Ken Follett & R.L. Maurice
LA GRANDE RAPINA DI NIZZA
Titolo originale: The Rats of Nice. Robbery Under the Streets of ...
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Ken Follett & R.L. Maurice
LA GRANDE RAPINA DI NIZZA
Titolo originale: The Rats of Nice. Robbery Under the Streets of Nice (C) 1978, 1987, 1995 Star Agency Productions Published by agreement with Star Agency Productions Traduzione di Francesca Ricci Prima edizione: gennaio 1996 Grandi Tascabili Economici Newton Divisione della Newton Compton editori s.r.l. C) 1996 Neaton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214
Prologo Colpo eccezionale Titolo a caratteri cubitali su Nice-Matin del 21 luglio 1976
Si preannuncia anche oggi una giornata caldissima. Il sole si leva alle sei e otto minuti ed entro breve Nizza è avvolta dai vapori della calura scintillante. Turisti che si siedono su ombrosi balconi davanti al Petit d E'jeuner, automobilisti che aprono le loro cabrio, camerieri che abbassano le tende dei numerosi caffè. Qualche bagnante mattiniero ha già disteso il materassino sulla spiaggia sassosa. Ragazze abbronzate e ben fatte si tolgono il reggiseno del costume. I locali le osservano senza nascondere la loro soddisfazione, come se fosse la scena più naturale del mondo. Sulle sei corsie della Promenade des Anglais il traffico sembra aumentare di una macchina al minuto e comincia ad appestare la calda aria mediterranea. Sarà un'altra giornata calda, per turisti, automobilisti, camerieri e, stavolta, sarà una giornata particolarmente calda per Pierre Bigou. Il termometro segna già adesso quasi trenta gradi. Bigou è un dirigente della sede della Société Générale, in avenue Jean Medecin numero 8. Per lui, funzionario di banca, questo 19 luglio 1976 è iniziato come ogni lunedì mattina della sua vita. L'atrio dell'antico e prestigioso istituto di credito, con i suoi soffitti alti, è particolarmente fresco e tranquillo. Cassieri in maniche di camicia e impiegati di sportello sbrigano gli ultimi preparativi per la giornata. Alle otto e mezza si apre. Che ore sono? Bigou lancia una rapida occhiata all'orologio alla parete, contento: sono le otto e ventotto. Entra con calma nel suo ufficio, lascia la porta aperta e si sprofonda nel giornale del mattino. Sono anni ormai che lavora in questa banca, è arrivato alla dirigenza; non c'è nessuno che possa impedirgli di leggere il giornale durante l'orario di lavoro. Van Impe ha vinto il 63∞ Tour de France. La navicella spaziale americana Viking T è in viaggio verso Marte. Le previsioni del tempo annunciano una calda giornata d'estate. Ma che bella cosa! Oggi è sant'Arsenio. Un santo cattolico che non ha niente a che vedere col leggendario Arsenio Lupin, il Robin Hood francese, patrono dei borsaioli.
Sono le otto e mezza in punto. Davanti alla porta di Bigou passano due impiegati diretti nel sotterraneo, dove si trova il caveau. Ogni mattina la stessa routine: per aprire il caveau ci vogliono due impiegati, e in questo compito si alternano gli impiegati di sportello di grado inferiore. Questa settimana tocca a loro due. Sulle grosse chiavi che tengono in mano ci sono le iniziali FB. E il marchio della ditta Fichet-Bauche, il maggior produttore francese di casseforti e serrature. I due cancelli d'acciaio ai piedi della scala scivolano con dolcezza, senza un rumore, nella spessa parete di cemento. Finora tutto bene. Ma il pezzo forte è la porta d'acciaio di dietro, che impedisce di accedere al caveau. Ha cinquant'anni, è spessa un metro e pesa venti tonnellate. Si dice che neppure il laser possa avere la meglio su questo mostro. Nel corso degli ultimi anni sono nate innumerevoli discussioni tra la banca e i Lloyds di Londra sull'opportunità di installare un moderno impianto di allarme. Ma le due parti sono giunte alla conclusione che questa possente porta d'acciaio non può essere abbattuta, con assoluta sicurezza, e hanno quindi rinunciato alla costosa installazione di cineprese nascoste, cellule fotoelettriche e sirene. C'è stato un cliente, tuttavia, che si è lamentato per la mancanza di un impianto di allarme. Ma era solo un poliziotto in pensione e tutti hanno pensato che leggesse troppi gialli. Nessuno l'aveva preso sul serio, quel vecchietto. Sono esattamente le otto e trentaquattro quando i due impiegati infilano insieme le loro due chiavi nella possente porta. Si tratta di un meccanismo artigianale, solido e all'antica: due coppie di cilindri d'acciaio collegano la porta al muro; dopo aver infilato le chiavi gli impiegati possono estrarre i cilindri dalla parete girando le tre ruote sulla porta. Per i cilindri orizzontali un quarto di giro a destra, per il cilindro verticale un quarto di giro a sinistra. Durante questa circostanziata procedura gli impiegati percepiscono dentro la porta il leggero cigolio del meccanismo di apertura. Ore otto e trentacinque: la serratura ha rilasciato i cilindri. Uno degli uomini spinge piano la porta col braccio sinistro. Non succede niente. Il colosso di venti tonnellate non si sposta d'un millimetro dal suo posto. Da questo momento per Pierre Bigou non è più un lunedì come gli altri. I due impiegati si scambiano un'occhiata di meraviglia, scrollano le spalle e ricominciano daccapo.
Due chiavi nella serratura. Ruota numero uno: un quarto di giro a destra, poi un quarto di giro a sinistra. Ruota numero due: un quarto di giro a destra, poi un quarto di giro a sinistra. Ruota numero tre: un quarto di giro a destra, poi un quarto di giro a sinistra. Uno dei due mormora, a mo' di scongiuro: ´Apriti, sesamo!. Un'altra leggera spinta alla porta. Niente. ´Che succede?, domanda una voce. I due impiegati si girano e vedono un cliente sulla scala. ´Niente di particolare, risponde uno. ´E' solo la porta. E' bloccata. Il cliente sogghigna: ´Se neppure voi riuscite a entrarci, nel caveau, si può essere davvero sicuri che questa banca non può essere svaligiata da nessuno. Nel frattempo sulla scala si è formata una piccola folla. Il sarcasmo che aleggia nelle osservazioni dei clienti irrita i due alla porta. Ma non fanno parola: laSociété Générale è una banca seria e il cliente ha sempre ragione. Alle nove meno dieci i due decidono di rinunciare. Si scusano con la folla in attesa e salgono a informare i loro superiori. La temperatura continua a salire. A scusarsi con la clientela in attesa viene il direttore in persona. Jacques Guenet è un uomo che ispira fiducia: sessant'anni ben portati, è noto per essere vicepresidente del rugby club di Nizza. Si dice che abbia “nerts solides”, nervi d'acciaio. Guenet accenna un sorriso di rammarico e parla con voce tranquilla e rilassata. Concorda con i clienti in attesa che si tratta di una circostanza davvero spiacevole. Ad ogni modo una porta bloccata non sarà mica la fine del mondo, vero? Entro pochi minuti arriverà uno specialista. Non è però in grado di dire quanto ci vorrà, per aprire il mostro. Mentre si prodiga in gentilezze verso la clientela, osserva: ´Posso chiedervi di tornare oggi pomeriggio alle due?
Sono certo che per quell'ora sarà tutto a posto. E' solo un piccolo inconveniente, sicuramente dovuto a questo caldo tremendo.... Quando torna nel sotterraneo trova Pierre Bigou con gli impiegati che compiono un altro tentativo. L'ultimo. Nè Bigou nè Guenet sono particolarmente turbati dal fatto: nei suoi cinquanta anni di vita la serratura si è già bloccata altre volte. E' bastato che il fabbro applicasse qualche goccia d'olio e la porta si è aperta. Gli impiegati girano per l'ennesima volta le tre ruote: la porta non si sposta. Sono le nove. Pierre Bigou torna nel suo ufficio, afferra la cornetta e compone il numero 809761. E' la filiale nizzarda di Fichet-Bauche. Occupato. Dà una rapida occhiata al giornale: hanno sparato a due turisti tedeschi; un protettore ha ricavato da una prostituta la rispettabile somma di duecentoquarantamila franchi. Bigou, definito una volta San Pietro da un collaboratore irrispettoso, rabbrividisce. La Nizza degli anni Settanta richiama subito alla memoria la Chicago degli anni Trenta. Certo, il sindaco Jacques Mèdecin ha dato alla città un volto nuovo. Esteriormente. Ma non ha potuto impedire che, con questa trasformazione, la mafia internazionale degli stupefacenti la eleggesse a suo domicilio. La malavita è divisa in due: da una parte gli italiani, dall'altra i corsi. Nel giro di un anno sono stati assassinati due proprietari di night-club. Sulla Promenade des Anglais si può comprare di tutto, dalla cocaina al ragazzo di vita. Si dice che Nizza sia la città più corrotta della Francia. Bigou rabbrividisce ancora. Che delinquenti! Non sarà mica che la porta bloccata del caveau... No, ci sarebbe qualche traccia. Nessuno può aprire quella porta senza lasciare tracce. Maledizione, nessun estraneo può aprire quella porta, punto e basta. Ne è convinta al cento per cento anche l'assicurazione. Eppure sono sempre loro i primi a chiedere maggiore sicurezza. Bigou torna alla cornetta e compone il numero. Questa volta è libero. ´Pronto, Fichet-Bauche? Parla Bigou, dellaSociété Générale... Può mandarci subito qualcuno? No, la serratura sembra che funzioni, ma la porta è bloccata... Bene, l'aspetto. Alle nove e quindici una Renault 4L giallo nera con su scritto Fichet-Bauche svolta in Avenue Jean Mèdecin. Bigou è sollevato. Presto riavrà la sua calma...
Guenet e Bigou scendono le scale con i due fabbri di Fichet-Bauche. Gli specialisti sono di buonumore e osservano la porta come per dire: ´E' una sciocchezza, ci siamo qua noi. Chiedono assoluto silenzio, infilano le due chiavi e le girano di un millimetro alla volta mentre si concentrano al massimo sui rumori della porta. Alla fine uno di loro si volta verso Guenet: ´La serratura è a posto. Posso assicurarle che il meccanismo non presenta nessunissimo problema. Un attimo di silenzio. Poi Guenet respira a fondo e domanda imperioso: ´E allora?. Il fabbro scrolla le spalle. ´Perchè la porta non si apre?, vuol sapere Guenet. ´Ci dev'essere qualcosa nel caveau che blocca la porta. E l'unica possibilità, risponde il fabbro. Il direttore fissa incredulo l'artigiano. E' impensabile, per lui. ´No, non ci posso credere, mormora. Guenet si gira e vede sulla scala un impiegato curioso. ´Se ne vada, torni al suo posto, ordina agitato. ´Non voglio vedere più nessuno sulla scala! Gli impiegati tirano indietro la testa e se ne vanno in fretta e furia. I quattro uomini fissano perplessi la porta. Non c'è proprio modo di aprirla. In fin dei conti è stata costruita proprio per impedirlo. ´Se non entriamo dalla porta dobbiamo passare da un'altra parte, osserva indifferente uno dei fabbri. ´Dobbiamo fare un buco nel muro! Gli artigiani guardano Guenet con aria interrogativa. Lui pensa ai costi, al rumore, a tutti i disagi e al buon nome della banca. ´Non c'è altro da fare?, domanda infine. ´No. Guenet sospira: ´Allora passate dal muro!. Non se lo sarebbe mai immaginato, di dover scassinare egli stesso il suo caveau. Bigou sale e torna poco dopo con alcune fotocopie. Gli uomini di Fichet-Bauche studiano per qualche minuto la planimetria del caveau. Alla fine uno di loro disegna una croce nera sulla parete,
a destra della porta. E' il punto in cui è più sottile, secondo la planimetria. Alle nove e trenta accendono il trapano elettrico. Per prima cosa praticano sette o otto buchi più piccoli a distanza di pochi centimetri l'uno dall'altro. Poi ricorrono a martello e scalpello per far saltare il cemento tra un buco e l'altro. In pochi minuti il pavimento in fondo alle scale è disseminato di frammenti di cemento. C'è polvere dappertutto e gli uomini si insudiciano. Tossiscono, sudano, imprecano. Alle dodici in punto lasciano cadere gli attrezzi. Il buco ha ora un diametro di circa venti centimetri. Non basta a far passare un uomo, ma dentro si può guardare. Guenet viene a vedere a che punto sono. Un fabbro infila la testa nel buco. ´Putain de merde, sibila piano. ´Porca puttana! Ritira la testa con la massima cautela, si gira e fissa Guenet: ´Siete stati rapinati!. Il termometro segna trentaquattro gradi e la temperatura continua a salire. Davanti al buco Jacques Guenet, lo sportivo forte e dai nervi d'acciaio, trema. ´Non è vero, dice turbato. ´Non è vero. Il caveau sembra un campo di battaglia. Sul pavimento sono sparpagliati assegni, azioni e obbligazioni. Tutt'intorno ci sono gioielli, come se qualcuno li avesse buttati via perchè gli erano venuti a noia. Un bracciale, un collier, un calice cesellato. Dalle macerie spuntano due bombole del gas. I due fabbri fissano costernati il direttore. Sembra che non riesca neppure a formulare un pensiero chiaro. Uno dei due artigiani lo tira per un braccio. ´Si riprenda, deve chiamare la polizia! Guenet si volta. ´Non lo deve sapere nessuno, dice come in trance. In preda al panico, si aggrappa alla minima quanto assurda speranza che i rapinatori abbiano fatto quel caos bestiale senza portar via niente. Gli altri però la pensano diversamente. ´Bisogna chiamare la polizia, lo scongiura il fabbro. Pian piano Guenet torna in sè e acconsente con un muto cenno del capo. Risale la scala fino al suo ufficio. A tutti quelli che lo attendono ansiosi non rivolge una sola parola. Si accascia come un peso morto sulla sua poltrona direzionale. Poi afferra il telefono e chiama la polizia. L'ufficio del commissario Albertin è a centocinquanta metri dalla banca, in avenue du Marèchal Foch.
´Qui è laSociété Générale. C'è stata una rapina, sussurra Guenet nella cornetta con voce spossata. ´Non tocchi niente, risponde subito Albertin. ´Arriviamo. Jacques Albertin sembra più un giovane manager che un poliziotto. Trentacinque anni, è alto e magro, con gli occhiali. L'eleganza degli abiti e il taglio dei capelli non si addicono a un uomo che deve passare la maggior parte del suo tempo tra delinquenti. Mentre scende a precipizio con due detective più giovani la scala che porta al caveau, i due uomini di Fichet-Bauche hanno già allargato il buco, che presenta adesso quarantacinque centimetri di diametro. A Guenet bastano poche parole per spiegare che cosa ci fanno quegli uomini e perchè hanno praticato quel buco nel muro. Albertin dà un'occhiata attraverso il buco e si rivolge subito ai suoi assistenti. ´Lecocq, è lei il più magro. Cerchi di passare da questa apertura! L'ispettore Lecocq infila con cautela la testa nel buco; poi, girando su se stesso come una vite, fa avanzare le spalle. A metà strada si ferma: gli si sono impigliati i pantaloni nel cemento grezzo. Dopo un attimo di indugio dà uno strattone: si sente rumore di stoffa strappata. Ma Lecocq non si perde d'animo: si sbottona i pantaloni e continua il suo percorso in mutande. Estrae il revolver dall'ascellare perchè nel caveau potrebbe esserci ancora qualcuno. Percepisce per prima cosa un puzzo tremendo: una miscela di fumo, gomma bruciata ed escrementi umani. Poi vede gli attrezzi: trapani, martelli, fiamme ossidriche, bombole del gas, guanti e maschere. Sul pavimento ci sono anelli, posate d'argento, un assegno al portatore di oltre 50.000 franchi, una grossa mazzetta di banconote da cinquecento franchi, azioni, lettere personali e contratti d'ogni genere. I rifiuti sul linoleum bruciacchiato valgono almeno otto milioni di franchi. I ladri li hanno lasciati lì. Lecocq si muove con circospezione per il caveau, con il revolver sempre in mano. Guarda dietro una cassaforte capovolta, scopre un mucchio di ghiaia e macerie e poi un'apertura larga un metro nella parete. E una galleria che pare senza fine. L'ispettore si volta. I suoi occhi sono attratti da una meravigliosa coppa d'argento sbalzato e gli viene la nausea. La coppa è piena di merda... Torna verso l'ingresso del caveau. Il commissario Albertin e Monsieur
Guenet, là fuori, stanno già perdendo la pazienza. ´Che porcata, impreca Lecocq. ´Sono arrivati da rue Gustave Deloye, con una galleria. ´Le fogne, dice Albertin. ´Saranno passati dalle fogne. Riflette un attimo. ´Lei rimanga qui, ordina a Lecocq. ´Ci mando due uomini. Proveranno ad arrivare qui dalla strada. All'incrocio tra rue de l'Hotel-des-Postes e rue Gustave Deloye, davanti alle rastrelliere per le biciclette utilizzate anche dai dipendenti della banca, due poliziotti spostano un pesante chiusino e scendono nella fogna. Ai piedi della scala a pioli d'acciaio si ritrovano i piedi in un'acqua sporca e puzzolente. Procedono lentamente in direzione nord. La fogna passa sotto rue Gustave Deloye. A tre metri dal suo inizio scoprono, al chiarore delle lampade tascabili, l'imboccatura della galleria. Devono essere stati degli specialisti. Il soffitto della galleria è stato puntellato, le pareti intonacate e sul pavimento c'è una guida di sisal. Scoprono un cavo elettrico che si dipana lungo il pavimento e uno di loro inciampa in una fiamma ossidrica. Dopo otto metri si trovano davanti al buco nella parete del caveau. Riconoscono l'ispettore Lecocq e senza volerlo scoppiano a ridere. E' in mutande, calze e scarpe, col revolver sempre nella mano destra. Albertin e i suoi uomini, i primi ad arrivare sulla scena del reato, ricevono rinforzi: il commissario Tolance con la pattuglia di pronto intervento e il commissario capo Duma con alcuni agenti della Suretè Urbaine. A guidare l'indagine è adesso il commissario capo Claude Besson, personaggio poco appariscente vicino ai cinquant'anni che ha già dato di che scrivere alle prime pagine dei giornali. Proprio di recente ha spedito in galera nove avvocati di grido per evasione fiscale. L'ispettore Jacob, il fotografo della polizia, riprende con la sua Rolleiflex ogni minimo angolo del caveau. Ai francesi il barbuto Jacob ricorda tanto il famoso commissario televisivo Bourrel, ragion per cui l'ispettore è lo zimbello dei colleghi. Quando Jacob è pronto, altri funzionari di polizia iniziano a raccogliere il materiale: tutto compreso, sarà una tonnellata buona. ,-' Nel caveau e nella fogna la polizia trova infatti: 40 bombole di ossigeno; 3 fiamme ossidriche; 10 tenaglie; 2 canotti gonfiabili; un estrattore di fumo di tipo industriale con un flessibile lungo minimo cinquanta metri; 20 piedi di porco; tute stagne del tipo usato da chi lavora nelle fogne; guanti di gomma, guanti e impermeabili; bottiglie di vino Margnat-Village; bottiglie di acqua minerale; occhiali protettivi da saldatore; generi alimentari; una cucina portatile da campeggio con una tanica di benzina; parecchie scatole di sigari.
Mentre alcuni funzionari preparano un elenco di tutti gli oggetti rinvenuti un altro gruppo li infila in grandi sacchi di plastica. E un lavoro nauseabondo. Per tutto il fine settimana il caveau è stato abitato da gente che non disponeva di sanitari. I poliziotti che fanno ordine si autodefiniscono, scherzosamente, reparto liquami. Devono interrompersi in continuazione per andare a prendere una boccata d'aria. Attrezzi, titoli di credito e gioielli abbandonati riempiono in tutto trentacinque sacchi di plastica. I funzionari di polizia non possono fare a meno di stupirsi del contenuto delle cassette di sicurezza scassinate: una gran quantità di fotografie porno, opera di dilettanti, ritraggono uomini e donne nudi che praticano sesso di gruppo. Tra i nudi si possono riconoscere diversi membri della cosiddetta high society di Nizza. I rapinatori hanno incollato alcune di quelle foto alle pareti. Li stupisce ancora di più una busta in cui si trovano generi alimentari: minestrine pronte, due chili di zucchero, qualche biscotto e una tavoletta di cioccolata. Chi mai può tenere questo genere di cose in una cassetta di sicurezza? Un impiegato della banca ha però la risposta pronta: ´A Nizza ci sono tanti pensionati che vengono qui a nascondere i loro piccoli segreti. Alcuni vengono il pomeriggio a fumarsi di nascosto una sigaretta nel caveau o a rimpinzarsi di dolci: qui non li vedono nè la moglie nè il dottore. E le minestrine pronte? ´Qualcuno è ancora ossessionato dal ricordo della guerra e della fame. E' l'istinto del criceto. ´Ci sono anche altri esempi. Uno dei nostri clienti viene qui a scrivere le sue memorie. La mattina prende il manoscritto dalla cassetta, ci lavora tutto il giorno e la sera lo rimette a posto. Certo, e l'impiegato alza le spalle, ´si tratta di eccentrici. Ma perchè dovremmo immischiarci? Un giovane poliziotto si dà un contegno e annuncia con grande rispetto al commissario Besson: ´Guardi, i rapinatori hanno lasciato un messaggio. Sulla parete sono scarabocchiate sette parole, a lettere grandi e chiare: ´Sans armes, sans haine et sans violence. Senza armi, senza odio e senza violenza. Accanto una croce celtica, simbolo di un'organizzazione clandestina di estrema destra di nome Occident. Besson prende appunti e Jacob fotografa. Si risolve subito anche l'enigma della porta bloccata: i rapinatori si
sono limitati a saldarla dall'interno. Una pura precauzione nel caso improbabile ma sempre possibile che durante il fine settimana a qualcuno della banca venisse l'idea di scendere nel caveau. Nelle fogne i poliziotti fanno altre scoperte. Una galleria cieca sotto rue de l'Hotel-des-Postes è stata usata come discarica per la terra scavata e i detriti. Il cavo elettrico bianco fissato con ganci al soffitto della fogna ne segue il percorso per trecento metri e raggiunge il parcheggio sotterraneo di place Massèna attraverso un locale sifoni usato dall'amministrazione per misurare le precipitazioni annue. Là si inserisce in una normalissima presa elettrica messa gratuitamente a disposizione dal comune. Altri poliziotti seguono le tracce di stivali di gomma, fiamme ossidriche e saldatori, vanghe e trapani, tutto materiale abbandonato lungo il percorso che passa sotto rue Gustave Deloye e rue St. Michel, poi a sinistra sotto rue Gioffredo e poi di nuovo a destra sotto rue Chauvain, fino alla diramazione di avenue Fèlix Faure. Qui i poliziotti non trovano una delle molte fogne ma un'ampia via sotterranea. Il grande fiume di Nizza, il Paillon, che d'estate è quasi secco, d'inverno raggiunge il mare con quattro ampie gallerie sotterranee. In queste gallerie il letto del fiume è fiancheggiato da due strade che permettono agli operai di ispezionare le fogne: ci passano tranquillamente due macchine. Grazie a questa strada sotterranea i rapinatori hanno raggiunto indisturbati le fogne. Un poliziotto segue la strada in direzione nord per più di un chilometro e mezzo. Qui spunta in superficie, proprio dietro il padiglione fieristico. Nella sabbia del letto prosciugato del fiume il poliziotto scorge le tracce dei pneumatici di un Land Rover. Il quadro adesso è chiaro. Nel frattempo, giù nel caveau, Jacques Guenet, Pierre Bigou e il commissario capo Claude Besson tentano di fare un calcolo approssimativo della refurtiva trafugata dai rapinatori con la loro maxi-rapina. Il caveau è composto da tre stanze. Nella più grande si trovano le quattromila cassette di sicurezza della banca. Ne sono state svaligiate trecentosettanta. Hanno svaligiato anche la ´sacrestia, il cuore della banca. La seconda porta d'acciaio, che la separa dal resto del caveau, è stata forzata e sono scomparse tutte le riserve della banca, in oro e in contanti. La terza stanza è riservata alla cassa continua. Gli esercizi commerciali vi depositano, dopo la chiusura, gli incassi del giorno. Questa stanza è collegata tramite una speciale canalizzazione a un'apertura sulla strada in cui vengono sganciate, sigillate in
appositi contenitori, vere e proprie bombe d'oro. I rapinatori si sono presi gli incassi del casinò e dei più importanti grandi magazzini della città. I calcoli di Guenet, di Bigou e del commissario capo sono necessariamente approssimativi. Ma per quanto approssimativi, non osano pronunciarne il risultato a voce alta: circa sessanta milioni di franchi, ma potrebbero essere anche cento. E' la più grossa rapina in banca di tutti i tempi. Non è facile impressionare Claude Besson, funzionario di polizia tanto poco appariscente quanto di successo. Conosce bene la criminalità, che in Francia lambisce i massimi circoli finanziari e politici. Non si lascia confondere dagli avvocati di grido con i loro clienti da tanti carati. E' una vera croce per i trafficanti di droga piccoli e grandi, sui quali riesce sempre a spuntarla. Ma questa volta Claude Besson è impressionato. Quel che vede gli strappa dai denti un fischio di ammirazione. Questo colpo sensazionale deve essere stato pianificato come l'azione di un comando militare. Gli attrezzi, l'approvvigionamento di energia, il modo in cui sono arrivati nel caveau... ´Mon Dieu! L'estrattore, il cui impiego è diffuso soltanto nell'industria. I viveri, il vino... Dovevano essere perlomeno dieci, forse addirittura venti persone. Tutta questa attrezzatura, mesi di preparazione, giornate intere di lavoro in galleria con tutto il chiasso che dovevano fare ma nessuno ha visto niente, nessuno ha sentito niente. Questi fatti continuano a turbinargli per la testa. L'uomo che ha escogitato questo colpo deve essere un pensatore, un capo, un organizzatore. Un genio. E deve essere anche molto cauto: finora non un solo indizio sulla sua identità. Ecco l'uomo cui deve dare la caccia Claude Besson. Ecco il suo avversario. Un lavoraccio!
Capitolo 1 L'uomo dietro la rapina Saluto con gioia ogni indizio dell'avvicinarsi di un'età più virile un'età bellicosa che in primo luogo renderà il dovuto onore al valore. Friedrich Nietzsche filosofo preferito di Spaggiari Albert Spaggiari nasce nel 1932 nel villaggio di Laragne, sulle Alpi francesi. Perde il padre alla tenera età di due anni e mezzo; sua madre, donna benestante e indipendente, si trasferisce con Albert a Hyères, nei pressi di Tolone. Vi apre un piccolo negozio di biancheria per signora, che chiama Caprice des Dames. Il negozio va bene ma questa donna tanto amante dell'indipendenza si risposa. Albert odia il suo patrigno. In un primo momento frequenta la locale scuola elementare Anatole France, ma è molto indisciplinato e il patrigno lo spedisce al St.-Joseph-Institut, una scuola pri vata nota per la sua severità. Albert è molto infelice. A dodici anni tenta la prima fuga. Quando la polizia lo riporta a casa, sua madre scrive al direttore del collegio: ´Bert è un bravo ragazzo. E' onesto, coraggioso e fedele. Per quanto impulsivo, non è un attaccabrighe. A quindici anni passa al ginnasio Jean Aicard. E' uno studente mediocre ma sviluppa una grande passione per la letteratura, soprattutto per i saggi politici e i romanzi d'avventura. E dimostra davvero tantafantasia. Mentre spara col fucile ad aria compressa alle scatole di latta, immagina che i suoi bersagli siano persone in carne e ossa. Eppure, a differenza dei suoi compagni di scuola, non fa mai fuoco su uccelli o altri animali. Nel corso delle sue letture si imbatte nel bandito Salvatore Giuliano, eroe popolare siciliano degli anni Quaranta. Divora nel vero senso della parola tutta la carta stampata disponibile su Giuliano. Sogna di arrivare un giorno all'altezza del suo eroe. A sedici anni se ne va un'altra volta. La sua meta è l'Italia. Raggiunge la Tunisia via mare e percorre in autostop le coste nordafricane finchè non trova un imbarco per la Sicilia. Ma il viaggio termina già alla frontiera italiana: Bert finisce in prigione e, un paio di giorni dopo, lo rispediscono dal suo odiato patrigno, pieno di cimici e pidocchi. Il biglietto che aveva lasciato sul tavolo da cucina prima di partire lascia già intravedere la sua futura filosofia: ´La cause en vaut les moyens, il fine giustifica i mezzi. Ci sono molti ragazzi indisciplinati e ribelli che non vogliono dar retta ai genitori e, come Albert, sognano grandi avventure. Ma in massima parte con la maturità questi si risvegliano dai loro sogni. Albert Spaggiari invece no. Non crescerà mai. Nel 1950, all'età di diciotto anni, si arruola volontario nel corpo
dell'esercito francese diretto in Indocina. All'epoca i francesi non hanno ancora lasciato il Vietnam e gli americani non ci sono ancora arrivati. L'Asia è esattamente quel che Spaggiari aveva sperato. Vuol vedere il mondo, e qui può placare la sua sete di avventure. In quest'ambiente coloniale inoltre, terreno fertile per i suoi ideali estremistici di destra, egli troverà la sua patria politica. Se ne accorge subito. Lo assegnano al terzo battaglione di paracadutisti, un'unità scelta. E' insignito di tre decorazioni ma non va al di là del grado di caporale. Questo perchè aborrisce ogni ordine che non riesce a comprendere. Nel 1954 Albert è condannato a quattro anni di carcere per furto. Si è recato con quattro commilitoni in un bordello di Saigon. Nel giro di pochi minuti è nata una vera e propria rissa. Mentre gli altri scomparivano, Albert è rimasto e ha preso la cassa del locale. Tutte le persone coinvolte hanno poi affermato che nel bordello li avevano imbrogliati e Spaggiari si era solo ripreso il maltolto. Ma per il tribunale militare l'intervento di Spaggiari sulla cassa del locale rimane un furto. Il verdetto: colpevole. Mentre infuria la battaglia di Dien Bien Phu, in cui 20.000 soldati scelti francesi sono annientati dall'esercito di contadìni guidato da Ho Chi Minh? Spaggiari è prigioniero a bordo del Pasteur. Diretto in patria, ma in catene. Lascia il carcere nel 1957, in seguito a un'amnistia. Torna da sua madre a Hyères e conduce una vita borghese nell'abitazione sopra il negozio. Conosce Marcelle Audi, una giovane infermiera. La sposa. Audi - Albert la chiamerà sempre per cognome - è una ragazza piccola e schietta, con i capelli bruni e gli occhi scuri. Vivace energica e precisa la tipica infermiera. Porta perlopiù abiti semplici, ma di gusto e curati. E' di buon cuore e il suo fascino ti conquista. A differenza di Albert, ha un carattere riservato. Preferisce osservare e ascoltare piuttosto che mettersi in mostra. Un matrimonio non nasce necessariamente sotto la stella di un amore imperituro. A unire i due sono semmai una profonda e fervida amicizia, più lealtà che fedeltà, e le stesse idee politiche. Audi diviene presto un'ancora per la vita tempestosa di Spaggiari. I redditi di lui sono piuttosto saltuari e Audi, con la sua professione di infermiera, gli garantisce il sostentamento. Per un certo tempo pare quasi che Spaggiari si sia rassegnato alla vita borghese, ma in realtà la vita di paese lo soffoca. Un bel mattino di primavera il richiamo dell'avventura si fa irresistibile. Fa i bagagli e sale con Audi su una nave per Dakar, capitale del Senegal, all'epoca ancora colonia francese. Trova lavoro come ramaio. Audi fa l'infermiera. Hanno puntato tutto su una carta sola, vogliono fare fortuna. Ma la fortuna non arriva. Nel 1960 tornano in Francia, sconfitti. Si trasferiscono a Nizza e prendono casa sulla route de Marseille, in un sobborgo operaio. In
Francia le infermiere possono esercitare la libera professione e Audi mette su un ambulatorio: pratica vaccinazioni, somministra iniezioni di ogni tipo ed esegue medicazioni di pronto soccorso. Spaggiari tenta la fortuna come sensale di terreni, ma il successo non gli arride. E' il periodo dei sommovimenti politici africani. Gli europei si ritirano dalle loro colonie, in parte controvoglia, in parte di propria spontanea volontà, con difficoltà più o meno grandi. Nell'Algeria francese imperversa una guerra assassina, i bianchi del paese prendono le armi contro l'espropriazioni. Spaggiari si arruola nell'Organisation Armèe Secrète, la famigerata OAS. Come l'IRA in Irlanda, anche l'OAS accoglie militanti di varie tendenze politiche che comunque fanno tutti riferimento alla destra estremista. L'OAS è articolata in parecchi gruppi. Tra questi la Catena, che aiuta i membri dell'organizzazione a fuggire la polizia, o il Commando Delta, l'organizzazione killer dell'esercito segreto. Con dozzine di rapine in banca, essa contribuisce anche al finanziamento dell'oAs. Quando l'Algeria ottiene definitivamente l'indipendenza l'opinione pubblica non sente più parlare dell'oAs, che pure rimane un bacino di raccolta per radicali di destra e neonazisti. Spaggiari vorrebbe tanto entrare nel Commando Delta, ma i dirigenti di questa unità speciale non lo ritengono abbastanza degno di fiducia. Problema questo che lo perseguiterà anche in futuro. I membri dell'oAs odiano il generale Charles de Gaulle. In quanto uomo di destra, si era pronunciato in passato per un'Algeria francese, ma una volta presidente della repubblica si piega alla realtà. Lascia cadere l'Algeria francese come una patata bollente. L'OAS si sente tradita e venduta. Nel 1961 Spaggiari incontra in gran segreto, in una piscina di Madrid, Pierre Lagaillarde, ex dirigente degli studenti algerini di destra. Spaggiari a Lagaillarde: ´Sono sempre a sua disposizione. Eseguirò qualsiasi operazione mi venga ordinata!. Nel novembre dello stesso anno Spaggiari vede avvicinarsi la sua grande occasione. L'odiato presidente de Gaulle annuncia la sua visita a Hyères. La vettura ufficiale passerà anche davanti al Caprice des Dames, il negozio di biancheria della mamma di Spaggiari. Albert scrive una lettera e la spedisce dalla città italiana di Ventimiglia, alla frontiera con la Francia. Raccomandata, ma sulla ricevuta scrive un nome falso. Eccone il melodrammatico testo: ´Tenente Lagaillarde, attendo da lei un unico ordine: quello di procedere all'esecuzione!. Spaggiari arriva a Hyères la mattina dell'8 novembre 1961. Viene da Nizza. Le saracinesche dei negozi sono abbassate, tutti attendono l'eminente visita. Albert si procura di nascosto la chiave del negozio
di biancheria. Colloca una motocicletta nel cortile della madre, per la fuga. Poi si reca nell'abitazione vuota al primo piano. Si orienta senza problemi: ci ha vissuto per anni, in fin dei conti. Si mette alla finestra, con un fucile Mauser in mano. Sono quasi le quattro del pomeriggio quando il convoglio del presidente svolta in quella che, per l'occasione, è stata ribattezzata avenue Charles de Gaulle. Nonostante lil maltempo il presidente è in piedi sulla sua limousine, sorride e fa cenni alla folla esultante. Alle quattro in punto de Gaulle entra nel mirino di Spaggiari, a meno di cinque metri di distanza da lui: un colpo facile per il migliore tiratore dei paracadutisti del terzo battaglione Vietnam. Ma Spaggiari non preme il grilletto. Lagaillarde non gli ha fatto pervenire l'ambito ordine di procedere all'esecuzione. Il capo dell'oAs non ha preso sul serio il teatrale Spaggiari e la sua lettera. Per la prima volta nella vita Spaggiari ha rispettato l'autorità di un altro: il silenzio di Lagaillarde. Nel marzo del 1962 la polizia perquisisce una villa a Villefranche-sur-Mer, una delle località più belle della Costa Azzurra, tra Nizza e Cap Ferrat. I poliziotti trovano un torchio per la stampa con cui sono realizzati i volantini dell'illegale OAS nonchè un deposito di armi. Arrestano un piccolo gruppo di estremisti, tra cui anche Spaggiari. Il tribunale del dipartimento Alpes-Maritimes lo condanna a quattro anni di detenzione. Lo rinchiudono nel carcere di St.-Martin, sull'isola di Rè. Gli altri se la cavano con la condizionale. Non è chiaro perchè Spaggiari sia l'unico a dover scontare la condanna. Pare comunque che le autorità abbiano saputo del tentativo di attentato a de Gaulle. Nel 1966 è rilasciato e torna dalla moglie e dagli amici di Nizza. Si occupa di fotografia e apre un negozietto sotto l'ambulatorio della moglie, in route de Marseille numero 56. Chiama il negozio Photo la Vallière. Passa le sue serate tra bar e bistrot. Ha spesso occasione di parlare con gli amici dell'oAs o commilitoni del Vietnam. Aderisce infine a una, nuova organizzazione di estrema destra, la bizzarra Fraternità Armata SS. Durante questo periodo compie frequenti viaggi a Monaco di Baviera, considerata allora il centro del neonazismo tedesco. Audi racconta che il marito si trova a Monaco per imparare il tedesco, perchè intenderebbe lavorare come interprete. E' evidentemente un pretesto. Tra l'altro Spaggiari non ha mai imparato il tedesco nè ha mai cercato
di ottenere un posto di interprete. Questa parte della sua vita è sfumata come le altre. Da alcuni indizi emerge che avrebbe allacciato contatti con molti esponenti dell'estrema destra europea, ma pare che abbia avuto rapporti anche con la CIA.Si lega ai neofascisti italiani ed è sospettato di aver preso parte a traffici illeciti di armi. Nel 1968, quando i carri armati russi avanzano per le vie di Praga, Spaggiari soggiorna sotto falso nome e con falsa tessera di giornalista in Cecoslovacchia. Lui stesso accenna a questo soggiorno soltanto in maniera vaga: ´Dovevamo fare qualcosa per i nostri amici cechi, dice. ´Dovevamo aiutare i patrioti della CSSR” Si dimostra fotografo di talento. Va in Nordafrica e vive qualche tempo tra i nomadi del Sahara, dove fotografa la loro vita dura. La sua attività di fotografo gli permette infine di accedere all'alta società nizzarda. Ottiene lo status ufficiale di ´fotografo di corte dell'amministrazione comunale. E certo non è esagerato affermare che Nizza, allora come oggi, è governata dall'oAs. Per la prima volta in vita sua Spaggiari si sente accettato. La sua posizione gli permette di sedere allo stesso tavolo dei ricchi e banchettare e brindare con loro. Comincia a vivere alla grande e la sua prodigalità nell'offrire da bere diventa leggenda. Nel 1972 compra una fattoria fatiscente nella foresta di Bèzaudun, non lontano da Nizza. Non la paga cara e procede alla ristrutturazione con l'aiuto di un'impresa locale. Cambia gli infissi, aggiunge balconi, ripristina il tetto e installa un moderno impianto di riscaldamento. Fa ampio uso di pietra viva, legno e tegole rossicce perchè la casa si inserisca armoniosamente nel paesaggio. Prima che Spaggiari e Audi possano trasferirsi passano mesi. Entrambi amano molto la casa nuova. Decorano le pareti con armi che Albert comunque non usa mai. Non lo sfiora neppure l'idea di uccidere i conigli che gli rovinano la parte del giardino adibita a orto. E se Audi vuol ammazzare un coniglio lo deve portare al macellaio più vicino. Alla parete del soggiorno,` tuttavia, è appeso un ritratto di Hitler in scala maggiore del naturale, accanto a un emblema delle ss. Quando Spaggiari torna a casa e parcheggia il suo Land Rover accanto alla quercia centenaria, Packa e Vesta, i suoi dobermann, gli corrono incontro felici, saltano sulla macchina e gli leccano le mani scodinzolando. La sera si siede davanti al camino scoppiettante e legge, spesso fino a tarda notte. Negli scaffali è allineata una cospicua biblioteca: Balzac, Zola, Flaubert e naturalmente Nietzsche. Proprio l'idillio che
Spaggiari ha sempre sognato. Infine cede in affitto il negozio di fotografia al suo direttore e non si muove più da Bèzaudun. Sua moglie vi apre un nuovo ambulatorio e lui si dedica all'allevamento dei polli. Sembra di nuovo che voglia rappacificarsi col mondo. Ma l'apparenza inganna. Nel 1974 la polizia comincia a sorvegliare un suo conoscente, il ventottenne Gèrard Rang. Biondo e ben piantato, Rang è il proprietario della famigerata discoteca ChiChi-Club, sul cui palcoscenico non manca neppure il sesso di gruppo. E' sospettato di aver messo in circolazione carnet di assegni falsi. La polizia ne ha rinvenuto uno proprio in un tombino del sex-club di Monsieur Rang. Alla polizia viene in mente che Spaggiari, estremista di destra, è amico di Rang e possiede un laboratorio fotografico in cui può senz'altro realizzare con procedimento fototipico libretti di assegni falsi. Nonostante le indagini, tuttavia, le prove raccolte non sono sufficienti per formalizzare un'accusa. Quello stesso anno Spaggiari prende una cassetta di sicurezza presso la Societè Generelè, in avenue Jean Mèdecin. Irrequieto, indisciplinato, affamato di avventure e invasato: come può un uomo ridursi così? Uno dei suoi migliori amici afferma, in proposito: ´Forse sarebbe stato diverso se fosse diventato padre. Lo avrebbe maturato e calmato. Niente da fare. Audi non può avere bambini. Si danno da fare per un'adozione, ma le autorità non affidano bambini ai membri di un'organizzazione clandestina. A rendere impossibile l'adozione ci sono inoltre le due condanne. Lui vuole un bambino, questo è certo. ´Le ho tentate tutte. Ma in quanto membro dell'OAS, è impossibile!, dice scrollando le spalle, rassegnato.
Capitolo 2 Spaggiari elabora il suo piano Non, je ne regrette rien! Edith Piaf e Albèrt Spaggiari
Nizza fu fondata nel 350 a.C. da una stirpe di marinai greci. Rimase un borgo di pescatori fino al XIX secolo, quando agiati inglesi scoprirono la riviera francese. Nel 1822 la colonia di vacanzieri inglesi costruì una passeggiata a mare lunga quattro chilometri che divenne il simbolo della città. Fu detta, e ancor oggi si chiama, Promenade des Anglais. Nizza è la prima città della Costa Azzurra. Si trova in mezzo alla Baie des Anges, la baia degli Angeli, a trenta chilometri dalla frontiera con l'Italia. E' incorniciata a nord da basse montagne e in media piove solo sessanta volte all'anno. Nizza ha un aeroporto, un'università e parecchi musei. Conta all'incirca quattrocentomila abitanti. Il fiume Paillon divide la parte est di Nizza, con il porto, il quartiere degli affari e gli affascinanti vicoletti della città vecchia dalla parte ovest, con le molte costruzioni nuove e l'aeroporto. Nizza è in primo luogo una città di pensionati e di gente che vive di rendita. E' proprio questa clientela, naturalmente, a interessare una banca come laSociété Générale. Si tratta di una delle maggiori banche francesi e la sua sede di Nizza si adegua al gusto antiquato degli anziani. L'imponente facciata di pietra bianca comprende un intero isolato e imita nella sua architettura lo stile italiano del Palais de Justice, il palazzo di giustizia. L'atrio della banca, dove si effettuano le operazioni di sportello, ha un alto soffitto sorretto da colonne marmoree. Le finestre ad arco sono protette da grate di ghisa e creano un insieme completamente diverso dalle grandiose facciate di vetro delle banche moderne. Dopo la rapina del secolo la direzione ha fatto qualcosa per l'immagine, naturalmente: si è provveduto a rimodernare l'atrio e a creare uffici open-space, con decorazioni di alluminio e vetro nei colori arancio e bianco. La prima volta che Albert Spaggiari oltrepassa la soglia della banca, nel settembre del 1974, laSociété Générale emana ancora l'atmosfera di uno studio legale vecchio stampo. Questa atmosfera si avverte in modo particolare nel caveau. E' utilizzato soprattutto da ricchi pensionati che preferiscono investire il loro denaro in oro e gioielli. Il suo arredamento è costituito da un antico divano con sedie d'acciaio e tavoli degli anni Venti cui sono
legate, con catenelle, alcune forbici enormi. Servono a tagliare le cedole di azioni e obbligazioni. Il pavimento è rivestito di linoleum marrone e le stanze con le cassette di sicurezza hanno lo stesso aspetto antiquato della facciata della banca. Nel caveau si trovano sette casseforti, per un totale di quattromila cassette di sicurezza. Sono disponibili in due misure: larghezza trenta centimetri, altezza venti centimetri e profondità un metro e mezzo oppure larghezza sessanta centimetri, altezza quaranta centimetri e profondità sempre un metro e mezzo. Ogni cassetta ha due chiavi e si apre soltanto se vengono utilizzate insieme: una chiave la tiene il cliente, l'altra la banca. Il caveau con le cassette di sicurezza viene aperto ogni mattina. Per accedere alla sua cassetta il cliente deve prima firmare l'apposito registro. Poi un impiegato lo accompagna nel caveau. Il cliente infila la sua chiave, l'impiegato fa lo stesso con la sua e la cassetta si apre. A questo punto il cliente rimane solo finchè vuole. Quando ha fatto chiude la cassetta, che si blocca automaticamente. A fine giornata si chiudono a chiave tutte le casseforti e si serra la porta del caveau, che pesa venti tonnellate. Due anni dopo Spaggiari racconta al giudice istruttore: ´L'idea della rapina mi è venuta proprio il giorno in cui ho preso una cassetta di sicurezza allaSociété Générale, nel settembre del 1974. Ho escogitato il piano nella mia testa, pezzo per pezzo, finchè non mi son detto: può funzionare!. Tuttavia Spaggiari durante il suo interrogatorio racconta una gran quantità di bugie. ´Ogni volta che andavo in cassetta studiavo meglio l'ambiente. Misuravo ogni cosa. Facevo piccoli disegni. Ho persino scattato fotografie, senza che nessuno ci trovasse da ridire. Ma come faceva a sapere che non c'era un impianto d'allarme? ´Mi sono comprato una sveglia con una suoneria molto forte; l'ho messa sull'una di notte e l'ho lasciata nella mia cassetta nel tardo pomeriggio. All'una di notte ero seduto a un tavolo della Taverne Alsacienne, proprio davanti alla banca, a sorseggiarmi il mio vino. Ho aspettato fino alle due. Non è successo niente. Il giorno dopo ho aperto la cassetta. La sveglia funzionava normalmente e la suoneria era scattata. E' possibile che un impianto di allarme moderno e molto sensibile scatti al suono di una sveglia. Ma è improbabile che un pianificatore accurato come Spaggiari si affidi a metodi tanto dubbi. Ad ogni modo la polizia smaschera la favola delle visite al caveau con misurazioni e fotografie: dal registro delle cassette di sicurezza emerge che Spaggiari ha aperto la sua soltanto due volte. La prima volta quando l'ha presa e la seconda nel gennaio del 1975. Quando gli mettono le manette racconta un'altra storia. ´La Società Generale ha una filiale in route de Marseille numero 52, a due porte di
distanza dal mio negozio. Avevo un conto là e il cassiere era mio cliente. Eravamo vicini di casa, abitavamo nella stessa strada e ci conoscevamo bene. In precedenza egli aveva lavorato presso la sede di avenue Jean Mèdecin dove, in quanto cassiere, aveva accesso al caveau. Sono riuscito a cavargli di bocca tutti i particolari che mi occorrevano senza che se ne accorgesse. E' stato sempre lui a rivelarmi che non esisteva un impianto d'allarme. Spaggiari fa il nome del cassiere, che però è morto da poco. La storia potrebbe essere vera. I bancari chiacchieroni e svelti di lingua sono rari, tuttavia. Ci vuole davvero tanta fortuna a trovarne uno alla porta accanto. Non si può quindi stabilire come Spaggiari abbia ottenuto queste prime informazioni: con ogni probabilità non sapremo mai il nome del vero informatore. Spaggiari deve aver saputo anche il peso esatto delle casseforti. Afferma di averlo saputo da un impiegato della banca cui aveva rivolto una domanda diretta. Risposta: trenta tonnellate. Nei suoi piani calcola il doppio, per andare sul sicuro. Questa storia sembra davvero verosimile: risale probabilmente alla seconda visita di Spaggiari al caveau, nel gennaio del 1975. Nessun segreto circonda il modo in cui si è procurato la planimetria delle fogne intorno alla banca. Fotocopie del sistema fognario cittadino sono a disposizione di tutti, in municipio. Spaggiari si presenta come futuro proprietario di discoteca e afferma di voler costruire un club sotterraneo. I funzionari sono estremamente disponibili e gli procurano copia del foglio numero 16. Una planimetria chiara e dettagliata di banca e dintorni, in scala 1:1000. Con questa in mano è un gioco, per Spaggiari, trovare la via più breve dallaSociété Générale alla strada sotterranea nel tunnel del Paillon. Poi la studia a pièdi. Il suo racconto sembra veritiero, anche se un po' esagerato: ´Ho trascorso sei notti sottoterra, ho guadato coi ratti la merda delle fogne, nella puzza più bestiale. Ne ho esplorato ogni angolo, pezzo per pezzo, finchè non ho imparato a conoscerne ogni recesso, ogni vicolo cieco. Quando mi perdevo bastava che mi arrampicassi su per un pozzetto e sollevassi un chiusino: mi orientavo dalla strada, e ripartivo. Magari non saranno state proprio sei notti e non sarà stato così stupido da far spuntare la testa da un chiusino aperto, ma la sua esplorazione gli ha permesso di trarre importanti conclusioni: 1. E' possibile percorrere in macchina la rampa che si diparte da avenue Marèchal Lyautey e, dopo aver spostato una sbarra arrugginita alta sìe no mezzo metro, raggiungere senza difficoltà la strada sotterranea attraverso il letto prosciugato del fiume Paillon; 2. Il punto più vicino alla strada della banca si trova sotto l'incrocio tra avenue Fèlix Faure e rue Chauvain; 3. Un secondo accesso al sottosuolo - per persone e non per veicoli si trova in place Massèna, all'inizio della avenue Fèlix Faure. Qua si trova un garage sotterraneo che conduce nel locale sifoni, dove l'amministrazione comunale misura le precipitazioni annue. Ogni piano del parcheggio è controllato da una telecamera: le immagini però si interrompono se si parcheggia un'auto tra la porta del locale sifoni e
la telecamera. Chi parte di qui si risparmia una deviazione di tre chilometri. Inoltre Spaggiari prende qui la corrente elettrica che porta via cavo nel suo tunnel; 4. Il terzo ingresso è ancora più vicino alla banca ma è anche più pericoloso: il chiusino sull'angolo tra rue de l'Hotel-des-Postes e rue Gustave Deloye. Gli attrezzi più pesanti, che sarebbe quasi impossibile trasportare altrimenti fino alla banca, vengono fatti passare di qui. Ad ogni modo questo accesso deve essere usato il meno possibile; 5. Sotto rue de l'Hotel-des-Postes passa una fogna che finisce in un vicolo cieco, in cui si possono scaricare detriti e terra scavati dalla galleria; 6. Il tunnel che conduce alla parete del caveau deve essere scavato a partire dalla fogna sotto rue Gustave Deloye, vicino al pozzetto di accesso che abbiamo definito pericoloso. A grandi linee il piano è pronto; restano da definire alcuni particolari. A Spaggiari mancano soltanto i professionisti per la sua esecuzione. All'inizio del 1976 contatta un gruppo noto come Le Gang des Marseillais. E' ormai dagli anni Venti che Marsiglia è la capitale francese del crimine; qui hanno conquistato i loro primi allori tutti i gangster, durante l'era della famigerata mafia dei fratelli Guerini. Anche se Nizza sta lentamente insidiando Marsiglia nel suo ruolo di fortezza del crimine, Marsiglia è e rimane la migliore scuola criminale. La gang mostra interesse per il piano di Spaggiari e manda un paio d'uomini a ispezionare la zona. Ma c'è un problema: il suo esperto di gallerie, un italiano soprannominato ´il muratore, è in galera. Deve essere liberato, a spese di Spaggiari. Albert beve la storia e sgancia 28.000 franchi. Poco dopo ´il muratore evade dal carcere di Bourges'. I Marsigliesi raggiungono il sistema fognario attraverso il garage sotterraneo di place Massèna e il locale sifoni. Ispezionano la strada sotterranea, guadano le fogne e studiano il luogo dove Spaggiari progetta di realizzare il suo tunnel. Il ´muratore saggia il terreno. ´Sembra semolino, dice. ´Occorrerà puntellarla per bene, la galleria. ** Gli autori - e naturalmente anche la polizia - conoscono il vero nome del ´muratore. Tuttavia, poichè non è ancora stato arrestato, ai sensi della legge francese non può essere identificato finchè non è stata provata la sua colpevolezza o ha confessato. Per lo stesso motivo il lettore troverà, di alcuni gangster, soltanto soprannomi o iniziali. Osservano poi la banca dal di fuori e l'accesso alla strada sotterranea lungo l'alveo del Paillon. Apprezzano il piano, ma Spaggiari non li convince. Rifiutano. Come già l'esercito, l'OAS e Pierre Lagaillarde, anche la gang di Marsiglia non crede ad Albert Spaggiari. Non si fidano di lui perchè lo ritengono poco realista, tendente alla megalomania e all'ossessione, e perchè è labile di carattere.
Gli restituiscono gli stivali e scompaiono. Rimane solo il ´muratore, forse perchè ha qualche senso di colpa. Almeno Spaggiari non ci rimette i suoi 28.000 franchi. Deve però mettere insieme da solo la sua squadra. E' il problema più complicato, e la scelta dei complici non è delle migliori. Esemplare, a questo proposito, è il reclutamento di Francis Pellegrin. In avenue Fèlix Faure c'è un caffè omonimo, il caffè Fèlix Faure, appunto. Il barman prepara ottimi cocktail a base di champagne e serve due dozzine di qualità differenti di whisky. Ci si mangia bene ed è frequentato da una clientela giovane, attraente e casual. Le macchine sono parcheggiate in doppia fila davanti alla porta (la cosa è molto ´in, a Nizza), e i marciapiedi sono invasi dalle motociclette. E' qui che Spaggiari si imbatte in Francis Pellegrin. E' uno di quei ladruncoli da due soldi che i francesi definiscono demi sel. La faccia deturpata dall'acne, è tutto fuorchè attraente. Non è nemmeno intelligente: anzi, è proprio stupido. E' arrivato di recente dalla vicina Beaulieu, località turistica. Si lascia impressionare da Spaggiari: Albert gli pare elegante, superiore, un genio pazzo di gran classe. Pellegrin non può credere che Spaggiari sia un semplice allevatore di polli. ´Anche Himmler allevava polli, dice Spaggiari. Pellegrin non sa se credergli. Francis è in difficoltà con Albert, non si sente sicuro. Con sua grande sorpresa, un giorno quel grand'uomo lo prende da parte: ´So di poter contare sulla tua discrezione. Devo trovare in fretta dei buoni contatti. Se mi aiuti non avrai certo a pentirtene. I topi delle fogne vengono reclutati quasi tutti così. Con quattro eccezioni: G. e P. sono algerini bianchi e membri dell'oAs, il capitano V. è un reduce del Vietnam e il ´muratore viene dai bassifondi di Marsiglia. Altri diciannove complici appartengono alla malavita di Nizza. Pellegrin incontra una persona che conosce un autista; Spaggiari ha un amico che conosce gente cui interessa far soldi in fretta... E questo è già uno dei molti enigmi che la polizia non riesce a risolvere. Ogni polizia criminale anche solo decente ha i suoi informatori nei bassifondi. Piccoli delinqùenti noti nell'ambiente che si guadagnano qualche soldarello fornendo, ogni tanto, qualche idea alla polizia. In Francia si chiamano indics. Di solito un professionista intelligente e di successo si tiene i suoi piani per sè. Si fida soltanto delle persone più vicine. Spaggiari invece racconta in ogni bar equivoco della città che cerca gente. E' incredibile che nessun informatore della città ne abbia avuto sentore. Eppure la polizia di Nizza pretende di non aver saputo niente dei piani di Spaggiari. L'incapacità, il disinteresse della polizia, il suo apparente trovarsi di fronte a un fatto compiuto si dipanano come un
filo rosso nella storia della rapina del secolo. Ci torneremo sopra. Spaggiari deve ora procurarsi il materiale; provvede con la cautela d'uso. Per trasportare gli attrezzi compra alcuni sacchi di tela olona. Provengono dalla Rinascente di Milano. Dieci paia di forbici d'acciaio svedese, fatte a Stoccolma, sono acquistate in contanti in Belgio. Si procura venti piccoli martelli, dodici cazzuole da muratore grandi e parecchie piccole. Trenta scalpelli di varie misure, un rotolo di sacchi di plastica, sei cariche di dinamite e tre fiamme ossidriche. Trenta pile tascabili di marca Slxper-Linlijet vengono acquistate in diversi negozi della città vecchia di Nizza e nel grande magazzino Cap 3000, perlopiù singolarmente. E Spaggiari monta su tutte le furie quando scopre che uno dei clienti se ne compra tre nello stesso negozio. Acquista una carriola e parecchi secchi per portar via la terra dalla galleria, puntelli da miniera e travi in legno per puntellare il soffitto, qualche sacco da cinquanta chili di cemento per le pareti. Il cavo elettrico lungo trecento metri se lo fanno con pezzi da quaranta e cinquanta metri procurati a Nizza, Mentone e Antibes. Albert compra due trapani elettrici AEG, un martinetto idraulico e una piccola lancia laser per cinquemila franchi. Può far fuori in un minuto fino a dieci centimentri di cemento armato. Albert allestisce un'esemplare cassetta di pronto soccorso, una cucina portatile! bombole del gas per le fiamme ossidriche, guanti di gomma e tute stagne di quelle usate dagli operai nelle fogne, con una montagna di guanti, da quelli spessi da lavoro fino a quelli sottilissimi da chirurgo. Compra un estrattore di quelli usati solo nell'industria. L'aria della galleria deve rimanere il più pura possibile. Gli uniCi oggetti rubati sono qualche centinaia di ganci a U usati per fissare il cavo elettrico al soffitto delle fogne. Sono scomparsi da un edificio in costruzione nei pressi di Grasse. Senz'altro uno dei delinquenti si è messo in tasca i soldi che Spaggiari gli ha dato per comprarli. Per percorrere qualche centinaia di metri di fogna con tutta l'attrezzatura Spaggiari comprò due canotti gonfiabili e una serie di camere d'aria da camion. Spatole, vanghe, cacciaviti, occhiali protettivi, piedi di porco: è una lista infinita. Gli acquisti sono compiuti in tutta Europa, senza dare nell'occhio, mai in grande quantità, quasi sempre in grandi magazzini. Spaggiari vuol fare in modo che gli attrezzi che la banda lascerà in
loco diano molto da fare alla polizia. Adesso ha bisogno di un posto sicuro dove nascondere tutta questa roba. Si procura una villa a Castagniers, un villaggio a pochi chilometri da Nizza. Avrebbe potuto portare il tutto nella sua fattoria ma ritiene che la villa sia più sicura. E questo è un errore.
Capitolo 3 Una donna gelosa
L'occhio della gelosia ode ogni cosa Dai Proverbi di Salomone La prima traccia dei topi delle fogne – così chiameremo d'ora innanzi gli uomini di Spaggiari - si trova già due settimane prima della maxi-rapina. La colpa è di una donna gelosa. E' la moglie di uno spedizioniere di media età che ama la vita e ha anche i soldi per poterselo permettere. Ha i capelli brizzolati, ma è in perfetta forma fisica. E' ancora molto attraente, per la sua età, e lo sa perfettamente. E' un gran burlone e gli piace mettersi in mostra ed esibire la sua muscolatura sulla spiaggia di Ville-neuf-Loubet. Gli affari gli vanno bene e ha un figlio di vent'anni. All'inizio del 1976 la moglie - la chiameremo Madame V. - scopre che il marito ha un'amante e le paga una villa a Cagnes-sur-Mer. Furibonda, contatta un avvocato per chiedere il divorzio. Finisce però col decidere di non fare niente, non dire niente e aspettare la fine della storia. Il giorno 8 luglio 1976 Monsieur V. compie un viaggio d'affari a Lione. La sera sua moglie scopre che nel pannello delle chiavi ne manca una. E' la chiave di una villa di Castagniers che non appartiene a Monsieur V. ma ad uno dei suoi amici. Costui vive nel centro della Francia e i signori V. si sono offerti di andare spesso a dare un'occhiata alla sua villa, aprire le finestre, accendere la radio, stare un po' in giardino, tanto per dare l'idea che la casa sia abitata e dissuadere eventuali ladri. Madame V. sospetta subito che il marito non sia andato a Lione. Pensa che si sia portato una ninfetta nella villa di Castagniers. Il giorno dopo, è il 9 luglio, Madame V. sale sulla sua Peugeot color crema e si dirige a Castagniers. Non sa bene cosa vuole, mentre percorre a circa ottanta chilometri l'ora la superstrada dietro l'aeroporto. Fuma una sigaretta dietro l'altra e il suo volto quarantenne mostra tracce evidenti di stanchezza e tensione. La villa non è lontana dalla superstrada, ma non si sente alcun rumore. In stile provenzale, è circondata da olivi; il tetto di tegole rosse crea un bel contrasto con la pietra viva color giallo uovo. E' inerpicata sulla collina e vi si gode una vista da togliere il fiato. La signora V. si ferma a una certa distanza. Vede che le persiane sono aperte. La villa è abitata.
Indugia un attimo, fa una brusca inversione di marcia, accelera e si allontana in fretta e furia. Ha visto abbastanza: è fermamente convinta che suo marito le è di nuovo infedele. Non ha però il coraggio di bussare alla porta e coglierlo sul fatto. Torna a casa, cercando di non piangere. Non è più responsabile dei suoi atti. Vede rosso e vuole solo essere sicura che suo marito sia davvero a Castagniers. E vuole che lui sappia che lei sa ciò che lui sta facendo. Vuole che si senta in colpa. Afferra la cornetta e telefona al proprietario della villa. ´Ha per caso affittato la villa?, gli domanda con tono indifferente. ´Assolutamente no. Che cosa glielo fa pensare? ´Ci sono passata davanti e ho visto le finestre aperte. Ho preferito chiedere prima che succedesse qualcosa. ´No, non dovrebbe proprio esserci nessuno. Lei ha le chiavi. vero'? ´Sì, mente lei. ´Suo marito non potrebbe mica andare a dare un'occhiata? ´Non c'è. E' a Lione per lavoro. Un lungo attimo di silenzio. Poi Madame V. prosegue: ´Sono inquieta. Negli ultimi tempi ci sono stati tanti furti sulla Costa Azzurra. Tutti questi hippies e delinquenti.... Queste ultime parole non mancano di sortire il loro effetto. ´Va bene, dice il proprietario. ´Dato che la villa è mia, adesso chiamo la polizia. La Francia ha due diverse strutture di polizia. Nelle grandi città c'è la Police Judiciaire, che dipende dal ministero dell'Interno. In campagna e nelle città più piccole l'ordine è garantito dalla Gendarmerie, che è inquadrata nell'esercito e dipende dal ministero della Difesa. I gendarmi sono sempre in uniforme e non hanno competenze specifiche in materia di criminalità. Sono quindi obbligati a trasmettere ogni notizia di reato alla più vicina Police Judiciaire. Il proprietario della villa di Castagniers chiama la Gendarmerie di Plan du Var. Risponde Claude Destreil. Come la maggior parte dei gendarmi, anche lui porta i capelli molto corti e indossa una camicia di lino blu. Come tutti i poliziotti di campagna anche lui, naturalmente, dimostra grande interesse per tutto ciò che è insolito. E poichè sul momento non ha altro da fare se non compilare noiosi rapporti di sinistro acchiappa il collega Patrick Gruau e si dirige verso la villa. Destreil parcheggia la piccola macchina di servizio blu sotto uno degli
olivi, e i due uomini si guardano dintorno. Gruau sale i sette scalini che conducono alla porta di ingresso e bussa più volte, senza ricevere risposta. I due uomini ammirano la vista sulla valle del Var. In effetti le persiane e anche una finestra sono aperte. Il garage è chiuso a chiave, ma riescono a sbirciare da una finestra. C'è una Peugeot nuova fiammante color grigio metallizzato. Prendono nota del numero di targa. Di effrazione comunque non c'è traccia. I gendarmi tornano in sede. Quello stesso pomeriggio scoprono che la Peugeot appartiene a un rappresentante di strumenti musicali di Bèziers, città della Francia meridionale a trecento chilometri di distanza. Alle diciotto tornano a dare un'occhiata alla villa. Stavolta hanno più fortuna. Davanti all'ingresso sono parcheggiate due auto di grossa cilindrata, una Mercedes e una Renault 17. Ci sono anche quattro uomini seduti sui gradini. Alle domande dei gendarmi, il più vecchio dei quattro dichiara: ´Abbiamo preso in affitto questa villa e aspettiamo un amico che deve portarci la chiave. Ma il proprietario della villa, al telefono, aveva insistito sul fatto di non aver affittato la villa a nessuno. I gendarmi chiedono i documenti e prendono nota di nome e indirizzo dei quattro: Dominique Poggi, 23, rue Founnillière, Antibes, nato il 16 febbraio 1926 a Farinole, Corsica; Daniel Michelucci, 20, rue Samatan, Marsiglia, nato il 6 ottobre 1947 a Marsiglia; Christian Duche, 36, esplanade de la Tourette, Marsiglia, nato l'8 marzo 1947 a Marsiglia; Alains Pons - senza documenti. ´Ad ogni modo noi sappiamo che il proprietario non l'ha affittata, la villa, dichiara Destreil. Poggi sorride. ´A dire il vero non l'abbiamo proprio presa in affitto, dice. ´Ce l'ha procurata un nostro amico, Raymond, che ora ci porta le chiavi. Potete controllare: ha un ristorante sulla spiaggia di St.-Laurent-du-Var. I gendarmi non perdono la calma, nè tanto meno si lasciano impressionare. Poggi rivela, in tono conciliante: ´Abbiamo un piccolo party stasera, solo per noi, capisce cosa voglio dire?.
I gendarmi non vedono ragazze nei dintorni e non credono davvero che questi quattro siano omosessuali. Destreil dice: ´Va bene, andiamo da Raymond. Poggi indugia: ´A dire il vero la chiave non ce l'ha lui. Ce l'ha un suo amico. ´E dove abita questo amico? ´Vicino allo stadio. ´Andiamo. I quattro uomini si alzano. D'un tratto i gendarmi avvertono il rombo di un motore. Si voltano e vedono il tettuccio di una macchina brillare tra gli alberi. La macchina si ferma, fa inversione e riparte. I gendarmi riescono comunque a identificarla come una Renault 5. I sei uomini lasciano la villa insieme: Destreil e Gruau nella macchina della polizia, Duche in Mercedes e gli altri tre in Renault. Sono diretti a casa di Madame V. La storia è cominciata... proprio qui, in casa sua, con i suoi sospetti sulla fedeltà del marito. E' in casa. C'è anche il figlio. Lei ha sicuramente pianto. Si ritrovano tutti e otto in soggiorno. Il gendarme Gruau chiede a Madame V.: ´Lei ha le chiavi della villa di Castagniers?. ´No, risponde lei. ´Le ha prese mio marito. Mi ha tradito nella villa con una puttana. ´Non è vero, la interrompe Poggi. ´Ha dato le chiavi a Raymond il quale a sua volta doveva darle a noi. Madame V. è oltremodo stupita: ´Ma perchè?. Poggi afferma, facendo l'occhiolino: ´Volevamo fare un piccolo party... Lei capisce cosa voglio dire. Destreil l'ha già sentita una volta, questa storia. Interrompe Poggi e si rivolge al figlio di Madame V.: ´Chiami questo Monsieur Raymond, per favore, e gli dica di venire subito qui. Gli dica che i suoi amici hanno bisogno di vederlo subito. Il giovanotto fa quanto gli è stato ordinato e Raymond arriva nel giro di un quarto d'ora. Quando suona alla porta i gendarmi ordinano ai presenti di lasciare la stanza. Vogliono interrogare Raymond da solo e vedere se la storia coincide. Ma Poggi è più veloce. Va ad aprire la porta e bisbiglia qualcosa
nell'orecchio di Raymond. Costui ha davvero un aspetto poco rassicurante, ma questo non basta per arrestarlo. Destreil guarda acido Gruau: ´Ci hanno messi nel sacco!. I gendarmi non si stupiscono che Raymond nel suo interrogatorio, confermi punto per punto la versione di Poggi. Fanno rapporto al barbuto capo della Gendarmerie di Plan du Var, Pierre Dufour. Nemmeno lui è contento del risultato e ordina ai suoi uomini di seguire il caso e tenere gli occhi aperti. A fine giornata una sola persona è davvero contenta: Madame V. Sa che suo marito stavolta non l'ha tradita. Nei giorni seguenti la Gendarmerie cerca di scoprire qualcosa di più Intanto nessuna delle due auto appartiene a uno dei quattro uomini. La Mercedes è intestata ad Alain Benisson 26, rue Massenole Marsiglia, nato il 3 settembre 1942. La Renault 17 appartiene a Louis Belayle, 88 avenue Camipelletan, Marsiglia, nato il 18 febbraio 1951 a Marsiglia. Risalgono anche alla Renault 5 il cui tettuccio hanno scorto durante l'inversione di marcia davanti alla villa. Una donna che abita nei pressi è stata quasi investita da quell'auto e ha quindi preso nota del numero di targa. Non sa descrivere il conducente, ma i gendarmi trovano ben presto il proprietario: Andrè Fènouil, 5 rue de Chapitre, Nimes, nato il 13 dicembre 1931 a Oran, Algeria. Fènouil ha precedenti penali. Ha scontato dodici anni di carcere per omicidio. La Gendarmerie di Plan du Var è composta da soli sei uomini: il capo Dufour i già citati Destreil e Gruaù e inoltre Andrè Diminato, Edmond Sanchez e Patrice Sloma. Sono tutti molto inquieti per quanto è accaduto nella villa di Castagniers. Ma non c'è motivo di fare rapporto alla polizia criminale di Nizza, perchè non esiste reato. E non possono certo trasmettere semplici sospetti. Inoltre ritengono il caso piuttosto eccitante. Non capita spesso che gli uomini in camicia di lino blu possano dimostrare di avere in serbo più cartucce dei poliziotti di città. Quei signori azzimati, coi loro abiti su misura e i loro dopo-barba esclusivi. Anche i gendarmi hanno i loro indizi, i loro informatori. Tra questi ce n'è uno particolarmente disponibile, perchè accetta scommesse illegali sulle corse dei cavalli. E' il proprietario di un bistrot. Davanti a un bicchiere di Vichy con sciroppo di fragole afferma facendosi schermo con la mano: ´I quattro di Castagniers sono stati da me. Hanno detto che stanno lavorando a un colpo sensazionale. A tanto sono già arrivati i gendarmi prima che la rapina del secolo sia partita. Il caso vuole che quella moglie gelosa procuri davvero qualche difficoltà a Spaggiari. La villa è il suo quartier generale. Qui ha
nascosto tutto il materiale per la rapina. E i gendarmi arrivano alla villa che è quasi mezzogiorno. La rapina è programmata proprio per la sera del giorno in cui i quattro uomini vengono sorpresi sui gradini della villa di Castagniers. Il colpo deve essere rimandato comunque perchè questo fine settimana a Nizza arriva un visitatore importante. Alle diciassette di sabato 10 luglio 1976 il jet privato Mystère 20 del presidente francese Giscard d'Estaing atterra all'aeroporto Nice-Cote-d'Azur. Quello di Var è l'unico dipartimento della Francia meridionale ad aver votato per lui alle ultime elezioni. Gli altri dipartimenti hanno votato per il perdente. Francois Mitterrand. Il presidente scende dall'aereo con un sorriso rilassato. Abbronzatissimo, indossa un abito grigio fatto su misura. Saluta la folla sulla terrazza dell'aeroporto. Percorre la Promenade des Anglais tra due ali di folla entusiasta che sventola il tricolore. Giscard d'Estaing è venuto per assistere a un'esercitazione della marina a St.Jean-Cap-Ferrat. Torna poi a Palais Massèna per un ricevimento ufficiale. Due ragazzine in costume nazionale gli offrono fiori; il presidente appone la sua firma sul registro d'oro della città. Il sindaco Jacques Mèdecin gli dona una scultura in corallo. Non è soltanto il primo cittadino della città, ma anche ministro del Turismo del gabinetto di Giscard, suo confidente e ottimo amico. Il presidente stringe la mano ad alcuni dei seicento ospiti riuniti per l'occasione. Uno di questi è un uomo ben vestito che indossa un abito di alpaca di taglio sartoriale e un cappotto gettato con disinvoltura sulle spalle. Muscoloso, ha l'andatura di un gatto e un volto scuro che rivela molto carattere. Negli occhi gli brillano ironia e allegria; tra i capelli scuri si intravede qualche filo grigio e il naso lungo sul mento forte è sempre pronto al sorriso. Sembra sentirsi a suo agio, ma non per questo osserva con meno attenzione. E' il fotografo ufficiale di Nizza, nonchè un buon amico del sindaco: Albert Spaggiari. Stavolta però non scatta fotografie e dedica tutto il suo interesse alle guardie del corpo del presidente. Alcune guardie del corpo hanno uno spillino rosso sul risvolto della giacca. Altre sono difficili da identificare. Spaggiari deve guardare una giovane donna due volte prima di riconoscere in lei un'agente: quando apre la borsetta per prendere la cipria scorge la pistola di servizio. Fuori, sui tetti, è tutto un brulichio di tiratori scelti che provvedono alla sicurezza del presidente. Rinforzi di polizia sono arrivati da Cannes, Tolone e persino da Marsiglia. Nizza è tutto un brulichio di piedipiatti. In città regnano rigorose misure di sicurezza. Con ogni probabilità hanno ispezionato anche le fogne, alla ricerca di eventuali bombe.
E' proprio di questo che ha paura Spaggiari. Il suo piano è andato a carte quarantotto. Ieri la donna gelosa di Castagniers e oggi controllano il sistema fognario. Per Dio, quanto lavoro e quanti soldi ha già investito in questo progetto. Per scavare la galleria dalla fogna alla parete del caveau ci sono voluti due mesi, maggio e giugno. In quel periodo, ogni due giorni la Peugeot 504 color grigio metallizzato entra nel garage sotterraneo di place Massèna e si mette davanti alla telecamera in modo da oscurare l'ingresso del locale sifoni. Poi una Citroen 2cv familiare segue il Peugeot senza essere scoperta dalla telecamera. Il ´muratore e i suoi assistenti scendono dalla macchina, prendono i loro attrezzi e attraverso il locale sifoni raggiungono le fogne e le percorrono fino a raggiungere la galleria. Due uomini lavorano all'ingresso e spaccano la terra con i picconi; un altro con la vanga ammucchia la terra in sacchi che trasporta in una fogna cieca usata come discarica. Il diametro della galleria, all'ingresso, non supera i sessanta centimetri. Spaggiari ha voluto che fosse simile a quelle realizzate dall'amministrazione comunale o dalla società dei telefoni: l'ingresso e le pareti sono verniciati con lo stesso colore impiegato anche dal comune. Nel caso in cui qualche operaio transitasse da quelle parti, infatti, era importante che a nessuno venisse il dubbio che non si trattasse di un'opera pubblica. Prima della visita del presidente Giscard d'Estaing i topi delle fogne ne murano l'ingresso e lo dipingono accuratamente del colore comunale. Man mano che gli scavi procedono il ´muratore puntella il soffitto e cementa le pareti. E' un professionista, figlio d'un imprenditore edile, ma ha sempre preferito conquistare i suoi allori nel campo della criminalità piuttosto che nell'architettura. Sorveglia il lavoro con la massima precisione. Ogni tanto si fa vivo anche Spaggiari e controlla che tutto proceda per il meglio. Porta sempre qualche bottiglia di vino, per le gole secche e impolverate degli operai. Una volta chiede loro di azionare il trapano elettrico a tutto volume mentre lui si trova di sopra, sulla strada. Non si sente proprio niente. Scavare l'estremità della galleria è un tormento, per quegli uomini. Una notte uno di loro sviene. E' il panico. Il più giovane della squadra, un certo G., perde la testa e vomita. Lo accompagnano nel locale sifoni e poi a casa. Da questo momento Spaggiari impone una rigorosa organizzazione del lavoro. Ogni gruppo può scavare ogni tre giorni. Prima di scendere in galleria non possono bere nè alcool nè caffè e devono aver dormito almeno dieci ore. Dà loro pasticche di tranquillanti e tiene sempre pronto un cardiotonico. Ognuno lavora dieci minuti e deve subito riposare altri dieci minuti. Porta l'estrattore di fumo, per mantenere pulita l'aria nella galleria. In questo periodo elabora un perfetto sistema di sentinelle.
La sentinella numero 1 è appostata in una Renault 5 all'ingresso del garage sotterraneo. In caso di pericolo correrà nel locale sifoni ad avvertire Marcel. Marcel correrà allora lungo la strada sotterranea fino alla fogna della galleria e darà l'allarme con un fischietto. La sentinella numero 2 è appostata nel punto in cui il fiume confluisce nella strada sotterranea, su una motocicletta. In caso di pericolo anch'essa raggiungerà la fogna della galleria e darà l'allarme con un fischietto. Gli uomini che lavorano in galleria hanno comunque la possibilità di fuggire dalla parte opposta rispetto a quella da cui giunge il pericolo. Per maggior sicurezza, tuttavia, la Renault 5 e la motocicletta si tengono in contatto via radio. Spaggiari vorrebbe tenersi in contatto radio anche con gli uomini in galleria ma il cemento armato lo rende impossibile. Sperimentando i segnali di allarme con i fischietti hanno scoperto che gli uomini in galleria li sentono da una distanza di duecento metri anche quando tutti i trapani funzionano a pieno ritmo. Hanno anche misurato il tempo impiegato dal motociclista dall'ingresso della strada sotterranea alla fogna: non più di un minuto e quindici secondi. Una notte, è la prima settimana di luglio, i topi delle fogne raggiungono la parete del caveau della banca. Liberano un metro di diametro e lasciano cadere gli attrezzi. Il ´muratore cementa l'ultimo tratto e controlla il suo lavoro. E' tutto pronto. La visita del presidente ha rimandato la realizzazione dell'impresa, ma nessuno scopre la galleria di Spaggiari. La storia della villa di Castagniers ha causato qualche preoccupazione, ma sembra che i gendarmi si siano dati una calmata. Il giorno X è venerdì16 luglio. I signori si preparano alla rapina del secolo.
Capitolo 4 La rapina “Quando la realtà supera la fantasia” Titolo a caratteri cubitali su Nice-Matin del 21 luglio 1976
Il cinese inchioda. Le gomme del Land Rover stridono. I quattro uomini sui sedili posteriori tengono strette le bottiglie di vino perchè non cadano. Il conducente dell'autobus di linea col quale il Land Rover stava per scontrarsi lancia imprecazioni furibonde quanto oscene. Riparte in direzione di rue de l'Hdtel-des-Postes solo quando si è calmato. Il cinese si terge il sudore dalla fronte con un fazzoletto a quadri. ´Vaffanculo, dice uno degli uomini. ´Non è stata colpa mia, risponde il cinese. ´Questo autobus di merda... ´Vai avanti. ordina Spaggiari seduto accanto al cinese. ´Nessuno ce l'ha con te. Ora a sinistra. Con ostentata tranquillità pianta i piedi sulla scatola dei guanti e si accende un sigaro. Al cinese il Land Rover non piace, ma Spaggiari ha insistito per usarlo. Gli ricorda la guerra d'Indocina. Ma al cinese non piace neppure quella guerra. Per essere precisi, non gli piace nemmeno Spaggiari. Gli dà sui nervi, con tutte le sue arie. Svolta in avenue Pauliani e la segue fino a place du xv Corps. All'altezza della chiesa di Notre-Dame-Auxiliatrice entra in place Don-Bosco. In una via laterale si leva un'alta muraglia: là dietro c'è il carcere della città. Spaggiari mordicchia il suo sigaro e si gira verso gli uomini di dietro. ´Siamo partiti dalla prigione: non è di buon auspicio? Nessuno ride. Henri il saldatore incrocia due dita in segno di scongiuro e parla del Tour de France. Gli altri non lo stanno troppo a sentire. Sono nervosi. Soltanto un pazzo può rimanere tranquillo, in questo frangente. Il Land Rover raggiunge la sponda sabbiosa del Paillon e si ferma. L'insegna luminosa rossa-bianco-blu della Gendarmerie è spenta. Anche il padiglione fieristico della città è immerso nel buio più fitto. Il cinese lampeggia con i fari: due lunghi, uno breve. Tutto a posto. Il cinese manovra il Land Rover sulla rampa di sabbia. L'uomo che ha risposto alla sua segnalazione si avvicina alla macchina. Un altro
elimina la sbarra che impedisce l'accesso alla strada sotterranea. Il Land Rover scompare nella galleria e si ferma. Spaggiari salta a terra. ´Tutto a posto? ´Sì. L'uomo che gli risponde estrae dalla tasca un walkie-talkie e preme il tasto di trasmissione: ´Qui Roseau, dice piano. ´Il trasporto è stato completato. Passo. L'altoparlante cigola leggermente e poi si ode una voce: ´Qui Massèna. Potete portare l'attrezzatura. Spaggiari si rivolge all'uomo con la lampada tascabile: ´Dov'è la moto?. L'uomo fa un cenno con la testa. ´Laggiù Calmati! Spaggiari aggrotta le sopracciglia. Nel chiarore della sua lampada tascabile l'uomo si accorge di questa reazione. ´Scusa, dice con tono di rammarico. Spaggiari ammonisce: ´Se succede qualcosa.... ´Vi avverto nel giro di un minuto e quindici secondi. ´Poi lasci la macchina e ti dilegui attraverso il garage sotterraneo. ´Sarà fatto. Spaggiari si riarrampica sul Land Rover. Il cinese accende le luci di posizione e procede lentamente sotto l'arco della galleria. Il motociclista e l'uomo con la lampada tascabile rimettono la sbarra al suo posto. Il Land Rover accelera e il cinese accende i fari. Illuminano i resti di un vecchio cantiere: sacchi di cemento, mattoni, carta di giornale, travi marce. Un tempo si era parlato di trasformare questa strada sotterranea in una superstrada per alleggerire il traffico della Promenade des Anglais. Ma il progetto fu presto abbandoriato. Da anni gli unici a utilizzare questa strada sono gli operai comunali addetti alla manutenzione delle fogne. La macchina svolta a sinistra sotto un arco; si sente il placido gorgoglio del Paillon. Un piccolo esercito di topi spaventati rimane immobile davanti ai fari e scompare dietro una catasta di legna semimarcia. L'aria è pesante. Poco più avanti la luce illumina un gruppo di uomini che attendono Spaggiari. Il Land Rover rallenta e si ferma accanto a loro.
Il secondo gruppo di topi delle fogne è giunto da place Massèna, attraverso il garage sotterraneo e il locale sifoni. Indossano stivali di gomma e guanti; hanno due canotti gonfiabili e parecchie camere d'aria per camion. Aspettano sulla strada sotterranea, pronti a trasportare il carico attraverso i canali. Non lontano da loro, in una camera d'albergo, un medico si stiracchia su una sedia a dondolo. Per le sessanta ore che seguono è a loro completa disposizione. E' stato radiato dall'ordine dopo molteplici condanne per aborto. Ora è ben contento quando la mala gli affida qualche lavoretto. Dà una mano quando un paziente deve essere curato senza che la polizia lo venga a sapere. Per ferite da taglio o da arma da fuoco, poniamo. Non è certo un lavoro a tempo pieno, al massimo una specie di pensione. Spaggiari non gli ha raccontato che cosa succederà questo fine settimana, ma non è difficile immaginarlo. I problemi medici che gli sono stati prospettati sono abbastanza indicativi: fenomeni di soffocamento, claustrofobia, escoriazioni e svenimenti. Da qualche parte qualcuno scava una galleria. Al medico i particolari non interessano. Lunedì mattina riceverà il suo compenso, tornerà a casa e sarà colpito da un vuoto di memoria totale. Bisogna pur sopravvivere. Oggigiorno l'aborto è legale in mezzo mondo mentre a lui l'ordine dei medici ha proibito proprio per questo di esercitare la professione. Ironia del destino. In Avenue Verdun, vicino alla banca ma non troppo, è parcheggiata una Renault 4 che sembra proprio un mezzo della società elettrica. Ci sono dentro cinque bombole del gas e un martinetto idraulico. Il martinetto è un elemento indispensabile dell'attrezzatura della banda, ma è molto pesante. Tutto il resto Spaggiari può trasportarlo su canotti e camere d'aria, ma il martinetto affonderebbe irrimediabilmente nel fango delle fogne. Deve quindi essere calato attraverso l'apertura vicino alla banca. E' la parte più pericolosa di tutta l'operazione. Gli uomini sulla Renault fumano nervosi in attesa del segnale di partenza. Sulla strada sotterranea gli uomini aprono lo sportello posteriore del Land Rover. L'atmosfera è tesa, nessuno parla. Per incoraggiarli Spaggiari stringe la mano a tutti, scherza e sorride. Funziona. Scaricano il materiale e danno inizio al trasporto. Il ´muratore ha portato anche alcuni materassini gonfiabili. Canotti, materassini e camere d'aria vengono legati assieme in modo da formare una lunga chiatta. Completato il carico il corteo si mette lentamente in marcia attraverso i canali, guidato dal ´muratore. Avanzano in direzione di rue Chauvain, svoltano a sinistra sotto rue Gioffredo e poi a destra sotto rue St.-Michel. Mancano solo duecento metri alla banca. Il cinese impreca perchè gli stivali di gomma rimangono incollati al fitto fango della fogna.
Il convoglio si ferma all'ingresso della galleria, scavata in settimane di lavoro. Il ´muratore si infila dentro e srotola la stuoia di sisal per facilitare il trasporto del materiale lungo gli otto metri di galleria. Gli altri cominciano a scaricare. C'è puzzo di cloaca e di acetone. Henri il saldatore appoggia due bombole del gas alla parete, aziona la fiaccola da taglio e abbassa la mascherina blu dei suoi occhiali. Dà al corso un'ultima lezione. Apre la valvola del gas e afferra il suo attrezzo. La lunga fiamma arancione proietta un'ombra enorme sulla parete della galleria. ´Se regoli la fiamma in modo che sia più piccola, ricordati che è più calda. Procede alla dimostrazione pratica: la fiamma si fa azzurrognola e sibila. Estrae dalla sua sacca da marinaio una stecca di lega da saldatura e vi dirige la fiamma. ´Tieni la fiamma sempre verso il basso, spostandola a poco a poco. Altrimenti il metallo non regge e gocciola. Dal canale arriva un urlo: ´No, merda!. E' il cinese. Qualcuno ride. ´Cos'è successo? ´E' scivolato e si è riempito gli stivali di questa salsina. Le risate allentano la tensione. Portano l'attrezzo nella galleria, mentre l'imbarcazione va a ritirare un nuovo carico. Nei novanta minuti che seguono dalla strada sotterranea arriva nella galleria una tonnellata di roba. Il ´muratore ispeziona il soffitto della galleria e scopre che parecchi puntelli non tengono più e stanno già sprofondando nel fango. Li fissa daccapo. Nel garage sotterraneo di place Massèna qualcuno scende dalla macchina e infila il cavo elettrico nella presa di corrente. All'istante due proiettori rischiarono il tunnel. Una pattuglia della polizia passa per place Massèna. Nella Renault 5 la sentinella si porta il walkie-talkie alle labbra. ´Qui Massèna. Il gabbiano vola basso. All'ingresso della strada sotterranea l'altra sentinella risponde: ´Ricevuto. Urla al motociclista: ´Piedipiatti al garage sotterraneo. Il motociclista sale sul suo mezzo e mette in moto. La pattuglia passa davanti all'ingresso del garage e prosegue verso avenue Jean Mèdecin. La sentinella della Renault 5 scoppia in una risata liberatoria: ´Tutto a posto, esclama nel walkie-talkie.
Il motociclista scende dal suo mezzo e lo rimette sul cavalletto. Sabato, ore 1,30 Il ´muratore e il còrso, fianco a fianco nella galleria, lavorano di trapano. Le lampade da 200 watt e le fiamme ossidriche alzano sensibilmente la temperatura. I due uomini sono in un bagno di sudore. L'estrattore lavora a pieno ritmo. Il muro di cemento armato del caveau è spesso trenta centimetri, ma nelle ultime settimane i topi delle fogne lo hanno già ridotto della metà. La prima notte in cui hanno lavorato con i martelli pneumatici Spaggiari si era appostato davanti alla banca: nessun rumore. Il ´muratore e il còrso praticano quattordici fori a distanza di un centimetro e mezzo l'uno dall'altro. Poi indietreggiano e cedono il posto al cinese. Spaggiari porge loro fazzoletti e bottiglie di acqua minerale, che si scolano assetati. Il cinese attacca la parete di cemento con martello e scalpello. Porta la mascherina protettiva ma una scheggia l'ha ferito sulla guancia. Dà cinquanta colpi col martello grande e trenta con quello piccolo. Poi indietreggia e cede il posto a P. Nessuno riesce a dare più di ottanta martellate consecutive. Dietro di loro un quinto uomo ammucchia le macerie nei sacchi che un sesto porta via con la carriola. Il ´muratore svuota la bottiglia d'acqua e appoggia un braccio sulle spalle di Spaggiari. ´Che cosa ci perdiamo oggi alla tivvù? ´Gli Irriducibili, dice Spaggiari. Ridono tutti. P. porta a termine le sue ottanta martellate e Spaggiari annuncia una pausa. Spegne i proiettori e lascia accesa soltanto una lampadina da 25 watt, in modo che dalla fogna possa affluire un po' d'aria fresca. Prende un thermos da una borsa e versa a tutti un po' di caffè. L'atmosfera è rilassata, ma poco prima c'era stato un momento critico. Gli uomini si aspettavano di poter usare il laser quando d'un tratto Spaggiari ha dichiarato che non era possibile: troppo calore e gas di scarico per poter essere usato in uno spazio così angusto. Soprattutto se non si dispone di abbigliamento atto all'uopo. L'aveva comprato soltanto per incoraggiarli, il laser. Fioccano osservazioni nervose: si rendono conto che senza laser dovranno lavorare un'altra notte con trapano e fiamma ossidrica. Ma Spaggiari ci aveva contato: sono troppo vicini alla meta per rinunciare. Il momento critico passa. Arriva Marcel, la sentinella del locale sifoni: ´Come va?. ´Che ci fai qui?, gli abbaia Spaggiari.
´Roger mi ha dato il cambio. A dire il vero Roger sta scontando una condanna di tre anni nel carcere di Marsiglia. Sfrutta però a modo suo il fine settimana di libertà a Nizza, concessogli per visitare la mamma. Invece di andare a casa ha pensato bene di guadagnare un milione di franchi, prima di tornarsene in cella. ´Come va?, ripete Marcel. P. risponde: ´La parete comincia a suonare a vuoto. Secondo me ci siamo quasi. Dovrebbero mancare poche ore. Sabato, ore 10,00 Gli scalpelli hanno perso il filo e gli uomini sono distrutti, ma la parete regge ancora. Quattro uomini sono accasciati sulla stuoia, troppo stanchi per muoversi: il ´muratore, Henri il saldatore, Marcel e Roger. Nella fogna altri otto fanno esercizi di ginnastica calzando stivali di gomma per liberarsi dai crampi. Roteano e distendono le braccia, fanno piegamenti. Non riescono però a stare in piedi. Roger brontola: ´Domani siamo sempre qui. Dobbiamo ricorrere al laser. ´No, lo interrompe Spaggiari. ´Ti rendi conto di cosa vuol dire una temperatura di cinquemila gradi in un ambiente così piccolo? Finiremmo arrosto come tanti polli. ´Potremmo montarlo nella fogna e lavorare da laggiù ´I gas di scarico ci soffocherebbero. Inoltre il gas uscirebbe dai chiusini e finirebbe per strada. Tanto vale consegnarci subito alla polizia. Silenzio di tomba. Spaggiari si accende un altro sigaro. ´Chi vuol tagliare la corda non ha che dirlo! Il ´muratore annuisce stanco, si alza e torna al muro del caveau. Il cinese lo segue. Spaggiari tira un sospiro di sollievo. Ha superato un altro momento critico. Sabato, ore 16,00 ´Santa Madre di Dio! Il ´muratore ce la sta mettendo tutta. Sembra che lo scalpello gli si sia saldato in mano. Gli bruciano gli occhi, fa un caldo maledetto, e ha assolutamente bisogno di dormire. Un pezzettino alla volta il cemento si stacca dall'acciaio. A un certo punto il ´muratore perde ogni controllo. Conficca lo scalpello nel cemento e assesta una martellata con tutta la forza che gli rimane. Il cemento cede. Lo scalpello si rompe e la violenza del colpo sospinge nel buco l'impugnatura dello scalpello e il pollice del
´muratore. Lancia un grido di dolore e disperazione; poi sviene. Ce l'hanno fatta. Con un balzo Spaggiari gli è accanto. Con cautela estrae la mano del ´muratore dal buco. Rabbrividisce: sembra carne cruda. Gli fa un'iniezione di novocaina. Solo allora dà un'occhiata alla parete del caveau. ´Allora?, domanda il cinese. ´Ce l'abbiamo fatta!, esulta Spaggiari. ´L'abbiamo passata, questa parete di merda! Tutti ridono e applaudono. Ci vogliono cinque ore prima che il buco sia abbastanza grande da far passare comodamente un uomo. Il ´muratore non ce la fa più e va avanti a forza di tranquillanti. Nessuno però ha il tempo di compatirlo. Sono tutti troppo occupati. Quando salta l'ultimo pezzo di cemento, il cinese taglia l'ultimo tondino e lo piega. A questo punto fa cenno a Spaggiari di avvicinarsi. Albert si inginocchia sulla stuoia di sisal e guarda attraverso l'apertura. Dall'altra parte c'è proprio quanto si aspettava. Una delle casseforti che custodiscono le cassette di sicurezza. Pesano trenta tonnellate, gli ha detto un impiegato della banca. Spaggiari si volta e dice a Renè: ´Svelto, avverti Marcel. Sabato, ore 21,00 Renè, detto da tutti ´il poeta per gli occhi romantici e i capelli lunghi, si precipita lungo le fogne con le mani che sfiorano le pareti. Raggiunge la strada sotterranea e corre al locale sifoni dove Marcel è in attesa. ´Il martinetto idraulico, dice. Marcel scompare nel garage e risale di corsa la scala che porta all'uscita di avenue Fèlix Faure. Con la sua lampada tascabile lancia due brevi segnali per strada. La Renault 5 in attesa lancia altrettanti segnali con i fari, mette in moto e si reca in avenue Verdun. La Renault 4 che sembra un mezzo della società elettrica è parcheggiata a fari spenti. Nel passarle accanto la Rersault 5 dà un breve colpo di clacson. Captaine V., il veterano del Vietnam, e G., l'algerino, non attendevano in auto, ma seduti sul muretto del parco Albert l. Hanno atteso ventiquattr'ore, molto di più del previsto. Guardano la Renault 5 scomparire in rue Paradis e salgono in macchina. Si infilano le tute stagne e i berretti da operai della società elettrica. L'algerino mette
in moto. Si fermano sulla Promenade des Anglais al semaforo rosso davanti all'Hotel Meridien. Sull'angolo due poliziotti controllano la patente a tre motociclisti. Scatta il verde. L'algerino fa il giro dell'isolato. Avenue des Phocèens, place Massèna, rue Gioffredo e rue St.-Michel. La Renault 4 si ferma all'incrocio tra rue Gustave Deloye e rue de l'Hotel-des-Postes. L'algerino toglie la chiave dal quadro e i due uomini scendono di macchina. Si muovono in fretta cercando però di sembrare il più naturali possibile. Come se avessero ogni diritto di parcheggiare lì. Sul marciapiede opposto alcuni clienti abituali della Taverne Alsacienne, seduti davanti a un Gewurztraminer, lanciano loro un'occhiata annoiata. L'algerino mette fuori una lampada di segnalazione e un cartello ´Lavori in corso. Captaine V. apre il baule dell'auto e ne estrae un piccone. Lo usa per sollevare un chiusino con su scritto Pontamousson. Poi scende nell'apertura. L'algerino solleva il martinetto idraulico con incredibile dispendio di energie. Con grande cautela lo lascia scivolare nel pozzetto attraverso il chiusino aperto. Captaine V. prende in consegna il carico e lo passa agli uomini in attesa nel canale. Poi risale per strada e rimette il chiusino al suo posto. I due uomini in tuta stagna rimuovono la lampada di segnalazione e il cartello stradale. L'algerino mette in moto e si allontana. La Renault 4 è rimasta parcheggiata in questo punto critico ventisei secondi. Nel canale riaccendono la luce. Il cinese e il còrso si caricano il martinetto sulle spalle. Muti e attenti, lo trasportano fino all'ingresso della galleria. Li dirige il ´muratore. Ha il pollice bendato e il braccio appeso al collo. Spingono il martinetto fino all'apertura nella parete del caveau facendolo rotolare sulla stuoia di sisal. Roger, il detenuto in libera uscita, appronta un ancoraggio per il martinetto. Ha scelto una trave pesante che incunea tra suolo e soffitto della galleria. Spaggiari e P. issano il martinetto incuneandone la base nell'ancoraggio in legno e manovrandone la testa attraverso il buco nel muro, verso la cassaforte. Con tutte le sue forze, il cinese pompa il martinetto contro la cassaforte d'acciaio da trenta tonnellate. Il pesante attrezzo è ora fissato a dovere e Spaggiari e P. possono lasciare la presa. Il cinese continua a pompare. Il colosso deve essere spostato di cinquanta centimetri, per fare abbastanza posto agli uomini. Spaggiari ha fatto calcoli precisi. Qualche centimetro di più e la cassaforte si ribalterebbe in avanti, precipitando sul terreno.
Il cinese si terge il sudore che gli inonda il volto. P. ha provveduto alle misurazioni e la distanza tra cassaforte e parete va bene. Renè ha preparato una trave lunga cinquanta centimetri. ´Okay, basta così, dice P. Il mostro si è inclinato in avanti di cinquantadue centimetri. Renè infila la sua trave parallela al martinetto, e il cinese allenta la pressione finchè il peso non poggia sulla trave. Il legno scricchiola e cigola, ma tiene. Il cinese riappoggia il martinetto idraulico sul pavimento. Spaggiari si infila nel buco ed entra; nel caveau.
Capitolo 5 A man bassa Un festino porno-gastronomico per gangster-milionari Titolo a caratteri cubitali sul Daily Express Domenica, ore 2 La lampada tascabile di Spaggiari sfiora la scarna mobilia del caveau: tavoli d'acciaio, vecchie sedie, casseforti. Un mondo morto. Henri il saldatore lo segue attraverso il buco tirandosi dietro la fiamma ossidrica e due bombole del gas. Sa cosa fare. Svelto, senza parlare, attraversa il caveau. Aziona la fiaccola e salda la porta al suo telaio, con la massima precisione. Nel caso in cui qualcuno della banca voglia scendere nel caveau di domenica, troverà la porta chiusa dall'interno. Nel frattempo i topi delle fogne avrebbero tutto il tempo di scomparire. Il còrso spalma cemento fresco su tutto il telaio e sigilla ogni fessura. Lo stesso fa con le grate di ventilazione aperte nelle pareti del caveau. Adesso dal mondo di fuori non filtrerà più aria nè fumo nè rumore. Soltanto adesso Spaggiari accende la luce al massimo. Arriva il resto della squadra con gli attrezzi necessari. Si mettono al lavoro con entusiasmo. Il pugile prende una sega d'acciaio e abbatte la grata che separa la stanza delle cassette di sicurezza dalla sacrestia con le riserve della banca. Passa poi alla grata della cassa continua. Il cinese e il còrso si occupano delle casseforti con le cassette di sicurezza. Ne distruggono i cardini e poi praticano un buco di venti centimetri nella porta. Poi infilano una leva e le spaccano con piccone e scalpello. A questo punto aprire le singole cassette è un gioco da ragazzi. Sono fatte di metallo sottile che ammorbidiscono con la fiamma ossidrica. Poi le aprono col martello e le disancorano con il piede di porco. Incombono attacchi d'isteria e crisi di nervi. Un momento i topi delle fogne lavorano tenaci, con calma e professionalità, consapevoli del pericolo di essere colti sul fatto e concentrati sulla necessità di portarsi via nel giro di ventiquattro ore quanto più bottino è possibile. Il momento dopo ridono in preda a una gioia indicibile. E' il momento che tutti aspettavano, da mesi. La tensione di una
giornata e più trascorsa nelle fogne prima di abbattere la parete del caveau aveva tirato i loro nervi come corde di violino. Non se ne rendono ancora conto: sono nella caverna di AlìBabà, con una porta d'acciaio saldata che li protegge dall'esterno soli con tutti i loro sogni di ricchezza: pile di lingotti d'oro, sacchi di contanti, montagne di gioielli di valore inestimabile. Sono sul punto di impazzire. Nel caveau risuona una risata vacua. Il poeta è in preda a un attacco di convulsioni. Il cinese afferra un fascio di titoli di Stato e li fa volare: ´Facciamone coriandoli!. Gli altri seguono il suo esempio. Per tutta la stanza volano obbligazioni, certificati di credito, contratti, testamenti, banconote e cambiali. Sembra di essere in un film muto. Solo Spaggiari e il ´muratore rimangono in disparte. Il muratore, ancora sofferente per la ferita al pollice, afferma: ´Questi documenti valgono denaro. Ci sono assegni al portatore che possono essere incassati da chiunque. Non corriamo alcun rischio. ´Te lo puoi scordare, amico!, dice Spaggiari. ´Troveremo più contanti, oro e gioielli di quanto riusciremo a portar via. ´Non capisco perchè dovremmo buttare il denaro dalla finestra. Spaggiari si irrigidisce: ´Ne abbiamo già discusso in precedenza. Prendiamo soltanto oro, contanti, pietre preziose e gioielli... tutto il resto te lo puoi scordare. Trova che l'isteria sia durata abbastanza. Tranquillizza ciascun membro della sua squadra. Quando è tornato il silenzio, annuncia: ´Splendido, ragazzi. Facciamo una pausa e mangiamo qualcosa di decente. La proposta è accolta con un grande ´Urrà!. Nelle ultime trentasei ore hanno ingurgitato soltanto tavolette di cioccolata e acqua minerale. Come un mago che estrae il coniglio dal cilindro Spaggiari fa miracolosamente comparire leccornie d'ogni genere: deliziosi patè di fegato, salame, salsicce all'aglio, pietanze precotte, minestre in barattolo, datteri freschi, uva e arance. Il ´muratore mette sulla cucina portatile una pentola d'acqua minerale e domanda: ´Chi vuole un'ottima minestra di piselli con lo speck?. Un'altro scherza: ´La prossima volta devi portare una cucina più completa e prepararci una torta. Il cinese trova una pizza precotta avvolta nel cellophane. ´Robaccia di plastica, sentenzia. Poi scopre del patè fresco di fegato d'oca e vi si precipita entusiasta.
Henri il saldatore allestisce sul tavolo d'acciaio un buffet appetitoso. I titoli delle cassette fungono da tovaglia. Il menu: pesce, cipolle crude, patè, yogurt e biscotti. Spaggiari afferra un piatto d'oro con inciso uno stemma nobiliare e lo porge al ´muratore. ´Vorrei un po' di minestra. Il poeta apre una bottiglia di Marfnat-Village ed empie il calice d'oro di Henri il saldatore. ´Avremmo potuto permetterci un vino migliore, dice Henri. ´Forse Monsieur avrebbe preferito uno Chateau Lafitte Rothschild '61 O un Gevrey Chambertin '59?, scherza il poeta. ´Monsieur non crede che ci siamo trascinati già abbastanza roba per queste maledette fogne? Il còrso, a sedere su una bombola del gas, guarda alcune foto trovate in una cassetta di sicurezza. Poi tracanna il suo vino. ´Ne ho viste di meglio, dice mostrandole in giro. Opera di dilettanti, ritraggono uomini e donne di mezza età che tentano l'atto sessuale in tutte le posizioni possibili. Alcune facce sono riconoscibili e sembrano raggianti di soddisfazione. ´Sono membri di spicco dell'alta società, dice uno. ´Smascheriamoli, e incolla qualche foto alla parete. Spaggiari chiama il ´muratore, che si è messo a fare il cuoco. ´Be', cameriere, a che punto siamo con il caffè? ´Subito, signore. Spaggiari distribuisce sigarette e sigari. D'un tratto uno dice: ´Sss! Per l'amor di Dio, state un attimo zitti!. Non si sente volare una mosca. Lo percepiscono tutti: un rumore bassissimo ma distinto che giunge dalla stanza della cassa continua. Spaggiari attraversa in punta di piedi il caveau e va nell'angolo da cui proviene il rumore. La Rolls-Royce bianca si ferma in rue de l'Hotel-des Postes; ne scendono tre uomini. Uno di loro ha la borsa con i soldi; gli altri due sono le guardie del corpo. Sono tutti e tre giovani, alti, atletici e armati. Si guardano intorno nervosi sulla strada illuminata dalla luna. Hanno paura, come chiunque abbia in tasca circa duecentomila franchi. In quella borsa ci sono gli incassi di un lungo sabato sera al casinò. I giocatori abituali di Nizza hanno perso, ma quei soldi provengono in gran parte dalle tasche dei turisti: inglesi, tedeschi, americani e arabi, soprattutto arabi. I tre uomini non sanno con precisione quanti soldi ci siano nelle cassette d'acciaio che qualcun altro ha riempito e sigillato, al
casinò. Ma sanno che sono maledettamente tanti. Una somma per cui vale la pena ammazzare qualcuno. In fin dei conti succede tutti i giorni, a Nizza. Si avvicinano all'apertura della cassa continua. Le due guardie del corpo controllano destra e sinistra. La tensione è grande. L'uomo con la borsa la apre e infila le cassette chiuse nella cassa continua. I tre uomini si rilassano. Il denaro è al sicuro. Risalgono sulla Rolls e se ne vanno. Spaggiari aspetta nella stanza della cassa continua a braccia aperte. Prende in consegna la cassa del casinò con un sorriso diabolico. Si inchina grato: ´Molte grazie, Monsieur, buona notte!. Gli altri lo trovano grandioso. Spaggiari apre le cassette e dà un'occhiata ai contanti. ´Quasi un milione, calcola. ´Deve essere la cassa del casinò. Spegne il sigaro e torna alle cassette di sicurezza. Gli altri lo seguono. Il tempo comincia a scarseggiare. Ancora una volta Spaggiari organizza il lavoro in modo esemplare, costringendo gli uomini a fàre pause e riposarsi. Il cinese vuol lavorare senza interruzioni ma per Albert non se ne parla nemmeno. ´Stiamo già in piedi a fatica. La luce nel caveau si affievolisce e viene a mancare anche l'ossigeno, per via dell'estrattore del fumo. Non è facile per Spaggiari incoraggiare i suoi uomini. A un certo punto compare Roger: ´L'acqua sale. Deve piovere, fuori. ´Noi siamo al sicuro, dice il ´muratore. ´Le fogne resistono a qualsiasi temporale. Roger vorrebbe qualcosina da mangiare. ´Fegato d'oca, esulta. ´Nient'altro che patè di fegato d'oca. E' quel che ci vuole per un avanzo di galera. Domenica, ore 22.00 Il gioielliere entra nel garage sotterraneo. Marcel lo accompagna nel caveau, attraverso le fogne. Cammina nauseato in quell'acqua putrida. E' un uomo sensibile, dai movimenti aggraziati. Marcel gli mostra le pietre preziose. I lineamenti dell'uomo si distendono all'istante. Nei suoi occhi, mentre si fa scivolare i
gioielli tra le dita, si accende un bagliore di desiderio. Si accosta la lente all'occhio: diamanti, rubini, zaffiri, smeraldi, oro e argento. Non ha mai visto tanta ricchezza tutta insieme. Accantona pochi pezzi: non abbastanza preziosi per essere trattati al mercato nero. Lascia cadere le pietre migliori in un sacchetto di velluto nero che infila a sua volta in un contenitore blu appena più grande. Per l'eccitazione bevono tutti un sorso di acqua minerale. Mentre procede il gioielliere calcola l'ammontare della refurtiva. ´500.000 franchi più 50.000 fa 550.000 più 80.000..., mormora tra sè e sè. Si porta via dieci milioni buoni di roba. Intanto hanno scoperto un metodo più rapido per arrivare alle cassette di sicurezza. Alcune casseforti hanno cassette su entrambi i lati, con una porta davanti e una porta dietro. Basta abbattere la sottile parete divisoria in fondo alla cassetta anteriore e si arriva a quella dietro, risparmiando il duro lavoro di scassinare l'altro sportello. Spaggiari mette quattro uomini ad accatastare la refurtiva: il poeta, Captaine V. Roger, l'avanzo di galera e il pugile. Incartano i lingotti con l'imballo degli attrezzi. Contanti e gioielli sono stipati nei sacchi di plastica portati da Spaggiari. Roger domanda: ´Non li lasceremo mica qui, questi splendidi attrezzi'?. ´Che cosa suggerisci, altrimenti?, sibila il cinese. ´Li vendiamo al mercato delle pulci? Lunedì, ore 5,00 ´Ci siamo, chiamo Spaggiari. ´E' ora, dobbiamo dileguarci! Il ´muratore spegne il gas. Henri il saldatore si alza la mascherina. Ha il volto coperto di fuliggine, sudore e polvere e gli occhi cerchiati di rosso. ´Di già?, chiede Henri. Da' un'occhiata all'orologio. ´Mio Dio, è già mattina. Hanno scassinato trecento delle quattromila cassette di sicurezza. Certo, è frustrante doversi lasciare tanto ben di Dio alle spalle. Se però calcolano il valore della refurtiva la frustrazione svanisce. Spaggiari organizza la partenza. I suoi uomini portano la refurtiva nella galleria e caricano i canotti. Il poeta propone di tirar via la trave che teneva la cassaforte in posizione obliqua. ´Cosìci metteranno ancora di più a capire come abbiamo fatto a entrare. A Spaggiari non gliene importa niente. Vuol andarsene più in fretta che può. Il ´muratore lascia il caveau per ultimo e spegne la luce.
Canotti, materassini e camere d'aria sono stracarichi. Mai tanto oro, contanti e gioielli sono stati battezzati con acqua di fogna. La refurtiva è issata sul Land Rover. Per strada gli uomini si sbarazzano di guanti, occhiali e attrezzi vari. Indossano le tute stagne e scompaiono da soli o a due a due nel garage sotterraneo. Henri il saldatore, il còrso e Spaggiari salgono sul Land Rover. Il cinese mette in moto e fa manovra. Il ´muratore, che col suo pollice bendato fatica a spogliarsi, dà loro il segnale. La macchina parte. Il cinese spegne i fari non appena vede la luce del giorno alla fine della strada sotterranea. Il motociclista, sempre al suo posto, fa segno che è tutto okay. Henry e il còrso scendono dall'auto e spostano la sbarra. Il cinese esce. Il motociclista salta sul suo mezzo e se ne va rombando. Henri e il còrso rimettono la sbarra al suo posto e si arrampicano sul Land Rover. Il cinese attraversa il letto sabbioso del fiume, supera l'argine e guadagna la strada. Costeggia il padiglione fieristico di Nizza e scompare in direzione Laudimères. La città si sta svegliando. Davanti alla banca un netturbino spazza il marciapiede di rue Gustave Deloye. I caffè alzano le persiane. Sulla baia degli angeli il sole si alza nel cielo. Si preannuncia anche oggi una giornata caldissima.
Capitolo 6 Gli sviluppi del caso Vacanze tranquille con una cassetta di sicurezza allaSociété Générale! Slogan pubblicitario della banca per l'estate 1976 E' l'incubo di ogni bancario. Si trova, da solo, nella sua banca abbandonata, dietro cancelli e porte chiusi a mandata. Nel frattempo fuori, davanti all'ingresso, la folla cresce a dismisura, una folla sempre più grande di clienti che gridano sempre più forte e pretendono furenti il loro denaro. La storia del colpo del secolo trapela quando, nel primo pomeriggio, un funzionario della polizia criminale accenna qualcosa ai reporter del Nice-Matin. Alle 17,30 Guy Salignon, della redazione cronaca di Europe 1, va in onda con uno speciale. Alle 17,45 dà la notizia anche radio Montecarlo. E dieci minuti dopo lo sanno tutte le agenzie del mondo. I telefoni di Nizza scottano. Per tutta la notte un gruppo di clienti esagitati rimane ad attendere davanti alla banca. Alle otto e mezza della mattina dopo alcuni di loro sono in procinto di passare ai fatti. Una donna sviene. Un'altra, seduta sul ciglio della strada, piange piano. Alcuni parlano di linciare il direttore Guenet. Un giovanotto ben vestito si aggrappa alla porta, la scuote come un folle e grida: ´Aprite, aprite! Si tratta di vita o di morte!. Spiega poi ai cronisti, un po' più calmo: ´Mio padre ha qui una cassetta in cui tiene i risparmi di tutta la vita. Ha ottant'anni. Se non lo rassicuro che il suo denaro è in salvo morirà dalla disperazione. Un cliente isterico grida alla polizia: ´Ci trattate come se fossimo noi i rapinatori!. La folla inferocita sputa sugli impiegati della banca. La polizia cerca di disperderla e ottiene soltanto che insceni un sit-in sul marciapiede. Il giovanotto ben vestito mette la sua macchina in divieto di sosta e si rifiuta di spostarla di un millimetro. Uno dei clienti si porta dietro un ufficiale giudiziario e pretende di vedere la sua cassetta. Quando un impiegato tenta di calmarlo, sta quasi per passare alle mani. Infine si rivolge all'ufficiale giudiziario: ´Lei è testimone del fatto che mi hanno negato l'accesso alla mia cassetta di sicurezza e hanno rifiutato di aiutarmi in qualsivoglia maniera.
Invano la direzione dellaSociété Générale dichiara che il caveau deve essere ripulito e la polizia ha rigorosamente vietato di far entrare chicchessia. ´Raccontatelo alla vostra donna delle pulizie, li sbeffeggia qualcuno. Infine Guenet dirama un comunicato. Solo una piccola parte delle cassette di sicurezza sarebbero state scassinate dichiara. Rifiuta però di rilasciare l'elenco dei numeri delle stesse. Si limita a dichiarare che i topi delle fogne avrebbero lavorato sulle cassette comprese tra il numero tale e il numero talaltro. Non tutte queste cassette, però, sarebbero state svaligiate. Invita i titolari delle cassette interessate a compilare un elenco del contenuto, e assicura il completo indennizzo. Sarà compito della polizia esaminare questi elenchi. Questo piano inferocisce ancora di più la clientela, ma dal punto di vista della banca è l'unica via percorribile. In questo modo, infatti, nessuno può essere sicuro che la sua cassetta sia tra quelle svaligiate e nessuno correrà il rischio di compilare un elenco falso e chiedere un indennizzo più alto di quello che gli spetta. I clienti sono indignati e ritengono che la banca li tratti da ladri. A molti l'invito a compilare questo elenco pare una pretesa assurda. ´Ho noleggiato una cassetta perchè cercavo sicurezza e segretezza, protesta uno. ´Me le hanno promesse, quando ho stipulato il contratto. E il loro fallimento non riguarda solo la sicurezza: ora pretendono anche che sottoponga i miei affari personali alla curiosità di tutti i poliziotti di Nizza. Parte della clientela però si dichiara soddisfatta. ´Io so che cosa c'era, nella mia cassetta di sicurezza, e posso dimostrarlo. Non ho niente da nascondere. La banca è assicurata e mi rimborserà il danno. A questo punto non ho più niente di cui preoccuparmi. Un altro afferma: ´il caveau è come la linea Maginot: l'invasione è arrivata dall'altra parte. Mi levo tanto di cappello davanti ai rapinatori: se solo i lavori sulle nostre strade fossero eseguiti con altrettanta precisione!. Un cliente riesce a farsi strada fino a Guenet. Questi gli dice: ´Non intendo darle spiegazione alcuna. Io ho fatto il mio dovere. Il cliente riferisce ai cronisti questa osservazione arrogante. Questo atteggiamento inetto nei confronti del pubblico può soltanto danneggiare la buona fama della banca. A niente servono i cinquemila opuscoli pubblicitari distribuiti subito dopo il colpo. Sotto la foto di un appartamento svaligiato è scritto a lettere cubitali: ´Partite tranquilli per le ferie e prendete una cassetta di sicurezza allaSociété Générale!. E il sopralluogo si prolunga a dismisura. La polizia informa che le richieste di risarcimento danni vanno consegnate dopo il 28 luglio in avenue Foch numero 1. I clienti della banca devono presentarsi muniti di documento d'identità ed elenco degli oggetti custoditi nella cassetta. Sette dei trecentodiciassette interessati rinunciano a chiedere il risarcimento. A un cliente sono rimborsati due centomila franchi per il furto di gioielli; l'uomo però li restituisce appena scopre che sua moglie aveva ritirato i gioielli dalla cassetta prima di svignarsela con un altro.
Al danno si aggiunge la beffa ogniqualvolta la banca confronta gli elenchi con la situazione del conto corrente. Rinfaccia ai meno abbienti che non è possibile avere accumulato tutto quel ben di Dio in cassetta e non avere un soldo sul conto. Ma infine la banca paga: cinque clienti al giorno. Ciascun indennizzato deve rilasciare una dichiarazione scritta in cui si impegna a restituire il denaro qualora gli oggetti di sua proprietà siano rinvenuti e gli siano restituiti. Gli interessati sono anche pregati di identificare oggetti o carte lasciati dai rapinatori. La direzione della banca dirama un secondo comunicato in cui si scusa per la rapina. I clienti lo accolgono con risa sprezzanti. La Società Generale perde una serie di clienti. Il 23 luglio la centrale di Parigi cerca di salvare la buona fama della banca. Il direttore generale, Laure, offre una ricompensa di un milione di franchi a chi dia indicazioni che permettano di acciuffare i malviventi. Spera che questo possa accelerare le indagini della polizia. In realtà ce n'è un disperato bisogno. Ci sono poche tracce scottanti, o meglio, ci sono centinaia di indizi che non portano a niente. Gran parte dell'attrezzatura abbandonata dai rapinatori proviene da grandi magazzini e negozi assai diffusi in tutta la Francia. I cacciaviti di marca Kilt, per esempio, vengono dalla catena di grandi magazzini Nouvelles Galeries. Ogni anno nelle loro filiali se ne vendono decine di migliaia. Le bombole del gas con la miscela di ossiacetilene sono numerate e se ne possono quindi seguire le tracce sino al produttore. Ma emerge che sono state trafugate in un cantiere a Vitrolles, nei pressi di Marsiglia. Alcuni picconi hanno l'impugnatura di acciaio al tungsteno, fatto questo piuttosto insolito. Gli investigatori della polizia criminale setacciano tutti i rivenditori della zona. ´Roba di ottima qualità, si sentono dire. ´Il meglio che c'è sul mercato. Ne vendiamo molti. Ma non posso certo ricordarmi ogni cliente. I sacchi di tela olona vengono da un grande magazzino di Milano che ne ha venduti a centinaia. E così via. La scientifica cosparge di speciale polvere le pareti del caveau e ispeziona ogni centimetro quadrato, attrezzi compresi. Com'è naturale, sugli sportelli delle cassette di sicurezza ci sono centinaia di impronte digitali: appartengono però tutte a impiegati e clienti della banca. Su fiamme ossidriche, bombole del gas, canotti non c'è una sola impronta: non ce ne sono neppure sulle bottiglie del vino. I rapinatori hanno tenuto sempre i guanti. Le bottiglie di acqua minerale in cui i rapinatori hanno orinato vengono inviate al laboratorio di analisi chimiche. Ma la banda ha pensato anche a questo. Il laboratorio non riesce a cavarne niente di concreto, perchè in ciascuna bottiglia ha orinato più di una persona.
Ci sono sempre meno speranze quando qualcuno si presenta alla stazione di polizia di avenue Foch numero 1 e afferma di aver visto la banda. ´Sabato sera ero alla Taverne Alsacienne a bermi un bicchiere di vino. Una Renault 4 ha parcheggiato all'angolo della banca e due uomini hanno armeggiato per brevissimo tempo intorno al chiusino che porta alle fogne. Non ho prestato particolare attenzione alla cosa, pensando che si trattasse di riparazioni elettriche urgenti. ´Potrebbe descriverci quegli uomini? ´Indossavano una tuta stagna blu. E' tutto quello che ho visto. Gli investigatori non hanno maggiore fortuna col cavo elettrico di trecento metri. In un primo momento ritengono che debba essere possibile trovare un negozio il cui proprietario ricordi l'acquirente di un cavo di tale lunghezza. Poi però scoprono che il cavo in questione è fatto di pezzi di quaranta e cinquanta metri. La polizia deve limitarsi a chiedere informazioni utili a protettori, puttane, spacciatori e piccoli delinquenti. I poliziotti Si recano ripetutamente nei caffè e nei bar della famigerata città vecchia di Nizza. Sono sommersi da una valanga di informazioni: tutti si vantano di aver avuto le mani in pasta nel colpo del secolo. Tutte queste voci giungono alle orecchie degli investigatori. Ma la cosa si ferma lì. Inoltre emergono tanti nomi che sarebbe impossibile svolgere indagini accurate. Siamo di nuovo in un vicolo cieco. L'opinione pubblica si gode il successo dei rapinatori e il misterioso capo della banda diventa una specie di eroe nazionale. (Qualcosa del genere è accaduto in Inghilterra con i rapinatori dell'ufficio postale, ma l'aura del capo banda fu turbata dalla morte di un ferroviere ucciso durante la rapina. I topi delle fogne invece non hanno ferito nessuno.) La polizia lascia trapelare la notizia che il capo sarebbe un italiano. Ma il colpo va a vuoto. Sanno tutti che la storia è inventata. I poliziotti ricorrono addirittura al computer per identificare questo personaggio. Vi inseriscono tutti i particolari conosciuti e la macchina sputa fuori i nomi di tutti i professionisti che in passato hanno dimostrato di essere capaci di un colpo del genere. La polizia criminale li passa al vaglio. Ma gli interessati sono in prigione o hanno lasciato il paese o possiedono un alibi eccellente. Sette giorni dopo la rapina del secolo laSociété Générale riceve una telefonata anonima. Lo sconosciuto è disposto a consegnare la lista di tutti i partecipanti se la banca raddoppia la ricompensa. La banca cerca di mercanteggiare: un milione per la lista, un altro milione per il ritrovamento della refurtiva. Le trattative si trascinano per le lunghe e poi si interrompono. Nel frattempo l'informatore ha fornito, per dimostrare la propria affidabilità, una lista con le iniziali dei rapinatori. Al primo posto ci sono le lettere A.S. La mattina del 20 luglio Patrick Gruau compra, come al solito, il Nice-Matin nel chiosco davanti alla Gendarmerie. In prima pagina campeggia un titolo a caratteri cubitali: ´Cambriolage hors sèrie d'une
banque à Nice (Rapina sensazionale in una banca di Nizza). Si precipita in ufficio col giornale in mano: ´Hanno rapinato la Società Generale di Nizza!. Il suo superiore, Pierre Dufour, alza gli occhi dalla macchina da scrivere. ´Svaligiata? Come? Un'aggressione a mano armata? ´No, no, sono penetrati nel caveau. Guardi qua, legga. Gruau apre il giornale sul tavolo davanti al suo capo. Gli altri gendarmi leggono sopra le spalle di Dufour. Pensano tutti la stessa cosa: i quattro di Castagniers sono coinvolti in questa storia? Dufour legge l'articolo più volte. Studia ogni particolare. Infine dice: ´No, non può essere vero. ´Non è vero, infatti, ribadisce Gruau. Claude Destreil insiste: ´Quegli uomini però erano molto imbarazzati e nervosi. Dufour rimette a posto la macchina da scrivere, si alza, si stiracchia il corpo snello e abbronzato e afferra il cappello. ´Vado alla villa, dice. ´Destreil, lei controlli i loro nomi nel casellario giudiziale. Gruau, lei viene con me. Sloma e Sanchez, se a mezzogiorno non siamo di rientro, occupatevi voi del traffico all'incrocio di Vesubie. Forza, andiamo. L'auto azzurra della polizia percorre la nazionale 202, lungo il Var. Gruau guida. I due uomini sperano di acciuffare i rapinatori che costituiscono un enigma per la polizia criminale di Nizza. I gendarmi si sentono sempre partecipi. Raccolgono con cura tutte le informazioni senza mai lasciare niente al caso. Analizzano, separano la pula dal grano e scrivono i loro rapporti. Poi trasmettono i loro documenti alla polizia criminale che si attribuisce tutta la gloria. Sono sempre gli investigatori della polizia criminale che ricevono riconoscimenti, sono intervistati dalla tivvù e incontrano gente importante. I gendarmi portano l'acqua al loro mulino, rimangono nell'ombra e devono eseguire ogni ordine della polizia di città. Hanno anche l'impressione di essere pagati di meno per lavorare di più La loro forza sta nella precisa conoscenza dell'ambiente e nel fatto che non si vergognano di andare in fondo anche a piccolezze e banalità. Come ad esempio eseguire un sopralluogo in una villa disabitata le cui imposte risultano stranamente aperte. I sospetti di Dufour nei confronti di quegli sconosciuti sono aumentati dal giorno dell'incidente nella villa. Conosce il proprietario. E più ci pensa meno crede che quest'uomo possa prestare la sua villa per un party sospetto. Un'altra cosa ancora: l'uomo senza documenti ha detto di chiamarsi Alan Pons. Ma dalle indagini successive risulta che in tutta la Francia non
c'è nessuno che si chiami così. Negli ultimi giorni i gendarmi hanno dato qualche occhiata alla villa senza mai trovare niente di strano. La piccola auto azzurra raggiunge il cancello della villa. Vedono davanti al garage le tracce di una macchina piuttosto ingombrante, ma non sono recenti. I due uomini si guardano dintorno e spiano dalla finestra. ´Salve! Si girano e vedono un uomo piuttosto anziano che si avvicina con una zappa in mano. Tiene il berretto ben calcato sulla fronte per proteggersi gli occhi dal sole. Si tratta di Fèlix Maurel, che abita proprio accanto. E' un buon vicino, e anche un po' curioso. Spera che non sia successo niente. ´Niente di particolare, risponde Dufour con quel piglio deciso tipico di certi funzionari. ´Mi dica un po', invece, lei sa niente della gente che era qui otto giorni fa? ´Non proprio, risponde il vecchio scrollando le spalle. ´Suppongo che fossero amici del proprietario. Direi che erano cinque o sei. Ma non ne sono sicuro. Per un certo tempo c'è stato un andirivieni continuo. A tutte le ore del giorno e della notte. Ma è un po' che non li vedo più Monsieur Maurel torna ai suoi pomodori e i gendarmi vanno-al loro bistrot. Vanno a trovare un amico, che accetta scommesse illegali sui cavalli. Piegato sul bancone del bar, studia sul giornale le varie corse. Dufour e Gruau fanno un cenno di saluto ad alcuni avventori. Un ragazzo che sta sollevando una cassa di birra esclama: ´Siete su una traccia scottante?. ´Segreto professionale, risponde sorridendo Dufour. Scherzano col proprietario del bistrot, si sorbiscono le sue lamentele sugli affari che vanno male e inventano la storia di un'auto rubata, per non disturbare gli avventori con la propria presenza. In fin dei conti nessuno deve sapere che quell'uomo è un informatore. Quando escono, lui li segue sulla terrazza, senza dare nell'occhio. I due gendarmi si rimettono il cappello. Senza guardarli l'uomo sussurra: ´Il colpo sensazionale di cui vi parlavo tempo addietro... è la rapina di Nizza. I gendarmi tornano alla macchina facendo finta di niente.
Martedì a mezzogiorno la polizia criminale di Nizza attende l'arrivo da Parigi del Controleur Gènèral Honorè Gevaudan, che dovrà dirigere le indagini come una specie di Maigret. In Scozia il Commissaire-Divisionnaire Albert Mouray, 45 anni, capo della polizia di Nizza, ripone la canna da pesca e fa i bagagli. Altro che ferie e pesca! A Londra un reporter del Daily Express si attacca al telefono e chiama il Nice-Matin per sapere se questo colpo sensazionale sia più grosso della rapina all'ufficio postale inglese. E più grosso. A Marsiglia anche il capo della polizia criminale di tutta la Costa Azzurra, il generale Mathieu, fa i bagagli e parte alla volta di Nizza. Nella stessa città il sottobosco criminale, e in particolare un certo gruppo, si morde le mani per non aver partecipato al colpo. Quanto a Spaggiari e ai suoi uomini, bevono champagne, contano lingotti e soldi e assaporano il loro trionfo. E Dufour e Gruau, i gendarmi di paese che finiranno per portare a Spaggiari, sono bloccati con la loro macchinina azzurra in un ingorgo, con la fronte imperlata di sudore.
Capitolo 7 Le prime tracce scottanti ´Era un bambino tanto dolce La mamma di Spaggiari Le indagini della polizia si trascinano stancamente. Ad Albert Mouray la cosa non importa. Il capo della polizia di Nizza non è scontento di essere travolto da una valanga di informazioni e di trovarsi davanti a dozzine di indizi. E un bravo organizzatore, più che un brillante detective. Per lui la routine è tutto e chi gli vuole male afferma che non è un caso che fosse in ferie quando nella sua città è stato messo a segno il colpo del secolo. Il suo vice, Claude Besson, è invece un detective eccellente. Specialista nell'accertare casi di evasione fiscale, risolve molti casi col suo fiuto. In una caterva di informazioni sa sempre individuare quella più importante, sa separare la pula dal grano. Può inoltre contare su validi aiutanti. Ha infatti a disposizione per il minuzioso e faticoso lavoro senza il quale nessuna indagine può andare avanti due uomini più giovani. Entrambi poliziotti molto qualificati, ma dal carattere completamente diverso. Il commissario Eduard Taligault è molto intelligente ma anche molto vanitoso. Adora stare sulla spiaggia di Ruhl e tiene moltissimo alla sua abbronzatura. Viene da una famiglia dell'alta borghesia nizzarda e non riesce a nascondere la sua arroganza. E' sportivo e capisce le cose al volo. Il commissario Jacques Tholance è l'esatto contrario. Quando sui teleschermi francesi compare Peter Falk nelle vesti del commissario Colombo, col suo mozzicone di sigaretta in bocca, i suoi colleghi esclamano all'unisono: ´Voilà, Jacques!. Di bassa statura, magro e piuttosto sporco, indossa sempre un vecchio impermeabile. Trascorre le sue serate in bar equivoci della città vecchia. Di gran fascino, è amato dalle donne e stimato dalla stampa, con cui lavora in piena armonia. Persino la delinquenza non solo lo prende sul serio ma arriva addirittura a rispettarlo. Per prima cosa prendono di mira Monsieur V.; lo spedizioniere con la moglie gelosa. I gendarmi hanno fatto rapporto ed è la traccia più scottante in cui la polizia criminale si sia imbattuta sino a questo momento. Monsieur V. sembra essere il punto nodale della misteriosa villa di Castagniers. La villa è il posto ideale per il quartier generale di una banda. Si trova in campagna, non troppo lontana da Nizza, vicina all'aeroporto e all'autostrada per Lione. La zona è raggiunta da diverse strade di
grande comunicazione ma anche da vie secondarie per cui un frequente andirivieni può rimanere inosservato. I contatti dei bassifondi riferiscono inoltre senza tema di dubbio che Monsieur V. c'è dentro fino al collo, nel colpo. Non si è limitato a mettere a disposizione la casa, no, ha partecipato anche agli scavi nella galleria. Non ha bisogno di soldi, l'ha fatto per divertimento. E' un avventuriero. Ha partecipato agli scavi della galleria, soffrendo e facendosi venire le vesciche alle mani, e ha scassinato le cassette di sicurezza come un professionista. Di queste voci, tuttavia, in giro ce ne sono a migliaia. Si dice che la rapina del secolo sia stata manovrata da sinistra, che il terrorista Carlos abbia avuto le mani in pasta, si parla delle Brigate Rosse, dei fascisti e anche dell'oAs. Naturalmente si presenta una gran quantità di gente che riferisce sul comportamento ´strano dei propri concittadini. Questi informatori sono in primo luogo persone di una certa età che denunciano giovani ´capelloni per il loro atteggiamento sospetto. Ai pensionati di Nizza gli hippies non piacciono. Questi ragazzi in bluejeans che dormono all'aperto. Eppure l'unica cosa che si può rimproverare a questi giovani è l'uso e il consumo di marijuana. Il 27 luglio, alle dieci del mattino - a una settimana dalla rapina il giudice Richard Quazis firma il mandato di perquisizione della villa di Castagniers. Eduard Taligault prende in consegna il documento nell'ufficio di promenade Corniglion Molinier. Con la sua Peugeot 204 nera si reca direttamente alla villa. In loco lo attendono già i gendarmi di Plan du Var, la scientifica di Nizza e Monsieur V., che ha pur sempre le chiavi. La casa è piena di fango. I divani imbottiti sono tutti macchiati e il pavimento in pietra italiana è coperto di impronte nere. I portacenere traboccano di mozziconi di sigari e sigarette. L'aria è impregnata di fumo. Taligault constata che sui mozziconi non c'è traccia di rossetto. Gli uomini della scientifica devono far analizzare il tabacco. In cucina trovano una bottiglia ammezzata di vino bianco, marca Margnat-Village. In garage trovano mezza cassa dello stesso vino. Trovano anche un pesante riscaldatore industriale, del tipo impiegato per deumidificare ambienti allagati. La base dell'apparecchio è coperta di fango secco. Monsieur V. fa il giro della casa e controlla serrature e cardini di porte e finestre. Uno degli investigatori scherza: ´Teme che qualcuno abbia rubato qualcosa?. Nessuno riesce a ridere. Durante il viaggio di ritorno uno dice: ´Ad ogni modo, se c'era una
donna, era una donna che non fumava o che non usava rossetto. E' già una traccia. E troppo pessimista. Il vino è lo stesso trovato nel caveau. I mozziconi di sigaro contengono tabacco avana, presumibilmente di marca Don Miguel. Di nuovo gli stessi trovati nel caveau. E soprattutto, il fango sul riscaldatore proviene dalle fogne di Nizza. Taligault ha trovato il quartier generale della banda. L'interrogatorio di Monsieur V. è breve e infruttuoso. ´A chi ha prestato le chiavi? ´A Dominique Poggi. ´Perchè gli servivano? ´Perchè voleva dare una festa. ´E lei ci ha creduto? ´Perchè non avrei dovuto? ´Perchè non ha informato il proprietario della villa? ´Non ce n'era motivo. Mi occupo della villa e quindi posso anche usarla. Non devo chiedere il permesso tutte le volte. ´Ma non l'ha usata lei, ha dato le chiavi a un altro. Monsieur V. scrolla le spalle. ´Che cosa ha fatto alla mano? ´Un incidente a cavallo. ´Chi le ha fasciato la mano? ´Sono andato in una clinica di Marsiglia. ´Perchè così lontano? Non doveva saperlo nessuno? ´Ero a cavallo in Camargue. Sulla via del ritorno mi sono fatto fasciare la mano. ´Non le è parso sospetto che un gruppo di uomini dia una festa senza donne? Scrollata di spalle.
´E' sua abitudine affidare case agli sconosciuti? ´Sembravano onesti. ´Non le pare di essersi comportato da ingenuo? ´Come minimo. Il capo della polizia, Albert Mouray, decide di tendere ai topi delle fogne una vasta rete. Vuole controllare l'alibi di un gran numero di persone sospette, ivi comprese quelle più vicine agli uomini direttamente coinvolti, per avere quanto più materiale probatorio è possibile. Sniderà tutti nello stesso momento, acciuffando poi i colpevoli. Prende le mosse dal rapporto dei gendarmi. Contiene dodici nomi: Dominique Poggi, Daniel Michelucci? Christian Duche, ´Alain Pons (nome falso), Monsieur e Madame V., il loro figlio Raymond, il proprietario del bistrot, il rappresentante di strumenti musicali cui appartiene la Peugeot color verde metallizzato, i proprietari della Mercedes, della Renault 17 e della Renault 5 che sono state notate dai vicini della villa. Vengono rintracciati tutti e sorvegliati notte e giorno. Vengono controllate anche tutte le persone che incontrano, in particolare quelle loro più vicine o con precedenti penali. La lista dei nomi si fa sempre più lunga. Lea indossa stivali col tacco alto, shorts attillatissimi e un gilet da cui le trabocca il seno. E' truccata pesantemente e il suo respiro tradisce qualche whisky doppio. Si muove lentamente sul suo solito tratto della Promenade des Anglais, ondeggiando allegra la borsetta. Sono le undici di questa calda serata d'estate e la Promenade è ancora molto affollata. Lea però non ha troppa voglia di lavorare. Le novità sono tali e tante che deve assolutamente raccontarle a una collega. Decide di fare un'altra pausa ed entra in un bar di rue Maccarani. Ordina un altro whisky doppio. La clientela del bar è composita: studenti, musicisti, avvocati, prostitute e delinquenti da due soldi. C'è anche Odile: è un'ottima ascoltatrice. ´Non ci crederai mai: il mio amico ha preso in affitto un appartamento a Marine-des-Anges. Lusso assoluto, elegante, caro e bello da non dirsi. Odile non sa se crederci. E' una zona maledettamente cara, ci abitano arabi e altri ricconi. Non riesce a immaginare come Lea e il suo uomo possano vivere tra Cadillac, stole di visone e litografie di Picasso. ´E' vero!, insiste Lea. ´Abbiamo l'aria condizionata, ottimi mobili e tappeti preziosi... Riferisce a Odile il nome dell'agente immobiliare
con cui il suo amico ha trattato, l'indirizzo dell'appartamento, il canone d'affitto... Ogni particolare. Poi aggiunge: ´Mi raccomando, non lo dire a nessuno! Il mio amico ha partecipato a un colpo sensazionale. Dice che posso lasciarlo, il marciapiede. Ma non raccontarlo ad anima viva, per favore!. Prima che la notte sia finita metà delle prostitute della Promenade sa della fortuna di Lea. Due giorni dopo il protettore di Lea, Francis Pellegrin, ha la polizia alle calcagna. La segretaria Mireille infila nella sua Olivetti un contratto standard di locazione e batte il nome del cliente: Pellegrin, Francis. Ha preso in affitto uno splendido appartamento a Juan-les-Pins. Pavimenti di marmo, molte decorazioni in vetro e legno, vista mare. Canone: 1800 franchi al mese spese extra escluse. Non sembra ricco, eppure ha dato all'appartamento una rapida occhiata e ha firmato il contratto senza neppure informarsi sull'importo delle spese extra. Con clienti così si tratta volentieri. Paga i tre mesi d'anticipo con banconote da cinquanta e cento franchi e lascia l'agenzia in tutta fretta. Mireille non si scompone quando, subito dopo, arriva la polizia e chiede di vedere il contratto. Pellegrin se n'è andato di corsa perchè aveva un appuntamento con un dentista di Cannes. Si fa incapsulare i denti spezzati da fumatore, come le star di Hollywood. Poco dopo la polizia domanda al dentista come ha pagato. Francis Pellegrin ha pagato quasi cinquemila franchi in banconote di piccolo taglio. Poco dopo mezzanotte Michèle Seaglie si rifà il letto. Scuote il guanciale, nel piccolo hotel di rue de Pournet a Tolone, e sistema la coperta a patchwork. Indossa scarpe di pelle e un paio di slip molto eccitanti. Così vestita, si siede davanti allo specchio e si dedica al make-up. E' bella, elegante e discreta. Il suo numero di telefono circola durante i pranzi d'affari, tra il formaggio e la frutta. Sa come ci si comporta in società, quando si può parlare e quando è meglio tenere la bocca chiusa. Chiunque può mostrarsi con lei in pubblico senza doversi vergognare. Ha un appartamento a Marsiglia e una villa a Bandol. Davvero uno schianto. Michèle è una call girl. Si mette una camicetta bianca trasparente e una gonna coloratissima in stile zingaresco; poi si lega i capelli. Prima di uscire, controlla se ha lasciato tutto in ordine. Scende gli scalini che la separano dalla strada. Dove a suo tempo iniziò la sua carriera. Sorride a Isis e Marlène, due principianti del suo mestiere. Isis, asiatica, le chiede: ´Vieni con noi?. ´Ma no, sorride Michèle. Si allontana. Non si accorge che una vecchia Renault 12 la segue lentamente. Al suo interno gli ispettori capo Thomasset e Spyron. Spyron, detto il greco, si accende una Gauloise e commenta: ´Questo
Daniel Michelucci ha gusti maledettamente buoni. Non è la prima volta che fa questo commento. Sono sette giorni e sette notti che seguono Michèle passo passo. La vedono salire sulla sua Renault 5 e allacciarsi la cintura di sicurezza. La seguono su boulevard de Strasbourg. A un certo punto le sono così incollati che sentono la musi ca del registratore di Michèle: Fats Domino canta Blue Berry Hill. Quando entra in autostrada la donna accelera al massimo e semina i poliziotti sulla vecchia Renault sgangherata. Frustrato, Thomasset ritorna in centro Tolone. ´Domattina dobbiamo prendere la nuova Simca 1501. Vedremo allora chi semina chi. Albert Spaggiari ha organizzato la vendita dei lingotti d'oro ben prima della rapina. Li cede al trenta per cento in meno del prezzo di mercato, un prezzo assai ragionevole trattandosi di oro rubato. Ad Alain Bournat non sembra un buon affare. Ma Alain Bournat è tutto fuorchè un uomo intelligente. Insiste per vendere la sua quota da solo. L'oro è l'investimento più sicuro che ci sia. Gliel'hanno raccontato. Spaggiari commette l'errore di cedere e lasciargli mano libera. In un primo momento Bournat cerca di vendere l'oro a un uomo di nome Tschoa. Tschoa ha un bar nel porto di Nizza. Durante il giorno vende panini e caffè agli operai del quartiere. La sera però, a tende tirate, nel locale si serve champagne e Chivas Regal. Alcuni avventori assai noti giocano a poker con poste davvero alte. Tschoa non gioca. Preferisce ingannare il tempo con le bocce. La sera del 9 agosto 1976 guarda una partita di bocce in piazza Arson e se ne torna poi pian piano al suo bar. E' sulla cinquantina, con i capelli neri e mossi, di bell'aspetto e abbronzato. Indossa una camicia di cotone bianco, bermuda e mocassini bianchi. E' particolarmente orgoglioso della sua Mercedes 350. Anche il suo casellario giudiziale non è così terribile: negli ultimi anni non ha avuto condanne. La polizia non sa se si è ravveduto o semplicemente si è fatto più furbo. Entra nel bar, saluta gli avventori e apre una porta su cui campeggia in rosso la scritta Privè. In ufficio lo attende Bournat. L'incontro con Tschoa è stato organizzato da un amico bocciofilo, ma il proprietario del bar è sempre diffidente. Si siede e infila una sigaretta nel bocchino d'oro. ´Che cosa posso fare per lei? ´Voglio vendere oro. ´Monete o gioielli?
´Nè l'uno nè l'altro, risponde Bournat. ´Guardi un po'. Tira fuori un lingotto e glielo porge, sul tavolo. Tschoa non lo sfiora nemmeno. ´Quanti?, domanda. ´Forse un bel po'. ´Quanto vuole? ´Diciassettemila franchi l'uno. ´Idiozie, s'indigna Tschoa. ´Il prezzo ufficiale è di diciottomiladuecentocinquantasei franchi. Per chi mi prende? ´Si calmi, io sono soltanto un mediatore. Riferirò alla controparte le sue reazioni. ´Dica al suo capo di andare a quel paese, dice Tschoa furibondo. Si alza e spinge indietro la sua sedia. ´So bene da dove viene quest'oro. E lo sa tutta Nizza. Non lo voglio a nessun prezzo. Lei sarebbe anche capace di mettere un annuncio su Nice-Matin. Si levi dai piedi e non si faccia più vedere. Bournat ha un vecchio amico, Alfred Aimar, che tutti conoscono come ´Fred il gioielliere. Sulla sessantina, sono ormai quindici anni che non è più nell'ambiente. Mantiene però i suoi contatti. Presenta a Bournat un uomo che ha urgente bisogno di denaro. Adrien Zeppi non è un lestofante. Ha un negozietto di articoli in pelle, e sono tempi duri. Si è risposato con una donna più giovane e hanno un bimbo in fasce. Il cinquantaquattrenne Zeppi è uno stimato borghese della zona di Plateau Flori. Ma non vede niente di disdicevole nell'intrattenere rapporti con gente come Fred il gioielliere. Fred lo ritiene un imbecille. Fred e Bournat si incontrano in un bar di Mougins e parlano dell'oro. ´Abbiamo qualche lingotto - tutti i nostri risparmi - che vogliamo convertire in oro. Ma non abbiamo un conto in banca e se volessimo vendere l'oro, con i nostri precedenti penali, la cosa susciterebbe un po' di scalpore. Sai come vanno queste cose. Tu sei considerato un galantuomo e a te non chiederanno niente. Ti diamo mille franchi a lingotto. Zeppi non indugia neppure un istante. Questi soldi sono un dono del cielo. Il giorno dopo va nella sua banca, il Crèdit Agricole sulla nazionale 85, tra Nizza e Grasse. Versa alcuni assegni e chiede con noncuranza all'impiegato di sportello: ´Vorrei vendere un po' d'oro... credo di poter investire meglio i miei soldi. Mi potete aiutare?. ´Certo, Monsieur Zeppi. Vuole accreditare il ricavato sul conto? Zeppi sembra riflettere. ´No, meglio in contanti... Lei capisce.
´Certo, Monsieur. Quanti lingotti intende vendere? ´Nove. ´Non ci sono problemi. Li porti quando meglio crede. Due giorni dopo Zeppi arriva con nove chili d'oro e lascia la banca con oltre centosessantamila franchi in contanti. Si incontra con Bournat e Fred, consegna loro il denaro e riceve novemila franchi per la mediazione. Bournat è felicissimo. Ha venduto il suo oro al prezzo di mercato. Tutti gli altri hanno perduto il trenta per cento. E Adrien Zeppi si è assunto il rischio. Si ritiene enormemente furbo. Solo che... i lingotti d'oro sono tutti numerati. Ogni banca francese è in possesso di una distinta in cui sono specificati i numeri dei lingotti scomparsi dallaSociété Générale. L'impiegato del Crèdit Agricole confronta i numeri dei lingotti di Zeppi con quelli della distinta e telefona alla polizia criminale di Nizza. Da quel momento Zeppi è sotto sorveglianza, e i poliziotti si imbattono automaticamente in Fred il gioielliere e in Alain Bournat. Marie Francoise Astolfi è indubbiamente una delle donne più rispettabili che compaiono in questa storia, ma non è certo più discreta di Lea o di Odile. Marie è responsabile di una refezione scolastica di Marsiglia. Sabato 9 ottobre 1976, nel suo appartamento di rue Charasse, prepara i bagagli per il fine settimana: pigiama, spazzolino da denti, tailleur pantalone. Ventisei anni, di buona famiglia, ha fatto il liceo. Voleva diventare professoressa, poi ha cambiato idea. L'estate scorsa si è innamorata di un uomo alto e biondo che porta sempre scarpe nere e si chiama Henri Michelucci. Due giorni fa lui le ha chiesto se poteva fare un favore a suo fratello Daniel. Daniel vuole andare a Bruxelles e ha bisogno di qualcuno che lo sostituisca alla guida. Sono più di millecinquecento chilometri, andata e ritorno, ma lui vuol farlo in un fine settimana. Marie sa che Henri e suo fratello non sono tanto a posto con la legge. Domanda con interesse: ´Il viaggio di Daniel non è del tutto pulito?. ´Non è del tutto pulito, replica Henri. A Marie Daniel piace, perchè somiglia tanto a suo fratello. E poi lei ama le auto veloci. Accetta. Incontra Daniel all'una del pomeriggio, vicino al Prado. Ha seguito esattamente le istruzioni ricevute. Ha noleggiato una Renault 20 della Europcar, con cui lasciano lentamente la città: lei guida, lui legge Le Soir. Dopo un po' le ordina di
fermarsi e manomette il contachilometri, per risparmiare. Quando ripartono le dice: ´Stai attenta a non correre troppo. Non voglio essere fermato dalla polizia. Poco prima delle cinque si fermano a Villefranche-sursadne. Daniel dice: ´Devo incontrare della gente a Valence. E' meglio se domattina mi scarichi là e prosegui per Bruxelles da sola. Poi ci ritroviamo là. ´Per me va bene. risponde lei scrollando le spalle. Trascorrono la notte in un hotel di Parigi, dormendo in camere separate. La mattina dopo si dirigono verso il confine e Marie gli domanda: ´Ti devo lasciare a Valence?. Daniel riflette un po' e poi dice: ´No, lo farò al ritorno. Le ordina di fermarsi e prende una carta stradale dalla valigetta. Lasciano l'autostrada e proseguono su strade secondarie. Si perdono due volte. Passano infine la frontiera a Ermitage, un valico piccolo piccolo. Quarantacinque minuti dopo sono già a Bruxelles. Marie non chiede a Daniel perchè aveva paura di passare la frontiera a un valico più importante. La prima cosa che fa, la mattina dopo, è quella di accompagnarlo alla Banque Lambert, nei pressi della stazione centrale. Quando ne esce, qualche minuto dopo, la sua valigetta sembra un po' più leggera. Durante il pranzo è decisamente allegro e per il dessert ordina champagne. Daniel si piega sul tavolo e le dice sottovoce: ´Sai che cosa c'era nella mia valigetta? Oro, oro dellaSociété Générale di Nizza. Non tutto, naturalmente. Non ci sarebbe entrato. Quella notte Marie non riesce a prendere sonno. Non aveva immaginato che i fratelli Michelucci fossero gangster di tale fatta. Sola e derelitta nella sua camera d'albergo, annota sul diario dubbi e impressioni. Il giorno dopo lascia l'albergo di buon mattino e lascia a Daniel un semplice biglietto: ´Ciao. Va a tutta velocità. Fa una sosta a Lione e poi poco prima di Marsiglia, dove ripristina il contachilometri. Europcar incassa un importo pari a duecentocinquanta chilometri invece che a millecinquecento. E Marie Francoise Astolfi lascia il diario nlla macchina a noleggio. Il nome di Marie è uno degli ultimi sulla lunga lista di Albert Mouray: Egli vuole colpire ben prima di ottobre. Già venerdì13 agosto gli pare di aver teso abbastanza la sua rete e di poter procedere il giorno
successivo. Ma questo fine settimana succede una cosa che mette sottosopra tutte le sue indagini e che gli fa pensare di essere su una strada completamente sbagliata.
Capitolo 8 Spaggiari e la CIA I topi delle fogne colpiscono a Parigi! Titolo a caratteri cubitali su Nice-Matin del 18 agosto 1976 Il fine settimana del 14/15 agosto viene svaligiata una filiale della Societè Generelè sulla Ile Saint Louis, a Parigi. Il colpo è una copia precisa della maxi-rapina di Nizza. La banda è penetrata nel caveau attraverso le fogne. Hanno scavato una galleria di tre metri fino alla parete del caveau e hanno poi praticato un'apertura nel cemento armato. Per assicurarsi aria pulita, hanno utilizzato lo stesso sistema di estrazione impiegato a Nizza. A differenza dei nizzardi, tuttavia, hanno fatto ricorso al laser per aprire le cassette di sicurezza e la sacrestia. Questo caveau è munito di allarme, e l'allarme è scattato. I due addetti alla sicurezza si precipitano a controllare l'accaduto: non notando niente di strano, pensano che l'allarme sia scattato a vuoto e non compiono altri passi. L'ironia del destino vuole che la compagnia di assicurazioni, dopo il colpo di Nizza, abbia stipulato un nuovo contratto con la Società Generale, che però entrerà in vigore solo il 28 agosto. Due funzionari della polizia criminale di Nizza vengono spediti a Parigi per collaborare alle indagini della locale polizia. Nella metropoli sulla Senna si è convinti che i due colpi siano stati messi a segno dalla medesima banda. Si impone ad Albert Mouray di non procedere ai suoi arresti finchè le indagini non sono giunte a conclusione. Col passare del tempo, tuttavia, sembra sempre meno probabile che sia stata la stessa banda a realizzare le due rapine. I rapinatori di Parigi sono stati meno precisi. Pare che alcune delle persone coinvolte siano note alla polizia criminale e siano state viste aggirarsi intorno alla banca da più d'un testimone. Per ripescarle basta attingere allo schedario della polizia. I topi delle fogne di Nizza, al contrario, non hanno lasciato niente che conduca sulle loro tracce. Gli attrezzi impiegati a Nizza, come martelli e scalpelli, provenivano in massima parte da diversi grandi magazzini. A Parigi invece è stato impiegato il laser (a questo stadio la polizia non sa ancora che anche Spaggiari ha comprato un laser e non l'ha usato). E poi c'è anche un particolare di carattere psicologico. Con la sua maxi-rapina, la banda di Nizza si è portata a casa cento milioni di franchi. Perchè mai dovrebbero rischiare il collo per una miseria come venti milioni di franchi? Sono tanti gli argomenti che inducono a pensare che dietro ai due colpi non ci siano gli stessi uomini: non ultimo, il fatto che nel giro di quattro settimane dalla rapina di
Nizza non avrebbero potuto prepararne accuratamente un'altra. Albert Mouray è sempre più nervoso. Di giorno in giorno cresce il pericolo che qualcuno di coloro che fa sorvegliare - sono ormai più di quaranta persone - si accorga di quanto sta accadendo e dia l'allarme a tutti i topi delle fogne. Questi uscirebbero dalle loro tane e scomparirebbero. Infine la polizia parigina arresta Raimond Brisacier, proprietario di un'officina, che cerca di vendere uno dei lingotti della rapina dell'Ile Saint Louis. Si attendono le reazioni dei sospetti della Costa Azzurra. Nessuna reazione. Ormai è certo che si tratta di due bande diverse. Parigi dà disco verde e Mouray stabilisce una nuova data: il 26 ottobre 1976. In questi due mesi Spaggiari ha tutto il tempo di fare il giro del mondo. Va in Guatemala e in Sudamerica. Poi negli Stati Uniti. Cerca un albergo o un ristorante da comprare. Durante la sua permanenza in loco contatta la CIA, il servizio segreto americano. La cosa può sembrare strana a un europeo, perchè nel nostro continente non è certo facile avvicinare i servizi di sicurezza. Sono in pochi a sapere, ad esempio, come prendere contatti con i servizi segreti o dove incontrare i suoi dirigenti. In America le cose vanno diversamente. Si può telefonare alla CIA come da noi si telefona al 12, e ci si sente rispondere: ´Qui è la CIA. Desidera?. Spaggiari offre alla CIA il SUO aiuto. ´Con la mia organizzazione posso fare qualsiasi cosa, si vanta. ´Qualsiasi cosa, dovunque e comunque. Posso scassinare qualsiasi cassaforte e penetrare in qualsiasi ambasciata... Gli agenti americani attraversano un momento di notevole nervosismo. Non hanno avuto buona stampa, durante lo scandalo Watergate. Chiedono ad Albert se possa provare di non essere soltanto un fanfarone. ´Vi basta se vi dico che ho organizzato la rapina del secolo? Sono stato io a mettere a segno la maxi-rapina allaSociété Générale di Nizza. La CIA, come altri servizi di sicurezza, non è propriamente schizzinosa nella scelta di informatori, mezzi o collaboratori. Ma diffida di Albert Spaggiari. Proprio come la gang di Marsiglia, il Commando Delta dell'oAs o Pierre Lagaillarde: costoro diffidano di Spaggiari. E' la tragedia ricorrente della sua vita. Per contribuire in qualche modo all'amicizia franco americana l'Interpol trasmette un rapporto di routine alla polizia criminale di Nizza a
proposito di questo incontro di metà settembre tra la CIA e Spaggiari. Ma la polizia non batte ciglio. E questo è il secondo enigma a proposito di coloro che si occupano di questo caso. In seguito un portavoce ufficiale ha commentato: ´Non avevamo prove. Ad ogni modo eravamo inondati di informazioni, ed erano quasi tutte false. E' una scusa ridicola. Spaggiari ha scontato due pene detentive ed è sospettato di aver commesso diversi reati. La polizia riceve una segnalazione corredata da testimonianze. Eppure non arresta nè interroga Spaggiari; non ne controlla neppure l'eventuale alibi. Spaggiari non si trova neppure sull'elenco delle persone sottoposte a sorveglianza. Nei suoi confronti la polizia criminale sembra essersi comportata come le tre famose scimmie, una cieca, una sorda e una muta, per non voler vedere niente di male, non voler sentire niente di male e non voler dire niente di male. In questo periodo, infatti, Albert Spaggiari e la moglie Audi intraprendono un altro viaggio: volano in Giappone col sindaco di Nizza. Il brizzolato Jacques Mèdecin, tanto amato dalle donne, è sindaco della città ma anche ministro del Turismo nel governo di Giscard d'Estaing, del quale è anche amico e confidente. Sotto il patrocinio di Mèdecin le città di Nizza e Cannes, con la gemellata Monaco, organizzano uno scambio culturale col Giappone per pubblicizzare nell'Estremo Oriente la Costa Azzurra e le sue attrattive turistiche. Vi portano anche alcuni tesori dei musei locali: dipinti di Chagall, Matisse, Lèger e Fragonard, sculture di Giacometti, vetri di Biot prodotti tipici della zona come vino e olio d'oliva, e un gruppo di bellissime modelle per presentare l'Haute Couture francese. Noleggiano un Boeing 707, che risulta più grande del necessario. Si vendono i posti liberi a soli settemila franchi a persona, andata e ritorno. Spaggiari acquista due biglietti. Poche settimane dopo Jacques Mèdecin avrà qualche difficoltà a convincere l'opinione pubblica che gli Spaggiari hanno partecipato al viaggio in veste privata e non erano membri del comitato ufficiale. Riferirà agli autori di questo libro di non essersi neppure accorto, durante il volo, della presenza della coppia, la quale non sarebbe scesa nel suo stesso hotel nè avrebbe preso parte ai ricevimenti ufficiali. Su una cosa ha ragione: Spaggiari non è il fotografo ufficiale di questo viaggio. Jacques Mèdecin aggiunge, ad ogni buon conto: ´Ogni criminale intelligente nasconde la sua vera natura dietro una facciata di onorabilità. L'aereo lascia Nizza il 6 ottobre e raggiunge Tokio dopo aver fatto scalo a Parigi e ad Anchorage. Il gruppo ufficiale risiede all'Hotel
Imperial mentre gli Spaggiari sono all'Hilton. Uno dei giornalisti al seguito ricorderà: ´Gli Spaggiari sembravano turisti entusiasti e si comportavano come una coppia in viaggio di nozze. Albert si prendeva cura di Audi in modo commovente, non la lasciava mai sola le faceva sempre regalini. Sembravano molto innamorati. Il 6 ottobre gli Spaggiari partono per Hong Kong, dove scendono all`Hotel Mandarin. Albert si fa fare tre vestiti su misura e regala ad Audi un collier di perle nere. Tre giorni dopo visitano Bangkok e sorvolano il delta del Mekong. Spaggiari si crogiola nei ricordi del Vietnam: ´Ho rivissuto i miei quattro anni in Indocina racconta agli amici al ritorno. ´Avevo il nodo alla gola e le lacrime agli occhi. Prendono il sole sui bordi della piscina del Siam Intercontinental Hotel, visitano le pagode e ammirano le statue del Buddha. Battono a tappeto antiquari, gioiellieri e commercianti di sete. Il 24 ottobre tornano a Nizza via Nuova Delhi, Teheran e Tel Aviv. Che cosa si nasconde in realtà dietro il viaggio degli Spaggiari? Il quotidiano giapponese Mainichi scrive che Albert avrebbe venduto a Tokio lingotti d'oro e gioielli, acquistando poi all'asta opere d'arte. Certo questo viaggio gli ha offerto le migliori opportunità di sbarazzarsi del bottino del colpo di Nizza. I suoi bagagli, infatti, sono passati insieme ai tesori artistici e ai bagagli ufficiali del ministro del Turismo e del suo seguito. La dogana francese ha trattato tutti i bagagli del volo per il Giappone com'è consuetudine fare con i diplomatici. Due giorni dopo il ritorno di Spaggiari, Albert Mouray e i suoi uomini colpiscono. Capitolo 9 L'arresto di Spaggiari ´Bert non è certo tipo da mostrare i suoi sentimenti Audi Spaggiari Il capo della polizia Albert Mouray sa cos'è una retata. Questa volta la scatena martedì26 ottobre 1976. Cinquecento poliziotti e gendarmi per un'operazione che interessa contemporaneamente otto città. Pare che la mattina alle sei e mezzo fossero già state arrestate quaranta persone sospette. Istruzioni precise erano state impartite per tempo a Marsiglia, Antibes, Mougins, Tolone, Nimes, Parigi, Ajaccio in Corsica e naturalmente anche a Nizza. I poliziotti hanno indirizzo, nome e descrizione precisa di ogni persona sospetta. Nella maggior parte dei casi si tratta di gente pedinata da tempo. Ogni arresto è coperto da
mandato di cattura. L'azione era stata preparata come il decollo d'una navicella spaziale a Cape Kennedy, dice qualcuno. A mezzogiorno i suoi risultati sono sulla scrivania di Albert Mouray. Si chiede che cosa ha sbagliato. Cinque dei quaranta se la sono squagliata durante la notte. Alle sei e mezza del mattino non si trovano dove avrebbero dovuto essere. Tra i cinque, purtroppo, c'è anche il pesce più grosso: Dominique Poggi. Poggi è nato il 16 febbraio 1926 a Farinole, in Corsica. E' stato per anni la mano destra del famigerato Barthèlemy Guerini, detto ´Mèmè. Il còrso che per decine di anni ha controllato la malavita francese. E' stato in galera una volta sola: nel 1950 a Strasburgo, per sfruttamento della prostituzione. Quando il regno di Guerini comincia a farsi vacillante Poggi si trasferisce ad Antibes e vi apre con suo fratello il Club 62. Le sue frequentazioni rimangono estremamente sospette: nel 1972 nella sua discoteca è arrestato il killer professionista Gavin Coppolani. Coppolani è uno degli esemplari più pericolosi della sua specie. Tre anni dopo evade di prigione e cerca di accoppare chi gli ha fatto la soffiata; rimane ferito durante la sparatoria ma colui che l'ha ferito è trovato morto nel 1976 sui gradini del night-club di Poggi. Il pasciuto e ben vestito Poggi ha i contatti giusti con la criminalità organizzata ed esperienza diretta del crimine. Potrebbe mettersi a capo di un'impresa come la rapina del secolo. E' la persona più sospetta, il possibile capobanda. Ma quando la polizia si presenta per arrestarlo non è in casa. Le cose vanno di male in peggio. Ventisette delle trentacinque persone arrestate debbono essere rilasciate la sera stessa. Si sapeva sin dall'inizio che qualcuno sarebbe stato rilasciato: ma ventisette su trentacinque è un vero buco nell'acqua. Esemplare, a questo riguardo, è il caso del commerciante di strumenti musicali di Bèziers. La prima volta che i gendarmi si recano alla villa di Castagniers prendono nota del numero di targa di una Peugeot 504 grigio metallizzato parcheggiata nel garage. La sera stessa, quando trovano i quattro uomini in attesa sui gradini della casa, la macchina è scomparsa. I gendarmi controllano la targa e scoprono cosìil nome del proprietario. Costui viene arrestato il 26 ottobre alle sei e trenta del mattino a Capestang, nella Francia meridionale. Ha davvero una Peugeot 504. Non è grigia, tuttavia, ma bianca. E l'uomo è in grado di dimostrare che il 9 luglio 1976 lui e la sua macchina erano a molti chilometri di distanza da Castagniers. La Peugeot nella villa aveva una targa falsa e l'atterrito rappresentante di strumenti musicali è la vittima innocente di uno scambio di persona.
E le otto persone il cui arresto è convalidato non sono certo un gran risultato. Emile Buisson può produrre un alibi per il fine settimana della maxi-rapina. In preda all'emozione, tuttavia, ammette di aver fregato al suo capo diecimila franchi. Un altro è Homer Filippi, figlio di Philippe Filippi, ex manager del campione mondiale di boxe Marcel Cerdan. Homer è un piccolo spacciatore di droga e intrattiene rapporti con uno dei quattro della villa di Castagniers. Quanto alla rapina, però, non c'è modo di provare niente. E' incriminato perchè possiede una pistola senza avere il porto d'armi. Huguette Cruchendeau è una prostituta di Marsiglia impegolata con soci in affari dei quattro uomini della villa di Castagniers. Alla polizia questa circostanza basta per trattenerla. Henri Michelucci ha noleggiato la Renault 17 vista nella villa di Castagniers. Afferma però che nel mese di luglio l'auto l'ha sempre usata suo fratello Daniel, e Daniel è uno dei cinque che sono svaniti nella notte. Alfred - Fred il gioielliere - Aimar e Adrien Zeppi, l'imbecille che ha venduto l'oro rubato allaSociété Générale, possono restare in manette. Sono accusati di ricettazione. Albert Mouray si ritrova con un bilancio assai triste: nella sua maxi-retata sono rimasti impigliati solo due topi delle fogne, Francis Pellegrin e Alain Bournat. Davvero una giornataccia. Quella stessa notte Pellegrin e Bournat sono sottoposti a interrogatorio incrociato. Come abbiamo già visto, i due non sono particolarmente intelligenti. Questo è un vantaggio per la polizia. Sicuri di sè e in maniche di camicia, i poliziotti affermano, con una tattica vecchia come il mondo: ´Sappiamo già tutto. Perchè non confessate, in cambio di una riduzione di pena?. Aspettano un istante e continuano, come per inciso: ´Tutti i vostri amici hanno già confessato, attribuendo a voi gran parte della responsabilità. Perchè proprio voi volete fare i fessi?. Incredibile ma vero: i due uomini cadono nella trappola. Pellegrin e Bournat rilasciano entrambi una confessione completa e fanno il nome del capo di tutta l'impresa: Albert Spaggiari. E' un nome ben noto al commissario capo Claude Besson, il vice di Mouray. Il 31 luglio 1974, alle undici meno dieci, un uomo ben vestito ha preso
una cassetta di sicurezza alla Banque de Paris et des Pays Bas di Nizza. Un impiegato di sportello lo accompagna nel caveau, dove già attende un cliente, armato. I due legano l'impiegato, l'unico testimone del fatto, e scassinano una cassetta di sicurezza. Non è una cassetta scelta a caso: è la numero 199, contiene tutte le riserve d'oro della filiale. I due uomini stipano i sessantacinque chilogrammi d'oro, all'epoca più di un milione di franchi, in due valige d'acciaio e scompaiono. Durante le indagini su questa rapina Claude Besson si imbatte anche in Albert Spaggiari, ma non riesce a dimostrare niente. Besson ritiene quindi plausibile che Spaggiari sia il capo dei topi delle fogne. Afferra il telefono. Mercoledì27 ottobre 1976, ore undici del mattino. Una donna bionda sulla quarantina entra nel negozio di fotografia La Vallière, sulla route de Marseille numero 56, a Nizza. Chiede di Monsieur Spaggiari. Davanti a lei il direttore, Andrè Devèsa. ´Non c'è. Posso esserle d'aiuto? ´Ma il negozio è suo, vero? ´E' suo; me l'ha affittato sei mesi fa. ´Vive sempre nell'appartamento sopra il negozio? ´No, ha cambiato casa. ´Sa come posso trovarlo? ´In questo momento no, ma viene qui regolarmente. L'aspetto oggi pomeriggio. Vuole lasciar detto qualcosa? ´No, è una cosa personale. Sua moglie fa sempre l'infermiera? ´Sì, ma non c'è nemmeno lei. ´La ringrazio, lei è stato gentilissimo. ´Si figuri, non c'è di che. Devèsa non immagina chi sia questa donna. Albert e Audi mettono piede in negozio poco prima di mezzogiorno. Devèsa racconta della visitatrice e Albert commenta: ´Non ho proprio idea di chi possa essere. Prende il telefono e ordina del mangime per polli per la sua fattoria. Poi si reca con sua moglie nel locale dirimpetto, Roi du Yan, rinomato
per i suoi spaghetti à la Maison. Per il caffè si unisce a loro Jean Yves Goutron, commilitone di Albert in Vietnam. Si porta in giro, come ricordo della guerra d'Indocina, una gamba fracassata dalle pallottole, ragion per cui zoppica. Spaggiari gli racconta del suo viaggio nell'Asia sudorientale. Mentre Albert racconta entusiasta del mercato di Hong Kong il cameriere lo interrompe: ´Monsieur Spaggiari, fuori c'è una signora che l'aspetta. Albert inarca le sopracciglia e spegne la sigaretta nel portacenere: ´Forse è la misteriosa donna di stamattina. Vi prego di scusarmi un istante. Esce e si avvicina alla donna. D'un tratto si trova fra due poliziotti che lo caricano sulla loro macchina. Il tutto accade in un baleno. Uno dei suoi amici se ne accorge e grida: ´Audi, qualcuno ha rapito Bert!. E' un' Audi davvero atterrita quella che telefona alla polizia per denunciare il rapimento. Scopre così che suo marito non è stato rapito, ma arrestato. E la polizia le sarebbe estremamente grata se anche lei potesse presentarsi al commissariato per rispondere ad alcune domande. L'interrogatorio di Albert Spaggiari inizia il 27 ottobre alle due e mezzo. E' il capitolo più stupefacente della storia della rapina del secolo e l'enigma più strabiliante che circonda questo caso. Una retata in cui sono coinvolti cinquecento poliziotti e durante la quale sono eseguiti trentacinque arresti in otto città non può rimanere segreta. Martedì sera in tutti i bar e i ristoranti di Nizza si parla di una cosa sola: l'operazione della polizia. Mercoledì mattina Nice-Matin riporta la notizia in prima pagina. a caratteri cubitali. L'opinione pubblica non sa che la retata è stata un fallimento. Per quel che se ne sa a Nizza, la polizia ha acciuffato i topi delle fogne. Anche Spaggiari deve aver saputo della retata. Amici, parenti, donne e amiche degli arrestati sono stati informati al più tardi alle sette del mattino. Solo Spaggiari non si scompone anzi, si comporta come se non gliene importasse niente. Avrebbe potuto lasciare il paese, fuggire. Se l'avesse saputo all'ultimo momento, avrebbe potuto rifugiarsi da un amico o in un albergo o in un ricovero della malavita. Va invece a Nizza, si reca nel suo negozio e porta sua moglie nel ristorante che frequenta abitualmente. Più facile di così non glielo poteva rendere, alla polizia, il suo arresto. Tanto valeva che si
presentasse personalmente al commissariato, in avenue Foch numero 1. E' possibile che non sappia con precisione chi è stato arrestato. Forse però sa che quei due testoni di Pellegrin e Bournat sono finiti in gattabuia. Quindi deve aspettarsi il peggio. E invece non pensa neppure a procurarsi un alibi. Sembra quasi che voglia essere arrestato. Ma può anche darsi che per qualche motivo si ritenga invulnerabile, inafferrabile. E' sottoposto a un interrogatorio non-stop della durata di trentasei ore. Non dice altro che ´No!. I funzionari della polizia criminale si danno il cambio, durante l'interrogatorio. Si concedono una pausa, prendono il caffè, mangiano un panino e magari fanno anche una dormitina. Albert deve rimanere sveglio tutto il tempo. Risponde alle loro domande con calma, in modo quasi flemmatico. Fa orecchie da mercante alle loro frequenti promesse di uno sconto sulla pena, qualora confessi. Sorride delle loro minacce. ´E' freddo come un blocco di ghiaccio, impreca Claude Besson. Anche un uomo come lui, che ben difficilmente si lascia impressionare, rimane interdetto davanti a Spaggiari. Gli mostrano il dossier della CIA, con la sua confessione. ´Ho mentito, dice con calma. Venti poliziotti perquisiscono, in presenza di Audi, la fattoria di Bèzaudun. Non trovano niente, in casa. Niente, tranne una scatola di sigari Don Miguel e una cassa di vino di marca Margnat-Village. Fuori, invece, sotto il pollaio, trovano un arsenale: fucili, munizioni per oltre mille colpi e una gran quantità di dinamite. Ispezionano centimetro per centimetro, con un metal detector. Ma non trovano altro che ferro: di oro nessuna traccia. Non è proprio quello che cercano. Ma basta per incriminare Albert per possesso illegale di armi. Venerdì mattina, verso le quattro, a uno dei funzionari viene un'idea brillante: quella di incriminare anche Audi. Allora Albert comincia a parlare. Fa un patto con i poliziotti. Purchè Audi sia tenuta fuori dalla cosa: lasciatela in pace e io dirò tutto. Il patto non contempla i nomi dei complici e la restituzione della refurtiva. Albert Mouray e Claude Besson sono comunque soddisfatti. Il venerdìla catastrofe del martedìsi trasforma in una vittoria. Hanno preso la testa, il cervello dei topi delle fogne. Spaggiari viene condotto davanti al giudice istruttore Richard Quazis sabato 30 ottobre. Davanti al palazzo di giustizia di Nizza si accalca
una gran folla: cronisti, fotografi, troupe televisive e molti, molti curiosi. Spaggiari ne è felice. Si gode questo momento di celebrità. Elegantemente vestito, si guarda intorno sicuro di sè: non ha certo l'aria di una persona sconfitta. Dice sorridendo ai cronisti: ´No, non mi pento di niente. Lo rifarei daccapo. Questo piace alla gente. Un amico lo afferra per una manica e gli sussurra: ´Non ti preoccupare per Audi. Ci pensiamo noi. Nel palazzo di giustizia Spaggiari parla senza fermarsi mai. Sottolinea in primo luogo la genialità del suo piano, racconta del duro lavoro sottoterra e vanta il valore astronomico della refurtiva: ´Erano molto più di centocinquanta milioni di franchi. Ma la polizia non viene a sapere niente che possa essere di qualche aiuto. ´Non l'ho fatto per me, dice, ´ho solo eseguito un'operazione militare. Sono orgoglioso di far parte della Catenay. La Catenay è un sottogruppo dell'OAS specializzato nell'aiutare i suoi uomini a fuggire la polizia. Tuttavia si è convinti che la Catenay è stata sciolta dopo il 1960. ´Non ho tenuto per me un solo centesimo della refurtiva. Il denaro era destinato agli oppressi di Jugoslavia, Portogallo e Italia. Ma non potete immaginare tutto quello che abbiamo trovato nel caveau. I gioielli da soli superavano di gran lunga in valore il denaro e i lingotti. Siamo sempre rimasti in contatto col mondo di fuori. Avevamo due sentinelle: una teneva sotto controllo la polizia - ci informava quando passava una pattuglia - e l'altra il livello dell'acqua nelle fogne. La polizia si è chiesta perchè la banda avesse scassinato così poche cassette di sicurezza. Ipotizza che il temporale pomeridiano di domenica 18 luglio abbia fatto salire il livello dell'acqua. Che i topi delle fogne temessero di finire sott'acqua. Ecco perchè avrebbero lasciato la banca anzitempo. Spaggiari afferma il contrario: ´Conoscevamo esattamente il livello dell'acqua e sapevamo di non essere in pericolo. Non abbiamo scassinato un maggior numero di cassette perchè la parete di cemento armato del caveau ci ha dato più da fare del previsto. Secondo Spaggiari i topi delle fogne, lasciando il caveau, sarebbero stati molto gentili, cantando in coro: ´Merci beaucoup, Monsieur le Directeur, merci, merci. Un'altra cosa gli sta molto a cuore: ´Non vi potete immaginare che lavoraccio sia, scavare una galleria. Abbiamo lavorato giorno e notte, finchè arrivavano i netturbini. I poliziotti capiscono subito che Spaggiari può andare avanti all'infinito a raccontare storie del genere. E lo fa, anche. Per tutto
l'autunno e l'inverno 1976/1977 annoia con esse il giudice … Spaggiari è interrogato una volta alla settimana, sempre di giovedì pomeriggio. Il giudice non fa che ripetergli che lo scopo degli interrogatori è quello di fornire alla polizia altre informazioni. Gli dice che non accetta la versione secondo la quale avrebbe regalato i proventi della rapina. Spaggiari tuttavia continua a scodellare al giudice una miscela di spacconate, dettagli inesatti, sotterfugi e menzogne. E poi - sembra impossibile - il tribunale rimane a corto di soldi. (Il sistema giudiziario francese è sotto questo aspetto davvero singolare: le singole indagini debbono essere prefinanziate nel dipartimento di competenza.) Il tribunale di Nizza accende quindi un prestito di dodicimila franchi proprio con laSociété Générale. Segue qualche altro arresto. Marie Francoise Astolfi viene scoperta per via di quelle annotazioni sul diario; con lei nella rete finiscono anche Daniel Michelucci e Michèle Seaglie. Sostengono di aver trascorso il fine settimana in questione nel casinò di Aix-en-Provence. Daniel afferma di aver acquistato i lingotti d'oro da uno straniero, in Italia. La polizia rinviene altri lingotti, insieme a una pressa per battere monete false, in una casa di Marsiglia. Dominique Poggi, braccato da tutta la polizia francese, si costituisce il primo novembre. Un paio di giorni prima aveva telefonato per avvertire. Al commissariato di boulevard Albert I lo accompagna una biondona sexy in pelliccia di leopardo, alla guida di una Matra-Simca bianca. Poggi, bruno coi capelli ricciuti, indossa un vestito di velluto beige. La ragazza, una svizzera benestante, se ne torna sola soletta nel suo appartamento di Juan-les-Pins. Poggi nega ogni cosa. ´Il fine settimana della rapina ero nella mia casa di Farinole, in Corsica. Ci sono moltissimi testimoni. Nella villa di Castagniers io mi sono recato solo per il sex-party. Se quella casa era il quartier generale dei topi delle fogne, be', questa è la prima volta che lo sento. Un certo Spaggiari? Com'è il nome, di preciso? No, non ne ho mai sentito parlare... Ma Francis Pellegrin ha affermato di essere stato lui a presentare Poggi al capobanda, Spaggiari. E Poggi finisce in carcere a Nizza per partecipazione alla rapina. In seguito però Pellegrin ritira la sua affermazione: ´La polizia mi ha messo sotto pressione. "Ci interessa Poggi, soltanto Poggi. Confessi, dica che è stato Poggi." Ho finito per raccontare quello che volevano sentirsi dire. Per essere lasciato in pace.
In realtà avrebbe presentato a Spaggiari tutt'altra persona, un tipo incontrato in un bar. No, non ne ricorda il nome. Gli interrogatori si trascinano per le lunghe. Spaggiari firma un contratto con l'editore francese Albin Michel. Vuole scrivere le sue memorie. Rifiuta il contratto propostogli dall'agente letterario nizzardo Clemens von Bèzard, che pure gli offre un anticipo di duecentomila franchi in contanti. Complessivamente il contratto ammonta a oltre cinquecentomila franchi. L'avvocato di Spaggiari, Jacques Peyrat: ´I soldi non gli interessano. Vuole descrivere la sua vita e la rapina come le vede lui. Inoltre, chissà che non sia già libero prima che lei abbia finito il libro. Dovrebbe essere contento che non abbia firmato il contratto. L'avvocato di Spaggiari fornisce questa indicazione univoca - in futuro la si potrà interpretare soltanto così- già alla fine di novembre 1976. Gli amici di Spaggiari sono sicuri che non abbia agito per brama di denaro. ´E' intelligente e temerario. con i nervi d'acciaio. Ma non si è mai messo a capo di qualcosa, ha sempre voluto ricevere ordini., Anche sua madre non riesce a capire: ´Bert è sempre stato un bravo ragazzo. E Audi dice: ´Non ho idea di cosa sia successo. Aggiunge che il marito non tradirebbe mai uno dei suoi compagni. Il direttore del sistema fognario di Nizza, Monsieur Testan, rilascia una dichiarazione. Anch'egli, una volta, ha dovuto scavare una galleria, come i topi delle fogne. Si meraviglia: ´E' stato il lavoro più duro che mi sia mai capitato. Eravamo in cinque e procedevamo di un metro al giorno. Riuscivamo a lavorare solo dieci minuti di fila. In uno spazio così angusto si possono muovere solo gli avambracci, e si deve far ricorso ad attrezzi piuttosto piccoli. E' una cosa davvero difficile. Mi levo tanto di cappello davanti a questi gangster. I compagni di viaggio di Albert e Audi in Giappone sono sconcertati. ´Chi avrebbe mai pensato che un uomo così carino, gentile, servizievole e beneducato fosse il capo dei topi delle fogne? In cella Spaggiari fa ginnastica due volte al giorno. Vuole tenersi in forma. L'avvocato Jacques Peyrat afferma: ´Gli manca molto sua moglie, ma il suo morale è intatto. Pensa tutto il tempo alla libertà. Talvolta sembra un bambino. La sorveglianza, in questi giovedì pomeriggio, lascia davvero a desiderare. Spaggiari arriva con due soli poliziotti. Nel corridoio al secondo piano del palazzo di giustizia gli restano sempre cinque minuti per parlare da solo con Audi. Anche Clemens von Bèzard lo incontra qui: Spaggiari declina ancora una volta - di persona - l'offerta di scrivere un libro a quattro mani e dice: ´Ho già cominciato a scrivere le mie memorie e continuerò a farlo da solo. La polizia è sicura che Spaggiari crollerà, prima o poi. Sta soltanto
prolungando le proprie sofferenze. Alla fine racconterà tutto, loro cattureranno gli altri complici e chiuderanno il caso. Non hanno fretta. Albert Mouray è un uomo paziente, come del resto il giudice Quazis. Hanno tempo. Giovedì10 maggio 1977 si sentono mancare il terreno sotto i piedi e il mondo crolla loro addosso. Capitolo 10 Spaggiari distrugge una macchina Che cosa si nasconde dietro l'eterno sorriso di Albert Spaggiari? Titolo a caratteri cubitali su Nice-Matin del 3 novembre 1976 Il prigioniero sembra pallido. Non ha toccato la colazione. Da qualche giorno non ha più appetito. ´Non mi sento bene, dice al secondino. ´Ho fumato troppo. Il secondino, di nome Verrauld, tratta Spaggiari con grande rispetto. ´Posso fare qualcosa per lei, Monsieur?, domanda premuroso. ´No, grazie. Non ho bisogno di niente. Verrauld lo lascia. Spaggiari si alza e si guarda allo specchio. E' la giornata decisiva, deve comportarsi normalmente: sorridere, fare dello spirito, sembrare tranquillo e sicuro di sè. E' un giovedì come gli altri, e il suo ventesimo interrogatorio da parte del giudice istruttore si svolgerà esattamente come il diciannovesimo, tranne che per un particolare... Indossa il suo abito preferito, quello di velluto nero, e si accende il solito Don Miguel. Alle due e mezzo, quando i poliziotti lo vanno a prendere, sorride amichevolmente, li saluta con cortesia e tende loro le mani perchè gli infilino le manette. Il cellulare grigioverde lo porta a palazzo di giustizia, seguito dai soliti due poliziotti in motocicletta. Altri quattro poliziotti di scorta si trovano in un'auto civetta. Spaggiari non ne sa niente. Il giudice Richard Quazis ha ordinato questa misura di sicurezza solo due settimane fa. Spaggiari sale i gradini di marmo del palazzo di giustizia. Con una mano è incatenato a uno dei due poliziotti, mentre l'altro lo tiene saldamente per il braccio. I due uomini sono armati. Albert fa sempre due gradini alla volta: costringe così la sua scorta a trottare e dimostra di essere in ottima forma. Con i poliziotti ha un rapporto piuttosto confidenziale.
La stanza in cui si svolge l'interrogatorio è piuttosto piccola. Il pavimento è di linoleum e le pareti sono tinteggiate d'un monotono grigio tendente al giallino. Alle finestre non ci sono tende. La stanza avrebbe già dovuto essere ristrutturata e munita di grate alle finestre. La cosa continua a essere rimandata perchè i conti del tribunale segnano rosso stabile. A destra della porta si trova un tavolo di media grandezza per il giudice istruttore. Accanto, uno scrittoio ingombro di documenti per la dattilografa. Ci sono in tutto quattro sedie e un portacenere. Spaggiari entra e saluta Jacques Peyrat. Il suo avvocato è un ex legionario dalle spalle larghe che vanta un'amicizia di lunga data con il sindaco Jacques Mèdecin. E' candidato alle prossime elezioni municipali. Albert e i due Jacques si danno del tu. Si conoscono sin dai tempi della guerra d'Indocina. Entra il giudice istruttore Quazis. I due poliziotti tolgono a Spaggiari le manette, lasciano la stanza e la chiudono a chiave dall'esterno. Dentro rimangono soltanto in quattro: Spaggiari, Peyrat, Quazis e Mademoiselle Hoarau, una donna sulla quarantina con i capelli raccolti che, durante gli interrogatori, ha già raccolto e dattiloscritto centinaia di pagine. Quazis pone le prime domande. Spaggiari fuma ininterrottamerite ed è sfuggente come al solito. Alle cinque meno dieci il giudice istruttore gli rammenta che la settimana prima gli aveva promesso un piano dettagliato della rapina. Lentamente Spaggiari infila una mano nella tasca interna della giacca di velluto e ne estrae un foglio di carta accuratamente ripiegato. Lo porge al giudice. ´Voilà, qui c'è tutto quello che vuole sapere. Quazis apre il foglio. E' coperto di linee, disegni e annotazioni. Lo osserva con crescente perplessità. D'un tratto alza gli occhi. ´Da che parte si deve guardare? Dov'è il padiglione fieristico, per esempio? Peyrat lancia una rapida occhiata al suo amico e cliente e rimane sconvolto dall'aspetto di Spaggiari. In seguito l'avvocato dirà: ´Era bianco come un cencio, non l'avevo mai visto cosìcontratto. Sembrava un cadavere. All'improvviso ho avuto paura per lui. Spaggiari si alza. ´Si calmi, dice al giudice istruttore. Attraversa con passo sciolto la piccola stanza, passa davanti allo scrittoio di Mademoiselle Hoarau e si avvicina al giudice Quazis. Si china sulle spalle del magistrato e indica il foglio: ´Guardi.... Poi fa un gran balzo verso la finestra, la spalanca e salta fuori. L'avvocato Peyrat grida: ´No, non lo fare! Non lo fare!. (´Pensàvo che
si volesse uccidere, ammetterà in seguito.) Il giudice istruttore e l'avvocato saltano su dalle loro sedie e si precipitano alla finestra. Sotto questa finestra, che si trova al secondo piano, c'è un muretto sporgente di sessanta centimetri che funge da tettoia per un ingresso laterale. Quest'ingresso si chiama Service Etrangers e ogni giorno vi si formano lunghe code di stranieri che chiedono un permesso di soggiorno o di lavoro o che vogliono farselo prolungare. Spaggiari salta su questo cornicione. Da qui si tuffa sul tettuccio di una Renault 6 parcheggiata, ammaccandolo. Si lascia rotolare e atterra per strada su tutte e due le gambe. Accanto alla Renault c'è una Kawasaki 900 color verde metallizzato col motore acceso. Il conducente porta un casco dello stesso colore. Spaggiari balza in sella. Dall'alto il giudice istruttore Quazis grida disperato: ´Arretez-le! Arretez-le!, ma nessuno trattiene Spaggiari. Spaggiari grida, di rimando: ´Au revoir. E fa con le dita una RI in segno di vittoria. Mentre la motocicletta scompare in boulevard Jean Jaurès i passanti odono la sua risata maligna. I fuggiaschi hanno un momento di panico quando si trovano la strada sbarrata da un'auto che esce dal parcheggio. Ma il motociclista è abbastanza abile da evitarla. La sfiora appena. Nel frattempo un poliziotto di stanza al palazzo di giustizia è balzato in sella alla sua moto e dà inizio all'inseguimento. Ma Spaggiari ha troppo vantaggio e presto i due scompaiono dalla vista del poliziotto. La polizia reagisce come meglio può. Entro dieci minuti tutte le vie d'uscita da Nizza sono sotto controllo, viene dato l'allarme alle autorità di frontiera francesi e si bloccano treni e aerei. Un velivolo privato appena decollato è Costretto ad atterrare. Ha inizio un'incredibile caccia all'uomo. Ma non serve a niente. Spaggiari è scomparso senza lasciare tracce. Nel frattempo dà spesso sue notizie e rilascia interviste alla stampa e alla televisione. Ma ne parleremo più avanti. La Renault 6 sul cui cofano è atterrato sembra demolita, la carrozzeria deve essere rifatta ex novo. Il proprietario, Monsieur Gonzales, si sente morire. La sua macchina era praticamente nuova. Abita in rue de Pontin, proprio accanto al palazzo di giustizia. Gliel'avevano già danneggiata, quell'auto nuova di zecca, e da allora preferiva parcheggiarla davanti al tribunale. Gli sembrava più sicuro.
Per rimetterla a posto spende duemilaottocento franchi e l'assicurazione si rifiuta di indennizzare Monsieur Gonzales perchè non c'è clausola in cui siano previsti sinistri del genere. Non può far altro che recarsi alla polizia e sporgere querela per danni materiali contro Albert Spaggiari. Indirizzo: ignoto. La sua è una storia a lieto fine, e il lieto fine è tipico della mente che ha organizzato la maxi-rapina. Qualche giorno dopo Monsieur Gonzales riceve un vaglia di importo pari a quello delle spese sostenute per riparare l'auto. Spaggiari vi ha aggiunto anche qualche parola di ringraziamento. La sera stessa nel ristorante preferito di Spaggiari, Roi du Yan, saltano i tappi di sette bottiglie di champagne. I vecchi compagni festeggiano la sua fuga. L'avvocato Jacques Peyrat, per contro, non si sente troppo a suo agio ´Deve averla progettata, questa fuga, dice scusandosi. ´Ha preso per il naso me e il giudice istruttore. Anche i dirigenti del tribunale si trovano in una situazione penosa. L'anno prima un altro prigioniero è fuggito da quella stessa finestra. Quello, però, l'avevano riacchiappato subito, nella città vecchia. E l'avvocato Jacques Peyrat aveva dichiarato cogitabondo agli autori di questo libro, già nel novembre 1976: ´Se dovesse fuggire, sarebbe certo da questa finestra. La polizia si è coperta di ridicolo e il governo non può dirsi certo felice. Il ministro degli Interni, Poniatowski, si attacca al telefono e ordina una retata mai vista: i giorni 10 e 11 marzo migliaia di poliziotti di Nizza e dintorni passano al setaccio ogni singola casa della città vecchia. Si recano alla fattoria di Bèzaudun e scoprono che anche Audi è scomparsa. Le porte della casa di campagna non sono chiuse a chiave, le imposte sono aperte ma in casa non c'è nessuno. La polizia interroga il vicino, Ange Goujon. ´Ho dato da mangiare ai cani, Packa e Vesta, e ai polli, dice lui. ´Ma ero convinto che Madame Spaggiari sarebbe tornata da un momento all'altro. Una collega di Audi, l'infermiera Fabienne Nehr, dice di aver visto Audi per l'ultima volta il 3 marzo. ´Non si sentiva bene, e io le ho suggerito di andare qualche giorno in montagna. E' stata l'ultima volta che l'ho vista. Quello stesso giorno Audi si è recata anche nel negozio di route de Marseille, con un piccolo bagaglio a mano. Andrè Devèsa, che nel frattempo ha comprato il negozio: ´Ci ha detto che sarebbe stata fuori fino al 25 marzo. Mi è sembrata molto stanca.
Anche l'avvocato di Spaggiari, Jacques Peyrat, è a conoscenza della breve vacanza di Audi. ´Era del tutto esausta, piena di preoccupazioni. Voleva non avere più niente a che fare con la faccenda e scomparire da Nizza. Le telefonate e minacce anonime le davano grande ansia. Mi ha detto che partiva per una meta ignota e sarebbe rimasta fuori un paio di settimane. Naturalmente Audi era l'unica persona, oltre a Peyrat, ad aver mantenuto contatti con Spaggiari quando questi era in carcere. Non dimentichiamo i colloqui di cinque minuti che si svolgevano in tutta ufficialità nel corridoio del palazzo di giustizia. Deve essere stata lei a comunicargli i particolari del piano di fuga. Ora è scomparsa anche lei, come il marito. La polizia interroga i testimoni della fuga. Il motociclista attendeva in rue de la Prèfecture da un'ora. Puliva i raggi del suo mezzo. Ha tenuto quasi sempre il casco, ma se l'è tolto un paio di minuti e in diversi l'hanno visto in faccia. Il commissario Jacques Tholance, il Colombo di Nizza, emette un triplice fischio fra i denti e sventola giubilante le foto di tutti i presunti complici di Spaggiari. Molti testimoni riconoscono subito il motociclista. Si tratta di Gèrard Rang, il ventottenne proprietario del famigerato night club Chi-Chi, a Haut-de-Cagnes. Leggermente tarchiato, ha i capelli biondi e lisci. E' anche lui un estremista di destra. Tholance ripesca il dossier di Rang, alto come l'elenco telefonico di Parigi. Lui e Spaggiari erano già stati sospettati di due reati. Una volta nell'estate del 1974, quando tutta Nizza fu inondata di assegni falsi. E poi per la fruttuosa rapina alla filiale nizzarda della Banque de Paris et des Pays Bas, lo stesso anno. Le prove, in quei casi, non erano sufficienti per l'arresto. La colpevolezza di Rang è stata invece dimostrata in un altro caso: gestiva una scommettitoria in cui incassava le poste ma non pagava mai le vincite. Anche Rang è cliente di Maitre Peyrat. E Jacques Tholance rammenta che, durante la rapina, un motociclista è sempre rimasto di guardia sull'argine del fiume, laddove la strada sotterrànea confluisce nel sistema fognario. Domenica 13 marzo, alle dieci del mattino, il commissario Tholance e ventiquattro poliziotti circondano un isolato di appartamenti lussuosi ad Arcadia, un insediamento di prestigio sul Mont Fabron, che si erge su Nizza. Tholance raggiunge l'appartamento 2F, con vista sulla piscina, e suona alla porta. Dopo aver suonato più volte percepisce qualche rumore proveniente
dall'interno. ´Apra, Rang. Venga fuori. Non ha chance. Finalmente arriva la risposta. ´Okay, scendo tra cinque minuti. Tholance riconosce la voce di Rang. Aspetta. Cinque minuti dopo Rang apre la porta. Indossa un blazer nero di Yves-St. Laurent, pantaloni di flanella grigia e stivaletti neri col tacco alto. Sul naso un paio di Ray-Ban da sole. Sembra sicuro di sè. ´Qualunque sia il motivo per cui mi arrestate, state commettendo un grosso errore, dice. Tholance non risponde. Ha tutto il tempo. La difesa di Rang è sorprendentemente debole. Dapprima- afferma di guidare una 500, poi sostiene che non saprebbe cavarsela con una Kawasaki 900. Nessuno gli crede. Poi esce col suo alibi per l'intervallo di tempo in cui Spaggiari è fuggito da palazzo di giustizia in modo così spettacolare. ´Stavo giocando a tennis al club Arcadia. ´Con chi? ´Da solo. ´Come si fa a giocare a tennis da soli? ´Contro il muro. Si adducono poi le prove. Una collaboratrice di Peyrat arriva con quattro ragazze del condominio Arcadia che confermerebbero di aver visto Rang giocare a tennis contro il muro. La collaboratrice non è altri che Martine Wolf, la quale: a. è socia di Peyrat e talvolta ha assistito agli interrogatori di Spaggiari, b. è la donna di Rang e c. di recente ha preso in affitto un appartamento in rue de la Prèfecture numero 5, proprio davanti alla finestra da cui è fuggito Spaggiari. Rang è davvero socio a pieno titolo del tennis-club Arcadia, ma nessuno si ricorda di averlo visto con la racchetta in mano negli ultimi dodici mesi. Il commissario Tholance ordina un confronto con i testimoni. Le quattro ragazze non riescono a identificare Rang. Sì, hanno visto qualcuno che giocava da solo, ma abitano troppo lontano dai campi per potergli dare una fisionomia precisa. Tholance organizza un altro confronto. Stavolta due dei testimoni che hanno assistito alla fuga debbono identificare Rang in un gruppo di sei teste bionde. Non esitano un solo momento e indicano Rang. Rang è incriminato per aver aiutato Spaggiari a fuggire.
Il 19 marzo gli autori di questo libro vengono a sapere da alcuni membri dell'oAs amici di Spaggiari: ´Ce l'ha fatta! Ha lasciato la Francia. Il 20 marzo Jacques Peyrat è eletto consigliere comunale a Nizza.
Epilogo Tanti saluti da Albert! Cartolina spedita da Albert Spaggiari agli autori di questo libro nel mese di aprile del 1977 Di tutta la refurtiva, sono stati rinvenuti meno di un milione di franchi: l'oro venduto da Bournat e i lingotti trovati nella cassetta di sicurezza di Daniel Michelucci a Bruxelles, oltre a quelli rinvenuti nella zecca clandestina di Marsiglia. LaSociété Générale ottiene soltanto trenta milioni di franchi di indennizzo dalla sua assicurazione, i Loyds di Londra. A reintegrare il resto deve provvedere la stessa banca, col contributo dello Stato francese. Ci rimettono anche quei clienti che non vogliono dichiarare ne' al fisco ne' alla polizia il contenuto delle loro cassette di sicurezza. Sette persone rifiutano con decisione di fornire qualsiasi informazione sul contenuto delle loro cassette. Si dice che ci abbiano rimesso milioni. C'è però una persona a Nizza che racconta ai quattro venti di averci rimesso mezzo milione di franchi, il fine settimana della maxi-rapina. Il suo nome: Gèrard Rang. Il presunto motociclista è uno dei sette. Lo stesso Spaggiari afferma di essersi portato via più di cento milioni di franchi, con la maxi-rapina. Nel tardo autunno del 1981 discute animatamente col capo dei rapinatori dell'ufficio postale inglese, Ronald Biggs, davanti a una bottiglia di whisky e una scatola di costosi Avana, su chi dei due sia il più grande rapinatore di tutti i tempi. Anche volendo credere soltanto a metà nelle cifre ufficiali fornite sul colpo di Nizza è comunque sicuro che Albert Spaggiari ha messo a segno la rapina del secolo. Il colpo più sensazionale che sia mai stato realizzato. Malgrado tutte le indagini il caso rimane comunque irrisolto, perchè molte sono le domande che non hanno trovato risposta. Perchè la polizia criminale di Nizza non aveva saputo del colpo in anticipo? Perchè non ha arrestato Spaggiari subito dopo le sue dichiarazioni alla CIA? Perchè Spaggiari non si è nascosto dopo la retata del 26 ottobre? Presa singolarmente, all'ultima domanda si potrebbe rispondere che
Spaggiari è un megalomane e, come tutti i megalomani, è convinto che gli dèi lo amino e lo proteggano. Il problema è che davvero qualcuno deve aver steso su di lui la sua mano protettiva: ma chi, e perchè? E perchè i suoi protettori l'hanno lasciato arrestare per poi salvarlo di nuovo? A questo punto entra decisamente in gioco la politica. Nizza è l'unica città della Francia del sud che all'epoca vota a destra. E tutti i personaggi di questa storia sono estremisti di destra, dal sindaco fino a Gèrard Rang. Essi sono tutti fatalmente legati: il sindaco è amico di Spaggiari e di sua moglie; Albert è complice di Gèrard Rang. Questi è l'uomo di Martine Wolf, a sua volta socia di Jacques Peyrat, anch'egli intimo amico e collaboratore diretto del sindaco di Nizza. Il fatto di intrattenere rapporti con Spaggiari avrebbe distrutto qualsiasi altro sindaco. Ma Jacques Mèdecin non è un sindaco qualsiasi. La famiglia Mèdecin è la più potente di Nizza e non è un caso che la via principale della città sia intitolata al padre di Jacques Jean Mèdecin, già sindaco della città. Jacques Mèdecin è inoltre confidente e amico dellex presidente francese Giscard d'Estaing. In questa storia compare a più riprese l'OAS. Spaggiari ne fa parte, come alcuni dei suoi complici. E l'OAS si vanta di avergli fatto lasciare la Francia. E' possibile che alcuni simpatizzanti dell'oAs lo abbiano protetto dalle indagini della polizia, fornendogli la loro altissima copertura? Noi non possiamo far altro che sollevare la domanda. E se è stato protetto rimane comunque oscuro perchè fu arrestato e poi lasciato fuggire. Per tutta la vita Spaggiari ha nutrito grandi idee e grandi sogni, ma nessuno gli ha mai offerto un'opportunità. E' possibile che, alla fine, abbia deciso di prendere in mano le redini e sia stato capace di organizzare un colpo così sensazionale. Tutto lo fa pensare. Ma dobbiamo accennare anche a un'altra possibilità: che Spaggiari prendesse ordini da un altro superuomo, la mente sinora ignota di tutta l'impresa. Un supercriminale o un fanatico della politica. Facendosi arrestare, Spaggiari può aver protetto il vero burattinaio. Se le cose stanno davvero così, costui è un essere fortunato, oppure gode di relazioni eccellenti. La polizia di Nizza infatti non ha mai sospettato che dietro la rapina del secolo potesse esserci qualcun altro. Ha sempre cercato una sola persona: Spaggiari. Quest'ipotesi, se veritiera, risolverebbe anche un altro enigma: la rapina sull'Ile St.-Louis a Parigi.
Come abbiamo già scritto: a. sembra assai strano che la stessa banda metta a segno una rapina più piccola quando ha già in mano cento milioni di franchi, ma b. è improbabile che due bande completamente diverse abbiano svaligiato nello stesso periodo e secondo modalità identiche due caveau dellaSociété Générale. E' invece del tutto possibile che un superuomo abbia avuto l'idea dei due colpi e li abbia fatti realizzare separatamente da due bande diverse in due città diverse e nello stesso periodo. Seguiamo questa ipotesi sino alla sua conclusione logica. Il burattinaio della maxi-rapina potrebbe aver sfruttato Albert Spaggiari per il suo piano, con una copertura di altissimo livello. Affinchè l'opinione pubblica non rimanga troppo scossa e la polizia trovi il colpevole, Spaggiari si fa arrestare; ma poichè non si è sicuri che resista a tutti gli interrogatori lo si aiuta a fuggire. Che cosa può fare ancora il superuomo per proteggere la sua identità? Be', può far ammazzare Spaggiari. Nell'autunno del 1977 per Nizza circola davvero la voce che Spaggiari sarebbe stato ucciso. I dubbi sono però presto dissipati da alcuni interventi pubblici dello stesso Albert. Manda una cartolina ai giornalisti di Nice-Matin: è una sua fotografia, in cappotto nero e basco (forse per nascondere un nuovo taglio di capelli), con su scritto: Bien le bonjour, d'Albert! Un grafologo confronta la scrittura con quella di Spaggiari e la dichiara identica. Albert scrive a Nice-Matin anche per sostenere che l'uomo alla guida della Kawasaki 900 e suo complice nella fuga non era Gèrard Rang. La cartolina, la lettera e il vaglia inviato al proprietario della Renault 6 danneggiata recano tutti il timbro postale di Nizza. Ma questo può non voler dire niente. I vecchi compagni del Roi du Yan raccontano, davanti a un piatto di spaghetti e a un bicchier di vino: ´Siamo stati noi a tirarlo fuori. E ora è al sicuro in Sudamerica. L'eccitazione è svanita e tanta acqua è passata sotto i ponti. dal giorno della maxi-rapina. Nel modesto processo per la rapina del secolo sono comminate soltanto quattro pene detentive di modesta entità L'imputato principale, Spaggiari, è latitante ed è condannato in contumacia a venti anni di carcere. Il pubblico ministero chiede vent'anni anche per Dominique Poggi, che viene invece assolto per mancanza di prove. Ne esce assolta anche Audi, che due mesi dopo la sua scomparsa ritorna a Nizza senza fornire informazioni.
Rimasta sola, continua la sua modesta esistenza di piccola infermiera nell'ambulatorio di rue de Marseille e torna ogni fine settimana nella fattoria di Bèzaudun, dove sogna i bei tempi in cui viveva ancora con Albert Spaggiari. Monsieur Albert, invece, conduce finalmente la vita che sognava, quella del play-boy e del multimiliardario. Vive in una hacienda in qualche paese sudamericano, circondato da splendide donne e fiumi di champagne. P.S. Si ringraziano per la collaborazione la polizia, le autorità e la malavita di Nizza. Gli Autori
Postscriptum Tout me fait rire Tutto mi fa ridere Sabato 10 giugno 1989, ore cinque del mattino. Una Peugeot color antracite coi vetri oscurati sfreccia lungo le vie di Hyères, nella Francia del sud. Passerebbe del tutto inosservata se non andasse tanto forte: in fin dei conti ha una targa francese e si tratta del modello prediletto da tanti cittadini francesi. E' uguale alla Peugeot color grigio metallizzato che tredici anni fa interpretò un ruolo di primo piano in questa pièce criminale, una pièce che è costata alla Société Générale di Nizza cento milioni di franchi. La Peugeot passa inosservata nelle brume del mattino, persino quando si ferma con una brusca frenata davanti alla casa di Madame Juliette Clèment. Nella casa cupa di questa anziana signora va in scena stamani una ben strana commedia. Il conducente della Peugeot e la persona che gli è seduta accanto aprono lo sportello. I due uomini viaggiano in incognito. Indossano una tuta stagna nera e hanno il volto coperto da una maschera. Sembrano criminali esotici, usciti forse da un film di James Bond. Le maschere e l'abbigliamento conferiscono alla loro già oscura presenza qualcosa di ancor più inquietante. I due gangster sono persone assai vicine a un terzo gangster, coricato sul sedile posteriore. I due parlottano frenetici in italiano, aprono uno degli sportelli posteriori, si piegano e sollevano con cautela il terzo uomo dall'auto. Non è vestito da tartaruga Ninja, diversamente dai due amici che l'hanno portato qui fra tanti segreti. Non si è travestito - come oggigiorno accade ancora per tante operazioni di polizia - perchè ormai non gli serve più E' morto. Il suo nome: Albert Spaggiari. Ma anche se fosse vivo sarebbe improbabile che si nascondesse il viso dietro una banale maschera nera. La sua arroganza è la sua eccessiva fiducia in se stesso non gli consentirebbero una pagliacciata del genere. A prescindere da tutto questo, Spaggiari non è un omicida nè un nemico del popolo. E' un ´semplice rapinatore che si è dato da fare per costruirsi una certa fama. Sono passati decenni da quando, nella sua selvaggia giovinezza, ha sognato o addirittura cercato di assassinare il generale Charles de Gaulle e di eseguire altre azioni terroristiche per l'estrema destra francese. Ma anche quando ha smesso di sputare in faccia all'autorità, Spaggiari non ha mai smesso di deriderla.
Gli uomini mascherati si rialzano, prendono fiato e trasportano il cadavere dalla Peugeot a un ingresso laterale della vecchia casa di Madame Juliette Clèment. La proprietaria e unica abitante dell'edificio, Madame Clèment, è la mamma di Spaggiari. Vive qui da 55 anni. Il piccolo Albert aveva allora due anni. In questa mattina di giugno Madame Clèment dorme profondamente. I due delinquenti entrano in casa senza problemi. Trasportano il cadavere al buio e cercano il tavolo di cucina senza accendere la luce. Vi depongono il corpo con cautela. Come in un obitorio, ma senza bara e senza fiori. Lasciano la cucina e la casa silenziosi, in gran segreto. Gli sportelli della Peugeot si chiudono e il conducente mette in moto. Il rombo del motore sveglia l'anziana donna, che entro breve trova il morto in cucina. Sono anni che Madame Clèment non vede il figlio. Adesso eccolo lì sul tavolo di cucina. Più tardi, verso mezzogiorno, nella cucina della madre in lutto si trovano i poliziotti di Hyères e altri funzionari francesi. Dopo aver fotografato Albert Spaggiari, avergli preso le impronte digitali e averlo - inutilmente - perquisito si occupano della sua sepoltura. Dopo più di dodici anni è la prima volta che un poliziotto francese arriva tanto vicino ad Albert Spaggiari, il capo e l'organizzatore della rapina del secolo. L'uomo che nel 1976, lavorando nel fetore delle fogne di Nizza, ha messo a segno con pochi aiutanti una rapina da cento milioni di franchi: contanti, oro, gioielli e pietre preziose trafugate dal caveau della più importante banca della città. L'uomo che ha scardinato il sistema giudiziario francese, facendo ridere il mondo intero con i suoi tiri mancini, è sfuggito ormai per sempre alla polizia. E' morto di cancro ai polmoni, all'età di 57 anni. Albert Spaggiari si è di nuovo presentato alle autorità senza svelare nessuno dei suoi molti misteri. Il fatto che si trovi davanti a loro, infatti, non costituisce una risposta alle domande che si pongono la polizia locale, l'Interpol e i servizi segreti di tutto il mondo. Sfacciato com'era, non ha mai resistito alla tentazione di prendersi gioco di tutti loro, con l'aiuto della stampa internazionale. Sarebbe logico pensare che un uomo scomparso con tanti soldi si tenga lontano dalle autorità: ma Albert Spaggiari non è un uomo come gli altri. E' così egocentrico che i mass-media lo seguono entusiasti. Non si nasconde neppure dopo essere stato condannato in contumacia a vent'anni di carcere. Spaggiari imperversa sulle prime pagine delle riviste europee e in tutte le sue interviste e servizi fotografici non fa altro che sbeffeggiare la polizia. Esemplare è la celebre cartolina con Bien le bonjour, d'Albert! inviata ai nostri autori. Il mese dopo aver saltato la finestra del palazzo di giustizia.
Alla polizia non è rimasto altro che ammirare Spaggiari sulle foto dei giornali, in travestimenti sempre nuovi. Con la schiuma alla bocca, vengono a sapere della sua vita sfrenata e lussosa in America Latina. Solo che non ci arrivano da soli, hanno bisogno dei mass-media. La sua disponibilità nei confronti della stampa gli procura ricompense principesche. Ciò naturalmente lo rende ancora più avido. Quando, in un soleggiato giovedì pomeriggio del marzo 1977, Spaggiari fugge dal Palais de Justice, scompare nel giro di dieci minuti. Va prima in Italia e poi in Sudamerica. In Paraguay è accolto dal dittatore di estrema destra Strossner.- Come a suo tempo il console Weyer. Nel periodo in cui conduce la sua vita dispendiosa nel suo ranch nei pressi di Asuncion diventa molto amico d el generale. Col loro sogno di un predominio mondiale dell'estrema destra, sono due anime in un nocciolo. Si fa comunque vedere anche su una spiaggia dell'Atlantico meridionale, mentre discorre tranquillamente col rapinatore dell'ufficio postale inglese, Ronald Briggs. Con sigari, whisky e bellissime brasiliane sottobraccio al Copacabana di Rio. Albert si sottopone a diversi interventi di chirurgia plastica e agli sconosciuti si presenta sempre travestito. C'è chi dice che non indossi mai due volte la stessa cosa. Dietro la sua sfacciataggine, quindi, c'è sempre una certa cautela. Le trovate beffarde di Spaggiari non terminano con la sua scomparsa. Continua a provocare la polizia con una spudoratezza che non ha limiti. Il suo ego e la sua vanità lo spingono a rilasciare un'intervista dopo l'altra. E i suoi onorari si fanno sempre più alti. Anche se non avesse messo a segno la rapina del secolo potrebbe vivere agiatamente dei proventi delle sue apparizioni sulla stampa. Due giorni prima di morire Albert Spaggiari telefona a sua madre, a Hyères, per salutarla. La chiama dall'Italia e le dice che da tempo è malato di cancro. Spera di vederla un'ultima volta e tenta di organizzare un viaggio a casa. Non sa però che non si sarebbero parlati mai più I suoi due compagni comunque provvedono a portarlo da sua madre, a Hyères. Spaggiari torna così in patria. Madre e polizia lo attendono da tanti anni, ormai. Questo 10 giugno del 1989 sanno tutti che è troppo tardi per fargli qualsiasi domanda. Le domande che si sono posti per tutti questi anni. Spaggiari si porta le risposte nella tomba. Subito dopo la sua scomparsa hanno setacciato la sua casa in Toscana pietra per pietra, senza trovare niente. Soltanto una tavoletta di
legno d'olivo sulla porta della sua camera da letto con su scritto a grandi lettere: Tout me fait rire. Tutto mi fa ridere.