Eden Phillpotts
La Camera Grigia The Grey Room © 1995 Il Giallo Economico Classico N° 86 - 24 giugno 1995
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Eden Phillpotts
La Camera Grigia The Grey Room © 1995 Il Giallo Economico Classico N° 86 - 24 giugno 1995
Personaggi principali Sir Walter Lennox Henry Lennox Capitano Thomas May Mary May Virgilio Mannetti Reverendo Septimus May Dottor Mannering
baronetto inglese suo nipote genero di sir Walter sua moglie, figlia del baronetto gentiluomo italiano padre di Thomas medico della famiglia Lennox
1. Il ritorno dalla caccia Nel grande parco di Chadlands gli alberi erano già quasi spogli e il tramonto autunnale destava un ultimo bagliore dorato tra le scarse fronde ingiallite delle piante forestali. Un folto tappeto di felci e muschi vestiva la base dei tronchi rugosi, fra i quali serpeggiava un velo di nebbia azzurrognola che l'aria frizzante della sera condensava rapidamente. Nel cielo verdastro rideva una sottile falce di luna. Il gigantesco cancello di ferro battuto, incardinato su due enormi pilastri di mattoni, sormontati ognuno da una sfera di granito grigio, era spalancato per lasciar passare gli ospiti di Chadlands reduci dalla caccia. Otto cavalieri e tre dame, coi fucili a bandoliera, con gambali di cuoio e corte giacche pesanti, entrarono nel viale chiacchierando allegramente. Uno di essi cavalcava un pony pomellato e due signore gli camminavano a fianco. Si avviarono tutti insieme al castello, distante circa mezzo chilometro. Dalla casetta del guardiano, seminascosta fra lauri e cespugli, uscì allora un vecchio un po' curvo che richiuse il cancello. In cima alle pesanti volute in perfetto stile barocco era issato uno scudo gentilizio — evidentemente di altra epoca — con lo stemma e il motto dell'attuale proprietario. Eden Phillpotts
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Sir Walter Lennox, quindicesimo baronetto, negli anni, ormai lontani, della sua giovinezza, aveva combattuto per la grandezza della patria, e allo stemma degli avi aveva potuto aggiungere, di suo, una medaglia al valore guadagnata al tempo della rivolta indiana del 1857. Ma la morte di suo padre, richiamandolo a Chadlands per i nuovi doveri del suo piccolo regno, non gli aveva permesso di raggiungere un grado molto elevato nell'esercito. Da allora molta neve era caduta sul suo capo, e la mitezza del suo carattere, la rigida austerità dei princìpi, insieme alla enorme ricchezza e a una inguaribile ingenuità e semplicità di spirito, l'avevano reso assai popolare nel suo vasto dominio. I suoi vicini, a dire il vero, trovavano eccessiva la generosità con cui il vecchio gentiluomo trattava i suoi dipendenti, che, naturalmente, lo adoravano e lo proclamavano il migliore dei padroni. Ciò non mancava di sollevare proteste fra i dipendenti degli altri latifondisti, i quali criticavano acerbamente la sconsiderata prodigalità del baronetto, ma finivano poi sempre per essere conquistati dalla cavalleresca cortesia delle sue maniere. Dopo il pranzo lauto e signorile, la comitiva s'era riunita nella sala del biliardo e i cacciatori, stanchi per la lunga giornata di cammino nell'aria pungente dell'autunno avanzato, si sarebbero volentieri attardati nelle accoglienti poltrone intorno al largo camino in cui ardeva un buon fuoco; ma il padrone di casa, che aveva fatto quasi tutta la strada a cavallo, non si sentiva affatto stanco e propose una partita. — Su, Henry, non fare il pigrone — disse a un giovanotto che s'era allungato sul divano un po' staccato dalla compagnia. Il giovane trasalì. Stava assorto, fissando una coppia seduta accanto al fuoco. La mano della donna posava teneramente in quella del compagno, atteggiamento un po' singolare, quale due innamorati non avrebbero osato assumere in pubblico; ma nessuno se ne stupiva o ne sorrideva, poiché i due colombi erano già marito e moglie. — Eccomi, zio — rispose Henry Lennox balzando in piedi. Alto, biondo, forte, sarebbe stato veramente bello, se il naso lievemente storto non ne avesse alquanto alterato l'armonia dei lineamenti. Ma i grandi occhi bruni, la bocca ben modellata e il forte mento davano al suo volto un'espressione di profonda bontà e di vivace intelligenza. Sir Walter aveva fatto carambola e col gessetto segnò trenta punti a proprio favore. — Stasera sono in vena — osservò. Eden Phillpotts
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Piccolo, asciutto e di portamento un po' rigido, aveva l'espressione grave e composta dei gentiluomini della sua generazione e portava i suoi settant'anni con dignità e disinvoltura. Uomo di gran cuore, ma di modesta levatura intellettuale, aveva preso la vita molto sul serio, senza chiederle tuttavia più di quanto essa poteva dargli; ma, attraverso le rosee lenti di un'ottima salute, di un sistema nervoso ben equilibrato e di una considerevole ricchezza, la vita gli era apparsa abbastanza piacevole e anche piuttosto facile. "Con la pazienza e col buonsenso si riesce a tutto", soleva dire. Il monocolo e due folte basette grigie aggiungevano gravità al suo volto serio e chi non conosceva la sua grande bontà e indulgenza, facilmente lo giudicava, a prima vista, un po' pignolo. Vissuto nella solitudine austera del suo castello, non ignorava che intorno ferveva una vita ben diversa dalla sua, ma non avrebbe mai avuto l'elasticità di spirito necessaria per adattarsi a mutare le proprie abitudini. Una delusione d'amore in gioventù, la morte immatura della moglie e la mancanza di un erede maschio erano stati i punti neri della sua esistenza, per i quali si riteneva di gran lunga il meno fortunato di tutti i propri antenati. Accanto all'unica figlia Mary, aveva veduto crescere nel castello un nipotino, Henry Lennox, erede designato del titolo e del feudo di Chadlands. I due ragazzi avevano la medesima età e sir Walter aveva sempre accarezzato la segreta speranza di unirli un giorno; speranza pienamente condivisa dal giovanotto, che adorava la graziosa cugina. Mary aveva sempre voluto un gran bene a Henry; ma l'amicizia infantile, che in lui s'era trasformata in amore, non aveva subito in lei alcun mutamento. Conosceva però il desiderio del padre e sapeva che, un giorno o l'altro, avrebbe finito per sposare il cugino. Tuttavia, allo scoppiare della guerra in Europa, i due giovani, che avevano già compiuto i ventun anni, non erano ancora fidanzati. Henry passò dal corpo di allievo ufficiale al quinto reggimento del Devon e Mary entrò, come crocerossina, all'ospedale militare di Plymouth. Così ebbe fine il convenzionale romanzo della loro adolescenza, e la grande bufera spazzò via le speranze di Henry, destando invece un vero amore nel cuore di Mary. Il reggimento del giovane fu distaccato in Mesopotamia, dove lui subito si ammalò d'itterizia e fu ricoverato in un ospedale indiano. Tornato al fronte, combatté contro i turchi, ma non ebbe l'occasione di distinguersi. Per principio contrario alla guerra, egli la subiva come un increscioso dovere. La notizia della passione di Mary gli Eden Phillpotts
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riempì il cuore di sconforto. Nobile e schietto come un vero Lennox, univa alla prestanza del corpo agilissimo ed eccessivamente vigoroso un'anima di sognatore. Una vittoria sul ring gli era costata la deturpazione del naso e lunghe sofferenze; ma non per questo aveva abbandonato lo sport prediletto. Tramontato il suo sogno d'amore, dal suo sconforto era fiorito — con grande meraviglia e ammirazione di tutto il parentado — un volumetto di versi anodini. A Mary la guerra portò l'amore e, con l'amore, un marito marinaio. Thomas May, capitano di corvetta, ferito abbastanza gravemente nello Jutland, curato da lei con assidua devozione, riacquistò rapidamente la salute e le forze; ma la giovane infermiera, non molto bella, ma così dolce, che gli aveva salvato la vita, gli lasciò nel cuore una ferita ben più profonda. Unico figlio di un modesto pastore del Somerset — il reverendo Septimus May — anima impulsiva e ardente, si abbandonò con entusiasmo al suo primo amore. Della graziosa infermiera non conosceva che il nome di battesimo "Mary", e a Mary, appena convalescente, offrì la mano e la vita. La giovane, che i grandi occhi neri, il volto incorniciato dalla barba bruna, e il carattere fiero e cavalleresco del bel marinaio avevano profondamente turbata, accettò senza esitazione. Cresciuta accanto al cugino e vagamente conscia di essere promessa a lui, la fanciulla credeva che nel sincero ma tiepido sentimento nutrito per Henry consistesse tutto quanto lei potesse provare per un uomo. La rivelazione dell'amore fu invece un meraviglioso risveglio. Thomas, ancora in lotta con la morte, quasi ignorava la sua presenza, e già lei sapeva che non avrebbe mai potuto essere d'altri che sua. Scrisse lungamente al cugino, descrivendogli le nuove impressioni e la luce tutta diversa sotto cui le appariva il mondo attraverso il prisma rivelatore della guerra. Non parlava del suo amore; ma Henry seppe leggere assai bene fra le righe e comprese che non la guerra, ma una passione, aveva così profondamente mutato la sua Mary. Aveva sperato di essere un giorno l'uomo che le avrebbe rivelato l'amore e aperto gli occhi a una nuova concezione della vita; ma un altro, più fortunato di lui, l'aveva preceduto. E il conseguente annunzio del fidanzamento non lo sorprese. La lettera che dovette indirizzarle, industriandosi a scherzare sul loro affetto reciproco e sottolineando la tenera intimità dei loro rapporti fraterni, ma facendo in modo di cancellare in lei, nel caso esistesse, Eden Phillpotts
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qualunque ombra di rimpianto o di rammarico, fu tuttavia per lui la più difficile che avesse mai scritto. Sir Walter fu meno pronto a far buon viso alla strabiliante notizia, che gli giungeva, come un fulmine a ciel sereno, a scompigliare i piani che da tanti anni andava accarezzando per l'avvenire. Tuttavia l'affetto profondo che lo legava alla figlia gli aprì gli occhi alla trasformazione che aveva operato in lei l'alba radiosa del nuovo sentimento. Comprese subito il grande amore che aveva destato in lei tanta pienezza di vita, fin allora sconosciuta al suo cuore, e non si sentì l'animo di porre ostacoli a una sì grande felicità. Tuttavia, prima di acconsentire al matrimonio, volle conoscere di persona il giovane capitano. Questi seppe immediatamente conquistare la stima e la simpatia del suo futuro suocero; senonché, mentre non aveva esitato a offrire la propria vita all'ignota infermiera che sentiva di amare, si sbigottì nell'apprendere che aveva alzato lo sguardo sulla figlia d'un ricchissimo baronetto e, senza la ferma insistenza di Mary, avrebbe forse ritirato la sua parola. Ora, da sei mesi erano marito e moglie e Mary, seduta presso il camino, posava teneramente la piccola mano in quella abbronzata dello sposo. La breve licenza stava per terminare; fra pochi giorni Thomas May si sarebbe dovuto trovare a bordo della sua nave a Plymouth, e il suocero ve l'avrebbe accompagnato, desiderando visitare la grande corazzata, poiché di cose di marina s'intendeva ben poco. Un illustre giureconsulto era stato il capostipite della famiglia Lennox e i suoi discendenti avevano vestito la divisa del soldato o l'abito sacerdotale. Le sorti del gioco mutarono d'un tratto, e i punti di Henry superarono ben presto quelli dello zio. Ernest Travers ne marcò a proprio vantaggio un altro centinaio e sua moglie vinse addirittura la partita. Ernest Travers, di qualche anno più giovane di sir Walter, era stato suo compagno di collegio a Eton e l'antica amicizia durava tuttora, rinfrescata da frequenti visite reciproche. Ricco latifondista come il baronetto, alto, grosso e rubicondo, Travers aveva il fare ampolloso e pedantesco di certi gentiluomini campagnoli del vecchio stampo. Sua moglie, sebbene avesse superato di qualche anno la cinquantina, amava assai divertirsi e, avendo regalato al marito quattro vigorosi rampolli, soleva vantarsene come di un dovere largamente compiuto. Gente bonaria e insignificante, vissuta nell'ambiente limitato della provincia, avevano sofferto un fiero colpo dalla guerra, che li aveva privati del figlio minore. Eden Phillpotts
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La vittoria di Nelly Travers fu salutata da vive congratulazioni, poi sir Walter sfidò un'altra signora a singoiar tenzone. Magdalena Fayre, giovane Diana appassionata di ogni genere di sport, aveva preso parte attivissima alla caccia insieme allo zio Felix Fayre e, sentendosi molto stanca, declinò con un sorriso l'invito del padrone di casa. — Grazie, sir Walter, ma oggi ho ucciso sei pernici, una lepre e due fagiani, e casco dal sonno. Di tutti gli ospiti del baronetto nessuno si elevava sugli altri per spirito o per cultura. Piccolo re nel proprio minuscolo regno, ciascuno di essi sarebbe stato incapace, per virtù personale, di crearsi nel mondo una posizione qualsiasi e si adattava di buon grado a quella che la fortuna o l'ingegno aveva procacciato in altri tempi ai loro avi. Se qualcuno di essi fosse stato costretto a guadagnarsi la vita, non avrebbe saputo certamente cavarsela se non in maniera assai modesta e limitata. L'unico della compagnia che potesse attribuirsi qualcosa di originale era Henry, il più giovane, il quale vantava al proprio attivo quel volumetto di versi d'amore e di guerra. Ed ecco che un episodio di gravità eccezionale veniva a turbare quelle placide e banali esistenze. Nel giro di poche ore quelle anime semplici sarebbero venute a contatto con la più dura realtà e costrette ad assistere a un avvenimento così inaudito e senza precedenti, da renderle meritevoli, almeno una volta tanto, dell'attenzione di un mondo ben più vasto di quello in cui solevano ordinariamente agitarsi. Data la mentalità di costoro, non sarebbe stato difficile predire esattamente lo svolgersi degli eventi e le opinioni di ciascuno in proposito; né sarebbe ora nemmeno il caso di mettere in ridicolo lo sbalordimento, la confusione e il terrore provocati dal singolare episodio e le strampalate teorie che furono enunciate per spiegarlo; poiché persone ben più esperte degli ardui problemi della vita e avvezze a farsi ragione di enigmi ben più complicati non seppero meglio di essi venire a capo dell'ossessionante mistero. Il disastro ebbe origine da una causa minima e per se stessa insignificante; e se chi lo provocò avesse potuto immaginare la serie di sciagure e di terrori che ne dovevano scaturire è certo che si sarebbe ben guardato dall'entrare in un argomento simile. Le signore erano già andate a letto e gli uomini si attardavano attorno al fuoco, centellinando una sapiente miscela di liquori, specialità del padrone Eden Phillpotts
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di casa. Questi, fra un sorso e l'altro, ammonì il genero: — Oh, Thomas, domani è domenica; ci vedremo in chiesa, eh? Bada di non mancare. Ricordati che quando fosti qui per la prima volta ci andavi, buono buono, mattina e pomeriggio. Siamo intesi? — Stia tranquillo, papà, che ci penserà Mary a farmi rigar dritto. — E anche tu, Henry? — Certamente, zio. Sir Walter, nonostante il grave disappunto che gli aveva causato il dover rinunciare alle proprie speranze riguardo alla figlia e a Henry, trattava sempre il genero molto affettuosamente; ma le sue preferenze erano tuttavia per il nipote. Se l'era visto crescere accanto, e all'affetto paterno si univa la completa fiducia che quello sarebbe stato degno di succedergli sotto ogni rapporto. L'indole esuberante ed espansiva di Thomas aveva vinto facilmente l'istintiva antipatia dell'antico innamorato e, dopo una settimana di convivenza, i due giovani erano diventati ottimi amici. — Chi ne vuole un altro bicchierino? — domandò sir Walter. Il suono grave e lento della pendola centenaria annunciò le undici. Era quello, di solito, il segnale della partenza e il baronetto si alzò. Ma Thomas lo trattenne con un gesto. — Scommetterei che il signor Travers ne berrebbe volentieri un altro goccio — disse. — Ha faticato per dieci, oggi! E poi c'è il nostro amico Fayre che non conosce la storia del suo fantasma, papà; non gliela vuole raccontare? — Come! Voi avete un fantasma! — esclamò Fayre. — Se non temessi di far tardi, vi pregherei proprio... Io m'interesso moltissimo alle questioni psichiche... — Un fantasma a Chadlands? — fece Ernest Travers incuriosito. — Non me non hai detto mai nulla, Walter. — Macché fantasmi! Sono tutte storie! E chi crede più ai fantasmi al giorno d'oggi? — borbottò Vane, un bell'uomo sulla quarantina, che la guerra aveva fatto colonnello. — No, caro Vane, non dica questo — lo redarguì gravemente sir Walter. — Io non sostengo affatto che nel nostro caso si tratti proprio di un fantasma; anzi son convinto che non sia così; però non bisogna mai affermare ciò che non si può dimostrare coi fatti; specialmente quando i fatti, come spesso avviene, stanno a provare precisamente il contrario. Che i fantasmi siano tutte storie, lei non lo può dire assolutamente. Eden Phillpotts
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— Le chiedo scusa; non immaginavo che lei ci tenesse fino a questo punto. Dunque ci crede sul serio? — Certo che ci credo! — E anch'io! — dichiarò Ernest Travers — e anche mia moglie, e per un'ottima ragione. Figuratevi, una sua amica ne ha visto uno coi suoi occhi!... — Altro è fare dello spiritismo, altro è credere agli spiriti — sentenziò Felix Fayre. Era questo un brav'uomo sulla sessantina, lungo di gambe e corto di cervello, con una gran chioma grigia e due baffetti pepe e sale, il quale poteva ancora vantarsi d'essere uno dei migliori fucili d'Inghilterra. Tutti furono pronti ad approvare, e sir Walter dichiarò: — Un buon cristiano non può fare a meno di avere fede negli spiriti dei trapassati; ma quanto a evocare questi spiriti dal mondo di là e consultare chi si proclama capace di farlo — cosa che io ho sempre messo in dubbio — mi sento assai irriverente e riprovevole. Per conto mio, non ho mai prestato fede a tutti quei cosiddetti medium che si dicono in diretta comunicazione con l'aldilà. Son tutti ciarlatani! Ma che si siano visti apparire a si siano anche riconosciuti spiriti di poveri morti, questo non si può assolutamente porre in dubbio! Per non andar lontano, potrei citarvi il caso capitato a un amico, qui, di mio genere. Costui stava per imbarcarsi sul Lusitania, quando gli apparve il fantasma di un suo carissimo amico, caduto sulla Marna, il quale lo sconsigliò vivamente di partire. Lui non poté asserire di averne udito le parole, ma ebbe l'impressione netta della sua presenza e del suo ammonimento. Non è così, Tom? — Precisamente, papà. E il mio amico lo disse a quattro suoi compagni, tre dei quali gli diedero retta e non s'imbarcarono. Il quarto non gli volle badare e partì ugualmente. Però riuscì a salvarsi. — Indubbiamente, è assodato che i trapassati ricompaiono talvolta nelle loro sembianze mortali — ammise Travers con la sua solita aria solenne. — Ma che si possono chiamare quando si vuole, come si chiama un tizio al telefono, e che facciano ballare i tavolini, questa non l'ho mai bevuta! Chiedere ai defunti, per mezzo d'un cialtrone qualsiasi, notizie sul mondo di là mi sembra un sacrilegio verso la santità della tomba, una cosa veramente odiosa! — Tentare di squarciare il mistero dell'aldilà è certamente un atto Eden Phillpotts
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antireligioso, oltre che assurdo — dichiarò il colonnello Vane. — E c'è perfino chi sostiene che esistono degli spiriti maligni i quali si divertono a farsi passare per spiriti buoni per trarci in inganno — aggiunse Henry. — Questo è andare un po' troppo oltre, no? — Ma diteci dunque del vostro fantasma, sir Walter — insistette Fayre. — M'interessa molto. È strano come i vecchi castelli abbiano quasi tutti di questi singolari abitatori. Che cos'è, lo spettro d'un antenato? Si aggira forse in una data località della casa o del giardino? Non domando per pura curiosità, sapete; io sono membro della Società per le ricerche psichiche, e, come tale, confesso che ci terrei molto a vedere un fantasma autentico. — Ecco — rispose il baronetto — io ho sempre esitato ad ammettere la presenza d'un fantasma in casa mia. Non è raro che un castello abbia la propria leggenda e che si narri di un qualche sentiero del parco, o di una stanza, o di un corridoio dove "ci si sente". La mia è una vecchia casa del Cinquecento, restaurata e modificata a più riprese nei secoli successivi. In fondo al grande corridoio del primo piano c'è una camera da letto — la camera grigia — che ha avuto sempre una pessima reputazione. Per dire il vero, nessuno vi ha mai visto nulla di anormale; né mio padre né mio nonno vi rilevarono mai alcunché di strano; ma io non potrei dire altrettanto, poiché molti anni fa — poco dopo la morte della mia povera moglie — vi accadde un fatto assai doloroso. — Non rievocare cose tristi, amico mio — disse Henry Travers — ciò potrebbe turbarti il sonno, stanotte. — Oh, sono cose vecchie ormai e, se allora ne ricevetti un'impressione profonda e penosissima, ora il richiamarle alla memoria non mi turba più. Ma, prima d'incominciare la mia storia — se storia si può chiamare — debbo ricordare un fatto avvenuto al tempo, assai più lontano, della mia infanzia, il quale, pur non avendo, a parer mio, nulla a che vedere con l'altro, si riferisce tuttavia alla stessa camera. Data la vaga leggenda che circolava su quella stanza, mio padre non vi faceva dormire nessuno e aveva finito anzi per adibirla soltanto a dispensa e camera di sgombero. Ma una vigilia di Natale ci capita all'improvviso una vecchia zia, un'originale che faceva sempre il contrario di quanto ci s'aspettava e che, nemica delle riunioni familiari, aveva sentito il desiderio di passare quello che considerava il suo ultimo Natale in mezzo ai parenti più cari. Eravamo al completo e mio padre non sapeva come sistemarla; soltanto la camera grigia — al solito — era vuota, e lei insistette per occuparla. Mio padre, Eden Phillpotts
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uomo equilibrato e sereno, che non aveva mai prestato fede alle leggende, non si oppose al desiderio della vecchia caparbia. La mattina dopo, la zia fu trovata morta. Non aveva avuto il tempo di andare a letto; era caduta mentre si preparava per coricarsi e doveva essere morta sul colpo. A ottantotto anni, dopo un'intera giornata di viaggio in carrozza e un pranzo abbondante, la sua morte improvvisa poteva essere ben giustificata, e infatti il medico non vi trovò nulla di straordinario. A nessuno, allora, venne in mente di attribuire la sua morte a cause men che naturali. Anche noi ragazzi non la considerammo che uno spiacevole incidente, sopraggiunto a guastarci la gioia delle feste natalizie. Solo dopo lungo tempo, e per una dolorosa circostanza, vi ripensai con animo diverso. La mia Mary aveva dodici anni quando si ammalò di polmonite. La malattia si presentò in una forma gravissima e richiedeva un'assistenza continua. La sua governante, quella buona Jenny che è tuttora in casa nostra, non poteva sorvegliarla giorno e notte; perciò si chiamò un'infermiera da Londra, certa Gabrielle Forrester — "nurse Gabrielle' ' come lei preferiva essere chiamata — una donnina da nulla, ma assai carina, attiva e abilissima. Le feci allestire una camera poco distante da quella di Mary, ma lei non voleva allontanarsi dalla piccola malata e insistette per dormire nella stanza accanto. Era la camera grigia. Io mi sentii in dovere, anche a scanso di responsabilità, di metterla al corrente delle voci che circolavano su quella camera. Nessuno vi aveva mai visto o udito alcunché; ma si diceva che fosse frequentata dagli spiriti e tutti si rifiutavano di dormirvi. L'infermiera ne rise allegramente. "Macché spiriti, sir Walter — disse. — Io non ho paura di nulla; la camera è attigua a quella della bambina ed è necessario che l'altra infermiera mi abbia sempre a portata di voce; altrimenti non dormirei tranquilla." Io che, in fondo, non avevo mai prestato troppa fede alle storie di fantasmi, trovai che lei aveva pienamente ragione e non mi opposi ulteriormente al suo desiderio. Nurse Gabrielle aiutò la cameriera a preparare il letto e a riordinare la stanza, scherzando sulle nostre paure. Tuttavia io non mi sentivo tranquillo, avevo nell'anima uno strano senso di disagio che non riuscivo a spiegarmi. Per quanto mi sforzassi di darne tutta la colpa alla malattia della mia figliola, mi restava in fondo al cuore un'ombra, uno sgomento indefinibile che la gaia indifferenza di Gabrielle non arrivava a dissipare. Lei si mostrava entusiasta della camera grigia — che è, infatti, assai comoda e vasta, con un bellissimo bovindo che dà sul Eden Phillpotts
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giardino — e, vedendomi un po' preoccupato, mi prendeva gentilmente in giro: "Vedrà, sir Walter, che io riabiliterò quella graziosa camera da tutte le assurde leggende, e lei me ne ringrazierà!", diceva. Al letto della piccola malata, Gabrielle fu veramente insuperabile. La sua abilità non comune, la mano leggera, la voce melodiosa e quella sua gaiezza inesauribile e comunicativa portarono un immediato sollievo alla bambina, facendo credere quasi a un subitaneo miglioramento. Le condizioni erano piuttosto gravi, ma all'occhio sperimentato dell'infermiera non apparvero allarmanti, e lei si mostrò subito fiduciosa. Giunta la sera, Jenny venne a darle il cambio e alle dieci Gabrielle si ritirò nella propria camera, lasciando l'ordine di chiamarla alle sette del mattino, o in qualunque momento la sua presenza fosse stata ritenuta necessaria. Ricordo che vegliai con Jenny fino alle due, poi, vedendo la bambina tranquilla, mi coricai e, nonostante l'inquietudine che ancora mi stringeva, vinto dalla stanchezza mi addormentai profondamente. Non mi svegliai che alla chiamata del cameriere la cui aria spaventata mi fece gelare il sangue. "La bambina?", gridai. Non, non si trattava di Mary. Alle sette Jenny aveva bussato all'uscio della camera grigia, ma nurse Gabrielle non aveva risposto. La porta era chiusa a chiave dall'interno. Dopo un quarto d'ora, Jenny aveva chiamato la cameriera e insieme avevano bussato ripetutamente all'uscio senza ottenere risposta. Allora erano venute a chiamarmi. Ordinai immediatamente di forzare la serratura. Il dottor Mannering — lo stesso che è stato oggi con noi a caccia — venuto per la visita mattutina a Mary, mi raggiunse proprio nell'istante in cui la porta cedeva. Entrò subito con la cameriera e il domestico, ma io non ebbi cuore di seguirli. Poi il dottore mi chiamò; superai la mia ripugnanza ed entrai. L'infermiera era a letto, con gli occhi aperti e il volto sereno; ma non era sveglia; il sonno che la teneva era quello della morte. Mi accostai rabbrividendo. I suoi occhi erano vitrei, la fronte di ghiaccio. Ma il viso era composto e tranquillo; soltanto una lieve espressione di stupore le inarcava le sopracciglia; all'infuori della tinta cerea della faccia, non appariva in lei la minima alterazione. Nella stanza tutto era in ordine, la finestra spalancata, e fra le tende semiaperte entrava la prima luce del terso mattino invernale. Doveva essere spirata senza un lamento, poiché Jenny dalla camera vicina l'avrebbe certamente udita. La guardammo impietriti, ancora increduli di trovarci di fronte a un Eden Phillpotts
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cadavere. Mannering tentò ogni mezzo per rianimare l'esile corpo, ma la vita lo aveva abbandonato per sempre e nulla poteva più richiamare il sorriso su quelle povere labbra impallidite. Naturalmente venne fatta un'inchiesta in piena regola e si volle anche l'autopsia. Mannering, sempre coscienzioso e profondamente innamorato della sua scienza, pregò un suo collega di Plymouth di assisterlo nell'esame del cadavere. Il risultato delle loro ricerche fu tale da sbalordire tutti e l'aura di mistero che già aleggiava intorno a quella morte si fece più cupa. Il corpo della defunta risultò perfettamente sano in ogni suo organo, e non vi si riscontrò la minima traccia di veleno né di trauma alcuno. Le più accurate analisi dimostrarono come non avesse ingerito narcotici né medicine di sorta; non fu trovato nulla, insomma, che potesse giustificare in qualche modo la fine repentina di quella povera creatura. Quanti l'avevano conosciuta la piansero con sincero rammarico. La vecchia madre e una sorella vennero qui per il funerale e la poverina fu sepolta nel piccolo cimitero di Chadlands, accanto alla nostra tomba di famiglia. Mary ne ricorda ancora come in sogno la voce carezzevole e soave, e io stesso, che pure la conobbi solo superficialmente, la rammento sempre e la rimpiango come una cara amica. Vi assicuro che il rivedere quella graziosa creatura, che avevo lasciata poche ore prima così allegra e piena di vita, irrigidita per sempre nel sonno della morte mi lasciò un'impressione tale che, vivessi cent'anni, non la potrei scordare. Parlai più tardi col professor Mordred, l'eminente patologo di Plymouth che aveva assistito all'autopsia, ma compresi che non amava tornare sull'argomento. Gli uomini di scienza, in genere, si soffermano malvolentieri sui problemi che sfuggono all'indagine sperimentale, considerandoli quasi una sfida all'intelligenza umana di cui essi rappresentano i maggiori esponenti, e dimenticano così che noi siamo circondati da misteri e che ogni giorno e ogni notte che Dio manda sono intessuti di fenomeni strani, fitti e inspiegabili che la più acuta mente umana non potrà mai penetrare. Sir Walter tacque e rimase alquanto assorto nei propri pensieri, che nessuno osò turbare. — Questa è la storia della camera grigia — riprese infine con un sospiro — almeno per quanto riguarda i miei tempi. Che cosa possa esservi accaduto nei secoli scorsi per procurarle una così triste fama, io non lo so. Mio padre e mio nonno ne parlavano vagamente con un sorriso un po' Eden Phillpotts
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scettico; ma voi comprenderete come, dopo un fatto tanto singolare e doloroso, io non abbia più voluto considerarla abitabile e non abbia mai più permesso che nessuno vi passasse la notte. — Ma tu ritieni davvero che la morte di quella povera donna sia da imputarsi alla camera grigia? — domandò Travers. — Per essere sincero, no, non lo credo, Ernest. Non posso ammettere che il Creatore, nella sua infinita e illuminata bontà, voglia permettere che una qualsiasi influenza soprannaturale distrugga delle vite umane senza alcuna ragione e, diciamolo pure, contro ogni senso di giustizia. Mi pare che lo stesso orrore che un tale pensiero ispira alla nostra anima sia argomento sufficiente per escluderne la possibilità. La morte della povera Gabrielle fu dovuta certamente a cause che sfuggono alla nostra conoscenza; ma, dopo tutto, chi potrebbe sostenere che sia esattamente così? Perché ostinarci ad ammettere l'intervento di un fattore soprannaturale? Che volete, io preferisco invece pensare che i medici abbiano preso una cantonata e che la ragione vera della morte sia sfuggita alle loro sapienti e accuratissime indagini. La scienza, dopo tutto, non è infallibile e anche i più rinomati specialisti sono caduti talvolta in errori madornali. S'intende che non oserei dire questo a Mannering, del quale ho la massima stima e fiducia; ma mi sembra questa la risposta più logica e ragionevole. Non voglio escludere con ciò l'esistenza del soprannaturale, ma trovo assurdo aggrapparsi subito ad esso per spiegare ciò che sfugge alla nostra limitata intelligenza. Felix Fayre, che aveva seguito le parole del baronetto con intensa attenzione, domandò allora: — Sicché voi, sir Walter, non ammettete che un dato luogo possa essere frequentato da spiriti — chiamiamoli così — i quali turbino chi vi si trovi in un momento determinato, al punto di fargli perdere il senno e anche la vita? — No, non posso ammetterlo, amico mio. Siamo giusti, caro Fayre; come è possibile immaginare che Dio, che diede a noi la facoltà di ragionare, permetta che avvengano fatti così palesemente contrari alla ragione stessa? — Fatti inoppugnabili, però... Tuttavia, non posso contestare la logica del vostro ragionamento. — Ma bisogna convenire al tempo stesso — interloquì Travers — che accadano talora fatti strani e terribili di cui nessuno riesce a spiegare le Eden Phillpotts
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cause recondite. — Siamo d'accordo, caro Ernest, ed è per ciò che io tengo chiusa a chiave la camera grigia e non permetto che nessuno vi abiti. Ora essa è ridotta a un vero magazzino di antichi mobili fuori uso, di vecchi ritratti senza alcun valore, e altro ciarpame inutile. — Ce la faccia vedere, papà! — pregò Tom col suo fare di fanciullone. — Mary me la mostrò la prima volta che venni qui; mi parve la camera più simpatica della casa. — E lo è infatti — affermo Henry. — Mary diceva sempre che sarebbe più giusto chiamarla "la camera rosa". — Ma sì — fece sir Walter alzandosi — salendo alle nostre stanze, ve la mostrerò. Fa il piacere, Henry, va a prendere la chiave; la troverai nell'armadietto del mio studio. Ha un cartellino con la scritta: Camera grigia.
2. Un esperimento Ernest Travers, Felix Fayre, Thomas e il colonnello Vane seguirono sir Walter su per lo scalone fino al largo corridoio che correva lungo tutta l'ala principale del castello e sul quale si aprivano le numerose porte, tutte uguali, delle varie camere da letto e da bagno. La camera grigia era l'ultima a destra e il baronetto, prima di giungervi, si fermò un momento a prendere da uno scaffale quasi di fronte all'entrata una lampadina elettrica. — Quando feci l'impianto della luce elettrica nel castello — disse — lo feci anche in questa stanza; ma essendo essa disabitata, non vi ho messo mai la lampadina. Sopraggiunse intanto Henry con la chiave; la porta fu aperta e la lampada messa a posto. Una viva luce inondò immediatamente la vasta camera, rivelandone il soffitto altissimo a stucchi e le pareti tappezzate di carta d'un grigio argenteo leggermente sbiadito, a grandi rose pallide. Una finestra a tramontana; un'altra, molto ampia, si apriva in un bovindo verso levante, e lungo la curva di esso correva un basso sedile a cuscini. In una delle pareti si trovava un caminetto di stile neoclassico. Un letto a baldacchino di castagno di Spagna, scolpito, era addossato all'altra parete; due grandi canterani panciuti, un bellissimo lavamano, due poltrone intagliate e alcune sedie completavano l'arredamento della stanza. Il Eden Phillpotts
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pavimento era tutto coperto da un grande tappeto grigio; in un angolo erano accatastate varie suppellettili fuori uso, e alcuni vecchi ritratti, assai malconci, di guerrieri e di prelati, di scarso valore artistico. Sopra uno dei canterani posava una minuscola riproduzione in bronzo del Fauno di Prassitele. Era una bella camera gaia e simpatica; nulla di cupo o di sinistro che potesse dare una qualunque impressione sgradevole. — Ma è una stanza magnifica! — esclamò Fayre. — E che meravigliosi mobili, Walter! — fece Ernest Travers. — Perché li tieni nascosti qui dentro? Devono avere un notevole valore, sai! — Già, me l'hanno detto anche altri. Hanno effettivamente un bel valore. Lord Bolsover mi offrì una volta mille sterline per queste due sole poltrone; ma sono vecchi mobili di famiglia a cui mio padre teneva assai; e perciò non ho mai voluto privarmene. Mio nonno era un appassionato collezionista di mobili e ne portò con sé parecchi dai suoi viaggi nel continente; specialmente dalla Spagna. — Ma davvero, zio, è proprio un peccato relegare questi magnifici arredi in una camera sempre chiusa — osservò Henry. — La casa è anche troppo piena di mobili — rispose il baronetto reprimendo uno sbadiglio. — Oh, se tu lasciassi fare a Mary — ribatté il giovane — lei farebbe piazza pulita di certe anticaglie di cattivo gusto e ci rimarrebbe il posto anche per queste poltrone! — E va bene, quando comanderete voi, farete a modo vostro. Per fortuna io non sarò qui a vedere confinare in soffitta le mie pelli di tigre e i trofei di caccia che danno tanto ai nervi a voialtri giovani — sorrise il vecchio bonariamente. — Ma dovrete pazientare ancora un poco. E adesso andiamo a letto, perché dev'essere quasi mezzanotte. — Senta un po', papà — intervenne allora Tom, che non aveva ancora aperto bocca. — Non le sembra alquanto assurdo lasciare disabitata una così bella stanza per una stupida leggenda? Perché non cercar di sfatarla una volta per sempre? Lei sa meglio di me che sono tutte storie, eppure non riesce a vincere il pregiudizio. So che questa camera piace ancora a Mary, è un peccato che non la si possa occupare! Senta, papà, facciamo una cosa; mi lasci dormire qui stanotte. Se domattina — com'è certo — sarò vivo e vegeto, lei potrà considerare senz'altro risolta la questione e avrà una magnifica stanza in più per i suoi ospiti. Va bene? Lei stesso ha Eden Phillpotts
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dichiarato poco fa che non crede affatto agli spiriti maligni. Ma sir Walter rifiutò recisamente. — No, figliolo; non ne parliamo neppure. Non è questo il momento d'intavolare una discussione; ti dico soltanto che non te lo permetto. — Se non ti rincresce, Walter, vorrei rivedere questa camera di giorno, e portarci anche la mia Nelly — fece Ernest Travers. — Questo soffitto è veramente pregevole; tu sai che me ne intendo... — Sì; i nostri soffitti sono forse i più belli di tutta la contea. Gli stucchi sono, per la maggior parte, opera di valenti artisti italiani del Cinquecento — rispose il baronetto, e uscì nel corridoio, seguito da tutta la compagnia. Henry tolse la lampadina e la rimise al suo posto sullo scaffale, mentre lo zio richiudeva la porta ritirandone la chiave. — Per favore, risparmiami una scala e riportala tu nel mio studio — gli disse — sono un po' stanco. La piccola comitiva si sciolse finalmente e ognuno si ritirò nella propria camera. Soltanto i due giovanotti ridiscesero insieme al pianterreno. — Senti un po', Tom — fece Henry — appena furono di sotto — mi hai fatto venire un'idea. Stanotte vado io a dormire nella camera grigia, e domattina lo raccontiamo allo zio, e tanti saluti a tutti gli spiriti buoni e cattivi, eh? — Benone; soltanto ti faccio osservare che la prima idea è stata mia e non intendo rinunciare ai miei diritti. Nella camera grigia ci dormirò io. Ne ho una voglia matta! — Ma no, caro, a te lo zio l'ha proibito esplicitamente! — Oh, non ci ho fatto caso. — Impossibile, l'abbiamo udito tutti. Del resto, tu sai benissimo che un giorno Chadlands sarà mio, e tocca quindi a me redimerlo dalle vecchie leggende. Ma ti pare che si debba tenere chiusa una stanza così bella? Mi meraviglio che lo zio Walter abbia simili fissazioni. — Certo, ma ti confesso che l'idea di accapigliarmi con un fantasma mi sorriderebbe immensamente. Lasciami fare, Henry, ti prego. Mica che io creda agli spiriti, eh! — e il bel marinaio rise allegramente. Henry, invece, pur non condividendo la prevenzione dello zio, si mostrava meno spregiudicato e stava alquanto sulle sue. I due giovani, tornati nella sala del biliardo in cui ardeva ancora un bel fuoco, mandarono a letto il domestico e continuarono a discutere. — Una volta si diceva che i marinai fossero pieni di superstizioni — Eden Phillpotts
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convenne Thomas — ma ormai, caro mio, i tempi sono mutati, Del resto, io, per conto mio, non ho mai avuto di queste fisime per la testa. — Ebbene — concluse Henry — poiché sei completamente scettico in fatto di spiriti, mentre io, invece, un pochino ci credo, mi sembra meno rischioso che nella camera grigia ci dorma io. Gli spiriti se la prendono certo più facilmente con gl'increduli e potrebbero anche farti passare qualche brutto quarto d'ora. Con me, che sono più remissivo, si mostreranno senza dubbio meno ostili. — Ma se è appunto quello che cerco, di trovarmi alle prese con questo fantasma e di dargli una buona lezione! Diamine! non è lecito a uno spirito che si rispetti fare così brutte figure! Se domandi a me, nemmeno il vecchio genitore ci presta fede. L'hai sentito, prima, quando ne parlava con Fayre? — Sì, ma intanto nessuno ha saputo giustificare la morte di quella donna... — Va là, che una causa ci sarà stata. Soltanto non l'hanno saputa trovare... Henry tentò un'altra via di persuasione. — Tu sei sposato e non hai il diritto di esporti a un pericolo. Io sono solo, invece, e inutile... — Storie! — Se Mary lo sapesse!... — Ah, questo sì. Mary poi si opporrebbe certamente. Ma sta tranquillo, che non saprà nulla fino a domattina. Qui al castello, lei continua a occupare la sua camera di un tempo, mentre la mia è all'altra estremità del corridoio. Se potesse immaginare che io le dormo accanto nella camera grigia... mamma mia! Le verrebbe un accidente! Ah, ah, domattina rideremo, quando glielo racconterò! Va, sta tranquillo! Non sono mica uno stupido; amo la vita con entusiasmo... e non senza ragione! Ma sono perfettamente convinto... e lo sei anche tu.... che a dormire in questa stanza non c'è alcun pericolo, e ci tengo a distruggere questa rancida leggenda. Del resto, tu stesso, se non ne fossi persuaso, non insisteresti tanto per dormirci, via! Sei troppo intelligente per non ridere di simili baggianate!... Henry dovette riconoscere che, in realtà, nemmeno lui credeva ai presunti ospiti soprannaturali di quella camera. Mezzanotte scoccò prima che i due giovani si fossero messi d'accordo, e allora Thomas fece un'altra proposta. Eden Phillpotts
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— Be', poiché sei tanto cocciuto — disse — facciamo una cosa : giochiamo a testa e croce. Chi vince dormirà nella camera grigia. Ti va? — Benissimo. Henry gettò in aria una moneta; Thomas disse: "croce" e vinse. Tutto trionfante, tentò di confortare il cugino rimasto alquanto mortificato. — In fin dei conti — osservò — è assai meglio così. Tu sei molto più nervoso di me, sei anche poeta per giunta... non sono cose per te, credimi. Io non so nemmeno dove stiano di casa i nervi e dormirò come un papa. Caro mio, chi ha dormito in un sottomarino, a venti metri sotto il livello del mare, non può aver paura di passare la notte in una bella camera del Cinquecento, fosse anche piena zeppa di spettri... Ma poi... che spettri d'Egitto!... Su, da bravo, dammi la tua pistola... e felice notte!... Henry non rispose e Thomas si alzò. — Andiamo, sono stanco morto e casco dal sonno. Venissero anche a trovarmi tutti gli spiriti del mondo, credo che non mi sveglierebbero. Ma l'altro non era ancora persuaso. — Senti, Tom — gli disse amorevolmente — non pensare ch'io voglia ritornarci sopra. Tu hai vinto e — poiché non ti curi della proibizione dello zio — hai il diritto di fare come vuoi. Ma... non ridere, ti prego... non so perché, io sento che faresti meglio a rinunciarvi. Non darmi del poeta, non tacciarmi di nervoso — non lo sono più di te, credilo pure — non è affatto autosuggestione la mia... Ti scongiuro, Tom, non lo fare! — Ma perché insomma? — Non lo so neppure io, non me lo posso spiegare. Lo sento, così... ho una strana sensazione in me che mi spinge a trattenerti. Non so che cosa sia... forse un presentimento... — Presentimento... ma di che? — Non lo so, non lo so... Ti dico soltanto: non ci andare. — Però, se la sorte avesse deciso in tuo favore, non ci saresti andato? — Credo di sì. — Dunque questo tuo presentimento non riguarderebbe che me personalmente? Ma via! Vuoi prendermi in giro, ragazzo? Che? speri di mettermi paura, forse? — Non ci penso neppure, Tom, ma, vedi, per me la cosa è ben diversa. Chi ho io al mondo? Nessuno. Tu lo sai, non è vero? Non ne abbiamo mai parlato fra noi, ma tu sai che io ho amato Mary con tutta l'anima; lei non ha mai saputo quanto fosse grande il mio amore... e forse nemmeno io me Eden Phillpotts
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ne rendevo conto. Ora tutto è finito, e nessuno più di me gode di saperla tanto felice. Io mi considero ormai come un vostro fratello e mi getterei nel fuoco per te come per lei. Non dirmi poeta o sognatore. È così. La mia vita è finita col tramontare del mio sogno; se anche mi dovesse accadere qualche guaio, né io né altri ne avremmo gran danno. Per te invece è tutt'altra cosa, tu non hai più il diritto di esporti alla leggera a un pericolo, sia pure immaginario. Non per te, Tom, comprendi bene, ma per Mary! — Comprendo; ma se il pericolo non esiste!... — Va bene, ammettiamolo pure; ma tu devi darmi retta ugualmente. Ascoltami, Tom; bando agli scherzi a parliamo da uomini seri. Io sono convinto che in quella camera c'è qualcosa di fuori dell'ordinario, che presenta un certo pericolo. Non saranno spiriti, non sarà nulla di soprannaturale; ma qualcosa c'è, lo sento; lo giurerei! L'altro lo fissò con aria scanzonata. — Ma di': ti gira, figliolo? — No, caro, parlo sul serio, e tu dammi retta. Il marinaio vuotò d'un fiato il suo bicchiere e si alzò. — Senti, Henry, se intendi farmi paura, ti sbagli, sai! Non è questo il mezzo migliore per indurmi a cambiare idea. Se ritieni proprio che quella stanza sia pericolosa, nulla mi potrà impedire di passarvi la notte, appunto per questo. — Allora, mi lasci venire con te; vuoi? — Fossi matto! Levatelo dalla zucca! Se siamo in due i vostri spiriti avranno paura e non si faranno vedere. No, no! Tu ci andrai domani, se vorrai; stanotte ci vado io. Siamo intesi? — Te lo chiedo ancora una volta per favore, Tom; non è per te, capisci... — Lo so, lo so. Mary non se lo sognerà nemmeno che io le stia tanto vicino. Ah, ah! Però, se mi capita un bel fantasma del Cinquecento, ti giuro che la chiamo! — Tom, ti prego! — Smettila, Henry; non capisci che ci rimetti il fiato? e che i tuoi scrupoli non hanno fatto che invogliarmi maggiormente? Non ne parliamo più, via! —E va bene! — gridò l'altro con uno scatto d'ira. — Sei più testardo di un mulo. Non vuoi darmi retta? E fa a modo tuo, dunque; e se poi ti succederà qualche cosa, te la sarai voluta. E tanto peggio per te! — Via, non ti scaldare. Vuoi darmi la chiave? E la tua pistola? La mia Eden Phillpotts
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l'ho lasciata a bordo. Lennox esitava ancora. — Henry, vedi bene che ormai è diventata una questione d'onore... — fece il capitano. Allora l'altro levò di tasca la chiave e gliela porse. — Vado a prenderti la pistola — disse. — Oh, bravo! E domattina, se ti sveglierai prima di me, vieni a chiamarmi. Henry non rispose. Lasciò il passo a Thomas e spense le lampade. I due cugini risalirono in silenzio al primo piano. Con uno sforzo, Henry ritrovò la calma e soggiunse pacatamente: — Vorrei che tu fossi più ragionevole, Tom. — Macché ragionevole! Non capisci che con le tue fisime mi hai sfidato e che ora non mi sarebbe più possibile ritirarmi? — Scusami, ma questo non è che stupido orgoglio. Che cosa ti ho detto infine? — Insomma, basta! Ormai, né il diavolo né i santi mi potrebbero far tornare indietro. Henry entrò un momento nella propria camera e ne uscì subito con la pistola. — Ecco — disse. — Buona notte. — Buona notte, caro; e grazie. È carica? — Sì, ma non credo che ne avrai bisogno. — E allora riprenditela. Ma l'altro rientrò nella sua stanza senza rispondere. Si sentiva triste e depresso, e si coricò immediatamente. Thomas andò in camera sua a prendere qualche oggetto necessario per la notte. L'insistenza di Henry lo aveva infastidito. Possibile che un giovane della sua età, intelligente, colto, credesse davvero a simili pericoli, a forze soprannaturali in agguato da secoli in una stanza? Eppure era un gentiluomo; non avrebbe parlato così unicamente per il dispetto di non averla potuta vincere. Anche il pensiero di Mary lo turbò un attimo. Ricordò l'allusione del cugino al suo grande amore per lei e scrollò le spalle. Acqua passata! I preparativi per la notte lo distrassero dai pensieri importuni e, prima d'iniziare la sua strana avventura, aveva già scordato il cugino con tutte le sue fantasie. Indossò sopra il pigiama una veste da camera, prese una Eden Phillpotts
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candela, una coperta, l'orologio e la pistola. Poi percorse in punta di piedi il corridoio fino alla porta della camera grigia; la aprì pian pianino, sgusciò dentro con una risatina sommessa e la richiuse a doppia mandata. Con la veste da camera avvoltolata si fece una specie di cuscino; si portò accanto al letto una sedia si cui depose la candela, l'orologio e la pistola. Un lungo sbadiglio. Rapide visioni gli si affacciarono alla mente con le prime nebbie del sonno imminente: un bel colpo tirato il giorno avanti a caccia, un altro mancato... la merenda nel bosco insieme a Mary e alla signorina Fayre. Bella ragazza, fiorente, simpatica... però neppure da paragonare a Mary. Che cosa avrebbe detto la sua piccola se lo avesse saputo così vicino? Oh, sarebbe venuta subito a tenergli compagnia! Sorrise. Almeno lo avessero lasciato in pace qualche giorno ancora! Si stava tanto bene a Chadlands... con la mogliettina! Che occhi farà suo padre nel vedere questa meraviglia dell'Indomabile! Una sciccheria, quella nave! Un gioiello della marina britannica. Curiosa! Il soffitto della camera grigia pareva una cupola, mentre invece era piatto. Grandi artisti quegli italiani! Si avvicinò alla finestra e la spalancò. Era una notte incantevole, il cielo senza luna, nero e fitto di stelle. Non un alito di vento, silenzio, quiete profonda. .. Una sola persona vegliava, quella notte, nel castello; una sola anima in pena non riusciva ad aver riposo. I primi albori trovarono Henry Lennox ancora a occhi aperti, tribolato da pensieri angosciosi. Ciascuna parola scambiata la sera precedente con Thomas gli riecheggiava nel cervello con una persistenza assillante. Gli avvenimenti della giornata gli parevano già quasi cancellati da una sconfinata lontananza; soltanto il presente era vivo per lui e lo tormentava senza che potesse, a rigor di logica, spiegarsene la ragione. Un profondo senso di disagio, di angustia dolorosa l'aveva preso fin da quando la moneta, ricadendo, aveva segnato la vittoria di Thomas. Egli sentiva nel mistero della camera grigia un oscuro pericolo sempre in agguato e comprendeva che la possibilità di superarlo aveva attirato il cugino. La sua insistenza, il timore espresso per il rischio al quale stava per esporsi, non avevano fatto altro che confermarlo nel suo folle proposito. Lui non aveva saputo convincerlo e ora si rimproverava aspramente, ma troppo tardi, la sua scarsa diplomazia. Voltandosi e rivoltandosi fra le lenzuola, Henry andava fantasticando sulle eventualità del domani; si raffigurava lo svolgersi degli avvenimenti Eden Phillpotts
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a seconda delle circostanze. Nel buio, la sua mente affaticata vaneggiava dolorosamente; il dubbio penoso si faceva certezza e gli dipingeva addirittura il cugino morto, la disperazione di Mary. Ma questa ossessione, giunta al parossismo, per la sua stessa esagerazione gli parve assurda e ciò gli procurò un certo sollievo. L'incubo che lo aveva torturato fino allora gli sembrò ridicolo; le nere visioni scomparvero d'un tratto; tutto si sarebbe risolto in una buona risata. E lo divertì il pensiero del baldanzoso marinaio rimproverato dal suocero come uno scolaretto disobbediente. Un attimo pensò d'andare a bussare alla porta della camera grigia per assicurarsi che Tom stava benissimo; ma il timore d'irritarlo lo trattenne. Balzò dal letto, tracannò un bicchiere d'acqua, accese una sigaretta. Erano le tre. Spalancò la finestra e aspirò avidamente l'aria frizzante della notte. Quella fresca carezza sulla fronte ardente finì per calmare la sua inquietudine. Tornò a letto e s'addormentò. Si svegliò più presto del solito e si alzò subito. Un buon bagno freddo lo ritemprò, liberandogli lo spirito dalle nebbie notturne. Svaniti i terrori, le ansie, alla luce del sole tutto gli appariva semplice e facile. Si vestì in fretta e uscì sulla terrazza. Di certo Thomas era già in piedi e forse lo attendeva. Henry ne immaginò le gioconde risate e le inevitabili canzonature. Poco male; si sentiva disposto a subire tutto allegramente. Ciò che importava era che a Tom non fosse capitato nulla di male, e su questo ora egli non aveva ormai più il minimo dubbio.
3. Alla finestra Il castello di Chadlands, costruito in un'epoca in cui l'architettura arcigna e guerresca dei manieri medievali — salvo rare eccezioni — mostrava già una tendenza a una certa linea di morbidezza di linee e una ricerca di elementi di comodità e di estetica, che raggiunse più tardi un lusso e una raffinatezza prima del tutto sconosciuti, aveva rappresentato, ai suoi tempi, l'ultima parola in fatto di grandiosità e di perfezione. Importanti modifiche erano state apportate in seguito, specialmente all'interno, quasi radicalmente trasformarono; ma le sue linee architettoniche fondamentali avevano conservata intatta, attraverso i secoli, la loro sobria eleganza. La vasta tenuta da Chadlands si stendeva in una ridente vallata chiusa a levante dalle colline di Haldon e confinante a settentrione col Dartmoor. Eden Phillpotts
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Un ramo di ferrovia secondaria collegava il distretto con le grandi linee dell'Est e la piccola stazione distava circa otto chilometri dal castello. Il parco di Chadlands era uno dei più belli di tutto il Devonshire. Grandi boschi di larici, di querce e di faggi si alternavano con vaste distese di prati verdeggianti, circondati da cespugli di azalee, che a giugno fiammeggiavano al sole in una gloria di tinte scarlatte e dorate. Davanti al castello si stendeva il giardino solcato da un ruscello ricco di trote, poi le grandi serre e l'orto e il frutteto difeso da un alto muro. Dietro, il parco, a levante la sconfinata brughiera. Sir Walter Lennox, appassionato cacciatore e amante di ogni manifestazione sportiva, aveva completato l'opera del padre e del nonno, la cui attività s'era rivolta particolarmente al giardino e all'abbellimento interno del castello; e ora Chadlands era famoso anche per le sue bandite ricche di selvaggina preziosa. Una grande terrazza correva lungo tutta la facciata meridionale dell'edificio, cinta da una balaustrata di granito che la separava dai giardini digradanti a larghi scaglioni. Erano già le otto e mezzo quando Henry uscì sul terrazzo per cercarvi Thomas. Ma non lo trovò. Il sole, vinte le fitte nebbie del mattino, si mostrava già dietro i colli di Haldon e i suoi raggi, tuttora leggermente velati dai vapori, doravano le cime ingiallite degli alberi. Un cinguettio sommesso saliva dalla brughiera, e dai macchioni al limitare del bosco si udivano i richiami dei fagiani. Nella chiarità del radioso mattino i fantasmi notturni che avevano tormentato il giovane si dissiparono completamente; il concitato colloquio della sera innanzi gli parve lontanissimo e quasi irreale. "Bella figura ho fatto!", disse tra sé, e chiamò Tom a gran voce. A quel richiamo un vecchio bracco sbucò da un cespuglio, salì zoppicando la gradinata e venne a strofinarglisi addosso dimenando la coda. Nessuno ricordava esattamente l'età di Principe, il veterano delle cacce all'anitra selvatica, ma doveva essere ormai decrepito; le zampe incurvate lo reggevano a stento e aveva gli occhi offuscati dalla cataratta. Ma i lunghi sonni al sole e i bocconcini prelibati che il padrone gli serbava davano ancora qualche gioia alla sua vita di pensionato. Accolto un po' freddamente dal giovane, Principe lo lasciò subito per andar in cerca di sir Walter che l'adorava. Henry scese in giardino, girò l'angolo della casa e alzò gli occhi al balcone gotico della camera grigia, tutto scintillante nel sole del mattino che lo irradiava in pieno. La vetrata Eden Phillpotts
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era aperta e Thomas, ancora in pigiama, inginocchiato sui cuscini del sedile, stava appoggiato al parapetto. — Buon giorno, amico! — gridò Lennox. — Dormito bene? Lo sai che sono quasi le nove? Ma l'altro non rispose né si mosse. Guardava lontano, nella landa dorata dal sole; la brezza gli agitava lievemente i capelli. — Olà, Tom! Dormi? Che fai? — gridò ancora il cugino; ma l'altro rimase immobile. Allora Henry notò che aveva il viso pallidissimo e che i suoi occhi erano fissi e senza sguardo. Trasalì e il cuore gli diede un tuffo. Gli parve che a un tratto ogni cosa gli si oscurasse intorno e le ombre sinistre della notte gli si riaddensarono nell'anima. Risalì d'un balzo la gradinata e si precipitò in casa. Mancavano cinque minuti alle nove, e gli ospiti, conoscendo il debole di sir Walter per la puntualità, erano già tutti riuniti per la prima colazione. Sulla soglia incontrò Mary che gli domandò se avesse visto suo marito. — Tom è sempre il primo ad alzarsi e l'ultimo a coricarsi — soggiunse lei con un sorriso. Henry le dette il buon giorno senza risponderle e salì di corsa al primo piano. Giù nel tinello, Ernest Travers, ottima pasta d'uomo ma un po' pignolo, in giacca nera per rispetto al giorno festivo, diceva al colonnello Vane: — Perdoni, ma forse lei è nuovo qui; non s'è vestito per andare in chiesa? — Ah, bisogna anche andare in chiesa? — fece il colonnello attonito. — Non lo sapevo. — Dio mio... non è proprio assolutamente necessario, ma sir Walter tiene molto a che i suoi ospiti assistano all'ufficio domenicale. Egli è un'anima eletta, una di quelle anime che rappresentano una chiara luce nella loro generazione. È un uomo all'antica, se vogliamo; ma... di prim'ordine! Caritatevole, generoso, di larghe vedute... Mah!... Anche lui, come me, non sa darsi pace per questi pregiudizi, questi odi di classe, questa tensione sempre crescente fra lavoro e capitale... Ciò che manca è la buona volontà, creda pure, la buona volontà, specialmente da parte dei demagoghi, che sobillano il proletariato instillandogli la tendenza alla ribellione e il disprezzo per chi governa; e poi... altra piaga gravissima di questi tempi: l'affievolirsi del sentimento religioso. Di qui la necessità che Eden Phillpotts
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il buon esempio parta dall'alto... È questo un nostro dovere, oltre che un nostro privilegio. Non le pare, colonnello? Quello sproloquio, così, a stomaco vuoto, ebbe un effetto piuttosto deprimente sul povero Vane, che assunse un'aria smarrita e compunta. — Ma certo, ma certo — rispose in fretta — diamine; se può fargli piacere, ci vengo ben volentieri. Al piano di sopra, Henry tentava invano di aprire la porta della camera grigia, mentre le note profonde del gong annunciavano che la colazione era servita. Abraham Masters, il vecchio maggiordomo, non avrebbe ceduto ad alcuno il privilegio di battere sul gong all'ora dei pasti. Nessuno sapeva, come lui, far cantare il disco di bronzo come uno strumento musicale. Dapprima un mormorio sommesso, poi la voce squillante del bronzo vibrava piena in un rombo grave e dolce, finché si spegneva in una specie di ronzio oscillante. Abraham era fiero di questo suo virtuosismo artistico e parlava delle proprie attitudini musicali come di un dono celeste. Davanti alla porta ostinatamente chiusa, il giovane Lennox reiterava i colpi e le chiamate senza ottenere risposta. Terribilmente preoccupato, discese a precipizio e pregò John, il cameriere, di chiamargli sir Walter. John aspettò che il baronetto, già a tavola, avesse terminata la solita preghiera, poi l'avvertì che suo nipote desiderava parlargli. — Santa pazienza! Che cosa vuole? — fece il vecchio alzandosi. E raggiunse Henry nel salone. In poche parole, con uno sforzo per frenare il tremito interno che gli mozzava la parola, il giovane lo mise al corrente della situazione e dei propri timori. — Sii buono, zio, non ti adirare. Ieri sera, dopo che tu eri andato a letto, Thomas e io siamo rimasti qui a discutere. Lui aveva un desiderio pazzo di passare la notte nella camera grigia. — Ma io gliel'avevo proibito. — Lo so, zio... ma che vuoi... ne morivamo tutti e due dalla voglia, e abbiamo tirato a sorte... abbiamo fatto male, lo so... Ha vinto lui... — E dov'è ora? — Su, in quella stanza. È affacciato al balcone e non si muove. L'ho chiamato, ho tempestato la porta di colpi... non risponde. S'è chiuso dentro... e ho paura... — Santo Dio! Che cosa avete mai fatto, ragazzi! Bisogna andar subito... Dì a John... no, chiamalo, gli dirò io. Non fiatare con nessuno, se non è Eden Phillpotts
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necessario. Che Mary non sospetti di nulla, mi raccomando! Il baronetto ordinò al domestico di cercargli alcuni arnesi e di salire immediatamente alla camera grigia. Quello partì di corsa. Era un brav'uomo, affezionato e fedele; dopo la guerra, era tornato a servizio nel castello e adesso ricordava con un brivido un ordine simile ricevuto dieci o dodici anni prima. Anche quella volta aveva dovuto forzare la porta della stanza maledetta... e vi era stato trovato un cadavere... E ora? Una nuova sciagura? John se l'aspettava. — Fu per un puntiglio — continuava Henry, seguendo lo zio per le scale e per il corridoio — volevamo sfatare una volta per sempre la fosca leggenda di quella camera e farci poi sopra una bella risata. Ma ho paura che si sia sentito male, che sia svenuto, che so! È lì dentro dall'una. Ho tentato di dissuaderlo; anzi abbiamo finito per litigare; avevo un certo presentimento, non so... — Sta zitto, non voglio sentire altro — fece il baronetto irritatissimo. — Avete commesso un'enorme bestialità; e comunque dovevate rispettare il mio divieto. Giunti alla porta, sir Walter chiamò ad alta voce: — Thomas, apri, sono io! Basta con gli scherzi! Sono molto in collera, finiamola una buona volta! Nessuna risposta. Un silenzio di tomba regnava nella camera grigia. Sopraggiunse John con gli arnesi e si dispose a forzare la serratura. L'operazione avrebbe richiesto un certo tempo, e il baronetto credette opportuno di scendere per non allarmare gli ospiti. Ma sua figlia, già un po' inquieta per il ritardo insolito del marito, gli venne incontro per le scale con una lettera in mano. — Vado a vedere che cosa sta facendo Tom che non si decide a scendere — disse. — È strano, perché è sempre il primo... Ho qui una lettera da bordo per lui. Non vorrei che fosse una chiamata... — Mary — fece sir Walter, con volto grave, attirandola presso la grande finestra dello scalone — sii forte e preparati a dominare i tuoi nervi. Temo che sia accaduto qualcosa a Thomas. Non sappiamo nulla, per ora, ma, a quanto dice Henry, deve aver passato la notte nella camera grigia. — Oh, papà! Tom era lì, e io gli ero tanto vicina e non lo sapevo!... — Era lì... e c'è ancora. Credo che stia poco bene. Henry lo ha visto poco fa affacciato al balcone, ma teme che fosse privo di sensi. — Corro subito da lui... Eden Phillpotts
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— No, figliola, lascia che ci vada prima io. Tu informa Ernest e pregalo di salire da me. Non ti spaventare, vedrai che non sarà nulla. Abituata a obbedire al padre senza discussione, Mary non osò insistere. Scese ad avvertire Travers e in un lampo fu di ritorno. Ernest la seguiva da vicino e giunse alla porta della camera grigia mentre questa cedeva all'ultimo sforzo di John. Uno schianto, un urto secco del pannello contro la parete, e la stanza apparve, tutta inondata di sole. La viva luce del mattino accarezzava le morbide curve dei canterani antichi, le sculture preziose del letto e delle poltrone, destando un bagliore caldo nel legno scurito dai secoli. Le grandi rose pallide parevano ravvivarsi sullo sfondo argenteo della tappezzeria. Sopra una seggiola accanto al letto, c'era la candela, spenta; l'orologio e la pistola le stavano vicino. Sul letto, al posto del cuscino, era arrotolata la veste da camera di Thomas; ai piedi, c'era la coperta. Appoggiata al parapetto del balcone, con le ginocchia sul sedile, voltando le spalle alla porta, stava il giovane capitano in una posa che sembrava perfettamente naturale. Henry voleva trattenere Mary fuori dalla porta, ma lei lo respinse e seguì suo padre. Sir Walter si appressò a Thomas e lo prese per un braccio. La lieve scossa bastò a turbarne l'equilibrio e il giovane cadde riverso fra le braccia di Henry e di Travers pronti a sorreggerlo. Era morto. Sul volto esangue non si leggeva che un'espressione di profondo stupore. Anche gli occhi, spalancati e vitrei, serbavano ancora uno sguardo attonito, una muta meraviglia. Doveva essere spirato già da parecchie ore. Senza un grido, senza una lacrima, Mary circondò con le braccia il collo del marito e gli cadde sul petto priva di sensi. Dal corridoio giungevano voci confuse. Gli ospiti e la servitù, fortemente impensieriti, venivano a vedere che cosa era successo e offrivano il proprio aiuto. Sir Walter, abituato a comandare, chiese a tutti cieca obbedienza e impartì categoricamente i suoi ordini. Mary fu staccata dal cadavere del marito, trasportata a braccia nella sua cameretta di fanciulla e deposta sul letto. John fu mandato a cercar Jenny e la signora Travers. Affidata la figliola, che già riprendeva conoscenza, alle cure delle due donne, il baronetto tornò nella camera grigia. Passando per il corridoio, pregò gli amici di ritirarsi e ordinò alla servitù di tornare alle proprie Eden Phillpotts
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occupazioni. — Non c'è bisogno che vi disturbiate tutti, vi ringrazio — disse. — Prego soltanto il colonnello Vane di voler entrare con me. — Perdonate, sir Walter — azzardò Felix Fayre facendosi avanti — ma, se si trattasse, per caso, di un qualche fenomeno psichico, io, quale membro della società... vorrei... — Per amor del Cielo, non mi fate confusione! Mio genero è morto, capite! Ci sarà tempo più tardi... Prego il colonnello Vane di darmi una mano... Bisogna trasportare... — la voce gli si spezzò. — Morto! — ansimò l'altro, allibito. E, senz'aggiungere verbo, infilò la scala. Henry e Abraham Masters, aiutati dal colonnello, trasportarono la salma nella sua camera e tentarono di comporla sul letto; ma le membra irrigidite si opponevano a una posizione normale. — Forse un medico... — suggerì Master. Henry partì come un pazzo nella sua piccola automobile a chiamare il dottor Mannering, che abitava a qualche chilometro dal castello. In meno di mezz'ora era già di ritorno con lui. Gli ospiti, addolorati per la tragica conclusione di una partita di piacere e imbarazzatissimi per la consapevolezza della propria inutilità, si riunirono sulla terrazza, commentando, ciascuno a suo modo, l'accaduto di cui ignoravano anche i particolari e consultandosi a bassa voce sull'opportunità di partire subito o di rimanere al castello fino al giorno dopo. Tutti avrebbero desiderato andarsene al più presto da quella casa in cui, non potendo prestare alcun aiuto, si sentivano a disagio; ma il giorno festivo rendeva più difficile la partenza immediata. Raccolti in piccoli capannelli, parlottarono a lungo, sommessamente. Poi alcuni scesero in giardino, non osando farsi scorgere a fumare sulla terrazza. Li raggiunse, poco dopo, Ernest Travers con una cert'aria d'importanza. Tuttavia, interrogato ansiosamente, non seppe raccontare gran che. May, incurante della proibizione del suocero, aveva voluto dormire nella camera grigia e vi era rimasto. Interrogato in proposito, Travers dichiarò sconveniente qualsiasi idea di partenza prima del giorno dopo. — Sir Walter si dispiacerebbe — asserì. — Ha mostrato una forza d'animo veramente straordinaria. Ha detto che scenderà per la seconda colazione. Mia moglie dice che Mary, la signora May, è in uno stato da far Eden Phillpotts
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pietà. Sfido io! Un colpo di quel genere! Io stesso non so proprio farmene una ragione. Un giovanotto come quello, pieno di vita, di vivacità... andarsene così... da un momento all'altro!... — Almeno potessimo renderci utili in qualche modo... — fece Magdalena Fayre. — Che aiuto vuol mai dare, cara signorina?... Il meglio che possiamo fare è di recarci in chiesa. Così ci togliamo di mezzo e facciamo insieme cosa gradita a sir Walter. Tutti fecero buon viso alla proposta di Travers che offriva un diversivo ai loro spiriti turbati e sgomenti. Quell'improvviso piombare della morte in mezzo ai sereni svaghi della villeggiatura li aveva atterriti e, quasi, un poco sdegnati, e alla pietà per gli sventurati si univa, oscuramente, una certa commiserazione anche per loro stessi, così crudamente strappati al consueto pacifico tenore di vita. Taluno si preoccupava già della propria salute, sorprendendosi della squisita sensibilità dei propri nervi. — Si trattasse almeno di una morte naturale! — badava a dire Felix Fayre. — Quel che fa più impressione è la stranezza di un caso simile! — Dio mio! Non ci posso pensare! Fa venire la pelle d'oca — esclamò sua nipote. E al brivido di orrore che la misteriosa tragedia suscitava in lei già si univa un certo compiacimento all'idea di poter narrare l'avventura agli amici; con gran lusso di particolari raccapriccianti che avrebbero richiamato sulla sua persona l'attenzione generale. Dopo tutto, era la prima volta che veniva a Chadlands con suo zio e conosceva solo da pochi giorni i padroni di casa; la sfortuna della scampagnata così drammaticamente interrotta veniva ad essere, almeno in parte, compensata. Un'avventura di quel genere non capita mica a tutti!... Lo zio, intanto, andava discutendo il significato psicologico della tragedia, citando altri esempi del genere. Gli altri, non avendo di meglio da fare, stavano ad ascoltarlo, ma erano distratti, sconvolti, oppressi dal peso di una cupa tristezza. Stavano per avviarsi alla chiesa quando Vane li raggiunse. Gli si affollarono tutti intorno chiedendo particolari. Lui non era nuovo allo spettacolo della morte e descrisse ogni cosa senza reticenze. Lo interruppe il rombo dell'automobile che tornava col dottor Mannering. Ernest Travers, che era rientrato in casa poco prima, ricomparve tutto contegnoso, con la cravatta nera, guanti neri e il cappello duro. — Se venite con me, vi conduco per una scorciatoia attraverso il bosco Eden Phillpotts
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che ci fa guadagnare quasi un chilometro. Ho detto a sir Walter che andavano tutti in chiesa e lui mi ha offerto un'automobile; ma la giornata è così bella che ho pensato avreste preferito fare una passeggiata. Povero amico; è stato un colpo duro per lui; ma lo sopporta da par suo. S'avviarono tutti insieme; ma Felix Fayre si lasciò presto distanziare dagli altri per rimanere indietro con Matthew Handford — classico tipo del ricco gentiluomo di campagna, grande, grosso e rubizzo — e sollevarsi un po' lo spirito criticando il fare ricercato e solenne di Ernest Travers. — Che razza di pedante! — fece Matthew. — Anche la cravatta nera ci voleva! Domando io a chi può venire in mente, in un momento come questo, di cambiarsi la cravatta! Bisogna proprio avere una pietra al posto del cuore per occuparsi di queste miserie! — E noi che ci lasciamo condurre in chiesa come tanti scolaretti!... — brontolò Fayre. — Oh, io, per conto mio, non ci sarei andato. Ci vado così, per distrarmi un poco; ma quasi quasi tornerei indietro. — Lo si fa per un riguardo a sir Walter — osservò l'altro. — Pover'uomo; gli è toccata ben grossa eh! La gioventù moderna!... Ai nostri tempi un fatto simile non sarebbe avvenuto di certo. Per me, se mio suocero mi avesse proibito una cosa, sarebbe bastato per levarmene subito la voglia. — E gliel'aveva detto chiaro e tondo — aggiunse Felix — l'abbiamo udito tutti. E quello scervellato... che Dio gli perdoni... va a scherzare col fuoco in quella maniera! — L'egoismo di questi giovani! Non ha mica pensato, lui, al dolore dei parenti, allo scompiglio, alle noie a cui esponeva tutti noi? Vede: ora tutti i nostri piani vanno all'aria; tutta la casa è in rivoluzione... quella povera donna in quello stato... e tutto per una stupida vanagloria! Sono cose che non dovrebbero accadere, diamine! Si arriverebbe persino a dubitare della divina Provvidenza. — Ed era un ufficiale di marina!... — seguitava Fayre. — Se non l'ha imparata lui la disciplina... Quando mai s'è sentito parlare di un marinaio che abbia disobbedito... salvo Nelson, s'intende! — Sì, ma l'ha scontata, poveretto — osservò Magdalena che gli camminava al fianco. — Tutti la scontiamo — ribatté Handford con fare stizzoso. — La scontiamo senza colpa con un sacco di fastidi e di seccature che nessuno di Eden Phillpotts
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noi si è meritato! — Oh, insomma, io in chiesa non ci vado — fece Fayre a un tratto. — Ho bisogno di fare una fumatina per distendermi i nervi. Io sono molto sensibile e certe cose mi fanno proprio male. — Di qua, amici — gridava da lontano Ernest Travers, additando ai ritardatari un sentiero a sinistra. — Va all'inferno! — borbottò Handford fra i denti. Giunse con la brezza un suono smorzato di campane; poi, in mezzo a un gruppo d'alberi, dietro un poggio, si vide spuntare, grigio e tozzo, il campanile del villaggio. In cima a esso ondeggiava nel sole una bandiera bianca. A un tratto le campane tacquero e la bandiera fu alzata a mezz'asta. Ernest Travers era giunto alla chiesa. — È un bel tipo, sapete! — osservò Handford, cui non era sfuggita la manovra. — Giocherei l'osso del collo che sir Walter non gli ha detto una parola. Ha fatto tutto di sua iniziativa. Bandiera a mezz'asta, campane legate... quel vecchio istrione!... Fossi io il vicario... mi sentirebbe. Il dottor Mannering aveva ascoltato con ansia affettuosa e con vivo interessamento professionale l'affannato racconto di Henry Lennox e, mentre la macchina correva all'impazzata verso il castello, andava rievocando l'episodio della piccola infermiera. — Non un indizio che potesse giustificarne la morte, nulla. Sana come un pesce. E anche qui sarà la stessa cosa, vedrà. Pensare... un pezzo di giovanotto come quello!... E' un bel ragazzo! Simpatico, allegro, pieno di vita. Avevamo cacciato insieme tutta la giornata!... Santo Iddio!... E Mary poverina, in che stato sarà? — Disperata; lo può ben immaginare. Ma lei la conosce, non è donna da dare in escandescenze — rispose il giovane. Il dottor Mannering, oltre a essere da molti anni, il medico di casa, era anche il miglior amico del baronetto. Era un medico di campagna come ce ne sono tanti, uomo alla buona, conservatore, innamorato della sua professione e anche, a tempo perso, dello sport. Più praticone che vero scienziato, la sua lunga esperienza suppliva in lui alla cultura e all'ingegno piuttosto modesti; tuttavia amava tenersi al corrente con opportune letture dei progressi della scienza, non rifuggendo, all'occasione, dal ricorrere a metodi completamente nuovi. Quando giunse al castello, sir Walter era in camera della figlia e Eden Phillpotts
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Mannering, non volendolo disturbare si recò immediatamente presso Thomas. Esaminò con la massima cura il corpo del disgraziato e, dopo essersi scrupolosamente assicurato con tutti i mezzi di cui poteva disporre che nessuna forza umana l'avrebbe più potuto richiamare in vita, diede qualche suggerimento sulla maniera di comporlo in una posizione decorosa. Il giovane corpo non presentava alcun segno esteriore che ne potesse in alcun modo giustificare la morte. Il medico ascoltò assorto i pochi chiarimenti che Henry gli poté fornire, poi raggiunse il baronetto nella camera di Mary. La poveretta s'era alquanto riavuta; ma tutta l'anima sua si ribellava all'improvvisa catastrofe e la sua mente si rifiutava quasi di comprendere l'enormità della sciagura. Parlava, parlava ininterrottamente, perdendosi in considerazioni futili, in particolari privi d'importanza. — Devo scrivere subito a suo padre — diceva. — Dio mio, che colpo per lui! Poveretto, lo idolatrava quel figliolo! E io che mi preoccupavo per la lettera da bordo! Non tornerà più al suo mare che amava tanto! Ricordo che non poteva soffrire quel versetto della Bibbia dove si profetizzava la scomparsa dei mari. Quando penso che stanotte gli ero così vicina!... E non ho inteso nulla; non un grido, un lamento... Mannering le parlò dolcemente... — Stai tranquilla, cara; non ha gridato, non ha sofferto, il suo Tom, né dolore, né spavento... ne sono sicuro. La morte non è, per se stessa, una sofferenza, Mary; se lo ricordi. Ora lui è in pace. Fra poco potrà vederlo... Il suo viso è sereno, non vi si legge né paura, né sofferenza; soltanto un'espressione di stupore! — Oh, la paura!... Lui non sapeva che cosa fosse paura. Non temeva che di fare il male. Nessuno sa quanto fosse buono il mio Tom! Suo padre Io adorava, ma non sapeva apprezzare fino in fondo l'infinita bontà di quell'anima; erano troppo diversi. Io sola posso dire di averlo conosciuto. Scriverò a mio suocero che Tom è molto malato; gli dirò che è perduto... Poveretto! Capirà subito. Quel figliolo era tutto per lui... Dio mio, che strazio, quando verrà qui... Sir Walter seguì il medico, dicendo alla figlia che sarebbe tornato a prenderla. Rimase sola, Mary scivolò ginocchioni accanto al letto, nascose il volto fra le braccia distese e rimase a lungo immobile. Il pensiero del suocero emergeva ora dalla sua desolazione e la sua mente, ancora un poco annebbiata, trovava quasi un sollievo nel soffermarvisi. Il dolore del Eden Phillpotts
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vecchio le appariva più reale del proprio, al quale non s'era ancora abituata. Bisognava scrivergli subito. Balzò in piedi di scatto e sedette alla piccola scrivania nello sguincio della finestra. Vedeva col pensiero il vecchio pastore intento a celebrare l'ufficio domenicale nella sua chiesetta; avrebbe voluto attenuargli il colpo, ma sarebbe stata una crudele pietà. Gli scrisse quindi che suo figlio era morente. Poi le venne in mente che avrebbe fatto meglio a telegrafare; partendo subito, lui avrebbe potuto essere a Chadlands prima di sera. Strappò la lettera, preparò il telegramma e pregò Jenny, che entrava in quel momento, di farlo spedire al più presto. La buona donna, una zitella anzianotta che l'aveva vista nascere e non vedeva che per i suoi occhi, era venuta a portarle una tazza di brodo e dei crostini imburrati. Mary trangugiò qualche sorso di brodo, ma respinse il pane con ripugnanza. Una strana sensazione di irrealtà le fasciava l'anima come in un sogno, eppure sapeva bene che era sveglia. Tendeva l'orecchio ai passi nel corridoio, desiderando e temendo insieme il ritorno del padre. Ricordò il passo caratteristico di Tom, che non avrebbe udito mai più; un passo elastico, leggero che, avvicinandosi a lei, accelerava spesso in una corsa. Anche lei provava sempre quel desiderio di corrergli incontro, di abolire ogni spazio fra loro. Si rimproverò amaramente di aver voluto dormire nella sua antica stanza di fanciulla; se gli fosse stata accanto la cosa atroce non sarebbe certo accaduta... "Pensare che c'era soltanto una parete fra noi!", si andava ripetendo, "e io dormivo sognando di lui, e lui soffriva, moriva, lì, a due passi da me!" "La morte non è, per se stessa, una sofferenza", aveva detto il dottor Mannering. E che ne sapeva lui? Chi ha mai potuto penetrare il mistero della morte? Chi avrebbe mai conosciuto l'angoscia mortale delle ultime ore di Tom, in cui egli sentiva la vita sfuggirgli? La sua povera testa si perdeva nello strazio della rievocazione tremenda; chinò la fronte sulla spalla della fida Jenny e pianse disperatamente. — E io mi affliggevo tanto nel timore che lo richiamassero a bordo! — Il Signore l'ha voluto con sé in un luogo assai migliore, amor mio — singhiozzò la buona donna. Lasciata la figlia, sir Walter aveva seguito Mannering nella camera grigia e ora commentavano insieme la tragica vicenda. — Mi pare di tornare ai giorni di quella povera Gabrielle — disse il medico. — Si ricorda? Eden Phillpotts
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— Sì, anch'io, mentre John stava forzando la porta, rivivevo quei momenti e, purtroppo, pensai subito al peggio. Quando mio genero mi chiese il permesso di passare la notte in quella camera, io mi opposi recisamente, e non avrei mai sognato che lui pensasse a disobbedirmi. — Certamente non si rendeva conto della propria follia. E questa sua morte è altrettanto incomprensibile quanto quella della povera infermiera. Un organismo perfettamente sano stroncato così d'un tratto, senza che un solo indizio ne possa spiegare la causa... nulla, assolutamente nulla! — Ammettere la morte senza una causa... sarebbe quasi uno sconfessare la scienza, non le pare? — Oh, per questo, una causa ci sarà, non ne dubiti — rispose il dottore. — Ma temo assai che nemmeno questa volta la si troverà. Eppure, sarebbe una fortuna per tutti. Non so dirle quanto io sia addolorato per la sua povera figliola, per lei... e anche per me stesso, creda. Era un gran bravo giovanotto, un vero galantuomo, buono, simpatico... — E un valoroso ufficiale — aggiunse il suocero. — E un ottimo marito! Povera Mary!... — Purtroppo, ora le toccheranno anche molte seccature, amico mio — rispose Mannering. — Indagini, inchieste, autopsia... Se vorrà tuttavia lasciar fare a me, potrò risparmiarle qualche noia. Desidera che io comunichi la cosa al professor Mordred, come l'altra volta, o preferisce qualcun altro? — No, no, non lui, vorrei un altro. Il più autorevole che lei conosca. Comprende, non è vero? Non è per mancanza di fiducia verso Mordred e meno ancora verso di lei, caro Mannering; ma desidero un giudizio perfettamente obiettivo, di persona che ignori i precedenti e non abbia quindi alcun preconcetto. Mi spiego? Dio mio, che cosa atroce! C'è tanto da fare, da pensare... e sento che la mia povera testa non regge... non regge! — Non si agiti così, sir Walter, non si preoccupi oltre il necessario. Lasci fare; vedrà che si provvederà a ogni cosa. Lei ha tutte le ragioni; sarà meglio rivolgersi a uno che ignori completamente l'altra faccenda... — La mia povera testa... — ripeteva il baronetto. — Non so più che cosa pensare... Io consideravo la mia prevenzione contro questa maledetta camera come una debolezza di cui, in fondo, mi vergognavo io stesso... Ma si guardi intorno, dottore, e dica lei se è possibile che ci sia qualcosa di malefico, di sinistro in quella bella stanza... Eden Phillpotts
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L'altro girò uno sguardo intorno alla camera, esaminò le pareti, scrutò gli angoli, picchiò qua e là sul muro, alzò gli occhi al soffitto, dove un'intricata rete di circoli, partendo dalle pareti e raccogliendosi al centro, intorno al calice d'un giglio stilizzato, simulava una specie di cupola. — Sarà opportuno lasciare tutto come si trova fino all'inchiesta. Le consiglierei anzi di mettersi in comunicazione diretta con Scotland Yard e di chiedere che si mandi qualcuno da Londra; gli agenti locali, a parer mio, non saprebbero fare che confusione. — Se ne incarichi lei, caro Mannering; vuole? Dica pure che mandino i loro uomini più esperti; non farò certo questione di denaro. Ma non credo sia affar loro, qui non si tratta di un delitto... — E chi lo sa? Non abbiamo alcun dato per escluderlo... — Ma un omicidio implicherebbe la presenza di un assassino... — Senza dubbio; ma chi le dice che, in questo caso, non esiste effettivamente? — Lei pensa dunque, sul serio, a una causa soprannaturale? — fece sir Walter spalancando gli occhi. L'altro negò col capo. — No, non ci penso affatto. Lei sa bene che io non sono materialista e che i medici della mia generazione non sono restii a conciliare la scienza con la religione; ma la scienza è sempre scienza e agli spiriti io non credo davvero! Non intendo escludere, tuttavia, l'esistenza di forze ignote e latenti che possano diventare pericolose quando la volontà umana intervenga a estrinsecarle. In questo caso però il responsabile è sempre l'uomo. Se lei, a esempio, spara una fucilata a un animale, e lo coglie, chi l'ha ucciso è lei, non il fucile, gli fosse pur distante mezzo chilometro. — In casa mia però non c'è nessuno del quale io non possa rispondere. — Lo so!... Si dice così, per dire. Del resto, avremo tempo di riparlarne, ora non si strugga per queste cose, sir Walter; lasci fare a quelli del mestiere; è gente abituata a frugare nei misteri. Se esiste un responsabile, lo sapranno smascherare. L'altra volta non ci siamo riusciti, è vero, ma stavolta si dovrà andare fino in fondo, perciò sarà bene rivolgersi a gente esperta. Sapranno considerare la cosa con mente serena, senza preconcetti o autosuggestioni e sono certo che finiranno col venirne a capo. — Sì, voglio proprio affidarmi agli specialisti più rinomati. Non posso assolutamente accettare l'ipotesi che questa camera sia infestata da spiriti o da fantasmi o che so io; né adattarmi ad ammettere che una vita umana Eden Phillpotts
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possa venire soppressa da una forza ignota e soprannaturale. Sarebbe troppo orribile... Iddio non può permettere di queste cose! No! Nemmeno pensarci! — E non ci pensi! Via, caro amico, scacci queste idee assurde, indegne di lei. Ora me ne devo andare. Telegraferò a Londra, a sir Howard Fellowes, la nostra massima autorità in fatto di medicina legale... E anche a qualche ufficio governativo. Devo mettermi subito in comunicazione con Scotland Yard? — Aspetti fino a stasera. Tornerà più tardi a vedere Mary? — Non dubiti. Conto di avere per le tre una risposta ai miei telegrammi; poi mi recherò a Newton Abbot e di lì potrò telefonare a Londra. — Grazie, Mannering; lei mi leva un gran peso dal cuore. Questo colpo tremendo mi ha messo altri dieci anni sulle spalle! — Via, non esageri poi, sir Walter. È atroce, lo riconosco; ma, purtroppo, nella vita ci sono più spine che rose... — Se almeno mio nipote potesse esserle di qualche aiuto; ne disponga liberamente, lui sarà lietissimo di rendersi utile. Ne ha sofferto molto anche lui, povero figliolo, anche perché, in certo qual modo, si sente un po' responsabile... — Povero ragazzo, lo compatisco. Può proprio dire di aver giocato la vita a testa e croce! Se quella moneta fosse caduta sull'altro lato!... Mi ha raccontato di aver fatto il possibile per dissuadere il cugino, ma non ci è riuscito. È rimasto molto scosso, si capisce... Ma i giovani hanno molte risorse e fanno presto a rifarsi... Vada a prendere qualcosa, sir Walter; se si sentisse di scendere a colazione coi suoi ospiti, credo che le farebbe bene. — Ho appunto questa intenzione — dichiarò il baronetto. — Un vecchio soldato deve sopportare fieramente la sventura e non sarà mai detto che io venga meno ai miei doveri di ospitalità. Quanto a questa camera maledetta, la voglio sopprimere!... — Aspetti, aspetti! Sentiamo prima le conclusioni degli esperti. E disponga di me, per quel che valgo, lei mi conosce... sono un rusticone... non so dire belle parole... ma le voglio un bene dell'anima, e anche a Mary!... — Lo so, caro Mannering, lo so. E adesso cercherò di farmi forza. Devo pensare agli ospiti — sospirò il baronetto. — Sono molto addolorato anche per loro, poveretti; erano venuti qui per divertirsi e va a capitare questo po' po' di sconquasso!... Eden Phillpotts
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— Forse farebbe bene a trattenere qui Travers, la sua compagnia le sarebbe di qualche conforto. — Nessuno mi può consolare in quest'ora, caro Mannering. Ho qui Henry e mi basta. Spero che potrà rimanere a lungo, io devo occuparmi soprattutto di Mary. Vorrei portarla via appena possibile e dedicarmi completamente a lei. — È un triste dovere, lo so, amico mio; ma è assolutamente necessario. La poverina non comprende certamente ancora l'immensità della perdita che le ha inflitto il destino. Partito il medico, sir Walter andò a prendere Mary per condurla a vedere la salma. La ragazza aveva riacquistato un certo dominio dei propri nervi e seppe mantenersi sufficientemente calma, davanti alla spoglia adorata. Quel giorno la voce sonora e grave del gong non vibrò sotto i colpi sapienti di Abraham Masters. Il bravo uomo aveva creduto opportuno rispettare col silenzio il lutto incombente sulla casa.
5. La mano di Dio Il ricordo di quella colazione rimase per sir Walter uno dei più penosi della sua vita. I commenti degli amici e più ancora il loro compatimento erano per lui un martirio insopportabile. Quelle voci in sordina, quegli sguardi pietosi, quelle banali parole di compianto lo opprimevano e lo irritavano. Si rimproverava aspramente questa sua intolleranza, ma la curiosità morbosa che trapelava dalle caute domande, fra le espressioni di condoglianza e di simpatia, lo esasperava in modo intollerabile. — Non mangi nulla — gli fece osservare Ernest Travers; — devi farti forza, Walter, il peggio, purtroppo, deve ancora venire e avrai bisogno di tutta la tua energia. Se potessi condividere il tuo fardello, amico mio, come lo farei volentieri! — Immagino che farete conoscere questa terribile avventura alla Società per le Ricerche Psichiche di cui, come sapete, io faccio parte — insinuò Felix Fayre. — Desterà indubbiamente il più vivo interesse negli studiosi della materia e sono certo che più d'uno vi chiederà il permesso di fare un sopralluogo o anche di passare una notte in quella camera. — Prima di tutto bisogna informare del fatto la polizia — avvertì il colonnello Vane. — Secondo me, è cosa che riguarda loro più che altri. E Eden Phillpotts
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il governo! Senza dubbio il ministero della Marina vorrà prendere qualche provvedimento. — Lo inumerete a Chadlands, non è vero, Walter? — disse Travers. — È così bella la vostra tomba! Modesta, severa, distinta... e così ben tenuta, con quelle sue aiuole verdi e le decorose ma semplici epigrafi! Mi son fermato a lungo ad ammirarla oggi, dopo l'ufficio divino. Il vicario, alla fine del sermone, ha detto alcune parole molto belle, alludendo alla vostra grande sventura. Henry fece il possibile per sollevare lo zio da quella tortura e per liberarlo al più presto dai suoi noiosi invitati. Nel pomeriggio una macchina sarebbe andata a Newton Abbot a prendere il padre di Thomas; egli propose a Matthew Handford e al colonnello Vane di approfittarne per prendere poi il treno della sera. Quelli accettarono con malcelata soddisfazione. — Se si dovrà fare un'inchiesta, faccia in modo di assicurarsi l'assistenza di Peter Hardcastle — raccomandò Vane al baronetto. — È un vero specialista in materia; un uomo straordinario... inarrivabile! — Mi pare di avere sentito altre volte questo nome — osservò sir Walter, scuotendosi dalla sua dolorosa apatia. — E chi non lo conosce? Non c'è matassa, per quanto intricata, che lui non riesca a dipanare; a Scotland Yard gli fanno tanto di cappello. — Sì — fece Handford — anche da noi se ne parlò molto in occasione di un misterioso delitto... Allora ognuno volle dire la sua e citare un esempio della portentosa abilità del famoso detective, ma sir Walter non ascoltò più. — Se riesce a farlo venite qui, non lo dica a nessuno — consigliò ancora il colonnello. — Lo faccia passare per un qualsiasi invitato; ciò gli agevolerà molto le cose... Sir Walter lasciò passare la raffica di chiacchiere e di consigli, ma fissò nella propria memoria il nome di Peter Hardcastle. Ricordava ora un fatto che aveva suscitato grande scalpore durante la guerra: la cattura di una spia tedesca, sfuggita ai più abili segugi di Francia e d'Inghilterra, che Hardcastle era riuscito a smascherare. Anche gli altri se ne ricordavano; anzi Magdalena Fayre era stata particolarmente colpita dal suo rifiuto di lasciare pubblicare la propria fotografia sui giornali illustrati. — Eh, si capisce! Non gli conviene che la gente lo conosca! Non si fa mai vedere nel suo vero aspetto; talvolta si traveste anche da donna. Eden Phillpotts
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— Anzi, alcuni sostengono che sia effettivamente una donna. — Eh, via! Tutti sanno benissimo che è un uomo. — È un funzionario governativo, o lavora per conto proprio? — domandò Handford. — Non lo so — rispose il baronetto — ma lo pregherò comunque di occuparsi della cosa. Ho incaricato il dottor Mannering di avvertire la polizia e non intendo trascurare nulla per venire a capo di questo atroce mistero. D'altra parte, mi domando che cosa si possa ancora tentare. La stanza fu esaminata minuziosamente anche l'altra volta, dodici anni fa. Le pareti non rivelarono vani nascosti; il pavimento è di quercia solidissima; il soffitto, intatto, ha uno spessore di almeno venticinque centimetri. Il camino è di fattura recente e non abbastanza largo perché una persona vi si possa nascondere... — A ogni modo, nei vostri panni, io inviterei Peter Hardcastle, facendolo passare — come giustamente suggeriva il colonnello — per un ospite qualsiasi, senza rivelare ad alcuno il vero motivo della sua presenza in casa vostra, e gli darei carta bianca, lasciandogli compiere in piena libertà qualunque indagine lui ritenesse opportuna. La colazione era terminata da un pezzo e i domestici s'erano allontanati; Fayre poteva quindi esprimere le proprie opinioni senza alcun riserbo. — Vi ringrazio, amici miei — disse il baronetto alzandosi da tavola. — Seguirò, per quanto possibile, i vostri consigli; ma ora credo opportuno che ognuno riprenda le proprie abitudini. Non voglio che questo terribile evento debba ulteriormente pesare anche su di voi. Se posso, in qualche modo, agevolare i vostri piani, ditemelo pure senza cerimonie. — Oh, Walter, non si preoccupi di noi — esclamò Nelly Travers. — Ciò che conta ora, è il suo dolore. Se potessimo esserle di qualche conforto, saremmo ben lieti di restarle accanto; ma, siccome, purtroppo, la nostra presenza non giova a nulla, sarà meglio che ce ne andiamo al più presto e che la lasciamo tranquilla. Anche il marito si profuse allora in ampollose dichiarazioni di amicizia e di compianto, elargendo nuovi consigli ed esortazioni che il baronetto sopportò con molta pazienza. Riuscito finalmente a liberarsi della fastidiosa compagnia, sir Walter si ritirò con Henry nel proprio studio. — Ti prego, figliolo, falli sgombrare al più presto. Io non ne posso più! Handford e Vane se ne andranno fra poche ore; vedi che gli altri possano Eden Phillpotts
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partire almeno domattina. Staserà non pranzerò con loro; terrò compagnia a quel povero vecchio, il padre di Thomas. Forse lui spera di trovarlo ancora in vita. Pover'uomo, chissà in quale stato ci arriverà! — No, zio, non credo. Mary dice che è un uomo singolarissimo, e che anche nella sventura si mostrerà diverso dagli altri. Ha certe fissazioni, certe credenze tutte sue, che lo sosterranno nella terribile prova. Andrò anch'io a Newton a incontrarlo; Mannering mi aspetta per metterci d'accordo su alcune cose. Spera che sir Howard Fellowes possa essere qui domattina... o forse anche stasera stessa. — Raccomanda a Mannering di assicurarsi la cooperazione di quel famoso detective... sai bene: Hardcastle. Se costui non fosse più a Scotland Yard e lavorasse per conto proprio, lo rintracci e lo faccia venire ugualmente, non bado alla spesa... darei qualunque somma pur di vedere chiarito questo enigma spaventevole. — Vedrai, zio, che ci riusciremo. — Non potrei più vivere in questa casa, con quell'ombra sull'anima. Ma forse, dovrò lasciarla a ogni modo, non credo che Mary potrà più adattarsi a restare qui. — Non ti angosciare tanto per ciò che sarà, zio. Mettiti un po' tranquillo e cerca di riposare, devi essere esausto. Tutta questa brava gente, pur con la miglior volontà di consolarti, di aiutarti, si rende insopportabile! Poveretti! In fondo non ne hanno colpa, questo inaudito avvenimento li ha messi in uno stato di sovraeccitazione affatto nuovo per loro. — E Mary che fa? È venuto qualcuno per il funerale? — Sì, zio, l'agenzia delle pompe funebri ha già preso tutte le disposizioni... — Lo metteremo qui, nella nostra tomba. Ritengo che suo padre non avrà nulla in contrario. — Non credo. Anche Mary lo desidera certamente. — Poverina! Il suo primo pensiero è stato per il dolore di quel vecchio; la sua maggiore preoccupazione è stata quella di alleviargli in qualche modo il colpo tremendo. — Lei sarà il suo unico conforto. — Conti di informarlo subito della disgrazia o preferisci farlo quando sarà giunto qui? — No, mi sembra più opportuno comunicargli tutto al più presto. Forse se lo aspetta. Mary mi ha detto che il suocero crede fermamente negli Eden Phillpotts
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spiriti e ne parla spesso, citando anche la Sacra Scrittura... — Dici sul serio? Ma allora... Be', lasciamo stare. Certamente sarà d'accordo con me nel desiderio di andare fino in fondo al mistero; ma, se affideremo la cosa a quel Peter Hardcastle, dovremo astenerci tutti da qualsiasi ingerenza, per non intralciare le sue indagini. — S'intende! Purché si riesca ad accaparrarlo! — Ora salgo un momento da Mary, poi andrò a riposare. Di' che mi chiamino appena arriva il reverendo May, ma che non vengano a disturbarmi prima. — Va bene, zio. Sir Walter trovò sua figlia in preda a una crisi di disperazione. Passati i primi istanti di stupore e di smarrimento, la spaventevole realtà le appariva in tutto il suo orrore, facendola quasi delirare. Il baronetto non ebbe cuore di lasciarla, rinunciò al riposo e le rimase accanto fino al ritorno del medico. Questi però non poté trattenersi che pochi minuti, poi ripartì coi due ospiti e con Henry. Prima di sera il giovane era di ritorno col reverendo Septimus May. Il vecchio pastore volle recarsi immediatamente presso la salma del figlio; Mary lo raggiunse subito e lo trovò impietrito dallo strazio, senza una lacrima. Era un ometto magro, dall'aria ascetica, lo sguardo un po' vago e un'espressione assorta e quasi ostile nel volto sottile e sbarbato. Protestante fanatico, rigido all'estremo nell'esercizio del proprio ministero, al quale s'era dato sin dalla prima giovinezza con tutto l'ardore di un carattere austero e chiuso, non era riuscito, con tutto il suo zelo e con l'esempio di una vita irreprensibile, a guadagnarsi l'affetto del piccolo gregge affidato alle sue cure. I suoi parrocchiani lo avevano in grande stima e rispetto, ma, più che amarlo, lo temevano; la sua austerità priva di dolcezza li teneva lontani. Così egli era invecchiato senza amici, sempre più chiuso nella propria intransigenza. Alcuni spiriti indipendenti avevano tentato una volta di ribellarsi al suo giogo e di scuoterselo di dosso; ma la vita esemplare del reverendo May non poteva fornire ai superiori il minimo appiglio per un eventuale trasferimento, e lui era rimasto nella sua parrocchia, seguitando a tuonare dal pulpito contro le debolezze del genere umano. Pessimo psicologo, idealista e un po' visionario, aveva visto cadere a una a una le sue illusioni e le sue ambizioni, tramontare tutte le sue speranze; ma la sua fede era rimasta incrollabile. Credeva con appassionato fervore a tutto ciò che invano aveva sperato d'inculcare nell'anima dei suoi simili, Eden Phillpotts
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profondamente convinto che un Dio onnipotente e misericordioso governasse ogni singola vita umana, dirigesse ogni destino, e che nulla potesse accadere sulla terra che non fosse per il bene delle anime immortali da Lui create a propria immagine e somiglianza. Su questa adamantina convinzione veniva ora a cadere il più inatteso, il più barbaro colpo che la vita avesse potuto riservargli. Davanti alla salma dell'adorato figliolo si era sentito ad un tratto atterrato, annichilito. Poi, caduto in ginocchio accanto a lui, aveva sentito il suo strazio placarsi a poco a poco nel fervore della preghiera. Pregava a voce alta, con un ardore quasi feroce, che dava alle sue parole una vibrazione aspra ed esasperava la sensibilità malata della donna inginocchiata al suo fianco. Nessuno poté indurlo, quella sera, ad allontanarsi dal figlio, ed egli vegliò tutta la notte nella camera ardente. Sir Walter notò, fin da principio, la stranezza di certi atteggiamenti e di certe espressioni del vecchio pastore; ma soltanto dopo l'autopsia questi cominciò ad esporre le proprie singolarissime idee, che dovevano portare tanto scompiglio e tanta pena in quegli animi già così crudelmente provati dalla sventura. Felix Fayre e la nipote furono i primi a partire, e Magdalena si mostrò alquanto risentita perché Mary non era scesa a salutarla. — Non ci badare, figliola — la esortò lo zio — sai bene che il dolore rende egoisti. Che vuoi, noi avremmo certamente agito altrimenti, dimenticando qualunque preoccupazione personale per i doveri dell'ospitalità, ma non tutti possono essere come noi, non è vero? Vedrai che ti scriverà per ringraziarti e chiederti scusa. È giovane, poverina, ed è molto addolorata; bisogna compatirla. Felix Fayre andava fiero di questo suo spirito di carità cristiana che ostentava volentieri. Sir Walter volle salutare i Travers prima che partissero. — Non lasci Mary troppo vicina a quel prete, sir Walter — gli raccomandò fra le lacrime l'ottima Nelly. — È un uomo terribile; mi fa paura! Gli ho detto qualche parola di compianto per l'occasione, e mi si è rivoltato contro come un aspide. Avesse sentito come m'ha risposto! — Figurati! Ho dovuto rammentargli che parlava a una signora! — esclamò Ernest inorridito. — Si è sempre disposti a compatire il dolore di un padre ma, diamine! Insolentire chi vi fa delle condoglianze... una signora... via, mi sembra un po' troppo. Un sacerdote poi... Eden Phillpotts
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— Nemmeno l'abito talare può raddolcire certi caratteri, caro Ernest; la mitezza la si porta con sé fin dalla nascita. Non possiamo tuttavia giudicare il reverendo May; è un uomo assai strano; ma la sua fede smuoverebbe davvero le montagne... — E anche la mia... e la tua, Walter! Ma si può essere ottimi cristiani anche senza mancare ai doveri di gentiluomini, perbacco! Le nostre espressioni di simpatia e di compianto per la perdita dell'unico figlio non toccavano per nulla le sue convinzioni religiose... Il baronetto, paventando una delle solite tirate, tagliò corto e, con molti saluti, ringraziamenti e benedizioni congedò le due ottime ma noiosissime creature. L'autopsia non rivelò alcuna anormalità cui fosse possibile attribuire la morte del capitano; né le più accurate e sottili indagini chimiche compiute da un incaricato governativo portarono a conclusioni di sorta. Si passò quindi senz'altro all'inchiesta giudiziaria. Il verdetto della giuria fu il più strano che fosse mai stato emesso, ma nessuno osò dissentirne. La morte di Thomas May era dovuta "alla mano di Dio". — Il destino di tutti gli uomini è governato "dalla mano di Dio" — sentenziò Septimus May. — Egli, che ci dona la vita ci dà anche la morte. Ma, pur inchinandoci alla Sua inappellabile volontà, non dobbiamo affatto rimanere inerti. Quando la mano di Dio si accanisce su qualcuno, come ha fatto sul mio povero figliolo, senza una causa apparente, bisogna ricercarne le ragioni recondite. Anche stanotte veglierò in preghiera accanto alla sua spoglia: ma, quando lui sarà in pace nella tomba, Dio mi illuminerà. Io ho un grande dovere da compiere, sir Walter, e nessuno deve intralciare questa mia sacra missione. — Noi siamo perfettamente consapevoli di questo dovere, che incombe su tutti noi, amico mio — rispose il baronetto — e nessuno intende sottrarvisi. Io ho già provveduto ad assicurarmi l'assistenza di un famoso detective, noto in tutta Europa, e spero di averlo fra breve a mia disposizione. Il vecchio sacerdote crollò tristemente il capo. — Non è questo il momento di parlarne, ma creda a me, nessun detective al mondo sarà mai in grado di spiegare il mistero di questa morte. Torneremo sull'argomento più tardi, sir Walter, però le espongo fin d'ora la mia assoluta convinzione che le ragioni di questa sciagura non ci saranno Eden Phillpotts
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mai rivelate dai mezzi di cui dispone la scienza. Soltanto la fede ci può illuminare in queste tenebre. Vi sono cose, imperscrutabili al saggio e allo scienziato, che si rivelano spontaneamente allo sguardo innocente di un bimbo. La sera, quando sir Walter, il reverendo May ed Henry si riunirono per il pranzo, il giovane rivolse allo zio una preghiera: — Non dirmi di no, mi sembra di doverlo al povero Tom, lasciami dormire, stanotte, nella camera grigia. Darei l'anima mia per venire a capo di questo mistero. Il baronetto non disse nulla, ma rifiutò con un cenno energico del capo. Il prete invece ribatté in tono di rimprovero: — Lei parla con troppa leggerezza di una cosa tanto grave, giovanotto, e mostra di considerare assai poco la sua anima, se si dice disposto a darla per la meschina soddisfazione di spiegare un enigma. Né verrebbe a capo di nulla; il mistero della morte di mio figlio non sarà certamente rivelato a chi lo interroghi con tanta leggerezza. — Ho già ricevuto una mezza dozzina di lettere da gente che chiede di passare una notte in quella maledetta camera — disse il baronetto. — Non la chiami "maledetta", sir Walter — lo redarguì il pastore — potrebbe forse pentirsene. — Io non ho la sua indulgenza evangelica, reverendo. — E perché dobbiamo affrettarci a condannare? Nell'avvicinarci all'ignoto l'atteggiamento del nostro animo dev'essere tale da disarmare il nemico nascosto. Coloro che tenteranno di penetrare il mistero della morte di mio figlio non sono mossi che dalla curiosità di conoscerne la causa materiale; tuttavia il mistero resterà impenetrabile a chiunque vi si accosti con intenzioni materialistiche. So quel che dico e mi riservo di tornarci sopra al momento opportuno. — Ma il suo animo, dunque, non si ribella? Lei accetta senz'altro il fatto compiuto? — E a che varrebbe ribellarsi quando persino delle persone semplici e ignoranti, quali sono in genere i giurati, hanno dovuto riconoscere che il mio povero Tom è stato colpito "dalla mano di Dio"? Possiamo noi forse discutere la volontà imperscrutabile del Creatore? Anch'io, come tutti e più di ogni altro, desidero ardentemente una spiegazione; dirò di più, confido più di voi tutti di poterla ottenere. Ma so che il Signore ci offre una sola via per raggiungere la verità, e questa non è fra quelle battute dalla scienza Eden Phillpotts
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e dal razionalismo, bensì un'altra che a me soltanto sarà dato percorrere, e da solo. Terminato il pranzo, il pastore si recò dalla nuora. Mary aveva deciso di non seguire il funerale del marito; ma il suocero la indusse a farlo. — Devi vuotare il tuo calice sino alla feccia, figliola — le disse. — Dobbiamo entrambi portare la croce che Dio ci ha mandata; accanto alla tomba di mio figlio tu devi essere al mio fianco. La notizia di una morte improvvisa e misteriosa non può fare a meno di suscitare un'intensa curiosità, per cui i funerali del giovane capitano radunarono nel piccolo cimitero di Chadlands e lungo tutta la strada percorsa dall'affusto di cannone che portava il feretro, una vera folla. Mary, sorretta dal padre e dal cugino, riuscì a serbare un contegno composto e dignitoso. Lo stoicismo del suocero sembrava agire anche su di lei imponendole, nonostante lo strazio indicibile dell'anima, quell'atteggiamento di nobile calma. Assistito dal cappellano dell'Indomabile, il reverendo Septimus May volle celebrare personalmente l'ufficio funebre, al quale assistettero in massa i compagni d'arme di Thomas. La bara spariva sotto un cumulo di fiori inviati dagli amici dei Lennox; un'ancora di violette recava l'estremo saluto del personale della nave. Il vecchio pastore recitò le preghiere dei defunti con voce ferma, sebbene nei suoi occhi senza lacrime si leggesse un dolore infinito. Calata la bara, i moschetti dei marinai spararono a salve. L'eco delle scariche si diffuse sinistramente intorno alla piccola chiesa. Il giorno seguente, durante il pranzo, Septimus May tornò sull'argomento già più volte sfiorato. Nelle lunghe meditazioni di quei giorni le sue idee si erano perfettamente orientate e lui riteneva opportuno rompere gli indugi. Il reverendo Nathaniel Prodgers, vicario di Chadlands e lontano parente dei Lennox, era rimasto al castello e il dottor Mannering, che aveva bisogno di parlare a quattr'occhi con sir Walter, s'era invitato a pranzo per quella sera. Il vecchio amico si preoccupava seriamente della salute di Mary che, dopo la fierissima scossa, richiedeva un'attenzione vigile e costante; perciò intendeva insistere col baronetto perché le facesse cambiare vita e paese per qualche tempo; cosa che, infine, avrebbe giovato moltissimo anche a lui. L'arrivo di Peter Hardcastle era annunciato per il giorno dopo, in forma privatissima e all'insaputa della polizia locale e della servitù del castello. Eden Phillpotts
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Gli agenti della polizia locale avevano compiuto, come la volta precedente, una perquisizione accuratissima nella camera incriminata; ma tutti comprendevano perfettamente che tali formalità non avrebbero approdato ad alcuna conclusione e che il problema richiedeva ben diversi investigatori. — Appena costui avrà terminate le sue indagini la pregherò seriamente di lasciare per qualche tempo l'Inghilterra, sir Walter, e di andarsene all'estero con Mary — disse Mannering. — Lo ritengo assolutamente indispensabile; non soltanto per la sua figliola ma anche per lei stesso. E dovrebbe partire al più presto, senza nemmeno attendere la relazione di Hardcastle, evitando in tal modo a Mary altre penose emozioni. La conduca lontano, in qualche bel paese che lei ancora non conosce. Nulla è più indicato, per distrarre la mente dai pensieri dolorosi, per distendere i nervi sovreccitati e ristorare il fisico depresso, che il cambiare paese e abitudini. — Sono d'accordo con lei, caro Mannering — rispose il baronetto — ma capirà bene che io non posso pensare ad allontanarmi da Chadlands finché il mistero non sia chiarito. Fu allora che Septimus May intervenne nel discorso, formulando una proposta che mise in serio imbarazzo il padrone di casa. — Se nessuno m'impedirà di fare ciò che desidero, sir Walter sarà libero di partire al più presto — disse il pastore con solennità. — Io confido di non incontrare opposizioni; comunque vi dichiaro che sono disposto a sostenere il mio punto di vista con tutte le mie forze. In poche parole: ritengo indispensabile trascorrere una notte nella camera grigia, e vi prego caldamente di non tentare nulla per impedirmelo. Il pretendere di scrutare i voleri del Signore col semplice aiuto della saggezza umana è pura follia. Io ho pregato lunghe ore presso la salma del mio figliolo e Dio stesso, nella sua infinita misericordia, ha voluto indicarmi questo preciso dovere. Tutto quanto si è fatto fino ad oggi senza il consenso esplicito dell'Onnipotente non poteva approdare a nulla. Ricordatevi che Egli stesso ci ha detto: "Aiutatevi e io vi aiuterò". Lasciatemi dunque obbedire al comando divino; lasciatemi compiere quest'ultimo dovere verso mio figlio. Lei, sir Walter, non può rifiutarmelo, per Mary, per lei stesso, per tutta la sua gente. L'inattesa proposta fece ammutolire per qualche istante tutti i commensali. Il reverendo Prodgers, giovane sacerdote che racchiudeva in un esile corpo uno spirito elevatissimo e ardente, rivolse al vecchio pastore Eden Phillpotts
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uno sguardo di sconfinata ammirazione; mentre tutti gli altri si chiedevano se non fosse impazzito. Sir Walter, messo un po' d'ordine fra le mille obiezioni che gli si affollavano alla mente, rispose con aria pacata e tranquilla: — Nessuno più di me è pronto a riconoscere i propri doveri verso i vivi e verso i morti, caro May. Come sa io mi sono rivolto a uno specialista di fama mondiale; ma se lei desidera, per conto suo, richiedere il parere e l'opera di qualche altra persona di sua maggior fiducia, non ha che da dirlo... — Lei non mi ha compreso, sir Walter; io non intendo affidarmi a nessuno, fosse pure il più illustre scienziato o il più abile poliziotto del mondo; intendo agire da solo, armato del più alto potere che chiunque possa vantare in terra: la volontà di Dio. Io non lascerò Chadlands senz'avere trascorso una notte in quella stanza. Non tema per me, io non corro alcun pericolo. La mia stessa fede sarà il mio usbergo, la mia salvezza. La mia fiducia nell'Essere Supremo, il quale pur mi volle colpire così duramente, è assoluta e io sono perfettamente sicuro che lo spirito maligno che si nasconde in quella camera per esercitare su noi peccatori il suo nefasto potere, non potrà toccarmi in alcun modo. È giunta finalmente l'ora di sfidare il malefico influsso nel nome stesso di Dio e di liberarne per sempre la sua casa. Il dottor Mannering scattò. — Ma come? Lei attribuisce dunque la morte del suo figliolo a influenze sovrannaturali? — E chi potrebbe dunque pensare diversamente? Che cosa vi ha rivelato tutta la vostra scienza? Un bel nulla! La scienza non potrà mai aiutarvi a spiegare la causa di questa morte, che non fu determinata da fenomeni d'ordine naturale. Del resto, non è cosa nuova; la storia registra ben altri casi di morte sfuggiti a qualsiasi indagine scientifica. Dio che, come c'insegna la Bibbia, può sterminare con un soffio le moltitudini, non potrà forse troncare in qualsiasi istante la vita d'un uomo valendosi di mezzi che sfuggono alla nostra conoscenza? Io credo all'esistenza di spiriti buoni e di spiriti malvagi come credo alle rivelazioni della Sacra Scrittura, e so che ogni loro potere, per quanto grande, deve cadere di fronte alla suprema onnipotenza dell'Altissimo. Io non piango la perdita di mio figlio — salvo per il cieco e quasi animalesco affetto paterno che mi fa spasimare — perché so che è stato chiamato in un mondo migliore per fini ignoti e imperscrutabili; tuttavia chiedo di poter interrogare le cause del suo Eden Phillpotts
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trapasso, potendo il significato di esse assumere per tutti noi un'importanza forse di gran lunga superiore alla sua stessa morte. Potrebbe anche darsi ch'essa sia stata necessaria perché noi giungessimo a scoprire ciò che si cela in quella camera. Forse vi è imprigionata — per ragioni recondite — qualche anima immortale che attende da noi la liberazione; la morte di mio figlio è stata un appello disperato di quell'anima; io lo accolgo e accorro, spintovi anche dal messaggio divino che il mio cuore ha ricevuto. "Ma costui è pazzo da legare", borbottò fra i denti il dottore. Il giovane prete contemplava il vecchio con occhi estatici. Porterò con me la mia Bibbia — concluse Septimus May imperterrito — e passerò la notte in preghiera. Dio non mancherà di assistermi e mi segnerà la via del dovere. — Mio caro May, le sue parole fanno a pugni con la ragione — osservò il baronetto tentando di sorridere. — E perché dovrei seguire la vostra cosiddetta ragione? Non sappiamo forse noi cristiani che essa, il più delle volte, ci s'infrange nelle mani e ci ferisce? I più profondi e irresistibili moti dell'anima nostra, le tentazioni, gli impulsi al bene o al male sfuggono completamente al dominio della ragione, eppure in essi è l'essenza stessa della vita e dell'immortalità del nostro spirito. Oli antichi attribuivano queste tentazioni, questi impulsi verso il bene o verso il male a influenze di spiriti buoni o cattivi, a seconda del caso. — E perché dunque la mia idea di ricorrere al miglior detective d'Inghilterra non dovrebbe essere anch'essa l'ispirazione d'uno spirito benigno? — Ma non le ho detto e ripetuto che la scienza e l'abilità degli uomini non verranno mai a capo di nulla in tutto ciò? Mi meraviglia che voi, cristiani come me, non lo vogliate comprendere. L'unica persona tra noi che può affrontare impunemente il pericolo nascosto in quella stanza, sono io; io che possiedo la sola arma efficace contro gli spiriti maligni. La mia fede assoluta sarà il mio usbergo più saldo, e soltanto le mie ardenti preghiere riusciranno a disarmare l'invisibile larva che funesta quella camera e ridonare la pace a questa sua dimora. Lei non può contestarmi il diritto di lottare con tutta la forza della mia fede contro l'ignoto potere che mi ha privato dell'unico figlio! — Lei ci permetterà tuttavia di contrapporre alle sue dogmatiche affermazioni il nostro modesto raziocinio — replicò Mannering — e, Eden Phillpotts
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perdoni la mia franchezza, non si meraviglierà se noi non ci mostreremo disposti ad accettarle senza discussione. — Lei parli per conto proprio — ribatté il reverendo. — Io non ho mai pensato che un medico potesse dividere certe mie opinioni; ma la questione esorbita assolutamente dalla sua competenza. — Scusi, reverendo — interloquì Henry — ma lei suppone che mio zio si trovi d'accordo con lei? — Effettivamente, caro May, non sono affatto del suo parere — si affrettò a dichiarare sir Walter — almeno fino al punto cui lei spinge le cose. Se avessi la certezza che uno spirito maligno infesta questa casa insidiando la mia vita e quella dei miei, le confesso che non mi opporrei alla sua decisione. Ma perché — mi domando — dobbiamo noi ammettere un intervento così assurdo e fuori del comune? Perché dobbiamo attribuire senz'altro la morte di Thomas a cause soprannaturali, prima di poter escludere, in modo irrefutabile — entro i limiti dei mezzi umani — tutte le cause naturali possibili? — E non avete indagato abbastanza? Tutta la vostra scienza vi ha forse dato una sola spiegazione plausibile? — La scienza umana è assai limitata, ne convengo — concesse Mannering — ma siamo ancora ben lontani dall'averne esaurito le risorse. Al lume di altre più accurate indagini la camera grigia potrà forse rivelarci qualche particolarità d'ordine fisico o chimico... che so, magari anche biologico: un veleno volatile emanante dal soffitto o dalle pareti che sviluppi una specifica azione durante la notte, magari per l'abbassarsi della temperatura... Mille cose ci possono essere ancora che un'analisi più approfondita, degli esperimenti più perfetti ci possono rivelare. Talvolta la natura tende certi tranelli che sulle prime appaiono pieni di mistero e poi si risolvono in ben poca cosa. Noi non possiamo certamente vantarci di conoscere tutti i suoi segreti ma sappiamo benissimo che ciascuno di essi ha la propria soluzione nella materia e nella forza. — Già! Questo infine non è che il vostro presuntuoso materialismo — disse il pastore. — Oh, scusi — scattò il medico — mi pare che le sue asserzioni così recise denotino una presunzione ben maggiore della nostra. Lei dimentica, reverendo, che siamo in pieno secolo ventesimo e che la sua mentalità — alquanto arretrata, se vogliamo — non può trovare rispondenza o comprensione in gente abituata a ragionare col proprio cervello e non del Eden Phillpotts
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tutto digiuna di cultura. — Eh, pazienza! Per amore della verità molto si può sopportare! Voi mi credete pazzo, lo vedo bene; eppure nessuno è più savio di me in questo momento. Io non pretendo che le preghiere possano alterare le leggi fisiche, né chiedo al Signore di operare miracoli per venirmi in aiuto, o di sospendere per me l'avvicendarsi delle cause e degli effetti; ma sono convinto che l'attuale mistero appartiene a una categoria di fenomeni che oltrepassano l'umana conoscenza e sfuggono al controllo delle leggi naturali. Dio stesso lo ha rivelato alla mia anima, schiudendomi la porta della verità. Io non posso restarmene inattivo quando la Sua stessa voce mi chiama, imponendomi questa missione. Se mi sarò sbagliato, le mie preghiere saranno vane; ma se — come spero e fermamente credo — la mia intuizione è stata giusta, esse raggiungeranno lo scopo. Comunque, io devo compiere la mia missione e dovessi anche soccombere nell'adempierla, a quale fine più nobile potrei mai aspirare? Mannering fremeva. Non era mica pazzo il vecchio! Tutt'altro! C'era una logica perfetta nelle sue argomentazioni. Ciononostante lo sdegno del medico non faceva che aumentare. — Ma gli altri non contano nulla, secondo lei? — domandò a un tratto. — No! Essi devono comprendermi. Io solo sono stato chiamato dalla Provvidenza divina perché sono l'unico adatto, nessuno di voi lo sarebbe. Questa mia sicurezza procede da fonti ben più alte e pure di quelle che la ragione umana ci può offrire. Io so perché so; non c'è bisogno di ragionarvi sopra; la mia è un'ispirazione divina... come quelle che illuminarono talvolta gli antichi profeti. — Allora devo sperare unicamente nella saggezza di sir Walter, il quale — immagino — vorrà ben rispondere con un rifiuto. — Non lo farà, perché ha la fede che a lei manca! — No, amico mio, non deve dir questo — intervenne il padrone di casa. — Il nostro Mannering ha tutte le ragioni; lei deve pensare anche agli altri. La prospettiva di una morte improvvisa e serena non le incute timore, specialmente in questo momento, e io lo comprendo; ma lei non pensa a ciò che significherebbe la sua perdita per chi l'ama e la stima e ha bisogno di lei... della sua opera. — Coloro che restano si aiutano sempre l'un l'altro, e Dio provvede a tutti. Mannering si rivolse allora al vicario di Chadlands. Eden Phillpotts
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— Che ne pensa lei, reverendo? Anche lei è un ministro di Dio, ma spero che non condividerà le idee del suo venerabile collega. Mi pare che un po' di buon senso non debba far male nemmeno a un ministro del Signore. — Io rispetto altamente la fede del reverendo May — rispose il giovane prete — e credo fermamente che, una volta esclusa ogni causa naturale nella morte del povero capitano, qualunque sacerdote potrebbe, senza timore, passare una notte in quella camera. Giacobbe lottò con l'angelo del Signore; dovrebbe forse un servo di Dio temere di affrontare l'angelo delle tenebre? — Bravo! Ben detto! — esclamò Septimus May. — Tuttavia — soggiunse il vicario — noi non possiamo condividere interamente la sua sicurezza. Già due preziose esistenze sono state troncate in quella stanza da cause finora sfuggite alle nostre investigazioni; non possiamo affermare per questo che esse debbano sottrarsi ulteriormente all'occhio della scienza. Noi non abbiamo ancora esaurito tutti i mezzi d'indagine che essa ci offre. Oserei quindi pregarla con tutto il cuore, reverendo May, di voler desistere dal suo proposito, almeno fino a quando il famoso specialista invitato da sir Walter non avrà compiuto tutte le possibili ricerche. Questo mi sembrerebbe il partito più ragionevole. — La ragione non c'entra — scattò il pastore — essa non è mai stata al servizio della fede, ma ne è stata in ogni tempo l'ostinata, acerrima nemica. La voce stessa di Dio mi ha rivelato che mio figlio non è morto per alcun accidente naturale, o per qualsiasi intervento umano. Un misterioso potere si è scatenato durante la notte nella camera fatale e lo ha travolto; io voglio affrontare questa arcana potenza in ginocchio, affidando la mia vita alle misericordiose mani del Signore. La discussione si protrasse vivacissima per tutta la serata. Il vecchio sacerdote non poteva capacitarsi che dei cristiani credenti non fossero pronti a condividere le sue opinioni, e la tenacia di sir Walter nell'opporsi all'esecuzione di un ordine venuto direttamente da Dio lo addolorava intensamente e lo offendeva insieme. Finalmente Henry affacciò una sua proposta: poiché si riteneva necessario che qualcuno affrontasse il cimento, perché non lo avrebbe potuto tentare lui? — Anch'io l'ho chiesto subito; non poteva anche la mia essere un'ispirazione divina? Io lotterò. Tom non ha potuto lottare; è stato colpito Eden Phillpotts
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a tradimento, mentre stava appoggiato al balcone... — Ma egli non è stato colpito, tu lo sai bene... — esclamò il baronetto. — Insomma, è morto, e qualcosa sarà pur stato a farlo morire! Sentite, facciamo così, se non volete che io affronti da solo il pericolo che si nasconde in quella stanza, almeno lasciate che resti in compagnia del reverendo May. Lui veglierà in preghiera... io starò all'erta, armato e pronto ad ogni evenienza. — Ma non capisce, figliolo, che il suo intervento costituirebbe un gravissimo pericolo? Qualsiasi precauzione umana non farebbe che paralizzare l'unica forza che possiamo opporre all'ignoto nemico: la fede. Soltanto la fede può lacerare il velo di questo tragico mistero. — Le confesso francamente, caro May, che codesta fede, come l'intende lei, io non ce l'ho — dichiarò il baronetto. — Non dica questo, amico mio; non si calunni. Col suo rifiuto lei si priva dell'unico mezzo che le si offre per liberare il castello dall'oscura minaccia che vi incombe. Ma, se l'ostinazione del reverendo non cedeva davanti ad alcun argomento, sir Walter non si mostrò più arrendevole di lui e rimase fermo nel proprio rifiuto. Mannering, d'altronde, lo spalleggiava energicamente, dichiarando che il tentativo sarebbe equivalso al suicidio di May con la delittuosa connivenza di chi aveva il potere di opporvisi. — Io considero questo rifiuto un mio preciso dovere — concluse il vecchio castellano. Allora il prete si alzò e levò al cielo le mani tremanti. — Voglia il Signore accordarci un altro segno della Sua santa volontà! — esclamò con aria ispirata. Tutti tacquero, per rispetto o forse per la meraviglia; ma non avvenne nulla. Dopo qualche istante, il baronetto ruppe il silenzio. — Via, caro May, se lo lasci dire, lei non si rende conto della gravità delle sue parole. È ancora sconvolto dal colpo tremendo e nessuno meglio di me lo comprende. Domani stesso Hardcastle inizierà le sue indagini e sono certo che compirà questo lavoro nel modo più serio e coscienzioso. Se ciò non approderà ad alcuna conclusione soddisfacente e non rivelerà, al tempo stesso, alcun serio pericolo, sarò disposto a prendere in considerazione il suo desiderio e — nei limiti del possibile e con le dovute cautele — a soddisfarlo. Siamo intesi? Non dubito che in questo caso ognuno sarà pronto a unire alle sue le proprie preghiere. Eden Phillpotts
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— Lei si ritiene un credente, ma è un uomo di poca fede — replicò l'altro e, augurata seccamente la buona notte, si ritirò senza aggiungere verbo. Al dottor Mannering che gli consigliava una pozione calmante per riposare più tranquillo rispose con una sdegnosa alzata di spalle. Nel congedarsi il dottore esortò, a ogni buon fine, sir Walter a non lasciare incustodito l'accesso alla camera grigia. — Quel pazzo visionario sarebbe capace di fare qualche sciocchezza; bisogna tenerlo d'occhio. Rimasto solo con Henry, il baronetto salì con lui al piano superiore. La porta della camera grigia era spalancata e la stanza vivamente illuminata. Nessuno aveva più osato entrarvi né chiuderne la porta. I due uomini si fermarono sulla soglia. — Bada, Henry — disse il vecchio — ho la tua parola d'onore che non verrai stanotte in questa stanza, e mi fido di te; ma quel pover'uomo è talmente invasato dalle sue idee balzane che non mi stupirei se tentasse di passare sopra al mio divieto. Mannering ha ragione; bisogna sorvegliarlo. Lo affido a te. Impediscigli a qualunque costo di commettere una simile follia. Potrei far guardare la stanza da Masters o da John, ma preferisco evitare le chiacchiere e i commenti della servitù. — Sta tranquillo, zio, ci penso io. Ma vedrai che non farà nulla; dopo una giornata così faticosa e piena di emozioni dev'essere stanco morto, povero diavolo, e dormirà come un ghiro. — Speriamolo. Anch'io sono affranto; perciò non ti offro nemmeno di vegliare con te. Buona notte, figliolo. Sir Walter si ritirò nella propria camera ed Henry rimase tutta la notte a far la guardia davanti alla porta del reverendo May. Ma questi non dette segni di vita.
5. Un altro segno dell'invisibile Peter Hardcastle arrivò a Chadlands verso le dieci del mattino. Figlio d'un modesto negoziante, aveva fatto le sue prime esperienze nei ranghi della polizia londinese, cominciando dagl'infimi gradi e riuscendo rapidamente a imporsi per le sue singolari attitudini e l'ingegno versatile e pronto. La guerra l'aveva fatto assurgere d'un tratto a una fama mondiale, in seguito alla cattura già ricordata di una pericolosa spia tedesca compiuta Eden Phillpotts
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in modo romanzesco. Ora il suo nome era noto dovunque e l'aureola d'eroismo e di cavalleresco romanticismo che lo circondava attirava su di lui, in special modo, l'attenzione entusiastica delle donne, che ne andavano pazze. Una ricca ereditiera americana gli aveva persino offerto la propria mano. Lui però, tutto preso dalla passione per la sua arte, poco si curava degli omaggi femminili. Dopo vent'anni di servizio, aveva deciso di abbandonare Scotland Yard per dedicarsi alla professione di detective privato; l'affare di Chadlands sarebbe stato quindi l'ultimo che avrebbe indagato in veste ufficiale. Aveva appreso il fatto dai giornali, che l'avevano riportato con grande abbondanza di particolari, e la cosa gli era apparsa piuttosto interessante. La sua intelligenza vivace ma perfettamente equilibrata rifuggiva da qualsiasi superstizione o pregiudizio; perciò egli apparve al baronetto — già profondamente scosso e forse anche un poco suggestionato dai discorsi della sera precedente — come l'espressione di una mentalità diametralmente opposta a quella del vecchio pastore. Al personale del castello egli era stato annunciato come un amico di sir Walter e il suo contegno fu quello di un perfetto gentiluomo. Sebbene di natali assai modesti, per la natura stessa della sua professione aveva avuto spesso l'occasione di frequentare la cosiddetta "buona società". Ottimo attore, sapeva rappresentare la sua parte in modo perfetto. Esile, biondo, quasi calvo, Peter Hardcastle, sebbene già prossimo alla quarantina, non dimostrava che trent'anni o poco più. I lineamenti minuti e quasi femminei del suo volto sbarbato contrastavano stranamente con la fronte altissima e l'espressione risoluta, mentre i suoi grandi occhi grigi s'illuminavano di dolcezza quando la bocca piccola e quasi esangue si apriva al sorriso sulla candida chiostra dei denti. Quel viso pallido e quasi insignificante era una delle sue armi più sicure, poiché gli permetteva di trasformarsi a suo talento, così che pochi artisti della scena potevano vantare un'abilità nel truccarsi pari alla sua. Anche la sua voce, si solito bassa, monotona e senza vibrazioni, diveniva grave, profonda o squillante, a seconda del personaggio che voleva rappresentare. Sir Walter fu dapprima alquanto deluso dall'aspetto modesto del celebre detective; ma si accorse ben presto che quell'apparenza sbiadita celava una personalità di altissimo livello, un ingegno eccezionalmente acuto e una volontà di ferro. Eden Phillpotts
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A tavola, Hardcastle parlò pochissimo, ma ascoltò con grande attenzione quanto gli altri dicevano. Tuttavia le poche parole che pronunciò rivelavano un acume e una cultura di gran lunga superiori a quelli di tutti i suoi commensali; né gli sfuggì che Henry l'osservava di sottecchi, bevendo ogni sua parola. Quando Septimus May, riprendendo l'argomento della sera prima, gli espose le sue teorie mistiche, egli lo ascoltò senza batter ciglio. — L'antica legge sulla stregoneria non ammetteva alcun commercio fra i mortali e gli spiriti — osservò quindi pacatamente; ma il vecchio pronto: — Oh, quella è una legge decrepita, una legge assurda e sacrilega, che l'umana esperienza ha ormai annullata! — esclamò con aria sprezzante. Henry, che moriva dalla voglia di conoscere il pensiero del detective in fatto di spiriti, azzardò una citazione. — Certi pensatori affermano che spirito e materia sono inscindibili e che non possono quindi esistere l'uno senza l'altra. Che ne pensa lei, signor Hardcastle? — Ecco: a parer mio la materia può benissimo sussistere anche senza lo spirito e se lei, ad esempio, venisse travolto da una valanga, avrebbe modo di convincersene a proprie spese; ma escludo invece nel modo più assoluto l'esistenza dello spirito separato dalla materia. "Togliete la materia, che resta della vita?", domanda Tyndall, e nessuno finora gli ha saputo rispondere. — Voi non comprendete — dichiarò May. — La metafisica insegna... — La metafisica non serve a nulla, creda pure, reverendo. Sono tutte frottole che non hanno mai cavato un ragno dal buco. Per noi è la realtà che conta. Che cosa importa a noi, per esempio, che una testimonianza sia soggettivamente veritiera, quando obiettivamente è falsa? Sono giochi di parole che non approdano a nulla. La vita è reale, concreta, com'è concreto il corpo umano; e se io mi sbuccio un ginocchio contro una pietra, tutte le cabale metafisiche del mondo non gliel'impediranno di gocciolare sangue autentico, rosso e caldo! — Ma lei allora... — proruppe il reverendo fulminandolo con lo sguardo — lei non crede al soprannaturale?... — Ma nemmeno per sogno! Il padrone di casa, preoccupato dall'espressione furibonda del pastore, cercò di far deviare il discorso e Septimus May ingoiò la fiera risposta che gli bruciava le labbra, proponendosi tuttavia di tornare alla carica alla Eden Phillpotts
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prima occasione. Però, da quel momento, ogni sua fiducia nella tanto decantata abilità di Peter Hardcastle svanì completamente. Terminata la prima colazione, il detective chiese un colloquio al baronetto e si ritirò con lui nello studio dove rimasero chiusi per un paio d'ore. Richiese le più ampie informazioni sul conto degli ospiti che avevano da poco lasciato il castello e volle avere direttamente da Henry il resoconto particolareggiato delle vicende svoltesi nella sera fatale. Il giovane gli espose con la massima chiarezza ogni circostanza e le sue maniere franche, il tono di assoluta sincerità del suo racconto dissiparono subito una certa prevenzione che il detective aveva concepito dal primo istante contro di lui, avvalorata poi dall'attenzione intensa con cui Henry aveva seguito ogni suo gesto, ogni sua parola fin dal suo arrivo al castello. L'antico innamorato di Mary aveva passato le ultime ore della serata con Thomas, bevendo e discutendo, ed era anche stato il primo a dare l'allarme dopo la morte. Non poteva lui forse aver portato dalla Mesopotamia un qualche veleno speciale?... Ma il suo racconto schietto e senza reticenze fugò subito ogni sospetto dall'animo dell'acuto indagatore. — È inutile che io ripeta a lor signori le mie opinioni circa la possibilità di una spiegazione materiale del doloroso fatto. Non mi sembra assolutamente il caso di soffermarci su altre teorie. Io non credo affatto agli spiriti, la mia lunga esperienza in fatto di avvenimenti strani e misteriosi mi ha sempre dimostrato come qualunque leggenda di questo genere sia destinata inevitabilmente a cadere di fronte a un'indagine spregiudicata. Tutto ciò che avviene quaggiù ha sempre la sua causa naturale; poiché ciò che noi chiamiamo Natura è per se stesso il compendio di tutti i fenomeni e di tutte le possibilità materiali. Esaminando i fatti senza preconcetti o prevenzioni superstiziose, è ben raro che non se ne possa raggiungere la spiegazione; io confido che anche il tragico enigma della vostra camera grigia sarà fra breve svelato. — Dio l'ascolti, signor Hardcastle! — sospirò il baronetto. — Se desidera, posso accompagnarla anche subito a vedere la stanza. — Volentieri. Però l'avverto fin d'ora che non credo di trovare lì dentro la soluzione del mistero; la stanza, per se stessa, m'interessa scarsamente. Secondo me, non esiste alcuna relazione tra la morte del capitano May e quella dell'infermiera Forrester. Non fu che una coincidenza fortuita, e io sono convinto che, se la fisiologia fosse una scienza più perfetta di quanto me l'ha mostrata la mia modesta esperienza in fatto di autopsie, la causa di Eden Phillpotts
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quella morte non sarebbe sfuggita alle indagini degli esperti. E anche quella del capitano... per quanto sir Howard Fellows che ne ha eseguito l'autopsia sia un'autorità indiscutibile in materia... Ripeto che non ritengo le due disgrazie imputabili a una medesima causa; naturalmente mi guarderei bene dal sostenere il mio assunto senza discussione; per il momento, la mia opinione è questa. Del resto tra un fatto e l'altro è passato un buon numero d'anni... Dovrò fare, a suo tempo, accurate indagini sul passato del capitano May... Vorrei anche esaminare minuziosamente tutte le sue cose. Ha certamente viaggiato molto... chissà che non abbia portato con sé dall'Oriente e dall'Africa una qualche droga pericolosa di cui lui stesso ignorasse il segreto potere... oppure che un nemico sconosciuto attendesse, nell'ombra, una opportunità... Loro, infine, sanno ben poco di lui; se ho ben capito, la loro conoscenza non risale che a qualche mese... un anno forse, non è vero? Eh, sì; bisognerà interrogare i suoi colleghi, perquisire la sua cabina a bordo dell'Indomabile... Sir Walter consultò l'orologio. — Manca un'ora alla colazione — disse. — Come desidera impiegarla? L'avverto che, secondo il suo desiderio, eccettuati mia figlia, mio nipote e il maggiordomo — persona fidatissima — tutti qui ignorano il suo vero nome e la sua professione. Per tutti, lei è il signor Forbes, invitato da me a passare qualche giorno a Chadlands. Siamo intesi? — Perfettamente. Allora andiamo subito a dare una occhiata alla camera; poi, se me lo permette, farò il giro di tutto il castello. Dopo colazione, se la signora Mary si sentirà di concedermi un colloquio, vorrei interrogarla su alcuni particolari riguardanti il suo povero marito. Salirono insieme alla camera grigia. La giornata era magnifica e dalle finestre spalancate entrava il fulgido sole del meriggio. — Non lo si direbbe davvero un luogo abitato da spettri — osservò il detective soffermandosi sulla soglia della bella stanza piena di luce. — Avete lasciato ogni cosa al suo posto? — Non s'è toccato nulla da anni; tutto è rimasto com'era al tempo della povera Gabrielle Forrester. — Abbiano la cortesia di descrivermi l'esatta posizione in cui è stato trovato il capitano May. Forse il signor Lennox la ricorda e lo può anche riprodurre — soggiunse rivolto a Henry che li aveva seguiti. — Se me la ricordo! Per tutta la vita non la potrò dimenticare! L'ho visto prima dal giardino; stava inginocchiato su questo sedile, appoggiandosi al Eden Phillpotts
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parapetto, e pareva guardasse lontano. — Vediamo un po'. Henry si mise al balcone nel medesimo atteggiamento in cui aveva trovato Thomas; poi Hardcastle ci si volle mettere anche lui e si sporse a guardare fuori. — Più tardi la pregherò di procurami una scala, signor Lennox, perché desidero esaminare il muro all'esterno. È tutto coperto di edera, e l'edera mi ha rivelato più di una volta segreti molto interessanti. Le racconterò anzi in proposito una storia singolarissima, una storia che parrebbe una fiaba. Da questo balcone si potrebbe entrare in camera abbastanza facilmente. — Non tanto — fece Henry. — Sono più di dieci metri da terra. — E come lo sa lei? — L'hanno misurato l'altro giorno gli agenti che sono venuti a fare il sopralluogo. — Ma il muro esterno non l'hanno esaminato, però... — Non credo. Ne hanno misurato l'altezza calando una cordicella dal balcone; non ho visto altro. Il detective girò uno sguardo scrutatore per la stanza. — Mobili antichi — osservò — molto antichi. — Sì; li portò mio nonno dalla Spagna, moltissimi anni fa — confermò il baronetto. — Devono avere notevole valore. — Infatti, così mi è stato detto. — Assai bello quel letto scolpito... E questa porta dove mette? — Non è una porta, è un armadio a muro — spiegò sir Walter aprendone il grande sportello. Il ripostiglio, alto quasi due metri, era vuoto. Nel fondo, in alto, vi si vedevano alcuni rozzi pioli per appendervi gli abiti. — Poiché ci sono, sarà meglio che finisca di esaminare la camera prima di colazione. Un'ora mi sarà più che sufficiente. Suo genero s'intendeva di mobili antichi? — Non saprei dirglielo. Tuttavia, ciò che l'attirava qui non erano i mobili, ma il vago pericolo che la stanza stessa aveva fama di nascondere. Rideva delle storie di spiriti e di fantasmi che la rendevano sospetta e, come lei sa, volle dormirvi nonostante il mio categorico divieto, divertendosi anzi all'idea di potermi canzonare la mattina dopo per le mie ridicole prevenzioni. Voleva, in un certo qual modo, sfatare la fosca Eden Phillpotts
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leggenda... e c'è rimasto anche lui, povero figliolo!... Hardcastle si avvicinò all'angolo dove giacevano accatastati i vecchi quadri dalle cornici tarlate, e ne sollevò uno. — Ritratti di famiglia? — domandò. — Precisamente. — E lei, sir Walter, credeva sinceramente che questa camera racchiudesse un misterioso pericolo? — Ecco: una volta non ci credevo affatto, ma dopo l'episodio della Forrester cominciai anch'io ad avere qualche dubbio. — Nessuno vi ha più dormito da quel tempo? — Nessuno. — Ne è proprio sicuro? Non s'è mai allontanato dal castello in questi ultimi anni? — Oh, spesso. Ogni anno, a primavera, faccio un viaggio in continente e passo due o tre mesi in Francia o in Italia. Ma la casa rimane aperta e la servitù è responsabile di quanto può accadere durante la mia assenza. Questa camera è sempre stata chiusa; Abraham Master, il maggiordomo, a cui affido la chiave partendo, non vi lascerebbe entrare nessuno per tutto l'oro del mondo. Il detective, ritto in mezzo alla stanza, con le mani sprofondate nelle tasche, crollò il capo con un sorriso scettico. — Strana cosa la forza della superstizione — disse, come rispondendo al proprio pensiero — si nutre di fantasie e di misteri, che ama avvolgere nelle ombre notturne. "La potenza delle tenebre": ecco le parole che fanno rizzare i capelli al volgo avido di emozioni. Ma s'è mai domandato lei, sir Walter, perché gli spiritisti si rifiutino di compiere i loro esperimenti alla luce del giorno? Perché la notte sia sempre stata consacrata alle apparizioni e ai fenomeni soprannaturali? La tradizione ha sempre attribuito ai fantasmi un spiccata preferenza per le ore notturne e gli spiritisti lo spiegano con la maggiore facilità che avrebbero gli esseri incorporei a materializzarsi nelle tenebre. — Già. Ma io lo spiego invece col fatto che l'oscurità per se stessa ha un effetto deprimente sull'organismo umano e sull'umano intelletto, lasciando maggior campo alla frode e all'imbroglio di speculare sulle credulità del volgo. Io stesso una volta riuscii a smascherare un assassino apparendogli di notte, alla presenza di testimoni abilmente nascosti, come lo spettro della sua vittima. La guerra ha portato, fra tanti malanni, anche una nuova Eden Phillpotts
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ondata di superstizione col relativo pullulare di profittatori: veggenti, profeti, chiromanti eccetera, che fanno a gara nello sfruttare l'inesauribile filone dell'umana imbecillità. La legge li perseguita, e con ragione, ma dovrebbe punire con essi anche tutti i gonzi che ci credono e si lasciano spennare. Ma sono tutti guai destinati fortunatamente a scomparire col progresso della civiltà. Alla luce della scienza gli spiriti si dilegueranno come si dileguano alla luce del sole. — Lei parla con un tono di assoluta sicurezza, signor Hardcastle. — Sì, e ciò è contrario alla mia abitudine, ma su questo argomento mi esprimo volentieri senza la minima esitazione. Troppe volte ho dovuto sperimentare la vanità di certe disquisizioni metafisiche! Il tono reciso e leggermente beffardo del detective dispiacque al vecchio gentiluomo, il quale ribatté un po' ruvidamente: — Lei dovrebbe esporre queste sue opinioni al reverendo May, che saprebbe forse opporle argomenti altrettanto validi e fondati. — Oh! I preti non sono mai a corto di argomenti in questo campo; e non è il caso d'intavolare discussioni con loro. E come la pensa il reverendo? — Crede fermamente che in questa camera esista qualche essere soprannaturale capace di esercitare una influenza formidabile su chiunque tenti di soggiornarvi. Non è però ben sicuro se questa influenza sia buona o cattiva. — Mi pare che su ciò non vi possa essere alcun dubbio!... — Chissà?... Dipende dal punto di vista. Per noi profani, certamente, l'influenza è nefasta; ma lui sostiene che, se Dio ha creato questo ente come ha creato noi, e gli permette di esercitare tale suo potere, esso non può essere malefico che secondo un punto di vista puramente umano, cioè probabilmente erroneo. — Quale grado di parentela esisteva fra il reverendo e il capitano May? — Thomas era suo figlio. — Strano! — fece Hardcastle, e rimase a lungo assorto, con gli occhi fissi al suolo. — Allora la lascio al suo lavoro — disse il baronetto; — io torno giù nel mio studio. Se ha bisogno di qualche cosa, ecco il campanello. Se desidera chiudersi dentro, faccia pure, ma la serratura non funziona, perché quella mattina la si dovette far saltare. Da allora, porta e finestra sono rimaste sempre aperte e la lampada accesa. — Benissimo. Farò la mia ispezione e poi la raggiungerò di sotto. Il Eden Phillpotts
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camino è stato esaminato? — No; ma è troppo stretto perché un uomo, per quanto agile e mingherlino, vi possa entrare. Hardcastle attese che i padroni di casa se ne fossero andati, poi chiuse la porta, barricandola con una delle pesanti poltrone scolpite. Sir Walter ed Henry raggiunsero Mary e il reverendo May sulla terrazza. La giovane interrogò ansiosamente il padre sulle opinioni espresse dal detective, mentre il pastore, convinto in anticipo dell'insuccesso di Hardcastle non si curò nemmeno di ascoltare. Passeggiarono a lungo su e giù per la terrazza, nel tepido meriggio, seguiti dal fido Principe che non si staccava dal suo padrone. — Ha detto che vuole parlarti dopo colazione — disse Henry alla cugina. — Desidera alcune informazioni sul passato di Tom. — Volentieri, ma, a dire il vero, non ne so gran cosa. Suo padre ne saprà certo più di me. — Uhm! Non credo che potrà mettersi mai d'accordo con tuo suocero. Hardcastle è un materialista convinto e si beffa apertamente degli spiriti, escludendo nel modo più assoluto qualsiasi intervento meno che naturale nella sciagura che ci ha colpiti. Il reverendo May, che stava conversando col baronetto a pochi passi dai due giovani, colse a volo le parole di Henry e ribatté pronto: — Ma non ve l'ho già detto che quell'uomo perde il suo tempo? Avrà dell'ingegno, non lo nego; ma è un presuntuoso, pieno di sé e delle sue idee bislacche: è la persona meno adatta a penetrare un mistero di questo genere. — Per dire la verità, neppure a me è riuscito molto simpatico — confessò sir Walter. — Tuttavia è una persona colta e perbene e, non si può negarlo, si comporta da perfetto gentiluomo... — Mi pare che tu abbia verso di lui una certa prevenzione, caro zio. — Può anche darsi... per quanto io abbia assai raramente dei preconcetti riguardo a persone che non conosco. — Io la chiamerei piuttosto un'intuizione — fece il pastore. — Questa vostra istintiva antipatia non è che l'inconscia divinazione del suo inevitabile insuccesso. Un individuo scettico, presuntuoso e materialista non potrà mai accostarsi a un mistero di tale natura senza rimanere sconfitto. La sua mancanza di fede e la materialità dei suoi mezzi faranno sì che la sua stessa intelligenza e abilità, invece di giovargli, si ritorceranno Eden Phillpotts
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contro di lui. Mary rientrò in casa e i tre uomini si trattennero ancora sulla terrazza a commentare, più o meno benevolmente, Hardcastle e le sue ricerche. — A sentir lui, l'insidia proviene dall'esterno e nella camera grigia non esiste alcun pericolo — disse il baronetto in un tono un po' piccato. Le note gravi e lente del gong interruppero i loro discorsi, e Principe, dimenando allegramente la coda, si slanciò verso la sala da pranzo. — Va un po' a chiamare quel signore — disse sir Walter al nipote. Questi, desiderando appunto scambiare due parole a quattr'occhi col detective, non chiedeva di meglio e corse a cercarlo. La porta della camera grigia era soltanto accostata; il giovane la spinse leggermente, ma essa non cedette. Assai turbato, vi si appoggiò contro con tutto il corpo e riuscì ad aprirla, spostando con fracasso la poltrona che la barricava. Silenzio!... La camera, sulle prime, gli sembrò vuota. Abbassando gli occhi scorse ai suoi piedi un taccuino aperto e una penna stilografica. Poco più in là, davanti al caminetto, Peter Hardcastle giaceva bocconi sul tappeto, con le braccia stese in avanti, immobile. Lennox gli si chinò sopra e lo voltò. Aveva le membra calde e flessibili, ma il suo volto era esangue e inanimato. Negli occhi spalancati, con le pupille fortemente dilatate, si leggeva l'espressione di un profondo stupore.
6. Ordini da Londra Henry Lennox era passato attraverso gli inenarrabili orrori e i più strazianti episodi della guerra, ma non aveva mai provato un'angoscia così forte. Per la prima volta in vita sua sentì di avere paura. Riadagiò con precauzione sul tappeto il corpo inerte del detective e le mani gli tremarono di raccapriccio. Sapeva già che Hardcastle era morto!... Come un pazzo si precipitò nella sala da pranzo, dove suo zio, il reverendo May e Mary attendevano che scendesse insieme all'ospite per mettersi a tavola. — Morto! — balbettò Henry senza fiato e si lasciò cadere affranto sopra una sedia nascondendo il volto fra le mani. Per la seconda volta aveva trovato un cadavere nella camera fatale; per la seconda volta la sua voce doveva annunciare una notizia di quel genere! Gli pareva di vivere in un incubo. Sir Walter e il pastore, ancora increduli, si affrettarono per lo scalone, Eden Phillpotts
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seguiti da Abraham Masters. Septimus May, sebbene agitato e sconvolto per l'inaudita notizia, non poté, al momento, dissimulare una certa intima soddisfazione. — Gliel'avevo detto — continuava a ripetere. — Gliel'aveva detto! Lo spirito malefico è qui presente, sempre in agguato; non può toccare lei né me; ma quel disgraziato miscredente era per lui una ben facile preda! — Le avessi dato retta ieri, quando mi esortava a non affidargli l'impresa! — esclamò il baronetto. — Avrei risparmiata un'altra vittima! — Lei non poteva darmi retta, sir Walter. Il suo cuore era indurito, perché la fine di costui era già decretata lassù. — Ma non è possibile che sia morto così d'un tratto. Tentiamo qualche mezzo; forse si potrà ancora riprendere. Masters e John sollevarono il corpo inerte e lo trasportarono nel corridoio, mentre Henry partiva di gran carriera a chiamare il medico. — Corri a prendere del whisky, John; proviamo a introdurgliene in bocca qualche goccia — disse il maggiordomo. — Il cuore non si sente più, ma il corpo è ancora caldo. Forse non è che una sincope. Lo deposero sul pavimento presso una finestra e Abraham gli s'inginocchiò accanto sorreggendogli il capo. — Pensare che un'ora fa sosteneva che gli spiriti appaiono soltanto di notte, perché l'oscurità favorisce i trucchi! — fece sir Walter crollando tristemente il capo. — "Alla luce della scienza i fantasmi si dilegueranno come si dileguano alla luce del sole", diceva. — Follie, follie! — esclamò il prete. — Ecco la prova! Tentato invano ogni mezzo per richiamare in vita il disgraziato, i due servi lo trasportarono al pianterreno. Quando Mannering giunse non poté che constatarne la morte. Il suo corpo, come già quello di Thomas, non mostrava alcun segno di violenza. La morte l'aveva colpito come la folgore mentre stava prendendo i suoi appunti presso il caminetto. Il medico stava discutendo con sir Walter e preparando i telegrammi per Scotland Yard e per la madre del disgraziato, quando Mary irruppe nello studio invocando il loro aiuto. — Mio suocero è tornato nella camera grigia — disse — e si rifiuta di uscirne. Passeggia su e giù concitato, parla forte citando versetti della Bibbia, pare che voglia esorcizzare gli spiriti che suppone presenti, quantunque invisibili. Sembra un invasato. Fa paura; venite su, per carità! — In fondo aveva ragione lui — dichiarò il baronetto. — Io finora ho Eden Phillpotts
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combattuto le sue idee; ma vi assicuro che adesso non mi sentirei più di farlo! — Per amor di Dio, non lo assecondi! — fece il medico. — Vuol vedere morire anche lui?... Trovarono il vecchio sacerdote che misurava a grandi passi la camera grigia — come aveva detto Mary — agitando le braccia e parlando a voce alta, col volto acceso e gli occhi fiammeggianti. — Finalmente la luce trionferà sulle tenebre e il volere di Dio sarà compiuto! — esclamò, vedendoli comparire sulla soglia; e si lasciò condurre via senza opporre resistenza. — Adesso non potrà più impedirmi di compiere il mio dovere, Walter — disse in tono più tranquillo. — Vede il frutto della sua ostinazione; spero che ciò la dissuaderà dal persistere nell'errore. Ormai perfettamente calmo, il bizzarro vecchio propose di riprendere la colazione interrotta e mangiò di buon appetito. Parlò anche del morto con un'indifferenza che poteva sembrare cinismo. — Ora il Signore lo giudicherà secondo le sue colpe — sentenziò. — Se ha peccato unicamente per ignoranza, il suo castigo non sarà molto grave; ma se il suo cuore era indurito per orgoglio e per mancanza di fede... mah!, forse la Misericordia divina avrà ugualmente pietà dell'anima sua. Dopo tutto, se ha errato, l'ha anche scontato duramente! Sir Walter invece, oppresso da cupa tristezza, non pronunciò una parola e toccò appena il cibo. Preso a un tratto da un irresistibile bisogno di solitudine e di raccoglimento, si alzò da tavola mentre gli altri stavano ancora mangiando. Principe, accucciato ai suoi piedi, si sollevò mugolando. — Ma cos'ha questa povera bestia? — fece il baronetto. — Poverino, aspettava che tu gli dessi un boccone — rispose Mary. — Be', dategli da mangiare voialtri, io vado a prendere una boccata d'aria. Se arriva qualche risposta ai telegrammi fatemelo sapere subito. — E uscì, lento e curvo, come fosse d'un tratto invecchiato di dieci anni. Mary si alzò per seguirlo, ma il dottor Mannering, che era rimasto a colazione con loro, la trattenne. — No, Mary, lo lasci solo — la esortò il brav'uomo. — Questa seconda tragedia l'ha scosso assai duramente; ma non sta male. Ha soltanto un gran bisogno di quiete e di solitudine. Stasera gli faccia prendere un po' di bromuro e lo lasci tranquillo. Eden Phillpotts
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Il baronetto uscì nel parco e andò a sedersi sulla sua panchina preferita. Il cielo s'era quasi tutto coperto e prometteva la pioggia. La vista di quei nuvoloni neri gli dette un certo sollievo; gli parve che la tempesta che si agitava nell'anima sua avrebbe trovato un conforto nello scatenarsi degli elementi. La folgore s'era nuovamente abbattuta sulla sua casa riempiendola di dolore e di spavento; tutto pareva crollargli intorno; ogni legge umana e divina gli appariva sconvolta; un oscuro terrore gli stringeva l'anima. Curvo, con i gomiti sulle ginocchia e il capo tra le mani, stette a lungo immerso in profonda meditazione. Rievocò tutto il passato, la sua vita intemerata e dignitosa, vissuta lontano dai rumori del mondo, nell'aristocratica solitudine di Chadlands. Ora la curiosità spensierata e crudele del pubblico, portata al parossismo dalla nuova tragedia, avrebbe cacciato il naso in ogni angolo della sua casa, violando senza ritegno ogni suo più intimo e geloso segreto. La sua fierezza, il suo orgoglioso riserbo si ribellavano dolorosamente a tale prospettiva. L'orribile fine del genero gli sembrava ancora un sogno atroce, ed eco che un altro impensato colpo del destino veniva ad abbattersi sulle sue spalle. E di quest'ultima catastrofe lui si sentiva in un certo qual modo responsabile! Septimus May aveva ben previsto la sconfitta del detective; forse il suo intervento avrebbe potuto svelare l'arcano. Ma lui non aveva avuto fede e il suo scetticismo aveva troncato un'altra giovane esistenza. Il padre di Tom aveva dunque ragione; soltanto le sue preghiere avrebbero saputo disarmare il Maligno che attendeva nell'ombra; la liberazione non poteva venire che da Dio. Lui non avrebbe avuto il diritto di opporsi, di ostacolare l'adempimento della volontà suprema. L'Ignoto aveva ben saputo dimostrare, ormai, che l'oscurità della notte non era indispensabile alla manifestazione della sua malefica potenza. Ma questa sua potenza era dunque illimitata, e nessuna forza umana l'avrebbe potuta dominare? Bisognava confidare in Dio, ecco; da Lui, unicamente da Lui poteva venire la luce!... Mary, che gli portava il cappotto e l'ombrello, lo riscosse dai suoi tristi pensieri. Il giorno s'era fatto più cupo e la pioggia era ormai imminente. Da un pezzo il vecchio Principe l'aveva raggiunto senza che lui neanche se ne fosse accorto e gli si era accovacciato silenziosamente ai piedi addormentandosi senza poter comprendere l'insolita indifferenza del padrone. Eden Phillpotts
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Mary informò il padre che un telegramma da Londra aveva invitato Mennering a recarsi al più vicino posto telefonico per comunicare direttamente con Scotland Yard. Il dottore quindi era partito subito per Newton Abbot, dicendo che sarebbe tornato a riferire l'esito del colloquio. — Papà, andiamocene di qui al più presto — supplicò la giovane con le lacrime nella voce — affida ogni cosa alla polizia e andiamocene lontano per qualche tempo. La nostra presenza al castello non serve a nulla. Possiamo essere certi che la polizia tenterà ogni mezzo per far luce sul mistero; questa nuova disgrazia non può che stimolare la sua attività. — Lo sa Iddio se vorrei andarmene subito, figliola mia, e quanto darei per sottrarmi allo scalpore che questi orribili avvenimenti susciteranno intorno a Chadlands. Ma per ora non possiamo nemmeno pensarci. Tu comprendi, cara, che la polizia ha il diritto di sospettare di chiunque si sia trovato sotto questo tetto, me compreso; e io non posso allontanarmi di qui. Un Lennox non può sottrarsi al proprio dovere. Il destino crudele si accanisce contro di me, ma, per amaro che sia il calice, io devo vuotarlo sino all'ultima goccia. Rientrato in casa, sir Walter trovò Henry nel salone, la fronte appoggiata ai vetri della finestra, attento a spiare il ritorno del medico. Il reverendo May sonnecchiava in una poltrona. — Ora butteranno giù la casa per interrogarne ogni pietra — disse il giovane con amarezza. — Non ce ne sarà bisogno — intervenne il pastore aprendo gli occhi. — Prima di domani non potranno essere qui, e intanto... — Chissà mai che cosa penserà quella gente — continuava Henry senza dargli retta. — Immagineranno che quel povero Hardcastle, rimasto solo nella camera grigia, fosse già sulle tracce dell'assassino, che l'avesse forse anche scovato e che questo, per paura o per vendetta abbia ucciso anche lui. Sono capaci di credere che lì dentro sia nascosto un pazzo, un bandito, d'accordo, naturalmente, con qualcuno di noi. Sospetteranno di te, zio, di me, di Masters... tutti assassini in questa casa!... Il pastore tentò di protestare, ma Henry, esasperato, gli rispose bruscamente. Il rombo lontano di un motore li attirò tutti nel salone. Si scorgeva già la piccola macchina di Mannering avanzare di volata tra il polverone; un autocarro dell'ambulanza la seguiva da vicino. Mannering entrò con un fare alquanto misterioso; ma prima di rispondere alle ansiose domande dei presenti, volle allontanare Mary con Eden Phillpotts
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un pretesto. Poi raccontò che a Scotland Yard si metteva in dubbio la morte del detective e che perciò avevano mandato l'ambulanza a prenderlo, con l'ordine di trasportarlo a Londra con ogni precauzione. — A quanto ho potuto capire — soggiunse — ritengono si tratti di una caso di morte apparente e pensano che sia ancora possibile richiamare in vita quel disgraziato. Questa sarebbe, se vogliamo, una prova di poca fiducia a mio riguardo, ma io non ci bado e seguirò alla lettera le loro istruzioni. Io stesso accompagnerò la salma fino a Londra e assisterò a tutti i loro tentativi. Quando avranno visto coi loro occhi ci crederanno! Vuoi venire anche, Henry? A Newton incontreremo un ispettore di polizia di Plymouth; ma mi farebbe molto piacere aver con me uno della famiglia. Mi sarebbe anche di grande aiuto per tante formalità. — Volentieri — rispose Henry — se allo zio non rincresce... — No di certo; se Mannering lo desidera, va pure. È troppo giusto che si cerchi di alleviargli le molte noie che gli dobbiamo procurare. — Benissimo. Allora ci converrà partire al più presto. Prenderemo a Newton il treno della sera per Londra; un medico di loro fiducia ci raggiungerà a Paddington. Domattina saranno qui quattro detective con pieni poteri e incaricati di fare le più accurate indagini, non soltanto nella camera grigia, ma in tutta la casa. — E siano i benvenuti! Per me, sarei pronto a smantellare il castello sino alle fondamenta, pur di venirne a capo! — Macché! Non c'è bisogno di smantellare nulla! — intervenne il pastore. — Mattoni e calce sono cose perfettamente innocue. Se anche faceste abbattere il castello sino all'ultima pietra, ciò non le gioverebbe di più che se volesse squarciare le nuvole per cercarvi il fulmine. L'ignoto essere che per volere di Dio si cela in quella stanza non rivelerà né a quattro né a cinquanta poliziotti più di quanto non abbia rivelato a quell'uno. "Tu non penetrerai il segreto dell'opera mia", dice la Bibbia. Lei perde il suo tempo!... Ma perché poi ha voluto allontanare Mary per parlarci di queste cose? — continuò rivolto a Mannering. — Non ha capito? Perché non ho voluto accennare in sua presenza all'ipotesi che Hardcastle possa essere ancora vivo. Non avrei dovuto parlare nemmeno davanti a lei, reverendo; ma lei è un uomo... Se si ammette ora una simile possibilità per costui, lei mi comprende, non la si sarebbe dovuta escludere nel caso del povero capitano. Io sono matematicamente sicuro che non c'è nulla, assolutamente nulla da sperare; Eden Phillpotts
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ma soltanto l'ombra di un dubbio avrebbe fatto perdere il senno a quella povera figliola. — La ringrazio, caro Mannering — disse il baronetto. — Oh, purtroppo, sono ben morti tutti e due! — esclamò il pastore, crollando tristemente il capo. Henry si occupò subito dei preparativi per la partenza e il corpo del detective fu deposto nell'ambulanza con tutte le cautele suggerite dal medico, come fosse semplicemente svenuto. Mannering non aveva il minimo dubbio sull'inutilità di tante precauzioni; ma la sua posizione oltremodo delicata gl'imponeva il massimo rigore nell'adempimento degli ordini ricevuti da Londra. Giunti a Newton, la lettiga fu caricata sul treno proveniente da Plymouth in uno scompartimento riservato, di cui egli stesso regolò la temperatura con somma attenzione. Ai piedi e ai fianchi del cadavere fece disporre inoltre grosse bottiglie d'acqua calda. Più tardi, mentre il treno correva nella notte nera e tempestosa, Henry confidò al dottore le proprie inquietudini. — Purché quel vecchio pazzo non torni alla carica, stasera! — disse assai preoccupato. — Povera Mary, non le mancherebbe altro! Mi raccomando, dottore, tenga d'occhio lo zio, che non si faccia prendere la mano da quel fanatico e non si lasci strappare il consenso di lasciargli passare la notte in quella camera infernale! — E tu credi davvero che ci pensi ancora... dopo quello che è successo?... — Ma non ha visto in quale stato d'esaltazione era stamattina, dopo la disgrazia? — Sì, ma poi si è calmato e ha mangiato tranquillamente. Avrà capito anche lui che non gli conviene scherzare con la morte... — Macché? Ci pensa più che mai; e non vorrei che stasera, approfittando della nostra assenza, tentasse nuovamente di persuadere lo zio... — Ma perché non me l'hai detto prima, figliolo? Avrei catechizzato a dovere sir Walter... Oh, ma lui ha troppo buon senso per cedere, e saprà ben tenere testa a un vecchio esaltato! — Eh, chi lo sa, povero zio! Questo secondo colpo l'ha scosso terribilmente. E poi... dalli e dalli, uno finisce anche per lasciarsi suggestionare. — Non vorrai mica dire che gli permetterà di tentare l'esperimento Eden Phillpotts
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proprio stanotte? — Che vuole! Speriamo di no. Ieri sera ha tenuto duro e m'ha fatto vegliare alla sua porta per impedirgli a ogni costo di commettere una follia; ma, ripeto, la sconfitta di Hardcastle è stata per lui un vero disastro e non vorrei che la sua resistenza morale fosse alquanto affievolita. Se gli fossi rimasto vicino, avrei potuto almeno... — Ormai è inutile, figliolo. A quest'ora, quel ch'è stato è stato, e noi non ci possiamo fare più nulla. Speriamo che sir Walter conservi la testa sulle spalle. — Speriamolo! Ma io mi preoccupo anche per Mary. Se quel pazzo torna alla carica e lo zio non ha la forza di resistergli, che cosa farà quella povera creatura? — Via, non pensiamo sempre al peggio! Appena arrivati telegraferemo per chiedere notizie; ma adesso mettiti tranquillo. L'urlo del vento e lo scrosciare della pioggia che si rovesciava a torrenti dal cielo tempestoso li distolsero alquanto dai loro tristi pensieri. — È una bufera terribile — osservò Mannering — speriamo che non giunga a far deragliare il treno. Non sarebbe la prima volta! — Penso ai poveri alberi del nostro parco — disse il giovane. — Domattina se ne troverò più d'uno abbattuto, e lo zio se ne dispiacerà... Mah! — soggiunse poi con un sorriso malinconico — è strano che uno, anche in mezzo alle sventure più gravi possa pensare a simili inezie! Forse è un bene: è un bisogno istintivo dell'anima di cercare un sollievo, di staccarsi per qualche istante dai crucci che l'assillano. — Sì, sì, speriamo di non trovare altri guai, domattina, al castello! Mi hai messo una pulce nell'orecchio che non mi lascia più pace. Dio mio, se dovesse succedere un'altra disgrazia... Ma no, non ci voglio pensare. Però quella camera non deve rimanere incustodita... — Vedrà che la polizia provvederà anche a questo; ora hanno anch'essi una vittima da vendicare... Però, se fra quelle pareti avvengono realmente certi fenomeni fisici capaci di dare la morte, io non credo che dodici persone vi possano sfuggire più facilmente di una sola. Che se poi quei fenomeni fossero di origine soprannaturale... allora... Mannering non rispose. Aveva levato di tasca un libricino e lo andava sfogliando lentamente. — Povero diavolo — disse — s'illudeva di poter agguantare l'enigma alla gola — come scrisse in questi suoi appunti che ora devo consegnare a Eden Phillpotts
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Scotland Yard ed è stato l'enigma invece che ha agguanto lui... — È stato colto alla sprovvista — continuò Lennox — stava forse pensando al miglior modo di condurre le indagini, mentre avrebbe dovuto stare all'erta, pronto alla lotta. Non si è reso conto dell'eccezionale gravità del pericolo... La lettura di quegli appunti rivelò una circostanza molto interessante. A Scotland Yard non s'ignorava che Hardcastle stava preparando un manuale sulla teoria e la pratica delle indagini poliziesche, e anche da parecchi altri suoi taccuini esaminati più tardi apparve chiaro come lui, nel corso delle sue molteplici esperienze, andasse via via accumulando dati e osservazioni, tutto un materiale destinato indubbiamente alla sua opera. Ora, dagli appunti presi durante la sua permanenza nella camera grigia, risultò evidente che, invece di occuparsi del caso del momento, si era abbandonato a meditare su altri problemi già risolti in passato, dilungandosi in considerazioni di natura soggettiva e generale. Eliminare, eliminare; questo è il segreto del successo! — diceva il libricino. — Tutte le facoltà dell'intelletto siano tese a eliminare quanto non ha la più stretta attinenza col problema in esame. Nove volte su dieci la soluzione è semplicissima, salta all'occhio da sé. Le lunghe riflessioni, le digressioni, le analisi troppo sottili portano confusione e complicano inutilmente le cose. Nei romanzi polizieschi, dove l'intreccio è pura invenzione e ogni circostanza è artificiosamente introdotta per solleticare la curiosità dei lettori, la verità non appare che dopo faticose ed elaborate indagini; ma nella vita reale bisogna afferrare il problema alla gola fin dal principio. Ogni passo falso, ogni tentativo mancato rappresentano un colpo di fortuna per il delinquente e uno scacco pericoloso per l'investigatore. Agire, per quanto è possibile, nel più stretto incognito; insinuarsi nel cuore del mistero come la serpe che striscia nell'ombra, ciò aumenterà senza dubbio le probabilità di successo. Ritengo necessaria una radicale riforma nei metodi della polizia ufficiale, allo scopo di proteggere nel modo più sicuro i rappresentanti della legge contro la curiosità malsana del pubblico. Essi devono sentirsi assolutamente liberi di agire...
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Qui s'interrompevano gli appunti del detective. In un altro foglietto si leggevano alcune sommarie note riguardanti il dramma della camera grigia e un rapido schizzo topografico del locale. Evidentemente, le considerazioni di natura generale avevano distratto Hardcastle dal problema contingente, e la morte l'aveva colto mentre stava fissando sulla carta le sue riflessioni.
7. Il fanatico Le preoccupazioni di Henry erano tutt'altro che fuor di luogo. Gli avvenimenti che si svolsero a Chadlands dopo la loro partenza furono tali da giustificare pienamente le sue inquietudini. La povera Mary, rimasta sola di fronte al vecchio prete fanatico — poiché il padre, scosso dalle ripetute emozioni, ne andava a poco a poco risentendo la nefasta influenza — si rese conto assai presto della terribile condizione in cui si trovava. A pranzo Septimus May annunziò senza indugi la propria risoluzione. — Grazie al cielo se ne sono andati tutti e due — esclamò. — La Provvidenza li ha chiamati altrove affinché io fossi libero di compiere il mio dovere senza opposizioni... — Ma papà non permetterà ami... — lo interruppe Mary. — Non è vero papà? — Lasciamo mangiare in pace — rispose il baronetto con malagrazia. — Non sono mica uno stupido, insomma; bisogna pur essere ragionevoli! Mi sono opposto finora al desiderio del reverendo May, ma gli ultimi eventi mi hanno convinto che aveva perfettamente ragione. L'ostinarsi a ricercare una causa fisica, naturale, è pura follia; io sono ormai del suo stesso parere. — Dio mio, papà; ma se gli succede qualcosa? Come puoi permettere che si esponga a un tale rischio? Anche supponendo, nella migliore delle ipotesi, che in quella camera si nasconda, come lui sostiene, uno spirito maligno, come potrebbe il reverendo sfuggire all'orribile sorte che è toccata al mio povero Tom e a quell'altro sventurato? — Ma essi erano inermi, figliola — intervenne il prete — e io invece sono armato! Raramente, purtroppo, la gioventù è protetta dall'usbergo della saggezza. Mio figlio era un galantuomo, un cuor d'oro, ma, disgraziatamente, non era affatto religioso. Ignorava anche l'incomparabile Eden Phillpotts
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potenza della fede cristiana. Hardcastle, poi!... Quello ostentava addirittura il più cinico, il più pagano dei ragionamenti... Le sue stesse parole hanno segnato la sua condanna. Ha ricevuto quanto si meritava. — Io so che il nostro caro è stato chiamato a un compito assai più alto e nobile di quello che lo teneva quaggiù... a una più pura conoscenza delle cose dell'anima — ribatté Mary — ma non posso credere che, se Iddio l'ha scelto per chiamarlo a sé, abbia avuto bisogno di manifestare la sua volontà in un modo che si direbbe quasi miracoloso. Poiché, a quanto lei dice, papà, qui si tratterebbe di un vero e proprio miracolo. Lei vede come io sopporti la mia sventura con animo forte e con spirito di religiosa rassegnazione; ma, pur convinta che fu Lui a togliercelo, non sono affatto persuasa che il Signore abbia voluto servirsi di mezzi soprannaturali. — E come puoi asserirlo? — fece suo padre. — Che ne sai tu? — Io non so nulla, papà; nessuno di noi sa nulla; per questo vi supplico di attendere almeno fino a che la scienza non abbia esaurito tutti i propri mezzi... — Non temere per me, figliola — rispose Septimus May. — Io mi sottopongo al cimento in condizioni ben diverse dagli altri. Tu ricorderai come Hardcastle avesse apertamente esclusa e dileggiata ogni possibilità di un pericolo di ordine soprannaturale. Pochi minuti prima di affrontarla, aveva sfidato la misteriosa potenza col suo contegno cinico e beffardo. Il nostro Tom, poveretto, è andato alla morte completamente ignaro e inerme. Ora l'anima sua è in pace... Per l'altro bisogna confidare nella misericordia divina. Io invece sono bene armato, figliola; la fede e la conoscenza del pericolo costituiscono una barriera insuperabile fra me e questo ente misterioso che mi dispongo a scacciare per sempre. Io sono un vecchio prete e so quel che faccio. Mary si rivolse ancora una volta in atto supplichevole a suo padre, ma questi distolse lo sguardo da lei. La fede imperterrita e la dogmatica sicurezza del pastore lo avevano ormai definitivamente soggiogato. La sua anima sconvolta trovava in quella risoluzione un appoggio sicuro a cui lui si aggrappava ciecamente, e le esortazioni angosciose della figlia non riuscivano che a rinforzare il nuovo orientamento del suo spirito. — Ti prego, Mary, non insistere — le disse severamente. — Le tue parole sono irriverenti per tuo suocero e per la religione stessa. Sorpresa e angosciata per l'immeritato rimprovero, la povera figliola chinò il capo in silenzio, mentre il suocero si abbandonava alle più Eden Phillpotts
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strampalate dimostrazioni a conforto della sua tesi. Lei vedeva ormai impossibile qualunque resistenza. Suo padre, suggestionato e travolto dall'esaltazione del vecchio invasato, aveva perduto completamente la testa, né si poteva più sperare di fargli intendere ragione. Il fanatismo insensato di Septimus May aveva agito sulla sua mente già turbata come una droga inebriante, e lui, pur serbando la consueta pacatezza di tono, esprimeva ora le stesse opinioni dell'altro. — Tu hai ben visto — riprese il baronetto rivolgendosi alla figlia — come ieri io fossi pienamente d'accordo con Henry e con Mannering nell'oppormi al desiderio di tuo suocero. Ma oggi ho lungamente meditato sugli avvenimenti di questi ultimi giorni e logicamente, serenamente sono venuto alla conclusione che il torto era dalla nostra parte. La morte dei due infelici non è stata certamente dovuta ad alcuna causa fisica. Tutti i medici di Londra potranno esaminare il cadavere di quel disgraziato Hardcastle, io sono certo che non vi troveranno la più piccola lesione. Dobbiamo quindi, necessariamente, ammettere che la loro vita sia stata spezzata da una forza ignota che sfugge alla nostra conoscenza. Se una causa naturale qualsiasi fosse esistita, la scienza l'avrebbe saputa scoprire; ma non c'era. La loro vita se n'è andata come se ne va l'acqua da un vaso rovesciato, senza che esso mostri perciò alcuna incrinatura. Ciò non rientra affatto nell'ordine naturale degli eventi umani; una creatura sana e integra non muore senza traumi o ferite, devi riconoscerlo anche tu, figliola mia, e mostrarti ragionevole. Anch'io, ripeto, sono stato dapprima contrario alle idee del reverendo May; poi la lunga meditazione mi ha reso perplesso, ora invece la mente mi s'è illuminata e la mia coscienza riposa finalmente nella certezza. Da questa stessa tranquillità, subentrata all'agitazione che mi torturava, io comprendo di essere pienamente nel vero. Poiché il reverendo May desidera passare la notte nella camera grigia, io gli devo riconoscere il pieno diritto a fare ciò che considera come un suo preciso dovere, e condivido la fede assoluta nel buon esito della sua missione. — Sei tu che manchi di fede, figlia mia — disse il prete con gravità. — Vorrai tu forse negare il fatto, confermato dal Vangelo, che il demonio è stato vinto tante volte nel nome del Signore? O forse è un'anima in pena, prigioniera da secoli in quella stanza per l'espiazione di peccati di cui nessuno serba ormai più il ricordo; forse il termine della sua condanna si avvicina ed essa si dibatte disperatamente nell'ansia della liberazione. Se Iddio onnipotente le concede la facoltà di attirare su di sé la nostra Eden Phillpotts
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attenzione, sia pure esercitando un'influenza letale su vite innocenti, ciò può significare che Egli, nella Sua infinita chiaroveggenza, abbia eletto proprio me, Suo umilissimo servo, a liberare quello spirito dolente dal carcere terreno. Io sono convinto di ciò come dell'esistenza di Dio. E lei, sir Walter, che ne dice? — Sono con lei, reverendo, mi ha pienamente persuaso. — Ascoltami Mary — rispose amorevolmente il pastore — voglio darti un esempio a conforto della mia tesi. Tu sai come avvenga talvolta che una cometa, staccandosi dagli spazi intrastellari che noi così poco conosciamo, attraversi il nostro sistema solare. La sua scia luminosa ci abbaglia nella notte per brevi ore, c'invita a mille calcoli, desta mille pronostici e poi scompare. Allo stesso modo può accadere che un'anima immortale resti avvinta alla terra per attimi o per secoli, finché non sia compiuta la volontà suprema cui obbedisce. Trascorso il termine del suo esilio, il Creatore consente a liberarla per inviarla al suo supremo destino, per l'eternità. Mary ascoltava, soggiogata suo malgrado dall'eloquenza e dalla sicurezza del vecchio. Comprendeva perfettamente l'assurdità dei suoi argomenti e l'orrendo pericolo cui l'avrebbe esposto la sua ostinazione; pure, di fronte all'irruenza delle sue parole, al fascino quasi magnetico della sua voce e del suo sguardo fiammeggiante, sentiva cedere in sé, a poco a poco, ogni prudente riserbo, ogni spirito di diffidenza; tuttavia, pur sentendosi stranamente scossa e quasi vinta, non poteva ancora superare un senso di profonda angoscia. — Per fortuna abbiamo un'intera notte per noi — disse il baronetto. — Domattina saranno qui i poliziotti e, nella loro ignoranza, si opporrebbero senza dubbio al suo proposito. Mary, esauriti tutti i propri argomenti di persuasione, invocò, disperata, l'aiuto di Masters. Il brav'uomo, dotato di un'intelligenza pronta e vivace, discretamente coltivata da letture varie, lasciato l'esercito in cui un tempo era stato sottufficiale, era ormai da tempo immemorabile alle dipendenze del baronetto al quale lo legava una sincera e profonda devozione. Per Mary poi, che aveva tenuta sulle ginocchia bambina, nutriva un affetto quasi paterno. — Masters, la prego, dica anche lei una parola a papà — supplicò la giovane quando lo vide entrare col caffè. — Sono sicura che anche lei la pensa a modo mio. Il maggiordomo, sempre riservato e rispettosissimo, guardò il padrone Eden Phillpotts
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con aria un po' esitante. — Dica, dica pure la sua opinione, Masters — lo incoraggiò il baronetto — sa bene che sento sempre volentieri il suo parere. Ha udito le nostre discussioni sulla questione della camera grigia e sono certo che le ragioni del reverendo avranno convinto anche lei. — Non tocca a me dare consigli a lor signori, tanto più che il reverendo la sa certamente assai più lunga di tutti noi. Mi permetto soltanto di rammentare loro un certo proverbio indiano che dice press'a poco così: "Se bussate troppo a lungo a una porta chiusa, sarà il diavolo che vi aprirà". Scusino il mio ardire, signori; ma gl'indiani sono sempre stati gente molto in gamba. — E con ciò? — saltò su il pastore irritato. — Chiunque sia per aprirmi la porta del mistero, io sarò pronto ad affrontarlo nel nome del Signore. — Se devo essere sincero con Sua Reverenza, le dirò che neppure io, dopo tutto, avrei paura; ma sono un misero peccatore e, lo confesso, non oserei affrontare da solo un pericolo che non conosco. Sarei invece dispostissimo a farlo insieme alla Reverenza Vostra. — Bravo, Masters, ciò le fa onore — approvò il baronetto. — Del resto io pure la penso così e ho l'intenzione appunto di far compagnia al reverendo May questa notte. Mary tremò tutta. Septimus May crollò il capo senza dir nulla. — Ma nessun altro in questa casa lo farebbe, sa — riprese il maggiordomo. — Nemmeno John che, non faccio per dire, è un uomo di fegato. Hanno tutti una paura matta della camera grigia e, se non fosse per i signori... non so come andrebbe. Anna intanto, la seconda cameriera, ha già tagliato la corda; suo padre è venuto stasera a prenderla con un pretesto qualunque. Ma si sa bene perché se n'è andata; e le altre faranno lo stesso. Vostra Signoria vorrà scusarmi se mi permetto di avvertirla; ma, poiché si offre l'occasione... So che Jenny le deve parlare domattina, a nome della cuoca e delle altre donne... — Isterismi! — borbottò sir Walter seccato. — Del resto, facciano pure quello che vogliono, io non intendo trattenere nessuno per forza. Chi vuole andarsene, se ne vada. Dopo tutto, comprendo anch'io che non hanno tutti i torti; ma riferisca in cucina quanto ha udito stasera, Masters, e spieghi loro che possono stare tranquilli e che non devono avere paura. Il reverendo May entrerà in quella camera per volontà del Signore. Dite a quella brava gente che preghino per lui. Eden Phillpotts
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— Però — riprese Abraham vincendo la propria esitazione — a me parrebbe che Sua Reverenza farebbe molto meglio ad aspettare l'esito dei tentativi che sta per fare la polizia... Se non riescono a trovar nulla, allora potrebbe provare anche lui; ma, che vuole, signor padrone, io ho letto tante storie di spiriti e ho sempre visto che meno si stuzzicano, meglio è. Non si sa mai... Alle volte fanno anche dar di volta il cervello, sa! Di là, la servitù non fa che parlarne e ho dovuto impormi a tenerli quieti, perché si esaltavano tutti fuor di misura; li vedesse, sembrano degli invasati! A ogni modo, spero che il Reverendo potrà esorcizzare a dovere quel fantasma del demonio e io intanto lo terrò d'occhio per fargli mettere giudizio, se mostrasse di avere cattive intenzioni. Mi par che questa sia la soluzione migliore e anche la più sicura. Dio liberi che dovesse capitare un'altra disgrazia! La morte del povero capitano — che Dio l'abbia in gloria — ha già messo sossopra mezza contea; e adesso anche quel povero detective se n'è andato... figuriamoci!... Domani saranno qui tutti i giornalisti e i fotografi e i ciarlatani d'Inghilterra! Chi li tiene, quelli là? — Insomma — proruppe il sacerdote, la cui pazienza evangelica se n'era andata da un pezzo — non ne parliamo più. Non voglio nessuno con me, né voi né sir Walter. Non è impresa, la mia, da compiersi in società. — Ma che cosa dovrebbe accadere, secondo lei? — chiese Mary. — Spera forse di vederlo, questo essere misterioso, e di costringerlo a dirle perché ha ucciso il nostro Tom? — E non ti pare che sarebbe già molto? — osservò il baronetto. — Ma per questo non c'è mica bisogno di essere un santo! — azzardò sommessamente Abraham Masters. — È inutile ora discutere su ciò che potrà o non potrà avvenire in quella camera. Quando avrò visto, vi dirò tutto. Allontanate intanto dal vostro spirito ogni malsana curiosità di penetrare i misteri di un mondo ultraterreno; io non penso che al dovere che mi aspetta. Nel sibilo del vento che infuria intorno al castello odo la voce di lassù che m'impone di affrontare senza indugio la prova, e non chiedo altro. Forse nessuna rivelazione mi verrà fatta, forse nessun vantaggio risulterà da questa mia impresa; ma non importa. Io so che questo è il mio preciso dovere e lo adempierò senza esitare. E non pensate ch'io mi trovi solo; la mano di Dio mi guiderà e mi sorreggerà nella grande prova. Informate pure la servitù del mio proposito e dite a tutti di pregare per il successo della mia impresa. Ma non si Eden Phillpotts
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aspettino da me straordinarie rivelazioni; non è detto ch'io debba avere alcunché da rivelare. Forse, mentre fuori si scatena l'uragano, io passerò, in quella stanza, una notte tranquilla in preghiera... forse anche potrò trovarmi di fronte a un essere sovrumano quale mai fu dato incontrare ad alcun mortale. Nessuno può conoscere i disegni del Signore... — La sua fede è veramente meravigliosa — esclamò il baronetto pieno d'entusiasmo — e scuoterebbe anche i più increduli! Ma non ha il minimo dubbio, non sente la minima esitazione in fondo al cuore? — Nulla! Soltanto un prepotente desiderio di obbedire alla volontà che mi sospinge. Devo riconoscere che la sua opposizione potrà sembrare a molti giusta e anche doverosa. Se nutrissi il più piccolo timore, la più piccola incertezza, non insisterei; poiché anche la minima esitazione potrebbe essermi fatale e l'ignoto spirito, sempre vigile, potrebbe prevalersene a mio danno, ma io sono sicuro del mio dovere come lo sono della salvezza eterna ch'è riservata alle anime dei giusti. Le mie preghiere ardenti e devote libereranno l'anima in pena che si aggira disperata fra le pareti di quella stanza, e lo spirito del mio adorato figliolo mi sarà al fianco per aiutarmi. Che mi gioverebbe avere con me una creatura vivente, per quanto armata delle migliori intenzioni, mentre avrò lui al mio fianco? Via, non temete; andate tutti a riposare tranquilli e, se volete comunque fare qualcosa per me, prima di coricarvi raccoglietevi un istante in ginocchio e alzate al cielo una fervida preghiera in mio favore. Altro non vi chiedo. Masters, tornato in cucina, magnificò alla servitù riunita l'atteggiamento ispirato del sacerdote. — Lo vedeste! Gli splendono gli occhi, parla come un santo! Non ho mai inteso predicare così bene neanche dal pulpito! Io dico che, se si affacciasse alla finestra e comandasse alla pioggia e al vento di arrestarsi, anche loro gli obbedirebbero. La signorina mi ha pregato di aiutarla a fargli intendere ragione, ma chi ce la fa con quell'uomo di ferro? Neanche gli spiriti, ve lo dico io! Dapprincipio non ci credevo... neanche il padrone, del resto, ma adesso, cari miei, è convinto, convintissimo! E, se ci crede lui che è un signore, perché non ci dovremmo credere anche noi? Per conto mio, sono pronto a scommettere anche un biglietto da mille, se volete, che quello là riesce a metter fuori combattimento il fantasma senza lasciarsi toccare un dito. Io m'ero offerto di passar la notte con lui, e anche sir Walter ci voleva andare; macché! Nemmeno parlarne... ho creduto che ci Eden Phillpotts
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volesse mangiare! Non chiede altro che le nostre preghiere. Si contenta di poco, non vi pare? Per gente che ha timore di Dio, come noi, recitare qualche orazione in più non è poi un gran sacrificio... Tuttavia, malgrado il bel discorsetto del bravo Masters, quella sera nessuno andò a letto tranquillo, e tutti tardarono a prendere sonno. Sir Walter si sentiva provato nel corpo e nello spirito; ma sua figlia lo indusse a prendere un po' di bromuro, e ciò lo fece dormire profondamente fino al mattino. Non lo destò l'infuriare violento della bufera, né lo scroscio lontano di alcuni alberi che l'impetuoso libeccio aveva sradicato. Prima di ritirarsi, tutti gli abitanti del castello, padroni e servi, scortarono il reverendo May fino alla camera grigia. Egli precedeva la piccola processione vestito dei paramenti sacerdotali. Si fermarono tutti davanti all'uscio spalancato della stanza incriminata. La lampada elettrica, ch'era rimasta accesa, la illuminava gaiamente; ma di fuori la tempesta infuriava, urtando alle imposte con tonfi paurosi. Il prete rifiutò la candela e il campanello che gli avevano offerto e prima d'entrare si segnò; quindi si volse a salutare tutti con la mano. — Buona notte, amici miei. Confidate nel Signore! — furon le ultime sue parole. Poi chiuse la porta e si udì immediatamente la sua voce sonora alzarsi in tono d'invocazione. L'ascoltarono tutti per qualche minuto in silenzio. La preghiera continuava tranquilla e solenne; allora sir Walter, sebbene non fossero che le dieci, ordinò a Masters di spegnere le lampade e di mandare tutti a riposare. Quando tutto fu silenzio nella grande casa buia, il maggiordomo sentì affievolirsi l'ardore che fino a quel punto la fede contagiosa del prete gli aveva tenuto desto nell'anima, e un brivido di paura gli serpeggiò per le vene. Al coraggioso ottimismo di poco prima subentrarono le più nere previsioni. Se un'altra esistenza avesse dovuto essere sacrificata al mistero di quella camera maledetta — e stavolta col pieno ed entusiastico consenso del padrone di casa — quali terribili conseguenze ne sarebbero derivate per il castellano di Chadlands? Egli avrebbe autorizzato in tal modo un vero suicidio! Chi mai avrebbe potuto credere all'ostinata convinzione del vecchio prete, alla suggestione che le sue parole infiammate avevano esercitato su tutti coloro che l'ascoltavano? Lui stesso l'aveva udito con le proprie orecchie e lo poteva ben affermare, ma gli estranei? Chi avrebbe prestato fede alla sua testimonianza? Il pover'uomo si preoccupava ora più per il suo padrone che per Septimus May, e continuava a rivoltarsi nel letto Eden Phillpotts
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senza trovar pace. Finalmente si alzò e accese la pipa, senza sapersi decidere su cosa fare. Avrebbe voluto uscire dalla camera, tentare qualcosa... ma che cosa? Anche Mary vegliava in angoscia. Non s'era lasciata mai convincere; nemmeno per un attimo aveva approvato in cuor suo la folle decisione del suocero; ma ora più che mai si andava colmando di rimproveri per non avergli saputo opporre una resistenza più ferma e più efficace. Le venivano in mente certi argomenti che avrebbe potuto invocare... certe obiezioni da sollevare... ma ormai era troppo tardi! Nell'angustia che le serrava il cuore, il suo stesso dolore le sembrò più cocente e disperato, e col volto nascosto nel cuscino pianse lungamente, rivivendo col pensiero il dolce passato, la felicità perduta per sempre. Poi si rimproverò di abbandonarsi così ai propri sterili rimpianti mentre il padre del suo Tom stava sfidando un così tremendo pericolo, e alzò al cielo un'ardente preghiera per la sua salvezza... perché quella notte angosciosa terminasse presto. La bufera infuriava più violenta che mai e mille voci paurose e sinistre risuonavano nelle tenebre. Mary non poté più reggere, scese dal letto, infilò la veste da camera e aprì cautamente la porta. Un lungo brivido la scosse e le gambe le tremarono. Avrebbe voluto spingersi fino alla porta della camera grigia per origliare, ma il corridoio scuro e silenzioso le incuteva una strana paura. Le tornò in mente un certo viaggio per mare in una notte di tempesta, e si rivide distesa nella stretta cuccetta ad ascoltare col cuore stretto l'urto rabbioso delle onde infuriate contro i fianchi della piccola nave. Ricordò il singolare conforto che le veniva dal suono grave dell'orologio di bordo che batteva le ore. Infine si mosse, risoluta a sapere qualcosa ad ogni costo. Il vento continuava a urlare fra gli alberi del parco, si gettava in raffiche violente contro la casa scuotendone le imposte, scrollandone le porte, sibilando dalle fessure, mentre torrenti di pioggia scrosciavano sui tetti di lavagna e flagellavano le vecchie mura come scariche di mitraglia. Mary procedeva cauta per il corridoio, reggendosi con la mano a una parete. A un tratto, le parve di udire un fruscio, come di un passo felpato che si avvicinasse. Un'ombra si avanzava lentamente dalla camera grigia. Si fermò a pochi passi da lei; i due si scrutarono nel buio senza osare di fiatare. Infine Mary domandò: — Chi è là? Le rispose la voce di Masters. Eden Phillpotts
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— Oh, santo Iddio! È lei, signora? Mi perdoni, non sapevo... — Che cosa fa qui, Abraham? — Quello che fa lei, signora. Sono andato a origliare alla porta per accertarmi che il reverendo stia bene. E mi pare di sì. Di sotto la porta si vede la luce e lo si sente recitare in fretta in fretta le orazioni. Sembra una macchina a vapore! Le confesso, però, signora, che non ero troppo tranquillo sul suo conto; ma ora sono sicuro che tutto andrà benone. Come vuol mai che uno spirito possa far del male a un sant'uomo che sta pregando il Signore? E se non l'ha toccato finora, non lo tocca più! — Crede proprio, Masters? — Eh, si capisce! Se si fosse trattato d'un nemico materiale, nemmeno le preghiere ci avrebbero potuto far nulla e ormai lui sarebbe bell'e spacciato, come gli altri due; non le pare? Quel povero diavolo di poliziotto in meno d'un'ora era già servito... Il reverendo sta lì dentro già da quasi quattr'ore e io dico che ormai non c'è più alcun pericolo. Si metta il cuore in pace, signora; il reverendo se l'è mangiato in un boccone, lo spirito maligno, come un gatto avrebbe fatto con un topolino!... — Ma crede davvero che non ci sia più pericolo per mio suocero? — Diamine, signora; certo che lo credo! E che bellezza, poter dire domani: "È finita, finalmente; a Chadlands non ci sono più spiriti!". Sarà un bel trionfo per lui! Lo dovrebbero fare vescovo di colpo, lo dovrebbero... Ma quelli della polizia non ci crederanno mica, sa! Non ho mai conosciuto un poliziotto che credesse agli spiriti... eccetto quel Bob Parrett, poveraccio, che diceva di sentirli ogni notte... e poi s'è accorto ch'erano i topi! No, no; costoro sosterranno che abbiamo un assassino in casa, vedrà... Be', signora, ora lei dovrebbe tornarsene a letto, mettersi un po' tranquilla a cercare di dormire. Che, Dio liberi, non avesse a buscarsi un raffreddore ad andar girando per la casa, in una nottataccia come questa! Anch'io, se permette, me ne vado a cuccia e, se non mi addormento fra un paio d'ore torno a dare un'occhiatina da queste parti. Alquanto rassicurata, Mary se ne tornò nella sua stanza. Di fuori, la tempesta infuriava sempre più violenta e, nei brevi istanti di tregua, tra una raffica e l'altra, dal fondo del corridoio scuro echeggiava, continua e monotona, la voce orante nella camera grigia. Quando, verso l'aurora, essa tacque improvvisamente, l'uragano era quasi cessato e gli ultimi nuvoloni, cacciati dal vento, si sbandavano per il cielo impallidito. Eden Phillpotts
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8. L'arrivo dei quattro La violenza dell'uragano non aveva impedito a sir Walter di dormire tranquillamente tutta la notte; ma quando John, ligio all'ordine ricevuto, alle sei precise spalancò le finestre della sua camera e il mattino limpido e terso come un cristallo entrò nella stanza quasi lavato dall'acqua della notte, la sua prima domanda fu: — Sa nulla del reverendo May? — Masters fa chiedere appunto a Sua Signoria se dobbiamo chiamarlo. — Se è tornato nella sua stanza lasciatelo tranquillo. Ma se è ancora nella camera grigia, andate immediatamente a chiedergli notizie. — In camera sua non c'è, signore. — Allora andate subito a vedere. John esitava. — È... signore... che nessuno di noi ha il coraggio di avvicinarsi a quella porta. — Papà, mio suocero è ancora nella camera grigia — disse in quel punto Mary dal corridoio con voce rotta dall'ansia. — Vengo subito io, aspettami un momento. Balzò dal letto, si vestì in fretta alla meglio e la raggiunse. Mary era pallidissima e tremava tutta. — Fino alle due tutto doveva andar bene — balbettò lei. — M'ero alzata per origliare alla sua porta; anzi ho trovato anche Masters nel corridoio... Abbiamo udito la sua voce calma e chiara che pregava, pregava... Davanti alla porta della camera grigia trovarono Masters, bianco come un panno lavato. — L'ho chiamato, ma non risponde. C'è un silenzio di tomba lì dentro... — bisbigliò asciugandosi la fronte madida. — È andato anche lui!... Lo so... lo sento! È andato anche lui!... — Ma no! Sarà uscito in giardino a prendere un po' d'aria — disse il baronetto, e con una spinta risoluta spalancò la porta. La luce giallastra della lampada ancora accesa contrastava col pallido chiarore del primo mattino autunnale. Sul tavolino, sotto la lampada, stava aperta la Bibbia, a una delle epistole di San Paolo; poco distante si vedeva sul pavimento un mucchio informe di vesti nere e bianche. Era Septimus May. Morto. Era caduto un po' di fianco e il capo era posato su uno Eden Phillpotts
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sgabello, come per dormire. La stola e la sottana erano alquanto scomposte, ma il suo volto appariva placido e sereno. Una gran pace era diffusa su quei lineamenti, poche ore prima tanto agitati da un'ardente passione. Il pastore sembrava ringiovanito di vent'anni. Nella stanza tutto era in perfetto ordine; non era stata mossa neppure una sedia. Ma lui era morto; il suo cuore non batteva più, le estremità erano già fredde. Anche questa volta la morte era giunta inattesa, subdolamente, e — a giudicare dalle apparenze — senz'alcuna sofferenza. Masters chiamò John in aiuto. I due uomini sollevarono con precauzione il misero corpo e lo portarono nella sua camera. In un attimo la tragica notizia si diffuse per tutta la casa; la servitù, presa da un terrore folle, voleva abbandonare su due piedi il castello. Mary lasciò il padre con Masters e scese a tentare di mettere un po' di calma. Seppe infatti trovare le parole adatte a rassicurare quelle anime sgomente, spiegando loro come la nuova sciagura, per quanto orribile, fosse una prova che i loro terrori erano assolutamente infondati. — Uno spirito maligno — osservò lei — non avrebbe avuto alcun potere sul reverendo May, poiché lui era un santo. State quindi tranquilli e non temete nulla. Non si può trattare di spiriti né di demoni; nessuna potenza soprannaturale avrebbe potuto colpire un ministro di Dio immerso in preghiera. La sua stessa morte ci prova che il nemico nascosto in quella camera è d'ordine naturale; quindi non può toccare chi se ne tenga lontano. Fra un paio d'ore saranno qui gli agenti di polizia inviati espressamente da Londra, e potete star sicuri che la verità salterà fuori. Nessuno di voi si allontani dal castello prima del loro arrivo; chiunque tentasse di farlo verrebbe subito ricondotto fra due agenti. Siate ragionevoli; fate colazione e disponetevi al solito lavoro. Questa nuova disgrazia ha sconvolto terribilmente mio padre, e sarebbe una cattiveria da parte vostra abbandonarlo proprio in questo momento. L'accento grave e suadente della giovane e le sue parole rassicuranti, cui si aggiunsero poche frasi convinte della vecchia Jenny, riuscirono facilmente a calmare quegli spiriti turbati. Ognuno tornò alle proprie occupazioni e Mary risalì un po' meno affranta a confortare il baronetto. Un servo era stato spedito subito in cerca di un medico; ma, in assenza di Mannering, bisognava spingersi fino a Newton Abbot. Mary rinnovò con Masters le sue considerazioni tranquillizzanti e lo pregò di confermarle presso gli altri domestici. Eden Phillpotts
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— Dio la benedica, signora! — esclamò il buon uomo. — È una gran fortuna per noi che almeno lei sappia conservare la testa a posto! Del resto, credo che abbia proprio ragione; e lo dica anche al suo babbo, poveretto; non vede in quale stato s'è ridotto? Tenti lei di fargli prendere un sorso di whisky; quello gli farà bene! Guardi, lo metto qui. E che finisca di vestirsi, che non dovesse prender freddo! Il baronetto, abbandonato in una poltrona, con lo sguardo fisso nel vuoto, non aveva più pronunciato una parola. Mary dimenticò per lui ogni precauzione personale; la necessità di agire prontamente, di pensare a tante cose urgenti, impediva alla sua mente di perdersi in quel terribile caos d'impressioni e di sentimenti. Sentiva che appunto quella necessità di occuparsi degli altri la salvava dalla follia. Gli stessi argomenti che le eran serviti così bene a tranquillizzare i nervi, persuasero abbastanza facilmente anche il baronetto, pur senza procurargli alcun sollievo. La disfatta di Septimus May, che aveva pagato la propria ostinazione con la vita, aveva colpito in pieno tutte le sue nuove convinzioni; egli vedeva crollare in sé ogni illusione, e la sua stessa fede in Dio e negli uomini ne era profondamente scossa. — Oh, perché mi sono lasciato travolgere dalla sue parole? — esclamò desolato. — Perché non sono rimasto saldo nel mio rifiuto? Ma mi aveva così completamente conquistato... Ma dunque, se non si tratta di spiriti, vuol dire che è un essere vivente... uno scellerato nascosto in casa mia; forse uno che mi conosce, che io conosco e di cui mi sono sempre fidato — poiché io non ho mai diffidato di quelli che mi stanno intorno! — Ora tutti se la prenderanno con me, mi biasimeranno per aver permesso il sacrificio di un'altra vita! E avranno ragione! Dio mio! Chissà quanti affanni ancora per questo fatale errore! E me li sarò meritati... nessuna punizione sarà mai pari alla vergogna e all'orrore che io provo di me stesso! — Papà, papà, non dire queste cose! Non puoi, non devi pensarle; nessuno può farti un rimprovero. Quell'infelice, col suo ardore e col suo entusiasmo avrebbe trascinato chiunque... E poi, chi ci assicura che non avesse anche ragione? Che la sua morte improvvisa, senza sofferenze e senz'angoscia, non sia stata per lui un dono di Dio, come lui era persuaso fosse avvenuto per il nostro Tom? Ora è in pace, insieme al suo adorato figliolo, mentre a noi restano le preoccupazioni e il compito di scoprire la vera causa di queste orribili tragedie. Chi mai ti potrebbe biasimare, se tu Eden Phillpotts
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hai agito soltanto nella speranza di raggiungere uno scopo sacrosanto? Ora la polizia si metterà all'opera; chissà se riusciranno?... — Sì, essi scopriranno la verità... non è possibile che non ci riescano. Una causa ci dev'essere ed essi la sapranno trovare; snideranno l'assassino dal suo nascondiglio... e rideranno poi di me che ho prestato fede a un visionario, a un pazzo! Perché quell'uomo era pazzo, Mary, ed è riuscito a far impazzire anche me! — Veramente, papà, lui è sempre stato molto bizzarro; anche il mio Tom lo diceva. Ed era talmente infatuato dalle sue strane idee che finiva per tirarsi dietro anche gli altri. Io stessa rischiavo quasi di subire il suo fascino... — Ma io avrei dovuto tener duro, non lasciarmi sopraffare, e aiutarti a resistere; invece... — Adesso lui è felice col suo Tom, papà. Conosce finalmente la verità; che gl'importa di quello che pensano i vivi? — E chi può sapere chi è vivo e chi è morto? — mormorò il baronetto. Nell'egoismo del proprio struggimento dimenticava perfino le precauzioni di Mannering per nascondere a Mary l'ipotesi affacciata dalla polizia circa la possibilità di una morte apparente del detective. — Se loro avevano ragione, quell'Hardcastle potrebb'essere ora vivo e sano come prima... — Papà, che cosa dici? — esclamò la giovane afferrandogli un braccio. — Dico che a Scotland Yard non hanno voluto credere che il detective fosse morto davvero e hanno desiderato che Mannering lo portasse a Londra per tentare di farlo riavere. Non sarebbe poi la prima volta! S'è parlato spesso di catalessi, di casi di morte apparente che traggono in inganno anche i medici. E quanti non sono stati sepolti vivi? Laggiù conosceranno forse i mezzi per richiamarlo in vita. E mentre noi, qui, ci disperiamo, forse quel pover'uomo non è morto e, a saper come fare, lo si potrebbe ancora salvare... — Ma allora!... — gridò Mary fissandogli in volto lo sguardo atterrito. E non proseguì; ma lui comprese subito tutto il male che le sue parole incaute le avevano fatto. — Dio mio, no, Mary; no, per carità, non pensare questo! No, è una follia! Ah, la mia povera testa! Per amore del cielo, figliola, non ci pensare!... Nessuno l'ha mai creduto un momento solo; neppure Mannering, neppure Henry. Uno è medico, l'altro ha fatto la guerra; ne hanno visti di morti! No, Mary cara, la presenza della morte la si sente nel Eden Phillpotts
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cuore; il cuore non s'inganna; l'ho provato io! Mary si riprese con uno sforzo meraviglioso e, accarezzando il capo canuto del padre, riuscì a rispondergli con voce abbastanza tranquilla: — Mettiti tranquillo, papà, cercherò di non pensarci più... Ma se Hardcastle è vivo, sento che impazzirò. — Non è vivo, cara. Mannering ne è più che sicuro. — Eppure hanno affacciata questa possibilità! Se non è morto Hardcastle, allora non è morto nemmeno mio suocero. — Ma ciò è assurdo, grottesco, orribile! Peggio che la morte stessa! Non ci pensare, figliola mia, non ci pensare. Sarebbe una cosa spaventosa! — Dio mio! Quante angosce ci attendono ancora prima che si possa chiarire questo atroce mistero! No, papà, non temere; sarò forte, non impazzirò; ma bisogna che lo sappia subito; oggi stesso! Sento che non potrei vivere ancora un giorno in questo dubbio orrendo. Benché affranta, disperata, la povera Mary seppe ancora blandire con le parole più affettuose la disperazione di suo padre e riuscì a fargli ritrovare una calma relativa. Aspettava ora con l'anima tesa qualche notizia da Londra sulla sorte di Hardcastle. La vita di Septimus May era sospesa a quel filo. Il suo Tom era perduto ineluttabilmente e l'esistenza le si mostrava adesso tanto amara e difficile che — anche potendolo — non avrebbe forse voluto ridestare il suo diletto dal sonno eterno. Lui era felice, ora, in quel mondo migliore in cui lei credeva fermamente. Ma il medico di Newton Abbot non ebbe alcuna esitazione. Era amico del dottor Mannering e il giorno prima aveva appreso da lui l'opinione di Scotland Yard circa una possibile morte apparente del detective; pure, nel caso presente, escludeva in modo assoluto qualsiasi dubbio. — Con cinquant'anni di esperienza professionale al mio attivo, posso ben parlare con una certa sicurezza — disse il vecchio dottore. — Non ho visto le altre vittime della camera grigia, ma quest'uomo è morto, com'è vero Dio! Tutti i sintomi sono già manifesti chiaramente. Anche queste macchioline sulla pelle, chi le ha mai viste in un vivo? A Londra si sono basati certamente su un fatto recente riportato da una rivista medica tedesca; una cosa veramente straordinaria. Una donna, avvelenata con la morfina, venne trovata, in aperta campagna, dopo una intera notte, morta... almeno in apparenza. Scomparso ogni riflesso, cessata la respirazione, il cuore non batteva più. Però, mancando certi altri sintomi, il medico volle tentare le iniezioni di canfora e di caffeina, la respirazione artificiale Eden Phillpotts
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eccetera. Dopo un'ora la donna respirava, dopo ventiquattr'ore aveva ripreso conoscenza. Era salva, sissignori! Il fenomeno è stato spiegato col fatto che il veleno, agendo sull'organismo lentamente col freddo della notte, ne aveva paralizzato temporaneamente i centri vasomotori, mettendolo in uno stato di letargo simile a quello in cui rimangono certi animali per tutto l'inverno; condizione particolare dell'organismo che riduce i bisogni fisici al minimo. La polizia avrà certamente considerato questo fatto e, sperando che si trattasse di un caso analogo, avrà voluto tentare l'impossibile per salvare un'esistenza tanto preziosa. Il medico stava già per andarsene quando arrivarono gl'inviati di Scotland Yard. Erano quattro funzionari ben noti nel mondo della polizia e venivano a Chadlands risoluti a chiarire a qualunque costo il mistero ch'era costato la vita al loro illustre collega. La sconfitta di Peter Hardcastle aveva destato grande interesse in tutto il Regno Unito; ora la curiosità sempre ingorda del pubblico si sarebbe appuntata su di loro e ciò ne stimolava l'amor proprio rendendoli pronti a sfidare qualunque evenienza. L'ispettore Frith, il più anziano dei quattro, che pareva avere sugli altri autorità di capo — bell'uomo dai capelli brizzolati, con una simpatica faccia onesta e gioviale — ascoltò con la massima attenzione e deferenza il racconto particolareggiato di sir Walter intorno ai tragici recenti avvenimenti. Lo stato di febbrile sovreccitazione del baronetto commosse notevolmente il funzionario che non mancò di usare verso di lui i modi più discreti e cortesi. Né lui né i suoi colleghi avevano mai nutrito soverchie illusioni sulla sorte di Peter Hardcastle; ma davanti alla salma di Septimus May qualunque loro dubbio scomparve. La presenza di quei quattro funzionari calmi ed energici dette a sir Walter un immediato sollievo, permettendogli di esporre loro i fatti con ordine e chiarezza. Dopo tutto quello che aveva passato, la prova attuale gli sembrava ben facile cosa. Riconobbe spontaneamente l'enorme sbaglio commesso col cedere al fascino del fanatico pastore e deplorò amaramente la propria debolezza. Sua unica giustificazione era la completa buona fede, la convinzione assoluta che il reverendo May gli aveva inculcato sull'origine sovrumana dei fatali avvenimenti. — Purtroppo, quest'ultima disgrazia ha distrutto tutte le mie convinzioni; la causa di tante sciagure non può essere che di ordine naturale. Io confido nella perizia di lor signori e non dubito che sapranno squarciare il velo di Eden Phillpotts
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questo terribile mistero e smascherare finalmente il colpevole. — Speriamo, sir Walter — rispose l'ispettore con un rispettoso inchino. — Chi mai avrebbe potuto mettere in dubbio la sua assoluta buona fede? Si comprende facilmente lo stato d'animo particolare in cui Vostra Signoria doveva trovarsi e che spiega pienamente il suo atteggiamento verso il reverendo May. Tuttavia mi permetta una domanda: chi è stato il primo ad accorgersi che il nostro disgraziato collega era morto nella camera grigia? — Mio nipote Henry Lennox. — E, se ben ricordo, fu lui anche a dare l'allarme per la morte del capitano... — Precisamente. Egli fu l'ultimo a parlargli da vivo e il primo che lo vide dopo la disgrazia. — E dov'è questo signore? Come mai non si fa vedere? — È andato a Londra col dottor Mannering per accompagnarvi la salma del povero Hardcastle. Ma sarà di ritorno in giornata. — E perché non è rimasto al castello? — Il dottore ha sollecitato la sua compagnia. — Sta bene. Le pare di non aver dimenticato nessun particolare importante? — Sì, volevo dirle un'altra cosa: il signor Hardcastle, col quale ebbi un lungo colloquio, manifestò l'opinione che la morte di mio genero non fosse effettivamente dovuta a una causa inerente alla stanza stessa, ma a un qualche agente esterno; tanto che mostrò di non interessarsi gran che della camera e disse di voler concentrare le sue indagini sui precedenti, sulle abitudini del nostro caro scomparso, sulle persone che avevano avuto con lui più o meno intimi rapporti. Però io direi che la stessa sua fine e quella altrettanto pietosa del reverendo May non dovrebbero lasciarci più alcun dubbio. — È evidente, i fatti sono abbastanza significativi — convenne l'ispettore. — Comunque, ne riparleremo dopo più matura riflessione e dopo un accuratissimo esame del locale. Naturalmente — al pari del nostro collega — noi escludiamo nel modo più assoluto qualsiasi possibilità di un intervento soprannaturale. Contrariamente però all'opinione da lui espressa, io sarei del parere di attribuire l'origine di tutti questi eventi dolorosi alla stanza in questione o a qualcuno che possa celarsi in essa. Noi concentreremo quindi la nostra attenzione sulla camera nefasta e ho Eden Phillpotts
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ragione di ritenere che le nostre ricerche saranno coronate da piena vittoria. Vedo già due vie aperte davanti a me per giungere alla soluzione; se avrò la fortuna di azzeccare subito quella giusta, spero di arrivare in porto abbastanza presto. — E — se è lecito — quali sarebbero queste vie? — domandò sir Walter, ma Frith non intendeva sbottonarsi così sui due piedi. — Ne riparleremo a tempo opportuno, caro signore; per ora, mi permetta di mantenere un certo riserbo. Lei comprende senza dubbio la necessità in cui ci troviamo di operare con la massima prudenza e discrezione. — Lei ha tutte le ragioni, signor ispettore. Del resto, io stesso potrei essere il responsabile di tutte queste disgrazie; lei ha pieno diritto di guardarsi da chiunque. Se posso tuttavia giovarle in qualche modo, disponga liberamente di me e dei miei. Voglia il cielo che le sue indagini non portino alla scoperta di un malfattore proprio in casa mia! — Lo spero anch'io, sir Walter; ed è per questo che le parlavo di due possibili soluzioni. Adesso che siamo al corrente degli avvenimenti ne potrò discutere meglio con i miei colleghi e insieme decideremo quale via sia opportuno seguire per prima. Io ritengo però che tra di noi non prevarrà l'ipotesi del delitto. Ora, se ce lo permette, vorremmo ripulirci un poco; poi le chiederemo di condurci a vedere questa famosa camera grigia. Masters accompagnò i quattro funzionari alle loro stanze situate all'estremità del grande corridoio, quasi di fronte alla camera fatale. Essi ridiscesero quasi subito e trascorsero l'intera mattinata a passeggiare in giardino discutendo calorosamente. Come l'ispettore aveva previsto, l'ipotesi dell'assassinio sarebbe stata senz'altro messa fuori questione, se uno dei quattro — il più autorevole dopo Frith e forse animato contro di lui da una certa rivalità professionale — non avesse insistito sulla tesi del delitto. Costui anzi coltivava in proposito certe opinioni tutte sue particolari, che però non intendeva comunicare ai colleghi. Questo suo dissenso costituiva, naturalmente, un punto debole nella compagine dei quattro, che avrebbero invece dovuto agire in perfetto accordo e comunione di vedute. Il dissenziente si diceva convinto che non una forza bruta e inconscia, ma una volontà perversa e perfettamente consapevole fosse stata la causa di tutto, e questa ipotesi comportava un piano d'azione ben diverso da quello proposto dall'ispettore. Taceva però la sua intima persuasione che l'assassino fosse un pazzo. La lunga esperienza professionale e più ancora certe letture, gli avevano provato come esistano, Eden Phillpotts
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talvolta, casi stranissimi di pazzi cosiddetti lucidi, che riescono perfettamente a dissimularsi, fino a un dato punto, e sanno intanto preparare nell'ombra i più efferati delitti. Poteva darsi che il demente si nascondesse fra gli abitanti stessi del castello e, trovandosi forse in possesso di qualche misteriosa droga o di altro mezzo subdolo e potente, mosso dall'insana smania di fare qualche cosa di eccezionale, sopprimesse le vittime designate una dopo l'altra. Con quest'idea fissa, il poliziotto dissenziente andava elaborando un piano per proprio conto, sperando di serbare soltanto per sé il merito della scoperta. In un punto però si trovavano tutti e quattro d'accordo: nella consapevolezza del pericolo che imponeva loro di procedere cautamente sia all'interno della camera grigia che all'esterno di essa. Un telegramma da Scotland Yard giunto a mezzogiorno eliminò completamente ogni dubbio sulla sorte del disgraziato Hardcastle, del quale gli esperti londinesi non avevano potuto che constatare la morte. Sir Walter, pur rimproverandosi il proprio egoismo, provò un immenso sollievo a tale notizia e si affrettò a comunicarla a Mary. — Aveva moglie, figli, quel disgraziato? — domandò all'ispettore. — No, era celibe e viveva con la madre, la quale gestisce tuttora un piccolo negozio di merceria. Povero Hardcastle; era un uomo di grande valore! Nel pomeriggio "i quattro" — così ormai li chiamavano al castello — iniziarono i loro lavori. Esaminata dapprima con minuziosa cura la camera grigia, ne tolsero tutti i mobili, i quadri e ogni altro oggetto che trasportarono nel corridoio, rifiutando qualsiasi aiuto e vietando a tutti di assistere alle loro operazioni. Ogni centimetro quadrato del pavimento, delle pareti e del soffitto fu sottoposto a rigoroso esame, picchiato, scrutato; il camino fu scandagliato fino al tetto, esplorati i muri esterni per mezzo di scale. La camera accanto — era quella dove Mary dormiva da bambina — fu pure frugata palmo a palmo per accertarsi che non vi esistessero vie di comunicazione con la stanza vicina. Nulla fu trovato. I muri solidissimi e sapientemente costruiti, avevano uno spessore eccezionale e non rivelarono alcunché di anormale. La camera, essendo d'angolo, aveva due muri maestri in ciascuno dei quali si apriva una finestra. La tappezzeria a grandi rose pallide fu staccata quasi completamente e il tappeto rimosso mostrò il pavimento in legno polveroso ma senza un'intaccatura. Sollevatene alcune assi, non si scoprì Eden Phillpotts
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altro che la mummia disseccata di un misero topolino, morto forse da tempo immemorabile. Era quasi buio quanto Henry e Mannering ritornarono da Londra, e i quattro stavano già rimettendo in ordine la camera dove contavano di trascorrere la notte tutti insieme. Ogni singolo oggetto fu passato a ripassato da tutte le parti, prima di venire ricollocato a posto; poi tutto fu rimesso nello stato di prima, il tappeto inchiodato nuovamente sul pavimento, i vecchi quadri, i soprammobili, tutto riprese il proprio posto senz'avere svelato la più piccola singolarità. Diffidenti, ma sicuri che, quali ne fossero l'origine e la potenza, l'oscura insidia non avrebbe potuto colpirli alla sprovvista e contemporaneamente, si prepararono alla veglia. L'idea d'una possibile influenza soprannaturale non aveva mai sfiorato le loro menti aperte e sperimentate ai problemi più oscuri e complessi e, pur non aspettandosi da quella prova alcuna interessante rivelazione, nessuno dubitava del trionfo finale. Bisognava anzitutto assicurarsi che l'insidia misteriosa non fosse capace di nuocere a parecchie persone insieme premunite e pronte a ogni evento; nella giornata seguente avrebbero dato inizio a indagini di altro genere e su più larga scala. Sir Walter li volle a pranzo con sé insieme a Henry e al dottor Mannering. Masters e John servivano a tavola. Il medico riferì i risultati dell'autopsia del detective cui aveva assistito la mattina stessa a Londra, dopo che tutti i mezzi tentati per rianimarlo s'erano mostrati vani. Le analisi chimiche e microscopiche non avevano rivelato la più piccola anormalità, nulla insomma che anche lontanamente potesse giustificarne la morte. Al solito, dunque, il più profondo mistero avvolgeva quella fine improvvisa. Al pari degli altri due, Hardcastle era morto per sincope; ma nessuno era in grado di precisarne la causa determinante. I quattro funzionari non perdettero una sillaba del resoconto. Henry notò come tutti si astenessero completamente dal bere e dal fumare. Alle nove, appena alzati da tavola, chiesero di ritirarsi nella camera grigia e pregarono d'esservi lasciati tranquilli fino al mattino. I padroni di casa non ebbero nulla da obiettare, ma il dottore non poté star zitto. — Signori miei, perdonino se oso esprimere un parere che nessuno mi chiede — cominciò — ma, in coscienza, non posso rinunciare a un tentativo che potrebbe salvare la vita a tutti loro. Io non conosco le loro opinioni, ma suppongo che avranno considerato anche la possibilità che la causa di quanto è avvenuto qui ultimamente non si debba cercare Eden Phillpotts
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precisamente nel locale incriminato, ma in qualche fattore esterno. Al punto cui siamo giunti, mi sembra ben chiaro che l'insidia — quale essa sia — è assolutamente priva di un movente logico; perché dunque offrire all'ignoto nemico una nuova opportunità di nuocere? Non è raro il caso — e loro me lo insegnano — che tali misfatti, compiuti senz'altro incentivo del male per il male, siano opera di pazzi, e noi non possiamo escludere a priori che in questa stessa casa, magari fra la servitù, esista insospettato un qualche maniaco criminale. Li esorto quindi caldamente a rimandare a domani le loro indagini. Il più anziano dei quattro, sentendo enunciare impensatamente la propria teoria, prestò particolare attenzione, vivamente interessato, non senza, tuttavia, una certa stizza all'udir rivelare da un estraneo ciò che lui riteneva un suo segreto personale ed esclusivo. Ma l'ispettore Frith non gli lasciò il tempo d'interloquire. — Non si preoccupi, dottore — rispose pacatamente. — Noi ci accingiamo alla prova ben premuniti contro qualsiasi evenienza e con tutte le precauzioni possibili contro ogni eventuale sorpresa d'ordine materiale; insidie d'altra natura non ne ammettiamo, naturalmente. Stia dunque tranquillo che, preparati come siamo, nulla di male ci potrà capitare. Se qualcuno di noi quattro desiderasse all'ultimo momento esimersi dall'impresa, è perfettamente libero di farlo; ma noi non siamo soliti indietreggiare di fronte al pericolo e ciascuno di noi, del resto, ha avuto occasione di trovarsi altre volte, per la sua stessa professione, in circostanze ben più rischiose di questa. Convengo pienamente con lei sull'opportunità di cercare anche al di fuori della camera stessa la causa di questi fatti incomprensibili; ma di ciò riparleremo domani. Perdoni se non mi spiego più chiaramente, ma l'azione improvvisa fa parte della nostra tecnica professionale; non è quindi il caso di anticipare confidenze circa i nostri piani. — E se domattina vi trovassimo tutti morti? — ribatté il dottore col suo fare un po' brusco. — E va bene, tanto peggio per noi, così la soddisfazione di spiegare l'enigma sarà riservata a qualcun altro. — Dunque, secondo lei, signor Frith, tutti noi qui del castello saremmo suscettibili di sospetto, non è vero? — Precisamente, sir Walter. È appunto ciò che dicevo oggi a quegl'insopportabili giornalisti che mi stavano intorno come le mosche. La Eden Phillpotts
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stampa è il nostro peggior nemico. Coi loro pettegolezzi, con le loro indiscrezioni, i giornalisti possono ben vantarsi di aver sottratto alla giustizia più di un malfattore! A proposito, le sarò grato se vorrà dare ordini precisi affinché essi vengano tenuti lontani dal castello. Gente che non bada a nulla pur di pescar notizie, vere o false non importa, ma sempre buone per speculare sulle curiosità dei lettori! Evidentemente l'ispettore Frith doveva avere qualche fatto personale contro i poveri giornalisti. Rimase dunque convenuto che nessuno si sarebbe avvicinato alla camera grigia senza esservi chiamato; e i quattro si ritirarono augurando a tutti la buona notte. Mannering, rimasto in sala col baronetto ed Henry, non poté nascondere la propria inquietudine; gli altri invece si mostrarono abbastanza tranquilli e fiduciosi. Henry, stanco per il viaggio e per la nottata trascorsa in bianco, si coricò di buon ora e si addormentò immediatamente; invece sir Walter, che la siesta del pomeriggio aveva notevolmente ristorato, espresse il proposito di vegliare la salma del reverendo May, nella biblioteca trasformata in camera ardente. — Anche Mary desiderava vegliare con me — disse. — È l'ultimo tributo di affettuoso rispetto che ci è dato offrire a quel sant'uomo. Domani avrà luogo l'inchiesta; poi lo si trasporterà nella sua parrocchia. — Eppure... — borbottò il dottore tentennando il capo — a casa mia, questo si chiamerebbe un suicidio bello e buono.
9. La veglia dei quattro Il dottor Mannering era rimasto al castello ma, salito nella camera preparata per lui, non riusciva a trovar pace. Il pensiero dei quattro poliziotti rinchiusi nella stanza fatale non lo preoccupava gran che; in fin dei conti, quello era il loro mestiere; se non avevano voluto dargli retta, tanto peggio per loro. Ciò che lo crucciava era piuttosto la veglia del baronetto e di Mary nella camera ardente. Nelle loro condizioni di spirito attuali, una notte insonne in compagnia di un morto non era certamente la cosa più indicata. Verso mezzanotte, non potendo più reggere all'inquietudine che lo agitava, il brav'uomo scese in punta di piedi e, socchiudendo pian piano la porta della biblioteca, li scorse entrambi seduti Eden Phillpotts
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tranquillamente l'uno vicino all'altra, immersi nella lettura della Bibbia. All'estremità opposta dell'ampia sala, blandamente illuminato dalla luna, davanti alla grande finestra spalancata, Septimus May riposava nella calma solenne della morte. Ai suoi piedi, in antichi vasi di Murano, olezzavano grandi fasci di fiori di serra. Sir Walter alzò gli occhi sorpreso. — Ancora alzato, dottore? — disse a bassa voce. — Vada a letto, diamine; se no finirà per ammalarsi! Oggi è stata per lei una giornata campale e domani dovrà ricominciare... se non riesce a dormire, almeno si riposi; sarà sempre meglio che andare in giro! — Ma come vuole che possa riposare con quei quattro pazzi che stanno giocandosi la pelle lassù? Mi aspetto da un momento all'altro d'essere chiamato. — Abbia pazienza, caro amico, bisogna lasciarli fare. Immagino che abbiano la testa sulle spalle, non sono mica dei ragazzi. Per conto mio le confesso che il saperli qui in casa mi dà un sollievo grandissimo. L'avere rimesso in mani sicure ogni responsabilità in questa terribile vicenda mi dà quel medesimo senso di tranquillità e di riposo che già avevo provato quando venne il povero Hardcastle. Purtroppo, però, quella volta è durato ben poco! Adesso mi sento preparato perfino a sopportare con una certa tranquillità l'inevitabile scalpore dei giornali e il severo giudizio del pubblico. Se ho sbagliato a seguire le idee di quel pover'uomo che dorme là, vorranno pur riconoscermi, spero, la più assoluta buona fede... — Non si preoccupi di questo, sir Walter; nessuno ha il diritto di giudicarla e tanto meno di attribuirle delle responsabilità. Chi potrebbe farle una colpa di aver subito la suggestione di quel fanatico? Chiunque vi sarebbe incappato; e poi, a certe tendenze dell'anima non si comanda e, quando la mente brancola nel buio, nulla sembra più ragionevole che il rifugiarsi nell'idea del soprannaturale. Certo, nessuno più di me deplora che lei sia stato indotto ad assecondare quel pover'uomo nelle sue idee balzane, ma non ammetto che si possa fargliene una colpa. D'altra parte, se succederà qualcosa a quei testardi, lassù, ciò non sarà che un argomento di più a sua giustificazione. Sir Walter depose il libro che teneva in mano e guardò il medico con occhi meravigliati. — Ma, dottore, adesso è lei che si converte! Dov'è andato a finire tutto il suo scetticismo? E io, vede, ora sono perfettamente convinto che non vi possa essere una causa di ordine non materiale. Eden Phillpotts
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— E perché? — Perché, nel caso di una eventuale malefica influenza di natura ultraterrena, Septimus May sarebbe stato indubbiamente immune. Se invece, come dicevate stasera a tavola, sotto questo tetto si nasconde uno squilibrato, un maniaco, il quale possieda un'arma sconosciuta e terribile, il povero May si sarebbe trovato esposto come qualunque altro alle sue insidie. — Ma chi mai potrebbe essere costui, sir Walter? Le persone di servizio sono qui da molti anni, e voi altri le conoscete tutte benissimo; io stesso le ho sempre sott'occhio. Nessuna di esse ha mai dato il più piccolo segno di squilibrio mentale... — No, mai — affermò il baronetto. — Ma qualcuno di loro è stato in guerra — osservò Mary che non aveva ancora aperto bocca. — E so che le ferite alla testa e certi traumi psichici possono lasciare serie conseguenze, anche se la guarigione sembri perfetta; non è vero, dottore? — È vero, purtroppo; sembrano guariti, tornano a casa, e poi, un bel giorno, ti commettono un grosso proposito e si scopre che qualche rotella non funziona. Eh, sì; s'è visto più d'una volta... Anche qui nei dintorni abbiamo avuto alcuni casi del genere. Nulla di grave, però. Ma, ch'io sappia, fra la servitù del castello non c'è che John che abbia fatto la guerra e, se ben ricordo, ha ricevuto anche una ferita al capo... — John? — fece il baronetto. — Macché! Quello ha la testa a posto più di me! — Lo so, lo so! Dicevo... così, per dire; ma non ci penso nemmeno. Tuttavia bisognerà adattarsi a qualunque sorta di esperimenti che quei signori lassù crederanno opportuno d'inscenare... e, se non uomini, qualche donna nervosa e un po' isterica la troveranno certamente qui in casa... specie dopo gli spaventi dei giorni scorsi. Ma che ci sia qualcuno al castello capace di simili orrori... manco per sogno! — No, no, per carità; ma pensi, dottore, alla vita ordinata, patriarcale della mia famiglia... e proprio a noi doveva capitare una catastrofe come questa!... — Domattina, finalmente, sapremo qualche cosa — disse Mary. — Sarà, ma io ci conto assai poco — sospirò il dottore. — A ogni modo, le pratiche giudiziarie dovranno avere il loro corso e, quando quei signori, se campano, avranno messo sottosopra tutto il castello... facendo magari Eden Phillpotts
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un buco nell'acqua, prevedo che ci chiameranno tutti a Londra come testimoni. — Ebbene, andremo; sarà poco male — rispose sir Walter con molta pacatezza. — Io conto anzi di mettermi a completa disposizione dell'autorità giudiziaria e non lascerò l'Inghilterra senza la sua formale autorizzazione. Nessuno deve porre in dubbio il mio fermo proposito di fare la luce in questo tenebroso affare. — E perciò, caro amico, è necessario che non sperperi le sue forze in fatiche inutili. Dia retta al suo vecchio dottore, vada a letto e insista perché Mary faccia altrettanto. Purtroppo, questa vostra pietosa veglia non può recare alcun vantaggio al povero May, ma invece un considerevole pregiudizio alla vostra salute, già tanto scossa dalle recenti prove. La mezzanotte è suonata da un pezzo; la prego, sir Walter, si ritiri e mandi a riposare anche quella povera figliola. Ma il vecchio rifiutò decisamente. — Ben pochi dormiranno, stanotte, in questa casa — disse. — Tutti gli animi sono tesi nell'ansia del misterioso domani. Mi lasci stare qui, Mannering; la muta presenza della morte mi dà una gran pace e quasi una sensazione di riposo. Tu, piuttosto, figlia mia, va a coricarti; te ne prego e te l'ordino; sii ragionevole e obbedisci a tuo padre, come facevi sempre quand'eri bambina. E Mary cedette senza replicare alla preghiera del padre. La presenza al castello dei quattro detective infondeva in lei pure una grande tranquillità. Non aveva mai ammesso alcun intervento soprannaturale nella morte del suo caro e ora attendeva fiduciosa l'esito del nuovo esperimento. Mannering l'accompagnò fino alla scala e la ragazza salì alla propria camera, rassicurata dalla promessa di lui di non abbandonare il baronetto. Rimasto solo, il dottore accese la pipa. Un profondo silenzio regnava nella grande casa. Il medico passeggiò in lungo e in largo per l'atrio vastissimo, immerso in angosciosi pensieri. Poi, quasi inconsciamente, s'avviò per lo scalone inoltrandosi nel corridoio in direzione della camera grigia. Aveva completamente dimenticato l'ingiunzione dell'ispettore che nessuno vi si accostasse durante la notte; non si ricordava nemmeno, in quel momento, che quelli fossero al mondo ma camminava macchinalmente come un sonnambulo. Una figura indecisa si disegnò nella penombra del corridoio e il raggio d'una lampadina elettrica lo abbagliò d'improvviso. Era uno dei quattro che Eden Phillpotts
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faceva la guardia davanti alla porta della camera grigia. — Chi va là? — chiese l'ombra. — Amici. Al suono delle loro voci, la porta si spalancò e una strana visione apparve sulla soglia illuminata. Era una specie di mostro con una testa enorme, due grandi occhi scintillanti e una breve proboscide nerastra. Dietro ad esso se ne vedevano altri due simili. Il dottore comprese subito; i detective s'erano muniti di cappucci e di maschere antigas che li facevano somigliare a fantastici demoni. L'ispettore lo redarguì piuttosto aspramente. — Che cosa viene a fare lei qui? Non le ho detto che nessuno ci deve disturbare? Ora la dovremo perquisire e domani poi ne riparleremo. L'ottimo Mannering, mortificatissimo, si lasciò frugare docilmente. — Santo cielo, che idiota! — continuava a ripetere. — Me n'ero proprio scordato!... — Ma capiva benissimo che non gli credevano. "E va bene", pensò, "sta a vedere che adesso diranno che sono io l'assassino." Ridiscese mogio mogio, sperando di trovare il baronetto addormentato nella sua poltrona; ma questi invece era ben desto e, saputa la cosa, lo canzonò bonariamente per la sua avventura. Conversarono alquanto a bassa voce facendo qualche disegno per l'avvenire. Sir Walter pensava di condurre, appena possibile, Mary in Italia; forse a Firenze. Quanto alla camera grigia, se il mistero non fosse stato chiarito, aveva deciso di sigillarne porta, finestre e camino e lasciarla a disposizione dell'autorità giudiziaria. In seguito l'avrebbe poi fatta murare e felice notte!... — Questo continuo brancolare nel buio mi opprime e mi snerva — sospirò — ma la fede entusiastica di questo sant'uomo ha lasciato in me una traccia indelebile. Ho molto pregato in queste ore di angoscia e pregherò ancora. Dio mi ha già in parte esaudito dandomi la pazienza e la calma che mi sono necessarie. Ora sento di poter affrontare anche ciò che mi ispirava un insopportabile orrore: la pubblicità; vedere il mio nome trascinato sui giornali, la mia casa, la mia vita in pasto alla curiosità sempre malevola del pubblico. È una pena terribile; ma saprò portare con serenità il mio fardello. — Sono lieto di sentirla parlare così, sir Walter; quest'atteggiamento del suo spirito non può che agevolare il compito anche agli altri. Tuttavia, se devo essere proprio sincero, non sono affatto tranquillo per quei quattro Eden Phillpotts
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signori lassù. Se avessero dato retta a me, non si sarebbero esposti a quel rischio. Hanno voluto fare di testa propria e se la sbrighino; ma con tutte le loro maschere e gli elmi e le armi che hanno indosso, se si troveranno di fronte a una forza cieca, sorda e irresponsabile... che cosa potrà valere per loro l'essere quattro piuttosto che uno solo? — E daccapo! Ma, caro dottore, adesso è lei che si monta la testa! Via, stia tranquillo e vada a dormire. Infine neppure lei è di ferro e dev'essere stanco morto. Li lasci fare e vedrà che se la caveranno. — Non ho sonno — rispose Mannering — piuttosto mi sentirei di mangiare qualche cosetta. — In sala da pranzo troverà quel che desidera; ho dato ordine a Masters di tenere pronti cibi e bevande nel caso che quei signori volessero fare uno spuntino. — Devo portare qualcosa anche a lei? Un po' di Bordeaux con due biscotti? Le farebbe bene. — No, grazie, non ho bisogno di nulla. Il dottore andò a rifocillarsi, poi, per non lasciarsi vincere dal sonno, riprese a passeggiare su e giù per l'atrio. Dalla porta socchiusa della biblioteca gli giunse un lieve russare. Il baronetto s'era addormentato. Il brav'uomo sorrise e seguitò il suo andirivieni, risoluto a non coricarsi prima di giorno. La pendola del salone batté le tre. Egli uscì sul terrazzo; l'aria era mite e ferma. Una pallida falce di luna illuminava blandamente il cielo, percorso da grandi nuvole scure annunciatrici di nuova pioggia. Larghi fasci di luce, uscendo dalle due finestre della camera grigia, tagliavano crudamente le tenebre. Rientrando in casa, il dottore udì, su nel corridoio, uno scalpiccio e un suono di voci smorzate. Stavano certamente cambiando la guardia; dunque tutto procedeva bene. Si adagiò in una poltrona nella sala del biliardo e vi rimase a sonnecchiare fino all'alba. Allo scoccare delle sei, giudicando la notte ormai terminata, si recò da sir Walter. Lo trovò sveglio, immerso in tranquilla meditazione, in attesa del sole. — Ho passato una notte di grande pace — affermò. — Le anime dei miei poveri morti m'hanno tenuto compagnia. E lassù va tutto bene? — Non ho osato informarmene, sarà meglio che lo faccia lei stesso, ma, per carità, non s'avvicini troppo! Del resto, mi pare che ormai la notte si possa dire finita. — Oh, sì; a quest'ora la servitù è già tutta in moto. Lei rimanga qui, Eden Phillpotts
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però, mentre io salgo a chiedere notizie. — Non faccia chiamare Mary per nessun motivo, sa! — gli raccomandò il medico. — E anche lei, appena possibile, vada a letto per qualche ora. — Ma ho dormicchiato un po' anche qui. Non sono stanco. Giunto al sommo della scala, il baronetto gridò: — Signori, come andiamo? — ma nessuno rispose. Avvicinatosi di qualche passo, ripeté la domanda. Allora dalle tenebre del corridoio emerse l'ispettore Frith. Aveva il volto scoperto; girò un interruttore e tutto il corridoio apparve in piena luce. — E così, è accaduto nulla? — Nulla, signor Lennox. Non s'è mossa una foglia in tutta la notte. — Ah, Dio mio, vi ringrazio! — esclamò il vecchio con un profondo respiro. — Sebbene la nostra ispezione di ieri, minutissima ne escludesse quasi la possibilità, noi, tuttavia, avevamo idea che si trattasse di qualche gas deleterio del genere di quelli tanto usati nell'ultima guerra. Lei sa bene come, fra tutti i mezzi di distruzione, i gas siano stati il più crudele e il più sicuro. Perciò ci eravamo muniti di maschere ultimo modello; però nessuna emissione di gas dev'essere avvenuta, perché il topolino e l'uccelletto che avevamo portati con noi nelle loro gabbie sono ancora vispi e allegri come prima. L'aria della camera era dunque pura e innocua. Nel frattempo, anche gli altri tre erano usciti nel corridoio e s'erano tolta la maschera. La luce sbiadita dell'alba autunnale li mostrava pallidi e stanchi, ma incolumi. Il baronetto si congratulò con loro per lo scampato pericolo e li invitò a scendere a rifocillarsi. La buona novella si diffuse rapidamente per il castello e la servitù accorse a constatare quello che per tutti costituiva ormai un vero miracolo. Per la seconda volta i giurati dichiararono che la vittima era stata colpita "dalla mano di Dio". La salma del pastore fu trasportata alla sua parrocchia e il baronetto ne seguì con Mary il modesto funerale. Al castello, intanto, i quattro poliziotti continuavano sistematicamente le loro ricerche. Tutti gli abitanti di Chadlands furono interrogati, e le loro camere perquisite; si fecero indagini sulla vita privata di ciascuno di essi e di tutti gli ospiti presenti al castello la notte della morte di Thomas. Il passato, gli amici, le abitudini del defunto capitano furono oggetto di assidue ricerche; nulla risultò che avesse valore d'un indizio. Tra gli ospiti Eden Phillpotts
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di sir Walter nessuno aveva mai avuto alcun rapporto con Thomas May prima di venire al castello, all'infuori di Ernest Travers e di sua moglie, che l'avevano conosciuto il giorno delle nozze con Mary. Quanto al personale di servizio, erano tutte brave persone, oneste, affezionate ai padroni e si esprimevano con tanta semplicità che ogni sospetto a loro riguardo sarebbe stata la più assurda ingiustizia. Fra i castellani e i dipendenti di Chadlands vigeva ancora il regime patriarcale d'altri tempi, basato sulla più incondizionata devozione da un lato e la più benevole e fattiva protezione dall'altro. Henry e il dottor Mannering poi, anch'essi in certo qual modo sospetti, l'uno per il suo antico amore per la cugina e per essere stato l'ultimo a vedere Thomas quella sera e il primo a dare l'allarme della sua morte, l'altro per la sua intempestiva incursione notturna nel corridoio proibito, non trovarono alcuna difficoltà a dimostrare luminosamente la loro netta e precisa posizione al riguardo. I funzionari di Scotland Yard non sapevano più che pesci pigliare. Già era trascorso un mese dal loro arrivo al castello ed essi avevano rovistato ogni angolo, scrutato ogni coscienza senza che un solo raggio di luce avesse accennato a diradare le tenebre del mistero. Finalmente, esaurita ogni possibile indagine, dovettero riconoscersi completamente sconfitti e, compilato un minuzioso resoconto di tutte le esperienze tentate, ripartirono per Londra con la coda fra le gambe, come tanti cani bastonati. Scotland Yard inviò allora una piccola commissione di alti funzionari a controllare il lavoro dei "quattro". Essi interrogarono con molta deferenza il castellano, sua figlia, Henry e il dottor Mannering, ma in conclusione non poterono che confermare in tutto e per tutto il rapporto dei detective e riconoscere la loro buona volontà. Così il tragico enigma che aveva, per tante settimane, tenuta in orgasmo la curiosità di mezzo mondo, andò perdendo a poco a poco ogni interesse per il pubblico. Nuovi problemi di maggiore attualità, nuovi avvenimenti importanti attirarono l'attenzione della stampa e finalmente un bel giorno sir Walter poté aprire il giornale senza incontrarvi il nome di Chadlands. E fu quella per lui un'immensa consolazione. Vennero comunque ancora al castello altri esperti che ne scandagliarono ogni pietra, ogni buco, ogni angolo più riposto. Vennero, col permesso dell'autorità, i più appassionati cultori di spiritismo e di scienze occulte e si trattennero — non mai da soli, s'intende — di giorno e di notte nella camera grigia, ma nessun fenomeno fuori dell'ordinario venne più segnalato. Eden Phillpotts
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E giunse anche il giorno in cui sir Walter fu autorizzato a lasciare l'Inghilterra, a condizione però che alla camera nefasta venissero apposti i sigilli e l'accesso ne fosse reso impossibile a chiunque. Il baronetto fece sbarrare porta e finestre con robuste travi, proponendosi di prendere, al suo ritorno, provvedimenti più definitivi. Tra la servitù si riparlava talvolta delle tragiche vicende del castello, ma gli animi erano ormai rasserenati e nessuno pensava più ad andarsene. Il baronetto avrebbe giurato, però, che durante la sua assenza nessuno avrebbe messo piede nel grande corridoio del primo piano.
10. Il signor Virgilio Mannetti Sistemata ogni cosa al castello, ristabilite la tranquillità e la sicurezza fra la servitù, libero finalmente di pensare anche a se stesso, sir Walter partì con Mary per l'Italia. Conducendo la figliola in mezzo a tante meraviglie della natura e dell'arte, in un paese in cui nulla le avrebbe parlato delle sue sventure, il baronetto sperava di ridestare in lei l'amore alla vita, di ricondurre quel povero cuore straziato, se non proprio alla felicità — ciò che egli riteneva impossibile per molto tempo — almeno a un certo stato di pace e di serenità. Per sé non chiedeva nulla, non desiderava altro che di vedere rifiorire finalmente il sorriso sulle pallide labbra della sua Mary. S'erano attardati, quella sera, nel piazzale Michelangelo, ad ammirare Firenze adagiata ai loro piedi, simile a una città di sogno, tutta avvolta in una nuvola d'oro. Il tramonto spandeva un incanto sottile sulle case e sui giardini, sulle torri baciate dall'ultimo raggio del sole morente, tingendo di rosa la nebbia leggera che saliva dall'Arno e ne segnava il corso sinuoso. Sir Walter pensava con intima gioia al prossimo arrivo dei suoi amici Travers, e anche Mary se ne rallegrava per lui. All'infuori delle lunghe passeggiate che solevano fare insieme, il baronetto, poco sensibile alle meraviglie dell'arte, lasciava che la figlia vagabondasse da sola per le vie e per i musei, beato di constatare la preziosa influenza che la musica e la pittura mostravano avere sul suo spirito tormentato. La superficialità degli studi compiuti rendeva a Mary assai difficile il condurre con metodo le sue peregrinazioni nel campo dell'arte, e lei ne fu, sul principio, un po' affaticata; tuttavia non si lasciò scoraggiare da quella prima stanchezza e persistette nel proposito di vedere ogni cosa, di aprire la propria mente a Eden Phillpotts
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ogni forma di bellezza. La musica le blandiva i nervi e dava alla sua anima un godimento più immediato e una pace più profonda, per cui in un primo tempo la preferì alla pittura. Immersa nell'onda armoniosa poteva rivivere senza troppo strazio il suo breve romanzo d'amore, traendone una dolcezza nuova e consolante. Nelle lunghe ore di solitudine, mentre Mary cercava con risoluta perseveranza di riattaccarsi alla vita, interessandosi a quanto di più nobile e bello essa poteva ancora offrirle, sir Walter andava rivangando senza tregua il ricordo dei terribili giorni di Chadlands, torturandosi il cervello nella vana ricerca di una spiegazione. La sua mentalità semplice e onesta rifuggiva per istinto da tutto ciò che non fosse limpido e naturale, e l'idea che la sua casa dovesse rimanere per sempre sotto l'incubo di un mistero impenetrabile gli dava uno sgomento, un'angoscia intollerabili, rendendogli quasi increscioso il pensiero d'un prossimo ritorno al castello. Tuttavia, con l'avanzare della primavera, il desiderio di ritrovarsi nell'ambiente domestico in mezzo ai suoi fedeli, la nostalgia delle care, antiche abitudini e degli agi della sua casa si facevano a volte così vivi e pungenti da prevalere nel suo cuore a ogni altra aspirazione. Poi, i tristi ricordi riprendevano il sopravvento e con essi la ripugnanza per il ritorno. Ma in quell'ora di perfetta serenità, davanti al radioso tramonto fiorentino, Mary, che aveva sempre sorvegliato e compreso lo stato d'animo del padre, si dichiarò pronta, quando lui lo desiderasse, a ritornare in Inghilterra. — C'è tempo, cara, c'è tempo — rispose il baronetto sorridendo. — Io sono troppo vecchio, ormai, per istruirmi, ma mi pare che tu, invece, profitti largamente di tutte le belle cose che ci stanno intorno e sarebbe un vero peccato, interrompere, senza alcuna necessità, questo soggiorno che sembra giovare tanto alla tua salute e al tuo spirito. — Oh, sì, papà, è tutto un mondo che mi si schiude dinanzi, un mondo di cose belle e nobili, che hanno acceso una nuova luce nella mia anima straziata e mi aiutano a sopportare con relativa serenità la mia immensa sventura. Non so per quale intima ragione, ma quando ascolto la bella musica italiana, quando contemplo i capolavori di questi meravigliosi artisti del Rinascimento, mi pare quasi di essere più vicina al mio Tom. Gli autori di tutti questi prodigi sono morti da secoli, eppure sopravvivono nelle loro opere per il conforto di tante anime dolenti. Anche il mio caro Eden Phillpotts
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rivive nel suo capolavoro: l'amore infinito che seppe destare in me; e nel godimento profondo che la musica e la pittura danno all'anima mia mi pare quasi di sentirmi accanto, e più vivo che mai, il mio adorato scomparso. — Comprendo, cara. E quali altre belle cose hai visto oggi? — le domandò il padre commesso. — Oh, papà. Ho passato tutta la mattinata a palazzo Pitti per rivedere la pala di Fra Bartolomeo e il ritratto del cardinale Ippolito de' Medici del Tiziano. Vorrei che tu lo vedessi, papà; un giovane di ventitré anni, con un'espressione di così profonda infelicità sul viso emaciato! Si direbbe che quei suoi strani occhi pieni d'angoscia avessero già la visione della tragica fine che l'attendeva. E il Concerto... del Giorgione, con quell'espressione ispirata e ardente nel viso scarno del suonatore di clavicembalo! E Andrea del Sarto, così nobile e delicato!... Ma domani devi venirci anche tu, papà; ti voglio proprio mostrare almeno le opere più importanti. Vedrai che non sarò poi un cicerone troppo noioso e pedante... La mia ignoranza mi salva, fortunatamente, dalla pedanteria. Infatti, la mattina dopo il baronetto seguì docilmente la figliola fra i capolavori dell'arte italiana, applicandosi con la migliore volontà del mondo a partecipare al suo entusiasmo. Mentre Mary si perdeva nella contemplazione di uno dei suoi quadri prediletti, sir Walter si fermò alquanto a guardare un ritratto e l'occhio gli cadde, per caso, sullo stemma, già sbiadito e offuscato dal tempo, che era inciso sulla cornice: una testa di toro dorata in campo rosso. Gli parve di riconoscere in quell'emblema qualcosa di familiare; ma non riuscì a ricordare dove potesse averlo visto, né Mary, interrogata, seppe illuminarlo. Quella testa di toro in campo rosso non le diceva proprio nulla. E il piccolo incidente fu subito dimenticato. Non potevano certo prevedere, in quel momento, l'importanza che avrebbe assunto più tardi ai loro occhi lo stemma inciso su quella cornice. Fedele alla promessa, Ernest Travers li raggiunse a Firenze con la moglie, e per sir Walter la compagnie di quelle ottime persone, un po' pretensiose e pedanti ma pur così vicine a lui per carattere e per aspirazioni, fu di grande conforto. Mary, al contrario, tutta presa dalla nuova luce che le ardeva nell'anima, li trovò più noiosi e opprimenti del solito. Tuttavia le lunghe scorribande per le belle strade dell'Appennino toscano nella possente automobile dei coniugi Travers le procurarono un godimento nuovo. Dopo un paio di settimane di quel delizioso soggiorno Eden Phillpotts
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fiorentino, i Travers ripartirono per il nord, intendendo visitare la Francia, e i Lennox li seguirono fino a Milano, da dove contavano poi di proseguire per il lago di Como. Senonché, tra le lettere dall'Inghilterra che attendevano il baronetto, una specialmente lo decise a rompere gli indugi e a ripartire subito per Chadlands. Chi scriveva era un signore di Roma, il quale, per una strana combinazione, s'era recato espressamente in Inghilterra per conferire con sir Walter, proprio mentre questi si trovava in Italia, a poche ore di treno da casa sua, e ora stava attendendo a Londra il suo ritorno. Costui si esprimeva in termini alquanto oscuri e reticenti, ma non nascondeva che lo scopo del suo viaggio erano alcune importanti rivelazioni che intendeva fargli intorno alla famosa questione della camera grigia. Sir Walter avrebbe desiderato sinceramente prolungare il loro soggiorno in Italia, non fosse che per il notevole giovamento ch'esso recava a Mary, ma fu lei stessa a insistere per un'immediata partenza. — Non potrei più interessarmi a nulla, papà, sapendo che a casa ci attende forse la tanto sospirata rivelazione. Purtroppo, quel ch'è stato è stato e non si può rimediare a nulla; ma almeno conoscere la causa di tante sventure!... Mi sembra che questo ci recherebbe un indicibile sollievo! — Ma Henry, che ci doveva raggiungere a Menaggio? — Credi, papà, che anche lui sarebbe felice di vedere chiarito quel terribile mistero. Del resto non sarebbe partito che fra qualche giorno; abbiamo tutto il tempo di avvertirlo. — Oh, figlia mia, fosse vero che codesto sconosciuto avesse la chiave dell'enigma! Ormai io non vivo più che per questo. Ma ti confesso che non ho troppa fede in costui. Parla di delitti, e questa parola mi fa tremare. Dio non voglia che le sue rivelazioni — seppur ce ne farà — non siano fonte di nuovi affanni per noi!... — Su, coraggio, papà! Qualunque sia la rivelazione che ci attende, dobbiamo affrontarla con animo fiducioso e sereno. Tutto sarà meno penoso della nostra angosciosa certezza; e se una causa c'è — e ci dev'essere — sarà meglio conoscerla... — A giudicare dal suo modo di trattare, lo si direbbe un gentiluomo; si esprime in modo assai delicato e riguardoso. E dal suo stile un po' antiquato lo direi piuttosto avanti con gli anni. Padre e figlia rilessero più volte la lettera dell'italiano, scritta in termini Eden Phillpotts
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di perfetta cortesia e distinzione, con qualche sprazzo, qua e là, di acuto umorismo latino che però sfuggì completamente ai due anglosassoni. Claridge Hotel, Londra, 9 Aprile Chiarissimo signore, Al pari di ogni altro, ho seguito sui giornali, con vivo interesse e profonda commozione, le dolorose e straordinarie vicende svoltesi nel Suo castello di Chadlands nel Devonshire. La stampa italiana riportò i fatti senza troppi particolari, ma la mia familiarità con la lingua inglese mi permise di apprenderli più diffusamente dalle colonne del Times. Avevo appunto deciso di scriverle in proposito, quando il caso volle — il mondo è divenuto così piccolo! — che incontrassi un amico Suo, il colonnello Vane. Fu a un ricevimento all'ambasciata inglese a Roma, affollatissimo come sempre. Stretto nella calca, ebbi la fortuna di trovarmi accanto al giovane e cortese ufficiale, che mi aiutò a liberarmi dalla ressa e mi restò poi vicino per tutta la serata. Io, a dire il vero — ormai alquanto stagionato — non avrei osato infliggere la mia poco desiderabile compagnia a un uomo, mondano e brillante come lui; ma quel signore mostrò di gradire la conversazione di uno che conosceva la sua lingua, e io ne fui ben lieto, avendolo trovato di ottima compagnia. Si parlò del più e del meno. Egli, naturalmente, non fece dapprima la minima allusione agli avvenimenti di Chadlands; ma discorrendo di guerra, di spionaggio eccetera, ci venne fatto di ricordare la misteriosa fine del celebre detective Peter Hardcastle. Fu così che venni a scoprire come lui fosse stato testimone direi quasi oculare della terribile disgrazia che colpì il Suo signor genero, capitano Thomas May. Rammentai allora di aver letto il nome del colonnello fra quelli degli ospiti della Sua villa e non lasciai più in pace il mio nuovo amico finché non m'ebbe narrato tutti i particolari della dolorosa e misteriosa vicenda. Il signor Vane ebbe la cortesia di accettare un mio invito a pranzo per l'indomani e c'intrattenemmo a lungo sull'interessantissimo argomento. Misi subito a parte il colonnello della mia intenzione di scrivere in proposito alla Eden Phillpotts
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Signoria Vostra ed egli comprese che le sue confidenze non avrebbero trovato un orecchio indiscreto. Non oso affermare che quanto io potrò comunicarLe abbia una sicura relazione col tenebroso mistero che funesta la Sua casa; tuttavia ritengo doveroso di metterLa al corrente. Talvolta cause minime portano grandi effetti e, benché il passato, disgraziatamente, non si possa cancellare, una chiara nozione dell'origine dei fatti potrebbe forse preservare la Sua famiglia da nuove sciagure. Se, come spero, io sono realmente in grado di spiegare il fosco enigma, è indispensabile ch'io metta a Sua completa disposizione la mia modesta opera e la mia non breve esperienza. In poche parole, già troppi orribili delitti sono stati commessi nel Suo castello; se la situazione rimanesse immutata, sarebbe lecito prevederne altri della stessa natura. Io non affermo nulla — intendiamoci bene — esprimo soltanto una mia opinione; la quale tuttavia, dato l'esito negativo delle indagini finora condotte dalla polizia, mi sembra perfettamente logica. Nella Sua casa può dunque sussistere un gravissimo pericolo per chiunque vi abiti. Immagino che Lei, nobile signore, non aspirerà che a liberare il castello dall'ombra sinistra che lo sovrasta, da questa spada di Damocle che sta sospesa sul capo Suo e dei Suoi cari. È appunto per questo che oso rivolgerle la presente. Le ripeto: non potrei vantarmi a priori del successo; ma sono certo che Lei non vorrà serbarmi rancore nel caso fallissi; credo tuttavia di potere affermare che, se esiste uomo al mondo il quale possieda la chiave del tormentoso enigma, quell'uomo sono io. Dio mi guardi dal volere far pompa di un 'infallibilità cui io stesso non credo. Dopo tutto, potrebbe anche darsi che il reverendo Septimus May avesse ragione e che a prezzo della sua vita egli abbia potuto liberare quella camera infausta da una qualche malefica influenza soprannaturale; ma le confesso che un 'ipotesi di tal genere mi sembra piuttosto inverosimile. Se quanto io immagino è vero, i fatti si spiegherebbero invece in un modo molto più ragionevole e accessibile alla nostra intelligenza. Io sono partito dunque espressamente da Roma per venire ad esporLe a viva voce queste mie idee, ben felice in cuor mio di Eden Phillpotts
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avere un pretesto per concedermi un viaggetto in Inghilterra; senonché, giunto a Chadlands, ho appreso con vivo disappunto che Lei si trovava in Italia e proprio a poche ore di treno da casa mia! Le scrivo dunque a Milano, secondo le indicazioni fornitemi dal Suo maggiordomo. Se Lei conta di far ritorno in Inghilterra fra breve, io sarò lieto di attenderla qui; altrimenti ripartirò al più presto per l'Italia dove potremo incontrarci. Non Le nascondo però che sarebbe assai preferibile il Suo sollecito ritorno, poiché io non potrei, comunque, pormi a Sua disposizione senza aver prima visitato il castello e specialmente quella famosa camera grigia. Mi permetta, nobile Signore, di presentare a Lei e alla distintissima signora Sua figlia i miei devoti ossequi e l'espressione delle mie più sincere condoglianze. Attendo una Sua cortese risposta al Claridge Hotel di Londra e nell'occasione ho l'onore di dichiararmi di Lei devotissimo Virgilio Mannetti Benché si facesse ben poche illusioni, sir Walter rispose a mezzo di corriere al gentile signor Mannetti, annunciandogli il proprio ritorno entro la settimana seguente. Non appena giunto a Chadlands l'avrebbe avvertito, ben lieto di averlo suo ospite. Molto grato per il suo cortese interessamento, gli esprimeva tuttavia i propri dubbi circa l'ipotesi di un delitto, già esclusa dai periti nel modo più assoluto. Mary invece era rimasta assai favorevolmente impressionata da quella lettera e nutriva già le più grandi speranze nell'intervento del signore romano. — Sai, papà — esclamò dopo aver letta e riletta la lunga epistola — ciò che m'ispira maggior fiducia è il fatto che si tratti d'un italiano. Tu stesso mi dicesti più volte che gli stucchi del soffitto, nella camera grigia sono opera di artisti italiani... — Ma non è il solo, figliola; anche altri soffitti in casa nostra furono eseguiti dalla stessa mano. — Sì, ma vedi; lui conosce probabilmente certi segreti dell'arte italiana del Cinquecento e immagina che in un soffitto di quel genere si possa forse nascondere una qualche insidia... — Eh, cara mia! Nei soffitti non si nascondono assassini, e lui crede Eden Phillpotts
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senz'altro a un delitto... Tuttavia, con l'avvicinarsi della partenza la nostalgia si faceva più pungente nel cuore del baronetto; il ricordo dei passati dolori s'era già alquanto affievolito e nel tepore della primavera italiana non sognava ormai più che i suoi boschi ancora spogli, le colline del Devon ancora ammantate di neve, la brughiera squallida, la voce sommessa del torrente, il lieto affaccendarsi dei familiari, la sua casa tranquilla e serena. In una dolce sera di maggio le porte del castello si spalancarono per il ritorno dei padroni e l'accoglienza festosa dei domestici fece brillare una lacrima negli occhi di sir Walter. Henry, che li aveva preceduti di un giorno, fu subito messo al corrente dell'iniziativa del signor Mannetti. Egli rivedeva Mary con intensa commozione e spiava nel suo volto e nel suo atteggiamento i benefici effetti del soggiorno in Italia. La trovò mesta, ma tranquilla, con una pacatezza nuova nella voce e nello sguardo. L'incontro dei due cugini fu assai affettuoso; ora essi passeggiavano insieme nel parco, rievocando i mesi trascorsi. — Peccato che tu non abbia potuto raggiungerci laggiù com'era stabilito — disse Mary — ma il motivo che ci ha fatto anticipare il ritorno era assai importante, non ti pare? Papà, veramente, ha poche speranze; ma io, ti confesso, sono molto fiduciosa. Fiduciosa e timorosa insieme, poiché, come avrai veduto, quel signore rimette sul tappeto l'ipotesi di un delitto... — Macché! È un'idea strampalata! Ma raccontami qualche cosa di te, piuttosto. Mi pare che il soggiorno laggiù ti abbia molto giovato. — Sì, sto benissimo. Oh, Henry, come vorrei che tu venissi una volta in Italia con me! Ti farei ammirare tutte le meraviglie che ho visto in quel paese incantevole. L'antico fascino lo riprendeva e lui contemplava la cugina con occhi estasiati. Ma il suo cuore era chiuso alla speranza; aveva conosciuto troppo da vicino la felicità di Mary, sapeva troppo bene che cosa era stato per lei l'amore di Tom e sentiva che non avrebbe potuto amare mai più. Al suono delle note voci, Principe, il vecchio bracco, che stava crogiolandosi al sole acciambellato nel mezzo del sentiero, si alzò faticosamente sulle povere zampe rattrappite e andò incontro alla padroncina sforzandosi di farle un'accoglienza festosa. Ma quasi non riusciva a reggersi in piedi. — Povera bestia, com'è ridotto! — esclamò Mary commossa. — Davvero! Ma è una crudeltà lasciarlo vivere in questo stato! Abraham Eden Phillpotts
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non ha voluto che lo zio, tornando a casa, avesse il dolore di non trovarlo vivo e l'ha tenuto su a minuzzoli, come un bimbo malato. — Non credo che papà lo approverà. Forse sperava in cuor suo che, durante la nostra assenza, la povera bestia avesse cessato di penare. Fra le lettere che attendevano al castello ve n'era una del colonnello Vane, il quale parlava con entusiasmo del signor Mannetti ed esprimeva le migliori speranze per i risultati di un suo intervento. Un'altra, del Mannetti stesso, annunciava, salvo contrattempi, il proprio arrivo per il lunedì successivo. Sir Walter andò di persona a riceverlo con l'automobile alla stazione. L'italiano apparve ai suoi ospiti assai più vecchio di quanto non s'aspettassero. L'alta persona magrissima s'incurvava notevolmente; sul suo fine volto sbarbato la pelle sembrava del tutto incartapecorita e i capelli, ancora folti, erano candidi come la neve. Però, dietro le grosse lenti degli occhiali a stanghetta, nei grandi occhi bruni splendeva una luce vivissima e tutto il volto raggiava d'intelligenza e di arguzia. Il suo aspetto distinto e i modi da gran signore gli accaparrarono immediatamente la simpatia del baronetto. Lo accompagnava il suo domestico, un italiano di mezza età, che lo aiutò premurosamente a scendere dal treno e a salire in automobile. — Nella mia lunga vita — sono ottanta suonati, sapete! — confessò egli sorridendo ai suoi ospiti — non m'è mai riuscito di combinar nulla di buono. La fortuna ha voluto sempre assecondare la mia naturale pigrizia e io ho trovato estremamente piacevole la parte dello spettatore. Tuttavia credo di saperla ugualmente abbastanza lunga e, se avessi dovuto guadagnarmi da vivere, me la sarei saputa cavare discretamente. — Lei è venuto altre volte in Inghilterra, signor Mannetti? — domandò Mary, che la galanteria un po' antiquata del vecchio gentiluomo e la giovanile semplicità delle sue maniere avevano subito conquistata. — Ma io sono mezzo inglese per elezione, mia bella signora; mia moglie era una Sommerset di Londra. La fatica del viaggio e l'ora tarda non impedirono al brillante parlatore di prolungare la sua piacevole conversazione. Si compiaceva in modo particolare nell'esaltare le meraviglie dell'arte italiana, della quale si mostrava profondo conoscitore, specialmente nel campo della pittura. — Quando lei tornerà in Italia, cara signora — diceva a Mary che lo ascoltava con evidente compiacimento — dovrà ricominciare daccapo; Eden Phillpotts
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poiché riconosco in lei un sincero desiderio di approfondire la sua conoscenza dei nostri capolavori. Ma per arrivarci non bisogna andare alla cieca, bensì procedere con ordine, affidandosi a una guida intelligente e sicura. Diversamente, sarebbe tempo sprecato. Bisogna rifarsi alle origini e studiare i primitivi, che sono le pietre miliari del sublime edificio. Io sono vissuto cinque anni a Siena e adoro i primitivi. Se la signora permetterà che io stesso la guidi nei suoi primi passi, le insegnerò a conoscere e ad amare i nostri grandi fin dalle loro prime manifestazioni, per poter giungere meglio preparata al cospetto di quella luce sfolgorante che noi chiamiamo il Rinascimento. Il Rinascimento era il tema favorito del signor Mannetti. Finiva sempre per tornarvi sopra e la sua anima pagana — per quanto nutrita di sincera fede cattolica — si compiaceva infinitamente degli splendori di quello smagliante periodo dell'arte italica. Il vecchio gentiluomo s'inebriava delle sue stesse parole e parlava, parlava con vivacità inesauribile, senz'accorgersi che i suoi ospiti — e in special modo sir Walter — preoccupati dal motivo della sua venuta, non gli prestavano ormai che un'attenzione relativa. Verso le undici comparve il domestico italiano e il signor Mannetti, benché sempre infervorato nel suo discorso, si alzò prontamente, disposto a seguirlo. — Ecco qui Stefano, il mio angelo custode — osservò sorridendo — sempre puntuale come un re. È il mio aguzzino; ma devo riconoscere che, se sono ancora discretamente in gamba, lo devo proprio a lui. Buona notte, cari signori, vi ringrazio per l'accoglienza gentilissima. Se non vi reca disturbo, domattina gradirei far colazione in camera; alle undici sono pronto, ben lieto di mettermi a vostra completa disposizione. Parleremo dell'argomento che tanto ci sta a cuore, e piaccia a Dio che io possa adoperarmi utilmente per la tranquillità di questa casa ospitale.
11. La testa di toro Lo spirito brillante e arguto, la vasta cultura, l'intelligenza vivace del vecchio gentiluomo italiano avevano esercitato sul castellano di Chadlands un fascino indiscutibile, non privo tuttavia di una certa punta di diffidenza e quasi di sbigottimento. Certe opinioni espresse senza reticenze dal Mannetti, certe sue idee ardite e singolari sconcertavano il flemmatico Eden Phillpotts
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baronetto, il quale, con la sua intelligenza modesta e la limitata cultura, non sempre era in grado di seguire la conversazione erudita e fantastica dell'ospite. Questi, perfettamente padrone della lingua inglese, sapeva colorirla con l'umorismo sottile, con l'ironia mordente, coi doppi sensi eleganti e caratteristici dell'idioma nativo, e la mentalità semplice e un po' ritrosa del vecchio anglosassone ne rimaneva conturbata. — Di' un po', Henry — fece , appena l'ospite li ebbe lasciati — non ti pare che questo signor Mannetti abbia qualche volta l'aria di prendermi in giro? — Eh, può anche darsi, caro zio. Ma tu non farci caso; dev'essere il suo modo di fare. È un tipo curioso, quel vecchio; intelligentissimo, pronto, arguto; ha una mente giovanile e agilissima, uno spirito indiavolato. Ed è poi un gentiluomo nel vero senso della parola. — Sì, è affascinante — convenne Mary — e m'ispira una grande fiducia. — Anche a me. Del resto, se non avesse lui stesso le migliori speranze non si sarebbe sobbarcato, alla sua età, le fatiche di un viaggio simile e gl'inevitabili fastidi di quest'impresa. — Sarà — fece sir Walter — ma io ho i miei riveriti dubbi. Non discuto certo il suo ingegno, la sua vasta cultura, il suo spirito non comune, no; ma è vecchio, figlioli, molto vecchio, e talvolta l'età gioca dei brutti scherzi... — Oh, papà, non l'hai sentito parlare? La sua mente è di una limpidezza perfetta, come i suoi occhi scintillanti. Gli anni hanno invecchiato il suo corpo senza sfiorarne lo spirito. È un uomo meraviglioso!... Ma Henry li richiamò entrambi ad argomenti di natura più pratica. — Domattina si dovrà riaprire la camera grigia. Bisognerà far venire qualcuno dal villaggio per aiutare John a rimuovere le traverse che sbarrano la porta e le finestre. Sir Walter, prima di coricarsi, impartì ordini precisi al maggiordomo perché si chiamassero gli operai di buon mattino. — Chissà che cosa diranno a Scotland Yard se vengono a sapere che ci si torna sopra — osservò infine. — Saranno ben contenti anche loro se l'enigma verrà finalmente risolto! — Dio lo voglia! Ma non mi faccio illusioni. — Io invece la penso come Mary e credo fermamente che quel signor Mannetti sappia molte cose che noi non immaginiamo neppure. Secondo me, la deve sapere assai più lunga di quanto non ci abbia voluto lasciar capire. Eden Phillpotts
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— Ma che cosa vuoi che sappia, in fin dei conti? — Vedremo, zio. Intanto lasciamolo fare; lo giudicheremo dai risultati. La mattina seguente alle undici in punto, l'italiano uscì di camera tutto agghindato e arzillo nel vestito di foggia un po' antiquata, appoggiandosi a un bastone d'ebano dal pomo d'oro. Aveva riposato benissimo e si dichiarò disposto a occuparsi immediatamente dell'ardua questione, di cui aveva già sulla punta delle dita i più minuti particolari. — Abbiamo dunque ben cinque vittime, a quanto so — cominciò — poiché è fuor di dubbio che tutti hanno subito la stessa sorte, nelle identiche circostanze. — Adagio, signor Mannetti, le vittime sono quattro — corresse sommessamente sir Walter... — E la vecchia zia che venne a passare il Natale al castello quando lei era ancora bambino, dove la lascia? Il colonnello Vane mi parlò anche di questo e mi disse che la povera signora, ritiratasi per dormire nella camera grigia, fu trovata morta sul tappeto la mattina dopo. Non è così? — Verissimo, verissimo... ma nessuno pensò mai ad accomunare quel caso con gli altri. — Eppure, caro signore, sua zia non morì mica d'indigestione come tutti asserirono allora; fu assassinata, né più né meno degli altri quattro. — Sicché lei insiste sull'ipotesi dell'assassinio?... — Ma sicuro; vi insisto... e, se non ho preso una solenne cantonata, anche quella volta si trattò di un vero e proprio assassinio. — Ma scusi, in qual modo può lei ammettere che il responsabile dei recenti delitti abbia potuto far morire mia zia la bellezza di sessant'anni fa? — Eppure dev'essere andata proprio così. Lei non ci crede, per il momento, ma io spero di poterglielo dimostrare fra non molto. — Allora aveva proprio ragione il povero Septimus May, quando parlava degli spiriti maligni... — No, amico mio, le assicuro che nella mia teoria gli spiriti maligni o benigni non c'entrano per nulla. L'uomo, in genere, è assai propenso alla credulità e tenacemente attaccato alle tradizioni, le quali assai spesso altro non sono che miti e leggende inventati di sana pianta dai nostri avi in epoche più o meno lontane. Tutto ciò costituisce per la mente umana un pericoloso fardello, di cui soltanto la luce del progresso sempre crescente giungerà gradatamente a liberarla. Le verità eterne e fondamentali sono poche e semplici; ma noi rinunciamo difficilmente alle superstizioni e alle Eden Phillpotts
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credenze dei nostri padri; credenze che rispettiamo, fino a un certo punto, volentieri, ma che ci rendono la vita assai più complicata di quanto non comporterebbe la civiltà moderna. Scacciamo dunque, una volta per sempre, nei riguardi almeno del caso presente, ogni idea preconcetta d'interventi soprannaturali. Creda a me, sir Walter; non esistono spettri, né fantasmi, e tutte le vostre sciagure provengono unicamente dalla perfidia umana. — Strano! Ma lei esprime ora le stesse opinioni del povero Hardcastle! Basta! Dio voglia che siano giuste e che a lei sia riserbata miglior fortuna! — Fino a questo punto direi che sono sicuro del fatto mio. Lasciamo dunque da parte le fantasticherie e veniamo al nodo della questione. Il signor Mannetti rivolse al castellano parecchie domande, alcune delle quali parevano non avere alcuna attinenza con l'argomento, ma il vecchio gentiluomo non credette opportuno soffermarsi a giudicarle. Di tanto in tanto si raccoglieva un istante in silenzio; poi riprendeva a interrogare. Quando seppe che gli operai stavano lavorando nella camera incriminata raccomandò con insistenza che non vi si fermassero a lungo. — Il pericolo permane ancora — disse — non vi fidate troppo! — Ma sono in parecchi — lo rassicurò il baronetto — e a non rimanerci da soli non accade nulla. Anche i detective, ch'erano quattro, vi passarono la notte senza il minimo inconveniente. — Fu un caso, sir Walter, creda pure. Se le mie supposizioni non sono errate, il pericolo sussiste anche per un'intera pattuglia di gendarmi. La giornata era serena e tiepida e il signor Mannetti manifestò il desiderio di prendere una boccata d'aria. Uscirono insieme sul terrazzo, dove Mary li raggiunse subito. Il vecchio le si appoggio affettuosamente al braccio. Principe li seguiva zoppicando. — Questo povero animale è, al pari di me, "giunto sul passo estremo" — osservò l'italiano. — Dev'essere stato, ai suoi bei tempi, un ottimo cane da caccia! Il baronetto gli narrò allora, con un certo orgoglio, le prodezze della brava bestia. — Immagino che gli vorrete un gran bene — fece il Mannetti — ma, appunto per questo, ora non gli potete augurare che una morte tranquilla e senza sofferenze. Cieco e mezzo paralizzato com'è deve soffrire parecchio, poveraccio! Sir Walter accarezzò la grossa testa del cane. Eden Phillpotts
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— Purtroppo la sua ultima ora è segnata — disse. — Venerdì verrà il veterinario per... Creda, sarà per me un gran dolore. — L'eutanasia è sempre da invidiare, del resto! — e il vecchio si volse con un sospiro ad ammirare una pianta in fiore. — Quant'è bello il vostro giardino! La primavera, in questa vostra Inghilterra, è forse più dolce che da noi. Avete dei fiori meravigliosi. Quelle piante laggiù... rosse come fiamme... sono azalee, non è vero? Magnifiche! Il giardino inglese mi piace forse più di quello all'italiana. Terminata la colazione e fumate un paio di sigarette dopo il caffè, il signor Mannetti si alzò e, voltosi con un lieve inchino al padrone di casa, disse: — Sir Walter, quando crede... Entrarono tutti insieme nella camera grigia. Tutto era rimasto com'era, le grandi rose della tappezzeria splendevano nel sole, i punti danzanti delle poltrone scolpite parevano sorridere alla luce dopo i lunghi mesi di triste abbandono. Lo straniero volse intorno il suo sguardo acuto, poi avanzò lentamente e fece il giro di tutta la camera. I padroni di casa lo osservavano in silenzio. Quando si voltò verso di loro, i suoi occhi tradivano un'espressione mal dissimulata di trionfo. — Ci siamo — esclamò. — Sir Walter, credo di aver colto nel segno. — Dio lo volesse, signor Mannetti! L'italiano si mise allora a discorrere volubilmente con la sua solita vivacità. Si capiva che, trovato il bandolo, non aveva più alcuna fretta di approfondire le indagini e si dilungava piacevolmente a ragionare dei mobili antichi che ornavano il locale. Il baronetto e i due giovani lo seguivano a fatica, ma non osavano interromperlo, avendo notato che la minima obiezione lo indispettiva. Lui continuava a discorrere senza tregua, quasi divertendosi a esasperare la loro impazienza. — Molto belli questi mobili — osservò — ma non sono spagnoli, come lei dice, sir Walter. Il legno è castano di Spagna, ma la fattura è italiana autentica. Puro stile del nostro Rinascimento; perfettamente intonato, del resto, con gli stucchi, assai pregevoli, del soffitto. È curiosa; i mobili della mia camera da letto, a Roma, sono quasi identici a questi. Io abito una villa quattrocentesca che appartenne ai principi Colonna. I miei canterani sono forse ancor più belli dei suoi, ma queste poltrone e il letto sono più ricchi e meglio conservati. E c'è la sua ragione, del resto. Guardi un po', signora Eden Phillpotts
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Mary; non le sembra di aver visto, in Italia, dei putti danzanti simili a questi? Mary non ricordava. — Allora vuol dire che non è stata a Prato. Questi putti sono copiati dal famoso pulpito di Donatello, nel Duomo. Vede? Il disegno delle poltrone si ripete nella spalliera del letto, e nel mezzo c'è un ovale liscio, dipinto a olio. Dopo tanti secoli, i colori sono molto sbiaditi; ma queste ghirlande caratteristiche... io credo di riconoscerne l'autore. — Davvero? Ma non vi si distingue più che un'ombra! — Eppure non ho alcun dubbio; questo è Pinturicchio. Osservi le fasce variegate, i frutti, gli arabeschi; le tinte sono quasi svanite, ma la maniera è quella, diamine! Queste squisite decorazioni sono caratteristiche dei pittori del Quattrocento, come Benozzo Gozzoli e il Pinturicchio. Essi lavorarono per anni interi agli ordini del papa, e questi suoi mobili, sir Walter, furono fatti precisamente per un pontefice. Sicuro, amici miei; per un vicario di Cristo; nientemeno che Alessandro VI! L'italiano tacque un istante per assaporare l'effetto delle proprie parole; ma nessuno dei suoi ascoltatori parve commuoversi gran che. — E fu un papa buono o cattivo? — domandò garbatamente il baronetto. — Ho inteso raccontare talvolta cose poco edificanti sul conto di qualcuno di questi signori. Il Mannetti non rispose. Dopo tutto, non gli dispiaceva che l'ignoranza dei suoi ospiti gli offrisse la scusa per prolungarne di altre ventiquattr'ore l'attesa, e di mettere in scena una rivoluzione alquanto teatrale. D'altra parte... poteva anche aver preso lucciole per lanterne. — È ben sicuro, sir Walter, che i quattro detective abbiano esaminato scrupolosamente ogni singolo oggetto? — Altroché! Hanno vuotato la camera, hanno rovistato dappertutto! — Eh, già! Ma lo zelo conta poco quand'è accoppiato all'ignoranza. Tuttavia non si può pretendere che i poliziotti inglesi conoscano a fondo la storia d'Italia. — Mi scusi che c'entra in tutto questo la storia d'Italia? — domandò Henry stupefatto. — La storia è sempre un aiuto preziosissimo — rispose il vecchio sorridendo. — Guardi queste poltrone, questo letto; per voi non rappresentavano che dei vecchi mobili di un certo valore; io invece ho saputo leggervi un intero capitolo di storia del Rinascimento italiano. Voi Eden Phillpotts
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li credevate spagnuoli, perché sapevate che il vostro avo li aveva comprati in Spagna... a Valenza, se non erro. Voi ignoravate questo particolare, non è vero? Proprio così; questi oggetti hanno una voce, per me, e mi narrano alcune vicende lontane. Se io conoscessi un po' meglio la storia, potrei udire ben altri racconti in questa vostra bella dimora così piena di preziosi oggetti d'arte... Le magnifiche pelli di tigre e i trofei di caccia che ho ammirato nell'atrio richiameranno anch'esse ben altre memorie al mio nobile ospite... In questa camera, il mio pensiero ritorna all'epoca del Rinascimento italiano di cui mi sono lungamente occupato. La gioventù moderna, tutta infatuata nella ricerca del nuovo, disprezza un po' troppo i fasti dei secoli andati; e noi, cavalieri della vecchia guardia, porteremo forse nella tomba molti segreti di un grande passato. — E quali speciali cognizioni l'hanno condotta alla spiegazione del nostro mistero, signor Mannetti? — domandò Henry, impaziente di giungere a una conclusione. — Oh, un ramo, a dire il vero, del tutto secondario della storia, mio caro giovanotto, e, a quanto pare, completamente trascurato a Scotland Yard: semplicemente una certa familiarità con l'araldica. Questa familiarità mi ha permesso subito di notare ad esempio, che il vostro blasone sul cancello seicentesco — un capriolo fra tre leoni — è di fattura assai fine, sebbene di molto posteriore alla cancellata, la quale tuttavia non mi sembra autentica. Ci voglio guardare meglio... — A proposito — l'interruppe sir Walter — un giorno, a palazzo Pitti, osservai appunto uno stemma che mi parve di aver già visto, ma non ricordai dove: una testa di toro dorata in campo rosso... — Ah, ah! — rise Mannetti. — Ne riparleremo, della testa di toro; ne riparleremo, glielo prometto!... Ma ora basta, sono stanco; ho chiacchierato troppo. La testa mi gira come un trottola. Vogliamo fare quattro passi in giardino? Viene anche lei, sir Walter? — Ben volentieri; a meno che lei non preferisca ritirarsi in camera e riposare un poco... — Grazie, più tardi. Ora sento il bisogno di una boccata d'aria. Le raccomando in modo speciale che nessuno metta piede qui dentro se non ci sono io; nessuno!... — Sicché lei persiste nell'idea che il pericolo esiste ancora e sia dovuto a un'insidia materiale, fisica, dipendente da una volontà umana? — Se non ho preso un granchio madornale, il pericolo sussiste sempre, Eden Phillpotts
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senza dubbio. Scesero in giardino, ma il signor Mannetti, fatti pochi passi, si lasciò andare su una panchina. Scomparsa dal suo volto l'espressione di una vivacità giovanile che lo animava poco prima, apparve d'un tratto vecchissimo. Sir Walter scambiò con Henry un'occhiata piena di apprensione. L'italiano riprese a parlare con una strana volubilità, sebbene con voce stanca e velata. Erano discorsi vaghi, senza nesso, che fecero volare via anche le ultime debolissime illusioni del baronetto. Il vecchio Principe sonnecchiava accovacciato ai piedi del castellano; Mannetti lo considerò con gli occhi pieni di compassione. — L'eutanasia! Quante volte l'ho invocata anche per me! — sospirò. — L'uomo è pietoso verso le bestie che ama e le aiuta a compiere il passo doloroso, risparmiando loro inutili sofferenze. Perché non dovrebbe fare altrettanto con i propri simili? Terribile problema, in cui religione e sentimento si trovano sempre a conflitto... S'intavolò una breve discussione sull'argomento, quindi il vecchio, saltando d'un tratto di palo in frasca, prese a raccontare: — C'era una volta un principe... non questa povera bestia... un vero principe di sangue reale che si chiamava Djem ed era fratello del sultano Bajazet, figlio di Maometto II. Voi non conoscete la sua storia, non è vero? Ben pochi ne ricordano il nome e le circostanze della sua morte sono avvolte in un mistero altrettanto profondo quanto quello della vostra camera grigia. Gli storici moderni hanno già tentato di riabilitare Alessandro VI, almeno per quanto si riferisce ai suoi rapporti col principe Djem; ma questa brava gente mostra un'eccessiva tendenza all'ottimismo: sentimento lodevolissimo senza dubbio, ma dovuto talvolta unicamente a ignoranza dei fatti. A sentir loro, Nerone, Caligola, Torquemada, Napoleone... tutti santi! E, come questi, tante altre figure storiche mostruose e portentose, trucemente imbrattate di sangue, quanto più si allontanano nell'ombra del passato tanto più si rischiarano e si purificano. Ma io ho buona memoria e non amo le lenti color di rosa... Ma ho divagato... scusatemi e torniamo al nostro principe Djem. Il sultano Bajazet guardava di mal occhio il giovane fratello, in cui temeva un probabile rivale, e offrì al papa un assegno annuo di quarantamila ducati perché lo trattenesse prigioniero in Italia. Prigionia dorata, indubbiamente; il dissoluto principe musulmano poteva condurre a Roma una vita di godimenti e di mollezze non meno forse di quanto fosse Eden Phillpotts
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solito fare a Costantinopoli. Però, morto Innocenzo VIII e succedutogli sul trono di San Pietro Roderigo Borgia, col nome di Alessandro VI, il turco si rifiutò di continuare a versare i quarantamila ducati. Il papa, sdegnato, minacciò il sultano di consegnare Djem alla Francia, la quale aveva già manifestato il proposito di armare un esercito in suo favore contro il fratello... Vi annoio, signori? — Ma no... tutt'altro! — esclamò Mary. Il vegliardo riprese: — Alessandro aggiungeva poi che, se il sultano gli avesse inviato immediatamente i quarantamila ducati, lui non avrebbe ceduto agl'incitamenti della Francia e il principe sarebbe rimasto a Roma. Il sultano allora, seriamente allarmato, spedì ipso facto al Borgia un messaggio con la somma e una lettera privatissima, con la quale, stanco dell'oneroso impegno, scendeva a trattative per essere definitivamente liberato del fratello. Sfortuna volle che il messo cadesse nelle mani del cardinale Della Rovere, acerrimo nemico d'Alessandro VI, e tutta la cristianità venne tosto informata che il sultano Bajazet aveva offerto trecentomila ducati al papa perché questi facesse assassinare il principe Djem. Sopito alla meglio lo scandalo, il papa, per dimostrare la falsità delle insinuazioni del cardinale, si preparò ostentatamente a consegnare il giovane principe a Carlo VIII re di Francia. Poco tempo dopo, il principe Djem improvvisamente scomparve. Gli storiografi moderni sostengono che morì in Francia, logorato dagli stravizi; ma io, per mio conto, non ho mai voluto accettare questa versione. Secondo me, il principe Djem non ha mai messo piede in Francia... Alessandro VI non era un uomo da lasciarsi sfuggire trecentomila ducati, fosse pure al prezzo di una vita umana! Virgilio Mannetti tacque e rimase alquanto assorto; i suoi ospiti l'osservavano in silenzio, perplessi. A un tratto tornò sull'argomento che più li interessava e disse, come seguitando un suo pensiero: — Però converrà che abbiate pazienza fino a domani. Stanotte veglierò nella camera grigia e interrogherò i fantasmi del Medioevo. Sarà lo spirito dello sventurato principe Djem che mi squarcerà il velo del mistero? Oppure l'ombra di Pinturicchio che aleggia intorno al suo delizioso dipinto, o quella degli altri sommi che ornarono il soffitto di quei mirabili stucchi? Comunque, spero che mi parleranno nel dolce idioma toscano e non dubito che c'intenderemo a meraviglia. — Ah, no, caro signor Mannetti, non permetterò mai una cosa simile! — Eden Phillpotts
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scattò sir Walter. — Eppure, caro signor castellano, checché lei mi dica, io passerò la notte nella camera grigia — ribatté l'altro senza scomporsi. — Non abbia timore, amico mio. Scherzavo, in quella stanza non si aggirano spiriti, né fantasmi, e, se pur vi aleggiano le ombre del passato, non sono tali da poter nuocere a chicchessia. Il nemico acquattato nel cuore di questa bella dimora gentilizia è ben più temibile di uno spettro. È un nemico potentissimo, subdolo, inafferrabile, sempre pronto a falciare nuove vite. Ma non temete per me; io ho la pelle dura, e poi, per il fatto stesso di conoscere l'insidia, sono perfettamente agguerrito contro di essa. Io solo possiedo la chiave per risolvere il terribile enigma, il filo d'Arianna che mi guiderà nel pericoloso labirinto. State pur tranquilli, avrete presto la buona novella. — Mi dispiace tanto, signor Mannetti; ma io ho dato parola d'onore alle autorità che non permetterò ad alcuno di passare la notte in quella camera; e tanto meno da solo. — Via, sir Walter — ribatté il vecchio con una certa impazienza — sia ragionevole. Dopo tutto quello che le ho raccontato!... Che c'entrano ora le autorità? Che c'entra la polizia? Se nessuno di loro ci ha capito nulla; se nessuno ha saputo cavare un ragno dal buco, dovremo forse rinunciare per sempre a svelare un segreto di cui, ripeto, io posseggo la chiave? Ma diamo invece una buona lezione a quel branco di allocchi e mostriamo al mondo come un vecchio rimbambito possa metterli nel sacco tutti quanti!... — Lei ha un bel dire, caro signore, ma di tutti i suoi discorsi noi non abbiamo capito gran che. Lei ci troverà forse qualche nesso col nostro affare; ma per noi, creda, è tutto arabo e sono sicuro che anche lei, nei miei panni, si comporterebbe allo stesso modo. Noi non possediamo la sua erudizione, né la sua fervida fantasia, e il ricordo delle recenti tragedie è ancora in noi terribilmente vivo e cocente... — E va bene — fece il vecchio gentiluomo alzandosi e inchinandosi ai suoi ospiti — non insisto. Credevo che il mio racconto di poco fa vi avesse illuminati; riconosco che era assurdo presumere da persone straniere una profonda conoscenza della storia del mio paese. Perdonatemi; il torto è tutto mio. Però non posso resistere al desiderio di offrirvi la prova lampante della mia scoperta, né rinunciare a inscenarvela con quel tanto di drammaticità che il caso richiede. Non vi farò attendere molto; domattina... Eden Phillpotts
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forse stanotte stessa saprete ogni cosa... Tuttavia, per un riguardo alle prescrizioni di Scotland Yard, non andrò da solo nella camera grigia; il vostro vecchio amico Principe mi terrà compagnia; va bene così? Ci ritireremo al tramonto e, dopo sei o sette ore di veglia, saremo lieti di ricevere la vostra visita. Siamo intesi? Pazientate dunque ancora un poco e abbiate fiducia. Il baronetto crollò il capo con aria desolata. Come far intendere ragione a quell'ostinato? Non era dunque ancora giunto al termine del suo doloroso calvario? Altre lotte, altre sciagure lo attendevano certamente e lui non aveva più la forza di sopportarle... Mary vide il volto del padre contrarsi in un'espressione di pena intensa, ma stavolta lei si sentiva perfettamente sicura e tranquilla e, con gran meraviglia di sir Walter, prese vivacemente le parti di Virgilio Mannetti. Henry, pienamente d'accordo con lei, l'appoggiò caldamente. Non c'era dubbio, l'italiano aveva risolto il problema e, senza che se ne fossero accorti, aveva anche offerto loro il modo di capirlo; ora, forse per punirli della loro ignoranza, voleva, un po' per amore di una certa teatralità, un po' per quel suo spirito malizioso, riservarsi la soddisfazione — ben meritata, del resto — di una rivelazione drammatica e sensazionale. — Non ti preoccupare, papà — disse la giovane — io sono certa che il signor Mannetti conosce la verità e, appunto per il fatto di averla scoperta, non corre alcun rischio. — Proprio così! — esclamò l'italiano. — Fidatevi dell'intuito di una donna intelligente. Io so quel che dico e sono sicuro del fatto mio. Conoscendo la trappola, sono in grado di evitarla. In fin dei conti, l'insidia fu tesa da uomini come noi... cioè, dico male... molto diversi da noi, ma pur sempre uomini; esistono dunque mezzi umani per guardarsene. Si fidi di me, sir Walter; mi conceda il privilegio e la soddisfazione di liberare per sempre la sua casa da un incubo sinistro e da una continua minaccia. — Zio, la nostra stessa fiducia ti dovrebbe incoraggiare — interloquì Henry. — Noi siamo convinti che il signor Mannetti abbia perfettamente ragione. — Ma non capite quale terribile responsabilità è la mia? — proruppe il baronetto. — Io devo rispondere di quanto avviene al castello non soltanto di fronte alle autorità ma anche alla mia coscienza. Se dovesse succedere, Dio liberi, un'altra disgrazia, io impazzisco, parola d'onore. — Comprendo, amico mio — replicò pacatamente l'italiano. — Lei ha Eden Phillpotts
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molto sofferto e questa sua diffidenza è più che giustificata. Ma le ripeto, abbia fede in me; se io nutrissi il più lontano dubbio sull'esito finale, non oserei espormi al rischio di recarle una nuova amarezza. Se non crede in me, abbia almeno fiducia nel suo vecchio e fedele Principe che mi sarà di valido aiuto. Vedrà che, sebbene cieco e mezzo paralizzato, questo bravo animale potrà ancora rendere un grande servizio al suo padrone! — Anche i quattro poliziotti di Londra si portarono delle bestiole nella camera grigia, ed esse non ebbero a soffrirne affatto — disse Henry. — E nemmeno Principe soffrirà — rispose il vecchio accarezzando il cane addormentato ai suoi piedi. — Rientriamo intanto — propose il baronetto alzandosi — dev'essere l'ora del tè. Mannetti comprese che Lennox avrebbe finito per cedere. Si avviarono tutti verso casa, ma l'ospite volle salire subito in camera. — Non sarà male che io faccia un sonnellino prima di pranzo, così mi troverò più in forze stanotte — disse col suo sorriso arguto. — Quest'avventura mi eccita assai e mi riempie d'entusiasmo. Non avrei osato sperare davvero che la vita mi riserbasse, così vicino al tramonto, tanta pienezza di sensazioni e la gioia di una simile vittoria. La noia e i disagi del mio lungo viaggio troveranno ben larga ricompensa — a parte la fortuna di aver conosciuto questa nobile famiglia — nel trionfo che mi attende. Se a sir Walter non dispiace, desidererei pranzare alle sette. Fino a quell'ora starò tranquillo in camera mia. Arrivederci, dunque, amici miei. E con un gaio cenno di saluto si avviò per lo scalone, appoggiato al braccio del fedele Stefano. Si sarebbe detto che si preparasse a una festa, tanto i suoi occhi brillavano di contentezza. Saliti pochi scalini si volse per un'ultima raccomandazione: — E che nessuno entri nella camera grigia senza il mio consenso! Nemmeno lei, sir Walter. Tenga la chiave in tasca e non la consegni a nessuno. Si ricordi che io solo conosco il segreto e che io solo posso quindi entrare impunemente in quella stanza. Per chiunque altro c'è pericolo di morte!
12. L'ultima veglia — Che cosa pensa lei, Masters, del signor Mannetti? — domandò sir Eden Phillpotts
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Walter al suo fido maggiordomo e consigliere, che stava sparecchiando la tavola del tè. Il brav'uomo, cui non era sfuggita l'espressione scontenta del baronetto, gli rispose col suo fare sentenzioso: — Se devo proprio dirle il mio parere, signor padrone, mi sembra un tipo assai curioso. Ho letto una volta, non so più dove, che a mettere un pezzetto di scimmia nel corpo di un vecchio lo si fa ridiventar giovanotto. Ma a quello lì — scusi tanto, signore — ne hanno messo una intera, di scimmia, in corpo! Non ho mai visto un uomo come quello, glielo giuro! Quando parla, sembra un mulino a vento e vi fa stare a bocca aperta. Ne sa una più del diavolo... parlando con rispetto. — E crede che ci si possa fidare a lasciarlo dormire stanotte nella camera grigia? — Altroché, signore! Non c'è pericolo che gli capiti nulla, a quello! Io mi domando piuttosto se lo si possa lasciar girare per casa, e non si debba tener d'occhio l'argenteria. Mi sbaglierò, ma ha proprio l'aria di un tiraborse in guanti bianchi! — Si metta pure l'animo in pace, Abraham — fece Henry — su questo punto non c'è nulla da temere! — Be', tanto meglio! Ma, quanto alla camera grigia, ve lo lascino pure stare finché vuole, che non gli farà niente. Credo che potrebbe andare anche all'inferno senza scottarsi un dito. — Vuol prendere con sé Principe — disse Mary. — Principe? Povera bestia! E per farne che? — Così, per tenergli compagnia. Dice che non gli farà alcun male, e lo credo anch'io. — E va bene! Ma stiano pur tranquilli che non succederà niente nemmeno a lui. Dev'essere un furbo di tre cotte!... Oh, non voglio mica dire con ciò... No, sarà una bravissima persona, ma io non mi fiderei, ecco! Ma lo credono, loro, che sia forestiero? Forestiero quanto me! Se parla inglese meglio di noi! È un commediante; ecco quello che è. — Via, Masters, mi sembra che esageri — lo redarguì dolcemente Mary. — Il signor Mannetti è un gentiluomo rispettabilissimo, e se ora vuol fare un po' di colpo con la sua scoperta, è pienamente scusabile. — Ma se tu, zio, gli metti i bastoni tra le ruote, lui se n'andrà col suo segreto e noi resteremo col danno e le beffe — concluse Henry. Quando il signor Mannetti, riposato e sorridente, scese a pranzo, sir Walter gli consegnò la chiave dalla camera fatale. Eden Phillpotts
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— Benissimo, caro amico, la ringrazio — disse il vecchio inchinandosi. — L'assicuro che non avrà a pentirsene. Stanotte andremo a letto un po' tardi, ma sono certo che poi dormiremo tutti saporitamente. Alle otto precise io mi ritirerò nella camera grigia. Per accontentarvi, lascerò la porta aperta; però esigo che nessuno si avvicini. Tutt'al più, posso concedere che il signor Henry monti la guardia a metà del corridoio e da li mi dia, di quando in quando, la voce: "tutto bene?". Io gli risponderò: "benone!". E così tutti saranno contenti. Siamo d'accordo? Terminato il pranzo, il signor Mannetti indossò un'ampia pelliccia e sì dichiarò pronto alla prova. — Non pensate già ch'io dimentichi il mio amico Principe — disse col suo solito fare scherzoso. — Anche lui ha pranzato di buon appetito e ora non gli dispiacerà certo di schiacciare un sonnellino accanto a me. Non abbiate alcuna preoccupazione; nessuno gli farà nulla, mentre il suo aiuto mi sarà prezioso. Quando potrò spiegarmi più chiaramente, vedrete che non ho sollecitato la sua collaborazione per puro capriccio. Alle otto precise Virgilio Mannetti si accomiatò dai suoi ospiti, i quali vollero tutti accompagnarlo fino alla porta della camera grigia. L'anziano signore fece mettere una comoda poltrona nel centro della stanza, proprio sotto la lampada, e vi si accomodò, bene avvolto nella pelliccia. Il cane gli si accucciò docilmente ai piedi. — Eccoci a posto! Principe farà la nanna e io me la passerò leggendo i giornali. Cari amici, buona notte. Quando sarà il momento vi chiamerò; fra cinque o sei ore, al massimo. Arrivederci! Sir Walter scese con Mary in biblioteca ed Henry, fattasi portare una sedia in cima allo scalone, accese una sigaretta e cominciò la sua veglia. Il corridoio era illuminato in tutta la sua lunghezza e la porta della camera grigia spalancata. Ma non erano trascorsi dieci minuti che il signor Mannetti si affacciò sulla soglia. — Caro Henry — disse — mi dispiace tanto, ma tira uno spiffero che mi costringe a chiudere la porta. La lascerò aperta solo quel tanto che basti perché ci possiamo scambiare un salutino di quando in quando; va bene? Le ore scorrevano lente nel castello di Chadlands. Ognuno sapeva che poco dopo la mezzanotte il signor Mannetti avrebbe reso noti i risultati della sua prova e nell'attesa febbrile nessuno riusciva a chiudere occhio. Di mezz'ora in mezz'ora Henry lanciava il richiamo convenuto e la risposta gli Eden Phillpotts
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giungeva pronta e vivace. La vecchia pendola, giù nell'atrio, aveva da poco battuto le dodici. — Tutto bene? — chiese il giovane. Nessuno rispose. — Tutto bene, signor Mannetti? — ripeté alzando la voce. Nulla! Allarmatissimo, Henry si avvicinò in punta di piedi alla porta socchiusa e sbirciò dentro. Sdraiato nella poltrona, tutto avvolto nell'ampia pelliccia, il vecchio giaceva immobile, con gli occhi chiusi. Il cane non si vedeva; tutto taceva nella stanza fredda; le finestre erano spalancate al soffio profumato della notte di maggio: Henry, non osando trasgredire il divieto, non entrò. Pallido e immobile sotto la luce intensa della lampada elettrica, il vecchio sembrava morto; ma Henry ricordava la gaia risposta al suo richiamo di poco prima, che gli annunciava imminente la fine dell'attesa, e non volle pensare al peggio. Ritenne anzi opportuno risparmiare allo zio uno spavento forse inutile e scese in cerca di Abraham Masters. — Sembra morto, Abraham — sussurrò — ma potrebbe anche essere semplicemente addormentato. — Ma sì, vedrà che non sarà nulla! — lo tranquillizzò il brav'uomo. — Vado a prendere la bottiglia del whisky e vengo subito. — E, munito della sua infallibile panacea, seguì Henry fino alla camera grigia. L'italiano non s'era mosso. Il giovane spalancò risolutamente la porta ed entrò con Abraham. Allora, con loro immensa gioia, il vecchio aprì gli occhi e si guardò intorno con aria imbambolata. Ma si riprese subito e, dall'espressione ansiosa dei due, comprese i loro timori. — Mi dispiace immensamente di avervi spaventato — deplorò con un sorriso. — Non temete, sto benissimo. Non so come, mi sono lasciato vincere dal sonno; ma non devo aver dormito a lungo. Che ore sono? È forse già tempo di chiamare sir Walter. — Manca un quarto alle due, signor Mannetti. — Benone! Allora può andare ad avvertire lo zio; il mistero è svelato. — Un sorso di whisky, signore? — offrì Masters. — Ma sì, bravo! Molto volentieri, vi ringrazio. Vi ho fatto paura, eh? Credevate che me ne fossi andato al Creatore anch'io? Avete fatto bene, però, a guardare meglio prima di spaventare sir Walter. Non capisco davvero come mai mi sia addormentato. Mentre lui centellinava il liquore ritemprante, Henry, accompagnato da Masters, scese ad annunciare la buona novella allo zio e alla cugina, i quali Eden Phillpotts
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salirono con lui immediatamente. — Dio sia lodato, Dio sia lodato! — esclamò il vecchio castellano fuori di sé per la gioia entrando nella camera grigia. — Dunque tutto è andato bene? — Benone! Non le hanno detto che ho persino schiacciato un pisolino? Voi, invece, gente di poca fede, non avete chiuso occhio, non è vero? Però il momento di andare a letto non è ancora giunto; immagino che vorrete prima conoscere la risposta dell'oracolo. Vi tratterrò quindi un'altra mezz'oretta; ma non credo che ciò vi sarà di gran sacrificio! — Se non ha nulla in contrario, desidererei che udisse anche il nostro maggiordomo; così lo riferirà domattina a tutta la servitù. — Ma non soltanto la servitù del castello, sir Walter... tutto il mondo dovrà essere informato del mio trionfo! Sono in grado di fornire a tutti le prove più luminose della mia vittoria e il vostro cane lo può attestare... Salutiamo dunque il vecchio Principe che ha sostenuto mirabilmente la sua parte! Henry notò allora che il cane era nuovamente accovacciato ai piedi del vecchio. — Oh, poverino, dorme ancora! — disse Mary, e s'inginocchiò per accarezzarlo. — Ma è freddo! — esclamò ritraendo la mano con un gesto di ribrezzo. — Dorme, povera bestia, e non si desterà mai più — fece Mannetti con voce grave. — Questa è l'ultima vittima della camera grigia. Mi diceste che la sua morte era già decretata... L'eutanasia non ha dunque anticipato che di pochi giorni l'opera sua. Non vi rammaricate per lui; è spirato senza soffrire... — Ma... l'assassino di cui lei parlava?... — balbettò sir Walter tutto sgomento. — L'assassino giace nella sua tomba da quasi cinquecent'anni. — Mi perdoni, ma se non si spiega un po' più chiaro, io non ci capisco un bel niente — borbottò il baronetto irritato. — Com'è morta, dunque, questa povera bestia? Mentre dormiva? — Precisamente. E senza un lamento, senza un sussulto... proprio come sono spirate le altre più nobili vittime che l'hanno preceduta. — E lei che ha assistito alla sua morte è rimasto incolume! — osservò Henry. — Come vedete. Ma mettetevi a sedere... anche il padre Abraham, sì; e Eden Phillpotts
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fra cinque minuti tutto vi sarà chiaro come il sole. Obbedirono tutti in silenzio e il vecchio ripigliò: — Sissignori, siamo di fronte a un assassino, un formidabile assassino, il cui nome risonò sinistramente nei secoli e rinnoverà domani in tutto il mondo la sua fosca rinomanza. Se esiste giustizia oltre la tomba — come voi e io fermamente crediamo — egli sta scontando da secoli le sue scelleratezze. Senonché le sue male arti non cessarono tutte con lui; i suoi misfatti ricaddero sulle teste ignare e innocenti d'innumerevoli vittime e la sua sinistra eredità esercita ancora oggi un nefasto potere. Ma lasciamo queste vane divagazioni e torniamo al nostro povero Principe. Mannetti si chinò ad accarezzare il bracco immobile ai suoi piedi. — Appena voi ve n'andaste, ieri sera, Principe si addormentò. Senza svegliarlo lo deposi sul letto... Sapevo benissimo che non si sarebbe svegliato più. Se voi aveste pensato a questo letto, i miei discorsi di ieri vi sarebbero sembrati assai più chiari e giustificati; ma voi li prendeste, invece, per vane ciance di un vecchio rammollito. Venite un po' a vedere; e così avessero saputo vedere tutti gli altri!... Lo seguirono ed egli mostrò loro il bordo di legno scolpito del gran letto a baldacchino. — Guardate qui. Che cosa rappresenta questo fregio che adorna il capitello delle colonnine doriche? — La tiara papale e le chiavi di San Pietro — rispose pronta Mary. — Benissimo; e dall'altra parte? — Uno scudo gentilizio... una testa di toro in campo rosso... Oh, curiosa! Papà, è identico a quello che osservammo a Firenze! — Ma sì! Ecco perché vi pareva d'averlo veduto altre volte! Allora Virgilio Mannetti lanciò la sua bomba. — Il toro dorato in campo rosso è lo scudo dei Borgia — disse gravemente. — Lo scudo del papa spagnolo, di quell'Alessandro VI d'infausta memoria! Ecco dove sta la chiave del mistero. Stamani, quando vidi questo letto, non ebbi più il minimo dubbio; tutto mi apparve chiarissimo. Ora udirete come morì ciascuna delle cinque vittime. Il caso della vecchia zia mi lasciò, sulle prime, alquanto perplesso; ma ho finito per spiegarmi anche quello. Vedete questo bel materasso foderato di raso? Qui si annida la tremenda insidia che addormenta per l'eternità chiunque si lasci cogliere. Stamattina l'ho intuito, stanotte ne ho fatto la prova. Diciassette minuti precisi dopo ch'ebbi posato qui sopra il povero Principe, Eden Phillpotts
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lui cessò di respirare. Io però non osai toccarlo che cinque ore dopo, vale a dire poco fa, quando mi avete lasciato solo col mio whisky. E che cosa ha ucciso questa povera bestia? Senza dubbio un veleno volatile che il calore stesso del suo corpo fece emanare dal materasso. Io mi sono astenuto, naturalmente, dall'accostarmi al letto finché, raffreddatosi il cadavere, non fosse cessata l'emanazione; finché il demone non fosse rientrato nel suo rifugio, come il genio della favola nella sua ampolla. Quand'è freddo, il materasso è perfettamente innocuo. Cinque ore dovevano essere più che sufficienti perché il corpo sottile e asciutto del cane si raffreddasse completamente; perciò non volli permettere a nessuno di entrare prima che scoccassero le due. — Pure... — azzardò Mary. — Permetta, signora; abbia la compiacenza di ascoltarmi sino alla fine; vedrà che le sue obiezioni cadranno di fronte all'evidenza. Se a qualcuno di voi rimarrà qualche dubbio, sarò pronto a dargli qualunque chiarimento; ma per ora lasciatemi proseguire. Masters, un altro gocciolino, per favore? Il vecchio tornò alla sua poltrona e tutti lo seguirono in silenzio. Egli sorbì il liquore a piccoli sorsi, indi riprese, con l'aria di divertirsi un mondo: — Rifacciamoci dunque al principio e vediamo di ricostruire insieme gli avvenimenti, seguendo lo stesso filo conduttore che mi guidò nelle prime riflessioni. Due fatti mi apparvero soprattutto interessanti e degni di attenzione, come quelli che venivano a complicare singolarmente le cose. Primo, che l'infernale strumento di morte fosse stato, per combinazione, introdotto precisamente in questa camera, già malfamata per una sinistra leggenda. E, del resto, nulla di più naturale: la casa era già piena di tante belle cose; dove collocare i sontuosi mobili giunti di lontano, preziosi, ma ingombranti, se non in un locale in disuso da lungo tempo? A quanto potei subito arguire, né sir Walter né suo padre condividevano la passione dell'avo per gli arredi antichi. Il letto e le poltrone furono quindi relegati in questa camera e, più o meno, dimenticati. Altra circostanza interessante mi sembrò quella che le vittime furono trovate tutte in posizioni diverse, ma tutti, in fondo, da non richiamare un'immediata attenzione sul letto. Voi stessi mi diceste che Hardcastle escludeva qualsiasi nesso fra la morte del capitano May e quella dell'infermiera Forrester, avvenuta dodici anni prima. Sir Walter poi non pensava affatto a connettere queste ultime disgrazie con la morte della sua Eden Phillpotts
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vecchia zia. Voi mi domanderete: come mai non si trovò nei corpi delle vittime alcun segno rivelatore? La morte può colpire in tre modi: per asfissia, per coma e per sincope. Nel primo caso essa mira ai suoi polmoni; nel secondo al cervello; nell'ultimo al cuore. Quando un uomo muore per asfissia, vuol dire che in quel caso l'aria non ha potuto giungere ai polmoni, oppure è stato interrotto l'afflusso del sangue verso di essi, per qualche lesione od occlusione dell'arteria polmonare. Ma non furono di questo genere le morti avvenute qui dentro. Il coma si ha in seguito ad apoplessia o a commozione cerebrale, anche per l'uso di certi narcotici e veleni minerali, e per altre cause ancora, tutte da escludersi nel nostro caso. Rimane dunque la sincope. Varie sono le cause che la producono; ma, sebbene tutti coloro che perirono qui dentro siano morti per sincope, nessuna autopsia potrebbe dirci la causa che queste sincopi ha provocato. Nel momento fatale le vittime erano sole, e nessuno è stato in grado di fornire spiegazioni. Tuttavia — nihil sub sole novi — il dottor Templeman, che certamente avrete inteso nominare, descrisse, fin dal 1893, due casi di morte improvvisa esenti da qualunque sintomo capace di giustificarla. Egli definisce uno di questi casi "inibizione dei moti del cuore in seguito a violenta commozione". Il cuore si era arrestato in diastole — come suole avvenire in simili circostanze — e la morte era avvenuta per sincope. La causa... assolutamente indefinibile. Quello che lo scienziato chiama "inibizione dei moti del cuore in seguito a violenta commozione", noi più volgarmente lo diciamo "choc". Io non sarei contrario ad accettare questa versione anche nel caso nostro. Sappiamo però che qui lo "choc" non ebbe carattere violento, poiché il volto delle vittime non era — a quanto mi fu riferito — per nulla alterato, anzi l'espressione era perfettamente composta e serena. Nei loro occhi non si scorgeva traccia di sofferenza né di terrore, ma piuttosto una certa meraviglia. Eh!... Chissà che il genio dei Borgia non fosse riuscito anche a scoprire il segreto della perfetta eutanasia? Consideriamo ora le vittime a una a una e vediamo di ricostruire le diverse circostanze in cui la morte le colse. Debbo confessare che il primo caso, quello della zia di sir Walter, mi dette non poco filo da torcere, poiché, evidentemente, la vecchia signora non si era coricata sul letto fatale. Ma, quando la morte di Principe mi ebbe dimostrata l'assoluta esattezza delle mie supposizioni, ogni particolare mi apparve perfettamente Eden Phillpotts
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chiarito. Alla scienza ora il compito di precisare la natura della sostanza micidiale contenuta in quel materasso. Ma torniamo alla vecchia signora. A quanto mi è stato narrato, lei insistette per dormire in questa camera, e la mattina dopo fu trovata morta accanto al letto ancora intatto. Come si produsse allora il calore necessario per far sviluppare i letali vapori del veleno? Fu questa considerazione che mi tenne a lungo perplesso; ma poi, riflettendovi meglio, ci sono arrivato. Era Natale — diceste — quindi pieno inverno; la camera, preparata all'ultimo momento, era freddissima; indubbiamente si accese un bel fuoco nel camino e... ecco qui il fatto importante... si mise fra le lenzuola una bottiglia d'acqua calda. La vecchia signora si spoglia e, prima di coricarsi, recita le sue preghiere, poi spegne la candela e solleva le coperte per entrare nel letto. In quel momento i vapori micidiali sviluppatisi col calore della bottiglia la investono in pieno e la disgraziata cade al suolo, fulminata. La mattina dopo, il materasso era freddo e ogni pericolo scomparso. Considerata come fatto a sé, questa morte potrebbe benissimo venire attribuita a cause del tutto differenti; tuttavia, se si pensa agli altri fatti dolorosi che seguirono poi, mi sembra che l'evidenza sia inconfutabile. Voi mi potrete osservare che, fatta eccezione per la Forrester, nessuno degli altri casi parve avere rapporti con quel letto malefico; ma vi potrò dimostrare facilmente che il rapporto esisteva. Per quanto riguarda l'infermiera, la cosa è abbastanza semplice ed evidente. La disgraziata, coricatasi senza dubbio molto stanca, si addormenta subito, prima ancora che il calore del suo corpo giunga a riscaldare il materasso, e passa senz'avvedersene dal sonno alla morte. Quando, la mattina seguente, dopo averla chiamata invano, si entra in camera, il suo piccolo corpo è già freddo e il demone è tornato ad acquattarsi nel suo nascondiglio. Se lei fosse stata grande e grossa, probabilmente il suo corpo avrebbe conservato il calore più a lungo, esponendo così a un grave rischio chiunque le si fosse avvicinato. Non si può stabilire con precisione il tempo necessario a una salma per raffreddarsi completamente; ma, in condizioni normali, occorrono da sei a otto ore. Per Principe, ridotto ormai a pelle e ossa, cinque ore sono state più che sufficienti. Nel caso del compianto capitano May le cose si svolsero in modo affatto diverso. Mi duole di essere costretto a riaprire una così recente piaga nel vostro cuore, ma posso assicurarvi che lui non ha sofferto più degli altri. Eden Phillpotts
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Coricatosi sul nudo materasso, con la veste da camera arrotolata a mo' di cuscino e uno scialle da viaggio per coperta, il calore del suo corpo giovane e vigoroso deve avere immediatamente suscitato quegli effluvi fatali. Nel dormiveglia che precedette il sonno i suoi sensi dovettero percepire una strana sensazione fisica che lo colmò di stupore. Il capitano aveva ormai respirato la morte; ma il suo cervello era ancora in grado di ragionare e di comandare ai muscoli. Non soffriva, ma era meravigliato di quella bizzarra sensazione... chissà, forse un odore indefinibile, poco comune, un senso di oppressione che non riusciva a spiegarsi... non potrei precisare che cosa, ma non certo dolore, né spavento, poiché l'espressione del suo volto era rimasta perfettamente calma e serena; soltanto aveva, come mi diceste, un'aria stupita. Balza dal letto e corre al balcone in cerca d'aria pura. S'inginocchia sul sedile e spalanca i vetri; o forse erano già aperti... ma questo non ha importanza. Troppo tardi! Il terribile veleno ha già compiuto la sua opera; ha appena il tempo di appoggiarsi al parapetto, e la morte lo ghermisce. Da dove è venuta la visitatrice silenziosa? Chi pensa più al letto? Forse non vi si era nemmeno coricato — così hanno ritenuto i giurati — anzi, se non erro, l'inchiesta mise appunto in evidenza questo particolare. Eppure io vi assicuro che tutto si è svolto come vi ho detto. Se il giovane non si fosse disteso sul letto, la candela si sarebbe consumata fino in fondo; invece fu trovata quasi intatta. Evidentemente, egli l'aveva spenta al momento di coricarsi. Neppure il caso del detective sembra aver nulla a che fare col letto dei Borgia; Eppure vedrete che io vi persuaderò del contrario: Peter Hardcastle, rimasto solo, per poter studiare la questione con maggior tranquillità, fa un giro per la camera, poi si mette a sedere e butta giù alla meglio uno schizzo e qualche rapido appunto. Allora, per associazione di idee, gli vengono in mente alcune considerazioni di carattere generale che gli sembrano forse utili per il manuale che sta compilando, e si attarda, seduto sul letto, ad annotarle sul suo taccuino. Quanto tempo sarà rimasto in quella posizione? Non molto, probabilmente; ma abbastanza per far salire sotto di sé la temperatura del materasso fino al punto di liberare le subdole esalazioni. Sorpreso, al pari del capitano May, da una sensazione insolita e indefinibile, Hardcastle balza in piedi e si allontana di qualche passo; ma le forze gli vengono meno, penna e taccuino gli sfuggono dalle mani e stramazza al suolo... per non alzarsi più! Quando il signor Henry Eden Phillpotts
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entra in camera, il cadavere è ancora caldo, ma il letto ha avuto il tempo di raffreddarsi ed è nuovamente innocuo. Rimane il pastore, il reverendo Septimus May. Questo — lo sappiamo — non si coricò né sedette sul letto. Che cosa avvenne dunque? Nulla di più semplice. Trascorsa quasi tutta la notte in preghiera, inginocchiato vicino al letto, verso l'alba, già molto stanco, distende le braccia sul materasso, vi pose il capo e rimase a lungo in tale posizione, continuando a pregare. Prodottasi la temperatura necessaria, il veleno si sviluppa, lui lo respira... e cade riverso sul pavimento; è andato!... In pochi minuti il letto si sarà nuovamente raffreddato. Quanto ai quattro detective, non fu che un puro caso se nessuno di essi vi ha lasciato la pelle. Se uno di loro si fosse seduto o, peggio, sdraiato sul letto, sarebbe morto sotto gli occhi dei compagni senza che potessero comprenderne la causa. Non è da escludersi tuttavia che la maschera contro i gas valesse a proteggerli; ma non sono in grado di garantirlo; e piuttosto, anzi, ne dubiterei. Ecco tutto, amici miei. Ora avete un'idea dei portentosi capolavori d'infamia di quell'insigne scellerato che fu il Borgia. La sua ricchezza e la sua potenza gli permisero di giovarsi dei più abili alchimisti del suo tempo; i veleni più sottili e potenti costituirono l'arma preferita per i suoi fini perversi, poiché, compiuto il delitto, ogni traccia rivelatrice spariva. Sono cose che farebbero pensare alla magia nera, non è vero? Ma la chimica possiede ben altri segreti! E se noi non riusciamo sempre a spiegarli al giorno d'oggi, figuratevi a quei tempi, in cui l'ignoranza e la superstizione attribuivano facilmente a cause e influenze soprannaturali qualunque avvenimento che si distaccasse un po' dal comune. Questo materasso darà parecchio filo da torcere agli scienziati, sir Walter; glielo dico io! Essi non mancheranno di esaminarlo dentro e fuori, di farne oggetto di lunghi studi e d'infiniti esperimenti; ma non mi stupirei che il genio e la scaltrezza dei nostri avi riuscissero anche questa volta a metterli nel sacco. E adesso andiamo a dormire — concluse Virgilio Mannetti alzandosi. — Masters, per favore, volete chiamarmi Stefano? I padroni di casa, entusiasmati e commossi, gli si strinsero affettuosamente intorno. — Ci sarebbe dell'altro da aggiungere — disse il vecchio ricambiando le calorose strette di mano — ma ne riparleremo domani. Ora sono stanco e Eden Phillpotts
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anche voi avrete bisogno di riposo. Buona notte a tutti. Quest'avventura resterà, per me, una delle più felici della mia vita! Il giorno seguente, in cucina, Masters riferì ampiamente alla servitù gli avvenimenti della notte e il racconto del "forestiero". — Volete sentire la mia? — concluse infine. — Quando vi dicevo che quello lì era più giovane di quanto ci volesse dare ad intendere mi sbagliavo di grosso. Quello è più vecchio del cucco, cari miei; più di quella diavoleria che ha scoperto nella camera grigia. Dev'essere un figlio di Satanasso, a dir poco, e il povero Principe l'ha ammazzato lui con le sue mani. Nessuno lo verrà mai a sapere; ma, secondo me, dev'essere anche lui uno di quei Borgia della malora!
13. Conclusione Sir Walter passeggiava in giardino con Henry a Mary nel chiaro mattino di maggio. — Bisognerebbe informare la polizia delle scoperte di stanotte — diceva il baronetto — ma vorrei prima consigliarmi col signor Mannetti. — Eccolo che sta scendendo — annunciò Mary. — Com'è abbattuto; sembra invecchiato di dieci anni! — Sono molto stanco — dichiarò il vecchio appena li ebbe raggiunti. — Stefano anzi non voleva che mi alzassi e parlava di chiamare il medico. — Ho invitato a colazione il dottor Mannering per metterlo a parte della sua grande scoperta, se crede, potrà chiedergli un consiglio. — Ma non stia in piedi, signor Mannetti, venga a sedersi su questa panchina al sole. Ha proprio l'aria un po' sofferente — disse Mary. — Oh, non è nulla. È l'effetto della tensione nervosa di stanotte; cosa ben naturale, del resto. Ma, se ricordate, avevo ancora qualcosa da dirvi. Non vi siete mai domandati come mai mi sia venuto in mente d'immischiarmi in questa vostra faccenda? — No, a dire il vero, non ci abbiamo mai pensato. — A ogni modo, immagino che non vi dispiacerà saperlo. Come già ebbi a scriverle, sir Walter, il comune amico colonnello Vane mi parlò casualmente delle vostre dolorose vicende e fu proprio lui a farmi venire la voglia di occuparmene. Mi descrisse minutamente la famosa camera grigia e i magnifici mobili antichi che vi sono dentro. E furono questi mobili Eden Phillpotts
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appunto che ridestarono in me un lontano ricordo. Già il vostro casato non m'era riuscito nuovo; e ora, ricollegandolo coi mobili antichi, ricordai perfettamente di aver udito, fin da ragazzo, narrare da mio padre la storia di un certo letto scolpito, con le relative poltrone, disputatigli a suon di sterline da un gentiluomo inglese chiamato Lennox. Mio padre che, come suo nonno, sir Walter, era profondo intenditore e appassionato collezionista di mobili preziosi, conosceva tutta la storia di quei suoi arredi — che sono opera di un insigne artista del Quattrocento al servizio di papa Alessandro VI — e sapeva che, fin dalla metà del secolo XVIII, essi facevano parte di una ricchissima collezione di Valenza. Quando — forse cent'anni fa — la collezione fu messa all'asta, mio padre si sobbarcò un viaggio a Valenza — impresa eroica, a quei tempi — pur di non lasciarseli sfuggire. Ma, ahimè, la borsa di sir John Lennox era assai meglio fornita di quella di mio padre, e il letto papale e le relative poltrone vennero aggiudicati al ricchissimo baronetto inglese. E fu precisamente collegando il nome di Lennox con la descrizione dei mobili che mi balenò il pensiero di una possibile spiegazione del vostro enigma. Giunto qui, lo stemma dei borgia scolpito sul letto mi convinse delle mie teorie, confermate adesso in modo evidente dalla fine del povero Principe. — Non potremo mai esprimerle tutta la nostra riconoscenza per la sua infinita bontà a nostro riguardo, signor Mannetti — esclamò sir Walter — e la nostra sconfinata ammirazione per il suo genio! Ma l'altro protestò sorridendo: — Eh, via, non esageriamo! Genio è parola troppo grossa per i miei modesti meriti. Dopotutto, non ho fatto niente di straordinario. Chiunque possedesse le stesse cognizioni avrebbe potuto fare altrettanto. Quanto alla riconoscenza — ammesso che me ne dobbiate — vi offro l'occasione di dimostrarmela in modo assai semplice. Da uomo pratico e sincero, vi confesso francamente il mio gran desiderio di possedere il letto dei Borgia con le due poltrone scolpite che mio padre non riuscì allora a conquistare, e vi prego — se non vi sembro indiscreto — di volermele cedere a un prezzo ragionevole. Non sembra giusto anche a voi che i mobili del papa ritornino a Roma? Sarà un capriccio, ma ho una voglia pazza di dormire nel letto in cui il principe Djem esalò l'ultimo respiro. Poiché, siatene pur certi, questo fu un dono che gli fece Alessandro VI. Oh, i Borgia erano splendidi quando si trattava di regali di questo genere!... — Il letto e le poltrone le appartengono, caro signor Mannetti, e così Eden Phillpotts
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quant'altro si trova in quella camera, se le possa far piacere. — Ma, sir Walter, non potrò mai accettare... — Non ne parliamo nemmeno, e creda pure che noi resteremo sempre in debito... — Io la ringrazio, allora, caro amico, e accetterò il suo dono magnifico, poiché so bene che, per un animo come il suo, la gioia del dare è assai più grande di quella del ricevere. Mah!... Chissà quanti altri misfatti avrebbe compiuto quel letto terribile se non ne avessimo scoperto l'insidioso segreto! Io spero invece di dormirvi ancora qualche sonno tranquillo. Il materasso però non lo voglio, sir Walter. No; lei ne potrà fare un presente all'Istituto di Chimica dell'Università di Londra. Il simpatico vecchio si trattenne ancora qualche giorno al castello, con grande gioia dei suoi nuovi amici; poi, completamente riposato, ripartì per l'Italia, portando con sé i suoi tesori e la formale promessa del castellano di rendergli la visita a Roma con Mary entro l'anno. E Chadlands rivide, per l'ultima volta, gl'incaricati di Scotland Yard, i quali imballarono con infinite precauzioni il bel materasso di raso, fonte di tanti disastri, e lo portarono a Londra per farlo esaminare dagli esperti. Oramai, per chi ne conosceva il portentoso segreto, esso non presentava più alcun pericolo. Sei settimane dopo, una lettera partì da Chadlands alla volta di Roma. Il baronetto comunicava, a modo suo, all'amico Mannetti le conclusioni degli esperti. Egli scriveva: Nella lana del materasso, e nella fodera di raso che lo ricopriva, non è stata rinvenuta nessuna sostanza venefica. Ma attorno al materasso stesso, sotto la fodera, era attorcigliato un filo metallico, d'un metallo più leggero dell'alluminio. Sottile quanto un capello, ricopriva il materasso con spire tanto fitte, che si calcola ve ne sia per un 50.000 metri di lunghezza. Questo filo, sottoposto a vari esperimenti, è risultato estremamente sensibile al calore e, anche a una temperatura notevolmente inferiore a quella del corpo umano, ha manifestato una emanazione di estrema potenza. Due grossi coleotteri, posati su quel filo, sono morti in poche ore. Immerso nell'acqua a temperatura moderata, ne ha distrutto in pochi istanti qualunque microrganismo e, in Eden Phillpotts
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qualche minuto appena, rane e pesci di notevole grandezza. Un gatto è stato ucciso in otto minuti, una scimmia in dieci. Le vittime non hanno dato il minimo segno di sofferenza; la morte le ha colte all'improvviso, come un sonno irresistibile, né si è potuto mai rintracciare nei vari animali uccisi un qualsiasi indizio di lesione organica. Il filo consiste in una lega di metalli non ancora ben determinati. Non è un amalgama, poiché non contiene mercurio. Lo spettroscopio vi ha rivelato invece tracce di tallio e di elio; ma non è stato possibile, a tutt'oggi, spiegare l'origine della eccezionale radioattività che manifesta, e delle sue esalazioni mortifere. I periti chimici sospettano perfino che si tratti di un elemento ancora ignoto alla scienza moderna, forse destinato a occupare uno dei posti ancora vacanti della scala atomica. I mezzi tecnici di cui essi dispongono si rivelano insufficienti a individuarlo. Il filo verrà ora sottoposto ad altre prove radiochimiche, col mezzo di elettroscopi, spinteroscopi e che so io. Esso fonde a temperatura più bassa del piombo, ma la fusione non gli fa perdere nulla della sua tremenda efficacia. Raffreddato, conserva infatti invariate tutte le sue caratteristiche, e appena messo a contatto con una sorgente di calore agisce tale e quale. Ma nello stato di fusione la sua efficacia aumenta grandemente, al punto da uccidere in pochi istanti qualunque organismo vivente alla distanza di un metro. Non è stato possibile isolare finora nessun agente specifico; l'azione sembra legata alla composizione stessa della lega metallica. L'emanazione del filo riscaldato ad ogni modo è molto tenue, e sembra avere piuttosto il carattere d'una radiazione che di un effluvio. La maschera per i gas asfissianti non ha alcun potere protettivo contro il terribile tossico, il quale, a quanto pare, penetra nell'organismo dal punto che gli è più vicino; nessuna protezione efficace ha potuto essere scoperta finora. Appena ne sapremo di più, mi farò premura d'informarla di tutto — concludeva lo scrivente. — Ma rammento i dubbi da lei espressi circa l'esito delle ricerche scientifiche a tale proposito e sono propenso a credere che anche in questo lei avesse perfettamente ragione; non sarà facile venire a capo dell'orribile Eden Phillpotts
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segreto. Il dottor Mannering dice che vi sono degli elementi con molte proprietà oscure; che non si è mai sospettato, per esempio, che le leghe metalliche potessero dar luogo a simili sorprese. Comunque, la terrò informata di ogni nuova esperienza. Il signor Mannetti, rispondendo al baronetto, gli esprimeva la particolare soddisfazione che gli procurava il dormire nel letto dei Borgia. Finora i miei sogni non sono stati allietati da insolite visioni — egli scriveva — ma non rinuncio alla speranza che il principe Djem voglia rivedere, una volta o l'altra, il giaciglio del suo ultimo sonno e mi conceda l'onore di un breve colloquio. Chissà quante cose interessanti apprenderemo da lui sul conto del suo illustre assassino! Quanto al filo metallico, mi permetta di esporle un 'opinione che, buona o cattiva, non potrà certo essere confutata da chicchessia. Io ritengo si tratti semplicemente di questo. A un abile alchimista del tempo, manipolando nei suoi crogioli le più svariate sostanze col miraggio di scoprire il chimerico elisir di lunga vita o la pietra filosofale, avvenne, per puro caso, di comporre questa lega di metalli. Ciò costituì probabilmente per lui una fortuna pari alla scoperta della pietra filosofale, poiché il magnifico pontefice non soleva lesinare le ricompense a chi gli forniva così valida assistenza nelle sue diaboliche imprese. Basta!... La scienza moderna non esclude affatto che un giorno si possa giungere all'oro, diremo così, per transustanziazione. E tanto meglio per le generazioni future... se anch'esse saranno travagliate dalla funesta passione per il metallo maledetto. Mi ricordi affettuosamente a tutti i buoni amici di Chadlands, e non dimentichi che io attendo la vostra visita con grande impazienza. Non tardate a mantenere la promessa, perché a ottant'anni suonati non si ha molto tempo da perdere, e non vorrei che doveste rimpiangere di aver procurato l'ultima delusione al vostro recente, ma affezionatissimo amico Virgilio Mannetti FINE Eden Phillpotts
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