Indice
Prima edizione maggio zoo2
8 2 0 0 2 Bollati Boringhietieditore s.r.l., Torino, corso Vinorio Emanuele II,M I diritti di mcmorizzazione clertronica,di ripnduzionee di adattamento totale o parziale con qwalsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotosratiche) sono risentati
Stampato in Italia dalla Stampatre di Torino ISBN 88-)39-138z-1
Schema grafico drlla cwpertina di Pierliiici Ccrri Sianipatu su carta Palalitia &[le Carricrr Miliani Fabriano
Introduzione I tratti di un impegno (Luigi M.Lomhurdi Satriani)
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Panorami e spedizioni Ninne nanne e giuochi infantili
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I.
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3 . I lamenci funebri e l'esperienza arcaica della morte
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4 . Le colonie albanesi calabro-lucane
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5 . Spedizione
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I1 cerimoniale e i canti deil'amore e delle nozze
in Lucania
6.Dibattito su Ernesro de Mareino Poslfgziotre ErnestodeMartinoallaradio (Le~uzaBindi)
Introduzione
I tratti di un impegno Luigi M. Lornbardi Satriani
Nel 1953, Renzo Renzi, per aver scritto un soggetto cinematografico sulle vicende deli'ocrupazione militare dclla Grccia da parte delle tnippe italiane, L'amata s'agapb (s1agap6ingreco significa ti amo»), e Guido Aristarco, per aver pubblicato tale soggetto rtelia rivista, allora quindicinale, da lui diretta «Cinema Niiovo n, furono arrestati e rinchiusi nelIa fortezza di Peschiera; vennero quindi processari dal Tribunale Militare di Milano, che condannò Renzi a sette mesi e aUa rimozione dal grado e Aristarco a sei mesi. Il reato conrestato era quello di «vilipendio delle Forze Armate e dell'Arma di Cavalleria»; il Tribunale Supremo di Roma confermò successivamente la condanna di primo grado. 11 processo ebbe una vasta eco; si formò un ampio schieramento di solidarietà con gli imputati e Larerza pubblicò un volume intitolato Ilprocesso s'agapò. DalllArcadia a Peschiera ( I 9 5 4 ) che, dopo una densa introdilzione di Piero Calamandrei, conteneva capitoli di Guido Aristarco e di Renzo Renzi, nonché un'ampia antologia di scritti sii1 caso apparsi su giorndi italiani e di altri paesi.' Cfr. anche R. Rmzi, Lo bel& stafione. Sconrn e incontri nqIiannidPorndel cinema i ~ l i a n oBulzoni, , Roma 2001.Si ricordi che su iin argomento simile, nei primi anni novanta, il film Mediterm~o,diretro da Gabriele Salvatores, ha
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LUIGI M. LOMBARDI ShTRiANl
La guerra fredda della quale il processo era frutto quanto mai significativo aveva già marcato decisivamente la campagna elettorale del 1948, giocata tutta, da parte democristiana, sull'appello ai valori del cristianrsirno, della pabia, della famiglia, minacciari da un comuriismo apportarore di minaccia e d i devastazione. S e si esaminano i manifesti elettorali di quella competizione e di quella siiccessiva, del I 953, si pub agevolmente constatare la riduzione dello scontro politico - che è anche scontro etico-politico e contrapposizione di costellazioni d i valori - P una mera, e spesso liturgica, contrapposizione di formule, a uno schematismo estremaniente pericoloso, nella misura in cui fa appello a un'adesione viscerale, fideistica C srimola ai posto di decisioni razionali, coinvolgenti anche a livello emotivo, di un globale e sofferto impegno politico istinti gregaristici e aspettative carismatiche. Vale la pena di sottolineare I'organicità dei valori che Ia Democrazia cristiana assunse, proponendosi come la loro .più valida garante e sottolineandone, implicitamente, l'indiscussa superiorità. Si tratta di un nazionalismo gretto, grossolano e provinciale; dell'appello al valore trainante dell'identificazionc con il tricolore, con l'Italia effigiata, ancora una volta, nella solida donna turrita che, in nome della Patria stessa, della Famiglia C della libertà, oppone ella falce e al martello che stanno per abbattersi su di lei lo scudo croito, mentre implora: aDifeiidetemi! n E allora vengofio .enrrte immagini efficaci quella del gigantesco barbaro vie~ico(in realtà un «mostro») che sta per scavalcare e distruggere l'Altare della Patria; del barbaro che, è il caso di dire, armato sino ai denti di pugnali, di gatto a nove
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il miglore film straniero; come ha rilevato lo stesso Renzi, il 13g1ivi! per6 multo diveno: cfr. Medimneo, lo commedia. E L ~ta&iu?, in Id., Lo Irelb~sbz~ionr cit., pp. 367-69. vinto I'Oscar pcr
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code, arrende di piombare sulltItalia a seminaremorte e distruzione, mentre si domanda agli elettori: « E lui che aspertate?»; del barbaro che, con un piede nudo e un ghigno sinistro, sta per piombare sull'I~aliaimpugnando falce e martelIo. mentre il manifesto invita: Artenzione! I1 comunismo ha bisogno d i uno STIVALE»; d i Stalin sconfitto dalla matita adorna del tricolore che «vota Italia»; delia bandiera italiana che si spezza scontrandosi con la bandiera rossa, mentre un «No! » campeggia sul manifesto; della città iraliana che alza il suo ponte levatojo (lo scudo crociato) per diicndersi dalle bande armate comuniste d i Garibaldi, che scrive a Stalin una diffida perché i comunisti italiani lo «scambiano continuamente» con lui, accostamento «errato» perchi. «io con le Camicie rosse scacciai gIi stranieri dall'Italia mentre t11 ce li hai maridarin; dei fiori del Comune e della l'rovincia minacciati dal moscone (sempre inevitabilmente coniunista) che va catturato dal voto; di Togliatti cararrerizzato come torva straniero scacciato dall'Italia da Garibaldi al comando delle Camicie rosse al canto d i «Va fuori d'Italia / v a fuori o straniero! P>; d i Togliatti e Nenni che volano, con la loro valigetra, sospinti da rin nirbine di voti («Via col voton, recita il maiiilesto). Uno scenario di terrore viene evocato dai manifesti in cili si chiarisce che. se l'italiiirio non voterà secondo l'invito-ordine della DC, il suo «padrone* sarà Ilno scheletro dalla stella rossa, un condannato ai lavori forzati - con pa1Ia di piombo a1 piede C sonregliato da una guardia sovietica armata - e paglicrà con il lavoro, mentre i1 Cremlino si erge minaccioso sullo sfondo, !'ingenuità d i averlo votato per la lista cittadina; o che presentano la scena, che non deve concretarsi in realtà, del Campidoglio sovrastato da una croce spezzata dalla bandiera rossa sventolante, mentre un corteo d i scioperanti agita minacciosamente pugni e cartelli. Del resto, u n iorte impegno propagandistico contro lo sciopero è presente nei mariifesti
I TRATI'i DI U N IMPEGNO
democristiani, che additano all'esecrazjone lo sciopero poli~ico,privilegiando, e non a caso, i sindacati autonomi. Si tratta, ancora, della «fede» cristiana, usata come ricatto per convogliare sulla DC i voti, nell'eqiiazione - imposta c così funestamente redditizia - cattolicesinio - Democrazia cristiana. Il cristianesimo non viene iilai presentato nel suo pur cos~itutivoaspetto di tensiotie alla giustizia, nel dovere cl-ie esso impone dell'amore per gli altri e quindi deIla lotta alla sopraffazione, al domiriio, aiio sfruttamento c al privilegio; esso viene utilizzato, attraverso la ripetizione osscssiva di formule stereotipate, per impadronirsi e per mantenere, in condizioni d i monopolio, un potcre la cui gestione 2 stata in realtà la più radicale negazione dei valori autenticamente evangelici. Anche la famiglia viene usata, attraverso grossolani ricatti emotivi, secondo alcuni tra gli stcreotipi pih vieti. Il padre deve, votando. difendere il figlio dal pericolo sovietico, ché «in Russia i figli sonndello Stato»; e il pugnale deI «voto cristiano» difende il nucleo familiare - una giovane coppia di sposi con in braccio una bambina - dai serpenti del divorzio, del libero amore e d i altri mali inno« Se papà e mamminati. Un gruppo di bambini procla~~ia: ma non votario noi faremo la pipì a letto»; <<Salvai tuoi iiglin viene imperiosamente detto, mentre un carro armato sovietico sta per schiacciare una bambina. Infinc, la presentazione del comunismo, dei comunisti come viene fatta? Noil vicne indicata alcuria posizione comunista alla quale contrapporre, pur nel linguaggio schentatico e incisivo dei manitesti, la posizione dez~ocristianii, ~ i la é prcferi\>ilità della DC vicne suggerita aitraverso l'indicazione della propria collocazione politica o delle proprie prospettive specifiche, rinviando, magari implicitamente, alla coilocazione politica o alle prospettive specifiche del Partito comunista italiano. Niente di tutto quesio; nessun accenno alla dinamica politica in atto, nessun elemento di riflessione per la for-
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mazione d i un saldo convincimento viene offctto ai destinarari dei messaggi pubblicitari democristiani. Le industrie almeno, fingono di convincere gli eventuali acquirenti dei loro prodotti attraverso tecniche dimostrative. Si intende che anche in questo caso il contenuto reale del messaggio è l'imposizione di qucl determinato prodotto, ma a livello esplicito ciò cui si tende è la persuasione dell'acquirente della superiorità del bene proposto rispetto a rutti gli altri analoghi prodotti dalle ditte concorrenti. La W. era così arrogantemenre abituata al potere, si riteneva così profondamente predestinata a esso che neanche fingeva d i convincere: ciò che solo importava ai detentori del potere era l'imposizione deiia necessita della carializzazione dei voti a loro iavore, al fine di difendersi da un avversario che viene presentato in maniera bassamente caricatiirale, totalmente stereotipata e deformata. I coinunisri, allora, non sono più portatori d i un'alternativa globale aiia struttura e alla cultura della socicrà classista, ma vengono unificati nell'irnmagine di «Bafione» o di figuri minacciosi e armati, pronti a sparare o a pugnalare aiic s p d e e a porre siibdolamerite tagliole all'ignaro italiano. hlinaccioso è i1 nerboruto comunista che nel manifesto «i PETENMNI» impone, revolver in pugno, la petizione per la pace: «O la finna o la vita». I simboli comunisti costituiscono una tagliola, la pace va salvata dai provocatori deIla giicrra - ovviamente i russi e i comunisti italiani, q u i n t a colonna deii'escrcito sovietico» -, rnentre <(gliamericani non hanno bisogno d i fare la guerra». I comunisti, rappresentati come topi, divorano la forma di parmigiano dcll'a amministrazione comiinista )> e dovranno scappare urla volra che la gatta avrà votato; «la "distensione" d i Togliatti» si risolve coli G pugnalate alle spalle* e tra le «domande utili apparse nei comizi,> si trova: «Il comunismo italiano segue o no le teorie del tedesco M&», e «Quante ragazze sono uscite sane dai baiii comunistici?».
1.UIGI M . LOMBARDI SATRIANI
I TRATTI DI CN IMPEGXO
In realta, come informa un altro manifesto, «il comunismo è contro natura per questo è faUit.ow anche in Spagna, dove «i comunisti fiirono cacciati via dopo che avevano ucciso centinaia di migliaia di lavoratori, dissacrato chiese e cimiteri e commesso atrocità degrie di Nervnea. Nel «Paradiso dei comunisti» - e qui l'analisi vorrebbe esscre persuasiva nella sua presunta razionalità - «i lavoratori saranno trattati da schiavi [...], le università insegneranno a costruire bombe atomiche per I'imperiaIismo russo i...], i templi serviranno ai balli [...l, la gioventù sari proprieti dcllo Stato padrone [...l, la civiltà sari il sole deil'avvenire che in Russia e altrove fa piangere lacrime d i sangiiep. L'invito a difendersi è una costatire della maggior parte di questi manifesti: difendrrc, recintandole con i voti, le propric Iinde casette e le proprie sventrirate compagne daIIe griniie comuniste, sinistramente protese su di esse; bisogna votare prr difendersi da Stalin; perché il comunista con il mirra sotto il braccio e la sua solita iiria torva vota; difendersi dal trabocchetto della lista cittadina, mentrc la forca ricorda la sorte che toccherebbe agli italiani se ci fosse Batfone so1 che dicessero male del governo una volta. Un piano su cui la nc si pone ne1 presentare i siioi avversari C esemplificato da1 manifesto della «rivistn cittadina delle vivande» che sararirio servitc ncl pranzo d'onorc che «nel Salonr di Palazzo Rosso, I'Atnbasciata di Falce e Marre110 offrirà a turti i gonzi», lista contornata da i!lustrazioni minacciose o volgarmente caricaturali. quali qiiclltl dell'o. K I N ~ T OGIJSTUSO. Come si vede, al posto di argomentazionj vengono lisati impera tivi, grussolananientc ripetuti, senza chc sia rivolra alcuna attcnzio~ieall'intclIigenra dei destinarari dcl discorso politico, in realtà banalmente pubblicitario, globalniente assunti come bambirii da terrorizzare, second o i criteri, seiiipre funzionali, alla pcrpetuazioiie del concctto di autorità, d i una rozza pedagogia terroristica e repressiva.
Eppure, il Comitato civico, appena tre giorni prima delle elezioni del 1948, finge di aver offerto agli italiani validi argomenti e non slogan e vieti Iiioghi comuni. Esso dichiara agli «italiani»: «Abbiamo voluto richiamare la vostra attenzione, colpire la vostra imrriaginaziorie, parIare a h vostra mente e al vostro cuore». Parlare a l a mentc significa per il Comitato civico aver adenunciato la viltà dei conigli e [.,.] srnascheraro I'ipocrisia di coloro che nascoridono i loro propositi di asservire l'Italia al reginie sovietico dietro il volto d i Garibaldi, caro a tutti gli italiani, ma tradito dai comunisti del Fronre dernocratico popolare». Dopo questo saggio d i razionalità, i1 Comitato civico illusrra la sua cristauina Iealtà verso gli «ideaIi»: «Eppure noi non abbiamo privilegi da difendere, secondi ii.ni da imporre, e non siamo dci candidati alla ricerca di voti. Siarrio degli italiani che amano la Patria e vogliono sahare la civiltà cristiana deII11taliae delilEuropa». M i sono soffermaro a lungo su taIi fonti iconografichc perché essr mi appaiono paradigrnatiche per testimoniare valori e temi doniirianti in quegli anni. In sintesi: nazionalismo conser~latore,fede cristiana srrumentiilizzata al fine dell'egemonia democristiana e muta dinanzi a tutti gli aspetti etici della dinamica socinle, csalrazione dei luoghi coniuni inerenti aIla famiglia o, meglio, si urla visione srereotipa di essa e rozzamente ricattaroria, eq~iaziorietra coniunisti e biechi sovvertitori di qualsiasi regola di convivenza umana. Xeiia tcrnperie ciilturale degli anni cinquanta chc eredita dal periodo immediatainente precedente veleni e livori, gli schierameriti ideologici, poIitici e, conscgrientemente, intellettuali erano nettamente delineati e si fxonteggiavano con forte tensione polemica. In tale clima ideologico e politico, la scienza demoantropologica U arroccava prevalentemente nel proprio asettico specialismo:
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I TRA?TI DI
LUIGI M. LOMBAKDI S A T R I A N I
Sicché Ia scelta di Ernesto de Martino di occuparsi delle classi siibalterne meridionali ebbe iin preciso valore scientifico e intese testimoniare una scelta di campo. Nelle note polemiche scguite alla pubblicazione del saggio Intorno alla storia delmondo popolare subalterno, de Martino ha modo di ribadire: Nel saggio puhblicaro su «Società W dicevo solrnnto che la mia fatica di studioso voleva essere una cor~templazione,sul piano mondiale. dcll'oscura angoscia teogonica percnnemeritc iiicoiiibente nello sguardo dei contadini poveri di Piiglia, iina contemplazionc per qiianto posbibilc pura. c qiiiiidi, in questo senso, iin momento di uni co.mplessa vicenda di liberazioiie che è in otto sii scala mondiale. E verità pacifica che la non disti~izionefra teoresi e prassi fa precipitare la ciiltiira in un torbido caos pragmatistiro. toglie nerbo al sapere e dignità umana all'operare: posso io dimenricare quesro senza, fra l'altro, ignobiimenlc bararrare la mia esperienza di intcllettuale anrifascista?'
Si tratta, allora, di chiarire in che senso l'impegno cidniralc dcmarriniano è anche, ed esserizialmencc, impegno politico. Non si tratta della meccanica rrasposizione di iin formulario politico in un discorso scientifico o coniunque rigoroso, benché divulgativo, bensì della motivazione di fondo e dell'orizzonre ideale nel quale si colloca la pur puntuale ricostruzione intellettuale. Ove si avesse dubbio al riguardo sarebbe utile ricordare quanro lo stesso etnologo napoletano dicliara a proposito dei colloqui preparatori la ricerca sul tarantismo. Fu anche discusso, in qucll'occasione, un altro problema di metodo che aveva importanza particolare per definire il carattere deil'indagine e quindi la struttura per il funzionamento dell'équipe. Una esplorazione etnografics sii1 tarantismo nel quadro di una ricostruzione storico-religiosa non puì, o\~vianienteproporsi in m d o dirctto il problema dei mezzi piìl adatti prr affrctrarc la scomparsa di un «relitto» coiì diiorganico rispetto al mondo rfioderiio. Per
' F..de Martino, Ancora sulln nStorio delnirndopopohmsukIimro~,in USO-
tiaieni so:io preceduti da una densa introduzione.
m1JMF'EGNO
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quanto la scelta del fenomeno da esplorare e deila prospettiva srorico-religiosa in cui esplorarlo avevano la !oro radice I.,.] in iin nodo deila hrston'a conde~da,e pcr qilanto la conosreriza storica di una realtà da trasiormare giovi ad accrescere la potenza operativa deiì'azioce traskorniairice, non si poteva iri una stessa ricerca uriire e coniondere i due niomenti, e al tempo stesso volere conservare il fenomeno per sriidiarlo e non volerlo perche culturalmente earretraton. Se è vero che l'oggettività scientifica si conquista per entro una originaria n:orivazione trasforriiatrice, e se è vero che la efficacia deiia volontà di trasiormazione trae aIimento dal progresso della oggettivazionc scientifica, t anche vero clie si tratta di due momenti ri~orosamentedisiinti, e che Ia scienza è tanto pih operarivamente efficace quanto più corqiiista e niaiitiene, nel movimerito generale deila vita cultiuale, la propria autonomia. Nella nostra esplorazione ctnografica noi ci impegnavamo, dunque, a scegliere il momento della conoscenza del fenomeno, C a mantenerci fedeli a questa scelta: il che escludeva qiialsiasi analisi sistciiiatica di modi di intervento pcr modificare la situazione etnogaficametitc osservabilc.'
In un'intervista a Fabio Dei di qualcl-ie anno fa, Tullio Seppilli, discutendo del saggio di Gcorge R. Saunders su cui si tornerà pii1 avanti, ha sorcolineato corne per de il collegamento tra scienza e politica non i~iiplicassela fiisione del piano cognitivo e di quello etica. I n lui prevaleva l'idea (e in q~iesto c'è anche iin collegamento con Croce, sia piire niolto lontano) che poiché la ricerca nasce da im e un problema nascc da una condizione storica determinata, da iinn sguardo, da un'angolaziosie determinata e quindi da uri progetto politico determinato, il collegamento tra la scienza e la politica, il sisiema etico ecc., consistcvn nello stimolo a indagare siii processi reali chr costituiscono la base del problema, più che il mescolamrnto cotitinuo tra valori e processi cognitivi. Poiché io sto dalla parte dei contadii~iC della liberazione deIl'uomo, indago sili meccanismi che frenano questo processo di librazione. Ma una volta che io indago sii questi meccaninili' il fatto che io sia per la liberazione dei contadirii non mi modifica rodicalmente ii processa cognitivo; mi rnodiiica scmii;ai l'impianto e soprattutto la scelta rernatica e problernatica della ricerca. Detto così pub sembrare tagliato con la mannaia, ma, sc vogliamo usare una frase del tempo, si può dire che la scelta ideologica e politica era a inonre della ricerca - scegliere quale iingolazionc dare e quale prol~leiiia
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E.de Martino. h r&r), PP.35 sg. .
del rimono, ii Saggiatore, Milano 1994 (I' ed.
I 'Tni\TZ? DI CTls' IMPEGNO
aifrontare - e a valle, per quanto rigiiaida chi iisa socialmente la ricerca C a chc fine. Tant'è vero che aii'cpoca si diceva che ricerche finanziate da gruppi conservatori potevano, per il loro niiclco cognitivo, essere utiIizzrte in funzione di liberazione. Cosa che, si fosse trattato soltanto di ideologia, non sarebbe stata possibile. O!corre distinguere duriquc tra scheii~aetico e procediire della ricerca.'
Mantenere rigorosamente distinti i due momenti - quello della conoscenza del fenomeno e quello dell'analisi sistematica dei modi d i intervento - non comporta i n alcun modo che si scelga un modello d i scienza rigorosamente asettica, depurata da umana passione. In d e Martino, irifatri, abbiarno una forre riveridicaziorie deila passionalità nel discorso ecnografico: Solo iri epoca relativamente reccnte, col tramonto deiia etnogafia positivis~aC sotto 18 spinta di episodi culruraIi di varia qualità che haririu ir~ipcgnatola civiltà occidcnràle - la fine dell'epoca coloniale e lo srripefatto incontrarsi di diverse timaniti in un pianeta diventato troppo angusto pcr tollerare semplici cwsistenze, il consolidorsi di nuovi strtimensi di analisi della vita culturale come ii mamismo, la psicoanalisi e I'esistenzialisrno - cominciò ad affiorare ricll'indaginc etnografica la csigcriza di giustificare a se stessi e al proprio p d ~ b l i c oentrambi i termini del rapporto, cioè chi viaggia pcr conosccrc e chi ì. visitato pcr esscrc conosciiito. Si venne SCOprendo che, a1 di fuori di questa duplice giuctificazione, Ia stessa indagiiie etriografica diventa impossibile, risolveridosi in un mondo di oxbre visiranri e visitare, insignificanti e vane malgrado il loro miniitissimo chiacchierio: e che l'oggrrtiviti per I'etnografo non consisre nel fingersi sin daii'inizio della ricerca al riparo da qualsiasi passione, col rischin di restar preda di passioni mediocri C voigari c di Insciarle inconsapevolmenrc operare nel discorso errografico, qi~asivermi piillulanti neil'intcrno di iin decoroso sepolcro di niartno, nis si ton da nell'im pcgno di I'egare il prloprio viiig;io all'espliciro riconosci iticnto di 1iina passiaInc attilale:, congiiin ta ad un problcnia vilalc idella civi1t i cui si 2ipparticne, à un nod o deila ,. . . prassi, a lino srimoio ciella ~rrtormcunaczao o aciie res gerenclae, e 1x4raccoritare conie qucl «patirce fu fiiticojameiirc oggettivato nel corso deil'esplorazione ecnografica mediante il successi\ro impiego deUe tecniche di analisi storico-dtun1e.j 1
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F. Dei, intervista a T.SeppiUi, in aOssimotia. VI1 (19951,p. 92. De Mamino, LA t
m delrimorso cir., pp.
rg sg.
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La cultura delle classi subalterne meridionali aveva prevalenterne~itesubito un giudizio d i assoluta irrilcvanza mutuato dall'irrilevanza socialc inflitta aUe classi sirbalternc, Xon è un caso che alla domanda cu muriu? che seguiva nei paesi calabresi il suono del mortorio annunciante il decesso d i u n componente della comuriirà paesana, la risposta se si trattava d i un contadino era: nuiu, ossia nessuno. La stessa cultura folklorica aveva la percezione d i tale feroce negazione e, icasticamente, affermava in proverbio: crr non ha won è. Gli stessi t'olkloristi - che comunque a tale cultura dedicavano, owiamente ognuno con i propri strumenti concettuali e metodologici, specifica attenzione - erano oggetto d i sarcasmo r ironia o al massimo visti con condiscendenzà quali studiosi minori di cose minori. Da Luigi Bruzzana e I-Ietrme Capialbi a Giuseppe Pitré, sino al contrastar0 inseri mento della Storia delle tradizjoni popolari ncllc istituzioni irniversitarie e alla sua rnarginalixzazione, vi è un filo rosso di negativizzazione della cultcira folklorica e dei suoi indagatori che riflette una rigida gerarchizzazione dei saperi, a sua volta copertura di una non nieno rigida gerarchizaaziorie dei poteri. De Marlirio si unisce così a una schiera già folta di studiosi, il cui inipegno di ricerca aveva comunque inserito la culrrua degli strati popolari in un circuito più vasto, Ma il taglio dello studioso napoletano è fortemente innovatore e risiede essenzidrnente nel nesso che egli stabilicce tra produzione culturale e cundizione sociale. Si tratta di motivazioni scientificiie e intellet~ualisvolte con grande rigore intellettuale e sulle quali ha influito in maniera decisiva il silo progressivo avvicinamento al marxismo. E opportuno a questo riguardo riflettere sull'itinerario demartiniano dal crocianesimo al marxismo. S d a tensione tra questi due orientamenti teorici i n d e Martino molto si è discusso e ancora oggi molto si sta discutendo essendo questa una cifra che marca decisiva-
I TWT'TI D1 UY IMPEGNO
mcnte la produzione dell'etnologo napoIeiano. Come già ho avuto modo di sottolineare,"no si tratta tanto di assegnare ancora una volta d e Martino studioso al campo crociano e de Martiilo civilmente irnpegriaro al campo marxista, che saiebbc iin modo di procedere quanto meno strano per un inteliettuale così continuamerire vigile, autocritico quale de Martino è stato. Si tratta di assumere tutto ciò come problerna da interpretare, con una profonda atrentionc alle diverse fasi del pensiero dcrnartiniano, problematitzando le ragioni profonde, ciiItura1i e politiche, di certi ritorni, di certi ripensamenti t tcncndo conto anche delle rnodalitii con Ie quali l'assunzione del folltlore avverine progressivarncntc d a p a n e d i d e Martino e dei limiti d i tale assunzione. I1 marxismo non appare dagli scritti d i d e ~Martinoacqiiisito in tutto il suo rigore conceltuale; rion viene, ad esempio, sviluppato adeguatamentc il rapporto tra stratificazionc sociaIe e dinarriica culturale; non viene esperita tutta la capacità di analisi teorica del concetto di cIasse che permea anche le produzioni cultriraii (com't testimonia to, ad esempio, dalla troppo facile equiparazionc demartitiiana tra foIklorc tradizionale e arretratezza culturale); sembra non venir colta tutta la problernalicità del rapporto struttura-solrrastrutturacon gli spazi d i relativa autonomia, oltre che di coiidizionalità che taIe rapporto crea. Sembra cioè che l'istanza del moderrio unisnesimo - ravvisata, olire che neil'esistenzialirmo, relativariierire ai suo emotivo di veritàa, nel manisino - vcnga si utilizzata, ma in iin quadro coricei-tuale che appare, verrebbe da dire illiiministicame~ire,ancorato alla razionalità ideiilistica' in una impalcatiira formaImentc crociana, anche se di un crocianesimo rivisitato, arnpiiato, prowisoriamcntr C ir L.M Lombardi Sotriani, Intraduzione a E.de Martino, F u m Simbolo Vu/r,re> Fi.ltrinelli, Milano 1980 ( I * cd. 191i2),pp. 9-76; dalla quale vengono ri prcsc alcune considerazioni.
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espunto nelle singole acquisizioni scientifiche. Corifermerebbe tale ipotesi l'uso frequente che d e ~Marrinofa del concetto di sopravvivenza riferita agli istituti folltlorici, quella sopravvivcnza che potrebbe dirsi aporia della stregoneria idealistica, cosl pericolosamente incline al giustificazionisnio; ma su questo punto si avrA modo d i ritornare. E ariche vero che è sempre errato, oltre che inipietoso, costringere una esperienza culturale complessa, a volte contraddi~toria,certo sempre vissuta con p n d e vigore intellettuale, qiiale t cluclla di de Martino, nella tacile geriericità d i una definiziorie che rischia d i diventare etichetta. C i sono anche dei brani demartiniani c delle iasi della sua vita dove l'esigenza di u n rnarxisrtio critico emerge cori urgenza. E va tcniito conto anche delle vicende storiche d i quegli anni, oltre che del clima culturale JcI tempo. Si è g i i sottolineata l'esigcnxa di storicizzare la vicenda deniartiniana e basrerebbt ricordare quanto lo stesso d e Martino scrive in irna let~eradei I 3 maggio 1957: Quando io detti la mia sclcsionc al partito, il qiiadro generale in cui doveva inserirsi l'azione particolare dei Partito cotnciriista italiano era chiara: un partito giiida 1x1inondo, cioè il Partito comunista russo, un paese socialistagiiida. cioè lo Stato socialista russo,wiii orgariizzazione di partiti comunisti iortenienic centralizzata, rina disciplina di ferro nell'interno di ciasciin parcirn. una prospettiva rivoluziomria di conquista violenta dei yoterc pm adottsra d!o varierà delle situazioni nazior~ali.~
E in un'altra lettera (9 dicembre r 9 56) rivendica la vivezza del marxismo creativo: Se veramente noi crediamo che il marxismo non sia un dugrria rria una guida per l'azione, se I'cspressione marxismo creativo n u n 6 una frase di comodo e se 1'at.ticolo dello stariiro che norr vincola l'appartenenza al partito all'accctrazioric dcll'ideologia marxisra non è ipocrisia, il processo di p:ai~iiaxioticC di guide ci~ltuialedel Cfr. G . G B ~ A SC~CCL; ~ O , ~ m s ceialh: s f ~ r : c ! , Morirlaclori, hii!ario i 9
2'ad.,p.
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I TRATTi DI UN IMPEGNO
della rmltà meridionale [. ..]. In gencralc ncll'ambito dciia let ieratura rneridionalistica il materiale folkloristico-reIigioso non ha prar i r a .m . entc nessiin pcso: quel niaieriale, che il Pitré idoleggiava come liquien da a salvare B si ridiiceva per gli scrittori meridionalisti a iplici cd ovvic tcstimoniarizc di arretratezza morale ed inteilctle delle genti del Sud: al più nel condiirre inchieste slillc condizioni econoniiclie di determirtate popolazioni si accennava? per comp!Ictare il qiiadro, al iolklore della regione, e quindi anchc al!a situaz ioric dclla vita religiosa." -
,
di fondere il filone delle inchieste [neridimalistiche e quelle delle indagini LC srndioso avverte la necessità
demc)logiche. Finor;a Ic cosiddcttc pIcbi del Mczzogiorno sono state oggetto di srudicI nell'ambiio di due distinti e indipendenti settori di ricerca: da uni3 parte. sotto I'inipulso deila questione rncridionalen furono condo tte i.mportanti inchieste sulle condizioni economiche e sociali di quelle pIcbi, nel quadro deila societh meridionale e della sua storia: delll:~ltraparte, soprattutto per l'impulso c l'esempio d i Giuseppe l'itrE, sono state larganiente raccolte e indagate le loro tradi7;nni "..,... ciiltiirali, il folklore - cioè la loro cultura non scritta, ma aifida ta alla trasmissione orale e visiva, come si conviene che sia la cultiira in iin moiido di uoinini che iion possicde il Ir,ezJo tcc~iico della scrittiirn. A noi sembra che la separazione e la indipendenza di -. qiicsri diie ordini di ricerche abbia ~iociutotion poco a l a e s a t u valina ziolie d d inondo contadino meridionale e che oggi stia davanti a iioi il cqrnpitu di hunderli organicamefite valutando le tradizioni mlturiali popoIari del Mezzogiorno nei loro moltepiici nessi, con ciò che, Con una frase divenuta ormai di moda, si suo1 chiamare <
Le rrasrnissioni radiofoniche che nel 1933-54 de Marrino dedicò al folklore del Sud sono l'esito di tale problematica, di tale complesso di motivazioni. In esse è esplicitamente affermato: E se con il nostro racconto satemo riusciti a dare un contributo. sia pure modesto, per il riscatto del!e plebi meridionali dal giudizio mitico che ancora ne danno molti italiani del Sud e del Nord, è
lo
De Martino. Lo ttnn aèlrimorso cit., pp. 27 sg. Cfr. i&. p. 90.
23
I ~ c i t oconcluderr che spedizioni di questo genere sono tion soltanto conformi alla dignità nazionale, ma costituiscono in certo senso una tcstimoniariza di caldo patriottismo."
La crasniissione del T 3 agosto I 953, 5ul Terzo Programma, venne presentata dallo stesso de Martino sul Radiocorriere»: Le tradizioni popolari iraliarie, soprattutto del Mezzogiorno e delle Isole, sono conosciiire soltanto da un ristretto gruppo di specialisti: il pubblico medio, anche se dotato di rina certa cuItiira, generalmente le ignora, oppure se ne fa un'idea ialsa attraversa il pittoresco di manitestazioni « turistizzate* come la iestn cli Piedigrotta o il Palio di Sictia. I1 materiale raccolto nella spcdizione etnologica in Lucania, che ha avuto Iiiogo nell'oitobre del 1952 per iniziativa del Centro etnologico italiano e del Centro d i musica popolare presso 1'Accadeniia di Santa CcciIia, non P legata a nessuna di queste manifestaziorii turistizzate. né ha subito rnanomissioni e adattamenti da parte di qiialche ucomitato foIltloristicu~, ma rappresenta la genuina vita cultiirale rradizionale dci contadini e dei pastori lucani, cosl com'e possibile raccoglierla faticosamente sril posto, nella immediatezza e spon~aneitàdella vita d i ogrii giorno nelle case o sui canipi. Nella scelta di questo materiale non è stato seguito il frivolo criterio del «pittoresco,>,di ciò che co1pisce la immaginazione per Ia siia piacevole stranezza o per il a c o l o r e ~ , poiché la spedizione aveva l'obiettivo iilolto piii serio e uniallamente interessato di ricosrruire i modi tradizivriali con i cluali i contadini e i pastori della Lucania hanno sentito e rappresentato la vicenda della vita umana dalla culla alla bara.
" Cfr. &id. Oltre a queste trasmissioni radiofoniche, i cui testi veneono r i p d o t t i in qucsto volume, e oltre alla tavola rotonda anch'essa qui riprtata, de Martino partecipò, assieme a Emilio Servadio, Elio Talarin, e Paolo Toschi, a un dibattito, diretro da Cesare D'Angelantonjo, di Parliamoneassiemedel 1 4 febbraio 1958, sul tema: ~Nonostantcgli enormi progressi tecnici e scientifici dei nostri tempi. sopravvivono tuttora gravi iormc di superstizione come dirne strano recenti episodi nel nostro ed in altri paesi. Si tratta solo di ignoranza o vi c o n m m n o altre ragioni's e a un'altra puntata della stessa rubrica dcl1'1I novembre 1960. Di tali interventi non esiste più traccia negli archivi della Rnr: restano soltanto un appunto dello studioso con il tema del dihatrito per la trasmissione del 14 fcbbraio 1958 e la lettera della RAI per il compenso relativo alla trasmissione dell'r I novembre 1960, secondo quanto risulta nell'Archivio de Martino, aistodito da Vittoria De Palma, che ringraxio per la cordiale disponibilità.
LUIGI M. LOMBARDI SATRTANI
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daiia criiia alla bara nel corso delle sue lezioni aIl1Università di Cagliari.I3 In queste trasmissioni si ia ricorso al concetto di erelitto»; esso rinvia a una concezione del tutto tradizionale del folklore che appare saldamente sottesa a queste considerazioni di de Martino che, com'è noto, proprio sul folklore aveva elaborato un atteggiamento ben altrimenti comprensivo. Nello stesso articolo sii1 « Radiocorriere* appena citato, la evita ciiltiirale tradizionale dei contadini e dei pasrori lucani D viene presentata come «genuina 9 . Ma accanto a tali spie linguistiche di attardarnenti si hanno notazioni rigorose che saranno successivamente riprese in più ampi lavori a carattere monografico, quali il fa~iiosoMorte e piBnto i t u d e nelmondo untico. Ad esempio:
L'articolo si concludeva anche in questo caso con un augurio: Noi ci aiigiiriamo che tanta passione trovi eco in nitti, e sia compresa nel SUO valore nazionale e umano: e pensiamo che la RAI, appoggiando iniziative del gcnrre nelle altre regioni del Mezzogiorno e delle Isole, possa nobilmente concorrere a foggiare una pii1 profonda unità e solidarietà tra gli italiani, una coscienza più ampia della storia e del destino deiia nazione.'*
Ptu sottolineando, com'è giusto, le linee portanti dell'impegno intrllcttiiale di de Marcino non bisogna fare dello studioso irna sorta di ssntino della demoantropologia di sinistra, icona cui tributare un generico culto. La vicenda di ilno studioso è sempre un iter tormentato nel qiialc si sviluppano avanzamenti, tendenze regressive, rolture rivoluzionarle e attardamenti, intuizioni c acquisizioni stimolanti e conformisrni critici. Ma qual è la concezione del foikiore di de Martino e quale, conseguentemente, la valutazione demartiniana dei folkloristi che hanno operato prima di lui' Egli ritiene il folklore una insostituibile testimonianza di condizioni ciiltiirali e socioeconomiche da rilevare con rigore scientifico, in quanto studioso; da trasformare radicalmente contribuendo al riscatto che lo hanno elaborato in quanto p01irico. Tanto più strano, allora, ritrovare nello stesso autore attardamenti in una concezione tradizionale del folklore. Lo stesso schema dalla culla alla bara nel quale de Martino inserisce i dati foIklorici è uno strumento ordinatore della tradizione demologica; egli ne fa uso per ordinare i dati per la spedizione in Lucania del I 952. Tutto ciò contrasta con la testimonianza di Clara Gallini che ricorda come lo stesso de Martino ironizzasse sullo strumento l2
9.1 5
E. de Martino, Spedizione in Lucanio, in nRadiocorrierem, XXX, n. 32, qOSt0
1953.
+
Ogni lamento presenta un aspetto di impersonalità e di stereotipia, appunto perché impersonaIità e stereotipia riducono l'insopportabilità di trovarci faccia a faccia con una morte che ci riguarda. D'altra parte, una volta presa questa misiira pruietciva, il dolore pub riguadagnare il piano persotiale e celebrare quel tanto d i libertà e di singolariz7azione che esso deve avere per essere dolore umano e non spasimo bestiale o
Ancora: 11 rituale funwario arcaico è dominato da un momento caratteristico: il terrore del cadavere e il bisogno di interrompere il coi.itagio magica che dal cadavere procede. 11 cadavere siiccliia il vivente, lo tnscina con 5é nel suo abbraccio, niba l'anima, isterilisce le donne, spgrie la capacità virile, secca Ie piante, ritorna come spctcro n tiirbare i sogni dei sopravvissuti. I1 rituale hnerario arcaico protegge i vivi da questi pericoli ed 6 quindi orientato in uii scriso diverso da quello che noi chiamiamo «la pietà verso i defunti». Il lamento fi~ncbrepartecipa anche di questa ideologia arcaica della morte e ancora oggi, nel nostro folklore, ne conserva alcuni tratti. " Cfr. C.G a i , La ricerca. lo scrittura, in E.de Martino, Note di cumpo. Spedizione in Lucrinia, ~osett.- j r ott. 1 9 ~ 2&o, , Lecce 1995, p. 57. Ch. injru, p. 73.
''
C a ~ l ~ ailr lamento e è un dovere verso il morto, non in senso morale, ma in senso magico, pexché soio così i1 rnurto si placa e si concilia con i vivi.
La stessa fondamentale ricerca sulla morte e il pianto rituale sarà viziata daii'ideologia del relitto, come Mariano Meligrana e chi scrive hanno avuto modo di sottolineare riflettendo suìi'ideologia della morte nella societd contadina del Sud: L'irnpostazione storiografica di d e Martino, tesa a rinuacciare la genesi, l'articolazione e la funzione del pianto funcbre nel mondo antico, firiisce cori l'assegnare al folklore delle «atee arretrate» il carattere di relitto e con il considerar10 comc documento storico sopravvivente di iin'antica vicenda ciilruraIe. LI finalità storiogsafica di questa ricerca sollccita lo stiidiosv a rintracciare, in relazione alle modalità della crisi connessa al vrioto vegetale, solo gli avanzi C :e testimonianze iorinalmcnte rientranti nell'antico istituto del piantu rituale; per ciii costitutivaniente non rientrano nel siio campo d'indagine etnografica quegli istituti srissidiari, quelle nuove modalità c~iltiiraliche hanno assolto o assolvono iina fiiriziorie ana. ., loga o compleirientarc da quella asso1'ra dal pianto rituale. "'
Anche I'aggettivaziiDne risenitc di un: ione tr: 1,...v c i r n t econ M carica innova. dizionale del folklore rivi1 ~ tiva del complessivo approccio demartiniano. Così, ad esempio, riferendosi alle memorie cuIturali delle rniriorame albanesi in Italia dc Martino nota: I1 maggior Icttera tt3 italo-albancsc, Giroiamo de Rada, f u perciì, anche un raccoglitore di canti e di tradizioni popolari. Questi canti e queste tradizioni sono oggi ancora vivi nelle colonie a1hanesi calabro-lucane che dispongono di u n folkiore relatiivamente n'ccu e ben conservato. [..,l I1 foIklore italoalban ese pizi caratterktico è, senza dubbio, quello delle nozze [...l ». l7
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pravuice ancor oggi nelle popolazioni italc-albnnesi dei paesi della Calabria e della Lucania »;lq i< ma lasciando da parte questi illristri esempi classici, nei quali i1 lamento funebre appare epicamente trasfigurato, il costume di "cantare i1 morto" era ancora vivo in qriasi tutte le plebi rustiche d'Europa appena iin secolo e mezzo fa»;''' e. yurticolamenre ricca è, nel folkIorr italo-albanese, la lirica d'amore».'" A livello più generale, è forse utile domandarsi quale fosse l'atteggiamento di fondo da parte di de Martino nei confronti della cultura folklorica e dei suoi indagacori. Nell'introduzione a LA tema del rimorso I'etnologo rileva: La rradizione illustre del Pitré, così come si venne formando e svolgendo dal I 87 T al r 9 i j nella rnonumenrale l3ihliotecu delle trudiz i o ~popohti, i dal 1882 con l'Archivio, e dal I 885 con la colczione delle Cu>.iositàpopokuri trrrduionlili,si era rivolta con zelo alla etnografia religiosa della Sicilia e delle varie rcgioni del Sud: ma nel 13tré, comc nei suoi imrncdiati discepoli e coIlaboratori, operavario tcmi romantici risorgimeritali C positivistici in iin contrasto che non si compose mai in coerente risoiiizionc rncrodologica. Iìireneva il Pitré chc vi. fossero «due» storie, quclla dei domindtori e quella dci dominati, e che questa seconda non dovesse essere confusa con la prima: era quindi venuto il tempo d i salvare le rnemorie dei dominati, cioè del a p o ~ l o »le, quali non coincidono con le memorie dei dominatori. In realti qiiertc nicmorie dei dominati, per quel che concerne la sfera deila vita religiosa, si ridriccvano - e il Pitré lo r i c ~ nosce senza sosta - a =echi di antiche civilràn, a «monumenti archeologici del pensiero», a «reliquie del passato*, a ct strati gcologici rivelatori delle varie epoche»: il che equivale a dire che, come fatti attuali, essi erano la non-storia, il negativo della civiltà moderna, ii scgno di un limite della sua poten7a di espansione e di plasrnazione reale del costumc, o, se si vuole, la continua ironia che s i contrapponeva agli siorzi che la civiltà moderria aveva cornpiiito per realizzare la propria storia. Riusciva quindi oscuro quale potcssc essere propriamecte il possibile «senso storico» de1 materiaIe
Cfr. infra, p. 75.
L. M. h m h a r d i Satriarii c M. Meligrana, 1lPmtesan Giacomo.Ideo&, dcih moac n e h rocield conftrdina ddJud, Rizwii, Miiano I 982, p. 6 r . Cfr. infu, pp. 77 sg. Coriivi miei. l6
E ancora: in generale il rituale di nozze, C O S ~come so-
IB
Cfr. ixfm, p. 8 1 .Cursivo mia. Cfr. in;ro, p. 83. Corsiva mio. Cfr. in/,#, p. 87. Corsivo mio.
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I TnATTi DI U N IMPEGNO
LVTGI M. LOMBARDI SA'IRIANI
folkloricn-religioso: c la oscurith dipendeva dall'assunzione iniziale delle wdiie storie», con i suoi sortiniesi romantici e con l'esaltazione dcl *popolo>>specchio d i verità, di virrìi e di poesia. 11 materiale folklorico-religioso che l'analisi etnografica isola dal plesso \'rvente ' delle nazioni moderne può diventare documenro di storia non nella sua attualità e nel suo isolamento di rottame disorganico, ma come stimolo che aiuta a ricostruire I'epoca o la civiltà religiosa in ciii rion stava come rottame disorganico, iiia come momento vivo e vitale, come organo di un organismo funziotiatìre nella pienezza della sua realti sociale e culriirale; oppure può diventare documento della storia dclla civiltà rcligiosa in cui attualmente sta mme rottame, e di ciii segnala, come si C detto, un episodio d i arresto nel siio processo di espansione, utia traversia che ha concretamente limitato la sua volontà d i sioria obbligandola in certi strati della società, in certe epochee in certe arcc, a tollerarize, compromessi, si1icret ismi, abdicazioni."
De Martino C pronto a riconoscere ai lJitre e alla «tradizione illustre» da lui rappresentata, «zelo» e una qualche utilirà, ma il giudizio complessivo, sia sul piano metodologico sia su quello della prospettiva critica, è nrttamenite negativo. L'ttnologo napoletano - il cui impegno progressista è fuori discussione - non rireneva si potesse pensare - cosa che egli stesso rimprovera a Pitrii «che vi fossero "due" storie, quella dei dominatori e quella dei dotriinati, e che questa seconda non dovesse essere con tusa con la priliia D. La complessiva negatività del giudizio è di poco attenuata dal ri( lento che: «tuttavia la ideologia della "storia" racchiiide'va un motivo d i vero, che occorre sottolineare se si vuole rcndei:e piena giustizia al Pitrè e alla sua opera». iyon vi è, pcro, una à in qual[che moclo autopietia assunzi(m e della noma del mate:ride folk tligioso, i I suo esseire tesci---l: J: :- q u a 1..1-.. monianza di iiiuul u i v u a e ul pensare. u-Li t : Iri iuic modo si contrappongono - come aveva visto Granisci, pur con precisazioni e cautele - alle concezioni del mondo e della vita ufficiali. Per de Martino, «il materiale folklo-
\.
. . a
De Marrino, La rtmr &irimono cic., pp. 24 sg.
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rico-religioso diventa documento storico importante come indice dei luoghi, dei tempi e dei modi della circolazione ciilturale dei beni religiosi». I n ogni caso, per lo storicista de Martino, «non si tratta [...l di "due" storie concorrenti in una stessa civiltà religiosa: ma di un'unica storia, resa più concreta dalla continua valutazione della sua dimensione sociologica, con tutte le corrispondenti parricolarizzazioni di tempo, di luogo, di mezzo sociale n n z 2 Il dibattito demoantroplop,ico degli ultimi decenni si è sviluppato - ovviamente, con una pluralità di posizioni più nella direzione della relativa autonomia dclla cultura folklorica che in quella di una rigida impalcatura storicistica unitaria. Anche se è opportuno aggiungere - per quanto possa apparire superfluo - che sugli studi demoantropologici degli ultimi decenni Ernesto de Martino ha avuto, ma per altri aspetti, particolare rilevanza. Significativa 2 la sostanziale analogia individuata dailo srudioso napoletano tra le forme folkloriche occidentali e quelle etnologiclie ex traeuropee e, conseguentemente, tra demologia ed etnologia: [...lIn tal modo si è venuta raccorciando la distanza che separava le torme culturali subalterne interne alla civiltà occiden~aledalle culture indigene dd'epoca coloniale: 1s differenza fra le une e le altre a p p m sinpte più esser di misura e non di qualità, e sempre meno appare giustificabile una distinzione rigorosa dell'oggerto della etnolagia da quello deUc tradizioni popolari perché in entrambi i casi oggi stanno davanti a noi sincretismi intcrculturali, rapporti fra !ivelli diversi di cultura, dinamiche nlcssc in rnovimcnto da questi rapporti."
Con riferimento alla spedizione in Lucania del 1952, Clara Galiini ha notato: Spedizione. Parola imponente, financo eccessiva sc confronrata ai tenipi C agli spazi di altri percorsi di ricerca, capaci di atiraversare
"Ibid., p. 27.
E. dc Manino, LB fmc del mondo. Cudtribtttn all'ano~~si deile apoocnfi~si cuhmfi.a cura di C. Gdini, Einaudi, Torino 1977,p. 392.
itera Airica subsahariana, da Occidente a Oriente. Ma i11quegli ni adeguata ad iin viaggio chc per tutti si rappresentava (ed era in 'ctti) come iiiia lunga discesa in iin profondo remoto c per la cui CUInoscenza ancora non si disponeva d i strumenti idonei. Va anche conrestuaiiz;iato l'aggettivo «etnologican che si accomlia gn;i. alla parola < t s ~ d i z i o n e »I .duc rcrmini di c<etnogratiaW r di « (etno.Io~ia*- ce nc informa Binsutti nella relativa voce s~tIl'Enciclo~ )eI. azr I~crlirinuedita nel I 93 2 .-- erano «tisati spesso indifferenterner ite come sinonimi *. iMa tutto concorreva a ridurre l'ct nografia a <
La trasmissione Spedizione in Lucania, i1 cui testo qui si riprodiice, si apre con le considerazioni demartiniane: L'idea di una spedizione in Liicania per la raccolta del materiale relativo alla vita ciiltiuale tradizionale del mondo popolare di questa regione puù suscitare qiialche riserva e qualchc diffidenza, soprattutto per I'in~piego,L proposi10 della Lucania, della parola a spcdiziorie», iiormulmentc usata per viaggi collettivi di SI udio in regioni lontanc e poco conosciiite come il Congo o i1 'I'iber. .Ma la colpa non è nostra se gIi italiani conoscono qiialche volta il Congo o i1 Tibet meglio di alcuni aspetti della loro patria e se oggi siamo ancora rie1la deplorevole condizione di dover organizzare spedizioni per conoscere la storia c la vita di alcuni gruppi di cittadini delta Repubblica. D'altra parte noi non siamo andati in qiicllc zorie per gusto del pittoresco o pcr iiiero giisro erudito, ma per tentare di ricostniire la vita cliliurale tradizionale delle generazioni contadine che si sono avvicendatc sul suolo l ~ c a n o . ' ~
Aticora una volta, impegno scientifico e impegno politico si ritrovano congiunti nella corisapevolezza teorica e nella pratica di ricerca del1'etnologo napoletario. I1 rapporto che de Martino vede tra la persistenza di «relitti folklorici» e condizioni economico-sociali del tut?'
Gallini, La r i c m , h smithdm cit., p. gr Clt. ~rdro,p, 89,
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to inaccettabili emerge nettamente dal «caloroso augurio» che egli rivolge a <
È l'incontro con il Sud - iin incontro r r d e con un concreto mondo culturale di oppressi» - che completerà l'esperienza demartiniana di un <
''
E.de Martino,Mortr e m i o rituale ne! mondo nfitico. Dal lamenro funebre anrico slpianto di Manh, Bollati Boringhieri. Torino zoo3 (I' cd. i 958), p. 5.
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LUIGI 31. LOMBARDI SATRZAM
iin viaggio in ttn continenrc Ionrano: bastava un viaggio di dieci ore, parrc itì treno, parrc in amo, sino a raggiungere una terra che si cstendc a qoatrrwento chilornctri da R ~ m a . ~ '
E questa la cornice nella quale si inseriscono i viiaggi dernartiriiani in Lucania: E da Roma si ditrii a w i u alla sequenza di quelli che ormai aF ranno come viaggi in un mondo altro. La Lucania di Rocco S( jaro è il primo terrcriu. Tra il 1949 e il ~ 9 5 1i,n almeno tre giorni, tutti a Tricarico, Erriesto e Vittoria sono ospiti suoi o, ilLI >\La assenza perché deteniito, della madre, Francesca Armento. Tricarico significa la Rabara, la siia miseria, i suoi canti! tiitia q iiella passione civile, di cui si tesrimonia in Note Iucanc, su r<Societàa del I 950. Sempre Ira Tricarico e Matera, tiel I 95 I, in collaborazione con la <:[;ILdc Marrino orgariizzerà anche una piccola <
La cifra meridionalistica mi appare, in questa prospettiva, uno dei tratci fondanti l'opera demartiriiana. Ad altri, i~ivece,è sembrato che sonoiineare fortemente I'impegno meridionalistico costitiiisca uii ostacolo alla comprensione della statura teorica complessiva di de Martino o dell'importanza di alcune sue specifiche acquisizioni. Così, ad esempio, Clara Gallirii introdticéndo La fine del mando, nel paragrafo de Martino met+dinmfista?afierma: «Di fatto, egli non si occupò sofo di Meridione, ma anche di Meridione. Lo specifico cuIturale che egli prendeva in esamc poteva - almeno in potenza - essere scam-
biato con altri, qualora fossero stare tenute ferme le tesi teoriche e fossero state trovate motivazioni politico-culturali sufficientemente v a l i d e ~ . ~ H o già avuto modo d i rilevare a questo proposito che I'interscambiabilità - almeno potenziale - delle aree di ricerca sembra o affermazione totalmente ovvia - al livello gerieralissirno chiulique può fare, «almeno in potenza,,, qualsiasi. cosa - o posizione difficilmente sostenibile per chiunque svolga ricerche demoant ropologiche, a ciò motivato (ma potrebbe essere diversamente?) anche daiia propria vicenda esistenziale C ciiltiiralc. 11 nostro apparato concerruale, le nostre acquisizioni teoriche, la nostra produzione scientifica possono esserc totalmente immuni, preservate in un'asettica e imrnobile purezza dalle csperienze concrete che avremo vissuto nel corso delle nostre riccrchc, dagli incontri con i protagoilisti di quelle societi che abbiamo scelto di indagare, per comprenderle e, attraverso cssc, comprenderci? Tutto questo 2 ancora pii1 vero per lo studioso che ha fatto del concetto d i patria cultrirale e dcll'insopprimibile esigenza di attuare la donlesticiti del mondo alcuni ~ l c menti portanti della sua impalcatura teorica. Non è un caso che de hlartino, rilereiidosi alle Noie di viaggio relative alla spedizione etnologica in Lucania del I 95 t , dichiari: <(Data la loro natiira di documento vivo di una urrianità che cerca dramma t icamente un'altra umanit8, queste note d i viaggio non contemplano solo la vita crilturale dei contadini e dei pastori della Liicania, ma anche la reazione del mio proprio mondo ciilturale alle esperienze della spedizione >> ."' L'incontro con l'alterit à contadina meridionale degli anni cinquanta non è stato, forse, decisivo anche per Ia messa a fuoco del quadro teorico d i de Martirio, inteIlettuale meridionale che scopre nel Sud i limiti della cuItura idealistica oeUa quale si era formato?
" E.dtMartim,No&diyiogo.io,inaNuovi~menti~,I (rg~j),n.~,oraVi
Id., L'opera a cui hvom. Apparato crificoe docrtrnentario r l h aSpedizione etnologica» in Lucutrin, a cura rli C . Gailini, Argo, Leccc 1996,p. 96. "diillini, Ln ricerca. In rc~tturncit., pp. 30 sg.
"
29
C.Gatuni, I n d u z i o n e a de Miutino, Lafine del mondo cit., p. L X X ~ X .
'O
De htartino, No& di viaggio cit., pp. 96 sg.
LUIGI M. LOMBARDi SATRIANI
T T R A T T I DI W ISlTZGNO
Placido e Maria Cherchi, hanno rilevato criticamente iina mia presunta eccessiva insistenza su dc Martino me' ridionalista, ritenendo che essa conduca ad attenuare rortemente I'iniportanza di alcune sue acquisizioni teor,iche, quale quella dell'etnocentrismo critico. In un loro excursus su de Martino e il marxismo nc infatti: Su questo problema è molto ir i quel che idice L. A I . . . ., .
mento deiia concreta catabasi in m e n o a questa umanitii ancora dominata da un'«oscura angoscia teogonica P> sia d a w e r o il pib diaso10 a condizione che non vi si isoli la tematica meridionali:orne cenr ro ideale dell'opera demaruniana ."
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bardi Sacrlani, 11 qiiaie 1.. .J individua proprio nel meridionaiismo dcmartiniano il piitito a partire dal quale è veniitv assiimendo concisrcma l'orizzonte problematico del suo pensiero. Mcssa tra parentesi la relazione che qui trattiamo, iri generale si potrebbc cssere d'accordo con I.onibardi Samiani circa la funzione, per così dire, qualificante che il meridionatismo riveste nell'opcra demartiniana. Ne M P R , né SJW, n4 la ix,nb .FFV si potrebbero spiegare al d i fuori di questa funzione. Mii ci pare in qualche modo cccessi\.n, nonostante i lesti dcniartitiiani richiamati da 1.ornbardi Satriatii, l'identificazione dclIa patria culturale nel Mcridione. Ci pare che una simiIc interpretazioiie, che ha il siro precedctiie in Kocco Brienza e cl!c è in qualche modo rititracciahile nella I'w/azior?e scritta da Galasso per I'uItima edizione della TR, distorca alquanto la tcorizzazione demartiniana di un netnocentrisnio critico~p,nel senso che rischia di ridurre tale crnoccntrismo all'ctnccentrismo torrr court e nel senso che rischia di toglerr al Meridione Ia funzione dialettica che d e Martino gli h;isempre riconosciuro riel processo di rimesse in causa da lui irissuto come etnologo. La funzione del hleridione nella coscienza storica demartiniaria è quella di un'inqiiietante cattiva coscienza. E nella cattiva coscienza è difficile trovare appaesamento, sia pure «culturale». Siamo propensi a credere, piuttosto, che la «patria culturale>>de Martino l'avesse già detta nelI'orizzonrc dclla grande Kult.ur occidcnta1~e che si trattasse, però, dal suo punto di vista di ripercorrerc a ritroso cluclla sorta di catol~asf nega tiva della ~dialclticadell'illurninisnio~~ di cui ha r a ~ i o n a t o Adoriio calcolandone bene colpe e Iimirazioni, grazie al concreto incontro con I'crnos meridionsIe, per ritrovare infine il senso piano di qiiel Iogos unificante che sul piano ecumenico appartiene ail'Occidcnte. I...] il mcridionaIismo demartiniano appare come un necessario polo dialettica del suo pensiero, rna nnn il polo focalizzante. I'er quanto troviamo bella e scdiicentc la rcsi d i Lombardi Satriani, ci pare, allora, che esista in dc ~Martinouna continua tensione a trascendere verso altro la dimensioiic rneridionalistica, e che il mo-
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ef fecti, la pregnanza del concetto di «etnocentrismo rrltlro» non è in alcun modo attenuata daiia forte sottolineatiIra del de AMartino meridianalista. E tutta L'impalcat lira teorica del1'etnologo napoletano a indurlo all'assunzionr:dell'incontro con l'altro - nel suo caso essenziaImentc aritraverso le ricerche nel Sud - come scaridalo e come « W C asione per il pii1 radicale esame di coscienza che sia t N 3 J I bile aiI'uomo occidentale*. Sulla messa in crisi dclla ProPria cittadinanza occidentale e sul paradosso dell'incontiro etnograiico, de Martino ha scritto pagine di granCIP crlesmre. "tSiigniiicativamenre, George R. Sauriders tnette in connessione, nell'opera dernartiniana, l'interesse per la «CUItiira -.-- dei poveri e dei diseredati d'Europa» e I'anibito delI' emrxenrrismo critico, quale quello delineato dall'etnologo napoletano. T,,, scra comprensione deila nostra propria visione del mondo può e --&ALA.
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deve 2sscre approiondita, esaminandoh in raffronto alle visioni del mondo degli altri. Ed
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P. e M. Chcrchi, Eiiresto dp Martino. Dal& &i &[la pwxenra alh cornunird unrmrn, Liguori, Napoli 1987,pp. j z r sg. I rifcrimcnii rE'opera cli dc Mauno indicari dagli autori sono:M R , Morteepianb rifuufe; SAI, S:rd e magia; m, la&a del rimono; FSV, Furon Simbolo Valore.
opera affondava Ie radici nelle complessità della società occidentale stessa. In questo contesto, I'crnocentrismo critico fid per incliidere l'analisi delle relaziorii interne alle società complesse dell'Occidcnte.j2
Scrive infatti de Martino:
etnopfico costituirce Ioccasione per il più mdicak esame di coscienza che sia possibiL-all'rromo occidentale;un esame il cili esito media una -:'---ma del sapere antropologico e delle sue categorie valutative, rerifica deIle dimensioni umane oltre la consapevolezza che ,,sere uomo ha avirto l'occidente.'"
proposta deinartiniana di un etnocentrismo critico a la sua ragione in questo quadro concettuale e in iina iza conoscitiva che vuole rivolgere la sua tensione crianche verso la propria costellazione di valori. Tale msta, come è opportunamente stato sorrolineato, 3
La vcrità è che, in generale, la scienza non è degii apolidi, e che, in particolare, la scienza dell'etnos si determina come messa in causa dcliberaia della propria cittadinanza occidentale sotto lo stimolo dcllo scaridalo inizialc deil'inrontro e ~ n o ~ r a f i c o . ~ ~
E ancora: E il cararterisrico paradosso deir.incontro ctnografico: o l'cm,.,., tenta di prescindere totalmente dalla propria storia culturale neUa pretesa d i tarsi nudo cotne un verme» di fronte ai fenomeni culturali da osservare, e allora diventa cieco e miito davanti ai !atti etnografici e pcrde, con i farti da osservare e da descri\frrc, !a propria voc:iziane specialistica; ovvero si affida ad alcune «o\lvie»categorie antropologiche, assrintc magari in un loro preteso significato «Iriedio» o «minimo* o «di hnori senso*, e allora si espone senza possibiiità di controllo al rischio di inirnediatc valutazioni ernocentriche x partire dallo stesso livello della più elemenrare osservazione (cioè la siia vocazione spccialisticn viene questa valra comriromessa dalla impossibilità di una osservazione oggetriva). 1,'unico modo d i risolvere questo paradosso è racchiiiso nello stcsso concetto delI'incontro etnografico come duplice tematizzazione del <(proprio»e del17aalicno».L'ettiografo è chiamato cjot. ad esercitare urla epoché etnogralica che consistc neii'inaiigurare, sotto lo stimo!o de1l'ir.cotitro con detcrrriinati con~portamcnticiiltiirali alieni, iin conironto sistematico ed esplicito fra lo storia di ciii questi comportamenti soiio documento e la storia cititurale occidentale che è scdimentata nelle categorie dell'c~nogafoimpiegato per osservarli, descriverli e interpretarli: questa diiplicc tematizzazione della storia propria e della storia aliena è condotta nel proposito d i raggiungere quel fondo uni\~crsalmenteumano in cui il «proprio» e l'<'alieno» sono sorprcsi come diic possibilità storiche di csscrc uomo, qiiel fondo, diiriqiie, a partire da1 quale anche noi avremmo potiito imboccare la strada che condiice alla umanità aliena che ci sta davanti neilo scandalo iniziale deli'incontro ctnografico. I n qursto senso l'incontro " G . R. Saundcrs, L'~ietn0centrima mCRiico» e l'ehologia di E tino, i11 xOssimorim, 1'11 izgr)5), p. 63. Dc Mariino, Furore .Sim60lu k'alore cit., p. r4o.
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è unaI complessa operazione di verifica c~ilturaledi se stesso sugli ,.l O: e di una messa in caiisa dei propri valori, non per sfuggirc d l C 1 L, al h
versaI l'esotico, ma per recuperarsi a un Occidente da migliorare. Sul piano teorico, è senza diibbio la proposta pii: matiira che siriora sia ur;cita dal campo degli stiidi etriologici, che negli anni i n cui de , ,viartino scriveva contini~ax,anoper lo più ad esprimersi nci rermiiii di u n contestabile relativisino culturale e , in tempi piIi vicini n noi, stanno di nuovo conoscendo pericolose forme di rcvival d i un esotismo rinnovato ncI senso d i un'esaltazione di presunti valori comiinirari, antieconomici e antisrarali, iporcticamente propri di civilth 'cprimitive~non per condizioni storiclic, ma per scelta deliberata. La proposta demarriniana non consente fughc dri noi stessi, e propone un'autocritica costnit tiva.j5
.
testi delle trasmissioni qui plibbhcati ribadiscano riormente, sc pur ve ne fosse bisogno, come la società meridionale e la cultura tradizionale da essa elaborata fossero il iiilcru della sua attenzione di studioso e del suo impegno di intcucttuale militante e di divulgatore. Si ì- fatto piU volte riferimento d'articolo di Saunders, che ha suscitato un notevole interesse nel nostro paese: acOssimori» ne ha pubblicato la traduzione italiana, facendola segyire da niimerosi coinrnenri da parte di studiosi italiani. E un dato positivo: una comunità scientifica non può essere rigidamente costretta nei confini nazionali; essa non pirò che potenziare il dialogo tra gli studiosi
~ delllorw
De Manino, [mjìnc&lmondo cit., p. 391. Corsivo mio. Gdini, Inhpd.rrione a de Martino, Ldfincrlrrl mondo cit., pp. XCi S R .
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I 1aATTI DI
LUfG1 hl. LOMRARDI SAl?7TA!Ti
deile diverse nazionaljth e tradizioni intellettuali. Che qiiesto spesso non sia avvenuto C effetto, e causa ulteriore, di c1uelle chiusure e incomprensioni, di quei fraintendimenti cl-ie tanto hanno nociuto allo sviluppo degli studi etnoan tropologici. Ottima cosa, dunque, che Saunders abbia discusso su ~AmericanA r ~ t l u o p l o ~ insdi t de Martino e di altri studiosi italiani; ottima cosa che in Italia si discuta anche di Saunders. Molto meno condivisibile, a sommesso parere di chi scrive, sarebbe la ricezione dcll'interesse dimostrato da Saunders come una sorta di legittjmazione, anche se tardiva, di de Martitio e di quanti alla sua problematica si sono variamente rapponati, come se ora ci si potesse occupare a pieno titolo della prospettiva demartiniana o di quelle analoghe, dal momento che su di esse si è comunque posato uno sguardo autorevole, anche perché a straniero», i t i una rivista prestigiosa, anche perché «straniera». e stizzite, sia De Martino ha suscitato ripulse nel corso della sua vita sia, più specificame~ite,in quello della siia travagliata esperienza scielitifica C accademica. EmMeniatica di tale atteggiamento di ripnlsa la «recensione » dedicata a Furore Simholo Valore da Paolo Toschi: «recensione in qiiattro parole: furore molto, calore poco». Niimerose testimonianze sottolineano lo stupore, I'incomprensione, il risentimento chc gli scritti dello studioso iiapolctano suscitavano. Giuseppe Bonomo, ad esempio, afferma: Clic altri ctudiosi (non p h i altri) in Italia in quegli anni continuassero a non condividere ie sue idee, lo S a M O quelli della generazione di chi scrive, che conobbero de Martino personalmente, e lo sanno per aver vissuto in u n clima non facile, nel quale si svilupparono tra sccidiosi polemiche spesso aspre. Chi scrive è stato restinione diretto dell'incomprcnsione, dello stupnre e anche del risencimeiito che i lil~rie gli articoli di de Martino suscitavano in larga parte del mondo accademico tra gli anni cinqiianta-se~santa.1~
'"C;. Bwiumo, btmdwione ad Aa.Vv ., L mu~ia.Segno e N M ~ ~ U R O ,a m vio, Palermo i 979-p
I
3.
UN IMPEGNO
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Significative, anchc le difficoltà insormontabifi inconite dallo stesso de Martino nella sua aspirazione a esre chiamato a svolgere il suo insegnamento nell'università di Roma. Tale rabbioso rigetto è continuato nel tempo: si t spesso assisitito in questi anni a itltense dichiarazioni antidemaniine, a enfatiche messe sotto accusa di sue specifiche afferizioni. E persino troppo owio notare che ogni aiirore ssa essere discusso, chc ogni af ferrnazioiie scientifica ssa essere contraddetta con altre argomentazioni, più o mE.no convincenti. Ciò che si vuole qui sottolineare 2 che ne:i confronti di de Manino è stata operante quaicosa in pih A i ,una normale» dialettica scientifica neila quale le diverse sizioni si confrnntaiio, magari interagenclo polemicaP! me'nte. NeUa storia deiìa fortuna demartiniana è dato ritrovaiT un'emotività che ha sostanziato atteggiamenti stizzosi, qu;ando non lividi, e, di converso, assunzioni globali vissilre coinc scelte di campo etico-politiche, oltre che scicntifiche, Receiitemente Clifford Geertz - dopo aver ribadito la SULi posizioine: «le cose, indubbiamente, sono quelle clie sor10: che altro potrebbero essere? iMa ciò che noi ci scarnbia!nm sonaI i resoconti su di esse, i resoconti dei nostri inf ormatori, dei nostri colleg:hi, dei nostri precursori, e i no!itri, cd cssi suno costnizioili. Storie di storie, visioni di visioni,>- dichiara: -a
Perchi mai questa idea, C cioi- clie la descriziorie culturale è conolza modellata, di seconda mano, debba innervosire così tanto .uni, non mi è dc! tutto chiaro. Fnrse I'accoglimcnto di qiiesta i ci costringe ad assumervi prsonalniclite la responsabilità di ciò che cliie o scrivete, perché dopo tiitto cicce voi chc lo avete detto o scritto ossia non vi consente di addossarc ralc rcsporisabilità d a n re;~ l r à nla , «natura», «il mondoa o a qiialche altra vaga e capace -. - rva di verità incontaminnrc. Forsc tale avvcrsioxie è il risiiltato di rise una paura secondo la quale riconoscere che avete merso insieme qiiaIcosa piuttosto che averlo trovato lì bello luccicante sulla spiaqgia r~ignificaminarne la pretesa al vero essere e alla vera esistenza. " .-L'
LUIGI M. LOMBARDI SATRlAM
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Da rilevare, fra I>ltro, come per Carlo Levi fosse certo <
[...lquaiido dopo la guerra il contacto con il grande capovolgimento della vita d'Italia, portato dalla giicrra, dalla Resistenza, dal movimento conradino meridionale - cui egli si sent'l immediatamente vicino - egli portb la sila attenzione sui caratteri arcaici, magici presenti attualmcrite in questo niondo. ci diede una testimonianza sempre più ricca di iina realti c11c b la nostra realtà di oggi ed è li, forse, la maggiore originalità. la maggiore importanza deii'operazione di d e Martino. E qiiejlo che ne f a una figura non soltanto di uno studioso capace c intelligente, ma di un uomo completo perchi in quei problemi lui porrò contemporaneamente, ed è questo il loro valore, l'interesse dello scienziato e l'interesse d e l l ' u o m ~ . ~ ~
Significativa anche la testimonianza di Diego CarpiteUa: [...l questa fatica, qiiesto siorzo di afferrare la realtà era quello che rimane forte per noi dell'insegnamerito di de Martino come lavoro su1 campo; ci02 partecipazione umana che non sia freddo inventario etnografico e che non sia neanche freddo questionario sociologico e nello stesso tcrnpo non avere ne il patanalismo, né l'uanirnalxllismo* così diffiiso negli studi folkloristici: uesta è l'esperienza molto forte che noi sul campo abbiamo avuto.41 I
Tale opera ha conosciuto negli aiiiii successivi alterne vicende. Da un lato, I-ia sollecitato alcuni studiosi a proseguire determinati campi di ricerca, anche se con relativa autonomia critica; dall'altro ha subito iin processo di relativa rimozione come se fosse sempre meno importante rispetto al triont'o di un'antrispologia che riteneva suo dovere essere a tutti i costi esterofila. Forse anche per I'inatlesa attenzione da parte di
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I TRATTI DI UN I.MPEGNO
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di avanzata attuazione delle opere da parte di un gruppo di studiosi coordinati da Clara Gallini; per altre opere e scritti su de Martino, ad esempio, il volume con le fotografie precedute da saggi critici della stessa GaUini e di Francesco Faera," l'opera di de Martino conosce oggi una rinnovata atrenzi0ne.e dichiarazioni di consonanza, anche se a volte tardive. E Iegittimo, allora, ritenere che una nuova stagione demartiniana sia oggi possibile; sem-
bra profilarsi, infatti, un nuovo capitolo della fortuna di uno studioso oggctto di dure polemiche e di convinte assunzioni critiche. A tale stagione questa pubblicazione dei testi delle trasmissioi~iradiofoniche demartinianc intende portare un contributo, quale che sia il giudizio che si vogha dare su di essi e sulle considcrazioni dei due curatori di questo volurnc. Si ritiene, infatti, che a quanti sono oggi interessati all'opera così densa di stimoli delI'etnologo napoletano, la voce di Ernesto de Martino che ci raggiunge aiie soglie del terzo millennio da antiche trasmissioiii radiofoniche può, forse, dirc qiialcosa. Piir dette nei lontani anni cinquanta, le parole concluve della trasmissione Spedizione in Lucania ritrovano 3gi - in epoca di ritorno di cavalieri e 6 regnanti, preinti più che reali, produttori di fatuità clownesca i rimi, suscitatori di umana solidarietà i secondi - tutta la Iro prcgnanza e validità: ~chiailvento u k /a bsr/ea. Questo soffio di tempesta può spavenre, ma in sostanza il messaggio culturale dei coiitadirii Iiicaiii, iello che accenna a nsiluppi che sono già in atto, già r i i t to potenalmente racchiuso iicll'ultimo verso della nixina nanna di zia Rosa di Grottole: «Figli sori nitti quanri, al di 19 dei cavalieri, al di Ih dei regnanti, al di Iàdegli stessi santi, figli son tutti qiianti,). E noi periC i:aino che ogni uomo libero può sottoscrivere questo messaggio chc SI.a alle radjci del destino dcii'uomo nel r n o n d ~ . ~ '
Nonostante cavalieri e regnanti, appunto. iZ Cfr. C. Gallini e F.Reta (a cura di), Iviriggi nelSud di Emesto &Marlino, diari Boringhieri, Torino 1999. 41 Cfr. injm, p. i 1 3 .
Panorami e spedizioni
I.
Ninne nanne e giuochi infantili*
Le ninne nanne possono essere considerate da due ~ n tdi i vista diversi: come documento di poesia popola: e come testimonianza di un determinato ambiente stoco e sociale, di un certo costume c di una certa ideologia. due punti d i vista, sebbene distinti, non sono tuttavia idiptndenti e le stesse njnne nanne che diciamo belle ci .paiono tali nella misura in cui riusciamo a penetrare compiutaniente ii dramma culturaIc che vi si rispecchia, la vira storicamente determinata che in esse si risolve in pura immagine lirica. In un rapido panorama dei riiolti modi di cantare il inno ai bambini conviene pertanro non perdere mai d i sta, pcr quanto possibile, la corrispondente varietà di ambienti culturali cioè di livello e di forma della civiltà. Si ascolti, per cseinpio, questa ninna nanna, di probabile origine inglese, diffusa nella regione atlaiitica degli "t a ù
AVVERTENZA
Nel trascrivert i testi delle trasmissioni, delle quali sono andati distrutti i cesti originali, si è scelto di inserire tre asterischi per seg&= la presenza neiia registrazione di intermezzi musicali e di brevi citazioni da canti o da altri frammenti deli'espressività folkloeca formalizzata. Nel caso in cui invece vctiivano riportati la versione dialettale e 1a sua traslitterazione italiana dei documenti si è pro\wduto a riportarie nei tcsto in corsivo.
Uniti. D o m i ,o bimbo Dormi IL babbo veglia sultuo sonno
* Registrazione del t954 (durata: ?h'), trasmessa il 5 sprfie dello stesso anno. Questa trasmirsione e le tre che seguono facevano pane dello stesso ciclo P a m n r i eh;.ologicrefolkiorici del Teno Programma della RAT.
La mamma scuole l'alhem dei sogni E un piccolo sogno cade su di le
Domi,o bimbo Domi
E una ninna nanna serena che immaginiamo cantata in un ambiente domestico accogliente e agiato. Non vi u a sparr alcuna preoccupazione inagica o religiosa, ma una consumata civiltà del sentire che si esprime in immagini tenere e graziose. Uli'altra ninna nanna diffusa ne& Stati del West rispecchia un mondo cnmpletarncncc diverso: è il mondo di cow boys che già cantavaiio questa nenia pcr tranquillizzare le mandrie durante le soste notturne e per esprimere il hisogno di riposo dopo l'aspra vicenda della loro awenturosa fatica. Bastu miei piccoli, HOTZ pagate p;& Sono così stanco delvostro vagare Qui vi è erba abbusuilra p7 voi P;; piano miei piccoli^ p 2 piano Giù a terra miei piccoli, giu a terra E quando sarete a tema, potete anche sfendenei,poiché vi è tanto spazio Fermafrvi miei piccoli, sono così stanco Se non vi f e m a f c mi h c e r à lo sfanchczzu Giìì u t m nriei piccoli, giù a tcwa Nel suo riadattamento a ninna nanna la stanchezza del cow boy si tramuta, non senza una vena di affettuoso uniorismo, nella stanchezza della madre al termine deiia sua fatica domestica. Lasciamo gli ampi spazi del West americano e fermiamoci per un momento in casa d i una famiglia d i pescatori lungo le coste del Mar S e r o , iti Romania. Una mamma canta così il sonno al scio bambino:
Domi,dormi pulcino della mamma Mentre troi pescate egli crescerà Dormi, d o m i pulcino della mamma Mentre voi pescate egli crescerà: gli uomini di casa pcscano a l largo e intanto nella ciilla comincia a compiersi il destino che tramuterà l'infante in adulto. NeUa ninna nanna spagnola che ora ascolterete, la mamma minaccia il bambino della mura c invoca a protezione del suo sonno t u t t i gli angeli de1 cielo, eco evidente del grande urto tra niondo cristiano e mondo musulmano di cui fu teatro la Spagna:
D m e t e , niio angelitu A rt frs q7~evengo la mora Porque anda de casa en casa Por saher que niiio flora Duemete, nino angelito Si quieres adonnccer Que 10s a.~elesdelcielo Todos te b~rjan a ver Dormi,ani!e10 mio I Pll'ttla che gzunga ra mnrn Che va di casa in cas in cerco dei bambini gono Domi, rlzgelo mio Se vuoi dormire Che lutti gli angeli del cielo Ti venzano a vedere Nelle ninne nanne dei volghi dei paesi cattolici t ricorrente il tema deila Sacra Famiglia riadat-tata all'ambiente sociale nel quale la ninna nanna è cantata; valga come esempio questa ninna nanna siciliana...***
È una Sacra Famiglia ricalcata sul modello di una farnigiia di contadini siciliani C la Madonna è sorpresa in atto
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CiWiTOLO P R M O
di rappezzare i vestiti di San Giuseppe senza risparmio di toppe al modo delle famiglie povere; un'alrra scena deIla Sacra Famiglia è rispecchiata in questa nitma nanna napoletana:
Quanno SatltJAnnacclntuva a Alano Quanti belle canzone le dicetra E k d i c m : ad~luometc~ A!aria AIario, che era Santa, s 'nddunnma E le diceva: adduomr.te donzella Tu si la mamma de Ie vqgrinelle E Ie diceva: adduomete Signora IU si la mamma de lu Snlvatore Ninna nanna, oh...
Ed ecco il coinmcnto del Croce a questa ninna nanna: Sant'Anna cantava anch'essa canzoni alla figlioletta Maria, ma quante più e quanto più k i l c , tanto superiori di numero e di qualità, qiiaiito Sant'Anna è superiore a lei, poreretta. Pure gliele cantava al medesimo fine, per addormentare la figliuola e Maria, come deve fare anc11c la bambina che ara si agita ticlla cuUa e con la d d t i che essa ora 11011è disposta a mostrare, Maria ubbidiva. Maria, cheera Santa, s'adclumrr;~,come dice il bellissimo quarro verso; l'inciso contiene profondi abissi di tmlogia popoiare e w o l dire che Maria si addorrriei~tava,bcncké Santa e perché Santa: benché Santa - tenuta ad ubbidire alla voce materna -, pcrché Santa - pronta ad ubbidirle. Ma Sant'Anna, neil'atto stcsso che comanda, si inchina alla Diva Figliuola C il primo adduormete Maria, breve e alquanto familiure, è subito ripetuto con un crescente omaggio di riverenza. Per Sarit'Anna stessa Maria non è semplicemente Maria, l'infante che essa allatta e depone nella culla: è la Vergine delle Vergini - Adduormele donzella, tri sr la morntna de le vepinelle - e non è soltanto la soave tigura della Vcrgine, iiia quella maestosa della Signora, destina tr Madre del Salvatore - ~dd!ronne!e Signora, tu si (a m m a de lu Saivatore.
Dal punto di vista della scoria c d m a l e il tema Jclla Sacra Famiglia nelle nostre ninne nanne mostra una delle tante vie attraverso cui la Chiesa ha,infiuen;l,ato il costume e la ideologia del mondo popolare. E d a osservare a questo proposito che i motivi fondamentali del cristianesimo non
atlrebbero mai raggiunto lc classi subaIterne della società, se non avessero operato largamente attraverso la letteratura popolare e se non si fossero legati in vario modo al +lo tradizionale dalla culla alla bara e alle feste cicliche e lendariali, secondo iina politica culturale che merite3be di essere accuratamente analizzata e raccontata. ,, I uttavia non sempre la plasniazio~iecristiana ha avuto )go e non infrequetitemeiite nelle nostre ninnc nanne ispare un elemento più arcaico, il motivo magico e pa., no; in questo caso «cantare il sonno» significa incantarlo o scongiurarlo, opponendo alla sua forza, non sempre docile, la forza della formula, la magia della parola e della nenia.
Sonno ucni di lun~ano Addrrrnmiscitela San Bastiano Sonno ueni di I,aianti Bedda, tificero i Santi In questa ninna nanna l'aiuto direrro ricliiesto a Sali Sebastiano si mescola all'opera diretta di costruzione ircitata per m e z o della forniula scongiiiro, chc ha in se mtere niagico di legare il sonno. Analogamente il riscatto immaginario deila farnigka terrena n e h Sacra Famiglia non sempre ha soddisfatto l'impazienza e la sollecitiidinc delle mamme povere alle quali, si sa, preme anche assicurare su questa terra salute e (oria ai loro infanti, con Dio o col Diavolo poco importa.
T 'attaccaotante m d u z r i E le uoRphio tutte 'nfihre E cu le hcnme e singhiozzi Figghiu miu, la tua rnamrnuzra T'aftaccao 'na catnpanedda Senti che bedda, senti che bedda... La coronci~iadi perle, che questa madre ha infilato rimando e singhiozzando, e la squillante campanella .ano in origine amuleti magici, mezzi di protezione e di
CAPITOLO DU\qO
NINNE NANKE
propiziazione. La stessa cordiceila coi1 la quale la madre dondola la cuiia sospesa al soffitto non hà. soltanto u n valore funzionale, perché il nodo che attacca la cordiceila alla cula doveva, un tempo, scrvire a proteggere il sonno del banibino dal malocchio e daiie forze malefiche che il sonno scatena o favorisce, e a liberare al tempo stesso le forze bcncfichc datrici di fortuna e di ricchezza.
ombre minacciose; la mobile schiera dei sogni trasporta il dormiente in un mondo misterioso o in cospetto degli spettri dci morti e infine l'ordine morale è sospeso o rovcsciato dai sogni perversi, dai conviti sabbatici e simili. Questa concezione arcaica del sonno e del sogno sta certamente alla base di un farrioso inno dell'AthaniaVcda:
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10 vrnaco co h cortegqia Patruna siite de vascedda lo uenaco co fu lazzu Pahuna siite de p a k o l o venaco co lu hzzu d'oro P a h n a siite di 1171 gran tesoro Ascoltiamo ora alcune di queste nosrre tiinne nannc nella loro realtà di parola e canto... Una nimia nanna sarda di Sertiino San Pietro...***
Una ninna nanna laziale d i Anagni.. .""': Una ninna nanna abruzzese di Sambuceto.. .*** Una ninna nanna di zingari.. .';""
G irifinc ancora una ninna nanna sarda di Kuoro. ..***
Il tema più propriamente magico delle nitine nannc ci riporta a un livello d i civiltà chc possiamo chiamare primitivo. Neile condizioni di insicurezza e d i precarietà esistcnzialc che caratterizzano k civiltà a rudimentale sriluppo tecnico, la notte C il sonno costituiscono anche per gli adulti un momento critico, riboccaiite di rischi e di rerrori. 1pericoli rcali si mescolano a quelli psichici; Ic fitrc o i nemici possono approfittare delle tenchre per avvicinarsi all'accamparnento o al viìlaggio; neile tenebre si muovono
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zosciamo, o sonno, il tuo luogo di na. figfio&l demone che afferra 'hborutore di Yama Sei ildistruttore, sei la morte Te così conosciamo, o sonno Conosciarno, o sonno, il h o hogo di nascita .Fifiglio della disoluzione Collaboratore di Yama Sei il distruttore, sei h morte Te così conosciamo, .o sonno Tu, o sonno, proteggi( :i dalcatt ivo sogno I
Presso i Taos, uno dei Puebua uri 1.,u..T,. u u v u i*re~sico,quan1 il sole tramonta e la catena montuosa chiamata Sangre 3 Cristo si tinge di rosso, la comunità eritra in stato di larme: le scale a pioli che formano l'unica via di accesso alle abitazioni sono ritirate c il villaggio si tramuta in una sorta d i fortezza contro le renebre. Mentre i vecchi, le donne e i bambini si accingono in casa al riposo, gli uomini si radunano sulle terrazze delle case e intonano un canto che dura sino a notte inoltrata e che aiuta a lronteggiare l'invisibile. Non è certamente una ninna nanna nel nostro senso, non foss'altro perché serve anche agli adulti e perché ha un carattere coiiettivo; tuttavia questo canto Taos ci aiuta a comprendere l'arcaico terrore della notte che investe molte comunità primitive e che in parte sta aUa base d i alcune delle nostre ninne nanne. Ma il cosnime di cantare il sonno ai bambini si fonda anche m un altro ordine di esperienze, cioè sulla percezio-
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CAPiTOLO PRMO
ne primiriva e popolare che i bambini sono particolarmente esposti ai pericoli magici della notte e che le forze maligne che si scatenano per lo piìl nelle tenebre possono colpire di preferenza la loro fragile esistenza. Nelle sociecà pii1 arcaiche predomina l'idea che il bambino esiste appena e die 5010 nell'età della pubertà csso entra effettivamente neìia vita storica e sociale attraverso una seconda nascin r i d e che è al tempo stesso conferimento di potenza e di attitudirii magiche. Nel nostro foMore I'idea della particolare precarietà esistenziale dell'infante si esprime in mille guise e ancor oggi presso gli strati più arretrati deUe nostre plebi rustiche del Mezzogiorno e delle isole noi ritroviamo tracce di questa ideologia. Onde i sacchetti pieni di amuleti nascosci nelle vesti del bambino e le infinite precauzioni per proteggerlo dal malocchio o dall'irividia, riklesso di una reale prccariecà e di una tradiziotiale esperienza della estrema labilità della salute e della fortuna. E non occorre aridar inolto lontano per ritrovare, talora ancora in atto, l'angoscia e l'inquietudine di cui paria il Fosco10 nei Sepokri:
[...l lemadri Balzan ne' sonni estmefatte, e tendono Nude le bmcciu SU l'utn~itocapo Dei Zor caro lattante onde noi desti Il gemer iunfo di persona morta Chiedente /a venaiprece agii ere& Dalsantuario ~ a s i i a m oda parte ora Ic preoccupazioni e le soìlecirudini materne che, con tanta ricchezza di inorivi, trovano espressione nelle ninne nanne e rivolgiamoci pcr \in momento alle forme più caratteristiche de& levità e della inilocenza infantile, al mondo dei giuochi e delle filastrccche tradizionali. Una filastrocca calabrcsc, riportata dal Pitré dice:
W
E NANNE
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Esci, esci, Sole, o Sole Per il santo Salvatore Per i povei bambini Che non /]annoda mangiare Esci Sole o riscaldare.. .
E ~ 1 x filastrocca 1 famosa, diffusa un tempo almeno in tu tta l'Italia Meridionale c di cui si posseggono diverse le:zioni, ma per quanto i bambini la recitino per giuoco, essa conscrva la forza dello scongiuro e un'arcaica ideoloa magica: il terrore cioè che il Sole non riesca a sorgere e bisogno di ailitarlo magicamente alla bisogna con cerionie adatte. iMa nella filasirocca dei bambini calabrrsi fiora anche un altro tema delle antiche mitologie solari: Sole come dispensatore di vita e di ricchezza. In un'antica forniula magica lucana il Sole appare aiim in questa sua antica forma riparatrice; il contadino, aftto da ma1di testa, prima di iiietterci in cammino all'alba ,r raggiungere il luogo del lavoro recitava davanti al Sonascente questo scongiuro: Buongiomo, Santo Sok Da lu piè tiene ietta i'afjanno Da la resta lu grande dolore Buongiomo, Santo So le Nella fiIastrocca calabrese tutto è ridocco al mondo dei ccoli e alla levità del giuoco:
[...l esci Sole, o Sole PH i poveri bambini Che non hanno da mangiare Fsct, o Sole, a riscaldrire
Un esempio eccellente di un giuoco infantile che rieeggia un antico rituale di magia agraria 1. i1 seguente, atto dal Pitré: ;iuoco rappresenta, in fornia drammatica, il ciclo completo di iin mmesubilc che viene prima piantato, raccolto e quindi mangiato.
U!tinio e concliisivo arto, esso viene restituito iicl n i d o che potete immaginare [...l E qui i bambini si acccccolano per rara e fanno qiid viso - dicc il Pirré - clic dvesi. proverbialrneiite, di tnincliione.
supporre per iin pregiudicato di eccezione come lui, che appena turca l'Europa coalizzata insieme poti ridurre all'impueenaa.
Questa filastrocca dei contadiiielli siciliani mette in luce, risolto i11 puro giuoco, un rema ritu-ale iargamente diffuso nella cerchia della magia agraria: aiutare magicamente, con riti appropriati, i vari momenti del ciclo vegetale, soprattutto dci cereali. Spesso iielle filastrocche iiifantili l'aritico senso delle parole è andato completamente perduto e la vitalità infantile si effonde nella gioia di ripe= terc certe cxdenze appunto percl-ié prive di significato. Si ascolti questa coma dei ragazzi di Ferrandina, in Lucania. ..***
Questo rapido panorama culturale sul mondo delle ninne nanne e dei giuochi infantili offre conferma che una storia a largo respiro urnanistico non può Limiearsi alle grandi na:zioni moderne? alle classi dominanti e alle forme di cul-a che si sogliono chiamare «alte>>.In questo quadro I ampio di interessi storico-culturali hanno da dirci alche cosa anche la vita intima di una casa rustica, di cortile, Ji un'aia c possono acquistare per noi iin'imrtanza pari ai nostri archivi e alle nostre biblioteche.
Il fenomeno di scadimento a giuoco di fenomeni e CEdenze che impegnarono una volta i grandi è ben noto ai folkloristi. Così il cerchio del girotondo fu una volta 10 spazio rnagican-icnte circoscricto entro cui doveva compiersi I'azioiie sacmle. L'aquilone, o cervo voIante, fu usato in Oriente come capro espiatorio per disperdere neii'aria i mali o le colpe d d a comunità o per mettere al sicuro l'aninia e sottrarla a certi rischi rerrenj. I pcgni che caratterizzano i giuochi ricordano la punizioiie di errori commessi nell'esecuzione di riti magici o di cerimoniali religiosi e così via. In generale le filastrwche infantili, quando non sono mere espressioni di vitalità, consemano la forma esterna del rituale magico, C ci02 la ripcUzione e l'accuniulazione che appartiene appunto alla niagia della parola e aiia tecnica dello scongiuro. Altre: volte giuochi che gjà un tempo alljctarono gli adulti finiscoilo col diventare esclusivo patrimonio dei piccoli; baqterlt ricnrdare a questo proposito che G~iardiee 1,adri o L d r i e Carabinieri fu giuocato alia corre di Napoleorie e una volta 1'1rnperatorc fu catturato da Giuseppina, o meglio si lasciò catturare con condiscendenza, com'è da
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I CANTI DELL'AMORE E DELLE NOZZE L.
I1 cerimoniale e i canti deii'aiiiore e delle nozze* .--.
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I1 tema magico P palese nel cosiddetto «incantesimo amatorior, che è un vero e proprio scongiuro magico per costringere .. altrui a corrispondere nell'amore; lc donne si tinguono particolarmente in questa pratica.. . Co ' due ti pijo eco' due t'attacco T'utfacco e ti lio E ti /io bene
Con due occbi ti guardo Con due ti attacco, ti attacco e ti kgo E ti lego bene Ncl folklore europeo, o europeizzato, il tcma deil'amore ha una parte notevole in proporzione alla sua importanza nella vita privata e coiiettiva delle plebi rustiche. Costume, ideologia, espressioni letterarie e dairze investono larganiente questo tema sia che si tratti di sottolin a r e le fasi della vicenda d'amore, cioè I'iiinamoramento, il corteggiamento e le nozze. sia che si tratti di rappresentare alcune sit uazjoni tipiche legatc aìia passione amorosa, come i1 tradimento, la vendetta, le nozze infelici o le industriose astuzje per reakzare i propri desideri. Gli elementi più arcaici di questa tematica dell'amore popolare sono senza dubbio magico-religiosi, anzi più magici che religiosi; il cantar l'amore si confonde coli l ' h cantarlo, col promuoverlo per opera di magia e d'altra parte l'amore umano appare legato al ciclo astronomico e vegetale secondo i caratteri di antiche ideologie agrarie. Gli elementi meno arcaici, più o meno infliienznti dalla civiltà urbana, fanno larganiente posto a sentimenti profarli, alle manifestazioni immediate del desiderio o del dolore, al giocoso o al burlesco, al malizioso o al salace e qualche volta anche a queiia tenue vena di Iirismo che caratterizza la poesia popolare. * Registrazione del 1954 (durata: 3<), trasmesse il I M O .
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aprile dello s t t s s o
Cosl. suona l'inizio di uno scongiuro siciliano; la donna che Io recita opera due nodi che ribadiscono l'idea del legame e suppone che il suo amato cada sotto l'irresistibile effetto della fattura e si rassegni, scnza resistenza, alla maliarda. Spesso questi scongiuri, di donne a uomini, manifestano iiria passione tanto possence e concentrata da tramutarsi in vera e propria collera. Uno scongiuro napoletano dice:
Stelk cbe luce, stelle che luce Vai in coppa a testa 'e Vicienzo Daglie tre botte U n a pa 'a capa, che pe' mmc possa cadere malato Una pe' O core che pe' mme spasimi e muoia E una pe' i piivi che venga spontaneamentee vn1entiet-i E con queste tre magiche «botte», una sulla testa, una sul cuore e una sui picdi la vittima è servita ed è da supporre che si piegherà spontaneamente e volentieri. La collera di una donna innamorata non si fa scrupolo di ricorrere alla forza delle potenze dernoniaclie o di impiegare il momento culminante della messa per i suoi scopi magico aniarori. Se I'uulizzazione deUa messa nella consacrazionedi scon-
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I CANTI DELL'AMORE E DELLE NOZZE
CAPITOLO SECONDO
giuri parrà troppo ardita si può fare una distinzione e tutto è a posto:
lo non sogno venuta a cù per lodare a Cristo Ma pe' attaccarea chisto
È evidente che questa atmosfera magica dell'incanro amatorio è poco propizia al canco e aila poesia; l'urgenza del motivo pratico o vitale, la concentrazione rituale pcr raggiungere lo scopo non si accordano con quel tanto di abbandono teoretico e contemplativo che caratterizzano il poetare. Tuttavia, proprio dal mondo passionale C ideologico connesso alla magia si enucleano, a volte, i temi della lirica amorosa popolare, conle in questo canto calabrese nel quale già la poesia si dispiega oltre il valore magico dell'alleanza del sangue:
Te dopo sangue de I'e me ueni Tu m'ku a amarifino a cu'nun c'èfini Te dogno sangue dc le me ossa Tu m'ba a amatifino allafossa Ti dono il sangue &llc mie vene Mi &i amare fino alla fine Ti dono il san~uedelle mie ossa Mi &i amarefino alla fossa Qui i1 sangiie è qualcosa di più della rituale mistione che sancisce il legame, qiii il sangue è diventato immagine, invocazione di un cuore innamorato. Infine, lasciando alle spalle le preoccupazioni magiche, la musa popolare si dispiega interamente nel canto profano e gaio come in questo stornelIo toscano:
Se vuoi venir Motina a stomelhre
Porta del vino e mettiti a sedere Se tu mi dai da bere e da mangiare A furia di stomelli tifo incitwilire
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rMa tu figliolo
a un altro non passare Che f'è un bocconcino pcr un signore PLVÒ di qrulndo in quando.. .
Nelh cerchia del profano si effonde la ricca tcmacica dell'innamoramcnto e delle traversie d'amore: oltre aUe serenate vi è rutta una serie di situazioni piccanti, che la vicenda d'amore ha suggerito ai canti popolari. Valga come esempio una famosa canzone epico-lirica, La Finta monacella, che sccondo Vittorio Santoli ebbe il suo centro d'origine in Catalogna da cui si sarebbe irradiata poi in Francia e in Italia. Sentiamone il testo in una lezione toscana:
Giovamino da G~ielnuouosi innamorb di una bella signora Non sapesa comefare a baciarla Pensò vestirsi da rnotzacella lfestirsida monacella Giovamino da Castelnuovo si innafiorò di m a bella figliola Non sapaa come fare a bacia& Pensil vestirsi da monacelh Ruonasern signoi e sipor oste, alloggeresste una rnonacelh? Se non gli piace h mia compagnia h mandeuci con la serva mia Ma giurate, lo voglioseguire, con donne schiave non uoglio dormire Se non gli piace la mia compagnia la manderei con Lt. moglie mia Ma giumk, lo voglio seguire, con donne d'oste non uogho dormire
Se non gli piace lir mia compagnia la manderei con hfiglia mia S ì con ki ci andrei, perché l'è stato d'afiri miei... Babbo mio, mi fate vergogna, questo è un uomo vestito da donno
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CAPITOLO SECONDO
Figlia mìu tzc sci impurzita, L"> una monaceh z!enuta da Pisa Sefosse stata una monacelh, l'avrebbe avuto lo sua c o n PQPa La mza compagna l'avevo portata, nza su in quei monti me l'hanno ammarraLa Quondo furono su pev Ie scak, la spense il lume, h volle baciave... Qucsta è la regoh delmio conuento,onùurc alletto n lume spento Quundo furono al/ar delgiorno h monacella sb~rcavaa Livorno Babbo miu, ve i'at.euo pur detto che aveva una faccia do ~iovitzetto O/> babbo mio, preparate una culla, se non è rnaschio sarà una fanciulla Babbo mio, ve I'aveuo piir detto che uceca una faccia da giovinetto Che aueua una faccia da timinelio. .. Ora voglio preparare nnu culla, se non è nzascbio sarà una fanciulla Se non i> maschio sarà una,fanciulla... Una canzotie popolare di origine francese, diffusa nel Canada, ha per argomento un'altra situazionc piccante. Una ragazza si innamora del confessore c in confessione non esica a dirgli il suo amore; il Signor Curato, Monsieur Le C;uré,si difende a denti strerri e il grottesco nasce dalla forzata impassibilità dei curato e daiia petulanza della ragazza che sussurra i1 suo amorc dictro la grara del coniessionale. Infine la ragazza chiede: r Ma almeno in caso di morce, non piangerebbe per me? E il Signor Curato, che è cstraneo aiie cose d'amore risponde: «Se ti1 morissi ti porterei al cimitero e ti canterei Requiescat in pace».
I Ci\S'I'I UEl.I.'i\i\IOHE E DELLE NOZZE
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DJoiruener -vous si croité, Monsieur le Cak D'oiì venez-vous si croité, Monsieur le Cuvc' Je rrt 'mrtuiens de mun chemin, mu petite amignole Que m'avez-uousupporté, Monsieur le Cuvé Qzie m'avez - uous apporté, Monsieur Le Curé Des souilleuses pour ùunser, ma petite atnignole ]e voudrais me cunfesser, Monsieur le Curé Je voudrais me confes~su,Monsieuv le Curé Dis-moi tes gros péchés, ma pelite amignole C'est celnì de uozn aimer, Monsieur le Curé CJcstcelui de uous ainzer, Monsieur le Curé Et alors ilfaut se séparerJma petàtc. omignole Peut-etrr que j'en moutrai, Monsicuv le Curé Peut-étrc que j'm rnouwai, Monsieur le Czrré Et hiet! je t'cntewerai, ma prtite am~gnoie Sofiermiamoci ora pcr un inomento a Chitcaiiroux, in Francia, dipartiinento dell'Indrc: i corteggiatori paesani rendono visira alle loro belle, ma, se il sentimento ha la sila parte, la dote dclla ragazza è l'elemento decisivo c perciò loro prinia ciira sarà di sedersi siilla coflre, cioè sulla cassapanca dove la ragazza serba il suo corredo e battervi col rallonc per sentire se è vuota o piena: sc è piena vi resteranno, se è vilota se ile andranno, amore o non amore. La canzone popolare clie il contadino Pierre l'a111 vi canterà ora, nel tipico accento locale, ironizza su questa controiiatissima galanteria dei giovanotti dcl siio paese. Quand la maison est propw Les turs y vont Ifs vont en quatre par quatre Mald'a~noureuxnous donnent M a l d 'mnoureux nous donnent La destinée Iu rose au bois hfuld'amoureux nous donnent 1k 31uonf en quatre par quatre hiald'amoureux nous donnent
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CAPITOLO SECONDO
IIs s 'ussitont sur le coffre En tupant du tulon En tapant du talon
La destinée la roze au bois En tupunt clu talon lfs s'assitont sur fe coflrc En tapant du talon
Si le coflre ilfait le souràe
I CANTI DF.LT.'AMORE E DELLE NOZZE
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.ie irielodie d'occasione, cioè canti per l'accoglimento !li sposi nella loro nuova dimora. Vella entriega che udirete il cantore, dopo aver ricordat o che la coppia è un'jrnmagine deUa prima coppia del Par.adisoTerrestre, e quindi, al pari di questa, legata da un vin colo infrangibile, esorta gli sposi ad accettare in tegralme nte la nuova condizione con tutti gli obbiighi chc essa corriporta..."**
IJesgars non y resteront
Les gan non y resteroirt La destinke h rose au bois Les gas non y resteront Anche l'ideologia popolare della promessa di matrimonio presenta, nei suoi tratti più arcaici, dei motivi magici o almeno gli echi di questi motivi. Nessuno più oggi sarebbe disposto a concedere, tranne che per metafora. che ii bacio scambiato abbia un valore niagico, un atto vincoIantc in modo irresistibile, una fusione di anime e una adozione nuziale, pari per efficacia all'alleanza che deriva dalla mistionc del sangue; tuttavia questa antica ideologia traspare da un canto popolare siciliano.. .*"" Così il bacio al pari defl'anello avevano un tempo il valore magico di trn atto vinmIante in modo irresistibiie, di vera e propria adozioiie nuziale. Le varie fasi del cerimoiGaie nuziale erano dominate da temi tipicamente magici, come la protezione dal malocchio e la separazione rituale della sposa dalla casa dei genitori, l'accoglimento rituale della sposa nella casa dei suoceri, i pericoli della prima notte, le pratiche augurali dcrerrninatrici di fecondrtà, felicità e ricchezza per la nuova coppia. Ne1 Nuovo Messico, dopo la celebrazione del rito nuziale, si forma un corteo che accompagna gli sposi alla nuova casa; alla testa del corteo c'è un poeta che intona
L e nozze rappresentano un mutamento di condizione 3pratcutto per la sposa: essa abbandona la propria familia per quella dciio sposo ed è su di leiche cade, con inag:-r energia, la richiesta sociale di determinati obblighi. g1u lLa separazione della gioviiletta dalla casa dei propri geriitori trova espressione rituale neIle cosiddette lamenr.37 ,a,?, ioni di nozze, neUe quali la futura sposa o i suoi familiari o dcUe sue aiiiiche o delle piangitrici, pagace a questo SCOpo, piangono e deplorano la fine della sua vita di nuh i l r:e il destino che l'attende in una casa straniera. rempi e i modi di queste manifestazioni di cordoglio io strettamente determinate d d a tradizione; resta quinnteso che la futura sposa dovrà piangere cerimonialnte nei quadro del rito e in ogni caso iion dovrà piane una volta che essa mette piede nciia casa deilo sposo >ola cerimonia nuziale. l doveri della sposa ispirano molti canti tradizionali di n02!ze; ed ecco che con garbo e finezza, questi dovcri sono Chamon de h muriée, aricora tradizionale in riccirdati n& Fra ncia neUa provincia di Bcny.. ." "" (zome per
l'amore i canti popolari profani amano spes-
so I e situazioni piccanti o scabrose, così anche per il matri-
mo nio: basterà per tutti il tema deiia mal maritata. In un can.ro vandeano la povera sposa lamenta che il marito la p"' na notte le volta il dorso C si addormenta; allora la sposa, per stuzzicare in qualche modo un marito così pigro,
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CAPITOLO SECOh'UO
I CAN'Z?DELL'AMORE: E DELLE NOZZE
lo punge con una spilla e jl marito, spaventare, se la dà a gambe; ma la sposa lo rincorre, lo acciuffa e lo riporta a casa, richiamandolo ai suoi doveri coniugali, con tre colpi di bastone sulla testa...***
Una danza cilcna impiegata dalle comunità pib isolate delle Ande settentrionali ...*** Una danza nuziale del Madagascar, i n cui si intrec:iano elementi di cultura musicale africana, indiana ed :uropea ...*"*
In un canto deJiYAnjoula situazione d e k mal maritata è precisata, si tratta di una giovanc che ha sposato un vec,-lio. .,?:<',. 9, Naturalmente la disgrazia di un matrimonio infelice non tocca necessariamente alla donna, tna anche aii'uomo. .,
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Un elemento importante'dcl ccrirnoniale delle nozze è la danza. Clriginariamenre la'danza nuziale aveva un valore magico augurale, doveva cioè mettere in circolsizinn~ attraverso i suoi ritmi orgiastjci e le sue mimiche a le forze della fecondità e della fortuna. I passi delle danze nuziali, al pari di quelle del giamento, intendono quindi anticipare in forma drammitica la vicenda d'amore, con tutte le provocazioni, Ie ripulse c gli inviti che l'accompagnano. Quesra carattere d i impegno magico sessuale si è andato molto attenuando nelle danze nuziali o di correggiamento dei popoli europei o europeizzati, dove gli antichi, ' crudi temi allusivi si sono venuti sempre più stemperando e ingen~ilendo,sino a tramutare la danza in una gioconda espressione di festa, senza più nessun sottinteso magico o religioso. Ascoltiamo ora qualcuna di queste danze d i corteggiamento e di nozze e cominciamo dalla nostra tarantella ..."** I
&,
Ed ecco una danza nuziale ungherese, accompagnata dal ciotnpoiu, la cornamusa rumena...*** Un mestizo peruviano.. .*"*
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E infine una danza nuziale del territorio dei Digo, 01ircgillba-..*** Così lungo tutto l'arco della civiltà, a livelli diversi d i ?l-ltura, la vicenda dell'amore, a cui 2 legata la conserva)ne stessa delle smietà umane, occupa un posto impor~ t i s s i m onell'ideologia e nel costume. A livelli più barbarici c primitivi questa vicenda è tutta contestata di magia, di preoccupazioni e di angosce dinanzi agli invisibili pericoli che minacciano Ia coppia: cerimonie di passaggio dal vecchio al nuovo stato soci.ale, d i riti li consacrazione, di fondazione della nuova unità famiiare. A livelli più elevati la vicenda d'amore s j sottrae iempre di pii1 alla magia, all'impcgno religioso C d i Iiiogo all'appassionato, al dispcraro, al piccante, al malizioso, al festoso, al profano e infine al puro abbandono lirico di uno scorneilo come questo:
Fiord'erbe amare Se il capezzale lo potesse dire
Oh quunti pianti potrebbe contare...
I M E N T I FUNEBRI
3I lamenti funebri e l'esperienza arcaica della morte*
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L'uso di piangere i morti in metro, secondo cadenze, gesti e moduli letterari stabiliti dalla tradizione era ancor vivo in tutta Italia verso la fine del .W secolo, come ne fanno fede i sinodi dell'epoca che ancora dovevano intervenire pcr reprimere il costume. Si deve a questa costante opera di repressione ecclesiastica, ma soprattiitto al progresso della civiltà industriale e alla maggiore diffusione dell'istruzionc, se il costume è ormai scomparso da noi, salvo ancora poche hole etnografiche che ancora lo conservano, più o meno bene. Il lamento funebre può assumere varie forme, soprattutto se tiene conto iioii solo del docurneneo Colkloristico, ma anchc di quel10 etnologico e di quello offerto dalle antiche civilta mediterranee. In generale, il lanien to può essere individuale, collettivo o responsoriale, cantato J a donne, ovvero molto più raramente da uomini, limitato alla cerchia familiare u a carattere pubblico, reso al morto da parenri oppure da larncntatrici pagate o prefiche. Rispetto al contenuto, il lamento narra la vita del defunro, ne resse le lodi, ricorda alcuni particolari deiia malattia, ma in dare circostanze esso non va oltre la vtx-iferazione cadenzata, ilno stile del * Registrazione del 1954 (durata: 24'). anno.
trasmessa il 19 aprile ddlo s t f f s o
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genere, una forma tradizionalizzata del disperarsi. Ma vediamo qualche caso concreto. Durante Ia spedizione in Lucania organizzata nell'ottobre del 1952,dal Centro etnologico italiano e dal Centro nazionale di studi di musica popolare, avemmo occasione di raccogiiere numerosi lamenti funebri a Grot tole, a Ferrandina, a Pisticci e a Colobraro; non tu certo facile raccoglierli e corremmo qualche volta il rischio di passare per iettatori. Funimo però favoriti nella ricerca dal fatto che il lamento funebre artificiale detro dalla lamenta trice a richiesta del t'oIkIorista, e quindi fuori dell'occasione luttuosa, finisce con IJesscre altrettanto drammatico e dimostrativo del lamento funebre con il morto. La lamentatrice a poco a poco si suggestiona e, dopo qualche esitazione, si immedesima tanto nella sua parte da piangere sul serio, magari al ricorda dei propri morti. A Pis ticci iiivitainmo due contadine, Rosa e Prudente, a cantarci alcuni lamenti; naturalmeiite esse ci fecero 1'0biezione che cantare un lamento fuori dell'occasione luttuosa porta ieila, e inlatti, appena accennarono, dopo molte insistenze, il metro intausto, il vicinato protestò con ranta, corne dire, vivacità da farci desistere per il momento dal riostro tentativo. Infine venimmo a un accordo: Rosa e Prudente avrebbero pianto, Ina lontano dal paese, in campagna. Fu così che, tra gli olivi ritorti della canipagna di Pisticci, Rosa e Prudente piansero in metro, le chiome discintc, confondendo la loro disperazione con quella dcgli olivi che, come si sa, sono alberi disperati e angosciati per natura. Ecco il tenia del lamento a due voci eseguito da Pnrdcntc C da Rosa.. .""" Mentre registravamo il lamento, un guardiacaccia saiì il pendio del colle, a passo affrettato, per vcnirc a vedere chi era morto; e potete immaginare il suo stupore, e forse
T LtiMENTT FUNEBRI
anche la sua delusione, quando apprese che si trattava di una comitiva di forestieri che registrava lamenti funebri. Ecco altri lamenti tipici raccolti in Lucania. Una sorella piange la morte del fratello fabbro:
Bello delh sorella Maestro pregiato delh sorella Quanto contencvuna queste mani Bello delh sorella E admso seifirzitosonotewa Giouanepregiato della sorelh Venli anni, sottoterra Bme di tua sorella Maestrone pregiato delfa s o w / h-- . Qudnto giudizio avevi nelle tue mani Herre dz tua sorella Giovane pregiato di tua sorelh Venti anni sotto h tewo Solo addio... Una moglie piange il marito: Bene delh tua donna, che malattia amara che hoipa bene delh tua donna E come debbo fare senza di te, bene d~llatua donna Mi hai hsciato unfacio difigli in boccio B e ~ delh e tua donna M i debbo rimboccare la gonna fin dal primo giorno, andare afaticare Per dar paple ai tuoijìgli Bene della tua donna @undo mi portavi con te alh Jdtica, mi porbui sul dono di una giumenta E mi andavi levando le pietre dal mezzo a h uicl Bene della tua donna... orne: Una madre piange la morte d i una figlia vera-
È morta la figlia dello mamma
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Ahhiomo fatto oggi Jesta g;rande per una ragazza di ven t 'anni &ne della mamma Debbo fare un funerale bello Bene delfa mamma Perché oggi ti devo paventare con il Re del Cielo Bene delh mamma Debbo mandare a dire al tuofidanzata che oggi abbiamo fauo le nozze della sua bella Bene dello mamma Che mi deve mandare a dire ilfìdanzato? ~Uarnmatraditoro Che mi haifatto morire la mia belh ~Clitie le medicine eranoh i t i per te 'a mamma i urn i sunti eratzofiniti per te Bene defla mamma Rosa chiusa Casa piend e svuotata Bene della eamma v
Questi testi letterari sono detti con una melopra caratceristica, inte:ssuta di moduli Imelodici tradizionali. Ecco, per eiempic), coine albb'iamo u.dito cantare a Ferrandina .iin lamento in r:ui una rz inge la morte del padre.. .***
A Ferrandina, raccogIiemmo un lamento in circostanze alqiianto strane. La Iamentatrice, una contadina d i diciotto anni, volle dire il suo lamento accoccolaca al buio i n una sorta di ripostiglio per gli attrezzi dando una mano aila coliaborarice della spedizione, molta probabilmente per scaricarsi u di lei della icttanira del lamento. La porta dello stanzino era socchiusa e cautamente il tecnico della RAI aveva infilato il microfono per registrare la vocc.
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I L i U ~ E r nFUNEBRI
CAPJTOLO TERZO
Fuori dello stanzino d'aperto vi erano i membri della spcdiziorie e le attrezzature della H A I . Ecco ora il lamento...*** Come risulta da questi esempi, il lamento funebre si giova di moduli tradizioiiali alcuni dei quali possono essere adattati a quasi tutti i concreti casi di morre, mentre altri si adattano solo a casi particolari, per esempio alla morte del marito, della figlia vergine, del fratello, del padre e via dicendo. Sulla base di questi moduli tra
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Rispetto ai niodi, il laniento tende a risolvere la spontanea effusione del cordoglio neiie forme stereotipe del gestire, deii'immaginare e del modulare la voce. Ebbene, questo ritualismo dei tempi e dci modi assolve la tunzione di attenuare il dolore riducendo la singolarità della sitiiazione luttuosa nella quale ci si trova. Ogni lamento presenta un aspetto di impersonalità c di stc , appunto pcrché iinpersonalità e stereotipia rjc insopportabilità di trovarci faccia a faccia con - - l a morte che ci riguarda. D'altra parte, una volta presa iesta misura protettiva, il dolore può riguadagnare il ano pcrsoiiale e celebrare quel tanto di libertà e di sin.,larizzazionc chc esso deve avere per essere dolore umano e non spasimo bestiale o follia. Si ascolti ora iin Iainento funebre rumeno della famosa raccolta Bartòk e si osservi come ne1 solco vincolante della tradizione la lamentatrice riesca a versare in modo personale e con piena partecipazione umana il suo dolore pcr la morte del marito...""" Quando la capacit & di elal E e Ji int erpretazio.lI _l:_ dei niodiuii crauizionali ragglungc \in graao molto alto, illora la lanientatrice sa piangere bene; il suo intervento è ichiesto nelle veglie funebri, e i suoi lamenti sono tramanlati di generazione in generazione. Una lamcntatrice famosa della liussia zarista, Irina Fersova, ch e Gorkij ascoltò nel r 896 alla liera di N i h i j ricordava trentamila versi tradizionsli di larnenlr, e aa questo pacrimonio attingeva, variando, interpretando o inventando secondo lc circostanze. Ecco un suo lamento p r la morte del marito ubrincone. L _ _
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Guardami Signore Iddio, mio Signore Dall'ar~g~drare agli a l h di uivrre per tanto tempo con un ubrincofradicio Così come ho vissuto io pmeretta, con .unpadrone dirsennato
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I LhMENTi FUNEBM
0U)lTOLO TERZO
O quante orten!e ho afiravmalo, quante volte ho atteso alla loro porta Quante volte ho tremato quando prendeva la settim~na Quarltc 0 0 l t ~l'ho pregato, scongiurato Quante uolte mi ha coperto di ingiurie Quante volte mi ha coperto di hotte li svergognata dovanti alla gezte.. . La capacità di riadattamento dei temi tradizionali a costanze nuove è pressoclré illimitato, come mostra il,,,L della lamentatrice Krujcova, che piegò i vecchi moduli del lamento funebre in occasione deila niorte di Lenin.
I cbiae occki si sono cl?iusi Le mani bianche si sono irrigidi~e Nella sua tunica militare egli donne Per rton svegliani p i i Anche tra le ooc~airic~ corse ve ne sono a!cune farne alcuni loro voceri più belli si sono tramandati fino a oge Ne1 1830 a Petretto Bartisano, circondario di Sarten la madre del bandito Rinaldo intonò uii lamento funeb sul cadavere del figlio ucciso da alcuni gendarmi, i ucr, ~eurs,al comando di un certo tenente Laurelii. Un pasc di Asco, conosciuto neUa zona con il nome di h a Dascu, ricordava ancora sino al 1950,anno della sua n te, questo uocero famoso il cui testo dice:
O Rinà caro di mamma, io mi sento cenir meno Ma chi l'avrà succhiato il latte, delmio seno? Ilsangue delle mie venefeconda oggi il tetreno La sera, utidici ore,fu ordinato ilmacchiavello In piazza i gertdanni con il tc.nente Laurelli Cantaua ilgufo, rispondeva~ogli altri uccelli Ed ecco ora il lamento secondo l'interpretazione del vecchio pastore corso di Asco.. ."""
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Il rituale funerario arcaico P dominato da un momento caratteristico: il terrore del cadavere e il bisogno di interrompere il contagio magico che dal cadavere procede. I1 cadavere succhia il vivente, lo crascina con sé nel cilo abbraccio, ruba l'anima, isterilisce le donne, spegne la capacità virile, secca le piante, ritorna come spettro a turbare i sogni dei sopravvissuti. I1 rituale funerario arcaico protegge i vivi da questi pericoli ed è quindi orientato in un senso diverso da quello che noi chiamiamo «la pictà verso i defunti». I1 lamento funebre partecipa anche di questa ideologia arcaica della morte e ancora oggi, nel nostro folklore, ne conserva alcuni tratti. Cantare il lairnento è: un dovlere verso il morto, non in senso morale, ma in seinso magi,C 0 , pcrché solo così il morto si placa e si conciliaI con i vi.vi. .l murro ~ u c ~ o Spesso nel testo letterario si esibisce al che si è fatto in occasione della morte e si chiede un segno di gradimento e benevolenza. Sorto questo aspetto decisameilte arcaico, il lamento iunebre tende a diventare un incantesimo della morre, un csorcismo della siia p r e m a nefasta, un rapporto con altri temi ideologici delle stesso genere, come per esempio le pratiche dtxtinate :id affrettare la morte del moribondo, il divieto rJi pronui~ z i a r eil nome del defunto, i rituali a volte assai L- -O- -Il -I-~ ~ I C >per S ~ separare i vivi dai morti. Così il lamento funebre abbraccia una serie di manifestazioni di cordoglio che al grado più basso si confondono con la magia e con l'esorcismo e al grado più alto attingono quella pietà verso i defunti che già fu cantata dal poeta come fondatrice di ciuilrà.. .""" ---LA.-
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Daldì che nozze e tribunali ed are Diero alle umane belve esser pietose Di se stesse e d'altr.ui, toglieano i r;ivi AI['etere maligno ed alle /ere I miserandi uuami che Aratura Con veci eterne a sensi altri destina
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Le colonie albanesi calabro-lucanc"
Nel 1534 gli albanesi di Cororie, nella penisola Corea, cssendo la loro città caduta nclle inani dei turchi, ottennero dal viceri., Don Pedro di Toledo, di essere accolti ilell'ltalia meridionale C in Sicilia. Imbarcati su duecento navigli, essi veleggiarono verso la nuova patria, portando con sé il patrinionio feudaIe e le tradizioni della vecchia Albania. Un canto, divcnuto tradizionale, ricorda questa migrazione dei 1534:
Oh mia bela Morea
Da quando ti ho lasciata non ti ho vista piiì Mio padre è hfiiii, mia madre h laRgi2,hai& sono i I fmtelli
La migrazione del I 5 34 non f u la prima degli albanesi in Italia scbbene fosse l'ultima di iina certa corisistenza. Quasi un sccolo prima, ne1 1443, Alfonso V d'llragona, per consolidare il regno di recente acquistato e per domare la Calabria in rivolta durante il conflitto con gli Angioini, si risolse a chicdcrc l'aiuto di milizie merccnaric albanesi già famose in queI tempo in Europa. In cambio dei servizi resi ad Alfonso gli aIbanesi ottennero il permesso di staiiziarsi in Sicilia e in Calabria. D o p la morte " Registrazione del 1954 (durata: 34' stesso arino.
35"), trasmessa il 6 d i m b r e dello
di Giorgio Casuiota Scandcrbeg e l'assoggercamento dell'dbania da parte dei turchi, il flusso migratorio vcrso l'Italia riprese con rinnovato vigore dando origine alle colonie della Terra d'osranto, del Foggiano, del Molise e aumentando la cotisistenza delle colonie già esistenti in Calabria e in Sicilia. La venuta degli albanesi in Italia si ricokga dunque a rneniorie civili e guerriere di u n ' e p a ben definita della storia d'Europa, ci02 alle vicende interne del Regno di Napoli, al primo insediamento della dinastia aragonese e al grande urto tra l'Europa cristiana e la Turchia musulmana, dominato dalla figura di Giorgio Castriota Scanderbeg. Gli albanesi in Italia sono oggi circa 80 ooo, raccolti zr la maggior parte in Calabria, dove formano un'unità :iiica, lingtlistica e culturale abbastanza compatta e con una sorra di capitale religiosa e adturale che 1. San Demetrio Corone. Ma la tenacc pernistenza della lingua e dcllc memorie patrie non impedl agli albanesi d'Iralia di fondersi di latro con la vita e le vicende della loro patria d'adozione e di inserirsi gradualmente nella sua storia civile, politica e culturale. Agtsilao Milano, impiccato a Napoli il 13 dicembre 656 per aver attentato alla vita di re Ferdinando di Borone, era un albanese di San Benedetto Ullano e Francesco Crispi fu di origine albanese. L'importanza delle antiche memorie ciilturali acquista un significato particolare per le minoranze etniche e le minoranze albanesi in Italia si tennero fedeli a queste memorie che, insienle alla lingua, rappresentavano la disseminazione albanese fuori della madre patria. Il maggior letterato iralo-albanesc, Girohmo de Rada, fu perciò anche un raccoglitore di canti e di tradizioni popolari. Questi canti e queste tradizioni sono oggi ancora vivi nelle colonie albanesi calabro-lucane che dispongono di un folklore relativamente ricco e ben conservato...""*
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ChPITOI.0 QUARTO
Dice il sernicoro dello sposo: I1 folklore italo-albanese più aratteriscico è senza dubbio quello delle nozze: tutte le fasi del cerimoniale nuziale sono sottolineate dal catito e dalla danza, per modo che il passaggio della coppia neUa nuova situazione sociale, la rottura deglj antichi legami e la istituzione dei ~iuovisono inseriti minutamente neiia vicenda rituale. I due seguiti, dello sposo e J e i h sposa, si mantengono inizialmente nettamente distinti; la sposa circondata dalle parenti, dalle comari e daiie amiche è pettinata e vestita in attesa che giunga il corteo dello sposo. La pettinatura e la vestizione sono un atto rituale consacrato ed è accoinpagnato dal canto.. .*** Anche i sentimenti che in occasione del matrimonio si risvegliano nel cuore deila sposa e della madre deiia sposa trovano ~~n'esprcssione consacrata che è verso e cantcb; ia sposa esprime il dolore di abbaildoriare il focolare do1nestico e.quasi ne muove rimprovero alla madre:
Oh mamma, che cosa ti ho fatto? Perché mi hai folto dalfocolare tuo? Qualè, qual è la mia colpa? Perché nzi dividi dai parenti? Oh, &i parenti edal focolore tuo...*** Persino il pianta della sposa avviene ritualmente, a momento prescritto dei cerimoniale. Stimolata dal ci delle donne, la sposa deve piangere solo in quel mom * t0 ... " " 'L .L
Quando sopraggiunge il corteo del10 sposo viene sir lata una sorta di resiscenza cerimoniale da parte dt sposa e dei suoi parenti; la porta viene chiusa con i lenza e ha inizio un coro alterno fra il seg~litodella sposa all'interno deiia casa e il seguito dello sposo davanti :-11.. porta sprangata.
Alzati tu, oh cordottcino d 'oro E ujenirni incontro Risponde il semicoro delIa sposa:
Cbi P questo figlio di cane E il scmicoro dello sposo, alquanto risentito: Xon sono né cane, néfiglio di cane Sonfiglio di signori.. .*"*
I1 contenuto del canto alterno tra i due sernicori può variare; in ogni caso si tratta di una tenzone drammatica in cui viene simulato un assalto e una resistenza, come per esempio traspare da un testo raccolto i n San Costantino Albanese. Il semicoro della sposa chiede: Che cosa sei venuto afare?
E il semicoro delio sposo: Son venuto perché è mio diritto (semicoro deUa sposa) Pretendi forse qualche ~ibuinettada noi.? (scmicoro dello ! Fa presto, fa presi
Parroco ci aspcttg
(semicoro della sposa) Ancora un pochino, la sposa non si è messa k calze Una volta esauritasi questa vicenda rinialc, che è. probabilmente il residuo di un antico matrimonio per ratto, la porta vicnc aperta t i due seguiti fiiialrntnte si uniscono, formando poi il corteo nuziale che si awia alla chiesa. Risplendente nel suo costume, la sposa esce dalla casa paterna e ancora una volta il verso c il canto sottolineano la nuova fase della ccrimonia. Il corteo nuziale è in caninuno verso la chiesa, il canto accompagna il corteo.. .*"*
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CAPiTOLO QUARTO
Altre cerimonie hanno luogo dentro la chiesa; al centro del tempio, attorno a un tavolo si dispongono gli invitati. I1 sacerdote compie il rito della imposizione della corona sul capo degli sposi e della offerta alla coppia di pane inzuppa to nel vino. Ultimo atto del cerimoniale nuziale è il banchetto " dev'esscrc, per quanto possibile, esemplarmente abbc dante, come lo erano i banchetti di Scanderbeg, che 1 quantità e forza di cibo possono a buon diritto c s s c ~ ~ chjamati eroici. Un antico canto che ritrae Giorgio Castriota nell'atto di divorare lepri, castrati e costate di vitella risuona ancnr oggi nei banchetti nuziali italo-albanesi.. .*** Anche le danze che accompagnano i1 cerimoniale dt nozze ci riportano alla vecchia Albania guerriera e feudale, con i suoi signori che erano capitani di milizie mercenarie e con i suoi servi che erano s o l d a i La cboca, che è una danza tradizionale albanese, ricorda la vicenda di uno di questi soldati a nome Costaritino. Lo scenario, con il quale il canto ha inizio, è uii accanipametito di soldati di ventura da ben nove anni impegnaci in imprese guerresche; è nocte ct I'accampamento è immerso nel sonno, ma Costantino, il soldato Costantino, veglia e sospira perché ha saputo che la sua bella sta per andar sposa a un altro Capitano-Padrone sente quel sospiro e d'indomani dà 1 to alla sua tromba, chiama a raccolta i servi e chiede lo
Miei semi fedeli, ieri notte o mezzanotte, chi E stato o sospirare? Saputo che era stato Costantino lo inahda a chiamar+magnanimamente gli concede di andarc al suo paese j impedire le nozze dclla donna amata:
Prendi noue chiavi e noue coltelli Monta sul cavallo nero come l'rrli~o
p
Mettigli la . q l i a dJaaento e la cauczra d'oro e utz! Coni al trro pame, doce è la sposa tua! Costantino monta sul cava110 c via di galoppo vcrso il . . segni d ella tragedia 7iIIaggio; lungo il cammino ii :he sta per consumarsi; su( padre (t sua maidre hanno .. l'.. ibbandonato il villaggio e vagano uisperaLi pcrché la pronicrssa sposa è statai sottratt a con la violenzaI al loro f igli olo; infirie Costaritino irrcjmpe nel villaggio ,proprio al m(m e n t o i!n cui si s i:anno ce1ebrando le nozze. Ecco10 in chiesa per farsi giustizia da sé; la sposa, alla vista di Costantirio, grida: -
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--...L.
l
Oh Costantino,. .fedele mio
Oh Costrzntino, ccvano prit m...***
Alla vigiilia delle nozze, crerso sera, le donnc cantano danzando la- carqrnrt davanti alla casa della spusa. I1 tema è dato dalla figura della sposa come regina alla quale si va a rendere omaggio..."*" -A-A-.-.
N t r a danza d'omaggio vi ene resa alla sposa nel pomeriggio del giorno di nozze ...'k e: <:
In generale il ritualc di nozze, così come sopravvive ancor oggi nelle popolazioni italo-albanesi dei paesi d d a Calabria e dclla Lucania, appare come il riflesso di una società feudale ormai da tempo tramontata. Qualche lontana eco di tale società traspare anche nel lamento ftine- bre, soprattutto per quel che concerire un certo colorito epico nella narrazione della vita del dcfirnto c nclla pro+ diga esalrazione dei suoi meriti. Ecco come uno studioso tedesco, il vori I-Iahn, descrive l'antico lamcnto fiincbrc albanese, così come ebbe occasione di ascoltarlo nella stessa Albania: I lamenti cuncbri consi;rotio in prti a solo e in cori; una voce curnincia e cun un tono, a Iuogo protratto, mantcriendosi seniprc suiia stessa nota, lamenta il suo dolore in v e n i C in prosa; per esem-
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CAPITOLO QCARTO
«Ohtii, figlio mio, perché mi hai abbandonato?»; p i il suono trapassa nella quarta maggiore o nella qiiinta e ha inizio un di stico pio:
in vcrsi, al qualc, a un scgtio dclla maiio, si accoinpcigiia i coro delle altre donne. Appena il coro ha terminato, la voce assolo prosq lanicnto ricIlo stcsso torio cii prima. seguito quindi dal coro c! cosl via. A Lin certo niomenro un'altra donria, con un segno dclIa niano, i~itcrro:iipe la laineiiratricc e proseguc cssa ~:cll'assolo. Il distico cantato dalla nuova lamentatrice e qirindi da1 coro cambia di cc3nteniito e il lamento prosegue con qucito successivo interven to di varie lan~ciitatrici.I1 laiiienro viene cantato dal corteo delle d onne anche d u r ~ n t cla sepoltiira e viene ripetiito i11alcunericorrenzr :. per escmpio nel tcrzo giorno dopo la sepoltura. Nella casa del defunto le lamentazioni proseguono per quaranta giorni, specialmente all'alba deltc doiiictiichc c dci giorni festivi.I
Questa descrizione dello H a h n riguarda, cornc si 2 dctto, il lamento funebre iri Albania; ma il costume si è niantenuto ugualmente neUe colonie albanesi della Puglia, della Lucania e della Calabria. Ecco come si piange a T..fizi una giovinetta morta nel fiore degli anni:
Figlia, vittorìa nostra, che coJa ci hai fatto. f i g l i a Oh, che bufera abbiamo patita Abbiamo chiamalo quattro medici per te Ma non valsero né medzci né medicine Figlia, vi t foria nostra,figlia, rosa damaschiva nostra E OM ti abbiamo perdata daldesco E ora ti abbiamo perduta rlalla sedio E ora ti abbiamo perhta dalfocolarc Con le tue mani di oro dipingevi i l sole e Ij luna Figlia, vittoria nostra
I1 testo vorrebbe quasi giorificare questa giovinetta dalle mani d'oro, splendente come una rosa di damasco. nia di tanto in tanto il canto delle lamentatrici del coro è in terrocco da una esplosione parossis t ica di disperazione, anch'cssa del resto iricarialata, per quanto possibile, in modi
' [J.G. von Hahn, Ahnesiiche SIwJjen, vol. r , Jena 18541.
rituali e consacrati. Ma ascoItiamo questo canto d i Cartizi, nella sua reale esecuzione.. .*** Il lamento funebre albanese, conle canto guidato siiccessivamente da varie lamentatrici, alle quali si unisce periodicamente un coro di donne, ha una larghissima diffusione non solo etnogratica, ma anche storica. 'l'iitti ricorderanno le lamentatrici che si avvicendano nel lamentare la morte d i Ettore, ciascuna delle quali si abbandona al suo lamenro, <{nieiitre- come dicc Orncro - facevano o con i lamenti le donne». Ma lasciando da parte questi mtri esempi classici, nei quali il lamento funebre appare epicamente trasfigurato, il costume d i «cantare il morto» era ancora rivo in quasi tiittc 1c plebi rustiche d'Europa appena iin secolo e mezzo fa, e oggi si ritrova ancora in Puglia, in Lucania, in Calabria, in Abruzzo e i n rdegna. Ecco, per esenipio, u n lamento corale di Sejc, in Lucania, raccolto nel 1954...9:"" n
Accanto al lamento funebre corale, le colonie italo-albanesi conoscono anche un rnodo essenzial inente individuale di «cantare il morto s nel quale l'intervento corale o ha urla funzione irrilevante e secondaria o è addirittura del tutto assente, come in questo lamento di Castrare- gio...*** I n generale, sia il lamento curale che qiiello asso10 non tio rra loro indipendenti e irrelativi; nel lamento fune- e la coralità ha una iunzione precisa, ci05 aiiita a pian;ere la lamentatrice, così come la larnentatrice fa d a guida iii'espressione del dolore collettivo. Vna riduzione grottesca del pianto funebre è il lainerito per la mortc di Carncvale, costumanza che è ancora viva a San Demetrio Corone e, probabilmente, anche i n altri villaggi italo-albancsi. Lom'è noto l'odierno Carnevale non è che la trasforma>ned i antichi cerimoniali pagani connessi alla morte e
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CAPl"i~L.0QUARTO
alla resurrezione dello spirito della vegetazione. I1 fantoccio che oggi rappresenta Carnevale e che al termine di una gaia cerimonia viene bruciato o sepolto, fu in passar.o la rappresentazione simbolica della forza vegetale immersa nel sopore invernale e rinascerice in primavera. Dcll'antic0 valore del rito non resta quasi p i ì ~nulla nell'odierno Carnevale, rna il lamento funebre per la morte di Carnevale si ricollcga cerramence a un antico rituale drammatico celebrante la morte del nume. Il la~iientogrottesco di San Demctrio Corone è detto da rm uomo chc rappresenta la moglie di Carnevale, una figura ben nota nel folklore europeo. Il lamento, nello spirito generale della cerimonia, accentua volutamente gli aspetti parossistici della disperazionc lasciando da parte ogni risoliizione più propriamente melodica dello spirito parossistico. Proprio da-questa voluta accentuazione nasce l'elemento grottesco, che ben si accorda con l'atmosfera spregiudicata e orgiastica della festa. Il testo del lamento è quello di una vedova che Iamenta il marito morto:
Scuot~twifondament~! Questi figli me li hai lascioti nudi! Oh, dov'è iiJiumepiÙ kzqo e profondo? M i ci voglio buttare &n!ro DOPPci hai lasciato? Ci hai losciato in tneuo alla stradu... Come dovunque ~rellefornie di vita culturale e folkloristica, accanto agli elcmcnti più arcaici - e tali sono senza dubbio quelli che affiorano nel rituale dcllc nozze e della - morte - ve ne sono altri a carattere sitrcretistico, nati cioè - da una miscela del mondo pagano con quello cristiano. Valga cornc esempio di questo tipo la leggeilda di Lazzaro. Secondo la tesrimoiiianza dello Hahn, in occasione della penultima domenica di Quaresiliia, il giorno dedicato a San Lazzaro, una schiera di bambini mascherati, che agitano sonagli percorre rumorosanente i villaggi al-
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nesi della regione di Risa. Ogni frotta si compone disornatamente di sei bambini, uno dei quali trasporta un nestro per raccogliere le uova che gli verranno regalate; un altro adopera un imbuto a mo' di trombetta e un terzo è mascherato da sposa. E evidente qui il tipo di canto di questua a carattere propiziatorio e magico, e come sia inrito in modo del ciltio esteriore nel ciclo cristiano. Nelcolonie italo-albanesi l'inserzione appare più organica, iché durante la questua viene cantato un adattamerito popolare dell'episodio di Lazzaru. AJla morte e alla resurrezione della natura si è sostituito il tema della resurrezione di Lazzaro, simbolo cristiano della vita eterna:
i Iniò Cristo e andò alsepolcro da solo o chiamò per nome una volta sola Ilrafi, oh Lazzaro! Non domire pia Sotm tre giorni che dormi sottoterra Tuttavia, la trasformazione cristiana del vecchio rito pagano non è in questo episodio così profonda da risolvere turti gli eIemcnti arcaici su cui si è inserita e quel Lazzaro che dorme sottoterra, e che da Cristo è chiamato a nuova vita, consen7aancora una eco lontana del nume della vegetazione che dorme il suo sonno invernale e che risorge a primavera con il ridestarsi della natura. L'antico tema magico e propiziatorio ancora traspare nella chiusa di questa leggenda popolare italo-albanese:
Ctisto questa Pasqua è con noi Tuth i campi ci benedice Molti bozzoli nelle ccsle iMolto olio e molto grano E vino, guanto di acqua in zrn fiume ...'**
Per ritrovare il tema centrale del cristianesimo nella sua purezza occorre lasciare qiiestc forme piti o meno
C U i T O L O QUARTO
LE COLOh'IE ALBANESI
contaminate d i lerteratura popolare sacra e ascoltare il grande annunzio della messa pasquale, celebrata con rito bizantino, nciia Cattedrale di San Demetrio Corone:
Chiesa, furono tollerati come semplici giuochi di Pasqua, come appunto nel caso del giuoco d i Macchia Albanese. Altre voltc il processo d i trasformazione cristiana è andato niolto più innanzi, dando luogo a prodotti culturali siticretistici, come nel caso deI Lazzaro. Particolarmente ricca è, nel foiklore italo-albanese, la lirica d'amore. Le immagini sono quelle correnti nella letteratura popolare d i questo tipo: I'aniata è simile a una corona d'oro che illumina il mondo, risplende come la neve sulla montagna o è paragonata alla pernice che sta acquattata, tinioroca C aggressiva, fra l'erbet ta dei campi. I1 pregio di questi canti non sta in generale nel testo letterario che, considerato in sé, può apparire una povera cosa, ma nella loro reale esecuzione cume canto che si eiionde nelle allegre brigatedurante le serenate o nel corso di una festa o di un banchetto che ha rinsaldato i vincoli di arnicizia e d i fraternità. Si ascolrino questi canti, eseguiti d a quattro voci maschili e chitarra:
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Crisro è isortu dai morti Con la morte calpestando la morte E concedmdo la vitu a colotn che giacevano nei sepolcb.. . Eppure, proprio in occasionc dclla maggiore c e l e b ~ zione cristiana, la Pasqua, affiorano ancora, decaduti a f'c me di semplice giuoco o divertirnerito, antichi residu? pagani della tradizione popolare italo-albanese. In uno di q~icsti giuochi pasquali, ancora in vita a Macchia, presso San De> nietrio Corone, una donna si accoccola per terra a mo chioccia che fa la covata, coprendosi il capo con la gonn Intorno si dispone un cerchio di comari che inizia un di logo cori la donna accoccolata:
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- Cus ;hai qui? - Ho un pomo - Fummelu vedere! - Non posso, 2 rancido Dopo un breve scambio d i domande e d i risposte, le donnc in cerchio danno inizio a un ballo tondo cantato, mentre la donna al centro resta accoccolara, unendosi al canto che simula il verso della chioccia.. ."**
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Questo gioco ha per noi un caraetere equivoco, m origine noli era un giuoco, bensì un rito pagano d i fertil i t i agraria. In primavera, al risveglio della natura, una contadina si accoccolava sul tcrreno per promuovere magicamente la vegetazione. Come la chioccia cova i pulcini, la donna covava il frutto dei caiilpj C nc promuoveva la fertilirh. Con l'avvento del cristiariesimo questi riti magici di primavera furono aspramente conibatnrti e, quando non si lasciarono trasformare dall'opera incivilitrice della
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Ohjo;lnciulllu,/;1~lciulhche visplmdi... *" * Dal monte è scesa una nuvola nera.. .* * * Lo luna in questo uialetto esce moDo tardi..."* * Per quanto il folklore italo-albanese presenti elementi suscettibili di adattamento aila situazione storica e sociale attuale, in genere è d a dire che 2 abbastanza stridente il contrasto tra tale situazione e le forine tradizionali di vita culruralt. Si tratta, come si è detto, di mcmorie che rispecchiano altri tenipi e irn altro ambiente, di cosrunianze nate nelIa cerchia feudale di signori ricchi e po[enti, e adottate poi, c mantenute, dalle popolazioni albanesi in-imigratc in Italia. Dal tempo di Giorgio Castrioia Scanderbeg e della lotta contro la 'I'urchia iiiusulniana o delle vicende dinastiche del Regno di Napoli sono passati
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CAPITOLO QUARTO
quasi cinque secoli e oggi gli italo-albanesi appaiono ormai inseriti nella realtà sociale ed economica del Mezzogiorno d'Italia. Il foiklore è oggi appena un legame col passato, ma il vero leganie è dato dalla simazione della società meridionale alla qiiale gli iralo-albanesi partecipano al pari dei calabresi e dei lucani, dei pugliesi e dei siciliani. Né il folklore fa velo alla esatta visione di questa realtà che preme da tutte le parti; uri antico canto degli abitanti di Castrorcgio, al corifine tra la Calabria e la Lucania, glorificava questo paese, esaltandolo «bello -me ilsole, profumato come una rosa» ...*"*
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La realtà è ben diversa ed è appunto questa realt, modificare ciò che forma la passione più viva degG odierni italo-albanesi, che essi coridividono con tuttc Ic altre genti meridionali e che fonda un'allcanza più moderna ed attuale di quella che si collcga aiie memorie d i un passato ormai sepolto...***
T. Spedizione in Lucania*
L'idea di una spedizione in Lucania per la raccolta del materiale relativo alla vita culturale tradizionale del mondo popolate di questa regione può suscitare qualche riserva e qualche diffidenza, soprattutto per l'impiego, a proposito della Lucania, della parola «spedizione», normalrnente usata per viaggi collettivi di studio in regioni lontane c poco conosciute come il Congo o il Tibct. Ma la colpa non è nustra se gli italiani conoscono qualche volta il Congo o il Tibet meglio di alcurii aspetti deiia loro patria e se oggi siamo ancora nella deplorevole condizione di dover organizzare spedizioni per conoscere la storia e la vita di alciini gruppi di cittadini della Repubblica. D'altra parte noi non siamo andati in quelle zone per gusto del pittoresco o per mero gusto erudito, ma per tcn- = tarc di ricostruire la vjta culturale tradizionale delle generazioni contadile che si sono avvicendatc sul suolo 1ucario.--Noi sappiamo bene che la. Lucaliia di oggi non è piìl, o non è soltanto, passato e tradizione e che qualche cosa laggiù si è messo in movimento, sia pure lento e contrastato. Ma appunto per questo, e soprattutto per rendere tutti gli italiani più consapevoli e più partecipi del movi* La trasmissione (durava: rh 12' 12*) tu registrata e irasmessa rnl r9Sj td è, in assoluto, il primo documento radiotonico che riporti un testo firmato da Ernesto de Martino.
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CAPITOLO QiJiNTO
mento deiia Lucania verso il mondo moderno, ci setnhta venuta l'ora di far conoscere la sua vita culturale più trascurata dagli storici, la vita culturale e tradizionale dei suoi contadini e dei suoi pastori. E se con il nostro racconto saremo riusciti a dare un contributo, sia pure modesto, per il riscatto d d e plebi meridionali dal giudizio mitico che ancora ne danno molti italiani del Sud e del Nord, è lecito concludex che spedizioni di questo genere sono non soltanto conformi alla dignità nazionale, ma costituiscono in certo senso una tes tirnonianza di caldo patriottismo. Finora le cosiddette plebi del Mezzogiorno solio state oggetto djstudio nell'ambito di due distinti e irrchpendenri settori di ricerca: da una parte, sorto l'impulso dclla «quistione meridionale» furono condotte importanti inchieste s d e condizioni economiche e sociali di quelle plebi, nel quadro della societh meridionaIe e della sua storia; d'altra parte, soprattutto per l'impulso e l'esempio di Giuseppe Pitré, sono state largamente raccolte e indagate le loro tradizioni culturali, il folklore - cioè la loro cultura non scritta, ma affidata aiia trasmissione orale e visiva, come si convicnc che sia L cultura in un mondo di uomini che non possiede il mezzo tecnico d e h scrittura. A noi sembra che la separazionc, I'indiperidenza di questi due ordini di ricerche abbia nuociuto non poco aUa esatta valutazione del mondo contadino meridionale e che oggi stia davanti a noi il conipito di fonderli organicamcntc valutando le tradizioni culturali popolari del Mezzogiorno nei loro moltepljci nessi, con ciò che, con rina frase divenuta ormai di i n d a , si suo1 chiamare «la condizione umana o. In conformità di queste premesse, il nostro metodo di lavoro è stato ispirato, nel corso della spedizione in Lucania, a una visione unitaria della vita culnucale: infatti noi ci siamo sforzati di considerare patrinionio meldico, testi letterari, danze, custumanze e superstizioni come espressione di un'unica visione del mondo adottata da certi suati
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SPEDIZIONE
N
LUCANJA
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sociali in condizioni determinate di esistenza, e speriamo di essere riiisciti nel nostro intento almeno in qualche misura. Cogliamo I'occasione per ringraziare tutti gli enti e le sociazioni che hanno reso possibile questa nostra fatica e modo particolare il Centro nazionale di mtrsica popolare ,esso l'Accademia di Salita Cecilia che, in coilegamenro con la mr, ci ha fornito i mezzi tecnici di registrazione.*""
Chi dall'alto del colle di Colobraro ha visto h tragica [valle dei Sinni, ampia, sconvolta. lunare o, percorrendo la strada da Ferrandina a I-listicci,ha rivolto lo sguardo aU'arida creta del paesaggio si rende conto di quel che significa un mondo precario che si disfa lentamente e retrocede verso il caos. Conteniplando quest'aspetto ricorrente del Materano, il tema della nascita sventurata, cosl diffuso nella letteratura popolare dell'ltalia meridionale, acquista per noi il suo esatto significato. Fu un bracciantc di Irsina, che per la prima volta ci cantò la nascita dell'uorno come nodo di assurditi e come maligna inversione della norma:
Quando io nacqui 1Mia madre non c 'era
Era andata a lavare lefasce La culla che mi doveva cullare Era dr ferro .e non si dondoiaua Il prete che cluvaia bnttezrami Sapeva Leggere e non sapeva scrivere Avemmo occasione una volta di incontrare a Savoia di ucania una quasi centenaria, Caterina Guglia. Essa non cordava eesttamentel'anno della sua nascita, ma solo di ;sere nata l'anno del terremoto; ricordava però, con ronta memoria, i versi della nascita come catastrofe:
Qualtdo io nacqui
Mia rnudre morì
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SPEDLZIONE IN LUCANIA
Motì mio padre ilgiomo dopo E anche la levatrice mon' M i andoi a batrerzare Nessuno attorno Ma lasciamo che sia proprio Catcrina a dirci qriesti versi...*** Altre volte, il tema della nascita sventurata si accende di immagini che parlano di una vera catastrofe cosmica che accompagna la nascita:
Quando io nacqui Il mare piìì profondo si asciugò E per quell'a~zno Non ci fu almondo primavera Quando io nacqui Si oscurarono lP stelle E il sole cessò di risplendme oppure:
Lefasce in cuifui infasciato Erano tessute di melanconia e i d i n e il disperato lamento che spiega la profonda motivazione esistenziale di tutta questa tematica deiia nascita sventurata:
Sto a questo mondo come non ci stessi Mi />annomesso nel libro degli spersi I1 tema della nascita sventurata si riflette nelle ninne nanne:
Quando nmcesh fu, bello di mamma Ctisto p'oveva e nevicavn a Spagna dice il primo distico di una tiinna nanna di Pisticci nella qiiale la catastrofe cosrnica che accompagna la nascita è concepita questa volta come pioggia diluviale sui mondo
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e freddo e gelo persino nei paesi caldi come la Spagna, secondo la fantasia popolare; ma neiia ninna nanna prevale il valore magjco del sonno da incantare e l'augurio, anch'esso magico, di un destino fortunato. La realtà dura e sordida deil'esistcnza contadina è sottoposta al sortilegio deii'amore materno:
Domi, figlia mio, d o m i e riposa Letto di mcnìa e cuscino di rosa Il sonno si è promesso, ma non viene Un altro&/io cli mamma se 10 tiene Sonno con sonno vanno combattendo Gli occhi delninno mio si vanno addomentando Chiudili gli occhi tuoi che sono helli Fontana che ci vivono gli uccelli Chiudili gli occbi ruoi che oanno chiusi Rnmi di corulli preziosi Kinna tznnna e ninnn ttennella Cerasa rossa e puma m~nunellcl Puma rumunella della mamma Tempo uenÀ che metterai le rame Dormi mio figlio, lu mamma ti canta Figlio dì cavalieb, nipote di regnanti Fammi il sonno che nefanno i santi Figli son tutti quanti «Figli son tutti quanti»,figqhie son tutte quavrte: questo è d a w e r o l'augurio più alto, il niagico augurio che nel ino~idonel quale taluni stanno come se non ci stessero, scritti nel libro degli spcrsi, tutti possoiio diventare figli e vivere sempre, in ogni momento deiia loro vita, gli uni verso gli altri nella commossa eguaglianza della giiistizia inateriia. AscoItiamo questo incantesimo per tutti, questo universale augurio magico, nella ninna nanna di zia Kosa di Grottole che negli ottant'anni della sua vita ha cullato il sonno di figli, nipoti e pronipoti al ritmo eguale del dondoiio dell'amaca. ..***
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CAPITOLO QUTNTO
Tuttavia, malgrado la nenia augurale di zia Rosa la vita è quella che 6 : svanito il letto profumato di menta e il cuscino di rose, resta la povera culla concadina sospesa alla volta della grotta; dileguato il figlio di cavalieri e il nipote di rcgnariti, resta una fragile esistenza nellc fasce tessute di melanconia. Gli anni dell'infanzia contadina trascorrono ttroppo presto e l'epoca dei giuochi è troppo breve; c'è appena il tempo di qualche semplice giuoco infantile:
Sotto a chi tocca La vitd incalza Tocca a te R occo Oppure a te, Rosina La cita incalza Ma ciò c l ~ cpuò toccare a Rocco e Rosina quando diventeranno grandi è una vicenda sempre uguale: è la vicenda dell'amorc, dclla fatica e della morte. L'amore, trepida attesa per la donna, nella cui fantasia l'uomo che Ie toccherà in sorte, e che ancora non conosce, si raffigura come un nibbio che vola a largtii giri per l'aria e si appresta a piombare su di lei, come in un giuoco campestre delle donne di Grottole.. .**"
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SPEDIZIONE 1N LUCANIA
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legar10 a sé dato che il costume paesano le vieta di alzare lo s,wrdo su di un tiomo. La ragazza ricorre allora a cerci atroci intrugli di cui taccremo la composizione, consacrandoli in chiesa al momento dell'elevazione con scongiuri tremendi, quasi iurenti, come questo:
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San~ue(le Cristo, Demonio Attaccarne u chisto Tanto Jme attaccà Che de me non s'ha da scordà Sangue de Cristo, Demonio Attaccami a questo Tanto lo devi uttrlccare Che di me non .s'ahhia a scordare Oppure l'incantesimo d'amore assumer5 la fortna appassionata e tuttavia gentile e maliziosa di questo canto al lavatoio delle donne di Colobraro:
Dammelo amore, ilfazzo(ettino Quando lo porlo alfiume a lavà Poi te lo stri.qo su una pictru d'umore O ~ nstricuta i lo v02 /io vasà Poi te lo spando in mezzo a duefiori Vento d 'amorefallo asciugà Poi te lo sriro colfeno a vapore Ogni stirata lo voglio vasi Poi te lo/accio pieghine pieghinr Ognipiegbina un bacino d'umor E poi te lo porto la sera all'oscuro Cori h gente non potc par.& Poi te lo metto sofloal cuscino Stu fazzole t lo potesse parlà Rla non soltanto per le donne l'amore è incantesiiiio, potente magia che si dispiega nella formula c nel canto; anche per l'iiomo I'espressione tradizioiiale del senti-
Quando l'angoscia per la propria sortc di donna diventa più intensa, la giovinetta da marito porge l'orecchio al canto del cuculo e chiede il responso:
C ~ ~ u lche o , assomigli o pignotello Quanto debbo ospettà pe' asé l'ancL?o Se l'uccello tace vuol dire che il nibbio è vicino, sta E calare su lei, ma se risponde con una lunga serie di cuicu allora significa che molti anni pasceranno prima che po:csa sentire il fremito d'ali dell'uccdlo di rapina. Viene il tempo in cui il cuore della giovinetta si accenae per qualcuno, ma come costringerlo a &chiararsi, come
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mento amoroso appare in qualche modo legata al mondo oscuro deile forze magiche, da sottoporre all'umano con-
troiio. I1 grande incantesimo maschile è la serenata, nella qiiale il giovane versa tutto l'essere suo con una intensith che sfiora I'iricantesimo magico e che si suppone dehba " avere effetti irresistibili. Ecco il resto di una serenat tirottole:
Vengo a cantà ca' site corcata Cu' una stella lucmte voi dormite Quando rlomnattina voi vi alzate
Vi troz;atem li occhi a c a h i t a Andate a 1t~bacile C vi h a t e Bianco huak e rosso mettere At~datea la tovaglia e vi pulit~ Non vi pulite cchiù ca scumpante A ndate a fu specchiale e vi mirate Non vi mirate cchiù, bello pan'te Andate a la finestra e v 'aflacciate Li mci de lu sole voi facite
Ma come lungo e conteso è il cammino per giungere alla lunga e sospirata effusione amorosa, la dimora della bella si configura alla fantasia dell'amante come un gigantesco palazzo a cui neanche il Sole può arrivare C chc lui, povero ragazzo innamorato, dovrà pur scalare:
Madonnota, quanto è ìrtu >tupalazzo Manco fu Sole fu pote anivare cod comincia una serenata di Ferrandina; ascoltatene il bellissimo tema melodico, non importa se cantato da una donna...""" Spesso Ia galera, la guerra, la morte intervengono a sconvolgere i progetti umani e a separare i due arnaiiti. La galera:
Fmata ca ' la noite stai inserrata O ~phitlomoaperio mefai mtdn Fai murì gli amici e li parenti
Fai murire a me, povero amante Funesta famme a me d'ambasciatrice Fammela aflacczà la car(1pace Fmitemela aflacciù, pc' carità Quand'elia purh t.pui vc ILZtrasite A'on se può affncciù,sta impedita Sta molto cosh.etta, carcerala Carceratcli mia, carcerdteli IMO' li cuinpa~nituoi so' le cancella ,a guerra:
Domani poi domani aggia a parti Domani sera un saccio a do ' tniscure a morte:
Fenesta ce' lucive e mo' n m luce
I1 tema melodico di questa Fenesta ca' lucice è assai probabilmerrte la forma popolare prcbclliniana da cui Bellini attinse. Altre traversie d'amore possono capitare ai due amanti oltreI alla galera, alla guerra C alla morte: per esempio l'imposi:zione del padre di lei a noti sposare l'uomo del cuore c a s posare ~ un uomo chc non ania; la canzone d i Fronda ivo riflette una situazionedi questo tipu. E una canzopico-lirica il ciii ccntro d'origine C probabilmente da a r s i ncU'Italia centrale e la cui area di diffusione fino)ra accertata si spinge nel Nord fino in R o m a g i ~ ae i n Iscri;a e nel Sud fino alla Puglia e alla Lucania. FI-onda d'Ulivo, che è appunto l'eroina della versioire Iucana che abbiamo raccolto, riceve dal padre l'annunzio di disporsi alle nozze:
Frnnne dJalia,auaccate li trecce CQ' lu tuo padre /e vole marztrài
CAPITOLO Qmm
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Pa&; bhi,dimme u ci me dai A Contu Maggio nun h vogkihio io Che Contu Scello è l'amore mio Nclla versione marchigiana, Coniii Maggio diventa Conte Marco, Contu Scello Conte Gnagni e Fronda d'Ulivo Nardolina; nella versione umbra Contu Sccllo è Conte Gelli, mentre in quella Romagnola è niente meno che il Conte Cembalo, Come che sia, nella versione originale ci dovcvano essere una ragazza e due conti; lasciamo da parte i loro nomi e torniamo alla versione lucana. Diinque, il padre aveva ordinar0 alla figlia di sposare Contu Maggio e la figlia, benche amasse Canru Scello, ubbidisce; ma la ragazza cova un suo piano di ribellione all'imposizione paterna. La canzone narra che il ~natrimonio quindi viene celebrato e raffigura la scena della prima notte: Finnate, Contu Magqio, nun me toccà Aggio fafio lu vofoa Santa Rita Ce meface rta tre notti zita
Inucce di tre, pi~liafinequattro Restituisce lu voto a chi I'haìfano Contu iMaggio rassegnato rinunzia ai suoi diritti rnsritali e si addormenta, ma Fronda d'Ulivo, approfitt:ando del sonno di Lonzu Maggio abbandona il Ict to e via diLcorsa al castello dell'amato Contu Sccllo. Nel corso della norte Contu Maggio si svegha, grida alla madre di accendere la candela, perché la stacca, cioè la giumenta, è fuggita:
O mamma, mamma, allurna lu candelotto C'aggio perso h stacca stanotte
SPEDIZT0,NE IN LUCANIA
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Conru Scello:
O Conlu Sccllo aprimi Zc porte 'Ca so' scappata da la malasorte Quando eri ziielh tu non m'haz va~uco Afo ca ' sì maritata sii .venuta
Zitella ero e zita sono ancora, se non so zita Troncarne la vita Contu Scello commosso apre a Fronda d'Ulivo le porte -1 suo castello e intanto Contu Maggio arriva affannato aste110 di Contu ScelIo:
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Ohfi&iu, figghiu santu ti vuoi cede' Manco 'nadonna a lato sai tmé La scena della canzone cambia ancora e raffigura Fronda d'Ulivo che intanto ha raggiunto iI castello dell'amato
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O Contu .Scello aprirne le poute Che agio pmo la stacca rtlrnotte è stacca h porta h sella Fronda d'alia è giuntu al mio castello Ed ecco vra il canto di Fronda d'Ulivo, così come lo !VOTI
abbiamo registrato a Pisticci. Da notare che i singoli personaggi deiia vicenda non sono interpretati da singoli cantanti distinti: due voci femminili impersonano il padre di Fronda, Contu iMaggio, la rnadrcdi Contu Maggio e Cotitu Scello ...*"" Zuando, dopo avere sfidato la galera, la guerra, la morle alrre traversie d'amore, gli amanti si trovano finalmerite l'lino di fronte all'altro resta ancora tutto un cerimotuale da consumare prima deUa sospirata effusione amorosa. L'amplesso, coiiie la nascita, come tutti i momeriti critici dcll'esistenza è esposto a particolari rischi niagjci, aUe forze oscure dell'ilividia e del malocchio e va pert anco difeso e protetto da questi rischi. Ma anche indipcmdenteinente da essi, all'effusione amorosa non si giurige prima di aver recitato una comniedia rituale in cui ajl'u iomo è assegnata la parte dell'eroe intraprendente, donna queUa dell'eroina che si sottrae e si scherrniscc ocando. Rcsta però inteso che, recitata la comniedia,
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CAPITOLO QUINTO
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scontato il ccrimotiiale, il destino d'amore si compie e potrà essere addirirtora la donna, in tutta semplicirà, a sollecit:irlo. Si ascolti questo canto della colomba, diiiuso anche in Lucania:
Vola colomhd, U O ~ Uqndnto ~ i t oVO& i
],i2 alto delle stelle t?on ci puoi andà E io da cacciatore ti vengo a sparà .Te tu da cacciatore mi uieni a sparù io mi focciri suora c alcottvento me ile andrò Se tu tifai suora e alcont:ento devi sta E io dujraticello ti cenò a confessà Se t14da firiticello mi t'ieni a co?ifersu lo mifaccio rosa e al giadiro m e ne andrò Se t g tifai roxa e algiardino devi sta E io da giardiniere ti zjeqo ad annacqu; mi ~iejziad anzacquà Se tu da lo mi faccio pesce e al mure mc ne andrò Se tu tijai pesce ~zell'ac~ua devi sta E io da pescatore ti vengo a ripescà Se tu da pescatore mi vieni a ~iprscà l o mi faccio albero r in compagno me ne andrò
Se tcr tifai albero in cumpagtia d a i sta E io da canzpa,qnolo ti z;cngo o coltivi
Se tu da cnmnpgnolo mi vieni a coltivi lo prendo il veleno e sottena 9nr ne atldrò Se tu preadi il veleno soitewa dmi S L ~ E io da topicello ti ticngo a rosiccbià Comefaccio/accio, mi ~ i e nai n ' ~ à Andiamo amore mio,andifimoci a co~cà I1 canto della colotnba ci aiuta comprcndere quel sottile incantcsiiiio iiiimico del corteggjamento amoroso che
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SPEDIZIONE Ih' LUCANIA
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t la carantella: dal cerchio degli spettatori-attori si stacca a ritmo del tamburello e del canto una contadinella che avanza verso il centro danzando a piccoli passi e soIlevand o Ji poco le cocche del grembiale; subito dopo irrompe nella pista il baileriiio, mentre gli spettatori-attori batton o le mani a reinpo e schioccano Ic dita e mentre le piastre di latta e i campanellutzi di otrone del tamburello scuotono l'aria. D'un tratto si Ieva la voce del contaditio che dirige il ballo: «Come si fa la giara?» Ubbidicrite e plastica 1a ballerina fa la giara al suo cavaliere, cioè danza, tenendo entrambe le mani all'anca in modo da somigliare proprio a una giara. Ecco iin nuovo comando: G Conie si fa la mezza giara?* La ballerina rompe la figura delia giara, rnanticnc una mano ail'anca, ma curva l'altra in aIto sulla testa. Nuovo coruando: «Facciamo u n giro! E iin mezzo giro!D Là coppia esegue inarcando lc mani intrecciate. E infine: c
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SPEDIZIONE IN LUCANIA
CAPITOLO QUINTO
montoni. La povera mogIie Io attende trepidante, dopo così lunga assenza, ina l'incantato marito cnrra in casa scrrza salutare e si siede muto e assente accanto al fuoco. In p c d a al tragico incantesimo dclla solinidine con Ie bestie scambia il pianto del suo bambino nella culla con il lamento dell'agnello nella rete e all'inviro dclla moglie di profittarc delle fresche lenzuola risponde:
Moglie mia vai a coricarti lu Che io h o lascialo i montoni soli Ascoltiamo il lamento disperato dclle dotine dei pastori che deprecano la vedovanza a cui le cost~ingela follia allucinata dei loro mariti.. ."** Questo incantesimo della solitudine che impedisce al pastore di assaporare lc gioie familiari è lo stesso incantesimo che gli fa scambiare la chiesa con un pagliaio, GcsU Cristo con u n capo massaro, lo scalino dell'altare maggiore con la pietra per testare il sale, la sagresria con il locale per salare il cacio, le campane con la scodella per la zuppa di lai te c così via d i allucinazione in allucinazione.
Quannu fu pastore va a h messa La Chiesa gli paria 'u pagliaru E Gesu Cristo lu capo massaro 'Mo se ne va a l'altare rnagqiore Ce bella pieira pe' pesti Iu sale 'Mose ne ua a la via e h Sacrestia Ce helo casolare pe ' salà lu caso 'Mo se ne va solo a u campanaro Ce bella caccaae pe' quaglia lu latte
Fosse morto i l babbo e non l'dsinello T.'asincllo porfava Lz legna e il bahho no
Cosl dice un amaro distico del potentino ncl qiiale, attraverso l'apparente cinismo, si fa Iucc u n doloroso sarcasnio verso un mondo nel quale fatica e bisogno sconvolgono la naturale gerarchia degli affetti. Quando I'asinello muore è lutto cosl grande per il contadino che prcferibile sarebbe stara !a morte della moglie. Uno dei temi più drammatici associari alla fatica 6 la npesta, rapida e spietata dissolvitrice di quel tanto d i speranza che addolcisce la vita contadina. Raccontano i vecchi che una volta, dopo la tempesta, si levava dalle case il lameiito delle donne, un lamento cupo e senza anima, nello stesso merro ncl quale si -piangono i morri. La diffusa credenza che la tempesta sia dovuta a forze aninialesche o diaboliche scatenate per l'aria, trova riscontro nelle antiche tradizioni lucane, ma ncl monda popolare lucano ì. ancora \riva almeno nelle memoria anche un'altra tradizione, secondo la quale la tempesta può essere provocata da monaci e da preti. Secondo quest'antica tradizione quando i contadini negavano ai conventi e ai monasteri l'elemosina di vino e di grano, un monaco si recava di nascosto sul greto di una fi~imarao di un torrente, riempiva il silo mantello o la sua bisaccia d i sassolini, che sarebbero poi divetirati chicchi di grandine, e prendeva poi a ripetere la seguente formula chc lo reiideva capace di sollevarsi in aria:
Monaco saglie e monaco icenne Monaco soglie r monaco scenne '
Questo sinistro incantesimo della fatica, la grande ' diacrice degli affetti umani, trova altri riscontri nell: teratura popolare lucana:
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Contro tanta malignità di irati o di preti incolleriti i contadini avevano però la loro arma di difesa: vi erano infatti dei contadini che sapevanoappticittà lu iempo, precectare il tempo, soggiogare la tempesta. L'appricittatore o soggiogarore della tempesta, sorpreso dal temporale nel corso deUa sua fatica, tracciava per terra u n cerchio o ru-
tieddo, vi si poneva al centro e, tenendo la falce sollevata verso il cielo, mormorava uno scongiuro per effetto del quale il monaco o prete che fosse, o passava oltre con il suo carico celeste di sciagura oppure precipitava, crepato, ai piedi dell'appncittatore. Altre volte la tradizione riferisce di dialoghi concitati tra cielo e terra, fra appricittatori e religiosi volanti, clamorose contese di potenze magiche e di umanissime passioni. Una volta, inentre I'appricittatovc si apprestava a recitare la formula, il religioso si affacciò dalla nuvola e prese a gridarc, livido di paura: e Abbassate le falci, datemi un passaggio! B e i contadini: «Ti daremo uti passaggio se te ne andrai al h s c o n e i1 religioso: «Va bene! » I contadini abbassarono le falci C il religioso passò in tutta fretta andandosi a scaricare nel bosco dove non si vedono né santi, né figure e non si vede cera di creatura. Questo scongiuro per far cadere i religiosi dalIe nubi tempralesche è scato recitato da Caterina Guglia, la quasi centenaria di Savoia, nata nell'anno del terremoto. Se la tempesta è il rischio più drammatico associato aiia fatica vi è un rischio che apparriene alla fatica come talc, soprattutto quando la fatica comincia dall'infanzia e accompagna con la sua asprezza fino a h morte. Abbiamo conosciuto a Ferrandina una iavoleggiatrice cieca, Antonia Rucilento che, tra le molte favole che ci ha raccontato, ci ha voluto narrare anche questa, per metà. storia e per metà favola. Dall'età di dieci anni aveva cominciato a portare pietre sulla testa e cosl per anni e anni finché il peso che ogni giorno le gravava s ~ icapo l le aveva cl-iiusogli occhi ed era diventata cieca. Sul lavoro incombe un'ombra di tristezza, appunto perché non C lavoro, ma fatica. Ecco il canto che accompagna la raccolta delle olive. ..***
Perché tanta uistezzx' La risposta a quesra domanda è forse i11 questo antico canto di Spinoso raccolto per la prima volta circa ottant'anni fa:
Pouero zappatore, zappa zappa E mai la tasca soia denaro porta La sera si ritira ndappa ndappa Se /ma li scarponi e poi re corca Va la sua donna e ali offreil braccio \"attenne, donnu mia, so ' mcrro morto Piglia il barile e vai a prendere I'acqua Mettite /u lutto ca ' io so' morto Al lamento dello aappatc
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quello d d a moglie:
I J ' u ~diventare ~u '~~zralera E no mugliera de uno zappalore Qtrando se brira dafora la sera Se flette a In punduno ca' sc dole C'ha dacrfah povera mu~tima Cu la tmaglia lannettc lu sudore
Un'antica tradizione narra che al termine della sua vita contadino è così stanco che non ha nemmeno la forza di orire e resta a lungo sospeso tra la vita e la morte in una :rima agonia. L.a fatica dui-iquc è intimamente associata la morte e iE lamento per la fatica si risolve nel lamento :r la morte. Esistono ancora in Lucania i lamenti funebri, il pianto metro del morto. Scomparse le lamentatrici proiessioili è riniasta ancora la profonda necessità popolare di angere i propri niorti secondo schemi tradizionali. Il lrdoglio spontaneo, libero, che noil si appoggi sui ritmi escabiliti del piangere t qui in Lucania aricora una difsoltà tra Ic donne. Come se per loro fosse insopportabile angere liberameiire, esse incanalano il cordoglio verso rme stercotipe dominate dalla ripetizione di cadenze, gesti e di immagini.
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CAPITOLO QIJINTO
Questo cordoglio si direbbe senz'anima e affatto convenzionale, se d'improvviso un grido lacerante, frenetico, u n gesto disperato non rivelasse la carica emozionale repressa, appena dominata dalla vicenda rituale. Registrare con esattezza le fasi di iin lamento funebre vero comporta difficoltà tecniche non lievi e d'altra parre la registrazione di un lamento funebre artificiale, fuori dell'occasione della morte, comporta altre difficolth perchC porta male a chi lo canta e alla casa in cui si canta. Quando chiedemmo a una giovane contadina di Ferrandina di cantarci al microfono un lamento essa ci guardò dapprima smarrita, come se stentasse a comprendere: ci accorgemmo che aveva paura. Alle nostre insistenze chiese di potersi ritirarc in un angustissimo vano oscuro, uria specie di ripostiglio per gli attrezzi, e pregò che chiudessimo la porta. Le spiegammo che ciò era irrea1izzabilc perché il microfono non poteva raccogliere la voce al di là deiia p a a chiusa. Infine venimmo a un compromesso: la giovinetta si accoccolò al buio di un angolo del riposciglio, dette la 111ano alla collaboratrice della spedizione - probabilmente per scaricarsi dal malocchio - e prese a cantare, mentre iI nostro tecnico attraverso la porta socchiusa infilò cautamente la mano che reggeva il microfono. Così fu registrato il lamento che ora ascolterete: vi preghiamo di osservare come Ia monotona nenia sia interrotta duc volte da un p i d o frenerico, come se l'angoscia repressa facesse di tanto in tanto breccia nel muro costituito dalla ripetizione rituale.. .""" Con il lamento funebre si chiude il ciclo della vita CUIturale tradizionale del mondo lucano dalla c d a aila bara; tema unitario fondamentale di questo cicli, è la magia, cioè un sistema di garanzie e di compensi per rendere s o p portabile una storia che angoscia. La magia affonda le sue
SPEbIZIONE n 'LUCANIA
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idici neli'estrema precarietà della particolare condizione mana di questi uomini e di queste donne, cioè nel fatto ie questi uomini e queste donne «stanno al mondo coine se non ci stessero», «si sentono scritti nel libro degli spersi,>.In epoche in cui non era ancora nata la possibilità storica di altre forme di lotta, questi individui isolati, soanzialmente impartecipi della società ufficiale, di cui brmalmente erano membri, soddisfacevano, attraverso magia, l'esigenza di lottare in qualche modo per non ;sere travolti dai momenri critici del1'esistenza, cioè l'aiore, la fatica e la morte. La forma più caratteristica di questa passione magica cana è il malocchio ofascinatz~ru.Ilfascinato è colui che 'improwiso, senza una causa apparente, si sente psichiimcnte a disagio in una condizione di maligno impedienro, che può anche fissarsi nella inibizione a compiere 'termina ti atti importanti stenza, I,er esempio sol\vese i doveri della prim a notte. .. l - - - 1 Questo senso di misterioso legarne cne par vincolare il ngue nelle vene e che non è risolubilc per atto di volon, comporta quasi sempre il pensicro di essere influen.to da quaIcuno e cioè il pensiero del malocchio o incia, sia nella forma di influenza altrui inconsapevolmente ercitata sia neile forme di una vera e propria faltura tenzionale. Molto spesso la fascinatura si annuncia col sintomo terno del mal di testa e pertanto gran numero di sconuri sono destinati a guarire da questo speciale mal di sta psichico che non ha nulla a che vedere nella fantasia ,polare con i comuni mal di testa per cause organiche. Uno scongiuro di questo tipo che abbiamo raccolto a ~lobrarodice:
Fascino che vai per la via, da Francesca non ci iue Che E bona nata, battezzata, cresimata Da notare che qui la Cresima e il Battesimo sono conce'piti come garanzie magiche contro il malocchio. Chi ?
SPEDGiIONE iN LUCAMA
battezzato e cresimato è magicamente protetto dal malocchio. Proprio per questa sua interpretazione magica la cerimonia al Fonte battesimale non ha sempre completamente soddisfatto il mondo popolare lucano, tanto che si è sentito il bisogno di un Battesimo aggiuntivo da celebrarsi misticameilte accanto alla culla del neonato, sesond o questa costilmanza, la sera del giorno in cui il Battesimo C stato celebrato. Si dispongono intorno alla culla sette sedie, una bacinella colma d'acqua e un asciugamarii e sulla culla si stende i1 corredino del neonato. A mezzanotte in punto verranno sette fate, si siederanno siille sette sedie e niormoreranno formulc augurali, quindi si alzeranno e benediranno culla, nconato e corredino atriiigend o acqua lustralc dalla bacinella e asciiigandosi poi all'asciugamani. Questo Battesiino aggiuntivo, che potremmo chiamare il Battesimo magico delle fate, gararitisce ulteriormente il nconato dall'invidia e dal malocchio. Dcl rcsto il fatto che i1 Battesirno abbia questa funzione magica & confermato dal fatto che per curare il maialc dal tnalocchio, cioè dal dcperimcnto, si improwisa un Batte: per il maialc, evidentemente per tramutare anche il m; in carne battezzata e dunque magicamente garantita. La fascinatura è la mahttia magica per eccellenza e rutte le altre malattie si collegano alla fondamentale esperienza d i essere preda d i forze occulte e misteriose da idenrificare secondo gli schemi della tradizione e da debellare secondo appropriati rituali ancli'essi tradizionalmente fissati. Ncl caso dell'itterizia o male de1'1'art-o, la tradizione è la seguente: qualcuno si alza la mattina e scopre nella sua persona un inquietante aspetto giallo, tra lo spettro C il cadavere. Ciò vuol dire secondo la tradizione che ha urinato inavvertitamente contro I'atcoba!cno, assumendo in tal modo il giallore che ora gli trasfigura il sangue e la pelle. Per espcllcre il colore maligno non c'è che un mezzo: restituirlo aii'arcobalcno che lo ha trasmesso, tna poi-
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ché non si può sempre avere a disposizione un arcobaleno naturale, vale come cura magica riversare il colore su d i iin arco in muratura che non manca mai nei paesi lucani. Chi è dunquc affetto da irterizia dovrà la mattina, prima dei sorgere deI sole, uscire di casa senza rivolgere la parola a nessuno, anche se interrogata; fasciato d i giaIlo, il povero malato percorre in silenzio le strade del paese finché, raggiunto un arco in muratura, vi passerà sotto tre volte mormorando:
B U O I ~ R ~cumpa' O ~ O , arco T'aggiopurtato lu male clc Z'drco E p i ~ h i a t c114 male de I'n~co Buozrgimo. cnmpa ' arco Con questa operazione il giallo della pelle che proviene dal giallo dell'arcobalcno è stato trasferito all'arco in muratura. Particolare rilievo ha nel moiido magico lucano il monacelh o, come ci dice iri dialctto lucano, monachiccbio. Nella sua forma p i ì ~diffiisa il monncello è uno spiritello domestico dall'aspetto di un batiibiilo ricciuto e biondo e che, come ogni bambino, fa ogni sorra d i dispetti e birichinate. I1 monacello si affaccia facendo sberleffi nei riquadri dei finestrini, ia rovinare piatti e s tovighc, tagliuzza i corredi delle ragazze da marito, suona a mo' di tarnburello con le nocche sulle a s s e , strappa coperte e lenzuola di dosso ai dormienri e cento e cento altri dispettuzzi qualche volta preoccupanti e fastidiosi. Se si riesce a strappargli dal capo il cappuccecto rosso si può poi ricattarlo, chiedendogli in cambio della restituzione del cappuccio cliialche notizia su tesori nascosti o anche, sul momento, un bel gnizzolo di monete d'oro vere e sonanti. I n questa fornia il monacello è uno spiritcllo a cui non si associa mai nella fantasia popolare un senti--cnto di sgurnento o di raccapriccio. Ma non sempre il w;ace!lo ha questo carattere addomesticato, gioviale e
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CAPITOLO QUINTO
innocuo: i peiiosi incubi noi-tiuni dei ragazzi nel periodo della pubertà sono per esempio associati al rnonncello; altre volte questo spiritello ci mette s d o stomaco e impedisce la respirazione, anzi in questa forma più arigosciosa prende anche il nome di gracandulo, ci& spiriteiìo che grava sullo stornaco e che soffoca. Qualche volta, infine, il sereno e salte1Iante monacelh lascia il posto a un vero e proprio spirito malefico che si impossessa della persona e la tormenta. È il caso di una ragatzetta di Savoia, figlia di iin contadino, che un bel giorno cominciò a veder apparire s d a sua veste dei ragli a forrna d i croce e da allora non ebbe più pace. Lo spirito prese a perseguitarla, a lanciarle pietre rncnrre andava a prei-idere acqua, a tormentarla i n mille guise finché la madre, dopo aver fatto ricorso al prete, si decise a rccarsi da una fattucchiera. I1 padre della ragazza vi racconterà i particolari di questa singolare vicenda che per quasi un mese renne in siibbuplio la sua casa:
- Cos'è contadino? - Agricoltore. - Agticoltore, coltivatore diretto. - Sissignore. - Lei ci ha detto un fatto che è accaduto a l;ostrafiglia... come sj chiatna vostrafiglia? - Varalla Raflaeh. - Vostrafiglza? - Sisszgnorc. - Li allora, cos 'è successo a uostrafiglia? - Eh, una mattina, una bclla tnatlina In mamma tm;ò srn kruuolino della culla tagliato. Uno grande in mezzo r quattro pilì piccoli ai quattro angoli delh culla. Ilgiorno successìuo la ragazza era a casa, guarduua un bambino, non c ' m nessuno. LA mamma l'ha hsciato n casa e k~è uenrrta a lavorare e quando è tornata ha trovab la bnmhina con uno svenimento e tagliata lo vesta. iMi venne a
SPmIZIONE IN LUCANTA
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chiamare a me e mi disse così COI?,dice, non si sente bene. Vieni a vedere un po' a casa e allora, svenuta com'era, E'abbia~omessa sul letto e aveva utra croce sopra la vt=stina,al centro delh uesta, davanti. L'abbiamo messa sul letto e non parlava, poi verso la sem Ic abhamn chiesto e Cbe ti senti, che ti è at.uenz~to?»«Ho sentito stringmmi alh gola, ma non ho visto nessunoD, come se si .rcntirse soflocarc. E poi la notk 2 stata senza Foce, la mattina appresso ha incominciato a parlare sottovoce. E dice: «M2 sono sentita stringere la gola, ma io non ho uisto niente, per quale motivo, Ai mi abbia s k t ~ la o goh D. E parhva sempre in sottovc)CE, sempw in . soti01ioce. E il giorno appresIo, I" ,,,,; dumcntavano giorno pergiomo; dauanti, da dietro, ai lati:queste Cfoci aumentavano sempre di piiì. Cominciauano ad appczrire vetro le undici,rnczzugiomo e ueno sera aurnentouano queste croci, rnupgionnente. Dopo ci~lque,sci giorni c/)e Iei st~zvaammalata, incominciarono a buttarle questcl pieìre mentre andaua a prendere l'acqua; la ragazza anduua a prendere l'acqua e si vedevd cascare 'stepietre. E poi abbiamo chiamato il prete, dice: «Sì, ci vengo senz 'altro itz campa,qna, t'engu a fare delle benedizioni; gli iascio un crocifsso, delle immagini egli mando un lihri cino, pqherau; il prete ha benedetto ia casa, ha benedetto ka fi~ntanae poi se n 'è atrdato. Dopo ancora, visto che kr ragazza not?fuariva, mia moglie, domandando in paese, k hanno indicato di ut~darc~ a 1Montesano che lì, dicecano: ci staua m a donna che potrebbe essere adatta per questo male. - Voi avete pe~satoa h fattura.. . - Eh si, dice, yucste so 'fatture... so' cose che non vi erano a curzoscenza, so' capitate... andando a Montesano può iìuni che intrecciate lo strada. Mia moglie si è recata a M onterano, portatzdo con sé un veshtino delh ragazza. - Quello tagliuzzato. - Quello tag/iuzzato, sissignore.. .
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CAPITOLO QCTINTO
- Anche il lenruolo ha portato? non l'ha portalo il lenzuolo... solamente qualche vestitino hgliuzzato dello ragazza ... e questa donna k ha d c ~ t oquesta ha pirso uno spi~itomolto... la ragazza.. . dice, io mi intcrexrerò, rcricerù a P a h a , ai fiati?; di Sant 'A~ztorzio,Ià pig/ierat?nopis~v~iedimet~to. manderanno delle figure, manderanno... voi fate delle ofierte, fate delle cadà ... - Questa magara eru stafapagota anche? - Beh! gli ha dato qualche regalo nzia tnoglie,forse un po' di fowfiagio e ci ha detto pure di prendere I'acqza ranta che l'ha portata pure Don Francesco, I'acyidd santil benedetta e l'ha Iltuasta anche in casa l'acqua santa e g!ie!o ha detta ancbe questa di Montesano. Conte ha detto il p e r e , ha detto anche qz~elladi il4unte~an0(!i pi-tw&re l'acqua santa c di Imcrkr it! casa, dice chc era IIUOTZO; di verc;urnequalche po' (li gocce s:ll!u rapzza. Mjlz moglie ci è andata u iPlontcsa~zo,do questa donna, tre volte. Dopo qualche giorno che era skata a hlontcxuno la ragazza ha cominciato a miglioraw! la voce è toi~atonormaL e lentanzentc è guarita e dopo un po' di giorni ri i) messa a sistema come primo quesu ragazza.
- No,
Senza dubbj.0 rnolro d i questo mondo magico d i pensieri e di esperienze è avviato al tramonto in Lucania: anche riellc zone più arretrate il inondo moderno batte d e porte. A parle l'emigrazione e le guerre, i contadini lucani stanno yartecipando iicgli ultimi vent'anni a esperienze la loro visione decisive che trasiormano deUa vita e del mondo; alrncno gli strati più evoluti sanno ormai bene che per ii~igliorarele foro condizioni di vita e per superare i momenti critici dell'esisrenza nrin giova la soluziorie disperata della magia, nia piuccosto I'isrruzione e la cultura, e soprattutto una coscienza sindacale e politica che li trasformi i n f'orza storica naziotiale.
L e potenze oca~ltcdella magia, il malocchio, l'invidia, la fattnra cedono il posto, nella coscienza contadina lucaalle forze reali che sono il vero ostacolo alla realizzazione di u n mondo migliore. Pertanto lo stesso patrimonio culturale tradizionale comincia a riflettere i nuovi eventi e le nuove esperienze. il Stigliano ci è accaduto di udire il vecchio tema melodico del cupa cupa interpretato da dtie contadini, uno dei quali lo interpretava secondo il più rigido stile tradizio--le, mentre I'aicro che aveva combattuto in Francia con illaquis e che con i partigiani a17evacantato il famoso ro Fischia ilvcnto urla la bufera versava nell'alitica canzone di questua della sua terra la sua iiuova esperienza canora e dalle viscere stesse del canto di qiiestua tradizionale insorgeva, chissà per quali scgrctc vie d i melodica rimenerazione, un accento che ricordava il carito partigiano ; d i a Ì!uento urla la bufera. M,
Questo soffio di tempesta puo spavericare, ma in sostanza il messaggio culturale dei contadini lucani, cyucllu che accenna a sviluppi chc sono già in atto, è già t u t t o potenzialmente racchiuso neil'uitimo verso delia ninna nna di zia Rosa di GrottoIe: «Figli son tutti quanti, al là dei cavalieri, al di 1à dei regnanti, a l di là degli stessi iti. li& son nitti quanti n. E noi pensiamo che ogni uomo I;hero può sottoscrivere questo niessaggio che sta alle raciici del destino deìl'uomo nel mondo. .A"
DIBATTITO SC ERNESTO DE
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Di\>attitosu Ernesto de Martino*
EP Il 6 maggio 1965 è morto Ernesto de Martino, un grande studioso italiano di etnologia. S0r.u qui con me per commemorarlo Carlo Levi, Diego Carpitella, Giovanni Jervis. ' Dc Martino era nato nel 1908; il suo primo libro è stato hruturalismoe rtoricismo nell'etno!o~iadel 194I , seguito dopo qualche tempo dal Mondo magico del r 948. La for~nazionedi studioso di de Marcino deve molto allo storicismo crociaiio, ma lo storicismo crociano egli ha saputo trasformare, ha saputo rendcrc qualcosa di molto diverso tanto da potcr permettere a questo scoricismo idealistico di coniprcndere degli orizzonti lontani come appunto l'orizzonte etnologico e di inserirsi in a!cuni problemi di carattere storico e di carattere sociale, decisivi non soltanto per lo studio del mondo niagico o dei popoli primitivi o delle aree piimitive di cultura, ma anche per la comprensione che l'uomo civile o cosiddetto occidcnrale può avcre di se stesso. Il tema, forse, fondameiitale della ricerca di dc Martino era il problema della presenza dell'uorno nel mondo,
* La iresmissione (durata: 373 tu regismta m1 1965, p c a dopo la mortedi Ernesto dc Martino. Vi parteciparono: Carlo Lavi, Diego Carpitella e Giovann i J e ~ smdemtorc ; Enzo Paci. Una trascrizionedel dibrtito fu pubblicata con i ) tiralo Ricordo di E m t o & Madno in *Quaderni dell'rsst-*(Sassari), I, 1966.
MAK'rINO
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il problema storico della presenza dell'uomo nel mondo, ed egli sentiva che questa presenza poteva essere minacciara, coine lo era nei popoli primitivi, ma come anche lo JÒ essere nei popoli civili. La risposta a questa minaccia - e la forma più tipica di iesta minaccia è la morte - è la cultura. I1 pianto rituale è un modo, L. il primo germe della culira, la nascita della cultura stessa con la quale la cultura, ie per de Martino P un valore, risponde alla miniiccia :lla presenza. Qucsto tema della presenza si è poi allarito in de Martirio, è diventato non solo il tema della orte, ma è diventato anche il tenia deiia a terra del riorso» - per ricordare un suo libro del 1961 -; è divento poi anche il tcma dclla colpa clie p~ibavere il inondo hcidenrale rispetto ad altre civiltà, rispetto ad aitre eltc. Ma egli non ha studiato iprimitiri come aItri etnogi - che egli p ~ m ha studiato e ha criticato, per esempio :vy-Bruhl e Durkheim -, ma ha studiato delle forme di ;ilti, che pure hailili0 tuttc) il diritto di chiamarsi tali, e e sono vicinissime:a noi, ccm e ad eserripio 1.1 civiltà delcalia meridionale di cui egli ha fatto 1e storia, di cui ha rcato di comprendere i motivi profondi da1 punto di sta etnologico, e dal punto di vista storico C socialc, uesta esperienza della civiltà dell'lcalia meridionale, e si esprime soprattutto negli studi del tarantismo, è ito ilno dci temi fondamentali di de Martino: egli dice e la Puglia è la terra del rimorso, ma che la terra del norso oggi può essere anche tutto i1 mondo per la no-a cultura e per la nostra civiltà. E certamente egli ~ t spinto o a qiiesta ricerca di carattereetnologico anche dei motivi profoiidaniente umani, profondamente ra:ari ,nella storia d'Italia che egli sentiva molto. Forse Carlo Levi può dirci qualcosa di questo perch6 Martino spesso parla del suo libro Cmto n èfemato ad poli, e ne parla come di un motivo ispirarorc.
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CAPITOLO SESTO
CL Certo t che nel pensiero C nella figura di Ernesto de Martino la scoperta o la riscoperta del mondo meridionale rappresenta un punto fondamenrale, direi una svolta fondamentale del suo pensiero, perché, mentre neiie sue opere precedenti alla guerra, come appunto :Vaturaljrmu e storicismo nell'etnologia, e fino a quella che, almeno dal punto di vista tcorerico, rimane la sua opera principale, ci& Ilmondo nzagico del 1948,il suo studio, il suo lavoro sull'etnologia, sul mondo magico, primitivo, ha ancora un carattere, direi, molro generale, cioè Kon riferito particolarmente ad una realtà vissuta e presente. Dopo il mando magico e dopo il suo ritorno nel Sud, dove lui cra nato, il siio interesse e il valore della sua opera acquistafio un carattere estremamente concreto, preciso e veramente storico, perché il suo pensiero si è niodificato, partendo appuiito, come si è detto poco fa, da un crocianesimo storicistico molto moderno e inolto vivo. Egli parlava, s t ben ricordo, di astoricisrno eroico», come quella forma di riciqmo necessaria, che egli contrappor,er7a alla fornia di storicismo accademico che non comprendc\:a la larghezza Dro_ dei probleini e che restava dtnrro i limiti astratti di , blemi già posti. Ma, partendo da questo storicismo d'origine idealistico-crociana, egli rovesciò, in un certo senso, Ic sue posizioni filosofiche arrivando ad una psizionc che rimane storicistica, ma in un senso dialettico, in iin sienio chc si può dire iiiarxistico. Ma il canibiamento di 1msizione, l'evoluzione successiva di de iMartino non fu t anto una semplice meditazione di carattere teoretico, qu anto piuttosto il contatto con la realtà viva che egli seritiva profondamente. Io ne fui testimone, ne fui direttam ente testimone: io conobbi de Martino poco dopo la gutm a . proprio quando uscl il mio libro Cristo si èf m a t o a Ehoti' e ritrovai nel 1Mundo magico delle posizioni che erano sd i tcoreticamente a quelle che io avevo adombrata intuitivamente senza pretesa di sistcrnazione scientifica nel mio ....W
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libro, e anche in q~iell'altroinio precedente libro. Paura della 6ibwtà. Vale a dire quel riportare il problema essenziale del mondo magico aii'jnterpretazione storica e soprattutto ad un'idea che in dc Martino rimase permanente, sempre pih arricchendosi, del rischio della perdita della preseriza, deila perdita dei mondo, della perdita del. :sistema e del modo per riscattarsi da questo rischio,
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mché la sua intuizione del morido magico come quel ~ n d in o cui la presenza non è ancora una certezza o un to, ma è essa stessa Lin rischio attuale, è una formazione e si va tormando, e un'attualità che sta diventarido atale e quindi i. sempre soggetta alla propria perdita, seme minacciata. Ora, quesea mi pare sia l'inririzione fondamentale dcl nsicro di de ~Martino;e se egli agli inizi la risco~itròsu i dati etnologici che naturalmente non potevano essere prima mano - come sono quelli studiati dagli etnologi Africa, in Oceania, in Amcrica del Sud, i11Siberia nei r-'esi degli sciamani ecc. -,quando dopo la guerra il conrar to cori il grande caporoigirnento della vira d'Italia, POIrtato daila guerra, dalla Resistenza, dal movimento contaclino meridionale - cui egli si sencl immediatamente vic ino - cgli portò la sua atteiisione sui caratteri arcaici, ma gici presenti attualmente i11 quesro mondo, ci diede un;a testimonianza sempre piìi ricca di una realtà che 2 la nostra realtà di oggi ed è lì, forse, la maggiore originalità,, la maggiore importanza deii'operazione di de Martino. E qriello che ne fa una figura non soltanto di uno sciidioso lace e intelligente, ma di un uomo completo perché in :i problemi lui portò contetnporancarnente, ed è queil loro valore, I'intcresse dello scienziato e l'interesse deii'uomo. EP L'esperienza dell'uomo clie pcr lei è anche I'esperienza dell'artista ... cioè in lei è stata un'csperienxa artistica ...
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Mentre iii de Martino è stata irn'esperienza di scienziato, ma intesa come atto attuale, cioè come una vera esperienza storicistica, o storica, portata sii1 piano dclla partecipazione attuale e della comprensione - se è vero quello che de ~Martinososteneva - cioè che la funzione deii'ecnologia storicistica è I'allargarriento dell'autocoscienza della nostra civiltà. .. ci& irna funzione umanistica di a1largamento di coscienza. 'I'ale funzione di allargamento di coscienza egli poteva risco~itrarlanel dopoguerra italiano a contatto col mondo contadino mcridionale proprio perché il movimento contadino, il mutamento delle dimensioni culturali di questo niondo arcaico e magico, che si stava svegliaiido alla civiltà attuale e presente, era già in sé questo allargamento dell'aiitocoscicnza. Quindi l'opera di de ~Martinocome etiiologo coincideva di fatto con la situazione storica: questo fa la sua grandezza e il suo valore e lo imrnertc cffettivarnente in Lin periodo storico di cui egli diverira un protagonista effettivo ed è per questo chc io credo che i suoi libri, i suoi saggi, tutto il suo lavoro di questi anni rimangano non solo per il loro valore prettaiiientc: scientifico e teoretico, ma rimangono anche un documento iimanistico e un contributo al mutamcrito della realtà, noli soltanto alia sua astratta conosccnza, una coiiosccnza come mutamento; ed S la ragione per cui egli poté esseic al tempo stesso scienziato c uomo di azione nel iiiondo del Mezzogiorno e la ragione per cui egli ha portato un contributo effettivo a questa conosccnza nel mondo contemporaneo.
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rsij Dicevo anch'io conternporanco, perché la Puglia per lui è il simbolo di tutto il mondo contemporaneo ...
CL Quando Iiii ha parlato della Tma ddnhorso, c ha scritto delle pagine che sono anche molto belle dal punto
DIBATMTO SU ERNESTO DE M A R n N O
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di vista letterario sii questo morso della tarantola che è un ari-morso», che è il simbolo del rimorso, di una coscienza non piena e non completa di quello che 6 uno sviluppo storico, eccetera... e ha riscontrato tutto ciò nella storia deiia Puglia, neiia storia dello svolgersi della civiltà, ci ha dato un vero esempio di quello che è uno storicismo effettivo, di queiio che lui chiamava «storicismo eroico». EP
Quindi la presenza è lo storicismo effettivo..
Direi di sì, questa era l'idea di de Martino e credo e egli ne abbia dato veramente una prova.. . CL
Unc) storicisrno in cui I'aiiargamento ddla coscicntende al![a trasfor.maxionc di una situazione storica in un 'altra. Questo è Lino degli element i fotidanientalj; ma c'è anche tutto l'ele mento sc:ieritifico che, pur arricchito da questo elemento umano, t.ia delle Caratteristichc particol'ari in dc Martino nel senso chc egli t un etnologo ed è un'o storico, come abbiamo visto, e, pur cssendoetnologo e storico, è anche uno scienziato, o perlomcno si serve di alt ri campi della ricerca, tanto che aveva bisogno di più aiu[ti, di piii collaborazioni, aveva bisogno, direi, di una si ntesi delle scienze ,in atto, per cui qui la scienza, i11qual.. che modo, diventava una funzione di questa posizione storicistica. Le sue stesse iicerchc dovevano dunque enrrare nel10 studio del folklore, come si usa dire, ma anche studiare cosa significa il rimorso dal punro di vista psicologico, cosa significa la risposta al rimorso non solo psicologicamente i-iormalc, ma anche valutabjle, st~idiabiledal o vista psidiiatrico, cccodunque tutto il suo penep111~ t di tra re nel mondo della psicologia, proprio ne110 studio dei tarantismo e, se si tiene presente la tecnica che i tarantati usavano per curarsi, cioè la musica, le canzoni, ecco d o r a che entrava tutto un altro modo di vedere la stessa teraEP
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pia, la stessa arte in una certa funzione, per cui c'era oltre che uno storicismo effettivo anche una sintesi delle scienze in atto, interne a questo. Qui per esempio Diego Carpitella mi seiiibra che ci potrebbe aiutare nel dirci qlialche cosa di questa sintesi effettiva.. . DC ... di quecra tecnica sul campo, diremmo cosl, questa verifica neUa realta ... A me sembra che qucsra collaborazione interdisciplinarc, che de iMartino ha sempre sostenuto cosl caldamen te, specialmente negli ultimi anni, derivasse da una grande sprcgiudicntezza nel guardare Ia realtà ... ciol., questa realtà sii1 campo ci veniva di fronte in tale maniera clie egli srcssa si accorgeva che c'era bisogno di stmmeiiti supplementari per guardarla e per analizzarla. De Mar~inosi accorgeva che noil si può fare una storia del rnoildo meridionale italiano sen;sa tener conto degli elementi storico-religiosi e senza terier conto degli elementi, per esempio, musicali. Insomma era impossibile che in una raccolta J i eleincnti sia relativi alla magia. sia relativi alla superstizione, sia al lainenco funebre, sia alle crisi di tarantisiiio non venisse ncccssariamente avanti anchc qiiesta realtà musicale e di danza. .. quindi era una necessità quella di cercare anche collaborazioni in questo senso. I miei ricordi su de Martino, che conobbi tredici anni fa, risalgono proprio al maggio del '5 2 , quando io lo incontraj C lili mi parlò proprio del suo prima viaggio a Tricarico, mi parlb di Carlo Levi, di Rocco Scotellaro, deI1a Rabata, dei Sassi di Matera c di11ani.i a questo discor~o - io allora ero un bartokiano esasperato, ammiravo Bartòk, leggevo Rartòli, e soprattutto il Bartòk che per anni era stato riell'Europa sudorientale e aveva raccolto migliaia di canti - e gli dissi, certo che sarebbe molto bello pubblicare in Itaiia gli scritti di Bartòlc sulla musica popolare e lui fu subito aperto a questo argomento, tanto è vero che il libro iii poi pubblicato neila G Collana Viola della
Einaudi. Poi, due mesi dopo, lo ricordo perfrttarneiite, nel settembre del 1952,mi telefonò e mi disse: «Andiamo giù, facciamo - un termine che fu molto criticato una spedizione». Molti si scandalizzarono perché dissero: come? una spedizione, una spedizione ndl'Italia meridianalc? Siamo anagraficamente tiitti italiani; eppure se si tiene conto dell'abisso psicologico, se si ticne conto di quel Cris~osi èfennatu a EUoli veramente I'andare in qiiel iriondo e affondare in quel mondo in maniera spregiudicata, senza paternalisrno e senza la freddezza dei questionari, era quello che si dice una spedizione uiuaiia della verifica della r a l t à )>.Da1 '52 fino al '59, e ancora nel '6 I , io ho fatto quasi tutti i viaggi che de Martino ha fatto n d l'Italia meridionale: in Lucania, in Calabria, in Puglia e insieme sono stati registrati circa quattrocento documenti musicali. Oltre ai soliti canti che nei manuali di folklore si chiamano «dalla culla alla bara», abbiaino registrato dei documenti che sono veramente dei pezzi rari e che sono oggi registrati ncll'Archivio del Centro di musica popolare dell'nccademia di Santa Ceciiia e della R A ~ Certo . l'esperienza più forte è stata senza dubbio quella del lamento funebre C dcl tarantismo. Veramente mi sento di dire con assoliita certezza che l'esperienza di ricerca e i documenti corcutico-musicaIi che erano stati raccolti ncl corso del viaggio in Puglia, per esaminare e studiare i fenomeni del tarantismo, sono verametite tra i dociitncnti p i ì ~preziosi che I'etnomusicologia eiiropea abbia potuto mai raccogliere. 111questa Europa occidentale del 1959sono state raccolte forme di terapia corcutico-musicale che erano assolutamente impreviste e delle qiiali altri studiosi, che l'avevano forse a portata di mano, non avevano saputo cogliere I'importanza e la complessità. Oltre a questo, vorrei soltanto sottolineare un'altra cosa.. . il ricordo di de Martino. per noi che abbiamo lavorato insieme a liii - mi riferisco a n d ~ al e mio amico Jervis -, era il metodo e il clima di questo lavoro sul campo. Chi ha esperienza di
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DIBATTITO SU ERNESTO DE MARTTNO
raccolta ctnografica sul campo sa comc qncsto lavoro sia estremamente faticoso; faticoso perchk non sono né le pietre degh archeologi, né gli insetti dei naturalisti, ma sono uomini. .. e afferrare la situazione, non passare con l'emozione, come accadeva per molti di noi, che eravamo quasi t u t t i meridionali i t i questi viaggi, razionalirzare c sapcrc qiirllo che uno andava cercaildo era veramenre una grossa fatica.. .
l'altro per il ricercatore è uii'esperieriza di ora, per I'indagato è l'eredità di un passato che rivive, di un morso e un «ri-morso)>...
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Per il senso d~distacco che era necessario..
IX Partecipazione e discacco nello stesso tempo.. . io mi ricordo molte volte - e tu lo sai Jervis -, sia per esempi di lamenti funebri, sia per esempi di terapia del tarantismo, possiamo anche nasconderci, ma eravamo molto emozionati, emozionari proprio nel senso più profondo.. . ma mentre eravamo emozionati urnanamenre, dovevamo capire che il pianto era un modulo rituale, che si ripeteva, che potevamo capire la adjstrazicrne» di qualcuno mentre piangeva, che mentre c'era una terapia si poteva parlare deiie cose più disparate ed erano a~iclieq u e h moduIi corcutici, che la danza non era iin caos, un disordinc. ma che aveva delle norme rimali ben precise. E questa fatica, questo sforzo di afferrare la realtà era quello che rimane forte per noi dell'irtsegnarnento di de Martino come lavoro sci1 campo; cioè partecipazione umana che non sia freddo inve~itarioetriograiico e che tion sia neanche freddo questionario sociologico e neìio sresso tempo non avecosì difiuso rc né il paternalismo, né I'«aniniabelIismo~~ negli studi folkloristici: questa è I'espcriem molto fortc che noi sul campo abbiamo avuto. EP Oltre tutto q.ueUo che abbiamo detto, è anche un difficile processo di carattere psicologicu ... in cui interviene 1s persona del ricercatore e la persona del ricercato in un accoppiamento particolarmente complicato, che tra
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Irif'atri c'era questo problema: da una partc biso~c gnava partire eimbottitim della letteratuw sull'argomenro, ma bisognava al momento esatto dimenticarsi questo imbottimento e afferrare la situazione umana; perché o si diventava Iibreschi nel voler verificare la realth, oppure si era coggiogari da un ideologisrno u da uno schema, ma il punto critico della ricerca era esattamente questo: dimenticarsi, afferrare l'oggetto e nello stcsso tempo razionalizzarlo difendendosi dalla passione e dall'emozione umana. EP E una deiie ragioni per cui de Martino combatte I'irraziomlismo, che sarebbe abbandonarsi senza comprendere razionalmente il I'enomeno che viene studiato.. . DC Esartamentc... un'ultima cosa, se coniideriamo il panoratiia delle discipline etnografiche e storico-reIigiose specjalmente in ItaIia, in conseguenza di urla scarsa ereU -':-à IL positivistica e in conseguenza di un'eredità idealisric:a, di qualsiasi tipo essa sia, i latlori di dc Martirio e i lavori nati cori de Martino, halino decisamente un sa--ure, diciamo pure la parola, rivoluzionario. GJ IO sono staro verarricntc concento di sentire quebca passione di Carpitella ne1 descrivere queste nostre
esperienze comuni e devo dire che la sottoscrivo pienamente. Vorrei aggiungere quaIche cosa: nello studio che de Martirio conduceva delle popolazioni iiiettera te dcll'ltalia meridionale esiste un atteggiamento molto particolare e positivo, nonché estremamente indicativo per la personalità dcil'uomo, ci02 esiste in de Martino una costante
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T)TRATTiTO SU ERNESTO DE MARTINO
sorvcglianza e consapevoIetza deUa propria posizione e formazionc culturale. De Martino era pienamente conscio di due rischi: il primo era il rischio della vecchia etnologia, che considerava le popolazioni iIIetterate dall'alto della propria maturità e della propria cultura occidentale senza rendersi conto delle differenze che intercorrevano tra le due cultiire, senza rendersi conto che la cultiira occidentale non era soltanto, o a n i pitittosto, ii compimento di un ciclo storico, il perfe.~ioiialirentodi un ciclo storico quanto piuttosto una cultura particolare che poteva avere i siioi difetti e comunque aveva delle differenze qualitative e non soltanto qi~antitativerispetto a h cultura delle popolazioni illetterate. Insomma, da iin lato dc Martino combatteva il vecchio pregiudizio etnocentrico. Dall'altro lato de Martino era altrettanto, o forse ancor pii1 polemico, contro un pregiudizio opposto, cioè il pregiudizio di poter studiare l'individuo oggetto della ricerca etnoiogica, ovvero della ricerca storico-religiosa, soltanto rnectendosi a1 livello, cioè portandosi a1 livejlo della mentalità dell'indiriduo in oggetto. De Marti~io combatteva in fondo I'illusione di poter parlare lo sresso linguaggio deii'individuo illetterato, combatteva l'iiiusione di poter studiare la popolazione illetterata perdendo di vista il fatto che chi conduceva lo studio era in fondo coridizionaro daUa propria cultura. Quiadi de Martirio aireva piena consapevolezza di essere, lui stesso, condizionato da una certa formazione culturale e di non poterla abbandonare. Direi che questo punto di vista è particoIarmente importailte perché de Martino ha subito rutta un'evoluziom ne1 corso del suo pensiero, è passato dal crocianesimo fino ad accettare alcuni aspetti del marxismo, ma anche qui è m l t o interessante, e simpatico, notare che egli ha seiiipre mantenuto tina piena consapevolezza che la sua formazione crociana era, in un certo senso, i n e h n a b i i e . Cost
come, studiando le popolazioni dell'ltalia meridionale, le popolazioni iiietkrate, egli era sempre profondamente conscio Jel fatro che i1 silo particolare punto di vista non poteva essere tolto dall'equazione che lo legava al1 'oggetto dello studio, anzi doveva essere continuamente tenuto presente, continuamente riproposco, continuamente tenuto in conto come punto di partenza di un dialogo che non poteva ignorare questa ineliminabiie differenza di valori.
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EP In questo i-iietodo, che Jervis ha cosi ben descritto, forse è interessato anche a un fatto di natura psickiatrica, nel senso che l'oggetto studiato, anzi vorremmo dire, meglio, i soggetti srudiati, nel modo e nella forma in c i l i venivano st~idiati,sono in una situazione di crisi e colui che deve studiare qilcsri soggct t i deve comprendere la crisi, ma non cadere lui stesso nella crisi dclla presenza o nella situazione patologica che sta studiaiido. Vorrei che Jervis ci dicesse, come psichiatra, q~ialcosadi pii1 su questo aspetto.. .
Certamente ... Credo che qui ci possiamo richiaGJ mare a quanto CarpiteIla diceva prima. Esiste in qualsiasi situazione psichiatrica, e in particolare in alcune situazioni, che riguardano due ambiti specifici della psichiatria, le psicosi e la sociopsichiatriu, esiste il pcricolo di perdersi nella malattia; cioè esiste il pcricolo da parte dell'oscervatore, da parte dello studioso di vivere uii'empatia, di identificarsi con la malartia fino al punto di perdersi in essa, di rischiare la propria presenza, la propria sanità mentale talvolta, il suo equilibrio, ma soprattutto al punto di perdere la qualificazione della posizione storico-cuIturale deìi'ossen-atore, fino al punto di perdere la consapevolezza chc I'ossenratore è anch'egli condizionato dalla propria cultura, diiferente da quella del pazietire o dell'individuo di cui si studiano le manifestazioni patologiche. Ora, esiste
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DTRA~TITO SL' EHk-EST0 DE MARTINO
CAPITOLO SESTO
che c'è tra questi momenti storici diversi, dal punto di visra di uno storicismo attiialc. Perché altrimenti si potrebbe pensare, un p' parsdossalrnente, che lo stesso metodo scientifico diventi n sua volta un modo amagico,~ per impedire quella identificazione, quella perdita nella crisi dell'oggerto, mentre invece perde Marrino devo ammettere che questo pericolo è lontano e superato. Cioè, non è che egli usasse mai gli strumenti, lo storicismo dal punto di vista crociano o marxista, come un metodo inagico di superarncnto della crisi esistenziale.. .
questa tensioiie tra srudiare freddametite e distacatamente un fenomeno patologico e invece il tendere a comprenderlo dal di dentro fino al perdcrsi in esso. Questo comprcndere dal di dcntro può essere pericoloso perché piiò creare talvolta l'iiiusionc di riuscire a cogiiere determinate essenze che soprattutto esistono nella testa dello studioso e non certo nella resta del malato. Questa tendenza ì. altrettanto pericolosa nello studio deUe manifestazioni patologiche delle popolazioni a basso livello culturale, o comunque illetterate, perché anche in questo caos lo studioso cerca di rivivere il vissuto del malato e in quesra situazione commette sempre un errore nella misura in cui no11 si accorge che i due vissuti sono coridizionati da esperienze storiche diverse. Eppure C'? anche un altro fatto, cioè Ia crisi del mondo contemporaneo al quale apparriene lo studioso. .. CP
GJ Certamente, ma non so se le due crisi possano essere accostare. Indubbiamente esiste una crisi delle popolazioni rurali, sottosviluppate, illetterate del Sud italiano, ed è una crisi di un mondo particolare, che per certi lati si va disfacendo e per certi lati si va traslormando. Non so se si può a~sirnilarequesta crisi dell'uomo contcmporaneo, dell'uomo colto occidentale a questa crisi particolare del Siid rurale. IJiiì, darsi chc le crisi siano diverse, C valori messi in crisi siano diversi e che i modi per cupe la crisi siano totalmente diversi ... EP
Forse Levi voIeva aggiungere qualcosa.. .
CL Sictirameiice lc due crisi sono diverse e appartengono a dei contesti storici diversi, ma proprio - come mi pareva aver accennato prima - la caratteristica di de Martino era quella di cercare di tenere insieme questi contesti storici diversi, vale a dire cercare di trovare il rapporto
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Cioè come un metodo di salvezza.. .
cz Era ariche, probabilmente, iin metodo di salvezza, ma quello che impediva il distacco tra i due momenti e allo stesso tenipo impcdiva anche quella identificazione che porta a una perdita, o perlomeno ad una perdita delle capacità dcl comprendere, era un elemento cornune sia nel metodo di dc Martino e deUa sila persona sia iiel mondo che egli andava studiando; era cioè in entrambi i casi una posizione che poneva la libertà come il vero fine, e il vero strumento nel medesimo tempo, di superamcnto della crisi. Naturalniente l'interesse così vivo che de Martino ha avuto a quel mondo non era tanto nel suo essere un residuo di tempi storici passati da illuminarsi al lume di Iuna ragione che stava di fuori, quanto invecc di cssere eff et tivamente un movimento che portava da iin moment 0 di perdita della presenza ad un momcnto di affermaZIO'ne della presenza come libertà. Non soltanto per il car attere sociale del movimento e anchc del rituale, e anc:he della crisi e del mondo magico, che è sempre, in questo senso, portato fuori dell'individuale, come dice de Martino quando polemizza con coloro che sostenguno che il mondo iuagico appartiene semplicemente alla patologia e che può avere rapporti solo con la schizofrenia o con altre malattie mentali. Anche perche lui dice no, q u i
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CAPITOLO
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non siamo in una crisi di carattere strettamente individuale, staccata dal suo contesto storico, ma siamo in una crisi che sta nel suo contesto storico. Ma voglio dire inoltre che il suo interesse, la sua partecipazione effettiva credo venisse dalla convinzione che il movimento d i e spingeva, che creava questa stessa crisi non era tanto legato al ìatto che si trattasse di un residuo storico destinata alla sconiparsa, e dunque puramente negativo, ina un movimento individuale e collettivo nel senso della liberazione, della libertà, che corrispondeva anche al metodo che I'etnologo porta nell'esame di questi fenomeni.
noi, questo studio dell'aItro, deli'aitra civiltà, deli'altro popolo ci interessa profondamente e ci interessa neiia nostra contempraneità. Non diciamo che il mondo dci primitivi, a il mondo magico è qualcosa che è anche nostro, ma diciamo che per comprenderlo dobbianio rinnovarci, noi, dobbiamo assumere un'altra coscienza e dobbiamo acquistare un senso della storia con un significato diverso da quello che, prima di questo stiidio, la storia aveva e questo è forse lo storicismo cui pensavamo tutti quariti a proposito di dc Martino.. . Era un controllo dei residui arcaici. Nei momenti in cui i residui si esauriscono, come diceva Levi, c'è una reintcgraziot~ein un orizzonte di libertà. DC
Quindi si potrebbe dire, forse, che lo studio di questo fatto storico determinato, diverso dalla situazione storica nella quale si trova l'etnologo, aiutava I'etnologo a prendere coscienza della propria civiltà in rapporto a quella civiltà.. . EP
GJ
Sì, io vorrei dire che in de Marrino, per quanto
riguarda questi problemi psicologici e psicopatologici, esistono due tendenze, e questo forsc p i ~ òchiarire anche il problema di cui si è parlato finora. Esiste in lui la tcndenza a ritenere che fenomeni psicopatologici possano essere vettori di dimensioni, di valori, di contenuti utuversali, quindi validi per spiegare la crisi di rutti gli uoinini C quindi anche dell'uomo colto occidentale. Quindi esiste questa sua tendenza all'uriilicazione, cioè la tendenza a ritenere che rutti questi fenomeni psicopa rologici che vengono così beli studiaii nclle popolazioni illetterate forniscono delle misure liniversali, dei modelli che sono utili anche a noi per capire le nostre crisi, d i e forse si esplicano in modo diverso da quelle. ma noil di meno hanno degli aspetti comuni. EP Quindi possiamo dire in ultima analisi che questo studio, che a prima vista può sembrare cosi lontano da
EP
Quindi può concludere Levi.. .
Vorrei concludere che 2 appunto in questo senso della libertà che va preso essenzialmente l'insegnamento di dc Martino. Quando partecipai ai funerali di de Martino nii fu chiesto di fare una cosa che è lontana da tiitte lc forme della mia vita che è così restia a tiitte le forme ritiiali: mi fu chicsto di dire alcune cose, di proriunziare quello che è iin nlainento funebrcrz c io mi trovai veramente di fronte a una reaItà - natiiralmente i lamenti funebri che possiamo aver comunicato noi, Calogero e io, erano dei lamenti Iaici, erano dei lainenti moderni, non eraiio dei lamenti magici -, tuttavia mi trovai a pensare a come coincidcsscro queste realtà lontanc, come la contemporaneità dei moiiienti storici fosse un elemento reale e oggettivamente presente di fronte al fatto della morte e di ttonte al fatto delh vita, C quindi forse capii meglio quello che in de Martino era un elemento essenziaIe: questo rapporto di contemporaneità e di libertà che si istituisce nel movimento della storia. CL
Pos@azione Ernesto de Martino alla radio Letizia Bindi
Ernesto de Mutino approda aUa radio intorno agli anni cinquanta, intrattiene rapporti con molti di coloro che allora animavano il Tcrzo Programma della radiofonia e profitta deiia strumentazione tecnica messa a disposizione dal Centro nazionale di studi di musica popolare, costituito dall'hccademia nazionale di Santa Cccilia e dalla stessa R A r e presieduto Ja Ildebrando Pizzetti,' che renderli possibili - come lo stesso de Martino esplicita nella premessa aiia trasmissione del 1953 sulla spedizione in Lucania - le registrazioni storiche che l'etnologo italiae la Siid composita kquipe realixzcranno nel corso delle -o numerose «spedizioni>,. L'interesse della radio italiana per il folklorc si era d'altrcjnde intensificato a parrire dal dupguerra, dando vita a tr2ismissioni come la rubrica settimanale Funte viva. Musicbc della nortragenre, «iin'etictietta dietro la quale si na~ndeval'apprezzato lavoro di ricerca del Indestro GiorCfr. EM.Annua~io&gli A d i v i di Etnomusicologia deli'Accademia naziordiSanfa CPn'Ita, 1993, n. r . In particolare i saggi di C. Natalerci, In camno e in anhivio (15d31, pp. 33-45; D.Carpiteb, Idieci anni &l Centro naandi studi di musica popohrr, pp. 47-53; E. de ~Martinoe D. Csrpirella, Uno &ione in I-ucania, pp. 53-60 Sulla storia di questo Centra di studi cfr. hc il volume a cura di D.Carpircila e G . Nataletti, 3tudirncmhe delCenfm i m l e di riudi di muriui popokrre. Roma 196I .
EXNESTO DE MARTiNO ALLA RADIO
gio Nataletti attraverso lo sconosciuto e sterminato territorio del folklore na~ionalefi,~ di cui già jn anni precedenti si era avuta eco sul i(Radi~corriere».~ Sono questi gli anni in cui l'interesse per le culture locali e tradizionali aumenta nella programmazione radiofotiica come forma di diffusione e divulgazione di una conoscenza più ampia dell'ltalia neUa sua interna diversità culturale. Tnsirnie a trasmissioni come queIIe demartiniane e quelle precedentemente citare, legate esplicitamente alla raccolta di canti e racconti popolari, si diffonde l'interesse per documentari e cronache dalle varie regioni d'Italia e in genere una curiosità per le scene di vita qiiotidiana e i racconti di vita popolare che fanno degli anni cinquanta alla radio un patrimonio prezioso di documenti sulla cultura tradizionale italiana del primo decennio repubblicano. La radio « tentava la riscoperta delle tradizioni popolari, superando la mortificazione del dopolavorisrico foklore di regime»." I nuovi mezzi di registrazione - agli stessi nimii si;cccssivamentea disposizione dalla WJ e daUaAccademia di Santr Cec~liaper la reali7zazione dellc spedizioni demartiniane in Lucania e in l'ugliam dlspoiiibili dopo la Liberazione, contribuiscorro a n~jluppareiin r~uovotipo di gior~ialisnoradiofonico, piìi agile, pii1 presente e più attento iUa docuii.icntazione dclla realtà. Nascono così trasmissioni come Senzd invito, <<\visiteimprovvise col microfono ad ambienti citrio~io segreti o tipici (mercati, sant~iari,salotti, stadi, caffè, studi, negozi ecc.) per ritrarre iina fase di vita, come in una "pittura di genere" fatla d i suoni, voci, nimori»; I~taniuneemdiojoniche, squarci di vita e discorsi dell'uomo della strada; sullo stesso genere, Codli coglie scene qiiotidiarie nei qiiartieri più popolari e c~rattcristicidelle città italiane. La cronaca dell'Iralia libera si gioca anche su queste novità editoriali, oltre che sulla contraytata G . Isola, a r i amki vicini r lonhni. Srorin &li'nrcob mdiofonico mef elpmno decntiio repubblicano, la Nuove Imlia. Firenze 1995,p. 246 e nota. Cfr, G. Nataletti, C
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concpjsca della credibilità del giornale radio nei confronti della carta stampata. [...l Era un giorrialisrno radiofonico sulcampo c11c rcstitiiiva il senso di una foriicità globale così lontana (ancora per poco) dall'arrificiosa qualità della radio fatta in ~ t u d i o . ~
Sono più o meno gli stessi a m i in cui la radiofonia viene profondamente riformulata alla luce anche delle nuove direttiuc poiitiche che registrano iin netto accentramento della comiinicazione pubblica neUe mani della Democrazia cristiana e un forte investimentocultrirale sui temi rclatiui d a famigha, aii'educazione dei ragazzi e a un ideale complessivo di armonia sociale che contrastava forccmente coli le contemporanee lotte delle classi subalterne contro l'egemonia e 10 sfruttamento deIle élite urbane e industriali. La miopia morale democrisriana, figlia dc! pcg~joremoralismo e diffusa ipocrisia del cattolicesimo piìi retrivo. dominava lc traiissioni e il palinsesco dei giorni di festa ne era una riprova palire. [...l 11 trittico «Dio Patria Famiglia» era così ricoiiipost
ima deii'orrnai tradizionale pomeriggio interamente dedicato allo ort .6
Tuttavi; aniinette re che la radio deii primi anni pubblicani seppe anche creare alcuni spazi di dibattito 3 Ieadership politica e opposizione, assolvendo riotr solo a sua funzione di agrande educarorc nazionale*, ma che al «suo ruolo civico, di strumento tecnologico al Ibid., pp. 259 e 261.Corsivo nostro. Da qualche anno alcune trasmissioni Zndio Tre si sono impegnate nel rccupero e nella valorirxazione di questi documenri deUa radiofonia degli anni cinquanta e sessanta dcdicati lilla registtaizione e al racconto di realta e situazioni locali e popolari nell'Ttalia del tertpo. E il caso di cicli come quello curato nel tooo da Giovanni De Luna per Diario italiano m1 ITia,pgio in IbiiO di Guido Piovene, lungo rido radiofonicc oi traiformato in una pubblicarione, ricco di documenti sonori strappaci alle ingole reaIth regionali e urbane di volta in volia visitate e raccontate dall'ari?te. E ancora alcuni cicli, curati da chi scrive tra il 2 0 0 0 e il 2001,per la tremissione Esercizidi mernotin e dedicati a Scrittori e p e s a ~ allo i radio italiana o 21113 storia dcii'emigrazione itdiana, dal titolo l a nostra manza; nonché il ciclo Bondim e campzilr d i z z a t o per la Itasmissione Diario iraliano. h Isola, Griamicicit., p. 2 2 5 .
ERNESTO DE MARTINO ALLA RADIO
servizio della società civile e delle sue diverse esigenze, e garante di democrazia».' Il Terzo Programma - sul quale ai~chequeste trasniissioni deinartiniane fiirono trasmesse manrenne apcrta una ribalta per quella che allora si amava definire la «battaglia delle idee» e sul piano del dibattito ciilturale garantì una certa visibilità - per quanto limitata alla programinazionc serale e non ben trasmessa dai ripetitori su tutto il territorio nazionale - alle opinioni di intellettuali e studiosi di formazione marsista, o cumunque critici, «senza eccessive chiusure censoric». TI vero investitneilto politico sulla comunicazione era stato infatti operato sul fronte dcll'industria culturale di massa, sulla programmazione quotidiana per il pubblico meno colto sul quale « i vecchi funzionari cattolici dell'nna c il loro nuovo e vecchio entourage mantennero strettamente il controllo del palinsesto anche sul piano dei contenuti 9.' Per la programmazione radiofonica di q~ieglisimi le valutazioni critichc sulla cultura popolare delle «plebi rusriche~del Mezzogiorno proposte da de Marrino rappresentano l'opinione di ilno studioso di sinistra del quale si riconoscc il valore, al punto da concedergli spazio all'interno dclla programmazione per i1 pubblico pih C( al tempo stesso i materiali eti~ngraficipresentati a terno delle siie trasniissior-ii potevano essere consid un patrimonio prezioso per una radio nazionale C'he si avviava, proprio negli anni cinquanta, a divenire gr ande catialc di conoscenz'~e di rnediazioile tra le diverse i3 sbilanciate realrà criltwali italiane. Non & escluso inoltrle che agli occhi dei dirigenti della RAI del tenipo i contimuti delle indagini e degli interessi di de Martino fosscrc su£.. ficieritcmente confinali agli ambiti considerati più rc della cultura italiana da non suscitare, proprio in ral del loro aarcaismo~e eprimitivisrno),, eccessivo sosp
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Sono d'altroiide gli anni in cui contemporaneamente, sul fronte più dirnilgativo del varieta, si diffondono, nella programmazione radiofonica, le trasmissioni rivolte a tutti gli ascoltatori C iti cui si varano i primi quiz radiofonici dai significativi titoli di Campdnife d'oro, I/ Gonfafonp C Camprr~ilesera, pii1 tardi passato alla tclevisione con 10 stesso niodello. Si tracta di trasmissioni in collesamento con le piazze dei centri in concorso, in cui due città o comuni si ironteggiano a colpi di domande nozio~iistichedi cultua generale: questo genere di trasmissioni «contribuisce, non meno di quanto si proponessero i programmi giornalistici, a far conoscere italiani agli italiani. Gzmpunifed'oroYdiventa anzi il prototipo di un prodotto spettacolare tipicamente iiazionale, la cili formula continuerà ad essere sfruttata in seguito»." L'elemento regionale e Imalc si attesta d'altronde come vincente in buona parte dei personaggi del varietà: la carattetizzazione accentiiatn degli elementi locali sembra diventare paradossalmente una garanzia di successo nazionale, dato anche quesro che meriterebbe di essere studiato pcr comprendere a fondo le modalità di costruzione di un profilo ---'turalenazionale nell'ltalia del dopoguerra di cui fanno -te a giusta titolo le macchiette di Nino Taranto, di tà, i <
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Campanik d'oro venne trasmesso, siil Secondo Programma, a partire dalla fine di s e t ~ e m b r e d e l 1 9 ~Si4 .trattava di un concorso a premi in cui si sfidar-ano. ogni settimana, due squadre apparrenenri a due diversi paesi italiani, menendo in campo i loro misti dilerunti. Tra i premi figumvano, oltre che una somma in denaro, anche hnidi consumo come apparecchi radiofonici e tri. eori[eri. l'' Isola. G r i amici cit., p. 263.
LETIZIA BMDI
ERWSTO DE MARTINO ALLA RADIO
be popolari e soprattutto i canti e le melodie tradizionali «a rischio di estinzione». 11trattamento dei dati etnogafici presentato dai lavori di de Martino rappresentava inoltre, a buon diritto, iin elemento di interesse nel panorama storico-antropologico di quegli anni - come si è già accennato -: anche perché alla mole notevolissima di racconti, favole, testirnonianze, nonché ai canti, alle filastrocche, ai giochi infantili, colti nel loro immediato svolgimento, si aggiungeva la restimonianza delle pratiche e delle forme di vita delle popolazioni del Mezzogiorno restituite attraverso la diretta registrazione di documenti sonori sul campo." Se infatti la rradizione demoìogica italiana aveva gi2 ampiamente documentato Ie culture popolari, s p - i e quelle del Meridione d'Italia, il lavoro di de Martino e della sua équipe forniva una nuova e preziosa traccia sonora delle suc indagini che la radio italiana di quegli anni sembra avere tutta l'intenzione di utilizzare al meglio. E tuttavia le trasmissioni di de Martino, che beneficiano di questo interesse «neorepubblicanon per le culture popolari C tradizionali come clemento potenzialrnen-
te unifianre C patrimoniale della nazione recentemente libera, risentono assai più, da un punto di vista stilistica, della patina accademica di altri fortunati cidi del tempo come 11 Cmtocgno dei cinque o dell'ancora preccdcnte Approdo in cui diverse opinioni, generalmente di accademicj e studiosi piuttosto paludati, venivano messe a confronto da un moderatore di prestigio. Al di 1à infatti dei docurneiiti registraci sul campo con l'ausilio - ì. davvero il caso di dirlo - dei «potenti mezzi della W», i testi conseanati - da de Martino e letti da uno speokm sempre anonimo1' perdono molta della freschezza, ma anche della drammaticità delle situazioni reali in cui essi cono stati raccolti e diventano piutrosto oggetti di studio antropologico, avallando un'idea che a più riprese verrà ueicolata dall'informaxione massmediologica in materia di culture popolari in quegli anni, e cioè che questi scampoli di realtà locali siano come oggetti residuali di un patrimotiio ciil ti~raltin deperirnerito da registrare e conservare, come «relitti» di iin passato destinato a scomparire in nome di un progresso unitario, anche e soprattutto sul piano cultiirale, rivolto verso la modernità P le forme di vita urbana.')
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l' Nella presentazione apparsa sul uihdjmumerem dcl ciclo di tmmis diretto da de Martino, Panorami etnologici efolhlorin', di cui in questo Li propongono le puntare scritte personalmenrc dall'etnologo napoletano, ,. ge: «In g,eneralc per tutte Ic trasmissioni il materiale musicale iitilizzato è quasi sempre di prima mano, Cioè raccolto sul posto ed eseguito da effettivi canrori popolari, senza quindi gli arbitri e le deformazioni che sono inevitabili neUc esecuzioni in studio. [...l Solo in via del tutto eccezionale e quando i1 margine inevitabiie di deformazione era minimo, si è fatto ricorso a registrazioni t guite negli studi della RAIn. Cfr. E. de Martino, Panommz etnob@ci e f o & b in eRadiocorrieren, XXXI (19541, n. 1 4 , p. 10. LB prima trasmsionedi qu qui riportate, dedicate a Ninwmnne egirrochi infanftli - che fu anche, in a! luto, la prima del ciclo - andò in onda intorno alle z r di martedì 5 apniie sril Term Programma. 11 ciclo proseguì quindi, con relativa regolarità, ogni sertimana, più o meno nello steso orario, con I/ce+imonxalee r canti &li'an n m e delle nozze ( I 2 aprile I 9 ~ 4 e) con I l Inmento f i n e h e i cerimmkli delh Imo?te . . (19 aprile 1934). La trasmissione dedicata alle Colonieahanesr cabbro-~ucn~ir andh in onda invece durante la seconda serie del cido, e precisamente il 6 dicembre 1954.
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'' Isola, G n umici cit.. p. 209. Anche k presenza de]l'amunciatore ai mi-
ono - di un professionista della parola, ma non di un attore -, dovrebbe mire auna sfem di serena e sicura comprensione dei fatti umani*. Tutto dunque sembra cospirare a questo fine di nobile equità, sinoad arrivare ad alferrnme: xI1 rapporto ma conversatoree axoltatore alla radio è il più perfetto armpio di democrazia in atto: l'uomo che non ha altro potere siill'uomo tranne quedo di pmuaderlo, in virtù della parola*, in RAI - Radio Italiana, I1 GionraLe R 4 o . Guzh p m f h prqueIli che porho alla radio e perquelli che lì ascollnno, compilato per conto della Radio Italiana dal direttore del Giornale Radio A. Piccone Stella, SET, Torino 1948, p. 73. Questo libeUo e b h notevole seguito nekI mdio degli anni cinquanta e non mancb di influenzare, come altri testi uffidi quegli anni, la redazione dei testi radiofonici non giornalistici, conle Ic nissioni culturali e la loro confezione radiofonica. Cfr. anche C. E. Gadda, me per .& re&:ione di un testo radiofonico (rg53), oggi in Id, Gaddo olmi?no.L'i~:~gepmreih Rai (197o-r935J, Nuova ERI, Torino 1993. " Ho cercato di mtituirc il complesso rapporto tra culturc popolari e culufficide e naziode in Bandiere e campanili, ciclo realizzato per Radio Tre iterno deiia trasmissione DÌario il~liano,maggio 2001. &dtd
ERNESTO DE MARTINO A1.T.a RADIO
Al tempo stesso, quello che eniergc dalle trasmissioni d i d e Marrino è un Mezzogiorno vivo e presente che permette d'ascoltatore «italiano» di conoscere realtà culturali e umane sconoscinre o solo intuite, attraverso racconti e cronache spesso jnficiate da un paternalismo di maniera o, peggio ancora, da un pregiudizio «nazioiial i s t i c o ~che finiva per proiettare la specificità culturale delle c
immcdia t o ccrtc correnti rirtisticlie C letterarie e persino C'erti ~spetridel costume e della ideologia del mondo moderno, ma Inon direi clic, in gcticrale, questo guzto vada incoraggiato, almeno neiia misura in cui esso alimenta una sorta di evasione dall'ordine e dd a razionalità delIa civiltà. Tuttavia proprio questi pericoli rendo!10necessaria iina più larga e serena comprensione del primitivo e d e1 popolare, e a qiiesto critcrio ho voluto attenermi nella dueziorle del ciclo, ripudiando decisamente il terreno del pittoresco e del variamente roniatirico.'
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In queste poche righe de Martino sembra voler- rac= A-1 chiudere, pur nella fornia leggermente enfatica, forst «lancio» di un nuovo ciclo di trasmissioni a lui affida suo «programma» divulgativo che si presenta da si ambizioso e lucido, nonostante la persistenza di a aspetti controversi che più avaiiri si ccrcfierà di nie:ttcre in luce. Vi si legge un'aspirazione dj razioiialità e di i rnpegno scien~iiicocome diretto oppositore di quel «gust:o del l'
De Mnrtino, IJanomrnjemologici e/olklorici a t
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primitivo e del popolarea da cui l'autore intende discostarsi recisamente, pur nella consapevolezza della sua diffusione iiel comune sentire moderno e una condanna del «pirrorescon, in materia di culture tradizionali, che ricorda da vicino 1c considerazioni, pressoché cocve, di un altro autore allora impegnato in iina disamina dci rapporti tra culture popolari e culrure di éljte come Pier Paolo I'a~olini.'~Proprio nel r 953, infarti, quest'ultimo avcva pubblicato sid «Radiocorriere» iin articolo dedicato all'argornento" in cui tra l'altro si legge: Valendo anche per la poesia popolare i fondameliti de1l'~tetica crociam e del suo metodo, essa si distinguerebbe dall'altra poesia - quando sia poesia - per un suo C tono » speciale, un tono niinore, incapace di espressioni estreme, che il Croce chiama, appunto (
-ostesso Pasolini aveva da poco, inoltre, realizzato per
una tsasrnissionc dedicata al Friuliii per i1 ciclo Sciie p a c s o ~in i cui tali problematiche vcnivano ripropoin modo piuttosto analogo. Ne risulta evidente la sintori ia di posizioni che emergeva in una certa area intellettiuale italiana che si muoveva in quegli anni tra pesanti ereciità crociane e nuova attenzione verso la riflessione gramsciana. Le trasmis nartiniane presentano tnttavia, come si accennava in precedenza, anche forti elementi di ambiAI
l5 Cfr. P. P. Pasolini, Poesia popolore c poesia d'avanguardia, in Id., Saggi s u h Irtfpmfmrsuil'u~e,a cura di W. Siti e S. De Laudc. Mandadori, Milano 7999. pp. 596 sgg. In p a n i c o h in questa saggio, così come in altri dell'epnca
dediati alla poesia dienalee al rapporto tra ciiltura d'élite e culrure popoh, Pasolini appunta la propria critica su quelle forme usquisiten - il termine prendequi una stiirnatura ironico-dispqiativa - di riletture della p s i a pop0. larc in chiave colta che finiscono per rendere la realtà culturale popolare solo nciia fonna del pittoresco c dell'ingcnuo. IC' Cfr. *Radiocom'eren. XXX (1954), n. 3. " Cfr. P.P. Pasolini, IlFnirli, in Id.,Jagpi'nrlhknpratum csuU'a>zecit., p. I 0 2 .
ERVESTO DE klARTIN0 ALLA M D I O
valenza e consentono di vedere al lavoro un antropologo diviso tra l'aspirazione verso una posizione di tipu relativista e il permanere, nel suo linguaggio e nelle sue scelte di tessitura del discorso radiofonico, di forri elementi di etnocentrismo e di ciò che l'alicropologia degli ultimi decenni dct'inirebbc senza dubbio il «parlare al posto d'altri », tipico del discorso ~oloniale.'~ D'altronde è forse proprio tale ambivalenza, insieme all'itidubbio valore divulgativo delle trasmissioni dtmartiniane, che rese possibile l'accesso di un intellertualc, così politicamente caratterizzato, ai microfoni di una radio nazionale fortemente impegnata, tra la fine degli anili quaranta e la met8 degli anni cinquanta, in uno sforzo unificatore all'inscgna del più severo aiiticomunismo e improntara a una missione di vero e proprio apostolato cattolico, che riportava il mczzo radiofonico alla sua e missione» originaria dopo le ubriacature toraliratic del regime.19 Per comprendere tuttavia la coinplessitl di atteggiamenti che animano la riflessione dernartiniana degli anni cinquanta e queste trasmissioni, che di quella rappre tano la forma divulgativa e sintetica, sarà probabilm% necessario tornare alla formazione di questo aurore e ambivalcnze che segnarono la siia riflessione su alcun i dei temi cenuali del dibattito antropologicu di quei dccc:nni: q~iellidi «arcaico », di «sacro », di c
L. Ncolf. T h e p b i e m ofspeakingfororhm, in aldtural Crir
XX (iggr), pp. 5-32. Cfr. Isola, Grinmicicit., p. 210. Sì tenga conto in proposito che dal rqq7 era iniziata la pubblicszione delle Lettere e dei Qzudpm~delcanere di hnronio Gramsci, tenninata nel rci>t. Tale operazione editoriale - ripetuta poi solo nel 1975 nella sua forma intq:ralc e restituitaali'ordinc cronolo~imdi stesura da Valentino Gerratanaper la C,asa editrice Einaudi -ebbe un enorme peso sullo sviluppo culturale italiano di iquegli anni e condizionò pesantemente il dibartiro inteilettiiale degli anni cinquanta e noti solo. Le categorie di negemones e #subalterno* utilizzare nlegli Iq
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scritti gmmsciani sul ufolklore~si imposero mme nuova chiave interpretativa neii'nnalisì dei rapporti fra tali forme tmdkionali e popolari di vita culturdc e le forme ufficiali della cultura nazionale.
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Le trasmissioni scritte da Ernesto de Martino - appartenenti tutte al biennio 1953-54 - presentano già in nuce tutti i nodi problematici che hanno agitato così a lungo la critica e la riflessione sull'opera demartiniana fino ad anni recenti, complicati, se vogliamo, daUa tensione divulgativa che, come si vedrà piìl avanti, modifica e distorce altneno in parte le forme della comunicazione rcndetidoIc pii1 dirette, ma per questo anche meno problematiche. A p i ì ~riprese, in alcuiii dei testi delle diverse puntate di Panorarni etnolo,gici e folklohci così come nel testo della Spedizione in Lucania, tornano i riferimenti espliciti alla nozione di relitto, di residuo, l'uso di termini ambigui quali quelli di «primitivo», di <<arcaico»e simili. E evidente che questo apparato rerrninologico riconduce la scrittura demartiniana sui binari di un certo positivismo tardottocentcsco e sembra ridurre l'indubbia, peraltro, portata innovativa di altre sue affermazioni circa I'incomparabilità e Ia necessità assoluta di rispetto e impegno a fianco delle eplebi rusrichc* del Mezzogiorno, om7ero di quell'iiisierne di riflessioni che è stato srissunto sorto I'cticlietta di «etnocenrrisrno critico». E tuttavia importante cogliere la produzione di de Martino, e in particolar modo il suo impegno in senso divulgativo, proprio neila loro contraddittorietà e arnbivalenza, come esempio della difficile maturazionc, anche negli scudi demoanrropologici italiani, di un rapporto non egemonico C «coionialisra,i nei confronti delle culture subalterne e tradizionali. Recentemente si è indagato circa la portata innovativa dclle indagini demartitiiane «a metà srrada* tra scoria ed et nologia, e $iè cercato di riattualizzarc le indicazioni tcoriche e metudologiche di questo autore, nonostante <(l'oggettiva divergenza di alcune prospettive)). Quelli infatti che. nella prospettiva storiografica deniarriniana e nelbiro della teoria della sopravvivenza, ci appaiono co.esidui di un mondo scoinparso, nel quadro ipotetico
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LETIZIAB T ~ ~ I
della permanenza potrebbero essere segni di un «continente Ncuni studiosi inoltre hanno cercato di mettere in evidenza come «anche il riferimento a metodiche storico-culturali, che risulta talora bloccante nei saggi di ricerca di de Martino (insieme al disegno di ricondiirre a "storia" l'antropologia), torna oggi a essere intcrcssante, almeno per sollecitare cautele e dubbi nell'uso della generalizzazione~.'~ Il percorso di de Martino emerge da questi studi stnitturato in diverse fasi, segnare dalle figure di studiosi che hanno accompagnato la sua formazione e la sua maturazione intellettilale: a partire dalla tesi di laurea, sostenuta con Adolfo Omodeo c significativamente incentrata su un tema inerente alla cultura greca e alle sue forme di espressione religiosa," la vicenda intellettuale di de Martino si accompagna a quella di niaestri e amici che nc scgnarono profondamerite I'impostazionc e i temi di interesse. I1 primo studioso rilevante nella biografia demartiniana è senza dubbio Vittorio Macchioro.": Questo rapporto si csrattcrizza peF l'ambiguità con cui la figura del a maestro», geniale quanto bizzarro, si intreccia con quela1 tempo stesso affettuoso e severo, che la di un <<padre», pjh volte criticherà il lento allontanameiito di dc Marcino 2' L. M. Lombardi Satriani, Da *Morte epianto n'tunlcna rllPonte di 5.Giahnno. Tmlti di un itinerario»,in aLa Ricerca folklorjmn, 1986, n. I 3, p. 73. 22 P. CIementc, Conrinuatrdoa pensare& Mnrfina, ibid., pp. 8 I -83. 23 1 Gephjlfirrnieleusini, sostenuta all'Universith di Napoli nel 1932.Buona parte di questo primo lavoro demarriniano fu poi pubblicato con il titolo Ilcmct-ttodi rrli~ione,in aLa Nuova Italia*, I\' ( I 9331, pp. 325-z9 e I G e p m i , in «SMSRB, X (1934),pp. 64-79. Nello stesso anno dc Martino pubblicò anche un altro saggio inerente alla cuituhi greca classica dal titolo Ildramma ha individuo e Stato nrlkzpolitica plrnonicn. in *hgos*, XVII (rgjq), pp. 290-307. " Cfr. R. Di Donato (a cura di), Ln catra&izimefelice?Stdi su Emesfo& Martirio, ms editrice, I'isa 1994e in particolare il sappiodellostesso Di Donato, PrPictofiodi Emesfo de Martino, pp. 41-67 e le appendici dello siesso volumr in cui sono riportati il Ricordo di I'jtfmio Macchioro (pp. 201+4), scritto dallo stessode Martino nel 1959 alla monc dell'antico maestra e una nota di L. Rcbaudo. VittonoMucchioro, storico e a~cbeologo(pp. 205-zo),ricchissima di informazi* ni sui rapporti intercorsi neUe varie fasi tra de Martino e Mscchioro.
WINESM DE ivxtrno ALLA
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daii'inreresse per gli studi scorico-religiosi e da zin certo pcnsicro dei primi decenni del Novecento spesso inficiaro di irrazionalismo, portatore di un'idea della storia dcUe religioni che priviIegiava la Grecia classica come detencrice di un primato sulle altre civiltà antiche e come matrice originaria di saperi ancor oggi condivisi dalla cultiira occidentale." D'altro canto I'incontro con Macchioro e la loro lunga frequentazione intellettuale e personale ebbero il merito di portare il giovane de Martitio a i~icontrarealcune delle correnti di pensiero più intcrcssanti dell'epoca: per ciò che concerne in particolare la storia e la teoria delle religioni si pensi alla lettura dell'opera di Mircea Eliade, ai lavori - poco rigorosi da un punto di vista storico, ma senza dubbio importanti - di Kudolf Otto sul sentimento dcl sacro, alle diverse espressioni del pensiero irrazionalista tedesco e ai lavori di I.ucien Lévi-Bruhl, da cui pure sappiamo che de Martino scppc prendere le distanze e distinguersi fin dal 1941,nel noto saggio apparso in Nalura~isrnoe rdoricismo ne/f7ett;ologia.'" Nei suoi primi studi Je Martino si interessa di storia dclla religione greca, in particolare quella mjsterica, legata ai culti orfici, e questo priino interesse gli proviene sicuramente daile conversazioiii con Macchioro e dal clima culturale cui quest'liltimo era legato, in cui doniinavano l'attenzione al sacro, la fascinazione per le forine più " Si pensi in tal s e m agli scritti di K;lrolyKer6nvi sui miti e sugli dPi greci, nonchC alle riflessionidi Mircea Eliade sui riti eleusini e in genere sui rituali di iniziazione in ambito greco come fondanti di un vero e proprio prolilo rituale deUa tradizione occidentde. Sui rapporti tra de Martino e Mircca Eliade - alla cui conoscenza fu probabilmente intradotto proprio dallo stesso Macchioro cfr. P. Angelimi, L'uomo srrl&!to. rllrrcea Eizade e L nstoria rìeh r e l i f ~ o nBol. ~~, lati Boringhieri, Torino 2001, in cui un interessante capitolo i. pcr i'appunto dedicato ai rapporti tra questi dueautori: I/mppor!ocon Eme~iodebf~rlr?ro, pp. 77-102; in appcndicck recensioni che dc Martino ed Eliade si dedicarono reciprocamente. 26 Cfr. E. de Martino, Saggio critico srrlpre[ogismo di M - B n r h l , in Id., Notumlinno e sioricirmo neii'et~okia.Latema, Bari 194 I .
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antiche della cultura occidentiile C i loro Icgami con le esperienze religiose mediterranee e orientali. N tempo stesso però dc lMartino, durante gli anni baresi - i n cui ebbe inizio, per intervento di Adolfo Ornodeo, la sua frequentazione di Benedetto Croce - finl per allonrariarsi da qiicsto tipo di storia delIe religioni e deile ciilture antiche, awicinandosi invece sempre più all'approccio storicistico, di ascendenza esscnzial.mente crociana, in seguito rivisto: crociaiiesi~noche comiinque costitu'l la sua vera cifra intellettuale, nonché, in alcuni casi, il srio limite teorico. La dipendcnza dall'impostazione crociana infatri determinò profondainente la riccrca di de Martino suile religioni antiche e suiie loro forme di permanenza nelle conternporanec c~ilturefolliloriche, costringendolo a un delicato lavoro critico Nspcrto aiia netta chiusura di Croce verso le culrure «subaiteriie». Nel I 93 7 d e Martino si distaccò quindi, anche con una certa durezza, dal suocero e maestro Macchioro, ormai votato a una aderiva irrazio~ialistica»che minava sempre più non solo la sua iama di studioso in Italia e in Europa, ma anclie realmente il rigore dei s ~ i ostudi2' i Fu cosl chc de Martiiio approdò a una niiova pratica C teoria deiia storia deiie religioni, che lo vide dapprima molto legato a Omodeo - cui è dedicar0 anche il volume Naturalismo c sto+cismo nefl'etnologia-, quindi sempre più attento ad altre figure di studiosi come Raffaele Pettazzoni o Ernesto Buonaiuti, nonché a certi apporti dello sroricismo non crociano. Dominò comunque da questo rnnmcnto in poi iin rapporto con Croce assolutamente privilegiato, che carattcrizzò in qualche modo per sempre il lavoro demartiniano, facendo del filosofo napoletano uno degli intcrlocutori più i~nportantidella sua opera, influenzando ogni sua 111teriore relazione aglj studi storici italiani e finendo per
costruire una biograiia intellettuale del tutto originale. Per un verso, infatti, dc Martilio rivendicò costantcmence la propria esigenza di autonomia culturlilc C int.ellettuale, ma al tenipc) stesso egli mantenne il coritinuo riferimento aU'opera del maestro ritenuta cornuiique ineludibiIe per qu5lsiasi tipo di qucstione teorica C metodologica. E d'altronde attraverso un ambito come quello deiia storia delle religioni, nieno soggetto aii'egernonia idealisrica C cornc tale piìi aperto a iina circolazione e a uno scambio culti~r:ilc,altriinenti in altri campi gravemente compromesso, che dc Mariino > poii~iovcnire a conoscenza di temi e indirizzi del pcnsicro europeo, conlc la psicoanaljsi, la fenomenologia, I'esistemialismo, che verranno con gli anili assumendo unpcso sempre pii1 determinante. m a che Tono prcseriti fin da d o r a interferendo in maniera non sccorirlwia nel suo rapporto con ~rtice.*'
E iriteressantc, in tal senso, esplorarc anche il rapporto che egli iiicrattenne coi1 I'opera e la personalità di Raffaele Pettazzoni, d i formazione esscnzialinentc positivista e decisamente più critico rispetto alla tradizione idealistica. E proprio attraverso l'incontro con Pettazzoni che d e Martino poré infatti mantenere un rapporto vivace e sviluppare iin notevole lavoro critico rispetto alla grande cradizjone dell'ctnologia e della storia dcIlc religioni curopce della prima metà del secolo. Nc sono un esempio rilcvante alcuni saggi, come ad eceiiipio quello app;irso in Nur;ur~lfirmo e sforicisrno neìl'et~~ologia sulla scuola storicocuIturale d i Wiihclm Schmidt" e lc critiche piintuali mosse a quel particolare indirizzo d i studi, d i cui criticava proprio I'irnpos~azionccccessi.clamcnte segnata dail'influenza positivista. All'aIlicvo crociano doveva sembrare inaccettabile infatti la scarsa considerazione deiia pro-
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Cfr. C . PasquineUi, Lo rsloncismo nulicor di Emesto & M e r l i t : ~in , a La Rimca folkloricav, 1981,n. 13, pp. 77-83. Cfr. E. de Martino, Iprincipi deila scuoh rtorico-culfumle.in Id., Na~urnkuto es~oricimocit., pp. I 19-67.
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In propositocfr. Rcbaudo, Vittorio i!Znccbbro ci{.
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spettiva storica nella contestualitzazione dei fenomeni religiosi, ma anche la mancata valutazione di questi dtimi come autonomi oggerti di ricerca. Tuttavia già nel saggio su Ilconcetto di religione)" - una sorta di estratto teorico della sua tesi di laurea sui Gepbynsmi eleusini - de Martino faceva propri alcuni termini usati da Pettazzonj nella polemica, da liii sviluppata negli anni venti, contro le categorie crociane. Pur esaltando infatti l'approccio storicisrico, Pettazzoni aveva però già avuto modo di rivendicare l'importanza del metodo comparativo negli studi di storia delle religioni, comparativismo condannato invece da Croce come rnetodologicamente ingj~stificalile.~' I1 nodo vero di quella polemica non fu tanto di metodo, quanto uno scontro centrale intorno al valore autonomo, categoriale della religione che solo poteva farne una speciale disciplina storica agli occhi del filosofo idealista che ne rifiutava l'autonomia teorica, reinserendola nella p i ì ~complessiva «storia etico-politica o morale della società Nell'alcernarsi di complicità e di distacchi calibrati dall'opera e dal pensiero crociani, de Martino finì in realrà, attraverso anche l'interessante incontro con alcuni assunti pettazzoniani, se non per dare totale autonomia all'oggetto teorico «religione», per conferirgli una certa autonomia di indagine e di approfondimento. La sua rilettura del rapporto tra mito e concetto, nelle forme «del travestimento e deii'abbozzo» conduce infatti il suo pensiero verso un'interpretazione dei fenomer ligiosi a metà tra oggetto autonomo di ricerca e nessc ia ricostruzione di una storia etica e politica, di una tt deiia reIigione intesa come philosophia infhor. 'O
Cfr. suprt~,nuca 23.
R. Pcttazzoni, Dio. Fonnazimr c wiIwppo dei m m ~ t C ; ~ rvol. n ~ ,I. L'wm supremo nefk cedmzr dci popoli primitivi. Zanichelli, Bologna 1932. ' 2 B. Croce, l~mmmmcnfidicilco, L a i e m , Bari 1922.
Questa posizione mediana tra il fedele allievo crociano e I'jritellectuale autonomo, attento alle diverse commnenti e tendenze degli studi a lui contemporanei tion è esente di un'altra figura di storico delle .. . daii'influenza religioni molto importante neiia suaforrnazionr e anche nella fasedi consolidamento delle proprie idee in materia di studi storico-religiosi, come già accennato in precedenza: Adolio Omodco. Allievo prima di Gentile, poi deciso sostenitore dell'approccio crociano, impegnato perlopiù in studi sulla storia del cristianesimo, inteso - come più in generale ogni forma di reiigiosità come forza creatrice di civiltà, O m d e o tendeva a ridurre i problemi di storia religiosa a problemi di scoria civile, considerando però - a differenza di Croce - queste temariche non relegabili tra le cose morre, bensl efficacemente presenti anche nelle società e culture contemporanee. Da un Iato, dunque, de Martino sostenne le teorie crociane per ciò che riguardava l'identità tra mito e religione, ma dall'altro finì per distaccarsi totalmente dal maestro circa la questione defl'autonomia della storia religiosa da quella della filosofia, in contrasto con la riduzione crociana deiia prima alla seconda. « I n altre parole de Martino sembra valersi delle categorie crociane in funzione anticrociana, mediante un recupero deiie posizioni e dell'influcnza di Pettazzoni»'je - si ptiò aggiungere attraverso la mediazione di Omodeo. La contraddizione tra le due impoctazioni viene tutcavia, almeno in parte, composta attraverso una sistemazionc in chiave sequenziale dei due approcci aiia storia deiie religioni: il filologismo etnologico e la ricostruzione spaziale, remporale e causale dei fenomeni religiosi - elementi questi derivanti tutti daii'influenza del pensiero positivista - vengono considerati pertanto come fase inaugurale
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" Cfr.
" Pasquifieib, i&
rslorihsmu mùo- cii., p. 78.
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e preparatoria di un lavoro storiograiico iniprontato alla metodologia e alla troria storica di ascendenza crociana, sia nel campo della storia delle religioni, sia nell'iriterprerazione dei fenoincni di interesse etnologico; come fa notare ancora Carla Pasquinelli, «l'alternativa è tra una tendenza individualizzantc idiografica ed una nomotetica stnitt~iralista,>.'" L'adesione demartiniana al progetto crociano dello storicismo non risulta pertanto iié lineare, n6 totale, ma costringe a una rivisitazione continua della metodologia e dei suoi assunti teorici, anche a causi della sorrapposizione deteriilinante, all'interno del siio lavoro, della dimensione storico-religiosa con quella più srrettarnente ernologica. De Martino cercò pcr primo, anche in profondo dissenso con Croce, di assumere una metodologia storicista all'interno degli studi etnologici, per sottrarli al naturalismo che li aveva caratterizzati fino ad allora e traslormarli in sapere storico. Oinodeo stesso critjcì, come impraticabilc la preresa dernartitiiana di andare oltre la matrice positivista degli studi etnologici, riscnlando solo alla più specifica storia deUe religioni la valcnza di disciplina autenticamente storica, Pur restando profondamente legato alla lezione di Omodeo, de Martino seppe bene infatti che il suo tentativo di allargare l'approccio storicislico agli studi ernologici, rappresentava uri enorme avanzamento della sua metodologia rispetto a quella del maestro. Ne individua tutti i limiti idealistici e l'incapacità di cogliere nell'interesse verso oggetti di carattere etnologico il vero incremento teorico per la teoria della storia e per la storia delle rcligioni in particolare. L'incontro con le società e le ciilture eriiologiche mette alla prova una ~netodolo~ia fino ad allora applicata solo a civiltà storiche e afferenti alllambito
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della cultura occidentale o a essa, per ragioni diverse, estremamente omogenee. L'incontro ctnografico diviene la via all'approfondimento anchc dcl patrimonio culturalc dell'occidente, creando le condizioni per u n nuovo rapporto anchc con le civiltà antiche e tradizionali facenti parcc di qiiest'area culturale. La varietà dei suoi interessi, se da un lato rende difficile quel Icntn lavoro della siia maturità pcr ricostruire uii'immagine unitaria di sé come studioso, impegnato culturalmente e politicamente, dall'altro consente, proprio pcr l'interesse elaborato verso lc società craltre», di riconsiderare anche il rappono con le civiltà antiche del bacino mediterraneo, in una complessità di livelli e piani di interesse che riesce a tenere insieme materiali estremaniente disparaci ed eterogenei. La nozione di «arca euromediterraneab>ha nei lavori storici, ma anche etnologici, di dc Martino un'impurtanza fondamentale, dal momento che si presenta al tempo stesso come origine della cultura occidentale, ma da essa anche distinta quanto all'uso e ali'efficacia dei simboli mitico-rituali, dcUe pratichc e deile teorie religiose C dcll'idea di comiinità di cui lc civiltà in essa comprese erano portatrici. Lentamente dunque de Martino si concede maggiore libertà nell'uso della metodologia storicistica e il suo rapporto con Croce resta piuttosto legato a un problema di coerenza della propria tormazione e allo sviluppo del proprio pensiero; tuttavia, se vi è un aspetto rispetto al quale egii resta assoliiramente fedele allo storicismo crociano, è proprio qucllo della metodologia, laddove invece gli oggetti e le conclusioni della ricostruzione storica potranno allontanarsi profondameirte da quelli ritenuti legittimi dal maestro. Se ci si t così daungati su questa sorta di «archeologia» deiia formazione demartiniana è perché la si ritiene utile per comprendere il modo in cui, neiia riduzione radiofonica degli studi fino ad allora condotti, pensata da dc
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Martino di certo iri funzione divulgatjva, scompaiano buona parte delle preoccupazioni criticlie sottili e complesse tili qui presentate, e come si giunga al conuario a ii~i storicistico piuttosto semplificato, sc non addirittura uri po' grossolano, i n cui le diverse forme di esprersinnc culiurals tradizionale vengono impilate in u n percorso « evoliirivo » di facile cornprensionc per l'ascoltatore mcdm, nis indiibbiamente lesivo delle cautele teoriche fino a cjuel momento maturate da d e hiartino in ambito scientifico. Scompaiono qiiari del tiitto, dagli scritti radiofolici, le ~ ~ c c i s a i i o nrelative i alla complessiti dei concetti d i «arcaico» c d i «relitto», e si aiiaccia l'ossatura più consiieta del pensicro positivistico soggiacente peralrro a tutto l'idealismo crociano i n cui l'idea di frattura temporale nel processo storico lascia il posto a un conti~zuumdi facile accezione che proierta su di un'unica linea progrcssiva l'arcaico, le formc della reljgiosità e della cult~iracristiana, infine l'acquisizione di un pensiero laico e scicntifico come punto d i arrivo del «progresso- intellettuale. Negli stessi anni invece, all'interno dei suoi saggi uitici, de Mnrtino continuava a insisterc sulla quesrionc dell'arcaico e del primitivo riformulandola, coi1 unJoscillazione piiittosto interessante. In primo luogo si attcsta.c:ano nei suoi scritti la cautela storicistica che lo spinse - fin da Naiu~alzsmoc stouicisrno nell'clnohgia -- a rifiutare le facili dicotomic Iévybruhliane, nonché le poco rigorose fascinazioni irrazionalistiche verso iin'ipotetica modalità primitiva di espressione della religiosità e del sacm - prese a prestito da lavori come quelli di O t t o sul nnurni~ioso)~ e il sacro o gli itiidi, talora r sclvagpiameiite)r comparativi. di Eliade sullc forme anriche di religiosità mediterranea e Ie forriie corrispondenti in arec culturali diverse, come, per esempio, qiicUa indiana. L'approccio di de Martino alle fornie religiose iiiiriche mutò dunque in ragione della sua revisione teorica delle
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categorie storicis tiche crociane. Al tempo stesso però I'csperietiza dell'incontro etilogrrifico sul campo, nonché l'apertura teorica ad altre scuole di pensiero e d i indagirie, conrribuirono iti de Martino alla costruzione di un dispositivo interpreta tivo molto complesso, attraverso il qrialc lo studio delle civilrà antiche e d i quelle tradizionali che afferirano all'area mcditcrranea-occidentalerisultò proiondamcnte mutato e portò a una revisione complessiva dcJh valtitazione di qiielle stesse civiltà. La nozione di religione, di sacralith, di simbolo miticoritude sono i vcicoli principali di questo pcrcorso demartinianci attraverso le epoche che conduce dall'AntichitP *arcaica>>,iion ancora fornializzata, delle civiltà agrarie fino alle fornic c(rcsiduali» di rcligiosità presenti negli strati inaiginali e subalterni dclla moderna cultura occidentale, passarido attraverso una fasc come quella dclla cultura greca classica - situabilc nel v e rv secolo a . C. che rapprcscnta una sorta di moineriro mediano tra la aarcaicità delle origitii>)e la siibalterr1it;i dell'cpnca moderna. Questa Iase mediana è caratterizzata ancora dal patrimonio d i immagini e simboli «arcaici», ma prcsenta -. come si E d t t t n sopra - iina formalizzazione e razionalixzazione multo avanzate di questi stessi materiali, attraverso le forme della ridiizione a testo, conten~~tisticamcntc e stilisticamentc distinto. Qiiesto cleniento prepara già la iorme di esperienza dclla lenta perdita di potere di rcligiosità, che non a caso saranno destinate a ricomparire, in torma di arelitto foJklorico» nelle moderne culture p o p o l ~ r europee. i Già traccialido sernplicetiiente la linea sommaria di qiicsto processo di «decadenza» del simbolo i-ilirico-rituale e della sua efficacia culturale, si piiò comprendere come d e Martino inserisca il discorso slilla religione e sul patrimonio cdturale antico all'interno d i iin percorso lincarc di mutamcnto che, se da i111 lato va verso sempre più alti livelli di laicizzazione e razionalizzazione - di
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certo graditi alla sua formazione idealistica -, dall'altro inserisce ampiamente, nella valutazione del apresente folkbrico~osservabile sul campo, un elemento di negatività e di crisi che è l'altro grande tratto teorico di cui de Martino
ifolklorica, tanto più interessante quanto piìi geograficamente prossima alla stessa cultura di appartenenza dello studioso, gli imposero la ritorrnulazioiie dcI rapporto cori le fonti classiche r la tmrizzazione di una disoniogencità precedentenientc non riscoritrata dagli scuiosi di storia dclle religioni e aiicor meno dagli etnologi dai demologi. Qiiando de Martino inserisce nel lavoro su La terra del ;mano il Documcnta~ostorico, dominato da iina lunga rzione dedicata proprio alle occorrenze classiche, e quini palcocristiane e feudali, del simbolo initico-rituale della taranta, la nozione di arcaico e il rapporto intrartenuto con essa dalla moderna cultura occidentale si presenta già profondamente mutato. Alla nozione di continuità ideale tra passato e presente, si predilige ora quella di rottura e di discontinriità, rivalutando in questo I'apporto di certe osscmazioni di Omodeo suli'importanza fondamentale del sorgere della religione cristiana e dcl suo consolidarsi nelle forme di una Chiesa.
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Il rinnovato approccio alle fonti inoltre determinerh, nell'opera dernartiniana, i1 fiorire di tina notevole quantità di usservazioiii e note sparse - alcune delle quali solo recentemente edite)' - sulla nozionc pii1 gcnerale di simbolo mit ico-rituale, che accompagneranno d'ora in poi la ricerca demartiniana in materia religiosa fino all'opcra finale incompiuta. E dalla verifica puntuale - dei cui criteri si dirà più avanti - della pcrsistenza, a1I'interno di certi attuali rituali faklorici, di antichi ncssi mitici e simbolici di ascendenza antica che de Martino trae I'idea di una continuità culturale interna d ' a r e a mediterranea che dalle civiltà agrarie arcaiche coriduce fino a qiiclle tradizionali contemporanee, malgrado la rottura rappresentata nella cultura ufficiale, così come in quella popolare, dall'inserimento deiia nuova esperienza cristiana. Egli non ignora infatti la disconriniiità rappresentata dalla teologia e dalllesperienza del cristianesimo nclla criltura occideritale, anzi mette in rilievo come proprio da quel momento in poi, e con I'abduzione del patrinionio religioso cristiano nelle strutture ufficiali della cultura occidentale, abbia avuto inizio la progressiva inarginalizzazione dei contenuti e dcllc esperienze rituali delle religioni antiche che ha causato il riprcscntarsi di certi loro nessi mitico-rituali nelle forme residuali dcl <
Ci si riferisce qui al volume di scritti di E. de Martino, Storia e metar!orkz. tfmddmenli di umi .ttweoriaddmcro, a cura di M. Massenzio, Argo, Lecce IN>; cfr. in particolare gli appunti sparsi raccolti sotto il titolo Il dmbolo rnitico-&m&,pp. 159+.
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sa essere oggi messa in discussione c sottoposta a seria revisione, anche se di certo essa rappresenta una delle acquisizioni rilevanti della storia delle religioni. Omogeneità di contenuti e forme espressive dunque tra patrimoni culturali antichi ed esperienza religiosa delle «plebi rustiche), del Meridione d'Italia, pur nelle forme «decadute» e marginali del «relitto folklorico~e disomogeneità, frattura netta invece rispetto alle iorme ufficiali della . . religione che da h teva del rimorso in poi saranno cln amate «dominanti». La religione ufficiale intatti si car atterizza per un'alternanza dialettica, po!emica pcrsi~o, petto alle fornie mitico-rituali arcaiche, come nuova eiigiosità e come vera e propria teologia. Nelle sue for~ne ,erarchizzatee razionalizzate essa non tarda a determinare 3 svilimento c la marginalizzazione delle forme religiose .*eccdenti, per conferire invece valenza sernprc più forte ;imboli evangelici e vetero-testamentari. In realtà questo doppio percorso culturale - piano folk.--ico e piano ufficiale della rdigiosità - può essere, dagli scritti demartiniani, ricomposto in un u~iicopercorso lineare che si può sommariamente tracciare così: un'idmlogia - arcaica e pagana della religione (nellesue diverse forme di espressir,ne rituale: lamento funebre, rituali della t raiIta, teoriie apocalittjche di vario genere ecc.), progres. - - .,-Crorrnalizzata e testualizzata in epoca classica; va mence sura e l'opposizione dell'ideologia cristiana, nelle iorn ii si accennava in precedenza; il mantenimento del pat onio mitico-rituale - o talora solo dell'aspetto ritua decontestualizzato e ridotto a arnonconcu irrelato - riei presente, dotato di una tunzione protettiva, o altrimeriti «di resistenza», neiie aree culturali arretrate della stessa i d t à occidentale. Merita qui far notare - come già ha avuto modo di senalarc Clara Gallinijc - l'insufficienza dcll'idra di suc"'Cfr. C <;allini, K i p s n n d o f'autonomia telafn!n de! simbolico. in Di Do..;iro(acuradi!. la con!r~ddizionefcI~?cit., pp. r z 9 - 4 2 .
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cessione storica avanzata sin in La tora del timorso sia in Norte e pianto dtuale. In effetti l'idea lineare di percorso religioso e culturale tracciata da de Martino non basta «a descrivere la complessità di una religiosità popolare in cui i riti ancichi possono coesistere senza contraddizioni con una nuova visione (della morte) D e ancora pare opportuno qui riportare l'acuta osservazione di Mariano Meligrana in cui si attestava coin,e «arcaico non equivale esaustivamente a inesistente. E il fondo delle cose, della storia; anche la rescissione violenta e (apparentemente) senza residui delle radici cultiirali ripropne, pur sempre, il rapporto con la tradizione». jì L'idea lineare del processo storico, privo di discontinuità e rotture, di cui fin qui si è discusso, mostra ancora il peso deli'inflilenza crociana, che non permetteva di riconoscere alcuna autonomia al percorso religioso. La iorma ufficiale della religione cristiana, nvittoriosa» su quella di ascendenza arcaica mediterranea, rappresenterebbe allora ~netoriimican~ente l'affermarsi di un nuovo «ethos del trascendimento,,, aperto alla modernità e alla progressiva r~ionalizzazionee laicizzazionc della cultura occidenrale. E d'altronde proprio a questo tipo di contenuci, un po' più retrivi e dogmatici, che sembrano approdare le «crestomazie» di documenti folklorici approntate da de Martinu nelle divers;e trasmijssioni di Panorami e~nologiciefolklonci, in cui accanto ai matcriali raccolti personalmente sul campo dal o nelle diverse
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L.M. Lombardi Sauiam e M. meligrana, Diritto egemone e diritto popahw. La Ghbnu negli studi di demologgia firr~dica,Quale Ciiltura/Jaka Bock. V i b Valentia 1995,p. 1 3 .
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scenze in materia di culture tradizionali, ma anche apopulisticamcnte~orientar0 a una riduzione a uso della inassa d i tali itiformazioni. 11 folklore finisce per essere schiacciato, in alcuni passi d i queste trasmissioni, sul modello etnologico e le citazioni o i docuincnti di campo trastormati in curiosità d a erudito locale: fin qui niente d i più e l'applicazione delle categorie idealistiche alla storia Le religioni. La novità rappresentata da d e Martino tuttavia, come si è detto, è proprio il suo interesse umano e intellettuale per i contesti folklorici, in cui la margjnalita rispetto ai processi storici dominanti ha consentito il mantenersi di nessi mitico-rituali, d i forme d i espressione dell'esperienza religiosa non totalmente ornogence aila religione cristiana, ina ancora afferenti al bagaglio cultiirale precristiano. Persino nella presentazione, apparsa sul «Radiocorriere», al ciclo Patzorami cinologici ejolkloncì l'insistenza demartiniana sugli aspetti «etnografico» e <z«che il piu largo pubblico continua a ignorare o a valutare attraverso le deformazioni del pittoresco, del romantico, se non addirittura del turi~tico».~W iiuovo i dunque la tipica alternanza, sin qui messa in rilievo, tra posizioni lucide e avanzate in materia di rilevanza dell'incoritro etnografico e dell'aspetro ideologico connesso a operazioni scientifiche e divulgativc d i questa portata accanto al permanere, nel tessuto retorico della prosa demart iniana, di formule attardate e in parte già desuete. E dj fronte alla religiosità e ritualirà aarcaizzante,, delIe comunità piigliesi e lucane che dc Marcino si pose il problema di tale persistcnza storico-culturale attraverso le epoche, nonostante l'accanita polemica contro di essa avanzata dalla cultura ufficiale. .''' De Manino, I~anorom~ ctnologici ejolEhnci cii.
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1,'cspressione « rcIitto folklorico » - spesso utilizzata negli scritti demartiniani, così come nella loro riduzione radiofonica, per riferirsi a qucste forme di permanenza d i contenuti ed espressioni arcaiche in contesti scorico-culturali contemporanei per quanto marginali - è in effetti infelice e controversa. Porta con sé un certo retaggio evoluzionistico, connesso proprio al termine «relitto », troppo simile a quello di «sopravvivenza D; ma merita forse di essere analizzata in modo più accurato per comprenderne a fondo le valenze teoriche e la funzione retorica nel complesso dei testi demartiniani. Se è vero che de: Martino considera i rituali tcrapeutici delle crisi di raranta in Puglia e i lamenti funebri lucani come vere e proprie testimonianze attuali di una ideologia della religione e della morte avcnre corso all'interno deIIc culture arcaiche medirerrance a carattere agrario, si deve anche notare che egli e il primo a mettere in evidenza che un mutamento radicale è avvenuto per ciò che riguarda le circostanze culturali e sociali all'interno delle quali questi complessi mitico-rituali si manifestano. I1 fatto che esse siano parte di un contesto come qucllo folklorico, marginale ai meccanismi dominanti di formazione culturale coritemporanea, profondamente destrutturato dal punto d i vista della coesione etica e sociale, segnato d a condizioni materiali d i vita molto misere, dall'ignoranza, dalla subnlternità economica, politica c culturale, connota diversamente il carattere «residuale» di quelle immagini e di quelle forme espressive presenti ancora neiie comunitg da lui osservate sul campo. La «crisi della presenza» che caratterizza l'esistenza all'interno di quelle c a m ~ ~ n i tlai ,precarietà c durezza dellc condizioni di vita, la margjnalità di quelle storie individuali e co1Iettiuc imponeva il ricorso a simboli mitico-rit~iali <<protettivi», che preservassero la presenza minacciata, l'«esserci>>altrimenti niinato dall'assurdità e dall'iiisoddisfazione anche delle fondamentali esigenze umane.
ERNESTO DE MARTINO ALLA RADIO
Questo argine aila deriva esistenziale sembra allora essere fornito, secondo d e Martino, proprio dall'ancoraggia alla memoria mitico-rituale antica, dal ricorso ai simboli che fi~ronoun tempo agenti di cocsione culturale per le civiltà agrarie e che raggiunsero una formalizzazione reorica ed estetica piU compiuta proprio aii'interno della criltura classica. I miti e i rituali antichi forniscono una sorta di puntello alla crisi culturale cd csistenziale ingenerata nelle comunità t'olkloriche dalla marginalità e dalla subalternità sociale, politica e ciilturale. In essi le «plebi rustiche» ritrovano iina sorta di coesione che il conironro - che le vede tra l'altro necessariamelite perdenti, «vinte» - con la cultura doiiiinante, ufficiale e moderna, cattolica C scientisra, ha loro tolto. ~-2ttravcrsole antiche forme rituali csprcssive esse ritrovano una forma d i a trascendimento» che consente loro di affrontare la crisi drammatica del loro orizzonte culturale ed esistenziale. Questo stcssu simbolo mitico-rituale di ascelidenza arcaica, con funzione protettiva, si presenta però nella fornia residuale e decaduta di «relitto folklorico» di una cultura anticamente cmsa e i cui diversi aspetti furono un tempo organicamente integrati; non iina coiiiunità dispersa e sofferente di individui sottoposti e impossibilitati a decidere della propria vicenda storica ed esistenziale quali cluelle che oggi si presenrar.0 agli occhi deìi'etnologo sul campo. La perrnancnza in contcsti folklorici di aspetti della religiosirh antica prcscnta dunque talora, nell'opera demartiniana, delle sfumature nostalgiche. I simboli miticorituali d i cui essa testimonia non sono piìi - come all'interno della polzx greca classica, a d esernpio espressione di un'umanità pareecipe del proprio destino e consapevole del rischio delia crisi deiia presenza individuale e socialc e delle forme culturali dcputatc ad arginarla: capace persino di teatralizzare la crisi nella forma estrema del «ri-
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schio tragicoo, perché certa di saperla comporre nella superiore sintesi di iina formalizzazione coricettiiale ed estetica. Le forme a residualibr della possessione ad opera della taranra e delle tecmiche del cordoglio c del lamento funebre lucano, invece, non sono che schegge impazzite di un universo disperso e riemcrgente solo in queqta forma monca all'interno di comunità destrutturate, dominate e inserite, pur nel mantenimento di una rigida marginalità, d ' i n t e r n o di un contesto culturale, etico e politico che ha scelto per sempre altri nessi spaziali, temporali e causali. Si tratta di «Atlantidi sommerse», con il fascino e la nostalgia di cib che è perduto - almeno nella sua forma pii! piena e l'etnologo finisce quasi per vestire panni di archeologo; può ritrovare una via alla comprensione solo nella ricostruzione d i ciò che un tempo quei tiessi miticorituali vollero sigiiiiicare, sperando così che gli divenga piìi intelligibile ciò che oggi può ancora osservare in queste comunità; e qilesto nella speranza di avvicinarsi niaggiormente anche a l a comprensione del dramma culturale ed esistenziaIe di un vissuto dclla nienìoria che è anche incapaciti, e soprartiltto impossibilità, d i affacciarsi pienamente sul presente. Se frattura c'è stata, nel percorso storico-religioso delI'Occidenre, essa risiede nel po1emico e sofferto avvicendarsi - a livello di ci~lruraegernone - tra forme arcaiche del rniro e del rito e forme cristiane della religiosità. Questa frattura tuttavia non ha potiito totalmente cancellare I'cfficacia c la memoria dei nessi rnitico-rituali antichi affercnti all'area mediterranea. Questi simboIi dunque ricompaiono - seppur in forma «corrotta» - nei materiali e nelle testimonianzc folkloriche riguardanti la sacralità e la ritiialità, e l'etnologo avvia allora un percorso a ritroso, che d a qoelle testimonianze aresiduali W contemporanee e marginali, lo riconduce verso It origini aritiche di quegli stessi cornplessi mitico-rituali.
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LETIZIA BINDI
PKiVESl'O UE MAH'l'INO ALLA RADIO
Un'idea, oggi ampiamente elaborata, di disotriogciieità storica avrebbe probabilmetrre facilitaco I'interpretazione demartjniana della documcntazionc sril terreno e dei riscontri coinparativi in senso diacronico; ma essa eri1 di {atto troppo lontana - per formazione e prima ancora, proprio per determinazione anagrafica - dal pensiero dcrnartiniano. Tanto pih l'idea d i una doppia rottura del contesto folklorico sia rispetto alla cultura domiiianre. saldamente ancorata a iina linearirà storica e all'escatologia cristiana, sia rispetto alle forme cicliche, mistericke e iniziaticlie della reIigiosith. Tuttavia, tra le righc del discorso demartiniano sulla nozione di erelit to folklorico», pur nelle torzarure idealistiche e nell'eccessiva preoccupazione di ricostruire una successione storica lineare, si può leggere anche la notevcle modernità e la potenze etica e culturale della sua jiiterpretazione storica. D e Martino induce di fatto a rifletrcre sui liiiiiti del sistema, sulle contraddizioni, s d o scarro tra codici - pur su110 sfondo deila sila crociana idea della storia -; egli soUccita l'attenzione aiie dinamiche culturali, ai procesti trasformativi e, contro ogni facile relativismo culturale, mette infine in guardia dalla tende~izaa considerare i codici come assolutamente arbitrari, al linrite della casualità. Accanto a questo fronte di riflessione si deve tener conto - come ricorda anchc Carlo Levi in un passaggio dcl dibattito su Erncsro d e Martino3" - il peso che, nelle
considerazioni demartiniane, riveste sempre la dimensione dell'irnpegrio politico a fianco delle popolazioni subaltcriie del Mezzogiorno, quella spinta d i «libertà» che fu il vero elemento d i coesione tra la riflessiolie deiiiartiiiiana e quella dello stesso Jxvi sul Mezzogiorno, queIl'urgenza d i riscatto accanto alla piena consapevolezza del ritardo e deiia aresidualità,> d i alcune manifestazioni culturali dei contadini pugliesi e lucani. Accanto a ciò il taglio metodologico e le intuizioni teoriche che caratterizzano i lavori di d e Martirio in Puglia e Lucania, iionchk le sue ultime note sulla noziotie d i apocalisse, raccolte in La f i e del momìo, impongono iina rivalutazione del modo in cui egli seppe intrecciare i due piani, etnologico e storico, anclie attraverso il ricorso a cematiche e prospettive legate al piano deIl'irrazionale, del corpo e della gestualità nei diversi complessi miticorituali presi iti esariie. D e Martino ebbe sempre, nelle siie ricerche, grande attenzione alle modalità tecniche di passaggio di contenuti :no dclle comunità, e questa tendenza il di scnsc : le sue pluntuali e acutissime «riote d i caratteri2 - - -..- - . cura del dettaglio nell'osservanione campo», ueriuxi uris che nun si stenta ad attribuire alla sua forrriazione di storico delle religioni, assetato di dettagli capaci di illuiiiinare co~irestireligiosi altritnetiti oscuri e asoininersi~,e che allude a un paradigma «indiziarion della riccrca, cui tiitti i suoi lavori ctnografici sembrano ispirarsi.40 L'esperie~izadell'al~erith- che è iti d e Martiiio esperienza dell'incontro con le culture distanti non necessariamente sul piano geografico, ma storicarrietite e cul-
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39 Cfr. J ~ M p., 128: u [...l i1 suo interesse. la sua partecipazione effetriua credo venissero dalla convinzione che il movimento &e spingeva, che creava . questa stessa crisi non era tanto legato al fatto che si trattaqse di iin residuo stcrico destinato alla scomparsa, e dunque puramente negativo, ma un mwirncnto individuale e collertivo nel senso della liberazione, dclia libertà, che corrispondeva anche al metodo che I'etnolopo porta neii'esame di questi fenomeniw- Per Levi dunque sia le comunità popolari osservate sia I'ernolqn siil campo rispondono alla stessa urgenza di liberi4 e riscatto che inquadra fin dall'inizio I'irnpegno dcmartiniano nel quadro di una prospettiva positiva di irnpegnopoliticoe di azione a favore degli oppressi, elemento che lo differenzia ncttamcnte dall'immagine dcll'etnologo distaccato chc osserva il proprio i
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gine sen7a cercare con esso alcun coinvoigirnento. quasi fosse oggetto inanimato, da laboratorio o pura curiosità antiquaria. sn Cfr. C. Ginzburg, Miti EmbhiSpie. Einaudi, Torino 1992;in particolare il capitolo intitolato Spre. Radrcr di un paradipa indiziario, pp. I 58-209. Qucsto aspctto «indiziario* della ricerca demnrtiniana è anche il più propriamente etnografico e rappresenta ilno degli elementi di massima novità nell'opera di questo studioso.
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turalrncnte -- si caratterizza come esperienza di «maniamento», di «esposizione radicale al rischio della crisi» da nnrte dello stesso ricercatore, sia esso etnologo o storico Ile religioni o - come nel caso del nostro autore - enirnbe le cosc fiello stesso tempo. Questa tragica esperienza d i estraneità e spaesamento provata dallo studioso iiell'inconuo con la diversità culturale viene da d e Martino condensata attraverso il ricorso alla categoria della Unhcimlickeit, che è nozione perlopiù utilizzata dagli studiosi, nei più diverqi campi disciplinari, dei primi anni del secolo aficrenti a una formazione m i t t e l e u r ~ p e a . ~ ' Per Unheimlickeit si intende quella perdita del senso d i familiarith, quella sensazione c p e r r u r b a n t e ~d i distanza, quella pcrdita di una «patria culturalc >r cui facilmente poter far ricorso dopo che Ic categorie che reggono normalmente i nostri processi meritali hanno {atto diietto. Questa è la nozione primaria per intendere l'esperienza radicale della crisi esistenziale, noncliE quella necessaria, quanto dolorosa esperienza di <<spaesamcnto»ciii I'etnologo costantemente si sottopone ncll'ir,contro con culture e sistenii d i significato lontani e diversi dai propri. Questa esperienza è parte integrante della formazione ddl'etnologo, ed è attraverso di essa che egli può giungere a una nuova coscienza e a un iruovo approccio alle culture «altre%.Tda ragione per ciii qui la si ritiene p a r t i c e larmente utile alla comprcnsiorie del rapporto intrattenuto da d e Marlino con la nozione di arcaico è che - pur nella consapevolezza di una distanza irrecupcrabile dalle cultiire c dalle forme dclla religiositi antiche e nella convin-
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De Martino usa questo termine perlopih ne& appunti F r La fine del mondo,e dunque successivamente alla fase in cui venpono trasmesse le trasmissioni radiofoniche qui riportare. Tuttavia si deve ritenere che egli avesse gi$ ben presente la nozione durante la stesura dei lavori dedicati al lamento funehrc c al tarantismo, che sono invecc coevi alle presenti rrasmissioni. Sulla nozione di Unki>nlickeiicfr. S. Freud, Ilpertwhnie ( I 909,in Id., O ~ Rvol, . q, Boliari Boringhieri, Torino 1989, pp. 8 1 - 1 14.
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zione che le odierne forme «residuali» e folkloriche di q~iellacultura non sono che framnienti disparati di un codice significativo irrimediabilmcnre perduto nella sua interezza e omogeneità - la cultura classica e il ricorso alle sue fonti continua a tunzionare, più o meno consapevolmente, in d e Martiiio come una sorta di «patria culturale», capiicc non solo di fornire i materiali simbolici di cui ancora si nutrono le attuali cultisre folkloriche, ma anche una sorta di siferiiiiento ideale contro lo spacsaniento patito da110 studioso di fronte alle lontane società storiche ed etnologiche accanto a quella partecipazione alle vicende umane e poli tiche dcllc plebi rustic hc >> del hlezzogiorno che è un'altra, complessa modalità d i ~ r i a p paesamen to ». Quello che, originalmente, de Martino va ricostitucild o è un «dramma culturale ilnitario*, circoscritto da lino specifica insieine di pratiche e saperi mitico riti1R 1'I (tarantismo, lamento funebre, apocalissi). Attraverso qiiesto «oggetto>)teiiiatico, tagliato attraverso l'intreccio della osservazione sul atnpo e dell'indaginc a ritroso nella docunientazioiie storica, egli acccde a un dispositivo «metan i r n i c o ~d'interpretazione dcllc culture, che consente di rileggere Ia complessità storico-culturale di un dato contesto attraverso uno specifico ambito d i espressione culturale e sociale. Alla fine della rrasrnissione dedicata alla Spedizione in Lucaniu de Martino inserisce uti Iiingo stralcio in cui mctte i11 rilievo come alcune delle manifestazioni tradizionali di cui ha ditiusamente parlato nel corso della trasmissionc ahbianu rappresentato le modalità popolari di «resistenza» al discorso egenioi-ie che intendeva schiacciare la culrura tradizionale sotto il peso di una omogenea cultura nazionale. Con chiarezza, e forse almeno in piute con lo stesso spiriro pedagogico con cui fino ad dllora ha parlato di testimonianzc di un mondo sconosciiito ai pii1 e in via di sparizione, egli tenta d i conriettere il discorso iolklorico a
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ERNESTO DE MAR7TNO A i L h RADIO
:]lo oolitico e valorizzare tutte quelle forme atrraverso ;ualile «plebi rustiche» subalterne si oppoiigono all'aranzs della cultura dominante che scientemente le ha h ' " ma ntenute fino a qiicl momento nell'ignoranza e nell'anal Ia: il suo ingresso nel discorso radiofonico dcmartiniacoiicisamente, ma anche con una certa risolutezza, la iatica " nraniscisna del folklore che ha caratterizzato la dilzionc di questo autore qiianro se non più di quella fin oui discussa del reIittn e dell'arcaismo, ma che in queste trasn~issioi-iisi presenta solo in modo sporadico e senza un' organjcità paragonabile a quella presente nei suoi reonri rtriogra ., fici e nelle sue opere teoriche. Zon uno scatto intellettuale energico q u a n t a prc\bl'etico, de Martiiio si rivolge - nelle priine l ~ t t u t della e Spedizione in Lucania cosi come nelle frasi conclusive di qut'sta stessa trasmissione - al pubblico radioinnico e col to del Terzo Progranima proponeiidogli una sorta d.i r. la culturale: la stessa sfida che a\.eva annunciato, su «l1 Rinnovamento d'I[ R I'sa» a 3ondenJo tiel 1952 'iniziativa di Zavattini promossa per la Casa editrice ~ a u d i in " ~questi termini:
Osserverò anzirurro che se fossi prigioniero dello stato d'animo che dettò al ugrandc filosofo» la risposla: «Io non mi imbraiico volentieri con gli ignoranti non avrei potuto condurrc innanzi iina sola deiie mie riccrchc sulla vita del nostro popolo. I1 morido chc io studio ;i infatri rutto popolato d i quegli «ignoranti» con i quali il grande filosofo rioii vorrebbe imbrancarsi. Ma il punto londarnentale, che cela iin cqiiivrlco al quslt non 6 facile sottrarsi, sta tiitto in quella p r o l a «ignorante», che. i i n a volta prorii~tii.iata,taglia con un colpo netto ogni rapporto iiniano trs intellettrialc c popolo. Io non saprci dctinire alrrirnenri l'ignoranza clic come mancanza di parlecipazione personale allc doniande reali chc la vita porle, e come mancanza a rispondervi nel solco di uiia tradizione. 1...] Ma è poi vcro clic il mondo popolare, o se più p i ~ c e ,il mondo dci poveri, coincide in buona parte con l'ipnoraiizs cosi drfinito? Personalmente io ho esperienza di contadini Iiicani, ne coi~oscoparecchi per nome e per cognome, e per storie della loro vita; sono stato a Iutigo con loro, Iio visitato Ic loro case, ho mangiato e bevriro con loro. Ebbene, questi contadini rion mi ponevano solo doinande, e iri ogni caso la loro vita culturale non si esauriva iid domandare. La società li avcva lasciati riella miseria, aveva negato loro i due potcnri mezzi tecnici della cultura, il saper leggerc C scrivere, ma essi come persone intere, riori si erano mai rassegnaci a recitare iicl mondo la parte degli incolti. e sotto la spinta dei momenti critici dcll'esistenza, la nascita, il cibo, la fiitica, l'amore e la morre, avevano costruito un sistema di rispostc. cioè una vita ciiltiirale, forrnando cosi, di fronte alla tradiaionc scritta deiia cultiira cgenionica, la rradizione orale del loro sapfre. La ~ l t u r egemonica a avcva cercato di raggiungerli e di padronen~iarliattraverso il catcolicrsit~iopopolare: ma essi avevano costrctto lo stesso cattolicesimo e la stessa potenza deila Chiesa a compromessi con loro, e assai spesso a lasciar correre e a lasciar passare. Questa drammatica storia cultiiralc degli oppressi nessuno l'ha scritta mai: ma occorre che qualciino si decida pure a scriverla, se vo liamo «renderci piìl attuali e pii1 unificati», come dice Zavattini. 4 k
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Nell'aposrn d c l t y j z su rinnovamento d'ltalias si dette mtizia di un'iarivn. promossa da Cesare Zavattini e daiia Casa d i m c e Einaudi, volta a prcimriovcrr-iina collana dal tirolo *Italia miar che accogliesse registi, letterati, scrino;i e autori di saggi su partimlari aspetti della vita sociale. Zavstiii,i proponeva addirittura un bollettino degli scrittori itnliani chiamandoli a rornirc e raccogliere notizie e dcnuntie sulle condizioni di miseria in cui rcrsavano aiicon quote ingenti della popolazinne nazionale. In quegli s t a i anni il giovaiie governo repubblicano promuove la grande Incbiatn sulio s i a h di n~:ccri4c d i p o v r d in J f d i a , i cui risultati verranno resi noti nel 1959.A tale inchicsta ~>artccippronosociologi e storici animari dall'interessc per le condizior:i ma:crisli dclia popolazione imliana, n d e diversc aree del paese, a diverso circi10 svantaggi:ata per ragioni sia professionali sia culturali. Su questo non a i25o veiiiiri pro^wsta, tra l'altro, anche una puntara delia nota uasmissione fI 6zcrgnn &i C;i nquc in cili, oltre a presentare i risultati delk'inchicsta governativa. si cercava di ir,dividiiare lc principali strategie di risoluzione delle siniazioni di mnggiorc poverri c di pii1 grave marpjnalirà nel paese. Cfr. E. de .Mare :i no. t 'opero cr eri: ~ L O ~ Y Appnpirrnru J . critico e documm>iroriodella eSpedizione in l.rrcdnja>..a cura di C Gailini, Argn. Lccce 1996.pp. n g sgg. l2
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Con notevole schiettezza, ben maggiore dei toni pur dichiarati, m dccisamente più morbidi con cui la questione del folklore come elemento di resistenza delle popolazioni subalterne emerge nella forma del discorso radiofonico, dc Martino chiarisce qiri le finaliti cultiirali e politiche del suo iiiteresse per le «plebi rustiche insistendo sull'al-
'' Ibid., pp. 38 sg.
LETIZIA BTXDI
ERNESTO DE MAW'PLYO URADIO
tro vcrsante del suo impegno intellettuale: non più I'interesc;e «archeologicon, storico-religioso, n sprazzi persino rin verso i «reli t t i folklorici~,ma l'espe-..-r30' «nntiqi~ario» i la loro <(conoscenzadi ricriza diretta dei c o n ~ a d i nlucani, per,sona», il proprio interesse per loro come modalitiì d i _iegno politico a favore del mando popolare ao se più piace, il mondo dei poveri» in polemica con lo snobismo iritellcttuale crociano che accoppiava sistematicamente la nozione di popolo con quella d i ignoranza senza porsi donnande sulle ragioni storiche e sui limiti intrinseci di clue.lla igiioranza, strun7cntaJe all'egcmonia cultiirale delle élitle «borghesi H. 1 marxismo cietnartiniano,'" passato attraverso la lentc Quaderni delcarceve gramsciani pubblicati proprio in )gli anni, affiora e distorcc la lettura ambigua e altrimciriti elcmel-itarrnentc positivistico-idea~istica del morido lolare come residuo arcaico trasformandolo in iin potente serbaroio di nuove pratiche politiche e laboratorio iuova democrazia. 9ccanto alla tensione divulgativa dci contenuti c i m k e delle profonde radici psicologiche e culturali dell'espressione tradizionale attiora, anche nelle trasmissioni iad iofoniche, la tendenza a utilizzare la potente ribalta 0fflerta dal mezzo - d e Martino doveva esserne consape.,l - per vcicolare anche i conteiluti politici e sociali delI sua ricerca e il sua impegno al fianco d e l k popolazioni mtadine. Ancl-le in questo è possibilc tuttavia intraedere un elemento di ambivalenza che avvolge la figura eniartiniana c che ne ricorda l'appartenenza al contesto itellc~tualedella sinistra degli anni cinquarita.
Egli sembra - anche attravrrso queste trasniissioiii e in genere nella sua idea d i «impegno» dello smdioso di tatti sociali - preseiitarsi come i n teiiett uale meridionale che osserva e studia con curiosità, iiia soprattlitto con il senso d i una «missione>>volta al riscatto della vita d d e popolazioni contadine meridionali. L'ambiguità contenuta nella nozione stessa d i aethos del trascendimenton - che noi1 appare neppure iina volta nella scrittura radiofonica, forse perché ritenuta troppo complessa e poco divulgativa - si riprcserita nell'atteggiamerito vaganiente populistico di alcune sue a ifermazioni. L'aechos del trascendimento» è - come ha fatto notare Lombardi Satriani" - senza dubbio la condensazione delle molteplici tensioni intellcttiiali di de Marliiio, ma mette anche in evidei-iza l'anibivalenza dcl siio impegno politico e può rappresentare - come altri critici hanno fatto notare - il «polo dell'in~~oliizionc» dernartiniana rispetto alle posizioni marsiste. Al tempo stesso, però, è sulla scorta di clueste nozione che i1 nostro autore piiì, recuperare e renerc insieme le mo!teplici indicazioni che dal mondo popolare gli provengono: re~idenzeconservative C remissive rispetto all'egcmonia deiia cultura nazionale e urbana insieme a spinte progressive rappresentate proprio dalla resistenza implicitamente espressa nelle forme di permanenza deiia culriira follilorica e nella loro carica polemica rispetto alle fornle d i csprcssione colta. 1.a stessa critica a Croce deve essere d'altronde letta ncl qiiadro dell'avuicinamento progressivo di d e Martino a Grarnsci e nel ripensamento deile sue posizioni relative alla cultura meridionale nel suo coiiiplesso. «Anche a rcnersi alla periferia clelle acceziotii demartiniane d i crocianesimo, risulta subito che la dialcttizzazione fattane sul
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" Sulle forme complesse del rapporto tra Ernesto de Mwtino e la lezione marxista e marxiana cfr. il saggio di P. Cherchi, DeMnrlino eilmarrismo, in P . C M. Cherchi, Emcsro de ,M&ino. Dal& nisi delh p e n a al& comunilà umana, Liguori, Napoli 1987,pp. 31 1-36. Cfr. inoltre A. M. Cirese, Ii;le//ef~rroli,.foli:/or~,isfinto di classe. Note SII V q a , DeIedh, .Tcotelhm. Gmmsci, Einnudi, Torino 1976; L. M. lambardi Satriani, Antropologru c u h m k e mlisi della cultum subnffmd, Rizzali, Miiano I 980 (I' 4. i g ~ q ) .
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"Cfr. L. M. Lombardi Satriani, Inhoduzionea E. de Martino, FumreSimhlo Valotr, Feltrinelli. iMilano 1980 (r'ed. 1962),pp. 9-76. Cfr. inoltre Id., I! rilmjo, b memoria e lo sguardo, Seiicrio, Palermo 1979, pp. 240-55 nonclié i l meno recente, ma importante: Anuki mamisia efolklore comecultrtradi conre.s&io%e. in acritica marxista~,VI (r968),pp. 64-88.
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rsante etico-civile è un risultar0 dell'impegno politico e Il'incontro col rnarxismo grarnsciano~.~" Al contempo meritano di essere tenuti in debito conto - anche per ciò che riguarda le trasmissioni in oggetto l'elemento «meridionalista» di de Martino e il peso che nella sua riflessione la «patria cuIturale» meridionale rappresentb rispctto ad altri poli attrattivi della cultura europea. E ancora Lombardi Satriani s portare all'atcenzione questo elemento «meridioiialista» come tratto indiluantc della produzione demarriniana. almeno delle ime grandi ricerche." La compolientc meridionalista ò essere annoverata come uno dei poli dialettici del processc3 di rimessa in causa della pratica etnograiica teorizzato da de Martino a pii1 ripresc nelle note di campo, nonc:l16 nei volunii risilltanti dalle suc spedizioni ecnografiche. Altri autori - in particolare Chcrchi - hanrio molto ridotto 1s rilevanza di qileito interesse mcridionalisra cc[ne tratto caratterizzalite del lavoro dernartiniar.0, elifatizzando aspctti più legati alla cultura rnittclcuropea e alla formazione storicistica del nostro a ~ t o r e . ~ V u t t a v i a la nozione stessa di «etnocencrismo critico» passa senza dubbio per il rapporto d i profonda intimità intrattenuto da de Martino con la «patria culturale» del Meridione, per quel <
cit., p. 335.
Cfr. Lombardi Sacriani, In~roduzionecit.,pssim. 48 Cfr. Cherclii, DeMartinn~ilmamicmocit., p. 321 nota.
ERNESTO DE bIARI'INO AI.1.A RADIO
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sioni sociali e politiche presenti tra Sud e Nord, tratto centrale del progranima dei primi governi democristiani. Sumcrose d'altronde sono in quegli anni le trasmissioni dedicate, a titolo diverso, al Meridionc e anche la presenza rilevante, rra gli studiosi e gli intellettuali cuinvolti nei dibattiti radiofunici, di figurc di spicco della cultura meridionale. Ciò, se da un lato deve attril~uksiancora in parte al peso deila figitra di Croce nella costruzione di un profilo ideale di intellct tuale, dall'altro deve probabilmente essere connesso all'importanza che la diffusione di conoscenze e la valorizzazione delle risorsc presenti nel Sud poteva avere nel processo di omogcneizzazione della cultura nazionale ufficiale, al di là del permanete di profoiidi scarti a livello di cultura d i massa e «forme d i vita» popolari. Più generalmerite si può dire che questo prodotto radiofonico consente di inquadrare la prodiizione di d e Martino come jl tentativo di divulgare iin sapere attinto - egli lo mette in evidenza a più riprese sia nei testi radiofonici sia in documenti e lettere contemporanee - direttamente dalle popolazioni contadine del Sud, un sapere alternativo a quello libresco e qaccente, egemone alla sua radice, cui la sua formazione crociana - come quella d i molti altri suoi coetanei - lo aveva abituato. Pur nella forma lcggerrnente anodina e normativa del tcsto scritto C letto dallo speakm, d e Martino tenta d i far passare il pathos delle scene di vita raccolte ed esperite sul campo, n e accentua gli elementi plastici e drammatici, fa ricorso alle registrazioni e ai racconti raccolti come segno vivace e poleinico della cultura popolare: questo in fondo è il più grande elemento innovativo del siio intervento radiofonico. N e è u n esempio intcrcssante l'episodio, citato ben due volte, della registrazione di un lamento funebre realizzata infilando un microfono nel buio di urlo stanzino in cui una giovane contadina si era nascosta per cantarlo, avendo cura di tenere nel contenipo la
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mano di una deile collaboratrici deil'équipe di de Martino, probabilmente per scaricare su di lei la iatrura dcl lamento cantato fuori dal contesto del L'episodio consentc a d e Martiilo d i comunicare - nella resrittiziotie radiofonica - il materiale farsi della ricerca su1 campo, quel suo aver «conosciuto personalmente» e «vissuto cono i contadini meridionali che rappresenta la vera differenza tra lo stiidinso colto e determinato al mantenimento d i schemi interpretativi egemoni e l'intellettuale Ipegnato non solo nella restituzione del patrimonio culrale tradizionale delle popolazioni mii del Mezzogior),nia anche del loro controverso e complesso cammirm ai resistenza e di liberazione dal giogo d e l b povertà, dcll'obbedienza e deil'ignoranza. Negli stessi anni altri demologi e studiosi di culture popolari parrecipano a trasmissioni radiofonicbe e tengono veri e propri cicli per il Terzo Programma. E il caso di Vinigi Grot tanelli con Efhnologica, compendio radiofonico della sila opera manualistica in cui le culture «primitive» del mondo veiiivano passare in rassegna a partire da rubriche tematiche comc l'abitazione, le forme di organizzazione parentelare, i riti d i passaggio, le modalità di 4 9 I&d. NeHa trasmissione Spedizione in L u c Qsi~l ~ e s~e : *Quando chic. demmo a una giovane contadina di Ferrandina di cantarci al microfono un lamentocssa ci dapprim smarrita, comc se stentasse n camprendcrc: ci ttccorgemrno che aveva paura. Alle nostre insistenze chicse di potersi ritirare in un angustissimo vano oscuro, una specie di ripostigìio per gli attrezzi, e pregò che chiudessimo la porta. Le spiegammo che ciò era irrealizzabile perché il microfono non poteva raccoglicrc la voce al di là deiia porta chiusa. Infine venimmo a u n compromesso: la gjovinetta si accotmlò al buio di un angolo del ripostiglio, dette la mano d a collaboratrice della spedizione - ptobabiìmente per scaricarsi dal malocchio - e prese a cantare, menrrc ilnostro tecnico attraverso la porta socchiusa infilò cauiarntnte la mano che remcva il microfono. Cosi fu registrato il lamento che ora ascolterete...:. (cfr. mpm, p. 106). Più o meno nelle stesse forme il racconto riappare anche neiia irasrnissionc del cido Pnnoramr einologici efolkloici dedicata a1 lamento funebre (cfr. s ~ p mp., 71). E evidente come questo episodio rappresenti. neUa scrittura divulgativa di de Mastino, uno dei dispositivi narrativi utili a f a r comprendere la concretezza del lavoro di ricerca s~1.1c a m p e le sue difficoltà materiali, ma anche la vividezza dcll'incontro etnografico e la sua umana inrcnsità.
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abbigliarsi e simili. Ancllc in questi casi alla lettura del testo d i presentazione e convncnto deii'aut(rre si affiancano inserti musicali, raramente registrati sul campo, però. La metodologia delle spedizioni denxirtinialie mostra in questo Ia sua originalilà e ricchezza irriducibili: nei cicli di altri studiosi appaiono infatti più spesso letture, aifidate ad attori, di documenti di letteratura orale raccolti sia dagli stessi autori sia riportati d a demologi e filologi ottoceiiteschi e riproposti a titolo di conferma del percorso storico d i ricostruzione. Tutte queste trasmissioni - è o w i o - mirano a valorizzare il patrimonio dcUe tradizioni popolari come p a n d e serbatoio della cultura nazionale, ma solo nei testi dcmartiniani sembra apparire, o almeno più esplicitamente, la valenza critica dell'impcgno etnografico d i raccolta. Solo nelle trasmissioni demartiniane si assiste insomma allo schierarsi netto, anche se pacato, dello studioso a favore e a fianco delle popolazioni osservate dagli altri con inaggior distacco accademico e persino, talora, con spocchia eIitaria. Fanno d'altronde parte dello stesso ciclo Panommi etno/u2ici ejolklorici,cui apparteiigono quattro delle tracmissioni qui pubblicate e il cui impianto complessivo fu curato dallo stesso d e Martirio, altre ventidue trasmissioni, affidate ad autori quali Giuseppe Cocchiara, I'aolo Toschi, Diego Carpirella C ancora giovani studiosi quali Alberto Mario Cirese, Roberto Leydi e Sergio Spina, dedicati ad alrri aspetti del folklore italiano, alle diverse modalità della poesia popolare e aUe forrne di espressività rnusicale, oltre a una serie d i esempi tratti dal kolltlore americano, dalla musica a negra» (sic.9,daiie raccolte di musica popolare europea quale quella d i Bé1a Hart6kAs0 il cido andb in onda, come si d m o , a partire dal 5 aprile 1954 e pmrgd fino d a fine di quell'amo ( 1 3 dicembre 1954) quando si ~ n i i c l u scon t la msmissione a cura di Lqrdi e Spina dedicata a !A musica s p a ~ n r ~inhAmerica.
ERSCSTO DE AlAH'INO ALLA RADIO
Si noti, inoltre, che conteniporaneamente il Sccondo Programma della Itnr varò, con iina presentazione altrettanto eirfatica, una serie di trasinissioni dal titolo Folkforc musicale J'ltalza, i11ciii gli stessi inatcriali sonori raccolti nel quadro della collaborazione tra la RAI e l'Accademia di Santa Cecilia proponevano a iin pubblico piìì ampio, e senza uti commento etnologico, el'aur cntico patrimonio folkloristico iilusicale scientificamente e organicanie~itc raccolto».5' Le trasmissiol-ii in qirescione vennero trasmesse alle r 5 di ogni niercoledì e nell'articoln di presentazione, a firma di Nicola Cosrarelli, si Icgge, a restimoniatiza della diversa impostazione d i questa diversa operazione divulgativa: «Nei canti popolari, la cui origine si pcrde riella nutte dei tempi,questo vigore di espressione è coriservato in turta la sua forza primitiva e spontanea. lnpemi,escnti da ogni uiceuca inlenziondle, lali canti ci permettono di coglierc il carartcrc essenziale e folida~mentale dell'anima di un popolo È chiaro che l'intcnzio~iedi questa ulteriore programmazione dedicata allc forme d i cspressione popolare nella tradizione italiana risente d i u n atreggiamento decisamente p i ì ~patcrnalistico c di u1ia ideologia fortemente coluervatrice in materia di culture popolari. Ciò aiuta a comprendere la novità delle problernaricfie c dcIl'approccio jnterpretativo che d e Martino proponeva nelle proprie trasniissioni, pur nelle forrne contei.iiite della confezione radiofonica. Nonostante le anibivalcnze dell'attcggiamenro intellcttuale dcmartiriialio vcrso le culture popolari e verso l'idea della tradizionc, ricnnducibili - come si è ccrcaco di - -
Ne! corso delle settimane si alternarono le pmure curate dagli autori suddem c o l l'urlicn differenza che dopo una prima fare, in cui il cido veniva tmmcsso pcr così dire in prima serata - intorno alle 2 1 - successivamente fu spostato in avarili iiel piimesto dei Terzo Programma per k i a r spazio da pmgremmazi* rictcarraleedj musicadassica. Cfr. «Rediocomere>b, XXXI (~9541,n. 12,p. rg. e Radiworriere., XXXI (tggq), n. 14, p. 1 2 . 52 Ilid. Corsivi miei.
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mostrare - aUa sua formazione, la posizione dernartiniana viene no~rvolmentcmodificata e ritiilovata dall'idea d i frattura storica C d i riscatto delle dassi subalterne presi a prestito dalla riflessione di Marx prima e di Gramsci poi, noncli6 dal peso importante della qiies t ione meridionale. Una cosa sembra certa: in una stagione storica e polirica che è stata spesso ricordata cornc il momento di minore aiitononiia culturale italiana rispetto alle direttive cogenti della gestione conservatrice, cattolica c anticomiinista della RAI, come del paese nel suo complesso, un inteiiettualc potenzialmente scomodo - scomodo persino a buona parte della propria comunità scientifica -, trova spazio, non anipio, ma pur sempre rilevante, ai microfoni di una radio in quegli anni forse al massimo deiia sua efficacia comunicativa e ofire ad ascoltatori - sicuramente selezionati e capaci di raccogliere problernaticamente le riflessioni d a lui presentate, quali quelli del Terzo Programma - uno scorcio vivacc e intenso & Mezzogiorno, la scoria e la vita di esistenze remote e sconosciutc, la traccia soriora di pratiche rituali e culturali capaci di rendere abitabile il mondo difficile e aspro deiia povercà contadina. Con tuttc le ambiguith esterne e interne d i cui si it detto, di ci tratta indubbiamente di u~i'operazionedivulgativa ampio respiro, testimonianza d i un avvincente quanto autonomo pcrcorso intellettuale e di una libertà, scppur relativa, lonrana dall'omologazione che contraddistingue cena moderiia comunicazione radiotelevisiva.