PAUL ZINDEL LOCH (Loch, 1994) PROLOGO Loch Ness, dieci anni prima... Luke Perkins guardò il padre accendere il falò, men...
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PAUL ZINDEL LOCH (Loch, 1994) PROLOGO Loch Ness, dieci anni prima... Luke Perkins guardò il padre accendere il falò, mentre la mamma puliva e preparava le trote strofinando ogni pesce con erbe e burro e infilandolo fra i denti metallici della griglia. Gli avevano raccomandato di restare a giocare vicino alla lanterna accanto alla tenda, finché la cena non fosse pronta, ma già da un po' aveva perso interesse agli squittii elettronici del suo videogioco. Lo attraevano molto di più i belati incessanti di un gregge sulla riva del lago... loch, in gaelico. Fu grato al buio della notte che lo nascondeva alla vista dei genitori, mentre scendeva il pendio ripido e andava verso l'acqua. Sapeva che l'avrebbero fermato, gridando: «NO, NO, NO!» Spalancò gli occhi, scorgendo la prima pecora abbeverarsi alle profonde acque nere. Forse, pensò, alla luce della luna non sarebbero fuggite come quando, nel pomeriggio, aveva tentato di dividere con loro i suoi biscotti al cioccolato. Ma quella notte erano troppo occupate a bere e a non scivolare sulle rocce viscide della riva. Sapeva parecchio, su quelle pecore e su quasi tutte le creature viventi del loch, anche se ancora non conosceva le parole necessarie per riferirlo a qualcuno. Sapeva che le pecore temevano il loch... proprio come lo temevano sua madre e parecchi altri adulti. Sapeva che, secondo loro, nell'acqua si nascondeva qualcosa di spaventoso e malvagio, qualcosa capace di far venire gli incubi. Lui, però, non condivideva i loro timori e provava, invece, le stesse emozioni del padre: lo eccitava l'odore del vento notturno e il guizzo d'una carpa vicino a un tronco. Raggiunse la riva e, quando fu piú vicino al gregge, s'immobilizzò come un cane da caccia e poi riprese a muoversi verso le pecore respirando appena: un trucco appreso durante i molti tentativi di sorprendere un coniglio o una quaglia. Arrivarono altre pecore, spingendo impazienti le prime arrivate e, prima di rendersene conto, il bambino si trovò circondato. Esitante, ne toccò una e poi un'altra, emozionato dall'odore aspro degli umidi bioccoli lanosi. Cominciò a preoccuparsi solo quando, spinti dalla sete, gli animali gli si accalcarono intorno e uno gli diede una testata; il
suo piede sinistro, chiuso nella scarpa da ginnastica, scivolò nell'acqua fredda del lago. Forse avrebbe fatto meglio a chiamare i genitori, pensò, ma poi senti un tonfo alla sua destra e, guardando da quella parte, vide che, spinte dall'onda incalzante del gregge, due pecore erano cadute in acqua, belando. Tentarono di riguadagnare la riva, ma inutilmente: il gregge era un bastione invalicabile sotto la luna. E poi ci fu un suono sibilante e il bambino allibito vide una delle pecore annaspanti sparire di botto, tirata sott'acqua come un galleggiante quando abbocca un grosso pesce persico. Fu spinto piú in basso e lottò contro la pressione del gregge, tentando di allontanarsi dall'acqua. La seconda pecora belava confusa, sguazzando frenetica alla ricerca d'una sporgenza invisibile. Stavolta il bambino notò la grande onda, un'increspatura profonda che si dirigeva verso l'animale disperato. Era in arrivo qualcosa di enorme e scuro e, quando colpi, fece volare alto sull'acqua il corpo bianco della pecora. La carcassa ricadde e sussultò, fu sospinta quattro metri buoni a sinistra e poi, con una svolta secca, trascinata indietro. Risuonò un rumore scricchiolante di mascelle all'opera. Davanti a lui, lo sapeva, c'era la creatura che incuteva terrore a quanti temevano il Loch Ness. — Aiuto! Aiuto! — gridò, lottando per liberarsi dal gregge ormai in preda al panico. Rinculò, scivolò e cadde, riuscí ad aggrapparsi ai rami d'un cespuglio spinoso e finalmente fu di nuovo in piedi, lontano dagli animali Vide i genitori scendere di corsa il pendio. Presto l'avrebbero raggiunto. E lui avrebbe raccontato quello che aveva visto, anche se già sapeva che non gli avrebbero creduto. Non gli importava, però: la sola cosa importante era sentirsi in salvo. Almeno per quella notte. L'ora della bestia Loch si allontanò dal fianco scosceso della montagna, librandosi al di sopra del lago Alban. Spostò il suo peso sotto le ali di alluminio e tela, imprimendo una brusca svolta al deltaplano e girando in cerchio. Perfino mentre il sole mattutino s'innalzava oltre le giogaie a est, il lago, avvolto dalle ultime, sottili dita nebbiose dell'alba, rimase color pece. L'Alban era uno stretto lago gelido e incontaminato, lungo venticinque chilometri, incastonato negli aspri e solitari altipiani del Vermont. Un tempo era stato un ramo dello Champlain, a ovest, i cui fondali, scavati da un possente coltello di ghiaccio, s'inabissavano a quasi trecento metri. Come il Loch Ness in Scozia, anche l'Alban abbondava di salmoni, anguille e al-
tri abitanti del fondo che, secondo alcuni scienziati, erano il cibo più propizio allo sviluppo di grandi animali acquatici. Ma nonostante le recenti, concitate interviste televisive, la maggior parte degli scienziati erano solo divertiti dagli avvistamenti di creature terrificanti che, si mormorava, vivevano in quelle acque remote. Loch si librò più alto nella sua imbracatura alata. Amava portare la punta del deltaplano sopra l'orizzonte e poi lasciarsi andare in caduta libera, finché il vento non correva a infilarsi sotto le ali, restituendogli il controllo. A quindici anni era un bel ragazzo robusto, con arruffati capelli castani e profondi occhi verdi, molto diverso dal bambino che, ai tempi del Loch Ness, aveva gridato di aver visto una bestia enorme. Naturalmente i suoi genitori avevano sorriso, anche se con un certo nervosismo, e l'avevano assecondato nella pretesa di aver visto il mostro. Erano stati soprattutto i bambini di Inverness a ridere di lui, ed erano stati loro a soprannominarlo Loch. Gli anni avevano offuscato il ricordo di quella notte sotto la luna e ormai lo stesso Loch ne parlava come di una fantasia infantile. Ma c'erano altri due episodi che facevano sembrare la sua infanzia lontana milioni d'anni luce. Il primo era la felice nascita di sua sorella Zaidee, ormai una piccola peste pronta per la quinta elementare. Il secondo era la triste, assurda morte della mamma per leucemia, appena un anno prima. — Non morirà — aveva continuato a ripetere il padre. — La chemioterapia funziona, il trapianto di midollo è riuscito. No, non morirà. E invece era morta. In un gelido, nevoso giorno d'inverno l'avevano sepolta nella tomba di famiglia vicino a una miniera a cielo aperto, subito fuori Star Lake, New York. Ma soltanto ora cominciavano ad accettare la sua scomparsa. Il vento gli fece svolazzare la camicia mentre raddrizzava la traiettoria del deltaplano e si portava sopra l'estremità orientale del lago. Fece per risollevare la punta, ma si fermò sentendo avvicinarsi un aereo. Lentamente, il ronzio aumentò fino a diventare assordante e Loch virò in tempo per vedere un familiare idrovolante, il Sea-B, sbucare dalla nuvola che incombeva candida sopra di lui. Per un momento il sole scintillò sul grosso corpo metallico e sull'elica posteriore, accecandolo. Quando riacquistò la vista, scorse ai comandi il principale di suo padre, Cavenger. Sarah, la figlia di Cavenger, gli stava accanto e Loch la vide salutarlo agitando una mano, dietro l'enorme finestrino. Tutto secondo i piani. Loch aveva sperato di trovarsi lassù all'arrivo di Sarah: voleva che lo vedesse librarsi alto nel cielo, mostrarle com'era di-
ventato abile, e gli mancò il fiato scorgendo il suo sorriso. Senza esitare, mise il deltaplano in stallo e lo lasciò cadere più a lungo e più velocemente di quanto fosse saggio. Finalmente il vento tornò a sostenere le sue ali, mentre il Sea-B si abbassava verso il lago e sorvolava ruggendo la base e gli uomini affaccendati intorno alle barche. La manovra, Loch lo sapeva bene, era uno dei tanti modi che Anthony Cavenger usava per ricordare a quanti lavoravano per lui: io vi pago, io vi controllo, io vi possiedo. Mentre scivolava fra le correnti, sfiorò con lo sguardo la desolata riva nord del lago e la pista polverosa che portava alla vecchia segheria. Con un'ultima occhiata a ovest, verso l'ampio bacino azzurro dello Champlain, fluttuò più in basso, sulla foresta e i camini fumanti delle rare case che punteggiavano la strada asfaltata a sud del lago Alban. In passato, a volte aveva mal valutato le correnti calde del mattino ed era stato costretto a un precipitoso atterraggio sulla strada, per fortuna poco frequentata; ma quel giorno sapeva di poter raggiungere senza problemi la spianata vicino al caravan del padre. Mentre superava l'ultima chiazza di foschia e un poggio fitto di alti pini, vide la sorella che lo aspettava lí accanto, sbracciandosi nella sua direzione. Atterrò e si liberò dall'imbracatura in tempo per prendere al volo Zaidee quando lo raggiunse di corsa, le ciocche dei capelli alla maschietta che le rimbalzavano sulle orecchie a ogni saltello. — Sembri un pulcino d'aquila, lassú — gli disse, abbracciandolo. — Quand'è che m'insegnerai a volare in deltaplano? — chiese, ansiosa di somigliare in tutto al fratello maggiore. — Quando? — Da quant'è che lavora per Cavenger? — domandò il giovanotto, aiutando a spostare le scatole di materiale dal retro del camion alla vecchia Volvo di Sam Perkins. — Quasi sette anni — rispose Sam, sforzandosi d'essere educato. Fare quattro chiacchiere coi neolaureati, ansiosi di piantare gli artigli sui gradini che conducevano ai vertici della scala aziendale, non era mai stato il suo forte. Erdon controllò il fondo del rimorchio. La maggior parte delle scatole traboccavano di misuratori, sonde campionatrici e tutto quanto poteva servire per le ricerche sottomarine di Sam. — Che c'è sotto il telone? — Una vecchia moto d'acqua. — Sam sollevò l'ultima scatola. — Soffia
e sbuffa, ma va ancora. — Grande! — Di una cosa Erdon era convinto: un po' di svago era quello che ci voleva, per sopravvivere a quello stupido incarico. — Potrò farci un giro, ogni tanto? Si può dire che usavo quegli aggeggi già prima di camminare. — Certo — replicò Sam, senza la minima intenzione di prestargli alcunché. Aveva conosciuto dozzine di muscolosi giovanotti pieni di sé come Erdon, piccoli yuppies appena usciti dall'università, convinti che il mondo intero dovesse genuflettersi davanti a loro. — È andato all'UCLA? — Si vede? — chiese Erdon, sulle difensive. — Be', è scritto sulla decalcomania appiccicata sul suo fuoristrada. — Oh. Mentre apriva il bagagliaio della Volvo, ricorrendo al vecchio trucco del cacciavite per fare scattare la serratura, Sam pensò con fierezza ai 300.000 chilometri che le aveva fatto percorrere. Il dottor Sam, come lo chiamavano tutti, aveva acquistato una certa fama come biologo marino nei dodici anni successivi alla laurea, conseguita alla Boston University. Ora tutto questo gli sembrava molto lontano: secoli prima di sposare la vivace, dolce Joan Meisner e di avere da lei due figli meravigliosi... secoli prima di conoscere Cavenger. Non gli importava di avere un'aria dimessa, col suo polveroso berretto marrone e la tuta da lavoro dalle tasche capaci, stinta dai detersivi brutali delle lavanderie. — Com'è che ha lasciato la ricerca e si è messo a lavorare per Cavenger? — chiese Erdon, appendendosi al collo un paio di macchine fotografiche. — Voglio dire... i miei libri di testo citavano mezza dozzina di specie marine scoperte da lei. — È un gioco che si chiama "segui i soldi" — replicò Sam, stupito che Erdon si fosse preso il disturbo di controllare. — Esattamente quello che sta facendo lei. — Girò sui tacchi e si diresse verso il caravan col giovanotto alle calcagna. — Cavenger dice che lei ha foto e schizzi di quello che stiamo cercando — insisté Erdon. — Voglio dire... io devo fare le foto e i filmati, ma mi sarebbe d'aiuto vedere quello che già c'è. È stato Darwin, o Pasteur, a dire che il caso favorisce una mente preparata? Sollevato, il dottor Sam vide Loch e Zaidee risalire di corsa il pendio. — Era splendido, lassù — disse Loch sorridendo. — Si vedeva fino allo Champlain. — Loch, questo è il signor Erdon. Filmerà il nostro lavoro di oggi. Te lo
affido per una visita guidata, d'accordo? — Sicuro — assentì Loch con un sorriso malizioso. — Io e mio fratello abbiamo un computer portatile pieno di videogiochi — si pavoneggiò Zaidee, sgomitando per essere la prima a entrare nel caravan. — Ora vado in bagno, ma dopo te lo faccio vedere. — Attento alla testa — lo avverti Loch, seguendo la sorella. — E a non inciampare nelle maschere subacquee. Zaidee filò in bagno, mentre il dottor Sam strizzava l'occhio al figlio e s'infilava nel cucinotto per finire il caffè ormai freddo. — Il pezzo migliore è in camera mia — annunciò Loch, precedendo Erdon nel labirinto di mobili ed equipaggiamento. — Da questa parte. — Gli indicò una porta. Erdon l'apri e urlò quando, dall'ombra, una bestia orripilante si slanciò su di lui con le fauci spalancate. Sollevò di scatto le braccia per proteggersi, sbatacchiando qua e là le macchine fotografiche. La testa spaventosa, gli occhi che scintillavano feroci in una massa di pelo arruffato, gli colpi il gomito, si ritrasse e continuò a rimbalzare avanti e indietro in archi decrescenti. — Scusa — ridacchiò Loch. Afferrò la testa dello pseudomostro, appesa a una lenza, e la rimise sullo scaffale. — È un piccolo scherzo che facciamo a chi visita la nostra umile collezione di Fenomeni. Rosso in viso, Erdon avverti una nuova scarica di adrenalina sentendo il dottor Sam ridere nel cucinotto. — Non sarebbe stato affatto divertente, se avessi avuto problemi di cuore — esclamò rabbioso, nel tentativo di nascondere l'imbarazzo. Entrò nella stanza e Lock accese la luce. Lentamente, l'espressione di Erdon tradì uno stupefatto entusiasmo. — Santo cielo — mormorò, fissando il caos di schizzi incredibili, foto irreali e modelli di creature grottesche. — Mai visto niente di simile. — Impugnò una Nikon e cominciò a scattare. — Che roba è? Loch trasferì dal letto al pavimento una pila di libri di scienze e riviste di computer, e si sedette. — Nient'altro che i soliti draghi d'acqua e mostri vari. Non hai visto la paccottiglia che Cavenger tiene nei magazzini della sua rivista, a Londra? — Pazzesco. I miei non mi avrebbero mai permesso di tenere cosí la mia stanza — disse Erdon, invidioso. — È fantastico, questo. — Passò una mano su un terrificante teschio zannuto. — Mia madre è una fanatica dell'ordine. Tiene la casa avvolta nella plastica.
Loch senti una fitta allo stomaco. — Questo è il modello della testa di uno Tzuchinoko — disse, togliendogli il teschio di mano — un mostro che molti sostengono d'aver visto attorno ai laghi. — Non voleva ricordare quanto gli mancasse la propria madre. Sapeva che, se fosse stata ancora viva, avrebbe fatto in modo che anche loro vivessero in una casa molto più ordinata. — Viene descritto come un enorme serpente con corna ricurve sopra gli occhi. — Naturalmente è una balla — disse Erdon, abbastanza forte da farsi sentire dal dottor Sam. — Già. Probabilmente è un pesce gatto portato in superficie dalla siccità — ammise Loch — però l'anno scorso i cittadini di Chigusa, in Giappone, ci hanno creduto abbastanza da offrire due milioni di yen per un esemplare vivo. Anche Cavenger ci aveva spediti laggiú. Erdon ammiccò. — Scoprire i falsi è il vostro mestiere, giusto? — Anche se sono fasulli, non importa. Cavenger utilizza comunque il materiale per le sue assurde riviste. Ci ha fatto cercare per un anno intero un Waheela, il grande lupo bianco di cui si favoleggia in Canada. Erdon passò in rassegna diversi schizzi di feroci creature alate e mostri marini, fotografando i più originali. Sapeva di poter rifilare senza problemi un paio di foto ai concorrenti di Cavenger. — Di chi sono gli schizzi? — Parecchi sono miei — rispose fiero Loch. — Niente male. — Erdon si protese oltre un tavolino per scrutare una serie di sfocati ingrandimenti attaccati alla parete con puntine da disegno. — Questo dovrebbe essere il mostro di Loch Ness, giusto? — La migliore è quella che mostra la grande pinna — spiegò Loch. Erdon sapeva che quella foto era stata comprata e ristampata tante volte da rappresentare un vitalizio per chi l'aveva scattata. — È stato provato che parecchie foto erano truccate... L'autore di questa ha ammesso sul letto di morte che in realtà era la foto d'un sottomarino giocattolo, giusto? — Non possono essere tutte false — replicò Loch. — E Cavenger crede che nell'Alban si trovi qualcosa tipo Nessie? — La pensano cosí anche alcuni abitanti della zona. Da quanto aveva visto degli indigeni, Erdon era convinto che si sarebbero inventati di tutto, pur di attrarre qualche turista danaroso. — Cos'è che raccontano? — Glielo dico io! — s'intromise Zaidee, arrivando di volata col suo
computer portatile. — La signora Mitchell della drogheria dice di aver visto una grande cosa nera vicino alla chiusa. E Jesse Sanderson, il custode della segheria, dice di aver visto di là del molo qualcosa con la testa grossa come un barile, ma tutti sanno che lui è un fannullone-buono-a-nullaubriacone. E una maestra che abita poco più lontano dice di aver visto due pinne distanti sei metri buoni ed è convinta che nel lago ci sia qualcosa di pericoloso, di molto pericoloso... Il telefono squillò e il dottor Sam fu pronto a rispondere. Pochi istanti dopo, riattaccò e venne a chiamarli. — C'è una tempesta in arrivo dal Canada. Cavenger vuole che le ricerche inizino subito. Tutti al molo. Svelti! Suoni Fu Loch a mettersi al volante della Volvo per portare al molo il dottor Sam e Zaidee. Non era la prima volta che guidava, durante le spedizioni, ma ora, a quindici anni compiuti, poteva farlo in piena legalità. Erdon li segui sulla jeep. — Posso accendere la radio? — chiese Zaidee, allungando una mano verso la ricetrasmittente a onde corte. — Sí — rispose il dottor Sam. — Però non devi trasmettere. Zigzagando fra le interferenze, Zaidee trovò prima un paio di pescatori che parlavano di carburante e poi qualcuno che dava informazioni sul tempo a un tizio con l'accento francese. Ci vollero pochi minuti per raggiungere l'accampamento e parcheggiare vicino al Sea-B, che era stato portato a riva. La base brulicava di operai, marinai e tecnici che correvano affannati verso il pontile. Gommoni fuoribordo andavano su e giù, trasportando uomini e materiale verso l'eterogenea flottiglia ancorata al largo. — Una bella confusione — gridò Erdon al dottor Sam, smontando dal fuoristrada. Le macchine fotografiche che portava appese al collo sbatterono l'una contro l'altra, e un copriobiettivo cadde a terra. "Sicuro, perché Cavenger assume troppi idioti come te" ebbe voglia di ribattere il dottor Sam. Da parecchio aveva capito che il modus operandi di Cavenger era assumere non i più bravi, ma i meno cari. Del resto, quando si aveva a che fare con Cavenger ci si poteva dire fortunati se, alla fine della trattativa, si aveva ancora il naso in mezzo alla faccia. — Posso portare qualcos'altro — si offri Zaidee, prendendo il computer
portatile. — Io penso a questo — disse il dottor Sam, sollevando la scatola piú pesante. Loch prese un altro pacco e insieme si diressero verso Erdon, che si affannava a estrarre una cinepresa completa di batterie dal retro della jeep. Loch s'impietosí. — Serve aiuto? — No — rispose Erdon, barcollando sotto il peso. — Devo ancora farti vedere il mio videogioco — gli strillò Zaidee, sovrastando il chiasso circostante. Erdon rise. — Non lo dimenticherò. — Rafforzò la presa sul carico e si affrettò dietro ai Perkins. Quando raggiunsero il molo, si fermò per arrotolarsi le maniche della camicia, in modo da esibire meglio i bicipiti, e poi trascinò la cinepresa sull'imbarcazione che gli era stata assegnata: un catamarano a motore, studiato appositamente per le riprese. Il natante, usato per la prima volta in occasione di una delle tante spedizioni in Congo di Cavenger, era dotato di due potenti motori fuoribordo e di una piattaforma che ne aumentava la stabilità. L'unica altra barca attraccata al molo era il panfilo di Cavenger: la Rivelazione. Loch sorrise, vedendo Sarah in attesa sulla passerella. — Ciao, Sarah. — Ciao. — Ansiosamente, la ragazza spinse indietro i lunghi riccioli castani. — Mi hai visto, col deltaplano? — Sí. — Spostò il peso da un piede all'altro, e le sue scarpe con la zeppa fecero rimbombare le assi di legno. — Le scarpe giuste per andare in barca — commentò Zaidee, fissandole con espressione esageratamente incredula. — Ciao, Zaidee. — Sarah tentò di mostrarsi lieta di rivederla, ma trovava che, crescendo, la ragazzina era diventata davvero irritante. — Sono all'ultima moda, a Londra. E sono molto piú comode di quanto sembra. Zaidee inarcò le sopracciglia. — Vorrai scherzare. — Ti raggiungo subito — intervenne Loch, rivolto alla sorellina. — Ricevuto. Vuoi sbarazzarti di me. Bella roba — disse Zaidee, allontanandosi sulla passerella. Loch mise giú la scatola e sorrise a Sarah.
— C'è anche tua madre? — No. Sai che detesta le ricerche di papà. Perché non hai risposto alla mia ultima lettera? Ti ho scritto sette mesi fa! — Non voleva sembrare lagnosa, ma aveva bisogno di parole per nascondere il nervosismo. Fu colpita nello scorgere sul viso di Loch un inizio di baffi e un'ombra di barba. — Sei cresciuto. — Anche tu — replicò d'impulso Loch. Non aveva avuto intenzione di fissare il suo corpo, mentre lo diceva, e capí subito d'essere stato colto sul fatto. — Volevo scriverti — prosegui — ma continuavo a pensare che tanto ci saremmo rivisti. — In realtà, ogni volta che metteva la penna sulla carta provava una sensazione penosa: la scrittura non riusciva a tenere il passo con i suoi pensieri. — Quando ti ho scritto, quelle domande erano urgenti, almeno per me; ma ormai suppongo non siano più importanti. — Dallo sguardo di Loch era chiaro che ne aveva abbastanza delle sue recriminazioni. — Be', devo portare questo sulla barca di tuo padre — disse il ragazzo, sollevando di nuovo la scatola. — Sí, certo. Ci vediamo. — Sarah si diresse zoccolando verso il molo. — Dove vai? — le chiese Loch, stupito. — Papà ha detto che posso guidare il catamarano — gridò lei, voltando la testa. Erdon era già a bordo e, tutto sorrisi, si sporse per aiutarla a salire. Loch la osservò mentre lei si metteva al posto di guida, esibendo la propria posizione di figlia del capo, poi si tolse la camicia, bilanciò la scatola sul ginocchio destro per ottenere una presa più salda e, con un cenno di saluto a Sarah, salí sul panfilo. Dopo aver sistemato l'attrezzatura con l'aiuto d'un marinaio, raggiunse Zaidee sul ponte di poppa: aveva acceso il portatile ed era immersa nel suo videogioco preferito, Duelli. — Sarah sembra cambiata, non ti pare? — le chiese. — Vuole saltarti addosso — rispose Zaidee senza alzare lo sguardo. Loch rise. — Non mi dispiacerebbe — replicò, scompigliandole i capelli e issandosi nel suo nascondiglio preferito, il gommone che veniva usato per avvicinarsi a riva in baie poco profonde. Da molto tempo, sia Loch che Zaidee avevano imparato a tenersi a distanza di sicurezza finché la ricerca non avesse preso il via. — Sei di nuovo in ritardo! — Cavenger alzò lo sguardo dal quadro di controllo, furioso. — Abbiamo già iniziato col sonar.
— Spiacente. — Il dottor Sam prese posto davanti agli strumenti. — Le reti a strascico sono pronte? — domandò Cavenger. — Sissignore — rispose rapido Randolph, il tecnico specialista. — Accendere i motori! — Cavenger sparò l'ordine e si drizzò sulla sedia, per controllare a dritta e a babordo. — Accendere i motori! — ripeté Emilio, il suo braccio destro. Il ruggito simultaneo dei motori del panfilo e di altri quattordici battelli rimbalzò contro le montagne. Cavenger strappò il microfono a Emilio. — Piú piano! — urlò. Il tumulto calò rapidamente. — Si parte entro sessanta secondi — disse, restituendo il microfono e tornando a sistemare il suo fragile corpo sulla sedia girevole di pelle nera. Con la testa calva e gli occhi infossati, aveva un'aria spettrale nella luce guizzante degli schermi sonar. Emilio, basso, tarchiato, sulla quarantina, sedeva alla sua destra; a sinistra c'era John Randolph, ex pilota dell'Air Force e addetto alla radio. Haskell, il capitano, era al timone. Alle loro spalle, escluso dal cerchio del potere, c'era il dottor Sam. Un paio di vecchi, malandati motopescherecci si affiancarono sferragliando alla flottiglia, mentre una dozzina di pescatori portoghesi srotolava le reti a strascico di canapa da grandi fusi rugginosi. — Pronto, Sam? — domandò Cavenger. — Pronto. Emilio guardò Cavenger. — Via! — ordinò Cavenger. L'acqua nella baia ribollí, mentre i motori trasmettevano la loro potenza alle eliche, e le barche si slanciarono in avanti, sparando verso riva scie d'acqua color pece. — L'allineamento è imperfetto — protestò Cavenger. Randolph scattò e si portò sul ponte con un megafono. — Dietro la nostra prua! — gridò, prima a babordo e poi a tribordo, e rafforzò l'ordine agitando le braccia. Rapidamente, le imbarcazioni serrarono i ranghi fino a sembrare uno stormo di oche in volo, con in testa la Rivelazione. — Mantenetevi sotto i sette nodi, se volete sfruttare al massimo il sonar — ricordò il dottor Sam. Soltanto il catamarano restava fuori dalla formazione. Loch si spenzolò dal gommone per osservare Sarah che faceva il giro della Rivelazione a tutta velocità, costringendo Erdon ad aggrapparsi al supporto della cinepresa per non finire fuori bordo. Emilio uscí sul ponte per lanciarle un'oc-
chiataccia e la ragazza si affrettò a rallentare, per consentire a Erdon di scattare le prime foto. Poi, accorgendosi che Loch la guardava, lanciò uno strillo e gli rivolse un ampio gesto di saluto. Zaidee si distolse dal videogioco quanto bastava per dare un'occhiata all'esibizione di Sarah. — L'adolescenza dev'essere davvero terribile — bofonchiò. La ricerca era ormai avviata da una decina di minuti, quando Loch e Zaidee si azzardarono a mettere piede nella cabina di comando, col suo oceano di quadranti luminosi e l'ipnotico BIP... BIP... BIP dei monitor, per guardare il dottor Sam all'opera: per esperienza sapevano che, a quel punto, Cavenger e i suoi tirapiedi erano troppo indaffarati per badare a loro. Appena entrata, Zaidee sollevò i pollici rivolta al padre e si piazzò su una sedia vicino alla porta, mentre Loch s'inoltrava nel locale per sedersi accanto a lui. — Salve — gli sussurrò. Il dottor Sam gli strizzò l'occhio e subito riportò lo sguardo sui tracciati: una dozzina di stilo zigzagavano sulla carta diagrammata, fornendo una registrazione accurata del fondo del lago e dei suoi abitanti. — Fuori le reti. — Cavenger schioccò le dita e Randolph trasmise l'ordine ai motopescherecci. — Le avevo consigliato di usare reti d'acciaio — gli ricordò il dottor Sam. — Troppo costose. — Non se troviamo quello che stiamo cercando. — Lascia che me ne preoccupi io, Sam — replicò gelido Cavenger, sollevando una mano ossuta per raddrizzare il colletto della camicia. — Se è una specie di plesiosauro, avrà denti robusti — insisté il dottor Sam. — Non sottovalutare quello che quindici milioni di anni possono fare a una bestia intrappolata in un lago del genere — replicò Cavenger. — Lo stesso vale per qualunque cosa si trovi nel Loch Ness, e per il cugino di Nessie avvistato nella Columbia Britannica. Appena saremo riusciti a catturarne un esemplare, potrai vedere che cosa succede, quando una qualsiasi specie animale vive isolata abbastanza a lungo. Non può evolversi. Una bestia intrappolata non può che ripercorrere a ritroso la scala dell'evoluzione. Come te, Sam — concluse ridendo. Le dita di Loch si serrarono a pugno. Non sopportava che Cavenger umiliasse suo padre davanti a tutti, e lo faceva spesso; ma ancor più dete-
stava che suo padre ingoiasse ogni insulto senza reagire. — Ha ragione, signor Cavenger. — Come al solito, Randolph stava dalla parte del Capo. Ormai conosceva a memoria tutte le sue teorie preferite. — Proprio com'è successo allo storione, giusto? — Sicuro. — Cavenger annui. — Gli storioni erano i killer dei mari... e vedi come li hanno ridotti pochi milioni di anni intrappolati nell'acqua dolce glaciale! Qualunque animale troviamo in questo lago, sarà fortunato se, per mangiare, non deve usare una cannuccia! Loch non poteva starsene lí fermo e zitto e lasciargliela passare. — Io e mio padre abbiamo catturato un sacco di pesci artici con denti da barracuda. Il dottor Sam gli tirò una ginocchiata, mentre Cavenger faceva ruotare la sedia. I suoi occhietti maligni fulminarono Loch e poi commentò ridacchiando: — Tale padre, tale figlio. — E tale padre, tale figlia — interloquí Zaidee, irritata quanto Loch, prima di riaccendere il portatile e tornare al suo videogioco. — C'è qualcosa — tagliò corto Cavenger, riportando gli occhi sullo schermo principale. Emilio si agitò sul sedile. — Qualcosa di grande sott'acqua, ore due. — È vivo — mormorò Cavenger. Il dottor Sam controllò i tracciati e diede un'occhiata agli schermi sonar. — No — sentenziò— non lo è. È un tronco. — Come lo sai? — chiese Cavenger in tono condiscendente. — Perché so leggere il sonar e perché la vecchia segheria si trova esattamente a tribordo dell'imbarcazione Numero Quattordici. Randolph si voltò. — La Numero Quattordici comunica il contatto visivo: è un tronco. — Loch sorrise e rivolse al padre un silenzioso cenno di vittoria, mentre Cavenger si alzava e guardava stizzito la riva. — Che ci fa qui una stupida segheria? — Un tempo, l'Alban era collegato allo Champlain da un corso d'acqua che scorreva dall'estremità ovest — rispose Randolph. — Ed era profondo? — s'informò Cavenger. — Sí, parecchio — disse Emilio. — Ma ora l'hanno bloccato con una chiusa... una specie di griglia per trattenere i salmoni. — L'hanno costruita l'anno scorso — spiegò il dottor Sam. — Ecco perché quella bestia è qui! — esclamò Cavenger. Al timone, il capitano Haskell sembrava perplesso. Lunghi anni d'espe-
rienza gli avevano insegnato che, per quanto riguardava Anthony Cavenger, era meglio non insistere troppo per cavarne informazioni. Adesso, però, la curiosità ebbe la meglio. — Quale bestia? E perché è qui? Cavenger sorrise. — È in trappola. La nostra cara bestiolina è in trappola. All'orizzonte Il cielo a nord si riempi di nuvole cupe, mentre il fronte dell'uragano valicava la catena montuosa. Appena superato il centro del lago, il sonar individuò un disturbo in superficie davanti alla Numero Uno: il segnale indicava qualcosa di grosso e in movimento, ma quando furono più vicini avvistarono un gruppo di castori che, indispettiti, schiaffeggiarono l'acqua con la coda e s'immersero, frammentando il segnale. Erano ormai in vista della riva ovest e Loch uscí sul ponte per prendere una boccata d'aria. Preferiva tenersi alla larga da Cavenger, quando una delle sue elaborate ricerche elettroniche falliva miseramente. In quelle occasioni, Cavenger diventava perfino più dispotico e crudele del solito: si avvolgeva su se stesso come un serpente a sonagli, gli occhi assenti che parevano scrutare dentro di sé; e poi, senza preavviso, scattava e colpiva... di solito il dottor Sam. Loch rivolse un cenno di saluto a Sarah, ai comandi del catamarano. Non gli andava il modo in cui Erdon continuava a rivolgerle sorrisi abbaglianti e a esibire il proprio fisico. Si era alzato il vento, e piccole onde incappucciate di bianco increspavano la superficie del lago. Sarah sorrise, gli restituí il saluto e rallentò, con l'aria di spassarsela. Loch si scopri a desiderare di essere al posto di quell'esibizionista fornito di costose macchine fotografiche. Lui e Sarah erano cresciuti insieme, partecipando alle spedizioni di Cavenger. Si frequentavano al massimo un paio di mesi all'anno, ma insieme avevano veleggiato e nuotato accanto alle mante. — Loch! Vieni! — chiamò Zaidee dalla soglia della cabina di comando. — Il mio videogioco ha qualcosa che non va! Loch rientrò e si sedette accanto alla sorella. L'immagine sullo schermo mostrava una foresta iridescente, un fiume cristallino attraversato da un sentiero, e la sagoma d'un ragazzo braccato da un'orrida strega armata di pugnale. — Complimenti! Sei arrivata al quinto livello! — Già, ma guarda che interferenze! — sbuffò Zaidee, indicando due
grosse righe nere che danzavano al centro dello schermo. — Sarà un effetto del sonar. — Prima non c'erano. — Allora sarà per la tempesta in arrivo. Zaidee chiuse il portatile di scatto. — Non raggiungerò mai più il quinto livello da sola. SCRATCH... SCRAAATCH... Loch alzò lo sguardo. Vide suo padre irrigidirsi e chinarsi sui tracciati grafici. Anche il ragazzo aveva individuato una variazione di tono e ritmo, e d'impulso si portò accanto al padre. — C'è qualcosa — disse il dottor Sam. Cavenger si voltò, il profilo spettrale nella luce degli schermi. — Ce l'ho anch'io. — Si direbbe un oggetto voluminoso in movimento — specificò il dottor Sam. Loch udí un raro fremito d'emozione insinuarsi nella voce del padre. — Arrivano segnalazioni anche da altri battelli... — comunicò Randolph. — Di' loro che l'abbiamo sugli schermi — ordinò Cavenger. — Che mantengano invariate rotta e velocità. — Qualunque cosa sia, è vivo. E in profondità — disse il dottor Sam. Cavenger schioccò le dita rivolto a Emilio. — Quanto manca alla fine del lago? Emilio controllò la mappa. — Poco piú di un chilometro. — Dov'è, ora? — domandò Cavenger, scrutando lo schermo principale. — Di fronte a noi — rispose il dottor Sam. Le mani di Cavenger cominciarono a tremare. — Di' ai motopescherecci di gettare le reti! — Gettare le reti! — urlò Randolph al microfono. Loch uscí di corsa sul ponte, con Zaidee alle calcagna. Ormai l'uragano avanzava rapido, simile a un enorme guanto nero proteso oltre i monti. Il vento frustava le onde, scagliandole contro le fiancate delle barche. Esplose un lampo di luce, seguito dopo pochi secondi da un tuono assordante. I marinai si precipitarono ad assicurare l'attrezzatura sul ponte e arrotolare i teli svolazzanti. — Pensi che stavolta sia vero? — chiese Zaidee, fissando ansiosa il fratello. — Sí, penso che sia vero — rispose Loch sottovoce.
Sul catamarano non c'era sonar né radio. Con un'occhiata alla grande, cupa nube temporalesca che incombeva sopra di loro, Sarah prese un paio di cerate gialle e ne lanciò una a Erdon, occupato a sistemare le macchine fotografiche a prua. — Grazie. — Il giovanotto l'afferrò al volo e la infilò, sforzandosi di sorridere. Non gli piaceva affatto l'aspetto di quella nuvola: sapeva che un lago non era il posto piú sicuro del mondo durante un uragano. Loch corse a prua del panfilo con Zaidee alle calcagna e, affacciandosi al parapetto, scorse la profonda ondulazione nell'acqua... un'ondulazione identica a quella già vista anni prima. Rabbrividí rivedendo se stesso bambino, fermo sulla riva d'un altro lago oscuro e ancor più profondo. Risenti il trapestio delle pecore, i loro belati frenetici. I due sul catamarano videro Loch e Zaidee fare segnali nella loro direzione. — Che vorranno? — chiese nervosamente Erdon, sovrastando il fragore delle onde. — Non lo so — disse Sarah. Di sicuro, sembravano preoccupati, e Loch continuava a indicare la riva che si avvicinava. — Forse hanno trovato qualcosa — mormorò Erdon. Sotto l'incerata, la pelle d'oca gli raggrinzi le braccia. — Forse. — Sarah vide due motopescherecci accelerare e avanzare. — Chiudono le reti! — esclamò, spingendo in prima linea il catamarano. — NO! — urlò Loch dal ponte della Rivelazione. Aveva cercato di avvertirla che il radar aveva segnalato qualcosa davanti a loro, e che lei doveva restare indietro, più vicina alla protezione del panfilo e della flotta, ma Sarah non aveva capito. — Comincia a scattare! — gridò la ragazza a Erdon. Il giovanotto accese la macchina fotografica, appoggiò l'occhio al mirino e schiacciò un pulsante. L'autofocus ronzò, spostando le lenti avanti e indietro alla ricerca d'un obiettivo. Il fondo del lago risaliva ripido e l'acqua color pece diventò grigia mentre le robuste balze d'acciaio della chiusa si drizzavano come sentinelle all'estremità del lago. Il catamarano rallentò, mentre Cavenger ordinava alla flotta di spegnere i motori e aspettare. Soltanto i motopescherecci continuarono ad avanzare rapidi, tentando di chiudere la mezzaluna delle reti più in fretta possibile... ma non abbastanza. Qualcosa li aveva superati e si trovava adesso fra la riva e le reti.
Cavenger si portò sul ponte. — Laggiù! — urlò al megafono, puntando il dito. — È in trappola! Seguendo le indicazioni del padre, Sarah modificò la rotta del catamarano mentre Erdon faceva ruotare la cinepresa sul cavalletto... e inquadrava una chiazza d'acqua ribollente oltre le reti. Di colpo, la cosa cambiò direzione: non puntava più a riva, ma sembrava che volesse sfondare le reti per tornare nelle profondità del lago. Sgomenta, Sarah vide i gavitelli strattonati con violenza a sinistra. — Siamo troppo vicini — urlò. — Spegni i motori — gridò Erdon, il panico nella voce. — Lo attirano qui. Sarah spense i motori, ma la cosa sbatté di nuovo contro la rete, scuotendola. All'improvviso si senti un suono lacerante, seguito da uno schiocco di corde spezzate, mentre i gavitelli scattavano liberi e la chiazza di tenebre tornava a immergersi. — Che succede? — domandò Erdon, confuso. — Cos'era...? Cavenger era pietrificato, ammutolito, furioso al pensiero che la creatura fosse nuovamente fuggita nelle profondità del lago. Il dottor Sam uscí sul ponte. Zaidee corse da lui e lo prese per mano. Gli uomini sui battelli ondeggianti osservavano la scena in silenzio, in attesa di ordini. Emilio uscí di corsa dalla cabina di comando. — Signor Cavenger! — gridò. — Ce n'è un altro sullo schermo! — Sarà lo stesso — borbottò Randolph. Emilio esitò, ma alla fine si decise a dire: — No. Questo è più grosso. Molto piú grosso. — Dov'è? — chiese Cavenger. — Punta verso di noi. Emilio tornò di volata nella cabina di comando, tallonato da Cavenger e Randolph. Il dottor Sam portò Zaidee con sé. Loch guardò verso Sarah. — Ce n'è un altro! — le gridò. — Torna a riva! Sarah lo sentí e tese una mano verso l'accensione. — No — la fermò Erdon, reggendosi al cavalletto della cinepresa. — Meglio restare fermi. BUM. Un altro tuono assordante e cominciò a piovere a dirotto. Gli occhi di Sarah danzarono sul lago e poi, nonostante la pioggia, si sfilò la cerata: con quel suo giallo vivo, la faceva sentire un'esca fuori misura. Erdon si affrettò a imitarla.
S'immobilizzarono, raggelati, vedendo l'ombra riempire lo spazio sotto il catamarano. — È qui! — gridò Sarah. Anche gli uomini silenziosi sulle altre imbarcazioni la sentirono, ma nessuno di loro si mosse. — Sento qualcosa — disse Erdon. Sarah annuí. Anche lei. Il catamarano vibrava, ruotando lentamente. — Ci tocca — bisbigliò Erdon, maledicendosi mentalmente per aver deciso di partecipare a quella spedizione. Nell'acqua color pece si formò una collinetta, quasi che una sorgente sottomarina fosse zampillata a diluirne l'oscurità. Sarah sgranò gli occhi atterrita, vedendo le scaglie nodose d'una spina dorsale, due pinne mostruose percorse da nervature che rimescolavano l'acqua lente, possenti... È impossibile, si disse. Impossibile. — Forse è una balena — balbettò Erdon, sapendo di mentire a se stesso. — Laghi e fiumi sono abbastanza profondi... Forse l'inquinamento le ha alterato il sistema di navigazione. Forse ha risalito il St. Lawrence fino allo Champlain e poi è arrivata qui. Gli occhi di Sarah rimasero incollati all'acqua. — Non credo. — Magari è una specie di tricheco — provò ancora Erdon. — Zitto. Ci sta ascoltando — bisbigliò Sarah. Un istante dopo, il catamarano smise di vibrare e il gigantesco dorso ossuto s'inabissò lentamente, svanendo nell'oscurità sottostante. — Che succede? — chiese Erdon. — Non riesco a vedere... — Se ne va — disse Sarah, guardando l'ombra sprofondare e sparire. — Sicura? — Erdon girò attorno al cavalletto e si avvicinò al bordo del catamarano, curvandosi per evitare il riflesso della superficie liquida. Non vide niente, e tirò un respiro di sollievo. — Era bello grosso, eh? — Rise nervosamente. — Tutto a posto — gridò, rivolto alla Rivelazione e al resto della flotta. — È sparito. Era una specie di balena. — L'hai ripreso? — chiese Sarah. — Soltanto ombre — rispose Erdon. Diede un'occhiata al panfilo e, rendendosi conto che sarebbe stato meglio fare un po' di scena per Cavenger, agguantò una Nikon e si portò sul galleggiante sinistro del catamarano. Ora poteva far mostra di coraggio. Si sedette, mettendosi a cavalcioni del galleggiante. Doveva assolutamente fare qualche foto. Cavenger non doveva sospettare che aveva avuto troppa paura per riprendere la creatura mentre si trovava sotto la barca. Adesso che il pericolo era passato, rim-
piangeva di non aver scattato almeno una foto alla spina dorsale o alle pinne. Sapeva che, se si fosse trattato d'un qualche bestione preistorico, le sue quotazioni come fotografo marino sarebbero andate alle stelle. — Sta' attento — lo avverti Sarah. — Nessun problema. — Sorridendo, Erdon si sdraiò bocconi sul galleggiante, infilò i piedi sotto la fune che s'intrecciava sul davanti, e si sporse oltre la chiglia. E qualcosa esplose fuori dall'acqua. Quello che Erdon vide attraverso l'obiettivo fu uno scintillante ammasso di tenebre che si slanciava verso di lui, un'oscurità che lo colpi con tanta forza da levargli il fiato. La cinepresa gli sfuggi di mano mentre scorgeva due spaventosi, enormi occhi gialli e fauci bordate di denti seghettati grandi come pugnali. Fu tutto cosí orribilmente rapido — come se fosse stato colpito da un'auto in corsa, i piedi strappati alla ragnatela di funi — che gli restò appena un istante per avvertire l'impatto sul viso e sul petto. Poi un dolore lancinante, spietato, gli schiantò insieme schiena e ventre. Il suo ultimo pensiero cosciente fu di essere tranciato a metà. Sarah non ebbe nemmeno il tempo di urlare. Il contorto, grottesco corpo della bestia colpi il catamarano e lo scagliò in alto, facendola rotolare sul ponte e sbattere contro i motori, per afflosciarsi infine come una bambola di stracci nel vano dietro il parabrezza. Il catamarano e la creatura ricaddero come massi, sollevando un'ondata terrificante. D'istinto, Sarah annaspò verso l'accensione... e poi senti sulla pelle una pioggerella di gocce tiepide, dense. Si guardò le braccia e scopri che stava piovendo sangue. Adesso poteva urlare. Dal ponte del panfilo, Emilio e il dottor Sam continuavano a gridarle qualcosa. Cavenger ordinò ad Haskell di accendere i motori e schizzò fuori dalla cabina di comando, ruggendo al megafono ordini incomprensibili alla figlia urlante. Loch corse verso il gommone a poppa e lo spinse fuori bordo, vi saltò dentro e mollò bruscamente la fune, facendolo cadere in acqua con uno spruzzo sonoro. Strattonò il cordino d'avvio e, quando il motore prese vita ruggendo, sfrecciò verso Sarah e la bestia. Vicino al catamarano, dovette virare di colpo per evitare un oggetto galleggiante: mentre lo superava, vide che era una gamba di Erdon. La creatura riemerse alla velocità d'un missile, inclinò la testa all'indietro sul lungo collo squamoso e scattò in avanti a fauci spalancate, azzannando il catamarano. Il galleggiante di sinistra si spezzò a metà. La bestia tirò in-
dietro la testa e colpi ancora e ancora, dopodiché tornò a immergersi lentamente. Sarah si trascinò sul ponte sconquassato, mentre Loch guidava il gommone sul retro del catamarano che affondava. — Monta su — le gridò, accelerando e cercando di mantenere il battello in posizione. Poi vide il moto profondo nell'acqua. Ormai, anche Sarah ne conosceva il significato. Prima che la ragazza riuscisse a raggiungerlo, la testa mostruosa s'innalzò fra loro, scagliando in aria Loch e il gommone, mentre Sarah ruzzolava verso il cavalletto della cinepresa. Il collo della creatura continuò a emergere, uno spaventoso pilastro luccicante. Per un momento la testa restò immobile, alta, gli occhi simili a enormi spicchi rivolti al catamarano. Le fauci della bestia si spalancarono, si tuffarono verso il basso. CRACK. CRACK. Le zanne si conficcarono nel retro del catamarano e Sarah cominciò a scivolare in quella direzione. — Aiuto! — urlò. — Aiuto... Le mascelle della bestia si aprirono ancora di piú e Sarah — la caviglia destra intrappolata fra i motori distrutti — fu investita da una ruggente vampata di alito fetido e viscere umane sbrindellate. Solo quando i suoi denti incontrarono il metallo dei fuoribordo, la creatura si fermò e tornò a immergersi. Loch era finito a sei metri buoni dal gommone e il motore si era spento. Senza esitare, raggiunse a nuoto il battello, si issò a bordo e provò a rimettere in moto, ma il fuoribordo si rifiutò di partire. Allora si mise bocconi, tuffò le braccia in acqua ai lati del gommone e sciaguattando alla meglio si riavvicinò al catamarano. — Svelto! — Io chiamò Sarah. — Ho un piede bloccato! — Resisti! — le gridò Loch di rimando. La testa della creatura riaffiorò: videro il suo muso, gli sfavillanti occhi gialli avvicinarsi sempre più veloci... la videro venire verso di loro come un gigantesco coccodrillo affamato. Finalmente Loch raggiunse il catamarano, ma un piede di Sarah era sempre incastrato fra i motori. Intorno a loro si spandeva odore di benzina, mentre il carburante sgorgava dai serbatoi squarciati e una chiazza lucida si allargava sull'acqua. — Stiamo affondando! — gridò Sarah. Loch appoggiò la schiena contro un motore e spinse, mentre Sarah premeva i pugni sull'altro. Sentirono un suono crepitante e, guardandosi intorno, videro che il blocco batterie della cinepresa era scivolato sul ponte e si
avvicinava sempre più alla benzina. Disperato, Loch scoperchiò un motore e vi affondò le mani, poi annaspò sott'acqua alla ricerca della caviglia di Sarah e vi spalmò sopra il grasso oleoso. La creatura era sempre più vicina. Di colpo, il piede della ragazza fu libero. — Andiamo via di qui! — supplicò Sarah. Loch tirò il cordino d'avviamento del gommone, che rifiutò di partire. La creatura sollevò il muso. Le zanne della mascella superiore si levarono a formare un baldacchino mortale percorso da rivoli d'acqua. — Ci mangerà vivi! — urlò Sarah, indietreggiando sul gommone. Le fauci della creatura erano spalancate, la mascella inferiore protesa. Loch diede un finale, disperato strattone al cordino e il motore tornò in vita sibilando. Di scatto, le mascelle spaventose si richiusero, stritolando il catamarano. Il blocco batterie scintillò un'ultima volta. Stavano sfrecciando verso la Rivelazione quando l'esplosione rimbombò alle loro spalle. La cascata — Mi dispiace per la morte di quel giovane fotografo, ma chiunque diffonda informazioni sull'incidente può considerarsi licenziato — annunciò Cavenger in serata, nel tentativo di non far uscire la notizia dalla base. — Nel giro di pochi giorni riceveremo l'equipaggiamento necessario per catturare una delle creature. Ciascuno di voi riceverà un incentivo tale da permettergli di portare a termine con entusiasmo il proprio compito. — Al termine della riunione, anche chi non conosceva a fondo Cavenger si era ampiamente reso conto che la sua fragilità fisica mascherava una totale, inattesa spietatezza. Quella notte, Loch non riuscí a dormire. Restò sveglio, rivedendo davanti a sé il mostro che si avventava fuori dall'acqua, le fauci spalancate e le zanne che si chiudevano sul catamarano. Nella sua mente continuava a ripassare l'immagine di Erdon fatto a pezzi. Non riusciva a immaginare una morte più orribile. Nessuno meritava di morire cosí. Nessuno. — Nooo... nooooo... — gemette Zaidee nel sonno. Zaidee parlava nel sonno da sempre. L'anno prima, quand'era morta la mamma, aveva anche attraversato una fase di sonnambulismo. Loch sentiva un rumore, si svegliava e vedeva la sorella immobile sulla soglia, che borbottava parole incomprensibili, senza sapere dove si trovava. Il dottor Sam gli aveva raccomandato di non svegliarla mai durante una crisi, ma di
metterle un braccio attorno alle spalle e riportarla a letto. Loch si alzò nel buio e, facendosi strada fra l'ammasso di pseudomostri, andò nella stanza della sorella e s'inginocchiò accanto al suo sacco a pelo. Quando Zaidee gemette di nuovo, la scosse. — Ehi... è un sogno — disse. — Un sogno. Zaidee spalancò gli occhi e lo fissò. — Non era un sogno — precisò, stropicciandosi gli occhi. — Era un incubo... l'incubo più brutto del mondo, con una marea di pipistrelli che mi atterravano sulla faccia... e tentavano tutti di bere dalla mia bocca... e fare altre cose orribili... — Per niente carino da parte loro, eh? — sussurrò Loch, mettendole una mano sulla fronte. La mamma faceva sempre cosí, quando Zaidee aveva gli incubi. — Zaidee — le disse gentilmente — hai visto anche tu cos'è successo a Erdon. Forse ti andrebbe di parlarne? A volte è meglio... Zaidee si tirò le coperte fino al mento e si girò. — Altra salsa, su quella pizza... un sacco di salsa... — mormorò, e già si era riaddormentata. A colazione, il dottor Sam abbracciò prima Loch e poi Zaidee. Per superare quant'era successo il giorno prima, non poteva fare altro che respingere quelle immagini in fondo alla mente, seppellirle finché non fosse riuscito a vincere il senso di colpa. Aveva tentato d'insegnare ai figli a essere coraggiosi, però non era mai stata sua intenzione metterli in pericolo. Aveva già perso la moglie. Se avesse perso anche loro, non sarebbe riuscito a sopravvivere. — Nuove regole — annunciò. — Eccoci. — Zaidee alzò gli occhi al cielo. — Nessuno di voi due uscirà sul lago. Lasciate la nostra barca attraccata al molo. E la moto d'acqua sul rimorchio. Se volete pescare, fatelo dalla riva. Avete il pallone, i videogiochi e i giochi da tavolo. E non voglio — aggiunse — che veniate alla base finché Cavenger non si è calmato. — D'accordo — dissero in coro Loch e Zaidee, neanche si fossero esercitati. — E non vi farebbe male studiare un po' — concluse il dottor Sam, prendendo le chiavi della Volvo. — Abbiamo fatto parecchia matematica, questa settimana — disse Loch. — Allora aiuta Zaidee con l'ortografia — suggerí il padre. — E con la grammatica.
— Già fatto — insisté Loch. Il dottor Sam inciampò sul ciarpame sparso sul pavimento. Loch guardò il disordine e pensò alla mamma di Erdon, che aveva sempre tenuto la sua stanza in ordine e la casa avvolta nella plastica. — Cavenger ha già avvertito la famiglia di Erdon? — No — ammise il dottor Sam, ingoiando l'ultimo sorso del suo caffè mattutino. — Questa è una vera carognata — disse Loch. — Lo sapranno entro stasera. Zaidee abbracciò il padre. — Papà, come puoi lavorare per un uomo con tre palle e il cuore di avvoltoio? — Ogni tanto si divertiva a sconvolgere il padre. Al dottor Sam andò di traverso il caffè. — Zaidee, dove hai imparato un'espressione simile? — Quale espressione? — Zaidee sorrise e lanciò un'occhiata al fratello. Il dottor Sam fissò accigliato Loch, ma Zaidee prese il padre per mano. — Non preoccuparti, papà. Faremo i bravi. Cavenger sfruttò ogni minimo aggancio politico a sua disposizione, tempestando di telefonate mezzo New England. Natanti piú grossi erano in arrivo via terra dalla più vicina base della Guardia Costiera, insieme a un paio di uomini particolarmente addestrati a trattare grandi mammiferi oceanici, mentre a Providence erano state comprate reti metalliche. Nessuno sapeva quante di quelle creature si trovassero nel lago. Si pensava che la prima, e più piccola, fosse una femmina: l'avevano chiamata Bestia. La seconda, quella che aveva ucciso Erdon ed era sopravvissuta al l'esplosione del catamarano, era stata battezzata Killer. Il dottor Sam aveva avvertito Cavenger che potevano anche essercene altre. A suo parere, provenivano dal grande bacino — 435 miglia quadrate — dello Champlain: seguendo i salmoni, avevano risalito il fiume profondo che collegava i due laghi ed erano rimaste intrappolate nell'Alban quand'era stata costruita la chiusa. L'unico altro possibile luogo d'origine, per creature di simili dimensioni, era il lago George, che a sua volta confluiva nello Champlain. Da giovane, il dottor Sam c'era andato spesso a pesca insieme al padre, e sapeva che era ricco di baie e insenature incredibilmente profonde, deserte e mai scandagliate da quando, nel 1603, Samuel de Champlain aveva tracciato la prima mappa della zona. C'era perfino la remota possibilità che, da
qualche parte nello Champlain, vivesse un intero branco di quelle creature. — La sola cosa certa — aveva detto a Cavenger — è che, dai segni lasciati sul catamarano e da quanto ho visto della struttura della mascella, si tratta d'una specie di plesiosauro altamente evoluto... un animale acquatico creduto estinto da oltre dieci milioni di anni. — Non seppe trattenersi dall'aggiungere: — E non somiglia affatto a uno storione. Sarah si svegliò nella sua cabina sul panfilo, scese dal letto e si trascinò fino allo specchio del bagno. Aveva il viso graffiato e un livido sopra l'occhio sinistro aveva cominciato a gonfiarsi. Poteva andare peggio, pensò, però si sentiva come se le fosse passato sopra un carro armato. La luce mattutina che irrompeva dagli oblò le richiamò alla mente tutto quello che aveva cercato di rimuovere. Il ricordo del sangue di Erdon che le pioveva addosso le si intrufolò fra i pensieri, ma lo respinse decisa e tentò di pensare a qualcosa che fosse in grado di affrontare. Da parecchio aveva imparato questo trucco per sopravvivere: "accantona le cose sgradevoli della vita e sostituiscile con altre che vuoi ricordare." Cosí pensò ai profondi occhi verdi di Loch mentre sfrecciava verso di lei sul gommone. Loch aspettò che il dottor Sam fosse andato alla base per chiamare Sarah sul cellulare che Cavenger le aveva regalato quand'era ancora piccola. Loch ricordava il loro primo, sciocco appuntamento a Londra: avevano entrambi otto anni e il dottor Sam lo aveva portato con sé quando vi si era recato per incontrare Cavenger. Sarah si era presa una cotta per Loch e gli aveva chiesto di accompagnarla a prendere un frappé. Divertito, Cavenger le aveva permesso di usare la sua enorme limousine bianca completa di autista; e fin da allora Sarah aveva il suo telefono personale. — Pronto? — rispose la voce della ragazza. — Ciao — disse Loch. — Ti ho svegliata? Nonostante l'emicrania martellante, Sarah fu felice di sentirlo. — No. — Si strofinò la testa, come per fare affluire sangue al cervello. — Come stai? — A pezzi. E tu? — Abbastanza bene. Mi chiedevo se ti andava di fare un giro, più tardi. Sarah tornò a infilarsi sotto le coperte. — Loch, ho bisogno di restarmene tranquilla per un giorno. Non mi sentivo cosí distrutta da quell'incidente col camion in Guatemala. — Si era soltanto ribaltato — le ricordò Loch.
— Per me è stato un incidente. — La sua voce tradiva lo sfinimento. — Va bene. Ti chiamo piú tardi, d'accordo? — Grazie. — Poi si ricordò qualcosa. — Loch? — Sí? — Grazie per... — Ehi, ma figurati — disse Loch. A mezzogiorno non c'era una nuvola in cielo. Loch e Zaidee provarono a pescare sul vecchio molo vicino al caravan, ma non abboccò niente. Videro soltanto piccoli pesci luna infuriati perché le lenze smuovevano il fondale fangoso. — Mi fa male il braccio — si lamentò Zaidee. — Anche a me — ammise Loch. Lanciò un'occhiata alle acque profonde, più al largo. — E pensare che laggiù dev'essere pieno di salmoni e trote. Combattuti, guardarono la barca a fondo piatto che tracciava semicerchi ondeggianti sull'acqua, urtando gentilmente contro i pneumatici legati ai piloni del molo. — Potremmo restare dove l'acqua è bassa — suggerí Zaidee. — Saremmo al sicuro... è cosí limpida che si vede il fondo. — Meglio di no... abbiamo promesso — le ricordò Loch. La bambina riprovò a lanciare la lenza, che, nonostante i suoi sforzi, continuò a cadere lontano dall'acqua scura, dove le secche finivano e il fondale s'inabissava bruscamente. — Potremmo limitarci a costeggiare la riva — insisté. — Le secche arrivano fino alla chiusa. Ci saranno un sacco di pesci grossi, laggiù. — Abbiamo detto a papà che non l'avremmo fatto. — Ma se venisse su una di quelle creature, la vedremmo in tempo per filare a riva. Loch ci pensò su e decise che non era una cattiva idea. — Senti — le propose. — Prima ci vado io da solo, alla chiusa. Poi, se mi sembra tutto a posto, torno a prenderti. — È fuori discussione. Se mi lasci qui, una di quelle creature potrebbe saltare fuori dall'acqua e mangiarmi in un boccone. — I plesiosauri non vengono a terra. — Però potrei sempre addormentarmi e camminare nel sonno fin dentro il lago... — Va bene, lasciamo perdere — replicò Loch. Sostituí la mosca artifi-
ciale con un verme e lanciò di nuovo la lenza. Provò a lanciarla un'altra mezza dozzina di volte. Neanche un pesce decente in vista e la giornata era splendida. L'acqua profonda era ben lontana dalla riva. Nessuna creatura poteva assalirli senza che la vedessero arrivare con largo anticipo. Tentò qualche altro lancio, mentre Zaidee lo teneva d'occhio, battendo un piede sulle assi. — D'accordo — cedette infine. — Basta pescare. Potremmo fare un giro in barca tenendoci sulle secche. Ridendo, tornarono di corsa al caravan per prendere il necessario. — Prendi ciambelle e panini — disse Loch. — Io metto il ghiaccio nella borsa termica. Zaidee spalancò il frigo, prese roast-beef, prosciutto e formaggio, li infilò tra fette di pane bianco e mise il tutto nel cesto da picnic. Lasciò le ciambelle per il padre. Tanto, a lei piacevano di più le barrette di cioccolato. — Ti aspetto in barca — gridò a Loch, e poi corse fuori, il cestino in una mano e il computer portatile nell'altra. — Arrivo subito — le gridò dietro il fratello. Era in barca, e al secondo livello di Duelli, quando Loch arrivò con la borsa termica e la tenuta da sub. Zaidee lo guardò a bocca aperta. — Sei ammattito? — Probabilmente non la userò — disse Loch, battendo una mano sulla bombola d'ossigeno — ma potrebbe venirmi voglia di dare un'occhiata da vicino a qualcosa. — Non è questo il problema. Qualcosa potrebbe aver voglia di darla a te, un'occhiata da vicino! — Sta' calma. — Loch accese il motore al primo tentativo e la barca si allontanò sputacchiando dal molo. A distanza di sicurezza dalle acque profonde, cambiò rotta e lo scafo procedette parallelo alla riva. Il cielo era limpido e il lago, perfino nel punto più profondo, era di un azzurro intenso, spettacolare. In acqua c'erano più tronchi del solito, provenienti dall'estremità nord del lago: a quanto pareva, l'uragano aveva fatto traboccare il bacino artificiale di raccolta della vecchia segheria. A Loch era sempre piaciuto sfrecciare su un lago in una giornata perfetta. Quando andava al largo, la sua mente diventava un vortice di pensieri, come un gigantesco caleidoscopio. Poesie e musica gli turbinavano in mente, e a volte ricordava la madre e i tempi in cui erano ancora una fami-
glia. Negli ultimi mesi aveva cominciato a pensare alla solitudine e a cosa fare della propria vita. Tutti i problemi e tutte le domande che aveva nella mente e nel cuore sembravano cercare una risposta nella vastità del lago. Il fuoribordo tagliò un'onda, lasciandosi dietro una scia schiumosa che si aprí a ventaglio, violando l'acqua tranquilla. Loch teneva d'occhio i tronchi semisommersi e le chiazze di erbe acquatiche che, lo sapeva, potevano nascondere grossi pesci. Alti pini protendevano i rami sull'acqua, creando le fresche ombre tanto amate dai persici nei pomeriggi afosi. Intravide mulinelli improvvisi formarsi là dove il borbottio del motore aveva disturbato i giovani lucci che si crogiolavano al sole. E tutt'intorno le montagne incombevano sul lago, simili a giganti protettivi. Zaidee cominciò ad allarmarsi quando, avvicinandosi alla chiusa, Loch diminuí la velocità. Una volta lí, mise il motore in folle e si sporse fuori bordo, mentre la corrente spingeva la barca verso riva. — Che diavolo cerchi... delle dita? — chiese Zaidee. Loch immerse le mani in acqua e cominciò a muoverle, guidando la barca verso la riva dove la prima bestia era stata intrappolata e aveva spezzato la rete. Nella limpida acqua bassa vide chiaramente i segni lasciati sul fondo da quella lotta frenetica. C'erano brandelli di rete incastrati fra le rocce, frammenti ondeggianti che puntavano verso riva come sospinti dalla risacca. Alzò la testa per osservare la chiusa, una robusta struttura d'alluminio e acciaio a meno di cento metri dalla riva. — Voglio andare a terra — disse Zaidee. — Buona idea. — Loch liberò la barca da un letto d'alghe e diede gas, facendola schizzare in avanti e mandandola a incastrarsi sulla spiaggia. Zaidee saltò fuori e assicurò la fune d'ancoraggio a un albero. — Si mangia? — chiese. — Piú tardi — rispose Loch. Voleva controllare più da vicino quei segni sul fondo. — D'accordo. Tu pensa alla borsa termica. Prese cesto e computer, si diresse verso una larga roccia piatta che sovrastava chiusa e insenatura, e si mise a giocare a Duelli mentre il fratello portava a riva la borsa termica e cominciava a infilarsi la muta. — Ehi — disse Zaidee — c'è di nuovo quell'interferenza. — Due grosse righe nere? — Soltanto una sottile, proprio nel mezzo. — Forse è quello — disse Loch, indicando un casotto di cemento sul la-
to più vicino della chiusa. — Funzionava a meraviglia, prima. — Dev'esserci parecchio materiale elettrico, nei dintorni. Zaidee guardò il fratello che, infilate le pinne, zampettava goffamente verso l'acqua. — Se mi senti urlare — gli disse — significa che è in arrivo qualche visita sgradita. — Ricevuto! Il ragazzo sputò nella maschera per non farla appannare, controllò il flusso dell'ossigeno dalla bombola, poi si agganciò la cintura coi pesi e indietreggiò lentamente nell'acqua. Quando gli arrivò alla vita, si lasciò cadere all'indietro e s'immerse. Vicino a riva, l'acqua era fredda e cristallina. Con un colpo di pinne, si slanciò verso i graffi sul fondo ghiaioso. Da tempo aveva escogitato uno stile di nuoto subacqueo che non aveva mai visto usare da altri: protendeva le braccia unite, poi curvava a coppa le mani e le spingeva all'indietro, scalciando contemporaneamente con le lunghe gambe robuste. Non era uno stile ortodosso, ma rapido e d'effetto, e ormai si sentiva a proprio agio sott'acqua come sulla terraferma. Le tracce sul fondo cominciavano più o meno a dodici metri da riva, e Loch le segui senza perdere di vista il muro d'acqua tenebrosa, una trentina di metri più in là. Perfino i sassi piú grossi erano stati smossi dalle convulsioni della bestia... e poi, proprio lí accanto, notò qualcosa che dalla barca non aveva visto. C'era una seconda serie di tracce vicino alle prime, meno profonde, meno energiche. E si dirigevano verso riva, fiancheggiate da altri brandelli di rete, frementi come piccole anguille marrone strapazzate dalla corrente. Loch li segui. Dapprima pensò che a produrli fosse stato il collo del plesiosauro, sfregando sul fondo mentre l'animale lottava per liberarsi, ma in breve si rese conto che erano troppo lunghi e si allontanavano troppo. Il sospetto che fossero stati provocati da un'altra creatura, piú piccola, gli si affacciò alla mente proprio mentre avvertiva la spinta della corrente... una forza gentile alle sue spalle che lo sospingeva verso riva. Guardando davanti a sé scorse un'ombra sotto una sporgenza rocciosa e, quando fu abbastanza vicino da rendersi conto che era l'ingresso d'una stretta caverna, era ormai troppo tardi. La corrente l'aveva catturato. Tentò di opporvisi, scalciando e nuotando con tutte le sue forze, ma fu inutile. La corrente aumentò, sbatté la bombola d'ossigeno contro i sassi, lo incalzò più veloce, più
rude. Si aggrappò a una roccia, ma il flusso gli strattonò le gambe, la cintura coi pesi gli sfregò lo stomaco e la pietra cedette. E finalmente, incapace di resistere oltre, fu risucchiato dentro l'angusto foro buio. Il suo corpo roteò e fu sballottato qua e là, la bombola d'ossigeno urtò contro pareti invisibili, e poi l'acqua guadagnò velocità e lo trascinò su una specie di scivolo che ricadeva ad angolo retto. Lottò per mantenere la maschera sul viso, per non farsi strappare di bocca il respiratore, sempre proteggendosi la testa con le braccia. Gli sembrò di aver percorso sottoterra la lunghezza di un intero campo da calcio, prima di rivedere la luce. La galleria si allargò e la corrente smise di sbatterlo contro le pareti rocciose. Quando riuscí a tirare la testa fuori dall'acqua, si rese conto che stava attraversando una caverna e che la luce del sole filtrava da un varco sul lato della volta cristallina. — Ehi! — urlò, costeggiando le sponde ripide del fiume sotterraneo. Le sue grida furono accolte dalle strida d'uno stormo di pipistrelli che s'innalzarono roteando verso la sommità della cupola, e poi la corrente lo trasportò rapida fuori dalla grotta, in un'altra tenebra. Nella successiva caverna intravide la terra erosa sopra di lui, e notò che quanto restava del soffitto era costellato di luccicanti stalattiti rosse e bianche. Nude radici d'albero scendevano striscianti lungo le pareti, come grossi serpenti tortuosi. Infine, l'acqua irruppe fuori dalla caverna e in un paesaggio meno esotico: quello delle montagne del Vermont. Loch si rilassò. Il fiume era stretto ma rapido, forte e profondo come un torrente da trote. E poi, mentre annaspava verso le canne e i cespugli della riva, senti un suono basso, agghiacciante, un rombo già sentito durante altre spedizioni. Si aggrappò a una radice di betulla che sporgeva da una sponda ripida, sputò il boccaglio e si sfilò la bombola d'ossigeno e la cintura coi pesi. Ma la radice cedette. Vide avvicinarsi il bordo... il precipizio. E poi fu trascinato oltre il ciglio della cascata e cominciò a cadere. D'istinto chiuse gli occhi. Senti il tonfo quando toccò l'acqua e il crepitio di bolle mentre veniva sballottato da un violento idromassaggio subacqueo. Trattenne il fiato per quella che gli sembrò un'eternità. Poi di colpo, come se fosse stato spazzato via da un'ondata oceanica, il tumulto si placò. La sua testa riaffiorò in superficie, e Loch si ritrovò in un limpido laghetto scintillante sotto la cascata. Il richiamo
Sfinito, nuotò a riva, si trascinò fin sopra una lastra di granito e si tolse le pinne. Aveva bevuto parecchio e gli ci volle un po' per riprendere fiato. Di sicuro, sua sorella lo stava già cercando. Si guardò intorno per capire dove fosse finito e, osservando meglio la cascata, vide una cresta familiare e il retro del casotto di cemento. — Ehi! — gridò. — Ehi, Zaidee! Dovette chiamarla un altro paio di volte prima che Zaidee riuscisse a capire da dove proveniva la sua voce e, scalato il poggio, desse un'occhiata oltre la chiusa. — Che fai, laggiú? — strillò, felice di rivedere il viso sorridente del fratello. In effetti era un po' che lo cercava, ma senza preoccuparsi troppo: Loch era più che in grado di badare a se stesso. — Vieni giù! — Va bene, arrivo! La bambina raccolse cibarie e computer, scese il sentiero ripido che costeggiava il fiume e tagliò verso il laghetto. Solo quando fu più vicina notò il volto arrossato del fratello e la mancanza dell'attrezzatura subacquea. — Hai fatto un capitombolo? — gli chiese, indicando la cascata. — Non solo... sospetto che l'abbia fatto anche qualcun altro. — Le descrisse la serie di tracce più piccole. — Forse sono di un castoro o di una lontra. — Forse. — Non so tu, ma io muoio di fame. — Zaidee si sedette sulla lastra di granito e aprí il cestino. — Roast-beef, o prosciutto e formaggio? — Niente, per ora. — Scrutando il laghetto, Loch individuò la sua maschera e la bombola d'ossigeno, e s'infilò di nuovo le pinne. — Non vorrai tornare là dentro, eh? SPLASH. — Sei tutto matto! — gli gridò dietro Zaidee. Il ragazzo recuperò la maschera al primo tentativo, e subito dopo la bombola. Probabilmente non avrebbe piú rivisto la cintura zavorrata, ma pazienza! Si rimise in fretta l'attrezzatura da sub e si rituffò, lasciandosi dietro una scia di bolle gorgoglianti, per dirigersi verso la parete ribollente che la cascata formava piombando nel laghetto. Di fianco a quel caos crescevano a grappoli rigogliose piante acquatiche, ninfee dagli steli enormi e radici che, simili a tentacoli, si protendevano ad ancorarsi fra le rocce. Loch raggiunse il fondo e puntò verso il giardino subacqueo, scivolando
fra le luci e le ombre di quel bizzarro paesaggio acquatico. Fu allora che senti la musica. O, almeno, questa fu la sua prima impressione: un suono in sordina, una specie di canto ultraterreno, fioco e malinconico come la melodia d'un violoncello lontano. E poi intravide un movimento brusco nel folto delle piante acquatiche, e seppe di non essere solo sul fondo del laghetto. Ma, prima di avvicinarsi ancora, doveva provvedere alla sua maschera che cominciava ad appannarsi. Si fermò e, facendo forza coi piedi contro i sassi del fondo, risali in superficie riaffiorando davanti alla lastra di granito. — Trovato qualcosa? — gli chiese Zaidee, impegnata a masticare un panino e giocare a Duelli. Loch si tolse la maschera. — Non ne sono sicuro. — Lo schermo va sempre peggio — si lamentò la bambina. — La riga nera sembra ammattita. Vuoi mezzo panino al roast-beef? — No, grazie. — Sputò dentro la maschera e sparse la saliva sulla plastica con le dita. — Ehi! — Zaidee fece una smorfia. — Non vedi che sto mangiando! Loch si rimise la maschera e, con una mezza capriola, si rituffò verso il fondo del laghetto. Senti di nuovo quella musica strana, fioca, e di nuovo si avvicinò alle piante acquatiche. Stavolta intravide la macchia scura che si slanciava dietro una roccia: era grande piú o meno come una foca. Ben sapendo che perfino le foche possono mordere, se s'invade il loro territorio, con un abile colpo di pinne si librò al di sopra della roccia. Il suono di violoncello si mutò di colpo in un ronzio minaccioso. Quando abbassò lo sguardo, gli mancò il fiato e non riuscí a pensare altro che: mio Dio! Proprio sotto di lui c'era la nera schiena ossuta di quello che sembrava un giovanissimo plesiosauro. Il lungo collo della creatura si sollevò verso l'alto, verso di lui, e Loch si ritrovò a fissare la miniatura del muso terrificante di Killer. MMMMMMM... Il ronzio diventò un ringhio. Da un momento all'altro, intuí Loch, quella bocca poteva spalancarsi e la piccola belva avventarglisi alla gola. Lentamente si spostò fino a poggiare le pinne sulla roccia. Gli occhi gialli rimasero inchiodati su di lui, ma il ronzio calò di tono, facendosi più sommesso e meno minaccioso. Loch vide le ferite sulle pinne scanalate e sul
corpo della creatura, e capí che doveva essere rimasta intrappolata con la madre nelle reti e poi trascinata dalla corrente fino alla cascata. E adesso era bloccata lí, ferita e stordita. Aveva lo stesso sguardo triste di un coyote che, una volta, aveva visto uscire zoppicando da un canyon devastato da un incendio. Il ronzio cessò. Loch si calò pian piano lungo la roccia, fino a trovarsi di fronte alla creatura. — Buono, amico... sta' buono — bisbigliò attraverso il boccaglio, riducendo al minimo il rivolo di bolle generate dalla bombola d'ossigeno e lasciando le parole riverberarsi dal fondo della cassa toracica: un trucco che gli aveva insegnato il padre quando avevano avvicinato le tartarughe marine sulla barriera corallina. Il muso bitorzoluto si sollevò. — Buono... cosí... buono... — ripeté Loch, allungando appena appena la destra come per accarezzare uno strano cane. — Da bravo, piccolo... Le membrane che coprivano gli occhi si sollevarono di scatto, rivelandone tutta la grandezza, mentre la creatura s'impennava e si slanciava in avanti, spalancando le fauci ed esibendo i denti seghettati. Piú volte, come un cigno demoniaco, si slanciò contro Loch senza mai toccarlo, ma facendolo ruzzolare all'indietro. Il ragazzo s'irrigidí, il cuore in gola, mentre quei denti temibili scattavano a poca distanza dalla sua faccia. Finalmente gli attacchi cessarono: la creatura richiuse la bocca e si allontanò lentamente da lui. "Non vuole farmi del male" pensò Loch sbalordito, concedendosi un respiro di sollievo. Un centimetro dopo l'altro, si allontanò dalla creatura e si raddrizzò. Poi il piccolo plesiosauro cominciò a emettere un suono nuovo: una specie di ticchettio, simile a quello d'un sonar, che lentamente si mutò nell'affascinante musica ultraterrena. — Canti quando ti senti al sicuro — mormorò Loch. — Quando ti fidi di qualcuno... Non aveva parole per esprimere le proprie emozioni, ma sapeva di trovarsi davanti a qualcosa di raro e prezioso. Dandosi una spinta contro il fondo, risali lentamente in superficie, riaffiorando vicino a Zaidee. — Dammi un panino! — le gridò, sputando il boccaglio. — Di' "per piacere". — Per piacere.
— Roast-beef, o prosciutto? Loch le strappò di mano quello al roastbeef, si rimise il boccaglio e tornò a immergersi. — Ehi! — strillò Zaidee, vedendo il panino sparire sott'acqua. Quando vide Loch tornare sul fondo, la creatura ricominciò la sua musica. Lentamente il ragazzo le tese il panino che si disintegrava, lasciando galleggiare frammenti di pane e di carne. Rapida, la testa della creatura scattò all'indietro e poi in avanti, ancora e ancora, finché del panino non restò una sola briciola. — Hai fame, eh? Nel laghetto non doveva esserci molto da mangiare... forse un po' di granchi e di pesci luna catturati dalla solita corrente, certo non abbastanza per un giovane plesiosauro in piena crescita. Cautamente, tentando d'imitare i suoni e il ritmo della musica che proveniva dalla creatura, Loch le avvicinò una mano alla testa e fece scorrere gentilmente le dita sulle nodose placche del cranio. — Ti serve un nome — mormorò, senza smettere di accarezzarla. Però un nome "umano", tipo Dan o Steve, non gli sembrava adatto; ricordò che avevano chiamato sua madre Bestia, ma nemmeno "Figlio di Bestia" gli suonava giusto. Quando, per un momento, interruppe le carezze per sistemarsi meglio la maschera, la creatura parve delusa e spinse la testa in avanti fino a incontrare di nuovo la sua mano. Loch ricominciò ad accarezzarla, ma, quando tentò di smettere, la creatura tornò a infilare la testa sotto le sue dita. — Non ti basta, eh? — rise il ragazzo. Quando poi fece per allontanarsi, la creatura lo segui. — Sei un furbone — disse Loch. — E mi sa che vuoi un altro panino. Torno subito, d'accordo? Cominciò a nuotare verso la superficie, ma voltandosi vide la creatura seguirlo senza sforzo, sospinta dalle pinne possenti. — Che ne dici, di questo? — rise Loch, eseguendo una capriola all'indietro fra un crepitio di bolle. La creatura lo raggiunse e si mise a girargli intorno. A quanto pareva, aveva capito alla perfezione che era un gioco e, insieme, cominciarono a vorticare e caprioleggiare gioiosamente sott'acqua. Zaidee sapeva che presto la riserva d'aria del fratello sarebbe finita, costringendolo a riemergere. Si sporse sul laghetto e lo osservò entrare e u-
scire dall'ombra insieme a qualcosa che sembrava una grossa lontra: si sarebbe detto che giocassero ad acchiappino. Quando infine Loch si decise a risalire, la creatura lo segui fin quasi in superficie, per poi sparire fra le piante acquatiche. La testa di Loch spuntò vicino allo scoglio. — Che bestia era? — gli chiese Zaidee. — Qualunque cosa sia, mi manda in tilt Duelli. Il fratello uscí dall'acqua. — Bisogna vederlo, per crederci — ansimò. — C'è un altro panino? — Ne è rimasto mezzo con prosciutto e formaggio. — Tienilo sull'acqua. Dev'essere certo che sei una amica. Zaidee fece una smorfia. — Non sono amica di quella cosa! — Dài, non sei curiosa? — Le mise in mano il panino. — Basta che ti veda gettarlo in acqua. — Sai che emozione. Papà mi lasciava nutrire le lontre alle Galápagos quando avevo tre anni. — Fallo e basta! La tenne stretta mentre si stendeva sulla roccia e metteva il panino in acqua. L'aveva appena lasciato andare che la testa della creatura saettò in superficie, scagliando in aria panino e prosciutto. Mentre il cibo ricadeva in acqua, Zaidee non riuscí a vedere altro che una macchia vorticosa di zanne scrocchianti. Urlò come un'ossessa finché la creatura finí di mangiare, richiuse la bocca e restò a fissarli tranquilla dal bordo del laghetto. — È orribile — disse Zaidee. — Hai ragione — ammise Loch. — È brutto come il peccato, ma è tutto nostro! Invasione A Zaidee non ci volle molto per vedere al di là dei denti voraci e del muso orribile, e rendersi conto di quanto eccezionale, strabiliante fosse la creatura che avevano trovato. La nutri con tutto quello che avevano a disposizione, cioccolato incluso. — Gli piace il cioccolato — disse. — È un buongustaio. Loch rise. — Secondo me, preferirebbe un bel salmone grasso. — Poi, tornato serio, continuò: — Non devi parlarne a nessuno, intesi?
— Neanche a papà? — A lui sí, certo, ma se lo scoprisse Cavenger... quanto ci vorrebbe prima che lui avesse il suo nome su una targa e la creatura finisse impagliata e sotto vetro in qualche museo? Nuotarono e giocarono insieme alla creatura per tutto il pomeriggio, ma infine arrivò l'ora di tornare a casa. — Dobbiamo andare, ora — disse Loch; e, quasi che il pensiero appena formulato dal ragazzo le fosse penetrato nella mente, la creatura cominciò a emettere suoni rapidi e malinconici. CLICK CLICK... CLACK CLICK CLACK... — Che sta facendo? — esclamò Loch. — Non vuole che ce ne andiamo — disse Zaidee. CLICK CLACK... CLICK... — Sa che stiamo per lasciarlo di nuovo solo — disse ancora Zaidee, dandogli un'ultima carezza. — Torneremo — promise Loch. La creatura nuotò avanti e indietro nel laghetto, sollevando la testa per guardarli finché sparirono oltre la cresta. Nel tempo che ci volle per tornare alla barca, Loch trovò il nome adatto per la creatura, mentre Zaidee levava l'ancora, spingeva lo scafo lontano dalla riva e tornava a sedersi. — Microbo — disse Loch, tirando il cordino del fuoribordo. — Che te ne pare? Zaidee ci rimuginò su, mentre il motore si accendeva tossendo. — Mi piace. — Aggiudicato, allora. — Loch mise il motore al massimo e puntò verso il centro del lago. Gli alti pini a nord proiettavano ombre smisurate sulle secche, rendendo più difficile individuare i tronchi galleggianti. — Papà sarà furioso, quando saprà che abbiamo preso la barca — disse Zaidee, preoccupata. — Non quando vedrà Microbo. Zaidee aprí il computer e richiamò Duelli sullo schermo. — Anche ieri il gioco raccoglieva i suoni delle creature... e prima che apparissero sugli schermi sonar. Come mai? — Be', questo è un computer — le ricordò il fratello. — Forse il fatto di contenere i 580 megabyte di Duelli lo trasforma in una specie di ricevitore sonar. — Cos'è un megabyte? Hai promesso che un giorno mi avresti insegnato
tutto sui computer. — Non credo che un giorno basterà. Comunque, volevo dire che forse lo schermo registra i suoni delle creature. Forse sono simili a quelli emessi da balene e delfini... onde sonore capaci di viaggiare nell'acqua, riverberarsi in superficie e proseguire nell'aria. Chissà? — Ora non ci sono interferenze — disse Zaidee, tenendo d'occhio l'acqua profonda. Giunti a riva, legarono il battello al molo, lasciarono l'attrezzatura nel caravan e s'incamminarono sulla carrozzabile per cercare un passaggio verso la base. Vedendo una malconcia Toyota venire verso di loro, Loch le rivolse un cenno: solo quando l'auto si fermò, si resero conto che alla guida c'era Jesse Sanderson, il custode della segheria. — Non ci salgo — bisbigliò Zaidee, mentre il fratello apriva lo sportello. — Probabilmente è ubriaco come al solito. — Dov'è che andate, ragazzi? — chiese Jesse, spalancando la bocca per esibire gli incisivi d'oro. Meglio fargli dire qualcos'altro, pensò Loch, per rendersi conto se aveva già fatto il pieno. — Salve, signor Sanderson. Siamo venuti a trovarla alla segheria con nostro padre, ricorda? Dopo averli scrutati ben bene, Jesse tolse il fucile dal sedile accanto a lui e lo mise sul lunotto posteriore. — Oh, già — disse, la pancia rotonda strizzata contro il volante. — Vi interessava quello che ho visto nel lago... e io ve l'ho detto. Un affare con una testa grossa come un barile, sissignore, grossa come un barile... — È sobrio. — Le labbra di Loch si mossero silenziose verso Zaidee, mentre il ragazzo si sedeva accanto a Jesse. — Può portarci alla base? — gli chiese. — Lieto della compagnia. Con una smorfia, Zaidee salí accanto al fratello e sbatté la portiera. Jesse rimise in moto e l'auto avanzò lentamente sulla strada. — Visto qualcosa nel lago, ultimamente? — domandò Loch, cercando di scoprire quanto sapesse l'uomo. Tutti al campo sapevano che era un ladruncolo, e se lo trovavano fra i piedi di continuo, che cercava di ficcare il suo nasone rosso negli affari della spedizione. — Non direi — rispose Jesse. — Che ci fa, da queste parti? — s'informò Zaidee. — Ero a corto di provviste e sono andato a rifornirmi.
Voltandosi, Zaidee scorse una mezza dozzine di casse di birra oscillare nel retro. Quando arrivò al cancello principale, Jesse restò allibito vedendo che il campo brulicava di nuove reclute. Il rombo metallico dei motori riempiva l'aria, mentre un gruppo di uomini sudati completava l'installazione di un alto recinto metallico sormontato da filo spinato. — Che diavolo succede? — domandò alla guardia. — Vi preparate per una guerra? L'uomo esibí un sorriso falsamente cordiale. — Niente di speciale. Ci prepariamo per un'altra operazione, domani. — Ma va' — commentò Jesse, come se gliene importasse. In realtà, gli interessavano solo una pila di legname e un paio di grosse cassette porta utensili. Meglio tornare a casa, pensò, bersi un paio di birre e tornare a vedere che cosa si poteva sgraffignare. Loch e Zaidee lo ringraziarono per il passaggio, saltarono giú e oltrepassarono il cancello. Dappertutto c'erano uomini che montavano nuove strutture e sistemavano macchinari; un elicottero militare costeggiò il lago e atterrò in una nuvola di polvere. Individuarono John Randolph su una jeep. — Ha visto nostro padre? — gli gridò Loch. — È sulla Rivelazione — gridò lui di rimando. Loch e Zaidee andarono verso il molo. I motopescherecci erano stati tirati a riva, e i marinai erano occupati a tirar fuori da due camion lucide reti metalliche e a sistemarle sui grossi rocchetti rugginosi. Sulla sinistra dell'idrovolante, parecchie dozzine di uomini aiutavano a sospingere in acqua una barca lunga e snella. — E quella che cos'è? — chiese Zaidee. — Si direbbe una motosilurante — rispose Loch. Ne aveva viste di simili in un documentario televisivo sulla Seconda Guerra Mondiale, e sapeva che erano famose per la loro velocità; alcune erano ancora usate dai guardiacoste per dare la caccia ai trafficanti di droga. Quando raggiunsero la confusione del molo, Zaidee lo prese per mano e lo segui sulla passerella che portava al panfilo. Trovarono il padre nella sala controllo insieme a Cavenger, Emilio e tecnici vari. — Papà — chiamò Loch dalla soglia. Il dottor Sam, intento a calibrare i registratori grafici, alzò sorpreso lo sguardo. Anche Cavenger li vide.
— Li mandi via — ordinò, secco. Arrossendo, il dottor Sam andò rapido verso di loro. — Che ci fate, qui? Vi avevo detto di non venire alla base, oggi. — Dobbiamo dirti una cosa... — iniziò Zaidee. — Non ora — l'interruppe brusco il padre. — È importante... — insisté Loch. — Vi avevo detto di restare al caravan. — Il dottor Sam alzò la voce, come per dimostrare a Cavenger che non era colpa sua se i ragazzi erano lí. Loch lo capí al volo e si senti prendere dalla collera: non sopportava di vedere il padre avvilirsi davanti a Cavenger, senza avere neanche il coraggio di prendersi un minuto per parlare coi propri figli. — Papà, una cosa meravigliosa... — Zaidee tentò di trovare le parole. — Sparite e basta. All'istante! — tuonò il dottor Sam. Quasi fosse un estraneo, li spinse fuori dalla porta. Zaidee abbassò lo sguardo sul ponte, sentendosi salire le lacrime agli occhi. Erano venuti per dare al padre una notizia fantastica, e lui li trattava cosí! Loch le mise un braccio attorno alle spalle. — Spiacente di averti infastidito — disse al dottor Sam. — Non è il momento piú adatto — replicò il padre, la voce già venata di vergogna. — Mi farete licenziare. — Tornò in sala controllo e si sbatté la porta alle spalle. — Non voleva dirlo — disse Loch a Zaidee. — Sí che voleva — replicò lei. Loch continuò a tenerle il braccio attorno alle spalle. — Che ne dici di scendere a trovare Sarah? Zaidee si liberò del suo braccio e gli lanciò un'occhiataccia. — No grazie. Probabilmente avrà sbagliato la messinpiega e avrà una giornataccia. Non vorrai raccontarle di Microbo, eh? — No. Voglio solo vedere come sta. Una volta ti era simpatica — le ricordò Loch. — Non riesco a capire. Ultimamente non fai che rimbeccarla. — Perché è diventata una odiosa figlia-di-papà viziata da fare schifo, ecco perché. — Non ti sembra di esagerare? — Macché. Suo padre le dà tutto quello che vuole e lei non fa altro che collezionare borse di negozi alla moda. — E con questo? — Le tiene sempre sparpagliate nella sua stanza, con tutti quei nomi lus-
suosi bene in vista... L'anno scorso avevo una camicetta nuova cosí graziosa, ricordi?, quella col disegno di una piccola volpe. E quando l'ha vista, lei ha cominciato a ripetere: «Ma che bella volpe, oh, ma che bella volpe!» Ti ricordi? Suo padre le lascia comprare tante cianfrusaglie, che ormai non le riesce di dare più valore a niente... incluse le persone. Loch le allungò una pacca sulla testa. — Non essere gelosa. — Senti, basta che non le dici di Microbo, non chiedo altro. — D'accordo. — Promesso? — Promesso. — Bene Ti aspetto sul ponte di poppa. Loch scese le scale che portavano al ponte inferiore. Aveva bisogno di restare un momento da solo, per riprendersi dall'incontro col padre. Soprattutto gli scottava vederlo mettersi sull'attenti ogni volta che Cavenger schioccava le dita: era come se quell'uomo divorasse lentamente l'anima del dottor Sam. La seconda cabina sulla sinistra era quella di Sarah. Loch si passò le dita fra i capelli e bussò. — Chi è? — domandò la voce di Sarah. — Io. La porta si aprí e comparve Sarah, in pigiama e con l'aria assonnata. — Loch, che succede? — domandò, vedendolo cosí teso. Conosceva quell'espressione e sapeva che cosa poteva averla provocata. — Niente. — Che ci fai qui? — Zaidee e io eravamo passati a trovare papà. Lei è rimasta sul ponte. Come va? Sarah si scostò i capelli dal viso. — Questo frastuono mi sta facendo impazzire. — Lo fece entrare e chiuse la porta. — Avevo proprio bisogno di tirare il fiato. Ho avuto almeno un centinaio d'incubi su quel mostro che cercava di mangiarmi! — Ieri è stato davvero un incubo — si limitò a commentare Loch. — Si direbbe che tuo padre abbia intenzione di dare ancora la caccia a quelle creature. — Non fa che parlarne — ammise Sarah. — Ormai è una fissazione, la sua. Per lui, riuscire a catturarne una sarebbe un'incredibile rivincita contro tutti quelli che hanno riso delle sue spedizioni e teorie folli. Senti, ti va una
passeggiata? — D'accordo. — Devo solo mettermi qualcosa addosso. — Aspetto fuori. — Basta che ti volti. Loch si voltò, strusciando i piedi a disagio, mentre Sarah si toglieva il pigiama e infilava maglietta e jeans. — Ricordi quando mi mandavi in bestia fingendo di mangiare scatolette per cani? — gli chiese. — E toglievi la mozzarella dalla pizza per spalmartela sulla faccia? — Come sai che non ero Supercane? Ridendo, Sarah infilò un paio di stivaletti multicolori. — Penso che ci siano sempre piaciute le cose strane. Quando salirono sul ponte, trovarono Zaidee che leggeva una rivista. Fece una smorfia quando vide Sarah. — Ciao, Zaidee — la salutò la ragazza. — Salve. — Sogghignò alla vista degli stivaletti e tornò a immergersi nella rivista. Sarah e Loch andarono ad affacciarsi al parapetto, osservando l'attività che ferveva sul molo. — Senti... puoi procurati un'auto per domani? — chiese Loch. — Sí. Papà mi lascia sempre una delle jeep. Perché? — Devo comprare un po' di roba in città. Un veicolo blindato si fermò sul molo e, quando l'autista aprí il portello posteriore, videro rastrelliere cariche di fucili di grosso calibro; Randolph, già sul posto con un fascio di fogli, cominciò a distribuire agli uomini armi e munizioni. Sarah si staccò dal parapetto e si diresse verso prua. — A che serve l'artiglieria? — le chiese Loch, mentre lo scafo riprendeva a vibrare sotto i colpi di martello. — Nessuno può voler uccidere un plesiosauro. Chiunque vorrebbe studiarlo. E un'occasione unica. — Raccontalo a Erdon — replicò Sarah. Loch tornò a sporgersi dal parapetto per guardare i lavori in corso a prua. Un operaio protetto da robusti occhialoni sollevò una fiamma ossidrica; altri uomini stavano assicurando al ponte un enorme lanciarpioni e, lí accanto, c'erano le sue munizioni: mostruose frecce d'acciaio capaci di abbattere un leviatano. — Secondo papà — disse Sarah — non c'è bisogno di prenderlo vivo: basta anche solo una pinna, un pezzo qualunque, per provare che creature del genere esistono.
Il sorvegliante Solo, nel suo comodo appartamento sopra la rimessa delle barche, Jesse Sanderson si alzò e andò a prendere un'altra birra in cucina. Davanti alla vetrata del soggiorno si fermò a guardare il tramonto e le prima dita della foschia notturna che strisciavano sull'acqua. Era in una notte come questa che aveva avvistato la creatura nel lago... la creatura con «la testa grossa come un barile», stando a quello che aveva raccontato nei bar della zona. La notte dell'avvistamento aveva bevuto più del solito, ma era sicuro d'avere visto qualcosa... se poi fosse una spaventosa creatura preistorica, o un alce che nuotava al largo, questo non gli importava. Soltanto una cosa gli importava: che niente e nessuno gli facesse perdere l'impiego e quella casa confortevole. In qualità di sorvegliante guadagnava ventottomila dollari l'anno: quanto bastava a riempirlo di birra e denti d'oro, diceva sempre. Paradossalmente, il suo compito consisteva nel controllare che la segheria non lavorasse. In un'epoca di correttezza politica e pressioni ecologiste, il proprietario della segheria veniva pagato profumatamente per tenerla chiusa, in modo da favorire la riproduzione di pesci e anguille. La chiusa era il fiore all'occhiello del governatore e, finché la segheria fosse rimasta inoperosa e in condizioni perfette, lo stato avrebbe continuato a sborsare quattrini. A Jesse piaceva vivere da solo. Era cresciuto in solitudine. Detestava gli animali da compagnia... forse perché, da piccolo, era stato morso da un dobermann e aveva dovuto subire due settimane d'iniezioni antirabbiche. La sua antipatia per gli animali lo aveva reso un cacciatore abile col fucile e con le trappole, e aveva contribuito ad aumentare il suo reddito mensile. La vasca di raccolta dei tronchi e il suo affluente pullulavano di castori, e Jesse piazzava parecchie trappole per volta. Quando faceva il giro delle bettole locali, si divertiva a ripetere che il suo unico amico del cuore era il fucile. Aprí la lattina di birra, la sesta del pomeriggio, tolse la cena dal microonde e tornò a sedersi sulla sua poltrona preferita, di fronte alla vetrata. Aveva appena acceso la tivù per vedere le notizie, quando senti di nuovo i suoni. Da molto tempo aveva imparato a ignorare i rumori abituali: lo sciabordio delle onde, il tonfo delle barche contro i pneumatici legati alle palafitte del molo. Ma adesso c'erano altri suoni, identici a quelli che aveva già sentito nel corso delle ultime settimane... una specie di canto, sembrava.
Ragazzotti con una radio, aveva pensato le altre volte, e il pensiero l'aveva fatto infuriare. Stasera i suoni erano più forti, più vicini, e Jesse fu sicuro che doveva proprio trattarsi di qualche coppietta. Gli avrebbero fatto raffreddare la cena, maledizione! Sapeva che parecchi, nella zona, usavano la strada che portava alla segheria come "viale dell'amore". Ma perché i giovani dovevano essere una tale seccatura! Guardò fuori dalle finestre laterali: niente auto parcheggiate e niente fuochi da campo. Sbuffando, prese il fucile e controllò che fosse carico. La nebbia gli corse incontro mentre scendeva nella rimessa per controllare il motoscafo e la canoa: una volta aveva sorpreso un paio di ragazzini che tentavano d'impadronirsene. Gli venne da ridere, ricordando la loro faccia quando si erano trovati davanti la canna del suo fucile. Per combattere l'effetto delle birre, respirò a fondo l'aria umida e frizzante, profumata di pini e tigli. I suoni sembravano venire dal pontile. Aprí la porta della rimessa e andò in quella direzione. BUM. Sparò in aria. — Levatevi dai piedi voi e le vostre radio, ragazzacci! — strepitò verso il lago. — Vi vedo! — menti. — Ora vengo a prendervi a fucilate! Ricaricò il fucile. Di solito bastava un colpo per farli scappare a gambe levate, ma stavolta i suoni continuarono. E cambiarono, diventando una specie di basso ronzio mai sentito prima. Confuso dal frinire dei grilli fra i giunchi e delle cicale sugli alberi, Jesse si fermò e tese le orecchie. Qualunque cosa fosse, decise, non era umano... forse un insetto acquatico o un piccolo mammifero. Si rilassò. Poco ma sicuro, non aveva voglia di ritrovarsi sommerso da cartacce e battibecchi legali per aver fatto saltare la testa a qualche ragazzotto idiota. Spinse indietro il doppio cane del fucile e avanzò sulle assi del pontile, scricchiolanti e scivolose per le intemperie e gli anni. Un muro di nebbia gli marciò incontro, bloccando la visibilità a meno di dieci metri. Il ronzio aumentò. A una cinquantina di metri sulla sinistra, un persico saltò fuori dall'acqua con uno spruzzo rumoroso. Quando scorse la fine del pontile, il ronzio s'interruppe. Intravide un movimento nell'acqua. Qualunque cosa fosse, s'era immersa. Diede un'occhiata ai lati del pontile, ma non vide niente. — Ehi, voi! — gridò alla nebbia, piegandosi su un ginocchio, il fucile pronto. — Ehi, piccoli ronzatori, dove siete?
Il ronzio riprese: stavolta sembrava provenire da sotto il pontile. — Su carini, venite fuori. — Si mise prima carponi e poi supino, il fucile sempre stretto in mano, e allungò il collo oltre il pontile, pronto a sparare. Niente: soltanto le macchie di muffa e d'alghe che crescevano sulle palafitte. L'istinto gli disse di sollevare la testa e controllare alle sue spalle: niente anche lí. Restò disteso supino finché il ronzio non riprese: proveniva dall'acqua, da un punto di fronte a lui. — Dove siete? — domandò. — Su carini, fatevi vedere. — Ridacchiò fra sé, sollevando il fucile. — Su, da bravi... ho una sorpresina bell'e pronta per voi... Lo sfiorò una brezza leggera. Il banco di nebbia si spalancò, rivelando un paio d'occhi e un muso. A Jesse sembrò un piccolo alligatore... non più lungo d'un paio di metri. Conosceva bene la taglia degli alligatori, perché da giovane aveva passato un po' di tempo in Florida e, all'epoca, due metri era la taglia minima consentita dalla legge per dar loro la caccia e scuoiarli. — Eccoti, mostriciattolo — cantilenò Jesse. Qualunque bestia fosse, era piccola: sarebbe bastato un colpo solo per farla fuori. Continuò a parlarle, lasciando che ronzasse a più non posso, mentre si metteva seduto e spenzolava le gambe oltre il pontile. Sollevò il fucile con la mano sinistra, curvando l'indice della destra sul grilletto. La distanza era perfetta. Un momento ancora... La nebbia si richiuse. Accidenti! Avrebbe dovuto aspettare che tornasse il vento. Cominciò a fischiettare a tempo col ronzio, gli occhi fissi alla doppia canna del fucile, e finalmente il vento tornò e sospinse la nebbia a una decina di metri oltre la fine del molo. L'alligatore era sparito, ma ora il ronzio proveniva da entrambi i lati del pontile. Jesse si girò a sinistra proprio mentre una testa su un lungo collo nero e lucente saettava alla sua destra e gli affondava i denti in un piede. Quella vista mostruosa e il dolore si fecero strada nel suo cervello annebbiato dall'alcol, spingendolo a voltarsi a destra. E poi una seconda testa, su un secondo collo, guizzò alta a sinistra e gli arpionò l'altro piede. Con un grido di dolore e di sorpresa, Jesse sparò un colpo a vuoto e scalciò, tentando di liberarsi. Quando finalmente ci riuscí e piegò le gambe contro il corpo, nel tentativo di placare il dolore insopportabile, si ritrovò a fissare incredulo il proprio sangue che scorreva nero sul legno del pontile: i suoi piedi erano scomparsi, tagliati di netto alle caviglie. Urlando, si buttò all'indietro, lontano dal bordo; tentò di rizzarsi sui
moncherini, ma cadde in avanti e allora, folle di dolore e paura, cominciò a strisciare sul molo, lasciandosi dietro una scia di sangue. Continuava a ripetersi che, se fosse riuscito a tornare nella rimessa e a risalire le scale e a raggiungere la sua poltrona preferita e la cena in attesa, allora sarebbe stato salvo. Si sarebbe svegliato e avrebbe scoperto che tutto questo era soltanto un sogno spaventoso. Purtroppo per lui, ancora una volta le teste dal lungo collo eruppero dal lago e scattarono oltre il bordo del pontile, azzannandogli impietose i moncherini sanguinanti. Frenetico, colpi i crani ossuti col calcio del fucile e per pochi, deliranti momenti, s'illuse perfino di poter vincere. Finché un ronzio più forte non fece vibrare il suo corpo e le assi sotto di lui, e una testa enorme, simile a un'orribile luna nera, s'inarcò al di sopra del pontile. Le due creature piú piccole si ritrassero subito e, mentre fissava i giganteschi occhi gialli di Killer, Jesse seppe senza ombra di dubbio che la sua vita era giunta alla fine. La chiusa — Grazie per avermi lasciato un po' di cena — disse il dottor Sam, entrando nel cucinotto. Già diverso tempo prima, Loch e Zaidee avevano preparato una pentola di spaghetti e polpette, mettendone da parte un piatto per il padre. Il dottor Sam fece un risolino forzato, sperando che gli rendessero facile scusarsi. — Allora... che avevate da dirmi oggi pomeriggio? Sapevano che si sentiva in colpa per come li aveva trattati, ma questo non li interessava. L'unica cosa che contava era decidere se parlargli o no di Microbo. — Niente d'importante — rispose Zaidee, versandosi un bicchiere di latte e sedendosi il più lontano possibile da lui. — Qualcosa doveva pur essere — insisté il dottor Sam. — Mi dispiace d'essere stato brusco, ma Cavenger mi aveva messo sotto pressione. Sapeva di non essere un genitore in gamba com'era stata la moglie: lei aveva una pazienza sconfinata e l'abilità di mettere da parte qualunque altra cosa per ascoltare i loro problemi. — Devi sempre fare tutto quello che dice Cavenger? — sbottò Loch, sedendosi di fronte al padre. — Figliolo, ne abbiamo già discusso. — Sospirando, il dottor Sam cosparse gli spaghetti di formaggio. — So che Cavenger non ti piace e, in effetti, non piace neanche a me. Ma, anche se non è un essere umano molto
gradevole, paga i nostri conti. — Abbiamo visto i fucili e gli arpioni — disse Zaidee, togliendosi uno sbaffo di latte dal labbro superiore. — Non gli importa di ucciderli, vero? — Probabilmente no. In questo faccenda ha investito parecchi soldi e tutto il suo ego... — E tu pensi che sia tuo dovere aiutarlo... qualunque cosa voglia fare ai plesiosauri? — chiese Loch. Il dottor Sam si alzò e andò a prendere una bottiglia di birra dal frigo. — Loch, una di quelle creature ha ucciso un uomo. — Ma non sai perché. Sono rimaste tranquille e nascoste per secoli, finché Cavenger non è piombato qui con la sua flotta per catturarle. In una situazione del genere, qualunque animale cercherebbe di difendersi. — Figliolo, quelli non sono animali qualunque. — Hai ragione — interloquí Zaidee, sedendosi accanto al fratello. — Sono assolutamente incredibili e non li si vedeva da milioni di anni. — Papà — disse Loch — quelle creature potrebbero essere molto piú intelligenti di quanto pensi. Avere pensieri e sentimenti... — Questo non puoi saperlo... — Di sicuro sono esseri strabilianti e rari. Un tempo, prima che ti mettessi a lavorare per Cavenger, questo ti sarebbe bastato. — Sicuro! — concordò Zaidee. Il dottor Sam riprese a mangiare in silenzio. — Papà — riprese Loch — quando t'immergevi col batiscafo per le tue ricerche, tornavi a casa felice e raccontavi a noi e alla mamma tutto quello che avevi visto. Amavi il tuo lavoro. Scendevi fino a cento metri e vedevi cose che ti entusiasmavano per giorni interi. Non ricordi? — Sí, papà. — Anche Zaidee ricordava com'era stata felice la loro famiglia. — Hai visto vulcani sottomarini e torri di corallo nero — prosegui Loch. — E, una volta, un piovra rarissima che scivolava fuori dalla tana. Dopo, ci hai raccontato che anche lei ti aveva visto, e per l'emozione aveva cambiato colore: dal rosso al blu e poi al verde. Nella Fossa delle Marianne hai visto un pesce con la coda luminosa, ma per te non era una mostruosità: avevi detto che era come sbirciare di nascosto nel laboratorio segreto di Dio... che qualunque essere vivente, per quanto bizzarro e pauroso, aveva un suo scopo. Possibile che tu l'abbia dimenticato, papà? Il dottor Sam non aveva dimenticato. — E un tempo ridevi tantissimo — disse Zaidee.
— Sicuro — assenti Loch. — Per te, la vita era una grande avventura. Non avevi paura di Cavenger, o di perdere il lavoro, o di qualunque altra cosa. — Zaidee annui. — Ed eri molto più divertente. Il dottor Sam allontanò da sé il piatto. — Dovete capire una cosa... tutt'e due. Mi considero fortunato per aver ottenuto questo lavoro. Non ve l'ho mai detto per non farvi preoccupare, ma l'assicurazione non è bastata a coprire tutte le spese mediche sostenute per vostra madre. E poi ci sono state le spese per il funerale. Mi sono trovato davvero alle strette e sto cominciando a uscirne solo adesso. — Mi dispiace, papà — disse Loch. Zaidee prese il padre per mano. — Dispiace anche a me — disse. — Ma, papà, dobbiamo assolutamente conoscere la tua risposta a una domanda. — Sí — concordò Loch. — Ecco... supponi di avvistare una delle creature e Cavenger ti ordini di spararle. Lo faresti? Il dottor Sam si alzò e andò a gettare il resto della sua cena nella spazzatura. Finora non aveva mai mentito ai figli, e non intendeva cominciare adesso. — Sono pagato per eseguire gli ordini — disse. — Fine della discussione. Allora, cos'è che volevate dirmi, oggi pomeriggio? Zaidee e Loch si scambiarono un'occhiata. — Niente — disse Zaidee. — Già — annui Loch. — Niente. Zaidee dormiva, quando il dottor Sam andò ad augurare la buonanotte al figlio. Loch era seduto sul letto, circondato dai suoi disegni di pseudomostri, impegnato a dare gli ultimi tocchi a uno schizzo di Killer. — Niente male — commentò il padre. — Grazie. — È molto preciso. Non avevo notato questi particolari della mascella e le cavità sul muso. — Mi sa che io gli dato un'occhiata piú da vicino. Il dottor Sam si sedette sul letto e prese un altro schizzo appena finito. — Cos'è? — Niente. — Mentire al padre gli fece provare una sgradevole sensazione allo stomaco, ma sapeva di non potersi fidare di lui al punto da raccontargli di Microbo e della cascata. — Sembrerebbe un giovane plesiosauro — osservò il dottor Sam. — Visto che sono in circolazione da un milione d'anni e passa, ogni tan-
to gli sarà capitato di avere dei cuccioli. — Loch riprese il disegno. — Senti... ho visto che hanno una specie di narici, o sfiatatoi: significa che sono mammiferi, giusto? Che per respirare devono venire in superficie? — Sono rettili — lo corresse il padre — ma possono avere sviluppato un sistema di branchie ausiliarie per filtrare l'aria dall'acqua. Un tipo di rana del Sudamerica, per esempio, può restare sott'acqua tutta la vita perché è in grado di respirare attraverso la pelle. Squillò il telefono e il dottor Sam andò a rispondere dalla cucina. Loch lo udí ripetere «sí» a più riprese e capí che probabilmente parlava con Cavenger. — Che succede? — chiese, raggiungendolo. Il padre si aprí un'altra birra. — Cavenger ha ottenuto le chiavi e il codice per aprire la chiusa e vuole che domattina vada a controllarla per assicurarmi che a nessun novellino del Dipartimento Ittico salti in testa di fare un esperimento e di aprirla, in modo da permettere ai plesiosauri di tornarsene dritti nel lago Champlain. — Che c'entra la chiusa? E, tanto per cominciare, perché l'hanno costruita? — Dighe e segherie hanno già distrutto una buona metà del territorio riproduttivo dei salmoni — spiegò il dottor Sam, tornando a sedersi — ma ora, invece, si cerca in tutti i modi di convincerli a risalire i fiumi. La chiusa funziona come una specie di diga... un terreno riproduttivo creato dall'uomo. Il dottor Sam si alzò all'alba e parti sulla Volvo. Loch e Zaidee erano ancora addormentati quando, alle nove, il telefono squillò. Fu Loch a rispondere. — Pronto? — chiese, incastrandolo fra spalla e orecchio mentre si stropicciava gli occhi. — Ti ho svegliato? — chiese Sarah. — Direi di sí. Zaidee puntò barcollando verso il bagno. — È lei, giusto? — borbottò. — Ti avverto: non fidarti di una che usa zoccoli alti dieci centimetri. Loch le fece cenno di stare zitta. — Ce l'hai un'auto? — chiese al telefono. — Una jeep — rispose Sarah. — Arrivo fra poco. — Portati dietro maschera, respiratore e pinne.
— Perché? — Lo scoprirai. — Riappese, si versò un bicchiere di succo d'arancia e andò ad aprire la porta del bagno. Zaidee, la bocca schiumosa di dentifricio, lo fulminò con lo sguardo. — Non possiamo fare altro che fidarci di lei — le disse. — Abbiamo assolutamente bisogno della jeep. — Se quella peste viziata fa del male a Microbo... — bofonchiò Zaidee, sputacchiando il dentifricio nel lavandino — ... è una peste morta. Inseguimento Sarah uscí in jeep dalla base e imboccò la strada sud del lago. Andava a velocità sostenuta quando vide Loch e Zaidee venirle incontro sul ciglio della strada. Aspettò che fossero vicini e si fermò con uno stridio di freni. — Che succede? — chiese, scrutandoli al di sopra dei suoi occhiali da sole preferiti. — Prima fermata: North Alburg — disse Loch, stringendo il bordo dello sportello e saltando sul sedile accanto al suo. — Al supermercato. Zaidee individuò il marchio sulla montatura d'argento delle lenti. — Carini, quegli occhiali — commentò, piazzandosi sul sedile posteriore. — Grazie. — Sarah rimise in moto: la jeep filò rapida verso il bivio per North Alburg, poi svoltò a sinistra e cominciò a risalire la Snake Mountain. — Mi fai guidare? — chiese Zaidee, la frangetta svolazzante. Sarah lanciò un'occhiata a Loch. — Sta scherzando? — Sono capace — protestò Zaidee. — Papà mi fa guidare la Volvo. — In cerchio intorno al caravan — scherzò Loch. — È comunque guidare — ribatté la sorella. Vide una tasca di tela dietro il sedile anteriore e l'aprí. — Ehi, hai una ricetrasmittente. — Ce l'hanno tutte le jeep della compagnia — spiegò Sarah. — Forte! — Zaidee diventò subito più allegra. — Cosí posso divertirmi. — Prese la ricetrasmittente, l'accese, estrasse l'antenna e, fra un crepitio di scariche statiche, cercò un canale aperto; finalmente, la voce di un paio di camionisti risuonò forte e chiara. — Salve — disse Zaidee nel microfono, premendo il pulsante per trasmettere. — Salve. Parla Grande Z, Grande Z... Nessuno rispose. Una ventina di minuti dopo erano oltre la montagna e nella strada prin-
cipale di North Alburg. Superarono una malconcia chiesa bianca e nera con un alto campanile, un ufficio postale che funzionava anche da edicola e una stazione di servizio, puntando verso le vetrate del supermercato. Sarah svoltò a sinistra, entrò nel parcheggio e si fermò. — Che cosa devi prendere? — chiese. — Vedrai — rispose Loch, smontando dalla jeep. — Certo che vi comportate in modo strano, voi due — commentò Sarah. — Molto strano. Li segui nel supermercato. Loch s'impadroní d'un carrello e lo spinse verso il reparto ittico, dove un tizio in camice bianco era occupato a riempire un congelatore. — È lei il capo, qui? — chiese Loch. — In persona. — Ho chiamato stamattina per ordinare del pesce... ricorda? Per un momento, Sarah sospettò di avere problemi di udito. — Pesce? — Sí, pesce — ripeté con enfasi Zaidee. — Come ti ho spiegato — disse l'uomo a Loch — stasera ci arriva un nuovo carico, perciò puoi avere quello vecchio a buon prezzo. Se c'era una cosa che Loch conosceva bene, erano le varie specie di pesci d'acqua dolce e salata. — Tre persici — cominciò, muovendosi lungo il bancone con la sua ordinata esposizione distesa su un letto di ghiaccio. L'uomo prese un foglio di carta cerata, lo mise sulla bilancia e cominciò ad ammucchiarvi sopra il pesce. — Ci faranno comodo una mezza dozzina di sgombri, giusto? — chiese Loch alla sorella. — Sicuro — annui lei. — A che vi serve, tanto pesce? — domandò Sarah, perplessa. — Non ti è mai capitato di svegliarti con una gran voglia di qualcosa? — replicò Zaidee, godendosi la smorfia sul viso della ragazza. — Un paio di merluzzi e mezza dozzina di salmoni — prosegui Loch. — E un po' di calamari. Zaidee scorse uno scorfano in fondo al bancone. — E questo... assolutamente! — esclamò. Lo prese e corse a metterlo sulla bilancia. — È cosí brutto — osservò Sarah. La bambina se la godeva sempre di piú.
— E anche quello grosso laggiú — esclamò, scorgendo un enorme persico striato. Lo sollevò con tutt'e due le mani e lo passò davanti alla faccia di Sarah. — Disgustoso! — strillò la ragazza. — Va' via! Zaidee lo mise sulla bilancia, mentre Loch infilava una mano in tasca e contava i soldi che erano riusciti a racimolare unendo i loro risparmi. — Quanto viene? — domandò. — Che ne dici di quaranta pezzi per tutto? — Affare fatto. — Questa robaccia mi impesterà la jeep — protestò Sarah. — Nessun problema — la rassicurò l'uomo. Avvolse il pesce in un altro foglio di carta, lo infilò in una capiente borsa di plastica, insieme a una mestolata di ghiaccio, e ci spillò sopra lo scontrino. — Grazie. — Loch mise la borsa nel carrello e si diresse verso la cassa, mentre Zaidee aggiungeva alla spesa una scatola di mentine. Sarah aspettò di essere arrivata nel parcheggio prima di esplodere. — A che accidente serve tutto questo pesce? — Devi vederlo con i tuoi occhi — replicò Loch, mettendo la borsa sul sedile posteriore. — Guido io, va bene? Sarah gli lanciò le chiavi. — Io potrei azionare la leva del cambio — propose Zaidee. — Scordatelo — ribatté Sarah. Imbronciata, la bambina prese posto accanto alla borsa col pesce e, mentre uscivano dal parcheggio e dalla città, cominciò a succhiare mentine. Stavano ripercorrendo la strada sulla Snake Mountain, quando decise di mettere in chiaro la propria posizione. — È mio fratello che deve farti vedere qualcosa — precisò, rivolta a Sarah. — Non io. — Farmi vedere che cosa? — Abbiamo trovato qualcosa e non vogliamo farlo sapere a tuo padre — disse Loch. — Devi promettere di non parlargliene. — Insomma, vuoi dirmi di che si tratta? — Prometti di non parlarne a tuo padre! — insisté Zaidee. — Prometto. Che cos'è? — Vedrai — disse Loch. — Ooooh! — strillò Sarah. — Voi due mi farete ammattire! Quando raggiunsero il bivio per il lago Alban, Loch svoltò a destra ver-
so sud e, dopo pochi chilometri, Zaidee individuò il cartello che stavano cercando: PROGETTO PARCO ITTICO. Le ruote sollevarono una nuvola di polvere quando la jeep svoltò sullo sterrato e iniziò la salita ripida. — Lassù c'è la chiusa — disse Loch. — Quest'auto non ha grandi ammortizzatori, lo sai — gli ricordò Sarah, reggendosi gli occhiali da sole mentre la jeep sobbalzava fra i sassi. — E che c'entra la chiusa? — Mio padre dice che funziona come una diga, ma non lo è — spiegò Loch, mentre la strada costeggiava serpeggiando il fiume che usciva dal lago e scorreva verso il basso. — È più come una lunga serie di balze, di gradini sui quali scorre l'acqua. Impedisce il lavoro della segheria, e permette ai salmoni di risalire dallo Champlain. Superata l'ultima curva, scorsero il casotto di controllo. E, come Loch sperava, niente Volvo: suo padre aveva già concluso l'ispezione mattutina. — È imponente — osservò Sarah, mentre si fermavano accanto alla cascata. Loch spense il motore, scese dalla jeep e portò la borsa col pesce sul bordo del laghetto. — Mettiti le pinne — disse a Sarah. — Anch'io. — Zaidee afferrò un respiratore. — No, Zaidee — replicò Loch. — È meglio se prima scendiamo soltanto io e Sarah. Poi toccherà a te. Zaidee sgranò gli occhi. — Questa è discriminazione! — Fidati. — Loch non voleva correre il rischio di spaventare la creatura, entrando in acqua tutti insieme. La bambina tirò un calcio allo schienale del sedile anteriore e s'infilò in bocca un'altra manciata di mentine. — Cinque minuti — l'avvisò. — Non uno di più. Sarah si tolse gli occhiali da sole e li infilò nel portaoggetti. Zaidee continuò a trafficare con la ricetrasmittente mentre il fratello e Sarah si spogliavano, restando in costume da bagno. Loch prese uno dei pesci piú grossi. — Meglio cominciare con uno piccolo — gli suggerí la sorella — come aperitivo. — Hai ragione. — Loch lasciò il grosso persico e prese uno sgombro; poi, tenendolo per la coda, si sdraiò bocconi sulla lastra di granito al bordo del laghetto e lo fece dondolare sull'acqua. — Vuoi dar da mangiare alle lontre? — chiese Sarah, infilandosi le pin-
ne. — Hai trovato una famiglia di lontre, giusto? Senza rispondere, Loch lasciò andare il pesce che affondò lentamente verso il fondo limpido del lago. — Vieni — disse poi. Scivolò in acqua, si mise la maschera e s'immerse, imitato dalla ragazza. Appena sparirono, Zaidee tolse gli occhiali da sole di Sarah dal portaoggetti e li infilò, rimirandosi nello specchietto retrovisore. "Niente male" si disse. Uscí dalla jeep, tolse dalla borsa l'enorme persico striato e, reggendolo a fatica, si portò sul bordo del laghetto. — Microbo... — chiamò. — Guarda che cosa ti ho portato. Solo quando fu sul fondo del lago, Loch senti i lamenti disperati. Fra le rocce e i ciuffi di piante acquatiche non risuonava un'ossessiva musica ultraterrena, ma un suono frenetico, lacerante. Sarah indicò le proprie orecchie, per segnalare che li sentiva anche lei. Loch puntò verso la foresta di piante acquatiche, ma i suoni sembravano venire da destra. E, quando svoltarono da quella parte, videro Microbo nel tumulto formato dalla cascata che cadeva nel laghetto. La creatura strillava, senza far caso a loro, e continuava a slanciarsi verso l'alto sotto la sferza violenta dell'acqua. Sarah sbarrò gli occhi, sgomenta, con l'impressione di rivivere l'incubo del lago. Espirò di colpo la poca aria che ancora le restava nei polmoni e, dandosi una rapida spinta, risali alla superficie. Loch la segui, e insieme si issarono sulla lastra di roccia. Ansimando, la ragazza si strappò la maschera dal viso. — È questo che volevi mostrarmi! — urlò a Loch. — Questo! — È stato trascinato quaggiú dalla corrente — spiegò il ragazzo. — E mi hai fatto entrare in acqua insieme a quel mostro? — urlò Sarah, tremando. — Come hai potuto? — Non è un mostro! — protestò Zaidee. Mise giù il persico. — Ieri abbiamo nuotato e giocato insieme per tutto il giorno. Ed è molto più carino e in gamba di certa gente che conosco. Loch mise un braccio attorno alle spalle di Sarah, ma lei si divincolò. — Sai bene quello che diventerà crescendo. — Non sapevamo che ti saresti comportata come una matta — disse Zaidee, togliendosi gli occhiali scuri e scaraventandoli nel porta-oggetti. — Sarah — iniziò Loch — è una creatura fantastica... — Senti, non so te, ma a me sembra di avere ancora il sangue di Erdon sulle braccia — sbottò Sarah, dirigendosi alla jeep.
Loch l'afferrò per un braccio. — Non devi dirlo a tuo padre... Lo ucciderà! — Sembra che se la cavi benissimo ad ammazzarsi da solo. — Aspetta... Sarah raggiunse la jeep e batté per tre volte il pugno contro il parafango destro. Loch la lasciò sbollire. — Che cos'ha Microbo? — s'informò Zaidee. — È ammattito — le spiegò il fratello. — Microbo? — esclamò Sarah, incredula. — Gli avete dato un nome come se fosse un cagnolino? — Che sta facendo? — insisté Zaidee. — Piange... dei suoni terribili, come quando porti via un gattino alla mamma — rispose il fratello. — E tenta di risalire a nuoto la cascata, come se volesse tornare dalla madre... — E dagli altri mostri mangiauomini... — concluse Sarah. — È diverso, lui — disse Loch. — Forse avremmo dovuto avvertirti, ma allora non saresti mai entrata in acqua. — Stavolta, Sarah gli permise di metterle un braccio attorno alle spalle. — Scusa... — È tardi, per le scuse. — Perché non ti fidi di me? — insisté Loch. Sarah distolse lo sguardo, si scostò e tirò un altro pugno al parafango. — Fidati — ripeté Loch. — Torniamo giú. — No. — Per amor del cielo — sbottò Zaidee — non starla a pregare. — Sarah — insisté Loch, prendendola per mano — mi serve il tuo aiuto. — La ricondusse sul bordo del laghetto e le tese la maschera. La ragazza fece una smorfia, ma la prese. Anche Loch si rimise la maschera e si calò in acqua e, dopo una lunga esitazione, Sarah lo imitò. Stavolta andarono dritti verso Microbo, le cui grida sovrastavano il rombo della cascata: Loch lo raggiunse per primo, tese una mano e lo toccò. Sarah si ritrasse mentre la bestia si voltava a guardarli. — Va tutto bene, bello... tutto bene — mormorò Loch, le parole trascinate via in uno sbuffo di bolle. Gli accarezzò la testa e tentò di farlo allontanare dall'acqua spumeggiante. Fece segno a Sarah di scostarsi, di tornare verso lo sgombro che giaceva sul fondo del laghetto, e la seguí. La creatura li osservò. Loch mise il pesce fra le mani della ragazza e le fece segno di tenderlo a Microbo. Finalmente la creatura smise di gemere; lentamente, girò la schiena alla cascata e nuotò verso di loro, per fermarsi a poca di-
stanza, fissando Sarah e il pesce. Loch prese le mani di Sarah e gliele fece aprire, in modo che lo sgombro fluttuasse verso il basso. Prima che toccasse il fondo del laghetto, la testa di Microbo scattò all'indietro e poi in avanti, fra un lampeggiare di denti. Sarah urlò e indietreggiò di scatto, mentre Microbo tornava a slanciarsi in avanti finché solo pochi resti squamosi calarono a depositarsi sul fondo come fiocchi di neve. Ci vollero parecchi tuffi e parecchi pesci prima che Loch e Sarah riemergessero con Microbo al fianco. — Microbo! — gridò Zaidee, sdraiandosi sul bordo della lastra. La creatura sollevò la testa in cerca di carezze e la bambina fece rotolare in acqua il grosso persico. I denti aguzzi l'azzannarono all'istante, divorandolo in pochi secondi. — Non è carino? — chiese Zaidee a Sarah. Sarah la fissò come se fosse ammattita. — Come no. Carino è proprio l'aggettivo giusto. — Abbiamo visite — disse Zaidee al fratello, gettando a Microbo un altro pesce. — Dove? — Lassú. — La bambina gli indicò la cresta. — Va' a sentire. Sono riuscita a sintonizzarmi sulle loro trasmissioni. Sembra che si stiano concentrando su qualcosa. Loch e Sarah uscirono dall'acqua e si tolsero le pinne. Loch aveva temuto che prima o poi Cavenger avrebbe fatto controllare le rive del lago, ma non cosí presto. Dal lago, più in alto, calarono verso di loro voci di uomini, il ruggito di motori fuoribordo, tonfi nell'acqua. — Continuate a dar da mangiare a Microbo — ordinò Loch, rovesciando il pesce sulla roccia. — Io vado a controllare. Scalzo, corse fino al sentiero di pietrisco e argilla che costeggiava la chiusa e cominciò ad arrampicarsi verso il casotto. Via via che saliva, i suoni e le voci si fecero piú forti e, giunto in cima alla cresta, li vide. La motosilurante era ancorata al largo, esattamente dove Loch aveva visto i graffi sul fondo. Due pescherecci piú piccoli gironzolavano là intorno, con John Randolph e il capo sommozzatore impegnati a urlare istruzioni a una mezza dozzina di multicolori uomini rana che si stavano immergendo. Altre urla si levarono dalla riva, nascosta da pini e folti cespugli, e Loch capí che avevano trovato la tracce piú piccole e il torrente sotterraneo. Ridiscese più in fretta che poté.
— Che succede? — gli chiese subito Sarah. — C'è Randolph coi sommozzatori — rispose ansimando Loch. — Fra poco saranno qui. Dobbiamo portare via Microbo. Lui e la sorella guardarono Sarah, speranzosi. — D'accordo — cedette la ragazza — che dobbiamo fare? — Lo carichiamo sulla jeep... — No — l'interruppe Zaidee, indicando la collina. — Guarda! Una scia di polvere si stava sollevando dalla stretta pista tortuosa: un'altra jeep della compagnia, con sopra altri uomini di Cavenger, veniva verso di loro. Lo sguardo di Loch passò dalla chiusa al laghetto. La creatura teneva la testa fuori dall'acqua e sbuffava allegramente, fissando la pila di pesce e calamari. Loch raccolse un merluzzo e glielo tese. — Su, bello, vieni. — Cominciò a girare intorno al laghetto e verso il canale di deflusso, e Microbo lo segui a nuoto. Loch gli lanciò il pesce. — Non è abbastanza profondo per lui — gridò Loch. — Dobbiamo aiutarlo. Si tuffò e raggiunse Microbo che stava divorando gli ultimi brandelli del merluzzo azzurro, poi puntò i piedi contro il lato del canale e tentò di sollevarlo per farcelo entrare, ma la creatura era troppo scivolosa e pesante. Zaidee e Sarah accorsero in suo aiuto, facendo scivolare cautamente le braccia sotto le pinne frontali. Microbo non sembrò farci caso: continuava a sbuffare allegramente e a guardare con desiderio il mucchio di pesce. Finalmente, riuscirono a tirarlo fuori dal laghetto e a metterlo nel canale. Un grido proveniente dall'alto richiamò la loro attenzione e, alzando lo sguardo, videro un primo sommozzatore che veniva trascinato dalla corrente e scaraventato nella cascata, subito seguito da altri due. Loch continuò a spingere Microbo, sempre aiutato da Sarah e Zaidee. Dopo un po', il canale divenne più profondo e ripido e riuscirono a far spostare la creatura piú in fretta. — Lascialo — ordinò Loch alla sorella. — Cerca di trattenerli! Afferrando al volo, Zaidee si voltò e tornò alla jeep, mentre Sarah e Loch scivolavano con la creatura nell'acqua profonda fino ai polpacci, in cima alla chiusa. I sommozzatori riemersero nel laghetto e, quand'ebbero recuperato la loro attrezzatura e guardarono a riva, non videro altro che una ragazzina coi capelli alla maschietta su una jeep della compagnia. Teneva i piedi sollevati e incrociati, e mangiucchiava mentine. — Ciao — li salutò Zaidee. — Vi state facendo una bella nuotata? I sommozzatori raggiunsero a nuoto il bordo del laghetto e uscirono dal-
l'acqua. — Chi c'è qui con te? — chiese imperioso uno dei due, vedendo l'attrezzatura subacquea bagnata nel retro della jeep. — Un paio di amici. Facciamo un picnic. — Zaidee sorrise. — Sono appena andati a cercare legna. Volete una mentina? Gli uomini notarono il mucchio di calamari e pesci. — E quelli? — Sapete come si dice — replicò pronta Zaidee. — Cos'è un picnic senza un buon pesce arrosto? La voce ruggente di Randolph calò su di loro: scendeva di corsa il sentiero, stringendo una ricetrasmittente e indicando qualcosa piú a valle. — Prendeteli! I sommozzatori si voltarono e videro Loch e Sarah che percorrevano sguazzando il canale della chiusa insieme a una strana creatura nera, e partirono all'inseguimento. Al secondo gradino della chiusa l'acqua era alta fino al ginocchio: quanto bastava perché Microbo potesse muoversi accanto a loro come una foca. Loch continuava a incalzarlo. — Non preoccuparti, bello, ce la faremo. Continua cosí. Te la caverai. Ma gli ultimi gradini sembravano lontanissimi. Senza fermarsi, Sarah si guardò alle spalle. — Arrivano! — urlò. Loch si voltò e vide i sommozzatori. Altri uomini scendevano di corsa il sentiero, dietro a Randolph. Loch riusciva soltanto a pensare che se Microbo avesse superato l'ultimo gradino, forse la corrente avrebbe potuto trasportarlo sano e salvo fino al lago Champlain. I sommozzatori guadagnavano terreno. — Sono sfinita! — gridò Sarah. Sul finire del quarto scalino, l'acqua diventava più profonda e, incanalata tra pareti d'acciaio, precipitava sul gradino seguente, un paio di metri più in basso. Microbo non poteva farcela: tentò di voltarsi e di tornare indietro, ma, unendo le loro forze, Loch e Sarah riuscirono a sollevarlo di nuovo e infine, sbattendo freneticamente le pinne frontali, la creatura atterrò con un tonfo sullo scalino successivo. — E questo cos'è? — gridò Sarah quando lo raggiunsero, fissando il bianco incresparsi dell'acqua davanti a loro. — Rapide artificiali — gridò Loch di rimando. — A me sembrano autentiche! — ansimò la ragazza, lottando contro la corrente.
— Guarda! — gridò Loch. Di là dell'ultimo scalino, un battello carico di uomini armati risaliva la corrente. Evidentemente Cavenger aveva inviato un secondo gruppo a valle e Randolph doveva averli chiamati con la ricetrasmittente. Erano in trappola. Alla cascata, Zaidee stava sempre sul sedile posteriore della jeep e succhiava mentine, mentre Randolph strepitava, cercando di scoprire che cosa fosse quella creatura nera e che cosa stessero combinando suo fratello e Sarah. — È una lontra — rispose Zaidee — una vecchia, grossa lontra mutante. — Più Randolph urlava, più l'attenzione della bambina si concentrava su due cose: i suoi compagni in trappola e le chiavi della jeep, infilate nell'accensione. La seconda jeep della compagnia frenò stridendo accanto a Randolph e quattro uomini robusti in tuta ne scesero per unirsi all'inseguimento. La faccenda stava diventando sempre più sleale, pensò Zaidee. Quando poi un elicottero militare sorvolò rombando la cresta, la bambina decise che questo era il colmo. Un massacro puro e semplice. Randolph si mise a urlare ordini nella ricetrasmittente, mentre l'elicottero si librava su di loro fra mulinelli di polvere. Zaidee aspettò che nessuno la tenesse d'occhio, poi sgusciò sul sedile di guida, girò la chiavetta dell'accensione e innestò la marcia. Randolph si voltò. — Ehi! —strillò. — Addio! — gridò Zaidee. Schiacciò l'acceleratore: per un momento le ruote girarono a vuoto ma poi, mentre alcuni uomini si slanciavano a fermarla, fecero presa e la jeep schizzò sulla strada polverosa, scendendo il pendio a rotta di collo. Più in basso, Loch e Sarah si erano fermati; era inutile proseguire e inutile tornare indietro: i sommozzatori e gli uomini di Randolph convergevano su di loro dalla chiusa e dal sentiero, e quelli sul battello bloccavano la fuga a valle. — Mi dispiace, bello — disse Loch a Microbo. Sentendo quei rumori estranei, la creatura aveva cominciato a tremare. — Non possiamo fare qualcosa? — gemette Sarah. — Non credo — disse tristemente Loch. All'improvviso si sentí uno stridio di freni sulla riva sinistra, e un jeep si fermò slittando, in una nuvola di polvere. — Muovetevi! — gridò Zaidee. Loch, Sarah, perfino Microbo, si voltarono, sorpresi da quell'arrivo inat-
teso. — Andiamo! — gridò Loch. Avanzarono sguazzando nell'acqua fino alla lastra di cemento che costeggiava la riva, poi Sarah si arrampicò su una serie di pioli, reggendo Microbo per il collo, mentre Loch lo sollevava più che poteva, lottando contro la spinta della corrente. Vedendoli in difficoltà, Zaidee saltò fuori dalla jeep e, spenzolandosi oltre l'argine, afferrò una pinna della creatura. Gli uomini sul sentiero li avevano ormai quasi raggiunti e la seconda jeep, con sopra Randolph, scendeva veloce la collina. E finalmente i loro sforzi congiunti riuscirono a tirare Microbo fuori dalla chiusa e a issarlo sul retro della jeep. Loch schizzò al volante e ingranò la marcia, mentre Sarah e Zaidee tenevano ferma la creatura. Tre degli uomini di Randolph arrivarono di corsa dal sentiero e tentarono di aggrapparsi alla jeep proprio mentre partiva. Fulminea, la testa di Microbo scattò all'indietro e poi in avanti, con un terrificante schiocco di denti. Gli uomini urlarono e si ritrassero. La jeep guadagnò velocità, percorse a razzo le ultime curve e si slanciò sull'asfalto della strada sud. La jeep inseguitrice era stata distanziata, ma d'un tratto il gigantesco elicottero comparve dal nulla e la sua ombra calò su di loro come quella di una grande vespa scura. Tramonto L'elicottero si abbassò fin quasi a sfiorare il tetto della jeep e da un altoparlante scaturí una voce aspra che sbraitò loro di fermarsi. Finalmente la strada curvò, infilandosi sotto il riparo ombroso di pini e betulle. — Sarà già una fortuna arrivare al caravan — disse Loch. — Poi saremo con le spalle al muro. — Il lago! — gridò Zaidee. — Dobbiamo almeno riportarlo nel lago! La creatura emetteva suoni forti e chiari. CLICK CLICK... CLACK CLICK CLACK... — Che cos'ha? — chiese Sarah. — Fa cosí quando capisce che stiamo per lasciarlo — spiegò Zaidee. — Vorrebbe restare con noi. CLICK CLACK...
Quando la jeep inseguitrice svoltò per puntare verso il caravan dei Perkins, Randolph aveva già avvertito per radio l'elicottero di atterrare nel campo lí vicino, e ora sei uomini armati si stavano dirigendo verso i tre ragazzi fermi sulla riva del lago. — Ehi! — gridò Loch. — Questa è proprietà privata! — Dov'è? — chiese Randolph, avvicinandosi a controllare la jeep. — Gliel'ho spiegato che era soltanto una lontra — disse Zaidee, sostenuta. — Una lontra mutante. — L'abbiamo rimessa nel lago — rispose Loch. — Perlustrate la zona — ordinò Randolph agli uomini: una metà si sparpagliò sul molo e sulla riva, e gli altri si diressero verso il campo. Randolph si rivolse a Sarah. — Sappiamo che cos'era. Ma che ci faceva, lei, con quella creatura? — Dov'è mio padre? — ribatté Sarah. — Per strada. — Randolph si voltò e si diresse rapido verso il caravan. — Ehi! — gridò Loch. — Stia alla larga da lí! Ignorandolo, Randolph entrò nel caravan col fucile spianato. Quando Loch lo raggiunse, aveva già attraversato il disordine del soggiorno e stava percorrendo lo stretto corridoio buio che portava sul retro. Vide una porta chiusa e ne abbassò la maniglia. — No! — urlò Loch. — Quella è camera mia! Randolph aprí la porta di scatto. — AAAAAAAA! — La testa orripilante dello pseudomostro gli schizzò contro a fauci spalancate, circondata dalle facce ringhianti di un'altra dozzina di mostri. Randolph aprí il fuoco: e aveva esaurito tutti i colpi prima di rendersi conto di aver distrutto una buona metà della collezione di Loch. Disgustato, il ragazzo alzò le mani al cielo. — Idiota! — urlò. — Idiota all'ennesima potenza! — e uscí dal caravan, mentre suo padre e Cavenger arrivavano sulla Volvo. — Cos'è successo? — chiese il dottor Sam, che aveva sentito gli spari. Loch scrollò le spalle e si sedette sugli scalini del caravan. — Randolph ha appena fatto fuori la mia stanza da letto. Mentre il dottor Sam conduceva l'interrogatorio, Cavenger si allontanò dalle urla e dalle accuse, il sole che traeva scintille dalla sua testa calva, e scrutò intento il lago coi piccoli occhi infossati. Loch, Zaidee e Sarah restarono fedeli alla loro storia: erano andati alla chiusa per dare da mangiare a una lontra e avevano temuto che Randolph e
i suoi uomini le sparassero. — Non era una lontra — continuava a ripetere Randolph. — Non ha importanza — decretò infine Cavenger. — Qualunque cosa fosse, la prenderemo domani. — Si voltò verso il dottor Sam. — Andiamo. C'è del lavoro da finire, alla base. Fece salire Sarah sul retro della Volvo, mentre lui saliva sul sedile anteriore. Il dottor Sam si mise al volante e accese il motore, ma prima di partire abbassò il finestrino per una battuta di commiato a Randolph. — Sta' fuori dalla mia proprietà. — La tua proprietà? — sghignazzò Cavenger. — Sono io che pago gli affitti, qui. Come al solito, il dottor Sam non ribatté. La jeep si allontanò. Randolph e i suoi uomini se ne andarono subito dopo, lasciando soli Loch e Zaidee. La bambina andò a sedersi sul molo, là dove avevano calato Microbo nel lago, e cominciò a piangere. Loch le si sedette accanto. — Non piangere, Zaidee. Non dobbiamo cedere. — Domani acchiapperanno Microbo — replicò lei. — Lo uccideranno. — No. Dev'esserci qualcosa che possiamo fare. Dobbiamo riflettere... — Microbo potrebbe essere ancora qua intorno... — Se la caverà, vedrai. Sono sicuro che troverà sua madre. — Domani li acchiapperanno tutti — singhiozzò Zaidee. — Microbo finirà arpionato, o preso in quelle reti di metallo, oppure gli spareranno, e morirà. Lo sguardo di Loch si spinse oltre le secche, verso il limite dell'acqua profonda; le ombre dei pini si allungavano sul lago mentre il sole si abbassava dietro le montagne. — Hai ragione — disse. — Microbo potrebbe essere ancora qua intorno. Devo controllare. Zaidee smise di piangere. — Vuoi uscire in barca? — No. — Si voltò e risali il pendio, dirigendosi verso la moto d'acqua. Zaidee lo rincorse. — Vengo con te. — No. Se incontrassi uno di quelli grossi, avremmo... qualche problema. — Non andare — lo supplicò Zaidee. — È troppo pericoloso. — Non preoccuparti. — Aprí il lucchetto a combinazione e spalancò il portellone del rimorchio. Saltò dentro, sollevò il telone, spostò la moto sulla piattaforma mobile e la calò a terra. Zaidee lo aiutò a spingerla verso il
lago. — Vado a prenderti una cosa — disse Zaidee, correndo verso il caravan mentre Loch riempiva il serbatoio della moto, attingendo alla riserva della barca. Ormai anche le ombre delle montagne si stendevano sul lago, e il cielo fiammeggiava degli sgargianti rossi e gialli del tramonto. Zaidee tornò di corsa. — Ecco — disse, dandogli il computer portatile. — Con questo saprai se è nei dintorni. — Le mancò la voce. — O se c'è qualcos'altro. — Fantastico. — Loch aprí il computer, lo accese e, dopo aver richiamato Duelli sullo schermo, lo sistemò sul sedile dietro di sé: doveva girarsi per guardarlo, ma era meglio di niente. — Grazie. — Accarezzò i capelli della sorella, mise in moto e si allontanò dal molo. — Sta' attento — gli gridò dietro Zaidee. Loch attraversò lentamente le secche e puntò verso l'acqua nera. Sapeva di avere ancora una decina di minuti di luce. Si era levata una brezza leggera da nord, e bioccoli di foschia notturna già si formavano al centro del lago. Si voltò a controllare lo schermo: niente interferenze. Al largo la brezza era più forte e agitava le onde, striandole di bianco. Loch vide un tronco galleggiare alla sua sinistra e un altro a destra. "Come mai tanti tronchi?" pensò. Ormai, quelli usciti dal bacino di raccolta durante la tempesta dovevano essere finiti a sud. Continuò ad avanzare lentamente, chiamando: — Ehi, bello, è tutto a posto... Dove sei, bello? — Accese il faro e scrutò l'acqua davanti a sé. — Va tutto bene, Microbo... I cattivi se ne sono andati... Sterzò bruscamente per evitare un altro tronco, e di colpo il motore si spense. Lo riaccese, ma, appena innestò la marcia, tossi e si spense di nuovo. Conosceva i sintomi. Significava che un ramo o un ciuffo di alghe erano finiti nella presa d'aspirazione: non gli restava che calarsi in acqua e ripulirla. — Che schifo — borbottò, mentre si assicurava che la chiave fosse girata e il motore spento. Prima di calarsi nella profonda acqua scura, gelida anche in piena estate, controllò lo schermo: niente interferenze. Battendo i piedi e aggrappandosi al predellino con la mano sinistra per tenere la testa fuori dall'acqua, annaspò sott'acqua con la destra, alla cieca, per trovare quello che aveva intasato la presa. Le sue dita incontrarono
qualcosa. Tirò forte. Una parte cedette e, alla luce del faro, riconobbe il gambo frondoso d'una pianta acquatica. Lo gettò lontano e tornò a frugare sott'acqua. Stavolta toccò una specie di viluppo soffice, come un ammasso di sottile erba lacustre. Qualunque cosa fosse, era incastrato a fondo. Finalmente, a forza di tirare il viluppo si allentò e cedette. Pesava più del previsto e, incuriosito, il ragazzo lo sollevò verso il fascio di luce del faro. Dapprima lo credette un pallone saturo d'acqua, forse smarrito da un bambino e rimasto impigliato fra le erbe lacustri, ma poi... Con un urlo, Loch scaraventò lontano la spaventosa testa di Jesse Sanderson e, facendo forza sul predellino, si issò rapidamente a bordo. E notò una linea seghettata, sempre più grossa, attraverso lo schermo del portatile. Senza esitare, premette il pulsante d'avvio. SPUT, SPUTTT. Il motore tossi, ma si rifiutò di partire. Spense il faro, per concentrare sull'accensione la piena potenza della batteria. Era buio, ormai, e lo schermo del portatile brillava sinistro nell'oscurità. Premette di nuovo il pulsante e il motore gorgogliò e sputacchiò. Odore di benzina. Aveva ingolfato il motore. Doveva aspettare un secondo. L'interferenza riempiva lo schermo. Era troppo buio per vedere, ma Loch senti uno sciabordio davanti a sé e il veicolo ondeggiò. La sua mano si mosse verso l'interruttore: batteria o non batteria, doveva sapere che cosa aveva di fronte. L'interruttore scattò e un fascio di luce trapassò la notte, illuminando una massa nera simile a una piccola isola, sormontata dalla testa imponente e dai minacciosi occhi gialli di Killer. Loch s'irrigidí, con la sensazione che il cuore stesse per scoppiargli. Provò a dirsi che il plesiosauro non l'avrebbe attaccato, a meno di sentirsi minacciato. — Ehi, bello — balbettò, mentre il muso di Killer si avvicinava alla moto. — Buono... Killer urtò la moto e cominciò ad aprire la bocca: una fenditura smisurata, bordata da pugnali aguzzi. Di nuovo Loch si disse che, se non avesse fatto movimenti improvvisi, la creatura l'avrebbe risparmiato; ma poi l'istinto trionfò e la sua mano strisciò verso l'avviamento. — Vai! — urlò, spingendo a fondo il pulsante. Il motore ruggí. In una frazione di secondo, mentre la testa enorme scattava all'indietro, Loch ingranò la marcia, fece compiere alla moto un mezzo giro e sfrecciò via pro-
prio mentre le fauci spalancate si slanciavano verso di lui. Spinse la moto a piena potenza, gli occhi fissi sulle luci del caravan e del molo, senza osare voltarsi verso i suoni alle sue spalle. Ancora poche centinaia di metri alla riva. Si accorse di puntare contro un tronco e lo evitò con una brusca sterzata. Adesso era abbastanza vicino da vedere Zaidee sul pontile. — Svelto! — gli urlava. — Ce l'hai dietro! Ancora cento metri. Loch si curvò in avanti per offrire meno resistenza al vento. — Piú svelto! — gridò Zaidee. Un tronco enorme gli si parò davanti. Impossibile evitarlo. Trattenendo il fiato, strinse spasmodicamente il manubrio mentre la moto colpiva il tronco e balzava verso l'alto e ripiombava in acqua sollevando uno spruzzo violento. Era sulle secche, ormai. — Ce l'hai ancora dietro! — urlò Zaidee. Loch si voltò e, atterrito, vide la creatura balzar fuori dall'acqua, ruggendo, e sfrecciare verso di lui sospinta dalle pinne possenti. Si guardò intorno alla ricerca di un'arma... il computer! Lo afferrò e lo lanciò. Le zanne si richiusero schioccanti, facendo esplodere schermo e custodia. I resti del portatile volarono sopra la testa del ragazzo. — O mio Dio — gemette Zaidee, correndo sul pontile. La moto schizzò sulla riva. Loch smontò all'istante e risalí di corsa il pendio con la sorella. Ci misero parecchio a rendersi conto che la bestia s'era fermata ed era tornata in fondo al lago. Notte Zaidee dormiva, quando il dottor Sam tornò a casa. Per evitarle altri incubi, Loch non le aveva detto di aver trovato nel lago la testa di Jesse Sanderson. E nemmeno l'avrebbe detto al padre. Non c'era bisogno — non ancora — che altri sapessero cos'era successo all'ubriacone locale. Le creature erano già abbastanza odiate. A mezzanotte, una falce di luna si era alzata sopra le montagne, e ogni pericolo sembrava sbiadire di fronte alla vasta bellezza del lago. Loch rimase sveglio ad aspettare il padre, guardando dalla finestra la distesa di stelle sparpagliate sul velluto cupo del cielo settentrionale. Soltanto le grida fievoli di uccelli lontani spezzavano il silenzio della notte. — Che diavolo è successo, oggi? — domandò brusco il dottor Sam ap-
pena mise piede nel caravan. Prese una bottiglia di birra e si sedette nel cucinotto vicino al figlio. — Perché non mi hai detto cosa avevi trovato? — Eri troppo occupato. — Non continuare a rinfacciarmelo. — Abbiamo trovato quello che ho disegnato... un giovane plesiosauro. Era questo che volevamo dirti, ieri. — Un cucciolo? — Si. Il dottor Sam bevve un sorso di birra, assimilando l'informazione e chiedendosi cos'avrebbe fatto se l'avesse saputo. — Be', hai sentito Cavenger. Non ha più importanza, ormai. — Vuole ucciderli, giusto? — Spera di catturarne uno vivo. — Non è vero e lo sai anche tu. — Io... — Papà, per prendere viva una delle creature piú grandi servirebbe un equipaggiamento speciale, ma Cavenger non ha intenzione di perdere altro tempo e denaro. Ha caricato la Rivelazione di fucili e arpioni. E i piccoli moriranno nelle reti. Lo sai benissimo! — Non so... Loch batté un pugno sul tavolo. — Lo sai! — Non svegliare tua sorella. — Devo parlarti — disse Loch; si alzò e uscí all'aperto. Il dottor Sam prese la birra e lo segui, raggiungendolo vicino al lago. — La creatura che ho trovato ieri era ferita e atterrita — riprese Loch. — Zaidee e io gli abbiamo tenuto compagnia e giocato con lui, e cominciava a fidarsi di noi. Non è una delle tante truffe che fanno vendere i giornalacci di Cavenger. È reale. È vivo. Ed è intelligente, papà. — È una bestia preistorica... — Ti dico che sono molto piú d'un branco di mostri. Il piccolo emette suoni... una specie di musica. Piange e prova dolore. Quelle creature cercano soltanto di sopravvivere. La vita non significa niente per Cavenger, ma significava qualcosa per te, papà. Deve significarlo ancora! — Tu e Zaidee significate qualcosa per me... — Allora non startene lí a guardare mentre li massacra e li impaglia per qualche stupido museo. Questo lago custodisce un tesoro immenso... possibile che tu non lo capisca?
— Figliolo, non capisco perché cerchi di difendere quelle bestie. So di avere costretto te e tua sorella a una vita troppo vagabonda... non avete avuto la possibilità di farvi molti amici... — Smettila, papà! Non mi stai ascoltando. Ti prego, smettila di dire sciocchezze... — Ma come...? — iniziò il dottor Sam, confuso. Loch fece per allontanarsi, ma poi girò sui tacchi e tornò ad affrontare il padre. — In teoria, Zaidee e io dovremmo prendere esempio da te, ma non è cosí: è come se tu non esistessi piú, come se ti fossi svenduto pezzo per pezzo. — La voce gli tremò, mentre indicava il lago. — Noi ne abbiamo salvato uno. Ti sto dicendo che hanno emozioni e intelligenza. Almeno cerca di guadagnare tempo per verificare quello che noi già sappiamo. Tu pensi che sia impossibile imparare qualcosa da quelle creature, ma ti sbagli... — Senti, tu sei un ragazzo... — Papà, ci sono delle creature fantastiche intrappolate là fuori e tu vuoi aiutare Cavenger a distruggerle. — Io mi limito a lavorare per lui. — Ma tu sei un adulto! — urlò Loch. — Dovresti fare la cosa giusta, tu! Il dottor Sam fissò a lungo il lago. — Mi dispiace, Loch — disse alla fine, e cominciò a risalire il pendio verso il caravan. Loch gli corse dietro. — Hai i codici della chiusa. Potresti aprirla... permettere loro di tornare da dove sono venute. — Non posso. — Sí che puoi. — No. — Significa che non vuoi. — Non essere impertinente, figliolo. Le dita del ragazzo si curvarono in un pugno. Il dottor Sam lo vide, e vide lo sguardo negli occhi del figlio. Senza aggiungere altro, si voltò e aprí la porta del caravan ed entrò, lasciando Loch solo nella notte. Il dottor Sam parti per la base prima dell'alba e, dato che Loch e Zaidee stavano ancora dormendo, lasciò loro un biglietto: Buongiorno!
Vi prego, abbiate cura di voi stessi e tenetevi fuori dai guai fino al mio ritorno. Vi compenserò di tutto,promesso! Campeggio. Una dozzina di nuovi video-giochi. Nuotate coi delfini. Una vera vacanza. Quello che volete. Con affetto, papà — Oggi è il gran giorno — lo salutò la guardia al cancello, e il dottor Sam gli lesse l'eccitazione negli occhi. — Esatto — replicò, e passò oltre. Parcheggiò vicino al molo, scese e andò verso la Rivelazione, fendendo la folla di marinai e tecnici. L'eccitazione della caccia permeava l'aria, e motoscafi simili a scarafaggi indaffarati facevano la spola fra il molo e i pescherecci. La motosilurante aveva preso il posto dei battelli più vecchi e leggeri, e un paio di scafi metallici di quasi otto metri erano stati portati fin lí via terra dal lago Champlain. Il dottor Sam segui sulla passerella del panfilo una lunga cassa grigia appena scaricata da un camion corazzato, sorvegliato a vista. Cavenger era in sala controllo. — Eccola, finalmente! — disse mentre la cassa veniva appoggiata alla parete vicino alla porta. L'atmosfera in sala controllo era decisamente allegra, mentre Emilio e Randolph tiravano fuori l'artiglieria pesante: una mezza dozzina di fucili automatici, un lanciagranate e parecchi fucili subacquei a proiettili esplosivi. Il dottor Sam si guardò intorno. — Abbiamo abbastanza esplosivo da far saltare mezzo lago. — Useremo solo il necessario — replicò Cavenger. Emilio controllò il lanciagranate. — Usavo un aggeggio cosí, nell'esercito. — Quando? — s'informò il dottor Sam. — Vent'anni fa? Randolph infilò un caricatore in un fucile automatico. — E come andare in bici — disse. — Proprio come andare in bici. Quella mattina, Loch aveva sentito il padre alzarsi e trafficare nel cucinotto, e aveva provato l'impulso di andargli a chiedere scusa per il suo scoppio d'ira della sera prima. Invece restò a letto, fissando i resti degli pseudomostri e la luce del sole che filtrava dai fori dei proiettili nella parete. Quando senti la Volvo allontanarsi, andò a versarsi un bicchiere di succo
d'arancia e lesse il biglietto del padre. Poi, scalzo e in pigiama, camminò verso il lago e strada facendo raccolse una manciata di ciottoli. Si sedette sul bordo del molo a fissare l'immobile superficie cristallina e lanciò i ciottoli in acqua a uno a uno, osservandoli cadere con uno spruzzo e formare cerchi che si allargavano lentamente. Da qualche parte, là fuori, c'erano Microbo e le creature gigantesche. — Oggi cercheranno di uccidere Microbo e gli altri, vero? — domandò la voce di Zaidee. Loch si voltò e vide la sorella che, ancora in camicia da notte, gli veniva incontro con in mano una ciotola di cereali e un cucchiaio. — Sí — rispose. Avrebbe potuto mentirle, ma a che scopo? Cavenger, lo sapeva, avrebbe massacrato tutte le creature piuttosto che farsele sfuggire. La bambina gli si sedette accanto e immerse i piedi in acqua. — Microbo è in gamba. Non sanno quanto. — No, non lo sanno — assenti Loch. — E se lui è solo un cucciolo, pensa quanto saranno in gamba i grandi. Una lunga ombra scura scivolò dall'acqua nera nelle secche limpide. Loch restò immobile, pietrificato, e Zaidee si alzò di scatto. — Oh — disse Loch — è solo un tronco. — Già. Un altro tronco. Loch fissò la sorella. Di colpo, era completamente sveglio. Saltò su e corse verso il caravan. — Ehi... pensi quello che penso io, giusto? — strillò Zaidee, inseguendolo. Una volta dentro, Loch afferrò il telefono e formò il numero di Sarah. Squillò più volte prima che la ragazza rispondesse. — Sei matto? — La voce assonnata di Sarah uscí dal ricevitore. Sapeva che soltanto Loch avrebbe avuto il coraggio di chiamarla a quell'ora. — Devi andare sul panfilo con tuo padre? — domandò brusco il ragazzo. — No. — Bene. — Per quando ti serve la jeep? — gemette Sarah. — Non la jeep. Una barca. — Ne hai già una. — Una più grande — replicò Loch. — Penso di sapere dove sono nascoste le creature.
La squadra di ricerca salpò alle dieci del mattino. La Rivelazione era in testa, affiancata dalla motosilurante con a bordo un nuovo fotografo giunto in volo da Londra e da due motopescherecci, le reti metalliche già distese in acqua. Quando costeggiarono la sponda sud, il dottor Sam alzò lo sguardo dagli zigzag inchiostrati dei registratori grafici per guardare le sagome immobili di Loch e Zaidee che, fermi sul molo, osservavano passare la flotta. Mentre fissava il proprio riflesso nel vetro, gli sembrò di sentire le parole che Loch gli aveva rivolto la sera prima. — Seduto — gli ordinò Cavenger. — Scusi — mormorò il dottor Sam. — Oggi diventeremo famosi — declamò Cavenger, crogiolandosi nel luccichio guizzante degli schermi sonar. Gli tremavano le mani mentre si sporgeva dalla sedia di comando, guardando Emilio e Randolph. Entrambi sorrisero e annuirono. — Stavolta siamo pronti — disse Emilio. — Giusto — assenti Randolph. Haskell, al timone, teneva gli occhi fissi davanti a sé. Avevano superato la segheria da dieci minuti quando sugli schermi apparve il primo ticchettio significativo. Ormai, perfino Cavenger aveva imparato a riconoscere la differenza fra un castoro, o un tronco, e la loro preda. — Eccolo — disse, la voce tremante d'eccitazione. — È in profondità — confermò il dottor Sam. — Molto sotto di noi. In quel baluginare di luci, Cavenger sembrava uno spettro. — Sta risalendo! Date l'allarme! Randolph andò all'altoparlante. — Avvistamento effettuato! Tutto l'equipaggio ai propri posti! Gli addetti al lanciarpioni prepararono la loro attrezzatura a prua, mentre una mezza dozzina di uomini armati prendeva posizione sul ponte. Emilio diede l'allarme via radio, e un'altra dozzina di uomini armati si mise in posizione sull'intero perimetro della motosilurante. — È quello grosso — disse Cavenger, controllando il segnale. — Sí, è grosso — confermò il dottor Sam. — Che profondità? — chiese Emilio. — Duecentoquaranta metri — disse il dottor Sam, mentre i secondi scorrevano rapidi. — Duecentoquaranta... duecentodieci... centonovanta... BIP BIP BIP...
— Centocinquanta e si avvicina... BIP Le mani di Cavenger si strinsero intorno ai bordi dello schermo principale. — È nostro... — La rete non servirà — disse il dottor Sam. — No — replicò Cavenger senza staccare lo sguardo dal sonar, come un mago che scruta in un calderone. — Però gli faremo saltare la testa. Prendiamo la carcassa del primo, e poi pensiamo agli altri. Il dottor Sam si dimenò sul sedile. Il segnale sonar scomparve a novanta metri. — Che succede? — urlò Cavenger, scollandosi dagli schermi per guardare il dottor Sam. — Che fine ha fatto il segnale? — Sparito — fu la risposta. Cavenger scattò in piedi e andò a controllare le registrazioni grafiche. — Recuperatelo! — ordinò. — Il sonar è a posto — disse il dottor Sam, perplesso. — La creatura è scomparsa. — Una bestia di quelle dimensioni non può sparire — ruggí Cavenger. Qualcosa urtò il battello, abbastanza forte da far perdere l'equilibrio al fragile Cavenger, ma Emilio lo sostenne prima che cadesse. — Cos'era? — chiese Cavenger. — Abbiamo urtato qualcosa — rispose Haskell, nervoso. Provò ad accelerare. — L'elica non gira. — Di' a tutti di tenersi pronti — ordinò Cavenger a Randolph, che si affrettò a obbedire. Il capo della spedizione tornò a rivolgersi ad Haskell. — Insomma, che diavolo succede? — urlò. — Qualcosa che non va nell'albero dell'elica — rispose Haskell. — Credo che abbia ragione — assenti Emilio. — Siamo bloccati in mezzo al lago... è questo che volete dire? — sbraitò Cavenger. — Avremo urtato un tronco... — La voce del capitano Haskell s'incrinò davanti alla furia di Cavenger. — Possiamo sistemare l'elica, ma qualcuno dovrà immergersi. Cavenger si voltò verso Randolph. — Sei tu l'ingegnere subacqueo. Valla a sistemare! — Signor Cavenger — replicò Randolph in tono rispettoso — avevamo qualcosa sul sonar. Una di quelle creature è da qualche parte qui attorno.
— No che non c'è — ribatté Cavenger. — Sam ha detto che è scomparsa... giusto, Sam? — Sul sonar non c'è — ammise il dottor Sam. — Il che vuol dire che se n'è andato, giusto? — insisté Cavenger. — A meno che non parli a vanvera, naturalmente. — Se n'è andato — rispose il dottor Sam, a disagio. — Ottimo — concluse Cavenger. — E dato che tu saresti l'illustre oceanografo, puoi tenere compagnia a Randolph sott'acqua. La tana dei plesiosauri Dopo che la flottiglia fu passata, Loch e Zaidee volsero lo sguardo al ramo est del lago e, finalmente, videro un battello solitario sfrecciare verso di loro: un vecchio motopeschereccio, con Sarah al timone. — Vedi — disse Loch alla sorella. — E venuta. — Ancora non mi fido di lei — replicò Zaidee a denti stretti. — E poi è soltanto un peschereccio malmesso. — Sarebbe meglio che tu restassi qui — disse Loch. — Neanche parlarne. — Zaidee, sarebbe più sicuro... — Senti, la tua vita potrebbe dipendere da me. Non permetterò che la rischi insieme a una figlia di papà senza un briciolo di fegato. Quando ti servirà aiuto, se la farà addosso. — Avrai altri incubi... — Microbo ha bisogno di me! — Zaidee pestò un piede. Sarah mise il motore in folle e si avvicinò al pontile, sospinta dalla rincorsa e dal vento. Loch afferrò la corda d'attracco e Zaidee saltò a bordo. — Non è un battello molto veloce — si scusò Sarah — però è più grande del tuo. — Partecipava alla ricerca l'altro giorno, vero? — chiese Loch, salendo a bordo e spingendo il peschereccio lontano dal pontile. — Sí, ma l'hanno scartato quand'è arrivata la motosilurante. La scelta era fra questo e un motoscafo di otto metri con una falla. Loch prese il timone e innestò la retromarcia: le doppie eliche fecero schiumare l'acqua dietro di loro, trainandoli lontano dal pontile. Giunti al margine dell'acqua nera, raddrizzò il battello e puntò attraverso il lago. — Dove andiamo? — chiese Sarah. — Alla segheria.
— Perché? Ormai non poteva più tacere. — Preferisco non darvi i particolari, ma la notte scorsa ho trovato la testa di Sanderson nel lago. Inoltre, qualcosa sta gettando i tronchi fuori dal bacino di raccolta. — Hai trovato la testa di Jesse Sanderson? — disse Zaidee, gli occhi sgranati. — Oh, che schifo. — I dettagli rivoltanti a più tardi. — Spinse il motore al massimo e, con un ruggito, il retro del battello s'immerse in acqua, provocando un'onda enorme e sollevando la prua sopra la linea dell'orizzonte. — Farà dieci, forse dodici nodi — gridò, sovrastando il rumore. — Non male. — Lieta che sia di tuo gradimento — ribatté Sarah, passandogli un braccio attorno alla vita. Zaidee fece una smorfia. — Ma che carino. — Come fai a sapere che cos'è carino e cosa non lo è? — ribatté Sarah. Zaidee le mostrò la lingua e andò a ispezionare il contenuto di una cassa posta al centro del battello: un rotolo di corda, un'arrugginita attrezzatura per la pesca a traino e una mezza dozzina di giubbotti salvagente incatramati. Scelse il più pulito e lo infilò, poi andò a prua per dare un'occhiata all'equipaggiamento elettronico. Il sonar era stato portato via, lasciando un foro sbadigliante nel pannello, ma sulla destra vide una vecchia ricetrasmittente. — Almeno hanno lasciato la radio — commentò. Loch tagliò dritto attraverso il lago: voleva risparmiare tempo e inoltre, andando a quella velocità, non pensava che qualche creatura avrebbe avuto tempo o voglia di occuparsi di loro. Di una cosa era convinto: quelle bestie avrebbero attaccato solo se qualcuno le avesse aggredite per primo. — Attento alle secche — gli raccomandò Sarah, mentre si avvicinavano alla riva nord. Loch esegui un'ampia curva a sinistra, poi si raddrizzò e prosegui costeggiando il limite delle acque profonde. — Ecco la segheria — gridò d'un tratto Sarah, sovrastando il fracasso del motore. Anche Zaidee si affacciò al parapetto per osservare la rimessa col suo lungo pontile di legno. La segheria era un lungo rettangolo di lamiera ondulata, sorretto da una serie di palafitte e con un'enorme finestra che dava sul lago. A un'estremità emergeva una chiusa, simile ai binari delle monta-
gne russe Zaidee rabbrividí. — È spettrale. — Se Microbo è da qualche parte, dev'essere qui — disse Loch. Davanti alla segheria c'era il bacino di raccolta, pieno di enormi tronchi muffiti rimasti lí dopo la chiusura dello stabilimento. Loch si spinse più vicino, controllando l'argine tra il bacino e il lago. — È da qui che devono essere usciti i tronchi — disse, indicando una crepa nell'argine. Sarah prese il timone mentre lui correva a prua e saltava sul molo per attraccare; pochi istanti dopo lo raggiunse e legò la corda d'attracco a poppa. — Resta sul battello — ordinò Loch alla sorella. — Ma non voglio — protestò Zaidee. — Prima noi due dobbiamo controllare una cosa. — Le accarezzò i capelli che, grazie al vento, erano ritti come setole. La bambina lo fissò implorante. — Ma hai bisogno di me... — Torneremo subito — disse Loch. — Promesso. Zaidee li guardò dirigersi verso la rimessa. — Cinque minuti! — gridò. — Ti prego, trova Microbo! — Poi si ricordò della ricetrasmittente. Almeno aveva qualcosa per passare il tempo. — Niente male — disse Sarah, alzando lo sguardo verso la vetrata al primo piano. — Sembra la casa dei nanetti di Biancaneve. La porta della rimessa, rimasta socchiusa, oscillava gentilmente nella brezza. — Salve! C'è qualcuno? — chiamò Loch: sapeva che Jesse non sarebbe comparso, ma poteva esserci un parente, o un amico. Appena entrati, videro un piccolo motoscafo e una canoa dondolare attraccati alle palafitte. — C'è qualcuno? — chiamò ancora Loch, e la sua voce echeggiò fra l'acqua e il soffitto di legno. — Nessuno — disse Sarah. Salirono di sopra e, arrivati in cima alle scale, sentirono il suono d'un televisore. Loch bussò alla porta e, non ricevendo risposta, girò la maniglia ed entrò. — Chi uscirebbe lasciando la tivù accesa? — chiese Sarah. — O pensi che sia stato ucciso quassù?
— No. Sarah si sedette sulla poltrona davanti alla tivù, prese il telecomando e cominciò a saltellare fra i canali. Loch andò alla vetrata per controllare Zaidee: la bambina era sulla barca e si era messa la cuffia della ricetrasmittente; anche lei lo vide, e agitò una mano in segno di saluto. E poi Loch notò l'acqua incresparsi di fronte alla rimessa... era come se si stesse formando un'onda che si dirigeva lenta verso il pontile. Si allontanò dalla vetrata e spense la tivù. — Ehi, che fai? — protestò Sarah. Loch si mise un dito sulle labbra. — Zitta — sussurrò. — C'è qualcosa... La rimessa cominciò a vibrare e il sangue defluí dal viso di Sarah: aveva già sentito quella vibrazione, quando era sul catamarano insieme a Erdon... Il dottor Sam e Randolph infilarono la muta di gomma nera, si sistemarono sulla schiena le bombole d'ossigeno e scesero la scaletta a poppa per raggiungere la piattaforma sul retro del panfilo. Randolph si fece passare da un marinaio un fucile subacqueo con proiettili esplosivi, e chiese al dottor Sam di reggerlo mentre lui finiva di prepararsi. — Mi raccomando! — gridò, rivolto verso il ponte. — Che Emilio ci avverta subito, se qualcosa riappare sul sonar! La testa di Cavenger si affacciò al parapetto. — Non perdere tempo. Va' in acqua e sistema quell'elica! Randolph mise maschera e boccaglio e si tuffò all'indietro. Quando riaffiorò, il dottor Sam gli porse con cautela il fucile e aspettò che si portasse a distanza di sicurezza, poi mise anche lui maschera e boccaglio, accese la lampada subacquea che aveva sulle spalle e lo segui nell'acqua scura, lungo la fiancata del panfilo. La potente luce ad arco faceva risaltare la vernice bianco-gesso dello scafo, consentendo una visibilità di quasi sei metri. Innumerevoli frammenti di torba gli si attaccarono alla maschera, mentre il boccaglio trasformava ogni suo respiro in un sibilo prolungato. Tutti i suoi sensi erano in allarme, come se si trovasse in acque infestate dagli squali. Randolph raggiunse per primo l'elica e il dottor Sam gli si affiancò, aggrappandosi all'albero rotore per tenere ferma la luce. I bordi dell'elica erano scheggiati, ma non sembrava bloccata. Randolph agganciò alla cintura il fucile subacqueo per avere le mani libere, poi tastò la base dell'elica, fece cenno di spostare la luce e, con un paio di pinze, trafficò intorno a una robusta asta simile a una grande forcella. L'asta scivolò via.
— Una coppiglia tranciata — disse Randolph, e la sua voce distorta ribollí nell'acqua fino alle orecchie del dottor Sam. Questi annui, prese un nuovo spinotto dalla cintura porta attrezzi e lo tese a Randolph, che lo infilò e usò le pinze per piegarne le estremità e assicurarlo in posizione. — Fatto — disse. All'improvviso, notarono un movimento sotto lo scafo, a babordo. Dapprima il dottor Sam pensò a un effetto di rifrazione della luce ad arco sulle bombole. — Andiamo — disse, puntando il pollice verso l'alto, ma Randolph gli fece cenno d'aspettare e, sganciato il fucile, nuotò in direzione del movimento. E poi ce ne fu un altro a tribordo, seguito dal guizzo d'un piccolo corpo nero attraverso la zona illuminata. Di nuovo, il dottor Sam fece cenno a Randolph di risalire. D'un tratto risuonò un grido stridulo, come di un piccolo mammifero o di un uccello marino. Randolph stava tornando verso di lui, quando altre due piccole creature sfrecciarono ai margini della zona illuminata: al dottor Sam, un comportamento del genere fece venire in mente le rare occasioni in cui aveva nuotato con foche e pinguini molto giovani. — Vieni — incitò Randolph. — Aspetta. Un'altra piccola creatura si avvicinò a Randolph e si rituffò rapida nelle tenebre. A Randolph bastò un'occhiata per capire che era più piccola di quella vista insieme ai ragazzi, quando lui e i suoi uomini li avevano inseguiti nella chiusa. Era più giovane, forse di appena pochi giorni. In un lampo, pensò alla ricompensa che avrebbe sborsato Cavenger, se gliene avesse portato la carcassa. — Risalgo senza di te — minacciò il dottor Sam, afferrandolo per una spalla e costringendolo a voltarsi. — Aspetta — insisté Randolph. Nella testa del dottor Sam si agitava l'inquietante pensiero che nel lago doveva esserci un'intera famiglia di plesiosauri, almeno otto o dieci, inclusi i piccoli. Le strida delle creature divennero più acute, eccitate. Randolph si liberò dalla stretta del dottor Sam e sollevò il fucile. — No — urlò il dottor Sam, e l'aria prodotta dal suo grido gli esplose intorno, bloccandogli la vista. Quando le bolle sparirono, vide alcune creatu-
re sfrecciare verso di loro, ciascuna seguendo una traiettoria leggermente diversa, come particelle atomiche in seguito a un'esplosione. Randolph sparò. La fiocina scomparve oltre la luce prima di colpire qualcosa, provocando una leggera onda d'urto, sonora e luminosa. Per un istante il dottor Sam ebbe voglia di colpire Randolph, mettergli un braccio attorno al collo e trascinarlo in superficie. Le strida s'interruppero. Randolph sorrise soddisfatto e si diresse sotto lo scafo per recuperare l'esemplare. Aveva percorso sí e no un metro quando le strida ripresero violentissime e, un istante dopo, cinque piccole creature sfrecciarono come missili verso di lui, le fauci cartilaginose spalancate a rivelare le gengive e le zanne aguzze come aghi. Gli piombarono addosso, simili a un branco di piraña, strappandogli prima brandelli della muta e poi di carne. Il dottor Sam prese a nuotare verso di lui per trascinarlo in salvo, ma le ferite erano già troppo profonde. Una chiazza di sangue s'allargò nell'acqua. E poi, mentre le creature trascinavano il loro aggressore giú, piú giù, lontano dalla luce, un braccio fu staccato di netto dal corpo. L'ultima cosa che il dottor Sam vide di Randolph furono le creature che gli circondavano la testa come una ghirlanda scarlatta, sospingendolo nelle tenebre. Nella segheria Le vibrazioni sotto la rimessa aumentarono e Sarah restò immobile sulla poltrona, guardando Loch per capire quale sarebbe stata la loro prossima mossa. Sentirono Zaidee chiamarli dal pontile e, avvicinandosi alla vetrata, Loch la vide agitare le braccia verso di lui. — Ehi! È successo qualcosa sulla Rivelazione! Sto ascoltando le loro trasmissioni — strillò. Loch avrebbe voluto metterla in guardia, ma non osò emettere suono. Le creature, lo sentiva, avrebbero intuito che la bambina non rappresentava una minaccia per loro. — Papà si è licenziato! — gridò ancora Zaidee. — Cavenger vuole che lasci subito il panfilo. Credo che l'elicottero lo stia riportando alla base... La sua voce si spezzò all'improvviso. Loch la vide sollevare una mano e indicare un punto sotto la rimessa: stava vedendo qualcosa che lui non poteva vedere. E poi Sarah e Loch s'irrigidirono, atterriti, mentre la mostruo-
sa testa di Killer si sollevava a riempire l'intera vetrata e gli enormi occhi gialli li fissavano dall'alto. Sarah urlò. — Non muoverti! — le ordinò Loch, ma la ragazza aveva già afferrato un pesante posacenere dal tavolo. — No! — urlò Loch, correndo verso di lei per fermarla... ma troppo tardi. Sarah aveva già scagliato il posacenere verso Killer. CRASH. La vetrata esplose. Killer scrollò la testa sorpreso e poi, emettendo dalle narici un violento sbuffo che schizzò di fango il soggiorno, si slanciò all'attacco. La testa e il collo di una seconda bestia, il muso piú piccolo e ruvido, spuntò dal centro del pavimento, bloccando la porta da dove erano entrati. Loch individuò quella che portava in cucina e afferrò Sarah per mano. — Vieni! — urlò, trascinandola con sé. Salirono a precipizio delle scale e, superata un'altra porta, sbucarono in un enorme magazzino vuoto, dagli alti soffitti di lamiera. — Dove siamo? — ansimò Sarah. Loch diede un'occhiata ai macchinari e alle lame enormi in fondo al locale. — Penso che ci affettassero i tronchi. CRASH. L'intera costruzione tremò. — Colpiscono le palafitte! — gridò Loch. Un altro colpo, più forte, seguito da uno scricchiolio di legno e metallo. — Vieni — urlò Loch, riprendendo Sarah per mano e correndo verso l'estremità opposta del locale. Superati i macchinari da taglio, videro la luce del giorno filtrare tra le crepe di una specie di grande portone. Lo spalancarono, e scoprirono di trovarsi davanti a una stretta passerella che si slanciava al di sopra della chiusa. CRASH. La costruzione vibrò e cominciò a inclinarsi, mentre le finestre si spaccavano l'una dopo l'altra. La passerella era la sola via di fuga. — Soffro di vertigini! — urlò Sarah, mentre Loch la precedeva sulle assi traballanti. Da entrambi i lati della chiusa c'era un salto di almeno quindici metri. Un altro scossone e, più a monte, un muro di tronchi si sgretolò. Loch si voltò, mentre il basso rombo spaventoso cresceva di volume: il livello dell'acqua nella chiusa aumentò, e i tronchi corsero loro incontro, sospinti dalla forza della corrente.
— Dobbiamo saltare nel bacino di raccolta! — Io non salto da nessuna parte — urlò Sarah. — Sta' pronta! — l'avverti Loch, stringendole con forza la mano. — No! — Sí! — E saltò nel vuoto, trascinandola con sé. Piombarono giù, giù, in un sottile spicchio d'acqua libera sul bordo del bacino, e riemersero subito. Per un istante s'illusero d'essere al sicuro, ma dall'alto giunse un suono rombante. — Dio mio! — gridò Sarah, mentre alzavano lo sguardo e vedevano la chiusa spaccarsi e un tronco correre loro incontro con la velocità e la violenza d'un ariete. Loch afferrò la ragazza e, puntando i piedi contro un pilone, si diede una spinta. Il tronco piombò in acqua vicino a loro, e un unico ramo non tagliato frustò Loch su una spalla. — Sanguini — ansimò Sarah, mentre si issavano sul tronco più vicino. — Non è niente. — Allungando il collo, vide Zaidee mettersi al timone del battello. — Venite! — urlò la bambina. Loch le rispose con un cenno e aiutò Sarah a mettersi in piedi sul tronco. — Dove sono i mostri? — gridò la ragazza a Zaidee, spingendo lo sguardo al di sopra della distesa di tronchi galleggianti. — Puntano verso di voi! — fu la risposta. I tronchi ai margini del bacino si sollevarono e poi ricaddero. — Andiamo — disse Loch, saltando sul tronco davanti a lui. UOOOOSH. Un plesiosauro emerse dietro Sarah e tirò indietro il collo, spalancando le fauci. Sarah saltò verso Loch. — Non fermarti! — le ordinò il ragazzo, spingendola sul tronco successivo. Quando la testa della creatura tornò a guizzare in avanti, stavano correndo sui tronchi a tutta velocità. I denti della bestia scattarono a vuoto, e la creatura tornò a inabissarsi. — Svelti! — strillò Zaidee. Il tronco sul quale si trovava Sarah cominciò a sollevarsi e la ragazza vi si aggrappò disperatamente, mentre quello oscillava sopra la testa enorme di una creatura e cominciava a scivolare. Loch corse dritto verso di loro e, prima che la bestia finisse di spalancare la bocca, strappò un ramo e la colpi su una pinna. I denti seghettati si chiusero di scatto sul ramo, polverizzandolo. Approfittando della momentanea confusione della bestia, Loch acciuffò Sarah e insieme corsero oltre gli ultimi tronchi e sull'argine, verso il battello in attesa. Zaidee era pronta ai comandi.
— Ritiro tutto — disse a Sarah, aiutandola a salire a bordo. — Hai fegato. — Grazie — replicò Sarah, crollando sul ponte. — Anche tu. Il giudizio Cavenger aveva accolto con sollievo l'arrivo dell'elicottero che avrebbe riportato il dottor Sam alla base. Non si vince il Gran Premio se ci si ferma per un incidente, ricordò agli uomini; il momento giusto per superare tutti gli altri è quello in cui soffrono e piangono davanti alle lamiere contorte e al cadavere tra le fiamme! — Che facciamo, ora? — chiese Emilio, quando raggiunsero l'estremità occidentale del lago. Cavenger fece ruotare la sedia. — Si ricomincia. Azionate i sonar. Emilio trasmise l'ordine e il capitano Haskell invertí la rotta, subito imitato dagli altri battelli. Cavenger accennò a Emilio di tenere d'occhio gli schermi, andò alla cassa delle munizioni e controllò lanciarazzi e granate. Se avessero incontrato una di quelle creature, dovevano essere pronti a ucciderla. Loch diede piena potenza al motore e le eliche rombarono, sollevando la prua del motopeschereccio e facendolo scattare verso il centro del lago. A un centinaio di metri dall'argine, Zaidee individuò una piccola, snella sagoma nera saettare nella loro scia. — Aspetta! — urlò. — È Microbo! Loch si voltò, vide la creatura e diminuí la velocità. — Non è il momento migliore per salutare il nostro piccolo amico, sapete? — osservò Sarah, ma Loch e Zaidee si sporsero dal parapetto mentre Microbo nuotava verso di loro. — Ciao, bello — disse Loch, tendendo una mano sull'acqua. Microbo ci strofinò contro il muso e agitò le pinne frontali. — Dove sei stato, cocchino? — Anche Zaidee si sporse per accarezzargli la testa. — Ti abbiamo cercato! CLACK CLICK... CLICK CLACK CLACK... — Non ditemelo, lo so.— borbottò Sarah. — Vuole che ci fermiamo per pranzo.
CLACK CLICK... — Che vuole dirci? — domandò Loch. Si voltò verso la segheria sbilenca e vide una serie di ondulazioni profonde scorrere oltre la breccia dell'argine e nel lago. — Arrivano. — Dobbiamo fare salire Microbo a bordo — gridò Zaidee. — Zaidee — ribatté il fratello — non credo che sua madre sarebbe d'accordo. E poi non c'è tempo. CLICK CLACK CLICK... Loch fece cenno a Microbo di spostarsi. — Sta' lontano dalle eliche, bello! — gridò, tornando al timone. Microbo indietreggiò, senza smettere di clicchettare, mentre le increspature nell'acqua si avvicinavano. — Andiamo via di qui! — urlò Sarah. Loch rimise in moto e il motopeschereccio riparti a razzo. — Ci segue — gridò Zaidee, guardando Microbo guizzare nella loro scia, a distanza di sicurezza dalle eliche. Poi, dietro di lui, vide la turbolenza correre in superficie. — Oh, oh. — Quanti sono? — chiese Sarah. Loch si guardò alle spalle. — Almeno cinque o sei adulti — gridò. — Credo che sia soltanto una famiglia. — Abbastanza da ripulire una macelleria — commentò Zaidee. — Che fanno? — domandò Sarah. — Non sono stupidi — la voce di Loch sovrastò il ruggito del motore. — Sanno che la loro tana è stata scoperta e che non hanno più un posto dove nascondersi! — Virò a ovest. Microbo e il branco li seguirono. — E noi saremmo l'unico spuntino in circolazione? — s'informò Sarah. — No — replicò Loch — però Microbo potrebbe avergli detto che siamo la loro unica speranza. Non ci stanno dando la caccia... ci seguono. — Che possiamo fare? — chiese Zaidee. — Cerca di rintracciare papà. — Posso provarci. — Zaidee corse alla ricetrasmittente. — Quest'affare riceve, però non so se riesce a trasmettere. — Infilò la cuffia e afferrò il microfono. — L'elicottero lo ha riportato alla base. — Non sarà certo rimasto lí. Prova a chiamare la Volvo. Digli dove siamo e quello che sta succedendo. — Ragazzi, ce ne dirà di tutti i colori — gemette Zaidee, premendo il pulsante per trasmettere. — Ci penso io — intervenne Sarah, tendendo una mano verso il micro-
fono. — Nient'affatto. — Zaidee respinse la sua mano e strillò nel microfono: — Grande Z a papà... Grande Z a papà... Loch si guardò alle spalle: Microbo guizzava ancora nella scia del battello, guidando il branco sommerso. — Digli di aprire la chiusa! Digli di andare subito lí e aprirla! — ordinò alla sorella. — Deve aprire quella maledetta chiusa! — Che succede? — urlò Cavenger, spingendo lo sguardo oltre la prua della Rivelazione e verso il motopeschereccio che puntava dritto su di loro. — È uno dei nostri — disse Emilio, controllando col binocolo. — Chi c'è sopra? Emilio mise a fuoco il binocolo. — Sua figlia e i ragazzi Perkins. BLIP BLIP...BLIP BLIP... Gli schermi sonar tornarono di colpo in vita, mostrando punti scuri in avvicinamento. Un'ondata di suoni elettronici si riversò dagli altoparlanti, e i pennini dei registratori grafici impazzirono. — Che succede? — ruggí Cavenger, afferrando il binocolo. — Che diavolo vogliono fare, quei ragazzi? Il radioricevitore entrò in funzione. — Tutti gli strumenti stanno ricevendo i segnali — disse Emilio, confuso. — Della barca... e delle bestie. Sono parecchie. — Che chiudano le reti! — ruggí Cavenger. — Chiudete le reti! — urlò Emilio alla radio. — Più svelti — gridò Cavenger, controllando frenetico gli schermi. BLIP... BLIP... Stavano affluendo troppi dati perché Cavenger e i suoi riuscissero ad analizzarli, riordinarli ed effettuare i calcoli necessari. I motopescherecci avanzarono, cominciando a chiudere il cerchio. Cavenger strappò il microfono a Emilio. — Più veloci! — urlò. — Più veloci! — Fanno il possibile — disse Emilio. BLIP... Cavenger scaraventò il microfono contro Emilio. — Non ci riusciranno! — urlò disgustato. Tutti i suoi calcoli non avevano previsto la possibilità che un branco di plesiosauri battesse in velocità la flotta. Guardò a babordo e fu sollevato nel vedere che gli uomini sulla mo-
tosilurante erano pronti coi fucili. Il nuovo fotografo — che ignorava tutto di Erdon — seguiva l'azione dietro la cinepresa. Cavenger controllò che anche la squadra al lanciarpioni fosse in posizione a prua, poi agguantò una pistola e corse sul ponte. Il battello, con Loch al timone, sfrecciò fra il panfilo e la motosilurante. Cavenger scorse sua figlia accanto a Loch e Zaidee. E scorse la grande, rapida ondulazione che li seguiva. Sparò un colpo in aria per mettere tutti all'erta. Non ne sarebbe uscito a mani vuote. Piuttosto, avrebbe fatto un massacro. — Uccidete quelle bestie! — urlò, puntando una mano tremante verso le enormi ombre sott'acqua. — Ammazzatele! Superando il panfilo, Sarah vide suo padre sul ponte, ma per un momento non riconobbe quel viso frenetico e distorto dall'odio. Trasalí, quando lo senti sparare. — Che succede? — chiese a Loch. — Non lo so. Ma dobbiamo andare avanti. — E se papà non avesse ricevuto la nostra chiamata? — domandò Zaidee. — Se non l'avesse capita, o se non volesse aprire la chiusa? BUM BUM BUM... Il fragore degli spari rimbalzò sulle pareti delle montagne come una gragnuola di fuochi d'artificio. — Dov'è Microbo? — gridò Zaidee. — Non lo vedo più! — Li sta uccidendo — mormorò Sarah. — Mio padre li sta uccidendo. Loch si voltò a scrutare l'acqua. — No — disse — nuotano troppo in profondità. I proiettili non li raggiungeranno. Sono sicuro che Microbo sta bene. Guardò la riva sud, dove la strada asfaltata costeggiava il lago. Se il dottor Sam avesse ricevuto la loro richiesta d'aiuto... se avessero visto la Volvo dirigersi verso la chiusa... BUM! Gli spari ripresero mentre la Rivelazione e la motosilurante invertivano la rotta e iniziavano l'inseguimento. Il resto della flotta si disperse, tentando di ricostituire la formazione. Zaidee fu la prima a vedere il piccolo nero corpo lucente guizzare di nuovo sulla loro scia. — Microbo! — urlò felice. La Rivelazione stava guadagnando terreno, affiancata dalla motosilurante.
In lontananza, apparvero la chiusa e il casotto di cemento. Ma non il dottor Sam. — Stanno emergendo! — gridò Zaidee. Loch si voltò in tempo per vedere l'acqua dividersi e scorrere lungo gli scuri dorsi squamosi delle creature. Mentre i plesiosauri rallentavano, i cuccioli presero a guizzare in superficie accanto agli adulti come pesci impauriti. Lentamente, un muso massiccio, terrificante, s'innalzò sul branco. Videro Killer rallentare e rimanere indietro... un patriarca che sa qual è il suo dovere. — Che vuole fare? — chiese Zaidee. — Proteggere la sua famiglia — rispose Loch, triste. La Rivelazione ridusse la distanza che la separava da Killer. Cavenger e i suoi erano in posizione a prua, gli arpioni pronti. La testa di Killer si sollevò ancora di più, esponendo il collo e lasciando avvicinarsi il panfilo. — No, ti prego, no... — disse Sarah a voce alta, quasi che per magia le sue parole potessero raggiungere il padre. Per quanto temesse quelle creature, non voleva vederle massacrate. BUM. Il primo arpione scattò e si conficcò nel collo di Killer, cosí in profondità che la lucida punta metallica sbucò dalle squame sotto la mascella. Il sangue zampillò dalla ferita e si riversò nel lago, mentre la creatura scuoteva la testa nel tentativo di liberarsi. BUM. Un altro arpione gli si conficcò nella spalla e la testata esplosiva scoppiò, devastando carne e muscoli. La motosilurante cominciò a girargli intorno, gli uomini che crivellavano di proiettili il corpo gigantesco. Sarah si tappò le orecchie, cercando di soffocare il terribile, insopportabile strepito della sparatoria e i ruggiti torturati della creatura che continuava a voltare la testa come per controllare che il branco fosse in salvo. — Ci superano! — gridò Zaidee, mentre le acque scure e profonde lasciavano il posto a quelle più chiare delle secche. Vide le ombre gigantesche scorrere sotto il battello e fermarsi all'imbocco della chiusa. Una creatura — forse Bestia — e altri due adulti emersero di fronte a loro, costringendo Loch a mettere il motore in folle. — Ci mangeranno! — urlò Sarah, rivedendo in un lampo la fine di Erdon. — Avrebbero già potuto farlo — ribatté Loch.
Una strana quiete calò sul branco, mentre le creature calavano verso il fondo. Soltanto Microbo restò a poppa del battello, clicchettando e puntando il muso verso Killer come per incitarli a intervenire. — Che succede? — chiese Zaidee, confusa. Tornarono a guardare la Rivelazione. Forse in un ultimo, disperato tentativo di liberarsi, Killer s'inabissò rapidamente. Gli arpioni mantennero la presa, le funi si tesero sempre più e il panfilo cominciò a inclinarsi, trascinato dal peso e dalla forza della bestia. Cavenger si fece strada fino al parapetto e abbassò gli occhi verso la nera acqua insanguinata. Emilio, con una cintura di granate, si portò al suo fianco. — Uccidilo! — urlò Cavenger. — Uccidilo subito! Emilio prese una granata, strappò la spoletta e la lanciò. Pochi secondi dopo, sott'acqua risuonò un'esplosione spaventosa e una fontana di sangue eruttò dal lago. Ma ancora le funi degli arpioni restarono tese, mantenendo inclinata la barca. — Lanciane un'altra! — ordinò Cavenger. Emilio ebbe appena il tempo di strappare la spoletta prima che Killer riemergesse all'improvviso, simile a un sottomarino gigantesco che risale da profondità inaudite. Il suo corpo si curvò e si abbatté sulla prua, strappando un'intera sezione dello scafo; poi agitò con forza le pinne mentre gli uomini sulla motosilurante aprivano il fuoco. Uno dei tiratori scelti gli centrò l'occhio sinistro, spappolandolo. Ma l'inatteso attacco di Killer aveva fatto cadere la granata di mano a Emilio. Impotente, Cavenger la guardò rotolare lontano sul ponte e cadere infine nell'intrico di cavi e fili elettrici dell'impianto sonar. — Sta per esplodere! — urlò Emilio, slanciandosi oltre il parapetto. Il primo, assurdo impulso di Cavenger fu di prendersela con Emilio, di rimproverarlo per non avere eseguito alla lettera i suoi ordini. Gli uomini al lanciarpioni lo spinsero di lato, nella fretta di tuffarsi oltre il parapetto, e il resto della ciurma corse verso poppa. In quegli ultimi, inutili secondi, a Cavenger non restò nessuno cui impartire ordini, nessuno da tiranneggiare. Era immobile e solo, quando la testa di Killer scattò verso di lui a fauci spalancate e la gigantesca chiostra di denti si richiuse lentamente. In un parossismo di morte, il collo della creatura scattò all'indietro, sollevando Cavenger nel sole rovente di un'esplosione infernale. Sarah urlò e si nascose il viso tra le mani mentre una seconda, violentissima deflagrazione ingoiava la Rivelazione in un globo di fuoco. Mentre
un uragano di fumo e fiamme s'innalzava al cielo, Loch le si avvicinò e la circondò con le braccia. — Mi dispiace — mormorò. — Mi dispiace molto. La palla infuocata si scompose in mille nastri di ceneri nere, mentre i resti dello scafo s'inabissavano lenti nel lago. Sarah abbassò le mani, tremante, e scoppiò in lacrime. — Era mio padre... mio padre — singhiozzò. — Non sempre faceva la cosa giusta... aveva un tale bisogno di provare a tutti d'avere ragione... — Non credo che avere ragione sia abbastanza — disse Loch, alzando lo sguardo sulla cresta desolata. — Non credo sia abbastanza per nessuno di noi. Zaidee corse da Sarah, l'abbracciò e cominciò a piangere anche lei. CLICK CLICK... La testa di Microbo era ricomparsa a poppa. Li fissò un istante e poi nuotò lentamente verso il branco. Il lago Alban era silenzioso. I pochi sopravvissuti della Rivelazione erano riusciti a raggiungere a nuoto la motosilurante. Tutti gli uomini stavano immobili sul ponte dei battelli, i fucili puntati verso il motopeschereccio e le bestie sotto di esso. Loch fu il primo a sentire i suoni che provenivano dall'acqua. — Cantano — disse. — Perché? — chiese Sarah. L'acqua vicino al battello s'increspò e schiumò, formando mulinelli e vortici sempre più grandi, mentre le teste e i corpi delle bestie s'innalzavano in cerchio tutt'intorno a loro, sovrastandoli. Loch, Sarah e Zaidee, intimoriti, alzarono lo sguardo sui colossi, che ora emettevano un suono simile a quello di mille violoncelli... una serie di basse note ossessive che s'inseguivano verso l'alto, componendo un'armonia sempre più profonda e complessa. Era una musica penetrante, le cui vibrazioni facevano fremere la pelle e il cuore: il canto dei plesiosauri trascendeva le parole e i pensieri. Loch senti espandersi nel cervello un senso di calore che gli scese lungo la spina dorsale e gli fluí in tutto il corpo; e, dall'espressione di Zaidee e Sarah, seppe che anche loro provavano la stessa sensazione. Mentre i suoni li avvolgevano, gli uomini abbassarono all'unisono le armi. D'un tratto, senza sapere come, Loch fu certo che suo padre doveva trovarsi sulla cresta. Guardò il casotto di cemento, subito imitato da Zaidee. E
lassù c'era il dottor Sam, e li guardava. — Aprirà la chiusa? — chiese Zaidee. — Sí — rispose Loch. Il dottor Sam rivolse loro un cenno e, senza esitare, aprí la porta del casotto. Una volta dentro, digitò il codice sul pannello: questione di secondi, e le pompe della chiusa entrarono in azione. Sempre cantando, le bestie s'immersero lentamente mentre i portelli d'acciaio si aprivano. Con un sussulto possente, il fiume riacquistò tutta la sua profondità originaria e i plesiosauri seguirono la corrente che fluiva rapida verso il lago Champlain... verso la loro casa. CLICK CLICK. Soltanto Microbo riaffiorò e rimase fermo davanti al battello, fissandoli con occhi splendenti. — Vuole restare con noi — esclamò Zaidee. — Vorrebbe — disse Loch — ma sa che non può. Microbo sollevò il muso verso di loro. Zaidee corse ad accarezzarlo e, mentre guardava la creatura negli occhi, seppe che il fratello aveva ragione. — Addio, Microbo — gridò. — Addio. Lentamente, la luce negli occhi di Microbo si spense. Si voltò e, tuffando con forza le pinne in acqua, si spinse verso la chiusa seguendo il canto dei suoi compagni. Il dottor Sam agitò le braccia, salutando i figli dall'alto della collina. — Siamo di nuovo una famiglia, vero? — chiese Zaidee a Loch, restituendo il saluto. — Puoi scommetterci — disse il fratello, stringendo Sarah a sé. E sorrise, mentre sollevava una mano per salutare il padre. — Siamo una famiglia. FINE