H. Cyril McNeile (Sapper)
La Banda Nera The Black Gang © 1995 Il Giallo Economico Classico - N° 92 - 23 settembre 1995
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H. Cyril McNeile (Sapper)
La Banda Nera The Black Gang © 1995 Il Giallo Economico Classico - N° 92 - 23 settembre 1995
Personaggi principali Sir Bryan Johnstone Mc Iver Hugh Drummond Phyllis Il Conte Zadowa Reverendo Theodosius Longmoor Janet
capo della Scientifica ispettore capo di Scotland Yard investigatore dilettante sua moglie uomo d'affari pastore caritatevole sua figlia
1. Dove accadono delle cose vicino Barking Creek Il vento ululava lugubre intorno a una casa isolata che si trovava quasi sulle sponde di Barking Creek. Era il crepuscolo di un mattino autunnale, e solamente l'urlo stridulo di un gabbiano, che sovrastava il vento, rompeva di tanto in tanto il silenzio di quella distesa piatta e desolata. La casa sembrava disabitata. Tutte le finestre erano sbarrate; il giardino, trascurato, era un ammasso di erbacce; il cancello che dava sulla strada, sentendo a quanto pare la mancanza di un cardine superiore, si era appoggiato obliquamente su quella che una volta era stata un'aiuola. Pochi, tetri alberi che ondeggiavano lugubremente al vento circondavano la casa completando il quadro, che avrebbe indotto anche l'uomo meno ricco di immaginazione a stringersi nel suo cappotto e a rallegrarsi per aver avuto in sorte di non vivere in un simile luogo. D'altronde ben pochi si avvicinavano abbastanza alla casa da osservare il suo aspetto sinistro. La strada, poco più di una carraia, che passava davanti al cancello era fuori mano; solamente qualche pescatore o contadino la percorreva di tanto in tanto, e per di più di giorno, quando le cose H. Cyril McNeile (Sapper)
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assumono le giuste proporzioni, ed essa era semplicemente una casa abbandonata che cadeva a pezzi per mancanza di cure. Di notte si cercava di evitarla; la gente diceva che dodici anni prima un intruso troppo curioso aveva trovato le ossa di uno scheletro sul pavimento di una delle stanze del primo piano, con una corda ammuffita fissata intorno a una delle travi del soffitto. E la casa era rimasta disabitata per venti anni. Anche allora, quando con vento di Est e Nord-est la marea avanzava, c'era qualcuno che diceva che si poteva scorgere il bagliore di una luce attraverso le fessure delle persiane in quella stanza al piano di sopra, e che chi si fosse arrampicato fin lì avrebbe visto non uno scheletro, ma un corpo dal volto purpureo e dagli occhi fissi che dondolava dolcemente avanti e indietro, sospeso per il collo a una trave con una corda che non mostrava alcuna traccia di muffa. Ridicolo, naturalmente; d'altra parte queste superstizioni locali esagerano sempre. Talvolta la cosa può pure rivelarsi utile, in quanto esse consentono di sottrarsi agli occhi indiscreti dei pettegoli locali in modo molto più economico ed efficace di alti muri, chiavistelli e spranghe. Questo, a ogni modo, sembrava pensare uno dei due uomini che stavano percorrendo di buona lena il sentiero accidentato. - Notevole - osservò, sostando davanti all'ingresso del viale infestato dalle erbacce. - Davvero notevole, amico mio. Una casa con questa posizione è un bel vantaggio, e se poi è pure abitata dai fantasmi allora diventa una benedizione. Parlava inglese perfettamente, con un lieve accento straniero, e il suo compagno annuì bruscamente. - Da quello che ho sentito dire fa al caso nostro - rispose. Personalmente penso che sia un posto dannato, ma visto che eravate così contrario a venire a Londra dovevo pur trovare qualche cosa da queste parti. I due uomini cominciarono a risalire lentamente il sentiero. Rami grondanti umidità lambivano i loro volti e, involontariamente, tirarono su il bavero del cappotto. - Chiarirò le mie ragioni a tempo debito - disse il primo all'improvviso. Sappiate che sono valide. E quello cos'è? L'uomo si girò ansimante afferrando il braccio del compagno. - Niente - gridò l'altro seccato. Per alcuni istanti rimasero immobili, scrutando l'oscuro sottobosco. - Che cosa pensate che fosse? H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Mi pareva di aver sentito un arbusto scricchiolare, come se qualcuno si fosse mosso - disse, allentando la presa. - Deve essere stato il vento, credo. Continuò a scrutare con timore quel giardino tenebroso, finché l'altro non lo spinse rudemente verso la casa. - Certo che era il vento - bofonchiò stizzito. - Per amor del cielo, Zaboleff, non vi innervosite. Se vi ostinate a venire in un posto infernale come questo per sbrigare un piccolo, normalissimo affare dovete aspettarvi anche qualche rumore e suono insolito. Entriamo; gli altri dovrebbero essere già qui ormai. Non ci vorrà più di un'ora, e potete essere nuovamente a bordo molto prima dell'alba. L'uomo che era stato chiamato Zaboleff smise di guardare sulla sua spalla e seguì l'altro, attraverso un'inferriata decrepita, fino al retro della casa. Si fermarono davanti alla porta posteriore, alla quale la guida bussò tre volte in un modo particolare. Era chiaro che si trattava di un segnale convenuto, perché di lì a poco si udirono passi furtivi lungo il corridoio. Un uomo aprì la porta con cautela, fece capolino e subito dopo la spalancò con un leggero sospiro di sollievo. - Siete voi, Signor Waldock, vero? - bofonchiò. - Sono contento che ce l'abbiate fatta. Questo posto ci sta dando sui nervi. - Sera, Jim. - L'uomo entrò, seguito da Zaboleff, e la porta si chiuse dietro di loro. - La barca del nostro amico era un po' in ritardo. Ci sono tutti? - Sì - rispose l'altro. - Ci siamo tutti e sei. E secondo me abbiamo voglia di spicciarci prima possibile. Ha - la sua voce si ridusse a un rauco bisbiglio - ha portato i soldi? - Ogni cosa a suo tempo - disse Waldock seccamente. - Qual è la stanza? - Eccola, capo. - Jim spalancò una porta. - Vi dovete sedere per terra, perché le sedie non sono sicure. Due candele languivano su un tavolo quadrato al centro della stanza, rischiarando i volti dei cinque uomini seduti sul pavimento, appoggiati alle pareti. Tre di loro erano esemplari umani indefinibili, simili alle migliaia di individui che si affrettano a raggiungere la City al mattino con i treni dei pendolari; erano i classici impiegatucci con le dita gialle a forza di fumare sigarette da due soldi; i tipi che urlano insulti all'arbitro durante la partita del sabato. Eppure un osservatore attento avrebbe potuto leggere dell'altro sui loro visi: uno sguardo ingordo, uno sguardo equivoco e infido, lo sguardo di chi è geloso di chiunque abbia una posizione migliore della sua, incapace di abbozzare un tentativo di migliorare la propria posizione che H. Cyril McNeile (Sapper)
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non sia quello, molto relativo, di ritirare sempre in ballo certe conoscenze più fortunate; lo sguardo di piccoli uomini, insoddisfatti non tanto della propria pochezza, quanto della grandezza di altri uomini. Un trio dall'aspetto ostile con quella infarinatura di educazione che è la cosa più pericolosa; tutti e tre dipendenti del signor Waldock. Gli altri due erano ebrei; vestiti con una certa appariscenza, chiaramente patiti di bigiotteria. Se ne stavano seduti in disparte, parlando a bassa voce, ma quando la porta si aprì la loro conversazione cessò all'improvviso e guardarono i nuovi arrivati con lo sguardo acuto e indagatore proprio della loro razza. A malapena degnarono Waldock di uno sguardo; era lo straniero Zaboleff che monopolizzava la loro attenzione. Scrutarono ogni singolo dettaglio di quell'astuto volto straniero: la pelle olivastra, gli occhi scuri e penetranti, la bella barba appuntita; lo squadrarono come un pugile squadra il proprio avversario, o come un uomo d'affari valuta attentamente il suo interlocutore nel corso di un accordo; poi ripresero a discorrere tra loro con un tono di voce che era poco più di un sussurro. Fu Jim a rompere il silenzio, o meglio Flash Jim come veniva chiamato nei posti che bazzicava. - Perché non ce ne andiamo da qui, capo? - osservò abbozzando un bel sorriso. - In questa casa non ci verrei certo a passare una splendida luna di miele. Con un gesto brusco Waldock lo fece tacere e si avvicinò al tavolo. - Questo è Zaboleff, signori - disse con calma. - Siamo un po' in ritardo, temo, ma per cause di forza maggiore. Lui vi spiegherà per quale motivo vi è stato chiesto di venire qui e non ci siamo incontrati nel nostro abituale luogo di ritrovo a Soho. Indietreggiò di un paio di passi e Zaboleff prese il suo posto. Per alcuni istanti osservò quelle facce volte verso di lui con aspettazione; poi, appoggiando le mani sul tavolo che gli stava davanti, si protese verso di loro. - Signori - cominciò, e l'accento straniero parve un po' più pronunciato vi ho chiesto di venire qui stanotte tramite il mio buon amico, il signor Waldock, perché siamo venuti a sapere, non importa come, che Londra non è più un luogo d'incontro sicuro. Sono successe un paio di cose, negli ultimi tempi, che non possiamo assolutamente sottovalutare. - Che razza di cose? - interruppe Flash Jim ruvidamente. - Stavo per dirvelo - osservò affabilmente il primo, e Flash Jim si placò, H. Cyril McNeile (Sapper)
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confuso. - Il nostro capo, con il quale ho trascorso la serata di ieri, è molto preoccupato al riguardo. - Avete trascorso la scorsa notte con il capo? - disse Waldock, con la voce pervasa da un fremito di eccitazione, mentre gli altri si sporgevano in avanti con impazienza. - Allora, è in Olanda? - C'era ieri sera alle sei - rispose Zaboleff con un sorriso incerto. Quanto a oggi non ne so più di voi. - Chi è quest'uomo di cui sentiamo sempre parlare e che non vediamo mai? - chiese uno dei tre impiegati in modo aggressivo. - Egli è ... il Capo - replicò l'altro, mentre i suoi occhi sembravano trapanare il cervello del primo. - Tutto qui, nient'altro. E questo vi basti. Il suo sguardo vagò per la stanza e gli ascoltatori si rilassarono. - A proposito, non c'è una fessura in quella persiana? - Tutto a posto - grugnì Flash Jim. - Chi passa penserà che ci sia un fantasma. - In ogni modo per favore copritela - ordinò Zaboleff, e uno degli ebrei si alzò e infilò il suo fazzoletto da tasca nella fessura. Mentre faceva ciò tutti tacquero nella stanza, e solamente il lugubre grido di un gufo, fuori, rompeva il silenzio. - I gufi sono le uniche cose che vengono in questo dannato museo - disse Flash Jim cupamente. - Gufi e maledetti scemi come noi. - Chiudi il becco, Jim! - ringhiò furioso Waldock. - Altrimenti penseranno che hai bisogno di una bambinaia. - Signori, per favore. - Zaboleff levò una mano in segno di protesta. Non vogliamo dilungarci troppo, però alcune spiegazioni sono necessarie. Torniamo, quindi, a questi recenti avvenimenti, che ci hanno imposto un altro luogo di ritrovo questa sera, al quale ha provveduto così cortesemente il nostro amico, il signor Waldock. Tre messaggeri, inviati nelle ultime tre settimane, che portavano istruzioni e, ciò che è più importante, denaro, sono scomparsi. - Scomparsi? - fece eco Waldock stupidamente. - Dissolti nel nulla. Denaro compreso. Altri due sono stati maltrattati in modo abominevole e derubati dei soldi, ma per qualche strana ragione gli è stata concessa libertà. È da loro che abbiamo ottenuto le nostre informazioni. - Accidenti! - brontolò Jim - è la polizia? - Non è la polizia, e per questo il fatto è così serio - rispose Zaboleff con H. Cyril McNeile (Sapper)
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calma, mentre Flash Jim tirò un sospiro di sollievo. - È facile rimanere nella legge ma, se le nostre informazioni sono esatte, abbiamo a che fare con un gruppo che non agisce affatto nell'ambito della legge. Un gruppo del tutto privo di scrupoli ed estremamente spietato; un gruppo che sembra conoscere bene quanto noi i nostri piani segreti. E il problema, signori, è che sebbene da un punto di vista legale, in conseguenza dell'assurda legislazione di questo paese, noi stessi possiamo rimanere nella legge, tuttavia non possiamo certo permetterci di ricorrere alla protezione della polizia. Le nostre attività, benché ufficialmente consentite, non sono di natura tale da consentirci di appellarci alle autorità inglesi. Soprattutto in questo frangente. Voi ricorderete che per aver istigato allo spargimento di sangue a Cowdenheath, qualche mese fa, sotto il nome di Mac Tavish, io sono stato bandito. Così sebbene il nostro movimento sia legale, la mia presenza in questo paese non lo è. Per questo era di fondamentale importanza il fatto che questa notte non venissimo disturbati. Non solo siamo tutti alle prese con questa banda sconosciuta ma, per di più, io ho a che fare con la polizia. - Avete qualche informazione riguardo a questa banda? - Era l'ebreo che aveva chiuso la fessura nelle persiane che prendeva per la prima volta la parola. - Nessuna utile, salvo che sono mascherati di nero e indossano lunghi mantelli neri. - Si fermò un attimo, come per raccogliere i suoi pensieri. Sono tutti armati, e Petrovitch, uno degli uomini lasciati fuggire, ha molto insistito su un particolare, relativo al capo della banda, che ha descritto come un uomo dalla forza fisica davvero smisurata; un gigante potente come due uomini forti. Ha detto... Ah, Mein Gott! La sua voce divenne un urlo e si fece piccolo per la paura, mentre gli altri, col terrore sui volti, balzarono su dalle loro sedie e si rannicchiarono tutti insieme negli angoli della stanza. Un uomo enorme stava sul vano della porta, vestito dalla testa ai piedi di nero. In ogni mano aveva un revolver, con cui tenne sotto tiro gli otto occupanti durante quei pochi attimi in cui una mezza dozzina di uomini travestiti in modo simile sfilarono dietro di lui e presero posizione intorno alle pareti. E Waldock, un po' più istruito del resto dei suoi amici, si ritrovò a pensare alle vecchie storie dell'Inquisizione Spagnola e dei Dogi di Venezia, proprio mentre si rannicchiava ancora più vicino al tavolo. - Rimanete intorno al tavolo, tutti quanti. H. Cyril McNeile (Sapper)
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L'uomo sulla porta parlava con una voce singolarmente profonda, e come pecore gli obbedirono tutti, tranne Flash Jim. Perché quel tomo, un grande imbroglione, non era però privo di coraggio fisico. Con la polizia sapeva recitarla bene la scena, ma questa non era la polizia. - Che dia... - ringhiò e non poté proseguire. Qualcosa lo colpì alla testa, vide tantissime stelle danzargli davanti e, con un grugnito soffocato, cadde rumorosamente bocconi. Seguirono alcuni istanti di silenzio, e poi di nuovo parlò l'uomo sulla porta. - Allineate questi individui. In un attimo gli altri sette uomini furono schierati in fila, mentre dietro di loro si trovavano sei figure nere immobili. Allora il gigante si portò lentamente davanti a loro, scrutando ogni singolo volto. Non disse una parola fino a quando raggiunse la fine della riga e poi, conclusa la sua ispezione, tornò sui suoi passi e si appoggiò alla parete di fronte. - Una collezione nauseante - osservò pensieroso. - Una covata ributtante. Chi sono i tre moscerini tremanti sulla destra? - Quelli sono tre miei impiegati - disse Waldock ostentando arie da duro. - E mi piacerebbe sapere ... - A suo tempo - rispose la voce profonda. - Tre vostri impiegati, dunque; imbevuti delle vostre idee depravate, suppongo, e ansiosi di seguire le orme paterne? Abbiamo qualcosa di particolare contro di loro? Non ci fu risposta da parte degli uomini mascherati, e il capo fece un segno. Immediatamente i tre impiegati atterriti furono afferrati e spinti, con le membra tremanti, davanti a lui. - Ascoltatemi, voi tre vermiciattoli. - Con grande sforzo quelli si ricomposero, mentre un raggio di speranza attraversava le loro menti: forse se la sarebbero cavata a buon mercato. - A me e ai miei amici non piacciono le persone come voi. Vi incontrate in posti segreti e, nelle vostre menti ripugnanti, macchinate loschi intrighi che, per quanto incredibile possa sembrare, hanno avuto finora molto successo in questo paese. Voi non siete interessati agli intrighi, ma ai soldi che vi danno per attuarli. Questo per voi è il primo e ultimo avvertimento. La prossima volta sarete trattati in modo diverso. Toglietevi dai piedi. E vedete di non fermarvi. La porta si chiuse dietro di loro e due uomini mascherati; si sentì il suono di calci ben assestati, e grida di dolore; poi la porta si aprì di nuovo e gli uomini mascherati rientrarono. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Se ne sono andati - comunicò uno di loro. - Gli abbiamo dato una spintarella. - Bene - disse il capo. - Continuiamo l'ispezione. Chi sono questi due giudei? Un uomo si fece avanti e li esaminò attentamente, poi si avvicinò al capo e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. - È così? - Una nuova e terribile nota si insinuò nella sua voce profonda. - A me e ai miei amici non piacciono i vostri affari, porci. Per fortuna abbiamo portato gli attrezzi adatti alla bisogna. Andate a prendere il gatto a nove code. In silenzio uno degli uomini lasciò la stanza e, poiché le sue intenzioni toccarono nel vivo i due ebrei, questi si gettarono proni implorando pietà. - Imbavagliateli. L'ordine arrivò secco e chiaro, e in un attimo i due uomini, che si agitavano convulsamente, furono afferrati e imbavagliati. Solamente i loro occhi roteanti e le mani tremanti rivelavano il loro terrore quando si trascinarono in ginocchio verso l'impassibile capo. - L'uso del gatto in casi di questo tipo è legale - osservò. - Stiamo semplicemente anticipando la legge. In preda a gemiti sempre più forti i due ebrei videro entrare, dalla porta aperta, una inesorabile figura nera, che teneva in mano un bastoncino dal quale pendevano nove fruste. - In nome del cielo! - ansimò Waldock, balzando in avanti. - Che cosa volete fare? - Fustigateli fin quasi a ucciderli - disse la voce profonda. - È la punizione per il loro modo di guadagnarsi la vita. Cinque e sei, mi raccomando. Quando avete finito portateli nella macchina numero 3 e scaricateli a Londra. Divincolandosi disperatamente gli ebrei furono condotti via, e il capo passò agli ultimi due. - Così, Zaboleff, alla fine siete venuto. Che sciocco, non vi pare, tenuto conto della polizia? - Chi siete? - mormorò Zaboleff, con le labbra tremanti. - Sono un collezionista e sto raccogliendo persone come voi. La polizia nel nostro paese è eccessivamente gentile con la vostra razza, anche se stasera non lo sarebbe stata se io non fossi intervenuto. Ma non potevo permettere che loro vi prendessero; voi siete un esemplare molto pregiato. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Non credo a ogni modo che abbiate progettato molto bene questa vostra visitina frettolosa. Naturalmente io ne ero al corrente, ma devo confessare di essere rimasto sorpreso quando ho scoperto che anche la polizia lo sapeva. - Che cosa intendete dire? - chiese l'altro con voce rauca. - Intendo dire che al nostro arrivo qui abbiamo constatato, con nostra sorpresa, che la polizia ci aveva preceduto. Casa frequentata, questa, stasera. - La polizia! - mormorò Waldock sconcertato. - Proprio così, guidata dall'ispettore Mc Iver in persona. Hanno circondato completamente la casa, costringendomi a modificare leggermente i miei piani. - Dove sono adesso? - urlò Waldock. - Ah, dove sono a proposito? Speriamo bene, a ogni modo. - In nome del cielo! - disse Zaboleff, facendo un passo avanti. - Vi ripeto la domanda: voi chi siete? - E io vi ripeto la risposta, Zaboleff: un collezionista. Alcuni esemplari li tengo, altri li lascio andare, come avete già visto. - E che cosa avete intenzione di farmi? - Tenervi. Al momento voi siete il pezzo pregiato della mia collezione. - Lavorate con la polizia? - chiese l'altro confuso. - Fino a questa notte non ci siamo mai scontrati. In realtà, secondo me, anche stanotte perseguiamo lo stesso scopo. Volete sapere quale, Zaboleff? - la profonda voce si fece tagliente. - La disfatta totale e definitiva dei tipi come voi e di tutti quelli che voi rappresentate. Per raggiungere questo obiettivo saremo implacabili. Lavoreremo proprio come voi, segretamente. Voi siete già spaventato; abbiamo avuto la dimostrazione che temete l'ignoto più di quanto temiate la polizia; la prima mano è nostra. Però voi avete ancora l'asso, Zaboleff, oppure diciamo un atout? E quando l'avremo preso voi non sarete più il pezzo pregiato della mia collezione. Questo vostro capo vi ha mandato qui dopo aver ascoltato il racconto di Petrovitch, suppongo. - Mi rifiuto di rispondere - disse l'altro. - C'era da aspettarselo, ovviamente. Ora che siete stato catturato si farà vivo lui. Forse non subito, ma verrà. E allora ... Ma non perdiamo tempo. Il denaro, Zaboleff. - Non ne ho - ringhiò. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Voi mentite, Zaboleff. Mentite spudoratamente. Avevate certamente portato un bel mucchio di soldi per Waldock in modo che lui potesse sbrigare l'affare dopo la vostra partenza, domani. Muovetevi, il tempo passa. Imprecando Zaboleff tirò fuori una piccola borsa di tela. L'altro ne esaminò il contenuto. - Vedo - disse serio. - Perle e pietre preziose. Appartenute, suppongo, a una gentildonna assassinata, colpevole unicamente, sebbene suo malgrado, di essere nata in un ambiente diverso. E voi, rettile - disse con una voce un po' alterata - voi ora che cosa vorreste fare qui? Zaboleff indietreggiò, mentre l'altro rideva sprezzante. - Perquisitelo, e anche Waldock. Due uomini scattarono in avanti. - Nient'altro - dissero dopo un po' - tranne questo pezzo di carta. Zaboleff ebbe un sussulto, immediatamente represso, però non abbastanza rapidamente. - Imprudente - disse il capo con calma. - Viva la precisione. Un indirizzo, guarda un po'. Green Street n. 5, Hoxton. Un quartiere con i fiocchi, che però conosco ben poco. Ah, vedo che il mio irruente amico si è ripreso. - Gettò uno sguardo su Flash Jim, che si era tirato su a sedere confuso, massaggiandosi la nuca. - Numero 4, il solito. Seguì una breve colluttazione e Flash Jim si ritrovò beatamente disteso privo di sensi, mentre un vago odore di cloroformio riempiva la stanza. - Ora penso che possiamo andare. Una serata più che proficua. - Che cosa ne farete di me, farabutto? - farfugliò Waldock. - Vi avverto che ho amici influenti che faranno delle interrogazioni, in Parlamento, se mi toccate, e si rivolgeranno a Scotland Yard. - Posso assicurarvi, signor Waldock, che sarà mia premura fare in modo che la loro naturale curiosità venga soddisfatta - rispose soavemente il capo. - Al momento, tuttavia, temo che i tre giornalacci che pubblicate dovranno adattarsi a farsi guidare dal fattorino e arrivo a congetturare che non ci rimetteranno. A un suo improvviso segnale, e prima che potessero rendersene conto, i due furono afferrati da dietro e imbavagliati. Immediatamente dopo furono scaraventati fuori, seguiti da Flash Jim. Gli occhi del comandante scrutarono per un po', attentamente, la stanza ormai vuota; poi costui avanzò e spense le due candele. La porta si chiuse silenziosamente alle sue spalle, e qualche minuto dopo H. Cyril McNeile (Sapper)
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due automobili se la svignarono attraverso lo sgangherato cancello lungo la carraia. Era mezzanotte in punto; dietro di loro la casa si stagliava tetra, lugubre e torva nell'oscurità del cielo notturno. Nessuno parlò finché la macchina davanti non si immise, con prudenza, sulla strada principale. - Che disdetta la presenza della polizia! Il robusto guidatore grugnì pensieroso. - Forse - commentò. - Forse no. A ogni modo più siamo meglio è. Tutto a posto con Flash Jim? - Dorme come un bambino - rispose l'altro, dando un'occhiata al portabagagli. Percorsero circa dieci miglia in silenzio, poi a un incrocio importante l'automobile si fermò e l'omone ne uscì. La seconda macchina lo stava aspettando e ci fu una breve conversazione a bassa voce tra lui e l'altro conducente. Guardò Zaboleff e Waldock, che sembravano beatamente addormentati sul sedile posteriore, e sogghignò. - Buonanotte, vecchio. Tutto in regola. - Va bene - rispose il guidatore. - Ci vediamo. La seconda automobile svoltò a destra e si avviò verso nord, mentre il capo rimase a guardare la luce del fanale posteriore che svaniva. Poi tornò al suo posto e ben presto cominciarono a intravedere i sobborghi di Londra. Quando raggiunsero Whitechapel il comandante riprese a parlare, con una nota di eccitazione repressa nella sua voce. - Li stiamo allarmando, seriamente. Altrimenti non avrebbero mai mandato Zaboleff. È una pedina troppo importante da rischiare, considerata la polizia. - È proprio la polizia che sto considerando - disse il compagno. L'omone rise. - Lascia fare a me, lascia fare tutto a me.
2. Dove Scotland Yard sobbalza Sir Bryan Johnstone si appoggiò allo schienale della sua sedia fissando crucciato il soffitto, con le mani ben infilate nelle tasche dei pantaloni e le lunghe gambe completamente distese sotto lo scrittoio con alzata avvolgibile davanti a lui. Dalla stanza accanto arrivava il monotono ticchettio di una macchina da H. Cyril McNeile (Sapper)
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scrivere e poco dopo Sir Bryan chiuse gli occhi. Attraverso la finestra aperta arrivava il ronzio del traffico di Londra, quel sottofondo rilassante che concilia così bene il sonno in chi ha fatto un bel pranzetto. Ma non era il caso dell'uomo sprofondato nella sua sedia. Il pranzo di Sir Bryan era sempre frugale, e non era il desiderio del sonno a far chiudere gli occhi del capo della Scientifica. Era perplesso, per via del rapporto che giaceva sul tavolo davanti a lui. Per dieci minuti, più o meno, rimase immobile, poi si sporse in avanti e schiacciò un campanello elettrico. Il picchiettio cessò immediatamente e la segretaria accorse rapida. - Signorina Forbes - disse Sir Bryan - potreste cercarmi l'ispettore capo Mc Iver e dirgli che vorrei vederlo subito? Se non lo trovate fate in modo di avvisarlo non appena arriva. La porta si richiuse dietro la ragazza, e dopo qualche istante l'uomo si alzò e cominciò a camminare su e giù con lunghi passi regolari. Di tanto in tanto si fermava a fissare qualche stampa appesa alle pareti, però con lo sguardo vago di chi è assorto in tutt'altri pensieri. E una volta, mentre guardava dalla finestra, parlò tra sé e sé ad alta voce, senza rendersene conto. - Accidenti, Mc Iver non è un tipo fantasioso. Anzi è l'uomo meno fantasioso che abbiamo. Eppure ... I suoi occhi si posarono nuovamente sulla scrivania sulla quale era poggiato il rapporto. Si trattava del rapporto dell'ispettore Mc Iver, per questo lo aveva fatto cercare dalla segretaria. Era il rapporto su una vicenda molto strana che aveva avuto luogo la notte precedente, e di nuovo Sir Bryan prese i fogli dattiloscritti e li esaminò. Stava ancora vicino la scrivania, sfogliando stancamente quelle pagine, quando entrò la segretaria. - L'ispettore capo Mc Iver è qui, Sir Bryan - annunciò. - Fatelo entrare, signorina Forbes. L'ispettore giustificava ampiamente il pensiero espresso dal suo capo: sarebbe difficile immaginare un uomo dalle sembianze meno estrose. Un ruvido scozzese dalle mascelle quadrate, il tipo per il quale le Sacre Scritture erano le Sacre Scritture solamente se ciò poteva essere dimostrato. Era piccolo e robusto, e la sua forza fisica era proverbiale. Però due occhi luminosi contrastavano con l'aspra voce. In realtà quella voce così aspra era tutta una messa in scena che non ingannava nessuno; tutti i figli la imitavano con suo sommo piacere, malgrado lui simulasse H. Cyril McNeile (Sapper)
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collera quando lo facevano. Insomma Mc Iver, sebbene burbero e inflessibile in servizio, era il più mite degli uomini. Però non aveva certo fantasia. - Che razza di storia è mai questa, Mc Iver? - disse Sir Bryan con un sorriso, quando la porta si richiuse dietro la segretaria. - Vorrei capirci qualcosa, signore - rispose l'altro molto serio. - Non mi sono mai sentito così frustrato in vita mia. Sir Bryan gli indicò una sedia e prese posto dietro la scrivania. - Ho letto il vostro rapporto - disse, continuando a ridere. - Francamente, Mc Iver, se l'avesse scritto qualcun altro, mi sarei molto irritato. Ma con voi non ha senso, vi conosco troppo bene. Ecco - disse spingendo un pacchetto di sigarette attraverso il tavolo. - Prendete una sigaretta e spiegatemi ogni cosa con calma. Mc Iver si accese una sigaretta; sembrava che stesse mettendo ordine nei suoi pensieri. Aveva un suo modo personale di raccontare gli avvenimenti, e il capo lo ascoltava pazientemente fino alla fine, sapendo che il suo ispettore gli avrebbe tracciato un quadro preciso e conciso dell'accaduto, tralasciando drasticamente qualsiasi dettaglio irrilevante. E se c'era qualcosa che faceva imbestialire Sir Bryan era proprio un resoconto confuso e incongruente di uno dei suoi uomini. - Bene, signore - cominciò infine Mc Iver. - Questi, in breve, i fatti. Ieri sera alle dieci, come previsto, abbiamo completamente circondato la casa sospetta alla periferia di Barking. Un paio dei miei uomini migliori erano rimasti appostati tutto il giorno, e quando sono arrivato alle nove e mezza circa con il sergente Andrews e una mezza dozzina di altri agenti mi hanno riferito che perlomeno otto uomini si trovavano dentro, e tra loro c'era Zaboleff, che era stato pedinato, insieme a un altro, fin da Limehouse, e ambedue le guardie asserivano che non aveva lasciato la casa. Così ho fatto appostare i miei uomini e mi sono avvicinato cautamente per saperne di più. C'era una piccola fessura nelle persiane in legno di una delle stanze al piano terra che lasciava trapelare una luce. Ho dato un'occhiata dentro e ho constatato che i rapporti fatti erano esatti. Ce ne erano otto lì dentro, e che brutti ceffi. Ho visto Zaboleff all'estremità del tavolo, e accanto a lui c'era quel Waldock che gestisce due o tre tra i peggiori giornali rossi. C'era anche Flash Jim e cominciai a pentirmi di non aver portato altri rinforzi. Mc Iver sorrise mesto. - Questa è più o meno l'ultima cosa logica che io ricordi. E - continuò serio - quello che sto per dirvi ora, signore, può H. Cyril McNeile (Sapper)
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sembrare incredibile e degno di un romanzo giallo, ma vi assicuro che è realmente accaduto, come è vero che sono seduto su questa sedia. Da qualche parte, lì vicino, si è sentito il grido di un gufo. In quello stesso istante ho percepito chiaramente un rumore simile a una rissa, e un'imprecazione soffocata. E poi, e di questo non mi capacito, signore Mc Iver colpì con un enorme pugno il palmo della sua mano - qualcuno da dietro mi ha sollevato come se fossi un bambino. Sì, signore, come un bambino. Senza volerlo Sir Bryan sorrise. - Quello che si dice un fanciullo robusto, Mc Iver. - Infatti, signore - grugnì l'ispettore. - Se qualcuno ieri avesse ipotizzato qualcosa del genere gli avrei riso in faccia. Però resta il fatto che sono stato preso in braccio come un bambino e drogato, signore. Alla mia età. Mi hanno cloroformizzato e non ho più visto né Zaboleff né il resto della banda. - D'accordo, ma è il resto del rapporto che mi sfugge - disse il suo capo pensieroso. - Anche a me - sottolineò Mc Iver. - Quando ho ripreso conoscenza, questa mattina presto, non riuscivo a capire dove mi trovassi. Ovviamente la mia mente è tornata subito alla notte appena trascorsa e, sofferente per gli effetti del cloroformio e ancora di più per essere stato preso in giro, non ero troppo soddisfatto di me stesso. Poi mi sono stropicciato gli occhi, mi sono dato un pizzicotto e, per qualche istante, ho davvero pensato che la testa stesse per scoppiarmi. Ero seduto davanti al portone di casa mia, con un bel cuscino pronto per la mia testa e tutti gli uomini che avevo portato con me erano addormentati là fuori sul marciapiede. Vi dirò, signore, ho guardato quelle otto persone sistemate in fila per circa cinque minuti prima di rimettere in movimento il cervello. Ero semplicemente sbalordito. E poi ho cominciato a montare in collera. Beccarsi una botta in testa da un manigoldo come Flash Jim può capitare a chiunque. Ma essere trattati come bambini birichini e spediti a casa a letto è un po' troppo. Dannazione, ho pensato, giacché erano nei paraggi, perché non mi hanno infilato nel letto accanto a mia moglie? Sir Bryan sorrise nuovamente, ma l'altro era troppo assorto per notarlo. - È stato allora che ho visto il biglietto - continuò Mc Iver. Frugò nella tasca e il suo capo tese la mano per vedere il biglietto originale. Ne conosceva il contenuto quasi a memoria, e il biglietto originario non H. Cyril McNeile (Sapper)
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contribuì a chiarire la faccenda. Era dattiloscritto, e la carta era del tipo che si poteva comprare a iosa in qualsiasi cartoleria. Il testo recitava: "Come fa una pellaccia come voi, Mac, a farsi smascherare da un raggio di luce? Dovreste dire alla signora Mac di procurarsi qualche cuscino in più. Ne abbiamo trovati, nel soggiorno, solamente per voi e Andrews. Ho preso Zaboleff e Waldock, e ho scaricato Flash Jim a Piccadilly Circus. Ho frustato due degli altri in quanto il loro mestiere non mi convince; gli altri cuccioli li ho liberati. Coraggio, vecchio mio! Quel tipo a St. James prepara dei cicchetti straordinari per i postumi di una sbronza. Spero di non avervi ferito". Sir Bryan esaminò stancamente il biglietto, tenendolo controluce per vedere se l'eventuale filigrana potesse fornire elementi utili. Poi esaminò le parole scritte a macchina, e finalmente con una lieve alzata di spalle lo poggiò sulla scrivania, davanti a sé. - Una comune Remington, direi. E visto che ce ne sono diverse migliaia in giro la cosa non ci aiuta molto. Che mi dite di Flash Jim? Mc Iver scosse il capo. - La prima cosa che ho fatto, signore, è stata quella di torchiarlo a dovere. Ha ammesso tutto: ha ammesso che era laggiù, ma per quel che riguarda il resto dell'episodio ha giurato di non saperne affatto più di me. Tutto quello che è stato in grado di dirmi è che improvvisamente la stanza sembrava piena di uomini. Ed erano tutti mascherati. Poi è stato colpito alla nuca e non ricorda più nulla. Il poliziotto di servizio a Piccadilly Circus lo ha svegliato a colpi di stivale poco prima dell'alba. - Circostanza che, naturalmente, avete controllato - disse Sir Bryan. - Immediatamente - rispose l'altro. - Per la prima volta nella sua vita Flash Jim sembrava sincero. Però, signore, se dice la verità la faccenda adesso si complica. L'ispettore si sporse in avanti e fissò il suo capo. - Anche voi avrete sentito, signore - continuò subito dopo - quello che si dice? - Forse - disse Sir Bryan flemmatico. - Ma proseguite, Mc Iver. Mi interessa la vostra opinione. - Si tratta della Banda Nera, signore - disse l'ispettore, sporgendosi smaniosamente in avanti. - Circolano delle voci, voci raccolte dai nostri uomini qui e lì negli ultimi due mesi. Anch'io le ho sentite; all'inizio ero scettico. Ora ne sono H. Cyril McNeile (Sapper)
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sicuro, specialmente dopo quello che ha raccontato Flash Jim. Questa banda non è una voce, ma esiste davvero. - Avete delle informazioni relative alle loro attività che possano confermare in qualche modo ciò? - Niente di certo, signore; fino a ora non ero sicuro della sua esistenza. Ma adesso, ripensandoci bene, ci sono state parecchie scomparse improvvise. Ufficialmente non ce ne siamo occupati, non ce lo hanno chiesto. Improbabile, se consideriamo quali persone sono scomparse. - Sono solo congetture, Mc Iver - disse Sir Bryan. - Forse se ne stanno tranquilli per un po' per poi riaffiorare da qualche altra parte. - E' possibile, signore - rispose Mc Iver puntigliosamente. - Però prendiamo la sparizione di Granger di due settimane fa. Lui è uno dei peggiori rossi, e noi sappiamo che non ha lasciato il paese. Dov'è? Sua moglie, che casualmente conosco, è sull'orlo di un collasso, quindi non mi pare un affare concertato. Prendiamo l'incredibile caso del polacco che è stato ritrovato legato alle inferriate a Whitehall con barba e capelli rasati a metà e il motto "Ritratto di un Bolscevico" dipinto sulla fronte. Bene, non ho bisogno di dirvi, signore, che proprio questo polacco, Strambowski, era senza dubbio un messaggero di, bene, noi sappiamo di chi e quale era il messaggio. E poi prendiamo la scorsa notte. - Ebbene? - Per la prima volta c'è stato un contatto diretto tra questa banda e noi. - Sempre supponendo la sua esistenza. - Esattamente, signore - rispose Mc Iver. - Bene, hanno preso Zaboleff e hanno preso Waldock, e hanno messo fuori combattimento otto di noi, fatto che, immagino, non è da sottovalutare. Con uno sguardo pensieroso sul volto Sir Bryan si alzò e raggiunse la finestra. Sebbene non condividesse fino in fondo le conclusioni di Mc Iver, c'erano tuttavia nella vicenda alcuni strani particolari che lui, in qualità di importante pubblico ufficiale, non poteva assolutamente tollerare, per quanto personalmente li trovasse di suo gradimento. - Dobbiamo trovare Zaboleff e Waldock - disse bruscamente, senza voltarsi. - Waldock, in ogni caso, ha amici che si agiteranno se non lo vedranno. E .... La sua osservazione fu interrotta dall'entrata della segretaria, che recava un biglietto. - Per l'ispettore, Sir Bryan - disse, e Mc Iver dopo un'occhiata al suo H. Cyril McNeile (Sapper)
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capo aprì la busta. Per un po' studiò la lettera in silenzio, poi con un sorriso enigmatico si alzò e la consegnò all'uomo davanti alla finestra. - Nessuna risposta, grazie signorina Forbes - disse, e rimasti nuovamente soli cominciò a sfregarsi lievemente le mani, segno certo di eccitazione. Curtis e Samuel Bauer, entrambi ridotti in fin di vita a frustate, sono stati trovati nei bassifondi di Whitechapel. Il biglietto diceva che due di loro erano stati fustigati. - Bene - disse Sir Bryan calmo. - Questi due erano a Barking la scorsa notte? - C'erano, signore - rispose l'ispettore. - Che ramo? - domandò il capo. - Tratta delle bianche della peggior specie - disse Mc Iver. - Di solito drogano le ragazze con della cocaina o con qualche altra sostanza. Che cosa ne dite ora della mia teoria, signore? - È un altro punto a vostro favore, Mc Iver - concesse Sir Bryan cauto. Però ci vogliono molte più prove. E, comunque, che voi abbiate ragione o meno, non possiamo permettere che la cosa vada avanti. Ci saranno delle interrogazioni parlamentari. Mc Iver annuì in modo premonitore. - Se non posso mettere le mani sull'uomo che può sollevarmi come un bambino e drogarmi, questo sarà il mio ultimo caso. Come un bambino, signore. Io ... Aprì le mani impotente, e questa volta Sir Bryan rise di cuore, aggrottando poi le ciglia quando la porta che dava sull'ufficio della segretaria si spalancò per far entrare un uomo. Riuscì a intravedere una confusa signorina Forbes che svolazzava come un canarino intento a beccare il mangime sullo sfondo; quindi si volse verso il nuovo arrivato. - Maledizione, Hugh - urlò. - Ho da fare. Hugh Drummond fece un bel sogghigno, e levando la sua mano simile a un cosciotto d'agnello colpì Sir Bryan alla schiena, sconcertando l'ispettore Mc Iver. - Impagabile vecchio - tuonò Hugh affabilmente. - Ho appreso da quella bambola che stava pestando qualcosa qua fuori che il genio era in azione, però, amico mio, sono venuto a fare rapporto su un crimine. Un crimine che ho visto commettere con i miei occhi; un oltraggio, una macchia su questo nostro retto paese. Sprofondò pesantemente in una sedia e scelse una sigaretta. Era un individuo enorme, con una di quelle facce eccezionalmente brutte rese H. Cyril McNeile (Sapper)
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assai gradevoli dallo straordinario fascino dell'espressione del suo proprietario. Nessuno era mai stato a lungo arrabbiato con Hugh. Si era piuttosto indotti al riso da quel suo sbattere continuamente i grandi occhi blu, oppure si rimaneva stupefatti per via di una divertente botta sulla cassa toracica, causata da un pugno che poteva competere con un maglio a vapore. Di cervello, apparentemente, era poco dotato; quanto a muscoli ne aveva come cinque uomini normali messi insieme. Eppure, diversamente dalla maggior parte degli uomini particolarmente robusti, la sua velocità era impressionante, come molti buoni pesi massimi avevano constatato a loro spese. Da giovane Hugh Drummond, conosciuto più familiarmente dai suoi intimi come Bulldog, era stato in grado di coprire i cento metri in poco più di dieci secondi. E sebbene ora, al solo pensiero di una simile impresa, cominciasse a sudare freddo, era ancora capace di accelerazioni che avrebbero destato l'invidia di molti uomini più snelli. Tra lui e Sir Bryan Johnstone c'era una di quelle amicizie basate su gusti completamente differenti. A scuola era stato la matricola di Bryan Johnstone, e per una qualche inspiegabile ragione la solida cultura del ragazzo più grande attraeva quel quattordicenne che era, già allora, una massa di muscoli. E quando un giorno Johnstone, che si faceva gli affari suoi come studente anziano, scoprì il giovane Drummond intento a fare polpette di un ragazzo che aveva due anni più di lui, l'attrazione fu reciproca. - Vi ha chiamato sbarbatello - disse Drummond leggermente ansimante, quando il suo signore e maestro gli chiese gentilmente il motivo di quello scompiglio. - Così l'ho sbarbato io. Solamente un po' troppo alla lettera, e abbozzando un sorriso Johnstone notò che lo "sbarbato" se la svignava ingloriosamente. Poi guardò il suo pivellino. - Grazie Drummond - osservò imbarazzato. - Figuratevi, non c'è di che - rispose l'altro arrossendo, chiaramente a disagio. Tutto qui. Però la loro amicizia ebbe inizio allora, e non sarebbe più terminata, malgrado i loro destini totalmente opposti. Johnstone era atteso da un ben meritato titolo e da una importante carica nel paese; Drummond da soldi a volontà e da una vita da sportivo. - Qualcuno ha rubato il pesciolino rosso? - chiese Sir Bryan con leggero sarcasmo. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Santo cielo! Spero di no - urlò allarmato Hugh. - Phyllis mi ha lasciato tutta una serie di istruzioni su quelle bestie prima di partire. A casa non si sente volare una mosca e li faccio sgocciolare ogni mattina nell'acquaio. No, vecchio mio, si tratta di qualcosa di molto importante: un'onta per i tuoi poliziotti. La scorsa notte, ma non annunciatelo a Gat, ho cenato e sorseggiato con poco discernimento, lo so. In realtà devo, purtroppo, ammettere che ero alquanto ubriaco, diciamo fradicio. Naturalmente ciò non mi sarebbe mai successo se Phyllis avesse badato alla nostra casetta, come sapete; però lei è fuori, a spassarsela in campagna con gli usignoli, le lumache e simili. Bene, dicevo, nelle prime ore del mattino stavo più o meno barcollando verso casa. Ero stato con certi tizi, Tumkins - disse fissando con sguardo arcigno Sir Bryan, mentre Mc Iver era rimasto sbigottito da quell'inverosimile soprannome. - Dei tizi che facevano il gioco delle piastrelle o qualche altro gioco di abilità o di azzardo. Me ne sono andato circa alle due del mattino. Bene, dicevo, ho attraversato Leicester Square e mi sono fermato proprio davanti a Scott's per lasciarmi innaffiare la testa da uno di quegli idranti. Maledettamente premuroso quel conducente, peraltro; ha fermato il suo cavallo per un paio di minuti dirigendo un getto d'acqua ininterrottamente su di me. Bene, dicevo, mentre me ne stavo lì disteso sulla strada, è passata una macchina e si è fermata a Piccadilly Circus. L'espressione irritata di Mc Iver sparì di colpo, e subito lui e Sir Bryan si guardarono negli occhi. - Niente di strano in tutto questo, Tumkins - continuò a parlottare, del tutto ignaro dell'improvvisa attenzione dei suoi interlocutori. - Ma aspettate, vecchio mio, adesso arriva il bello. Da quella macchina è scesa parecchia gente: perlomeno, così mi è sembrato, non dimenticate che ero reduce da una sbronza. Ho fatto appena in tempo a accorgermene che quelli ne hanno tirato fuori un altro, all'apparenza privo di sensi. All'inizio avevo l'impressione che fossero in due, poi ho messo a fuoco le immagini e mi sono reso conto di aver avuto le traveggole. Lo hanno steso sul marciapiede e sono tornati verso la macchina proprio mentre io passavo di lì barcollando. - Ehilà, gente - ho mormorato. - Si può sapere che sta succedendo? - Sborniato, amico, una brutta sbornia - dice il guidatore. - Lo lasciamo un po' lì al fresco. Dopo di che la macchina è partita. Così sono rimasto lì, solo, Tumkins, H. Cyril McNeile (Sapper)
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alquanto sborniato a Piccadilly Circus insieme a un tizio che era completamente sborniato. - E adesso? - ho detto fra me e me. - Vado a convincere l'acquaiolo a ritornare - di fatto cominciavo ad avere la sensazione che potevo fare un altro tentativo io stesso - oppure ti lascio qui al fresco, per dirla con i tuoi compari? - Poi, meditando su quella complessa faccenda, mi sono curvato su di lui e ho avvertito uno strano odore. Hugh fece una pausa ben studiata e scelse un'altra sigaretta, mentre Sir Bryan fulminava con uno sguardo ammonitore Mc Iver, che faceva ovviamente fatica a reprimere la sua eccitazione. - Un odore particolare e nauseante, Tumkins - ricominciò Hugh con una lentezza esasperante. - Strano e indefinibile. Ho cercato a lungo, invano, di riconoscerlo. Poi, improvvisamente, ho afferrato: centrato in pieno, amico mio, come ti sbagli: era cloroformio: il tizio non era ubriaco, era stato drogato. Spossato Hugh sprofondò nella sua sedia, mentre Sir Bryan lanciava l'ennesimo sguardo ammonitore al suo esasperato collaboratore. - Sareste eventualmente in grado di riconoscere qualcuno degli uomini nella macchina? - chiese calmo. - Il conducente, credo - rispose Hugh dopo una profonda riflessione. - E il tizio dietro di lui. Ma non gli altri. - Avete preso il numero di targa della macchina? - rimbrottò Mc Iver. - Vecchio mio - mormorò Hugh con voce sconfortata. - Chi diamine prende mai il numero di targa? Tranne i vostri mastini, che lo prendono sempre sbagliato. D'altronde, come vi ho già detto, ero alquanto brillo. - Che cosa avete fatto, allora? - chiese Sir Bryan. - Bene, ho messo in moto le meningi e sono arrivato alla conclusione che non c'era niente da fare. Lui era stato drogato, e io ero ubriaco così, con decisione unanime e grazie al mio voto decisivo, mi sono avviato barcollando verso casa. Però Tumkins, mentre nutrivo il pesciolino rosso questa mattina, o meglio dopo pranzo, mi rimordeva la coscienza. Dopo una lunga riflessione e una conversazione al riguardo con il mio amico Denny, ho deciso di ascoltare il richiamo del dovere. Sono venuto qui da voi, Tumkins, con lo slancio di un bambino nei confronti della madre. A chi meglio del vecchio Tum-tum, pensavo, posso confidare i miei casti segreti? Così... H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Un momento, Hugh - Sir Bryan sollevò la mano. - Vi dispiace se mi trattengo un attimo con l'ispettore Mc Iver? - A vostra disposizione, vecchio mio - mormorò Drummond. - Però imploro clemenza. Pensate a quell'innocente di mia moglie in campagna. Il silenzio calò sulla stanza, rotto solamente dalla conversazione a bassa voce tra Mc Iver e il suo capo alla finestra. A giudicare dai loro gesti Sir Bryan stava proponendo al suo rispettabile subalterno qualcosa che quest'ultimo era poco propenso ad accettare. Poco dopo Drummond dalla sua sedia annunciava, con un ronfo strozzato, di aver decisamente cessato di interessarsi alle cose di questo mondo. - È un uomo straordinario, Mc Iver - disse Sir Bryan, osservando con un sorriso il dormiente. - Lo conosco dai tempi della scuola. E non è poi così sciocco come vorrebbe far credere. Voi ricorderete l'incredibile caso Peterson, circa un anno fa. Bene, fu tutto merito suo. La sua assoluta mancanza di scaltrezza si rivelò decisiva nello sconfiggere quell'astuto imbroglione, che invece si aspettava un comportamento molto più sottile. Per non parlare poi della sua forza, davvero fenomenale. - Lo so, signore - disse Mc Iver perplesso. - Ma accetterà un simile incarico, rispettando le consegne? Guardavano ambedue dalla finestra, mentre nella stanza alle loro spalle il respiro pesante del dormiente si faceva più intenso e monotono. E se l'intero uditorio dorme non è più necessario parlare a bassa voce. Per questo Sir Bryan e l'ispettore, nei dieci minuti seguenti, discussero alcune importanti faccende riservatissime, riguardanti Hugh e altre cose, particolarmente delicate. E continuarono a discutere queste altre cose fino a quando il dormiente, rumoreggiando come un'automobile da corsa che dà ritorni di fiamma si mise a sedere stirandosi. - Tumkins - urlò - ho commesso un sacrilegio. Ho dormito nel Sancta Sanctorum. Avete deciso del mio destino? Sarò fucilato all'alba? Sir Bryan tornò a sedersi alla sua scrivania. Se ne stette per un po', pensieroso, a grattarsi il mento con la mano sinistra, come se volesse schiarirsi le idee; poi sprofondò nella sua sedia e fissò la sua matricola di un tempo. - Vi andrebbe di fare un lavoretto, vecchio mio? Hugh sobbalzò come punto da una vespa, e Sir Bryan sorrise. - Non è un lavoro vero e proprio - disse con fare rassicurante. - Per un caso fortunato la scorsa notte avete visto qualcosa di molto interessante per H. Cyril McNeile (Sapper)
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l'ispettore Mc Iver. Per essere più precisi, avete visto qualcuno che Mc Iver incontrerebbe davvero volentieri. - Vi riferite a quegli individui nella macchina - disse infervorato Hugh. - Quegli individui nella macchina - confermò l'altro. - Per inciso, vi dirò che questo episodio è molto più importante di quanto pensiate: e dopo essermi consultato con Mc Iver ho deciso di mettervi al corrente di alcuni fatti, perché voi ci potete aiutare, Hugh. Ne sapete più di Mc Iver: in ogni caso avete visto quegli uomini e lui no. Inoltre affermate di poterne riconoscere due. - Santo cielo, Tumkins! - mormorò Hugh confuso. - Non vorrete mica che setacci le strade di Londra in cerca di quei tizi? - Questo ve lo risparmiamo - rispose Sir Bryan sorridendo. - Però vi prego di ascoltare attentamente quello che sto per dirvi. Il volto di Hugh assunse un'espressione tesa, segno di grande concentrazione. - Continuate pure, amico mio - osservò. - Cercherò di non smarrirmi. - La scorsa notte - cominciò Sir Bryan con calma - è capitata una cosa molto strana a Mc Iver. Non mi dilungherò in dettagli, ma mi limiterò a raccontarvi per sommi capi l'accaduto. Lui e alcuni dei suoi uomini, nel corso di una operazione, hanno circondato una certa casa nella quale si trovavano alcune persone sulle quali volevamo mettere le mani. Per essere più precisi si trattava di un uomo che cercavamo da tempo. Era stato pedinato da quando aveva messo piede in Inghilterra ieri mattina, per tutto il percorso dalla banchina fino a quella casa. E infatti, quando Mc Iver e i suoi uomini hanno circondato la casa, il nostro amico insieme ai suoi compari si trovava in una stanza al pianterreno. A questo punto la faccenda si fa strana. Mc Iver mi ha riferito di aver sentito un gufo, un accenno di baruffa ed una imprecazione. Dopo di che null'altro. Qualcuno alle sue spalle lo ha drogato, neutralizzandolo all'istante. - Santo cielo! - mormorò Hugh, fissando incredulo Mc Iver. - Davvero sorprendente! - È qui che entrate in scena voi, Hugh - continuò Sir Bryan. - Io? - Hugh si rizzò di colpo - Che c'entro io? - Uno degli uomini che erano nella stanza è un tipo interessante conosciuto come Flash Jim. Si tratta di uno scassinatore non di poco conto, sebbene troppo propenso a tuffarsi a capofitto in ogni lavoro che renda bene. E quando Mc Iver questa mattina, dopo essersi ripreso, è andato a H. Cyril McNeile (Sapper)
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scovare Flash Jim in uno dei suoi ritrovi era convinto che gli uomini che avevano drogato lui e gli altri poliziotti fossero dei compari di Flash Jim. Però, dopo aver parlato con quest'ultimo, ha cambiato idea. Tutto ciò che è riuscito a sapere da lui è che la scorsa notte Flash Jim ed alcuni suoi amici stavano discutendo di affari in quella casa. Il nostro uomo non ha cercato di negarlo. Ha continuato dicendo che la stanza all'improvviso si è riempita di numerosi uomini mascherati, poi si è beccato una botta sulla nuca che lo ha messo ko. Dopo, probabilmente, gli hanno somministrato del cloroformio per tenerlo tranquillo, e poi ricorda solamente di essere stato risvegliato a calci da un poliziotto a... - Sir Bryan fece una pausa ben studiata - a Piccadilly Circus. - Buon Dio! - esclamò Hugh sbalordito. - Allora il tizio che ho visto la scorsa notte ancora addormentato sul marciapiede era Flash Jim. - Esattamente - rispose Sir Bryan. - Però ciò che più conta, vecchio mio, è che i due individui che pensate di poter riconoscere e che erano nella macchina sono due degli uomini mascherati che prima hanno steso Mc Iver, e successivamente hanno circondato Flash Jim e i suoi compari all'interno. - Ma perché mai lo avrebbero fatto? - chiese Hugh perplesso. - E' proprio quello che vogliamo scoprire - replicò Sir Bryan. - Per quel che ne sappiamo non si tratta di criminali veri e propri. La scorsa notte hanno fustigato due di quegli uomini, che se lo meritavano più di chiunque altro in Inghilterra. Altri due li hanno rapiti, e uno di loro era proprio la persona che cercavamo. Infine, per concludere, hanno mollato Flash Jim come vi ho detto, hanno lasciato andare gli altri e portato Mc Iver e tutti i suoi agenti a casa di Mc Iver, dove li hanno depositati sul marciapiede a prendere il fresco. Per qualche istante regnò il silenzio, quindi Hugh cominciò a sbellicarsi dalle risa. - Che scenetta impagabile! - farfugliò poi quando fu nuovamente in grado di parlare. - Il vecchio Algy resterà di stucco quando glielo dirò: lo conoscete Algy, Tumkins, non è vero? Quel tizio con gli occhiali dalla faccia buffa. L'ispettore Mc Iver assunse un'espressione corrucciata. Nutriva forti perplessità sull'opportunità di raccontare tutto a Drummond, e ora i suoi dubbi venivano confermati. Chi diamine poteva mai pensare che un simile sciocco potesse essere in qualche modo d'aiuto? E adesso questa rauca H. Cyril McNeile (Sapper)
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ilarità gli pareva assolutamente indecente. Ma il capo aveva insistito: era sua la responsabilità. Una cosa era certa, si diceva Mc Iver serio: Algy, chiunque fosse, non sarebbe stato certo l'unico ad avere il privilegio di restare di stucco. E ben presto la notizia si sarebbe sparsa a Londra, probabilmente sui giornali. Ed era giusto quello che Mc Iver voleva evitare a tutti i costi. A ogni modo, quando Sir Bryan riprese a parlare alcuni dei suoi peggiori timori furono dissipati. - In nessun caso, Hugh - osservò con serietà - dobbiamo dare ad Algy la possibilità di rimanere di stucco. Sapete ciò che intendo dire. Quello che vi ho detto questo pomeriggio deve rimanere tra noi. Lo sappiamo noi, Flash Jim e i suoi. - E quei simpaticoni degli uomini mascherati - aggiunse Hugh. - Esattamente - osservò Sir Bryan. - Ed è già di per sé un gruppo maledettamente numeroso. Non vogliamo allargarlo. - Per quel che mi riguarda, caro Tumkins - urlò l'altro - la lista è completa. Nessun altro verrà a conoscenza del nostro segreto. Però ancora non capisco in che modo dovrei tuffarmi nella mischia. - Nel modo seguente, ragazzo mio - disse Sir Bryan. - Mc Iver è un uomo molto forte, eppure la scorsa notte è stato sollevato di peso quasi fosse un bambino, per usare le sue stesse parole, da uno di quegli uomini mascherati che, a giudicare dal biglietto che ha scritto, è presumibilmente il capo della banda. Dal che possiamo dedurre che questo signore è dotato di una forza straordinaria. - Perdio! Ci sono, Tumkins - disse Hugh pieno di ammirazione. - Avete sempre avuto una mente diabolica. - Ora voi siete un fenomeno da questo punto di vista, Hugh - continuò l'altro. - Beh, potrei prendere qualcuno a pugni solo perché ha i brufoli - disse Hugh alquanto imbarazzato. - Ora vorrei sapere una cosa da voi. Sareste disposto a unirvi a Mc Iver in una eventuale operazione durante la quale, a suo avviso, potrebbe risbucare questa banda? Abbiamo una mezza idea circa il tipo di affari che trattano. Hugh si toccò la fronte con aria perplessa. - Una specie di chioccia volete dire - Mc Iver assunse un'espressione torva. - Quando il tizio colpisce Mc Iver io colpisco lui. E' questo il concetto? - Questo è il concetto - confermò Sir Bryan. - Ovviamente dovrete H. Cyril McNeile (Sapper)
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attenervi scrupolosamente alle istruzioni di Mc Iver, e tutta la faccenda è alquanto insolita. Però, in considerazione dell'eccezionalità del caso... che cosa c'è signorina Forbes? - disse con un certo cipiglio osservando la sua segretaria sulla soglia. - Insiste nel volervi vedere subito, Sir Bryan. Si fece avanti con un biglietto da visita che Sir Bryan esaminò. - Charles Latter - il suo volto si fece cupo. - Che diavolo vuole? La risposta arrivò dallo stesso gentiluomo, che apparve proprio in quel momento. Era in evidente stato di agitazione e Sir Bryan si alzò. - In questo momento sono impegnato, signor Latter - disse con freddezza. - Sarò brevissimo, Sir Bryan - urlò. - Mi chiedo se questo sia un paese civile. Guardate che cosa ho ricevuto con la posta del pomeriggio. Consegnò quindi un foglio di carta all'altro, che lo esaminò con noncuranza. Quello sguardo indifferente però a un tratto sparì, e Sir Bryan si sedette alla sua scrivania, scuro in volto. - Con la posta del pomeriggio, avete detto. - Sì. E recentemente sono scomparse tutte quelle persone! - Come fate a saperlo? - disse il comandante squadrandolo. Latter ebbe un attimo di esitazione e arrossì. - Ma se lo sanno tutti - rispose ostentando disinvoltura. - Non è affatto così - osservò Sir Bryan tranquillo. - Comunque avete fatto bene a venire direttamente da me. Che programmi avete per i prossimi giorni? - Mi recherò fuori Londra domani e sarò ospite di Lady Manton vicino Sheffield - rispose Latter. - Un party più o meno politico. Santo cielo! Che cosa è stato? Hugh si tirò su a sedere sbuffando e battendo le palpebre. - Sono mortificato, vecchio mio - borbottò. - Stavo russando, lo so. Che guaio fare le ore piccole, vero? Si sollevò dalla sedia e fece larghi sorrisi a Latter, che gli lanciò un'occhiataccia. - Non darò seguito alla cosa. Bene, Sir Bryan. - Ci penseremo noi, signor Latter. Me ne occuperò personalmente. Buon pomeriggio. Terrò io questo biglietto. - Chi è quel tipo divertente? - chiese Hugh quando la porta si richiuse dietro Latter. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Un membro del Parlamento per un collegio elettorale del Nord rispose Sir Bryan, continuando a esaminare quel pezzo di carta. - Vive al di sopra delle sue possibilità. Decisamente ambizioso. Però credo che sia a posto. Gli altri due lo guardarono sorpresi. - Che cosa intendete dire, signore? - chiese Mc Iver infine. - Il nostro sconosciuto amico non la pensa così, Mac - rispose il capo, passandogli il biglietto lasciato da Latter. - Cominciano a incuriosirmi, questi gentiluomini. "Avete bisogno di riposo, Charles Latter", cominciò a leggere Mc Iver lentamente. "Abbiamo predisposto una casa per persone come voi dove diversi vostri amici vi stanno aspettando. Fra pochi giorni vi unirete a loro." - Due cose colpiscono, Mc Iver - osservò Sir Bryan pensieroso mentre si accendeva una sigaretta. - La prima, e più importante, è che questo messaggio e quello trovato da voi questa mattina sono stati scritti con la stessa macchina da scrivere: la lettera "s" è storta in ogni caso. In secondo luogo il signor Charles Latter sembra avere delle informazioni riservate, concernenti le recenti attività dei nostri amici mascherati, che non riesco a capire come sia riuscito a procurarsi. A meno che ... - fece una pausa e guardò fuori dalla finestra un po' accigliato - non ci sia dietro qualcosa che io ancora non so. La grossa mascella di Mc Iver si irrigidì quasi fosse di granito. - Ciò prova la mia teoria, signore - grugnì - ma se quei burloni ci riprovano con il signor Latter non mi prenderanno una seconda volta. Un formidabile colpo alla schiena gli tolse il respiro e la parola. - Bravo il mio eroe - urlò Hugh. - Insieme la faremo in barba a quei bricconi. Scriverò per disdire una visita: sarà per la prossima volta. Vecchia Julia Manton, faccia di cavallo: casa a Sheffield; mi ha irretito, Tumkins, letteralmente stordito cori la sua verbosità. Casa spaventosa, sentore di imbroglio. Sir Bryan lo guardò con stupore. - Intendete dire che avete intenzione di recarvi da Lady Manton? - Avevo. Ora non più. Mi attaccherò a Mc Iver come e più di un fratello. - Penso proprio di no, vecchio mio. Voi ci andate. Se foste stato sveglio avreste sentito Latter dire che anche lui ci sarebbe andato. Potete esserci utile ancor prima del previsto. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Latter va dalla vecchia Julia? - Hugh lo fissò sorpreso. - Amico mio, una coincidenza davvero sorprendente.
3. Dove Hugh Drummond scrive una lettera Hugh Drummond bighellonava tranquillamente dalle parti di Whitehall in direzione di Trafalgar Square. Il suo volto esprimeva quella sua abituale aria soddisfatta, un buon umore alquanto vacuo, e di tanto in tanto canterellava a bassa voce. Sostò davanti al Carlton quando una macchina si arrestò accanto a lui e ne scesero un uomo e una ragazza. - Algy, vecchio mio - mormorò, togliendosi il cappello. - Siamo in forma oggi? - Accettabile, amico mio - replicò Algy Longworth, aggiustandosi i suoi occhiali del tutto inutili. - Le ostriche erano un po' spente queste mattina, ma ci riproverò stasera. A ogni modo, conoscete la signorina Farreydale? Hugh fece un inchino. - Voi siete consapevole dei rischi che correte, suppongo, andando in giro con lui. La ragazza rise. - Sembra innocuo - rispose spensierata. - È questo il suo stratagemma. Dopo la seconda tazza di tè si trasforma in un vero diavolo. A proposito, Algy, vado a svernare in campagna. Un paio di giorni dalla cara, vecchia Julia Manton. Dalle parti di Sheffield. La ragazza lo guardò con aria perplessa. - Vi riferite a Lady Manton, la moglie di Sir John? - La cara vecchia - rispose Hugh. - La conoscete? - Abbastanza bene. Ma il suo nome non è Julia. E non le piace essere chiamata la cara vecchia. - Santo cielo! Davvero? Probabilmente la confondo con un'altra. - Dorothy Manton è una donna che si mantiene bene di circa trentacinque anni. Era la figlia di un droghiere e adesso è una snob con la puzza sotto il naso. Spero che vi divertirete. - Il vostro affetto per lei mi sbalordisce - mormorò Hugh. - A quanto pare me la passerò bene. - Quando partite, Hugh? - chiese Algy. - Domani, amico mio. Ora vi lascio al vostro tè. Restate dietro al tavolo dopo la seconda tazza, signorina Farreydale. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Salutò con il cappello e si avviò per Haymarket, voltandosi poi all'improvviso. - Daisy avete detto, vero? - No, Dorothy - rise la ragazza. - Andiamo Algy, ho voglia di tè. Entrò nel Carlton e per un attimo i due uomini restarono soli sul marciapiede. - E' una fortuna che lei conosca la signora Manton - mormorò Hugh. - Voi no? - esclamò Algy. - Perdiana no, ragazzo mio. Non prendete impegni nei prossimi giorni. Avremo da fare. Collaboro con la polizia e avrò bisogno d'aiuto. Con un cenno allegro riprese a bighellonare, e dopo una breve esitazione Algy Longworth seguì la ragazza nel Carlton. - Mad, non è il vostro amico? - osservò quest'ultima quando lui la raggiunse. - Certamente - rispose. - Facciamoci un bignè. Un quarto d'ora dopo Hugh entrò nella sua casa in Brook Street. Sul tavolo del corridoio c'erano tre telegrammi che aprì e lesse. Poi, dopo averli sbriciolati, si recò nel suo studio e suonò il campanello. - Birra, Denny - rimarcò, quando entrò il suo maggiordomo. - Un boccale di birra. Sono sfinito. E poi portatemi uno di quei dannati libri in cui ci sono i nomi delle persone seguiti dalle abituali bugie. - Who's Who, signore - disse Danny. - Afferrato - disse il suo padrone. - Anche se si tratta di una materia oscura di questi tempi, Denny. Sto perdendo rapidamente la mia fede nell'umanità, rapidamente. E comunque dobbiamo scrivere una lettera a Julia, anzi a Dorothy Manton, già figlia del droghiere, con la quale vorrei trastullarmi per qualche giorno. - Non mi pare di conoscere questo nome, signore. - Neanche io lo conoscevo, Denny, fino a un'ora fa. Però so da fonti attendibili che lei esiste. - Ma signore, come.... - farfugliò confuso Denny. - Al momento la strada è oscura - ammise Drummond. - Avvolta dalle tenebre. Arriva questa birra? Abituato alle piccole stranezze del suo padrone, Denny lasciò la stanza per tornare subito dopo con un bel boccale di birra che sistemò su un tavolino accanto alla sedia di Drummond. Poi rimase in attesa, immobile, con carta e matita in mano, dietro la sedia. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Una snob, Denny - disse Drummond infine, poggiando il suo bicchiere vuoto. - Come si fa a penetrare nella vita e nella casa di una snob che non si conosce neanche di vista? Procediamo con ordine. Che cosa abbiamo nel nostro repertorio che potrebbe spalancare i portali della sua abitazione, rivelando al nostro sguardo atterrito tutti i servi in livrea bene allineati? Ci sono, Denny - disse alzandosi di scatto. - Perlomeno credo. Abbiamo il vecchio Turnip-top. Non è uno dei miei cugini? - State parlando di Lord Staveley, signore - disse Denny timidamente. - Ovviamente, somaro. Di chi altrimenti? - afferrando il suo bicchiere di birra di nuovo pieno, Hugh si mise a camminare a grandi passi su e giù per la stanza. - In un modo o nell'altro dobbiamo tirarlo in ballo. - Si trova nell'Africa Centrale, signore - fece notare Denny cautamente. - Che diavolo c'entra? Julia, voglio dire Dorothy, non lo sa mica. Probabilmente non ha mai sentito parlare di quel poveraccio. Scrivete, idiota; prendete la penna e scrivete in fretta. "Cara Lady Manton, spero che non abbiate dimenticato i piacevoli giorni trascorsi insieme a Wiltshire Towers questa primavera." - Ma voi non siete andato dai Duchi questa primavera, signore - annaspò Denny. - Lo so, somaro, né tantomeno lei. A dire il vero, il posto è stato ripulito, solo che lei non ne sa niente. Continuiamo, mi sento di nuovo un vulcano. "Di sicuro non ho dimenticato il cortese invito che avete fatto a mio cugino Staveley e a me di venire a stare da voi. Lui, attualmente, sta uccidendo delle bestie in Africa, laddove io sono condannato a marcire in questo inospitale paese. Domani devo essere a Sheffield...." Si fermò. - Perché Denny, perché mai devo andare a Sheffield? In nome del cielo, che cosa ci si va a fare a Sheffield? - Fabbricano coltelli lì, signore. - Davvero? Ma non c'è bisogno di andare fin lì per comprarli. E, a ogni modo, non voglio dei coltelli. - Potete sempre dire di essere in viaggio di affari, signore - osservò il maggiordomo. - Perbacco! Siete un genio, Denny. Scrivetelo. "A Sheffield per affari, e mi chiedevo se potevo prendervi in parola e venire a..." Dove vive quella maledetta donna? Cercatelo in Who's Who. - Drayton House, signore - annunciò Denny. "Drayton House per un paio di giorni. Cordiali saluti." H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Tutto ciò servirà allo scopo, Denny. Consegnatemi la brutta copia, e la riscriverò. - Un foglio della miglior carta, con l'intestazione e il numero di telefono in rilievo e in blu e il gioco è fatto. - Non siete un po' troppo conciso, signore? - disse Denny dubbioso. Drummond poggiò la sua penna e lo fissò sconsolato. - Talvolta, Denny, mi sembrate un caso disperato - rispose. - Nonostante i quattro anni di vita in comune ci sono ancora dei momenti nei quali ricadete nel vostro torpore mentale di un tempo. Se le fornissi più informazioni potrebbe verificarsi l'eventualità, seppure lo ammetto non molto probabile, che lei mi risponda dichiarando di non sapere affatto della mia esistenza e che mandi la mia lettera alla polizia. E che cosa faremmo allora, mio fedele valletto? Invece arriverò a Drayton House subito dopo la lettera, scoprirò avvilito di essermi sbagliato e sarò gentilmente perdonato dalla mia affascinante padrona di casa, come si conviene a un uomo con simili amici altolocati. Ora correte a chiamarmi un taxi. - Tornerete a cena, signore? - Forse sì, forse no. Nel caso non dovessi tornare, mi recherò a Sheffield con la Rolls domani. Preparate con cura i bagagli. - Volete che venga con voi, signore? - No, Denny. Non questa volta. Ho il presentimento che ci sarà da divertirsi a Drayton House, e voi siete troppo giovane per questo genere di cose. Con un'espressione rassegnata sul volto Denny lasciò la stanza, richiudendosi con delicatezza la porta alle spalle. Però Drummond, rimasto solo, non riprese immediatamente a scrivere la sua lettera a Lady Manton. Non stringeva più la penna tra le mani, ma se ne stava seduto alla sua scrivania a fissare pensieroso il muro davanti a lui. La sua abituale e vacua giovialità era completamente scomparsa, lasciando il posto a uno sguardo determinato, quasi arcigno. Aveva l'aria di un uomo alle prese con decisioni importanti e abituato, inoltre, a simili situazioni. Rimase così, immobile, per alcuni minuti, quindi con una breve risata si scosse dalle sue fantasticherie. - Siamo vicini, ragazzo mio - mormorò. - Maledettamente vicini. Se non staniamo la lepre nel giro di poche settimane mi mangio il cappello. Dopo una nuova risata si accinse a completare la lettera. Di lì a poco affrancò e indirizzò la busta, poi se la infilò nella tasca e si alzò. Attraversò H. Cyril McNeile (Sapper)
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la stanza e aprì una piccola cassaforte che si trovava in un angolo. Ne trasse una piccola rivoltella automatica, che mise nella tasca del soprabito, e un pacchettino che sembrava fine seta nera. Quindi richiuse la cassaforte, prese il cappello e il bastone da passeggio e raggiunse l'atrio. - Denny - chiamò, sostando davanti all'ingresso principale. - Signore - rispose il nostro, sbucando dai locali posteriori. - Se il signor Darrell o qualcun altro mi cerca dite loro che stasera alle undici addenterò qualcosa di bollente e di piccante al grill del Savoy.
4. Dove il conte Zadowa riceve un brutto colpo Il numero 5 di Green Street a Hoxton non era una dimora accogliente. Un biglietto su una delle sporche finestre del pianterreno annunciava che il signor William Atkinson era pronto a prestare denaro dietro adeguate garanzie. Una visita durate l'orario d'ufficio rivelava che le cose stavano proprio così, anche se l'aspetto dello scagnozzo del signor Atkinson induceva il potenziale cliente a chiedersi come fosse riuscito a farsi un simile nome in Inghilterra. Il secondo e il terzo piano, apparentemente, erano occupati dal suo staff, che sembrava di dimensioni spropositate in considerazione del luogo e del tipo di attività. Hoxton fa parte a malapena di quella zona di Londra in cui circolano ingenti somme di denaro, e tuttavia senza alcun dubbio lo staff del signor William Atkinson era non solo numeroso ma anche indaffarato. I suoi impiegati erano così indaffarati che li si vedeva di frequente al lavoro fino alle dieci o alle undici di sera, malgrado i normali impegni giornalieri terminassero al primo piano alle sei, alle otto il sabato. Fu proprio poco prima della chiusura che, il giorno dopo la strana vicenda di Barking, un individuo grande e grosso, dall'aspetto sciatto, si presentò nell'ufficio del signor Atkinson. Si sarebbe detto, di primo acchito, che quell'uomo avesse un'urgente necessità di acqua e sapone, però il suo aspetto a quanto pareva non destava alcuna sorpresa nel dipendente del piano terra. Forse Hoxton non dà troppa importanza a simili bazzecole. L'impiegato, un uomo pallido dall'aria anemica, la pelle malridotta e il naso adunco, lavorava con molta fatica. - Che cosa vuoi? - domandò seccato. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Tu che dici? - ribatté l'altro. - Carne di gatto? L'impiegato indietreggiò, mentre il sangue ribolliva nel suo volto giallognolo. - Non usare quel tono con me, amico - disse furioso. - Ti ricordo che siamo nel mio ufficio. - Già - rispose l'altro. - È come ritrovarsi col naso tutto ridotto in poltiglia. Non ti vergogni con quella faccia? Buttala fuori e valle dietro, ammasso di trippa. Beh, adesso gli affari. - Con un colpo che fece tremare l'ufficio batté il suo enorme pugno sul tavolo. - Non ho tempo da perdere, mica come te. Quanto? Depositò un paio di spessi stivali chiodati sul bancone e se ne stette lì a fissare l'altro con aria di sfida. - Due scellini - disse l'impiegato con indifferenza, gettando una moneta e afferrando gli stivali. - Due scellini! - sbraitò l'altro pieno d'ira. - Due scellini, miserabile giudeo. - Per qualche attimo barbugliò parole incomprensibili come se avesse perso la favella. Poi protese la sua enorme mano e afferrò l'impiegato per il bavero. - Pensaci bene, Archibald continuò calmo - pensaci molto bene. Però il commesso, com'era prevedibile data la sua professione, era preparato a quel tipo di imprevisti. Con molta destrezza fece scivolare la sua mano destra sul bancone in cerca di un campanello elettrico nascosto che comunicava con lo staff del piano di sopra. Quel campanello rispondeva a diversi scopi: veniva suonato per chiedere aiuto o come avvertimento, e in base al numero degli squilli si poteva determinare il grado d'urgenza della chiamata. L'impiegato decise che, in quel particolare frangente, due squilli sarebbero stati appropriati: non gli piaceva l'aspetto di quell'omone arrabbiato, nella cui morsa si sentiva assolutamente impotente, e aveva un urgente bisogno d'aiuto. Per sua sfortuna si lasciò sfuggire un sorrisetto furbo proprio un attimo prima che la sua mano trovasse il campanello. L'uomo di fronte a lui vide quel sogghigno e perse le staffe; con un grugnito d'ira colpì l'altro dritto tra gli occhi, e l'impiegato rovinò a terra afflosciandosi dietro il bancone, senza essere riuscito a suonare il campanello. Per un po' l'omone se ne stette immobile, ascoltando con attenzione. Dal piano di sopra giungeva il debole ticchettio di una macchina da scrivere; da fuori arrivavano, attutiti da due porte chiuse, gli abituali rumori delle H. Cyril McNeile (Sapper)
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strade di Londra. Poi, rivelando un'agilità insospettata viste le sue dimensioni, saltò il bancone e ispezionò con l'occhio del professionista l'impiegato disteso per terra. All'inizio ebbe dipinto sul viso un lieve ghigno, poi si mise al lavoro senza indugio. Agì con tanta rapidità ed efficienza da indurre a credere che l'intera faccenda fosse stata preparata, compreso il temporaneo malore dell'impiegato. In meno di un minuto quest'ultimo venne legato, imbavagliato e sistemato sotto il bancone. Accanto a lui l'omone piazzò gli stivali, attaccandovi sopra un pezzo di carta che aveva estratto dalla tasca. Con mano incerta vi scrisse: "Che razza di prezzo per gli stivali, brutto porco". Poi il colosso forzò senza fretta la cassa e prese del denaro, quindi esaminò ancora una volta l'uomo privo di sensi sotto il bancone. - Senza intoppi - borbottò. - Proprio come voleva Cocker. Ora, caro mio, veniamo al secondo punto del programma. Questa deve essere la porta che cerco. La aprì con cautela, e le voci pacate che provenivano da sopra aumentarono d'intensità. Poi come un'ombra svanì nella semioscurità della casa al piano superiore. Era indubbiamente una casa piena di sorprese, quella al numero 5 di Green Street. Chi attraversava per la prima volta il sudicio ufficio al pianterreno, dove l'impiegato del signor Atkinson riceveva la clientela, e poi saliva la scale e raggiungeva il primo piano stentava a credere che si trattasse della medesima abitazione. Tuttavia gli estranei non erano certo incoraggiati a prendere iniziative del genere. La metamorfosi aveva luogo dopo la porta posta in cima alla rampa di scale: al di qua una scala priva di tappeti e non certo troppo pulita fino al piano terra, al di là un quadro completamente differente. Un ampio corridoio con delle stanze che comunicava direttamente con ambedue i lati della casa attendeva l'intruso, un corridoio illuminato a dovere da lampade elettriche appese al soffitto, e un tappeto di buona fattura copriva il pavimento. Lungo tutte le pareti, con la sola eccezione delle aperture per le porte, erano sistemati lunghi scaffali per libri che arrivavano fino a un tramezzo che chiudeva l'altra estremità del corridoio. In questo tramezzo c'era un'altra porta, e dietro di essa il corridoio proseguiva fino a una finestra ben munita di persiane e catenacci. Questo secondo tratto immetteva in una sola stanza, che avrebbe sbalordito qualsiasi estraneo. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Era riccamente, quasi lussuosamente, arredata. Al centro si trovava un grande scrittoio con alzata avvolgibile, e lì intorno sparpagliate vi erano delle poltrone rivestite di pelle verde. Un lungo tavolo occupava quasi per intero un lato della stanza; un tavolo sul quale c'erano tutti i giornali possibili e immaginabili. Un'enorme cassaforte incassata nella parete occupava l'altro lato, mentre la finestra, come quella esterna, era chiusa quasi ermeticamente. C'era un caminetto nell'angolo, ma non c'era traccia di fuochi recenti né di eventuali preparativi. Due stufe elettriche, attaccate a delle spine nella parete, costituivano l'impianto di riscaldamento, mentre un grande lampadario centrale e una mezza dozzina di faretti mobili illuminavano ogni angolo della stanza. In questa stanza due uomini se ne stavano beatamente a discutere, ignari della triste sorte dell'impiegato di sotto. In una sedia avvicinata alla scrivania c'era nientemeno che Charles Latter, l'onorevole, ed era soprattutto lui a parlare. Però era l'altro ad attirare l'attenzione: tutto faceva credere che fosse il signor Atkinson in persona. Era seduto su una sedia girevole che aveva ruotato in modo da essere di fronte all'altro, ed era il suo aspetto che colpiva e affascinava. Sulle prime sembrava stranamente ripiegato su se stesso, ma poi dopo un'occhiata ravvicinata se ne scopriva la ragione. Quell'uomo era gobbo, e faceva pensare a un uccello da preda. A differenza della maggior parte dei gobbi le sue gambe erano di lunghezza normale, e seduto così, immobile sulla sua sedia, con le mani sulle ginocchia, fissando gli occhi addosso al suo interlocutore, aveva qualcosa di minaccioso e di implacabile nello sguardo. I suoi capelli erano bianchi, i lineamenti duri e aspri, mentre la bocca ricordava un rostro d'acciaio. Però erano soprattutto i suoi occhi a imporsi: grigiazzurri e penetranti, sembravano capaci di scrutare i recessi dell'anima. Un uomo che non aveva motivo di mentire, un uomo totalmente privo di scrupoli, che puniva i collaboratori che facevano il doppio gioco con una severità spietata. Un uomo pericoloso. - Così vi siete rivolto alla polizia, signor Latter - osservò affabilmente. E che cosa ha detto il nostro amico Sir Bryan Johnstone sulla vicenda? - Sulle prime, Conte, non ha detto molto. In realtà ha detto ben poco. Ma ha cambiato decisamente atteggiamento dopo aver visto il biglietto. Me ne sono accorto subito. C'era qualcosa in quel biglietto che lo ha colpito ... - Vorrei vederlo - disse il Conte, tendendo la mano. - L'ho lasciato a Sir Bryan - rispose l'altro. - Me lo ha chiesto lui. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Promettendomi il suo impegno. Il Conte storse le labbra. - La promessa di Sir Bryan Johnstone non basta, signor Latter, a garantire la vostra sicurezza. Sapete chi ha scritto quel biglietto? - Penso di sì - disse l'altro con un certo tremore. - Credo che si tratti della misteriosa Banda Nera di cui si parla in giro. - Esatto - replicò il Conte concisamente. - Santo Cielo! - balbettò Latter. - Allora è vero, esiste. - Nell'ultimo mese - rispose il gobbo, fissando il suo spaventato amico sono scomparsi una ventina dei nostri uomini migliori. Sono semplicemente svaniti nel nulla. So, comunque, che non è opera dei poliziotti: sono disorientati quanto noi. Però la polizia, signor Latter, indipendentemente dalla sua posizione ufficiale, è con tutta probabilità molto contenta, in realtà, della scomparsa dei nostri amici. In ogni modo fino alla scorsa notte. - Che cosa intendete dire? - chiese l'altro. - La scorsa notte la polizia si è lasciata sfuggire la preda, e questo a Mc Iver non piace. Voi sapete che avevo inviato Zaboleff? - Sì, naturalmente. Questa è una delle ragioni della mia visita di stasera. Lo avete visto? - No - rispose il Conte arcigno. - La polizia sapeva del suo arrivo. Il signor Latter impallidì: il pensiero di Zaboleff agli arresti non gli andava a genio. Va detto che la sua reazione emotiva era dettata dall'egoismo: Zaboleff sapeva troppo. Il Conte, nel frattempo, aveva ripreso a parlare, con un ghigno. Aveva letto nella mente dell'altro come in un libro aperto. - È stata - continuò - la Banda Nera. Hanno prelevato Zaboleff e il nostro amico Waldock sotto il naso della polizia e i due, come gli altri venti, sono spariti. - Dio mio! - lo stato mentale di Latter non dava adito a dubbi. - E adesso mi hanno minacciato. - Adesso vi hanno minacciato - confermò il Conte. - E voi, e me ne compiaccio, avete fatto esattamente quello che vi avrei detto di fare, se ne avessi avuto la possibilità. Vi siete rivolto alla polizia. - Ma, ma - balbettò Latter - la polizia non è stata di aiuto a Zaboleff la scorsa notte. - Ed è molto probabile - aggiunse l'altro con calma - che anche nel H. Cyril McNeile (Sapper)
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vostro caso si riveli inutile. Onestamente, signor Latter, non mi importa niente di ciò che vi accadrà. Ci avete fatto comodo, ciò che importa è che ora siete diventato l'osso conteso dai cani. Fino alla scorsa notte i cani non si erano incontrati, almeno ufficialmente; e nello scontro della scorsa notte il cane poliziotto, almeno così mi pare, è stato colto di sorpresa. Mc Iver non permetterà che la cosa si ripeta. Nel vostro caso sarà sul chi vive. Se le cose andranno come devono, questa dannata Banda Nera, che mi infastidisce più di quanto abbia mai fatto o farà mai la polizia, stavolta troverà pane per i suoi denti. Il respiro di Latter si fece affannoso. - Ma che cosa volete che faccia, Conte? - Niente di niente, tranne le vostre abituali attività - rispose l'altro, che esaminò un quaderno sul tavolo. - Voi avevate intenzione di andare da Lady Manton vicino Sheffield, vedo. Non cambiate i vostri progetti, andate pure. Probabilmente qualcosa accadrà lì da lei. - Osservò sprezzantemente il volto verdastro dell'altro e cambiò improvvisamente tono. - Voi capite, signor Latter - la sua voce ora era estremamente affabile e tranquilla - voi capite, vero, quello che voglio dire? Voi vi recherete nella casa di Lady Manton come previsto, e vi comporterete come se non aveste mai ricevuto questo biglietto. In caso contrario, se cercherete di giocarmi qualche brutto tiro, qualsiasi cosa possa farvi o non farvi la Banda Nera, che siate o meno protetto dalla polizia, dovrete fare i conti con noi. E voi sapete ciò che significa. - Supponiamo che la banda mi prenda e riesca a confondere la polizia mormorò Latter con le labbra secche. - Che faremmo allora? - Tratterò personalmente con loro. Cominciano a seccarmi. Quel tono così baldanzoso nella voce del Conte colpì l'altro uomo. - Avete idea di chi siano? - chiese con impazienza. - Nessuna, al momento. Il loro capo è intelligente, ma non più di me. Hanno scelto, deliberatamente, di combattermi, e adesso ne ho abbastanza. Se la polizia li prendesse prima di me sarebbe meglio per tutti: in caso contrario... Il Conte scrollò le spalle, e con un gesto della mano liquidò la faccenda. Poi prese un foglio di carta dallo scrittoio e lo guardò. - Ora vi darò i vostri ordini per Sheffield - continuò. - Mi hanno riferito che nella fabbrica di Sir John Manton c'è una testa calda di nome Delmorlick. Costui ha un buon lavoro, però passa gran parte del suo tempo H. Cyril McNeile (Sapper)
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libero a incitare i disoccupati, che per fortuna sono molto numerosi in città, ad assurdi atti di violenza. Per noi è un uomo molto prezioso, e sembra essere uno di quegli incredibili esseri che credono davvero nelle dottrine del Comunismo. Mi dicono che è capace di spingere al parossismo le folle con la sua lingua. Voglio che voi lo contattiate e gli offriate cinquanta sterline per continuare così. Dicendogli, naturalmente, che è da parte del Gran Maestro russo, e spronandolo a fare del suo meglio. Lo incaricherete, inoltre, insieme a un altro paio di uomini che lascerete scegliere a lui, di eseguire un lavoretto che troverete dettagliatamente descritto in questa lettera. - Consegnò una busta a Latter, che la prese con mano tremante. - Dovrete provvedere personalmente agli esplosivi necessari. Secondo i miei calcoli, in caso di riuscita, il mio piano farà perdere il lavoro a almeno altre tremila persone. Infine, Signor Latter, in caso di successo il vostro compenso sarà di mille sterline. - Mille! - mormorò Latter. - E' molto pericoloso? Il Conte sorrise sdegnosamente. - Non se farete il lavoro come si deve. Sì, che c'è? Da un campanellino elettrico accanto al suo gomito continuavano a arrivare, a intermittenza, quattro squilli acuti. Il Conte si alzò, e con estrema accuratezza si infilò in tasca ogni pezzo di carta che si trovava sulla scrivania. Poi tirò giù l'alzata e la chiuse a chiave, mentre il campanello, un po' smorzato, continuava a suonare dentro. - Che sta combinando quell'idiota? - urlò arrabbiato, avviandosi verso la grande cassaforte inserita nella parete, mentre Latter, col volto pallido e atterrito, camminava al suo fianco. Poi, all'improvviso, il campanello smise di suonare. Con molta calma il Conte schiacciò due pomelli nascosti, così bene incassati nella parete da risultare invisibili a un estraneo, e la porta della cassaforte si spalancò. Solo allora fu chiaro che la cassaforte non era una cassaforte, bensì una seconda uscita che comunicava con una rampa di scale. Per alcuni attimi rimase immobile, sul chi va là, affiancato da un agitato Latter. Una mano era poggiata su un interruttore principale che controllava tutte le luci, l'altra su un pomello nel secondo corridoio che, se girato, avrebbe chiuso silenziosamente la grande porta di acciaio alle loro spalle. La sua espressione torva si mutò, pian piano, in uno sguardo perplesso. Quattro squilli dal negozio di sotto: questo era il segnale convenuto di H. Cyril McNeile (Sapper)
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massima allerta, e ognuno sapeva esattamente come comportarsi in un simile caso. Nelle altre stanze tutti i registri e i documenti più o meno compromettenti dovevano essere scaraventati alla rinfusa in ripostigli segreti nel pavimento, appositamente costruiti sotto ogni tavolo. Al loro posto sarebbero comparsi registri accuratamente e abilmente falsificati, dove erano riportate le presunte transazioni commerciali del signor Atkinson. E se fossero state sollevate delle perplessità circa il tipo di ufficio che possedeva di sotto in relazione alla portata degli affari del signor Atkinson e alla sua clientela, sarebbe stato subito evidente che Hoxton non era che una delle tante attività messe in piedi da questo versatile gentiluomo. Ineccepibili libri mastri mostravano in modo incontestabile che il signor Atkinson aveva avviato imprese simili in diverse grandi città dell'Inghilterra e della Scozia, per non parlare di importanti filiali nel West End, gestite sotto il nome di Lewer Brothers. E di certo era nel suo diritto, se proprio lo desiderava, stabilire la sede centrale a Hoxton, o a Timbuctù o altrove. In fondo erano fatti suoi. La condotta da adottare in quella grande, ultima stanza era ancora più semplice. Il Conte non doveva far altro che passare attraverso la porta della cassaforte e svanire così nel nulla grazie al suo nascondiglio personale. E se qualche scocciatore avesse posto domande inopportune, bene, si trattava dell'ufficio privato del signor Atkinson, tra l'altro molto carino, anche se al momento lui era altrove. Questa la condotta: semplice ed efficace, anche se questa volta evidentemente qualcosa non aveva funzionato. Invece del laborioso silenzio di impiegati che facevano gli straordinari alle prese con affari importanti a Edinburgo o a Manchester, dal corridoio giungeva una vera e propria babele di voci. Poi qualcuno bussò freneticamente alla porta. - Chi è? - urlò il Conte bruscamente. Va detto che anche i componenti più importanti del suo staff si guardavano bene dall'entrare nella sua stanza senza autorizzazione. - Sono io, signore, Cohen - disse una voce turbata da fuori. Dopo breve indugio il Conte girò il pomello, facendo chiudere senza rumore la porta della cassaforte. Con un gesto imperioso indicò a Latter una sedia e tornò a sedersi alla scrivania. - Entrate - disse aspramente. Un individuo strano e ripugnante obbedì a quell'ordine e il Conte si appoggiò allo schienale. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Che diavolo avete combinato? Un paio di occhi color azzurro cupo e un naso dal quale ancora scendeva un rivolo di sangue non avevano migliorato l'aspetto generale dell'impiegato del piano di sotto. In una mano portava un paio di stivali chiodati, nell'altra un pezzo di carta, e brandiva a turno i due oggetti mentre un flusso convulso di parole sgorgava dalle sue labbra. Il Conte ascoltò per alcuni minuti, fino a quando il suo primo sguardo sorpreso si mutò in collera. - Se ho ben capito, voi miserabile verme - ringhiò - avete dato il segnale di massimo pericolo, non una ma una mezza dozzina di volte, solamente perché un uomo vi ha colpito sul naso. È così? - Ma mi ha picchiato fino a farmi perdere i sensi, signore - disse l'altro con voce tremula. - Quando mi sono ripreso e ho visto gli stivali accanto a me, e il registratore di cassa aperto, quasi perdevo la testa. Non capivo cosa era accaduto, signore, e ho pensato bene di suonare il campanello, non si sa mai. Indietreggiò di un paio di passi verso la porta, ormai fuori di senno a causa dello sguardo terrificante degli occhi del gobbo. Tre o quattro impiegati, che erano stati a sbirciare furtivamente attraverso la porta aperta, se la squagliarono di gran carriera, mentre il signor Latter, dalla sua sedia, osservava rapito la scena, che gli faceva venire in mente un uccello e un serpente; però poi improvvisamente rabbrividì al pensiero che la sua posizione, tutto sommato, non era poi così diversa da quella dello sventurato Cohen. E proprio quando la tensione si era fatta insopportabile accadde qualcosa. Fuori, nel corridoio, chiaro e distinto, risonò due volte il grido di un gufo, privo di significato per il signor Latter, privo di significato per il piccolo, spaventato ebreo, ma che fulminò il Conte. Con una rapidità incredibile per un uomo così deforme si precipitò alla porta e poi nel corridoio, scaraventando in un angolo Cohen che si trovava sulla sua strada. I suoi potenti pugni erano serrati, le vene del collo erano sul punto di scoppiare. Ma rimase immobile, con grande sorpresa di Latter, che tirandosi su dalla sedia scrutò attentamente la porta lungo il corridoio, per ritornare subito dopo barcollando, con l'angoscia nel cuore e la gola di colpo secca. Perché venti yarde più in là, nel vano della porta all'inizio della rampa di scale che conduceva nell'ufficio del piano terra, si era stagliata una figura enorme e immobile. Per un attimo aveva chiaramente H. Cyril McNeile (Sapper)
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percepito un contatto: lui l'aveva fissata e gli sembrava di essere stato a sua volta fissato. Poi la porta era stata chiusa e dall'altra parte era stata girata una chiave. Una veste nera ammantava quella figura....
5. Dove Charles Latter, membro del Parlamento, impazzisce Drummond arrivò al ricevimento di Drayton House proprio al momento del tè. Una rapida occhiata agli ospiti nell'atrio, mentre il maggiordomo lo aiutava a togliersi il soprabito, gli fece capire che, tranne Latter, non conosceva proprio nessuno: un secondo sguardo lo indusse a considerare la cosa con animo sereno. Gli invitati parevano barbosi e si dedicò subito alla padrona di casa. - Dov'è Lady Manton? - chiese al maggiordomo. - Sta versando il tè - rispose l'uomo sorpreso. - Santo Cielo! - disse Drummond sbalordito. - Sono venuto nella casa sbagliata. - La casa sbagliata, signore? - fece eco il maggiordomo, e il suono delle loro voci attirò l'attenzione di Lady Manton. L'astuta donna capì al volo ciò che stava accadendo. L'autore della strana lettera che aveva ricevuto all'ora di pranzo era giunto, e si era reso conto dell'errore. Aspettava questo momento e adesso, di bene in meglio, Drummond aveva scelto proprio la situazione giusta, con tutti gli invitati che potevano seguire l'intera conversazione. Piena di gratitudine pensò che simili occasioni sono molto rare. Sorridendo affabilmente si avvicinò all'ospite, che era rimasto esitante nei pressi della porta. - Il signor Drummond? - chiese. - Sì - mormorò, con espressione perplessa. - Ma, a quanto pare ho commesso un errore incredibile. Lei rise, e lo condusse nel salone. - Del tutto normale, ve lo assicuro - replicò lei, parlando in modo da farsi sentire dagli altri. - Dovete aver incontrato mia cognata a Wiltshire Towers. Mio marito non stava molto bene all'epoca e così ho dovuto rifiutare l'invito della Duchessa - disse offrendogli una tazza di tè. - Però, naturalmente, conosco vostro cugino, Lord Staveley. Così, dopo tutto, un H. Cyril McNeile (Sapper)
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po' ci conosciamo, non è vero? - Siete davvero incantevole, Lady Manton - rispose Drummond, con quel suo sorriso contagioso. - Comunque io mi sento un po' un intruso, diciamo così. Una specie di sciocco imprudente. - Un'osservazione alquanto infelice - notò un uomo dall'aspetto viscido con i basettoni, con tono di disapprovazione. - Anche voi affascinato, amico? - tuonò Hugh, poggiando la sua tazza vuota. - Mi riferivo alle ultime parole del vostro discorso - replicò l'altro acido, quando intervenne Lady Manton. - Ovviamente, signor Drummond, io e mio marito insistiamo affinché restiate qui da noi fino a quando non avrete sbrigato i vostri affari a Sheffield. - Davvero molto gentile da parte di entrambi, Lady Manton - rispose Hugh. - Quanto tempo pensate di trattenervi? - Tre o quattro giorni, forse un po' più a lungo - mentre parlava il suo sguardo si posò su Latter. Per alcuni minuti quel degno pilastro del Parlamento era rimasto a fissarlo con aria perplessa, per poi avere un piccolo sussulto quando aveva cominciato a ricordare. Si trattava dell'enorme individuo che russava nell'ufficio di Sir Bryan Johnstone l'altro giorno. Evidentemente aveva a che fare con la polizia, rifletté Latter, e osservando le notevoli dimensioni di Drummond cominciò a sentirsi un po' più tranquillo. Una presenza rassicurante, viste le premesse, in caso di risse: brav'uomo Sir Bryan. Quest'uomo sembrava abbastanza robusto da poter tener testa a quella mostruosa apparizione nera, che ancora lo faceva rabbrividire. Drummond continuava a guardarlo, ma senza mostrare di averlo riconosciuto. Evidentemente dovevano comportarsi come due estranei durante il ricevimento; a ragione, visto che tra gli invitati potevano anche esserci dei componenti di quella spregevole banda. - Dipende da diversi fattori, non saprei - stava dicendo Drummond. Però se riuscite a sopportarmi per qualche giorno... - Tutto il tempo che vorrete, signor Drummond - rispose Lady Manton. E ora lasciate che vi presenti i miei ospiti. Fu solo poco prima del pranzo che il signor Latter ebbe occasione di scambiare qualche parola a quattr'occhi con Drummond, e in quel H. Cyril McNeile (Sapper)
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momento nessun altro era a portata d'orecchio. - Voi eravate nell'ufficio di Sir Bryan Johnstone ieri - disse il deputato con voce rauca. - Siete legato alla polizia? - Strettamente - rispose Hugh. - Perfino ora, signor Latter, siete completamente circondato da uomini fedeli che vi tengono d'occhio e vi proteggono. Un sorriso compiaciuto rischiarò il volto dell'altro, mentre Drummond al contrario rimase impassibile. - E come siete arrivato qui, signor Drummond? - Con la macchina - rispose serio Hugh. - Mi riferisco al ricevimento - disse Latter freddamente. - Ah! - Hugh assunse un'aria misteriosa. - Questo rimanga tra noi, signor Latter. - Non vi preoccupate, io sono la discrezione in persona. - Fino a due ore fa credevo di essere il più grande bugiardo del mondo, ma ora so che non è così. La nostra padrona di casa mi ha conciato per le feste. - Che diamine state dicendo? - urlò Latter, sorpreso. - È una faccenda molto ingarbugliata, signor Latter - proseguì Hugh sempre più misterioso. - Una rete di intrighi ci circonda. Ma non abbiate paura. Mi hanno ordinato di non lasciarvi mai solo. - Buon Dio, signor Drummond, alludete a...? - Non alludo affatto. Però una cosa voglio dirvela. - Poggiò la sua mano impressionante sul braccio di Latter. - Siate molto prudente quando parlate con quell'uomo dai basettoni a costoletta di montone e la faccia da pecora. Lo sbigottito deputato era troppo impegnato a fissare con sospetto quel rispettabile notabile di Sheffield, che era appena sceso dalle scale con la sua ospite, per notare una significativa alzata di spalle di Drummond al momento di voltarsi. Il signor Charles Latter non era quello che si dice un individuo gradevole neanche nei momenti migliori, e quella sera non era in forma. La sua piccola, corrotta anima era profondamente spaventata, e quando un codardo nato è spaventato l'effetto non è piacevole. I suoi tentativi di conversare durante il pranzo avrebbero fatto vergognare un ragazzino, e un paio di deboli sforzi per riacquistare il controllo dei nervi non portarono a nulla. La sua mente tornava immancabilmente al punto di partenza. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Continuò a soppesare i vari aspetti del caso fino a quando cominciò a girargli la testa. Cercò di fare un bilancio della situazione, avendo come obiettivo la sua sicurezza personale, però rispuntava sempre quella incognita: la vera forza di questa banda misteriosa. Durante il viaggio in treno aveva deciso di accorciare il più possibile la sua visita. Avrebbe eseguito gli ordini ricevuti e poi, dopo aver intascato le sue mille sterline, avrebbe lasciato il paese per un paio di mesi, in attesa che la polizia risolvesse la faccenda. Ed era stato molto fortunato. Era stato facile trovare Delmorlick, e una volta trovato l'uomo anche l'incarico vero e proprio era stato sbrigato senza problemi. Delmorlick aveva sistemato ogni cosa, e portato altri tre uomini all'incontro che doveva aver luogo in una saletta privata di un piccolo hotel. Come in tutti i piani del Conte, ogni dettaglio era perfetto, e un paio di grida di ammirazione lo interruppero durante la lettura delle istruzioni. Ogni possibile eventualità era stata prevista, e quando finì di leggere gli occhi di Delmorlick brillavano di fanatico entusiasmo. - Magnifico - aveva urlato quest'ultimo, alzandosi e andando verso la finestra. - Un altro colpo assestato ai Capitalisti, e, accidenti, che colpo! Era rimasto lì, con la testa coperta da una massa folta e arruffata di capelli, a fissare con sguardo cupo la strada di sotto, affiancato da uno degli altri uomini. Dopo un po' Latter si unì a loro, e anche lui si mise a guardare la strada, dove piccoli capannelli di uomini bighellonavano con le mani nelle tasche e l'apatia della disperazione sul volto. Poche donne qui e lì si mescolavano a loro, ma senza allegria, con la tetraggine di chi ha perso la speranza. La speranza che un tempo avevano coltivato di lavoro e di abbondanza era ormai morta; non sapevano cosa fare, non erano che dei numeri nell'enorme esercito dei disoccupati. Di tanto in tanto un uomo dall'aspetto più curato e agiato si allontanava da un gruppo per raggiungerne un altro, dove si intratteneva a discutere di cose serie. E i suoi ascoltatori gli facevano un cenno del capo o abbozzavano un sorriso quando passava. Delmorlick se ne era stato per un po' a osservare in silenzio. Poi, con voce molto grave, si era rivolto a Latter. - Vinceremo, signor Latter, ve lo dico io. Quello lì - disse indicando con il suo scarno indice l'uomo all'esterno - sta girando l'Inghilterra, la Scozia e l'Irlanda. E gli idioti a Londra blaterano di leggi economiche e di moneta inflazionata. Che cosa volete che gliene importi a questi uomini: loro H. Cyril McNeile (Sapper)
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vogliono cibo. Aveva guardato Delmorick, e incontrato lo sguardo dell'altro uomo che lo fissava con serietà. In quel momento ci aveva a malapena fatto caso; non vedeva l'ora di andarsene. Adesso, seduto a tavola, constatava con sorpresa che il viso dell'altro uomo lo aveva impressionato. Un nuovo arrivato, gli aveva detto Delmorick, ma un grande acquisto per la causa della libertà e dell'anarchia. Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con il suo vicino era ripiombato nel suo silenzio imbronciato. Tutto era andato bene fino a quel momento, il lavoro era stato svolto, poteva partire l'indomani. Sarebbe ripartito quello stesso pomeriggio se non fosse stato per il fatto che aveva fatto spedire i suoi bagagli a Drayton House, e la cosa avrebbe dato nell'occhio. Però era già tutto predisposto: gli sarebbe arrivato un telegramma da Londra il mattino dopo e per quella notte, be', c'era Drummond con la polizia. La situazione sembrava decisamente a suo favore, la sua posizione era del tutto rassicurante. Eppure, quella incognita... Certo, c'era sempre Drummond; l'unico problema è che non riusciva a inquadrarlo bene. Che cosa diamine aveva voluto dire prima del pranzo? Attraversò il tavolo con gli occhi per cercarlo: stava mangiando mandorle salate e facendo la corte alla padrona di casa. - Un idiota - rifletté Latter - però un idiota poderoso. Capace di bersi tutto quello che gli dico. Così, verso la fine del banchetto, aiutato forse dall'eccellente porto d'annata dell'ospite, il signor Charles Latter aveva più o meno dissipato i suoi timori. Di certo era al sicuro in quella casa, e l'avrebbe lasciata solamente per recarsi alla stazione il mattino dopo. Il pensiero dell'abominevole crimine che aveva commesso quello stesso pomeriggio non lo turbò affatto; come già sottolineato, non era un grande esemplare della razza umana. Charles Latter era amorale più che immorale: era un codardo di natura con una passione per gli intrighi subdoli, ed era un uomo estremamente egoista. A modo suo era ambizioso, desiderava il potere, però, sebbene per molti versi indubbiamente abile, gli mancava un fattore essenziale: la capacità di conquistarlo. Detestava lavorare, voleva risultati facili. E ottenere risultati duraturi non è semplice, come il signor Latter stava gradualmente scoprendo. La capacità di tenere discorsi brillanti con un'infarinatura di intelligenza è indubbiamente un pregio, ma è un pregio H. Cyril McNeile (Sapper)
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che viene valutato una finezza dagli uomini che contano. Così, col trascorrere del tempo, che trasformò in ricordo sbiadito il giorno, che allora fece epoca, in cui era tornato in Parlamento, Latter si era reso conto di ciò che era davvero: una nullità. E questa consapevolezza era fiele e assenzio per la sua anima. E' una riflessione comune a molti uomini, che però reagiscono in maniere diverse. Taluni si rassegnano, altri compiono ulteriori, altrettanto inutili sforzi; alcuni la prendono con filosofia, altri no. Il signor Latter non ci riuscì: divenne maligno. E un codardo maligno è qualcosa di spregevole. Fu giusto in quel periodo che incontrò il Conte Zadowa. Fu durante un pranzo da amici; quando le signore si allontanarono si ritrovò seduto accanto al gobbo con gli occhi strani e penetranti. Non era cosciente di aver detto moltissimo, e sarebbe rimasto sorpreso se gli avessero detto che nel giro di dieci minuti quell'affascinante estraneo avrebbe letto nei suoi sgradevoli pensieri come in un libro aperto e sarebbe giunto a una decisione ben definita. In effetti, tornando con la mente agli ultimi mesi, il signor Latter non riusciva a capire come fosse potuto arrivare a quel punto. Se qualcuno gli avesse detto, quando si presentava come candidato al Parlamento, sfoggiando le solite, trite espressioni, che entro due anni sarebbe rimasto coinvolto in un giro di teste calde comuniste, lo avrebbe schernito. Per non parlare dell'anarchia: brutta parola, ma l'unica adatta all'attentato dinamitardo di Manchester, che aveva lui stesso organizzato. Talvolta, di notte, si svegliava di soprassalto tutto sudato ripensando a quell'episodio.... Le cose peggioravano sempre più. A poco a poco l'affascinante Conte Zadowa, rendendosi conto che il signor Latter possedeva giusto le doti di cui aveva bisogno, aveva cessato di essere affascinante. Era molto conveniente avere un membro del Parlamento come primo ufficiale di collegamento. Il primo passo falso era stata la firma di una ricevuta relativa a del denaro accettato per prendere la parola a un incontro di rivoluzionari nel Galles del Sud, durante lo sciopero nelle miniere di carbone. Un documento imbarazzante, se si pensa che i suoi principali sostenitori nel suo collegio elettorale erano proprietari di miniere di carbone. Da allora le cose erano precipitate. Non che il signor Latter avesse, ora, dei rimorsi di coscienza: sentiva unicamente, di tanto in tanto, i morsi della paura, la paura di essere H. Cyril McNeile (Sapper)
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scoperto. Teneva i piedi in due staffe rabbiosamente, e talora la sua anima meschina e codarda era preda dell'angoscia. Poi, come un fulmine a ciel sereno, era arrivato l'avvertimento da parte della Banda Nera. Comunque, rifletté quella notte, dopo essersi infilato nel letto e aver spento la luce, la polizia non sospettava affatto la sua doppia vita. Erano tutti intorno a lui, e c'era quel grande idiota nella casa... Per un attimo il suo cuore cessò di battere: stava sognando oppure c'era davvero un uomo lì ai piedi del letto? Il sudore gli bagnava la fronte quando cercò di parlare: poi si mise a sedere, afferrando con mano tremante il bavero del suo pigiama. Quella figura continuava a restare immobile: poteva giurare che c'era qualcosa lì adesso, poteva scorgerne la sagoma grazie alla luce fioca della finestra. Cercò, timoroso, l'interruttore; dopo un paio di tentativi maldestri riuscì ad accendere con uno scatto la luce. Dalla sua gola uscì un grido di paura soffocato: una rabbia livida prese il posto del terrore. Appoggiato ai piedi del letto poltriva Drummond, che lo guardava con una certa premura. - Coperte rimboccate, al calduccio, vecchio mio - urlò Drummond scherzosamente. - Calzini da notte per i piedini e tutto il resto? - Come osate - farfugliò Latter. - Come osate entrare così nella mia stanza... - Zitto, zitto - mormorò Drummond. - Non dimenticate i miei ordini, caro Latter, amico mio. Accudirvi come una madre che canta la ninnananna all'ultima infornata di marmocchi. A ogni modo, figlio mio, li avete proprio strapazzati i vostri denti stasera. Se li trattate sempre così già me li immagino i vostri molari inginocchiati a implorare Kolynos. - Intendete dire che eravate qui dentro quando ero svestito? - disse Latter infuriato. - Voi state esagerando, signore: riferirò a Sir Bryan Johnstone la vostra ingiustificabile impertinenza quando tornerò a Londra. - Appunto, signor Latter. Quando tornerete a Londra? - Drummond lo osservava con molta calma. - Cerchiamo di giocare a carte scoperte: la lettera anonima di avvertimento che avete ricevuto non era poi così anonima come volevate farci credere. In altre parole, voi sapete benissimo chi l'ha scritta. - Non lo so - replicò l'altro. - So che l'ha mandata un'abominevole banda che ultimamente ha commesso tutta una serie di misfatti. Per questo ho richiesto la protezione della polizia. - Proprio così, signor Latter. E, ehm, io sono qui per svolgere questa H. Cyril McNeile (Sapper)
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funzione, se sarà destino. - Che cosa intendevate dire quando mi avete dato quell'avvertimento prima di pranzo? Quell'uomo è uno dei cittadini più importanti di Sheffield. - Era solamente uno scherzetto, signor Latter, per farvi divertire durante la serata. Il pericolo non viene da lì. - Da dove? - Probabilmente da dove meno ve lo aspettate - rispose Drummond con un sorriso enigmatico. - Partirò domani - disse Latter, ostentando indifferenza. - Fino ad allora conto su di voi. - Per l'appunto - mormorò Drummond. - Così voi avete sbrigato i vostri affari qui prima del previsto. - Sì. Per l'esattezza questo pomeriggio, prima del vostro arrivo. - E per questo affare siete venuto a Sheffield? - Direi di sì. Tuttavia davvero non comprendo il vostro interrogatorio, signor Drummond. E ora vorrei andare a dormire... - Temo che non possiate farlo, signor Latter. Non ancora comunque. Charles Latter fissò, per qualche istante, l'imperturbabile volto ai piedi del letto: aveva l'impressione che una strana tensione si stesse insinuando nella conversazione, qualcosa che non sapeva ancora decifrare ma che lo inquietava. - Voi credete che questa misteriosa Banda Nera approvi la faccenda che avete sbrigato questo pomeriggio? - chiese Drummond calmo. - Come faccio a sapere quello che approvano quelle canaglie? - gridò con rabbia. - E comunque non ne sanno niente. - Voi quindi vi fidate della discrezione del signor Delmorlick per quel che riguarda gli amici che sceglie? Il signor Latter si sentiva serrare la gola e parlò con voce roca e innaturale. - Cosa sapete di Delmorlick? Drummond sorrise. - Posso rispondere ponendo la stessa domanda, signor Latter? Cosa sapete voi? - L'ho incontrato oggi pomeriggio per motivi politici - balbettò l'altro, che non riusciva a staccare gli occhi dall'uomo che aveva di fronte, sul cui viso era scomparsa ogni traccia di buffoneria, sostituita da uno sguardo penetrante e bieco, terrificante anche perché completamente inatteso. E H. Cyril McNeile (Sapper)
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pensare che aveva considerato Drummond un idiota.... - Sarebbe indiscreto domandare la natura del motivo? - Sì - mormorò Latter. - Affari privati. - Immagino, immagino - replicò Drummond severo. - Però, giacché siete così reticente, ve lo dirò io. Questo pomeriggio avete fatto dei preparativi, perfetti in ogni dettaglio, per far saltare in aria la centrale elettrica principale della fabbrica di Greystone. - L'uomo nel letto trasalì. - Ciò avrebbe gettato in mezzo alla strada circa tremila uomini per almeno un paio di mesi. - È una menzogna - disse Latter con voce rauca. - Il vostro interesse nella faccenda era ovvio - continuò Drummond. Denaro. Non so quanto, e non sapevo da parte di chi, fino alla passata notte. - Ora Latter era in pieno marasma, e teneva strette la biancheria e le coperte da letto con mani che tremavano come foglie. - Voi mi avete visto la scorsa notte, signor Latter, non è vero? E io ho scoperto il vostro quartier generale.... - In nome di Dio, chi siete? - La sua voce era ormai un grido. - Non siete della polizia? - No, non lo sono. - Si stava avvicinando, e Latter si rannicchiava facendo delle smorfie. - Non sono della polizia, miserabile: sono il capo della Banda Nera. Latter sentì le enormi mani dell'altro sul suo corpo, e lottò come un bambino gracile, frignando e singhiozzando. Si dimenò e si contorse quando fu imbavagliato: poi sentì una corda segargli i polsi alle sue spalle. E tutto questo mentre l'altro continuava a parlare con calma, senza fretta. - Il capo della Banda Nera, signor Latter: la banda che è stata formata per sterminare individui come voi. Dai tempi della guerra voi rettili velenosi state tramando per attizzare il disordine in questo paese. Neanche uno su dieci tra voi crede in ciò che andate predicando: la molla è il denaro e i vostri interessi personali. E per quel che riguarda i vostri sventurati seguaci, quegli individui insostituibili che vi credono ciecamente perché, Dio li aiuti, sono affamati e le loro mogli sono affamate, che cosa vi importa di loro, signor Latter? Voi ridete sotto i baffi e intascate i soldi. Con uno strattone sollevò l'altro e lo gettò ai piedi del letto continuando a frustarlo. - Vi tengo d'occhio, signor Latter, fin dai tempi dell'episodio di Manchester, dove dieci uomini rimasero uccisi, e voi eravate l'assassino. Ma altre e più importanti faccende mi hanno tenuto occupato. Vedete, H. Cyril McNeile (Sapper)
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sono ben informato, meglio degli amici scelti di Delmorlick. Il nuovo seguace della vostra causa di questo pomeriggio si dà il caso che sia un mio intimo amico. Era alle prese con qualcosa che aveva estratto dalla tasca, una piastra spessa e quadrata con un foro al centro. - Ammetto che recandovi dalla polizia con il mio biglietto mi avete sorpreso. Ed è stato davvero un caso fortunato che io mi trovassi nell'ufficio in quel momento. Però ciò mi ha costretto a modificare leggermente i miei piani. Se il vecchio, caro Mc Iver e i suoi piedipiatti sono all'esterno della casa, tanto vale che io mi muova all'interno. E ora, signor Latter, veniamo al sodo. Stava di fronte all'uomo legato, che strabuzzava gli occhi in modo orribile. - Noi crediamo che la pena debba corrispondere al delitto. Oggi pomeriggio avete progettato di distruggere i mezzi di sostentamento di diverse migliaia di persone con dell'esplosivo, solamente per poter guadagnare un po' di denaro. Ecco - sollevò la piastra quadrata - qui c'è una libbra di buon fulmicotone, sottratto allo stesso Delmorlick prima che partisse per raggiungere gli altri esemplari. Ho intenzione di collocare questa piastra sotto di voi, signor Latter, e di accendere questo pezzo di miccia che è collegato a esso. La miccia impiegherà circa tre minuti a bruciare. Se riuscirete a liberarvi in questi tre minuti, tanto meglio per voi; altrimenti, beh, sarebbe un vero peccato non avere neanche un'esplosione a Sheffield, non credete? Drummond guardò per un po' quell'uomo atterrito che si dimenava, con occhi duri e spietati. Poi raggiunse la porta, e Latter la sentì aprirsi e chiudersi, gemendo orribilmente. Intensificò i suoi inutili sforzi: con la coda dell'occhio poteva scorgere la miccia che bruciava sempre di più, sempre di più. Poi, all'improvviso, i suoi nervi cedettero di schianto... Quattro minuti dopo Drummond uscì dal suo nascondiglio. Raccolse la miccia bruciata e il pezzo di legno al quale era stata attaccata. Quindi sciolse le corde che tenevano legato l'altro uomo, gli tolse il bavaglio e lo rimise nel letto. Dopo un po' scosse la testa pensieroso. - Giustizia è fatta - mormorò. - E ci siamo risparmiati un mucchio di noie. Poi, dopo aver esaminato per bene la stanza, spense la luce e andò tranquillamente nel corridoio.
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- Che cosa incredibile, Mc Iver - disse Sir Bryan Johnstone, nel tardo pomeriggio del giorno seguente. - Voi dite che quando avete visto il signor Latter questa mattina lui era impazzito. - Matto da legare, signore - rispose Mc Iver, volgendosi in cerca di conferma verso Drummond, disteso su una sedia. - Un forsennato, Tum-tum - confermò Drummond. - Farfugliava parole senza senso - disse Mc Iver - e si dimenava furiosamente ogni volta che si avvicinava ai piedi del letto. Come se qualcosa lo terrorizzasse. Lo avevate notato, signor Drummond? - Vecchio mio, erano appena le dieci, e non ero ancora del tutto sveglio disse il nostro sbadigliando, mentre si accendeva una sigaretta. - Bene, comunque non avete avuto alcun problema con la banda, Mc Iver - disse il suo capo. - Nessuno, signore - confermò l'ispettore. - Pensavo che ci avrebbero riprovato con me. Avevo sentito una storia pazzesca poco prima di prendere il treno, circa un guardiano notturno di una grande fabbrica che giura di aver visto una specie di corte marziale, è un ex combattente, composta da un gruppo di figure mascherate di nero che giudicava tre uomini. Ma parecchia gente va raccontando questa panzana, Sir Bryan. Si è diffusa più velocemente di quanto pensassi. Sir Bryan scosse la testa pensieroso. - Quanto mi piacerebbe sapere che cosa ha fatto impazzire Charles Latter! Drummond si tirò su a sedere pigramente. - Santo cielo! Tumkins, non lo sapete? Il ricevimento, amico mio, il ricevimento: roba da non credere.
6. Dove una dichiarazione è inviata ai giornali Prendete una guardia notturna loquace e un giornalista intraprendente, mescolateli a uno, meglio due bicchieri di birra, e si troverà sempre un direttore preparato disposto a pubblicare una colonna. E visto che il guardiano notturno era assai loquace, e il giornalista giovane e ambizioso, il risultato fu tutta una serie di colonne del tipo che tutti leggono, anche se poi negano di farlo. Signor Day era il nome della guardia notturna, e il signor Day era pronto, per un boccale di birra da una pinta, a raccontare la sua storia a H. Cyril McNeile (Sapper)
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chiunque volesse ascoltarla. I dettagli erano diversi, la differenza dipendeva dal numero dei pagamenti incassati durante la giornata, ma il nucleo restava immutato. Fu proprio questo nucleo che venne pubblicato dapprima in uno dei giornali locali di Sheffield, per approdare in seguito alla stampa londinese. Il signor Day, a quanto pareva, stava compiendo il suo solito giro, che effettuava ogni ora. Era circa mezzanotte, o forse un po' più tardi, quando gli era sembrato di aver udito delle voci che provenivano dalla centrale elettrica principale. Dopo essersi avvicinato aveva avuto l'impressione che l'illuminazione fosse più intensa rispetto al suo giro precedente, quando una sola lampadina elettrica era accesa. Era sul punto di aprire la porta per entrare a dare un'occhiata, quando aveva udito una mezza dozzina di voci che discutevano animatamente, ed una in particolare dominava sulle altre. Era alta e molto agitata, e ascoltandola il signor Day, ripensando a sua moglie e ai suoi quattro figli, aveva indugiato. - Dannato traditore, com'è vero Dio, un giorno ti ucciderò per questo. Queste erano, quindi, le parole che avevano indotto il signor Day a riflettere. In qualunque momento, e in qualunque posto, esse non sarebbero mai state scambiate per le solite chiacchiere; però, come notò il signor Day succintamente: "mi facevano venire la pelle d'oca, e venivano proprio da quel posto che, non ve lo dimenticate, era vuoto neanche mezz'ora prima". In pochi, credo, lo biasimerebbero per la sua decisione di non aprire la porta, sostituendo a questa linea di condotta una mossa strategica di aggiramento. C'era una rampa di scale esterna che conduceva a una porta che dava sulla piattaforma del piano superiore, dove si trovava l'indicatore. E a metà di quella rampa di scale c'era una finestra, che il signor Day avrebbe usato in seguito come posizione di osservazione. A questo punto del racconto il signor Day era solito fare una pausa, mentre i suoi ascoltatori si avvicinavano. Tra le quattro gigantesche dinamo che fornivano tutta l'energia necessaria alla fabbrica c'erano dieci o dodici uomini. Tre di loro avevano le mani legate dietro la schiena ed erano gli unici ad avere il viso scoperto. Gli altri, e qui cadeva la seconda, efficacissima pausa del narratore, erano completamente vestiti di nero, dalla testa ai piedi. Maschere nere, mantelli neri, l'unica differenza tra loro era la statura. Non poteva sentire quello che dicevano: dai tempi della guerra boera era un po' duro d'orecchio. Ma il tutto faceva pensare a una H. Cyril McNeile (Sapper)
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corte marziale straordinaria. I tre uomini con le mani legate erano i prigionieri; quelli in nero, immobili tutt'intorno, i loro giudici. Riusciva a percepire il suono di una voce che parlava a lungo. E poiché i tre uomini legati sembravano fissare una delle figure mascherate, ne aveva dedotto che era quest'ultima a parlare. Poi aveva visto gli uomini mascherati accerchiare i tre, e quando si erano tirati nuovamente indietro il signor Day aveva notato che i prigionieri erano stati imbavagliati e legati. In quel momento, a quanto pare, finalmente si era fatta strada nella sua testa una vaga idea di avvisare la polizia, ma ormai era tardi. Impotenti nelle mani dei loro carcerieri, i tre uomini erano stati spinti a forza verso l'uscita, e il signor Day affermava di aver sentito, subito dopo, il rumore di una automobile che si allontanava. Ma non avrebbe potuto giurarlo, perché era tutto preso a seguire la scena con il naso schiacciato contro la finestra. Due degli uomini mascherati, infatti, erano rimasti lì e il signor Day non voleva perdersi niente. Costoro si erano messi a raccogliere un mucchio di cose che somigliavano a delle piastre di legno, e della roba che somigliava a una corda nera. Poi avevano fatto un giro accurato dell'intera centrale elettrica, per assicurarsi di non aver dimenticato niente. Apparentemente soddisfatti della loro ispezione, erano andati alla porta con tutte le cose che avevano radunato. Avevano spento tutte le luci, tranne quella che era stata sempre accesa, dato un'ultima occhiata per accertarsi che fosse tutto a posto e, quindi, erano svaniti nella notte, lasciando il signor Day a grattarsi il capo e a chiedersi se per caso non avesse sognato. In realtà, tranne una indiscutibile certezza, probabilmente il racconto del signor Day non fu trattato con la considerazione che indubbiamente meritava. I primi ad ascoltarlo furono dei dileggiatori molto scettici, che lo schernirono con osservazioni calunniose sul modo in cui il signor Day aveva trascorso la serata prima di prendere servizio, e fu solo quando si ebbe la conferma, due o tre giorni dopo, che tre uomini che dovevano presentarsi al lavoro il mattino seguente in tre posti diversi non solo non si erano visti, ma erano scomparsi nel nulla senza lasciare alcuna traccia, che i dileggiatori tacquero. Inoltre l'intraprendente giornalista arrivò sul posto e il signor Day balzò in primo piano e divenne un notevole bevitore di birra. Non era forse, per quanto inverosimile potesse essere la sua storia, l'unica persona in grado di far luce sulla misteriosa scomparsa di tre lavoratori di H. Cyril McNeile (Sapper)
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Sheffield? Il giornalista non era certo uno sprovveduto, e scrisse un articolo con uno stile giornalistico assai convincente per proclamare al mondo intero, e in particolare a Sheffield, la sua fiducia. La cosa cominciò così. E si era appena messa in moto che ricevette impulsi sorprendenti e assolutamente imprevedibili. Il giornalista, nella sua ricerca di spunti per mantenere in vita la sua creatura, scoprì di aver portato alla luce un essere ormai maturo. Le attività della Banda Nera non erano poi quell'oscuro mistero che aveva immaginato sulle prime. E sebbene non avesse il benché minimo indizio circa l'identità dei suoi componenti, si convinse ben presto della veridicità del racconto del signor Day. Ma lì si arenò; non poteva che far congetture. Che ci fosse una Banda Nera, ne era certo; ma il perché e il percome gli sfuggivano. Le testimonianze che raccoglieva qui e lì erano vaghe. Alcuni, ovviamente, non ne sapevano niente, qualcun altro faceva spallucce e lo gnorri. Cercò di interrogare al riguardo un gruppo di giovani che se ne stavano a borbottare all'angolo di una strada che conduceva alla fabbrica di Greystone, ma quando si avvicinò quelli smisero improvvisamente di conversare. - Un giornalista, vero? - disse uno di loro. - Volete sapere qualcosa su questa Banda Nera? Bene, signore, ve la dirò io una cosa. Vedete quelle fornaci laggiù? Indicò la luce arancione, rosseggiante delle enormi fornaci di Greystone, che fiammeggiavano nel cielo della sera. - Bene, se io e i miei compagni riusciamo a beccare il capo di questa banda qui, o qualcuno che ne fa parte, beh, li gettiamo vivi in quelle fornaci. - Ma stai zitto, dannato idiota! - gridò uno degli altri. - Figurati se quella gente lì mi spaventa! - ringhiò il compagno. - Ma se hanno paura pure di far vedere la faccia... Il giornalista preferì proseguire. - Non fate caso a quei giovani sciocchi, amico - disse un uomo di una certa età, dall'aspetto posato, che stava un po' più in là. - Tutto fumo e niente arrosto. - Avevo chiesto loro della cosiddetta Banda Nera - disse il cacciatore di notizie. - Ah! - disse l'uomo attempato con disprezzo. - Non faccio finta di non H. Cyril McNeile (Sapper)
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saperne niente, ma se quello che ho sentito è vero, mi andrebbero bene anche un altro paio di quelli. Anche questa volta il giornalista proseguì. I poliziotti si rifiutavano categoricamente di commentare la vicenda. Conoscevano la storia del signor Day e pur non essendo del tutto scettici non erano disposti ad accettarla tout court. Avevano da fare, e fuori era una bella giornata: perché disturbarli? In questo quadro si andarono a inserire gli articoli, uno e talvolta due al giorno, scritti a edificazione dei cittadini di Sheffield. Dei trafiletti apparvero in uno o due quotidiani londinesi, insieme alla notizia che il signor Charles Latter aveva avuto un esaurimento nervoso e che questo noto deputato sarebbe rimasto per alcune settimane in una casa di cura. Di fatto la faccenda sarebbe rimasta confinata a un ambito locale se uno sviluppo sensazionale e inatteso non avesse risvegliato l'interesse languente a Sheffield e conferito a essa una dimensione nazionale. Si trattava, in sostanza, di una comunicazione inviata, presumibilmente, dal capo della Banda Nera al direttore del giornale di Sheffield. Fu pubblicata con il rilievo dovuto a una notizia importante e presentata con le seguenti parole: "Il direttore ha ricevuto la seguente comunicazione. L'originale, che è stato consegnato alle autorità competenti, era dattiloscritto; il timbro postale era quello di Londra. Il direttore non esprime alcun giudizio sull'attendibilità del documento, ma assicura di averlo riprodotto fedelmente". Il testo recitava: A proposito delle voci contrastanti suscitate dalla storia del signor Day, il guardiano notturno della fabbrica di Greystone, credo che al pubblico interesserà sapere che ogni dettaglio di questa storia è vero. I tre uomini legati che lui ha visto erano impegnati a istigare altra gente nel tentativo di demolire la centrale elettrica principale, contribuendo in maniera sensibile ad aumentare il tasso di disoccupazione a Sheffield, e fomentando ulteriore agitazione. La matrice di tutto questo, come pure di altre attività analoghe, è internazionale. La fonte si trova in altri paesi; l'obiettivo è quello di portare alla rovina completa la maggioranza dei lavoratori, che è ragionevole, a favore di una minoranza smargiassa e affamata di denaro, composta da H. Cyril McNeile (Sapper)
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canaglie prive di scrupoli e pazzi fanatici. Per questi apostoli dell'anarchia è stata allestita una casa, in cui le dottrine del Comunismo vengono applicate alla lettera. 1 tre uomini che sono scomparsi da Sheffield si trovano in quella casa, ma c'è ancora spazio per molti altri. Il signor Charles Latter è impazzito, altrimenti si sarebbe unito a loro. Tanto intelligente è l'uomo, tanto vigliacca è la canaglia. Charles Latter era intelligente. Altri sono più intelligenti di lui. La Banda Nera è nata appositamente per loro. Il capo della banda L'accoglienza di questo singolare documento fu contrastante. Facendosi forte della prima frase il signor Day portò la sua tariffa a due pinte; però fu il resto della comunicazione che destò l'interesse del pubblico. Per la prima volta era possibile spiegare in modo plausibile la presenza dei tre uomini legati e dei loro carcerieri nella centrale elettrica di Greystone. Delle indagini portarono alla luce il fatto che tutti e tre gli uomini avevano ricevuto un'educazione superiore alla media e condividevano appieno gli ideali socialisti. Fin qui il documento sembrava credibile. Era l'ultima frase che sconcertava i lettori. Vero, il signor Charles Latter, membro del Parlamento, si trovava nella notte in questione nell'abitazione di Lady Manton a poche miglia dalla città. Ed era anche vero che per via di un esaurimento nervoso era stato costretto a farsi ricoverare in una casa di cura londinese. Però era difficile collegarlo in qualche modo ai tre uomini. Era stato accertato che il ben noto deputato non aveva lasciato Drayton House quella fatidica notte; eppure, se si voleva credere al documento, c'era una stretta connessione tra lui e la faccenda dell'acciaieria. I visitatori della clinica se ne andarono sapendone quanto prima; il suo medico aveva categoricamente proibito l'accesso a chiunque, tranne che al fratello, che se ne andò accigliato dopo la prima visita e non si fece più vedere. Poiché Charles Latter non solo non lo aveva riconosciuto, ma ritraendosi continuava a farneticare, fissando per tutto il tempo i piedi del letto con uno sguardo terrorizzato. Così le speculazioni si moltiplicavano. Non pervenne più alcuna comunicazione da parte della misteriosa Banda Nera. Il signor Latter era malato di mente, e il signor Day, malgrado le due pinte, non era in grado di aggiungere altro alle sue dichiarazioni. Taluni consideravano l'intera H. Cyril McNeile (Sapper)
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faccenda una impudente e impertinente montatura, affermando che il direttore del giornale di Sheffield doveva essere perseguito per diffamazione. La loro spiegazione era semplice. Alcuni buontemponi incoscienti, per chissà quale ragione, avevano collegato i due episodi, mentre in realtà l'unica cosa che li legava era una coincidenza temporale, e avevano spedito in mala fede la lettera al giornale. Però c'era anche chi dubitava, persone che ammiccavano le une alle altre in mezzo a dei crocchi, vantando informazioni riservate sconosciute ai comuni mortali, affermando in modo allusivo che doveva esserci qualcosa sotto, per tornare quindi ai loro bisbigli confidenziali. Poi, in mancanza di sviluppi, la faccenda scomparve dalle pagine dei giornali, e la gente cessò di fare speculazioni; l'impressione dei più era che si fosse trattato di una montatura, e questa sensazione sarebbe rimasta diffusa fino a quando nuovi avvenimenti non avrebbero provato che tutto ciò era, al contrario, un'amara realtà. Ma quale che fosse l'opinione della gente al riguardo, c'erano due persone a Londra che reagirono con collera a quell'improvvisa notorietà. E forse è superfluo dire che nessuno dei due condivideva la sensazione che si trattasse di una montatura; sapevano fin troppo bene che era esattamente il contrario. La prima di queste era il Conte Zadowa, alias signor William Atkinson. A tempo debito aveva ricevuto un telegramma in codice da Latter che diceva che era tutto a posto; un telegramma spedito da Sheffield dopo l'incontro pomeridiano con Delmorlick. Da allora non aveva sentito più nulla. Le prime edizioni dei giornali della sera non contenevano alcun accenno a esplosioni verificatesi a Sheffield; le successive riportavano la notizia dell'esaurimento nervoso del signor Latter. E il Conte, leggendo tra le righe, ne fu sorpreso, sebbene fosse ancora molto lontano dall'intuire la verità. Poi erano giunte alcune strane voci, voci che portarono alla convocazione immediata da Sheffield di un uomo che negli archivi al numero 5 di Green Street risultava come John Smith, commissionario. E, anche se magari meritava la qualifica di commissionario, il suo aspetto faceva sorgere subito delle perplessità sull'opportunità del nome di John Smith. - Ditemi esattamente che cosa è accaduto - disse il Conte con calma, indicando una sedia nel suo ufficio privato. - Finora ho sentito solamente H. Cyril McNeile (Sapper)
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delle voci. E John Smith, con l'accento di un ebreo polacco, parlò. Il signor Latter era venuto a trovarlo nel primo pomeriggio e, seguendo le istruzioni, aveva organizzato un incontro tra il signor Latter e Delmorlick in un hotel. Delmorlick aveva portato tre uomini, e riteneva che ogni cosa era stata decisa durante quell'incontro. No, lui non c'era. Per due dei compagni di Delmorlick poteva garantire; fu allora che, per la prima volta, il Conte Zadowa sentì la storia così abilmente diffusa dal signor Day. Infatti quei due uomini e Delmorlick erano le persone scomparse. - Perciò è stato il quarto uomo a tradire - disse il Conte con asprezza. Chi era? - Si è presentato come Jackson - balbettò l'altro. - Ma io non l'ho più visto da allora. Il Conte, assorto, tamburellò con le dita sul tavolo davanti a lui, e nessuno osservandolo avrebbe mai neppure per un istante potuto immaginare la rabbia che gli ribolliva in testa. Per la prima volta si rendeva pienamente conto che, per quanto potesse essere perfetta la sua organizzazione, stavolta doveva affrontarne una migliore. - Che mi dite di questo esaurimento nervoso del signor Latter? domandò infine. John Smith però non sapeva niente sull'argomento. Non aveva la minima idea al riguardo e, dopo alcune domande ben precise, fu rapidamente congedato, lasciando il Conte a riflettere su quella ingarbugliata situazione: che legame poteva esserci tra l'esaurimento di Latter e la faccenda della centrale elettrica? Stava ancora rimuginando sulla cosa quando arrivò un fulmine a ciel sereno sotto forma del documento inviato alla stampa. Non era preoccupato tanto dalle frasi finali chiaramente rivolte a lui, quanto dalla pubblicità data ad attività che dovevano rimanere assolutamente segrete. E ciò che lo preoccupava ancora di più era il fatto che altri, nel Continente, uomini i cui nomi non venivano mai pronunciati ma che lo trattavano quasi come lui trattava Latter, avrebbero visto i giornali inglesi traendone le debite conclusioni. Gli erano già arrivate alcune, perentorie lettere, che gli ordinavano di fermare, in un modo o nell'altro, la Banda Nera. Aveva replicato affermando di avere tutto sotto controllo. Questo dannato documento aveva fatto precipitare la situazione: era stato pubblicato praticamente su tutti i giornali del paese, suscitando una di quelle tipiche e futili discussioni da stagione morta. Non lo H. Cyril McNeile (Sapper)
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confortava molto il fatto che il buon senso avesse decretato che si trattava di una stupida montatura: lui sapeva che non lo era. Allo stesso modo la pensavano gli altri, come avrebbe scoperto ben presto. Due giorni dopo l'apparizione del documento ricevette una lettera, che recava il timbro postale di Amsterdam, firmata X e dal contenuto lapidario: "Sto arrivando". Se qualcuno avesse assistito all'apertura della lettera da parte del Conte Zadowa nel suo ufficio privato avrebbe visto qualcosa di insolito. Avrebbe visto quest'ultimo ridurre la lettera in mille pezzettini e poi passarsi una mano tremante sulla fronte. Lui, il Conte Zadowa, che terrorizzava quasi tutti, era spaventato. La seconda persona che accolse con irritazione questa improvvisa notorietà fu l'ispettore Mc Iver. E anche in questo caso la ragione era di natura strettamente personale. Si trovava, infatti, tra due fuochi e Sir Bryan Johnstone, che non era entusiasta della piega degli eventi, lo additava con un certo sarcasmo. Perché o l'intera cosa era una farsa, e in quel caso le complicate misure di sicurezza predisposte dallo stesso Mc Iver erano state inutili, oppure non era una farsa e allora Mc Iver era stato preso clamorosamente in giro. - Mi gioco la reputazione che nessuno è entrato o uscito dalla casa quella notte, Sir Bryan - continuava a ripetere. - Che la Banda Nera fosse al lavoro in città, lo ammetto; però non credo che la vicenda del signor Latter sia qualcosa in più di una semplice, strana coincidenza. In seguito a un abboccamento con il fratello di Latter decise di fare un salto da Drummond, in Brook Street. Lo faceva controvoglia, ma sentiva di non dover lasciare niente di intentato se voleva arrivare al nocciolo della questione, e il fratello di Latter aveva detto un paio di cose che meritavano, a suo avviso, di essere approfondite. Se solo Drummond non fosse quel dannato idiota che è, rifletteva fuori di sé svoltando per Bond Street, sarebbe possibile ottenere qualche informazione utile. Ma la colpa era del capo; lui se ne lavava le mani, non aveva certo chiesto lui l'aiuto di un simile scemo. Fu in questa fase della sua riflessione che una RollsRoyce lo affiancò silenziosamente, e la voce allegra del soggetto dei suoi pensieri lo salutò con gioia. - L'uomo giusto al posto giusto! Mc Iver si voltò e rispose con un cenno del capo. - Giorno, capitano Drummond! Stavo venendo proprio da voi. - Ma, vecchio mio - urlò Hugh - non vedete dove siete? L'ingresso del H. Cyril McNeile (Sapper)
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Regency ci sta tentando. Dietro quell'ingresso ci facciamo un cocktail e mi raccontate tutti i vostri problemi. Poi spinse gentilmente l'ispettore attraverso le porte del famoso club continuando a conversare amabilmente. - Dopo numerose esperienze, amico mio - osservò fermandosi presso il bar - sono arrivato alla conclusione che c'è solamente una cosa al mondo che supera un cocktail a mezzogiorno. - Sarebbe? - disse Mc Iver noncurante. - Due cocktail - rispose Drummond trionfante. L'ispettore sorrise debolmente. Le sue numerose esperienze, invece, lo avevano portato alla conclusione che era impossibile trovare al mondo un somaro più grande di Drummond, però il suo mestiere lo costringeva talvolta a sopportare pazientemente degli idioti. Come in questa occasione. - C'è un posto tranquillo dove poter scambiare due parole, capitano Drummond? - chiese mentre l'altro spingeva un Martini verso di lui. - Che ne dite di quell'angolo laggiù? - disse Drummond, dopo aver dato un'occhiata alla stanza. - Eccellente! - approvò l'ispettore, che prese il suo cocktail e raggiunse il posto prescelto. Il suo anfitrione impiegò quasi cinque minuti per percorrere lo stesso breve tragitto, ritardo che irritò non poco Mc Iver. Aveva da fare e gli pareva che Drummond conoscesse tutti in quel locale. Per di più indugiava a parlare con gli altri. E, di nuovo, un sentimento di collera nei confronti del suo capo si impadronì di lui. Per che cosa, eccetto la grande forza fisica, Drummond si distingueva da questa frivola combriccola di bevitori di cocktail? Tutti realizzati con lo stesso stampo, vestiti allo stesso modo, che parlavano uno strano, peculiare gergo, futile, artificioso, irritante. Quanto a loro, lui non esisteva se non come l'uomo che era con Drummond, che sorrideva arcignamente; lui, che da solo lavorava in una settimana quanto tutti loro messi insieme in un intero anno. Una strana casta, diceva fra sé e sé, sorseggiando il suo drink; una casta che non aspira alla forma, in quanto elemento essenziale; un casta che conosce un unico feticcio: la repressione totale di ogni manifestazione emotiva; una casta che tra parentesi ha fatto più della propria parte durante la guerra. Di questo Mc Iver le dava atto. - Scusate il ritardo. - Drummond si lasciò sprofondare in una sedia. - Il locale è sempre affollato a quest'ora. Allora, che cosa vi angustia? - Si tratta della faccenda di Sheffield - disse l'ispettore. - Suppongo che H. Cyril McNeile (Sapper)
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abbiate visto questo messaggio sui giornali, proveniente presumibilmente dal capo della Banda Nera. - Altroché, vecchio mio! - rispose Drummond. - Sono riuscito a malapena a mangiare un boccone l'altra mattina. Niente male, mi pare. - La grande maggioranza della gente la considera una montatura continuò Mc Iver. - Ora, io so che non lo è! La macchina per scrivere usata per il documento originale è la stessa usata nelle loro precedenti comunicazioni. - Per Giove, questa è bella! - disse Drummond con ammirazione. Accidenti. Mc Iver aggrottò le ciglia. - Ora per favore concentratevi, capitano Drummond. L'ultima frase della lettera farebbe supporre che ci sia un qualche legame tra le attività di questa banda e l'attuale stato del signor Charles Latter. Io, personalmente, non ci credo. Penso che sia stata una semplice coincidenza. Ma, comunque stiano le cose, non so che darei per conoscere la causa della sua pazzia. - E' davvero fuori di senno? - domandò Drummond. - Completamente! Suo fratello lo ha visitato e dopo è venuto da me. Mi ha detto che un sintomo particolare è un terrore invincibile di qualcosa che sembra vedere ai piedi del letto. Segue questa cosa con gli occhi, suppongo che pensi che essa si stia avvicinando, e poi urla. Suo fratello ritiene che debba essere accaduto qualcosa nella sua stanza quella notte, qualcosa di così terrificante da averlo fatto impazzire. Questa idea mi sembra altamente improbabile, però accadono certe strane cose. - Indubbiamente - confermò Drummond. - Ora voi eravate in casa - proseguì l'ispettore. - Avete esaminato la sua stanza, come avete riferito a Sir Bryan. Ora, l'avete esaminata attentamente? - Ho guardato persino sotto il letto - rispose Drummond allegramente. - Non c'era niente? Nessun posto dove qualcuno o qualcosa poteva nascondersi? - Neanche l'ombra. In effetti, mio caro segugio - continuò Drummond, vuotando il suo bicchiere - se la supposizione del geniale fratello è giusta, l'unica possibile conclusione è che sono stato proprio io a farlo impazzire. Mc Iver aggrottò nuovamente le ciglia. - Vorrei che foste più serio, capitano Drummond. Ci sono altre cose nella vita oltre ai cocktails e a... questo. - Gesticolò in modo significativo H. Cyril McNeile (Sapper)
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indicando la stanza. - Si tratta di una faccenda importante. Non potete darmi altre informazioni? Non avete sentito alcun rumore durante la notte? - Solo Faccia di Pecora che russava - rispose Drummond con una smorfia. Poi, a un tratto, si fece serio e, allungandosi sul tavolo, fissò a lungo l'ispettore. - Penso, Mc Iver, che dobbiamo concludere che la follia del signor Latter è dovuta ai fantasmi del passato, e forse agli spettri del presente. Una punizione, Mc Iver, per cose fatte che non bisogna fare, una punizione sopraggiunta di notte. Quando girano i fantasmi. - Notò l'espressione sbalordita di Mc Iver e aprì a poco a poco il suo viso a un sorriso. Andiamo proprio bene, e dopo un solo cocktail. Dovreste sentirmi dopo il terzo. - Grazie mille, capitano Drummond - rise l'ispettore. - Ne so abbastanza adesso. Non ci occupiamo di fantasmi nella nostra sezione. - Bene, ho fatto del mio meglio - sospirò Drummond, facendo languidamente cenno al cameriere di ripetere la dose. - Sono fatto così. Non è un granché, lo so, ma... - Non credo che dobbiamo preoccuparcene più di tanto - disse Mc Iver, alzandosi. - D'accordo, amico mio - rispose Drummond. - Voi sapete quel che fate. C'è altro? - Nient'altro, grazie. Qualche volta devo pure lavorare. L'ispettore prese il cappello e il bastone e fu accompagnato fino all'uscita da un indolente Drummond. - Un abbraccio a Tum-tum. - Sir Bryan non è in ufficio oggi, capitano Drummond - rispose Mc Iver freddamente. - Buongiorno. Accennando un sorriso Drummond osservò la figura quadrata e robusta varcare con passo risoluto la soglia e avviarsi per Bond Street, quindi tornò, pensieroso, al suo tavolo. - Facciamo sette, invece di due - disse al cameriere, che gironzolava nel locale. Se Mc Iver fosse ritornato in quel momento avrebbe visto sei di questi imperturbabili, annoiati uomini alzarsi in maniera riservata da diversi tavoli e raggiungere svogliatamente l'angolo dove si era seduto poco prima. Probabilmente la scena non lo avrebbe sorpreso più di tanto: Drummond e sei dei suoi compagni che si facevano il secondo bicchiere; H. Cyril McNeile (Sapper)
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in realtà non ci avrebbe trovato niente di strano. Era un uomo privo di immaginazione, l'ispettore. - Bene - disse Peter Darrell, accendendosi una sigaretta. - Che cosa ha raccontato? - Niente di interessante - rispose Drummond. - Gli ho detto la verità, ma non ha voluto credermi. Algy è già tornato? - Questa mattina - disse Ted Jerningham. - Sta venendo qui. Ha avuto qualche problema, presumo. E... parli del diavolo e ti spuntano le corna. Algy Longworth, con il braccio destro fasciato, si stava dirigendo verso di loro. - Che cosa è successo, Algy? - disse Hugh quando arrivò. - Quel sovversivo di Delmorlick mi ha dato una coltellata - ghignò Algy. - Lo abbiamo legato, gettato fuori e trascinato per trecento yards. Raffreddato i suoi ardori. Credo che se la caverà. - E come stanno i miei esemplari? - Ottimamente, amico mio, ottimamente! Se li lasciassimo fare si ammazzerebbero tra loro. Drummond poggiò il suo bicchiere vuoto con una risata. - I primi sovietici britannici. Lunga vita a loro! A proposito, alle dieci stasera. Solito appuntamento. Viste le condizioni del vostro braccio, Algy, passate le vostre istruzioni a Ted. Ce le avete? - Qui, nella mia tasca. Però, Hugh, non c'è problema... - Passatele a Ted, per favore. Senza discutere! Abbiamo un bel lavoretto, e forse un po' di movimento. Leggetele Ted, e agite come al solito. A più tardi, ragazzi! Io e Phyllis pranzeremo con alcuni parenti che incutono timore. Il gruppo si sciolse con noncuranza, così come si era formato, solamente Ted Jerningham rimase seduto, leggendo quella che sembrava una comune lettera. La rilesse con attenzione sei o sette volte; poi la gettò nel fuoco aspettando di vederne la cenere. Pochi minuti dopo era seduto a pranzo con il padre, Sir Patrick Jerningham, baronetto, nel club del secondo a Pall Mall. E forse questo rispettabile e coscienzioso gentiluomo non avrebbe mangiato con così tanto gusto se avesse saputo che il suo unico figlio era stato incaricato di eseguire un lavoro quella notte che, in caso di insuccesso, avrebbe comportato o la prigione o, molto più probabilmente, una coltellata nella schiena.
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7. Dove esplode una bomba pericolosamente vicino Forse era perché la mente di Hugh Drummond non era mai stata sfiorata dal pensiero della sconfitta che aveva collezionato tutti quei successi fino a quel momento, senza contare l'assoluta e incondizionata obbedienza che chiedeva ai suoi compagni e che questi ultimi accettavano di buon grado. Sapevano che lui non pretendeva di essere geniale, ma sapevano anche che dietro quei suoi modi frivoli si celava un uomo molto perspicace. E avendo accettato all'inizio il truismo di stampo militare secondo il quale un generale mediocre è meglio di due buoni, accettarono di servirlo con grande lealtà. Non si preoccupavano di come sarebbe andata a finire quella lotta spontaneamente intrapresa contro la piaga della società; l'importante era che ci fosse un po' di movimento durante la fase della raccolta degli esemplari. In cambio di ciò erano disposti a sacrificare i loro impegni e a eseguire alla lettera gli ordini di Hugh. Fino a quel momento, comunque, la campagna, sebbene lontana dall'essere fiacca, non aveva prodotto risultati davvero notevoli. Diversi pesci piccoli e di medie dimensioni erano rimasti impigliati nelle loro reti, e spediti nel loro pool privato a meditare in tutta tranquillità. Però non avevano incrociato niente di davvero grosso. Zaboleff era una buona pesca, e la pazzia del signor Latter migliorava il benessere nazionale. Però la Banda Nera, che si proponeva unicamente di reprimere il terrorismo con il terrorismo, non aveva incontrato resistenza. La vigliaccheria nauseante della maggioranza degli avversari era diventata monotona, la loro forte avversione nei confronti di acqua e sapone antigienica. Volevano nemici veri, non quei ratti sbucati dalle fogne. Lo stesso Drummond cominciava ad avere la sensazione che avessero esagerato con il patriottismo, fino a quando non ebbe tra le mani l'indirizzo di Hoxton. Poi, con l'inguaribile ottimismo del cacciatore, aveva ripreso a sperare. Era stato tenuto temporaneamente in sospeso a causa del piccolo episodio di Sheffield. Sistemata la cosa era deciso a giocare alla grande. In caso di fallimento, se avessero fatto fiasco, era addirittura pronto a dichiararsi definitivamente battuto. Rendendo sicuramente felice Phyllis. - Questo è il tocco finale, ragazza mia - disse, mentre nel Carlton attendevano i fatidici parenti. - Ho predisposto tutto, è per stasera. Se è una bolla di sapone, ci dissolveremo, perlomeno per il momento. Se solo... H. Cyril McNeile (Sapper)
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Sospirò, e sua moglie lo guardò con aria di rimprovero. - Io so che vuoi scontrarti di nuovo con Petersen, vecchio satiro osservò. - Ma non lo vedrai mai più, né lui né quell'orribile ragazza. - Ne sei sicura, Phyl? - disse scoraggiato fissando le proprie scarpe. Non posso farci niente se continuo ad avere la sensazione che in un modo o nell'altro dietro tutto ciò si celi quel briccone. Mia cara, sarebbe spaventoso incontrarlo nuovamente. - La prossima volta che lo vedrai, Hugh - rispose con calma - non correrà alcun rischio con te. - Ma, angelo mio - tuonò allegramente - non lo voglio. Neppure per scherzo! Come ti viene in mente? Buon Dio! Eccoli. Zio Timothy somiglia più che mai a una barbabietola. Così, alle nove e mezza, quella sera un gruppo di cinque uomini era in attesa, in un piccolo soggiorno di una casa situata in un angolo remoto a South Kensington. Vicino alle pareti c'erano dei cavalletti con dei disegni non completati, come si conveniva a una stanza che apparteneva a un artista in erba come Toby Sinclair. Non che fosse un artista, e neanche in erba, però pensava di dover giustificare in qualche modo la scelta di vivere a South Kensington. Per questo aveva comprato i disegni e li aveva sparsi per la stanza, soprattutto per ingannare la padrona di casa. Il fatto che non ci fosse quasi mai e avesse orari strani non faceva che confermare l'opinione di quella degna donna che tutti gli artisti fossero birbanti viziosi. Però pagava regolarmente l'affitto e i tempi erano duri, specialmente a South Kensington. Se quella rispettabile persona avesse saputo che il suo secondo miglior soggiorno era il luogo di ritrovo di quella Banda Nera della cui lettera ai giornali aveva discusso al mattino con il marito mangiando la sua aringa affumicata, chissà se sarebbe stata altrettanto compiacente? Comunque non lo sapeva, e continuava a spolverare ogni settimana i cavalietti con il suo tipico zelo. - Ted dovrebbe essere qui a momenti - disse Drummond, guardando l'orologio. - Spero che abbia il nostro uomo. - Voi non siete entrato nella stanza interna, vero Hugh? - disse Peter Darrell. - No. Però ho visto abbastanza per sapere che dobbiamo cambiare tecnica, vecchio mio. Ci serve uno scassinatore esperto per superare una delle porte, e quasi certamente troveremo qualcosa di importante nella cassaforte lì dentro. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Rileggi semplicemente gli ordini. - Toby Sinclair tornò da una ricognizione molto accurata alle persiane. - Semplicissimo - disse Hugh. - Io, Ted e Ginger Martin, se lo ha trovato, entriamo nella casa direttamente dalla porta principale. Conosco molto bene la disposizione delle stanze, e ho già steso una volta il custode. Poi dobbiamo confidare nella dea bendata. Non dovrebbe esserci nessuno eccetto un piccolo, losco impiegato. Gli altri gironzoleranno qui fuori in caso di problemi. Non vi raggruppate e tenetevi pronti; non perdete d'occhio le porte. Quando ci vedrete uscire tornatevene a casa. Non posso darvi istruzioni più dettagliate perché non so come si metteranno le cose. Io mi vestirò qui, dopo l'arrivo di Ted. Voi fareste meglio a recarvi nelle vostre stanze per farlo, ma prima assicuratevi che lui possa contare sull'aiuto di Ginger Martin. Levò lo sguardo quando la porta si aprì e Jerry Seymour, un tempo della Royal Flying Corps, fece capolino. - Ted è qui, e ha con sé il nostro uomo. Un tizio dall'aspetto sgradevole con la faccia piatta. - Esatto. - Drummond si alzò e andò a un armadietto. - Filate, ragazzi. L'ora zero è mezzanotte. Dall'armadietto tirò fuori un lungo mantello nero e una maschera, che indossò, mentre gli altri si dileguarono a eccezione di Jerry Seymour, che entrò nella stanza. Portava una livrea da autista e, in effetti, aveva guidato l'automobile con la quale Ted aveva portato Ginger Martin. - Difficoltà? - chiese Drummond. - No. Una volta accertatosi che Ted non c'entrava niente con la polizia è venuto docile docile - disse Jerry. - Grazie ai cinquanta bigliettoni. - Poi ghignò. - Ted è un vero portento. Sfido chiunque a riconoscerlo. Drummond annuì col capo e si mise a sedere al tavolo di fronte alla porta. - Dite a Ted di portarlo qui. E non voglio che vi veda, quindi tenetevi lontano dalla luce. Indubbiamente Jerry Seymour aveva ragione riguardo al trucco di Jerningham. Quando entrò con Martin nella stanza fu solamente grazie allo scatto e al grido del sequestrato che Drummond riuscì a distinguerli con certezza. - Accidenti! - mormorò l'uomo, indietreggiando al cospetto dell'enorme figura nera. - Qual è il piano, capo? H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Non c'è nessun piano, Martin - disse Drummond con tono rassicurante. - Vi è stato detto cosa vogliamo da voi, vero? Una piccola consulenza professionale stanotte, per la quale riceverete cinquanta sterline, questo è tutto. Però Ginger Martin era ben lungi dall'essere tranquillo. Come la maggior parte dei malavitosi aveva sentito strane storie sulla Banda Nera molto prima che essa assurgesse agli onori della cronaca. Molte erano esagerate, senza dubbio, tuttavia provava ancora una generale sensazione di paura. Alla polizia era abituato, la conosceva bene. Ma questa strana banda andava al di là della sua comprensione, e ciò di per sé era sufficiente a spaventarlo. - Voi siete uno di questa Banda Nera qui - disse scontrosamente, guardando la porta davanti alla quale stava Jerningham. Chissà, forse avrebbe potuto azzardare un tentativo di fuga. Cinquanta sterline sono cinquanta sterline, però.... Ebbe un brivido quando i suoi occhi si posarono nuovamente sulla figura immobile dall'altra parte del tavolo. - Esatto, Martin - disse la stessa, rassicurante voce. - Ed è solo perché non voglio che mi riconosciate che sono vestito in questo modo. Non intendiamo farvi alcun male. - La voce fece una breve pausa, poi proseguì. - Voi capite, Martin. Non intendiamo farvi alcun male, a meno che.... seguì una nuova pausa. - A meno che non cerchiate di giocarci qualche brutto tiro. Voi dovrete fare esattamente come vi dico, senza porre domande e immediatamente. Se lo farete riceverete cinquanta sterline. Altrimenti, bene, Martin, so come trattare la gente che non mi obbedisce. Ci fu silenzio, mentre Martin si dimenava, simile a un animale in trappola. Come avrebbe voluto essere fuori da questa storia! Ma ormai non serviva più a nulla piangere sul latte versato; era lì, senza avere la minima idea di dove si trovasse, in trappola. - Che cosa volete da me, capo? - disse infine. - Aprire una cassaforte tra le altre cose - rispose Drummond. - Avete portato i vostri attrezzi? - Sì. Ho portato i ferri - mormorò l'altro. - Dov'è la cassaforte? Qua? - No, Martin, non qui. In un altro posto, in realtà. Ci muoveremo tra circa un ora. Fino ad allora vi fermerete in questa stanza. Potete bervi un whisky e soda, e il mio amico qui resterà con voi. Ha una pistola, Martin, così ricordate ciò che ho detto. Nessun brutto tiro. Affascinato, il malfattore osservò la figura che aveva parlato alzarsi e H. Cyril McNeile (Sapper)
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raggiungere una porta interna. In piedi sembrava più gigantesca che mai, e Martin emise un sospiro di sollievo quando la porta si richiuse alle sue spalle. - Scommetto che non vincerà mai il primo premio come nano - osservò con voce rauca rivolgendosi a Jerningham. - Ehi, dico, signore, non c'era un whisky e soda? L'accesso al numero 5 di Green Street si rivelò più facile di quanto Drummond avesse previsto, talmente facile da essere quasi sospetto. Dalle finestre del primo piano non arrivava alcuna luce, la casa pareva completamente deserta. Per di più la porta che dava sulla strada era senza catenaccio, e senza alcuna esitazione Drummond la aprì ed entrò, seguito da Martin e Ted Jerningham. Il lungo mantello nero era stato tolto e solamente la maschera nera celava il suo volto, quando i tre uomini furono dall'altra parte della porta, ascoltando attentamente. Non si sentiva niente, e dopo un po' Drummond camminò prudentemente a tentoni attraverso l'ufficio del pianterreno in direzione della rampa di scale che portava alle stanze del primo piano. Aveva appena messo piede sul primo gradino quando un rumore improvviso lo fece voltare di scatto verso l'oscurità dietro il bancone, con un sussurro che esortava gli altri due a seguire il suo esempio. L'ingresso principale si aprì di nuovo: qualcun altro era entrato. Non si vedeva niente, e l'unico rumore sembrava essere il respiro leggermente affannato di Ted Jerningham, i cui nervi non erano saldi quanto quelli degli altri in queste circostanze. Poi arrivarono rumori di catenacci e di passi che entravano nell'ufficio. Sussurrando "State qui" Drummond scivolò come un'ombra verso la porta, muovendosi con agilità portentosa per un uomo della sua stazza. Pochi istanti dopo qualcuno entrò nell'ufficio. Jerningham, rannicchiato contro il ladro dietro il bancone, poteva vedere i contorni di una figura stagliarsi nella debole luce che filtrava da un lampione esterno attraverso la lunetta a ventaglio della porta. Poi si sentì uno scatto e la luce si spense. Il nuovo arrivato non si accorse subito della loro presenza; poi, improvvisamente, si irrigidì senza fiato restando a fissarli. Era Cohen, il piccolo, sgradevole impiegato, che tornava da una serata libera, e responsabile di non aver sprangato la porta. Di certo non era il suo giorno fortunato. Avendo visto due di loro dietro il bancone non si era ovviamente preoccupato di cercarne altri. Non che la piega degli eventi H. Cyril McNeile (Sapper)
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sarebbe in qualche modo cambiata, però l'espressione del suo volto quando fu afferrato con mano ferma alla gola, alle spalle, fece sogghignare persino il flemmatico Ginger. - Spegnete quella luce - disse aspramente Drummond - poi aiutatemi a legarlo e a imbavagliarlo. Ciò fu fatto con rapidità e destrezza, e per la seconda volta in una settimana lo sventurato Cohen si ritrovò al fresco sotto il suo bancone. L'operazione era stata eseguita nel modo più silenzioso possibile, ma erano ormai trascorsi cinque minuti da quando Drummond era andato in ricognizione fino alle scale. Durante quei cinque minuti i tre uomini erano stati sul chi vive, cercando di distinguere i normali rumori di strada da qualsiasi altro insolito rumore proveniente dal primo piano. Però neanche gli orecchi di Drummond, allenati com'erano dopo tutte quelle notti nella Terra di Nessuno, riuscirono a percepire qualcosa. Silenzio di tomba. - Probabilmente vuota, eccetto quel piccolo ratto - mormorò a Jerningham. - Ma non correremo rischi. In fila indiana salirono lentamente le scale, guidati da Drummond. In cima la porta era socchiusa e sostarono per un po' nel corridoio con i tappeti, di sopra, in ascolto. - Lungo questo corridoio ci sono gli uffici degli impiegati - spiegò a bassa voce agli altri due. - All'estremità c'è un'altra porta che troveremo probabilmente chiusa. Al di là si trova l'ufficio interno che cerchiamo. - Bene, andiamoci capo - borbottò Ginger Martin con voce roca. - Non mi piace gironzolare qui. Drummond accese la sua torcia elettrica e illuminò cautamente il posto. Le porte che si affacciavano sul corridoio per lo più erano aperte, e le camere vuote; era ovvio che non c'era più nessuno in giro. Tuttavia avvertiva un'indefinibile sensazione di pericolo, che cercava invano di allontanare. In un modo o nell'altro sentiva che non erano soli, che c'era qualcun altro nella casa, oltre all'impiegato impacchettato di sotto. Ginger, al contrario, non aveva nessun presentimento e diventava sempre più impaziente. Aprire la porta alla fine del corridoio, ammesso che fosse chiusa, sarebbe stato un gioco da ragazzi. Voleva affrontare subito la cassaforte, che forse sarebbe stata ostica, invece di sprecare il tempo nel corridoio a sentire i topi. Drummond infine decise di proseguire con gli altri due dietro di lui. Malgrado tutti quei pensieri era fermamente intenzionato a portare a H. Cyril McNeile (Sapper)
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termine il lavoro, e talvolta il ritardo in simili casi spinge a trasformare vaghe paure in certezze. Provò dolcemente ad aprire la porta alla fine del corridoio che, come aveva previsto, era chiusa. - Tenete bene quella luce, capo, e illuminate il buco della serratura disse Ginger Martin impaziente. - L'aprirò subito. Facile come bere un bicchier d'acqua. Senza far rumore lo scassinatore si mise al lavoro; i suoi lineamenti ruvidi si profilavano nel raggio della torcia, le sue dita mal curate maneggiavano gli strumenti con l'abilità di un chirurgo. Un po' d'olio qui e lì, una piccola pressione con un arnese d'acciaio appuntito, un debole clic. - Ecco fatto, capo - mormorò, raddrizzandosi. - Facile come bere un bicchier d'acqua. E se aspettate un po' mi metto i guanti e ve la apro, perché le impronte digitali di Ginger Martin sono troppo note per correre rischi. Era ancora tutto tranquillo, benché il clic della serratura fosse sembrato uno strepito rimbombante in quel silenzio. Poi, non appena Martin prudentemente impugnò la maniglia e schiuse la porta, Drummond a un tratto si irrigidì e spense la torcia. Avrebbe potuto giurare di aver sentito il suono di alcune voci molto vicino. Fu solo un momento, perché vennero messe subito a tacere. Però nell'attimo in cui la porta fu aperta era sicuro di aver sentito qualcuno parlare. - Che c'è? - sentì il rauco sussurro di Martin emergere dall'oscurità. - Avete sentito delle voci? - rispose piano. - Così mi è sembrato, quando avete aperto la porta. Ancora una volta i tre uomini stettero immobili, ascoltando attentamente, ma il suono non fu ripetuto. Regnava un silenzio assoluto, rotto unicamente dal rumore del loro respiro. E infine, dopo quella che sembrò una pausa interminabile, Drummond accese nuovamente la sua torcia. Il corridoio era vuoto; la porta dell'ufficio interno era proprio davanti a loro. Si era quasi convinto di essersi sbagliato, di averlo immaginato. Sbirciò attraverso il buco della serratura: la stanza era al buio. Girò con prudenza la maniglia; la porta cedette; e ancora con la torcia accesa in mano mise piede nella stanza, rischiarando ogni angolo. Nessuna traccia di uomini, l'ufficio era decisamente vuoto. Illuminò tutte le pareti, per quello che poteva vedere non c'erano altre porte, né finestre. Di conseguenza si poteva uscire solo attraverso la porta dalla quale loro erano H. Cyril McNeile (Sapper)
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appena entrati, ed era ovviamente impossibile che qualcuno l'avesse fatto a sua insaputa. - Tutto a posto! - borbottò, volgendosi verso gli altri due. - Devo essermi ingannato. Proseguiamo. - C'è un fortissimo odore di sigaretta - disse Jerningham dubbioso. - Non c'è ventilazione, vecchio mio - replicò Drummond. - Rimane nell'aria per ore. Non ci sono altre porte, né finestre. Allora, Ginger, affrontiamo prima il grande scrittoio. Sembra abbastanza facile, anche per me. Parlando si spostò verso il centro della stanza, illuminando con la torcia il grande scrittoio con alzata avvolgibile. - Dritta così, capo. Tenete il fascio sul buco della serratura... Il ladro cominciò a lavorare alacremente, per raddrizzarsi improvvisamente quando tutte le luci si accesero. - Dannazione, idioti! - ringhiò. - Spegnetele! Non è sicuro. - Io non le ho accese - ribatté aspro Drummond. - Neanche io - disse Jerningham. Per alcuni istanti nessuno parlò; poi Ginger Martin fece un balzo verso la porta. Però quella stessa porta che si era aperta così facilmente solo pochi momenti prima ora rifiutava di muoversi, nonostante gli strattoni di Martin, che imprecava bestialmente. - Mi avete intrappolato, porci. La farò finita insieme a voi se mi impiccano per questo! Ma Drummond, per il quale quelle situazioni di pericolo erano un invito a nozze, rimase imperturbabile. La sua mente, fredda e lucida, era in piena azione. Non si era trattato di uno sbaglio, aveva sentito davvero delle voci, voci che venivano proprio dalla stanza in cui si trovavano in quel momento. Qualcuno era stato lì, e ne era venuto via in un modo o nell'altro. E Ginger Martin era stato ingannato con tutti loro. Distrattamente allontanò con il dorso della mano il ladro che imprecava più o meno come si scansa una mosca importuna. E Martin, sentendosi come se fosse stato scalciato in bocca da un cavallo, smise di imprecare.... Era incredibile, diabolico. La stanza vuota, a parte loro, era stata a un tratto inondata di luce. Ma da chi? Drummond si sentiva osservato. Ma da chi? Poi, improvvisamente, udì la voce di Ted Jerningham, bassa e tesa. - Un uomo ci sta guardando, Hugh. Posso vedere i suoi occhi. Dentro la porta di quella grande cassaforte. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Come un baleno Drummond si girò e guardò la cassaforte. Ted aveva ragione; anch'egli poteva vedere gli occhi, fissi su di lui con un'espressione di collera maligna, attraverso una specie di apertura che somigliava alla buca di una cassetta per le lettere. Per alcuni istanti rimasero lì, a fissarlo, poi scomparvero, e scomparve pure l'apertura attraverso la quale li aveva visti, divenendo in un certo senso parte della porta. E proprio mentre si dirigeva verso questa misteriosa cassaforte per esaminarla più da vicino, con un improvviso fragore apparve un'altra apertura, molto più ampia della prima. Senza volerlo si fermò quando, attraverso essa, qualcosa fu gettato nella stanza, qualcosa che sibilava e scoppiettava. Per un momento guardò senza capire quell'oggetto lì per terra, poi urlò un ordine improvviso e concitato. - Si salvi chi può - la sua voce sibilò nella stanza, tagliente come una lama. - Dietro la scrivania, idioti! È una bomba!
8. Dove la borsa delle noci viene trovata per caso Fu lo scrittoio che salvò Drummond, e con lui Ted Jerningham. Faccia a terra, con le braccia sulla testa, giacevano sul pavimento in attesa, come in giorni passati erano rimasti ad attendere l'esplosione di una bomba troppo vicina. Sentirono Ginger Martin annaspare lì intorno e poi, all'improvviso, lo scoppio. Ci fu un boato assordante e una cortina di fuoco sembrò riempire la stanza. Grossi pezzi di soffitto piovvero giù e il grande scrittoio con alzata si ribaltò su di loro, frantumato in tante schegge di legno. Però era stato provvidenziale, assorbendo in pieno la forza dell'esplosione nella loro direzione. Come scrittoio era andato; era divenuto una serie di buchi tenuti insieme, si fa per dire, da frammenti di legno. Questo è quanto Drummond riuscì a vedere con l'ausilio della sua torcia. L'esplosione aveva fatto spegnere tutte le luci, e per un attimo si ritrovò schiacciato contro Ted Jerningham cercando di riaversi. Si sentiva scoppiare la testa e la schiena rotta dove era stato colpito da un grosso calcinaccio. Però, dopo aver provato a muovere con molta cautela prima le gambe e poi le braccia, arguì che era ancora vivo. Una volta giunto a questa importante conclusione si rese conto della necessità di tornare sollecitamente all'azione. Una bomba che esplode a Londra non è quel che H. Cyril McNeile (Sapper)
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si dice una faccenda privata. - Tutto a posto, Ted? - mormorò con voce rauca, con la bocca piena di intonaco e di polvere. - Penso di sì, vecchio mio - rispose Jerningham, e Drummond tirò un sospiro di sollievo. - Qualcosa mi ha colpito sulla nuca. Drummond balzò in piedi e accese la sua torcia. Non c'erano che macerie, ma era il terzo membro del gruppo che ancora mancava all'appello. Poco dopo lo trovò e maledisse con furia la persona che aveva gettato la bomba lanciando terribili anatemi. Poiché Ginger Martin, troppo spaventato e nel contempo ignaro, non aveva fatto quello che gli era stato detto di fare. Non c'era stata alcuna scrivania tra lui e la bomba al momento dell'esplosione, e quello che era rimasto di lui decorava un angolo. Non c'era più niente da fare; lo sventurato ladro non avrebbe scassinato mai più una cassaforte. L'unico conforto per Drummond era che la morte doveva essere stata istantanea. - Povero diavolo - mormorò. - Qualcuno pagherà per questo. Poi sentì Ted Jerningham afferrargli il braccio. - L'esplosione ha sventrato la parete, amico. Guardate. Era vero: poteva vedere la luce di un lampione per strada che filtrava attraverso un grosso squarcio. - Una bomba notevole - mormorò. - Filiamo. Illuminò ancora una volta il pavimento con la sua torcia mentre raggiungevano il muro andato in frantumi e, a un tratto, si fermò. - Che cos'è quello? Giusto al centro della trave, in mezzo al pavimento, c'era una piccola borsa di pelle di camoscio. Sembrava intatta e, senza pensarci due volte, Hugh la raccolse e se la mise in tasca. Poi spense la torcia, e ambedue oltrepassarono a fatica il muro, si lasciarono scivolare sul tetto a una falda e giunsero a terra. Si trovavano sul retro della casa in una sorta di cortile deserto ed era il caso di muoversi in fretta. Una moltitudine stava già accorrendo sul luogo dell'esplosione, e sgattaiolando fuori da quel vicolo scuro si mescolarono a essa. - Andate a casa, Ted - disse Drummond. - Io devo trovare gli altri. - D'accordo, vecchio mio. - Non fece obiezioni, ma svanì così senza far rumore, mentre il suo capo camminava pesantemente verso l'ingresso principale del numero 5 di Green Street. I poliziotti erano già sul posto, H. Cyril McNeile (Sapper)
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circondati da un capannello di curiosi che dava consigli gratuiti. In mezzo alla folla Drummond scorse sei uomini della sua banda: sei uomini trepidanti, decisi, polizia o non polizia, a salire al primo piano per vedere ciò che era successo. In tutti loro c'era l'angosciante timore che l'uomo che avevano seguito avesse fatto, stavolta, il passo più lungo della gamba e che fosse saltato in aria nella misteriosa camera del primo piano. E poi, forte e chiaro al di sopra del vociare concitato della folla, si levò il grido del gufo. Un suono insolito per una strada di Londra, ma nessuno vi fece caso. Avvenimenti più importanti tenevano col fiato sospeso tutti, tranne i sei che si voltarono immediatamente sentendo quel grido. Per un attimo costoro riuscirono a intravedere un'enorme figura illuminata da un palo della luce dall'altra parte della strada, poi essa scomparve. Con sorprendente rapidità seguirono il suo esempio. Chiunque fosse rimasto ferito non era Drummond, e questo, per il momento, era ciò che premeva loro. Per vie traverse lasciarono la scena dell'esplosione, tutti con il medesimo obiettivo in mente. Il gufo aveva gridato una volta, il che significava che dovevano radunarsi al più presto; il secondo grido, che significava disperdersi, non era stato udito. Così nel giro di un'ora sei giovani, privi di travestimento e vestiti con immacolati abiti da sera, furono fatti entrare nella casa di Drummond in Brook Street da un Danny alquanto assonnato. Trovarono Drummond, abbigliato con una sontuosa veste da camera, con un bel boccale di birra al suo fianco, mentre sua moglie era appoggiata al braccio della sua poltrona. - Birra, amici - grugnì. - Nell'angolo, al solito posto. - Che cosa è successo, vecchio? - chiese Peter Darrell. - Mi hanno messo nel sacco. Me l'hanno data a bere. Per la precisione siamo entrati senza problemi nella stanza, e una volta dentro ci siamo accorti di non poterne più uscire. Poi qualcuno ha acceso la luce, e ci ha gettato una bomba attraverso un buco nella porta. Tutto a posto, ragazza mia - pose un braccio intorno alla vita di Phyllis per rassicurarla. - Credo che saremmo ancora lì se non lo avessero fatto. - Ted sta bene? - chiese Toby Sinclair. - Sì. Ted sta bene. Si è beccato una bella scarica di mattoni quando è venuto giù il soffitto, ma sta bene. È l'altro, Ginger Martin, povero diavolo. - Era scuro in volto e gli altri aspettarono in silenzio che continuasse. - C'era un grande scrittoio nella stanza, e la bomba è caduta su un lato di H. Cyril McNeile (Sapper)
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esso. Io e Ted abbiamo dato la nostra famosa interpretazione del lombrico, ed è stata la nostra salvezza. Sfortunatamente Ginger Martin ha preferito girare intorno imprecando. Non imprecherà più. - Morto? - la voce di Peter Darrell era bassa. - Purtroppo - rispose Drummond con calma. - In effetti in questo momento sta impersonando alla perfezione la carta da parati. Il poveraccio è stato polverizzato. Se avesse fatto quello che gli avevo detto non sarebbe successo, ma ormai non conta più. Stava lavorando per me ed è stato ucciso mentre lo faceva. E la cosa non mi piace affatto. - Oh, mio caro! - disse Phyllis. - Vorrei che la smettessi. Questa volta ti è andata bene, ma prima o poi ti beccheranno. Non ne vale la pena. Drummond scosse la testa e abbracciò nuovamente la moglie. - Non vorrai mica che lasci invendicata la morte di quel povero diavolo, vero? Alzò gli occhi verso la moglie, che scrollò le spalle rassegnata. Un anno di matrimonio con il suo enorme marito l'aveva convinta dell'inutilità di discutere con lui una volta che si era messo in testa qualcosa. - Non che la sua dipartita impoverisca in maniera considerevole la nazione, ma questo è un altro discorso. Stava eseguendo un lavoro per me quando è successo, e non posso tollerare ciò. - Che cosa proponete di fare? - domandò Jerry Seymour, riempiendosi pensierosamente il bicchiere. - Bene, amico mio, mi cogli impreparato - ammise Hugh. - Mettiamola così. Chiunque abbia scagliato la bomba mi considerava la guida della nostra piccola comitiva. Voglio dire che ero io la persona fissata attraverso la porta, con occhi traboccanti di tenerezza e di amore. La bomba era destinata a me, non a Ginger Martin, sebbene fosse lui in quel momento al lavoro. E se questo figuro è disposto a far saltare in aria il proprio ufficio pur di togliermi di mezzo, allora tutto lascia supporre che io sia alquanto impopolare. - Il ragionamento sembra straordinariamente profondo - borbottò Peter. - Ora il punto fondamentale è: sa chi sono? - continuò Hugh. - Il nostro tesoretto ora sta dicendo a se stesso, allorché manda giù la sua tazza serale di pane e latte: "Ho conciato per le feste un certo Hugh Drummond" oppure semplicemente "Ho appena sbriciolato il capo della Banda Nera"? - Comunque dov'è il problema? - domandò Toby. - Non vi ha disintegrato, e ha demolito il proprio ufficio, così non riesco a capire che H. Cyril McNeile (Sapper)
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cosa ci guadagni. - È qui, vecchio Toby, che dimostrate la vostra incapacità di afferrare le sottigliezze. - Hugh si accese, pensieroso, una sigaretta. - Il nostro ostacolo maggiore, prima che Zaboleff ci fornisse così gentilmente l'indirizzo del loro quartier generale, era arrivare all'uomo al vertice. E adesso il quartier generale non esiste più. Nessuno può lavorare in un ufficio dove ogni tanto piovono ciottoli dal soffitto, con uno squarcio nel muro alle spalle. Voglio dire, non c'è più privacy. Così, se non mi conosce, non potrà continuare a fare il bravo ragazzo quando scoprirà che non sono stato polverizzato. Noi saremo nuovamente separati, pensiero terribile. Non c'è più un bel luogo di ritrovo tranquillo dove riunirsi per bere un Martini al mattino, e neanche un Manhattan. Anzi, per strada dovremo ignorarci come perfetti estranei. - Ho afferrato - disse Peter. - E voi non lo conoscete. - Non abbastanza bene da chiamarlo Nini. C'è un mascalzone gobbo in giro che si fa chiamare Conte, che ho squadrato per un paio di secondi l'altra sera. Ma è da vedere se sia lui il buontempone che ha gettato la bomba. - Levò lo sguardo quando la porta si aprì. - Che c'è Denny? - Ho trovato questa borsa, signore, nella tasca del soprabito che indossavate stanotte. Il maggiordomo entrò nella stanza con la borsa di pelle di camoscio, che consegnò a Drummond. - Desiderate altro per stanotte, signore? - No, grazie, Denny. Potete congedarvi. E portate alla signora Denny i casti omaggi del signor Darrell. - Molto bene, signore! La porta si richiuse alle sue spalle, e Hugh fissò pensieroso la borsa nelle sue mani. - Me ne ero dimenticato. L'ho vista lì per terra, proprio prima che ce la squagliassimo. Ehi! È sigillata. - Per amor di Dio, stai attento! - urlò Phyllis. - Potrebbe essere un'altra bomba. Hugh rise e squarciò la borsa; poi la sorpresa gli trasparì dagli occhi quando vide il contenuto. - Santo cielo! - esclamò. - Che diavolo c'è qui? Vuotò la borsa sul tavolo, e per alcuni istanti fissò in silenzio una mezza dozzina di oggetti che lampeggiavano e sfavillavano. Cinque di essi erano H. Cyril McNeile (Sapper)
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bianchi, ma il sesto, considerevolmente più grande degli altri, già simili a noci, aveva un meraviglioso color rosa. - Che diamine sono? Pezzi di vetro? Con una mano un po' tremante Toby Sinclair ne prese uno e lo esaminò. - No, gente - mormorò. - Sono diamanti! - Sciocchezze! - urlò Hugh incredulo. - Sono diamanti - ripeté Toby. - Si dà il caso che mi intenda un po' di pietre preziose. Questi sono diamanti. - Ma devono valere un mucchio - disse Phyllis, prendendo quello rosa. - Valgono un mucchio - disse Toby con aria sbalordita. - Valgono un mucchio! Perché, signora Hugh, il loro valore è davvero incalcolabile nel mercato giusto. Sono assolutamente senza prezzo. Non ho mai visto simili pietre. Quella che state tenendo in mano potrebbe valere più di un quarto di milione di sterline, se trovate il compratore giusto. Dopo un momento di silenzio Hugh rise allegramente. - Ecco l'indennità di vestiario del prossimo mese, caro mio! - Li infilò tutti nella borsa e si alzò. - Scommetto quello che volete che il lanciatore di bombe avrà un attacco di tosse durante il suo pane e latte. Questa borsa deve essere stata nello scrittoio. - Cominciò ad agitare le spalle. - Che divertimento!
9. Dove c'è una cena burrascosa al Ritz Più o meno nel momento in cui la moglie di Ginger Martin diveniva, del tutto inconsciamente, vedova, qualcuno suonò il campanello del soggiorno di una certa suite privata al Ritz. Gli occupanti della stanza erano due di numero, un uomo ed una donna, ed erano arrivati quella stessa mattina dal continente. L'uomo, che secondo la firma nel registro rispondeva al nome di reverendo Theodosius Longmoor, era davvero uno splendido esemplare del classico uomo di chiesa. Alto, spalle larghe, occhi gentili e acuti e una massa enorme di capelli bianchi, era il tipo che attirava l'attenzione dovunque andasse e che si trovava a suo agio con qualsiasi comitiva. Un lieve accento nasale nella parlata tradiva la sua nazionalità, e comunque non ne faceva segreto. Nato e cresciuto in America, aveva una conoscenza diretta di alcune delle spaventose conseguenze della carestia che stava devastando l'Europa centrale. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Lo accompagnava la figlia Janet, fedele e assidua, che non lo aveva più lasciato dalla morte della madre. Era una ragazza di bell'aspetto, sebbene qualche malalingua avrebbe potuto forse obiettare che i giorni felici dell'adolescenza appartenevano ormai al passato. Trenta, forse trentacinque, anche se suo padre la chiamava "la mia bambina". C'era qualcosa di dolce e toccante nella loro relazione; lui era orgoglioso di lei, che a sua volta lo adorava con naturalezza e affetto. Quello stesso giorno, prima di pranzo, conversarono nel salone con un gruppo di globetrotters americani, che avevano riconosciuto concordemente il loro fascino. - Sento - disse il reverendo Theodosius - che il nostro soggiorno in un simile hotel è quasi immorale, dopo le spaventose scene alle quali abbiamo assistito. Non so come la mia bambina sia riuscita a farcela. - Prese la mano della figlia e le diede un buffetto affettuoso. - Immagino - disse Janet con il suo dolce, debole sorriso - immagino che Papà se lo meriti. Perché si è davvero ammazzato di lavoro impegnandosi in opere umanitarie a Vienna e altrove. - Ci sono fondi sufficienti, signor Longmoor? - chiese una signora. Sentiamo di dover dare il nostro contributo. Il reverendo Theodosius le concesse uno dei suoi rari, dolci sorrisi. - Non quando sono partito - mormorò. - È incredibile quanti soldi si spendano lì, e ai poveri bambini arriva davvero poco. - Un vero peccato, un vero peccato. - Un uomo dalle mascelle quadrate, che faceva parte del grappo, fece un cenno a un cameriere lì vicino. - Dite, signor Longmoor, vi andrebbe di bere un cocktail con me? E a vostra figlia? - Molto gentile da parte vostra, signore - rispose il pastore, con un inchino cortese. - La mia bambina non ne ha mai assaggiato uno e mi chiedo se abbia fatto bene. Che ne pensi, bambina? - Mi piacerebbe, Papà - disse con tono adulatorio. - Posso provare? O mi giocherà qualche brutto scherzo? Risata generale. - Facciamo così, signorina Longmoor - esclamò l'uomo. - Ne ho ordinato uno per voi, e se non lo bevete vorrà dire che vostro padre ne berrà due. Indubbiamente una coppia affascinante, era stato il verdetto di queste conoscenze occasionali: così semplici, così freschi, così alla mano in questi tempi artificiosi e ipocriti. L'unico peccato, come fece notare l'uomo H. Cyril McNeile (Sapper)
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dalle mascelle quadrate alla moglie durante il pranzo, era che proprio quella loro qualità, quella semplicità quasi infantile che li rendeva così affascinanti, avrebbe potuto esporli agli imbrogli più sfacciati se avessero incontrato dei malfattori sulla loro strada. Dopo pranzo bevvero tutti insieme il caffè e poi, visto che la sua piccola Janet era stanca, il reverendo e sua figlia si ritirarono nelle loro stanze dopo aver accettato un invito a pranzo per il giorno seguente. - Chi sono? - chiese Janet quando furono in soggiorno. - L'uomo dalle mascelle quadrate è John Pendei - rispose suo padre, accendendosi pensierosamente una sigaretta. - Vale circa tre milioni. Un buon commensale, anche se non sono venuto sin qui per questi diversivi. Poi per due ore, fino a quando non si alzò per suonare il campanello, lavorò alacremente, mentre la sua piccola Janet, distesa sul divano, metteva in mostra uno spacco, e un contenuto, decisamente inaspettati per la figlia di un vicario. Le sue ripetute, fragorose risate sembravano provare che Guy de Maupassant trovava, presso lettori cattolici, più consensi di quanti avrebbe potuto immaginare. Stava lavorando decorosamente a maglia quando entrò il cameriere, e il padre ordinò un piccola cena in camera. - Vorrei del pollo e un po' di foie gras. Aspetto un amico da un momento all'altro, così apparecchiate per tre. Dello champagne, sì. Perrier Jouet 1904 andrà bene. Temo di non intendermi di vino. E un po' di acqua di Vichy per mia figlia. Il cameriere uscì e il reverendo Theodosius sogghignò. - C'è qualcosa di ottimo da scolare, mia cara - disse. - Ma non penso che la mia piccola Janet berrà champagne così tardi. Potrebbe giocarle un brutto scherzo. Lei rise e poi si fece seria. - Per che ora aspetti Zadowa? - Dovrebbe essere già qui. Non capisco questo ritardo. - L'hai visto oggi pomeriggio? - No. Sono sceso nell'ufficio ma solo di passaggio. Il suono di voci all'esterno spinse Janet a riprendere il suo lavoro a maglia, e subito dopo fu annunciato il Conte Zadowa. Dopo che il cameriere fu uscito, il nuovo arrivato rimase a fissarli a lungo, poi un sorriso si disegnò sulla sua faccia. - Magnifico - mormorò. - Superbo, Madame, i miei complimenti. Conoscevo le vostre capacità, ma stavolta avete superato voi stessa. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Dateci un taglio, e venite al sodo - rispose bruscamente Janet. - Sono stanca. - In caso di intrusioni - osservò il reverendo Theodosius - siamo appena tornati da un lungo viaggio nell'area colpita dalla carestia intorno a Vienna. Il Conte si inchinò e rise di nuovo. - C'est entendu - disse con calma. - E ora possiamo senz'altro venire al sodo. Ho delle notizie sensazionali per voi, mes amis. Un cenno di avvertimento da parte della ragazza annunciò l'arrivo della cena, e per un attimo la conversazione si spostò sul confronto tra i meriti dei diversi tipi di cucina da campo. Fu solo quando la porta esterna finalmente si richiuse alle spalle del cameriere che il reverendo Theodosius spuntò un altro sigaro e fissò il suo visitatore con occhi dai quali era scomparsa ogni traccia di cortesia. - E ora che ci diate qualche buona notizia, Zadowa - disse con asprezza. - Il modo in cui vi siete fatto menare per il naso da questa cosiddetta, dannatissima Banda Nera è disonorevole. Inaudito. Ma l'altro si limitò a sorridere con calma. - Lo ammetto - mormorò. - Fino a oggi hanno segnato molti punti a loro favore, esagerati, amici miei, enormemente esagerati dai giornali. Stanotte è arrivata la resa dei conti che, tra parentesi, è il motivo per cui sono un po' in ritardo. Stanotte - si sporse platealmente in avanti - il capo della Banda Nera in persona mi ha onorato della sua visita. E il comandante non comanderà più. - Lo avete ucciso - disse la ragazza, versandosi dello champagne. - L'ho fatto - rispose il Conte. - E senza il capo possiamo disinteressarci della banda. - Fin qui tutto bene - disse il reverendo Theodosius con un tono leggermente ammorbidito. - Però avete cancellato tutte le vostre tracce? In questo paese la polizia è cocciuta quando c'è di mezzo un omicidio. Il Conte sorrise in modo compiaciuto. - Non solo - osservò - ma ho fatto in modo che sembrasse un suicidio. Ascoltate, amici miei, vi esporrò in breve quanto accaduto negli ultimi giorni. Il giorno prima di quella faccenda di Sheffield che ha suscitato tanto clamore nei giornali mi sono, all'improvviso, reso conto che il capo di questa banda aveva scoperto il mio quartier generale. Stavo parlando con quello sventurato di Latter nel mio ufficio in quel momento, quando fuori ho sentito il grido di un gufo. Ora, dalle informazioni che avevo H. Cyril McNeile (Sapper)
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avuto, sapevo che si trattava del segnale di adunata della loro banda, e mi sono precipitato nel corridoio. Puntuale, presso l'ultima porta, stava un uomo gigantesco vestito di nero dalla testa ai piedi. Se il suo grido sia stato una spacconeria, oppure uno stratagemma per farsi vedere da me, la cosa è irrilevante adesso. Ripeto, è morto. Ma, e questo è il punto, in seguito a ciò ho preso la decisione di rinunciare all'ufficio, per quanto comodo fosse. C'erano troppi documenti compromettenti per permettermi di correre il rischio di una incursione della polizia; e poiché, lo ammetto, francamente non ero del tutto sicuro di quali fossero i rapporti tra la banda e la polizia, ho deciso di trasferire il mio quartier generale. Il Conte Zadowa si servì un sandwich prima di continuare, con la piacevole sensazione che l'intensa attenzione del reverendo Theodosius fosse un complimento alla sua abilità di narratore. E, come rifletteva compiaciuto il gobbo, non c'erano momenti morti nella sua storia, nessun anticlimax. - Stanotte - continuò, sorseggiando il suo drink - stavo finendo di sistemare i miei documenti con il mio segretario quando si è acceso il campanello d'allarme. Ora l'ufficio era vuoto e la luce rossa significava che qualcuno aveva aperto la porta esterna. Non sentivo niente, il che non faceva che rendere la cosa ancora più sospetta. Così insieme abbiamo radunato ogni carta importante, abbiamo spento tutte le luci e siamo usciti attraverso la porta segreta. Poi abbiamo aspettato. Si volse verso il pastore, sempre immobile, tranne che per l'incessante picchiettio della sua mano sul ginocchio sinistro. - Come sapete, monsieur - proseguì - c'è un'apertura in quella porta attraverso la quale si può vedere la stanza. Attraverso quella apertura ho atteso l'evolversi della situazione. Dopo un po' una torcia è apparsa nella porta accanto e ho sentito delle voci. Poi, l'uomo che teneva la torcia è entrato con cautela. Dopo aver illuminato ogni angolo si è concentrato infine sullo scrittoio. L'ho sentito parlare con uno dei suoi compagni, che è entrato nel fascio di luce e ha iniziato a scassinare la serratura. Allora ho acceso tutte le luci e chiuso elettricamente l'altra porta. Erano in trappola, intrappolati come topi. - Il gobbo fece una pausa a effetto e si scolò il suo champagne. Se attendeva qualche lode da parte del suo pubblico restò deluso. Infatti il reverendo Theodosius e la sua piccola Janet sembravano statue di marmo, a parte quell'incessante picchiettio dell'uomo sul suo ginocchio sinistro. In effetti, se il Conte Zadowa fosse stato meno compiaciuto di se stesso e H. Cyril McNeile (Sapper)
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meno sicuro della reazione che avrebbe provocato di lì a poco forse avrebbe potuto presentire l'imminente pericolo. C'era qualcosa di quasi terrificante nell'immobilità del massiccio pastore. - Come topi in trappola - ripeté il gobbo con gioia maligna. - Due uomini che non conoscevo e, beh, voi sapete chi era l'altro. È vero che si era travestito con una maschera, però l'ho riconosciuto all'istante. Con quella mole enorme non poteva essere che lui, il capo della Banda Nera in persona. - E che cosa avete fatto, Zadowa? La voce del reverendo Theodosius era molto mite. - Come vi siete sbarazzato di uno o di tutti quegli uomini in modo da sviare da voi ogni possibile sospetto? Il gobbo si sfregò le mani gioiosamente. - Con una mossa che, credo che sarete d'accordo, è quasi degna di voi, monsieur. Sparare era impossibile, perché non sono abbastanza esperto con una rivoltella da essere sicuro di uccidere. No, niente di così banale. Hanno visto che li osservavo: "Posso vedere i suoi occhi, Hugh" ha detto uno di loro al capo, e mi sono ricordato all'improvviso che nel corridoio, non lontano da dove stavo, c'era una mezza dozzina di bombe... Che cosa c'è, monsieur? Si fermò, allarmato dallo sguardo del pastore che si era alzato lentamente. - Bombe! - ringhiò. - Bombe! Ditemi che cosa avete fatto, carogna! - Perché - farfugliò il gobbo spaventato - ne ho gettata una nella stanza. Non volevo più un ufficio e.... Ah, cielo, non mi ammazzate! ... Che cosa ho fatto? Le sue parole si spensero in un terribile gorgoglio, poiché il pastore, con furia diabolica, si avventò su di lui afferrandolo alla gola. Lo scosse come un terrier scuote un ratto, bestemmiando in modo orribile sottovoce, e per alcuni secondi la paura dell'altro parve giustificata. C'era l'omicidio sul viso dell'uomo, finché il tocco della mano della ragazza sul suo braccio non lo calmò riconducendolo alla ragione. Con un ultimo accesso di furia scaraventò il malcapitato Zadowa in un angolo, lasciandolo lì a terra, mentre riprendeva il totale controllo dei nervi. - Alzatevi - ordinò teso - e rispondete ad alcune domande. Tutto tremante il gobbo vacillò e andò verso il centro della stanza. - Monsieur - frignò - non capisco. Che cosa ho fatto? H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Non vi sforzate di capire! - ringhiò il pastore. - Ditemi esattamente dove è esplosa la bomba. - Ha ucciso i tre uomini, monsieur - farfugliò l'altro. - Al diavolo i tre uomini! - Alzò il pugno serrato e Zadowa indietreggiò. - Che cosa è successo alla stanza? - Completamente distrutta. Il muro è stato squarciato. - E che cosa è successo allo scrittoio? - Non lo so con precisione, monsieur - farfugliò l'altro. - Non sono tornato a vedere. Deve essere andato in mille pezzi. Tanto non c'era niente di importante dentro, che differenza fa? - Avete guardato nel tiretto segreto dietro l'apertura centrale? Non sapevate che ce n'era uno, vero? Solamente io conoscevo la sua esistenza, e a meno di non ridurre a pezzi lo scrittoio nessuno se ne sarebbe mai accorto. E voi lo avete ridotto a pezzi, Zadowa, non è così? Lo avete mandato in frantumi, non è così? Unicamente per uccidere il capo di questa banda insignificante, Zadowa, maledetto idiota! Passo dopo passo il gobbo indietreggiava davanti all'altro, scosso da convulsi di terrore, finché il muro non lo costrinse a un brusco arresto. - Avete mandato lo scrittoio in frantumi, Zadowa - continuò il reverendo Theodosius ritto dinanzi a lui - uno scrittoio che conteneva i sei diamanti più perfetti del mondo, Zadowa. Con la vostra dannata bomba, verme, avete distrutto una fortuna. Che cosa avete da dire? - Non lo sapevo, monsieur - disse l'altro, facendosi piccolo per la paura. - Come facevo a saperlo? Quando sono stati messi lì? - Ce li ho messi questo pomeriggio per sicurezza. Non avrei neanche lontanamente potuto immaginare che vi sareste messo a gettare bombe da quelle parti. - Forse non sono stati distrutti - balbettò il gobbo pieno di speranza. - Nel qual caso adesso sono nelle mani della polizia. Avete una possibilità, Zadowa, solo una. Se questi diamanti sono davvero nelle mani della polizia, se lo sono e li recuperate... la vicenda è chiusa. - E se sono stati distrutti, monsieur? - borbottò l'altro. - Allora, Zadowa, temo che farete la stessa fine. Quasi con indifferenza il pastore tornò sui propri passi, disinteressandosi dello sventurato che lo seguiva inginocchiato implorando pietà. Poi, poco dopo, il gobbo si ricompose e si alzò. - È stato uno sbaglio, monsieur - disse con calma - di cui sono H. Cyril McNeile (Sapper)
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rammaricato. Dovete, comunque, ammettere che non è stata solo colpa mia. Farò del mio meglio. - Speriamo, per il vostro bene, Zadowa, che il vostro meglio basterà. Ora andate. Indicò la porta, e senza aggiungere altro il gobbo se ne andò. - Sono contento che tu sia qui stanotte, cara - osservò il reverendo Theodosius. - Raramente perdo il controllo, ma questa sera stavo quasi per ammazzarlo quell'uomo. - La ragazza si alzò e lo raggiunse. - Non capisco, mon chéri - disse con calma. - Di che diamanti si tratta? L'uomo fece una risata forte e breve. - Non te l'ho detto prima - rispose - perché non aveva senso. Conosco fin troppo bene la tua debolezza per i gioielli, mia cara. Li ho presi l'altro ieri notte ad Amsterdam. Ti ricordi quel russo, Stanovitch? Quello non era il suo vero nome. Era il figlio maggiore del Granduca Giorgio, ed era appena arrivato dalla Russia. - L'uomo che ha preso una dose eccessiva di sonniferi? - sussurrò quasi senza fiato. Il reverendo Theodosius sogghignò. - Così hanno stabilito - osservò. - La notte precedente la sua triste fine mi ha confidato alcune cose del suo passato in Russia. Il padre aveva salvato i cimeli di famiglia dai bolscevichi, e il nostro giovane amico era tornato a riprenderseli. Davvero ingegnoso il modo in cui li ha fatti uscire dalla Russia. Un vero peccato la sua svista con i narcotici. Ora il reverendo Theodosius ringhiava come un cane inferocito. - Santo cielo, ragazza mia, ti meravigli che stavo quasi per uccidere quell'idiota di Zadowa? Il colpo della vita, portato a termine senza correre rischi. Neanche il minimo indizio contro di me, neanche il minimo. Ero venuto qui per altre cose, ma non potevo lasciarmi sfuggire un'occasione così. Poi, dopo averli introdotti senza correre rischi in questo paese, li perdo in questo modo. A proposito, sai che uno di essi era il diamante rosa dei gioielli della corona russa? Gli occhi della ragazza scintillarono, poi lei si strinse nelle spalle. - Non saremmo riusciti a piazzarli, mon ami - disse con calma. - Non è detto - fece brusco l'altro. - Si può vendere qualsiasi cosa in questo mondo, se ci si dà da fare. Camminava avanti e indietro per la camera, e per un po' lei rimase a guardarlo in silenzio. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Sono contenta di non averlo saputo prima - disse infine. - Altrimenti non ti avrei impedito di ucciderlo. E sarebbe stato piuttosto imbarazzante. Lui si fece una breve risata e gettò un mozzicone di sigaro nel camino. - E' inutile piangere sul latte versato, mia cara. Andiamo a letto. Però la piccola Janet era rimasta vicino al tavolo a guardarlo pensierosa. - A che cosa stai pensando? - Stavo pensando a una coincidenza davvero singolare - rispose calma. Eri troppo preoccupato per i diamanti per badarci, ma io ne sono rimasta subito colpita. Il capo di questa banda, quell'uomo enorme che Zadowa ha ucciso questa notte. Ti ricordi qual era il suo nome di battesimo? Il reverendo Theodosius scosse il capo. - Era Hugh; Zadowa ha sentito uno degli altri chiamarlo per nome. Hugh, mon ami; è un uomo enorme. Una coincidenza, penso. Seguì un'altra breve risata dell'uomo. - Impossibile, mia cara. Non è il caso di preoccuparsene. - Sarebbe un peccato se fosse morto - continuò pensierosa. - Mi piacerebbe rivedere il mio Hugh Drummond. - Se è stato ucciso, se la tua supposizione è giusta - replicò l'uomo - ciò mi compenserà in parte della perdita dei diamanti. Ma non credo che sia probabile. E, tra parentesi, è l'unico diversivo che mi permetterei durante questo viaggio. La piccola Janet fece un risolino. - Ma davvero - disse. - Andiamo a letto, dai.
10. Dove Drummond fa una scoperta Le prospettive per il Conte Zadowa, alias signor Atkinson, non erano certo allettanti, e più ci pensava più se ne convinceva. O i diamanti erano stati polverizzati, oppure erano nelle mani delle autorità. Nel primo caso avrebbe dovuto fare i conti con il reverendo Theodosius; nel secondo con la polizia. La sua preferenza andava nettamente alla polizia. Ormai era diventata una fissazione per il gobbo. Questo misterioso uomo che firmava tutti i suoi messaggi con una enigmatica X e il cui vero aspetto era noto, probabilmente, solamente alla ragazza che era la sua fedele compagna, talmente incredibili e diversi erano i suoi travestimenti, non era una persona che si poteva ingannare. Pagava generosamente, H. Cyril McNeile (Sapper)
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molto generosamente, per un lavoro ben fatto, ma non tollerava scuse in caso di insuccesso. Neanche una lunga militanza poteva mitigare l'offesa. Con un brivido Zadowa ripensò al destino di alcuni uomini che aveva conosciuto in passato, uomini che avevano lavorato, come faceva lui adesso, a uno degli innumerevoli piani del loro capo. Nessun progetto, dalla restaurazione di una monarchia alla rovina di una alleanza commerciale, era troppo grande per l'uomo che ora si faceva chiamare reverendo Theodosius Longmoor. L'unica cosa che importava era che ci fosse del denaro da guadagnare. Perché mai si interessasse alla diffusione del Comunismo in Inghilterra era una cosa che non riguardava il Conte Zadowa, sebbene quest'ultimo fosse a capo di questa specifica attività. Probabilmente era stato pagato da altri, non erano affari del Conte Zadowa. Quando, quella notte, il gobbo si spogliò in un tranquillo hotel a Bloomsbury, imprecò amaramente sottovoce. Che destino crudele. Non aveva osato confessare neanche a se stesso quanto temesse quel primo colloquio con il suo capo. Poi si era presentata quella occasione, inviata dal cielo, di uccidere il capo della Banda Nera senza correre alcun rischio; facendo sembrare che i tre uomini dentro la stanza, che non avevano alcuna ragione di essere lì, avessero provocato la fatale esplosione per sbaglio. Come poteva sapere dei diamanti: come faceva a saperlo? Ricominciò a imprecare, con la fronte imperlata di sudore, quando comprese in che guaio si era cacciato. Era giunto alla decisione che non gli restava altro da fare che presentarsi, come suo solito, all'ufficio il mattino dopo. Lo avrebbe trovato, ovviamente, pieno di poliziotti che lo avrebbero messo al corrente dell'accaduto. Nella speranza di trovare qualcosa di utile durante un sopralluogo. Forse, e al solo pensiero gli veniva quasi voglia di rivestirsi, forse lo scrittoio non era completamente distrutto. Forse i diamanti erano lì, adesso, nel tiretto segreto. Poi si rese conto che una sua visita in ufficio alle due di notte sarebbe stata sospetta. No, aspettare era l'unica possibilità, e il Conte Zadowa aspettò. Giunse persino a infilarsi nel letto, ma il Conte Zadowa non dormì. Puntuale, alle nove e mezzo del mattino dopo, giunse al numero 5 di Green Street. Come previsto, c'era un agente alla porta. - Chi siete, signore? - il poliziotto sbarrava l'entrata. - Il mio nome è Atkinson - disse il Conte, con sorpresa ben simulata. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Posso chiedervi cosa fate qui? - Non lo sapete, signore? - disse l'agente. - C'è stata un'esplosione qui la scorsa notte. Nel vostro ufficio al piano di sopra. - Un'esplosione? - Il signor Atkinson guardò sorpreso l'agente, e un passante che bighellonava lì vicino cominciò a ridere. - Niente paura, capo - osservò allegro. - Tutto quel dannato postaccio è andato al diavolo. - Voi piantatela - ammonì il poliziotto. - Sloggiate, capito? - Va bene, va bene - brontolò l'altro, camminando dinoccolato. - Che modi però. - Fareste meglio a salire - continuò l'agente. - L'ispettore è di sopra. Il signor Atkinson non se lo fece ripetere due volte. Non facendo caso a una mezza dozzina di impiegati che avevano formato un piccolo crocchio per discutere la faccenda, attraversò il corridoio fino alla sua stanza. La scena che si presentò ai suoi occhi esaltava le capacità del fabbricante della bomba. Alla luce del giorno, che filtrava attraverso lo squarcio nel muro, la devastazione era completa. Al centro, dove continuavano a posarsi gli occhi di Atkinson anche mentre rispondeva al saluto dell'ispettore, si trovava ciò che restava dello scrittoio. Dopo aver visto ciò, quella esile speranza che aveva nutrito si dissolse. Era letteralmente frantumato in mille pezzi; non poteva celare neanche un pisello, figuriamoci una borsa di diamanti. - Non è che sia rimasto un gran che, signore. Mentre l'ispettore parlava il signor Atkinson si ricomponeva. Doveva recitare una parte, e non poteva assolutamente permettersi di destare sospetti. - Sono sconcertato, ispettore. - Il suo sguardo si spostò su un cumulo dall'aspetto sinistro in un angolo, un cumulo ricoperto alla bell'e meglio con una vecchia coperta. Il muro lì sopra presentava macchie color rosso opaco, e da sotto la coperta spuntavano due rivoli dello stesso colore, non ancora asciutti. - Che diamine è successo? - I fatti sembrano abbastanza chiari, signore - osservò l'ispettore. - Ho ricostruito l'intera vicenda con l'aiuto del vostro assistente, qui, il signor Cohen. A quanto pare la scorsa notte tre uomini si sono introdotti nel suo ufficio al pianterreno. Hanno legato e imbavagliato Cohen e poi sono saliti fin qui. Evidentemente avevano intenzione di svaligiare qualcosa. Ciò che H. Cyril McNeile (Sapper)
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è accaduto dopo, ovviamente, è difficile da stabilire. Probabilmente hanno usato dell'esplosivo per forzare la vostra cassaforte e l'esplosivo gioca brutti tiri anche ai più esperti. L'ispettore indicò con la mano il mucchio nell'angolo. - E lui, povero diavolo, era certamente un esperto a modo suo. Uno dei tre uomini, signor Atkinson, o quello che è rimasto di lui, Ginger Martin, una nostra vecchia conoscenza. Per un attimo il cuore di Atkinson cessò di battere. Uno dei tre uomini! Allora, in nome del cielo, dove erano gli altri due? - Uno dei tre, ispettore - disse infine, cercando di controllare la tensione. - Ma che è accaduto agli altri? - Questa è la cosa sorprendente, signore - rispose l'ispettore. - Posso solo supporre che, entrati in tre nell'ufficio al pianterreno, al momento dell'esplosione solamente Martin fosse presente qui. - Il signor Atkinson sollevò la coperta macchiata di sangue e, con un brivido, esaminò quel che c'era sotto. Riconobbe la faccia; era senza dubbio l'uomo che aveva cominciato a girare per la stanza quando erano rimasti intrappolati. Ma non c'era traccia di altri. Erano i resti maciullati di un uomo, di un solo uomo. Allora, continuò a riflettere, che ne era stato degli altri due? Sapeva che erano in tre al momento dell'esplosione, e mentre ascoltava vagamente la voce dell'ispettore la sua mente era impegnata a fare nuove congetture. C'erano anche loro, il capo della banda e uno dei suoi compagni. Adesso erano scomparsi senza lasciare alcuna traccia. Evidentemente, in qualche modo, erano riusciti miracolosamente a cavarsela, e ciò faceva star male il Conte Zadowa. Non solo era stato tutto inutile e vano, non solo si era attirato l'ira del suo capo e le indesiderate attenzioni della polizia ma, per giunta, questo essere misterioso che voleva uccidere non era morto, ma vivo e vegeto. Ora aveva due nemici, e non sapeva ancora quale fosse più temibile. A un tratto si accorse che l'ispettore gli stava chiedendo qualcosa. - Perché, sì - disse, riprendendosi - è così. Mi stavo trasferendo e avevo tolto quasi tutti gli oggetti di valore. Erano rimasti soltanto dei diamanti, ispettore, e si trovavano in quello scrittoio. Ho delle relazioni d'affari a un certo livello nel campo delle pietre preziose. Se ne è trovata qualche traccia? L'ispettore scoppiò a ridere. - La stanza è qui davanti a voi, signore. Però questo forse ci fornisce il H. Cyril McNeile (Sapper)
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movente del crimine. Temo che i vostri diamanti siano o saltati in aria, oppure nelle mani degli altri due uomini, sui quali conto di mettere le mani al più presto. Non c'è traccia delle pietre qui. Nelle mani degli altri due uomini! Non aveva ancora pensato a questa eventualità, convinto com'era che tutti e tre gli uomini fossero morti. E improvvisamente capì che la sconvolgente congettura dell'ispettore, ignaro com'era della reale dinamica dei fatti, era giusta. I diamanti non possono essere frantumati da un'esplosione: dispersi sì, ma disintegrati mai. Non poteva essere altrimenti. Se davvero la Banda Nera era in possesso dei diamanti, la sua situazione sarebbe migliorata o peggiorata rispetto a quell'implacabile uomo del Ritz? Attraversò quel che era rimasto del muro e guardò fuori. - Sono sconvolto, ispettore - disse poco dopo. - Mi troverete al South Surrey Hotel di Bloomsbury. - D'accordo, signore! - L'ispettore prese nota e poi fece capolino all'interno con aria accigliata. - Ehi, voi, fuori di qui! Andatevene, altrimenti dovrò arrestarvi per vagabondaggio! - Va bene, ho capito! Uno non può neanche divertirsi un po' senza fare del male a nessuno? Il perditempo, ignominiosamente allontanato dall'ingresso principale, scese giù aiutandosi con le mani e con i piedi lungo il tetto sul retro e riprese la sua andatura dinoccolata, bofonchiando indistintamente. Stava ancora bofonchiando tra sé e sé quando, qualche minuto dopo, il signor Atkinson entrò in fretta e furia in un taxi. Se ne stette per un po' sul marciapiede fino a quando il mezzo non sparì alla vista; poi, come per magia, quel suo atteggiamento furtivo svanì. Sempre con la stessa andatura dinoccolata, ma apparentemente con uno scopo ben preciso in mente adesso, si infilò in una stradina laterale per fermarsi infine davanti a una cabina telefonica. Si guardò intorno e poi vi entrò. - Mayfair 1234. - Aspettò picchiettando con le monetine sull'apparecchio. Le cose erano andate bene quella mattina, benissimo. - Pronto, siete voi Hugh? Sì, qui è Peter. Atkinson è il gobbo. Si ferma nel South Surrey Hotel, Bloomsbury. Ha appena preso un taxi per recarsi al Ritz. Mi è sembrato di malumore.... Sì, ha fatto un mucchio di domande del genere.... Che cosa? Fate voi un salto al Ritz. Bene! Arrivo anch'io. È l'ora del cocktail. Vi riferirò ogni cosa. Il fannullone uscì dalla cabina e chiuse la porta. Poi, continuando a H. Cyril McNeile (Sapper)
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fumare una sporca pipa di creta, si avviò in direzione della stazione della Metropolitana più vicina. Un leggero ritocco all'abbigliamento sembrava indicato prima di presentarsi al Ritz. E, infatti, solo un osservatore molto attento avrebbe potuto riconoscere nel giovane gentiluomo dagli abiti immacolati che si aggirava nel Ritz poco prima di mezzogiorno l'individuo dall'aspetto dissoluto che si era attirato l'ira della polizia poche ore prima a Hoxton. La prima persona che vide, beatamente distesa su una comoda poltrona, fu Hugh Drummond, che lo salutò agitando il suo bastone. - Accomodatevi, Peter, vecchio mio - tuonò - e fatevi un bicchiere. Peter si sedette accanto a lui, scrutando rapidamente il salone. - Lo avete visto, Hugh? - disse, abbassando la voce. - Non vedo niente che somigli al nostro uccellino qui intorno. - No - rispose Hugh. - Ma dopo una discreta conversazione con il vecchio pustoloso laggiù sono venuto a sapere che è arrivato qui verso le dieci. E' stato subito accompagnato nelle stanze di un signore che si chiama reverendo Theodosius Longmoor dove, per quanto ne so, è rimasto fino a ora. A ogni modo non l'ho visto svolazzare nella hall, né i due portieri hanno comunicato la sua partenza. Pertanto me ne rimarrò qui appostato finché la canaglia e il suo compare pastore non usciranno allo scoperto. Voglio vedere il reverendo Theodosius Longmoor, Peter. Un gomitolo di lana rotolò ai suoi piedi, e Hugh lo raccolse. Apparteneva a una ragazza seduta lì vicino, indaffarata nel lavorare uno strano indumento ai ferri, e Hugh le porse la lana con un inchino. - Grazie mille - disse lei, con un sorriso affabile. - Temo di sparpagliare dappertutto la mia lana. - Non c'è di che - osservò Hugh cortesemente. - Roba dannatamente scivolosa, il gomitolo di lana. Ho passato la vita a raccogliere quelli di mia moglie. Un pullover molto in voga. - Oh, questo non è un pullover. Non ho tempo per simili frivolezze. Vedete, sono appena tornata dalla zone colpite dalla carestia in Austria, e non solo quei poveretti sono affamati, ma non hanno neanche vestiti decenti. Così alcune di noi lavorano delle cose a maglia per loro, taglie comuni, sapete, big, medium e small. - Che gesto nobile! - disse Hugh pieno di ammirazione. - Che lealtà. Terribile comunque, quando la misura piccola si ritira durante il lavaggio. L'orgoglioso proprietario starà sul punto di scoppiare. Molto imbarazzante H. Cyril McNeile (Sapper)
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per i diretti interessati. La ragazza arrossì e Hugh sprofondò confuso nella sua poltrona. - Dovrò accennarlo a mia moglie - mormorò imbarazzato. - Sta venendo qui per il pranzo, dovrebbe produrne a ripetizione, no? La ragazza sorrise debolmente alzandosi. - Sarebbe molto carino da parte di sua moglie darci una mano - osservò con cortesia e poi, dopo un piccolo inchino, si allontanò in direzione dell'ascensore. - Sapete, vecchio mio - osservò Hugh, guardandola scomparire - a pensarci è davvero sorprendente. Prendete quella ragazza dal visetto certo non disprezzabile, che sprizza virtù da tutti i pori. Eppure, lascereste la vostra famigliola per lei? Osservate la sua gonna: troppo lunga di cinque pollici; eppure lei sarebbe una moglie eccellente. Probabilmente un cuore d'oro celato sotto innumerevoli strati di lana multicolore. Completamente esausto si scolò il suo cocktail, sprofondando sempre più nella sua poltrona, mentre Peter si sorbiva in silenzio quel profondo ragionamento. Una leggera sensazione di languidezza si stava impadronendo di lui, dovuta all'ora atroce in cui era stato costretto ad alzarsi, e si sentiva di fatto incapace di partecipare in modo normale alla conversazione. Non che fosse necessario: l'espressione ferocemente aggrottata di Drummond indicava un grosso lavoro intellettuale che sarebbe presto sfociato in nuove argomentazioni. - Dovrei avere un pezzo di carta per riordinare le idee, Peter - osservò infine. - C'ero quasi riuscito quando quella dolce fanciulla ha scompigliato tutto. Infatti avevo intenzione di ripercorrere con voi l'intera vicenda quando sono stato costretto a rincorrere gomitoli per tutta Londra. A che punto siamo, Peter? Vediamo di capirci qualcosa. Punto primo: abbiamo i diamanti, più per fortuna che per bravura. Punto secondo: il gentiluomo gobbo che ha una costituzione abbastanza robusta da poter vivere nel South Surrey Hotel in Bloomsbury non ha i diamanti. Punto terzo: costui, attualmente, è rinchiuso al piano di sopra con il reverendo Theodosius Longmoor. Punto quarto: tenendo presente tutto ciò, che accade se ci incontriamo tutti quanti? - Perbacco! - disse Peter, destandosi da un breve pisolino. - Dovremo agire con magistrale passività - continuò Hugh pensieroso. Forse li vedremo a pranzo. Però non posso certo attaccare bottone con Vipera, o comunque si chiami quella canaglia, e chiedergli se per caso mi H. Cyril McNeile (Sapper)
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ha gettato una bomba la scorsa notte, ti pare? Sarebbe così imbarazzante sbagliare persona. Come ripeto, conoscere più da vicino il predicatore potrebbe rivelarsi utile. Potrebbe, non è detto. In effetti, è tutto molto oscuro, Peter, molto oscuro. L'altro per tutta risposta si mise a russare e Hugh continuò a riflettere sull'oscurità della situazione in silenzio. Il fatto che la conversazione al piano di sopra avrebbe potuto far luce sulla vicenda non gli era di grande aiuto; né poteva immaginare che quella nebbia stava per dissolversi in maniera drastica e piuttosto spiacevole. - Coincidenza? Balle! - concluse la ragazza dal cuore d'oro in quello stesso momento. - È una certezza. Se abbia o meno i diamanti, questo non lo so, però il vostro robusto amico della scorsa notte, Zadowa, è seduto al pianterreno a bersi un cocktail nel salone. - E il vostro robusto amico della scorsa notte è un gentiluomo con il quale io e lui - lanciò un sorriso complice al reverendo Theodosius abbiamo un piccolo conto da regolare. - Il mio conto non è piccolo - disse il gobbo malignamente. - Per quanto possa essere sorprendente, sembra che tu abbia ragione, mia cara - rispose il padre pensieroso. - Certo che ho ragione! - urlò la ragazza. - Ma insomma, è talmente evidente. Un uomo robusto, nome di battesimo Hugh, era nell'ufficio di Zadowa la scorsa notte. Hugh Drummond è giù in questo momento, dopo aver seguito le tracce di Zadowa fin qui. È ovvio, tutto combacia. È la stessa persona, lo capirebbe pure un bambino. - Ammesso che tu abbia ragione - disse il reverendo Theodosius confesso che in questo momento non saprei proprio come volgere la situazione a nostro favore. Si tratta di un fatto interessante, mia cara, più che interessante; solo che non mi pare che esso rientri tra le priorità più urgenti. - Stavo pensando - disse la ragazza. - Sua moglie pranzerà qui. Te la ricordi, quella piccola stupida di Phyllis Benton? Vivono a Brook Street. Forse vale la pena di tentare. Se lui per caso ha i diamanti, bene, lei ci sarà molto utile. In caso contrario - scrollò le spalle - possiamo sempre restituirla se non sappiamo che farcene. Il reverendo Theodosius rise. Di solito lunghe spiegazioni tra loro erano superflue. Poi guardò l'orologio. - Poco tempo a disposizione - osservò - ma ci proveremo. Non abbiamo H. Cyril McNeile (Sapper)
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niente da perdere. Andò al telefono e fece una chiamata. Dopo aver impartito un paio di ordini perentori ritornò lentamente nella stanza. - Possibilità di successo molto scarse, temo; ma, come hai detto tu, vale la pena di tentare. E ora riprenderò a frequentare Drummond. Penso sia più saggio da parte tua pranzare qui in camera, Janet; non vorrei che il nostro amico ci ponga in relazione prima del tempo. E in quanto a voi, Zadowa il suo tono si fece brusco - potete andare. - C'è solo una cosa - aggiunse la ragazza. - La sua partenza sarà riferita immediatamente a Drummond, che ha già provveduto a dare una mancia agli uomini all'ingresso. - In tal caso, allora, sarà meglio che vi tratteniate qui - disse il reverendo Theodosius. - Credo che tornerò su per pranzo, anche se potrei mangiare nel ristorante. Forse - sostò presso la soglia - forse, perché no, con Drummond e il suo amico. Lasciò la stanza con un sogghigno, e di lì a poco un benevolo uomo di chiesa, intento a leggere il Church Times, sedeva nell'atrio di fronte a Hugh e Peter. Con gli occhi socchiusi Hugh lo squadrò, domandandosi se per caso non fosse il reverendo Theodosius Longmoor. In caso affermativo, costui sarebbe stato l'ideale rappresentante della benevolenza ecclesiastica. Quando, pochi minuti dopo, il pastore prese una sigaretta dal suo astuccio e cominciò a frugarsi le tasche in cerca di fiammiferi, che evidentemente aveva dimenticato, Hugh si alzò e gliene porse uno. - Permettete, signore - mormorò. - Vi ringrazio - disse il pastore, con un sorriso affabile. - Dimentico sempre i fiammiferi. In realtà di solito non fumo prima di pranzo, ma ho avuto una mattinata così pesante che sento il bisogno di fumare una sigaretta, giusto per calmare i nervi. - Cielo! Che guaio - notò Hugh. - L'acqua del bagno era fredda o cose simili? - Niente di così banale, temo - disse l'altro. - No, un pover'uomo che è con me dalle dieci ha appena ricevuto un terribile colpo. Non avrei mai immaginato una cosa simile qui a Londra, ma la sede della sua ditta è stata distrutta da una bomba la scorsa notte. - Incredibile - borbottò Hugh, sprofondando in una poltrona, mentre di fronte a loro Peter apriva un occhio. - Tutti i suoi documenti, ogni cosa, perduti. Ha colpito anche me. Una H. Cyril McNeile (Sapper)
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considerevole somma di denaro, più di cento sterline, che avevo raccolto per il restauro del vecchio coro in quercia della mia chiesa, vanificata da questo sconosciuto miscredente. È dura, è dura. Ma la perdita di questo pover'uomo è molto più grave della mia, così non devo lamentarmi. Sto facendo del mio meglio per aiutarlo a sopportare questa disgrazia con forza d'animo e coraggio. Il pastore si tolse gli occhiali e li pulì strofinando, e Drummond dette un'occhiata furtiva a Darrell. Il secondo, che aveva sentito, fece spallucce mostrando di essere confuso quanto Hugh. Che questo fosse il reverendo Theodosius Longmoor era, adesso, ovvio, però che vecchio gentiluomo affascinante e affabile! Pareva impossibile associare il male con una persona talmente deliziosa, e, in tal caso, avevano commesso un errore madornale. Non era stato il gobbo a gettare la bomba; erano di nuovo in un vicolo cieco. Per un po' Hugh conversò con lui sull'attentato, poi guardò l'orologio. - E' quasi ora di pranzo, credo - disse il pastore. - Forse volete dare a un vecchio solo il piacere della vostra compagnia. - Molto gentile da parte vostra, però sto aspettando mia moglie - disse Hugh. - Ha detto che sarebbe arrivata all'una, e ora è già l'una e un quarto. Vi andrebbe di pranzare con noi? - Volentieri - disse il pastore, prendendo un biglietto che un fattorino gli consegnò su un vassoio. - Volentieri. - Dette un'occhiata al biglietto e se lo infilò ' in tasca. - Queste benedette signore, si fanno sempre attendere. - Vado a fare una telefonata - disse Drummond. - Può darsi che abbia cambiato idea. - Un'altra prerogativa del loro sesso - sorrise allegro il suo compagno, quando Drummond si allontanò. Pulì i suoi occhiali e riprese la sua accurata lettura del Church Times, salutando con inchini vecchio stampo un paio di conoscenti che passavano. Intanto Peter Darrell si convinceva sempre più che qualcosa non quadrava, quando Hugh fece ritorno alquanto preoccupato. - Non capisco - disse ansioso. - Ho appena parlato con Denny, e Phyllis è uscita mezz'ora fa per venire qui. - Forse ha fatto qualche spesa, vecchio mio - rispose Peter con tono rassicurante. - Ehi, Hugh, che granchio che abbiamo preso. Hugh dette un'occhiata al tavolo dove era seduto il pastore e, a un tratto, H. Cyril McNeile (Sapper)
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strinse con tanta forza il braccio di Peter da fargli male. Quest'ultimo guardò Hugh, che fissava il pastore ammutolito e sbigottito. Poi si voltò, con gli occhi fiammeggianti. - Peter! - disse agitato. - Guardalo. L'unico vezzo che lo tradisce sempre! Un granchio, eh? Santo cielo, amico, è Carl Peterson! Un Darrell alquanto perplesso guardò il pastore. Costui stava ancora leggendo il Church Times, ma con la mano sinistra tamburellava incessantemente sul suo ginocchio.
11. Dove Hugh Drummond e il reverendo Theodosius Longmoor pranzano insieme - Stupidaggini, Hugh! - Peter si girò un po' irritato, dopo il suo velato esame del reverendo Theodosius Longmoor. - Questa di Peterson è un'idea fissa. Quel tizio non vi somiglia più dei miei stivali. - Ciononostante è Peterson - rispose Drummond caparbiamente. - Non lo guardate, Peter; non fategli capire che stiamo parlando di lui, per nessun motivo. Ammetto che non vi è la benché minima somiglianza con il nostro Carl, ma non è poi tanto più diverso dall'originale del Conte de Guy dei tempi di Parigi. È proprio quel vezzo del quale non riesce a liberarsi, quel picchiettare con la mano sinistra sul ginocchio, che me lo ha fatto riconoscere. - D'accordo, ammesso che tu abbia ragione - concesse Darrell a malincuore - che cosa facciamo adesso, maresciallo? Drummond si accese pensieroso una sigaretta prima di rispondere. Seminascosto da una numerosa comitiva che si stava giusto recando nel ristorante, lanciò un'altra occhiata furtiva all'oggetto delle loro osservazioni. Con un'espressione estremamente benevola il reverendo Theodosius stava chiacchierando con un'anziana signora, e sul viso di Drummond, quando si girò, si dipinse una piccola smorfia di ammirazione. In materia di travestimenti quell'uomo era un vero fenomeno. - Non saprei, Peter - rispose dopo un po'. - Devo pensarci bene. È stato tutto così improvviso. So che è quello che speravamo; per questo abbiamo inviato quella lettera al giornale, per stanare la preda. E per Dio, l'abbiamo stanata! La preda è Peterson. Però comunque non mi aspettavo di ritrovarmelo davanti come missionario mormone residente al Ritz. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Ne siete assolutamente sicuro, Hugh? - disse Peter, ancora poco convinto. - Assolutamente, vecchio mio - rispose Drummond molto serio. - Quel pastore laggiù è Carl Peterson, ultimamente in chiave mistica. E la partita ricomincia. Darrell fece una breve risata quando notò il bagliore negli occhi del suo capo. - Stavo pensando - osservò sobriamente - che stavolta la partita sarà veramente dura. - Tanto meglio - ghignò Hugh. - Lo aggiungeremo alla nostra collezione, Peter, e poi consegneremo tutta quella dannata combriccola allo Zoo. Nel frattempo lui pranzerà con noi quando arriva Phyllis, ciarlando di teologia con un pubblico attento. Tra parentesi, farà appello al suo senso dell'umorismo; non gli sarà difficile riconoscerci. - Sì - confermò Peter - eccolo lì. Non sa che lo abbiamo riconosciuto. Mi chiedo come c'entrino i diamanti, Hugh. - C'entrano, eccome, se conosco bene il gentiluomo. Ma questo è solamente uno dei diversi aspetti che vanno chiariti. E nei prossimi giorni, Peter, ragazzo mio, sgombreremo la mente da ogni dubbio. - O saremo sgombrati - rise Darrell. - Guarda, sta venendo qui. Si voltarono quando il pastore attraversò la sala per raggiungerli. - Il buon vecchio stomaco comincia a reclamare del cibo - disse Hugh con un sorriso affabile quando l'uomo si unì a loro. - Mia moglie dovrebbe essere qui a momenti, signor... - Il mio nome è Longmoor - disse il pastore, raggiante. - Molto gentile da parte vostra questo riguardo nei confronti di un vecchio solo. - Siete qui tutto solo? - chiese Drummond con cortesia. - No, mia figlia è con me. La cara bambina mi accompagna sempre da quando la mia amata moglie è scomparsa qualche anno fa. Lustrò i suoi occhiali, che erano diventati un po' appannati, e Drummond espresse senza parlare le sue condoglianze. - Non potete immaginare quale conforto lei sia stata per me. In questi giorni, in cui mi pare che le ragazze moderne non pensino a altro che a ballare e alla mondanità, è una vera benedizione trovarne una che, conservando il suo accattivante senso dell'umorismo, dedichi la sua vita alle cose che contano davvero. Nel nostro recente giro in Austria... scusatemi, dicevate? H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Niente - rispose Drummond con calma. - Allora, siete stati in Austria. - Sì; siamo appena tornati da una visita nelle zone colpite dalla carestia replicò il pastore. - Molto interessante, ma terribilmente triste. A proposito, non credo di aver afferrato il vostro nome. - Drummond, capitano Drummond - rispose Hugh meccanicamente. - E questo è il signor Darrell. Penso di aver già avuto il piacere di fare la conoscenza di vostra figlia. Stava facendo degli indumenti di lana per quegli austriaci, e io ho recuperato un gomitolo di lana che le era sfuggito. - È tipico di mia figlia, capitano Drummond - sorrise soddisfatto il reverendo Theodosius. - Non spreca mai il suo tempo, sempre a fare qualcosa per il bene dell'umanità. Però in quel momento, purtroppo, la mente di Hugh non era preoccupata per il bene dell'umanità. Se era inconcepibile, sulla base del solo aspetto esteriore, che il reverendo Theodosius fosse Carl Peterson, era ancora più inconcepibile che la magliaia dal cuore d'oro potesse essere Irma. Naturalmente era possibile che Peterson avesse cambiato figlia, ma se non era così? Che cosa aveva detto a Darrell mentre la ragazza, che l'aveva riconosciuto subito, era seduta lì accanto? Quanto aveva captato quest'ultima? Quante carte aveva ancora in mano l'avversario? E, aspetto ancora più importante, quante delle sue carte erano state individuate? Levando lo sguardo si ritrovò addosso gli occhi blu del reverendo gentiluomo, alquanto beffardi. Di sicuro, rifletté Drummond, bisognava scoprire, il più presto possibile, come stavano esattamente le cose. Il problema era come. Salutare il reverendo Theodosius come un amico di vecchia data chiedendogli se aveva indossato quel travestimento per divertire i bambini avrebbe sicuramente fatto precipitare la situazione, oltre a scoprire una delle sue carte migliori. E non era consigliabile concedere vantaggi inutili a quel gentiluomo di Carl Peterson. Quindi tutto si riduceva all'attesa della prima mossa da parte dell'avversario che, anche in considerazione del fatto che la fame cominciava a farsi sentire, sembrò a Hugh una decisione senz'altro sensata. Guardò l'orologio e si girò verso Darrell. - Che ragazza impossibile, Peter! Quasi quaranta minuti di ritardo. - Avrà prelevato un'amica, ragazzo mio - rispose il nostro. - E adesso staranno sgranocchiando una brioche da qualche parte. Perché non lasciamo un messaggio all'ingresso e non cominciamo? Ho una fame! Il reverendo Theodosius intanto si godeva la scena, da dietro gli H. Cyril McNeile (Sapper)
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occhiali. - È sempre lo stesso - mormorò cortese. - Ma è la prerogativa del loro sesso. - Bene, è ora di andare a nutrirci - disse Hugh, afferrando il braccio del pastore e spingendolo verso il ristorante. - Perdinci! Signor Longmoor, ma voi avete dei bicipiti notevoli. L'altro sorrise, quasi compiaciuto del complimento. - Niente rispetto a voi, capitano Drummond, a giudicare dalla vostra taglia, però posso affermare di essere un osso duro. Il mio ministero mi ha condotto talvolta in posti molto impervi, e spesso ho notato che le buone maniere non bastano, occorre la forza. - Infatti - mormorò Drummond guardando il menu. - Niente di meglio di un buon dritto per indurre a una vita più devota. L'ho sperimentato anch'io. A ogni modo, che mi dite di vostra figlia? Ci onorerà della sua compagnia? - Non oggi - rispose il reverendo Theodosius. - Sta pranzando di sopra con il pover'uomo di cui vi ho parlato, il cui ufficio è stato distrutto la scorsa notte. Ha un disperato bisogno di conforto. - Lo credo bene - confermò Hugh. - Però se indossa una di quelle belle cose che lei lavora a maglia e batte a tappeto Piccadilly recupererà ben presto tutti i soldi per gli stalli del vostro coro. L'uomo che mi fa pena è il povero diavolo che hanno ritrovato appiccicato alla parete. Il reverendo Theodosius lo guardò pensieroso, e Drummond si rese conto di aver fatto un passo falso. - Sembrate saperne parecchio, capitano Drummond - mormorò l'altro, sezionando una sardina. - È nelle prime edizioni dei giornali della sera - replicò Hugh con calma. L'unica cosa che hanno tralasciato è la vostra grana. - In un episodio così orribile una sciocchezza come questa può ben essere trascurata - disse il reverendo Theodosius. - Ma dal mio povero amico di sopra ho appreso che la polizia è convinta che siano tre i delinquenti coinvolti nel crimine. E due di loro sono sfuggiti. - Carogne - disse Hugh, accigliato. - Ora se tutti e tre fossero stati ritrovati appiccicati ai mobili ciò vi avrebbe ripagato della perdita di quelle cento caramelle. - Infatti - continuò il pastore, rifornendosi di un po' di pesce. - Il tutto è molto misterioso. Comunque, i poliziotti contano di mettere le mani sugli altri due molto presto. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Sono sempre ottimisti, vero? - rispose Hugh. - Peccato che nessuno abbia visto questi malfattori andare in giro a gettare bombe intorno alla casa. - Al riguardo c'è un colpo di fortuna, capitano Drummond - disse l'altro pacato. - Lungi da me ogni desiderio di vendetta, anche se ritengo che in questo caso sia appropriato. Lo sventurato impiegato del piano di sotto, che è stato brutalmente assalito, ha confidato al suo principale che crede di sapere chi è uno degli altri due. Un uomo enorme, capitano Drummond, dalla forza straordinaria: un uomo, beh, direi di sì, immagino come voi, un uomo che, si sente dire, è a capo di una organizzazione che si fa chiamare la Banda Nera. Potrebbe essere una traccia formidabile per la polizia. Drummond ascoltò senza battere ciglio e con molta attenzione le osservazioni del pastore. Ma ancora una volta questo nuovo sviluppo aveva rapidamente messo in moto le sue meningi. A ogni modo una carta era stata scoperta: la sua identità di capo della Banda Nera era nota a Peterson. Era stata la ragazza a scoprirlo, era ovvio. Che incidenza poteva avere ciò sulla situazione? - Una persona inafferrabile, credo - notò con calma. - I giornali ne hanno parlato parecchio di recente. In realtà io mi trovavo nell'ufficio di Sir Bryan Johnstone quando un gentiluomo di nome Charles Latter è venuto a chiedere che la polizia lo proteggesse dalla Banda Nera. Per un attimo lo stupore balenò nello sguardo dell'altro. - Mi sorprendete - mormorò. - Quindi gli era stata concessa. Hugh fece ampi gesti con la mano. - Ne dubitate, signor Longmoor? L'ho accompagnato personalmente a un ricevimento per garantire la sua sicurezza. Ma, come in seguito ho detto al vecchio Tum-tum, sarebbe Sir Bryan Johnstone, un mio grande amico sapete, non ho potuto far nulla per evitare la catastrofe. Ho cercato di parlargli con dolcezza, ma non c'è stato niente da fare. È impazzito, signor Longmoor, completamente, completamente. La noia di quel ricevimento gli ha sconvolto la mente. Volete un'altra costoletta? - Davvero straordinario! - osservò il pastore. - E che cosa ha detto il vostro amico, ehm, Tum-tum, quando gli avete riferito l'esito della vostra sorveglianza? - Bene, in via del tutto informale, signor Longmoor, credo che fosse abbastanza soddisfatto. Latter era un uomo sgradevole, dedito ad attività sgradevoli, e da matto farà meno danni. Che cosa pietosa avere simili H. Cyril McNeile (Sapper)
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ospiti a nostra disposizione, vero? - Eppure di recente - proseguì il reverendo Theodosius - in un giornale che ho trovato a Parigi, per caso mi ha colpito una notizia. Il capo di questa oscura banda rivendica in un certo senso la responsabilità dello stato del signor Latter. Ha distribuito una specie di ridicolo manifesto alla stampa, mi pare. - Credo di sì - rispose Drummond, svuotando il suo bicchiere. - Una dichiarazione che terminava con una minaccia diretta a quelli che muovono uomini come Latter. Come se servisse! Una simile feccia, signor Longmoor, rimane nascosta. Strisciano nell'ombra. Vorrei che prendeste un'altra cotoletta. - Grazie, no. - Il reverendo Theodosius allontanò con un gesto il cameriere e si appoggiò alla sedia. - Indubbiamente avete ragione, capitano Drummond, nel difendere questa persona; però se quello che dice lo sventurato, malcapitato impiegato è vero, allora temo di non poterla considerare che alla stregua di un volgare ladro. Naturalmente, può aver commesso un errore, ma sembra quasi certo che uno dei miscredenti della scorsa notte fosse il capo della Banda Nera in persona. - Capisco - disse Drummond, con l'aria di un uomo nel quale si è fatta strada una grande verità. - Quei cento benedetti bigliettoni continuano ancora a bruciare. - Non tanto quello - rispose il pastore gravemente. - Il mio amico, quello dell'ufficio distrutto, tra le altre cose commerciava in pietre preziose. La scorsa notte nel suo scrittoio c'erano sei magnifici diamanti, affidati a lui per essere venduti da, beh, sarò discreto, da un ben noto gentiluomo russo. Questa mattina ha scoperto che essi erano spariti nel nulla, e la sua stanza distrutta. Ebbene, il mio cuore sanguina per lui. - Lo credo bene - rispose Drummond mostrando una certa partecipazione. - Maledettamente sconsiderato il modo in cui certa gente va in giro a gettare bombe, vero? Comunque, se il vostro compare fornisce alla polizia una descrizione esatta dei diamanti, forse riuscirà a recuperarli in tempo. Suppongo - aggiunse buttandola lì - suppongo che lui possa parlarne alla polizia. - Non vi seguo, capitano Drummond. - Il reverendo guardò molto sorpreso il suo ospite. - Non si sa mai di questi tempi, o no? - disse Hugh mitemente. - Deve essere terribile procurarsi un bel gruzzoletto di diamanti e poi scoprire che H. Cyril McNeile (Sapper)
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si tratta di merce rubata. Il tizio che li ruba, così, cammina sul velluto. Gradite una tazza di caffè? - Per fortuna non è affatto il nostro caso. Sì, grazie, ancora un po' di caffè. - Bene - disse Hugh comunicando l'ordinazione al cameriere. - Così tutto quello che dovete fare, o meglio il vostro amico, è raccontare alla polizia che l'ufficio è stato fatto saltare in aria dal capo della Banda Nera, e che i diamanti sono stati sottratti dal capo della Banda Nera, e che vorreste la sua testa su un vassoio d'argento. Mi pare troppo facile. Sigaretta? Turche da questo lato, scadenti dall'altro. - Grazie. - Il reverendo Theodosius prese una sigaretta dall'astuccio che Hugh gli porse. - Se la mettete così è sicuramente troppo facile. - C'è una sola sciocchezzuola che ancora non quadra in una vicenda altrimenti perfettamente chiarita, ma è troppo insignificante per preoccuparsene. - Sarebbe? - Ebbene, chi è il capo della Banda Nera? Sarebbe terribile beccare il tipo sbagliato. Niente diamanti, niente Bradburys, niente di niente. - Non prevedo grosse difficoltà per scoprirlo, capitano Drummond disse il pastore mitemente. - Sicuramente, con il vostro meraviglioso apparato di polizia... - Eppure, signor Longmoor - disse Hugh serio - malgrado di recente io abbia rinforzato quell'apparato, letteralmente, brancolano ancora nel buio riguardo alla sua identità. - Incredibile! - esclamò l'altro. - Non possiamo che sperare che tutto si risolva per il meglio. A ogni modo temo che vostra moglie abbia dimenticato il vostro pranzo. Spinse indietro la sua sedia. - Spero di avere il piacere di fare la sua conoscenza uno di questi giorni. Ed ora, se volete scusarmi, devo scappare. La mia corrispondenza, relativa agli aiuti umanitari per gli austriaci indigenti è molto voluminosa in questo momento. Grazie mille per questo delizioso pranzetto. Si inchinò con un sorriso affabile e si fece strada in mezzo all'affollato ristorante in direzione della porta. Solo quando finalmente sparì alla vista Hugh si volse verso Peter Darrell con un'espressione pensierosa. - Situazione maledettamente interessante, Peter - osservò accendendosi un'altra sigaretta. - Lui sa che sono il capo della nostra organizzazione, e H. Cyril McNeile (Sapper)
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non sa che io lo so; io so che lui è Peterson, e lui non sa che io lo so. Mi chiedo quanto tempo ci vorrà prima che i nodi vengano al pettine. - Supponiamo che lui se ne tenga fuori e vi consegni alla polizia - disse Peter. - Sarebbe piuttosto imbarazzante, vecchio mio. - Lo sarebbe di sicuro, se lo facesse - sogghignò Hugh. - Mi piacerebbe vedere la faccia di Tum-tum. Però, mio caro Peter, forse vi è sfuggito un particolare essenziale: è proprio quello che non può fare finché non è sicuro che io abbia i diamanti. A prescindere da diverse rivelazioni imbarazzanti relative al numero 5 di Green Street, lui o il suo amico gobbo dovrebbero in primo luogo spiegare alla polizia come sono entrati in possesso di queste pietre. Ho condotto delle indagini molto discrete questa mattina, Peter, e quel diamante rosa apparteneva ai gioielli della corona russa. Imbarazzante, molto. Sorrise e ordinò due brandies. - Molto, molto imbarazzante, Peter, ma con aspetti decisamente divertenti. Ho la vaga sensazione che fra poco i secondi usciranno dal ring.
12. Il Conte Zadowa fa la conoscenza di "Alice nel paese delle meraviglie" Un quarto d'ora dopo i due giovani misero piede a Piccadilly. Evidentemente Phyllis non aveva intenzione di farsi vedere, e non aveva alcun senso restare lì. La mossa seguente spettava all'avversario e non si poteva far altro che segnare il passo. All'ingresso del Ritz si separarono; Peter si avviò verso Est, dove aveva un appuntamento misterioso con un'attricetta teatrale di Londra, mentre Hugh, con la sua andatura dinoccolata, si diresse verso casa lungo Berkeley Street. Di tanto in tanto un debole sorriso gli attraversava il volto, al pensiero di Peterson che si spremeva le meningi per gli austriaci affamati, ma per lo più aveva un'espressione corrucciata. Non riusciva assolutamente a immaginare un possibile scenario. A suo avviso bisognava eliminare i malintesi e, per usare un'espressione militare, c'era un'involuzione. Proprio mentre stava a Berkeley Square, agitando il suo bastone per pensare meglio, sentì qualcuno toccargli il braccio. - Scusatemi, signore - disse una voce all'altezza del suo gomito - vorrei scambiare due parole con voi. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Abbassò lo sguardo e strabuzzò, improvvisamente, gli occhi. Accanto a lui c'era il gobbo, il signor Atkinson, e per un attimo Hugh lo osservò in silenzio. Allontanò la tentazione di gettare questa inaspettata apparizione sotto un furgoncino di passaggio, inarcò leggermente le ciglia e si tolse il sigaro di bocca. Evidentemente era quella la mossa seguente ed era curioso di vederne gli sviluppi. - La mia abilità di conversatore è ben nota - osservò - in molti circoli. Non sapevo, comunque, che interessasse anche voi. In altre parole, signore, chi diamine siete e di che cosa vorreste parlarmi? - Qualcosa che riguarda molto da vicino tutti e due - rispose l'altro. - E per quel che riguarda la prima parte della vostra domanda, non vi pare che potremmo anche smettere di recitare, visto che tra l'altro non ci sono testimoni? Propongo, comunque, dato che la nostra conversazione potrebbe essere lunghetta e che questo posto è alquanto trafficato, di trasferirci nella vostra abitazione; Brook Street, credo, è lì che vivete, capitano Drummond. Hugh si tolse il sigaro e guardò pensieroso il gobbo. - Non ho affatto intenzione di avere una lunga conversazione con voi, in nessun posto, trafficato o meno - osservò infine. - Comunque se siete pronto a correre il rischio di essere scaraventato fuori dalla finestra se mi seccate, vi concedo dieci minuti. Girò sui talloni e si avviò, senza fretta, verso casa, mentre il gobbo, lanciandogli di tanto in tanto sguardi velenosi, camminava al suo fianco in silenzio. Solamente cinque minuti dopo, quando furono nello studio di Drummond, la conversazione riprese. Fu Hugh a parlare, con la schiena davanti al camino, guardando in modo sprezzante quell'ometto deforme seduto su una sedia a braccioli. Un individuo sgradevole, rifletté, ora che lo vedeva da vicino per la prima volta: un diavoletto pericoloso e vendicativo, però abile, estremamente abile. Giusto il tipo che Peterson avrebbe potuto usare come strumento. - Che cos'è che volevate dirmi? - disse brevemente. - Un paio di cose, capitano Drummond - rispose l'altro - che potrebbero eliminare dei malintesi. In primo luogo consentitemi di dire che sono felice di fare la vostra conoscenza dal vivo, per così dire. Da tempo desideravo parlare con il capo della Banda Nera. - Certo - mormorò Hugh ansiosamente - spero proprio che il sole non vi abbia dato alla testa. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- La vogliamo smettere di menar il can per l'aia? - disse con asprezza l'altro. - Se voi non la smettete di parlarmi con quel tono vi scaravento giù per le scale, maledetto microbo - disse Hugh freddamente, e l'altro si alzò ringhiando. I suoi occhi, accecanti come quelli di un gatto furioso, erano fissi su Drummond, che a un tratto allungò una mano enorme per nascondere la parte inferiore del viso del gobbo. Urlando di paura quest'ultimo indietreggiò, mentre Hugh sogghignava. Così era stato lo stesso signor Atkinson a gettare la bomba la notte precedente: quegli occhi iniettati d'ira che lo fissavano attraverso la fessura nella porta erano inequivocabilmente gli stessi che aveva appena visto sopra la sua mano. Con il resto del viso coperto per evitare confusione non potevano esserci più dubbi, e Hugh ancora sogghignava quando abbassò la mano. - Così voi pensate che io sia il capo della Banda Nera, vero? - osservò. Non so fino a che punto mi interessino le vostre riflessioni. - Non lo penso: lo so - disse il gobbo malignamente. - L'ho scoperto oggi. - Infatti - mormorò Hugh garbatamente. - Sarebbe indiscreto chiedervi come avete scoperto questo fatto interessante? - Lo negate? - domandò l'altro furioso. - Caro piccoletto - disse Hugh - se aveste detto che io ero il Papa non l'avrei negato. Tutto quello che vi chiedo, dopo avermi afflitto con la vostra presenza, è di farmi divertire. Su che cosa si basa questa vostra affermazione alquanto sbalorditiva? - Mi baso su questo; - disse il gobbo, recuperando l'autocontrollo - la scorsa notte il mio ufficio è stato distrutto da una bomba. - Buon Dio! - lo interruppe Hugh mitemente - allora è il vecchio Theodosius Longmoor con le sue cento sterline. Ho avuto la sensazione che mi guardasse con sospetto durante il pranzo. - È stato distrutto da una bomba, capitano Drummond - continuò l'altro, senza badare all'interruzione. - Quella bomba ha anche ucciso un uomo. - Lo so - confermò Hugh arcignamente. - Uno dei tre uomini che hanno fatto irruzione nella casa. Gli altri due si sono salvati, come non lo so. Ma uno di loro è stato riconosciuto dall'impiegato del piano di sotto. - Ho sentito questa storia - disse Hugh. - Ha riconosciuto in quell'uomo il capo della Banda Nera - continuò il H. Cyril McNeile (Sapper)
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gobbo. - Questo fino a oggi. Appunto, il capo della Banda Nera, uno sconosciuto. Ma oggi, al Ritz, capitano Drummond, il mio impiegato, che mi ha portato un messaggio, lo ha riconosciuto nuovamente, senza travestimento. Non più uno sconosciuto, capite, bensì voi. Drummond sorrise, e scelse una sigaretta dal suo astuccio. - Ingegnoso - rispose - ma piuttosto grossolano. Se ho ben capito, il vostro acuto e intelligente impiegato afferma che il capo della Banda Nera ha fatto irruzione nel vostro ufficio, la scorsa notte, allo scopo di dedicarsi al discutibile passatempo di gettare bombe nell'edificio. Costui inoltre afferma che sarei io il buontempone in questione. Ammettiamo, per il momento, che il vostro impiegato sia sano di mente, che cosa proponete di fare adesso? - In circostanze simili, capitano Drummond, propongo di spedire una lettera anonima a Scotland Yard. Dopo l'inevitabile sorpresa, forse potrebbero arrivare a far luce sul mistero della pazzia del signor Latter. Potrebbe rivelarsi piuttosto spiacevole per voi, ovviamente, ma non ci si può far niente. - Gentile da parte vostra offrirmi una scappatoia - disse Drummond amabilmente. - A quali circostanze alludete? - Il non restituirmi una borsetta contenente diamanti - osservò il gobbo con calma. - Erano nello scrittoio distrutto dalla bomba. - Povero me - disse Hugh. - Dovrei averli io? - Spero sinceramente che sia così, per il vostro bene - replicò l'altro. Altrimenti temo che quella lettera raggiungerà la polizia. Drummond fumò un momento in silenzio, poi, con un sorriso pigro sul viso, si sedette su una poltrona di fronte al gobbo. - Molto interessante - disse strascicando le parole. - Molto interessante e divertente. Non sono molto sveglio signor..., ho dimenticato sotto quale nome imponete la vostra presenza a un mondo sin troppo tollerante, ma vi chiamerò Vipera, ripeto, non sono molto sveglio, Vipera, ma per quello che sono faticosamente riuscito ad afferrare, le cose stanno così: se io vi restituisco un pacchetto di diamanti che forse, chissà, sono in mio possesso, vi asterrete dal comunicare alla polizia che io sono il capo della Banda Nera. Se, al contrario, non ve li rendo, spedirete loro queste interessanti informazioni per mezzo di una lettera anonima. - Il sorriso si fece più pigro. - Bene, maledetto rifiuto, io lo chiamo un bluff. Proseguiamo. Ringhiando furiosamente il gobbo afferrò il H. Cyril McNeile (Sapper)
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cappello e si alzò in piedi. - Sicché voi lo chiamate un bluff - e la sua voce era furibonda. Benissimo, idiota, mi sta bene. Ve ne pentirete amaramente. - Sedetevi, Vipera. Non ho ancora finito con voi. - C'era sempre lo stesso sorriso esasperante sul viso di Drummond, che sparì all'improvviso quando il gobbo si avviò verso l'uscita. Con due falcate Hugh lo afferrò per il bavero, e con una forza spaventosa rimise il signor Atkinson al suo posto. - Ho detto sedetevi, Vipera - disse Drummond amabilmente. - Non fatevelo ripetere un'altra volta, altrimenti dovrò usare le maniere forti. Ci sono un paio di cosette che devo dirvi, prima di privarmi del piacere della vostra compagnia. Dopo l'arrivo della vostra missiva contenente queste interessanti rivelazioni, la posta recapiterà un'altra lettera indirizzata allo stesso Sir Bryan Johnstone. Io sarò nel suo ufficio quando lui la aprirà, e insieme ci sbellicheremo dalle risate leggendo questa pazzesca cantonata: io, il più grande pazzerellone che lui conosca, sarei il capo della Banda Nera. Quindi, quasi a conferma dell'assurdità di questa ipotesi, sarà letta le seconda lettera, scritta dal capo della Banda Nera in persona, in cui quest'ultimo afferma di essere stato presente la scorsa notte al numero 5 di Green Street, nel tentativo di entrare in possesso dei documenti anarchici e bolscevichi lì depositati. A tale scopo ha portato con sé uno scassinatore di professione per aiutarlo a forzare la cassaforte e cose simili, e mentre si cimentavano in questa impresa si sono ritrovati intrappolati nella stanza a causa di qualche congegno meccanico. A questo punto, Vipera, ci sarà una rivelazione molto interessante. Il nostro affermerà di aver visto, attraverso una fessura nella porta, un paio di occhi che lo guardavano. E' di un colore - a proposito qual è il colore dei vostri occhi? - grigio blu, molto particolare. Simile a quelli del vecchio Longmoor, sebbene i suoi siano più scuri. E poi il proprietario di questi occhi, Vipera, è stato così sconsiderato da gettare una bomba nella stanza; una bomba che ha ucciso uno degli uomini e distrutto l'ufficio. Perciò il possessore di questi occhi, Vipera, grigio blu proprio come i vostri, è un assassino, un volgare assassino. E noi gli assassini in Inghilterra li impicchiamo. - Fece una pausa per fissare il gobbo. - Una bella partita, vero? - E voi davvero pensate - disse il gobbo sprezzante - che la vostra polizia creda all'incredibile storia di un uomo che avrebbe distrutto il proprio ufficio dopo, come sostenete voi, aver intrappolato degli uomini all'interno di essa? H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Forse no - disse Drummond affabilmente. - Ma non è certo più incredibile di quella che mi vorrebbe capo della Banda Nera. Così, in considerazione di questa folla di scettici, non mi pare una buona idea giocare questa partita, Vipera. Una perdita di tempo, che ne dite? Così io sono per giocarne un'altra, tutta nostra, un giochetto di simulazione, come quelli che facevamo all'asilo. - Non ho idea di che cosa stiate parlando, capitano Drummond - disse il gobbo, che si agitava chiaramente a disagio nella sua poltrona. Poiché ogni traccia di affabilità era scomparsa dal volto dell'uomo che gli stava di fronte, sostituita da un'espressione che spinse il signor Atkinson a passarsi un paio di volte la lingua sulle labbra, divenute improvvisamente secche. - Ma davvero, ratto? - disse Drummond con calma. - Ve lo spiego io. Nei prossimi cinque minuti faremo finta che queste due sorprendenti affermazioni alle quali la polizia - ma che stupidi! - non crede siano vere. Faremo finta, solo finta, ricordatevelo Vipera, che io sia il capo della Banda Nera, e che voi siate l'uomo che ha gettato la bomba la scorsa notte. Soltanto per cinque minuti, poi torneremo alla realtà e allo scetticismo dei poliziotti. Eventuali strani rumori, in quei cinque minuti, nella stanza di sotto non avrebbero preoccupato Denny, fin troppo abituato al rumore di mobili che scricchiolavano. Fu solo quando il gobbo estrasse il coltello che Drummond si appassionò al suo lavoro, ma da quel momento perse la calma. E poiché il gobbo era un gobbo, quantunque dotato da Madre Natura di una notevole forza, Drummond non riusciva a combattere con lui come se si trattasse di un uomo normale. Così lo staffilò con una frusta di pelle di rinoceronte fino a quando il braccio gli fece male, poi lo gettò su una sedia, ansimante, imprecante e d'aspetto a malapena umano. - Non dovreste raccontare storie così realistiche, Vipera - notò con gentilezza, sebbene guardasse quella figura che si contorceva con occhi ancora spietati. - Sono sicuro che il capo della Banda Nera si sarebbe comportato allo stesso modo se avesse incontrato quel buontempone che ha gettato la bomba la scorsa notte. Pessima abitudine, gettare bombe. Con un'ultima imprecazione il gobbo, barcollando, si alzò, con una faccia dall'espressione diabolica. - La pagherete per questo, capitano Drummond, colpo per colpo, frustata per frustata - disse con voce tremula. Drummond si fece una breve risata. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Sempre lo stesso ritornello - osservò. - Dite al vecchio Longmoor con affetto... - si fermò e sogghignò. - Anzi, ripensandoci bene, gli porterò di persona i miei omaggi, a tempo debito. - Che cosa gli direte? - disse il gobbo a mo' di scherno. - Ebbene, che la sua chiesa non è l'unico posto dove attecchisce la cancrena, peraltro diffusa anche tra i suoi compari. Volete andare? Sempre dritto giù per le scale, e lasciate stare il vassoio nell'atrio: è solo placcato. Con molta fatica il signor Atkinson si rassettò. Le sue spalle gli procuravano ancora dolori lancinanti, per via della batosta ricevuta da Drummond, ma la perdita del controllo era dovuta più a cause mentali che fisiche. Per quanto fosse forte Drummond, i vestiti del gobbo avevano in larga parte assorbito i colpi. E ora, davanti alla porta, era sopraffatto dal pensiero di aver clamorosamente fallito lo scopo del suo colloquio. L'obiettivo primario era quello di prendere i diamanti, quello minimo scoprire se li aveva davvero Drummond. Il risultato finale era una bella dose di frustate. Troppo tardi si era reso conto che, nel trattare con uomini come Hugh Drummond, minacce o cose del genere erano garanzia di botte; il signor Atkinson, però, non era abituato a trattare con quel tipo di persone. Il pensiero predominante nella sua mente, in quel momento, non era come vendicarsi di quell'enorme bruto che lo aveva frustato, ma che cosa avrebbe detto al reverendo Theodosius Longmoor tornando al Ritz. La vendetta poteva anche attendere. - Possiamo venire a un'intesa, capitano Drummond? - osservò con calma. - Posso assicurarvi, ovviamente, che voi avete commesso un terribile sbaglio nel pensare che sia stato io a gettarvi quella bomba la scorsa notte. - Gettarmi? - Drummond fece una breve risata. - Chi ha detto che l'avete gettata a me? Voi non state al gioco, Vipera. Voi l'avete gettata al capo della Banda Nera. - Perché non giochiamo a carte scoperte? - rispose l'altro con studiata moderazione. - Io so che voi siete il capo, voi lo sapete, benché sia possibile che nessun altro lo creda. Ho sbagliato a minacciarvi, avrei dovuto saperlo. Vi chiedo scusa. Ma, se permettete, sono stato punito. Ora da uomo a uomo: possiamo venire a un accordo? - Sto aspettando - disse Hugh brevemente. - Per favore, mi raccomando, siate conciso. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- I diamanti, capitano Drummond. A ragione o a torto sono pressoché certo che o li abbiate voi, oppure sappiate dove si trovano. Ora quei diamanti non sono miei, dicevate?... No. Bene, riassumiamo. I diamanti non erano miei, erano stati depositati nello scrittoio del mio ufficio a mia insaputa. Poi questo idiota, che secondo voi sarei io ed è ridicolo, ha gettato la bomba nell'ufficio per uccidervi. Lo ammetto, mi ha raccontato tutto. Non vi ha ucciso, cosa che, se permettete, mi rallegra. Voi siete uno sportivo, e avete combattuto da sportivo, però il nostro incontro, capitano Drummond, ha un'altra posta in gioco. I diamanti costituiscono un diversivo e hanno poco a che vedere con voi e con me. Sarò franco con voi: sono l'unica ricchezza che un nobile russo sia riuscito a sottrarre alla furia bolscevica. Li ha depositati nel mio ufficio durante la mia assenza con il proposito di venderli tramite me, e adesso lui e la sua famiglia moriranno di fame. Perciò propongo... - Non mi interessa ascoltare le vostre proposte, Vipera - disse Drummond con gentilezza. - Indubbiamente sembro un idiota; indubbiamente sono un idiota, ma mi piace pensare di non essere un idiota congenito. Sono contento che abbiate scoperto che non serve minacciarmi; ma, a essere sincero, preferisco le minacce a una disgustosa ipocrisia. Così, in effetti, il pensiero di quel gentiluomo affamato mi spinge a fare del moto. Avete mai letto Alice nel paese delle meraviglie, Vipera? Un libro incantevole, un capolavoro della letteratura inglese. C'è una scena particolarmente toccante, per non dire stucchevole, che riguarda Padre William, e un distinto giovane. Con un'espressione sbalordita sul volto il signor Atkinson si sentì spingere attraverso la porta, fino a arrestarsi in cima alle scale. - E' una piccola poesia, Vipera, e un giorno o l'altro ve la reciterò. In questo momento mi sovviene solo quel bellissimo verso che mi ha ispirato questa nuova forma di esercizio. Il signor Atkinson avvertì uno stivale nel fondo schiena, e poi le scale sembrarono sollevarsi e colpirlo. La corsa terminò, finalmente, nell'atrio contro un vecchio cassettone di quercia con gli angoli a punta, e per alcuni istanti restò lì stordito. Poi, alzatosi a fatica, si trovò di fronte tre giovani, usciti da una stanza di sotto durante il suo volo, che lo guardavano impassibili: mentre, in cima alla rampa di scale dalla quale era venuto giù, si stagliava contro una finestra l'enorme, immobile figura di Drummond. Imprecando e singhiozzando barcollò fino al portone principale e lo aprì. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Si girò ancora una volta: nessuno dei quattro si era mosso. Continuavano a fissarlo nel più assoluto silenzio e, provando una sensazione terrificante, il Conte Zadowa, alias signor Atkinson, richiuse il portone dietro di sé. Poi cominciò a barcollare nella strada assolata.
13. Hugh Drummond e il reverendo Theodosius fanno quattro chiacchiere - Salite, ragazzi - rise Hugh. - La nebbia si sta lentamente dissolvendo. Fece strada agli altri tre tornando nello studio. - Quell'essere, Ted, vi farà piacere sentirlo, è il buontempone che ci ha gettato la bomba la notte scorsa. - Ma va là! - urlò Jerningham. - Spero che gli abbiate dato qualcosa da parte mia. A proposito, come diamine è finito qui? - Le ultime due, tre ore sono state molto movimentate - rispose Drummond lentamente. - Chi credete che alloggi al Ritz in questo momento? Chi credete che abbia mangiato con me e Peter oggi? Ebbene, Peterson, giovanotti, né più né meno. - Sciocchezze! - disse Toby Sinclair incredulo. - Né più né meno. Peterson in persona, travestito da pastore sotto il nome di Longmoor. E con lui c'è la dolce Irma circondata da indumenti di lana. È stata Irma a scoprire tutto. Io non l'avrei mai riconosciuta, ed era seduta accanto a Peter nel salone mentre stavamo discutendo alcune cose. Naturalmente, sono in combutta con quell'umanoide che ho appena fatto rotolare giù per le scale; in realtà abbiamo stanato la volpe. La seccatura è che, traendo le conseguenze logiche, hanno riconosciuto in me il capo del nostro gruppo. Come proprio non lo so, ma indubbiamente c'è l'hanno fatta. Pensano pure che io abbia quei diamanti: di qui la visita del gobbo, che non sapeva che si trovavano nello scrittoio quando ha lanciato la bomba. In effetti le cose diventano sempre più chiare strada facendo. - Sono contento che la pensiate così - osservò Algy. - Accidenti, io non ci arrivo. Drummond si riempì pensieroso un bicchiere di birra dal barile nell'angolo. - Più chiare, Algy, sebbene non ancora luminose come la luce del giorno. Tra Peterson e quei diamanti c'è un legame stretto e delicato. Mi H. Cyril McNeile (Sapper)
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mangio il cappello se non è così. Anche tra Peterson e il gobbo c'è uno stretto legame, anche se avrei dei dubbi sulla delicatezza. E poi ci sono io, che volteggio come la buona fatina... Ehi, che cos'è questo! Parlando aveva aperto il suo scrittoio, e ora stava fissando attentamente la serratura. - È stata forzata - disse arcignamente. - Forzata questa mattina. Sono stati qui ad armeggiare mentre ero fuori. Suonate il campanello, Ted. Aspettarono in silenzio che comparisse Denny. - Qualcuno è stato in questa stanza, Denny - disse Drummond. Qualcuno ha forzato questo scrittoio dopo le undici e mezzo questa mattina. - Non c'è stato nessuno in casa, signore - rispose Denny - tranne l'uomo che è venuto per la luce elettrica. - Tua nonna elettrica - disse aspramente il suo padrone. - Idiota buono a nulla, perché lo avete lasciato solo? - Bene, signore, la signora Drummond era in casa in quel momento, e la servitù era in giro. - Denny aveva un'espressione mortificata e dopo un po' Drummond sorrise. - Che tipo d'uomo era, vecchio babbeo? - Un uomo molto distinto - rispose Denny con dignità. - L'ho detto anche alla signora Denny che era davvero distinto. Ebbene, tra l'altro è andato fin giù in strada per chiamare un taxi per la signora Drummond che doveva andare al Ritz... Le sue parole si spensero quando notò sorpreso quell'espressione sul viso del suo padrone. - Che diavolo c'è, Hugh? - gridò Ted Jerningham. - Ha chiamato un taxi, avete detto? - mormorò Drummond. - L'uomo che è venuto qui ha chiamato un taxi? - Sì, signore - rispose Denny. - Stava andando via nello stesso istante, e poiché non se ne vedeva nessuno in giro ha detto che ne avrebbe mandato uno lui immediatamente. - E la signora Drummond ha preso il taxi che ha mandato lui? - Certo, signore - disse Denny sorpreso. - È andata al Ritz, per unirsi a voi. Io stesso l'ho comunicato al tassista. Le vene sulla fronte di Drummond erano sul punto di scoppiare, e per un attimo si ebbe la sensazione che stesse per colpire il suo maggiordomo. Poi, con un grande sforzo, si controllò e si lasciò sprofondare nella sua H. Cyril McNeile (Sapper)
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poltrona con un gemito. - Tutto a posto, Denny - disse rauco. - Non è colpa vostra: non potevate saperlo. Ma... che idiota sono stato! Quanto tempo perso, invece di fare qualcosa. - Ma che diamine è successo? - urlò Algy. - Non si è mai presentata al Ritz, Algy. Phyllis non ha mai raggiunto il ristorante. Dapprima pensavo che fosse in ritardo, e abbiamo aspettato. Poi che fosse passata da qualche amica e fosse andata a mangiare da qualche altra parte. Infine, parlando con Peterson e in seguito con il gobbo, mi sono completamente dimenticato di lei. - Ma, santo cielo, Hugh, che cosa intendete dire? - disse Ted. - Non penserete mica che... - Certo che lo penso. Lo so. L'hanno presa: l'hanno rapita. Proprio sotto il mio naso. - Si alzò e cominciò a camminare su e giù per la stanza con passi lunghi e irregolari, mentre gli altri lo guardavano pieni di ansia. - Quella dannata ragazza mi ha sentito dire che Phyllis mi avrebbe raggiunto per pranzo e subito dopo è salita su. E Peterson, com'è suo solito, ne ha approfittato, a suo favore. - Chiamate Scotland Yard, amico - gridò Toby Sinclair. - Che cosa diavolo gli dico? Penseranno che mi ha dato di volta il cervello. E non posso provare che dietro tutto ciò c'è Peterson. Non posso neanche convincerli in alcun modo che Longmoor è Peterson. Algy Longworth si alzò, serio come non mai. - Non possiamo menare il can per l'aia, Hugh. Se hanno preso Phyllis vi resta una sola cosa da fare. Andate dritto da Bryan Johnstone e scoprite le vostre carte. Raccontategli tutto dall'a alla zeta, senza tacere niente. E poi affidatevi a lui. Non vi abbandonerà. Per alcuni istanti Hugh sembrò incerto. L'improvviso pericolo per Phyllis sembrava avergli temporaneamente tolto lo spirito d'iniziativa; aveva cessato di essere il capo. - Algy ha ragione - disse Jerningham con calma. - Che importanza può avere quello che ci accadrà? Voi dovete pensare a Phyllis. Ci andremo di mezzo noi, ma sapevamo che ciò poteva succedere. - Credo che abbiate ragione - borbottò Hugh, cercando il suo cappello. Mi formicola il cervello, non riesco a pensare... In quel momento squillò il telefono sullo scrittoio. - Rispondete, Ted - disse Hugh. Jerningham sollevò la cornetta. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Sì, questa è la casa del capitano Drummond. No, non è lui che parla. Sì, gli riferirò qualunque messaggio. Chi siete voi? Chi? Il signor Longmoor al Ritz. Capisco. Sì, mi ha detto che avete pranzato con lui oggi. Oh, sì, certo! Per un po' Ted Jerningham rimase al telefono, e solamente la voce esile e metallica all'altro capo rompeva il silenzio nella stanza. Parlava, esasperante e vaga per i tre uomini che si stringevano intorno all'apparecchio, rotta solamente da qualche monosillabo di Jerningham. Poi, con un ultimo "Di sicuro glielo dirò", Ted abbassò il ricevitore. - Che cosa ha detto, Ted? - chiese Hugh molto agitato. - Vi ha mandato un messaggio, vecchio mio, che suona più o meno così: si era preoccupato per il ritardo di vostra moglie e spera che non le sia accaduto nulla. Ha continuato dicendo che da quando vi ha lasciato è venuto a conoscenza di alcune cose che, per quanto incredibile sembri, possono essere messe in relazione con il mancato appuntamento al Ritz. Vi invita a recarvi senza indugio da lui, perché se le informazioni in suo possesso sono esatte ogni ritardo potrebbe rivelarsi assai pericoloso per lei. E, infine, per nessun motivo dovrete rivolgervi alla polizia prima di averlo visto. Il silenzio regnò nella stanza. Drummond, rabbuiato, guardava fuori dalla finestra; gli altri, non sapendo cosa dire, aspettavano che fosse lui a parlare. E dopo un po' si voltò e i suoi amici videro che l'aria indecisa era sparita. - Ciò semplifica enormemente la faccenda - disse con calma. - Si torna al vecchio duello tra Peterson e me. - Però voi dalla polizia ci andate, vecchio mio - urlò Algy. - Non badate a quel messaggio. Se non andate direttamente da lui non lo verrà a sapere mai. Seguì una breve risata di Drummond. - Avete dimenticato le regole fino al punto di pensare questo, Algy? Guardate fuori dalla finestra, amico, senza essere visto però. Qualcuno tiene d'occhio la casa in questo momento, non potrei fare un passo senza che Peterson lo venga a sapere. Inoltre sono pronto a scommettere che sapeva che ero in casa mentre parlava con Ted. Santo cielo! No. Peterson non è il tipo da abboccare a un tranello. Ha preso Phyllis, detta lui le regole. Se andassi dalla polizia, prima che essa arrivi a lui o recuperi lei, Phyllis sarà... ebbene... - e di nuovo le vene del volto gli si gonfiarono in H. Cyril McNeile (Sapper)
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modo orribile - Dio solo sa che cosa sarebbe in grado di farle quel maiale. Allo stato attuale delle cose si tratta solo di barattare i diamanti con lei. E senza mercanteggiare. Hanno vinto il primo round, ma ce ne saranno altri. - Che cosa farete? - disse Ted. - Esattamente quello che propone lui - rispose Hugh. - Passerò da lui al Ritz, ora, subito. Non porterò i diamanti con me, ma per quanto mi riguarda non ci saranno problemi per lo scambio. È tipico del suo sporco modo di combattere prendersela con una ragazza - concluse selvaggiamente. - Voi non pensate che abbiano fatto del male alla signora Drummond disse Denny con ansietà. - Se lo hanno fatto, troveranno i resti di un predicatore attempato a Piccadilly - replicò Hugh, infilandosi una piccola rivoltella in tasca. - Ma non credo. Carl è troppo intelligente per fare una cosa così stupida. Ha provato con il gobbo ed è andata male, ora prova questo. E vince. Raggiunse la porta e la aprì. - Nel caso non dovessi tornare per le sei, i diamanti sono nella mia borsa per oggetti da toletta, in bagno. Poi andate diritto a Scotland Yard. Raccontate tutto a Tum-tum, per filo e per segno. Dopo un breve cenno fu subito in strada, quasi deserta, e attese sul marciapiede che un uomo che gironzolava lì intorno si facesse avanti ossequiosamente. - Taxi, signore? Combinazione, un taxi si fermò subito dopo accanto a loro, e Hugh notò un rapido cenno d'intesa tra il tassista e l'altro uomo. Poi squadrò il taxi che, stranamente, non era come gli altri. Nella sua mente si fece strada un pensiero scellerato. Come già detto, la strada era quasi deserta, e di lì a poco lo sarebbe diventata ancor più. Si sentì il rumore di vetri in frantumi, e il perdigiorno volò attraverso il finestrino dell'automobile. Hugh fissò lo sbalordito autista. - Se dite una sola parola, brutto facocero - osservò con gentilezza - vi scaraventerò fuori attraverso l'altro. Fu di buon auspicio, e si sentì meglio mentre si dirigeva verso il Ritz. Semplice e diretto, così bisognava giocare. Basta con gli intrighi tortuosi; prima colpire, poi chiedere scusa. Era quello il suo stato d'animo quando fu accompagnato nel soggiorno dove il reverendo Theodosius Longmoor stava lavorando alacremente per gli austriaci affamati. Quest'ultimo si alzò H. Cyril McNeile (Sapper)
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quando Hugh entrò, e la figlia, sempre alle prese con i suoi lavori a maglia, sorrise da brava, affascinante ragazza. - Ah, mio caro giovane amico - cominciò il signor Longmoor - vedo che avete avuto il mio messaggio. - Sì - rispose Hugh affabilmente. - Ero vicino alla persona con la quale avete parlato. Però prima di venire al sodo, per così dire, devo chiedervi di non mandarmi più Vipera tra i piedi. Non mi piace. Ebbene, mio caro Carl, preferivo il nostro compianto Henry Lakington. Un silenzio di piombo calò sulla stanza, durante il quale il reverendo Theodosius lo fissò ammutolito e la diligente magliaia smise di lavorare. Il colpo fu così violento e improvviso che persino Carl Peterson sembrò smarrito, e Drummond rise gentilmente sedendosi. - Sono stufo di questa sceneggiata, Carl - notò con la stessa, affabile voce. -È stupido continuare a fingere quando lo sappiamo tutti. Così pensavo che potremmo giocare a carte scoperte. Semplifica tutto. Scelse con cura una sigaretta e porse il suo astuccio alla ragazza. - Le mie più cordiali congratulazioni, mademoiselle - continuò. - A dire il vero non ho riconosciuto voi, bensì il vostro caro, è ancora il padre, vero? E ora che ci siamo incontrati di nuovo dovete dirmi come ve la siete passata ultimamente. Il pastore, nel frattempo, aveva ritrovato la favella. - Siete ammattito, signore? - farfugliò. - Vi sentite bene? Come osate entrare così in questa stanza a insultare mia figlia e me stesso? Suonerò il campanello, signore, e vi farò allontanare. Attraversò la stanza, mentre Drummond rimaneva impassibile. - Giusto oggi pomeriggio ho smascherato un bluff, Carl - disse pigramente. - Adesso tocca a questo. Prego, suonate il campanello. Chiamate la polizia e dite che vi ho offeso. Andate a trovare di persona il caro, vecchio Tum-tum: gli farà davvero bene vedervi. L'altro abbassò lentamente la mano, guardando con espressione rassegnata la figlia. - Davvero, mio caro, penso che il caldo, o forse.... - fece una pausa eloquente, e Drummond rise. - Siete sempre stato un buon attore, Carl, ma ne vale la pena adesso? Non ci sono testimoni, e io ho molta fretta. Non ha senso insistere sul caldo o sulla mia sbornia, dato che sono l'unico membro del pubblico, e voi non mi ingannate, ve lo assicuro. Grazie a una serie di casi fortuiti siete H. Cyril McNeile (Sapper)
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venuto a sapere che io sono il capo della Banda Nera. Potete andarlo a riferire alla polizia, se volete; pure quel mostriciattolo che è venuto a trovarmi ha minacciato di farlo. Però, se lo farete, io gli racconterò chi siete, e li metterò anche al corrente dei retroscena della bomba. Così, se ciò sarà imbarazzante per me, Carl, lo sarà di gran lunga di più per voi e Mademoiselle Irma; e sarà molto poco igienico per Vipera. Siete voi che mi costringete. Fino a ora mi sono occupato di certezze, adesso è la volta dei dubbi. A mio avviso ci sono due grossi punti interrogativi, vecchio amico, solamente due, relativi all'attuale ubicazione rispettivamente di mia moglie e dei vostri diamanti. Ora, Carl, vogliamo finalmente parlare di affari? - Mio caro, giovane amico - disse l'altro rassegnato - avevo intenzione di parlare di affari con voi quando siete arrivato, se me ne aveste dato la possibilità. Ma poiché, da quando siete entrato nella stanza, non avete fatto altro che cianciare in maniera insensata non ho potuto farlo. Sembrate ossessionato dall'idea che io sia un tizio di nome Carl, e... Ma dove state andando? Drummond si fermò sulla porta. - Diritto a Scotland Yard, dove racconterò l'intera storia, dall'a alla zeta, a Sir Bryan Johnstone, consegnandogli nel contempo una borsetta contenente dei diamanti di cui sono entrato di recente in possesso. - Ammettete di averli - disse aspramente l'altro, lasciando cadere la maschera per un momento. - È meglio, Carl, molto meglio. - Drummond rientrò nella camera. Ammetto di averli, ma si trovano in un posto dove non li troverete mai, e ci rimarranno fino alle sei di questa sera, dopo di che si trasferiranno direttamente a Scotland Yard a meno che, Carl, a meno che mia moglie non venga rilasciata sana e salva prima di allora. Sono le cinque adesso. - E nel caso venisse rilasciata? - Voi avrete i diamanti. I due uomini rimasero a fissarsi l'un l'altro in silenzio, poi finalmente la ragazza parlò. - Come facciamo a essere sicuri che manterrete la vostra parola? - Buon senso - disse Hugh con calma. - Mia moglie è infinitamente più importante per me di una borsetta di diamanti. Inoltre, mi conoscete abbastanza bene per sapere che non vengo meno alla parola data. Comunque, queste sono le mie condizioni, prendere o lasciare. Però vi H. Cyril McNeile (Sapper)
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avverto: se dovesse succederle qualcosa, niente mi impedirà di andare subito alla polizia. Nessuna possibile conseguenza mi farà esitare. Bene, accettate? - C'è solo una complicazione, capitano Drummond - osservò mitemente il pastore. - Supponiamo che io sia in grado di convincere certe persone a, ehm, accelerare il rilascio della signora Drummond in cambio di quella borsetta, come ci comporteremo dopo il baratto? Sarete ancora tentato di raccontare alla polizia le vostre straordinarie rivelazioni sul mio conto? - No, a meno che non vengano a sapere di queste ridicole maldicenze su di me e la Banda Nera - rispose Drummond. - Questo deve rimanere tra noi, amico, e tra l'altro già lo sapevate. No, e visto che stiamo parlando in tutta sincerità, vi dirò cosa ho intenzione di fare. Una volta effettuato lo scambio saremo pari, proprio come la volta scorsa, Carl. Non ci guadagnereste niente ad andare dalla polizia, né ci guadagnerei io, così sarà un duello tra noi. Non vedo l'ora di aggiungervi alla mia collezione, e non mi sembra vero questo vostro bruciante desiderio di andarci. Comunque vedremo, Carl, vedremo. Però state attento: niente scherzi con mia moglie. Su questo punto non transigo. Il pastore sorrise benevolmente. - Che linguaggio appropriato! - mormorò. - Accetto le vostre condizioni, e aspetto con ansia il duello di cui parlate. Ora i dettagli. Dovete tenere a mente che la signora Drummond non è solo più importante dei diamanti per voi, ma è anche leggermente più voluminosa. In altre parole, è ovvio che sarà facile verificare se le persone che rappresento hanno portato la loro metà del baratto. Non sarà altrettanto ovvio per quel che vi riguarda. Potreste anche non avere i diamanti in tasca, e una volta che riabbraccerete vostra moglie l'incentivo a restituire i diamanti potrebbe anche venir meno. Così, capitano Drummond, vi propongo di portarmi i diamanti qui, in questa stanza, prima delle sei, come segno di buona fede. Potrete continuare a tenerli, tutto ciò che chiedo è di vederli. Poi, da parte mia, farò in modo che la signora Drummond si faccia viva nel giro di un quarto d'ora. Per un po' Drummond esitò, temendo un tranello. Tuttavia si trattava di una richiesta assolutamente ragionevole, come ammise in cuor suo. Dal loro punto di vista era logico che volessero essere sicuri che lui avrebbe mantenuto la parola data, e una volta che Phyllis fosse entrata nella stanza niente poteva impedir loro di squagliarsela mandando al diavolo il reverendo. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Che cosa può accadere qui al Ritz? - continuò il pastore con tono soave. - E poi vedete che mi fido di voi, e vi chiedo di darmi i diamanti solamente quando vedrete vostra moglie. Chi mi garantisce che, riavuta lei, non lasciate la stanza portandoveli dietro? Voi siete troppo grosso e forte per consentire scherzi grossolani, per di più ehm, nella suite di un pastore. Drummond rise. - Dateci un taglio, Carl! - esclamò. - Dateci un taglio, per l'amor del cielo! Va bene. Accetto. Li vado a prendere adesso. Si alzò e andò alla porta. - Però non dimenticate, Carl, se provate a giocarmi qualche brutto tiro, che Dio vi aiuti. La porta si richiuse alle sue spalle, e il pastore ringhiando si girò verso la ragazza. - Come diavolo ha fatto a riconoscerci? - La sua faccia fu scossa da convulsi d'ira. - E' il più grande idiota che esista, eppure mi riconosce sempre. Comunque, non ho tempo per questo adesso; dobbiamo pensare. Cominciò ad aggirarsi per la camera, poi fece un cenno col capo, come se avesse preso un'ottima decisione. Quando parlò alla ragazza, che sedeva in attesa sul sofà, aveva l'aria del direttore di una grande ditta che impartisce direttive ai suoi managers. - Chiama il quartier generale della sezione A - disse con calma. - Dì loro di mandare qui immediatamente il numero 13. Deve arrivare entro un quarto d'ora. - Il numero 13 - ripeté la ragazza. - È quello straordinario imitatore, vero? Poi? - Il numero 10 e l'italiano devono venire con lui, e attendere di sotto ulteriori istruzioni. - E tutto? - Si alzò in piedi quando il reverendo si diresse rapidamente verso il bagno. - Che ne facciamo di quella stupidina, la moglie? Per un istante l'uomo si fermò, con un'espressione di sincero stupore. - Mia cara ragazza, non penserai mica che abbia intenzione di consegnarla, vero? Ogni mio residuo dubbio al riguardo è scomparso nel momento in cui Drummond ci ha identificato. Questa volta non ci saranno sbagli circa quel giovane gentiluomo, credimi. Accennando una risata sparì nel bagno, e quando la piccola Janet si mise al telefono un tintinnio di bottiglie pareva indicare che il reverendo Theodosius non stava perdendo tempo.
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Dove una Rolls-Royce corre all'impazzata Circa dieci minuti dopo uscì dal bagno reggendo con cura una bacinella. L'annuncio della ragazza che il numero 13 era partito immediatamente era stato accolto con un ghigno soddisfatto, ma senza commento. E la ragazza, guardando attraverso la porta, lo vide, con le maniche della camicia rimboccate sopra i gomiti, mescolare con cura due liquidi e mescolare il risultato con una bacchetta di vetro. Era completamente assorbito dal suo lavoro, e con un debole sorriso la ragazza tornò al suo sofà e attese. Sapeva fin troppo bene quanto fosse inutile cercare di parlargli in simili casi. Anche quando entrò, indossando guanti di lattice per tenere in mano il risultato dei suoi sforzi, non fece alcuna osservazione, ma aspettò che fosse lui a soddisfare la sua curiosità. L'uomo collocò il miscuglio sul tavolo e si guardò intorno. Poi mise una delle poltrone sul tavolo e tolse il poggiacapo di lino, in cui versò con cura il contenuto della bacinella, detergendo il liquido con una spugna, per evitare che il lino potesse macchiarsi. Usò tutto il liquido, quindi, sempre con la stessa, meticolosa cura, rimise il poggiacapo sulla poltrona e indietreggiò per esaminare il suo operato. - Che te ne pare? - chiese brevemente. - Buono - rispose la ragazza. - Di che cosa si tratta? - Drummond dovrà sedersi su questa poltrona - rispose, portando la bacinella e la spugna nella stanza da bagno e pulendo con cura i suoi guanti. - Dovrà sedersi su questa poltrona, mia cara, e in seguito quell'aggeggio di lino dovrà essere bruciato. E qualsiasi cosa accada - si fermò davanti a lei - non toccarlo. Con calma e metodo proseguì nei suoi preparativi, come se stesse preparando qualcosa di assolutamente normale. Prese altre due poltrone e le portò nella camera da letto; poi poggiò una busta per documenti aperta con un fascio di fogli di carta su un'altra poltrona. - Così i posti a sedere sono alquanto limitati - osservò, guardandosi intorno. - Ora se tu, cara mia, vuoi sparpagliare un po' dei tuoi terribili indumenti di lana sul divano dietro di te, penso che il risultato è garantito. Però, evidentemente, i preparativi non erano stati ancora completati. Lui andò al buffet e tirò fuori una bottiglia di whisky nuova e non travasata. Da essa prelevò circa un cucchiaino di liquido, che sostituì con il contenuto di una fialetta che teneva nel taschino del panciotto. Poi infilò H. Cyril McNeile (Sapper)
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con forza il tappo fino a riportarlo al posto giusto e, con estrema cura, risistemò la carta argentata intorno al collo della bottiglia. La ragazza, che era venuta a vedere cosa stava facendo, vide che la bottiglia era tornata come nuova. - Che artista consumato che sei, chéri! - disse, posando la mano sulle sue spalle. Il reverendo Theodosius sorrise e le cinse la vita con il braccio. - Uno dei punti fondamentali della nostra, ehm, occupazione, è imparare come introdurre droga in una bottiglia apparentemente intatta. - Pensi che sarà facile farlo bere, anche da una bottiglia nuova? - Lo spero. Berrò anch'io. Ma anche se non lo facesse, ciò che è fondamentale è il preparato sulla sedia. Non appena il suo collo lo tocca... Con un gesto significativo della mano scomparve nuovamente nella stanza da bagno, ritornando con il suo soprabito. - Ti ricordi di quel tossicologo italiano, Fransioli? - osservò. - Lo incontrammo tre anni fa a Napoli. Mi raccontò, cortesemente, di avere in suo possesso il segreto di uno dei veleni dei Borgia. Mi ricordo che ebbi una conversazione molto interessante con lui sull'argomento. L'applicazione interna è innocua, è quella esterna che è efficace. Essa agisce anche da sola, ma se la vittima viene indotta a prenderla anche internamente, allora agisce molto, ma molto meglio. - Fransioli? - domandò lei aggrottando le ciglia. - Ma non era il nome dell'uomo che ebbe quell'incidente mortale sul Vesuvio? - Esatto - rispose il reverendo Theodosius, sistemando un sifone e alcuni bicchieri su un vassoio. - Mi convinse a salire insieme a lui, e durante l'ascesa fu così stupido da dirmi che le bottiglie contenenti questo veleno erano state rubate dal suo laboratorio. Non so se mi sospettasse o meno, all'epoca ero un barone austriaco, se non ricordo male, ma quando si sporse sull'orlo di un cratere in un punto molto pericoloso pensai che era meglio non correre rischi. Così, ehm, si verificò l'incidente. E ho appreso che si è trattato di una grande perdita per la scienza. Guardò l'orologio, e la ragazza rise di cuore. - Sarà interessante scoprire se le sue asserzioni erano giuste - continuò pensieroso. - L'ho usato una sola volta, ma in quell'occasione inavvertitamente ne ho messo troppo nel vino e il paziente è morto. Però, nella giusta dose, produce secondo quanto affermava lui, e io vidi il suo esperimento su un cane, una specie di paralisi parziale, non solo del corpo, H. Cyril McNeile (Sapper)
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ma anche della mente. Puoi vedere, puoi sentire, ma non puoi parlare e non ti puoi muovere. L'effetto finale su un essere umano non lo conosco, ma il cane guarì. Qualcuno diede due bussatine alla porta, e dopo un ultimo sguardo alla stanza il reverendo Theodosius raggiunse il suo scrittoio e si mise a sedere. - Potete entrare - gridò, e un ometto pepato fece il suo ingresso. - Numero 13, signore - disse il nuovo arrivato brevemente, e l'altro lo salutò con un cenno. - Sto aspettando un uomo che sarà qui a momenti, 13 - osservò il pastore. - Vorrei che ne imitaste la voce al telefono. - Solo al telefono, signore? - Solo al telefono. Non potrete restare in questa stanza, ma c'è un bagno qui accanto dove potrete sentire tutto quello che diremo. - L'altro accennò col capo soddisfatto. - Per quanto tempo volete sentirlo parlare? - Cinque o dieci minuti, signore, basteranno. - Bene, li avrete. Quello è il bagno. Andate, e non fate rumore. - Benissimo, signore. - Aspettate. Giuseppe e il numero 10 sono già arrivati? - Hanno lasciato il quartier generale, signore, subito dopo di me. Dovrebbero essere già qui. L'uomo sparì nel bagno, chiudendosi la porta alle spalle, e per l'ennesima volta il reverendo Theodosius guardò l'orologio. - Il nostro giovane amico sarà qui tra poco - mormorò. - E allora il duello che è così ansioso di fare può cominciare per davvero. L'espressione benigna che aveva assunto come componente del suo ruolo scomparve per un attimo, sostituita da una gelida furia. - Il duello comincerà per davvero - ripeté sottovoce - e sarà l'ultimo per lui. La ragazza scrollò le spalle. - Di sicuro se l'è cercata - osservò - però mi sembra che dovresti essere più prudente. Di una cosa puoi esser certo: che non si è tenuto per sé quello che sa sul nostro conto. La metà di quei giovani idioti che gli vanno dietro a quest'ora sa tutto, e se si rivolgono a Scotland Yard non ce la passeremo molto bene, mon chéri. E lo faranno senz'altro se dovesse accadere qualcosa al caro Hugh. Il pastore sorrise rassegnato. - Dopo tutti questi anni pensi che ci sia bisogno di ricordarmelo! Mia cara, mi addolori, mi pungi proprio nel vivo. Ti garantisco che tutti gli H. Cyril McNeile (Sapper)
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amici di Drummond dormiranno profondamente nei loro letti stanotte, nutrendo esclusivamente dolcissimi pensieri nei confronti del gentile e bistrattato pastore del Ritz. - E per lo stesso Drummond? - continuò la ragazza. - Potrebbe essere stanotte, o forse domani. Gli incidenti sono sempre dietro l'angolo, e gliene sta per capitare uno. - Sorrise dolcemente, e si accese un sigaro. - Un brutto, doloroso incidente ci priverà della sua presenza. Non ho ancora pensato ai dettagli, ma prima o poi mi verrà l'ispirazione. Ed ecco, se non mi sbaglio, il nostro eroe in persona. La porta si spalancò e Drummond entrò. - Bene, Carl, vecchio mio - osservò con disinvoltura - eccomi qui in perfetto orario fornito della borsa delle noci. - Eccellente - mormorò il pastore, indicando con benevolenza l'unica poltrona libera. - Ma se proprio dovete chiamarmi con il nome di battesimo, allora perché non Theo? Drummond sogghignò contento. - Come volete, piccolo. D'ora in poi sarà Theo, e Janet. - Fece un inchino alla ragazza quando si mise a sedere. - Voglio menzionare un particolare, Theo, prima di cominciare i nostri giochini. Peter Darrell, una vostra vecchia conoscenza, la persona che ha pranzato con noi oggi, è seduto vicino al telefono. Alle otto scade il tempo. Se i suoi sciocchi timori per la sicurezza mia e di mia moglie non saranno alleviati per quell'ora, sarà costretto a interrompere la cena di Tum-tum. Credo di essere stato molto chiaro. - Siete la chiarezza in persona - replicò soddisfatto il pastore. - Bene! Innanzitutto ecco i diamanti. No, non vi avvicinate troppo, per favore; potete contarli facilmente anche da dove siete. - Li rovesciò sul tavolo: somigliavano a palline di luce liquida. La ragazza rimase senza respiro quando li vide, e Drummond si voltò verso di lei con un sorriso. - Indubbiamente, Janet, simili cose non dicono niente a chi è dedito alla filantropia e ai lavori a maglia. Ditemi, Theo - osservò quando li infilò nuovamente nella borsa - chi è stato l'idiota che li ha messi nello scrittoio di Vipera? Non rispondete se avete paura di svelare importanti segreti; ma ha preso proprio una bella cantonata, con quel botto, vero? Si appoggiò alla sedia, e qualcosa brillò negli occhi dell'altro, poiché la nuca di Drummond andò a premere giusto contro il rivestimento di lino impregnato di liquido. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Indubbiamente, capitano Drummond, indubbiamente - borbottò con cortesia. - Però se insistete con queste critiche forse sarà il caso di cambiare argomento fino all'arrivo della signora Drummond. - Come volete, Theo - disse Drummond. - Mi sta benissimo parlare di voi. Come diavolo fate? - Si tirò su a sedere fissando l'altro uomo con sincero stupore. - Occhi diversi, naso, voce, profilo, ogni cosa è cambiata. Siete prodigioso, tranne quel vostro difettuccio. - Adesso mi incuriosite - disse il pastore. - Qual è questo difettuccio che vi induce a credere che io non sia quel che affermo di essere? Drummond rise giovialmente. - Santo cielo, davvero non lo sapete? Non ve lo ha detto Janet? È quel vostro trucchetto di titillare l'orecchio sinistro con il pollice destro che vi fa riconoscere ogni volta a prima vista. Nessuno sa farlo, Theo, soltanto voi. Si appoggiò nuovamente alla sedia, passandosi la mano sulla fronte. - Accidenti, è caldo qui dentro, vero? - Oggi è afoso dappertutto - rispose l'altro con disinvoltura, sebbene i suoi occhi dietro le lenti fossero sempre addosso a Drummond. - Vi andrebbe un drink? Drummond sorrise; l'improvviso stordimento era passato rapidamente come era venuto. - No, grazie - rispose cortesemente. - Forse ricorderete, Theo, che nella vostra ultima incarnazione io non ho bevuto con voi. C'è un elemento indecifrabile nel vostro liquore che rende pericoloso farlo. - Come desiderate - disse il pastore con indifferenza, mettendo comunque la bottiglia di whisky e i bicchieri sul tavolo. - Se voi credete che io sia capace di manomettere una bottiglia chiusa di Johnny Walker, proveniente dalle cantine del Ritz, fate bene a non unirvi a me. - Stava togliendo, con molta cura, la stagnola mentre parlava, e di nuovo una strana sensazione di stordimento assalì Drummond. Le cose sembravano divenire irreali, come se stesse sognando. Tutto si offuscò, e poi per la seconda volta questa sensazione svanì, lasciando solo una strana confusione mentale. Che ci faceva in quella stanza? Chi era questo pastore rassicurante che stava estraendo il tappo da una bottiglia di whisky? Con uno sforzo si riprese. Doveva essere il caldo o qualcosa del genere, rifletté, e doveva restare lucido. Forse ci voleva un whisky-and-soda. Dopo tutto, che pericolo poteva esserci nel bere da una bottiglia che era stata aperta proprio sotto i suoi occhi? H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Sapete, Theo - notò - penso che cambierà idea e mi farò un whiskyand-soda. La sua voce gli pareva strana; e si chiedeva se gli altri avessero notato qualcosa. Evidentemente no; il pastore si limitò ad accennare brevemente col capo, aggiungendo: - Quando volete. - Quando - disse Drummond, con una risatina sciocca. Era davvero incredibile, ma non riusciva a mettere a fuoco i suoi occhi. C'erano due bicchieri sul tavolo e due pastori che spruzzavano soda da due sifoni. Non era proprio il caso di svenire; pessima idea svenire quando si è soli con Peterson. Bevve un sorso e a un tratto cominciò a parlare, a farneticare. - Carina la stanza, Carl, vecchio mio... Mai immaginato di rivedervi; certo non in una stanza carina... Scritto lettera ai giornali dopo che il povero Latter è impazzito. Vi ho stanato, ho stanato la volpe. Fatto impazzire anche la volpe. La sua voce venne meno e se ne rimase così, seduto, come un perfetto cretino. Ogni cosa era confusa, e la sua lingua sembrava piena di piombo. Allungò la mano per prendere il bicchiere, o almeno ci provò, ma il braccio rifiutava di muoversi. Poi, a un tratto, in mezzo al caos della sua mente si fece strada la maledetta certezza di essere stato, in un modo o nell'altro, preso in trappola e drogato. Lanciò un urlò rauco e indistinto, e cercò con tutte le forze di alzarsi in piedi, ma inutilmente; era come se gambe e braccia fossero state legate alla poltrona con catene di ferro. E nella nebbia che fluttuava davanti ai suoi occhi vide le facce beffarde del pastore e di sua figlia. - Sembra aver agito benissimo - osservò il reverendo Theodosius, e Drummond scoprì di poter ascoltare senza problemi; anche la vista stava migliorando; gli oggetti nella stanza sembravano più stabili. E la mente era sempre meno confusa, poteva tornare a pensare. Però era impossibilitato a muoversi e a parlare; non poteva far altro che restar seduto, osservare e maledirsi per essere stato così stupido da fidarsi di Peterson. Però quel gentiluomo sembrava non aver fretta. Stava scrivendo qualcosa con una matita d'oro su un blocchetto e di tanto in tanto si fermava e sorrideva pensieroso. Infine sembrò soddisfatto e andò alla porta della stanza da bagno. - Siamo pronti - sentì dire Drummond, che si chiese cosa sarebbe H. Cyril McNeile (Sapper)
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successo adesso. Girare la testa era impossibile; il suo campo visivo era limitato dalla ridotta mobilità dei suoi occhi. Poi, con stupore, udì la sua voce proveniente da qualche posto dietro di lui, forse non così profonda, però imitata quasi alla perfezione; avrebbe ingannato nove persone su dieci, se non avessero visto chi parlava. Quindi sentì nuovamente la voce di Peterson che accennava al telefono e comprese quello che stava per accadere. - Voglio - stava dicendo Peterson - che comunichiate il messaggio che ho annotato qui a questo numero, usando la voce di codesto gentiluomo. Entrarono nel suo campo visivo e il nuovo arrivato lo fissò con curiosità, poi senza fare domande si limitò a prendere il foglio e a leggerlo attentamente. Si avviò quindi verso il telefono e alzò la cornetta. Assolutamente impotente Drummond, seduto sulla sua poltrona, udì la sua stessa voce pronunciare il seguente messaggio: - Siete voi, Peter, amico mio? Che granchio che ho preso! Questo Theodosius non è affatto Carl. E' un degnissimo pilastro della Chiesa. Poi, evidentemente, Darrell disse qualcosa e Peterson, che era in ascolto mediante un secondo ricevitore, sussurrò immediatamente una risposta all'uomo. - Phyllis - proseguì - sta benone! Tutta la faccenda è stata un clamoroso equivoco... Drummond fece un altro, disperato tentativo di alzarsi, e per un attimo tutto si fece confuso. Sentiva, vagamente, la propria voce che parlava nell'apparecchio, ma riusciva a afferrare solo qualche parola qua e là, poi più niente e capì che l'uomo aveva lasciato la camera. Fu la voce di Peterson nelle vicinanze che lo risvegliò. - Ritengo che voi approviate il modo in cui è iniziato il nostro duello, capitano Drummond - osservò amabilmente. - Il vostro amico Peter, sono lieto di comunicarlo, è più che soddisfatto, e ha annunciato la sua intenzione di cenare con una affascinante donzella. Capisce perfettamente perché vostra moglie si è recata in campagna, avete sentito, spero, il passo relativo al cugino malato, e il vostro desiderio di raggiungerla. Quindi, improvvisamente, il tono di voce cambiò, e divenne gelido e cattivo. - Ratto! Dannato maiale impiccione! Adesso che siete in mio potere posso anche ammettere di essere l'uomo che conoscete come Carl Peterson, ma non ripeterò una seconda volta lo stesso errore. Vi ho H. Cyril McNeile (Sapper)
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sottovalutato, capitano Drummond, e ho lasciato che se ne occupasse quello stupido di Lakington. Vi ho trattato come un somaro pasticcione, e troppo tardi mi sono reso conto che non eravate così idiota come sembravate. Questa volta vi faccio l'onore di trattarvi come un pericoloso nemico e un uomo intelligente. Spero che ne siate lusingato. Si voltò quando la porta si aprì e l'uomo che aveva telefonato entrò seguito da altri due. Uno era un uomo dall'aspetto vigoroso, forse un ex pugile professionista; l'altro uno straniero magro dalla carnagione scura, e ambedue sembravano poco raccomandabili. Hugh si chiedeva quale sarebbe stata la prossima mossa, mentre i suoi occhi continuavano a roteare da una parte all'altra come se cercassero una via d'uscita. Somigliava a uno di quegli incubi spaventosi in cui il protagonista, impotente al cospetto di un terribile parto della fantasia, è salvato all'ultimo momento dal risveglio. Solo che nel caso di Hugh non si trattava di un incubo, ma della realtà. Vide gli uomini lasciare la stanza, e Peterson ritornare da lui. Quest'ultimo prese la borsetta dei diamanti dalla sua tasca e Hugh fu colpito dal fatto che, sebbene lo avesse visto infilare la mano, non sentì nulla. Assisté alla scena di Peterson e della ragazza che esaminavano i diamanti, vide Peterson custodirli in una valigetta di metallo. Poi Peterson sparì dal suo campo visivo. Sapeva che era vicino a lui, proprio dietro di lui, e l'incubo diveniva sempre più orribile. Preferiva sentirli parlare, o perlomeno vederli. Ma ora, avendoli persi di vista ambedue, forse intenti a combinare qualcosa alle sue spalle, senza alcun rumore nella stanza eccetto il brusio del traffico, la tensione era divenuta insopportabile. Poi un altro pensiero venne a peggiorare ulteriormente il suo stato. Se l'avessero ucciso, e intendevano farlo, ne era sicuro, che sarebbe accaduto a Phyllis? La tenevano prigioniera da qualche parte, che cosa le avrebbero fatto? Di nuovo fece un tentativo sovrumano di alzarsi, di nuovo non riuscì a muovere neanche un dito. Quindi cominciò a delirare e a imprecare mentalmente. Era inutile, era tutto inutile: era come un topo in trappola. Poi ricominciò a pensare in modo logico. Dopo tutto, non potevano mica ucciderlo al Ritz. Non puoi farti trovare con un cadavere in camera in un albergo. Prima o poi avrebbero dovuto trasferirlo, non potevano lasciarlo seduto lì. Come l'avrebbero fatto uscire? Non poteva camminare, e portarlo via così di peso sarebbe stato impossibile. Gran parte del personale H. Cyril McNeile (Sapper)
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l'avrebbe riconosciuto subito. A un tratto rivide Peterson, con le maniche rimboccate e un sigaro in bocca, intento a sistemare dei documenti. Sembrava molto concentrato, e non prestò alla figura inerme vicino al tavolo più attenzione di quanta ne prestasse alla mosca sulla finestra. Infine, terminato il suo lavoro, dopo aver richiuso la valigetta con uno schiocco si alzò e si piazzò davanti a Hugh. - Vi divertite? - osservò. - Vi chiedete cosa accadrà? Vi chiedete dov'è la cara Phyllis? Si fece una risatina. - Ottima droga, eh? Il primo uomo sul quale l'ho provata è morto, così ritenetevi fortunato. Non mi avete sentito infilarvi uno spillo dietro il vostro braccio, vero? Rise di nuovo; in effetti il reverendo Theodosius sembrava di ottimo umore. - Bene, amico, questa volta ve la siete davvero cercata, e temo che siate finito. Non posso avere qualcuno come voi continuamente tra i piedi, così vi ucciderò, cosa che prima o poi doveva accadere. È un peccato, per molti versi me ne dispiace, ma dovete ammettere che non mi lasciate molta scelta. Sembrerà un incidente, così non c'è bisogno che vi preoccupiate delle conseguenze per me. E accadrà molto presto, così presto, a dir la verità, che non so se farete in tempo a riavervi dagli effetti della droga. Non potrei giurarci. Ripeto, siete solamente la mia seconda cavia. Per quel che riguarda vostra moglie, la nostra piccola Phyllis, vi interesserà sapere che non ho ancora deciso. Potrebbe essere coinvolta nel vostro stesso incidente, o averne uno tutto suo, chissà. Drummond, durante questo tormento, aveva chiaramente dipinta negli occhi la furia delirante della sua mente e Peterson rise. - Piuttosto agitato il nostro amico, mia cara - osservò, e la ragazza fu di nuovo visibile. Stava fumando una sigaretta, e rimase a fissare la loro vittima inerme quasi fosse un pezzo da museo. - Siete un perfetto idiota, caro Hugh, non vi pare? - disse infine. - E ci avete creato un mucchio di fastidi. Però sentirò la vostra mancanza, e dei bei tempi trascorsi insieme. Rise con gentilezza e guardò l'orologio. - Dovrebbero essere qui fra poco - notò. - Non dovremmo nasconderlo? Peterson acconsentì con un cenno del capo, e insieme spinsero Drummond nella stanza da bagno. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Vedete, amico mio - osservò Peterson affabile - è necessario farvi uscire dall'albergo senza destare sospetti. Una sciocchezza facile facile, però spesso ci si perde in un bicchier d'acqua. Mentre parlava infilò uno spillo nella gamba della vittima, osservando attentamente eventuali reazioni. - Sapete, mi ricordo, una volta - continuò loquacemente - fui incredibilmente maldestro nel rimettere il tappo a una bottiglia di acido prussico dopo che avevo, ehm, costretto un gentiluomo a berne il contenuto. Era a letto in quel momento, e ogni cosa lasciava pensare a un suicidio, tranne quel dannato tappo. Voglio dire, ve lo immaginate un uomo che, dopo aver bevuto acido prussico in quantità tale da poter avvelenare un intero reggimento, si alza e va a tappare la bottiglia vuota? E' solo un esempio per dire che questi piccoli dettagli sono fondamentali. La ragazza fece capolino. - Sono qui - osservò bruscamente, e Peterson si recò nell'altra stanza, lasciando semichiusa la porta. Drummond, dimenandosi impotente, udì la voce ben modulata del reverendo Theodosius. - Ah, mio caro, carissimo amico! Che gioia rivedervi. Vi sono molto obbligato per aver accompagnato personalmente questo gentiluomo. - Non c'è di che, signore, non c'è di che! Volete che la cena sia servita qui? Qualcuno dell'hotel, pensò Drummond, e fece un ultimo, disperato sforzo per muoversi. Sentiva che era la sua ultima occasione, però fallì, come nei precedenti tentativi. Era talmente avvilito che gli pareva che il suo gemito mentale potesse essere stato udito. Ma non era così; nessun suono proveniente dal bagno arrivò alle orecchie del cortese vicedirettore. - Chiamerò quando sarà il momento - stava dicendo Peterson con la sua voce gentile e soave. - Amico, voi capite, sta ancora seguendo una dieta rigorosa, e viene da me più per un conforto spirituale che corporale. Però se deciderà di trattenersi chiamerò. - Benissimo, signore. Drummond sentì la porta chiudersi, e capì che anche la sua ultima speranza era svanita. Poi udì nuovamente la voce acuta e penetrante di Peterson. - Chiudete a chiave la porta. Voi due, prendete Drummond. È in bagno. I due uomini che aveva visto entrare prima lo riportarono nel soggiorno, dove l'intero piano apparve subito chiaro. Da una comune sedia a rotelle H. Cyril McNeile (Sapper)
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stava scendendo un uomo più o meno della sua corporatura. Una pesante sciarpa di lana gli copriva parzialmente il viso; un morbido cappello era stato steso sui suoi occhi, e Drummond capì che il gentiluomo che era stato spinto nella stanza per ricevere conforto spirituale non ne sarebbe uscito. Due uomini lo tolsero dalla sedia e, dimenticando la sua condizione, lo lasciarono cadere, e lui si accasciò al suolo come un sacco di patate, stendendo braccia e gambe deformi. Poi lo raccolsero nuovamente, e non senza fatica gli fecero indossare il cappotto dell'altro, quindi finalmente lo depositarono sulla sedia a rotelle e lo tirarono su per la schiena. - Facciamo mezz'ora - osservò Peterson, che aveva seguito l'operazione. - Dopo di che il nostro amico avrà avuto abbastanza sollievo spirituale; fino a allora voi due potete aspettare fuori. Vi darò istruzioni dettagliate in seguito. - C'è altro, signore? - chiese l'uomo il cui posto era stato preso da Drummond. - No - disse Peterson brevemente. - Uscite possibilmente senza dare nell'occhio, per le scale e non con l'ascensore. Con un cenno li congedò tutti, e per l'ennesima volta Drummond restò solo con i suoi due acerrimi nemici. - Semplice, vero, amico? - notò Peterson. - Un invalido entra e un invalido esce subito dopo. E una volta fuori dell'albergo cesserete di essere un invalido. Tornerete a essere il capitano Hugh Drummond, giovane molto noto in città, che lascia Londra con la sua nuova macchina, una gran bella Rolls, comprata credo dopo il nostro ultimo incontro. Il vostro autista si sarà sentito a disagio quando al posto dell'automobile ha trovato il vostro biglietto che diceva che sareste stato via per tre giorni. - Peterson rideva cortesemente mentre fissava la vittima. - Mi scuserete se gongolo un po', non è vero? - continuò. - Ho un conto così grosso da regolare con voi, e ho proprio paura che non assisterò al coronamento della mia impresa. Ho un impegno a cena con un milionario americano, la cui moglie è stata toccata dalle sofferenze dei poveri affamati in Austria. E quando viene toccato il cuore delle mogli dei milionari, l'esperienza mi insegna che di solito vengono toccati anche i portafogli dei mariti. Rise di nuovo, sempre più affabilmente, e si chinò sul tavolo verso l'uomo che sedeva immobile sulla sedia. Pareva ansioso di scovare qualche H. Cyril McNeile (Sapper)
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traccia di paura negli occhi di Drummond, oppure qualche implorazione di pietà. Ma l'unica espressione rintracciabile era un'aria di debole, beffarda indifferenza, la stessa che Drummond aveva assunto per farlo infuriare durante il loro primo incontro, l'anno prima. Allora l'aveva espressa con parole e fatti, adesso gli restavano soltanto gli occhi, ma il risultato non cambiava. E dopo un po' Peterson cominciò a ringhiare malignamente. - No, non assisterò al coronamento della mia impresa, Drummond, ma vi illustrerò per filo e per segno il programma. Sarete portato fuori Londra con la vostra stessa macchina, ma al momento dell'incidente sarete solo. È il luogo ideale per un incidente, Drummond, ideale. Se ne sono già verificati un paio lì, e i corpi di solito vengono ritrovati due o tre giorni dopo, più o meno irriconoscibili. E quando la notizia uscirà sui giornali della sera, domani, potrò raccontare tutta la triste storia alla polizia. Di come avete avuto pietà di un vecchio pastore invitandolo a pranzo, per poi andare a trovare la vostra giovane, affascinante moglie fuori Londra, dove siete andato incontro a questa terribile fine. Penso che mi offrirò di partecipare ai funerali. Anzi, no, è un piacere al quale dovrò rinunciare. Dopo aver completato il lavoro che mi ha portato qui, Drummond, più rapidamente di quanto avessi preventivato, me ne tornerò dai miei bambini affamati a Vienna. Volete sapere il motivo della mia presenza qui, Drummond? Sono venuto per annientare la Banda Nera, e per uccidervi, anche se la seconda cosa poteva aspettare. Gli occhi di Peterson erano duri e spietati, ma quell'espressione indifferente continuava a persistere in quelli di Drummond, che si rendeva conto sin troppo bene di essersi di fatto consegnato al nemico, però non mostrava i suoi sentimenti e non batteva ciglio. Si era visto subito che l'ago della bilancia pendeva a favore di Peterson, grazie al successo insperato del controllo di Phyllis. Non era neanche stato un vero e proprio combattimento, ma una lotta impari. E ciò che più amareggiava era che Drummond in realtà non aveva commesso errori. Era stato un puro e semplice colpo di fortuna, un colpo di fortuna sbalorditivo, un colpo di fortuna che aveva avuto la meglio su un piano ben ideato. Se non fosse stato per quello non si sarebbe mai sognato di recarsi nel soggiorno di Peterson, non sarebbe mai stato drogato, non si ritroverebbe seduto lì come un baccalà, mentre Peterson scopriva una a una le sue carte gustandosi il trionfo. - Sì, poteva anche aspettare, capitano Drummond, il mio secondo H. Cyril McNeile (Sapper)
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obiettivo. Vi assicuro che per me è stata una grande sorpresa scoprire chi era il capo della Banda Nera, una grande sorpresa e un grande piacere. Prendere, come si dice, due piccioni con una fava risparmia parecchie seccature; conseguire due obiettivi con un solo incidente dà un tocco artistico. Così la Banda Nera perde il suo capo, il capo perde la vita, e io mi riprendo i diamanti. Decisamente appagante, amico mio, decisamente. E quando la vostra cara moglie tornerà dalla campagna, se lo farà, bene, capitano Drummond, ci vorrà un colpo di genio da parte di Scotland Yard per collegare la sua strana avventura con quel benevolente pastore, il reverendo Theodosius Longmoor, che ha soggiornato di recente per un paio di giorni al Ritz. Specialmente alla luce del vostro cortese messaggio telefonico inviato al signor, come si chiama, Peter Darrell. Guardò l'orologio e si alzò in piedi. - Temo che questo sia tutto il conforto spirituale che posso fornirvi per stasera, amico - osservò benignamente. - Voi certamente comprenderete, ne sono certo, che sono sempre in servizio. Janet, amore - parlò a voce alta - il nostro giovane amico sta per lasciarci. Credo che vorrai congedarti da lui. Lei entrò nella stanza camminando lentamente e rimase a guardare in silenzio Hugh, che ebbe l'impressione che nei suoi occhi brillasse un lampo di sincera pietà. Di nuovo fece un terribile sforzo per parlare, per pregarli, implorarli di non fare del male a Phyllis, ma senza esito. Poi la vide voltarsi verso Peterson. - Suppongo - disse con rammarico - che sia assolutamente necessario. - Assolutamente - rispose lui brevemente. - Sa troppo, e ci infastidisce troppo. Lei scrollò le spalle e si avvicinò a Drummond. - Allora, addio, mon ami - aggiunse con tono gentile. - Mi dispiace davvero non rivedervi più. Voi siete una delle poche persone che rende sopportabile questo atroce paese. Gli diede un buffetto sulla guancia e Drummond ebbe nuovamente la sensazione che si trattasse di un sogno. Non poteva essere vero, questo incubo mostruoso. Presto si sarebbe svegliato e avrebbe trovato Denny al suo fianco, e fece voto di recarsi da uno specialista in indigestioni. Poi si rese conto che i due uomini erano tornati nella stanza e che non si trattava di un sogno, ma della dura realtà. L'italiano si metteva un cappello e si avvolgeva una sciarpa intorno al collo, mentre Peterson impartiva una H. Cyril McNeile (Sapper)
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serie di brevi istruzioni all'altro uomo. Poi fu spinto lungo il corridoio in direzione dell'ascensore, mentre il reverendo Theodosius Longmoor camminava premuroso al suo fianco, sussurrandogli qualcosa di carino all'orecchio. - Addio, amico mio, addio - disse, quando la sedia fu spinta nell'ascensore. - Avete fatto bene a venire. Siate prudente, ascensorista, mi raccomando. Salutò affettuosamente agitando la mano, e l'ultima immagine che Drummond ebbe di lui fu quella di un tranquillo, benevolente pastore che lo guardava radioso da dietro un paio di occhiali con montatura in corno. Questa era la sua grande occasione. Sicuramente qualcuno di sotto lo avrebbe riconosciuto; sicuramente il facchino della hall, al quale in passato aveva dato più di una mancia, si sarebbe accorto di lui nonostante il cappello calato sugli occhi. Ma anche quella speranza fu vana. L'invalido che era arrivato mezz'ora prima se ne stava andando, e il facchino non aveva alcun motivo di sospettare alcunché. Anzi aiutò i due uomini a caricare la sedia in una limousine grande e molto spaziosa, che non era certo la sua, Drummond lo sapeva, e subito dopo partirono. Non vedeva niente, il cappello glielo impediva. Per un po' cercò di capire dove stessero andando in base alle curve, ma vi rinunciò ben presto, scoraggiato. Poi, dopo circa mezz'ora di viaggio, l'automobile si fermò e i due uomini ne scesero, lasciandolo solo. Sentiva della gente parlare lì intorno, ma non cercò di ascoltare. Ormai era rassegnato, indifferente; provava unicamente una certa curiosità per quello che sarebbe accaduto. Le voci si avvicinarono, e fu scaricato dall'automobile. Durante l'operazione il cappello scivolò all'indietro e la prima cosa che riuscì a intravedere fu la sua nuova Rolls-Royce. Non potevano certo portarla al Ritz, rifletté, dove poteva essere riconosciuta, ed un sentimento di ammirazione per il cervello che aveva preparato ogni dettaglio e organizzato in modo così magistrale la sua uscita, si impadronì caparbiamente della sua mente. Gli uomini lo spinsero verso la sua automobile, lo tolsero dalla sedia e lo misero sul sedile posteriore. Poi l'italiano e l'altro uomo che era venuto al Ritz si sedettero al suo fianco, mentre un terzo uomo si mise al volante. - In campana, Bill - disse l'uomo robusto accanto a lui. - Una barca arriverà verso le nove e mezzo. Una barca! Che c'entrava una barca? L'avrebbero portato al largo e poi H. Cyril McNeile (Sapper)
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fatto annegare? Ma allora a che serviva la sua automobile? Il cappello gli scese di nuovo sugli occhi ma intuì, dallo scintillio che riusciva indistintamente a vedere, che stavano attraversando i bassifondi. A Est dalle parti di Essex, oppure forse era la parte meridionale del fiume verso Woolwich. Dopo un po' ci rinunciò, non avevano senso tutte quelle domande, tanto fra poco lo avrebbe saputo con certezza. Ora che avevano lasciato Londra l'andatura era aumentata. I fari anteriori erano accesi e Hugh calcolò che stavano andando a circa trentacinque miglia all'ora e, quando il motore e le luci furono spenti, che erano trascorsi circa quarantacinque minuti da quando lo avevano caricato su. Gli uomini al suo fianco scesero e lui andò a finire rotolando in un angolo; gli altri lo lasciarono lì. - Il posto è questo - sentì dire all'italiano. - Franz, tu vai a quella curva, e quando sei pronto accendi la torcia. Tu starai sul predellino, Bill, e la guiderai fino alla curva. Poi salta giù, nessuno ti vedrà dietro i fari anteriori. Io me ne torno a Maybrick Tower. Poi sentì una frase che lo sconvolse, e si dimenò furiosamente. - La ragazza è lì. Domani ci daranno degli ordini per lei. Ci fu un attimo di silenzio, poi udì la voce di Bill. - Allora andiamo. Ecco il segnale di Franz. Dobbiamo appoggiarlo in qualche modo contro lo sterzo. Tolsero Drummond dai sedili posteriori e lo sistemarono al posto del guidatore. - Non importa se si capovolge all'ultimo momento, sembrerà uno svenimento, e renderà l'incidente più credibile - disse l'italiano, e Bill grugnì. - Mi pare un delitto - borbottò - spiaccicare questo gioiello di macchina. - Accese il motore e i fari anteriori, poi ingranò direttamente la terza e partì. Era sul predellino accanto alla ruota, con una mano sul volante e l'altra che reggeva Drummond. Quando girarono la curva raddrizzò il volante e accelerò. Poi saltò giù e Drummond capì che era finita. Davanti a lui c'era un fiume, un fiume attraversato da un ponte che si apriva per permettere il passaggio delle barche. Ora esso era aperto. Vide indistintamente un uomo che faceva segnali disperati, udì lo schianto dell'automobile contro la barriera, poi vide il cofano abbassarsi di colpo; sentì il telaio che strideva sotto di lui; un terribile splash, poi il silenzio.
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15. Dove Hugh Drummond raggiunge Maybrick Hall Quel che salvò Drummond da una morte pressoché certa fu il fatto che fosse scivolato via dal volante non appena l'uomo lo lasciò andare. Se fosse rimasto dietro allo sterzo sarebbe certamente affondato insieme all'automobile, e in quel punto, dove il fiume si restringe per passare tra i piloni del ponte, l'acqua era profonda più di venti piedi. Ebbe sufficiente presenza di spirito per fare un respiro profondo quando la macchina precipitò; poi sentì l'acqua sommergerlo. E se prima i suoi tentativi di muoversi erano stati violenti, adesso che la fine sembrava vicina divennero disperati. Il desiderio di liberarsi, di sferrare un calcio con le gambe e salire in superficie, lo portò a compiere uno sforzo sovrumano. Pensò che la forte botta che aveva dato con le gambe per sollevarsi dovesse averlo spinto in alto; in seguito si rese conto che questo grosso sforzo era stato puramente mentale; il risultato pratico era stato scarso. Ma con quell'ultimo supremo tentativo di sopravvivere la sua mente era riuscita a superare gli effetti del veleno, nel senso che le gambe erano riuscite a dare un piccolo, spasmodico calcio. Guizzò fuori dalla macchina e lentamente, dopo lunghi interminabili attimi in cui i polmoni sembrarono sul punto di scoppiargli, risalì in superficie. Sulle prime respirò avidamente a più non posso, poi si rese conto di non essere ancora fuori pericolo. Poiché non poteva gridare, non poteva far altro che galleggiare e andare alla deriva; la corrente lo trascinava lontano dal ponte e così spariva dalla vista degli uomini lassù. La sua mente era ancora abbastanza lucida. Poteva vedere degli uomini con le lanterne sul ponte; li sentiva parlare e gridare. Poi vide una barca tornare indietro dalla nave che era passata proprio poco prima che la sua automobile si inabissasse. Di sicuro avrebbero spinto con i remi lungo la corrente alla sua ricerca, pensò tra sé e sé continuando a tormentarsi; di sicuro non sarebbero stati così idioti da andarlo a cercare nei pressi del ponte, quando era ovvio che non era lì. Però, siccome lo davano ormai per affondato insieme alla sua automobile, e si erano già beccati la loro dose di maledizioni da parte del capitano del bastimento, seccato per l'inutile ritardo, con un cuore gonfio d'angoscia Drummond li vide risalire la corrente e sparire nell'oscurità. Gli uomini con le lanterne ancora stavano sul ponte, ma era troppo fuori dalla portata delle loro luci, e continuava ad andare alla deriva. Ormai era solo una H. Cyril McNeile (Sapper)
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questione di tempo, e non ne restava neanche molto, tra l'altro. Poteva vedere che le sue gambe erano già sotto la superficie delle acque. Aveva fatto il possibile, non restava che attendere l'inevitabile. Sebbene, da fonti attendibili, avesse saputo che in simili situazioni l'intera vita di un uomo scorre rapidamente davanti ai suoi occhi, il suo solo e unico pensiero era un intenso desiderio di mettere ancora una volta le mani addosso a Peterson. Per un attimo si figurò la scena, con dovizia di particolari piacevoli, poi un improvviso cambiamento cominciò ad aver luogo intorno a lui. All'inizio non si rese conto di ciò che stava accadendo; poi, a poco a poco, cominciò a intuire ciò che era avvenuto. Fino a quel momento l'acqua nella quale galleggiava gli era sembrata immobile; andava alla deriva esattamente alla stessa velocità della corrente. Adesso, a un tratto, vedeva che l'acqua lo superava. Sulle prime non riuscì a comprendere il significato di questo fatto, poi accarezzò un'incredibile speranza. Tenne gli occhi addosso al ponte e la speranza divenne certezza. Non andava più alla deriva allontanandosi da esso: si era arenato. Non sentiva e non vedeva nulla, ma restava quel fatto straordinario: era arenato. Nuove prospettive si delineavano: poteva succedere qualsiasi cosa. Se solo fosse riuscito a rimanere lì fino al mattino avrebbero potuto scorgerlo dal ponte, non potevano non vederlo. L'acqua continuava a scorrere, pigra, accanto a lui, increspandosi leggermente vicino alla sua testa. Ne concluse che in quel punto doveva essere poco profonda e, da inguaribile ottimista, tornò con sempre nuovi particolari al suo prossimo incontro con Peterson. Non per molto. A partire dalla vita, e poi in basso fino ai piedi e in alto attraverso le spalle fino alle mani, cominciò ad avvertire pian piano crampi dolorosissimi. Fu una tortura indescrivibile, il sudore gli imperlava la fronte. A poco a poco nella sua mente si fece strada la spiegazione: gli effetti del veleno stavano svanendo. Cominciava ad avvertire nuovamente le sue membra, e nonostante il dolore poteva sentire qualcosa di duro sott'acqua. Poi udì uno strano rumore, e si rese conto che era la sua voce che gemeva di dolore. Gli era tornata la voce. Parlò ad alta voce, per esserne certo. Quindi Drummond stabilì di fare una cosa che sarebbe sfuggita al controllo di Peterson. Novantanove uomini su cento si sarebbero sgolati in simili circostanze, ma non Drummond. Se l'avesse fatto, Peterson l'avrebbe saputo in men che non si dica, il tempo di fare una chiamata interurbana; H. Cyril McNeile (Sapper)
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l'uomo chiamato Franz stava ancora premurosamente aiutando il custode sul ponte. E il reverendo Theodosius Longmoor e la sua piccola Janet sarebbero svaniti nella notte senza lasciar tracce. Queste cose attraversavano la mente di Drummond, alle prese con tremendi crampi e con l'impulso sempre più forte di gridare. Per due volte aprì la bocca per richiamare l'attenzione degli uomini che vedeva a non più di trecento yards da lui, in modo da poter essere recuperato celermente; per due volte si controllò giusto in tempo. Una forza interiore più potente del dolore agiva in lui, un fermo proposito lucido e implacabile: quello di pareggiare il conto con Carl Peterson. E non bisognava sforzare troppo le meningi per capire che le probabilità di farlo sarebbero aumentate di parecchio se Peterson fosse stato convinto di averlo eliminato. Inoltre, se avesse gridato gli avrebbero fatto delle domande. La polizia si sarebbe, inevitabilmente, interessata alla vicenda, chiedendo quale bizzarra forma di divertimento l'avesse indotto a scendere a venti piedi di profondità con una macchina perfettamente in ordine. Tutto ciò gli avrebbe fatto perdere tempo, che era l'ultima cosa che desiderava. Era convinto che, malgrado l'apparente baldanza, Peterson non sarebbe rimasto nel paese più dello stretto necessario. Così se ne rimase lì, in silenzio, e gradualmente i crampi si attenuarono. Ora poteva girare la testa, e con gli occhi ormai abituati alle tenebre vide quello che era successo. Da ambedue i lati il fiume fluiva tranquillo, e si rese conto di essere capitato, con uno strabiliante colpo di fortuna, su una secca. Se l'avesse mancata, spinto verso un'altra direzione, beh, il piano di Peterson avrebbe funzionato. "Riguardo al singolare incidente stradale di cui abbiamo dato notizia nella nostra precedente edizione, siamo stati appena informati che il corpo dello sfortunato automobilista è stato ritrovato a circa tre miglia dal luogo della tragedia. È affogato, e la morte risale presumibilmente ad alcune ore fa." Drummond rise arcignamente tra sé e sé immaginandosi già i trafiletti sui giornali. Il suo eccezionale sangue freddo gli permise di riprendersi in fretta da quella brutta avventura, e godeva in modo perverso al pensiero di Peterson che cercava, nelle edizioni speciali e straordinarie dei giornali, questa notizia. - Mi dispiace deludervi, amico - mormorò fra sé e sé - ma dovrete accontentarvi di cappotto e cappello. Il corpo è stato trascinato a quanto H. Cyril McNeile (Sapper)
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pare molto più lontano e sarà recuperato in seguito. Si tolse il cappello e lo gettò in acqua, sbottonò il suo cappotto e lo mandò a seguire il cappello. Poi si immerse e nuotò silenziosamente verso riva. Con una certa sorpresa si accorse che braccia e gambe funzionavano in modo normale, forse un po' rigide, ma tranne questo, l'effetto del veleno sembrava essere completamente svanito. A parte il fatto che era zuppo, per il resto sembrava che stesse bene, e dopo aver fatto flessioni per cinque minuti sulla riva, per riattivare la circolazione, si mise a sedere per riordinare le idee. Innanzitutto Phyllis a Maybrick Hall. Doveva raggiungerla in qualche modo, e se non fosse riuscito a portarla via doveva comunque farle sapere che tutto si sarebbe sistemato. Dopo, le cose avrebbero seguito il loro corso, determinate dalle circostanze. Bisognava però indirizzare queste circostanze verso un unico, grande obiettivo: Peterson. Una volta messa al sicuro Phyllis, tutto doveva essere finalizzato a ciò. L'orologio di una chiesa vicina batté l'ora e Drummond contò i rintocchi. Le undici; non erano passate neanche due ore da quando era volato dal ponte, e sembravano sei. Tanto meglio; la notte era ancora lunga e aveva bisogno dell'oscurità per la sua sortita a Maybrick Hall. Improvvisamente gli venne in mente che non aveva la più pallida idea di dove fosse la casa. Ciò avrebbe smontato più di un uomo, ma Drummond si limitò a ridere. Se non lo sapeva l'avrebbe scoperto, anche a costo di tirar fuori qualcuno dal letto e chiederglielo. La prima cosa da fare era tornare sul luogo dove la macchina si era fermata, e per farlo doveva attraversare la campagna. C'era meno movimento sul ponte, ma si vedevano ancora lanterne ondeggiare, e l'improvvisa apparizione di un uomo fradicio avrebbe portato a domande imbarazzanti. Così deviò verso quella che riteneva la direzione giusta, con quelle curiose movenze feline che erano una continua fonte di meraviglia persino per chi lo conosceva bene. Nessuno sentiva Drummond arrivare, e in pochissimi riuscivano a vederlo, ma quando ormai era troppo tardi, e mai senza che lui lo volesse. Ora, in una zona completamente sconosciuta, con un numero imprecisato di indesiderabili gentiluomini nei paraggi, non avrebbe corso alcun rischio. Fortunatamente per lui la notte era buia, non avrebbe potuto scegliere una notte migliore, e passando come un'ombra gigantesca di albero in albero, per svanire silenziosamente dietro una siepe e riapparire duecento yards H. Cyril McNeile (Sapper)
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più avanti, cominciò a riassaporare la gioia di vivere, la gioia dell'azione. Fra poco avrebbe alzato le mani contro qualcuno, preferibilmente l'italiano o quello che si faceva chiamare Franz. Per Bill aveva una specie di inconfessato rispetto: lui almeno era in grado di apprezzare una bella automobile, quando ne vedeva una. Il solo problema era che era disarmato, e che cosa dovrebbe fare un uomo disarmato durante una rissa: forse ammirare il panorama? Quell'ostacolo in realtà non lo scoraggiava, lo rendeva solo doppiamente guardingo. Doveva vedere senza essere visto, agire senza essere sentito. Successivamente avrebbe cambiato tattica. All'improvviso si irrigidì e si acquattò dietro un cespuglio. Aveva sentito delle voci e uno scalpiccio sulla ghiaia. - Non serve aspettare ancora - disse un uomo nel quale riconobbe Franz. - Ormai è morto, e non possono tirarlo fuori fino a domani. Non poteva andare meglio. Ha barcollato proprio quando la macchina ha preso la barriera, e il guardiano ha visto tutto. Uno svenimento, dice... Le loro voci svanirono in lontananza, e Drummond sbucò fuori dal cespuglio. Avanzò con cautela e si ritrovò davanti a un'alta rete metallica. Attraverso di essa poteva vedere una strada, lungo la quale evidentemente avevano camminato i due uomini. Poi, attraverso un'apertura tra gli alberi, vide una luce nella finestra di una casa. Così il primo problema era stato risolto. L'uomo chiamato Franz e il suo compagno con tutta probabilità avevano come meta Maybrick Hall, che doveva essere quella casa che riusciva a vedere tra gli alberi, mentre la strada dall'altra parte della rete era il viale d'accesso a essa. Diede loro mezzo minuto circa, poi scavalcò la rete. Era una rete con fili metallici spessi, di circa un piede, più alta di Drummond di due piedi. Una rete costosa, rifletté, insolita una rete così intorno a una proprietà del genere. Una rete ottima per un recinto per bestiame per via della sua robustezza, ma per una casa con del terreno era, a dir poco, singolare. Non era bella, non offriva alcun nascondiglio ed era facilissima da scavalcare. Drummond, allenato com'era a notare i dettagli, anche quelli apparentemente più insignificanti, stette lì per alcuni istanti a osservare la rete, dopo averla oltrepassata. Era il costo, più di ogni altra cosa, che lo incuriosiva. Era nuova, ciò era ovvio, e dopo un po' riprese a camminare. Fu colpito da un altro particolare curioso all'altezza del primo pilone. Una sbarra di ferro a forma di T, e tutti i fili metallici che passavano in un foro nella parte inferiore della T. Del tutto normale e logico, proprio il tipo di H. Cyril McNeile (Sapper)
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pilone adatto a una simile rete, eccetto un piccolo particolare. Intorno a ogni foro c'era una piccola fascetta bianca, in cui erano infilati i fili metallici, che così poggiavano sulle fascette e non sui fori del pilone di ferro. Una rete davvero singolare, rifletté ancora, in effetti una rete decisamente insolita. Ma si limitò a queste osservazioni; non era in grado, con le sue conoscenze, di poter decifrare quella apparente singolarità. Poteva constatare dei fatti, ma non trovarne la ragione. Dopo un ulteriore esame scrollò le spalle e ci rinunciò. C'erano cose più importanti da fare che pensare a una recinzione e, rimanendo all'ombra degli arbusti che affiancavano il viale, si avvicinò furtivamente alla casa. Era un edificio basso e costruito in modo irregolare, ricoperto, per quel che poteva vedere, di edera e piante rampicanti. Aveva solamente due piani, e Hugh annuì soddisfatto. Rendeva più facili eventuali azioni esterne. A lungo rimase all'ombra del cespuglio di un grande rododendro, a studiare ogni possibile tattica di avvicinamento e di fuga, e mentre stava elaborando le sue considerazioni cominciò, a poco a poco, a percepire uno strano rumore proveniente dalla casa. Pareva proprio il debole rombo di un aeroplano lontano, se non fosse stato per quel leggero tum che si sentiva ogni due, tre secondi. Era abbastanza regolare, e nei quattro, cinque minuti durante i quali restò lì in attesa quel ritmo monotono non subì variazioni. Tum, tum, tum, debole, ma chiaro; e per tutto quel tempo il ronzio di un potente motore al minimo dei giri. La casa era al buio, tranne quella stanza al primo piano dalla quale filtrava una luce. Era vuota, e aveva l'aria di essere un normale soggiorno. Hugh decise che, se fossero falliti gli altri tentativi esterni, come ultima risorsa sarebbe entrato da lì. Ma in quel momento non aveva alcuna intenzione di entrare nella casa; le circostanze gli parevano troppo avverse. Si ritirò nell'ombra e poi, forte e chiaro, nel tranquillo giardino si udì il grido del gufo. Sapeva che Phyllis lo avrebbe riconosciuto se lo avesse sentito; sapeva che avrebbe cercato di segnalare la sua presenza. Così rimase in attesa, sorvegliando attentamente la casa per individuare eventuali segnali. Non accadde nulla, e dopo una pausa di mezzo minuto ripeté il grido. Era naturalmente possibile che lei si trovasse in una stanza dall'altra parte della casa, e aveva già deciso come portarsi sul retro. Aveva giusto cominciato a girare intorno a essa in perlustrazione quando vide scostare le tende delle stanze di sopra. Ripeté debolmente il grido, e con sua gioia vide che una testa faceva capolino. Però non corse rischi, era H. Cyril McNeile (Sapper)
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impossibile dire a chi appartenesse quella testa. Poteva essere Phyllis, ma anche qualcun altro. Così gridò ancora una volta, con un filo di voce, e attese una qualche risposta. Arrivò quasi subito; udì pronunciare dolcemente il suo nome e non ebbe più alcuna esitazione. In un baleno attraversò il prato e fu sotto la sua finestra, e di nuovo sentì la voce di lei molto preoccupata. - Sei tu, Hugh? - Sì, cara, sono proprio io - le sussurrò. - Non c'è tempo per parlare adesso. Voglio che salti giù sull'aiuola. E' un atterraggio morbido, non ti farai male. - Ma come faccio - disse, con voce esitante. - Mi hanno legato con una catena di acciaio. - Ti hanno legato con una catena d'acciaio - ripeté Hugh meccanicamente. - Che il diavolo se li porti, che il diavolo se li porti! Nella sua voce vibrava una nota di furia gelida e intensa. - D'accordo, amore - continuò subito dopo. - Se non puoi venire tu da me, devo venire io da te. Tra poco penseremo a quella catena. Dette un'occhiata alla stanza sotto la sua e vide che sembrava un salotto. Le finestre sembravano facili da forzare, in caso di necessità, ma decise, per cominciare, di fare un tentativo con l'edera esterna. Alla base essa lo sosteneva, ma non appena iniziò ad arrampicarsi cedette di schianto. Due volte salì per circa sei piedi, due volte ricadde a terra quando l'edera si staccò dal muro. Dopo il secondo tentativo levò lo sguardo verso il viso preoccupato della moglie. - Non va, cara - mormorò. - E ho paura di fare troppo rumore. Cercherò di forzare una finestra. La fortuna era propizia: non gli avevano preso il coltello a serramanico, e per di più scoprì che il fermo sulla finestra era stato scassinato, così entrare si rivelò più facile del previsto. Una volta dentro si guardò intorno. - Sto arrivando, bambina - sussurrò. - Sai dove sono le scale? - Proprio al centro della casa. Ascolta. Non posso raggiungere la porta per aprirla, ma ho qui il mio parasole e posso picchiettare su di esso per farti sapere dov'è. - Perfetto - rispose. - Stai su di morale. Poi svanì nel salotto. Si accorse che quello strano rumore che aveva sentito mentre stava sul prato era adesso molto più forte. Quando aprì guardingo la porta per sbirciare nel corridoio il ronzio divenne più H. Cyril McNeile (Sapper)
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fragoroso, e a ogni tum le tavole del pavimento vibravano un po'. Il corridoio era buio, sebbene arrivasse della luce da sotto alcune delle porte. Mentre camminava furtivo alla ricerca delle scale udì delle voci che provenivano da una delle stanze. A quanto pare è una casa affollata, pensò, quando saggiò il gradino con il suo peso per vedere se scricchiolava. Ma la scalinata era vecchia e solida, e la guida robusta, e in quel frangente Hugh non poteva certo indugiare. La casa sembrava meritevole di un'ispezione più accurata; ma in quel momento Phyllis aveva precedenza assoluta. Così si precipitò di sopra con la portentosa sicurezza di tutti i suoi movimenti notturni, e un attimo dopo era sul pianerottolo del primo piano. Era un corridoio lungo e dritto, simile a quello del primo piano, e si avviò nella direzione in cui doveva trovarsi la sua camera. Aveva fatto sì e no un paio di passi quando si fermò di botto, scrutando con occhi che si sforzavano di penetrare le tenebre. Poiché gli era sembrato che ci fosse qualcosa nel corridoio, qualcosa di più scuro di quell'ambiente. Si appiattì contro il muro, immobile, e mentre era lì sul chi vive, con le braccia protese in avanti pronte a ogni emergenza, sentì un picchiettio su una delle porte proprio davanti a lui. Era Phyllis che faceva segnalazioni con il suo parasole come aveva detto, e lui fece un passo in avanti. In quell'istante qualcosa sbucò dall'oscurità e si ritrovò a combattere all'ultimo sangue. Sulle prime si trovò in difficoltà, preso completamente alla sprovvista, poi reagì da par suo. E giusto in tempo, perché stava fronteggiando un avversario degno di lui. Due mani che sembravano ganci d'acciaio gli stringevano il collo, e il più delle volte chi conquista quella presa vince. Le sue mani colpivano alla cieca e per la prima volta nella sua vita provò una spiacevole sensazione di paura, poiché non riusciva a raggiungere l'altro: per quanto fossero lunghe le sue braccia, quelle dell'altro erano molto più lunghe, e quando vi riusciva sentiva dei muscoli gonfi come barre d'acciaio. Fece uno sforzo supremo cercando di far pressione sulla gola del nemico, invano; con il suo superiore allungo lui poteva tenerlo a distanza. La terribile pressione sulla sua testa era divenuta ormai insopportabile, e Drummond sapeva che doveva fare qualcosa subito. Allora, giusto in tempo, si ricordò del coltello a serramanico. Era contro i suoi principi: mai prima d'ora aveva usato un'arma contro un uomo disarmato, e per quello che ne sapeva quest'uomo era disarmato. Però andava fatto e senza indugio. Con tutte le sue forze trafisse di traverso il braccio sinistro dell'uomo. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Udì un grido di dolore e la presa di una delle mani intorno alla gola si allentò. Ora urgeva impedire che lui chiamasse aiuto. Come una saetta Drummond si gettò su di lui, tappandogli la bocca con una mano e stringendogli la gola con l'altra, con la mossa che aveva imparato da Osaki il giapponese in tempi andati, e mai dimenticati. E visto che era un combattimento all'ultimo sangue non perse tempo. Strinse la presa: ci fu un terribile lamento quando l'uomo addentò il suo pollice e poi più nulla: era finita. L'uomo si accasciò sul pavimento e Drummond si rialzò inspirando grandi boccate d'aria. Sapeva che non c'era tempo da perdere. Sebbene il combattimento fosse stato silenzioso, e lui continuasse a sentire il monotono tum del motore, da un momento all'altro qualcuno poteva salire di sopra. Ed essere colti in flagrante con un cadavere ai piedi non è il modo migliore per garantirsi una buona accoglienza. Che fare del corpo, quello era un vero problema. Non c'era tempo per piani complicati, bisognava correre comunque dei rischi. Così rimase ad ascoltare per un po' alla porta della camera di fronte a quella in cui aveva sentito Phyllis picchiettare e dalla quale era sbucato l'uomo, poi delicatamente la aprì. Era una stanza da letto ed era vuota, e senza esitare vi trascinò il suo defunto avversario, lasciandolo lì per terra. Grazie alla luce fioca che veniva dalla finestra senza tende poté vedere che l'uomo era quasi deforme, talmente spropositata era la lunghezza delle sue braccia. Dovevano essere più lunghe di sei pollici rispetto alla media, ed erano robuste quasi quanto le sue. Quando vide quella faccia aspra e feroce espresse la sua sentita riconoscenza nei confronti del suo coltello a serramanico. Se l'era vista un po' troppo brutta per i suoi gusti. Chiuse la porta e attraversò il corridoio, e un attimo dopo Phyllis era nelle sue braccia. - Pensavo che non saresti più arrivato - sussurrò. - Avevo paura che i bruti ti avessero preso. - Ho avuto una piccola divergenza di opinioni con un combattente qui fuori - disse Hugh con un grugnito. - Come ai vecchi tempi. - Ma, caro - disse con una improvvisa ansietà nella voce - tu sei tutto fradicio. - Molta acqua è passata sotto il ponte, angelo mio, da quando ci siamo visti l'ultima volta, e io con essa. - La baciò sull'angolo destro della bocca, poi sul sinistro per l'armonia, e finalmente al centro come portafortuna. Poi si fece serio. - Non c'è tempo per le fandonie; diamo un'occhiata a questa H. Cyril McNeile (Sapper)
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catenuccia. Una volta fuori di qui mi racconterai tutto e io mi berrò parecchi litri di beverone per essere stato così imperdonabilmente idiota da aver permesso che questi maiali ti prendessero. Mentre parlava esaminava la catena d'acciaio e a poco a poco assunse un'espressione molto seria. Dopo tutto non aveva poi fatto un gran passo avanti con la sua irruzione lì: Phyllis era più prigioniera che mai. La catena, lunga all'incirca sei piedi, era fissata a una estremità a una grande grappa nel muro e all'altra a delle manette che serravano il polso destro di sua moglie. L'idea di spezzare la catena o di estrarre la grappa era talmente assurda da non essere presa neanche in considerazione; così dipendeva tutto dalle manette. Quando lui le esaminò più attentamente scoprì che avevano una serratura Yale. Si mise a sedere sul bordo del letto, mentre lei lo guardava ansiosamente. - Non riesci a scioglierla? - sussurrò. - Neanche se mi fermassi qui fino a Natale, cara - rispose gravemente. - Bene, esci dalla finestra e chiama la polizia - implorò. - Mia cara - disse con tono ancora più preoccupato - ho avuto, come detto, una piccola divergenza di opinioni con il gentiluomo fuori la porta, ed è morto stecchito. - Lei trattenne di colpo il respiro. - Un uomo disgustoso dalle braccia lunghe che mi ha assalito. Non fa niente, naturalmente, però ho la sensazione che questa faccenda esuli dalla competenza della polizia locale, ammesso che riesca a trovarla. Sai, non so neanche dove siamo. - Bloccò l'esclamazione di sorpresa che stava per uscire dalle labbra di lei. - Le spiegazioni a dopo, cara. Pensiamo al presente. Se solo potessi avere la chiave, se solo sapessi dov'è, al limite. - È entrato uno sconosciuto circa un'ora fa - rispose la moglie. - Allora l'aveva lui. Ha detto che sarebbe tornato stanotte. - Ha detto così - disse Hugh con calma. - Mi chiedo se sia il mio amico italiano. A ogni modo, bimba, è l'unica possibilità. È venuto da solo l'ultima volta? - Sì. Non penso che ci fosse qualcuno con lui. Ne sono sicura. - Allora dobbiamo tentare - disse Hugh. - Dì qualcosa; fallo entrare nella stanza e poi lascialo a me. Se per caso non dovesse venire dovrò lasciarti qui e riunire la banda. - Ma non sarebbe più sicuro farlo ora? - disse lei in modo implorante. Supponi che ti accada qualcosa. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Le cose che potranno ancora accadermi stanotte, cara - osservò arcignamente - saranno quisquilie in confronto a quello che mi è già capitato. E, poiché vide che stava prendendo delle decisioni e sapeva che non aveva senso discutere in simili frangenti, si sedette accanto a lui sul letto in attesa. Per un po' rimasero in silenzio, ascoltando quel rumore sordo che non smetteva mai; poi per allentare la tensione lui si fece raccontare che cosa le era accaduto. Con mormorii sconnessi, mentre lui le cingeva la vita con il braccio, la ragazza mise insieme a pezzi e bocconi il suo racconto. Della venuta dell'uomo per la luce elettrica e del fatto che costui si era offerto di chiamarle un taxi era già stato informato da Denny. Lei vi era salita, senza sospettare nulla, dicendo al tassista di andare al Ritz e quasi subito si era sentita svenire. Tuttavia continuava a non sospettare nulla, fino al momento in cui aveva tentato di aprire un finestrino, che però non voleva saperne di aprirsi. L'ultima cosa che ricordava, prima di svenire, era il suo picchiettio sul vetro per richiamare l'attenzione del conducente. Quando era rinvenuta aveva scoperto con orrore di non essere sola. C'era un uomo in macchina con lei, e si trovavano fuori Londra in campagna. Ambedue i finestrini erano aperti e lei gli aveva chiesto infuriata che cosa ci facesse nella sua automobile. Lui aveva sorriso, osservando che non era ancora stata venduta, ma che era disposto a fare un'offerta. Allora, finalmente, aveva capito tutto. L'uomo le aveva detto in tutta franchezza che non era affatto svenuta, ma che l'avevano stordita con una scarica di gas mediante il tubo portavoce, che gli era stato ordinato di condurla in una casa di campagna dove sarebbe rimasta a tempo indeterminato, e che se avesse gridato o creato problemi le avrebbe messo un bavaglio. Hugh l'abbracciò, maledicendo sottovoce. - E poi che ti è successo qui, mia cara? - chiese quando lei si interruppe. - Mi hanno portato direttamente qui sopra e mi hanno legato - rispose. Non mi hanno fatto del male, e mi hanno dato del cibo, però ero atterrita, semplicemente atterrita, non sapevo che ne avrebbero fatto di me. - Si avvinghiò a lui, che la baciò per rassicurarla. - C'è un uomo qui sotto, con i capelli rossi e la barba rada, che è venuto e mi ha fissato in modo orribile. Era in maniche di camicia e aveva le braccia coperte di coloranti chimici. - Ti ha toccato? - chiese Hugh arcigno. - No, si è limitato a quell'orribile sguardo - disse, con un brivido. - Poi H. Cyril McNeile (Sapper)
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ha ripetuto la minaccia dell'altro uomo, quello della macchina, che se avessi strillato o protestato mi avrebbero imbavagliato e frustato. Parlava in un inglese scorretto, con un filo di voce. Ora stava tremando, e Hugh aggiunse alla sua lista di persone sulle quali mettere le mani in un futuro molto prossimo il nome di un altro gentiluomo. Capelli rossi e barba rada lo avrebbero reso facilmente riconoscibile. Guardò l'orologio sul polso di Phyllis e vide che era quasi l'una. A parte il rumore monotono del motore, che non accennava a fermarsi, nella casa sembrava regnare il silenzio. E cominciò a chiedersi quanto tempo ancora era il caso di aspettare. Se, per ipotesi, non fosse venuto? Se fosse venuto qualcuno che non aveva le chiavi? Se fossero venuti in due o in tre? Non sarebbe stato meglio, anche adesso, saltare dalla finestra e cercare un telefono o la polizia? Se solo avesse saputo dov'era. Gli ci sarebbero volute delle ore per trovare l'uno o l'altra a quell'ora della notte. Si sentiva rivoltare tutto al pensiero di lasciare Phyllis del tutto inerme in una simile casa. Si alzò e passeggiò con calma su e giù per la stanza cercando di trovare la soluzione migliore. Era un circolo vizioso, comunque esaminasse la cosa, e mentre rifletteva serrava e disserrava i pugni. Andare oppure aspettare; andare subito oppure trattenersi nella speranza che quell'uomo salisse e portasse le chiavi. Il buon senso suggeriva la prima ipotesi, qualcosa di più intenso del buon senso spingeva verso la seconda. Non poteva e non voleva lasciare Phyllis sola. Così adottò un compromesso. Se, all'alba, non era ancora entrato nessuno nella camera se ne sarebbe andato, ma fino ad allora avrebbe aspettato. Lei si sarebbe sentita più sicura passata la notte, e lui al mattino avrebbe trovato la strada con maggiore facilità. Era proprio sul punto di comunicare a Phyllis la sua decisione, quando udì un rumore e le parole gli morirono sulle labbra. In basso era stata aperta una porta, e sentiva delle voci di uomini salir su per le scale. - Stenditi, cara - le sussurrò in un orecchio - e fai finta di dormire. Senza dire una parola lei eseguì, mentre Hugh camminò in punta di piedi verso la porta. I passi erano sempre più vicini e si appiattì contro il muro, in attesa. Basta con le indecisioni, a meno di essersi clamorosamente sbagliato era arrivato il tempo dell'azione. L'esito, fortunato o meno, era nelle mani di Dio. Tutto ciò che poteva fare era colpire duro e se H. Cyril McNeile (Sapper)
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necessario ripetutamente, e un pizzico di gioia si dipinse sul suo volto. Si era quasi dimenticato persino di Phyllis, in quel momento era preso da un unico pensiero: l'uomo di cui poteva sentire i passi lungo il corridoio. Era solo, notò con sollievo, ma la cosa fondamentale era il silenzio. Ci sarebbe voluto del tempo per trovare la chiave, e ancora di più per liberare Phyllis e farla uscire dalla casa. E per nessun motivo bisognava far rumore. I passi si fermarono fuori la porta, e sentì borbottare un'esclamazione in italiano. Era proprio il suo amico della macchina, e sogghignò contento tra sé e sé. A quanto pare qualcosa lo preoccupava, e poi Drummond improvvisamente capì che la sorpresa era causata dall'assenza ingiustificata del tizio dalle braccia lunghe. Nell'eccitazione del momento se ne era completamente dimenticato, e per un lungo, terribile attimo il suo cuore si fermò. Se, per ipotesi, l'italiano avesse scoperto il corpo prima di entrare nella stanza, le cose si sarebbero messe molto, ma molto male. Una volta dato l'allarme se li sarebbe ritrovati tutti addosso. Però i suoi timori erano infondati; non avendo trovato la sentinella, l'italiano scelse, invece, l'altra strada. Il suo primo pensiero fu quello di assicurarsi che la ragazza fosse ancora al suo posto e così spalancò la porta ed entrò. Emise un grugnito di soddisfazione vedendola distesa a letto, poi si girò sbuffando quando sentì la mano di Drummond sulla spalla. - È pericoloso sporgersi - mormorò Hugh amabilmente, citando le uniche parole italiane che conosceva. - Dio mio! - balbettò l'altro, con le labbra tremanti. Come molti meridionali era superstizioso, e sentirsi dire è pericoloso sporgersi dal finestrino da un uomo che riteneva affogato era troppo per lui. Era un fantasma, non poteva essere altrimenti, e si sentì le ginocchia molli. - Non sapevi che fossi un linguista, vero? - proseguì Hugh, sempre più affabilmente; poi con tutte le forze rimastegli in corpo assestò un pugno formidabile all'italiano, che senza far rumore si accasciò al suolo cadendo in avanti. Ora non c'era un attimo da perdere. Da un momento all'altro qualcuno dei suoi compagni poteva salire di sopra e bisognava trovare rapidamente la chiave. Hugh chiuse la porta a chiave; poi cominciò febbrilmente a frugare nelle tasche dell'italiano. Finora era andato tutto così meravigliosamente bene che la fortuna non poteva abbandonarlo proprio adesso, e difatti trovò il mazzo in una delle tasche del panciotto dell'uomo privo di sensi. Ce n'erano quattro e la seconda che provò era quella giusta. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Phyllis era libera e finalmente poté sfogarsi. - Sei un uomo meraviglioso! - sussurrò e Hugh sogghignò. - Le sviolinate a dopo, angelo - osservò. - Attualmente mi sembra un peccato non sostituirti con qualcun altro. Mise l'uomo sul letto e serrò le manette sul suo braccio. Poi si infilò le chiavi in tasca e andò alla finestra. Il motore continuava a ronzare, si sentivano sempre i soliti rumori sordi e tutto sembrava tranquillo. Nessuna luce arrivava dalla stanza sotto di loro, ogni cosa era andata meglio di quanto osasse sperare. Ora doveva solamente far calare Phyllis giù dalla finestra e farla scendere sul prato, e poi seguirla. Dopo tutto era facile. - Vieni pure, cara - disse invitandola a far presto. - Ti farò scendere per prima, e poi ti seguirò. Una volta giù su la gonna e corri a più non posso attraverso il prato fino a quando non sarai al riparo dietro quegli arbusti. Ci vediamo lì. Non siamo ancora fuori dai guai. Non lo erano infatti. Fu proprio quando lasciò cadere Phyllis e la vide rialzarsi e sfrecciare attraverso il prato che sentì un tremendo boato di sotto, e diversi uomini che scalpitavano sulle scale. Le voci nel corridoio erano agitate e per un attimo esitò, chiedendosi che cosa avesse mai potuto provocare quell'improvviso allarme. Poi, rendendosi conto che non era il momento di giocare agli indovinelli, scavalcò anche lui il davanzale e si lasciò scivolare giù facendo leva sulle sue lunghe braccia fino a toccare terra. Quando si rimise in piedi, accingendosi a seguire Phyllis, che poteva scorgere dall'altra parte del prato in sua attesa, sentì qualcuno nella casa gridare un ordine con voce rauca. - Accendete subito l'energia elettrica, dannati stupidi, accendetela subito!
16. Dove accadono delle cose a Maybrick Hall Se l'italiano fosse salito cinque minuti prima, anzi un minuto, tutto sarebbe filato liscio. Comunque, proprio nel momento in cui Drummond assestava quella tremenda botta con matematica precisione, un'altra legge matematica cominciava ad agire altrove: la legge di gravità. Qualcosa cadeva da un soffitto su un tavolo nella stanza che si trovava sotto quel soffitto, così come in un lontano passato una mela era caduta sull'occhio dello scopritore di questa legge. I due uomini seduti nella camera sotto il soffitto in questione sulle prime H. Cyril McNeile (Sapper)
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non se ne accorsero. Non erano interessati alla matematica, ma alla loro conversazione. Uno era il rosso del quale aveva parlato Phyllis, l'altro un tipo indefinibile che aveva l'aspetto di un comune professionista della media borghesia. - La nostra organizzazione, naturalmente, ha conosciuto uno sviluppo enorme - stava dicendo. - Le nostre Scuole di Catechismo Socialista, come ben sapete, risalgono a venticinque anni fa. Un inizio modesto, amico, ma il risultato è sbalorditivo. Abbiamo cominciato con pochissimo; adesso anche voi ne sareste soddisfatto. Qualcosa si spiaccicò sul tavolo dietro di lui, ma non vi badò. - Bestemmie, ovviamente, o piuttosto ciò che la Borghesia chiama bestemmie, vengono istillate subito. Insegnamo loro a non temere Dio; gli ripetiamo continuamente che il cosiddetto Dio altro non è che un'arma del Capitalismo per tenerli buoni, e che se ciò non servisse vedrebbero quello che può combinare una mitragliatrice. E, Yulowski, funziona. Puntare sui bambini è sempre stato il mio motto, poiché loro rappresentano il futuro. Possono essere modellati come argilla, mentre i loro genitori, molto spesso, hanno i paraocchi. Noi predichiamo l'odio di classe, nient'altro che l'odio di classe. Diamo loro canzoni da cantare, canzoni dalla melodia molto orecchiabile. Ce n'è una molto buona in cui il ritornello fa: "Forza, lavoratori, cantate una canzone ribelle, una canzone di amore e odio, di amore per gli umili e di odio per i potenti". Fece una pausa, per permettere che l'effetto di quei versi sublimi svanisse, e di nuovo qualcosa si spiaccicò sul tavolo. Yulowski scosse la testa con indifferenza. - Ammetto la sua validità, amico - osservò con un sussurro alquanto roco. - Nel vostro paese suppongo che le cose debbano procedere un po' a rilento. Temo che le mie inclinazioni mi spingano verso qualcosa di più rapido e, ehm, drastico. Prima o poi la Borghesia sarà spazzata via dalla faccia del mondo. Su questo siamo d'accordo. Perché non seguire il nostro esempio in Russia? Il miglior trattamento per ogni membro della classe capitalista è una baionetta nello stomaco e una fucilata in testa. Sorrise come per un ricordo, un sorriso debole e crudele, e di nuovo arrivò uno schizzo che passò inosservato. - Ho sentito dire al riguardo - osservò l'altro, leggermente titubante - che voi avete fatto la vostra parte in Russia. Il sorriso si fece molto più crudele. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Sono stato io, amico, a far saltare le cervella di due membri della famiglia degli odiati tiranni. La persona che siede davanti a voi. - La sua voce divenne una sorta di grido gutturale e i suoi occhi scintillarono. - Voi forse indovinate ciò che intendo dire, vero? - Due ragazze - mormorò l'altro, indietreggiando suo malgrado. - Due... - non finì la frase; Yulowski stava fissando sbalordito il tavolo. Santa Madre! Che cos'è quello? Il suo compagno si girò e impallidì. Sul tavolo c'era una chiazza rossa, e mentre guardava venne giù un altro grosso schizzo. - Sangue! - balbettò, con le labbra tremanti. - È sangue. - Poi udì la voce del russo, bassa e tesa. - Guardate il soffitto, guardate il soffitto. Levò lo sguardo in alto ed emise un grido d'orrore. C'era una grande macchia rosso sangue che si allargava sempre più sull'intonaco bianco, mentre da una crepa al centro il liquido sgocciolava sul tavolo. Fu Yulowski a riprendersi per primo, più abituato a simili scene del suo compagno. - C'è stato un omicidio - gridò rauco, e balzò fuori della stanza. Diverse porte vennero spalancate e una mezza dozzina di uomini si precipitò sulle scale dietro di lui. La camera non poteva essere che quella e, guidati da Yulowski, vi fecero irruzione, per fermarsi subito dopo a fissare ciò che giaceva sul pavimento. - È il greco - borbottò uno di loro. - Stava sorvegliando la ragazza. Qualcuno gli ha tagliato l'arteria principale del braccio. Tutti insieme si precipitarono nella stanza dove era stata Phyllis, e vi trovarono a letto l'italiano privo di sensi. - La Banda Nera - borbottò qualcuno spaventato, e Yulowski lo maledisse tacciandolo di vigliaccheria. Fu la sua voce rauca quella che Drummond sentì mentre essa urlava di accendere l'energia elettrica, quando attraversò veloce il prato. Del tutto all'oscuro dell'accaduto non capiva il significato di quella operazione. Il suo unico pensiero ora era quello di allontanarsi insieme a Phyllis. L'effetto sorpresa era fondamentale, ma non durava a lungo. Tenendole le braccia la spingeva a far presto, mentre alle sue spalle udiva delle grida confuse che si spegnevano a poco a poco, e degli ordini perentori di qualcuno che sembrava essere il capo. Quasi inconsciamente notò che i rumori sordi erano cessati; solamente il debole ronzio del H. Cyril McNeile (Sapper)
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motore rompeva il silenzio. Poi, a un tratto, si ritrovò di fronte quella rete che tanto lo aveva incuriosito in precedenza. Da questo lato era identica all'altro, ma adesso quelle congetture non lo interessavano. Era solo felice per il fatto che era facile da oltrepassare. Non era neanche a cinque piedi da essa quando accadde il fatto, sorprendente e all'inizio inspiegabile. In seguito, per molti mesi, si sarebbe svegliato la notte madido di sudore al pensiero di quello che sarebbe potuto succedere. Poiché era Phyllis quella che sarebbe salita per prima; sarebbe toccato a Phyllis... Ma non andò così, per un pelo. Vide un'ombra scura sfrecciare verso la rete, un animale che portava qualcosa in bocca. Raggiunse la rete e un attimo dopo esplose in aria ricadendo al suolo, immobile, ai piedi di Drummond. Fu tutto così improvviso che istintivamente si fermò a osservarlo. Era una volpe, e l'uccello che portava giaceva poco più in là. Essa giaceva rigida e immobile, e sconcertato si piegò sull'animale e lo toccò, per ritrarre la mano subito indietro come se si fosse scottato. Il dolore nel braccio sembrava provocato da una scossa elettrica, poi a un tratto capì e con un urlo angosciato bloccò Phyllis giusto in tempo. Il cervello talvolta agisce con rapidità, e connette i fatti in modo fulmineo. E le parole che aveva detto all'italiano, è pericoloso sporgersi, lo riportarono in Svizzera, dove la frase è scritta in ogni scompartimento. E in Svizzera si vedono quei pesanti tralicci di acciaio con dei ganci acuminati per impedire che qualcuno si arrampichi con delle scritte dipinte in rosso: Danger de mori. In cima ci sono dei fili sotto tensione, con degli isolatori, simili a quelli che si trovavano nella rete. Danger de mort. La volpe così era stata fulminata con la corrente elettrica. Questo intendeva dire l'uomo che aveva gridato di mettere in funzione il generatore. E mentre stava lì, stringendo ancora il braccio di Phyllis, con i nervi insolitamente scossi, dalla direzione della casa giunse il latrato rabbioso di un grosso cane da caccia. - Che cos'è, Hugh? - disse Phyllis con un sussurro carico di angoscia. Atterrita, stava fissando il corpo della volpe, con le mascelle irrigidite dalla morte in un'orribile smorfia. E continuava a giungere un latrato dalla direzione della casa. Poi, di colpo, si rese conto che il marito stava parlando, con calma e H. Cyril McNeile (Sapper)
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insistenza. Quest'ultimo era fin troppo consapevole del pericolo; sapeva fin troppo bene che mai nella sua vita la situazione era stata così disperata. Però il suo volto restava impassibile, e la sua voce non tradiva alcuna indecisione. A mali estremi, estremi rimedi. - Non possiamo scavalcare la recinzione - stava dicendo calmo. - Come vedi fanno passare l'alta tensione nei fili, e se tu la tocchi resti fulminata. Per di più pare che abbiano liberato uno sgradevole cucciolo nel giardino, così non possiamo rimanere qui. Perlomeno, tu non puoi. Così ho deciso di gettarti dall'altra parte. Attanagliata dalla paura lei si avvinghiò al marito; poi, vedendolo tranquillo, si riprese e sorrise. Non c'era tempo per discutere, non c'era tempo per nient'altro che per l'azione immediata. Poiché era un tipo focoso lei non lo avrebbe ostacolato mostrando debolezza. Non aveva paura per sé: la sua fiducia nel marito era assoluta. Così rimase silenziosamente in attesa mentre lui misurava a occhio altezza e distanza. Che fosse in grado di farla arrivare dall'altra parte lui non dubitava: però quando uno sbaglio significa la morte per la persona che si ama un uomo non corre alcun rischio. - Vieni, cara - disse dopo un momento di pausa. - Avvicina le ginocchia al mento e cerca di restare rannicchiata fino a quando ti senti cadere. Lei si piegò in due e lui la sollevò. Con una mano le sosteneva i piedi, con l'altra la stringeva per la cintura dietro la gonna. La sollevò sopra la sua testa stendendo le braccia per sciogliere i muscoli: poi prese la rincorsa e la scaraventò in alto e in avanti con tutta la sua forza. Phyllis superò i fili più alti di due piedi... Atterrò illesa in un gruppo di cespugli, e dopo essersi rialzata si rese conto che lui stava nuovamente parlando, cose importanti e urgenti. - Raggiungi la banda, cara: in un modo o nell'altro raggiungi la banda. Cercherò di trattenerli. Ma sbrigati. Un attimo dopo era sparito nel sottobosco, e appena in tempo. Un enorme cane da caccia che correva senza abbaiare era sopraggiunto nella radura dove erano stati fino a pochi secondi prima, e si stava avvicinando guardingo alla volpe morta. Lei rimase a guardare la scena paralizzata dal terrore, poi con un gridolino di paura si riprese e cominciò a correre. Aveva dimenticato la rete che c'era tra loro, per un attimo aveva dimenticato tutto eccetto questo bestione dalle dimensioni di un vitello. Anche il cane, vedendo lo sventolio dei suoi abiti, dimenticò qualcosa. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Una volpe morta poteva aspettare, un essere umano vivente era di gran lunga più divertente. Balzò in avanti: lanciò un urlo terribile quando colpì la rete, e dopo una capriola si afflosciò. Phyllis, che ogni tanto incespicava nel buio, udì a un tratto l'allegra voce di Hugh che proveniva dalle tenebre dietro di lei, che si rivolgeva evidentemente a una vasta platea: - Accorrete! Accorrete! Accorrete! Una volpe, un cane pomere, un uccello. Ingresso libero. I visitatori sono pregati di non toccare le attrazioni. Poi, forte e chiaro, il grido di un gufo ripetuto tre volte. Era un messaggio per lei, Phyllis lo sapeva; non era una bravata inutile, ma un messaggio per comunicarle che lui stava bene e per invocare l'intervento urgente della banda. Sebbene al momento lui stesse bene lei sapeva che non c'era tempo da perdere. E, sperando di prendere la direzione giusta, si mise a correre, nel duplice ruolo di chi è insieme preda e predatore e non si limita ad attendere gli eventi. Hugh non l'avrebbe mai piantata in asso: ora toccava a lei. Forse la ragazza non si rendeva conto fino in fondo di che cosa la attendeva. Anche Drummond, nascosto nel sottobosco nei pressi della radura dove giaceva il corpo del cane, era all'oscuro della reale natura delle avversità che doveva combattere. Non aveva la minima idea di quanti uomini potessero esserci nella casa, così non se ne preoccupava più di tanto. Nelle tenebre sentiva di poter sfidare chiunque, o in ogni caso di poterli evitare. Era la cosa a lui di gran lunga più congeniale, un aspro combattimento notturno, quando è difficile distinguere un tronco da un uomo. In ciò era inarrivabile, davvero superbo, e gli inquilini di Maybrick Hall avrebbero fatto bene a rimanersene buoni buoni fino al mattino. Poi la posizione, per usare un'espressione militaresca, poteva essere presa senza perdite. Un uomo disarmato è impotente allo scoperto. Ma siccome gli inquilini non sapevano con chi avevano a che fare, preferirono, con decisione piuttosto avventata, l'azione immediata. Erano andati tutti appresso al cane e così facendo avevano fatto proprio il gioco dell'uomo che stava quatto nell'ombra vicino a loro. Hugh rimase ad ascoltare quella babele di lingue e pensò che un po' più di inglese forse sarebbe stato utile. Così silenziosamente lasciò il suo nascondiglio e riemerse dal sottobosco dieci yards più in là, in direzione della casa. Poi, con il bavero tirato su e le spalle curve, si unì al gruppo. Una tigre mangiatrice di uomini in mezzo a loro avrebbe rinforzato il gruppo. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Certo è che il quarto d'ora che seguì si rivelò così terrificante per gli inquilini di Maybrick Hall che alla fine questi si rinchiusero in casa rifiutandosi categoricamente di spostarsi, malgrado le minacce e le imprecazioni del russo dai capelli rossi. Poiché Drummond aveva sentito gli ordini iniziali, formare una linea di battitori e sparare a vista, sorridendo tra sé e sé nelle tenebre. C'è sempre una certa dose di umorismo nel cacciare i cacciatori all'agguato, e nel vedere linee di battitori distanziate tra loro di due o tre yards con la preda alle spalle. Per di più la preda era arrabbiata, e aveva la fredda e determinata furia di un uomo vigoroso che sapeva esattamente quel che faceva. Sparare a vista erano gli ordini, e Drummond li prese alla lettera. Lentamente quelle linee indistinte avanzarono nel sottobosco, mentre l'uomo che stavano cacciando arrivava furtivamente dietro di loro. A poco a poco lui si avvicinò sempre più alla rete metallica, fino a trovarsi alle spalle dell'ultimo uomo della fila. Lo vide sostare per perlustrare un cespuglio con la rivoltella in mano. Allora ebbe inizio il terrore. Il battitore vicino alla vittima intravide fugacemente un enorme oggetto nero che sbucava dall'oscurità: un'imprecazione borbottata, un gorgoglio e un terribile urlo soffocato. E l'ultimo battitore non era più. Era stato lanciato contro la rete dell'alta tensione come un bambino, ed era andato ad aggiungersi alle attrazioni. Con un urlo rauco di paura l'uomo che lo affiancava si girò e si mise a correre verso la casa, per ritrovarsi subito dopo afferrato alle spalle in una morsa d'acciaio. Era Franz che, quando osservò la faccia dell'uomo che sapeva annegato, strillò come un coniglio in trappola. Però non era un fantasma quello che gli stringeva il collo, e quando si sentì spinto verso la rete della morte cominciò a dimenarsi selvaggiamente. Ma Drummond era furibondo, e per Franz non c'era niente da fare malgrado la sua notevole forza fisica. Fu raggiunto al viso da un terribile colpo e con un grugnito andò a sbattere contro la rete. C'erano ora due attrazioni in più, e nelle tenebre risonò un'allegra risata, seguita dal grido di un gufo. La linea era stata sfondata, e gli uomini si erano dispersi in tutte le direzioni con grida roche. Eccoli gli specialisti del Terrore Rosso: macellai di donne e bambini la cui unica colpa era quella di lavarsi; quella notte avrebbero dovuto fronteggiare un terrore molto peggiore di quello che avevano dovuto sopportare le loro vittime; poiché mentre queste ultime, sventurate, sapevano quello che le aspettava, gli uomini che correvano H. Cyril McNeile (Sapper)
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gridando nel bosco non lo sapevano. Qui, lì, dappertutto sentivano il grido del gufo; formavano delle piccole pattuglie di due, tre persone per proteggersi, sparando con pistole ad aria compressa contro innocui cespugli di rododendro e talvolta contro i loro stessi compagni. E di tanto in tanto una grande figura nera, sbucando dall'oscurità, saltava addosso a qualcuno che restava dietro: si udivano urla di paura e di dolore, seguite da un silenzio minaccioso, rotto un paio di secondi dopo dal grido di un gufo venti yards più lontano. Qualche volta lo vedevano, un'ombra vaga, e in una occasione quattro di loro contemporaneamente gli spararono addosso. Però la fortuna era con lui, e non fu colpito. Improvvisamente, alle loro spalle, si udì la sua placida risata, e quando si girarono imprecando uno di loro stramazzò a terra con una pallottola in testa. Era la prima volta che usava la rivoltella della sua prima vittima, ma quel bersaglio era una tentazione troppo grossa. Alla fine non ce la fecero più. Non sapevano quanti uomini avevano di fronte, ed erano in preda al panico più completo. Tutti insieme si precipitarono in casa accompagnati da risate sprezzanti. Poiché Drummond aveva tentato la sua mossa, e aveva vinto. Sapendo che ogni uomo era un nemico si trovava in una posizione vantaggiosa, mentre gli altri non potevano distinguere con sicurezza gli amici dai nemici. Per un attimo ascoltò la marea di bestemmie che giungeva dalla finestra aperta della stanza nella quale si erano radunati; poi avanzò rapido tra i cespugli per dare un'occhiata. Per un attimo ebbe la tentazione di sparare: in effetti era così vicino da poter mirare agevolmente al russo dai capelli rossi, che stava gesticolando furiosamente. Poi il suo dito lasciò il grilletto: tirare nel mucchio non era il suo gioco preferito. In quello stesso momento le luci della camera si spensero; a quanto pare a qualcuno era venuto in mente che la posizione era un tantino insicura. La discussione cessò di colpo, e sogghignando debolmente Drummond si voltò e svanì nel fitto sottobosco. Era necessario riflettere. Era riuscito a trattenerli come aveva detto a Phyllis, e fin qui tutto bene, ma quanto a uscirne niente da fare. C'era ancora la rete da addomesticare, e il buon senso gli diceva che era altamente improbabile che qualcuno togliesse la corrente. Tra parentesi non c'era modo di accertarsene, visto che per scoprirlo bisognava toccare uno dei fili, cosa che non aveva affatto intenzione di fare. Continuava a sentire l'insistente ronzio del motore, perciò non se ne parlava proprio. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Scavando nei ricordi del passato, di quando era seduto ai piedi del docente di scienze naturali a scuola, cercava di rammentare qualche gemma di saggezza, inerente l'elettricità, che gli era uscita dalle labbra. Ma poiché la sua unica occupazione, durante simili letture, era stata la fabbricazione clandestina di idrogeno solforato da una storta nascosta sotto il suo banco, rinunciò sconfortato al tentativo. Una cosa era certa: la rete doveva essere continua. L'esperienza con le candele della sua macchina gli aveva insegnato che un'interruzione nel circuito era disastrosa. Perciò non ci poteva essere alcuna interruzione nella rete che circondava la casa. E se era così, come stavano le cose col viale d'accesso? Come faceva ad attraversare la rete? Ci doveva essere un'interruzione, o qualcosa in grado di formarla. Un'automobile non poteva certo superare una rete alta otto piedi, e aveva visto chiaramente tracce di pneumatici quella sera sul viale d'accesso. Certo, avrebbe cercato il cancello. Bisognava assolutamente andarsene, e al più presto. All'alba, e i primi deboli fasci di luce cominciavano già a far capolino da Est, si sarebbe venuto a trovare in una situazione senza speranza. Inoltre, l'assoluto silenzio che regnava ora dopo il trambusto e le grida degli ultimi minuti, gli pareva sospetto. Drummond era un uomo troppo intelligente per sottovalutare gli avversari. Il panico era stato solo temporaneo, e adesso era passato. Iniziò a muoversi, silenziosamente e celermente, in direzione del viale d'accesso, senza abbassare la guardia neanche per un secondo, sebbene fosse convinto che i suoi nemici si trovassero tutti nella casa. Sapeva fin troppo bene che il pericolo arriva quando meno te lo aspetti. Però raggiunse il ciglio del viale d'accesso senza problemi, e cominciò a costeggiarlo in direzione opposta a quella della casa. Infine vide il cancello e si rintanò nuovamente nel bosco. Voleva esaminarlo per bene prima di decidere sul da farsi. Per quel che riusciva a vedere da lì si trattava di un comune cancello di legno, come se ne vedono tanti all'ingresso di piccole case di campagna. Da un lato c'era una minuscola casetta, dall'altro la solita erbaccia. Poteva vedere la rete metallica congiungersi ai montanti del cancello; vide anche che i fili erano raggruppati come quelli del telegrafo quando passano sotto i ponti delle linee ferroviarie. Mentre rifletteva su questo argomento vide avvicinarsi un uomo dall'altra parte. Arrivò al cancello, lo scavalcò con estrema disinvoltura ed entrò nella casetta. Hugh notò che l'uomo nello H. Cyril McNeile (Sapper)
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scavalcare era stato attento a evitare la seconda linea orizzontale dal basso. Gli parve tutto chiaro. Il contatto era reso possibile dalla serratura, la corrente passava lungo i fili posti sulla seconda linea orizzontale dal basso e quindi raggiungeva la rete dall'altra parte. Comunque, a prescindere dal congegno elettrico, se quell'uomo aveva scavalcato il cancello senza problemi poteva farlo anche lui. Il rischio c'era, e anche grosso. Significava uscire fuori allo scoperto, esporsi per molto tempo. Però la luce era sempre più forte e il rischio aumentava di pari passo. Quindi, se fosse rimasto ad aspettare nel giardino, fuggire di lì a poco sarebbe stato impossibile. Eppure tentennava. Chi conosceva Hugh Drummond a fondo sapeva che aveva uno strano sesto senso che gli consentiva di presagire il pericolo, quando gli altri si sentivano perfettamente al sicuro. Storie incredibili venivano raccontate sul suo conto da uomini che lo avevano accompagnato in queste perlustrazioni informali nella terra di nessuno quando il suo battaglione era al fronte, e anche quando non lo era. E in quel momento, mentre stava lì immobile come una statua, con il solo incessante movimento degli occhi a rivelare uno stato di tensione, questo suo sesto senso lo stava avvertendo, e continuava ad avvertirlo con insistenza. C'era pericolo: lo sentiva, lo sapeva, anche se non lo vedeva. Poi, all'improvviso, scorse un uomo che si avvicinava dall'altra parte, un uomo che scavalcò il cancello con la massima disinvoltura ed entrò nella casetta. Anche lui evitò accuratamente di toccare la stessa linea, ma Drummond non badava più al cancello. Per l'ennesima volta il suo sesto senso l'aveva salvato, perché era lo stesso uomo che l'aveva scavalcato poco prima. Perché mai un uomo dovrebbe scegliere un simile passatempo se non per trarre in inganno qualcuno? Era sparito nella casetta per poi uscirne attraverso un'uscita sul retro, e in un attimo capì tutto. Avevano puntato sul fatto che sarebbe andato al cancello, e che vi si sarebbe precipitato una volta visto che poteva essere scavalcato senza difficoltà. Sogghignò al pensiero che questa volta c'era quasi cascato. Improvvisamente i suoi occhi si posarono sulla piccola siepe di fronte alla casetta. Qualcosa si era mosso lì: un ramo si era spezzato. Il sorriso si fece più arcigno quando fissò l'ombra. Fino a quel momento il cancello aveva monopolizzato la sua attenzione, ora vedeva che la siepe era abitata da uomini. Non riusciva a trattenere il riso. L'idea del saltatore di cancelli che schizzava dentro e fuori, mentre un gruppetto di loschi ceffi disteso H. Cyril McNeile (Sapper)
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pancia in giù sulla rugiada attendeva il momento giusto, era davvero divertente. In quel momento il fatto che non avesse una via d'uscita non lo preoccupava più di tanto: era tutto preso dal diligente acrobata. Se solo l'avesse ripetuto ancora una volta, questo era il suo unico desiderio. E difatti circa cinque minuti dopo riapparì di nuovo, camminando allegramente lungo la strada. Aveva una disinvoltura superba: canticchiava tranquillamente per mostrare il suo sdegno totale nei confronti dei cancelli in generale, e di questo in particolare. Fu allora che Drummond gli sparò alle gambe. Pensava che sarebbe stato un delitto porre fine alla carriera di una simile, brillante promessa; perciò mirò alla parte carnosa della gamba. Il grido di dolore dell'uomo e la rauca risata di Drummond ruppero contemporaneamente il silenzio. Niente male come intermezzo comico, rifletté, in una serata dedicata al divertimento e ai giochi, quando cercò riparo dietro un grande albero. I proiettili sibilavano da tutte le parti nel bosco, e gli uomini che si erano appostati sotto la siepe si alzarono in preda all'ira. Poi, di colpo, le urla si spensero e Drummond si accorse che stava arrivando un'automobile. I fari anteriori creavano ombre fantastiche tra gli arbusti, e abbagliavano le figure dei suoi avversari. Questa era una grande opportunità, e con la rapidità del veterano si preparò all'azione. Per far entrare la macchina dovevano aprire il cancello, e visto che niente abbaglia maggiormente del bagliore dei fari anteriori poteva cercare di sgattaiolare via inosservato, proprio subito dopo il passaggio dell'automobile. Si mise rapidamente di fianco rispetto al fascio di luce e si avviò verso la casetta, mantenendo la stessa posizione. E da un nascondiglio nei pressi della casetta attese gli sviluppi. L'uomo al quale aveva sparato alle gambe fu ammucchiato senza tante cerimonie sull'erba accanto al viale d'accesso, mentre un altro uomo scavalcò il cancello e raggiunse l'automobile, che si era fermata a circa dieci yards di distanza. Drummond sentì il rumore di un finestrino che veniva abbassato e una conversazione agitata: poi l'uomo che si era avvicinato alla macchina tornò a essere illuminato dai fari. - Aprite il cancello - disse brevemente, con un ghigno sardonico sulla faccia. Drummond aspettava molto teso. Se voleva mettersi in salvo doveva agire alla svelta. Mentre si avvicinava a poco a poco al viale, un uomo che H. Cyril McNeile (Sapper)
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portava in mano una specie di enorme guanto raggiunse il cancello. Ci fu uno scintillio, quando l'uomo schiacciò la serratura e interruppe il circuito. In quello stesso attimo i fari della macchina si spensero e si accese una luce interna. Drummond si bloccò, pietrificato. L'automobile avanzava lentamente e poteva vedere chiaramente le persone dentro di essa. Una era il Conte Zadowa, alias signor Atkinson, una il reverendo Theodosius Longmoor. Ma l'altra... sulla terza persona erano fissati i suoi occhi, con una sensazione di rabbia impotente... l'altra era la stessa Phyllis, seduta di fronte ai due uomini, cosicché sparare era impossibile, e Peterson dal finestrino sorrideva con l'abituale benevolenza. Poi la macchina lo superò, e lui attese che il fanale di coda rosso sparisse, mentre il cancello si richiudeva dietro di loro. Un'altra favilla trafisse le tenebre: il circuito era nuovamente in funzione. Sconfortato, impotente e furibondo Drummond si rese conto che era stato tutto inutile. Stava esattamente come mezz'ora prima, con la fondamentale differenza che gli avvenimenti di quell'ultima mezz'ora non potevano essere cancellati. Era stato preso: era la fine. In un modo o nell'altro la povera ragazza si era imbattuta proprio in quella macchina, forse aveva chiesto aiuto ai suoi occupanti. Non poteva sapere chi fossero; aveva fermato la macchina rischiando, e... Scosse i pugni in un gesto di impazienza e in quel momento udì una voce forte e tonante, che riconobbe immediatamente, provenire dalla casa. - Se il capitano Drummond non si trova in questa casa entro cinque minuti ucciderò personalmente la signora Drummond. La voce era quella di Carl Peterson.
17. Dove un assassino viene assassinato a Maybrick Hall - Voi sembrate avere una straordinaria capacità di rimanere vivo, mio giovane amico - osservò nel suo colletto da ecclesiastico Peterson due minuti dopo, con gli occhi addosso a Drummond. - Soprattutto, Theo, cocco mio, grazie alla vostra straordinaria capacità di prendere cantonate - rispose Drummond affabilmente. Mentre parlava non c'era più traccia, sul suo volto, della rabbia impotente manifestata in giardino; eppure, indubbiamente, la situazione era pressoché disperata. Era disarmato, gli avevano tolto la rivoltella H. Cyril McNeile (Sapper)
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quando era entrato nella casa, e dietro la sua sedia c'erano due uomini, ognuno con la canna di una pistola puntata sul suo collo. In un altro angolo c'era Phyllis, e anche dietro di lei stava un uomo armato. Ogni tanto i suoi occhi la cercavano, e una volta le sorrise in modo rassicurante, fingendo una sicurezza che però non aveva. Perlopiù i suoi occhi erano addosso ai tre uomini seduti al tavolo, di fronte a lui. Al centro c'era Carl Peterson, che fumava l'immancabile sigaro, e ai suoi fianchi il Conte Zadowa e il russo Yulowski, quello dai capelli rossi. - Non potete immaginare quale piacevole sorpresa sia stata - continuò Peterson con cortesia - vedere vostra moglie che fermava la mia automobile. Così inattesa, così deliziosa. E quando ho capito che voi vi aggiravate sulla nostra proprietà qui, invece di essere morto annegato come mi aveva detto quello scemo del numero 10 al telefono... A proposito, dov'è il numero 10? Si girò ringhiando verso il russo, ma fu uno degli uomini dietro alla sedia di Drummond a rispondere. - È morto. Questo qui lo ha gettato sui fili dell'alta tensione. - Il piccolo Franz? - mormorò Hugh Drummond, accendendosi una sigaretta. - Sì, purtroppo abbiamo avuto un battibecco, e la mia sensazione è che sia passato a miglior vita. Vi dispiace allontanarvi un po'? - continuò, rivolto agli uomini dietro di lui. - Mi fate il solletico sulla nuca, e questo mi dà ai nervi. - Volete dire - disse il russo con la sua voce così aspra - che c'eravate soltanto voi là fuori? - Indovinato, Adolph - rispose Drummond, meccanicamente. Gli era sembrato, a un tratto, che Phyllis stesse cercando di inviargli qualche messaggio. - Ho fatto tutto da solo, per non parlare del pagliaccio di sopra con le braccia lunghe. In effetti, senza voler esagerare, penso che in totale siamo arrivati a cinque, con il nostro è pericoloso sporgersi come "già sistemato". Che cosa stava cercando di dirgli? Poi, improvvisamente, lei cominciò a ridere istericamente, e lui cercò di alzarsi dalla sedia, per poi rimettersi a sedere subito dopo aver sentito la fredda pressione della pistola sulla nuca. - Tre e due fanno cinque - disse Phyllis, gridando e ridendo contemporaneamente - e uno fa sei. Ci ho pensato stanotte, e i conti H. Cyril McNeile (Sapper)
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tornano. Andò avanti per un po' parlando a vanvera in questo modo fino a quando il russo si rivolse a lei ringhiando e le ordinò di chiudere la bocca. Costui stava parlottando con Peterson e lei, dopo aver lanciato uno sguardo indagatore a Hugh, tornò a tacere. Non c'era isteria in quello sguardo, e il cuore del marito di colpo accelerò i battiti. Poiché 3256 Mayfair era il numero di telefono di Peter Darrell, e questo poteva voler dire solamente una cosa: che aveva parlato con Peter prima di fermare l'automobile. E in tal caso c'era ancora speranza, se solo fosse riuscito a guadagnar tempo. Il tempo era un fattore essenziale: doveva prendere tempo in qualche modo. Ma come? Non batté ciglio: continuava placidamente a fumare, guardando con rassegnata indifferenza i tre uomini che ora stavano discutendo con molta serietà. Ma la sua mente era in ebollizione, alla ricerca di una soluzione. Tempo: doveva guadagnare tempo. Se la sua supposizione era giusta, Carl Peterson non sapeva che era stato inviato un messaggio. Questo fatto costituiva la loro unica speranza. Proprio come nel bridge per vincere, a un certo punto, bisogna tener conto del gioco degli avversari, così Hugh voleva coinvolgere Peterson nel gioco. Una mossa ben fatta era l'unica possibilità di vincere, con una mossa sbagliata si perdeva comunque. Partendo da questa premessa cercò di impostare la partita. Peter Darrell sapeva, Peterson era all'oscuro di ciò. In primo luogo: quanto tempo gli serviva? Minimo due ore, forse tre. Radunare tutta la banda e procurarsi delle macchine in piena notte avrebbe richiesto tempo, perlomeno due ore. In secondo luogo, e questo era il punto cruciale, come ottenere una proroga? Stavolta non poteva contare su un altro sbaglio. Era la fine, e lo sapeva. I tre uomini davanti a lui non mostravano tracce di pietà. Captò qua e là delle osservazioni e dopo un po' comprese qual era l'argomento discusso. Evidentemente il russo dai capelli rossi era favorevole a una sua uccisione cruenta e immediata, mentre il Conte Zadowa invocava maggior prudenza e Peterson stava seduto in mezzo a loro passivamente, con gli occhi addosso a Drummond. - Baionetta per tutti e due - ringhiò Yulowski infine, quasi stufo di stare lì a discutere. - Lo faccio io, se voi siete così schizzinoso, e poi seppellisco i loro corpi insieme agli altri da qualche parte. Chi lo verrà mai a sapere? Il Conte Zadowa scosse vigorosamente il capo. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- È qui che vi sbagliate, amico. Nessuno sarebbe più contento di me se voi lo faceste, ma non dovete dimenticare il resto della sua banda. La sua voce si ridusse a un sospiro, e Drummond riuscì solamente ad afferrare parole sconnesse. - Io conosco la Banda Nera - stava dicendo Zadowa. - Voi no. E loro conoscono me. - Poi sentì ripetere diverse volte la parola "incidente", e infine Yulowski scrollò le spalle e si mise a sedere. - Fate a modo vostro - notò. - Non mi importa come sono uccisi, purché siano uccisi. Se voi pensate che sia necessario simulare un incidente, che sia un incidente. Bisogna ancora stabilire che tipo di incidente. Però il Conte Zadowa, apparentemente, non era ancora arrivato a quel punto e non disse più nulla. Non aveva sufficiente fantasia per immaginare i necessari dettagli, e ogni decisione fu rimessa a Carl Peterson. - Niente di più facile - osservò soavemente questi, continuando a fissare Drummond. - Stiamo discutendo, mio giovane amico - proseguì con voce leggermente più forte - il modo migliore per liberarci di voi e della vostra affascinante consorte. Mi dispiace che lei debba condividere la vostra sorte, ma non vedo alternative. Tenerla per sempre qui in sede sarebbe oltremodo scomodo; e poiché non possiamo lasciarla libera senza andare incontro a una indesiderata notorietà temo, ripeto, che debba unirsi a voi. Il mio amico Yulowski vorrebbe passarvi entrambi per la baionetta e poi seppellirvi sotto terra. Ha fatto molta esperienza in questo campo ai suoi tempi, e credo di essere nel giusto affermando che la sua mano non ha perso in destrezza da quando ha lasciato la Russia. Forse è un po' fuori esercizio, ma il risultato è garantito. D'altro canto il Conte Zadowa, una vostra vecchia conoscenza, giustamente sottolinea il fatto che gli altri membri della vostra ridicola banda, che sanno di lui, potrebbero facilmente risalire a me. E quando tra pochi giorni la vostra automobile sarà ripescata e riconosciuta dalla targa come vostra, lui teme non solo ripercussioni imbarazzanti per se stesso, ma anche una possibile spiacevole e indesiderata pubblicità per questa regione, e incidentalmente per questa casa. Riuscite a comprendere le nostre preoccupazioni fin qui? - Perfettamente, Theo - rispose Drummond amabilmente. - È sempre un piacere parlare con voi - continuò Peterson. - Siete sempre così pronto nel capire. Bene, procediamo. Sebbene la cosa non mi riguardi personalmente, visto che lascerò l'Inghilterra tra poche ore, se la polizia H. Cyril McNeile (Sapper)
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venisse a ficcare il naso in questa casa ciò potrebbe ostacolare notevolmente i miei progetti. Vorremmo tenere la fiaccola sotto il moggio, capitano Drummond, e fare le nostre cose inosservati. Così sono sicuro che ci tenete a fare del vostro meglio per aiutarci, e che approverete di buon grado la mia proposta relativa al vostro decesso. Ho una grande ammirazione per molti aspetti della vostra persona e mi dispiacerebbe immensamente congedarmi da voi sapendo che, proprio alla fine, c'è stato sangue cattivo tra noi. - Carl, cocco mio, sapete sempre farmi commuovere - disse Drummond con calma. A giudicare dall'apparenza aveva assunto lo stesso atteggiamento sprezzante del suo acerrimo nemico, però cominciava a sentire un groppo in gola e la bocca stranamente secca. Sapeva che stava giocando con lui come il gatto col topo, e tutto ciò che poteva fare era trattenersi dal chiedere chiaro e tondo che cosa li aspettava. Con la coda dell'occhio poteva vedere il volto pallido di Phyllis, ma non osava guardarla per paura di crollare. Poi, sempre con lo stesso tono, Peterson continuò. - Sapevo che potevo contare sulla vostra comprensione. Lo dirò a Irma quando la vedo, e sarà molto toccata dalla vostra gentilezza, Drummond... molto toccata. Ma torniamo a noi. Come il mio amico Zadowa ha giustamente osservato ci serve un incidente: un incidente genuino, con i fiocchi, che libererà il mondo dalla vostra presenza e terrà lontano ogni forma di seccante pubblicità da questa casa e da tutti i miei compagni che rimangono in Inghilterra. Forse ricorderete che questa era la mia idea originaria, soltanto che voi siete riuscito in modo incredibile a evitare la morte per annegamento. Comunque, al riguardo, abbiamo una buona base sulla quale lavorare. Il gentiluomo dalla limitata intelligenza che lavora sul ponte ha visto chiaramente la vostra automobile, con voi dentro, precipitare nel fiume. Stranamente, forse perché ha un difetto alla vista o perché frastornato dalla vostra sorprendente manovra, non ha notato altro in quel momento. Infatti gli è sfuggita la presenza della vostra affascinante consorte accanto a voi. Presa dal panico, quando vi ha visto svenire, si è curvata in avanti, indubbiamente per cercare di abbassare la frizione. Sì - i suoi occhi, freddi e inespressivi, erano puntati temporaneamente su Phyllis - sarà andata così. Questo spiega perché il non molto intelligente custode non è riuscito a vederla. Ma che fosse presente è un dato certo. Perché, capitano Drummond, ambedue i corpi saranno ripescati dal fiume H. Cyril McNeile (Sapper)
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dopodomani, diciamo due o tre miglia a valle. - I vostri tentativi di farmi annegare non sono stati molto brillanti finora Carl, vero? - disse Drummond giovialmente. - Avete forse intenzione di tenerci sott'acqua oppure volete servirvi della vasca da bagno qui? Voglio dire - e indicò Yulowski - nel caso ne abbiate una. Oppure proseguite gli esperimenti con i vostri narcotici? - Siete del tutto fuori strada - rispose Peterson. - Siete troppo grande e forte, Drummond, per essere annegato con metodi così rudimentali. Ed è molto probabile che se tentassimo di farlo voi lottereste, e questo fatto potrebbe essere scoperto con l'autopsia. Questo rovinerebbe tutto, non vi pare? La tesi dell'incidente non reggerebbe più e dovremmo dare purtroppo ragione al Conte Zadowa. Ebbene, potrei anche dichiararmi subito favorevole alla proposta della baionetta di Yulowski. Ma vi prego, mio giovane amico, di non sottovalutare la mia intelligenza. - Non lo faccio, Theo, ve lo assicuro - disse Drummond seriamente. - È solo il terribile timore che combiniate un altro pasticcio a spingermi a certe considerazioni. - Mille volte grazie - mormorò il pastore cortesemente. Era inclinato in avanti, con i gomiti sul tavolo, e per la prima volta Drummond percepì il diabolico odio che Peterson nutriva per lui. Non lo aveva mai mostrato prima, era un uomo troppo in gamba per tradire i suoi sentimenti senza scopo. Ma ora, mentre era seduto davanti a lui a sfregarsi delicatamente la grandi mani bianche, Drummond comprese. - Mille volte grazie - ripeté con la stessa voce soave. - E visto che siete così interessato all'argomento vi illustrerò dettagliatamente il mio piano. È superfluo aggiungere che terrò nella massima considerazione tutti i suggerimenti che riterrete opportuno fare. Quando la macchina è entrata in acqua ha trascinato con sé voi e vostra moglie. Fin qui tutto chiaro, mi sembra. Quando è sprofondata voi, ancora privo di sensi in seguito a quell'improvviso e terribile mancamento, siete stato scaraventato fuori, e vostra moglie, nel generoso tentativo di salvarvi, si è alzata ed è stata buttata fuori a sua volta. Penso che possiamo dirlo tranquillamente, visto che il non troppo intelligente custode forse non ha visto la macchina che cadeva, non vi pare? - Andate avanti - disse Drummond con calma. - Vi interessa, spero - mormorò Peterson. - Ma non esitate a interrompermi se qualcosa è ancora oscuro. È nel vostro pieno diritto H. Cyril McNeile (Sapper)
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suggerire qualsiasi lieve modifica. Bene, proseguiamo. Siete stati scaraventati fuori tutti e due quando l'automobile è sprofondata. A testa in giù, attenzione Drummond, e la vostra testa è andata a sbattere contro la muratura di un pilone del ponte con violenza inaudita, proprio prima di raggiungere l'acqua. In effetti, quando questo terribile incidente sarà riportato sui giornali, la forza con la quale siete andati a sbattere contro il pilone sarà un particolare rilevante. Le vostre teste saranno orribilmente sfigurate. In effetti sono quasi sicuro che il coroner stabilirà, quando i vostri corpi saranno recuperati a qualche miglio di distanza a valle, che in realtà non siete morti annegati, ma che è stato il terribile impatto con il pilone di pietra a uccidervi sul colpo. Non vi pare sensato fin qui? - A me sembra dannatamente insensato - osservò Drummond languidamente. - Se avete intenzione di prendermi con la forza e farmi sbattere contro un muro di pietra qualcuno si farà male. Inoltre, il ponte non è aperto, e persino il vostro compare, il non troppo intelligente custode, potrebbe notare qualcosa. Naturalmente - aggiunse speranzoso potete sempre raccontare che stavate girando un film. Dite loro che siete Charlie Chaplin, e che per la fretta mentre vi vestivate avete dimenticato i baffi. Il russo dai capelli rossi ringhiava velenosamente. - Lasciatelo a me, capo. La smetterà di fare lo spiritoso. - No. Sarò troppo occupato a cospargermi di insetticidi - replicò con volgarità. - Ebbene, verme, se vi lasciasse a me, come dite, e non ci fosse un mezzo battaglione di fanteria con i fucili puntati su di me, vi spezzerei l'osso del collo con una mano sola. Il russo fece per alzarsi, mostrando i denti, e Peterson lo trattenne nella sua sedia. - Fra poco toccherà a voi, Yulowski - osservò selvaggiamente. Poi si voltò ancora una volta verso Drummond, e il suo sguardo gioviale era svanito. - Indubbiamente molti apprezzeranno il vostro umorismo, ma a me non piace. Inoltre ho molta fretta. Non intendo, capitano Drummond, portarvi sul ponte e cercare di farvi sbattere la testa contro il muro, come avete detto voi. C'è un sistema più semplice per ottenere lo stesso risultato. Il terribile urto avrà luogo in questa casa. Come soldato dovreste sapere qual è l'effetto di un colpo in testa sferrato con il calcio di un fucile. E posso assicurarvi che questa volta non ci saranno pasticci. Yulowski è un esperto in materia ed io assisterò personalmente all'esecuzione. Penso che H. Cyril McNeile (Sapper)
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la nostra messa in scena dell'accaduto sarà molto credibile, e domani notte, vedo che fuori c'è già troppa luce per agire, i vostri due corpi saranno portati a destinazione e scaricati nel fiume. Affinché possa essere stabilito correttamente il momento della vostra morte essa avrà luogo all'incirca entro un ora, e tutto si svolgerà nel modo più soddisfacente per ognuno di noi. Drummond si passò la lingua sulle labbra e parlò, suo malgrado, con voce alquanto tremante. - Se ho ben capito - disse dopo una leggera esitazione - voi lascerete che quest'uomo ci macelli qui, in questa casa, con un fucile. - Giusto - rispose Peterson. - È esattamente così. - Voi lascerete che lui sfondi il cranio di mia moglie col calcio di un fucile? - Sto per ordinarglielo - disse Peterson mitemente. - E molto presto. Non dobbiamo sbagliarci a proposito dell'ora della vostra morte. Ammetto che sembra molto drastico, ma posso assicurarvi che sarà istantanea. Yulowski, come vi ho detto, è un esperto. Ha fatto molta esperienza in Russia. - Diavolo mostruoso! - borbottò Drummond con aria sbalordita. - Fate quel che volete di me, ma per l'amor del cielo lasciatela libera. Aveva gli occhi addosso al russo, che si era alzato e aveva raggiunto un armadio a muro. C'era qualcosa di quasi maniacale nella sua espressione, lo sguardo di una bestia selvaggia e spietata, che si trovava faccia a faccia con la preda tanto bramata. - Impossibile, mio giovane amico - mormorò Peterson dispiaciuto. - Non mi procura alcun piacere la sua morte, ma non ho alternative. Per vedere voi morto attraverserei l'oceano - ringhiò all'improvviso - ma - e la sua voce tornò normale - solo una tragica necessità mi spinge ad adottare simili misure con Phyllis. Il fatto è che sa troppo. - Bisbigliò qualcosa all'orecchio del Conte Zadowa, che si alzò e lasciò la stanza, per ritornare subito dopo con una mezza dozzina di uomini. - Sì, lei sa troppo, e così temo di non poterla liberare. Sarebbe in grado di raccontare un mucchio di cose compromettenti alla polizia. Questa casa si è rivelata tanto efficace per le nostre attività che sarebbe un vero peccato perderla così. Specialmente adesso che il Conte Zadowa è stato costretto a lasciare il suo ufficio, esclusivamente per colpa della vostra riprovevole curiosità. Però Drummond non gli badava. I suoi occhi fissavano il russo, che era H. Cyril McNeile (Sapper)
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tornato lentamente al centro della stanza, imbracciando un fucile. Si trattava di un comune fucile russo, con una baionetta inastata. Yulowski lo maneggiava con cura, stando dietro Peterson, e a un tratto il Conte Zadowa impallidì e cominciò a tremare. Gettare una bomba in una stanza per difesa è una cosa: sedere a un tavolo impassibile assistendo a una duplice esecuzione è un'altra. Anche i nervi di Peterson sembravano un po' scossi, e la sua mano tremò quando si tolse il sigaro. Però il suo viso non era turbato e la sua voce non era esitante quando parlò agli uomini appena entrati. - Nell'interesse di tutti noi - osservò tranquillamente - ho deciso che è necessario uccidere ambedue i prigionieri. - Fece un segno e Drummond, che sedeva quasi paralizzato nella sua sedia, venne afferrato da sei uomini, tre per braccio. - L'uomo - continuò Peterson - ha intralciato il nostro lavoro in Inghilterra, il lavoro dell'Internazionale Rossa. È il capo della Banda Nera, come forse sapete; e come forse non sapete lui e la sua banda sono i responsabili della misteriosa scomparsa di alcuni dei nostri più fidati compagni. Perciò riguardo a lui non può esserci alcun tentennamento: merita la morte e deve morire. Riguardo alla donna il discorso è un po' diverso. Lei personalmente non ci ha danneggiato; però è un membro della classe borghese ed è sua moglie. Inoltre sa troppo. Così è necessario che muoia anche lei. Il motivo per il quale adotto questo metodo per sbarazzarcene è che, come ho già spiegato a tutti i presenti esclusi i nuovi arrivati, quando i corpi saranno rinvenuti la causa del decesso dovrà apparire accidentale. La polizia riterrà probabile che siano precipitati con la macchina dal ponte andando a sbattere sul pilone di fronte a loro. Domani notte voi porterete i corpi al fiume, dove li scaricherete. E questo - riprese il suo sigaro - è tutto. Yulowski maneggiava il suo fucile con cura e ancora una volta digrignò i denti come un lupo. - Chi prenderò per primo, capo? - disse con indifferenza. - E' uguale - replicò Peterson. - Forse è meglio la donna. Drummond cercò, invano, di parlare. Aveva perso la lingua e tutto, in quella stanza, gli ballava intorno. Vide vagamente il bruto Yulowski roteare il suo fucile per provarlo, e Phyllis seduta ritta impalata, con un'espressione calma e sdegnosa sul volto, mentre due uomini la tenevano ferma per le braccia. Poi, a un tratto, emise un lamento straziante. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Allora vide Yulowski posare il fucile e ascoltare attentamente. - Che c'è? - fece Peterson molto irritato. - Sentite anche voi la dinamo fare un rumore diverso? - disse Yulowski. - Che diavolo c'entra questo adesso? - tuonò Peterson. - Forza, accidenti a voi, e alla dinamo ci pensate dopo. Yulowski annuì e alzò di nuovo il suo fucile. - L'ultima volta - disse rivolto a Drummond, con un'espressione terribile e cattiva - che ho usato questo fucile è stato in un sotterraneo in Russia, su persone ancora più esaltate di voi. L'ho portato appositamente con me come ricordo, mai pensando che avrei avuto il piacere di usarlo di nuovo. Roteò l'arma sopra la sua testa e Drummond chiuse gli occhi, per riaprirli un attimo dopo, quando la porta fu spalancata da un uomo terrorizzato. - La Banda Nera! - urlò fuori di sé. - Centinaia, hanno circondato la casa e tagliato i fili. Con un'imprecazione spaventosa Peterson balzò in piedi, e gli uomini che tenevano Drummond, ammutoliti per l'improvviso capovolgimento della situazione, mollarono le sue braccia. Yulowski rimase a fissare inebetito la porta, e tutto accadde così in fretta che nessuno degli stupefatti astanti ebbe il tempo di abbozzare una reazione. Urlando come una bestia inferocita Drummond si gettò con furia cieca sul russo. E quando, due secondi dopo, una dozzina di figure con dei cappucci neri fece irruzione nella stanza, la scena che si presentò ai loro occhi fu agghiacciante. Appeso al muro, trafitto dalla sua stessa baionetta, che gli usciva dalla schiena per circa sei piedi, c'era un uomo dai capelli e dalla barba rossi, che biascicava in modo orribile parole incomprensibili; mentre nell'uomo che si avvicinava furtivamente a un pastore dall'aspetto benevolo, rannicchiato in un angolo, riconobbero a malapena il loro capo, trasformato dal furore. Carl Peterson non era un vigliacco. Nel suo ambiente si raccontavano molte storie sui suoi nervi saldi e il suo totale sprezzo del pericolo. Inoltre la natura lo aveva dotato di una forza fisica nettamente superiore alla media. Ma ora, forse per la prima volta in vita sua, conosceva il significato del terrore, squallido e spregevole. Quegli uomini sinistri in nero, membri di quella stessa banda che si era prefisso di distruggere venendo in Inghilterra, sembravano aver invaso la H. Cyril McNeile (Sapper)
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stanza. Silenziosamente, come persone perfettamente addestrate, disarmarono tutti, poi si disposero intorno alle pareti, in attesa. Nessuno parlava: solamente le orribili imprecazioni del russo agonizzante rompevano il silenzio, mentre cercava disperatamente di estrarre fucile e baionetta, che lo avevano fissato al muro come si appunta una farfalla a una collezione con uno spillo. Peterson ebbe una fugace visione di una ragazza pallida e con gli occhi sbarrati, protetta alle spalle da due delle immobili figure in nero, la ragazza che aveva appena condannato a una morte atroce, poi tornò a guardare paralizzato l'uomo che si stava avvicinando. Cercò di indietreggiare verso l'angolo, aggrappandosi con dita sfibrate al suo colletto da ecclesiastico, mentre il sudore gli imperlava la faccia. Poiché non c'era pietà negli occhi di Drummond, non c'era pietà nelle grandi braccia protese in avanti. E Peterson si rese conto che era giusto così. Poi accadde. In silenzio. Le mani di Drummond entrarono in azione e Peterson si sentì trascinare inesorabilmente verso l'uomo che aveva deciso di uccidere neanche due minuti prima. Toccava a lui ora chiedersi disperato se per caso non fosse un mostruoso incubo, anche mentre si dimenava impotente con un ultimo sussulto, alle prese con un uomo che pareva avere una forza smisurata. Stava morendo strangolato: la presa sulla sua gola era di una ferocia disumana. Si sentì un ruggito e poi all'improvviso smise di lottare. Lo sguardo furioso negli occhi di Drummond lo ipnotizzò, e per la prima e unica volta nella sua vita si arrese. La stanza cominciò a roteare intorno a lui, le figure nere silenziose, Yulowski morente, la ragazza, tutto sembrava immerso in un caos sempre più oscuro, sempre più oscuro, che annebbiava ogni cosa tranne gli occhi fiammeggianti dell'uomo che lo stava strozzando. Poi, mentre si sentiva sprofondare nelle tenebre, non ancora del tutto paralizzato, riuscì a percepire un cambiamento nella camera. Qualcosa di nuovo si era inserito in quell'allucinante carosello: sentì vagamente una voce, forte e angosciata, una voce che riconobbe. Era una voce femminile e dopo un po' la morsa sulla sua gola si allentò. Traballò appoggiandosi al muro, boccheggiando e farfugliando, e a poco a poco la stanza cessò di girare, le morse d'acciaio cessarono di schiacciargli il cuore e i polmoni. C'era Irma lì, Irma che aveva trafitto il suo cervello con un grido pietoso, Irma che aveva indotto quelle terribili mani ad allentare la stretta giusto in H. Cyril McNeile (Sapper)
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tempo. Gradualmente tutto tornò normale: poteva nuovamente vedere e sentire. Era ancora rannicchiato contro il muro, però aveva ottenuto una attimo di tregua. Questa era la cosa importante in quel momento, questo e il fatto che la furia omicida fosse scomparsa dagli occhi di Hugh Drummond. Le figure nere stavano ancora lì, immobili, intorno alle pareti; il russo penzolava morto; Phyllis era accasciata priva di sensi sulla sua sedia. Però Peterson non badava a tutto ciò: non degnò di uno sguardo né il Conte Zadowa, che tremava in un angolo, né i suoi uomini radunati al centro della stanza. Teneva gli occhi addosso a Drummond, che stava di fronte a Irma con un'espressione quasi sbalordita sul volto, mentre lei lo supplicava disperatamente. - Ha ordinato a quell'uomo di spaccare la testa a mia moglie con il calcio di un fucile - disse Drummond con voce roca. - E voi ancora implorate pietà. Si passò un paio di volte la mano sulla fronte quando Irma ricominciò con le suppliche; poi si voltò e fissò Peterson. Lei infine si interruppe, mentre Hugh continuava a fissare il pastore boccheggiante come se stesse prendendo una decisione. In effetti era proprio quello che stava facendo. Al pari della maggior parte degli uomini grandi e grossi difficilmente si arrabbiava, ma una volta persa la pazienza non era facile recuperare la calma. Mai finora, nella sua vita, aveva avuto un simile accesso di furia folle. Sin dall'inizio Peterson l'aveva ingannato, dal momento in cui era entrato nella sua stanza al Ritz. Aveva fatto del suo meglio per assassinarlo, e non contento di questo aveva ordinato che lui e Phyllis fossero massacrati a sangue freddo. Se la Banda Nera non fosse arrivata, o se avessero tardato di pochi secondi, sarebbe stata la fine. Phyllis, la sua Phyllis, sarebbe stata uccisa da quel demonio che aveva infilzato al muro con la sua stessa baionetta. Ripensandoci serrò ancora una volta i pugni, e il furore scintillò nuovamente nei suoi occhi. Poiché Peterson era il vero colpevole: Peterson era il capo. Uccidere il servo e non il padrone era ingiusto. Si avvicinò al pastore rannicchiato e lo afferrò nuovamente per la gola, scuotendolo come un terrier scuote un ratto. Sentì la debole pressione di Irma sul suo braccio, ma non vi fece caso. Nella sua mente c'era spazio unicamente per la fredda determinazione di liberare il mondo una volta per tutte da questa lurida canaglia. Le figure in nero intorno alle pareti H. Cyril McNeile (Sapper)
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continuavano a restare impassibili, anche quando la ragazza prese a correre dall'una all'altra chiedendo aiuto. Conoscevano il loro capo, e sebbene non sapessero che cosa avesse provocato questa terribile ira si rimettevano completamente a lui. Non mettevano in dubbio la liceità del suo atto: era giusto, altrimenti Hugh Drummond non l'avrebbe fatto. Così osservavano e attendevano, mentre Drummond, fiammeggiante, metteva in ginocchio il pastore e Irma si accasciava semisvenuta vicino al tavolo. Però per l'ennesima volta il Fato intervenne a favore di Peterson, servendosi di una donna. E fortunatamente per lui l'aiuto arrivò dall'unica donna, dall'unico essere umano, che in quel momento avrebbe potuto influenzare Drummond. Phyllis aprì gli occhi all'improvviso e, ancora frastornata dall'orrore degli ultimi minuti, si guardò intorno. Vide gli uomini ammucchiati al centro della stanza, il russo che penzolava in avanti in modo grottesco retto dalla sua stessa baionetta, la Banda Nera silenziosa e immobile come un giudice vendicatore disposta lungo le pareti. Poi vide suo marito che piegava sempre più il collo di Carl Peterson, ed ebbe la sensazione di stare per esplodere. Per un attimo fissò il viso di Hugh, e vi scorse uno sguardo che non aveva mai visto prima, uno sguardo così terribile che le fece emettere un grido penetrante e convulso. - Lascialo andare, Hugh: lascialo andare. Non farlo. Era una voce lacerante, sebbene all'inizio non avesse alcun effetto sui muscoli del suo braccio. Poi un'espressione vagamente perplessa apparve nei suoi occhi: un cane richiamato all'ordine dal padrone doveva sentirsi più o meno così. Lascialo andare... lasciar andare Peterson! Questo gli stava chiedendo Phyllis, Phyllis che era stata sul punto di morire neanche cinque minuti prima. Lascialo andare! Improvvisamente il suo sguardo si placò e le mani allentarono la presa: Carl Peterson si accasciò al suolo privo di sensi, privo di sensi ma ancora vivo. Lo aveva lasciato andare e dopo un po' indietreggiò e si guardò intorno. I suoi occhi si posarono per un attimo sul russo morto e attraversarono pensierosamente una fila di figure nere. A poco a poco un sorriso si fece strada sulla sua faccia, un sorriso che si allargò in un ghigno. - Consiglio del tutto sensato, cara - osservò infine. - Opportuno. Stavolta avevo quasi perso la pazienza.
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18. Dove il ministro degli Interni impara il fox-trot Fu una settimana dopo. Nell'ufficio di Sir Bryan erano seduti due uomini, di cui almeno uno era un personaggio assai noto. Sir Bryan non amava i riflettori: per strada non lo riconosceva nessuno. In effetti veniva da chiedersi quanta gente conoscesse il suo nome. Diverso il discorso relativo al suo compagno: come membro di diversi governi consecutivi il suo volto era noto quasi quanto quello delle stelline dell'industria cinematografica. Si può ben dire che mai, nel corso di una vita dedicata alle bizzarrie della politica, il suo viso aveva mostrato un'espressione più perplessa. - Ma è incredibile, Johnstone - osservò per l'ennesima volta. - Semplicemente incredibile. - Nondimeno, Sir John - rispose l'altro - è vero. Le prove in mio possesso sono inconfutabili. Come forse ricorderete, da tempo ho richiamato l'attenzione del governo sulla diffusione di queste attività in Inghilterra. - Sì, sì, lo so - disse Sir John Haverton alquanto irritato - però finora non mi avevate mai dato un quadro così particolareggiato. - In tutta franchezza - rispose Sir Bryan - neanche io ne conoscevo tutti i particolari. Se non fosse stato per la Banda Nera, che ha scovato questa casa nell'Essex, Maybrick Hall, sopraffacendo i proprietari e mettendomi sulle loro tracce, molte cose non sarebbero mai venute alla luce. - Ma chi sono i membri di questa Banda Nera? - chiese il ministro. Sir Bryan sorrise in modo enigmatico. - Per il momento, forse mormorò - sarebbe meglio sorvolare su questo. Posso dire che in tutta la mia carriera non ero mai stato così sorpreso come quando ho scoperto chi era il capo della banda. A tempo debito, Sir John, può darsi che ritenga opportuno comunicarvi il suo nome; ma nel frattempo proporrei di concentrarci sulle informazioni che costui ci ha fornito, e considerarlo ancora anonimo. Penso che sarete d'accordo con me che questo paese glielo deve. - Ci mancherebbe - grugnì l'altro, con un sorriso. - Se continua così gli diamo un seggio nel gabinetto. - Avrei i miei dubbi - replicò Sir Bryan, sorridendo in modo ancora più enigmatico - sull'opportunità di una simile operazione, anche se sarebbe un H. Cyril McNeile (Sapper)
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bel rinforzo. Il ministro però era tutto preso, ancora una volta, dalla lettura di un rapporto. - Incredibile - mormorò nuovamente. - Incredibile. - Eppure, come ripeto, è la verità - disse l'altro. - Che ci fosse una cospirazione organizzata e ben foraggiata per predicare il Bolscevismo in Inghilterra lo sapevamo già da un po' ; ma non ci eravamo resi conto della sua efficacia. Come vedrete leggendo quel foglio, non c'era un solo centro industriale in tutta la Gran Bretagna che non avesse una sezione di questa organizzazione, che poteva in caso di necessità attingere alle casse del quartier generale. La provenienza di questi fondi è ancora da accertare: a mio avviso non c'è dubbio che arrivassero per lo più dalla Russia. Ecco, Sir John - il suo tono si fece improvvisamente eccitato - le prove certe di un gigantesco tentativo di rivoluzione mondiale sul modello russo. Ecco le prove della spaventosa diffusione delle Scuole di Catechismo Proletario, con la loro abominevole propaganda e il loro dichiarato tentativo di convertire i ragazzi che le frequentano a un credo che inizia con la distruzione e termina con l'anarchia totale. Ecco le prove certe che, nell'80 per cento dei casi, gli uomini coinvolti in questo complotto non sono dei visionari, spinti da grandiosi progetti di riforme universali, e neppure dei martiri che sacrificano le loro vite per quello che ritengono il bene della comunità, bensì criminali, e in molti casi assassini. Ecco le prove certe che l'80 per cento di questi uomini pensa solamente a una cosa: far denaro comunque, e a tale scopo sono pronti a distruggere completamente il lavoro onesto in questo e in qualsiasi altro paese. Non è poi così difficile come sembra, e non è neppure una grande impresa. Il cancro è qualcosa di minuscolo rapportato al corpo della persona che uccide: il cancro della lingua di un uomo può ucciderne mille. Questo è un paese libero, Sir John; ma è giunto il momento di cambiare il nostro concetto di libertà. Non possiamo continuare a essere la fogna d'Europa, dando rifugio a dei microbi che ci infettano non appena arrivano. Abbiamo bisogno di una ripulita: ne abbiamo grandemente bisogno. E poi abbiamo bisogno di un sano insegnamento, con i migliori rappresentanti dei datori di lavoro e i migliori rappresentanti dei lavoratori come maestri. Altrimenti questi sono i risultati. Con il dito allungò un foglio di carta al ministro. "Insegnare ai ragazzi l'ideale della Rivoluzione, questo dovrebbe essere H. Cyril McNeile (Sapper)
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l'obiettivo primario di una scuola Proletaria." - Stampato a Maybrick Hall - disse Sir Bryan arcigno. - E sentite qui, un paio di passaggi dalle Dieci Massime Proletarie. "Voi esigerete, per il bene della vostra classe, la capitolazione incondizionata della classe capitalista." E un altro: "Voi predicherete la Rivoluzione, poiché la rivoluzione significa l'abolizione dell'attuale sistema politico, la fine del Capitalismo". Fece una breve risata. - Questo è quello che insegnano ai ragazzi: distruzione, distruzione, distruzione, non si parla mai di costruzione. Che cosa faranno dopo? Non lo sanno, e non se ne curano, finché l'insegnamento rende. Sir John Haverton scosse il capo pensieroso. - Devo esaminare a fondo tutto ciò - osservò. - Però nel frattempo avete stuzzicato la mia curiosità a proposito di questa vostra Banda Nera. Mi pare di ricordare che i giornali hanno pubblicato un singolare manifesto... qualcosa che aveva a che fare con quel maledetto furfante di Latter, o mi sbaglio? Sir Bryan si appoggiò alla sedia e si accese una sigaretta. - Ci sono un paio di lacune che non ho ancora colmato - rispose. - Però posso raccontarvi in breve che cosa ci ha portato a scoprire quella casa nell'Essex di cui vi ho parlato, Maybrick Hall. Circa sei giorni fa ho ricevuto un messaggio dattiloscritto simile ad altri che avevo visto in precedenza. Un certo difetto nella macchina per scrivere mi ha convinto del fatto che si trattasse della stessa fonte, ossia del capo della Banda Nera. Ecco il messaggio. Aprì un cassetto della sua scrivania e passò un foglio di carta al ministro. "Se - diceva - il buon Mc Iver farà un salto a Maybrick Hall, Essex, troverà qualcosa di molto interessante in quella deliziosa località di campagna. Molti esemplari, alcuni morti e altri vivi, tutti in splendido stato di conservazione. Troverà pure molti interessanti congegni nella casa. Soprattutto, che stia attento a un attempato pastore dall'aspetto caritatevole, la cui bellezza è guastata un po' da un collo rigido e alquanto gonfio, accompagnato da un'affascinante signora che risponde al nome di Janet. Costoro sono le ineguagliabili gemme della collezione ed erano sul punto di lasciare il paese con l'allegato pacchetto che non è più sotto la loro custodia. Il mio pudore mi impedisce di dire a uno scapolo come voi H. Cyril McNeile (Sapper)
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in quale parte degli indumenti della cara Janet sia stata trovata questa borsa. Ve lo lascio indovinare." - Che diavolo... - farfugliò Sir John. - È uno scherzo? - Tutt'altro - rispose l'altro. - Leggete fino in fondo. - "Dopo che Mc Iver avrà fatto questo lavoretto - continuò Sir John potrebbe dirigere a Nord. C'era un'isola disabitata al largo della costa Ovest di Mull, che non è più disabitata, dove può trovare tutto quello che cerca. Con affetto. Il capo della Banda Nera." Sir John posò il foglio e fissò il capo della Scientifica. - È forse la divagazione di un intelletto malato? - chiese con un certo sarcasmo. - Niente di tutto questo - replicò l'altro concisamente. - Mc Iver e dieci agenti in borghese si sono recati immediatamente a Maybrick Hall. E hanno trovato un posto davvero singolare. C'erano una quindicina di uomini sul posto, legati come salami, e vivi, sistemati in fila nell'atrio. Su un piedistallo, più in là, pure legati mani e piedi, c'erano il caritatevole pastore e la signorina Janet. Questo per quanto riguarda i vivi, a eccezione di un italiano, che è stato trovato beatamente addormentato di sopra, assicurato con un lucchetto a una catena fissata al muro. L'ho menzionato per ultimo, perché era destinato a svolgere un ruolo di primo piano nella faccenda. - Aggrottò improvvisamente le ciglia. - Di primissimo piano, maledetto - ripeté. - Comunque, passiamo ora agli altri esemplari. Nel terreno circostante sono stati trovati un uccello morto, una volpe morta, un cane da caccia morto grosso come un vitello e tre uomini morti. Sir John sobbalzò urlando, tirandosi su a sedere. - Morti tutti allo stesso modo - continuò l'altro imperturbabile fulminati. Ma questo è niente in confronto a quello che hanno trovato dentro. In una stanza del primo piano c'era un esemplare, in realtà più scimmia che uomo, dall'aspetto orribile con il collo spezzato. Inoltre l'arteria principale del suo braccio sinistro era stata recisa con un coltello. Ancora niente rispetto a quello che hanno trovato al pianterreno. Appeso al muro c'era un uomo dai capelli rossi morto stecchito. Un fucile con baionetta inastata era stato conficcato nel suo petto e era infilato nel muro alle sue spalle per sei pollici; e su questo poggiava il corpo. - Santo cielo! - disse Sir John, inorridito. - Chi è stato? - Il capo della Banda Nera, da solo, lottando disperatamente per la sua vita e per quella della moglie. Uno degli uomini legati nell'atrio ha H. Cyril McNeile (Sapper)
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collaborato e ci ha raccontato tutto. Non starò qui ad annoiarvi con l'intera storia, tanto non ci credereste. Quest'uomo ha sentito e visto tutto. Ecco il suo racconto. Il capo, un uomo dalla forza smisurata, ha gettato la moglie al di là della rete attraversata dall'alta tensione, proprio mentre sopraggiungeva il cane da caccia sguinzagliato sulle loro tracce, e il cane scagliandosi su di lei si è autofulminato. La ragazza, correndo alla cieca nella notte in una zona sconosciuta, si è imbattuta per sua fortuna nell'ufficio postale locale, ed è riuscita a fare una telefonata a Londra, dove ha rintracciato il resto della banda; si erano riuniti in attesa, insospettiti da un messaggio ricevuto quella sera dal Ritz. Poi ha lasciato l'ufficio postale e ha vagato senza meta per le strade, quando improvvisamente si è ritrovata davanti a un'automobile. Dentro c'erano un pastore e un altro uomo, e non ha riconosciuto nessuno dei due. Le hanno offerto un passaggio, e poco dopo si è accorta di essere finita in trappola: infatti stava tornando a Maybrick Hall. Questo è quanto l'uomo ha sentito: il resto l'ha visto. Il capo della Banda Nera e sua moglie sono stati condannati a morte dal pastore... Pastore! - Sir Bryan levò i pugni al cielo. - Darei un anno di stipendio per mettere le mani su quel pastore. - È scappato? - urlò l'altro. - Ogni cosa a suo tempo - disse Sir Bryan. - Sono stati condannati a morte. Sarebbe stata spaccata loro la testa con il calcio di un fucile, dopo di che sarebbero stati gettati nel fiume. Doveva sembrare un incidente. L'uomo che doveva farlo era un russo di nome Yulowski, uno degli uomini che ha massacrato i reali russi... Un diavolo di indescrivibile crudeltà. Aveva già sollevato il fucile per uccidere la ragazza quando la Banda Nera, dopo aver tolto l'alta tensione, è sopraggiunta appena in tempo. È stato allora che il capo della Banda Nera, ormai rassegnato a vedere la moglie con il cranio fracassato, ha approfittato del caos scagliandosi come un animale inferocito sul russo. L'uomo che ci ha raccontato questo non credeva ai propri occhi quando ha visto il terribile colpo con il quale il fucile ha infilzato il russo, trafiggendolo come fosse burro. È morto in tre minuti. - Ma, amico mio - farfugliò il ministro - non penserete mica che io creda a tutto questo. Voi vi fate gioco di me. - Mai stato più serio in vita mia, Haverton - disse l'altro. - Ammetto che la storia è un po' inverosimile, però ogni parola che vi ho detto è vangelo. Per tornare alle scoperte. Mc Iver si è accorto che la casa era il quartier H. Cyril McNeile (Sapper)
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generale di una vasta organizzazione criminale. C'erano piani incredibili curati in ogni dettaglio. Alcuni di essi impraticabili, altri no. Li ho tutti qui. Con questo - dette un'occhiata ad alcune carte sul suo scrittoio - volevano aprire una larga breccia nel muro di sostegno del grande bacino idrico di Staines. Questo qui riguarda un attentato ben preparato alla vostra persona, in occasione della visita che farete la settimana prossima a Beauchamp Hall. Vi avrebbero ritrovato morto nella vostra carrozza ferroviaria. - Cosa! - gridò Sir John, balzando in piedi. - Probabilmente sarebbe fallito - disse Sir Bryan calmo - ma ci avrebbero riprovato. A questi gentiluomini non piacciono affatto né voi né le vostre idee. Ma questi sono solo i meno importanti. Da tempo immemorabile giovani esaltati e fanatici fanno cose simili: il pericolo in questo caso era molto più serio e sottile. E forse l'attività più pericolosa di tutte, ve ne ho già parlato, era un'altra. Maybrick Hall era il quartier generale di queste funeste Scuole di Catechismo Socialista. Oltre a ciò si dedicavano, su vasta scala, alla falsificazione: hanno bisogno di soldi per le loro attività. C'erano anche lunghe liste di agenti in diverse parti del paese, e istruzioni dettagliate su come fomentare disordini nelle fabbriche. Ma avete tutto qui, potete rileggervelo con comodo. Raccomando alla vostra attenzione soprattutto i pamphlets sull'Irlanda, e i metodi suggeriti per provocare attriti tra l'Inghilterra e la Francia e tra l'Inghilterra e l'America. Sir Bryan si accese una sigaretta. - Torniamo ora agli aspetti più personali della vicenda. Mc Iver, tutto preso dalla sua ricerca, non ha badato molto alla fila di mummie nell'atrio. Gli sembravano di certo inoffensive, e non possiamo biasimarlo per questo. Ma resta il fatto che a un certo momento l'italiano che, come voi ricorderete, era legato in una camera del primo piano, è fuggito. Come non lo so, deve aver avuto una chiave del lucchetto in tasca. I nostri uomini lo hanno trovato aperto e la stanza era vuota. Scendendo di sotto hanno trovato vuote anche le sedie che erano occupate fino a poco prima dal pastore e dalla signorina Janet, che da quel momento hanno fatto perdere le loro tracce. Come se la terra si fosse spalancata e li avesse inghiottiti. Il che ci porta al pacchetto allegato alla lettera del capo della Banda Nera. Andò alla cassaforte e prese la borsetta di pelle di camoscio contenente i diamanti. - Belle pietre - notò con calma. - Degne, letteralmente, del riscatto di un re. Quella rosa fa parte dei gioielli della corona russa, il resto apparteneva H. Cyril McNeile (Sapper)
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al Granduca Giorgio, assassinato dai bolscevichi. Suo figlio, che li aveva in custodia, è morto dieci giorni fa per una dose eccessiva di sonniferi ad Amsterdam. Perlomeno questo era quello che pensavo prima di ricevere ciò. Adesso non ne sono più così sicuro. Anzi posso dire di essere convinto che, anche se è morto davvero per questa dose eccessiva, essa gli sia stata somministrata da qualcun altro. Somministrata dal caritatevole pastore che si fa chiamare reverendo Theodosius Longmoor, il criminale più sorprendente che sia mai apparso sulla scena internazionale, l'uomo che, insieme alla signorina Janet e all'italiano, è svanito nel nulla, proprio sotto il naso di Mc Iver. - Volete dire che quest'uomo è stato in Inghilterra e voi ve lo siete fatto scappare? - disse Sir John incredulo. - Purtroppo è andata così - rispose l'altro. - La polizia di quattro continenti lo conosce, ma finora non c'era lo straccio di una prova. Questa volta sì: i diamanti, e quest'uomo si è volatilizzato. È la mente che controlla tutto, ma raramente si espone di persona. Ecco perché è tremendamente difficile prenderlo. Prima o poi ci riusciremo. Il ministro stava esaminando per l'ennesima volta il messaggio dattiloscritto proveniente dal capo della Banda Nera. - È una faccenda veramente sbalorditiva, questa, Johnstone - disse infine. - Sbalorditiva. E che mi dite di quell'isola al largo della costa di Mull? Sir Bryan rise. - Non è certo la parte meno sbalorditiva dell'intero spettacolo, ve lo assicuro. Ma per maggior chiarezza sarà meglio fare un passo indietro di un paio di mesi, all'epoca in cui per la prima volta siamo venuti a conoscenza dell'esistenza della Banda Nera. Si è verificata allora una serie di strane sparizioni: uomini svaniti nel nulla, senza lasciare alcuna traccia. Ovviamente ne eravamo al corrente, ma poiché non eravamo mai stati chiamati in causa, e ancor più poiché la loro compagnia non ci era gradita, non siamo intervenuti. Dopo indagini informali siamo arrivati alla conclusione che questa misteriosa Banda Nera era una realtà, e che inoltre era strettamente connessa a queste sparizioni. Ma siamo anche arrivati alla conclusione che gli ideali e gli obiettivi di questa banda erano tutto sommato condivisibili. Una simile posizione, ovviamente, non può essere ammessa ufficialmente: il rapimento di una persona è comunque un crimine. Però siamo giunti alla H. Cyril McNeile (Sapper)
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conclusione che la Banda Nera era indubbiamente un'organizzazione estremamente agguerrita e abilmente guidata, che si proponeva come unico, esclusivo scopo la lotta contro gli elementi rossi in Inghilterra. I mezzi che adottavano erano senza dubbio illegali, però i risultati erano eccellenti. Ogni volta che spuntava qualcuno a predicare il bolscevismo, costui scompariva immancabilmente nel giro di pochi giorni. Insomma, era stato instaurato un regno del terrore contro i terroristi. Per porre fine a tutto ciò, ne sono sicuro, il reverendo Theodosius Longmoor è venuto nel nostro paese. Sir Bryan si accese, pensieroso, un'altra sigaretta. - Torniamo all'isola. Mc Iver ci è andato, e dopo qualche difficoltà è riuscito a localizzarla, ce n'erano una trentina che rispondevano alla descrizione. Non era affatto disabitata, proprio come dice la lettera. Vi ha trovato cinquanta, sessanta fanatici anarchici, i gentiluomini che erano misteriosamente scomparsi, sorvegliati da venti soldati in congedo comandati da un ex sergente maggiore della Guardia. I sessanta deliranti anarchici, gli ha spiegato l'ex sergente maggiore, stavano costruendo uno stato di tipo comunista. Questa spiegazione ha fatto ridere persino Mc Iver fino alle lacrime. A quanto pare ogni tre ore costoro venivano allineati e il sergente maggiore muggiva come un bue: "Le classi dirigenti dovrebbero avere denaro?". E loro rispondevano all'unisono: "No". "C'è qualcuno che dovrebbe avere il denaro?" E di nuovo rispondevano: "No". "Dovrebbero lavorare tutti per il bene comune gratuitamente?" "Sì." Al che urlava: "Bene, in questa isola qui non ci sono classi dirigenti, e non c'è denaro, né buone azioni, perciò andate a piantare patate, figli cornuti di Belzebù". A questo punto l'adunata si scioglieva in ordine sparso. Sir John scuoteva la testa rassegnato. - Questa è una presa in giro, Johnstone. Voi state scherzando. - No - rispose l'altro. - Ma penso che ammetterete che l'uomo che ha dato il via all'intero spettacolo, il capo della Banda Nera, è, per usare un eufemismo, un buontempone che può essere risparmiato. - Amico mio, come ho già detto, il governo è il luogo adatto a lui. Se solo avesse spedito due o tre dei miei colleghi in quell'isola gli farei tanto di cappello. Ditemi, lo conosco? Sir Bryan sorrise. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Non ne sono sicuro, può darsi. Ma il punto, Haverton, è questo. Dobbiamo prender nota di ogni cosa se vogliamo sdebitarci. Vogliamo supporre quindi, per un attimo, che finora io vi abbia raccontato una bella storiella, che la Banda Nera non esista e che ciò che è stato pubblicato sui giornali non è che una montatura di qualche irresponsabile? In caso contrario ci sarà una cause célèbre che verterà su pregiudizi di classe, una cosa decisamente sconsiderata in questo momento. Posso sempre dire che l'isola è stata abbandonata e che i sessanta pionieri sono andati all'estero. Allo stesso modo numerosi agenti, i cui nomi compaiono sulla lista che avete, hanno lasciato i nostri lidi negli ultimi giorni. Spetta a noi fare in modo che non ritornino. Però niente è trapelato sui giornali; e non voglio che trapeli qualcosa. Si fermò all'improvviso, quando udì una voce allegra nell'ufficio accanto. - Ah, ecco un certo capitano Drummond, al quale ho chiesto di passare questa mattina - continuò con un debole sorriso. - Mi chiedo se lo conosciate. - Drummond? - ripeté l'altro. - Un uomo enorme con un brutto faccione? - È lui - disse Sir Bryan. - L'ho visto da sua zia, Lady Meltrose. Dice che è il più grande idiota di Londra. Il sorriso di Sir Bryan divenne più pronunciato quando la porta si aprì ed entrò Hugh. - Giorno, Tum-tum - sorrise giovialmente. - Come va la vita? - Giorno, Hugh. Conoscete Sir John Haverton? - Giorno, Sir John. Ve la spassate sempre al governo? O siete stati travolti da Purple Polly a Goodwood ieri? Sir John si alzò un po' irritato. - Abbiamo altro da fare che scommettere sui cavalli, capitano Drummond. Non ci siamo incontrati da Lady Meltrose? - Molto probabile - disse Hugh affabile. - Non ceno spesso lì. Invita sempre gente terribilmente noiosa, sapete. - Sono sicuro, capitano Drummond, che voi siete un giudice eccellente. Sir John si rivolse a Sir Bryan Johnstone e gli porse la mano. - Bene, devo andare. Buongiorno, Johnstone... avete proprio stuzzicato la mia curiosità. Mi piacerebbe tantissimo sapere chi è il gentiluomo del quale abbiamo parlato. Nel frattempo esaminerò questi documenti e vi farò sapere, a tempo debito, che cosa ho deciso. H. Cyril McNeile (Sapper)
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Lasciò in tutta fretta l'ufficio e Hugh sprofondò in una sedia con un sospiro di sollievo. - Tum-tum, ragazzo mio, sembrate un po' appesantito - osservò quando la porta si chiuse. - Indigestione, oppure gli stivaletti con gli elastici non calzano bene? - Sapete di che cosa abbiamo parlato, Hugh? - disse l'altro con calma. Assolutamente no. Forse l'ultima sulla ragazza della drogheria? - Abbiamo parlato del capo della Banda Nera - disse Sir Bryan, fissando l'uomo disteso sulla sedia davanti a lui. Drummond rimase impassibile, sembrava concentrato a scegliere una sigaretta. - Voi siete stato a Deauville, vero Hugh, negli ultimissimi giorni? - Esatto, amico. Incantevole. - Voi non sapete che c'è stato un furto nella vostra casa di Londra? - Un furto! - Drummond si tirò su a sedere con un sobbalzo. Dannazione, perché Denny non me l'ha detto? - Molto piccolo - disse Sir Bryan - commesso da me stesso, e forse non lo sa. Ho portato via... la vostra macchina per scrivere. Per un po' Drummond rimase a fissarlo in silenzio, poi le sue labbra cominciarono a contrarsi. - Capisco - disse infine. - Avrei dovuto far riparare quella "s" difettosa. - Mi avete abbindolato, amico - continuò Sir Bryan - in maniera assoluta. Se non fosse stato per uno degli uomini di Maybrick Hall che ha collaborato, credo che non l'avrei mai scoperto. - Bene, che cosa avete intenzione di fare adesso? - chiese Drummond dopo un attimo di pausa. - Niente. Stavo discutendo dell'argomento con Sir John questa mattina, e ci siamo trovati d'accordo sul fatto che voi meritavate o i lavori forzati oppure un seggio in Parlamento. E poiché nessuna delle due possibilità riscuote il nostro consenso abbiamo deciso di non fare niente. Vorremmo evitare, come voi ben comprenderete, ogni forma di pubblicità sulla vicenda. Però, Hugh, le attività della Banda Nera devono cessare. Drummond annuì. - Ricevuto, all'unanimità, Tum-tum. Essa si dissolverà oggi, come nulla fosse. - Un'altra cosa - proseguì Sir Bryan. - Volete togliermi una curiosità e dirmi che cosa ha fatto impazzire Charles Latter? H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Ho fatto - fece Drummond arcigno - come ho detto a quell'idiota di Mc Iver durante un cocktail al Regency. Stava progettando di ridurre sul lastrico tremila uomini, Tum-tum, usando del fulmicotone. Per colpa sua quattro uomini rimasero uccisi a Manchester in seguito a un altro attentato. Così l'ho legato al letto e gli ho messo sotto quella che lui pensava che fosse una piastra di fulmicotone con una miccia. Non era fulmicotone, ma legno. E lui è impazzito. - Fece una pausa, poi proseguì. - Adesso tocca a voi. Perché vi siete fatto scappare Carl Peterson? L'avevo quasi ucciso la scorsa notte, dopo aver infilzato il russo con la baionetta. - Come fate a sapere che è scappato? - domandò Sir Bryan. Hugh frugò nella tasca e tirò fuori un biglietto. - Leggetelo - disse, passandoglielo sulla scrivania. "Che peccato aver dimenticato che forse poteva esserci un'altra chiave del lucchetto, capitano Drummond - recitava - e Giuseppe è un mio vecchio amico. È stato un bel duello." Sir Bryan gli restituì il biglietto senza commentare, e Drummond se lo rimise in tasca. - E la seconda volta - disse con calma, e a un tratto il capo della Scientifica, che sapeva giudicare un uomo meglio di chiunque altro, vide e comprese il vero Drummond dietro quell'apparente stoltezza, un Drummond freddo, pieno di risorse e dalla volontà incrollabile, capace di organizzare e portare a termine qualsiasi impresa si fosse messo in testa di compiere. - È la seconda volta - ripeté, sempre con la stessa tranquillità. - La prossima volta... vinco io. - Però basta con la Banda Nera, Hugh - disse l'altro con tono ammonitore. Drummond agitò la sua enorme mano. - Ho parlato, Tumtum. Una rosa con un altro nome, forse, ma mai più la Banda Nera. Si alzò e fece un largo sorriso al suo amico. - Siete così buono, amico mio, e poi... Gli occhi dei due uomini si incontrarono. - Se si venisse a sapere dovrei cercarmi un altro lavoro - osservò Sir Bryan sarcasticamente. - E forse non prenderei le duemila sterline che se ho ben capito, la vedova del compianto Ginger Martin ha ricevuto da uno sconosciuto. - Smettetela - disse Drummond in imbarazzo. H. Cyril McNeile (Sapper)
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- Delizioso, amico - replicò l'altro. - Però i poliziotti di questo distretto hanno chiesto un aumento di stipendio. La donna si è ubriacata e ha turbato l'ordine pubblico cinque volte nell'ultima settimana. Gli individui di forte ingegno che leggevano abitualmente le incantevoli malignità della signora Tattle in The Daily Observer poterono gustarsi, il mattino dopo, una bella descrizione dell'ultimo grande ballo in maschera della stagione, tenutosi all'Albert Hall la notte precedente. Molto può essere tranquillamente tralasciato come indegno di essere tramandato, però il trafiletto conclusivo merita di essere riportato. "Nel bel mezzo della serata - scrisse con il suo stile spigliato - proprio mentre con una mano consumavo un gelato con la Duchessa del Sussex, e con l'altra rosicchiavo l'ultimo asparago con la Principessa di Montevideo, raffinatamente travestita da portaombrelli, ci hanno servito il brivido della serata. A un tratto sono saltate fuori da tutte le parti numerose figure vestite di nero dalla testa ai piedi. La cara Principessa è divenuta isterica, e ha cominciato a chiedersi se per caso non fosse un 'mani in alto', per usare la sua pittoresca espressione. Di fatto, per sicurezza, ha nascosto il suo parasole con la testa di cristallo, l'ultimo cimelio rimasto della Casa Reale, che costituiva una parte cospicua del suo vestito, dietro a una palma. Qualcuno ha iniziato a sussurrare il nome della misteriosa Banda Nera, ma siamo stati subito riassicurati. Che cari, avevano portato delle bottiglie di champagne! Troppo eccitante! Dopo un po' hanno formato una riga e, a una parola del capo, un uomo enorme, miei cari, esageratamente enorme, hanno scaricato i tappi a raffica addosso a uno dei palchetti, che offriva rifugio nientemeno che a due celebrità, Sir Bryan Johnstone, il capo di tutti i poliziotti, e Sir John Haverton, ministro degli interni. Si è sparsa la voce che uno dei tappi si fosse conficcato nell'occhio destro di Sir John, ma una voce è una donna menzognera, non è vero? Comunque si sono sentiti rumori di bagordi provenienti dal palchetto, e quando sono andata a incipriarmi poco dopo ho chiaramente visto Sir John che prendeva lezioni di fox-trot da quell'enorme uomo nel corridoio. Presumibilmente gli avevano tolto il tappo dall'occhio, o forse no, chissà? Può succedere di tutto durante un ballo all'Albert Hall, specialmente alla fine della stagione." FINE H. Cyril McNeile (Sapper)
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