il contatto; l’uomo intanto è invitato a dire che cosa sente, dove è piacevole, dove è doloroso, come continuare, se con una pressione più forte o una più leggera. La donna, con l’altra mano, può estendere la carica energetica al cuore, o compiere un circuito tra la prostata e il 3° chakra, o tra la prostata e il 4° chakra (riguardo ai chakra, vedi il capitolo successivo). L’uomo continua a rilassarsi nelle sue sensazioni, a emettere versi e suoni, e a descrivere la propria esperienza. → Questo massaggio continua per circa 20 minuti. Se si avvertono l’impressione di urinare, un fastidio o un bruciore, sappiate che sono sensazioni passeggere, e tra breve tutto diverrà più piacevole. → Alla fine la donna ritira lentamente il dito, molto lentamente, millimetro per millimetro, lo estrae e lo tiene ancora per un poco appoggiato all’ano, prima di staccare completamente il contatto.
→ L’uomo mantiene l’attenzione focalizzata su tutta la zona pelvica, e sente quali movimenti interiori sono ancora in atto, e ciò che è cambiato nella sua percezione dell’area pelvica, del bacino. Sappiate inoltre che ora è attivato l’emisfero destro del cervello, la parte intuitiva: perciò sconsigliamo di guidare la macchina, o di fare un lavoro che richieda concentrazione nelle due ore successive a questa esperienza. Può darsi che l’uomo debba ripetere più volte questo massaggio prima di ottenere un rilassamento durevole dell’area pelvica. Un orgasmo di 20 minuti Il massaggio e la stimolazione del punto G e del punto P sono i modi più semplici per accedere ad altre forme di orgasmo, purché li si pratichi con una certa costanza e non in modo frettoloso. Portano entrambi a un climax che somiglia a un plateau molto lungo e esteso, e che può durare 10, 20 e 30 minuti, se si rimane presenti a se stessi e si continua la stimolazione. E questa estensione dell’orgasmo fa sì che un’alta carica energetica possa entrare fino in fondo al nostro essere e aprirci da dentro. Non meravigliatevi se in questo stato affioreranno di nuovo tutti i pregi e le difficoltà del carattere (vedi capitolo tre): un “abbandonato” potrà avvertire un senso di solitudine, scoprire molte emozioni, sentir scomparire i propri confini. Un “invaso” incontrerà delle tensioni e dei blocchi corporei, ma sempre mantenendo una solida sensazione di sé. Un “come se” percepirà qualcosa come una continua ricerca di sensazioni attorno a un vuoto di sentimenti, in un veloce alternarsi di diversi stati d’animo. Se continuerete con il massaggio stimolante, potrete scendere più in fondo a voi stessi in quello spazio intimo che è al di là del carattere, al di là dei pensieri, al di là delle identificazioni con un’immagine del sé, e ben più vicino al vostro vero sé. Attraversando con questa forma di orgasmo anche lo strato emotivo tra carattere e nucleo, incontrerete una serie di percezioni che forse lì per lì non vi saranno ben comprensibili, perché sono residui del passato. Se si ripetono più volte i massaggi descritti, cambierà notevolmente il grado di rilassamento in tutta la zona pelvica, e aumenterà la percezione delle sensazioni più fini e più intime. Come noterete dalle seguenti testimonianze, ogni persona vive quest’esperienza in un modo diverso, ma in tutte v’è qualche elemento comune: Carla All’inizio ho provato una grande tristezza che poi si è mutata in rabbia, accompagnata da una specie di formicolio alle mani e agli avambracci; mi è tornato in mente il ricordo dell’aborto. Poi sono caduta in una trance, non mi era più possibile dare delle indicazioni a Giuseppe, non riuscivo a capire dov’era col dito. Mi sono anche irritata con lui, mi sembrava che il tono delle sue parole non fosse più morbido e piacevole. Poi è cambiato, ho provato... non so descriverlo, non era più un piacere fisico o sessuale, era un appagamento totale, come se fossi entrata io dentro le sensazioni e non loro dentro di me. Sentivo un grande desiderio di avere il mio uomo vicino: alla fine ci siamo sdraiati, e il suo abbraccio mi avvolgeva tutta.
Maddalena: È stato tutto molto dolce, ho percepito il mio corpo come se fosse di panna montata, tutto molto soffice, e a un certo punto sono diventata leggerissima: mi sembrava di volare, non sentivo più il contatto con il materassino sulla mia schiena, fluttuavo, mi sentivo libera e felice...
Nadia: Dentro di me c’era un vuoto e un lieve bruciore. Siccome era bello chiedevo a lui che continuasse ancora. Quando ha aumentato la pressione, sentivo lo stimolo di fare la pipì. Normalmente lo avrei controllato, ma ricordandomi delle istruzioni ho lasciato scorrere, mi liberavo di tutto e l’orgasmo era ancora più delizioso: tutto il corpo sprofondava verso il basso, ridevo senza fine, ridevo dalla bocca e dalla vagina, mi sentivo come da bambina quando dalla culla guardavo i pesciolini con gli occhi incantati.
Cristiano: Era bello, quanto più mi rilassavo. Potersi rilassare senza la preoccupazione di venire, di aver l’erezione... Sentire tutto quel piacere, quell’attenzione, quella dolcezza del tocco in un membro non eretto era per me una novità. Durante la penetrazione anale inizialmente mi bruciava e c’era un disagio che non so descrivere: Nella seconda fase ho sentito una sensazione simile, penso, a quella dell’orgasmo femminile: era una vibrazione tutta interna che si espandeva verso le gambe, verso la pancia, e anche il mio respiro è diventato affannoso. Era bello poter pensare: “ah sarà così per le donne”... Poi ho avuto la sensazione visiva di ritornare nella pancia di mia madre, c’era tanta nostalgia di stare lì dentro e di non fare niente, di navigare in queste acque. Quando uscivo di nuovo, era bellissimo ritrovare il calore della mano di Carla e la cosa più bella era che alla fine sono cadute tutte le barriere nel rapporto con lei, potevo finalmente amarla senza problemi.
Simone: All’inizio sentivo un rifiuto per quello che stavo facendo, ma poi è passato e ho provato solo piacere. A un certo punto ho avuto la visione che tutto il corpo fosse bianco; ma intanto sapevo quel che volevo, perfettamente. La luce della camera era diventata così forte che chiesi di spegnerla, e i rumori dalla finestra sembravano delle trombe, alcune parti del mio corpo erano proprio assenti, si avvertivano dei profumi strani ogni tanto, ed era come si colorassero nell’aria. Poi la luce bianca del mio corpo si innalzava, mentre piccole scosse piacevoli attraversavano il mio torace, e io diventavo grande come la stanza e poi piccolo come l’anello al dito di mia moglie... Vedevo vari paesaggi solari, nitidi, aperti, e con una rapida leggerezza volavo su questi spazi sconosciuti. Era simile alle esperienze che ho avuto con l’LSD, solo cine questa volta ero io che decidevo dove andare, se volevo esplorare un’immagine o un’altra; questo sentirmi libero di scegliere mi dava una grande fiducia e mi godevo ancora di più tutte queste storie psichedeliche. Sentivo una potenza molto lucida, una allegria e una gioia di vivere.
Mirco: All’inizio ho avuto anch’io delle visioni ma meno chiare, sentivo qualche tensione quando mi toccava la prostata, ma poi la sensazione è cambiata rapidamente e io sono diventato sempre più tranquillo. Quello che mi ha sconvolto – sono medico – era che sentivo veramente che nella prostata risiede la parte femminile di me; prima pensavo che fosse una metafora. Qualcosa in me si ribellava all’idea di perdere il controllo, ma quando mi sono abbandonato, era solo piacevole, non ho provato una grande estasi, ma un rilassamento tale, che mi sembrava di sprofondare nel letto, avvolto in un dolce calore, sentivo veramente di dare un grande dono a mia moglie, di dare me stesso a lei.
PARTE TERZA – Tra orgasmo ed estasi 9° – Scoprire i chakra Dopo aver ampliato la nostra coscienza con l’esperienza concreta di diverse forme di orgasmo andiamo a scoprire gli altri centri energetici che hanno sempre affascinato chi ha intrapreso il cammino interiore. I chakra sono centri energetici connessi con il corpo fisico e con i diversi corpi energetici che lo avvolgono. Nella vasta letteratura sui chakra si rileva una apparente confusione: alcune scuole del Tantra buddista tibetano [63] indicano 5 chakra, Lama Zopa includeva 4 chakra nelle meditazioni che ci insegnava. Nel Tantra indiano si parla di 7 chakra, ma alcuni testi come il Satchakranirupana [64] descrivono dettagliatamente i primi 6 lasciando all’allievo il compito di scoprire il 7° da solo; i nostri maestri sciamani [65] operano con 10 chakra (il 10° corrisponde all’aureola dei santi cristiani). I taoisti danno grande importanza ai collegamenti tra i chakra, gli organi fisici e il sistema dei meridiani. Altri ancora aggiungono dei chakra secondari a quelli principali. “Tutte le scuole sono consapevoli delle differenze tra le loro descrizioni, e non si giustificano mai riguardo a queste differenze, poiché ogni descrizione si presta a un tipo particolare di “aspirante” e a un metodo per sperimentare il corpo sottile. Comunque, tutti questi vari modelli hanno in comune due asserti: 1. che i chakra si trovino lungo un’asse che possiamo immaginare situata al centro del nostro corpo, davanti alla colonna vertebrale e parallela ad essa; 2. che i chakra esprimano sul lato anteriore il nostro rapporto con l’esterno, e sul lato posteriore il nostro rapporto con noi stessi. I chakra hanno un’apertura sul davanti, che può essere visualizzata come una piccola tromba d’aria; tale apertura è connessa con il canale energetico centrale e da lì, si apre verso la parte posteriore del corpo, come un imbuto. Il nostro metodo di lavoro con i chakra, che abbiamo adottato da Bali e Prabhato, è decisamente più pratico che metafisico. Vediamo, innanzitutto, quale rapporto abbiamo, attraverso i chakra, con noi stessi e con le persone che incontriamo nella vita di ogni giorno; quali sono i temi principali dei chakra, come lavorare e imparare con essi, e quali sono i punti da rinforzare e le potenzialità. Ogni chakra (al pari dei corpi sottili) è formato da 63 - Lama Anagarika Govinda, I fondamenti del misticismo tibetano, Roma 1972. (Orig. Foundations of Tibetan Mysticism, London 1960.) 64 - Arthur Avalon, Il potere del serpente, Satchakranirupana e Paduka Panchaka, Roma 1992. 65 - Batty Thunder Bear Gold e Rose Thunder Eagle Fink, Quodoushka 1+2 Seminar, Seifriedsworth 1995.
diversi strati: 1. quello più esterno si chiama strato mentale e riguarda le nostre credenze, convinzioni e riflessioni sulla qualità del chakra. 2. Il secondo strato è quello delle strategie o delle tensioni che abbiamo imparato a sviluppare per tenere sotto controllo le ferite emotive accumulate nel passato, e che derivano non solo da esperienze personali, ma anche collettive. 3. Infine, al centro c’è l’energia vera o il potenziale del chakra, nella sua forma creativa e positiva, chiamata anche nucleo o essenza del chakra. Fa eccezione il 5° chakra, per il quale non si può parlare di strati, bensì di anelli energetici, che contengono le nostre convinzioni riguardo ai primi 4 chakra. In questi anelli si trova ciò che noi pensiamo di saperne. Quanto più diveniamo consapevoli dei veri contenuti di queste nozioni (che sono molto influenzati dalle nostre credenze, convinzioni e filtri percettivi) tanto più possiamo sperimentare le sfere profonde della conoscenza. Il 4° chakra: il trasformatore Il 4° chakra è situato sul petto, in corrispondenza della parte alta dello sterno ed è la sede dell’energia del cuore e dell’accettazione di ciò che noi siamo in ogni momento. Senza la sua energia non è possibile comprendere realmente nessuno degli altri chakra. Questa accettazione di noi stessi rende possibile un’evoluzione verso una maggior chiarezza e purezza, il che in una parabola di Buddha, è raffigurato nell’immagine del loto, che sorge dal fango. Il 4° chakra può essere considerato come un punto d’incontro tra i primi 3 chakra, che vengono anche chiamati i chakra emozionali fisici, con i 3 chakra superiori che vengono chiamati spirituali. Il 4° chakra non occupa soltanto il posto centrale, ma è anche punto centrale per qualsiasi cammino che conduca alla scoperta di noi stessi. Se il chakra del cuore è armonico: riesci ad accettare te stesso e ciò che ti accade. Sei aperto all’amore e alla compassione. Sei aperto alla gioia e alla giocosità, che non intralciano in alcun modo la tua profondità di pensiero e di conoscenza. Se è disarmonico: ci si trova nel ruolo dell’io agent (vedi capitolo tre, pag. 36), o in ogni caso, si è convinti di dover dare per ricevere, e non si riesce né a dare né a ricevere senza inquietudini e dubbi. Si nutre scarso amore verso se stessi, il che porta a una mancata connessione del chakra con la sua apertura posteriore. Se è poco sviluppato: si ha spesso la convinzione di non dover niente a nessuno. Non si sa qual è il modo giusto di dare. Si è insicuri su tutto ciò che ha a che fare con il dare, il ricevere, il comprendere e l’amare. Si mascherano queste insicurezze con una fredda gentilezza che non ci coinvolge, non crea contatto ed è solo formale. È una gentilezza omogenea, uguale per tutti.
Prendi il tuo diario e scrivi tutte le tue convinzioni e credenze sui seguenti temi: → Come dovrei essere per ricevere amore. → Dare e ricevere. → Accettare ed essere accettato. → Come valuto me stesso. Puoi immaginare il 4° chakra come una porta che si apre, sia verso i primi 3 chakra emozionali-fisici, sia verso i chakra spirituali. Senza la sua energia non possiamo fare alcun progresso né dal punto di vista sessuale né da quello spirituale. Questa energia del cuore è neutrale, e non ha nulla a che fare con le componenti sentimentali o con frasi romantiche come: “Senza di te non posso vivere”, “tu sei il mio amore”, “voglio fondermi con te” ecc. Questo modo di esprimersi è tipico di altri centri energetici, come il 2° chakra. Normalmente, quel che chiamiamo amore è un cocktail di sentimenti che vengono in gran parte dai primi 3 chakra con soltanto un pizzico dell’energia del 4° chakra. Distinguere le varie energie è piuttosto facile: se contengono attaccamento e bisogno, vengono più dal 2° chakra; se è quell’amore incondizionato che accetta senza giudizio, allora vengono più dal 4°. È ancor più facile, però, confondere i vari altri sentimenti con l’energia del cuore, perché è al 4° chakra che essi affluiscono da tutte le altre parti del corpo e qui vengono accolti e accettati. Sono questi sentimenti che ci fanno sentire il cuore colmo o il cuore sanguinante, il cuore dolente o il cuore pesante. Li conosceremo meglio nelle pagine successive. Il 1° chakra: la fonte Il 1° chakra ha la sua sede in corrispondenza del perineo. Da lì si apre verso il basso, verso la terra alla quale è strettamente correlato. Lo chiamiamo fonte perché la sua energia è l’energia vitale che nutre tutti gli altri chakra. Il suo tema principale è la connessione e la separazione. Per varie ragioni di ordine culturale e storico, è raro trovare una persona con un 1° chakra aperto e armonico. Se il 1° chakra è armonioso: ti senti connesso con la terra e tutto ciò che vive e cresce su di essa. Hai la sensazione di essere in contatto con tutto. Hai fiducia. Sei in contatto con la fonte della tua energia vitale e ti senti e ti mostri vitale – nel senso che qualsiasi cosa tu faccia, la puoi fare per ore senza fatica, e senza provare alcun senso di stanchezza. Hai una buona salute. Sai che la terra è un luogo accogliente, in cui possiamo trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Vivi nel posto giusto. Se è disarmonico: i tuoi pensieri riguardano molto spesso la tua sicurezza materiale e fisica, il comprare, il consumare, il possesso. Tieni molto a quello che hai. Di conseguenza hai difficoltà a dare e cedere. Pensi spesso ai soldi. Pensi spesso al sesso. Sei portato a stipulare polizze di assicurazioni d’ogni tipo. Sei molto prudente, è molto importante per te trovarti in un posto sicuro.
Se è poco sviluppato: hai sempre varie preoccupazioni riguardo alle cose essenziali, ai soldi, al sesso e tutto ciò che è materiale. Ti capita di pensare che la vita sia caotica, dura, soltanto faticosa. Puoi aver la sensazione di essere arrivato da un altro pianeta e di non appartenere a questo mondo. Non riesci a fidarti del tuo corpo e il risultato sono le disarmonie nel fare l’amore. Prendi di nuovo il tuo diario e scrivi tutte le tue convinzioni sui seguenti temi:
→ → → → →
soldi. Sopravvivere e sentirsi sicuri. Sesso. Radicarsi e rimanere con i piedi per terra. Salute del corpo.
Il 1° chakra è anche il luogo dove accumuliamo tutto quello che chiamiamo morale: tutte le convinzioni che si hanno intorno al sesso, e su ciò che è bene o male. A questo chakra sono connesse le emozioni e i sentimenti di vergogna, bramosia, gelosia e anche le paure esistenziali e timori connessi con la morte. Se il 1° chakra non è armonico, avviene spesso che la sua energia si trasformi in fantasie morbose, oppure che si accumuli a lungo, senza poter trovare un modo di esplicarsi. In questo caso, si verificano di tanto in tanto sfoghi incontrollabili. Il 1° chakra contiene infatti un’energia potente che ha sempre affascinato e impaurito l’umanità. È sesso puro, sesso selvaggio, sesso per il sesso, sesso che non sa relazionarsi, sesso che conosce soltanto la gioia di esprimere se stesso, e non percepisce né idee né valori, ma è pura energia. Proprio a causa di questa sua potenza particolare, il 1° chakra viene trascurato in molte vie spirituali ed è invece molto usato nel Tantra, poiché offre una fonte inesauribile di energia che ci tornerà utile nelle pratiche meditative più avanzate. Alcuni autori della letteratura sullo yoga e sul Tantra connettono la sessualità esclusivamente con il 2° chakra, per la ragione opposta: per un loro timore di dover gestire il sesso puro come si manifesta nel 1° chakra, ne mitigano la forza primordiale assimilandola ai sentimenti del 2° chakra e canalizzandola così entro le dinamiche di una relazione interpersonale. Il 2° chackra: il centro dei sentimenti Il 2° chakra si trova 5 centimetri al di sopra dell’osso pubico. Non va confuso con il hare (che si trova 5 cm. sotto l’ombelico) che ha tutt’altra funzione. Il 2° chakra è la sede dei sentimenti. Nello strato mentale del 2° chakra troviamo credenze e convinzioni del tipo: “Per avere un rapporto devo sacrificarmi”, “tutti questi sentimenti non portano a un bel niente”, “le mie ferite sono così grandi che non riesco più ad avere un rapporto”, “restare soli vuol dire regressione”, “sono così sensibile e vulnerabile che ho bisogno di un compagno”, “come uomo devo sempre essere sicuro di me e dominare nelle relazioni” e così via. Ti riconosci in alcune di queste frasi? Prendi il tuo diario e scrivi le tue convinzioni su:
→ cosa faccio quando desidero intimità, contatto, o quando ho semplicemente voglia di sentirmi vicino al partner? → Quale strategie adotto per creare una distanza con il mio partner (o con le altre persone)? → Quali convinzioni ho riguardo al sentire, e in che modo evito di sentire? In genere usiamo intorno all’80% dell’energia del rapporto per non entrare in intimità col partner e per sviluppare nuove strategie difensive. Se il 2° chakra è armonico: non hai difficoltà né a entrare in intimità né a stabilire un contatto profondo, né a essere autosufficiente. Hai facilmente accesso al radioso bambino che è in tutti noi, per il quale la vita è una continua meraviglia; riesci a provare stupore ed entusiasmo, sei dotato di un buon spirito di ricerca – che è una forma adulta della curiosità. Riesci a sintonizzarti con tutto. È sei in grado di fluire con la corrente della vita senza perdertici. Tutto ciò che fai è autentico, spontaneo. Se è disarmonico: ti senti a disagio quando ci sono i “momenti fluidi”, nei quali conta più il concordare che non l’opporsi. Hai rare occasioni di intimità e di contatto corporeo. Ti è difficile esprimere i tuoi sentimenti e ti senti perciò continuamente spinto e costretto, il che crea insicurezza nel rapporto con l’altro sesso. L’atto amoroso, per te, è più una lotta che un fluire insieme. Non sai cosa vuol dire sentirti contento, sazio e rilassato nel corpo. Attiri persone che hanno la tendenza ad analizzare te e i tuoi rapporti. Se è poco sviluppato: hai la sensazione di essere rigido e arido. Hai la sensazione di aver “ritirato le antenne” (i sensi). I tuoi movimenti sono bruschi, e improvvisi. La vita ti sembra spesso grigia o incolore. Nel 2° chakra sono immagazzinate anche tutte le esperienze del passato che riguardano l’intimità ed il rapporto; perciò, quando lavoriamo sul 2° chakra, emergono sovente episodi dell’infanzia, ed emozioni a essa connesse. La pigrizia, il frequente senso di stanchezza, o la voglia di far niente risalgono generalmente a esperienze del genere. Se abbiamo una carenza nel 2° chakra siamo più portati a vizi e manie come il fumo, le droghe e l’alcool. Una strategia che viene adottata da molti per non avvertire il bisogno di intimità (cioè per mascherare carenze del 2° chakra) è quella di controllare gli altri, e soprattutto il partner. Un’altra strategia per evitare il contatto, è rapportarsi dal 3° chakra. Il potere del 3° chakra La tendenza a creare le proprie relazioni da questo centro energetico è molto diffusa, soprattutto nell’ambito lavorativo. Quando il 3° chakra diventa predominante, si tende a sentirsi subito in competizione e a paragonarsi con gli altri.
Ogni rapporto può risolversi in una lotta per vedere chi è più forte, più resistente, più intelligente, più bello, più veloce... Forse ti è familiare questo atteggiamento? Il 3° chakra è situato all’altezza del diaframma, alla base dello sterno. È correlato al plesso solare, così detto per via della sua energia radiante che assomiglia a un sole. Nella tradizione sufi viene considerato il secondo cuore. Vediamo come si avverte un 3° chakra armonioso: ti fa piacere gestire le cose in maniera che appaiano giuste innanzitutto a te. Hai autorità e sei in grado di sostenere il confronto con gli altri. Sei il comandante, il regista della tua vita. Provi un sentimento di pace e armonia, quando pensi all’universo e al posto che occupi tu nell’universo. Puoi irradiare la tua energia, ovunque, indipendentemente dalle persone che hai intorno. È un irradiare silenzioso che proviene da un 3° chakra limpido e pulito. Sei come una regina o come un re che hanno carisma e dignità e al tempo stesso sono vulnerabili, e pieni di comprensione per gli altri. Se è disarmonico: controlli ed eserciti il potere su gli altri. Manipoli gli altri. Conosci il senso d’insoddisfazione e la noia. Pensi molto, prima di fare qualcosa. Sei molto nervoso, e ciò ti spinge all’iperattività: devi continuamente fare qualcosa e muoverti. Ti ripeti in continuazione che devi rilassarti e che potersi rilassare è l’unico scopo della vita, ma non riesci mai a essere veramente calmo e rilassato. Sei pieno di dubbi su cosa fare e su come farlo. Se è poco sviluppato: vedi ovunque ostacoli che sabotano la realizzazione dei tuoi desideri e progetti. Conosci bene frasi come: “non posso”, “non ci riesco”, “non ha senso”, e la sensazione di non essere all’altezza, di non saper affrontare la vita e i problemi che comporta. Vuoi evitare ogni tipo di conflitto e spesso ti ripeti: in fin dei conti siamo tutti fratelli e sorelle e ci vogliamo bene. Un altro modo in cui eviti i conflitti è quello di adeguarti o addirittura sottometterti agli altri, abbandonando i tuoi desideri e i tuoi intenti personali. La frase tipica del 3° chakra poco sviluppato è: “forse me la caverò”. Prendi il tuo diario e scrivi tutte le tue convinzioni e credenze su: → la tua immagine; → il potere; → la forza; → l’imporsi; → l’affermarsi; → il farsi valere; → l’autorità; → il paragonare e criticare; → il realizzarsi; → la totalità e l’assertività. Il 3° chakra è anche la sede della nostra immagine: del modo in cui ci mostriamo agli altri, la maschera che indossiamo. È anche il luogo delle
cosiddette proiezioni, di tutto ciò che non accetti di te stesso e che proietti su qualcun altro. Se riusciamo a penetrare nel profondo del 3° chakra entriamo in contatto con tutto il nostro passato – non solo quello della nostra vita attuale, ma anche nelle vite passate – e riusciamo a cogliervi non solo le nostre esperienze personali, ma anche eventi collettivi. Nelle sue strategie il 3° chakra si può talvolta coalizzare con gli altri chakra. Per esempio, capita ad alcuni di usare la sessualità del 1° chakra per ricatti sottili (seduzione), o i sentimenti del 2° chakra per esercitare più potere sul partner. Oppure capita di dire “con me ti senti a casa” per legare a sé il partner usando così un messaggio del 4° chakra per soddisfare agli scopi del 3°; o di usare il 6° chakra, sfruttando la conoscenza per influenzare altre persone e manipolarle. Il 5° chakra La struttura energetica del 5° chakra è diversa da quelle descritte finora. E, in parte, abbiamo già avuto modo di far la conoscenza di questo chakra (se hai scritto le tue convinzioni e credenze riguardo altri centri energetici). Il 5° chakra è situato all’altezza del piccolo incavo alla base del collo, là dove terminano le clavicole. Se il 5° chakra è armonioso: le tue parole sono sempre connesse con le tue esperienze, con il tuo corpo e con il profondo di te. Riesci ad esprimere con la voce, mediante la parola (scritta o parlata) o il canto, o in altri modi ( come la scultura, il disegno, la fotografia, la danza...), quello che hai scoperto in te. Se è disarmonico: hai la tendenza a parlare molto e di tutto, riesci a discorrere a lungo senza dir nulla di preciso, perché ti manca il contatto con te stesso. Parlare può talvolta causarti un senso di stanchezza, un nodo alla gola o addirittura balbuzie; inoltre incontri difficoltà ad esprimere i tuoi sentimenti e ciò che capisci e percepisci di te. Avverti in te un passare da un’estrema rigidità nel pensare a come le cose dovrebbero essere, a una certa indulgenza verso i propri capricci sentimentali, e viceversa. Se è poco sviluppato: ti senti insicuro e sei timido. Hai paura del giudizio altrui. Il 6° chakra È connesso con la percezione extrasensoriale. È situato al centro della testa, dietro il punto in cui le sopracciglia sono più vicine a congiungersi; per tale ragione, viene anche definito “il terzo occhio”. Se vi è capitato di osservare le statue di qualche divinità orientale avrete certamente notato in corrispondenza con la sede del 6° chakra un punto, un segno o talora anche un vero e proprio occhio. Lo si trova anche nelle divinità feroci e aggressive, come segno della consapevolezza. Se è armonioso: quello che avverti, riesci a descriverlo soltanto in forma metaforica. Puoi comprendere, sentire o persino vedere connessioni che vanno ben oltre il tuo mondo personale, e che si presentano come un’ampia rete,
vista nel suo insieme, come dall’alto. Riesci a collegare facilmente fatti e persone, e a percepire e comprendere cause ed effetti in un senso più ampio di quello in cui gli altri li intendono solitamente. Hai una buona memoria. Puoi entrare in altre dimensioni e anche in altri mondi. Se è disarmonico: ti manca la capacità di comprendere le connessioni profonde, e cerchi di spiegare tutto con l’intelletto. Devi sempre ragionare, discutere e cercare il perché e il per come. Dai importanza solo a ciò che si può vedere e definire con precisione. Sei sempre intento ad analizzare le cose. Se è poco sviluppato: neghi tutto ciò che riguarda il 6° chakra. Conosci bene frasi del tipo: “quelli che credono nei sogni sono degli illusi”, “queste scemenze non contano nella vita concreta”, “sono tutte fantasie”, “non esiste niente che non si possa vedere e toccare”, “sono tutte stupidaggini”. Il 7° chakra Gli uomini che hanno il 7° chakra aperto sprigionano un’attrazione veramente magica. Al solo vederli provi per loro una sorta di incondizionato amore, indipendentemente da quel che fanno o possono fare per te. Quando questo chakra è chiuso sei imprigionato nell’io e avverti continuamente un senso di separazione da te stesso, senza esserne ben conscio; quando il 7° chakra si apre, diventa la porta per giungere oltre il sé, e per connetterti con il tutto. Il chakra è strettamente legato al primo, insieme formano le due aperture del condotto energetico che ci attraversa; per ciò, qualsiasi evoluzione spirituale va di pari passo con l’evoluzione sessuale: più si apre il 7° chakra, e più si apre il primo, e viceversa. Non vogliamo per il momento dire di più su questo chakra; va infatti sperimentato personalmente. Scoprire i 7 chakra Ora puoi dimenticare tutto quello che hai letto sui chakra in questo e in altri testi, e provare a sperimentare i tuoi chakra, in prima persona. Non cercare conferme a idee che hai già appreso: più ti apri alle tue sensazioni corporee e a tutto il materiale visivo e emotivo che emerge dai tuoi chakra, e meglio sarà. L’esercizio per scoprire la carica dei chakra Esiste un esercizio (che attingiamo dalla kinesiologia) grazie al quale puoi scoprire quale dei tuoi chakra è carico e in quale c’è invece una carenza di energia. È facile, e divertente e richiede solo 10 minuti. → Siete tutti e due in piedi, e decidete chi dei due fa l’esercizio e chi fa invece da assistente. → Chi ha deciso di far l’esercizio distenda orizzontalmente il braccio sinistro sull’ideale prolungamento della linea delle spalle e si concentri su un “no”, un “no a tutto”. → Chi fa l’assistente dice: “Trattieni”, che è il segnale perché l’altro trattenga il respiro e lasciare il braccio rilassato mantenendolo sempre nella posizione di prima; l’assistente con due dita (preferibilmente l’indice e il medio) gli spinge leggermente il braccio verso il basso.
→ Chi fa l’esercizio si concentra ora su un “sì”, in tutto il suo corpo: e di nuovo l’assistente gli spinge il braccio in giù, come prima. → Sei in grado di percepire la differenza? Se non la percepisci, significa che sei poco in contatto con il tuo corpo e non ha senso continuare l’esercizio. Se il tuo partner ha notato una differenza nella pressione che ha esercitato quando ti concentravi sul “sì” e quella esercitata quando ti concentravi sul “no”, quella differenza è una misura base per una carica forte e una carica debole dei tuoi chakra. → Ora concentrati sul 1° chakra, lo tocchi con la mano destra e alzi lentamente il braccio sinistro come prima, mentre il tuo partner lo spinge in giù, sempre con due dita. → Fai la stessa cosa con tutti i chakra, uno dopo l’altro, – toccandoli con la mano destra e concentrandovi la tua attenzione. Il tuo partner eserciterà sempre la stessa pressione fisica sul tuo braccio, per ciascun chakra. Se un chakra è poco sviluppato, ti farà abbassare il braccio con facilità; se invece un chakra è ben carico (è cioè armonico, o disarmonico) incontrerà una maggior difficoltà. → Poi, vi scambierete i ruoli. → È meglio far tutto l’esercizio in silenzio, e prendersi poi il tempo per comunicare tutto quello che avrete notato e percepito l’uno dell’altro. Provate a vedere come cambia la carica dei singoli chakra dopo il prossimo esercizio, il chakra-breathing. Il chakra-breathing Significa “respirare nei chakra”. Con questa meditazione (che trae origine dai sufi) è possibile, tramite i respiri veloci e profondi e i movimenti del corpo, equilibrare, pulire e rivitalizzare i 7 chakra. Possiamo rinforzare il flusso energetico nel corpo e diventare più aperti, vitali e svegli Contemporaneamente diventeremo anche più consci dei nostri centri energetici e dei loro messaggi. È una meditazione attiva e ha davvero un gradevole effetto rivitalizzante: perciò consigliamo di farla la mattina prima della colazione, o il pomeriggio a stomaco vuoto. Richiede 45 minuti. → Sei in piedi, con le gambe leggermente divaricate; le piante dei piedi poggiano saldamente e comodamente sul suolo, i ginocchi sono flessi e tutto il corpo è rilassato. Se ti accorgi che ci sono tensioni in qualche muscolo o in qualche parte del corpo (collo, mascelle, spalle, pancia, glutei), rilassali consciamente, usando il respiro, l’attenzione ed eventualmente anche qualche movimento. → Tieni chiusi gli occhi, durante la meditazione. → Porta la tua attenzione sul 1° chakra; ti puoi aiutare mettendo una mano sui genitali o direttamente sul perineo. → Comincia a respirare attraverso la bocca aperta, in modo profondo e veloce, mantenendo sempre la tua attenzione sul 1° chakra. Puoi immaginare di stare assorbendo l’energia dalla terra col tuo 1° chakra, se sei donna; o di accumularla, , se sei uomo. → Ora ruota il bacino (vedi capitolo sette): inspirando lo porti indietro, ed espirando lo porti in avanti.
→ Quando hai la sensazione che il 1° chakra si sia riempito di energia, sposta la tua attenzione sul 2° chakra (due o tre dita sopra il pube) e, continuando a respirare velocemente e profondamente, osserva tutto ciò che provi. → Dopo alcuni minuti (se vuoi, potrai aumentare gradualmente la durata dell’esercizio) fa lo stesso con il prossimo chakra, e via via fino al 7°, – che si apre sempre verso l’alto: puoi immaginarlo come un imbuto rivolto in su. → Poi verifica col tuo ritmo tutti i chakra, dall’alto in basso: prima il 7°, poi il 6°, fino ad arrivare di nuovo al 1° chakra. In questa meditazione puoi utilizzare tutte le chiavi (vedi capitolo due), compresa quella della voce. Potrai notare che ogni chakra ha un suo suono, che diventa sempre più fine e più alto, via via che passiamo dal 1° al 7°. La stessa cosa avviene nel ritmo, che è più lento nei primi chakra e assai più rapido in quello del 6° e 7°. Prova a riflettere su quante osservazioni puoi fare durante il chakrabreathing. Forse, di alcuni dei tuoi chakra sei consapevole, e di altri no; per fare osservazioni utili, occorre soltanto rimanere con la tua attenzione nella zona dove il chakra si trova, sia che tu lo senta o no. Se non senti niente di particolare, rimani comunque lì: concentra lì la tua consapevolezza e il tuo respiro. Puoi immaginare che quella zona si restringa durante l’inspirazione, e che si allarghi durante l’espirazione. Per focalizzare l’attenzione sul chakra non occorre una forte concentrazione, ma piuttosto un movimento molto dolce della consapevolezza, lasciando che il respiro penetri dolcemente negli strati del chakra. A volte, questo può essere fastidioso: puoi avere un capogiro, puoi avere la sensazione di non poterne più, di non sapere proprio cosa sta succedendo, dove stai andando; rimani lì in ogni caso, rimani presente senza lasciarti distrarre da queste sensazioni. La penetrazione degli strati del chakra viene fatta dal respiro stesso, in modo del tutto spontaneo, senza che tu debba sforzarti in alcun modo. Il movimento può esserti di notevole aiuto. Ogni tanto il movimento tenderà a diventare meccanico. In questo caso cerca di focalizzare la tua attenzione più sul respiro, e sintonizza il movimento col respiro. Abbandona ogni pensiero. Questo movimento che ti aiuta a entrare in contatto con te stesso, potrà a volte diventare forte e intenso, e altre volte potrà invece essere leggero e molto dolce. Quando sei in cima all’ultimo chakra concediti almeno due minuti per scendere fino al primo, non scendere di colpo. E non saltare nessun chakra, scendendo. In tal modo, riuscirai a mantenere quel filo conduttore che collega tutti quanti i chakra. Lasciati sorprendere da ciò che avverrà dentro di te, perché ogni giorno il risultato potrà essere diverso, – come per Michele che ci descrive qui la sua esperienza. Il 1° chakra era quasi impercettibile, inizialmente. Quando sono arrivato al 6° e al 7°, allora il primo si è aperto da solo. Ho potuto constatare che i chakra sono più collegati di quello che credevo, e poi non si aprono solamente quando ci si concentra su uno di loro in particolare, ma possono aprirsi anche quando la nostra attenzione è su un
altro. In particolare il primo è molto suscettibile al fare, lo percepisco come una forza che giace, che riposa in se stessa. Il5° lo percepisco come una vera liberazione, una sensazione esplosiva, ma molto fine e delicata. Per fare un paragone, potrei definirlo come un orgasmo molto sottile, come nuvole che si muovono nel cielo molto lentamente. Ha una qualità fresca e sentivo che aveva a che fare con i miei tentativi di esprimere ciò che mi commuove profondamente, nella parte più intima e interiore di me stesso.
O come dice Silvia: Il 3° chakra fa proprio male, ha un suono rigido e duro come se uno scalpello lo scavasse da dentro, mi ricordo che ho provato a inspirare per cercare di riempirlo, ma era difficilissimo; e ho la tendenza a respirare più profondamente negli altri chakra, dove tutto è più facile. Dopo il chakrabreathing, mi sento abbastanza bene, un po’ febbricitante, proprio come se avessi qualche linea di febbre, ma sono carica e più in armonia con me stessa.
Il chakra-reading Significa “leggere i chakra”. Questo esercizio vi darà di più se lo farete dopo una meditazione o dopo un esercizio delle 4 chiavi. → Prendetevi un’ora di tempo e decidete dei due chi vuole essere letto per primo, e chi vuole invece leggere i chakra. → Sedetevi comodamente sui cuscini. Chi legge, starà a lato dell’altro, con la schiena eretta, in una posizione che potrà esser mantenuta per almeno mezz’ora senza diventar troppo scomoda. → Focalizzate entrambi la vostra attenzione sul 1° chakra, ognuno sul suo. → Chi legge, tiene le mani vicino al 1° chakra del partner. Può immaginare l’imbuto di questo chakra, che parte dal perineo. Una mano va tenuta davanti ai genitali e l’altra sul di dietro, in corrispondenza del coccige. Chi legge chiude gli occhi e lascia che tutte le informazioni di questo chakra entrino in lui attraverso le mani. Comincia a parlare di tutto quello che avverte dentro di sé, ogni sensazione, ogni pensiero, ogni immagine, senza censura. Esprime tutto ciò che emerge in lui. Qualsiasi cosa emerga, la dice ad alta voce e la descrive così come essa continua a emergere via via. Può succedere che veda o senta cose che apparentemente non hanno alcun senso, che sembrano illusorie, fantastiche, o fantascientifiche; le descriverà ugualmente. → Chi viene letto si apre energeticamente. Respira e rimane il più aperto possibile alle sensazioni, o alle immagini che riceverà dal proprio chakra. → Poi, dopo una pausa di dieci minuti, scambiate i ruoli. Non tutti hanno delle visioni e sensazioni così chiare come Elena di Piacenza: 1° chakra: sesso senza rapporto, sesso senza relazione. Mi trovo in un bar, davanti a un tavolo. Il sesso è normale come bere una tazza di caffè o leggere il giornale. Guardandomi intorno vedo persone che bevono, chi un caffè, chi un’aranciata, e altri che fanno sesso, mentre altri leggono il giornale. Io sto facendo l’amore con un bell’uomo su una poltrona purpurea, poi lui vuole fare una pausa; mi siedo al bancone del bar, bevo un’aranciata e dopo un po’ continuo a fare l’amore con lui lentamente, tutta l’atmosfera è molto intensa e piacevole; sento che il 1° chakra si sta caricando di un ardore rossomarrone.
2° chakra: vedo tanti colori luminosi, un blu, un verde blu, un arancio di fuoco, un iride, tutti colori molto luminosi, della lava, calda e irruente, fluida, molto calda, acqua azzurra di un azzurro profondo, lava e acqua si mescolano, l’acqua diventa caldissima, una sirena nuota nell’acqua, si sente bene anche se l’acqua è molto calda; ha dei capelli lunghi e neri, ha la coda di pesce, esce dall’acqua e un’altra sirena si aggiunge, tutte e due nuotano e giocano nell’acqua in modo molto leggero, molto giocoso, ed è come se si conoscessero già; si immergono nell’acqua profonda e poi escono di nuovo. 4° chakra: vedo un palazzo, un trono sul quale sta seduta una regina, molto tranquilla, rilassata, completamente cosciente. Sa che le cose accadono così come devono accadere, è piuttosto calma, molto radicata in sé, e più la guardo, più il suo volto inizia ad assumere i miei lineamenti.
L’onda che attraversa i chakra Con questo esercizio, che è molto amato nei corsi di Tantra, puoi entrare in contatto con temi dei tuoi chakra, che si rivelano spesso diversi da quelli del tuo partner. → Con il tuo partner (o con un’amica/o) preparate un posto comodo vicino a un muro, con una coperta o un materasso sottile, e con dei cuscini). → Vi sedete uno di fronte all’altro, sui cuscini. → Iniziate questo esercizio con un saluto. → Mettete una musica ritmata, e fate una danza con le mani, respirate: la musica forte e calda guida le vostre mani, con un ritmo continuo. Tenete gli occhi aperti e guardatevi senza perdere il contatto con voi stessi. → Quando finisce la musica, cominciate a muovere il bacino, ruotandolo, in modo rilassato, in avanti quando espirate, e indietro quando inspirate, aprite lentamente la bocca e lasciatevi cadere completamente nel 1° chakra. → Poi, l’uomo si appoggia con la schiena al muro e la donna si siede davanti a lui, appoggiandosi a lui; non si sdraia: si siede. → La donna si può appoggiare completamente all’uomo, e rilassarsi; ora non deve fare più nulla, solo rimanere in contatto con se stessa, seguire le energie, provare e percepire. → Non è una disciplina atletica in cui si vince o si perde, occorre soltanto seguire le proprie sensazioni. La donna abbandona tutti i pensieri, non si chiede cosa è bene e cosa è male, o se lui riuscirà a sostenerla o meno, o cosa pensa di lei. → Ora la donna mette la mano sinistra del compagno sul suo 1° chakra: la mano dell’uomo resta posata lì, premendo con due dita sul perineo, in modo costante (va bene anche sulla vulva). → Con l’altra mano, la destra, l’uomo strofina il 2° chakra della donna, mentre la donna inspira. Strofinandolo, l’uomo fa salire l’energia al 2° chakra. La donna può immaginare di spostare l’energia del 1° chakra nel secondo, attraverso il canale interno che ha sede lungo la spina dorsale; e immagina di espirare dal 2° chakra. Continua con questo respiro, in cui inspirazione ed espirazione hanno la stessa durata. Può anche usare la
propria mano destra per descrivere o accompagnare il movimento dell’energia. Continuate così, dai cinque ai dieci minuti. → Poi si passa al 3° chakra. La mano sinistra dell’uomo è sempre sul 1° chakra; e con l’altra, l’uomo può disegnare il movimento dell’energia, che parte dal 1° chakra e sale all’interno lungo la colonna vertebrale, fino al 3° chakra e da lì va verso l’esterno. → Proseguite così con ogni chakra. → In ogni fase, la donna esprime con dei suoni tutto quello che emerge nel suo chakra. → Quando si arriva al settimo la donna può sedersi in una posizione più dritta. Il suo respiro continua a entrare dal 1° chakra, sale fino alla cima della testa, e qui lo si fa uscire. La donna visualizza il percorso interno che l’energia sta compiendo e le aperture dei diversi chakra nella parte anteriore del corpo, la loro connessione reciproca e la loro apertura verso la parte posteriore del corpo. Forse la donna vedrà dei colori o sentirà un suono che vuole uscirle dalla gola. → Può immaginare il canale centrale come un flauto sul quale lei suoni la sua musica, e i chakra sono i fori. → Poi fate una pausa, bevete un bicchiere d’acqua e prendetevi alcuni minuti, per prepararvi al prossimo turno. → Iniziate di nuovo con una musica e con la danza delle mani. Poi sedetevi. La donna appoggiata al muro e l’uomo davanti a lei. → L’uomo si immerge interamente nella radice del suo pene,focalizza la consapevolezza nel punto dove può sentire la sua virilità, si lascia scendere dentro di sé fino alla base, là dove è collegato con la terra. Partendo da lì, esplora lui pure, con l’aiuto della donna, tutti i chakra. Infine chiudete l’esperienza con un saluto. Daniele di Frosinone lo ha vissuto così: Nel 1° chakra avverto una forte carica che si rinforza, che aumenta grazie alla tranquillità e alla quieta attenzione che io le invio; nel secondo, sento una forte carica, devo solo lasciarmi andare per farla fluire, appena allento il controllo fluisce da sola; nel terzo percepisco come un crampo, una certa tensione, voglio fare, inizio a volere di nuovo, sento un no, da un lato un desiderio di arrivare ad uno stato piacevole, a sentirmi bene, dall’altro sento un no, un no come una voce irrazionale in me, ma che non vuole, che trattiene; nel quarto sento poco, smetto un po’ di respirare, poi la carica continua da sotto attraverso il terzo ed ogni volta che arriva al quarto, inizio a deviare, ad andare via con l’attenzione; il quinto lo percepisco come aperto per metà, però abbastanza libero da far fluire la carica anche verso l’alto; nel sesto avverto chiaramente una forte carica che mi dà un bilanciamento per i chakra inferiori. Sento che anche il 3° e il 4° chakra si aprono e mi rendo conto di cosa mi fa sentir bene; nel 7° mi sento libero, disteso, e sento che molta di questa energia è concentrata nei chakra inferiori – nel 1°, nel 2°, e anche nel 3°. Il mio ostacolo più grande in tutta l’onda è il fatto che io voglio, io voglio, io voglio. Questa volontà così forte, che nella vita e specialmente nel lavoro è una grande risorsa, nella ricerca interiore diventa un ostacolo specialmente in queste energie sottili dei chakra. Anche nel rapporto con la mia ragazza diventa un limite, mi ostacola quando cerco di essere ricettivo, sensibile verso me stesso, e di accettare tutto quello che ho capito fino a ora. Un mio maestro mi ha detto che una volontà esagerata come la mia è anche un segno di scarsa autostima, è una compensazione, e non è segno di forza,
perché uno che ha stima di se stesso può anche rilassare la propria forza quando non l’adopera.
Il sistema dei chakra spiegato in questo capitolo è molto utile per i prossimi passi; è come una carta geografica che ci guiderà nelle esperienze più spirituali, nelle quali scopriremo ulteriormente il nostro corpo energetico e gli spazi che si dischiudono dentro di noi quando riusciamo ad aprire i chakra superiori. 10° – Amarsi all’estasi Amarsi nella pelle dell’altro Maithuna, oltre che l’unione con l’altro sesso, è anche l’unione del maschile e del femminile dentro se stessi. Ogni uomo ha una complessa componente femminile (anima) e ogni donna ha un’altrettanto complessa componente maschile (animus). Per scoprire queste nostre componenti, e non a livello freddamente intellettuale, ma percependone la realtà autentica, occorre diventare consapevoli della loro natura e proseguire il viaggio interiore entrando in territori anche molto oscuri. La nostra psiche è un po’ come un arcipelago; noi vediamo soltanto le isole che emergono qua e là; sotto la superficie dell’acqua ci sono le montagne di cui quelle isole sono le cime, e se si scende più giù, si incontra il grande massiccio roccioso da cui tutte queste montagne si dipartono. La montagna che si trova sotto l’isola è l’inconscio personale, e il grande massiccio che collega tutte quelle montagne tra loro è l’inconscio collettivo. L’inconscio personale racchiude tutte le storie della tua vita, le tue esperienze, e a maggiori profondità anche le tue vite passate; nell’inconscio collettivo vi sono invece configurazioni, strutture, immagini comuni a tutti gli individui. Queste immagini universali (archetipi) riguardano direttamente il nostro modo d’essere uomo o d’essere donna; sono alla base dei contenuti che noi normalmente proiettiamo su una persona dell’altro sesso, e in primo luogo, naturalmente, sul partner. Di solito, sul partner, noi proiettiamo in positivo; scopriamo cioè in lui una qualità che in realtà abbiamo in noi stessi, ma di cui non siamo consci; queste proiezioni sono la ragione del grande fascino che le persone dell’altro sesso esercitano su di noi. È come una risorsa insita dentro di noi, ma che non abbiamo ancora scoperto. Di solito, quando ci innamoriamo, l’oggetto del nostro amore è innanzi tutto questa qualità proiettata, e da essa l’amore si estende a tutta la persona sulla quale esercitiamo le proiezioni. Prima di entrare nelle zone più remote, nelle zone in ombra della nostra psiche, è importante rinforzare la nostra identità: in particolar modo, prima di andare alla ricerca del nostro animus e della nostra anima, è importante consolidare il proprio io sessuale, per evitare che quelle aree d’ombra ci avvolgano e ci causino sensi di smarrimento. In pratica: se non hai fatto la maggior parte degli esercizi illustrati fin qui, è meglio che lasci da parte anche questo.
L’esercizio alla “scoperta” dell’animus e dell’anima → Prendetevi una serata libera, solo per voi due, e portate i bambini dalla nonna o da un’amica, in modo da poter eseguire il gioco animusanima in completa tranquillità. Lo potrete rifare una volta ogni tanto, se vi diverte o se vi rivela aspetti del vostro compagno che non avevate mai veduti prima. → L’esercizio dura almeno tre ore. → Prima di iniziare, stabilite i momenti e i luoghi della casa in cui vi incontrerete; e stabilite un segnale, una parola o un gesto che stia a indicare un’interruzione del gioco. Userete questo segnale ogni volta che vi troverete a disagio. → Preparatevi (ci vorrà mezz’ora circa): indossate abiti dell’altro. Vestitevi da donna se siete maschi e da uomo se siete femmine. Mentre vi spogliate dei vostri vestiti, immaginate di spogliarvi anche della vostra personalità; e mentre indossate i vestiti dell’altro sesso, immaginate d’entrare completamente in quest’altra identità fisica. Immaginate di farvi largo nella vostra anima o nel vostro animus, in questa vostra segreta componente interiore. → Poi andate a incontrare il compagno. Comportatevi e muovetevi da donna, se siete maschi, e da uomo, se siete femmine. Cercate di trovarvi a vostro agio nel nuovo ruolo. Camminate, muovetevi nella vostra casa e guardatevi mentre vi muovete. → Respirate come se fosse la vostra anima o il vostro animus a respirare. Imitate i suoi comportamenti e i suoi tic consueti. Anche con l’espressione del volto e con lo sguardo, cercate di entrare sempre più nel vostro ruolo. Come muovete le gambe e le anche, come poggiate i piedi, quali sono i gesti che fate? Le espressioni del viso? Che cosa mostrate di voi? Come volete apparire? Qual è il messaggio che darete a chi vi circonda? Come completereste una frase che comincia con le parole: “io sono...”. → In seguito, potete organizzare una intera serata da trascorrere in questo vostro altro modo; per esempio: l’anima prepara la cena, l’animus ripara qualcosa in casa o legge il giornale in attesa che la cena sia in tavola. Qualsiasi cosa fate, rimanete nel vostro ruolo. Provate anche a simulare un atto amoroso, sempre rimanendo in questo vostro altro modo. → Dopo qualche ora di questo gioco, mettetevi uno di fronte all’altro, sui cuscini. Decidete chi comincia. Parlate in prima persona, da anima e animus: “Io adesso mi sento...”. Esprimete tutto ciò che vi viene in mente, i ricordi, le sensazioni che avete avuto durante la serata, i sentimenti che sono emersi in voi e i desideri che provate ora. Parlatene almeno per dieci minuti ciascuno. Alla fine, salutatevi con un abbraccio. → È un gioco che si può fare anche da soli, davanti a uno specchio, parlando a se stessi a voce alta. → Alla fine è importante che ognuno resti da solo, mentre si toglie i vestiti; insieme ai vestiti, spogliatevi anche di quel vostro ruolo. Fate una doccia e immaginate di ritornare nella personalità del vostro sesso fisiologico.
→ Buon divertimento! Nell’immagine : sin: uomo reale – ds: donna reale
Lorenzo di Roma si descrive così, quando è nella sua anima: Ho un salone di estetica, e quando torno a casa sono molto romantica, ho nostalgia di un uomo col quale potermi abbandonare, sentirmi donna, lasciare che sia mio marito a guidarmi. Mi lascio viziare, divento tenera, ogni tanto mi sperdo e non so cosa voglio esattamente, poi mi butto nelle sue braccia, mi fondo con lui e sto benissimo. Fa proprio bene appoggiarmi alle sue forti spalle, lo aspetto volentieri e quando va via ho subito nostalgia di lui. Sono molto vitale, mi muovo volentieri, ballo molto e mi diverto nel mio corpo femminile, è una vera gioia. Comunico facilmente con tante persone, mi piace civettare. Quando faccio l’amore sono piuttosto ricettiva, mi faccio amare da lui, e mi smarrisco in orgasmi piatti. Mi piace essere ammirata e toccata, e sono molto sentimentale. Sono un po’ timida, ma allo stesso tempo sensuale, mi fa piacere godere del mio corpo. Sono sempre in movimento e sempre aperta a tutto.
Giada di Bari ha un animus un po’ insolito Il mio uomo interiore è un poeta omosessuale che cerca il contatto con le donne attraverso l’estetica e la conoscenza. Nascosto in questo animus c’è odio e disprezzo per le donne, anche per quelle che mi lusingano, odio la vagina e ho una profonda paura del potere femminile. Il contatto con le donne si carica, in me, di elementi sadici. È Infatti nella mia vita di donna ho grossi problemi con la mia femminilità, ho difficoltà ad abbandonarmi nel sesso, ad aprirmi emotivamente e nel rapporto con gli uomini.
Emiliano di Mestre invece racconta Mi sono trovato in una donna nera molto gelosa, di nome Babumba. All’inizio era molto sensuale e molto eccitata, poi le sensazioni sono andate verso l’estatico, semplicemente movimento e danza, nient’altro. Ho seguito la mia inclinazione, il mio gusto e l’energia è diventata sempre più sottile. Come Babumba sono completamente devota a un uomo forte, sicuro e franco, un vero guerriero. Ho seguito tutti gli impulsi che sentivo da fuori e da dentro ed ho percepito come dei movimenti molto delicati in tutto il corpo; non li creavo io, li ricevevo; mi sento molto viva, soprattutto nel mio seno, e molto innamorata.
Animus – Anima Animus e anima sono i nostri partner inconsci e ogni volta che incontriamo una persona dell’altro sesso, immagini interiori. Se un uomo proietta i lati piacevoli della propria anima su una donna, questa diventa desiderabile e attraente per lui. Lei esercita un’attrazione magica su di lui e lui crede di poter giungere alla soddisfazione di ogni suo desiderio vicino a lei. [66] E diviene facile, per lui, accendere le sue fantasie erotiche. Questo è ciò che si chiama innamoramento. Lei dal canto suo si sente lusingata, e anche se non ne è conscia ha un potere sudi lui, perché è diventata la proiezione della sua anima. Anche lei, intanto, avrà cominciato a proiettare il suo animus, la sua forza, il suo intelletto e spesso anche la sua creatività sull’uomo (3), e nel 66 - Bali Hellwig Schinko e Prabhato Regina lcinig, Aruna Insitut, Unterlagen zum Tantra Jahrestraining, Mulfingen,1995/96.
far ciò, se n’e privata: ha tutto questo in lui e non più in se stessa. Perciò l’innamoramento può rivelarsi come un ostacolo nella crescita personale. Tutto va bene finché lei si accontenta di girar intorno all’uomo come la falena intorno a una lampada. Ma quando questa situazione diventa troppo stretta e lei vuole uscirne, si troverà ad affrontare un uomo odioso e pieno di rancore. È il lato in ombra dell’innamoramento. Jung considera l’animus e l’anima morti, quando li proiettiamo sul partner: in quei momenti, infatti, essi non sono più in grado di svilupparsi consciamente in noi. L’uomo che incorre nei rischi insiti nelle proiezioni dell’anima ha svariati problemi nell’ambito dei sentimenti; preferisce in genere un rapporto dolce e comodo, senza discussioni in cui, tra uomo “reale” e donna “reale” entrino in gioco emozioni forti. Vuole tranquillità, e si aspetta che la donna lo assecondi in ciò, senza porgli questioni di carattere emotivo. L’uomo che comincia a escludere in tal modo le emozioni e i sentimenti dalla propria vita, diventa facilmente preda della sua anima che si ribella a queste censure. È soggetto ad attacchi di cattivo umore. Comincia a perdere la sua obiettività maschile, e a servirsi di concetti rigidi, spesso improntati a un vago senso di rancore. Raramente si rende conto che la causa di questi suoi disagi è la sua anima scontenta, che genera stati ossessivi; il più delle volte, dà la colpa di tutto alla donna. Questo avviene soprattutto se la donna gli fa osservazioni pungenti – che rientrano a loro volta nella dinamica della proiezione del suo animus sull’uomo. Ha allora inizio la “guerra delle proiezioni”, che ha sempre effetti distruttivi nel rapporto di coppia. Se la donna è aperta alle proprie emozioni e riesce a esprimerle anche quando si sente insicura, irritata o nervosa, è in armonia con se stessa; se invece nasconde i suoi sentimenti, comincia a prendere sopravvento il suo animus, che vuole mettere in chiaro le cose a modo suo. Il tono in cui lo fa ha sempre una sfumatura offensiva, o troppo critica – che finisce spesso per esasperare l’uomo. Le donne dominate dall’animus non riescono a ottenere amore: anche se supplicano di averne, in realtà e senza accorgersene, fanno di tutto per inibirlo. Questo circolo vizioso è la dinamica più inconscia delle “liti d’amore” che succedono ogni giorno in tutto il mondo. L’uomo in queste situazioni, si comporta spesso come una donna offesa e ferita; sarebbe semplice uscirne se trovasse la ragione della ferita e potrebbe uscirne così facilmente, se solo provasse a cercare le ragioni vere di quel suo risentimento. Il modo migliore di vivere con i nostri partner interiori è nell’accettarli e nel renderli operanti nella nostra vita quotidiana: l’uomo deve dunque imparare a scoprire il calore degli affetti, dei sensi, del cuore (perché l’anima è sempre vicina al centro energetico del cuore); la donna deve dare spazio al suo intelletto e perseguire i suoi obiettivi, i suoi studi, le sue aspirazioni. Nei prossimi capitoli vedremo come queste nostre componenti segrete si esprimono anche al livello energetico, nei singoli chakra. Prepararsi all’estasi Se finiamo per far l’amore sempre nello stesso modo, tentiamo invano di provar più gusto, più piacere in tutte le nostre occupazioni, sarà utile ricordare
innanzi tutto che non possiamo voler decidere tutto con la mente, poiché molti dei nostri limiti ci vengono posti dal corpo. Spesso i limiti son dati dal fatto che il nostro corpo non conosce quelle forme di piacere che possono pervaderlo completamente: o perché non le ha mai conosciute, o perché i ricordi di quei piaceri sono molto lontani, sepolti nei sotterranei della memoria. Con il prossimo esercizio, lo streaming, possiamo aiutare il corpo a ricordarli, e prepararlo a entrare consciamente in queste particolari vibrazioni. Ciò vi aiuterà a scoprire le sensazioni in forma di vibrazioni energetiche, sia nel rapporto amoroso, sia in molti altri campi della vostra vita. Questa esperienza ci farà costatare come il fenomeno energetico chiamato orgasmo dipenda molto meno dal partner o dalla stimolazione sessuale, che non dalla nostra capacità di caricarci energeticamente e di raggiungere uno stato così rilassato da far traboccare quell’energia che comincia a fluire spontaneamente dentro di te. Perché ciò avvenga, occorre riuscire a rilassarsi durante lo stato di maggior eccitazione, smettendo di prefiggerci un qualche scopo, e aprendoci, attimo dopo attimo, a ciò che avviene in noi. Quando l’esperienza orgasmica si estende anche alla parte alta del corpo, si parla di estasi. In questi casi, la Kundalini inizia a stimolare e ad aprire i chakra superiori. Ciò può avvenire direttamente: lo streaming, per esempio, può condurre alle prime esperienze estatiche senza alcuna stimolazione genitale né alcun contatto intimo col partner. Scoprire che il potenziale orgasmico ed estatico è dentro di noi ed è indipendente dall’atto sessuale propriamente detto, è, per molti, una rivelazione sconvolgente. Streaming in inglese significa scorrere o fluire: in questo esercizio vengono infatti sciolti i blocchi muscolari ed energetici, in modo che l’energia vitale possa scorrere più liberamente attraverso il corpo. Il respiro profondo e l’espressione sonora assecondano l’accrescersi della carica energetica e fanno emergere emozioni represse, che in fondo sono anch’esse delle cariche energetiche, di diversa natura. Nella fase orgasmica del processo i movimenti corporei diventano spontanei e autonomi. Più ti abbandoni al fluire dell’energia e più profonda sarà la tua esperienza della “pulsazione spontanea” e del prolungamento del momento estatico. All’inizio, le dinamiche corporee e le strutture emotive sono spesso molto compatte e forti nell’esprimersi; ma quanto più si aprono il bacino e l’area intorno al diaframma, tanto più delicato diverrà quel flusso interiore al punto da risultare quasi impercettibile dall’esterno. Lo streaming Lo streaming si svolge in 4 fasi che qui riassumiamo. 1. Massaggio – Distenditi sul letto pancia in giù, mentre il tuo partner ti aiuta a rilassare le gambe e il bacino massaggiando, premendo con i palmi e con le dita, tenendoti le gambe e scuotendoti dolcemente le anche. Respira profondamente, sospira, osserva i sentimenti che emergono in te. Poi girati sulla schiena, mentre il tuo partner ti massaggia la nuca, l’occipite, la cute del cranio, la fronte, i masseteri e di volta in volta, alza e abbassa la tua testa con entrambe le mani.
Poi il tuo partner passa di nuovo alle gambe (sul lato anteriore ora) sciogliendo con movimenti delicati e lenti le articolazioni delle anche e delle ginocchia. Quando sarai molto rilassato, il tuo partner ti aiuterà ad alzarti (potete usare anche la parte del massaggio dell’esercizio medusa, nel capitolo due, pag. 29). Questo massaggio ha lo scopo di rilassare anche il vostro “apparato di controllo” interiore, così da poter percepire liberamente e senza resistenze tutto quello che succederà nel corpo. 2. Pressione dei meridiani della vescica – Sei in piedi con le ginocchia leggermente flesse, la nuca e le spalle rilassate e i piedi paralleli tra loro e perpendicolari alle anche. China in avanti la testa e il tronco, senza toccare il pavimento con le mani: sentirai una tensione nei muscoli lungo il meridiano della vescica (fronte, nuca, schiena e lato posteriore delle gambe). Il tuo partner preme con le punte delle dita – o solo del pollice – e batte con il lato della mano e massaggia energicamente lungo questi meridiani, mentre tu esprimi con la voce – accompagnata dal respiro profondo – tutte le emozioni e sensazioni del momento che stai provando. Questo massaggio non è delicato; è piuttosto forte ed energico. 3. Fase orgasmica – Il tuo partner ti aiuta a ritornare nella posizione verticale lentamente, vertebra dopo vertebra, fino a che alzerai, in ultimo, anche la testa. Ben presto noterai una pulsazione o un tremolio che parte dalle gambe: lascia che cresca e si allarghi a tutto il corpo. Puoi assecondare queste pulsazioni con una leggera vibrazione nelle ginocchia, continuando frattanto a respirare profondamente con la gola ben aperta in modo che ne escano liberamente i suoni. Quella pulsazione è spontanea, non è soggetta alla volontà: non si tratta dunque d’un movimento che tu debba compiere, ma soltanto di lasciare che essa si sviluppi da sé, e di assecondarla. Dopo aver raggiunto il culmine, la pulsazione si attenua, e si afferma con essa anche tutto ciò che in te è espressione rivolta verso l’esterno: riconduci la tua energia dentro di te; la pulsazione diventerà più delicata e il flusso d’energia più sottile. Eventualmente, puoi distribuire l’energia nella parte superiore del corpo facendovela salire sia mediante l’inspirazione sia immaginando di allargare il “contenitore energetico” nella parte alta del corpo, aiutandoti con movimenti delle mani, come a indicare all’energia la direzione che deve seguire. 4. Connettere sesso e cuore – Mentre tu rimani nello stato che hai così raggiunto, il tuo partner ti aiuterà a distenderti supino, e si siederà dietro la tua testa. Alza le gambe e ruota il bacino accompagnando questa rotazione col ritmo del respiro. Nel tuo respiro percepisci tutta la carica, la passione silenziosa, il piacere e i sentimenti che vi si accompagnano, espirando un “sì”. Apri gli occhi e, in questo stato, guarda il tuo partner, e senti il suo sguardo su di te, in questa tua condizione così carica
d’energia e così piacevole. In questo modo, tu gli stai mostrando ciò che vi è in te di più intimo. Chiudi gli occhi, conduci l’energia all’interno di te, poni una mano sul cuore e l’altra sul tuo sesso: puoi sentire così il circuito energetico che si crea tra le tue mani. Prova anche a respirare tra questi due poli e a sentire come si connettono attraverso il tuo respiro. Dopo un po’ girati su un lato, il tuo partner si corica dietro di te nella posizione dei cucchiai, se a te fa piacere, e rimanete così per un altro po’. Alla fine chiudete l’esperienza con un saluto e scambiatevi le vostre impressioni sull’avvenuto. La buona notizia è che quasi tutti possono arrivare a questi momenti estatici. Chi ha sperimentato gli stati estatici li descrive come una profonda unione con se stesso, uno straripare dell’amore, una forte connessione con il partner non intralciata da nessun pensiero, un sentirsi tutt’uno con ciò che percepisci dentro e fuori di te, insieme a una grande eccitazione, che tuttavia non ha l’effetto di distrarti, ma che ti fa entrare ancor di più in un silenzio pieno di significato. Per arrivare agli stati estatici non occorrono pratiche esotiche o posizioni scomode, né cercare di essere diversi da come si è, bensì combinare la propria forza ed eccitazione sessuale con un grande rilassamento, permettendo all’energia sessuale di fluire così come essa stessa desidera. Sono energie, queste, che più e meglio di altre ci portano verso quegli spazi che ci attendono nel nostro viaggio interiore oltre l’io, al di là di ciò che già conosciamo. Entriamo così in un’espressione più autentica della nostra sessualità, che da sempre abbiamo cercato, nella quale si schiude la porta che ci permette di accedere a quelle dimensioni che da sempre abbiamo sognato. Per entrarci dobbiamo preparare, oltre al corpo, anche il nostro sistema energetico e imparare a conoscerlo meglio – come nel prossimo esercizio. Salire insieme la scala dei chakra La “scala dei chakra” [67] è un modo di raffigurare i centri energetici: è uno schema semplice, mediante il quale potete aiutarvi reciprocamente nella vostra crescita personale; è inoltre uno schema che può mostrarvi con grande chiarezza dove c’è qualcosa da imparare o da disimparare. Proviamo dunque a scoprire cosa può succedere quando ci scambiamo le energie dei chakra e qual è la via armonica, nella quale la donna e l’uomo si sostengono reciprocamente. Per far ciò occorre che i due partner conoscano e condividano i loro intenti, la loro voglia di crescere insieme nel rapporto, e di collaborare l’uno con l’altro. Il Tantra, secondo la nostra esperienza, è l’unica via spirituale in cui la sessualità venga consciamente e concretamente integrata nei cosiddetti “matrimoni tra i chakra”, che scandiscono questa 67 - Osho Rajneesh, Meditation, Zurich 1991, p. 18. (Orig. Meditation -The First and Last Freedom.)
crescita interiore. Incontreremo dunque un primo matrimonio, tra il 1° e il 2° chakra; un secondo matrimonio fra il 3° e il 4°, un terzo matrimonio, fra il 5° e il6° chakra. Dopodiché ciascun chakra si collega, attraverso il 7°, con l’energia universale. Ciascuno dei tre matrimoni significa l’unione di due “opposti”. Il primo matrimonio In questa fase, l’uomo è attivo nel 1° chakra, nel senso che sei presente nei tuoi genitali, sei strettamente connesso con il tuo desiderio sessuale e lo trasmetti alla donna. Questa trasmissione può venir immaginata come una scintilla che scocca dal tuo pene o 1° chakra, fin nella vagina della donna. Per esprimerla, è sufficiente anche una frase semplice come: “Voglio fare l’amore con te”, o “voglio fare sesso”, oppure quel certo sguardo inconfondibile. Nei miti di molte religioni, è questa la scintilla iniziale della creazione. Quanto più l’uomo riesce a rimanere con la sua eccitazione sessuale nel 1° chakra, tanto più la donna rimane dentro di sé e si lascia a sua volta ridestare nel suo 1° chakra. L’uomo è sempre responsabile del primo passo, nella sessualità, mentre la donna si incarica di accoglierlo. La donna nel primo chakra è ricettiva nel senso che il suo esser presente nei suoi genitali corrisponde a un aprirsi, per accogliere la scintilla. Così come quando lasci cadere un sasso in un lago tranquillo e le onde vi si propagano fino alla riva, allo stesso modo quella scintilla iniziale accende il fuoco dormiente nella donna e queste onde svegliano immediatamente il suo secondo chakra. Qui, nel 2° chakra, la donna è attiva e viene in contatto con la sua forza corporea. Esprime la sua voglia, il suo piacere e la sua sensualità in modo corporeo. Qui è lei, a dirigere e a guidare. L’uomo nel 2° chakra è ricettivo, ovverosia è rilassato nell’atto amoroso, ed è vigile, attento a tutte le sue sensazioni e percezioni corporee. L’immagine che meglio lo esprime, è quella della roccia in mezzo al mare, contro la quale si infrange la mareggiata. L’uomo è la roccia, la donna è la mareggiata. La donna può dunque abbandonarsi completamente, per un certo periodo, a se stessa ed ai suoi sentimenti, perché sa che la roccia rimarrà stabile. E tale rimane l’uomo anche se la donna comincerà ad abbandonarsi a sentimenti furiosi, deliranti, smanianti. Poiché l’uomo è ben radicato nel contatto con se stesso, può assecondare la donna, e rilassarsi. Questa sua accettazione della energia femminile, che ora lo impregna, gli dà la spinta necessaria per raggiungere il 3° chakra. Il secondo matrimonio L’uomo nel 3° chakra è di nuovo attivo. Si mostra nella sua forza. Adesso è lui che imprime una direzione al fuoco femminile che si è svegliato, e lo fa in armonia con le energie destatesi nel primo matrimonio. La donna è ricettiva, nel 3° chakra. Ciò significa che lui, con la sua carica energetica, la inonda completamente, mentre lei si rilassa e segue il ritmo dell’uomo. La donna rimane presente in se stessa e in contatto con il proprio piacere. Nella sua
ricettività accoglie la forza che le arriva dall’uomo: e accettando quell’energia maschile radiante, si catapulta nel 4° chakra. Il 4° chakra è il polo positivo della donna. Qui, positivo non significa attivo nel senso che la donna debba fare qualcosa. Qui la donna trasmette energia: ciò avviene di per sé, discende immediatamente dalla sua femminilità, e la donna si limita a lasciare che succeda. Questa energia che la donna trasmette ha una sua qualità chiara, limpida, ed è aperta a tutto ciò che le avviene. Tramite questa energia il sesso diventa un atto d’amore. Qui, nel 4° chakra, l’uomo è invece nel suo polo ricettivo. Rimane in contatto soltanto con la sua forza, lasciandosi inondare dall’energia che emana la donna. Accogliendola può scoprire in sé una profonda capacità d’accogliere, e una altrettanto profonda compassione corporea, grazie alle quali la sua potenza assume un che d’imperiale e solenne. Egli è in armonia con questa sua compassione. Questo stato lo porta direttamente nel 5° chakra. Il terzo matrimonio Dopo tutto ciò, l’uomo diventa attivo nel 5° chakra con un orgasmo di carattere esplosivo – mentre l’orgasmo della donna è piuttosto implosivo. Qui compassione e comprensione si fondono l’una con l’altra. Lui potrà provare l’esperienza del sentirsi intero: il suo corpo e la mente diventeranno una sola cosa, in lui. Entrerà in uno stato interiore in cui non esiste la negazione. L’uomo insegna alla donna la comunicazione, l’arte e la creatività, perché in questa fase la donna ha bisogno di sostegno e di incoraggiamento da parte dell’uomo. La donna è ricettiva nel 5° chakra, e lascia penetrare in sé l’energia che viene da lui. Si rilassa e può così entrare in contatto con il suo potenziale del 6° chakra. Nel 6° chakra la donna è di nuovo positiva, nel senso che è lei a dare energia all’uomo. Questa energia viene anche chiamata “lunare”. In questa accezione, ciò significa che l’inconscio comincia a fondersi con la coscienza – e ciò porta la donna direttamente nel 7° chakra. Quando la donna entra nel 6° chakra, porta con sé l’uomo e anche l’uomo riuscirà ad avere visioni, se si abbandonerà alla donna. L’uomo nel 6° chakra è ricettivo ed accoglie l’energia che gli arriva dalla donna. Tramite questa energia l’uomo può salire nel 7° chakra. Questa è la ragione per la quale le donne illuminate vivono spesso da sole, mentre gli uomini illuminati hanno bisogno di una compagna per arrivare alla completa liberazione: – hanno bisogno di una dakini. Una volta che divengono illuminate, le donne si esprimono col corpo e col cuore, cantano, abbracciano, ballano; mentre gli uomini illuminati cominciano a parlare e a insegnare dal loro 5° chakra. Gli ostacoli che si incontrano nel salire in due sono i seguenti: Nel 1° chakra: La prima sfida da superare, per la donna, è di non spaventarsi quando l’uomo le si avvicina con il suo desiderio. Ben altri problemi si presentano, poi, se la donna è il polo attivo e l’uomo quello ricettivo, – se cioè è la donna ad avere il primo impulso e tocca all’uomo accoglierlo o meno. Se si tratta di fare sesso senza andare oltre al 1° chakra, tutto funziona bene, ma solo per una
volta. In seguito, si presenteranno inevitabilmente problemi di dipendenza reciproca e di libertà. Quando una donna non ha ricevuto sufficiente incoraggiamento e appoggio psicologico da parte della madre, può vivere nella perenne sensazione che sia suo dovere fare qualcosa, essere sempre attiva; non riesce ad aspettare; avrà problemi alla vagina, la penetrazione le provocherà dolore, sarà soggetta a infezioni. Cercherà negli uomini continue conferme al suo senso di autostima. Nella coppia, una debolezza al livello del 1° chakra si manifesta spesso nel fatto che la donna sia più preoccupata dell’uomo per tutto ciò che concerne gli aspetti materiali, e non possa ricevere la scintilla iniziale dall’uomo perché lui non è presente col corpo nel 1° chakra, ma segue una sua idea della sessualità. Se insieme riescono a giungere oltre il 1° chakra ed è stata la donna a fornire la scintilla necessaria, l’uomo dovrà comportarsi poi in modo femminile. E ciò gli causerà, coll’andare del tempo, un’enorme pressione psicologica e un cupo senso di rancore. Nel 2° chakra: Il tipico esempio di un intoppo è dato, qui, dall’uomo dolce e comprensivo, che appunto per questi suoi tratti del carattere si distingue dagli altri uomini. In questo caso, si avrà una vera e propria gara (inevitabilmente conflittuale) fra chi dei due ha più sentimenti, o chi dei due sa mostrarli meglio ed essere più comprensivo. L’uomo dovrà rimanere presente e ricettivo anche quando la donna – entrando nel suo ruolo attivo – esprimerà emozioni come il pianto, la rabbia ecc. Nel 3° chakra. Se l’uomo inizia col 3° chakra (“ti voglio penetrare adesso, subito”) senza essere passato attraverso il secondo, cioè senza essersi lasciato inondare dai sentimenti, la donna non si concederà, e l’atto sessuale diventerà meccanico. Il 3° chakra si manifesta, nell’uomo, nella voglia di affermarsi e di affrontare sfide d’ogni genere, non soltanto amorose. Se lui non si sentirà accettato in tale suo aspetto, questa sua energia assumerà una forma distruttiva. Se il suo 3° chakra non è bilanciato, gli mancano le sfide nella vita e soprattutto non riuscirà a trovare né sfide nella sua vita, né tantomeno la soddisfazione che alle sfide si accompagna sempre, e ne avvertirà acutamente la mancanza. La donna, in questa fase, dovrà badare soprattutto a fidarsi della propria forza e rilassarsi in essa. Se la donna rimane attiva nel 3° chakra (e lo si avvertirà certamente, perché in tal caso si muoverà molto, userà molto la propria voce, in quegli atteggiamenti tipici dei film pornografici), invece di seguire ciò che avviene dentro di lei, non sarà in grado di sperimentare l’energia del cuore, che viene nutrita soltanto da un 3° chakra rilassato, né potrà sentirsi collegata veramente con la sua forza sessuale. Ciò comporterà un senso di insoddisfazione sia in lei, che nell’uomo. Nel 4° chakra. Se siete arrivati fin qui, può avvenire che l’uomo si perda nell’energia della donna come in un oceano: allora vagherà in sensazioni piacevoli, rimarrà attaccato a esse e l’atto sessuale terminerà qui. Ma che ne dite, tutto sommato non sarebbe neanche male, se finisse sempre così, non è vero?
Nel 5° chakra. Se tutto va bene, l’uomo accetta l’amore, accetta di essere amato ed esprime questo amore e se stesso in esso. Un eventuale conflitto potrebbe nascere qualora la donna delegasse tutte le espressioni dell’amore all’uomo, e cominciasse poi a opporsi a esse, a contrastarle o a criticarle. Come far pratica con la scala dei chakra Per cominciare a sperimentare e ad aiutarsi a vicenda potrete utilizzare l’esercizio del chakrabreathing, descritto nel capitolo nove, e aggiungervi l’esercizio della scala dei chakra. Preparatevi come descritto nell’esercizio del chakrabreathing. Poi mettetevi uno di fronte all’altra. L’uomo manda energia dal 1° chakra e la donna l’accoglie. Nel 2° chakra, la donna manda l’energia all’uomo e lui la accoglie. Nel 3° è l’uomo a dare, nel 4° è di nuovo la donna, nel quinto è l’uomo e nel sesto è la donna a dare, mentre l’uomo è ricettivo. Il settimo chakra, ciascuno lo sperimenta per proprio conto. Potete visualizzare tutto questo scambio d’energia come filamenti invisibili che esistono da sempre e fluiscono tra voi, ed accompagnarli con i movimenti delle mani. Dopo la fase di caricamento, rimanete seduti per dieci minuti in silenzio. Dopo aver praticato questo esercizio per qualche settimana, lo potete inserire nell’atto amoroso. Non lasciatevi scoraggiare, se all’inizio sentite poco o se non riuscite a mettere bene a fuoco la qualità di ogni chakra, o se avete la sensazione di non riuscire a mandare o ad accogliere l’energia. Noi tutti viviamo con veli interiori che nascondono le nostre energie come le nuvole nascondono il cielo. Lavorare sui chakra è un percorso che richiede disciplina e costanza, per togliere questi veli. Questa applicazione servirà non solo per fronteggiare eventuali ombre, come la mancanza di desiderio o la stanchezza, ma anche per superare le trappole che si nascondono nelle sensazioni più piacevoli – alle quali capita di aggrapparsi, frenando così la nostra crescita. Un costante lavoro sui chakra renderà invece capaci di vedere e capire non soltanto i momenti belli, ma anche i momenti peggiori che la coppia inevitabilmente attraversa nella sua crescita. È grazie a questa capacità che ci sarà sempre qualcosa di nuovo che vi aspetta su questo cammino, e la vostra vita aumenterà d’intensità. L’orgasmo del cuore Molti pensano che la soddisfazione sessuale e la realizzazione spirituale siano due cose diverse, se non addirittura contrapposte. Anche la maggior parte delle tradizioni spirituali che ci insegnano a ricollegarci col divino, – dal Cattolicesimo agli Hare krishna, – escludono la sessualità o addirittura la segregano nel regno di Lucifero. Noi conosciamo soltanto tre grandi correnti spirituali che pongono la sessualità al centro della ricerca di se stessi e degli spazi che si aprono oltre il sé: il Tantra, il Taoismo e il Quodoushka. Secondo tutte e tre queste correnti, amore e sesso non sono in opposizione, ma si accrescono reciprocamente, cosa, d’altronde, ampiamente confermata dall’esperienza quotidiana. Il termine “fare l’amore” è, quanto a questo, molto
corretto, perché facendo sesso innalziamo quell’energia che – se ci apriamo a essa – può giungere fino al cuore e creare amore. In questo senso l’amore non è più un qualcosa che ci viene dato, dalle circostanze, dal destino, ma diviene una nostra responsabilità. Sembra paradossale, ma non lo è: per quanto l’amore sia connesso all’aprirsi e al diventare ricettivi, ha bisogno di una nostra decisione per cominciare a esistere, e noi possiamo fare molto perché ciò avvenga. Questo esercizio (in inglese si chiama: heart pleasuring exercise) combina la masturbazione con la focalizzazione dell’attenzione sui primi 4 chakra. È un esercizio dove veramente si fa l’amore. Fai l’amore con te stesso e crei amore nel tuo cuore aumentando e impiegando la tua energia sessuale. Aiutandoti ad aprire il cuore, questo esercizio aumenta la sensibilità del corpo fisico ed energetico, ristruttura i percorsi dell’energia sessuale e innalza il livello orgasmico. Comincia a stimolarti da solo nel modo che più ti piace, con la mano, col vibratore, con l’acqua della doccia, eccetera. Mentre continui con la stimolazione – senza avvicinarti troppo al punto di non ritorno – focalizza l’attenzione sull’energia del 1° chakra: durante l’inspirazione immagina l’accumularsi dell’energia nel 1° chakra, durante l’espirazione immagina che l’energia accumulata si espanda nella zona pelvica. Continua fino a che hai la sensazione che il 1° chakra sia riempito. Poi concentrati sul 2° chakra e ripeti la medesima procedura. Fai lo stesso con il 3°. Ogni volta che un chakra è colmo, vai al prossimo. Quando sei arrivato al 4°, quello del cuore, immagina un grande cerchio energetico che sale dal 1° al 4° chakra attraversando il 2° e il 3° all’interno del corpo, e ritorna poi al 1° nelle parti anteriori del tuo corpo. Con l’inspirazione pompa l’energia in su fino al 4° e con l’espirazione lasciala ricadere in giù, verso il 1°. Mentre focalizzi l’attenzione sui chakra in questo modo, stimolati in modo da giungere per tre volte abbastanza vicino all’orgasmo, ma prima di avvicinarti al punto di non ritorno, rilassati consciamente allentando tutti i muscoli. La quarta volta, quando sei arrivato al chakra del cuore, focalizza l’attenzione sull’energia accumulata nel cuore e permetti all’orgasmo di esplodere, questa volta nel 4° chakra. Per ottenere un cambiamento permanente dei percorsi energetici conviene ripetere questo esercizio due o tre volte alla settimana per un periodo di circa tre mesi. Se lo hai fatto diverse volte da solo, puoi ora iniziare a farlo con il tuo partner, masturbandovi l’uno di fronte all’altro e poi reciprocamente. Puoi usare questa tecnica anche mentre fate l’amore, per aumentare il livello orgasmico e per permettere una più completa fusione: giungi tre volte vicino all’orgasmo, sempre concentrandoti sul chakra del cuore, e la quarta volta permetti all’orgasmo di attraversare i vostri chakra del cuore. Finché riuscite a mantenere un ritmo comune, seguitelo; altrimenti, alternatevi – lasciando che ciascuno giunga all’orgasmo per proprio conto.
Tiziano di Bologna: Ho fatto delle esperienze con l’orgasmo del cuore, per riuscire a cambiare i miei schemi limitanti. Di solito, comincio respirando nei chakra, per esempio col chakrabreathing, poi uso la mano sinistra per stimolarmi, mentre solitamente uso la destra. Con la mano destra mi accarezzo e connetto più volte i genitali col cuore, e prima di cominciare ad eccitarmi faccio dei movimenti rotatori col bacino e immagino di fare tutto ciò in forma di danza, di movimento ampio e libero, il che mi aiuta a sentirmi più sensuale. Dopo tre mesi circa ho iniziato a sentire il cambiamento.
Gennaro di Napoli: Ho fatto questa esperienza e ho scoperto un modo più sensuale di fare l’amore con me stesso. All’inizio mi vergognavo parecchio, perciò ho dovuto creare un ambiente protetto, con la porta chiusa, sotto la coperta, con dei cuscini intorno a me e un cuscino tra le cosce. Mi sono creato, praticamente, un ambiente molto sensuale ed erotico. Con una mano mi accarezzo tutto il corpo, le cosce, la pancia, il collo, in modo a volte più erotico, e altre volte più impetuoso, tumultuoso. Tutto partecipa, l’anima prende la guida in questa danza d’amore con me stesso e segue quella stimolazione fino a che la sensazione pervade tutto il corpo. La mano destra e quella sinistra si alternano.
L’esperienza di Valentina di Ancona: Dopo una silenziosa e rallentata esplosione della palla arancione di fuoco nel mio corpo, sento come formiche nella gola, come dei fili sottili che salgono e che mi fanno sentire come se dovessi tossire. Sento qualcosa di più fine se riesco a espandere la zona della gola; e questo qualcosa entra anche nella testa e comincia come ad aprirla. Sento una palla bianca in mezzo alla testa, ed è molto forte e compulsiva, un vero e proprio fervore nel 1° chakra, e in qualsiasi momento posso scegliere se andare verso un senso di agitazione generale, come dopo quattro tazze di caffè, o se finire in una eccitazione sessuale, forte come una pantera.
Simona di Trieste: Ieri ero nella mia camera da sola e mi sono masturbata, portando l’energia in su fino al cuore. Mi sono sentita tanto bene come se fossi stata con un uomo. È un’esperienza rara per me, anzi è stata completamente nuova. Percepivo un largo ardore ed una pulsazione nella mia pancia, in tutto il torace e tutta la parte superiore del tronco fino alle spalle. Mi sono amata, mi sono veramente amata. Non solo mi sono eccitata, ma mi sono amata. Era come avere un rapporto sessuale con me stessa. Poi mi sono detta “questa volta mi sono trovata bene con me stessa”.
Se consideriamo l’atto sessuale come la massima espressione dell’uomo e della donna, come un’arte che crea dei momenti pieni di amore, di forza, d’intesa e di piacere, possiamo ben affermare che questo sia il momento più opportuno per aprirsi completamente a se stessi, diventando un trampolino per ricollegarci col divino nel vero senso della parola, “religione (dal latino religio: legame con il divino). Quando si parla di estasi, nelle pratiche sessuali del Tantra non si tratta affatto di una metafora: è davvero quello stato, il supremo dell’essere umano che viene descritto da santa Teresa [68], da santa Caterina, da Kabir e tanti altri mistici di diverse culture. I testi tantrici descrivono questi stati come orgasmi più profondi del solito, che ci catapultano in strati particolarmente 68 - Santa Gemma Galgani, Estasi-Diario-Autohiografia-Scritti vari, Roma 1988.
sottili della consapevolezza, tali da farci percepire il divino dentro di noi e da cogliere la nostra unità con il tutto. Per arrivare a questi livelli, dobbiamo prima scendere molto in basso: agganciarci alla nostra sessualità e radicarci nel piacere corporeo, così come – per usare le parole del Buddha , il fiore di loto che affonda le sue radici nella melma (simbolo della terra e del 1° chakra) e sboccia poi nel suo splendore più completo. Se usiamo la potente energia del nostro sesso per arricchire il centro del cuore, il cammino diventa assai più facile che non quando cerchiamo di reprimerla. Ma lo stesso risultato può essere ottenuto anche senza coinvolgere direttamente la sessualità, e con una focalizzazione continua sul chakra del cuore, come fanno i mistici cristiani. Quando arrivano all’apertura del cuore, la loro esperienza è molto simile: diventa in ogni caso un avvenimento tale da coinvolgere tutto il corpo, e ha un forte carattere erotico, perché apre direttamente anche il centro energetico sessuale – come ben dimostra Santa Gemma nelle sue esperienze estatiche: Sì, mio Dio, sì; nondimeno non permettere che questo fango del mio corpo si abbia a ribellare contro la volontà tua... Che è Gesù, questo fuoco che mi investe tutta? Godo, Gesù... godo, Gesù... godo Gesù. (estasi 13a) O Gesù, ci può essere al mondo una cosa più dolce che l’amarti? Ora che siamo così stretti, così uniti, bruciami, bruciami... Quant’è, Gesù, che mi nascondi i tuoi occhi! Ma che non m’importa di vederti, se ti sento: ti sento tanto bene, Gesù; sento che mi cerchi, sento che mi ami; mi cerchi da tutti i momenti. (estasi 76a) Mio Dio! O Gesù, amor mio, bene increato! Che sarebbe stato di me, o Gesù, se la tua sollecitudine non mi avesse a te condotto?... Aprimi il tuo cuore,.o Gesù; aprimi il tuo petto sacramentato... Io t’apro il mio... Introduciti, o fuoco divino... bruciami, o Gesù, consumami... Ma in me lo sento, o Gesù, un fuoco... Piacesse a te, o Gesù, che io tutta ne avvam passi! (estasi 92a) Come faccio, Gesù, a nascondere il mio petto al tuo fuoco? Vieni, Gesù, ti apro il mio petto, introducivi il fuoco divino. Tu sei fiamma, Gesù, e in fiamma vorresti che il mio cuore si cangiasse. (estasi 127a) Gesù è un infinito pelago d’amore; e quando è venuto con tanta forza nel mio cuore, è stata tanta la veemenza dell’amore, che ho detto: Gesù, basta, basta! E quando è venuto: Gesù fate voi, perché la grande dolcezza che mi avete infusa, mi ha tolto tutte le parole, e allora... (estasi 130a).(3)
11° – Meditazione – Oltre la mente e il corpo L’essenza della meditazione Il Tantra si può definire anche una “meditazione sul piacere”, cioè una meditazione che prende come oggetto della consapevolezza l’energia del piacere, così come altri tipi di meditazione prendono come loro oggetto il respiro, i pensieri, le sensazioni corporee o altri processi interiori. E certamente uno scopo della pratica tantrica è l’aumento del piacere e la scoperta di forme più profonde di unione sessuale. Ma la meditazione tantrica non si limita certo a ciò. Tantra, in sanscrito, significa “strumento per allargare la coscienza”. Questo processo di allargamento avviene nell’unione tra Shiva e Shakti, tra
consapevolezza e energia, tra meditazione e piacere, tra il 7° chakra, che è in cima alla testa e il 1° chakra, che è il centro sessuale. Questa unione è particolarmente importante per chi come noi appartiene a una cultura in cui spiritualità e sesso non sono mai stati in armonia l’una con l’altro: per poter cominciare a meditare davvero, chi è abituato a pensare in questi termini conflittuali deve innanzi tutto far pace col proprio corpo, ritrovare il piacere nella sessualità e collegarlo di nuovo con il cuore; solo allora potrà iniziare a meditare, altrimenti i desideri non vissuti lo assedieranno nella meditazione, togliendogli ogni serenità d’animo. In questo capitolo ci occuperemo appunto del secondo aspetto del Tantra, della consapevolezza che viene coltivata nella meditazione. Cos’è la meditazione? Nel mondo della new age, ormai, tutto viene chiamato meditazione. Alcuni confondono la meditazione con il rilassamento, altri con la concentrazione, altri con il distacco dalle cose del mondo, altri ritengono che sia uno speciale equilibrio da raggiungere nella propria mente. Tutto ciò è certamente utile a meditare, ma non è ancora meditazione. Quando a un famoso maestro zen venne chiesto quali fossero gli ingredienti della meditazione, egli rispose: “Sono tre. Il primo è la consapevolezza. Il secondo è la consapevolezza. Il terzo è la consapevolezza”. Consapevolezza significa essere coscienti e attenti: possiamo essere consapevoli delle sensazioni nel corpo, dei pensieri, delle emozioni, di uno stato d’animo, del respiro ecc. Normalmente noi ci identifichiamo con i nostri pensieri e con le emozioni ecc., ma non ne siamo consapevoli: ci limitiamo a essere i nostri pensieri e le nostre emozioni. Appena iniziamo a osservare questi fenomeni interiori, cessiamo di identificarci con essi e siamo in un altro luogo, ancor più addentro. Ciò che conta nella meditazione non è l’esser rilassati, o centrati, o concentrati; questi sono stati mentali che ci aiutano a entrare in meditazione, ma sono soltanto stati mentali: la meditazione ci porta oltre tutti gli stati d’animo, oltre i pensieri, oltre le sensazioni corporee, oltre il piacere. Il che non significa certo che diventiamo completamente assenti o inerti o disinteressati alla vita. Nella meditazione “io ho dei pensieri, ma non sono i pensieri, provo un sentimento ma non sono il sentimento, sento una sensazione nel corpo ma non sono la sensazione”. Non sono più identificato con i pensieri ma con colui che osserva i pensieri, le emozioni, le sensazioni ecc. È colui che osserva questi fenomeni che avvengono dentro di me, è una modalità e un centro dell’attenzione che ben difficilmente si può descrivere a parole, perché non è associato con nessuna delle componenti della mente ordinaria. Il koan “chi sono io?” è una domanda che non conduce a una risposta logica, riassumibile in una frase: l’unica risposta autentica a essa, è bensì l’esperienza di non essere più identificato con l’io. Ed è un’esperienza sconvolgente, che può mutare la mente umana più profondamente d’ogni altra cosa. Per ciò Osho definisce la meditazione “la più grande avventura che la mente umana possa affrontare. Meditazione significa semplicemente essere, non fare niente: nessuna azione, nessun pensiero, nessun sentimento. Il semplice esistere diventa una grande gioia. Da dove viene questa gioia, se non
fai niente? Da nessuna parte, e da ogni luogo. Essa non è la causa, perché l’esistenza stessa è intessuta di ciò che si chiama gioia”. Quando mediti sei pienamente in contatto con il tuo nucleo, con la tua essenza, sei arrivato a casa. Conosci quei bei momenti in cui ti rilassi in una posizione comoda, lo stress superficiale ti scivola via, e i pensieri diventano sempre più radi? Alcuni pensano che la meditazione sia un livello un poco più profondo di questo rilassamento. Ma non è esattamente così, la strada verso il nostro nucleo interiore non è così semplice e lineare. All’inizio di questo libro abbiamo visto che, quando aumentiamo il piacere, svegliamo anche i mostri. Con la meditazione avviene la stessa cosa: fino a un certo punto ci sentiamo più pacifici, più rilassati, più armonici, più presenti in noi stessi. Ma poi si svegliano i mostri, e se continuiamo a meditare, essi si fanno sentire in modo ancor più chiaro, più intenso e spiacevole: la schiena comincia a dolere, i pensieri vorticano, le voci infernali diventano più forti, riemergono i ricordi di tutto ciò che è andato male nella nostra vita. Rimanere consapevole in questo putiferio interiore diventa una vera tortura. Personalmente, non ho mai sofferto così tanto come in alcune esperienze di meditazione. Perciò molti smettono presto di praticare la meditazione, e si dicono: andrà bene per gli yogi indiani e per i lama tibetani, ma non fa per me. Invece quel momento tumultuoso è solo il punto giusto per fare una pausa, per accogliere e comprendere tutto ciò che viene emergendo dalle tenebre del nostro essere, per poi riprendere a meditare. Nella meditazione non ha importanza se ci sentiamo bene o male, ma se siamo attenti e desti o meno. Quando siamo consapevoli di quello che sta avvenendo, siamo semplicemente nel presente. Quando emerge un pensiero del nostro passato o un nostro pensiero corre verso il futuro e noi ne diveniamo consapevoli, questa consapevolezza ci riporta anch’essa ancor sempre nel presente, perché è nel presente che osserviamo quel pensiero e non ci lasciamo trascinare dal contenuto di quei pensieri, verso il passato o il futuro. Come dice il Dalai Lama: “Nella meditazione non devi permettere alla coscienza di seguire i sentieri del passato o di fare programmi per il futuro: bisogna creare un vuoto, al posto di tutti questi processi mentali. Quando la coscienza è liberata e sgombrata da tutti i processi mentali, essa rimane in uno stato puro, chiaro, indistinto e silenzioso”. E Sogyal Rimpoche ci indica dove possiamo cogliere questo stato puro della mente: “Quando un pensiero del passato cessa, e il pensiero del futuro non è ancora nato, si crea un vuoto e in questo vuoto c’è la consapevolezza del momento presente, fresco, innocente, privo di qualsiasi concetto, non influenzato da nulla: un nudo e luminoso accorgersi. Questa è meditazione”. In questo momento sai chi sei, lo sai senza alcun dubbio perché sei entrato realmente in contatto con te stesso. La via maestra per arrivare al tuo nucleo interiore è quella di un’attenta osservazione. Non ti identifichi con i fenomeni che avvengono nella tua mente, ma li osservi. Questo principio vale per tutte le tecniche di meditazione,
indipendentemente dalle tecniche che si applicano. Di solito siamo molto attaccati ai nostri pensieri, alle nostre emozioni, al corpo, li consideriamo nostri. E siamo attaccati sia ai pensieri e ai sentimenti che ci fanno star bene, sia anche ai nostri problemi – e guai a chi ce li vuole togliere! Un test sull’immagine di sé Fai questo semplice test: scegli tra i tuoi conoscenti una persona che si disprezza, che pensa che il destino le abbia assegnato problemi molto più grossi di quelli toccati agli altri, una persona che non si ama, che si critica costantemente e che pensa che dovrebbe cambiare completamente per essere felice. Rifletti su questa persona: su ciò che apprezzi in lei, (trova almeno cinque ragioni per cui puoi nutrire stima verso di lei), e la prossima volta che la incontri dille che la trovi carina, saggia, bella, coraggiosa o quant’altro... e stai a vedere cosa succede. Aspettati reazioni brusche, insulti, perché penserà certo che tu ti stia divertendo a spese sue. Probabilmente perderai la sua amicizia, e non è escluso che cominci a odiarti. Staccarsi dall’immagine di sé è un momento chiave nelle meditazioni buddiste. Ed è stato una gran fonte di equivoci: si è pensato che significasse allontanarsi dalla vita concreta, non avere più emozioni o pensieri, vivere in un completo distacco e osservare tutto dal di fuori, come uno che si interessa di nulla, o addirittura d’una specie di dissociazione (come si chiama in psicologia), quella condizione cioè in cui osservo me stesso come se mi vedessi in uno schermo televisivo. Queste forme di distacco possono essere utili per affinare le nostre capacità di percezione e di osservazione, ma non sono meditazione. Nella meditazione io osservo i movimenti nella mia mente e nel mio corpo e partecipo alla danza della vita. Non mi osservo dal di fuori, ma dal di dentro. Danzo la mia danza e osservo i miei movimenti mentre seguo con tutto me stesso i ritmi della musica. Lascio al corpo e alla mente piena libertà di muoversi e sono identificato col mio nucleo più profondo, con questo luogo in me che si chiama la pura coscienza. L’atto di disidentificarci dai contenuti della mente richiede una radicale trasformazione delle nostre opinioni in merito a essi: le “etichette” – tutti i giudizi, le definizioni, le categorie, le convinzioni – che normalmente appiccichiamo ai nostri processi mentali. Staccarsi dalle etichette Facciamo un esempio concreto: il mio partner entra in casa e io lo vedo entrare. Fin qui è tutto normale. È un’immagine semplice. Ma qual è il mio primo pensiero in quel momento? Non appena quell’immagine entra nella nostra mente, si innesca tutta una serie di processi: subito provo qualche sentimento, la gioia di rivederlo, un senso di sorpresa, perché non lo aspettavo... e a questo sentimento si associa un pensiero. Se per esempio ho provato gioia nel rivederlo, potrei pensare: non gli mostrerò tutta la mia gioia, perché altrimenti potrebbe pensare che
sono molto dipendente da lui. Proprio ieri mi ha detto di nuovo di non essere così appiccicosa... Oppure: ora lo abbraccio e gli mostro tutta la mia gioia, e la esagero addirittura un po’ per fargli dimenticare quel brutto episodio dell’altro giorno. È così che noi diamo subito un’etichetta alle cose. Questo è bene, questo è male, se ora faccio questo, succede quest’altro, ecc. Tutte queste etichette portano l’impronta del nostro carattere e delle nostre voci interiori. L’aver visto entrare il partner non ha creato in noi un sentimento neutrale, che possiamo accogliere dicendo a noi stessi “sì, ecco ciò che provo per lui” ma ha prodotto in più un giudizio, un’interpretazione del sentimento: dovrei non provare questo sentimento, dovrei provare un altro sentimento, o dovrei provarlo in modo diverso ecc. E non è finita lì: vien sempre ad aggiungersi un altro pensiero, che interpreta o critica il giudizio iniziale: “ma perché penso sempre così. In fondo non è vero”... E poi vengono ad aggiungersi altri pensieri ancora, che interpretano quell’interpretazione... E ai pensieri si aggiungono immagini di situazioni passate, e immagini di situazioni che speri che avvengano, o che temi che avvengano. Così passiamo il tempo, parlando con noi stessi. Di solito questa concatenazione di processi mentali avviene molto velocemente e non ne siamo consapevoli, non ne vediamo i singoli elementi, da quel luogo silenzioso che è nel centro di noi, ma siamo trascinati dalla catena di pensieri-emozioni-sensazioni-pensieri-immagini-pensieri... e ne usciamo, come da una trance, quando una di quelle catene associative si esaurisce o quando qualche nuovo avvenimento esterno ci distoglie. Lo scopo della meditazione è appunto non entrare in questa specie di lunga telefonata con noi stessi, in questo film interiore, in questo flusso di emozioni – e, se ci entriamo durante la meditazione, di accorgercene subito e di destarci da essi per tornare nel vero centro di noi stessi: a percepire da lì le cose per quello che sono e non per quello che pensiamo che siano o che pensiamo dovrebbero essere. In quest’esempio ciò significherebbe percepire la gioia alla vista del partner per quello che essa semplicemente è, cioè gioia, sgombrandola da tutti quei concetti che ci siamo fatti sulla gioia e sul rapporto con il nostro partner. Per percepirla così pura occorre “disetichettare” l’esperienza in 5 passi : 1. Permetti a quella gioia di manifestarsi in te, conceditela. 2. Nota in quale parte del corpo la percepisci. 3. Distogli l’attenzione dalla causa della gioia. 4. Sgombra la gioia da successivi pensieri e idee. 5. Percepiscila come energia in te e osservala come tale. • Stato ordinario: vitale ma non consapevole. – Sono completamente identificato. – cierchio a sin. • Stato dissociato: consapevole ma non vitale. – Mi osservo da fuori. – cerchio a ds. • Stato meditativo: vitale e consapevole. Mi osservo da dentro. – cerchio centrale
La stessa cosa si può fare con la collera, con il rancore, con il piacere sessuale, con l’orgasmo. Questo è meditazione: percepire e osservare qualsiasi impulso, sentimento, pensiero o avvenimento nel tuo corpo-mente, spezzare quella catena di etichette e reazioni non appena ti accorgi che si sta formando, e rimanere con ciò che c’era prima di essa. Buddha Shakyamuni, che illustrò per primo questo processo in termini così chiari, lo chiamò “spezzare la ruota della sofferenza”, intendendo per sofferenza la prigione nell’io. E Tilopa, uno dei grandi maestri tantrici del passato, nel suo canto del Mahamudra dice “Quando osservi la tua mente attraverso la tua mente, spariscono tutte le distinzioni e raggiungi l’illuminazione” Per questo motivo tutte le tecniche di meditazione attribuiscono una grande importanza al corpo e al respiro, perché la percezione del corpo o del respiro è reale, è concreta, è fresca, è innocente, contiene energia. Quando scopri che la pura coscienza non è qualcosa di diverso da te, non è qualcosa che ti devi creare, o che devi produrre mediante posizioni del corpo, o visualizzazioni, o ripetizioni di frasi, e che l’esperienza di essere veramente te stesso ti appartiene e che in fondo hai sempre portato in te la tua vera essenza, il tuo rapporto con te stesso si modifica radicalmente. Trovi in te una guida interiore di cui ti puoi fidare in senso assoluto, un luogo in te che è al riparo da qualsiasi avvenimento esteriore, un’istanza che non si lascia condizionare neppure dalla tua storia personale. Questa scoperta ti dà una grande sicurezza e cambia anche tutto il rapporto con i tuoi maestri spirituali, che non sono più dei “guru” o delle persone superiori, ma persone come te che hanno semplicemente più esperienza nell’accedere al nucleo del proprio essere e che ti possono insegnare la strada che loro stessi ripercorrono ogni volta che si connettono con il loro vero sé. Trova la tua strada e mettila in pratica La parola meditazione ha due significati: uno è lo stato di coscienza pura, del quale abbiamo parlato or ora; l’altro è la tecnica di meditazione, cioè la modalità pratica che ci aiuta a entrare in questo stato. Prima di sperimentare le meditazioni del Tantra rosso, in cui si medita in due – un uomo e una donna – consigliamo di praticare altre meditazioni, da soli, per prendere confidenza con questo processo di discesa nel nucleo del nostro essere. La prima cosa che di solito percepiamo dentro di noi quando iniziamo a meditare è un continuo movimento interiore, in cui sembra non esserci nemmeno un punto fermo. Ci accorgiamo di essere assai lontani da ciò che chiamiamo pace interiore, e che spesso è più un desiderio che una realtà. È così e non c’è da meravigliarsi. Tutta la nostra cultura è orientata verso l’esterno, a distrarci da noi stessi, e tutto ciò tiene continuamente occupati ed evita che nascano quei momenti in cui potremmo incontrare le nostre domande esistenziali, o in cui potremmo sentirci più noi stessi, momenti senza parole, senza pensieri, senza attività.
Tutte le meditazioni puntano bensì sul silenzio interiore, che crea il contenitore in cui possiamo in primo luogo osservare il nostro flusso di pensieri, e in secondo luogo abbandonarlo. Poiché non siamo abituati al silenzio, spesso facciamo di tutto per non accorgerci di esso, anche perché altrimenti in quel silenzio sorgerebbero d’un tratto tutte le nostre preoccupazioni e le nostre paure, soprattutto all’inizio. Non sottovalutate questo fatto: per molti la meditazione è un grande lusso; è una conquista, per loro, riuscire a concedersi mezz’ora di silenzio – di quel silenzio interiore, in cui la mente e il corpo sono nel presente, completamente nel presente, e in cui ogni attimo è denso e pieno di sapore. Meditazione statica e dinamica Quanto alle tecniche di meditazione, possiamo distinguerle in due grandi categorie: le meditazioni statiche e le meditazioni dinamiche. Ambedue hanno in comune l’attenta osservazione interiore, ma mentre nelle prime si sta in una posizione seduta o comunque immobile, nelle seconde il corpo è in movimento. Le meditazioni statiche sono quelle classiche praticate in Asia da millenni. Sono state concepite ed elaborate per popoli che passavano le loro giornate all’aria aperta, nei quali il lavoro era principalmente un’attività fisica, e vi era molto contatto corporeo tra le persone, dalla nascita fino alla morte: per persone, insomma, il cui principio di identità si fondava più su un senso corporeo ben radicato, che non sulla mente e sull’immagine di un io individuale. Oggi viviamo nel modo opposto: molti lavorano seduti, fanno poco movimento, il contatto corporeo con gli altri viene limitato ai membri della famiglia, l’identità è assai più un’idea di se stessi che non un senso del proprio corpo. La maggior parte delle persone in Occidente non percepisce molto attraverso i sensi fisici, ha un “corpo sordo” e lo tratta come un oggetto. Quando rimaniamo seduti in meditazione è difficile che il nostro corpo fisico e energetico sia vitale, armonizzato e permeabile alle sensazioni. Al massimo, possiamo avvertire un male alla schiena. Per noi occidentali, quando cominciamo a meditare, sono dunque assai utili le meditazioni dinamiche, che ci insegnano a vivacizzare il corpo e a sfogare tutta l’energia compressa, per potere poi, con un corpo più permeabile energeticamente, addentrarci nel silenzio interiore. Possiamo paragonare la meditazione all’atto di pulire lo specchio – lo specchio della pura coscienza. E dallo strato di polvere depositato sullo specchio dipenderà la scelta del migliore attrezzo per la pulizia. Se lo strato di polvere è sottile, userai un panno. Se la polvere è incrostata di grasso, dovrai usare una spatola. Se oltre alla polvere trovi anche sabbia e detriti, dovrai prima ricorrere a una pala. Così, nelle meditazioni. • Se la coscienza pura è coperta da uno strato fine di pensieri e da sensazioni corporee sottili e fluttuanti, usa la meditazione zen o vipassana.
• Se le tue catene associative sono più lunghe e le sensazioni corporee più grossolane, usa una meditazione sui chakra o un’altra meditazione che svegli le tue energie sottili. • Se il corpo è teso, e non riesci a osservare i pensieri e le sensazioni fisiche dal nucleo, usa la meditazione dinamica di Osho o la danza dei dervisci. In linea generale, si può dire che le meditazioni dinamiche aiutano a portare la mente nel presente. Mentre la consapevolezza del corpo è sempre nel presente, la mente può infatti essere nel futuro o nel passato. Focalizzando l’attenzione sul corpo nelle meditazioni dinamiche, riporti automaticamente anche la mente nel presente. Da 12 anni la meditazione è una parte importante della mia vita, e ho avuto modo di osservare che in certi periodi è più efficace un metodo e in altri periodi un altro. Per me, il criterio di scelta del metodo è il seguente: quando mi sento attratto da un metodo, lo provo di solito per una settimana, ogni giorno. Se in questi giorni noto un cambiamento (il che non vuole dire necessariamente un cambiamento in meglio), continuo a sperimentarlo per un mese. Se dopo un mese noto che mi aiuta a star bene e a entrare nel profondo della mia mente, quel tipo di meditazione diventa un elemento costante delle mie giornate – che di norma incominciano con un’ora di meditazione ogni mattina. Qui di seguito esaminiamo due esempi di meditazione, una dinamica e una statica. La dinamica di Osho è la più movimentata tra le meditazioni a noi note. Mi ha aiutato moltissimo a rimanere centrata e connessa con la mia energia vitale. L’altra è un esempio delle meditazioni più silenziose: è la meditazione vipassana nella tradizione birmana, così come mi è stata insegnata da Satya Narayan Goenka. Con questa tecnica ho sperimentato quello stato di coscienza pura che è poi divenuto il mio riferimento interiore nell’intraprendere definitivamente il viaggio verso me stesso. La meditazione dinamica “Consiste di cinque fasi: le prime tre durano 10 minuti ciascuna, la quarta e la quinta 15 minuti ciascuna. • 1°fase. Respira col naso in modo caotico, concentrandoti soltanto sull’espirazione. All’inspirazione ci penserà il corpo. Respira il più profondamente e rapidamente possibile. Poi aumenta il ritmo fino a diventare letteralmente il tuo respiro. Aiutati con i movimenti del corpo, per accumulare energia. Osserva l’energia mentre cresce, ma non lasciarla esplodere durante la prima fase. • 2° fase. Esplodi! Scarica qualsiasi cosa voglia uscire. Lasciati andare completamente alla pazzia, urla, grida, piangi, salta, scuotiti, danza, canta, ridi, gettati di qua e di là. Non frenarti, mantieni tutto il corpo in movimento. Per cominciare puoi fare un po’ di scena, esagerare un po’,
consapevolmente. Non lasciare mai che la mente interferisca con quello che accade. Sii totale. • 3°fase. Con le mani alzate, salta urlando il mantra: “Huu, huu, huu!”, facendolo penetrare il più possibile dentro di te. Ogni volta che ritorni a terra, e il tuo peso poggia sull’intera pianta dei piedi, fa’ in modo che il suono del mantra si ripercuota sul tuo centro sessuale. Usa tutto te stesso, esaurisciti totalmente. • 4°fase. Fermati! Resta assolutamente immobile in qualsiasi posizione ti trovi. Non trovare una particolare postura. Un colpo di tosse, un movimento, qualsiasi cosa dissiperà il flusso di energia e vanificherà tutto il tuo sforzo. Sii semplicemente testimone di qualsiasi cosa ti accada. • 5° fase. Festeggia e gioisci con musica e danze, esprimi la tua riconoscenza al Tutto. Rimani in questa felicità per tutto il giorno. Se non ti è possibile fare molto rumore nel luogo in cui mediti, puoi fare la meditazione dinamica in silenzio: invece di emettere suoni, lascia che la catarsi della seconda fase si manifesti totalmente nei movimenti del corpo. Nella terza fase puoi lasciar ripercuotere in silenzio dentro di te il mantra, e la quinta fase si può trasformare semplicemente in una danza espressiva” . La meditazione vipassana Siediti in una posizione comoda, con la colonna vertebrale eretta, ma non in modo tale da irrigidirti. Aiutati con un cuscino, in modo da poter stare in questa posizione per almeno un’ora. Poi focalizza l’attenzione sul tuo respiro, che puoi percepire all’interno del triangolo formato dalla base del naso e dagli angoli del labbro superiore. Senza modificare il respiro, osserva ogni inspirazione e espirazione: senti l’aria all’interno di questo triangolo, quando tocca le narici. È calda o fredda? Passa dalla narice destra o sinistra? Seguendo l’aria nelle narici percepisci la realtà in quest’area limitata del tuo corpo e la tua consapevolezza diventa più acuta, più sottile. Se emergono pensieri o sentimenti – e sicuramente emergeranno – osservali per quello che sono, semplici pensieri o sentimenti, senza aggiungerne altri; poi ritorna con l’attenzione al tuo respiro. Se farai ciò per 20 minuti, ogni volta imparerai ad accorgerti anche delle sensazioni più sottili percepibili in questa zona. Quante sensazioni in un’area così piccola! E non te n’eri mai accorto prima. Abituandosi a osservare il flusso del respiro – che è una delle poche cose stabili nella vita; ti accompagna dalla nascita fino alla morte – la tua mente diventerà più stabile, più equanime, tanto da poter osservare tutti questi piccoli cambiamenti da dentro. Nella seconda fase, impara a osservare con questa tua mente, così allenata, tutto il corpo, un’area dopo l’altra, iniziando dalla cima della testa, per poi passare al volto, alla testa intera, al collo, alle spalle, alle braccia, alle mani e scendendo poi al torace, alla schiena, al ventre, al bacino, ai genitali, ai glutei, alle cosce, ai polpacci, ai piedi. Scegli sulla superficie del corpo un’area abbastanza grande da potervi cogliere una sensazione precisa. Quando hai
trovato una sensazione – che potrà essere un senso di calore, un formicolio, un pizzicore, un muscolo che si tende, una vibrazione, il contatto con l’abito che indossi: qualsiasi sensazione, piacevole o spiacevole che sia osservala in modo neutrale, senza interpretarla, o senza cercarvi nulla di speciale; poi, passa all’area successiva. Se dopo aver meditato su un’area per circa un minuto non vi cogli nessuna sensazione, va’ avanti, continua a scendere. Prima o poi, con la pratica, anche nelle tue aree più sorde appariranno sensazioni. Quando sei giunto fino ai piedi, ritorna pian piano, area dopo area, fino alla cima della testa; ripeti questo percorso, avanti e indietro, per 40 minuti. Col tempo, la tua consapevolezza si raffinerà e oltre alle sensazioni grossolane noterai sensazioni sempre più sottili, piccole vibrazioni delle quali non ti eri mai accorto. Passando in questo modo attraverso il tuo corpo, diventerai consapevole anche della tua mente e molte questioni irrisolte verranno a galla. Osservale, semplicemente, e continuando nell’esercizio ti accorgerai che il tuo corpo è molto più ricco di quello che pensavi, e che in fondo non è affatto diverso dalla mente. In seguito, con un sempre maggior raffinarsi della tua consapevolezza, potrai scendere in breve tempo dalla cima della testa alla punta dei piedi percependo ovunque una ben precisa sensazione. Quando sei arrivato a questo punto, cercati un maestro che conosce questa meditazione e che saprà guidarti oltre. Accorgimenti utili Come puoi notare, anche meditazioni tanto diverse tra loro hanno un principio in comune: l’osservazione dei fenomeni del sistema corpo-mente, da dentro e di istante in istante. Non c’è bisogno di consigliare un determinato tipo di meditazione; scegli una qualsiasi meditazione che ti ispiri, e fa’ la tua esperienza con essa. Ci sono alcuni accorgimenti che ti possono aiutare in qualsiasi tipo di meditazione, e che la renderanno più efficace e piacevole. 1. Una volta che hai scelto una meditazione, continua a praticarla per almeno un mese. La meditazione – proprio come la psicoterapia – prima o poi andrà a svegliare un qualche mostro. A questo punto la tentazione di dire “questa meditazione non mi piace più” diverrà molto forte. E potresti anche passare anni a cambiare un metodo dopo l’altro non appena si sveglia un qualche mostro. Finirai per avere una bella collezione di meditazioni, ma non avrai mai guardato in faccia quel mostro, che perciò continuerà a perseguitarti. 2. Se ti preoccupa l’idea di dover trovare ogni giorno una mezz’ora o un’ora per meditare, dimentica questa preoccupazione. È un problema che si pone soltanto all’inizio. Dopo un po’ diventerai più attento, più consapevole, più sveglio e ciò libererà una grande quantità di energia. Dormirai di meno, sbrigherai le faccende in modo più efficiente e ben presto ti accorgerai che durante la meditazione non hai “perso” un’ora ma ne hai guadagnato due. Quando facevo il consulente aziendale per le imprese in crisi – che è un lavoro molto stressante, perché si è in contatto con imprenditori sull’orlo della rovina, impiegati che temono di perdere il lavoro, tra risorse scarse, creditori minacciosi e tempi stretti –
facevo non una ma due meditazioni al giorno e ciò aumentò molto la mia efficienza. 3. Ci sono due modi per abbassare il livello energetico e per non essere cosciente e attento nei riguardi dei fenomeni che avvengono dentro di noi: il primo è quello di abbandonarsi alla cosiddetta trance, alle fantasie, a uno stato di dormiveglia, in cui il tuo corpo è qua ma tu sei altrove, la tua consapevolezza è annebbiata e l’energia è diffusa, e il suo livello rimane basso. Se ti accorgi che stai scivolando in trance, che stai spaziando in luoghi vuoti in cui tu non sei più presente a te stesso, apri gli occhi, guarda attentamente un qualsiasi oggetto, torna nel momento presente e focalizza di nuovo la tua consapevolezza. Il secondo modo è perdere il contatto con i propri sentimenti (a causa di tensioni muscolari, o di resistenze energetiche o d’un assottigliamento della tua energia vitale). Ciò può avvenire anche quando la tua attenzione è focalizzata e precisa; sei consapevole di ciò che percepisci attraverso i sensi esterni, ma non sei più in contatto con i tuoi sentimenti. Allora l’espansione della coscienza non può più procedere. In questo caso, focalizza l’attenzione sulle sensazioni corporee e accogli i sentimenti collegati ad esse, man mano che emergeranno. 4. Un altro accorgimento utile è quello di rimanere nel momento presente, senza mirare ai cosiddetti “stati meditativi”. Se cominci a usare la meditazione per giungere a un certo stato d’animo, a certe sensazioni piacevoli, la tua crescita interiore si ferma. Non sei più in contatto con la realtà presente del tuo sistema corpo-mente, ma sei altrove, nel desiderio di quel particolare stato che ti sei prefisso di raggiungere. “Appena provi ad ottenere qualcosa, la tua mente inizierà a vagare. Se non provi a ottenere qualcosa, allora hai il tuo corpo e il tuo cuore completamente qui e ora, a tua disposizione.” 5. Nella meditazione l’obiettivo non è quello di cambiare se stessi, ma quello di accorgersi di ciò che si è. Al contrario della psicoterapia e di molte discipline di crescita personale, mediante le quali modifichiamo le nostre capacità, i nostri modi di pensare, i nostri modi di percepire noi stessi e gli altri, nella meditazione non ci occupiamo affatto degli strati superficiali del nostro essere, ma andiamo direttamente al nucleo., al centro di noi, e osserviamo da lì tutto il mondo interno e esterno. È ovvio che quanto più sarai consapevole del tuo strato difensivo e emotivo, tanto più facile sarà la meditazione, ma una volta che ti sei collegato col tuo nucleo più profondo, dimentica tutti i problemi personali e rimani in esso. Il desiderio di cambiare, di diventare migliori, di essere più forti, più belli, più evoluti ecc. viene dagli strati esterni dell’io e ti porterà a identificarti di nuovo con essi. Per la durata della meditazione metti da parte quei desideri, ci saranno poi altre occasioni per riprenderli e per realizzarli. Durante la meditazione, osserva soltanto quello che sei. 6. Un altro accorgimento utile nella meditazione consiste nel convertire la mente, che nella nostra cultura è generalmente associata all’azione, alla realizzazione (prima pensiamo o ci immaginiamo una cosa, e poi la mettiamo in atto), da questa modalità attiva a una modalità recettiva – il che non significa passività. La mente ricettiva è quella che riesce a non
seguire una direzione soltanto ma si apre a 360°: non si concentra su una sola immagine, su un solo discorso, ma è pronta a cogliere subito un qualsiasi altro fenomeno, che magari non ha nulla a che fare con quello che stava osservando un attimo prima. Non identifica e non categorizza, ma coglie tutto con grande curiosità, come un bambino. Alcune persone descrivono questo cambiamento nello stato mentale come “lo spuntare di antenne dalla testa”, altri come un “alleggerirsi del cervello”, altri come un focalizzarsi dell’attenzione al contempo sopra e dietro la loro testa. È una specie di movimento interiore che avviene nella testa e non richiede sforzo: si compie in un attimo, semplicemente nel momento stesso in cui ti immagini di farlo. 7. Nella meditazione l’intelletto discorsivo ci aiuta poco, come spiega Santa Teresa d’Avila quando critica i teologi: “Vorrei far capire che l’anima non è il pensiero, e che la volontà non è diretta da esso, il che sarebbe una vera disdetta; pertanto il profitto dell’anima non consiste nel pensare molto, ma nell’amare molto”. Qualsiasi tipo di meditazione tu abbia scelto di fare, falla in contatto con quella parte di te che accoglie i fenomeni per quello che sono, che non giudica. Falla da quel luogo in te in cui non c’è nessun “dovrei”, in cui ti accetti come sei, in cui non c’è né bene né male, né alcun giudizio. Se sei connesso con questa parte saggia di te stesso, e se ti tratti in un modo amorevole durante la meditazione, sarà molto più facile rimanere attento e consapevole nel penetrare gli strati profondi della tua mente, perché con l’energia del cuore sei pronto a incontrare qualsiasi mostro, e ogni mostro non potrà fare altro che trasformarsi e rivelarti i suoi segreti. La coppia spirituale Quando mi accadde di sperimentare, molti anni fa, quello stato di vacuità in cui la coscienza non è identificata con il corpo né con la mente, e che è la più grande liberazione che io conosca, ne rimasi parecchio affascinato. Più che stato mentale, bisognerebbe chiamarlo un nonstato. Per mesi non riuscii più a pensare ad altro e anche mentre mangiavo, o lavoravo ecc. il ricordo di questo stato riaffiorava continuamente, insieme a un gran desiderio di ritornarvi. Era un’esperienza molto più profonda del mio primo grande amore. Provai a tornarvi per sei anni con la stessa tecnica, eseguendo gli identici esercizi, ma non lo ritrovai più. Ero disperato, l’avevo sperimentato, sapevo come arrivarci, conoscevo più o meno gli stati mentali intermedi, ne serbavo in me il ricordo come un tesoro, sentivo ancora il suo sapore ogni volta che ci ripensavo, ma non potevo più raggiungerlo. Riuscivo solo a sfiorarlo: mi ci avvicinavo, e qualche momento prima di entrarci, svaniva come un miraggio. Feci un ultimo sforzo: meditai per 10 giorni consecutivi, con brevi pause soltanto per mangiare, dormire e sgranchire le gambe. Fu un inferno, e mi ammalai. Per altri 10 giorni rimasi a letto con 40 di febbre. Appena mi fui ripreso regalai i miei libri a un monastero buddista, bruciai tutti i miei manoscritti sulla meditazione, sullo yoga, sul Tantra ecc. e smisi di meditare per diversi anni.
In seguito ripresi la meditazione con tutto un altro spirito. Ero semplicemente caduto in una trappola. Il nome di questa trappola è: identificarsi con l’esperienza della coscienza che è oltre l’io. Leggendo poi i diari di famosi terapisti e maestri spirituali trovai motivo di consolazione. Non ero stato l’unico a cascarci: quasi tutti passano attraverso questa fase. La fase di innamoramento ci dà un credito iniziale di gioia e di amore, e di momenti in cui comunichiamo direttamente e profondamente con l’essere amato, senza filtri, senza barriere caratteriali; ci dà un credito di energia, ci dà il gusto di tutto ciò che è possibile nell’incontro tra un uomo e una donna: e questo credito usiamo in seguito, nel render consapevole il rapporto anche nei periodi che a prima vista sembrano più bui e tenebrosi; è una risorsa di forza e di fiducia per poter capire, nel periodo successivo, cos’altro può e deve succedere nelle dinamiche tra uomo e donna. Allo stesso modo, l’esperienza di giungere oltre i confini dell’io – che prima ci poteva sembrare un limite insormontabile – ci dà un credito per la fase che seguirà, un credito di energia e di conoscenza che ci aiuterà a capire le dinamiche dell’io e a equilibrare ogni volta la ruota corpo-mente-spiritoemozioni. Lo scopo del Tantra, come anche di altre discipline della conoscenza di sé, non è solo quello di diventare più spirituali, ma di crescere in tutte e quattro le nostre dimensioni, allargando i confini dell’io per dare più spazio al nostro nucleo interiore che si espande. Così come abbiamo preparato il nostro corpo fisico a concedersi un orgasmo più grande, allo stesso modo prepariamo la nostra mente e il corpo energetico per quel sé allargato che tende a incontrarsi con il tutto. È la nostra mente lineare a trasformare in trappola queste fasi, quando vorrebbe diventare sempre più spirituale; in realtà esse hanno un senso ben diverso, come spiega Ram Dass, che quando venne a trovarsi in una fase simile fu rimproverato così dal suo maestro: “Suvvia, tu segui una scuola, una scuola che si chiama vita. Perché non ti attieni al programma didattico? Hai deciso di nascere come uomo. Ora vorresti diventare divino. Perché non provi a essere semplicemente umano?”. Tutte le esperienze estatiche, tutti gli incontri con altre realtà richiedono sempre di venir ricondotti alla dimensione terrena, di venir riportati e integrati negli stati della mente ordinaria, proprio così come le alte scariche elettriche hanno bisogno di una “messa a terra”; altrimenti l’io vorrà identificarsi con quello che vi è oltre l’io, il che è di per sé impossibile. La prima reazione, in questa esperienza di liberazione, è di grande gioia: “L’ho trovato, ho trovato il tesoro, sono entrato in estasi, ho sperimentato la vacuità, evviva!” e ciò è naturale, perché è veramente l’esperienza più bella, più sacra che uno possa fare. Ma la domanda da porsi dopo il primo giubilo deve essere: “Chi ha trovato? chi ci è andato? chi ha sperimentato? chi era cosciente di questa
esperienza se l’io non c’era più?”. È con queste domande non vogliamo diminuire la gioia e la soddisfazione dell’io che ha scoperto una realtà molto più grande di lui, ma solamente riportare gli avvenimenti nella giusta dimensione, in cui l’ordinario si può incontrare con lo straordinario, il samsara con il nirvana. In ogni tempo chi ha intrapreso il viaggio spirituale ha incontrato questo grande interrogativo, a cui bodhisattva Avalokitesvara rispose nel Su tra del cuore: “La forma è vacuità, la vacuità è forma”. Non appena hai scoperto che tutti i concetti mentali, tutti i pensieri, la percezione sensoriale, i sentimenti, insomma tutti i fenomeni del sistema corpo-mente sono vuoti – nel senso che non hanno una esistenza reale e indipendente, ma sono paragonabili a onde sull’oceano della coscienza – appena hai scoperto la vacuità di tutto questo che prima sembrava così solido, anche questa esperienza diventa un concetto, un’immagine della mente ordinaria. Il prossimo passo perciò è quello di andare più in là anche di questo concetto. Possiamo riferire la “trappola dell’identificazione” anche ai singoli chakra, per arrivare alla seguente tipologia: 1. Chi si ferma al 1° chakra giace in se stesso e niente lo può smuovere dal senso irrigidito, pietrificato, che egli dà all’esistenza. È colui che ha paura di cambiare. 2. Chi si ferma al2° chakra è in armonia con il flusso dei sentimenti e si lascia andare liberamente, indulge alle emozioni e ai drammi che produce nei suoi rapporti, é in balia degli umori momentanei. 3. Chi si ferma al 3° chakra, capisce a grandi linee il funzionamento della mente umana ma usa ciò che capisce per proteggersi dagli aspetti più sottili, dall’abbandonarsi, dall’amare. Tiene molto a controllare se stesso e gli altri e ad allargare il suo potere. Fa cambiamenti, non è statico come chi é fermo al 1° chakra, ma i cambiamenti avvengono in gran parte all’interno del suo strato difensivo, nelle sue strategie, nel suo carattere. A questo livello si fermano molte carriere nella vita professionale, quell’“io voglio...” che fin qui era la spinta propulsiva, da qui in avanti diventa l’ostacolo. 4. Benché l’attivazione del 4° chakra sia un passo importante sul percorso che consente di accettare la realtà come essa è e di amare se stessi e gli altri, può accadere che ci si fermi qui, confondendo quell’amore con la vera unione col tutto. Qui, al 4° chakra, c’è invece e ancor sempre un io che ama. Questa è, per esempio, la trappola della “donna che ama troppo”. 5. Nel 5° chakra si può rimanere intrappolati nel concetto della conoscenza. Per esempio, scrivere un libro come questo che stai leggendo è un’ottima occasione per fermarsi qua, dicendo a se stessi “lo so come funziona la mente umana”. Questa trappola fa vere stragi tra psicologi e scienziati. 6. Nel 6° chakra si corre il rischio di identificarsi con l’intuizione, con le doti che uno ha ottenuto in alcune esperienze trascendentali, alle quali si
è attaccato e che continua a coltivare nell’immaginazione dicendo a se stesso e al mondo: “Il divino parla attraverso di me” oppure “le mie mani di luce ti guariscono” ecc. Basta sfogliare qualche rivista new age per trovare tantissimi esempi di questa particolare trappola. Esistono poi due o più trappole: per esempio, chi è soggetto alle trappole del 2° e del 3° chakra diverrà un “grande manipolatore”, chi è soggetto a quelle del terzo e del quinto sarà molto eloquente e convincente, e così via. Come possiamo vedere, l’io è molto furbo nel suo modo d’elaborare qualsiasi nuova esperienza e conoscenza, per farla diventare uno strumento della vecchia struttura difensiva. Questa non è l’integrazione di cui abbiamo parlato più sopra, ma un rinforzo dell’io su un piano più sottile. Ricordiamoci d’altronde, che tutte queste caratteristiche sono anche delle doti. Il problema è se le si usa per crescere o per fermarsi e proteggersi nella gabbia difensiva dell’io. Nell’occhio del ciclone Abbiamo detto che meditare significa disidentificarsi dai contenuti della mente e rimanere nel centro, nella coscienza che osserva. Per facilitare questo processo, in molte scuole di meditazione si tende a eliminare tutti gli stimoli esterni: si chiudono gli occhi, si va in un posto tranquillo, si rimane immobili, insomma si evita tutto quello che alla nostra consueta miriade di sensazioni e pensieri potrebbe aggiungere altre sensazioni e altri pensieri. Ciò aiuta la coscienza a focalizzarsi meglio sui fenomeni della mente, e a ridurre, col tempo, gli effetti delle sensazioni e dei pensieri, fino a che si aprono spazi mentali sempre più profondi. Nel Tantra è diverso: per aiutare la coscienza a focalizzarsi su un fenomeno della mente non si bada tanto a eliminare gli altri fenomeni, ma le si pone dinanzi un fenomeno che la attrae più di tutti gli altri. È cosa attrae la mente umana più del sesso e dell’amore? La nostra mente si sveglia subito, gli occhi diventano più lucidi, il cuore batte più forte, l’energia sale. Nelle meditazioni tantriche usiamo quest’alta tensione e permettiamo che la coscienza si rilassi, nel suo osservare. Spesso le persone dicono che “la vita è un continuo su e giù, e che bisogna stare attenti a tener la strada”. Intendono dire che bisogna avere qualcosa come un filo conduttore, un’asse stabile, una continuità. Nella meditazione questa continuità e stabilità è data dall’attento osservare dei fenomeni, mentre il “su e giù” sono i fenomeni della mente. Se non vogliamo appiattire la vita come si fa nelle tradizioni ascetiche, ma lasciare a quel “su e giù” la sua dinamica, bisogna dare più energia a questa stabilità e continuità, perché si mantengano forti. E ora sappiamo che l’energia segue l’attenzione. Se perciò forniamo più attenzione a un’energia come la sessualità, che già di per sé attrae l’attenzione della mente, il livello energetico e la consapevolezza si accresceranno reciprocamente.
Nella tradizione del Tantra, molti hanno dato importanza a uno di questi due aspetti, e molti all’altro. La maggior parte delle scuole tibetane (Tantra bianco) tengono maggiormente alla consapevolezza dei fenomeni mentali e perciò pongono le meditazioni di coppia – se ne fanno uso – alla fine di un lungo percorso di purificazione mentale. Le scuole del neoTantra californiano tengono molto all’ampliamento della mappa della sessualità e alla produzione di esperienze estatiche. Noi abbiamo fatto le esperienze più soddisfacenti e profonde quando tutti e due gli aspetti – la consapevolezza e l’energia – erano bilanciati. Anche quando la ruota corpo-mente-spirito-emozioni gira alla sua massima intensità, la coscienza limpida al centro forma un punto stabile dal quale osserva e si gode lo spettacolo. Qui “siamo in grado di unificare qualsiasi cosa accada durante la vita quotidiana con questa esperienza interiore di consapevolezza colma di beatitudine” . Abbiamo osservato anche che è assai proficuo alternare meditazioni sessuali di coppia con le meditazioni da fare in solitudine. Queste ultime costituiscono un punto stabile di ritorno a se stessi, e una dimensione in cui ci sei soltanto tu e non c’è nessun partner al quale io possa attribuire il mio star bene o star male. Notate bene che in fondo il nostro stato d’animo e il progresso nella meditazione dipendono quasi esclusivamente da noi stessi: il che da un lato è un sollievo per il rapporto, e d’altro lato mi toglie completamente la comoda opportunità di poter colpevolizzare il partner quando qualcosa non va. Tutto il percorso spirituale si muove in questa dialettica del fare e dell’abbandonarsi; di dare il meglio di sé e di saper ricevere molto; di fare ogni possibile sforzo per ampliare la capacità della propria mente e del proprio corpo edi saper poi aspettare che si manifestino i frutti; di usare tutte le tecniche per allargare il proprio contenitore del piacere e per prepararsi all’estasi, e poi meditare senza nutrire alcuna aspettativa, con l’attenzione centrata sull’energia pura di queste sensazioni. Il primo passo è attivo, disciplinato e lineare come lo yoga; il secondo passo è ricettivo, paziente e incontrollabile come l’attesa della grazia nel misticismo cristiano. Nella meditazione ci occupiamo in primo luogo di come riuscire a creare quella vibrazione nella coscienza, che fa incontrare quei poli opposti dell’esperienza soggettiva. Con questa comprensione entriamo poi nelle meditazioni di coppia, in unione sessuale, che si possono vedere in tante icone indiane e tibetane, “dove questa qualità avida del desiderio o della passione è trasformata in una comunicazione aperta, in una danza, dove la relazione tra uomo e donna si sviluppa in modo creativo”, e dove il principio maschile e il principio femminile si aiutano l’un l’altro a, sperimentare la dimensione del vuoto nella focalizzazione della coscienza sul piacere sessuale. 12° – Le porte del piacere supremo Nella prima parte del libro abbiamo visto come rinsaldare l’io, come radicarci nel corpo e come migliorare il rapporto col partner, nei capitoli sette, otto e dieci abbiamo scoperto come aumentare il piacere, come estendere l’energia sessuale al corpo fisico e al corpo sottile, come arrivare a livelli più
alti di orgasmo. Nel capitolo undici, infine, abbiamo studiato gli atti mentali necessari per uscire dai limiti dell’io, per identificarci col nostro centro invece che con le nostre strutture difensive. Se si continua soltanto ad ampliare il piacere (obiettivo peraltro legittimo) senza “disidentificarci” come avviene nella meditazione, prima o poi ci si accorgerà magari che la gabbia del nostro io non è più di ferro ma d’oro, e tuttavia è pur sempre una gabbia. Sulla via dell’estasi, perciò, dovremo usare tutte le nostre conoscenze, al contempo: entrare in stati più alti della coscienza, in dimensioni più sottili del piacere, ma senza identificarci con esse, e cogliendo bensì la loro energia pura per liberarci dai nostri limiti e connetterci con il tutto. Fare l’amore per ore In questi ultimi anni il grande pubblico ha cominciato a scoprire che esistono “tecniche tantriche” con le quali si può fare l’amore per ore; ma ben pochi sanno come ciò sia possibile. In realtà, è molto semplice: occorre capovolgere il focus dell’attenzione dall’esterno verso l’interno; dalla proiezione sul partner al proprio animus, o alla propria anima; dal piacere del partner al proprio piacere; dalla domanda “cosa prova lei o lui?” alla miriade di sensazioni che riempie il nostro corpo; dalle idee che si hanno sul sesso e sull’amore, al respiro che li unisce. Dopo aver svegliato i mostri e dopo aver imparato a vederli per quello che sono, questo modo di fare l’amore porta a un profondo rilassamento e una grande fiducia in se stessi e insegna a scoprire, invece del gran daffare amoroso a cui siamo abituati, uno spazio interiore in cui tutto avviene da sé. Perciò viene chiamato anche la via del non fare, o la via del non-desiderio o la via dell’orgasmo della valle, perché non mira a vette alte, ma a sprofondare nel rilassamento. Ciò non significa che in questo modo diventiamo egoisti a letto e che pensiamo soltanto a noi stessi. Anzi, quanto più diventiamo consapevoli dei fenomeni che si verificano nel nostro sistema corporeo-mentale, tanto più sottile e profonda diventa la comunicazione tra uomo e donna. Quando portiamo la qualità della mente meditativa (vedi capitolo precedente) nell’atto amoroso, ci si dischiudono momenti estatici mai conosciuti, nei quali il fuoco dell’eccitazione trova in noi stessi un ambiente tanto largo e accogliente che l’idea del trascorrere del tempo si dissolve nel semplice succedersi degli eventi. La domanda non è più “Per quante ore abbiamo fatto l’amore?” ma “Quali spazi del femminile e del maschile abbiamo visitato e quali energie ci siamo scambiate?”. Molte persone, anche dopo anni di convivenza, nutrono ancora la convinzione romantica che l’amore viene da sé, che certi momenti intimi sbocciano da soli e che non si sa da cosa dipendono. Se anche tu la pensi così, sappi che ti poni nella condizione della vittima, di colui che non domina la situazione, che non è responsabile e padrone del suo piacere ma in balia delle “circostanze” , che decidono per lui se e quando potrà provar piacere a letto. Uscire da questa condizione passiva, scoprire le cause invece di limitarsi agli effetti, significa cambiare tutta la tua vita amorosa. Tutto si capovolge.
Fare l’amore diventa la causa, e tutte le circostanze diventano effetti. La questione non è più se il partner ti ha accarezzato nel modo giusto o no; sei tu a decidere di fare l’amore, e la conseguenza sarà che il tuo partner “si adeguerà” a te. Appena cominci a fare l’amore in questo modo ti accorgerai che l’energia che crei spazza via tutti i “ma”, i “se”, i “perché” e i “perché non”, e ciò che prima sembrava premessa indispensabile, diviene un effetto: l’intesa cresce, l’eccitazione arriva, il desiderio sale e tutta l’atmosfera cambia. Il problema non è più “posso o non posso?” ma “voglio o non voglio?”. Come si fa a capovolgere così la situazione, a sostituire il vecchio programma in un programma più adeguato alla realtà di due persone adulte, un “sì, voglio fare l’amore”? 1. Semplicemente facendolo. Fissate un periodo di 2 o più settimane, e iniziate a fare l’amore tutti i giorni, qualche giorno soltanto per 10 minuti, altri giorni per mezz’ora o più – non importa la durata, ma che lo facciate. Quando proponiamo questo programma ai corsi di Tantra, in molte donne si risvegliano tutte le voci infernali: “non posso impormi di essere aperta tutti i giorni”, “io devo seguire il mio ritmo” ecc. Quando parliamo con queste donne due settimane dopo, con viso radioso ci dicono “È stata una meraviglia, non pensavo che fosse così facile” oppure “All’inizio sentivo delle grandi resistenze, ma poi l’ho semplicemente fatto e tutti quei dubbi che avevo in testa sono spariti..”. 2. Se in questo periodo incontrate dei veri e propri mostri, e le vostre difese psicologiche affilano tutte le armi, comunicate al partner tutte queste esperienze, tutte le frasi e le emozioni che le accompagnano. È importante che le descriviate così come le percepite in realtà, cioè non: “Non posso farlo” ma: “Penso di non poterlo fare” oppure: “Sento un fastidio nella pancia se penso a farlo”. In questo modo, potrete individuare queste tensioni per ciò che veramente sono: sensazioni che avverti in te, e non il tuo essere. Nota bene che quando si tratta di sesso, i pensieri, i desideri, le fantasie, le proiezioni, i sentimenti e le sensazioni possono esser molto diversi tra loro e a volte contraddittorie. Se impari a percepirle per quello che sono, eviti di identificarti con esse: spesso sono solo sensazioni superficiali, mentre nella struttura profonda della tua mente e nel tuo corpo vi sono ben altri messaggi. 3. Quando hai ben chiarito a te stesso e alla tua partner il tuo stato d’animo, continuate a fare l’amore e dopo un certo periodo potrete notare che non soltanto state riprogrammando le vostre convinzioni sul sesso, ma che anche nel vostro corpo qualcosa ha cominciato a modificarsi, qualcosa si apre, si scioglie, si rilassa, tutta la zona della pancia, del bacino, della bassa schiena diventa più morbida e al contempo più viva. Molte coppie (noi compresi) hanno scoperto che anche il loro rapporto affettivo è molto migliorato durante questo periodo. Lei si sentiva più bilanciata e lui più aperto emotivamente, si scambiavano più affetto anche nei momenti in cui non facevano l’amore,
e perfino la loro intesa nelle piccole cose era migliorata – perché si sintonizzavano quotidianamente l’uno con l’altra sul piano energetico. Il punto chiave all’inizio è la costanza: la decisione di rompere lo schema e d’entrare nell’ottica di “posso fare l’amore” anche quando non sei eccitato, quando hai avuto una giornata stressante o quando ti sembra addirittura ridicolo di fissare un appuntamento amoroso. Se ti spaventa un “impegno” di questo tipo, prendi in esame una tua giornata tipica e guarda quante ore passi a vedere dei film che non ti interessano, a fare delle chiacchiere che sono sempre le stesse o a fantasticare sul sesso. Quando si tratta di dedicare un po’ di questo tempo al piacere, la prima reazione è spesso negativa: scatta quella forma del no automatico, che dice, per esempio: “non se lo vuoi tu, non sono pronta a godere, non è il momento giusto...”. Se senti questa voce interiore, passa immediatamente alla ricerca di un compromesso con il partner come hai imparato nel capitolo sei. Se fai l’amore in questo modo, cominci a sciogliere la cosiddetta “corazza genitale”: per la donna, un pene che ha unaforte presenza (il che avviene quando l’uomo è molto consapevole delle sensazioni del suo pene, e perciò non ha fretta di arrivare all’orgasmo) può risvegliare una capacità di percezione interiore, che amplia molto le possibilità dei suoi genitali. Le tensioni somatiche e i blocchi energetici (vedi capitolo otto) iniziano a sciogliersi, e con l’aprirsi del 1° chakra si smuoverà anche l’energia degli altri chakra. Per l’uomo può dirsi la stessa cosa: l’uomo inizia a percepire, a partire dal suo pene, sensazioni finora ignote, che colmano tutto il suo corpo. Diventa importante, allora, mantenere vigile il proprio senso di responsabilità: esser consapevole dei propri blocchi energetici, meditare su di essi fino a che si aprono, senza colpevolizzare il partner per i propri blocchi. Beninteso, qui non stiamo parlando di gravi problemi o di patologie sessuali, ma solo di quella corazza genitale che ognuno di noi ha, più o meno. In questo modo svuotiamo i genitali del loro sovraccarico emozionale, li liberiamo da tutti i bisogni corporei e sentimentali e li rendiamo pronti a incontrare il partner, come essere sensibile e sensuale, per collegarci con lui su un piano più sottile e più spirituale, preparandoci insieme per la grande beatitudine. Salvatore e Laura di Palermo ci hanno detto che il tempo che prima sprecavano nelle loro perpetue litigate (mediamente 20 minuti al giorno), ora lo usano per fare l’amore, e che il loro rapporto è completamente cambiato. Diana e Cesare di Genova – che da 15 anni avevano vissuto nel dilemma “Lui voleva sempre e lei mai” – ci hanno raccontato che per uscire da questa specie di incubo all’inizio si sono aiutati con un trucco: lui ha cominciato a pagarla per la prestazione. In questo modo hanno scoperto quello che era stato da sempre, in realtà, un loro tacito contratto sessuale: il fatto che lei, in fondo, lo faceva per accontentare lui e non perché ne avesse voglia. Questo “contratto segreto” è diventato un contratto aperto, nel quale ognuno faceva consapevolmente la sua parte – il che non soltanto ha sbloccato la loro vita sessuale, ma ha dato modo di rivedere molti altri aspetti del loro rapporto che prima d’allora avevano trascurato.
Se avete deciso di provare per un certo periodo a fare l’amore in questo modo, vi possiamo dare alcuni consigli utili, sia nostri, sia attinti da altri maestri: • Dopo aver parlato al tuo partner del tuo stato d’animo, delle tue aspettative e delle tue perplessità iniziali, potete stabilire un’ora per il vostro incontro sessuale. Ancora meglio se vi accordate di considerarla come un appuntamento quotidiano obbligatorio anche nei periodi nebulosi o stressanti, o quando il desiderio non è esattamente quello che potresti sognare. • Iniziate con qualcosa che vi aiuti a scaricare le tensioni più superficiali: una danza, una lotta giocosa, abbracci forti, una meditazione attiva per potervi rilassare meglio in vista dell’atto sessuale. • All’inizio può essere imbarazzante fare l’amore “a comando”; può persino riuscire tanto irritante da bloccare l’erezione. Non fa niente. Nella posizione a forbice o in un’altra, dove il peso del tuo bacino mantiene il pene nella vagina senza alcuna pressione, puoi introdurre il pene e provarne piacere anche se è flaccido. • Potete usare le 4 chiavi in maniera molto consapevole ed osservare tutto quello che sentite e scoprite dentro di voi. Provate a introdurre le 4 chiavi una dopo l’altra (capitolo due). Se notate che avete messo troppa carne al fuoco, ritornate al punto in cui vi sentivate ancora a vostro agio e limitatevi alle chiavi che funzionano per voi. • Molto utile è anche la rotazione del bacino descritta nel capitolo sette, perché eccita in maniera più rilassata di quanto non avvenga con un movimento martellante. Col tempo, i vostri respiri si sincronizzeranno da soli, se respirate profondamente. Se li sincronizzate consapevolmente, fate attenzione a non distogliere l’attenzione da voi stessi e dal partner. • Se hai difficoltà a mantenere il contatto con te stesso, prova un modo di muoverti e di respirare che ti aiuti a ritrovare le tue sensazioni corporee, e dai spazio ai tuoi impulsi, esprimendoli anche in parole. • Ogni tanto guardate negli occhi il vostro partner, per radicare la vostra esperienza nel qui ed ora; questo è particolarmente importante se ti accorgi di aver la tendenza a scivolare in una leggera trance, o in uno stato di dormiveglia. • Se l’uomo si sta avvicinando al punto di nonritorno, può aiutarsi con una respirazione più profonda e più lenta. Così, allargherà la sua carica energetica a tutto il suo corpo e non avrà l’impressione di sentirsi vivo solo nel pene. Potrà anche chiedere alla donna di rallentare il ritmo, e respirare insieme a lei, per un poco, per poi riprendere la curva verso un piacere più vasto. Se estendere la carica in questo modo presenta qualche difficoltà, si potrà ricorrere alla pressione del dito sul perineo, come la consigliano i maestri taoisti, ma il rallentamento del respiro e del movimento è comunque preferibile, perché permette di mantenere l’attenzione in uno spazio tutto interiore, e non la distrae con una tecnica esterna. Dopo un certo periodo potrai d’altronde notare che per estendere la carica energetica e rimandare l’eiaculazione è sufficiente immaginare di estendere e mutare il ritmo del respiro.
• Dopo ogni incontro scambiatevi le vostre impressioni. Ciò servirà a creare una continuità, assai utile sia nei periodi più intensi sia in quelli problematici. • Lo scopo non è arrivare a un orgasmo grandioso, ma a una carica d’energia rilassata che sia percepibile in una gran parte del corpo, e nello stesso tempo a una estensione della consapevolezza a tutto il sistema corporeo-mentale. In questo periodo, potete star certi che avviene sempre qualcosa, sotto la superficie, anche se esteriormente non fate nulla di particolarmente nuovo. In questa esperienza, possono aversi fasi in cui diventa importante esprimere un sentimento – specialmente se ci si era abituati a trattenerlo o a nasconderlo. D’altra parte non bisogna esagerare: se cominci a esprimere tutto in tutti i momenti, puoi trovarti a passare continuamente da un dramma sentimentale all’altro, il che è un modo per disperdere l’energia accumulata. L’importante è sapere d’essere in grado di esprimere i propri sentimenti e di mantenere anche su questo piano il contatto con se stessi. L’espressione dei sentimenti è, qui, una strategia per scaricare energia, e per non vedere cosa c’è oltre le emozioni. Le tappe sono le stesse che abbiamo visto nella meditazione (capitolo undici). 1. Notare il sentimento con chiarezza e dargli spazio dentro di sé. 2. Percepire dove nasce e dove si manifesta nel corpo. 3. Distogliere l’attenzione dalla causa del sentimento. 4. Disetichettarlo da significati, da pensieri secondari o idee. 5. Focalizzare l’attenzione sull’energia del sentimento e lasciarla espandere nel corpo. Ecco un esempio: mentre faccio l’amore comincio a provare un disagio che non riesco a definire, e che successivamente si trasforma in irritazione. 1. Osservo questo senso di irritazione, e anziché reprimerlo, gli dò più spazio, respirando in esso. 2. Quando rivolgo l’attenzione al mio corpo, percepisco un calore nella pancia. 3. Distolgo l’attenzione dal fatto che il senso d’irritazione sia dovuto a qualcosa che non mi è piaciuto del mio partner, o a qualche ricordo, o altro. 4. Non comincio a pensare a cosa significa, o a domandarmi se l’irritazione sia un sentimento appropriato in un atto amoroso o no; lo considero soltanto per quello che è: un semplice senso di irritazione. 5. Quanto più mi addentro in questa irritazione come in una sensazione corporea, tanto più arrivo alla sua vera qualità – che è una qualità di forza, di vitalità, di una luce energica. La seguo col ritmo del respiro e la lascio espandere in tutto il corpo.
In questo modo, la stessa energia che prima avrebbe potuto fornire una buona ragione per un litigio e per interrompere l’atto, ora è diventata una fonte di energia che si aggiunge a quella sessuale e che ci fa sentire ancora più vivi, più pieni e più centrati in noi stessi. I livelli dell’orgasmo e dell’estasi Perché l’orgasmo è uno stato così ambito, così desiderato? • Primo, perché è molto piacevole, e questo è il suo aspetto fisico. • Secondo, perché è intenso e la nostra mente è attratta da tutto ciò che è intenso. Immagina di vedere due quadri, in uno c’è una persona su una spiaggia in una atmosfera di pace con un bicchiere di vino rosso in mano; nell’altro c’è un uomo con un coltello e un’altra persona con la bocca spalancata, che gronda sangue. Quale immagine attira di più l’attenzione? L’occhio va verso la seconda immagine perché la mente è attratta, senza rendersi conto, dall’immagine più intensa. • Terzo, perché l’orgasmo crea una finestra dove per un attimo il nostro filo di pensieri si interrompe proprio a causa della grande intensità energetica, e abbiamo la possibilità di vedere più in là dei limiti abituali della nostra mente. In quest’attimo diamo uno sguardo a uno spazio più grande di noi, ci sentiamo collegati con sfere alle quali di solito non abbiamo facile accesso, siamo più vicini al divino e all’essenza dell’essere. Questa è la ragione del culto dell’estasi nel Tantra: il fatto che essa crei tanto agevolmente una finestra naturale verso noi stessi, alla quale si può giungere altrimenti solo mediante lunghe meditazioni. Coltivando questo varco interiore ed ampliandolo possiamo sperimentare direttamente cosa c’è oltre la mente consueta. Il problema è che, quando l’intensità aumenta, la consapevolezza diminuisce. Perciò spesso durante l’orgasmo si nota un offuscamento della coscienza: e tutto quello che non percepisci è come se non esistesse nella tua realtà soggettiva, sicché vivere gli attimi più belli con una mente intorpidita è come minimo una gran seccatura. L’esperienza dell’orgasmo è per molti l’unica esperienza mistica concessa nell’arco di tutta una vita. In quest’attimo ci eleviamo nella dolce unione della coscienza individuale con il cosmo. E questo breve sguardo ci riempie della profonda nostalgia di questo momento: del desiderio di tornarvi, non tanto allo scopo di alleggerirci sessualmente, ma per scoprire la verità che lì vi si nasconde. In quell’attimo, infatti, siamo consapevoli della nostra vera identità. Il Tantra ti insegna ad allungare questi picchi fino a diversi minuti, per sperimentare la consapevolezza di quell’unione. Anche l’illuminazione viene spesso descritta come un orgasmo continuo”! o come dicono i tantristi: “Se nel momento dell’orgasmo sei pienamente consapevole, raggiungi la liberazione”. “La saggia tibetana Yeshe Tsogyel venne iniziata dal suo guru Padmasambhava con le parole: Senza un compagno, un esperto nel metodo, non c’è strada per conoscere i segreti del Tantra. Le assegnò un giovane e con
lui la chiuse in una caverna per sette mesi, dove i due potevano sperimentare i quattro piaceri: l’eccitazione piacevole, la gioia estatica, la gioia straordinaria e la beatitudine che accresce nell’unione. In seguito Tsogyel cambiò direzione e praticò, come “vergine dei ghiacci”, una lunga e solitaria ascesi tra le montagne più fredde del Tibet. Nelle lunghe notti di meditazione venne attaccata come Buddha dai mostri interiori. Prima la tentarono con il cibo e il lusso, poi venne presa dal desiderio sessuale: splendidi maschi apparivano nelle sue visioni, le accarezzavano i seni e la vagina, le mostravano i loro falli, sussurrandole: Ecco qua, mia cara, non vuoi mungerlo? Tsogyel resistette a queste torture per tre anni, ma al suo ritorno venne rimproverata dal suo guru, perché aveva soltanto finto l’ascesi e nel suo orgoglio non aveva ammesso di provare i sentimenti e i desideri, che provano tutti gli altri esseri umani. Poi Tsogyel tornò dal suo compagno e prese con sé altri due uomini. Dopo diversi esami, dopo le più alte iniziazioni tantriche, divenne “danzatrice nel cielo” e una delle maestre tantriche più venerate. I grandi saggi tibetani Tilopa, Naropa, Marpa e Milarepa si servirono tutti del piacere nel loro insegnamento, per unire samsara e nirvana nella pratica della porta inferiore con una donna. Drugpa Kunley divenne invece un venerato maestro dello yoga sessuale, il suo programma giornaliero era più o meno questo: • mattino cibo saporito con una buona birra • pomeriggio musica e canto • dal tramonto a mezzanotte – far l’amore con una concubina da mezzanotte fino all’alba – meditazione del mahanudra. Nel Tantra si menziona spesso l’orgasmo cosmico, in altre scuole si parla invece di diversi stati di estasi, o gradi di contemplazione. Noi usiamo uno schema del Quodoushka – il Tantra sciamanico – che a questo proposito è meno esoterico e più preciso delle descrizioni indotibetane. Questo schema suddivide l’orgasmo e l’estasi in quattro livelli: 1. il primo livello è quello che normalmente si chiama “l’orgasmo” 2. il secondo livello è quello che sperimentiamo talvolta, in quei magnifici momenti in cui siamo molto innamorati, o quando ci avviciniamo alla seconda soglia del coraggio in un’avventura sessuale: sono gli orgasmi nei quali ci sentiamo completamente soddisfatti e appagati; l’orgasmo del cuore (capitolo dieci) appartiene a questo livello 3. al terzo livello dell’orgasmo di norma si accede soltanto dopo una preparazione spirituale, ha bisogno di un percorso guidato e non fa più parte delle esperienze ordinarie 4. il quarto livello si sviluppa attraverso una dedizione continua alla pratica e alla meditazione dell’orgasmo del terzo livello. Questa mappa dei livelli dell’orgasmo non ha lo scopo di produrre un ulteriore “stress da orgasmo”. Non devi arrivare al quarto livello la prossima volta che fai l’amore, e se una volta sei arrivato a un orgasmo più alto del solito, ciò non significa affatto che d’ora in poi tu sia tenuto a sperimentare sempre quel tipo di orgasmo. Questa mappa vuol mostrarti soltanto a che
punto sei, quali tipi di orgasmo hai sperimentato con le tecniche descritte nei capitoli precedenti e quanto puoi ancora scoprire. Primo livello È il livello della soddisfazione fisica, ma senza una vera connessione con lo spirito né una connessione tra i cuori dei due partner. Parti coinvolte
DONNA UOMO La parte della fanciulla eLa parte del fanciullo e bilanciata; la parte dellabilandata. donna e solo parzialmente coinvolta. Sentimenti Vuol essere abbracciata,Vuol essere lasciato da coccolata, parlare con itsolo, non vuole essere partner. toccato, si sente come trasportato lontano. Mente Aperta, ricettiva,I suoi pensieri sono comunicativa, sogna ad altrove, è privo di occhi aperti. energia. Corpo Dopo l'orgasmo la donna Energeticamente ha una si carica bassa o sbilanciata. sente soddisfatta nel suoDopo l'orgasmo il corpo corpo, ma potrebbe dell'uomo e stanco, ha continuare a fare l’'amore. voglia di dormire, l'energia e bassa o ha una carica sbilanciata. Spirito È rilassata, chiara,È neutrale, svuotato, intuitiva sessualmente indifferente. Chakra coinvolti 1° - 2° - 3° 1° Flusso energetico Le energie dei partner sono in reciproca repulsione. Spesso si danno le spalle, ognuno sta con i suoi pensieri; la maggior parte dei rapporti finisce con un orgasmo di questo livello. Secondo livello A questo livello la soddisfazione corporea è maggiore, il rilassamento è più profondo ed è accompagnato da una connessione spirituale e da una connessione tra i cuori dei partner. Parti coinvolte
DONNA UOMO La parte della donna ad La parte del fanciullo e la adulta, un certo grado di parte dell'uomo adulto. consapevolezza dell'animus.
Sentimenti
Vuole
dare
e
nutrire,Vuole
essere
tenuto,
Mente Corpo
Spirito Chakra coinvolti Flusso energetico
accarezzare e essere coccolato e parlare con la tenera. partner. Riflessiva, meditativa,Comunicativo, aperto, creativa, porta a terminericettivo, sogna a occhi cio the intraprende. aperti. Avverte un prolungarsi di Corporeamente e contrazioni intense, di soddisfatto, potrebbe fare flussi ardenti e frizzanti,l'amore di nuovo. trema ed e molto caldo. La donna e molto sensibile, spesso iperattiva e vorrebbe andare a ballare, uscire... Comincia a percepire ii Sereno, rilassato ma suo desiderio più intimo e lucido. segreto. 1° - 2° - 3° - 4° - 5° 1° - 2° - 3° Dalla repulsione è passatoDalla repulsione è passato all’adesione reciproca. all’adesione reciproca.
Terzo livello In questo stato riusciamo a raggiungere un livello energetico molto alto durante o dopo l’orgasmo. C’è appagamento, e una forte connessione con noi stessi, con il partner e con la vita. L’uomo può percepire la vagina come se fosse sua e la donna il pene come se fosse suo. Cadono tutte le limitazioni. L’uomo cavalca sull’onda dell’energia femminile. Non ci sono più obiettivi; tutti e due possono cadere in un abisso e uscirne insieme. Questo alternarsi di percezioni finisce con un senso di gioia, con sogni sognati in due, profonda comprensione reciproca e allegria. Ogni contatto tra i due partner attraversa tutto il loro corpo e ha il potere di guarire. I presupposti per il raggiungimento di questo livello sono la meditazione e la ricerca interiore, una certa permeabilità del corpo energetico e una percezione chiara dell’attimo. Parti coinvolte
Sentimenti
DONNA UOMO Parte maschile o animus, Parte femminile o oltre alle parti coinvolteanima, oltre alle parti nel 2° livello coinvolte nel 2° livello Vogliono dare, Vogliono dare, accarezzarsi, coccolarsi.accarezzarsi, coccolarsi. Spesso scoppiano in unaSpesso scoppiano in una risata sincera, the vienerisata sincera, the viene dal cuore, e un desideriodal cuore, e un desiderio di avventura e di di avventura e di conoscenza; uomo econoscenza; uomo e donna si sentonodonna si sentono profondamente uniti eprofondamente uniti e gioiscono della lorogioiscono della loro
Mente
Corpo
Spirito
vicinanza. vicinanza. Emergono visioni Emergono visioni da vite passate, it voltoda vite passate, it volto del partner pile as-del partner pile assumere i tratti di altri sumere i tratti di altri volti. I due partner dopo volti. I due partner dopo l'orgasmo fanno lol'orgasmo fanno lo stesso sogno, dopodichestesso sogno, dopodiche nasce una conversazionenasce una conversazione motto intima, profonda e motto intima, profonda e essenziale. essenziale. Il corpo e vivace e Il corpo e vivace e vibra dappertutto. Tuttivibra dappertutto. Tutti e due vogliono con-e due vogliono continuare a fare 1'amore.tinuare a fare 1'amore. Alle volte diventanoAlle volte diventano insaziabili, passione einsaziabili, passione e puro piacere divengonopuro piacere divengono molto vivi. A voltemolto vivi. A volte percepiscono la fusionepercepiscono la fusione dei due corpi in uno. dei due corpi in uno. Entra in una Entra in una profonda connessioneprofonda connessione con ii tutto e riconosce itcon ii tutto e riconosce it legame tra i due nuclei.legame tra i due nuclei. Il desiderio pia profondo Il desiderio pia profondo si risveglia come in unasi risveglia come in una danza. Tutti e due sonodanza. Tutti e due sono in risonanza e armoniain risonanza e armonia con tutte le sfere e glicon tutte le sfere e gli elementi del mondo.elementi del mondo. L'aura si espande, si haL'aura si espande, si ha l'occasione di uscire dal l'occasione di uscire dal sogno collettivo, dal sogno collettivo, dal samsara. samsara.
Chakra coirrvolti
1°-2°-3°-4°-5°-6°1° - 2° - 3° - 4° - 5° 7°(alle volte anche l'8°). (alle volte anche il 6°). Flusso energetico Adesione the procede verso la coesione. L'esperienza maschile e l'esperienza femminile si sono incontrate e sono diventate molto simili. A questo livello, tutti e due i partner hanno 1'orgasmo.
Quarto livello A questo livello tutti gli aspetti del nostro essere si fondono nel nostro centro e diventano tutt’uno con quelli del partner. L’uomo ci arriva soltanto con
l’aiuto di una donna. Si crea un altissimo livello energetico che perdura per molto tempo dopo l’orgasmo. Parti coinvolte
DONNA UOMO La parte del fanciullo,La parte della fanciulla, del giovane animus.della giovane anima. Le Tutte le parti sonoparti sono tutte bilanciate; la donna puòbilanciate. entrare nella dimensione della propria maestra di sapienza e dea interiore. Sentimenti Amore per il tutto e perAmore per il tutto e per ognuno, completa estasiognuno, completa estasi e unione aperta con ile unione aperta con il divino, attraverso undivino, attraverso un cuore luminoso. cuore luminoso. Mente Ingresso nella puraIngresso nella pura consapevolezza e in unconsapevolezza e in un mondo extrasensoriale. mondo extrasensoriale. Corpo Nuova e profondaNuova e profonda percezione del corpo percezione del corpo come tempio dellocome tempio dello spirito: lo si avvertespirito: lo si avverte come pura energiacome pura energia luminosa e gli altri stratiluminosa e gli altri strati energetici guariscono ilenergetici guariscono il corpo fisico. corpo fisico. Spirito Fusione dei due spiriti inFusione dei due spiriti in un soto campoun soto campo energetico, unaenergetico, una vibrazione, un unicovibrazione, un unico essere in cui tutti i limitiessere in cui tutti i limiti sono sospesi. sono sospesi. Chakra coirrvolti 1° - 2° - 3°- 4° - 5° - 6°1°-2°-3°-4°-5°-6°-7°-S° - 7° - 8°-10° All'inizio – successivamente può seguire la donna nel 9° e nel 10° Flusso energetico Coesione: uomo e donna si fondono, non sono più due esseri distinti ma uno soltanto. Qualche parola di spiegazione riguardo ai 3 chakra che esulano dal classico sistema indiano (che ne usa 7):l’8° chakra è il campo energetico di tutto il corpo fisico, il 9° chakra è l’aura che a sua volta è suddivisa in diverse parti e il 10° chakra è un campo energetico che irradia intorno alla testa, com’è raffigurato nell’iconografia tibetana e nell’aureola dei santi nella tradizione cristiana.
La prima reazione… Leggendo queste informazioni riguardo ai livelli dell’orgasmo, qual è stata la tua prima sensazione, qual è il tuo primo pensiero? • Non è vero, son tutte storie, fantasie • Non ci arriverò mai • Voglio provarlo anch’io • Sto bene come sono; queste cose sono interessanti ma mi lasciano indifferente • Sarà una via lunga, ma mi stimola • Non arrivo neanche all’orgasmo di primo livello... • Non sono sicura se quello che provo io rientra in questo schema o è diverso. Tieni conto che la prima reazione, il primo pensiero nasce di solito o dallo strato difensivo della personalità, dal carattere, oppure dallo strato emotivo, dai desideri che ti guidano verso il tuo vero io interiore. Spesso è anche un insieme dell’una e dell’altra cosa. Valuta quale elemento prevale in te, quello difensivo o quello del desiderio. Enrico di Firenze, dopo aver sperimentato la prima volta un orgasmo di terzo livello, lo racconta così. Dopo qualche anno di pratica di meditazioni e esercizi tantrici, è finalmente successo. Eravamo in un periodo di buona intesa tra noi, e un sabato mattina – al nostro solito “appuntamento”, mentre i figli erano fuori – ci eravamo caricati più del solito con chakra-breathing e con altri esercizi e poi abbiamo fatto l’amore in modo molto lento e consapevole. Ma quando poi il sesso si è acceso dal fondo del bacino, abbiamo messo una marcia in più e abbiamo abbinato al ritmo del respiro una tecnica più avanzata. Siamo arrivati al plateau e l’abbiamo tenuto per circa mezz’ora finché sono sprofondato in quest’esperienza, non sapevo più dove finivo io e dove iniziava Gabriella, sentivo un ardore in tutto il corpo che si estendeva in piccole onde che vibravano molto velocemente. Capivo cosa intende Santa Teresa d’Avila quando dice: “I godimenti terreni si percepiscono nel grossolano involucro del corpo, i godimenti celesti invece nel midollo delle ossa”.s Aprivo gli occhi e vedevo il volto di mia moglie modificarsi: diventava una donna anziana piena di rughe, una donna giovane con un bimbo in braccio, sembrava di un’altra epoca, poi diveniva più rotondo come il volto di una ricca matrona, poi assumeva l’aspetto di mia madre, delle mie ex fidanzate, mi scorrevano davanti agli occhi tutti i miei incontri con donne. A un certo punto non aveva più faccia, vedevo mia moglie ma era come se non fosse più lei: solo “il femminile”. Facevo l’amore con una veemenza mai conosciuta prima, normalmente sarei già venuto, ma questa volta l’energia si gonfiava come in una grande palla che ci avvolgeva entrambi. Non c’erano quasi più pensieri e a volte entravo in un vuoto così largo e delizioso che quasi faceva paura. Siamo rimasti così per più di due ore, non ero più io a fare l’amore, ma quell’onda che mi portava con sé: era un insieme di sesso, amore, beatitudine, non era paragonabile a nulla che avessi conosciuto prima, ero ai limiti di quel che potevo comprendere e se in quel momento mi fossi alzato in volo, probabilmente non mi sarei meravigliato affatto. La mia mente era di una tale limpidezza e precisione, che ogni attimo era diventato un gioiello. Quando siamo usciti, mi sentivo come un dio. Per un mese ho avuto quel senso di gioia e pienezza e una lucidità mentale straordinarie, e in quel periodo iniziai l’impresa più importante della mia vita.
Maithuna. Cavalcare la tigre Dopo esserci rilassati e dopo aver acquistato fiducia nel potenziale estatico che abbiamo in noi, possiamo ritornare alla via del fare, all’orgasmo della vetta, ai picchi alti, alle montagne lunghe e agli altipiani estesi: andiamo a “cavalcare la tigre”, come dicono i testi tantrici. Il percorso che conduce agli orgasmi di livello superiore è un po’ come il surfing. Prendi l’onda nel momento giusto e poi viaggi con essa, non sei né più lento né più veloce dell’onda, ma ti tieni in equilibrio sulla sua cresta. Nel percorso che porta agli orgasmi più alti, il mare è il nostro corpo, il vento è il respiro, l’onda è l’energia e il mantenimento dell’equilibrio corrisponde alla meditazione. L’arte vera e propria sta in due cose. Innanzitutto nel creare delle belle onde alte, il che non si ottiene con una maggior stimolazione genitale, bensì abbinando le 4 chiavi a una stimolazione normale, se non addirittura attenuata; e in secondo luogo, nell’osservare consapevolmente attimo per attimo i fenomeni che avvengono nel nostro corpo e nella nostra mente, e di avvicinarsi alla cresta dell’onda con dei piccoli movimenti – proprio come nel surfing. In particolar modo, occorre guidarsi verso la cresta dell’onda non già seguendo la nostra mente discorsiva, o le voci interiori, ma seguendo l’energia del corpo e del respiro. Se ascoltiamo le voci, la curva rimarrà comunque più bassa. Il tipico underdog, il “perdente”, non ama le curve alte, e ogni volta che l’energia cresce, la fa calare con delle frasi come “non vale la pena, tanto non serve a nulla” o “non ci riesco” o “lasciamolo a domani” ecc. Dopo la lettura di questo libro l’underdog probabilmente dirà “ti devi solo rilassare, il resto viene da solo” intendendo con “rilassarsi” il lasciar perdere o l’entrare in una specie di trance. Il mormorio interiore negativo (“non devi godere”..., “guarda che orgasmo misero”...) ha lo stesso effetto. Ma anche le voci interiori più incalzanti (“dovresti arrivare a un orgasmo più grande”... “vai ad allenarti subito”...) hanno lo stesso effetto, perché in un primo momento fanno crescere la curva ma poi – dato che questo atteggiamento non conosce mai la soddisfazione, la evita, la sprezza, in omaggio ai suoi ideali irreali – allontanano sempre di più la curva dalla realtà energetica del corpo finché non ne conseguirà un crollo. E poiché l’idea di un crollo non è, ovviamente, accettabile per quel tipo di voci interiori, esse si impegneranno a far crescere ancor di più la curva, portandola solo verso altri crolli, e, infine, verso un orgasmo fiacco, stanco, che servirà solo a permettere al corpo di riposarsi da tutta questa fatica. Solo la curva guidata da una mente consapevole e attenta, che dà amorevolmente la giusta spinta quando si fa vivo l’underdog e fa un sospiro rilassante quando si addensano quelle voci interiori incalzanti, rimarrà connessa all’effettiva carica energetica del corpo e condurrà a quell’orgasmo
pieno, che attraversa tutti i cinque ritmi e che produce un appagamento in cui la carica energetica è più alta di quella iniziale. Il fuoco interiore Una meditazione per aprire i chakra convogliando l’energia della Kundalini nel canale centrale è il cosiddetto tummo, la meditazione tibetana sul fuoco interiore. Puoi praticarla anche se sei single o se per il momento non hai un partner – perché nel tummo fondi il maschile e il femminile in te stesso. Qui la descriveremo in una forma semplificata, come ci fu insegnata da Lama Zopa. Nel tantrismo tibetano è la prima di una serie di pratiche avanzate chiamate i Sei Yoga di Naropa. È una meditazione molto potente, un trampolino da cui ti puoi letteralmente tuffare nel tuo nucleo profondo, ma richiede una certa permeabilità energetica. 1. Fa’ degli esercizi che caricano e rilassano il corpo (è consigliabile, in particolare, una meditazione dinamica seguita da una meditazione statica). 2. Inspira attraverso il naso e porta l’energia in giù fino al basso ventre: immagina l’aria che scende fino in fondo; puoi letteralmente spinger giù l’aria, abbassando il diaframma, in modo che il ventre si gonfi. 3. Poi solleva il muscolo pubicoccigeo, in modo da esercitare una pressione tra le due spinte, che concentrano l’energia nella zona del ventre. Mantienila compressa li quanto più a lungo puoi, senza far fatica. Poi espira – con un’espirazione lenta e rilassata, non buttarla fuori di colpo. 4. Durante la fase di compressione dell’energia nel ventre, comincerai a sentire un punto o un’area che si riscalda; visualizzala così: come una fiammella rossa il cui calore sale lungo il canale centrale e scioglie un punto bianco situato all’altezza del 6° chakra; questo punto disciolto comincia a gocciolare piacevolmente, giù giù, e le sue gocce evaporano non appena toccano il punto rosso – la fiammella – e di nuovo risalgono lungo il canale centrale fino al 7° chakra; da lì scendono come polline di fiori, spargendosi in tutto il corpo e formando un uovo energetico intorno a te. Se questa visualizzazione (che è in realtà una ben precisa percezione interna) rischia di distrarti, fanne pure a meno e limitati alla tecnica di respirazione che stavi usando prima. 5. Rimani in meditazione nello spazio le energetico che hai creato in te e intorno a te, osserva dal tuo centro interiore il flusso delle energie e l’esperienza di beatitudine e poi lascia che si dissolvano nello spazio vuoto. Anche questa meditazione richiede una certa pratica prima che la visualizzazione diventi chiaramente percepibile nel corpo fisico e energetico; in compenso, permette di arrivare al tuo centro molto velocemente, “dà la possibilità di espandere i limiti della nostra mente e di sperimentare livelli avanzati di beatitudine e di saggezza.”
Quello che si è detto dell’orgasmo ordinario, vale anche per l’orgasmo del cuore del secondo livello e per gli orgasmi estatici del terzo e del quarto. Nei testi tantrici indianill questo evento viene descritto come una danza degli dei Shiva e Parvati, della consapevolezza e dell’energia: questi due principi si alternano nella guida e aiutano a mantenere l’equilibrio nel gioco amoroso che, liberando la Kundalini e aprendo i chakra, ci porta ai vari livelli estatici. Nel Tantra vogliamo cavalcare la tigre della passione, e non venire cavalcati da lei. Non è una ricerca disperata di momenti passionali ed estatici, ma è il piacere di cavalcare la curva orgasmica e di esserne il padrone presente e consapevole. Perciò è importante rimanere vigili e consapevoli in ogni momento, e curare i dettagli di ciascun esercizio, anche quando gli effetti cominciano a diventare molto piacevoli – come nel prossimo esercizio, dove si passa da un chakra al successivo con un ritmo regolare e costante. Un’altra caratteristica degli esercizi tantrici è che la donna ha il ruolo di guida. “Nel maithuna, l’uomo resta passivo: evita tutto ciò che provocherebbe l’eiaculazione. La shakti è attiva, prende l’iniziativa e la porta avanti durante tutto lo sviluppo del rito. L’uomo è ricettivo, la shakti dà il tono. È indifferente che l’erezione resista sino alla fine: è necessario poter restare uniti. Nel Tantra, è più la Shakti che lo Shiva a cogliere e a trasmettere i ritmi cosmici della luna, del sole, della terra. Per conoscere l’estasi, l’uomo deve rimanere a lungo unito alla shakti, impregnarsi della sua energia magnetica, fino a essere invaso dalla divina vibrazione. Perché tutto questo avvenga, è necessaria un’attenzione rilasciata, ma senza cadute, a tutto quello che avviene nel corpo, ai cambiamenti che si verificano.” 12 Nel maithuna la penetrazione è doppia: “Mentre nel rapporto sessuale fisico è l’uomo a penetrare nel corpo della donna, nell’unione tantrica è l’energia della donna che penetra l’uomo”. È una meditazione che puoi fare se hai già acquistato familiarità con quelle descritte nei capitoli precedenti. Se invece fatichi a percepire i processi sin qua descritti, non ti sforzare: non cercare di chiarirli attraverso una maggiore concentrazione. “Il segreto sta nel rilassarsi e nel dirigere la mente verso quella parte del corpo energetico, sul quale focalizzi. Non si tratta di immaginare quella data parte del corpo, si tratta di percepirla. Non usare la mente per visualizzare l’energia (come se fosse uno schermo televisivo), usala per avvertirne la presenza con i sensi. Rilassati sempre più e con la mente segui l’energia attraverso il corpo, lungo le vie assegnategli dalla natura.” Il matrimonio dei chakra In questa meditazione iniziamo a creare quello spazio in cui ci apriamo completamente all’onda energetica che sorge dal nostro centro sessuale interiore, attraversa tutti i chakra e ci unisce profondamente col partner e con il tutto.
Consigliamo di entrare in questo esercizio (specialmente la prima volta che lo praticate) con la mente e il corpo più o meno rilassati, ma carichi, dopo aver fatto per esempio qualche esercizio corporeo e il chakrabreathing. Un buon momento per questo esercizio è prima dell’atto sessuale. → Cominciate con un saluto che esprime il vostro vicendevole rispetto. → Mettetevi nella posizione yabyum, se vi riesce facile, altrimenti in un’altra posizione simile, che con l’aiuto dei cuscini possiate mantenere almeno per mezz’ora. Potete anche sedervi su una sedia se avete problemi ai ginocchi o alle gambe. Abbracciatevi in modo da sentire le mani del partner sulla schiena. → La donna si siede su di lui e accosta il pene alle labbra della sua vagina. Può anche introdurlo nella vagina, se lo preferisce, ma all’inizio è più facile se vi limitate al contatto superficiale dei genitali, per evitare di scivolare in uno stato d’animo troppo sentimentale. → Entrate in contatto con il vostro 1° chakra, la donna dà il ritmo del respiro e l’uomo si sincronizza con lei. → La donna d’ora in poi guida tutta l’esperienza. → Quando lei ha la sensazione di aver riempito il suo 1° chakra, lo segnala a lui, con la leggera pressione d’un dito: quello è il momento in cui entrambi trattenete il respiro, al culmine dell’inspirazione, e contraete sette volte il muscolo pubicoccigeo; a ogni contrazione segue un rilassamento, ma senza espirare. La donna conta fino a sette, premendo un dito sulla schiena del partner a ogni contrazione. (Provate a far ciò prima dell’esercizio vero e proprio, per familiarizzarvi con questa procedura.) → All’inizio occorre un’attenzione particolare ai ritmi e ai tempi, ma dopo 23 volte potrete concentrarvi sempre di più sulle vostre sensazioni. → Dopo la settima contrazione, il rilassamento è seguito dall'espirazione. → Passate al 2° chakra. Fate qualche respiro profondo (da 3 a 5) immaginandovi di spostare l'energia dal l° Lhakra fino al 2°. La donna dà di nuovo il segnale: e con l'inspirazione, pompate sette volte l'energia nel 2° chakra, tenetela lì e fate 7 contrazioni con il muscolo pubicoccigeo. → Continuate così con ciascun chakra. Quando arriverete al 6° chakra sarà opportuno che teniate le vostre fronti vicine. → Quando arrivate al 7° chakra, e pompate e focalizzate lì l'energia, mandatela in su, per farla uscire verticalmente dalla cima della testa. Alla fine, una parte dell'energia caricata attraverso i chakra scenderà all'esterno come una fontana, avvolgendovi in un grande uovo energetico; la parte restante dell'energia uscirà invece dalla vostra sfera salendo verso uno spazio più grande. → Poi rimanete seduti in silenzio e seguite con attenzione il respiro. Osservate dal vostro nucleo interiore l'energia e le vibrazioni del corpo, e ogni vostro eventuale pensiero. Non identificatevi con ciò che osserverete; osservate soltanto. → Alla fine, concludete l'esperimento con un saluto. Se praticherete questa meditazione per un periodo prolungato con una certa regolarità, si affinerà anche la vostra percezione dei chakra e delle
energie più sottili. Il vostro rapporto di coppia si trasformerà, e si avranno notevoli cambiamenti anche nella comunicazione tra voi al livello più superficiale. Anche se questa meditazione permette di entrare nella mente sottile, non si tratta di un esercizio “sacro” Se lo senti tale, comportati nel modo più semplice e umano. Asciugarsi il sudore, provare diverse posizioni sul cuscino finché ci si sente comodi, fare una pausa respirando per un poco normalmente sono cose che non tolgono niente alla profondità della meditazione. Il silenzio devoto, l'aspetto ieratico ecc. sono solo esigenze mentali, non c'entrano nulla con la realizzazione spirituale. Questa meditazione la si esegue per intero, cogliendone e rispettandone la struttura e il ritmo. Quali che siano le emozioni che emergono nei singoli chakra, e anche se di quando in quando non si riesce a percepire un'emozione precisa in questo o quel chakra, l'importante è procedere da un chakra all'altro seguendo il ritmo che la donna dà. Percorrendo i chakra in questo modo le energie dei diversi chakra si fondono, sia tra te e il tuo partner, sia tra te e il tuo animus, o tra te e la tua anima. Lo si noterà bene se si pratica questo esercizio per alcuni mesi – passando senz'altro dal semplice contatto genitale alla penetrazione, non appena ci si sarà familiarizzati sufficientemente con la tecnica. L’onda della beatitudine Dopo aver creato l’onda energetica nel mare del nostro corpo, e dopo aver svegliato e fuso i chakra, possiamo continuare la meditazione precedente cavalcando quest’onda e godendoci la grande gioia che essa procura. → Questa meditazione richiederà all’incirca un’ora. Preparatevi un posticino comodo, con cuscini, fiori, musica e tutto ciò che vi può aiutare a sentirvi a vostro agio. Iniziate con il consueto saluto, che porta la consapevolezza nella viva realtà del vostro rapporto, e respirate profondamente guardandovi negli occhi con uno sguardo sfocato e pieno d’amore verso voi stessi e verso il vostro partner. → Trovate un ritmo di respirazione profonda, nel quale l’inspirazione abbia la stessa durata dell’espirazione. → Seguendo il ritmo di questo respiro piegate le dita come se teneste un cristallo tra i pollici e gli indici, e con questo invisibile cristallo toccate tutti i vostri chakra: dal 1° al 3° la punta del cristallo è rivolta in giù, dal 4° al 7° la punta è rivolta in su; fate anche questo seguendo il ritmo del respiro (che vien dato dalla donna) e intendete questo semplice gesto come il simbolo esteriore del vostro percepire i chakra dentro di voi. → Mettetevi nella posizione del yabyum descritta nella meditazione precedente, o in un’altra posizione comoda con la spina dorsale diritta; oppure rimanete nella posizione che avete già assunta, – se state praticando questa meditazione immediatamente dopo quella del “matrimonio dei chakra”. → Fate la rotazione del bacino. → Con l’inspirazione, spostate l’energia su su fino al cuore.
→ Immaginate e sentite il vostro respiro come se stesse attraverso un canale verticale davanti alla colonna vertebrale; spostate la carica energetica che sentite nei genitali, nel bacino, e portatela su fino al cuore. → Se vi è d’aiuto, immaginate un tubo che parte dal perineo. Respirate attraverso il perineo lungo questo tubo e fate salire l’aria dentro questo tubo, fino al cuore. Ma potete anche crearvi da voi immagini o sensazioni che vi appaiano più adatte. → Il bacino intanto continua la sua rotazione. → Sentite cosa sta cambiando in voi: cosa cambia nel vostro sesso, nel ventre, nel cuore. → Ora potete creare il circuito. La donna tira l’energia dai genitali fino al cuore, e si immagina che con l’espirazione l’energia esca dall’area del cuore o attraverso i suoi capezzoli. L’uomo lascia entrare l’energia nei suo cuore, con l’inspirazione, e la porta in giù nei suoi genitali. Da lì essa esce dall’uomo, attraverso il pene ed entra nella vagina ogni volta che la donna inspira. Così si forma un vero e proprio cerchio. → Trovate un ritmo sincronico e un respiro diacronico, il che significa che la donna espira mentre l’uomo inspira e viceversa. → Continuate a respirare nello stesso ritmo, l’uomo accoglie l’energia attraverso il cuore con l’inspirazione, e la donna al contempo la fa uscire dal cuore, a ogni sua espirazione. Ognuno continua nel suo ciclo e insieme chiudete il cerchio. → Se ti sembra di confonderti o se ti risulta complicato, continua ugualmente e noterai, col tempo, che ti puoi rilassare completamente nel fare questo movimento: non è qualcosa che richieda concentrazione, lo si fa con piacere – un piacere più sottile e delicato, come quello che hai provato nello strearning o in altri esercizi energetici. → Ora potete allargare il circuito: la donna, a ogni inspirazione, sposta l’energia dal perineo attraverso l’immaginario tubo interno, fino alla cima della testa, e a ogni espirazione immagina che l’energia esca dalla testa, entri nel partner, scenda giù nel partner fino al pene e a ogni sua espirazione esca da lì ed entri nella sua vagina, da cui di nuovo risale fino alla testa; così, chiudete un cerchio più grande del precedente. → Alternando sia la rotazione del bacino che il respiro in un ritmo diacronico, potete entrare in un’altra forma di questo circuito, nella quale mandate l’energia dalla cima della testa dell’uomo al suo pene, da lì nella vagina della donna e poi su su fino alla cima della testa di lei. Poi, con il successivo respiro l’energia ridiscende in lei e risale in lui, come un’altalena, o come una grande U. → Rimanete in queste forme energetiche per almeno 10 minuti e sentite in che modo cambia tutta la vostra percezione di voi stessi. Ogni volta che arrivate alla cima della testa, permettete a una parte dell’energia di fuoriuscire e di spandersi come in una fontana, formando un uovo energetico intorno a voi. → Apritevi a questa esperienza: percepite il colore dell’uovo, la posizione che occupa l’io in esso, la larghezza dei pensieri, la densità dell’energia, il sapore di tutto l’insieme... È domandatevi: chi è colui che osserva?
→ Quando vi sentite appagati, separatevi e ognuno riporti l’energia in se stesso, in una meditazione silenziosa. Poi chiudete questo rituale con un saluto. Rita di Monza ha cavalcato l’onda della beatitudine col suo fidanzato. Eravamo arrivati al sesto centro nel matrimonio dei chakra, quando una luce bianca si è aperta, e si è sparsa in tutta la testa. Questa dolce esplosione ha portato con sé tutti i pensieri trasformandoli in migliaia di faville chiare che scendevano e mi riempivano tutta; svegliavano in me ogni fibra, ogni cellula. Ero immersa in una cupola di luce dorata, e ogni piccolo movimento che facevo, toccando il mio partner o per tergermi il sudore, creava come uno strascico di onde che attraversavano il mio corpo. Osservando tutto questo, ho sentito a un tratto una grande forza che mi ha pervasa dalla testa fino al perineo, come un flume in piena che non conosce ostacoli e porta con sé qualsiasi cosa; diventavo sempre più vuota, praticamente non c’ero più: io, il cuscino, la stanza, il mio fidanzato, eravamo un tutt’uno, un unico grande spazio colmo di gioia... non so descriverlo a parole, ma ora so cos’è la liberazione.
“Le desiderate estasi tantriche non si raggiungono automaticamente attraverso le tecniche come il respiro, la focalizzazione e la direzione delle energie. Molte di queste tecniche si possono praticare a lungo, ma solo quando si diventa capaci di abbandonare i nostri obiettivi segreti, e di volgerci completamente l’uno verso l’altro e verso il flusso delle nostre energie, la porta si apre verso questi spazi vasti, illimitati e senza tempo, che a parole è quasi impossibile descrivere.” L’onda della beatitudine chiamata in sanskrito Anandalaiuxri – che è una meditazione classica del nuovo Tantra17 – è un modello di meditazione molto efficace per sposare dentro di noi il maschile e il femminile e per collegarci con l’energia universale, ma occorre ricordare che è soltanto un modello. L’energia segue l’intento solo quando è liberata e osservabile: solo allora va dove la vogliamo dirigere. In altri testi, potrete trovare altri esercizi energetici altrettanto validi: nel Tantra tradizionale la Kundalini sale dal 1° chakra attraversando gli altri fino al 7° per poi unirsi con l’energia cosmica; per Satyanandals l’energia di ogni chakra – che non sono interconnessi – si congiunge direttamente con il 7° chakra. Per altri maestri19la Kundalini risiede nel centro della testa e da lì occorre partire per farla giungere agli altri chakra. Non lasciatevi confondere da queste contraddizioni, scegliete il modello che più vi ispira e sperimentate con esso; se vi accorgete di non trovarvi a vostro agio, usatene un altro. Prima di dirigere l’energia occorre divenire il più possibile consapevoli (e in un senso molto pratico) della parte del corpo in cui la si vuole dirigere – al punto da poter sentire davvero quella parte, da dentro, senza bisogno di visualizzarla con l’occhio interiore. Prima di trattenere il respiro occorre liberarlo; e prima di contrarre il muscolo pubicoccigeo occorre rilassare tutta la zona pelvica. Se intraprendi una meditazione dopo aver svolto un’attività intellettuale e hai la testa ancora piena di pensieri, è più saggio sgombrare l’energia dalla testa e spargerla nel corpo mediante un movimento che dia sfogo alle tensioni delle membra e permetta loro di esprimersi – prima di canalizzare altra energia dal tuo centro interiore sessuale.
Perciò valutate sempre la vostra condizione fisica e psichica, prima di praticare le meditazioni tantriche o altre tecniche estatiche, e ricordate: la via maestra per scoprire le energie sottili è quella di fidarsi della propria esperienza e di far ciò che dà un senso di benessere e che permette di sentirsi integri in se stessi, e al contempo connessi con gli altri. Il samsara Così come aerei che atterrino dopo un lungo volo, anche noi dopo un’esperienza estatica ritorniamo sulla terra e ci ricolleghiamo con la nostra vita quotidiana, con la nostra mente ordinaria, nel samsara. In queste esperienze allarghiamonotevolmente la coscienza, e sono momenti preziosi, poiché davvero ci donano prospettive più ampie, in cui troviamo nuove e originali soluzioni anche ai nostri problemi pratici, ai nostri problemi con il partner, o nel lavoro ecc. Ai livelli di consapevolezza in cui siamo meno legati alla nostra identità e al nostro consueto modo di vedere, troviamo risorse che non sono disponibili alla mente ordinaria. È di solito, ciò che cambia proprio la struttura e la modalità di ciò che solitamente ciascuno di noi chiama “il mio problema”: quale che sia il problema, cominciamo a vederlo piuttosto come un ambito in cui possiamo ancora imparare, in cui siamo ancora alla ricerca, in cui ci aspettano ancora delle sorprese e in cui abbiamo dei compiti, delle missioni da svolgere: compiti e missioni che richiedono coraggio, saggezza e compassione. Dopo esperienze tanto profonde come quelle che abbiamo descritto ci si potrebbe aspettare che le attività più quotidiane, dal pulirsi i denti al parcheggiare la macchina, al fare la spesa, sembrino molto banali: invece, è proprio qui che inizia il vero cambiamento. Il nuovo senso di sé che abbiamo sperimentato, può ora cominciare a irradiare in tutta la nostra vita. L’obiettivo infatti non è quello di mantenersi sempre al massimo livello del piacere e della consapevolezza, (e pensare ciò è solo una trappola dell’ego spirituale), bensì quello di imparare da tali esperienze straordinarie, e affrontare con nuove forze, con nuova fiducia in se stessi i doveri di tutti i giorni e far giungere anche soltanto una parte di quell’amore, di quell’accettazione di noi stessi, nella nostra vita quotidiana. Come dice Chtigyam Trungpa Rinpoche: “L.a saggezza del Tantra porta il nirvana nel samsara”; cioè porta negli aspetti più quotidiani del rapporto di coppia quella comprensione e quella compassione che sperimentiamo durante gli orgasmi più alti, porta la luce interiore in quei semplici istanti in cui ci infiliamo le scarpe, o facciamo benzina o cuciniamo. E anche questo processo, così importante per la nostra crescita, non è affatto lineare: di solito, dopo un’esperienza estatica segue una fase in cui quell’esperienza ripulisce tutta una serie di programmi mentali e blocchi energetici che forse erano stati utili in passato, ma che ora ci ostacolano nel vivere il nostro presente. In questo periodo molte persone hanno la sensazione di essere un po’ assenti, di essere meno consapevoli di prima (proprio perché una parte della loro mente è occupata con questa pulizia profonda) e solo in un secondo tempo, dopo qualche assestamento, si palesa l’effettiva – e duratura – crescita personale e spirituale, nel senso d’una coscienza ben più ampia di prima.
Per integrare le esperienze di picco nei nostri rapporti, è molto utile trovare una disciplina, un esercizio o una meditazione e praticarla con una certa regolarità. Questa disciplina creerà una sorta di tuo spazio personale, un tempo dedicato a te solo, in cui restar con te stesso a osservare la tua realtà interiore. Possono bastare anche pochi minuti, purché producano un’interruzione nell’andamento della giornata – un riconnettersi, un chiudere gli occhi per cominciare a sentire dentro. La pratica regolare della meditazione, anche d’una meditazione breve, accresce la padronanza di sé e la sensibilità in tutti i campi. Nella vita di coppia, invece, le esperienze di picco si integrano condividendole attraverso le parole e creando le condizioni necessarie al loro ripetersi, quando si è compresa la loro dinamica. Se leggendo questo libro ti è capitato di pensare che d’ora in poi il sesso, per te, debba essere sempre “tantrico”, affrettati a cambiare idea. Pratica gli esercizi e le meditazioni, ma non crearti ulteriori vincoli col tantrismo. Dopo tanti e così grandi piaceri, la tua mente attenta e vivida comincerà a trovare molte occasioni per donarsi dei piccoli piaceri che il corpo sa sempre apprezzare: una carezza, uno sguardo aperto, un massaggio, un contatto senza censure mentali, e così via. Corsi di Tantra Se nel praticare qualche esercizio descritto in questo libro sei arrivato a un punto di stallo, in cui non volevi più proseguire o in cui le istruzioni non ti dicevano nulla, o in cui magari hai iniziato a discutere con il tuo partner, non ti meravigliare: alcune esperienze sono veramente difficili da compiere con l’unico ausilio di un testo scritto, e non per nulla le tecniche e le meditazioni più avanzate vengono trasmesse direttamente dal maestro al discepolo. Inoltre è naturale che prima o poi tu arrivi a un punto in cui avverti il desiderio di condividere le tue esperienze con altre persone, in un’atmosfera amorevole, o di essere guidato, da chi conosce bene i sentieri dei paesaggi interiori. Se un libro di divulgazione, come questo, deve necessariamente seguire schemi più generali, nei corsi di Tantra potrai trovare più tempo e spazio per la tua ricerca personale e spirituale. Se senti che è arrivato il momento di passare dalla lettura all’esperienza vera e propria, da una conoscenza teorica al vissuto autentico, un corso di Tantra può essere una buona occasione per fare questo passo: • Weekend d’Assaggio – Se sei curioso ma un po’ indeciso; • Ardore nel Cuore – Il classico corso introduttivo, un regalo a te stesso; • Cerchio degli Uomini – Cerchio delle Donne; • Training di Tantra – Una serie di corsi tematici che seguono in modo più approfondito la via descritta in questo libro; • Corsi avanzati di Tantra; • Sessioni di Coppia – Personalizzate sulle vostre tematiche. Puoi frequentare un corso sia in coppia sia da solo. Durante le sessioni di gruppo non si fa l’amore. Tutti i corsi sono esperienziali e sei tu a decidere fino a che punto proseguire nel tuo viaggio interiore. Se sei interessato a sapere com’è un corso di Tantra e a cosa ti può servire, ci puoi contattare per avere
un programma con le date attuali dei corsi al Nord, al Centro e al Sud dell’Italia. Per maggiori informazioni ti puoi rivolgere a: Elmar e Michaela Zadra Istituto Maithuna s.r.l. Villaggio Upacchi 51 52031 Anghiari (AR) tel. 0575 – 749330 fax 0575 – 749329 info maithuna.it