Cathy Williams
Il Tempo È Galantuomo Vengeful Seduction © 1995 Collezione ottobre 1996 N. 1201
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Cathy Williams
Il Tempo È Galantuomo Vengeful Seduction © 1995 Collezione ottobre 1996 N. 1201
1 Che orribile colore il bianco! Isobel osservò la propria immagine riflessa nello specchio e pensò che non avrebbe mai più indossato un vestito di quella tinta. Le infondeva un senso di profonda angoscia. Cominciò a pettinarsi i lunghi capelli corvini. Erano già due ore che era chiusa in camera da letto con la scusa di doversi vestire. In realtà sperava di rimandare il più possibile ciò che ormai era inevitabile. Bussarono alla porta ed entrò sua madre, raggiante. Isobel le sorrise. Lo sforzo le provocò un dolore alla mascella, ma non poteva farci niente. Quando mai si era vista una sposa depressa? «Sono quasi pronta» disse. Si voltò facendo frusciare il vestito. Le maniche strette le aderivano alle braccia e la scollatura era un po' troppo generosa, ma poteva solo prendersela con se stessa. Aveva permesso a sua madre di scegliere su una rivista il modello dell'abito e le aveva dato carta bianca. Il corpetto le fasciava il busto e i fianchi, da cui partivano due candidi veli di chiffon che arrivavano fino a terra. Si accorse di odiare quel vestito, ma probabilmente avrebbe detestato qualsiasi abito da sposa. «Come mi sta?» domandò alzandosi in piedi. «D'incanto, mia cara» rispose la madre con gli occhi lucidi per l'emozione. «Niente lacrime, me l'hai promesso» ribatté Isobel con decisione. Ci mancavano solo quelle per farla scoppiare in un pianto disperato. E allora, altro che sposa depressa! Col trucco sfatto, il suo viso si sarebbe trasformato in una maschera spaventosa. «Mi sembra ieri che ti reggevi appena sulle gambe e invece oggi ti sposi.» Viola Chandler prese le mani di sua figlia e Isobel la guardò con un nodo alla gola. «Staremo sempre vicine, mamma. Per te Jeremy sarà come un figlio.» Si sentiva male solo a pronunciare quelle parole. Ma i suoi genitori non dovevano sospettare la sua pena. Li amava moltissimo. Era pur sempre la Cathy Williams
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loro adorata figlia unica, nata dopo molti anni di matrimonio, quando ormai loro non ci speravano più. «E io come sto?» La signora Chandler roteò su se stessa e sorrise. «Benissimo.» Era alta come sua figlia, aveva i suoi stessi occhi blu zaffiro e le stesse ciglia lunghe e folte, ma era chiara di capelli. Il morbo di Parkinson poteva averla limitata un po' nei movimenti, ma non aveva diminuito il suo fascino. Aveva sessant'anni ed era ancora una bella donna. «Papà è un uomo fortunato» affermò Isobel e pensando a suo padre si sentì turbata. La signora Chandler sorrise. «Dovevi vederlo un'ora fa! Ha voluto a tutti i costi indossare lo smoking di quando ci siamo sposati ed è andato su tutte le furie quando si è accorto che gli stava stretto. Dovrà tenere slacciato il bottone, ma non se ne accorgerà nessuno. Tutti gli occhi saranno puntati su di te.» Quel commento aumentò un poco la sua pena, ma Isobel sorrise e si sforzò di sembrare ancora più felice. «Come vanno i preparativi?» domandò cambiando argomento. «So che avrei dovuto aiutarti, ma...» «Non preoccuparti. Non potevi certo correre avanti e indietro in abito da sposa. So bene che sei nervosa, ci sono passata anch'io, ma vedrai che tutto andrà a meraviglia. Gli organizzatori del banchetto sono stati fantastici e gli invitati stanno arrivando alla spicciolata. Tuo padre sta intrattenendo la zia Emma e i tuoi cugini con le sue solite barzellette.» Sorrise e le si illuminò il viso. Sembravano una famigliola perfetta, rifletté Isobel. Ma quella era solo l'apparenza. Lei lo aveva scoperto a proprie spese. «Jeremy è già arrivato?» chiese continuando ancora a sorridere. «Lo aspettiamo da un momento all'altro.» La signora Chandler si avvicinò lentamente alla porta. «Andrò a dare man forte a tuo padre, mia cara. Verrà a prenderti tra pochi minuti.» Si fermò. «Sono così felice per te. Sai che io e tuo padre siamo rimasti un po'... delusi dal fatto che non intendessi terminare gli studi all'università. Ma adesso abbiamo capito che sai quello che fai.» Uscì e Isobel si sedette sul letto. Adesso che era sola poteva smettere di sorridere. Avrebbe preferito che sua madre non avesse toccato l'argomento università. Per quel matrimonio Isobel aveva dovuto inghiottire molti bocconi amari e rinunciare a studiare era stato uno di questi. Cathy Williams
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Sospirò. Più che il passato, a preoccuparla era quello che le avrebbe riservato il futuro. Indossò le scarpe di raso dal tacco alto con un senso di disagio. Si adattavano magnificamente all'abito, anche se la sua altezza non le richiedeva affatto. Si guardò allo specchio. Nel complesso aveva un ottimo aspetto. I suoi lunghi capelli neri erano soffici come la seta, la sua pelle era bianco latte, i lineamenti perfetti. Fin da piccola era stata oggetto di grandi complimenti, ma non vi aveva mai dato molta importanza. Considerava la bellezza come un bene fugace che qualche volta poteva diventare un vero impedimento. Poteva aprire delle porte, ma al di là di queste non sempre si trovava ciò che si era sperato. Si avvicinò alla finestra che si affacciava sul retro del giardino. Da quel punto di osservazione non era impossibile vedere arrivare gli invitati. Parenti, compagni di scuola e di università suoi e di Jeremy, gli amici di sempre. Osservando il giardino, Isobel si sforzò di immaginare le loro reazioni alla notizia del matrimonio. Molti dovevano considerarlo come un naturale epilogo, ma i suoi amici più cari le avevano già comunicato il loro disappunto per la sua decisione di rinunciare a una laurea in medicina pur di sistemarsi. Ovviamente lei non aveva ribattuto niente. Come avrebbe potuto? Anche i suoi genitori erano rimasti delusi, ma si erano impegnati a rispettare la sua scelta. L'avevano allevata con l'idea che l'istruzione fosse molto importante ed erano rimasti sconvolti quando, sei mesi prima, era tornata a casa e senza troppo entusiasmo aveva annunciato loro la sua decisione di sposare Jeremy Baker. Come prima cosa avevano creduto che lei fosse incinta, e quella era stata l'unica nota divertente in quella triste faccenda. «È che l'hai deciso così all'improvviso» si era giustificata sua madre aggrottando la fronte. «Non sapevo nemmeno che tu e Jeremy foste così intimi. Io pensavo...» Isobel sapeva bene ciò che sua madre pensava e l'aveva interrotta sostenendo di aver scoperto solo alla fine per chi batteva veramente il suo cuore. «Ma non potete aspettare un po'?» le aveva domandato suo padre, preoccupato, e lei non era nemmeno riuscita a guardarlo in faccia. Cathy Williams
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«Così riteniamo di fare la cosa giusta» aveva mormorato. Quando poi le avevano chiesto della laurea in medicina, aveva vigliaccamente sostenuto che non le interessava più di tanto. Dopo il primo momento di imbarazzo, sua madre si era dedicata ai preparativi per il matrimonio con grande zelo. L'aveva aiutata a scegliere le partecipazioni e il colore dei fiori da mettere sotto il tendone allestito in giardino. L'aveva convinta a optare per il giallo, perché era un tipico colore primaverile. Per lei sarebbero stati più adatti i colori dell'inverno, ma le aveva risparmiato quel cinico commento. Cominciò ad andare avanti e indietro per la stanza. Intorno a lei tutto le ricordava l'infanzia: i libri di avventure che aveva divorato da bambina, prima che fossero i testi di biologia ad appassionarla, una bambola che i suoi genitori le avevano regalato quando aveva cinque anni, un disegno della sua famiglia fatto da lei stessa a quattro anni e che i suoi avevano orgogliosamente incorniciato. Eppure, malgrado tutto quell'orgoglio, più che una natura artistica Isobel aveva una mente logica. Era ironico il modo in cui la sua vita, avviata verso la più razionale delle conclusioni, una laurea in una materia che adorava e una carriera al servizio degli altri, si fosse poi arenata in modo così irrazionale. In quel momento ripensò a Jeremy e deglutì per soffocare il risentimento che provava nei suoi confronti. Tra meno di un'ora sarebbe diventata sua moglie. Sentì bussare di nuovo alla porta e si irrigidì. Non poteva essere suo padre. Diede un'occhiata all'orologio e vide che le rimanevano ancora quaranta minuti di libertà. «Sì? Avanti.» Doveva trattarsi di Abigail, la sua amica più cara e meno diplomatica. Probabilmente intendeva rinfacciarle di nuovo la stupidità di quella scelta. «Fa' come vuoi» aveva commentato quando Isobel le aveva dato la notizia. «Sposati pure con quel verme e rinuncia al sogno di diventare medico. E già che ci sei, perché non ti butti sotto il primo treno?» Abigail studiava recitazione e aveva un modo molto teatrale di esprimersi. Ogni volta che si erano incontrate, non le aveva risparmiato qualche acido commento. Adesso Isobel temeva che fosse di nuovo alla carica. Ma non si trattava di Abigail. Era l'ultima persona al mondo che Isobel avrebbe voluto incontrare. «Devo constatare che la sposa è pronta» dichiarò l'uomo entrando nella Cathy Williams
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stanza e richiudendo la porta. Il tono delle sue parole era sarcastico, l'espressione sul suo viso sprezzante. «Che cosa ci fai qui?» gli domandò Isobel. Il cuore le batteva forte nel petto e si sentiva soffocare. Quell'uomo aveva sempre avuto la capacità di mandarla in tilt. «Ti stupisci di vedermi qui?» Lorenzo sorrise con aria tutt'altro che divertita. «Perché mai, mia cara Isobel? Sono pur sempre uno dei testimoni.» Lei si passò la lingua sulle labbra secche. «Dovresti essere da basso, con tutti gli altri.» «Non avrei mai pensato che l'avresti fatto» sentenziò Lorenzo avvicinandosi. «Quando me ne parlasti, cinque mesi fa, credetti che fosse solo uno stupido scherzo.» «Invece è una cosa seria, Lorenzo.» Lui la afferrò per le braccia all'improvviso e Isobel fece una smorfia di dolore. «Perché? Perché dannazione?» «Te l'ho detto...» «Tu non mi hai detto un bel niente!» La lasciò andare e si accostò alla toletta coi pugni chiusi. Isobel lo seguì osservando la sua schiena, la testa bassa e dovette fare uno sforzo per non abbracciarlo. In quel momento Lorenzo si voltò e la guardò con occhi furenti. «Perché lo fai, Isobel? Non sei innamorata di Jeremy Baker.» Il tono della sua voce era sarcastico e lei reagì di botto per non dovergli rispondere. «Come puoi parlare di lui in questo modo? Pensavo che foste amici.» «Lo conosciamo entrambi» ribatté Lorenzo. «È una persona instabile, sconsiderata. Eri tu stessa ad affermarlo. Non è per questo che hai smesso di considerarlo tuo amico quando ha cominciato a lavorare per tuo padre? Ti spaventava. Eri contenta di poter frequentare l'università.» «Anche tu mi spaventi quando fai così» replicò. Osservò il suo corpo vigoroso, quella sua aria da bel tenebroso che aveva fatto girare la testa a tutte le ragazze, anni prima, quando lui era arrivato alla sua scuola. Allora Lorenzo aveva solo sedici anni, ma aveva già un grande fascino. «Cerco di essere ragionevole, Isobel» le disse con voce impaziente. «Sto tentando di capire se c'è qualcosa che non riesco ad afferrare o se non sia il Cathy Williams
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caso di portarti al più vicino manicomio con la camicia di forza.» Socchiuse gli occhi chiari che contrastavano con i suoi capelli scuri e con la pelle olivastra. Era figlio di emigranti italiani e aveva potuto frequentare una delle migliori scuole private d'Inghilterra grazie a una borsa di studio. Si era distinto dagli altri studenti danarosi come un leone in mezzo a un gregge di pecore. Le sue origini erano umili, ma la sua brillante intelligenza e il suo ingegno creativo gli avevano garantito il rispetto di tutti. A sedici anni aveva un intuito eccezionale e si mormorava che fosse più in gamba di alcuni professori. «So quello che sto facendo» dichiarò Isobel abbassando gli occhi sulle proprie mani. «Non mi sembra proprio!» gridò Lorenzo e lei fissò la porta, allarmata. «Se continui così, verranno a vedere che cosa sta succedendo.» «Vorrà dire che sentiranno ciò che ho da comunicarti. Ritengo che ti abbia dato di volta il cervello.» «Tu non capisci» ribatté lei e Lorenzo le si avvicinò. «Non capisco cosa?» Per un attimo Isobel non seppe più come proseguire. Fin dall'inizio Lorenzo si era insospettito per quella sua decisione. Rispondendogli in modo vago, lei avrebbe solo aumentato i suoi sospetti. E lui era così intelligente che sarebbe riuscito anche ad arrivare a scoprire la triste verità. «Io voglio bene a Jeremy» mentì evitando di guardarlo negli occhi e lui alzò il mento bruscamente. «Non ci credo.» Con la mano le sfiorò il viso e le accarezzò i capelli costringendola a fissarlo. «C'è solo una persona a cui puoi voler bene. Vuoi che te lo dimostri?» Le sorrise beffardo. «Non farlo!» «Perché? Hai paura?» «No, non ho paura.» Cercò di ridere, ma riuscì soltanto a emettere un gemito. «Io lo sposerò» affermò lei appoggiandogli le mani sul petto, colpita dal suo vigore maschile come da una scarica elettrica. «Può darsi che l'idea non ti piaccia, ma è un dato di fatto che non si può cambiare.» «Noi ci amavamo» le disse Lorenzo con voce roca. «Te la facevi con lui alle mie spalle? È così?» «No!» «Vi vedevate di rado quando tu frequentavi l'università. Venivi a casa Cathy Williams
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raramente e passavi il fine settimana con me.» Lorenzo non si dava pace. Quello gli sembrava un vero enigma. «È impossibile che vi incontraste durante la settimana. Jeremy non ne avrebbe trovato il tempo, visto che lavorava.» «Mi scriveva» ammise lei. «E tu hai deciso di sposarlo sulla base di un rapporto epistolare!» esclamò Lorenzo ironico stringendole i capelli nella mano. «Non farmi ridere.» «Piantala» sussurrò lei e avvampò per la rabbia. «Tu mi appartieni da quando avevi sedici anni. Adesso ne hai venti, ci siamo amati per più di un anno. Jeremy non ha mai avuto niente a che fare con noi. Tu sei sempre stata mia.» Quelle parole la mandarono in confusione e le risvegliarono ricordi del passato. Le forti braccia di Lorenzo intorno a lei, la sua bocca sul proprio corpo. Lui era stato il suo primo e unico amore. «Io appartengo a me stessa» ribatté cercando di divincolarsi. «Allora abbi il coraggio di dirmi che sei innamorata di lui» le mormorò con rabbia Lorenzo in un orecchio. Le era così vicino che Isobel poteva sentir battere il suo cuore, poteva assaporare il profumo muschiato della sua pelle. Da quando aveva deciso di sposare Jeremy, aveva evitato in ogni modo Lorenzo Cicolla. Lo temeva e adesso ne capiva il motivo. «Non puoi farlo, vero?» la sfidò lui. «Allora perché lo sposi? Ti ha forse minacciato? Dimmelo!» «Certo che no!» ribatté Isobel un po' troppo prontamente. «Lo conosco da quando siamo bambini. Avevamo gli stessi amici e giocavamo insieme.» «Anch'io a dieci anni giocavo a biglie con la mia amica Francesca, ma questo non vuol dire che fossimo destinati a sposarci, per amor del cielo! E poi stai parlando di un passato ormai concluso.» «Ma noi siamo il nostro passato.» «Dimentichi che anch'io lo conosco bene. Abbastanza bene da sapere che può essere pericoloso. Ha sempre corso molti rischi, rischi stupidi, e se l'è sempre cavata solo grazie ai soldi dei suoi genitori.» «È un lavoratore responsabile.» «Questo non significa niente.» «Perché gli fai da testimone, se lo odi tanto?» gli domandò lei Cathy Williams
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amaramente. «Me l'ha chiesto lui per lanciarmi una sfida, Isobel, e io non mi tiro mai indietro davanti alle sfide.» «Tu non sei meglio di lui.» «Sono più intelligente» ribatté Lorenzo con voce severa. «Corro dei rischi solo quando so di avere delle buone probabilità di successo. Jeremy ha visto in me un pericolo l'esatto momento in cui ho messo piede nella scuola. Allora ha cercato di diventarmi amico. Ma per me ha sempre provato invidia e risentimento.» «Lo so» sussurrò Isobel. «Ma tu gli piacevi.» «Mi rispettava. Ma mi ha chiesto di fargli da testimone solo per un motivo. E questo motivo sei tu.» Isobel si voltò, non volendo sentire una parola di più. Era troppo turbata. «Sei tu la posta in gioco» continuò Lorenzo, ironico. «Lo sei sempre stata. Bastava la tua presenza a mettere in ombra tutto il resto.» «Questo discorso non ci porterà da nessuna parte» disse Isobel sforzandosi di contenere la sua infinita tristezza. «Stai facendo un passo falso che ti porterà al baratro» l'avvertì lui, rosso di rabbia. «Ma puoi ancora cambiare idea.» Tutto ciò che Lorenzo aveva detto di Jeremy era vero. Aveva una vera ossessione per lei ed era sempre stato sicuro di poterla comprare coi suoi soldi. Le aveva dichiarato i suoi sentimenti quando Isobel aveva sedici anni, mentre lui, più vecchio di quattro anni, frequentava già l'università. Lei gli aveva semplicemente riso in faccia. Ma adesso era lui a ridere per ultimo. «Sposerò Jeremy...» lanciò un'occhiata all'orologio, «tra meno di mezz'ora. Punto e basta.» Lorenzo strinse le labbra e la sua rabbia si trasformò in disprezzo. «Non ti ho mai considerato una codarda o una sciocca, Isobel Chandler, ma penso di dover cambiare idea su di te.» «Le persone sono più complesse di quanto si possa credere» commentò lei a voce bassa. «Che cosa stai cercando di dirmi?» Gli brillavano gli occhi e aveva un'aria pensierosa che la spaventava e la eccitava. Come sempre. La prima volta che l'aveva visto a scuola era rimasta a bocca aperta, come tutte le ragazze della sua classe. Erano nell'età in cui, col cuore palpitante di emozione, si comincia a provare interesse per i ragazzi. Lorenzo Cicolla, Cathy Williams
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con la sua pelle abbronzata, i capelli neri, più anziano di loro di quattro anni, ma molto più maturo dei suoi coetanei, aveva scatenato la loro fantasia. Nella loro beata innocenza rimanevano a guardarlo da lontano, soffocando le risatine. Il fatto che Lorenzo non avesse dimostrato nessuna curiosità verso di lei aveva solo aumentato il suo fascino. Soltanto quando Isobel aveva sedici anni, ironicamente tramite Jeremy, si erano conosciuti e lui le aveva confessato di averla notata da tempo. «Non sto cercando di dirti niente.» Isobel alzò le spalle, ma le tremavano le mani e si affrettò a nasconderle dietro la schiena. «Che cosa ti scriveva nelle lettere?» Lei lo osservò per un momento senza capire. Doveva immaginare che avrebbe di nuovo affrontato il discorso lettere. In realtà ce n'era stata una sola, ma questo non glielo avrebbe riferito. «Un po' di tutto, ma che importanza ha?» ribatté a disagio. «Sii più precisa.» «Non posso. Non me lo ricordo.» «Ah!» Lorenzo le rivolse un'occhiata crudele. «Non riesci a ricordare che cosa ti scrivesse nelle lettere, eppure hai deciso lo stesso di sposare quell'uomo.» «No! Tu non capisci! Que... questo lo dici tu, non io» balbettò Isobel confusa. «E mi puoi biasimare per questo, dannazione?» L'afferrò per le braccia e cominciò a scuoterla con una violenza e con un'espressione talmente inferocita che Isobel temette il peggio. Aprì la bocca per protestare, ma lui glielo impedì chiudendogliela con un bacio rabbioso. Isobel gemette respingendolo e alla fine Lorenzo si tirò indietro e rimase a guardarla. «Allora, Isobel? Non sopporti nemmeno di dare un bacio di addio al tuo amante?» «Smettila!» gridò lei. Si sentiva sul punto di piangere. La prima volta che gli aveva raccontato di Jeremy, Lorenzo si era arrabbiato, ma aveva mantenuto un atteggiamento orgoglioso. Era uscito dal suo appartamento vicino all'università senza nemmeno voltarsi indietro. Il tempo doveva avere alimentato la sua rabbia. «Perché?» «Lo sai il perché. Adesso appartengo a Jeremy. Le cose stanno così.» Cathy Williams
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Lorenzo le diede le spalle all'improvviso, ferito dalla crudezza delle sue parole. Ma in qualche modo Isobel doveva tenere a bada la passione che le esplodeva nel petto, doveva nascondergli l'effetto devastante che aveva su di lei. Fece un passo verso Lorenzo, ma bussarono alla porta e si ritrasse, irrigidita. Era suo padre. Entrò nella stanza e rivolse loro uno sguardo interrogativo. In risposta Lorenzo dichiarò, come se niente fosse: «Volevo fare gli auguri alla sposa. Ci conosciamo da così tanto che...» le indirizzò un sorriso anche se i suoi occhi erano duri come diamanti, «che ho pensato di congratularmi con lei in privato». Suo padre annuì, comprensivo, ignaro della tensione nella stanza. «Ti capisco, mio caro» gli disse con calore. Lorenzo gli era sempre piaciuto. «È fortunato l'uomo che sta per sposare la mia bellissima figlia.» Lorenzo la osservò con freddo distacco. «Più che una questione di fortuna mi sembra questione di amore, dico bene, Isobel?» «Sì, certo» rispose lei dando la mano a suo padre. Guardare Lorenzo in quel momento era una vera fatica di Ercole. «Bene, mia cara, che si tratti di fortuna o di amore è arrivato il tuo momento.» Suo padre si schiarì la voce e le accarezzò la mano. «Spero che tu non sia troppo emozionata perché ho bisogno del tuo sostegno.» Si voltò verso Lorenzo con un sorriso. «Aspetta di arrivare alla mia età e di avere una figlia che si sposa. Allora capirai che cosa vuol dire essere nervosi. Mi sento un buco allo stomaco.» Si appoggiò la mano sullo smoking. «Viola sostiene che è dovuto allo sforzo di entrare nella giacca. Le mogli! Vogliono sempre aver ragione.» Verso di lei dimostrava lo stesso tenero affetto che la signora Chandler aveva per lui. «Pensi che mia madre ha sempre affermato di essere lei a dettar legge in casa» gli replicò Lorenzo. «E questo ovviamente è vero!» Scoppiarono a ridere, mentre Isobel sorrise appena. «Bene, mia cara, siamo pronti?» Isobel gli strinse la mano e lasciò passare Lorenzo, che li precedette sul pianerottolo scendendo due scalini alla volta. Lei sentì il rumore dei suoi passi sul marmo e provò un senso di rassegnazione. La cerimonia e il ricevimento si tenevano in giardino sotto il grande tendone giallo e bianco. Al braccio di suo padre Isobel discese l'ampia scalinata fino Cathy Williams
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all'imponente sala e attraverso una portafinestra uscì all'aperto. Più si avvicinavano al tendone, più Isobel si sentiva irrigidita. Quando lo raggiunsero e tutti gli sguardi furono puntati su di lei, si sentì morire. Rimase in piedi, dritta come un fuso, senza guardare nessuno negli occhi. Intravide Abigail, coi suoi lisci capelli biondi, il viso impassibile, gli occhi tristi. Più avanti scorse Lorenzo, cupo in volto, che la fissava con un disprezzo di cui solo lei poteva accorgersi. E davanti a tutti Jeremy, il cui destino fra poco sarebbe stato indissolubilmente legato al suo.
2 Il contabile stava dicendo qualcosa e Isobel si sforzava di ascoltarlo. Vicino a lei, seduta su una sedia, c'era sua madre, china in avanti e con un'espressione dolorosa in viso. Si muoveva, parlava, ma da tre mesi era come se l'anima l'avesse abbandonata. «Ci vorrà del tempo» aveva affermato Richard Adams a Isobel nel suo studio medico. «Dovrà passare attraverso i sentimenti della rabbia, della disperazione, dell'incredulità, ma è abbastanza forte da potercela fare.» Isobel osservò la figura irrigidita di sua madre con preoccupazione domandandosi se le sue forze non fossero state sopravvalutate. «Io vi consiglio di vendere» stava suggerendo il contabile consultando le carte. «Vendere?» Isobel gli rivolse un'occhiata severa e lui scosse la testa con impazienza. Era un ometto pelato e ansioso con un paio di occhi vispi. Era efficiente e affidabile. Con altri due consulenti aveva analizzato a fondo la contabilità di suo padre ed era stato implacabile. «L'azienda di suo padre per il momento si mantiene in attivo» disse il signor Clark rigirando le carte. «Ma negli ultimi anni la sua gestione è stata piuttosto irresponsabile.» Lesse un muto rimprovero sul viso triste della signora Chandler e aggiunse: «Questo non per colpa di suo marito. È un problema che troviamo spesso nelle aziende a gestione familiare. Si assumono gli amici e si tende a concedere troppa fiducia. E il rendimento della ditta ne risente». Si appoggiò allo schienale della sedia e intrecciò le mani sulla pancia. «L'azienda è stata lasciata a tutte e due, ma sarebbe una pazzia continuare a gestirla in questo modo. In men che non si dica cesserebbe di Cathy Williams
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essere in attivo e se decideste di venderla non ne ricavereste niente.» Isobel guardò sua madre e disse con dolcezza: «Tu va', mamma. Mi sembri stanca». La signora Chandler si sforzò di sorridere. «No, mia cara. Dopotutto, ci sono coinvolta anch'io.» Fece un gesto disperato con le mani e rimase in silenzio. «C'è già un'offerta piuttosto interessante» li informò il signor Clark bruscamente. «Vi suggerisco di prenderla in considerazione. È stato offerto un prezzo veramente generoso. Lei e sua madre potreste ritirarvi dagli affari con una rendita miliardaria.» Quel commento risultò piuttosto inopportuno. Gli occhi della signora Chandler si riempirono di lacrime e dichiarò con voce rotta: «Il denaro non significa niente per noi. In ogni caso non riporterà in vita David. O...». Non poté continuare. Cominciò a singhiozzare mestamente appoggiando la fronte alle mani e Isobel la abbracciò e la strinse a sé. Lei non poteva abbandonarsi alla commozione. Doveva essere forte per tutt'e due. Fece un cenno di intesa al signor Clark che subito si alzò in piedi, si schiarì la voce e, rosso in viso, cercò di scusarsi per quelle parole inopportune. «Mi aspetti nell'ingresso, signor Clark» gli disse Isobel, e lui annuì uscendo in silenzio dalla stanza. «Mi dispiace, mia cara» si scusò Viola Chandler. «Mi sarei dovuta controllare.» Guardò Isobel con gli occhi arrossati. «Povera piccola. Non ti sono stata di nessun aiuto.» «Mi sei sempre d'aiuto, qualunque cosa tu faccia.» «E oltretutto tu hai subito una doppia perdita» aggiunse sua madre sospirando. «Raggiungi il signor Clark, mia cara, e senti quello che ci consiglia di fare. Lascio che sia tu a occuparti di tutto.» Isobel esitò, ma solo per un momento. Bisognava prendere una decisione. La questione sollevata dal signor Clark non lasciava spazio al dolore. La vita continuava e bisognava fare la propria parte. Quando Isobel lo raggiunse nell'ingresso, il signor Clark stava aspettando pazientemente. Lo invitò in cucina, gli versò del caffè e gli si sedette di fronte. «Chi è l'acquirente, signor Clark?» domandò arrivando al punto e lui si rilassò. Ogni tipo di coinvolgimento emotivo sembrava metterlo in difficoltà. Era a suo agio solo quando parlava di lavoro. Cathy Williams
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«Mi ha contattato un certo signor Squires di Londra» rispose sorseggiando il caffè. «A dire il vero, potrebbe esserci più di un acquirente. Anche se mal gestita, l'azienda di suo padre ha ancora un portafoglio clienti potenzialmente molto vasto.» «Stando così le cose, che cosa mi impedirebbe di occuparmi personalmente dell'azienda?» «La mancanza di competenza.» Il signor Clark appoggiò con attenzione la tazza sul piattino, la guardò coi suoi occhietti vispi e affermò con decisione: «Non sono le buone intenzioni a far funzionare un'azienda. Inoltre, la maggior parte dei dirigenti dovrebbe essere licenziata. Molti di loro sono vostri amici di famiglia. Lei se la sentirebbe di farlo? E poi, mi scusi se glielo dico, ma mi sembra che lei non abbia una formazione economico-finanziaria. Ovviamente io posso solo darle un consiglio, ma tenere l'azienda solo per motivi affettivi non la porterebbe molto lontano». Isobel rifletté. Ciò che il signor Clark sosteneva era vero. Era un uomo molto ragionevole. «Quando vuole che le dia una risposta?» «Prima me la darà, meglio sarà.» Isobel annuì e si alzò in piedi. Dopo aver sistemato i fogli nella ventiquattrore, lui fece altrettanto. Era venuto da lei ben preparato. Le aveva illustrato i dati statistici, aveva analizzato il bilancio d'esercizio e quello di previsione. Su un punto aveva completamente ragione: lei sapeva poco o niente di finanza e bisognava prendere subito una decisione. Accompagnò il signor Clark alla porta, ritornò da sua madre, che si era addormentata, e allora si rifugiò nella libreria a pensare. Era così difficile essere forti. Si sedette sulla sedia girevole in pelle e chiuse gli occhi. I ricordi erano delle vere pugnalate. Suo padre che la faceva sedere sulle sue ginocchia quando era bambina, le passeggiate insieme a lui, il modo paziente in cui le illustrava tutti i fiori e le piante del giardino. Le si colmarono gli occhi di lacrime, ma non tentò di asciugarle. Le caddero sulle guance, sulle mani, sul grembo. Il senso di irrealtà che l'aveva assalita era sparito. Ora poteva ripensare al poliziotto che le aveva portato la notizia dell'incidente comunicandole che entrambi gli occupanti della Jaguar erano morti, e per la prima volta si rese conto che tutto ciò era reale. C'era Jeremy alla guida della Jaguar. Aveva fatto un sorpasso azzardato Cathy Williams
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superando i limiti di velocità, e si era trovato davanti un camion che sopraggiungeva sull'altra corsia. Nei confronti di lui provava solo amarezza, non dolore. Le aveva rovinato la vita. Il mattino seguente telefonò al signor Clark per confermargli l'intenzione di vendere l'azienda. Quel giorno sua madre sarebbe andata a trovare la mamma di Jeremy e per distrarsi avrebbero preso il tè in paese. Questo diede a Isobel il tempo di ritornare a casa sua. Da quando era avvenuto l'incidente viveva con la madre, e la cosa aveva rappresentato per lei un vero sollievo. In quattro anni di matrimonio non era mai riuscita a sentirsi a casa nella villa in cui era vissuta con Jeremy. E questo malgrado avesse curato il giardino, messo fiori nei vasi, appeso quadri alle pareti. Ci si può sentire a casa solo dove c'è amore, e quel sentimento era completamente mancato entro quelle mura. Aprì la porta d'ingresso, si chinò a raccogliere la posta e poi, senza nessuna emozione, cominciò ad ammucchiare gli abiti di Jeremy in grandi borse. Avrebbe dovuto farlo qualche settimana prima, ma il tempo era volato. Abiti, cravatte, pantaloni, maglioni, camicie. Avrebbe dato tutto a qualche associazione caritatevole. La sua vita era stata così assurda. Si ricordava a vent'anni, innamorata di Lorenzo. Ma questo era successo tanto tempo prima. Doveva confidare nel tempo che curava le ferite, e avere pazienza. Non aveva più saputo niente nemmeno della madre di Lorenzo perché tre anni prima la signora Cicolla si era trasferita negli Stati Uniti per stare vicino a suo figlio. Ricordava ancora il tuffo al cuore che aveva provato quando, il giorno del suo matrimonio, lui aveva annunciato la sua imminente partenza. Lo aveva fatto in tono casuale, con le mani nelle tasche, distogliendo volutamente gli occhi da lei, la sua ex amante, che portava al dito la vera che la legava a un alno uomo. Erano passati quattro anni, ma il ricordo era vivo più che mai. Sentì suonare il campanello e si precipitò alla porta. Era Abigail. Il viso di Isobel si illuminò di gioia. L'ultima volta che l'aveva vista era stato tre Cathy Williams
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mesi prima, al funerale. «Sono passata prima a casa di tua madre» le spiegò Abigail entrando. «Non ho trovato nessuno e ho pensato che fossi qui.» Guardò Isobel con affetto. «Hai bisogno di una mano?» Salirono di sopra e continuarono a ripiegare i vestiti di Jeremy chiacchierando. In pochi anni Abigail era diventata un'attrice famosa. Non passava settimana che non fosse su qualche giornale, essendo ormai un personaggio pubblico. «Tua mamma come sta?» le chiese. «Non molto bene. Si è come chiusa in se stessa.» «E' comprensibile.» «Non esce nemmeno in giardino. Dice che tutto le ricorda mio padre.» Abigail non parlò per un po'. «E tu, Izzy?» Lei distolse lo sguardo cercando di riempire il più possibile uno scatolone. «E' nei miei pensieri» rispose Isobel a voce bassa. «E Jeremy?» Isobel si raddrizzò, si tolse la polvere di dosso e rispose laconica: «È stato lui a provocare l'incidente. Il giudice me l'ha detto in privato. Gli ho chiesto di risparmiare la notizia ai suoi genitori e alla mamma». «Lo hai sempre odiato, vero?» «No.» Isobel si fermò a riflettere e per la prima volta ebbe il coraggio di confidarsi. «Mi ha costretta a sposarlo, ma per favore non domandarmi come o perché.» Quelle carte... Aggrottò la fronte. Chissà che fine avevano fatto. Non potevano essere svanite nel nulla. Lui doveva averle nascoste da qualche parte. Dopotutto rappresentavano l'arma con cui ricattarla in caso di defezione. «Certo, all'inizio lo odiavo, ma non si può odiare una persona tutta la vita. È troppo stancante. Dopo un po' l'istinto di sopravvivenza ha la meglio, altrimenti si impazzirebbe.» Alzò le spalle e invitò Abigail in cucina a prendere un caffè. Era bello poter parlare con qualcuno. L'aiutava a coordinare i pensieri e Isobel mise la sua amica al corrente dell'offerta del signor Clark, di ciò che intendeva fare della casa, del suo lavoro. «Potrei anche riprendere gli studi» azzardò arrossendo. «Richard pensa che sarebbe una buona idea.» «Richard?» Abigail alzò un sopracciglio. «Intendi dire il dottor Adams?» «Mi incoraggia in ogni modo.» Cathy Williams
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«Ah! Ecco che si svelano gli altarini.» Isobel scoppiò a ridere. «Tu e la tua abitudine a drammatizzare! Io e Richard siamo solo buoni amici. E' sempre stato gentile con me.» Non c'era mai stato niente di più tra loro. Abigail ripartì la sera stessa e Isobel ritornò a casa e trovò sua madre un po' più sollevata. «Emily mi sta aiutando a vedere tutto in prospettiva. Che cara donna» osservò assaggiando appena l'insalata. David non c'è più e non serve a niente nascondersi dietro un dito. Voglio ricominciare a guardare al futuro. Che cosa ha detto il signor Clark?» Isobel le raccontò ogni cosa e il mattino seguente, per a strana coincidenza, lui telefonò per informarla dell'arrivo dell'acquirente e per chiederle se poteva passare nel suo ufficio per firmare alcune carte. Isobel scelse con cura l'abito per quell'occasione. Indossò un vestito di lana grigia con un filo di perle e un paio di scarpe chiare. Si guardò allo specchio e vi vide riflessa una donna di ventiquattro anni che si sentiva libera per la prima volta da tanto. Sorrise alla sua immagine come non faceva da molto tempo. Aveva il viso incantevole di sempre, coi capelli neri tagliati a zazzera, il fisico alto e snello, gli occhi dallo sguardo triste, come se avessero visto troppo della vita. Uscì di casa sentendosi molto meglio e arrivò all'ufficio del signor Clark in perfetto orario. Il signor Squires non era ancora arrivato. Isobel bevve un caffè, si intrattenne col contabile, ma poi l'attesa cominciò a irritarla. Quell'uomo non sembrava conoscere le buone maniere. Lanciò un'occhiata all'orologio e osservò il signor Clark. Anche lui aveva l'aria preoccupata. Si alzò in piedi e le riferì che sarebbe andato a controllare che cosa gli fosse successo. Usci dalla stanza. Dieci minuti più tardi, quando ormai Isobel si era convinta che non era il caso di trattare col signor Squires, sentì aprire la porta. Lei si voltò automaticamente. Quando si trovò davanti Lorenzo Cicolla, si terrorizzò esattamente come se avesse visto incombere sulla città un fungo atomico. Lui entrò nella stanza senza distogliere gli occhi dal suo viso e Isobel si alzò in piedi, bianca come uno straccio. Tremava come una foglia, come se Cathy Williams
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avesse visto un fantasma. «Lorenzo! Cosa ci fai qui? Sto aspettando il signor Squires. Tu non sei il signor Squires...» fu tutto quello che riuscì a dire. Il che era una mezza conquista, dal momento che le corde vocali sembravano paralizzate. Non avrebbe mai pensato di rivedere Lorenzo Cicolla. Era stato l'esplosivo che aveva fatto saltare in aria la sua vita e lei non era ancora riuscita a rimettere insieme i vari pezzi. Eppure lui faceva parte del suo passato. Isobel aveva chiuso il ricordo di Lorenzo in una stanza, ma le era riuscito particolarmente difficile non aprire mai quella porta. «No, non sono io il signor Squires» rispose Lorenzo, serio in viso, guardandola con decisione. Si sedette sulla sedia di fronte alla sua e accavallò le gambe. Isobel avrebbe voluto smettere di fissarlo, ma non ci riusciva. I segni del tempo erano visibili intorno agli occhi, nell'espressione dura delle labbra, ma, a parte questo, le sembrava il Lorenzo di una volta. Era attraente come allora, aveva la stessa aria da bel tenebroso. «Scusami se ti guardo in questo modo, ma non riesco a credere che sia proprio tu» si giustificò Isobel. Accennò un sorriso che però cadde nel vuoto. «Mi è dispiaciuto molto per tuo padre» le disse lui all'improvviso distogliendo lo sguardo. «Purtroppo sono venuto a conoscenza della disgrazia un po' in ritardo.» «Grazie. Sì, è stato un terribile incidente.» Erano pale di circostanza che ormai le venivano facilmente alle labbra. Era difficile parlare di emozioni così intime, ma aveva imparato a rispondere cortesemente alle dimostrazioni di affetto dei vicini e della gente in paese. «E ovviamente anche per Jeremy.» «Sì, grazie.» «Che cosa è successo di preciso?» Lei alzò le spalle. «Ha perso il controllo della macchina. E dall'altra parte stava arrivando un camion. Jeremy morto sul colpo. Mio padre...» si fermò e respirò a fondo, «è morto in ambulanza.» «Come sta tua madre?» «Che cosa ci fai qui?» Era più facile fare le domande ora che aveva ripreso il controllo della situazione. Lorenzo sorrise freddamente e Isobel lesse sul suo viso un'espressione di disprezzo e di ostilità che le raggelò il sangue nelle vene. «Mi sembrava che fossimo ancora ai saluti preliminari, Isobel. Sono passati molti anni, quattro a essere precisi.» «Sì, lo so. Te ne sei andato senza nemmeno voltarti indietro.» Il battito Cathy Williams
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del suo cuore era ancora irregolare e aveva la strana sensazione di trovarsi in un mondo magico e assurdo come quello di Alice nel paese delle meraviglie. Sarebbe bastato un battito di ciglia perché tutto scomparisse. Batté le ciglia ma non cambiò niente, nemmeno la tensione che le stringeva il petto. Lui alzò le spalle. «Ho sempre saputo che sarei ritornato, al momento giusto.» «E il momento giusto sarebbe questo? Perché mai?» «Perché sto per comprare l'azienda di tuo padre.» «Tu?» A quel punto Isobel lo guardò del tutto sconvolta. «Ma il signor Clark ha detto che... che...» «Che era il signor Squires a volerla comprare. Sì, è così. Ma per conto mio.» Lei scattò in piedi e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, mentre Lorenzo rimaneva dov'era e la guardava inespressivo. «Non puoi fare sul serio» gli disse alla fine, in piedi davanti a lui, ma a debita distanza. Era proprio quello l'uomo che un tempo aveva acceso la passione in lei? No, era impossibile! «Non sono mai stato così serio in vita mia.» «Ma perché?» Lui fece una smorfia. «Perché mi sembra giusto che il cerchio si chiuda.» «È una forma di vendetta, vero Lorenzo?» sussurrò lei, incredula. «Oh, vendetta è una parola un po' troppo grossa.» «Allora perché proprio l'azienda di mio padre?» «Perché per me rappresenta una sfida molto interessante» minimizzò lui, ma nella sua voce e nell'espressione severa del viso si leggeva la crudeltà. «E immagino che il fatto che il proprietario fosse mio padre renda la sfida ancora più interessante.» «Immagini bene.» Lorenzo alzò le spalle, ma non distolse gli occhi da lei un solo istante. «E poi mi sono stancato della vita metropolitana. Chicago ha perso il suo fascino. Sarà bello ritornare qui per un po'.» «Tornerai a vivere qui?» «Ma certo. Che cosa ti aspettavi?» Tutto, ma non quello, pensava Isobel. Quattro anni prima si erano lasciati pieni di rabbia e di risentimento. Erano volati dei paroloni... Scacciò dalla mente il ricordo del giorno del suo matrimonio, di quel confronto in giardino, prima che lui uscisse per sempre dalla sua vita. «Non mi sembra che la prospettiva ti entusiasmi» osservò Lorenzo con Cathy Williams
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le sopracciglia alzate, un'espressione cinica dipinta sul viso. «No, sarà un piacere rivederti e...» Le mancarono le parole. «Non mentirmi, Isobel. Non sei capace di fingere.» Lei arrossì per la rabbia. «Che cosa vuoi che dica? Torni in città dopo quattro anni e mi comunichi la tua intenzione di stabilirti qui, ma solo per riaprire delle vecchie ferite.» Lo guardò con amarezza. «Non siamo un po' troppo vecchi per questo?» Lui batté un pugno sul tavolo con tale forza che Isobel sussultò e lo fissò con sospetto. Che stesse diventando violento? No, si trovavano pur sempre in un luogo pubblico. Oltretutto conosceva Lorenzo. Non era incline a usare la forza. Ma potrebbe essere cambiato, la mise in guardia una vocina. «Troppo vecchi?» ripeté lui con un sogghigno. «Troppo vecchi per dimenticare il passato, Isobel?» «Ciò che è stato è stato.» Lanciò un'occhiata alla porta e lui seguì la direzione del suo sguardo con freddezza. «Ho chiesto al signor Clark di aspettare a entrare.» «Perché?» «L'ho informato che c'erano delle questioni che volevo discutere con te in privato.» «La vendita dell'azienda di mio padre non è una questione privata» ribatté Isobel. «Non possiamo lasciarci il passato alle spalle? Potremmo anche essere amici...» «Amici?» Lorenzo scoppiò a ridere. Poi le rivolse un'occhiata sprezzante che la incenerì. «Sono sicuro che non aspetti altro, vero Isobel?» «Che cosa intendi dire?» «Niente, solo che sono ritornato ricco e vincente, i due requisiti che, se non ricordo male, doveva avere un uomo per poterti interessare.» «Questo non è vero!» Nuovi ricordi la assalirono e lei si sentì mancare. «No?» Lorenzo si appoggiò alla sedia girevole. «Allora ti prego di spiegarmi perché hai sposato Jeremy e perché sei rimasta con lui per quattro anni. Ah, lo status sociale! Era così importante per te da sacrificare a questo la tua vita.» Isobel si alzò in piedi, tremante e pallida. «Non ho nessuna intenzione di rimanere qui seduta ad ascoltarti» tagliò corto avviandosi verso la porta. «Siediti!» Lei si voltò a guardarlo. «Non mi faccio dare degli ordini da te, Lorenzo Cathy Williams
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Cicolla!» «Siediti ho detto!» gridò lui e Isobel gli obbedì temendo che il signor Clark potesse sentirli. «Ora ascoltami» s'impose Lorenzo con voce imperiosa sedendosi di fronte a lei dall'altro lato della scrivania. «L'azienda di tuo padre ha bisogno di un acquirente che ne garantisca la sopravvivenza.» «Sono io a doverlo scegliere» ribatté lei freddamente e Lorenzo trattenne una risata. «Ma davvero?» «Il signor Clark mi ha riferito che non sei l'unico acquirente.» «Ti sbagli, Isobel.» «Ma...» «Io sono l'unico che si è fatto avanti. Senza di me, l'azienda di tuo padre andrà incontro a sicura rovina. Mi stupisco che non sia ancora successo. Verrà smantellata e allora sì che gli anni di lavoro di tuo padre saranno stati buttati al vento. È questo che vuoi?» Isobel lo guardò con disprezzo. La situazione sembrava quasi divertirlo. Godeva nel vederla con le mani legate. Come aveva potuto amare quell'uomo? Era un sadico. Dopo tanti anni avrebbe potuto spiegargli il motivo per cui aveva sposato Jeremy. Ma se il suo obiettivo era la vendetta, la sua confessione non gli avrebbe dato la carica di cui aveva bisogno? Era un rischio che non poteva assolutamente correre. Suo padre era morto. Non poteva più soffrire. Ma sua madre era ancora viva, malata e vulnerabile. E poi il Lorenzo Cicolla che aveva conosciuto, l'uomo con cui tanto tempo prima aveva fatto l'amore, era sparito. Aveva davanti un'altra persona. Qualcuno che lei non riusciva più a capire. «Che cosa pensi di guadagnarci in tutto questo, Lorenzo?» gli chiese disperata. «Una piccola soddisfazione» rispose lui con una smorfia e Isobel strinse i pugni. «A mie spese.» «Non è difficile da capire.» Le sorrise sarcastico. «Perché lottare quando potremmo...?» «Potremmo cosa? Fare l'amore?» Isobel avvampò. «Quando potremmo essere amici» concluse. Lorenzo teneva gli occhi fissi su di lei. «Sei ancora una bella donna» Cathy Williams
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affermò carezzevole. «Molto più bella di allora. Il tempo ha donato un maggiore fascino al tuo viso. Ma credo di poterti resistere.» La guardava con quel sorriso glaciale che le faceva venir voglia di picchiarlo. «Non penso che potrei accettare un'amicizia che mi viene offerta solo perché adesso sono ricco.» «Sei detestabile.» Quelle parole gli fecero aggrottare la fronte.. «Non intendevi certo fare un nobile gesto sposando Jeremy Baker. O forse sono io a essere così primitivo da avere una visione schematica della realtà?» Isobel lo osservò da sotto le lunghe ciglia. Primitivo? Non le sembrava proprio. Poteva essere nato nei quartieri poveri della città, come Jeremy sottolineava ogni volta che parlavano di lui, ma nessuno vedendolo l'avrebbe mai sospettato. Seduto davanti a lei, col suo abito di alta sartoria, sembrava solo ricco, sofisticato, spietato. «Perché non sei rimasto negli Stati Uniti?» «Te l'ho detto, le luci della metropoli non mi interessavano più.» Doveva aver pensato che a casa lo aspettava una sfida molto più emozionante. «Come hai fatto a sapere che la Chandler era stata messa in vendita?» «L'ho letto tra le notizie finanziarie» rispose Lorenzo. «Bob Squires, il mio uomo a Londra, mi ha mandato l'articolo via fax. Pensava che fosse un'occasione da tener presente. Ovviamente lui non conosce molto della mia vita privata, ma sapeva che avevo passato qui la mia giovinezza e lo ha incuriosito la coincidenza.» «Capisco. E c'è qualcuno che conosca qualcosa di più sulla tua vita privata?» domandò lei amaramente. Venne ricambiata con uno sguardo triste e cattivo. Durò solo pochi secondi, ma in quel lasso di tempo sotto quella maschera arrogante le sembrò di scorgere il vero Lorenzo. «Non sopporto le persone che mettono il naso in faccende che non le riguardano.» Lorenzo si alzò in piedi all'improvviso e si piantò davanti alla finestra dandole le spalle. «Devi esser stato molto solo in questi anni» mormorò Isobel e lui si voltò con uno sguardo sarcastico. «Non credo che tu possa permetterti di giudicare la vita degli altri» affermò con severità. «Non mi sembra molto edificante sposarsi per questioni di interesse. Siete mai stati felici, Isobel, quando lasciavate la vita mondana fuori della porta e vi trovavate nella vostra casa?» Cathy Williams
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Lei distolse lo sguardo e non replicò. «Non penso proprio.» Lorenzo cominciò a camminare nervosamente per la stanza, guardandola, e lei si sentì come un coniglio in trappola. Qualunque cosa lui avesse detto, l'avrebbe avuta vinta perché lei non era in grado di giustificare il suo passato. «Se vuoi che firmi quelle carte, lo farò» dichiarò rigidamente. «Altrimenti me ne andrò.» «Te ne andrai quando lo deciderò io.» Isobel incrociò il suo sguardo con rabbia. «Non lavoro per te, Lorenzo. Se ti venderò l'azienda di mio padre, è solo perché me lo ha consigliato il signor Clark. Ma a parte questo, non voglio avere niente a che fare con te.» «Avrei un'idea» mormorò lui avvicinandosi a Isobel di spalle e appoggiando le mani ai lati della sua sedia. Lei si irrigidì. La prorompente sensualità di Lorenzo, che l'aveva soggiogata per tanti anni, era più forte che mai. La sentiva emanare dal suo corpo, dalle sue forti braccia a pochi centimetri da lei. «Di che cosa stai parlando?» gli chiese passandosi la lingua sulle labbra. «Potresti sempre lavorare per me. Non sarebbe divertente?» sussurrò Lorenzo. «No!» esclamò Isobel con voce strozzata. Desiderava con tutta se stessa muoversi, ma aveva paura di toccarlo. «Forse non sarebbe divertente, o meglio, non lo sarebbe abbastanza.» Lorenzo la osservò come un predatore può guardare la sua vittima. «Che cosa diavolo stai dicendo?» Aveva alzato appena il tono della voce. «Il futuro dell'azienda di tuo padre è nelle mie mani, Isobel. Senza di me, i sacrifici che lui ha fatto per una vita intera saranno stati inutili.» Sorrise come se provasse un'immensa soddisfazione. Isobel lo fissò sconvolta. «Posso sempre trovare un altro acquirente» ribatté debolmente. «Non penso.» Di nuovo Lorenzo sorrise e lei si sentì in allarme. «No...» Lui si avvicinò pigramente alla finestra con le mani nelle tasche e si voltò a guardarla. «Sono ritornato e questa volta ho il coltello dalla parte del manico. Ti avrò, Isobel Chandler, e quando mi sarò stancato di te, ti getterò via.» «E poi dicevi di non cercare la vendetta!» C'era una pericolosa tensione nell'aria. Cathy Williams
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Lui la osservò con freddezza. «Sì, forse hai ragione. Forse la vendetta è l'unica cosa che possa darmi soddisfazione. Ti metterò un anello al dito e tu sarai mia per il tempo che vorrò. In cambio salverò l'azienda di tuo padre.»
3 Quelle parole sconvolgenti la fecero trasalire e Isobel si strinse ai braccioli della sedia con tutte le sue forze. «Mai! Sei pazzo!» «E perché no?» La voce di Lorenzo era sferzante come un colpo di frusta e i suoi occhi la fissavano con raggelante disprezzo. «Non avrei mai pensato che saresti arrivato a tanto. Il passato è passato.» «No, non è vero. Il passato è una ferita ancora aperta e adesso che posso prendermi la rivincita lo farò, dannazione!» «Non ti sposerò mai!» Lorenzo doveva provare per lei solo disprezzo e acredine. Adesso Isobel lo capiva e si rendeva conto che non avrebbe mai potuto confidargli il suo segreto. «Tu farai quello che dico io, Isobel, perché non hai scelta.» «Mai e poi mai!» Si alzò in piedi, tanto era agitata, ma non si diresse verso la porta. Qualcosa la tratteneva nella stanza. «Chissà poi perché, mia cara» affermò Lorenzo con affettata gentilezza/In piedi, dietro la scrivania, incombeva su di lei. «Dopotutto, la mia mi sembra una proposta molto allettante. Continueresti ad avere un alto tenore di vita. Se non ricordo male, questo era più importante di qualsiasi cosa potessi fare per te.» «Pensa un po' quello che vuoi» mormorò lei distogliendo lo sguardo. Lorenzo girò intorno alla scrivania così velocemente che in men che non si dica Isobel se lo trovò davanti. Intrecciò le dita tra i suoi capelli e la costrinse a guardarlo. Il cuore cominciò a batterle all'impazzata e Isobel si passò la lingua sulle labbra nervosamente. Lo odiava, ma nel profondo di se stessa si sentiva eccitata. Avrebbe voluto battere in ritirata, tanto ne era sconvolta. Ma non poteva farlo. La sua stretta glielo impediva. Rimase in piedi, immobile, e si sforzò di soffocare il calore che le incendiava il corpo. «Devo pensare quello che voglio, Isobel?» ripeté lui. «Allora posso ripensare a quanto mi hai comunicato quattro anni fa?» Lei non rispose. I ricordi di allora presero forma nella sua mente... Il Cathy Williams
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giorno del suo matrimonio. Una splendida giornata di sole. Jeremy che la osservava soddisfatto sapendo che ormai lei era sua. Era rimasta sorpresa nel vedere Lorenzo al ricevimento. Riteneva che avrebbe approfittato della prima occasione per andarsene. Ma da vero italiano lui intendeva farsi da parte a testa alta, con onore. C'era una grande tensione nell'aria. Per tutto il pomeriggio Jeremy si era vantato di averla sposata per tormentare il suo rivale di sempre. Di tanto in tanto se n'era anche uscito con qualche commento maligno riguardo alla sua situazione economica. Isobel ricordava di aver stretto i denti per la rabbia che aveva provato di fronte al suo atteggiamento sprezzante. A Jeremy era sempre piaciuto vantarsi della ricchezza dei suoi genitori davanti a Lorenzo. I soldi erano l'unica cosa che aveva reso Lorenzo diverso da loro. Lui aveva sempre comprato le divise scolastiche usate e i libri di seconda mano. «Te lo ricordi, Isobel?» Quella voce la riportò al presente. Lei sbatté le palpebre e lo guardò disorientata. «Che cosa dovrei ricordare?» «Il giorno del tuo matrimonio. Tra gli invitati, il fior fiore della città. Tutti vestiti elegantemente per l'evento dell'anno.» «Questo non è giusto!» Lorenzo continuò come se lei non avesse parlato. «E naturalmente tu recitavi la tua parte, alimentando l'orgoglio dei tuoi genitori.» Isobel chiuse gli occhi. Ricordava i complimenti di tutti. Che era stupenda glielo avevano detto e ripetuto centinaia di volte e ogni volta lei li aveva ricambiati con un sorriso. Alla fine della giornata le facevano male i muscoli del viso. «"Che fortunato quel Jeremy Baker", era il commento della maggior parte degli invitati.» La voce di Lorenzo esprimeva tutto il suo disprezzo e lei rimase con gli occhi bassi e i pugni stretti. «"Che fortunato quel Jeremy Baker ad aver pescato il pesce più grosso". Lui appariva scialbo vicino a te, come chiunque altro. Chiunque, tranne me.» I battiti del cuore di Isobel si fecero più convulsi. Si immaginò il corpo abbronzato di Lorenzo intrecciato al proprio mentre facevano l'amore. Quel pensiero le squarciò la mente come un lampo nel cielo buio e lei lo ricacciò, confusa e imbarazzata. Ricordava bene Jeremy. Era snello, biondo, con gli occhi azzurri e quel Cathy Williams
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tipo di delicata bellezza che si può apprezzare nei bambini, ma che in un uomo è ben lontana dalla virilità. Non l'aveva mai trovato particolarmente attraente. Anzi, c'era qualcosa in lui che non le piaceva. Ma avevano sempre fatto parte della stessa cerchia di amici perché i loro genitori si conoscevano molto bene. «Perché rivangare il passato?» sussurrò Isobel con un senso di impotenza, senza riuscire ad alzare gli occhi su di lui. Quella sua virilità le dava alla testa. Perdersi in quegli occhi avrebbe solo peggiorato le cose. «Non è questo che fanno i vecchi amici? Ricordare il passato?» commentò lui sarcastico. «I vecchi amici...?» Quelle parole rimasero sospese nell'aria comunicando un senso di patetica tristezza. La situazione era ridicola. Se le era rimasto un briciolo di cervello, doveva raccogliere le forze, raggelarlo con un sorriso glaciale e andarsene. Invece rimase ad ascoltare il pesante silenzio che era calato tra loro e si risedette sulla sedia. Altri sgradevoli ricordi del giorno del suo matrimonio le ritornarono alla mente, liberati dai recessi della memoria. Abigail le aveva chiesto se fosse il caso di farle le congratulazioni. «Fa' come credi» le aveva risposto Isobel, tirando le maniche del suo odiato vestito più su che poteva. «Rovinerai l'abito, in quel modo.» «Che importanza ha?» le aveva risposto e ne aveva ricevuto in cambio una strana occhiata. «La cosa dovrebbe importarti» le aveva detto la sua amica. «Dovresti farlo lavare a secco e conservarlo per la gioia dei bambini che metterai al mondo nei prossimi anni.» «Non penso proprio che avrò dei bambini.» Perlomeno in quello aveva avuto ragione. «Sei cambiato.» Quel commento le uscì soprappensiero, e lei stessa se ne sorprese. Intendeva solamente informarlo che non gli avrebbe più venduto l'azienda di suo padre perché il matrimonio come condizione era fuori questione. Lorenzo si era riseduto sulla sedia girevole e la guardava con sospetto. «Sì, Isobel, adesso sono ricco e vincente.» «Non è questo che intendevo dire.» Lorenzo le rivolse un'occhiata rabbiosa. «Non mi interessa ciò che Cathy Williams
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volevi dire» replicò tamburellando con le dita sul tampone sopra la scrivania. «Lo vedo bene» lo aggredì lei con amarezza. «È fin troppo evidente che non ti importa un fico secco di me.» «La cosa ti ferisce, Isobel?» ribatté lui con gli occhi che gli brillavano. «Ti delude che io non sia disposto a rimettere insieme quel che è rimasto del nostro vecchio rapporto?» «Naturalmente no.» «Tu sopravvaluti il tuo potere di seduzione. Può darsi che tu faccia girare più di una testa, da queste parti, ma dimentichi che l'America è piena di donne fantastiche.» La osservava attentamente, come uno scienziato concentrato su un esperimento. Isobel si mantenne calma a fatica. «Non sopravvaluto il mio potere di seduzione, come pensi tu, e non è vero che faccio girare la testa agli uomini. E poi so benissimo che l'America pullula di donne fantastiche.» Che cosa si aspettava? Che lei subisse le sue ostilità senza nemmeno combattere? «Sbaglio o stai cercando di farmi credere che hai invitato a cena fuori moltissime donne fantastiche?» Non le piaceva che Lorenzo le suscitasse una gelosia così selvaggia. «Che cosa ti fa pensare che le abbia invitate io?» le chiese lui in tono ironico. «In America c'è una totale parità tra i sessi.» Ma Lorenzo non era certo il tipo da permettere a una donna di pagare la sua parte. Malgrado lei fosse di famiglia molto ricca, non le aveva concesso una sola volta di pagare, quando erano usciti a cena. Piuttosto avevano mangiato in bistrot economici o si erano fatti bastare pane e formaggio a letto, subito dopo l'amore. Il suo corpo si illanguidì a quel pensiero e lei gli lanciò un'occhiata furtiva prima di abbassare gli occhi sulle proprie mani. Si ricordò come aveva reagito il giorno del matrimonio alla notizia che Lorenzo avrebbe lasciato il paese. Superato il trauma iniziale, aveva commentato con un filo di voce: «Non mi avevi mai detto che intendevi trasferirti negli Stati Uniti». Intorno a loro gli invitati parlavano e ridevano allegramente. «Avrebbe fatto qualche differenza?» le aveva domandato lui con Cathy Williams
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freddezza, e Isobel non aveva ribattuto. Il silenzio tra loro era ciò che ricordava più nitidamente di quel periodo difficile. I sentimenti che non aveva potuto rivelare. Le parole che non aveva potuto pronunciare. «Non credo proprio» aveva concluso lui con voce glaciale. Con gli occhi Isobel lo aveva implorato di comprenderla, ma aveva incontrato un muro di ostilità. «Dove ti sistemerai?» gli aveva chiesto con un fil di voce. «Nei quartieri bassi, immagino.» Le aveva sorriso freddamente. «Sappiamo entrambi che un superattico è fuori questione per uno come me che non ha le spalle coperte dai genitori.» Lei arrossì ripensando alla sua risposta di allora. «Io potrei darti...» aveva azzardato, ma lui l'aveva interrotta bruscamente. «Non dirlo nemmeno. Se c'è qualcosa che non sopporto è la carità.» Evidentemente in America non aveva avuto bisogno della carità di nessuno, pensò Isobel guardandolo. «Nel giro di un mese ti annoierai a morte qui» lo avvertì ora, per non dover soccombere all'emozione che provava. «La novità in sé dovrebbe aiutarmi ad andare avanti per un po'.» Isobel sapeva che intendeva riferirsi a lei. «Allora dovrai fare a meno della novità dell'azienda di mio padre, perché io non posso accettare le tue condizioni.» Isobel si alzò in piedi e lui le suggerì pacatamente: «Siediti. Mi sembra di averti già spiegato che lascerai questo ufficio solo quando avrò finito». «E a me sembra di aver precisato che non sei tu a decidere della mia vita.» «Il signor Clark non ti ha precisato ciò a cui andrai incontro se non comprerò l'azienda?» le domandò Lorenzo intrecciando le mani dietro la testa e osservandola con gli occhi socchiusi. «Mi ha riferito che l'azienda ha un notevole portafoglio clienti» ribatté lei, non raccontandogli tutta la verità. «Piuttosto, è un miracolo che sia ancora in attivo. Tra meno di un anno il suo notevole portafoglio clienti sarà solo uno sbiadito ricordo.» «Un anno è un periodo di tempo piuttosto lungo» incalzò Isobel con aria ribelle. «Può succedere di tutto.» «A esempio?» Cathy Williams
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«A esempio...» Cercò di farsi venire in mente una soluzione intelligente. «Potrei trovare qualcuno che gestisca l'azienda a nome mio.» «E chi?» «Se lo sapessi, non sarei qui a umiliarmi» rispose lei animatamente. Lorenzo alzò un sopracciglio. «A umiliarti?» ripeté, come se quel pensiero non gli fosse nemmeno passato per la mente. «Sei sicura di sentirti umiliata?» Si alzò in piedi e si avvicinò a Isobel che lo guardava con crescente preoccupazione. Perché non se n'era rimasto dov'era? Perché non le aveva fatto il favore di rimanere solo un vago ricordo? I ricordi potevano essere dolorosi, ma ci si poteva convivere. La sua presenza lì invece era fastidiosa, anzi distruttiva. Vivendo insieme a Jeremy, Isobel aveva rafforzato il proprio autocontrollo. Si era costruita una corazza, aveva scavato intorno a sé un fossato di protezione che nessuno poteva oltrepassare. Ma ora che Lorenzo era ritornato, la sua corazza cominciava a mostrare delle crepe. Lorenzo alzò la mano e le passò un dito sulla guancia in un gesto così inaspettato da farle andare il cuore in gola. «Da quando hai posato i tuoi occhi su di me, ti sei fatta tutta rossa in viso» le disse in tono ironico. «È la rabbia a farmi arrossire» ribatté Isobel, mentre il suo dito le scendeva lungo il collo. «Vuoi togliere quella mano, per favore?» «Perché?» «Perché mi fa sentire a disagio.» «Come mai?» «Non mi piace essere toccata da un uomo che mi odia» replicò cercando di sembrare calma. «Ne sei sicura, Isobel? Questo è ciò che dici, ma il tuo corpo mi comunica un messaggio diverso.» Senza toglierle gli occhi di dosso, Lorenzo continuò il suo percorso fino a sfiorarle un seno con la mano, sopra il vestito di lana grigia. Per un attimo Isobel ebbe la sensazione di perdere il controllo della situazione. I capezzoli le si indurirono e desiderò con tutta se stessa che lui non si fermasse. Trattenne il respiro e si scostò. Cathy Williams
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«Come osi?» esclamò, furiosa. Correva il rischio di mettersi a farfugliare, perciò rimase in silenzio e gli rivolse uno sguardo ostile. Aveva dimenticato che cosa significasse essere toccata da un uomo. Aveva imposto al proprio corpo un forzato nubilato e si era convinta di non avere più bisogno dell'amore fisico. Come si era sbagliata! Era bastata una carezza di Lorenzo a eccitarla al di là di ogni immaginazione. Si strinse le braccia intorno al corpo per proteggersi da qualsiasi altra violazione della sua privacy e lo guardò con disprezzo. «Mi stavi parlando della tua idea di salvare l'azienda di tuo padre» continuò lui, avvicinandosi alla finestra e dandole le spalle. Non era propriamente rassicurante discutere con la schiena di qualcuno. «Non ho in mente una persona in particolare a cui affidarla» rispose con un tono di voce glaciale. «Ma sono sicura che non sarà un problema trovare qualcuno.» «Dove? In mezzo a una strada?» le domandò Lorenzo senza voltarsi. «Ci sono molte agenzie di collocamento.» Lui si voltò lentamente. «E quali sarebbero i requisiti che dovrebbe avere questa persona?» le chiese. Si appoggiò alla finestra. Aveva l'aria di trovare le sue parole divertenti. «Deve essere qualificata» lo informò lei. «Qualificata a fare cosa?» «Non certo a operare a cuore aperto!» esclamò Isobel impaziente, facendolo divertire ancora di più. «A gestire un'azienda, naturalmente.» «Ah!» Lui la fissò, poi le chiese aggrottando la fronte: «E come farai a sapere se è una persona che vale?». «Non sono deficiente, mi affiderò all'istinto.» «In qualità di ex studentessa di medicina? Complimenti. E che cosa farai degli attuali membri del consiglio di amministrazione? Li manderai a spasso? Li conosci tutti personalmente. Pensi di poterti permettere di renderti impopolare in una città come questa?» La sua razionalità la fece andare su tutte le furie. «Allora non li licenzierò» ribatté lei. «E in quel modo andrai incontro a sicura rovina. Devo dire che sei una vera donna d'affari.» «Correrò questo rischio. Sempre meglio che allearmi con te.» Lui si fece serio in viso. «Sei diventata rigida con gli anni» sentenziò con distacco. «Non eri così Cathy Williams
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rigorosa quattro anni fa, quando ti sei messa con Jeremy Baker. Non lo hai mai amato, ma questo non ti ha fermata. Valeva la pena unire con un vincolo di parentela le vostre illustri famiglie?» «Sei odioso. Ma non credere di potermi comprare, Lorenzo.» Com'erano ridicole le sue parole! Se mai lei era stata comprata da qualcuno, quello era successo quattro anni prima. Ricordava alcuni sgradevoli commenti di Jeremy durante il ricevimento. «Può anche darsi che tu abbia molti pregi, Lorenzo» aveva ammesso lei a un certo punto, dopo aver alzato un po' troppo il gomito. Erano seduti tutti e tre al tavolo principale. Ricordava ancora l'imbarazzo che aveva provato. «Ma l'unica cosa che non hai mai avuto sono i soldi» aveva continuato in tono provocatorio. «Basti dire che tua madre faceva la cameriera a casa nostra.» Era scoppiato a ridere come se avesse fatto una battuta divertente, ma nessuno di loro si era unito a lui. «Coi soldi si compra tutto e tu ne sei la dimostrazione» aveva ribattuto Lorenzo, sarcastico. «Per favore, basta» lo pregò Isobel a quel punto, pacatamente. «So che ti sei alterato quando ho sposato Jeremy...» «Alterato? Alterato è dir poco!» «Ma questo non ti ha impedito di andartene in America e nemmeno di divertirti con chissà quante donne fantastiche.» «Ti aspettavi forse che mi tenessi in contatto con te, Isobel? Che dall'altra parte dell'Atlantico ti scrivessi delle lettere struggenti, col cuore in mano?» «Tu non hai un cuore.» Lui si fece scuro in volto. «In questo caso sarei un uomo fortunato.» Fece una pausa, poi le domandò con voce sprezzante: «Era questo che volevi? Che continuassimo a essere amanti mentre tu e Jeremy recitavate la parte della coppia perfetta?». «È disgustoso!» Lei avvampò in viso. «Ci sono cose molto più disgustose» ribatté Lorenzo con durezza. Lui la costringeva a ripensare al passato. C'era un ricordo che l'aveva ossessionata per quattro anni. Un ricordo che non era riuscita a cancellare, che si era radicato profondamente in lei. «Non dirmi che hai dimenticato quella scenetta nel giardino di casa tua, quattro anni fa!» Sul viso di Lorenzo si leggeva un odio profondo. «È inutile rivangare il passato» mormorò lei tentando di evitare Cathy Williams
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l'inevitabile. «Ti ricordi? Jeremy mi aveva seguito in giardino. Cominciavo a pensare che avergli fatto da testimone fosse una sfida persa.» «Lui aveva bevuto un po' troppo» sussurrò Isobel. «Il caro vecchio Jeremy ha sempre avuto un debole per la bottiglia, non è così? Mi aveva seguito in giardino per continuare il suo discorso.» Lei lo ricordava bene. Stava chiacchierando con sua madre quando, con la coda dell'occhio, aveva notato che Jeremy e Lorenzo si erano allontanati dal tendone. Rammentava di aver pensato che almeno nessuno li avrebbe sentiti litigare. Non appena aveva potuto, li aveva seguiti. All'inizio, loro non l'avevano vista. Il giardino era fiorito e c'erano alberi e arbusti di rododendri dappertutto. Dall'atteggiamento dei loro corpi aveva capito che stavano litigando. Jeremy gesticolava, mentre Lorenzo era come irrigidito. Avvicinandosi, si era accorta che c'era un'espressione rabbiosa sul suo viso. «È sempre una questione di soldi, non è vero Isobel?» le chiese Lorenzo riportandola alla realtà. «No» protestò lei debolmente. I soldi non c'entravano, ma come avrebbe potuto spiegarglielo senza rivelargli il segreto che la tormentava? «No? Allora devi avere la memoria corta.» La sua voce era fredda, l'espressione sul suo viso così tesa da farla rabbrividire. «Smettila» lo implorò e lui si mise a ridere. «Se non ricordo male, i soldi erano l'unica cosa che ti importasse.» Isobel non rispose. Col pensiero ritornò a quella scena nel giardino quando, rimanendo in silenzio, lei aveva ammesso che erano stati i soldi a provocare la rottura tra loro. «La mia cara mogliettina sostiene sempre che la vita bohémienne che potevi offrirle tu può esercitare un certo qual fascino, all'inizio, ma che alla lunga è molto difficile da sopportare» aveva affermato Jeremy con un sorriso trionfante. Lei non era stata in grado di difendersi. Si era sentita con le mani legate. Lorenzo l'aveva guardata con disprezzo. Non si era dimenticato di quella scena e non era disposto a perdonargliela. Isobel provò una crescente disperazione, come se stesse precipitando in un pozzo senza fondo. «Ora che non c'è più Jeremy tra i piedi, hai la possibilità di rettificare Cathy Williams
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quanto ha detto, Isobel.» La fissò con freddezza, quasi divertito. «Non vedo l'ora di sentire la tua versione dei fatti. Immagino che mi racconterai che c'è stato un terribile errore, un errore di valutazione da parte mia.» «Perché dovrei?» lo sfidò lei. Lorenzo ebbe un moto di rabbia, poi ritornò a guardarla con sarcasmo. «In ogni caso non crederesti a una parola di ciò che ti direi. Sei ritornato qui solo perché ti si è presentata l'occasione di farmi soffrire. Non ho nessuna intenzione di raccomandarmi alla tua clemenza. Non sono una stupida.» «Sei sempre stata una stupida, Isobel Chandler» ribatté lui con voce tagliente. «Sei stata stupida a innamorarti di me. Ma immagino che, essendo di umili origini, io esercitassi un certo fascino su una ragazza di buona famiglia, non è vero? Comunque hai ragione, mi è stata offerta una possibilità e intendo approfittarne.» «Non te lo permetterò» replicò lei, stordita e spaventata dal suo sguardo. Lorenzo era sempre stato una persona decisa, capace di fare una precisa valutazione dei fatti e di entrare in azione. La sua grinta l'aveva divertita e ammaliata, in passato, perché lei l'aveva considerata con gli occhi di una ragazza innamorata. Ora non la divertiva e non la affascinava più. Vedeva solo se stessa sul punto di essere travolta e di essere fatta a pezzi. «Non ho nient'altro da aggiungere» lo informò. «Non ti venderò l'azienda di mio padre, qualunque offerta tu mi faccia.» «Oh, finirò per averne il controllo, Isobel, così come riuscirò ad avere il controllo su di te. Non ha senso lottare. È solo una questione di tempo.» Lui si avvicinò alla porta dell'ufficio, la aprì e fece entrare il signor Clark. Isobel sperava di provare un senso di sollievo vedendolo, ma non fu così. «Spero che abbiate chiarito ogni dubbio» si augurò il signor Clark avvicinandosi alla scrivania. «Direi di no.» Lorenzo si sedette sulla sedia di fronte. Quelle parole sconcertarono il signor Clark. «E quale sarebbe il problema?» «Non sono più disposta a vendere» dichiarò Isobel con calma, ma fermamente. «Venderà, venderà» minimizzò Lorenzo. «Dobbiamo solo chiarire alcuni punti.» Non era necessario guardarlo in viso per capire che era sicuro di ciò che Cathy Williams
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sosteneva. Isobel avrebbe voluto protestare, ma non lo fece. Non erano né il luogo né il momento di mettersi a discutere. Ma Lorenzo non l'avrebbe avuta vinta. Se era la guerra che voleva, l'avrebbe avuta.
4 «Ma è una notizia stupenda, mia cara.» La signora Chandler rivolse a sua figlia un sorriso che lei non ricambiò. Era passata una settimana da quando aveva rivisto Lorenzo e aveva avuto modo di riflettere sull'infausta prospettiva del suo ritorno. «E' cambiato, mamma. Non è più il Lorenzo che conoscevi tu» ribatté accigliata. «Non si può cambiare da un giorno all'altro, Isobel.» «Ma quattro anni non è da un giorno all'altro!» Si alzò per sparecchiare la tavola. Sua madre cominciò ad aiutarla e questo le sembrò di buon auspicio. Negli ultimi tempi era stata talmente depressa da disinteressarsi di tutto. «Intendo dire che si può cambiare classe sociale oppure stile di vita, ma nel profondo si rimane sempre gli stessi.» «Quando si tratta di Lorenzo Cicolla, la tua teoria non regge» tagliò corto Isobel. «È diventato freddo e spietato. Altrimenti perché mai dovrei avere delle riserve a vendergli l'azienda?» Riempì il lavandino di acqua calda e vi immerse i piatti. «Mia cara, credo che tu stia esagerando.» La signora Chandler prese in mano un canovaccio per asciugare le stoviglie. «Probabilmente ti sei sentita a disagio con lui perché un tempo uscivate insieme.» Isobel non aveva nessuna intenzione di discutere di ciò. «Che cosa pensi di fare domani?» le domandò cercando di cambiare argomento. Ma sua madre non mangiò la foglia. «È giusto che io lo incontri. È una questione di buona educazione, dopotutto» dichiarò. «Non ho la minima idea di dove si trovi e non riesco proprio a capire perché tu debba incontrarlo» ribatté Isobel senza guardarla in viso. «È difficile che si riesca a concludere l'affare. Noi non gli dobbiamo niente.» «Cos'è successo nell'ufficio del signor Clark?» chiese sua madre incuriosita. «Niente. Semplicemente il potere e il denaro gli hanno dato alla testa» Cathy Williams
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mormorò Isobel. «Ecco. I piatti sono lavati. Ti verso un po' di caffè?» Ne riempì due tazze e le portò in soggiorno. Le giornate autunnali cominciavano ad accorciarsi e attraverso gli alberi del giardino brillava una luce dorata. «Mia cara, so che sei tu a trattare questo affare, ma ti ricordo che anch'io ho voce in capitolo. E poi sarebbe da maleducati non invitarlo nemmeno a cena sapendo che intende comprare l'azienda. È pur sempre un amico di famiglia.» «No, non mi sembra.» Isobel si appoggiò alla sedia e cercò di fingersi assonnata nella speranza di distrarre sua madre. «Sei testarda, Isobel.» «No, non è vero» replicò lei, accorgendosi del tono petulante della propria voce. «Solo che non comprendo perché dovremmo interessarci tanto a Lorenzo Cicolla per il solo fatto che ha deciso di ritornare qui nello Yorkshire» continuò con maggior decisione. «O perché pensa di tiranneggiarci comprando l'azienda di papà.» «Solo perché siete stati molto amici, e poi perché lo ricordo da ragazzo e mi piacerebbe rivederlo.» Isobel sospirò e alzò le spalle. «Bene, vorrà dire che se si farà vivo organizzeremo un incontro» cedette. «Ma si sarà scoraggiato, non potendo ottenere tutto subito, e sarà già approdato ad altri lidi.» Non l'avrebbe mai ammesso, ma in quella settimana si era guardata attorno più del solito, odiandosi per quello più che mai. «Potresti sempre andarlo a cercare» suggerì Viola e Isobel la osservò inorridita. «Andarlo a cercare?» domandò. «Dopo tutto quello che ti ho riferito?» «Sì, ritengo che sarebbe un bel gesto se lo invitassimo a cena. Vorrei discutere della vendita dell'azienda con lui. Sono convinta che riusciremo a metterci d'accordo.» A Isobel mancò il fiato e si affrettò a bere un sorso di caffè. La signora Chandler si alzò in piedi. «Adesso andrò a coricarmi.» Si avvicinò a Isobel e le diede un bacio sulla fronte. «Non dovrebbe essere difficile rintracciarlo, anche se sono sicura che sarà lui a farsi sentire presto. Non appena fissate il giorno, fammelo sapere.» Sorrise malinconica. «Sai, non dimenticherò mai le feste che davamo io e tuo Cathy Williams
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padre. Venivano tutti i vicini» aggiunse sospirando. «Non credo che sarà più come una volta, ma sarebbe bello vedere una faccia diversa. E poi Lorenzo è sempre stato così affascinante!» Sospirò di nuovo e Isobel la vide uscire lentamente dalla stanza. Maledetto Lorenzo! Si drizzò in piedi, prese le tazze vuote e le portò in cucina. Era stato lui ad aprire le ostilità, ma lei poteva solo obbedire a sua madre. Trascorse i due giorni successivi sperando di poter avere una temporanea amnesia per quanto riguardava Lorenzo Cicolla. Si sarebbe dovuta dar da fare per scoprire dove fosse alloggiato, ma alla fine le venne risparmiata ogni iniziativa perché si incontrarono per caso mentre lei tornava in bicicletta dal lavoro. Lorenzo sterzò salendo con la macchina sul marciapiede e lei fu costretta a fermarsi e a smontare dalla bici. «Mi sembravi tu» disse lui freddamente scendendo dalla Jaguar e Isobel se lo trovò davanti suo malgrado. Indossava un paio di pantaloni neri e una camicia bianca con le maniche arrotolate, anche se faceva piuttosto fresco. «Lorenzo, che sorpresa» si sforzò di dire. «Pensavo che non ti avrei più rivisto da queste parti, non avendo più nessun motivo per rimanere.» Il cuore aveva cominciato a batterle all'impazzata, mentre cercava di ignorare la sua prorompente fisicità. «No, sapevi che sarei ritornato» commentò Lorenzo con la stessa fredda cortesia. «Non ti ho più visto in giro e ho creduto che te ne fossi andato.» «Intendi dire che mi hai cercato? La cosa mi lusinga molto, Isobel.» Lei lo guardò con freddezza e ribatté: «C'è un po' troppa gente qui e poi sto facendo tardi, quindi se non ti dispiace...». Quell'invito a cena avrebbe aspettato ancora un po'. In quel momento si sentiva a disagio e non aveva nessuna voglia di continuare quella conversazione. Alla forte eccitazione sessuale che Lorenzo aveva sempre suscitato in lei si erano sostituiti sentimenti di panico e di apprensione, un rimescolio nel sangue che la irritava più di qualunque altra cosa. Lui rimase immobile a guardarla, poi concordò dando un'occhiata intorno: «Hai ragione, c'è troppa gente qui. E' l'ora di punta». Chiuse con un colpo la portiera della Jaguar. «Non intendo trattenerti ulteriormente.» Isobel fece per risalire sulla bicicletta, ma lui le si avvicinò e con una mano sul manubrio la costrinse a Cathy Williams
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fermarsi. «Che cosa pensi di fare?» domandò lei furiosa, fissandolo e sentendosi ancora più a disagio. «Perché non andiamo in un bar?» «A fare cosa?» Il cuore le batteva forte, ma Isobel continuò a fissarlo dritto negli occhi. «Non è questo il modo di trattarsi tra vecchi amici.» «I bar sono chiusi» lo informò Isobel in modo brusco. «Credo che dovremo rimandare la nostra chiacchierata.» «Ma ci sarà pure una birreria nei dintorni.» «Non abbiamo più niente da dirci. Hai chiarito benissimo la tua posizione l'ultima volta che ci siamo visti. Io mi aspettavo di incontrarti in amicizia e invece mi sono trovata davanti una iena.» «E la cosa ti ha turbata, vero?» chiese lui facendola arrossire. «Mi sei troppo indifferente per poter essere turbata dalle tue parole o dai tuoi gesti» si affrettò a rispondergli, facendolo inaspettatamente sorridere. «Mi pungi sul vivo» mormorò lui. Isobel si sentiva sempre più nervosa. «Che cosa vuoi, Lorenzo?» gli domandò di botto a voce bassa. «Questo tipo di confronto non ci porterà da nessuna parte.» «È ancora aperto il pub di Wilkins?» «Sam Wilkins è morto due anni fa. Ma non intendo stare qui ad aggiornarti su vita, morte e miracoli dei nostri concittadini.» Il sarcasmo era sprecato con lui. Lorenzo fece scivolare un braccio intorno alla sua vita e la costrinse a scendere dalla bicicletta. Isobel fece un balzo indietro tremando dalla testa ai piedi. La sensazione di quella mano su di lei fu un vero colpo per il suo sistema nervoso. «Smettila di fissarmi con quell'aria virginale» le disse lui sogghignando. «Sappiamo bene che ti sei data al più alto offerente. Perciò vedi di risparmiarmi quell'espressione offesa.» «Vattene, Lorenzo» insistette Isobel a bassa voce per non farsi sentire dai passanti. Lui fece una smorfia. «Se rimarremo qui ancora un po', verranno a domandarci se va tutto bene. Non è meglio andare da qualche parte?» «Per farmi insultare da te?» «Come posso offenderti, se sostieni di provare per me solo indifferenza?» Cathy Williams
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Lei lo fulminò con lo sguardo e Lorenzo scoppiò a ridere. E l'ebbe vinta. Si incamminò e quando voltò la testa, vide che Isobel lo seguiva con le dita così strette al manubrio da farsi male. Il pub era quasi vuoto. Venne loro incontro il figlio di Sam Wilkins. «Che piacere incontrarti dopo tanto tempo» disse licito a Lorenzo. «Ho sentito che subentrerai a Chandler. notizie qui fanno presto a circolare.» Era alto, con la faccia tonda e non avevi peli sulla lingua. «Hai intenzione di fermarti per un po'?» gli domandò servendogli da bere. «Abbastanza a lungo» rispose Lorenzo deciso. Abbastanza a lungo da rendere la mia vita un inferno, avrebbe voluto aggiungere Isobel. «La città ha bisogno di gente giovane» commentò Tom. Lanciò un'occhiata a entrambi. «E adesso che Jeremy non c'è più...» «Lascia stare, Tom» lo mise in guardia Isobel, ma Lorenzo si mise a ridere. «Che cosa proponi, Tom, adesso che Jeremy non c'è più?» lo provocò e lui alzò le spalle con aria mansueta. «Le donne non sono fatte per stare da sole» dichiarò mandando Isobel su tutte le furie. «Come sei moderno, Tom.» Isobel cominciava a sentirsi piuttosto imbarazzata, soprattutto perché Lorenzo la guardava. Si avvicinarono a uno dei tavoli di quercia vicino al camino e lei reagì adirata. «Tom Wilkins dovrebbe stare attento a quello che dice.» Si sedette, incrociò le gambe e fissò Lorenzo con espressione seccata. Lui si portò il bicchiere alle labbra. «Compensa tutta l'ipocrisia che ho incontrato in questi quattro anni.» «Ti verrebbe a noia presto se dovessi fermarti qui» replicò Isobel freddamente e lui alzò un sopracciglio. «Allora, di che cosa vorresti parlare di preciso?» Isobel lanciò intenzionalmente un'occhiata all'orologio, ma quel gesto sortì l'effetto opposto, perché Lorenzo rimase a lungo in silenzio osservandola con insolenza. «A dire il vero, pensavo che ti sarebbe piaciuto conoscere i miei progetti sull'azienda di tuo padre.» «Non sarai tu a occupartene.» «Quando ho preso una decisione, niente può farmi cambiare idea. Vuoi bere qualcos'altro?» domandò e lei scosse la testa. Cathy Williams
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«Ho in mente una specie di riorganizzazione» continuò Lorenzo, come se lei non avesse parlato. «Conosci bene l'azienda di tuo padre?» «Te l'ho detto, tu non...» «Sarò io a occuparmi della Chandler, Isobel» dichiarò piegandosi in avanti. «E lo farò alle mie condizioni. Ora rispondimi. Conosci bene l'azienda di tuo padre?» «No» rispose a denti stretti decidendo di assecondarlo. «Santo cielo, Isobel! Che cosa hai fatto della tua vita in questi quattro anni?» «Non capisco che cosa c'entri questo!» sbottò lei arrossendo. «Lavoro a tempo pieno nello studio medico della città. Ci mancava solo che mi occupassi anche dell'azienda di mio padre! In ogni caso, è inutile discuterne. Può darsi che tu ti creda onnipotente, ma io non cederò alle tue condizioni.» «Intendo rendere efficiente al massimo il suo funzionamento. L'azienda di tuo padre, al momento, è una specie di piovra che ha tentacoli dappertutto. Ma ben pochi di questi realizzano un profitto.» «Quei tentacoli rappresentano delle opportunità di lavoro» sottolineò Isobel, messa momentaneamente con le spalle al muro. «Me ne ricorderò, quando deciderò di renderla un'istituzione benefica» replicò Lorenzo. «Fino ad allora, bisognerà ridurre il giro d'affari.» «E si arrangi chi si troverà in mezzo a una strada.» Quello sembrava a Isobel un punto su cui potersi sfogare. «Alcuni dipendenti lavorano nell'azienda da anni. Che cosa intendi fare di loro quando verrà messo in atto il tuo progetto di riorganizzazione? Fargli un bel discorsetto sulla recessione e dargli qualche tenera pacca sulla alla?» Si aspettava che Lorenzo se la prendesse per quelle parole, ma lui si limitò a guardarla e ad aggiungere a bassa voce: «Vedo che cominci a renderti conto che tornerò qui». «No» ribatté lei e arrossì in viso accorgendosi di aver indebolito la propria posizione. «Sai, Isobel, ho mentito quando ho affermato che potevo resisterti.» Non c'era nessuna tenerezza sul viso di Lorenzo mentre parlava. «Sei stupenda come sempre e io ti voglio ancora.» Isobel si sentì pervadere da una strana eccitazione e distolse lo sguardo da lui, allarmata. La sua voce era roca, sensuale. La mandava in confusione. «Non puoi pretendere che mi metta nelle tue mani. Ho già...» Cathy Williams
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Si interruppe, confusa, mentre lui si piegava in avanti per sollevarle il mento e costringerla a guardarlo. «Hai già commesso quell'errore? È così, Isobel? Maledizione, dimmelo!» «Non c'è niente da dire.» La sua insistenza la faceva vacillare e lei si sforzò di ricomporsi. «Perché non mi lasci stare? Prenditi pure l'azienda di mio padre. Te la venderò, ma lasciami perdere.» «Mai!» esclamò lui lasciandola andare con rabbia. Cadde un silenzio carico di tensione. Isobel aveva l'impressione di sentire i battiti convulsi del proprio cuore, il ritmo pazzo a cui il sangue le scorreva nelle vene. «A proposito dell'azienda, che fine farebbe il personale in esubero?» Isobel preferiva discutere di progetti che non si sarebbero mai realizzati, pur di mettere i suoi sensi al riparo da quella minaccia. E poi i consigli di Lorenzo si sarebbero potuti rivelare utili, se, anzi quando avesse deciso di prendere in mano la situazione. «Proporrò il prepensionamento per i dipendenti più avanti negli anni, che saranno ben lieti di accettarlo.» «Come fai a saperlo?» «Me lo suggerisce l'esperienza» rispose lui con estrema sicurezza. «Non è vero che tutti desiderino dedicare la maggior parte della propria vita al lavoro.» «E a chi proporresti di anticipare il pensionamento? Parlando per ipotesi, naturalmente.» Lorenzo la guardava come se volesse sondare il suo interesse per quell'argomento. «A Greg Thompson, a Vic Richards, al vecchio McGraw. Non sono di grande aiuto all'azienda. Gli manca la grinta che avevano da giovani.» Si fermò. Isobel cercò di tenere a mente quei nomi. Peccato che non avesse un blocco per gli appunti. «Qualche altra domanda?» chiese lui alzando le sopracciglia. «Sei sicura di poter ricordare questi consigli così utili?» «Consigli utili?» «Tanto non avrai l'occasione di servirtene, Isobel. Nessun altro metterà le mani sull'azienda.» Sorrise con freddezza e lei si domandò che cosa avrebbe provato a versargli in testa il contenuto del suo bicchiere. «Te l'ho detto. Puoi avere l'azienda.» Cathy Williams
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«Tu fai parte dell'affare.» «Perché?» chiese Isobel con un brivido di paura. «Perché punti proprio al matrimonio?» «Perché occuparmi dell'azienda di tuo padre non sarà un hobby per me. Ho altre società negli Stati Uniti, ma mia intenzione è quella di sistemarmi in questa città cui è essenziale una certa rispettabilità.» La osservò con gli occhi socchiusi: «Ti voglio, Isobel e ti avrò. Considera il matrimonio una specie di premio per te». «Anche se non c'è l'amore?» «Non mi sembra che la mancanza dell'amore ti abbia impedito di sposare Jeremy» commentò subito lui con aria pacata. Isobel lo fissò con la bocca secca. La sconvolgeva che lui fosse disposto a spingersi a tanto pur di vendicarsi. Non la amava, ma l'avrebbe sposata perché sapeva che era l'ultima cosa che lei desiderava. «E la fedeltà?» domandò, imbarazzata da quella sua allusione. «Che cosa c'entra la fedeltà?» «Per te non ha nessun valore? Insomma, ti sentiresti libero di concederti tutte le scappatelle che vuoi?» osservò lei amaramente. «Devo andare.» Si alzò in piedi. Si aspettava che Lorenzo la fermasse e provò un senso di sollievo quando invece lui fece altrettanto. «Ti trovi bene a lavorare con Adams?» le domandò mentre si avvicinavano alla porta e Isobel gli rivolse un'occhiata sorpresa. «Mi hai detto che lavori all'ambulatorio medico.» «Sì.» «Lo so, ti ho fatta seguire prima del mio ritorno.» «Che cosa hai fatto!?» Lei si fermò vicino alla porta e lo guardò a bocca aperta. «Ti ho fatta seguire» ripeté lui con calma, come se stessero discutendo del tempo. «Per scoprire qualcosa di più su di te.» «Mi hai fatto pedinare da un investigatore?» «Tom Wilkins comincerà a insospettirsi se ci vedrà immersi in una fitta conversazione.» «Uno di quegli squallidi personaggi con l'impermeabile bianco e con gli occhiali scuri?» chiese sconvolta. «No. Ho chiesto di indagare su di te a Clark.» «Con quale pretesto?» Isobel cominciava a sentirsi ribollire per la rabbia. Lorenzo aprì la porta per farla passare e lei si voltò adirata. «È la Cathy Williams
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cosa più deplorevole che abbia mai sentito in vita mia.» «Allora devi aver condotto una vita molto ritirata» ribatté lui, impassibile. «Non ne avevi il diritto!» «Certo che l'avevo. Intendevo fare un notevole investimento. E poi ero curioso.» «E questo dovrebbe giustificarti?» Camminavano lentamente e lei si assicurò di stargli a debita distanza. «Adams non è sposato, vero?» domandò Lorenzo in tono casuale. «No.» «Che tipo è? Me lo ricordo vagamente somigliante a una giraffa. Tutto gambe.» «Si è fatto un uomo molto attraente» rispose Isobel con freddezza. «Non che questi siano affari tuoi.» «Tutto ciò che ti riguarda sono affari miei.» Aveva lo sguardo fisso davanti a sé. Isobel osservò il suo profilo deciso, il corpo muscoloso dall'andatura armoniosa. Abigail una volta le aveva riferito che considerava Lorenzo l'uomo più attraente che avesse mai conosciuto. «Potrebbe fare strada nel mondo dello spettacolo» aveva commentato. «Diventare un attore di grande carisma. Non dovrebbe nemmeno aprir bocca.» Perché non se n'era rimasto dov'era? Perché le aveva imposto la sua presenza? Non era mai riuscita a gettarsi alle spalle la sua storia con lui, ma se non l'avesse avuto sempre sotto gli occhi, avrebbe avuto qualche speranza. «Dev'essere piacevole per te lavorare con uno scapolo di bell'aspetto» le disse. «Sì.» Isobel si voltò verso di lui. «Abbiamo un buon rapporto.» Avrebbe potuto aggiungere di lavoro, ma non lo fece. «E Jeremy che cosa ne pensava?» «Che cos'è questo, un interrogatorio?» domandò Isobel mentre raggiungevano la bicicletta. La prese e cominciò a incamminarsi lungo il marciapiede. «Comunque, mi stupisco che la tua spia non ti abbia messo al corrente di tutti questi dettagli.» «Hai una relazione con lui?» Lorenzo allungò una mano e la appoggiò sul manubrio. Cathy Williams
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«Credi un po' quello che vuoi» gli rispose Isobel. «Non so perché, ma la cosa non mi sorprenderebbe. Era colpa di Jeremy o, una volta sistemata, hai pensato che non fosse più necessario fingerti innamorata? O magari andavi a letto con tutti e due nello stesso tempo? Se non ricordo male, sei sempre stata molto passionale.» . Isobel strinse convulsamente il manubrio. Se avesse potuto, gli avrebbe dato un ceffone, ma erano in mezzo alla strada e non poteva rendere pubblica la sua rabbia. «Adesso devo proprio andare, Lorenzo» affermò senza guardarlo e lui la prese per un braccio. «Non prima di aver risposto alla mia domanda.» Lei liberò la bicicletta con uno strattone. Lorenzo la lasciò e continuò a camminare al suo fianco fino all'automobile. A quel punto le sollevò la bicicletta e aggiunse con finta cortesia: «Ti accompagno a casa in macchina». Isobel lo guardò. Nell'oscurità della sera il suo volto aveva un'espressione dura, il viso di un uomo che non si arrende tanto facilmente. «Voglio vedere tua madre» le spiegò. Il luccichio nei suoi occhi sembrava minacciarla. «Dopotutto, tra poco la conoscerò molto bene, non è vero Isobel?»
5 Fecero il tragitto fino a casa senza dire una parola. Anni prima, anche il silenzio tra loro era pieno di calore. Allora parlavano, facevano progetti per il futuro, ridevano. Ora invece questo era carico di tristi presentimenti. Non appena si fermarono davanti a casa, Isobel scese in fretta dalla macchina. Per un caso sfortunato sua madre si trovava proprio in giardino. La signora Chandler scorse Lorenzo Cicolla e sul suo viso si disegnò un'espressione di gioia. «Che piacere vederti!» esclamò. Ci mancava solo questa, pensò Isobel. Quello sembrava molto più che un saluto veloce. «Immagino che mia figlia ti abbia invitato a cena. Poteva almeno telefonarmi per avvertirmi.» Sua madre gli sorrise rilassata. «A dire il vero, non mi è stato fatto nessun invito.» «Me ne sono dimenticata» si giustificò Isobel. Si mise sulla soglia di Cathy Williams
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casa e aggiunse con freddezza: «D'altronde, credo che tu sia troppo indaffarato per poterti fermare». «Mi piacerebbe molto» rispose lui osservando divertito la sua espressione stizzita. «Allora fermati» si intromise la signora Chandler. «C'è un pasticcio di pollo nel forno e le verdure del nostro orto.» «Non potrei desiderare di meglio» ammise lui con un sorriso che mandò Isobel su tutte le furie. Entrò in casa passandole davanti. Sua madre aveva ragione. Lorenzo Cicolla aveva un grande fascino e lo esercitava sulla signora Chandler in modo travolgente. Si diressero in soggiorno e Isobel li seguì, ascoltando le loro battute scherzose e cercando una scusa per potersi defilare. «Ci conviene affrontare subito la parte meno piacevole della serata» disse la signora Chandler dopo aver versato da bere. Lorenzo alzò le sopracciglia con aria interrogativa e Isobel si sentì morire. Vuotò il bicchiere di vino, se ne servì un altro per distendere i nervi e si risedette. «Sembra trattarsi di una cosa terribile» commentò Lorenzo biascicando le parole. «Ho provato una grande gioia quando Isobel mi ha riferito che eri tu il probabile acquirente dell'azienda di David» cominciò la signora Chandler. «È stato un vero colpo quando il signor Clark ci ha spiegato che avremmo dovuto venderla. Devi sapere che l'azienda è stato il grande amore di David. Temevo che si facesse avanti qualche sconosciuto che pensasse solo a realizzare un profitto.» Lorenzo annuì. «Capisco» mormorò. «Davvero?» Isobel lo guardò con aria scettica. «Intendi forse dire che quando prendi in gestione un'azienda ti comporti come un buon samaritano più che come un uomo d'affari?» Lorenzo aggrottò la fronte. «Ho sempre cercato di essere onesto.» «Adesso che lo so mi sento meglio» commentò lei, ironica, con un sorriso sdolcinato. . La signora Chandler guardò sua figlia con aria di rimprovero. «Non è un problema, Lorenzo, se ti sembra che l'azienda valga meno di quanto eri disposto a pagare. Puoi essere completamente onesto con noi. Dopotutto, ci conosciamo da molto tempo.» «Gli uomini d'affari non sono mai onesti, mamma» ribatté Isobel. «Sono diplomatici, piuttosto. Come i politici e i commercianti.» Cathy Williams
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«Tuo padre era onesto.» A quelle parole Isobel distolse lo sguardo. Le tornò in mente Jeremy, e i sacrifici che lei aveva fatto quando era ancora abbastanza giovane da poter godere della vita a piene mani. «Il costo dell'azienda non c'entra per niente, signora Chandler» intervenne Lorenzo. Si chinò in avanti, appoggiò il suo bicchiere sul tavolino e si rilassò sul divano. «Lei sostiene che apprezza l'onestà. Bene, allora non avrò peli sulla lingua. Quest'affare doveva essere concluso una settimana fa, ma io ho capito che mancava la collaborazione di sua figlia.» «Di Isobel?» Lorenzo la osservò e continuò con calma. «Penso che in una cittadina come questa sia necessario che io abbia il pieno appoggio della famiglia che possiede l'azienda. Forse, se fossi stato uno sconosciuto qualsiasi, la cosa non sarebbe stata così importante. Ma tutti sanno che io e Isobel ci conosciamo, che siamo stati... più che amici, a un certo punto.» «Che cosa c'entra ora tutto questo?» proruppe Isobel con una certa durezza sentendosi avvampare in viso. «C'entra, e molto. Vede, signora Chandler, se io assumessi il controllo dell'azienda senza il supporto di sua figlia, la gente comincerebbe a domandarsi se voi non siate stati costretti a venderla. Comincerebbe a sospettare di me come persona e gli affari ne risentirebbero, perché è del tutto impossibile operare con successo in un ambiente ostile.» «Non credi di esagerare?» gli domandò Isobel sentendosi in trappola. Lorenzo scosse il capo. «In una cittadina come questa non si è avulsi dal contesto. Prova a immaginare che cosa succederebbe se Tom Wilkins vendesse il suo pub a qualcuno male accetto. Dopo quanto tempo comincerebbero a mancare i clienti? E dopo quanto sarebbe costretto a chiudere?» La signora Chandler annuiva assorta. «Sono perfettamente d'accordo a venderti l'azienda di papà» mormorò Isobel sentendosi chiamata in causa. Ma lei non aveva assolutamente niente da rimproverarsi. Non era colpa sua se Lorenzo le aveva imposto delle condizioni inaccettabili. «Però non sei stata molto incoraggiante» intervenne la signora Chandler con un tono di rimprovero che la fece arrossire. «Direi che non mi hai incoraggiato per niente» aggiunse Lorenzo, sforzandosi di rimanere serio. Cathy Williams
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«Mia cara.» La signora Chandler si alzò e soggiunse con voce decisa: «Spero che ci rifletterai attentamente e che farai tutto quanto è in tuo potere per convincere Lorenzo che ha il tuo pieno appoggio. Vado a controllare la cena e vi lascio a discuterne tra voi». «Tu...! Tu...! Non riesco nemmeno a esprimere ciò che provo» esclamò Isobel non appena la signora Chandler se ne fu andata. Lui sorrise. «È stata tua madre a volere che si parlasse in modo onesto.» Isobel si versò un altro bicchiere di vino per prepararsi all'attacco. «Devi ammettere che ciò che ho detto è vero» la precedette Lorenzo. «Non intendo ammettere un bel niente.» «Tua madre la pensa come me.» «Sai bene come prenderla, tu» confessò Isobel tristemente. «Avresti dovuto studiare legge. Sai essere diabolicamente persuasivo.» «Cos'è, un complimento?» Lorenzo sembrava perfettamente rilassato e aveva una smorfia ironica sul viso. «No, ma sono sicura che tu lo considererai tale. Come hai potuto mettermi contro mia madre?» «Non ho fatto niente di simile. Ho solo ribadito di aver bisogno della tua collaborazione, se vogliamo che quest'accordo si concluda.» «Non penso che la tua idea di collaborazione sia la stessa di mia madre» replicò Isobel con sarcasmo. «Che cosa ritieni che direbbe se le spiegassi che ti interessa solo mettermi un anello al dito?» «Chi lo sa! La notizia potrebbe anche elettrizzarla.» «E se io le rivelassi che l'azienda è solo il pretesto per vendicarti?» «Probabilmente non ti crederebbe.» I loro occhi si incontrarono e Isobel provò una sensazione di stordimento. Aveva bevuto troppo e non vi era abituata. Socchiuse gli occhi e dichiarò: «Ho le vertigini». «Come mai?» domandò lui con una risata incredibilmente sensuale. «Ti sconvolge l'idea di dovermi sposare, che ti piaccia o no, o hai bevuto troppo?» «Non ho bevuto troppo!» «Almeno tre bicchieri.» «Detesto le persone che controllano quanto beve la gente. E non ho nessuna intenzione di sposarti.» Sarebbe dovuta essere furiosa, invece si sentiva leggera. Non aveva abbastanza energia per litigare. Quando ritornò sua madre e annunciò che la cena era quasi pronta, Cathy Williams
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Isobel si alzò sperando di riuscire a reggersi in piedi e annunciò che sarebbe andata a cambiarsi. Sotto la doccia cercò di riorganizzare i pensieri, se pur con molta fatica. Anche questa volta Lorenzo era riuscito ad averla vinta su di lei. Ma gli avrebbe dato battaglia cercando di non suscitare il disappunto di sua madre. Quando ritornò, un quarto d'ora più tardi, con un paio di jeans e un maglione verde, le arrivarono dal soggiorno la risata di sua madre e la voce virile di Lorenzo. Quando lei entrò, sua madre continuò, ancora sorridendo: «Lorenzo mi ha raccontato tutto sull'America. Ho sempre desiderato visitarla». «Ma a te e a papà non è mai piaciuto andare in vacanza all'estero» la contraddisse Isobel. «Le poche volte che ci siete stati, siete tornati a casa stanchissimi.» Si chiese se non fosse il caso di bere un altro bicchiere di vino e optò per quella decisione. Dopo la doccia si sentiva molto meglio. «È vero» ammise la signora Chandler. «Ma Lorenzo fa sembrare l'America veramente eccitante.» Il problema era che Lorenzo era capace di rendere entusiasmante qualsiasi cosa. «Lo sai che adesso possiede molte società, mia cara?» «Davvero?» Isobel cercò di fingersi interessata. «Incredibile. La cosa mi sconcerta proprio.» «Devi aver lavorato sodo» riconobbe la signora Chandler con aria pensierosa, rivolgendosi di nuovo a Lorenzo. «Ho sentito dire che c'è molta competitività negli Stati Uniti.» «Moltissima.» Lorenzo si era versato un altro bicchiere di vino e ne bevve un sorso. «Il primo anno che ero là dormivo circa due ore per notte. Ho lavorato come un pazzo.» Si mise a ridere, contagiando col suo buonumore anche la signora Chandler. «Vivevo in un postaccio. L'ufficio era una reggia al confronto» continuò. «Dev'essere stato orribile per te» osservò la signora Chandler guardando sua figlia per invitarla a prender parte alla conversazione. Isobel si sentì costretta a intervenire. «Come sei riuscito a resistere?» Aveva fatto i suoi calcoli. Se di fronte a sua madre si fosse dimostrata disponibile a collaborare, una volta che l'affare fosse andato a rotoli lei non avrebbe potuto biasimarla. Lorenzo la osservava con gli occhi socchiusi e l'espressione seria. «Ho Cathy Williams
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resistito pensando di ritornare qui al momento giusto. Ero andato in America in cerca di successo ed era proprio con questo che intendevo tornare a casa.» «Sei molto determinato.» Sua madre annuì in segno di approvazione. Anche lei aveva sposato un uomo ambizioso. «Spero veramente che tu possa comprare l'azienda di David. So che con te sarebbe in buone mani.» Si voltò verso Isobel. «Non è vero, mia cara?» «Se ne sei convinta tu» commentò lei, ma vide che sua madre aggrottava la fronte e aggiunse: «Sono sicura che con Lorenzo l'azienda andrebbe a gonfie vele». Sua madre stava annuendo. «David era preoccupato per l'azienda qualche tempo prima di morire» ammise e Isobel la guardò sorpresa. «Sapeva che non era gestita nel migliore dei modi, ma non avrebbe mai potuto licenziare dei vecchi amici, e ovviamente molti colleghi del consiglio di amministrazione erano dei vecchi amici.» Lanciò un'occhiata a Lorenzo. «Sai com'è da queste parti. Ci conosciamo tutti.» «Una situazione pericolosa.» «David ha cercato di trovare una soluzione per molto tempo. L'avevo visto così in pena solo qualche anno fa. Non mi ha mai spiegato che cosa fosse successo, allora, ma alla fine tutto si è sistemato.» Si alzò in piedi. «Bene, per oggi basta coi ricordi. Vado a controllare il pasticcio di pollo. Quando è pronto vi chiamo.» Isobel scattò in piedi e si offrì di farlo al posto suo, ma sua madre scosse la testa. «No, mia cara, rimani pure qui insieme a Lorenzo. Non vi vedete da tanto tempo.» Lo guardò con affetto suscitando ancora di più la rabbia di Isobel. Non appena la signora Chandler si fu allontanata, Lorenzo prese la parola. «Hai ancora le vertigini?» le domandò. Sembrava divertito. «Affatto» rispose lei con disinvoltura. «Se berrai anche quello, ti ritorneranno. Quattro bicchieri è sempre stato il tuo limite massimo.» Isobel arrossì e vuotò il bicchiere. «Mi sorprende che tu te lo ricordi» commentò. «Pensavo che dopo aver dormito per anni due ore per notte, la tua memoria si fosse un po' offuscata.» Lorenzo rise con la stessa allegria di tanti anni prima che aveva la capacità di riconciliarla col mondo. «Non pensare di poter fare le cose a modo tuo solo perché non stiamo Cathy Williams
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litigando» si affrettò a dire Isobel, accorgendosi all'improvviso che la stanza era troppo calda, o troppo stretta, o troppo qualcos'altro, perché sentiva fortissima la presenza di Lorenzo a pochi centimetri da lei. «Neanche per sogno!» «Ti stai divertendo, vero?» domandò Isobel. «Ti piace vedermi a disagio.» «Mi è sempre piaciuto guardarti, Isobel» ribatté lui in modo ambiguo facendola arrossire. Lei si alzò in piedi, nervosa più che mai, e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza come una molla pronta a scattare. «Per amor del cielo, smettila di camminare in quel modo» le ordinò lui e Isobel gli rivolse uno sguardo ironico. «Vedo che ti piace dare ordini, Lorenzo» affermò con voce suadente, fermandosi davanti a lui per osservarlo dall'alto in basso. Con un rapido movimento Lorenzo l'afferrò per un polso e la spinse contro il bracciolo della sedia. Solo un innato senso dell'equilibrio le impedì di cadergli addosso, ma quel gesto improvviso la lasciò senza fiato. «Così va meglio» disse lui senza mollare la presa. Isobel non aveva scelta. Poteva solo rimanere dov'era o intraprendere una battaglia che era sicura di perdere. Lorenzo era un uomo forte. La teneva immobilizzata senza alcuna fatica. «Può darsi che tu pensi che io sia qui per il piacere di infastidirti, ma in realtà sono qui solo perché volevo rivedere tua madre, che tu ci creda o no.» La sua voce era profonda e vellutata e riusciva a ipnotizzarla. Scrutando i lineamenti ben cesellati del suo viso, le riusciva oltremodo difficile fingersi del tutto indifferente. «Come va la malattia?» le chiese e lei abbassò gli occhi. «Riesce a tenerle testa.» «È sempre stata una donna forte.» «Lo sostiene anche Richard.» Lui la guardò con sospetto e strinse la morsa intorno al suo polso. «Ah, il dottor Adams! Non avevamo finito di parlare di lui. E lo afferma durante le ore di lavoro o nel tempo libero?» «Siamo amici» lo informò lei. Che fosse geloso? Provò un moto di piacere a quel pensiero, ma non durò a lungo. Se lo era, non era per una questione emotiva, ma solo perché quel fatto poteva renderla meno vulnerabile ai suoi attacchi. «La mamma ha preso molto male la morte di papà» si affrettò a spiegare Cathy Williams
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con voce nervosa. «Sono stati sposati così a lungo. E poi è sempre stato mio padre a occuparsi di tutto.» Lorenzo la osservava, ma non sembrava ascoltare ciò che diceva. Isobel cominciò a sentirsi confusa. «Adesso posso ritornare a sedermi?» domandò schiarendosi la gola. «Preferirei che rimanessi qui» le rispose lui con voce roca. «E tua madre co... come sta?» balbettò Isobel, schiarendosi di nuovo la gola. Era senza fiato e aveva la voce strozzata. «Bene. Non vede l'ora di ritornare.» Lorenzo incrociò le gambe e si appoggiò di nuovo alla sedia. «Adesso è in Italia. Ci rimarrà qualche mese, fino a quando non avrò trovato una sistemazione.» Distrattamente cominciò ad accarezzarle il polso con un dito e lei si sentì pervadere dall'eccitazione. «Raccontami un po' che cosa è successo da queste parti negli ultimi quattro anni» la invitò con dolcezza. «Con calma, senza litigare. D'altronde non sei qui per collaborare?» «Ci vorrebbe troppo tempo.» Isobel si agitò sul bracciolo della sedia. «E poi non sono comoda, in questa posizione.» «Davvero?» le domandò Lorenzo con un sorriso malizioso. La tirò verso di sé facendosela cadere in braccio. «Che cosa diavolo pensi di poter fare?» chiese Isobel senza fiato, cercando di divincolarsi inutilmente. Lorenzo teneva un braccio intorno al suo collo e l'altro appoggiato a una sua coscia. Lei si contorse di nuovo e il braccio si spostò dalla coscia al petto, proprio sotto lo sterno. Isobel non indossava il reggiseno e sotto il maglione cominciò a sentire indurirsi i capezzoli. «A mia madre verrebbe un infarto se entrasse e ci vedesse così» dichiarò, cercando di stare calma. Gli era così vicina da potersi specchiare nelle sue iridi. Sapeva che, se non ci fosse stata attenta, quella vicinanza le avrebbe dato alla testa e allora... Allora cosa?, si domandò con un brivido. «Sarei costretto a spiegarle che voglio diventare suo genero. Ma è in cucina a preparare la cena» mormorò. «Non ci vuole poi molto ad apparecchiare la tavola» osservò Isobel, anche se quelle parole avevano acceso in lei un fuoco pericoloso. Sta' calma, disse a se stessa. Fa' finta che la sua mano non sia vicina al tuo seno, che la sua bocca sia lontana dalla tua e andrà tutto bene. Lorenzo ignorò le sue parole. «Quando lo hai sposato, sono impazzito al pensiero che avresti fatto l'amore con lui» sussurrò. Con la mano le afferrò Cathy Williams
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un seno ed emise un gemito, come sorpreso da quel gesto involontario. Isobel rimase senza fiato. Aveva il respiro affannoso e la terribile sensazione che, se avesse chiuso gli occhi, avrebbe perso il controllo della situazione. Rimase con gli occhi spalancati e si ricordò che quell'uomo provava per lei solo antipatia. Doveva resistergli perché, se avesse ceduto anche solo per un momento, non sarebbe più riuscita a vivere in pace con se stessa. Era tutta colpa del vino. Non avrebbe dovuto bere quel quarto bicchiere. «Lasciami» gli ordinò cercando di rimanere calma. «Non voglio parlare di lui né del mio matrimonio. Non voglio che tu mi tocchi.» «Davvero? Eppure tu mi desideri almeno quanto io desidero te» le sussurrò Lorenzo. «No!» Isobel cercò di muoversi, ma fu un passo falso. Si sentiva le gambe pesanti come piombo. Avrebbe voluto liberarsi, poter correre via, ma il suo corpo non rispondeva ai comandi. Lui la guardava e con le dita cominciò a giocherellare con il suo capezzolo fino a farle venir voglia di gridare. Isobel strinse i pugni e tentò di controllare il ritmo del respiro. «Non farlo. Non voglio che tu lo faccia, Lorenzo. Il tempo per queste cose è passato.» La sua voce era un impercettibile bisbiglio. «Non mentire. So che ti piace.» Le sollevò il maglione e le scoprì il seno coprendole il capezzolo con la bocca. Lei rabbrividì. Gli attirò la testa verso di sé e si tese, mentre quella bocca mandava per tutto il suo corpo spirali di elettrizzante piacere. «Parlami di lui» mormorò Lorenzo con voce roca. «Jeremy è morto e il passato non può più tormentarti.» «Non c'è niente da dire.» Isobel si rialzò, mortificata per quello che era appena successo. Lorenzo fece un gesto di insofferenza. «Maledizione, Isobel!» esclamò e lei fece due passi indietro sulle gambe tremanti. «Non ti importa niente di me, Lorenzo. Cosa ti fa pensare che potrei confidarmi con te?» Sorrise amaramente, odiandosi per quella reazione incontrollata. «Oh, tienti i tuoi maledetti segreti!» gridò lui con rabbia alzandosi in piedi, e Isobel arretrò di altri due passi. Lorenzo sembrava sul punto di dire qualcosa, con gli occhi scintillanti. Ma si sentirono i passi della signora Chandler. Cathy Williams
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Quando sua madre si affacciò alla porta, Isobel si costrinse a sorridere. Era così tesa da sentirsi male, come se una terribile malattia tropicale le si fosse infiltrata nelle ossa impedendole di muoversi o di pensare. Quello che era successo non era colpa del vino. Era come se fosse scoppiata una diga e i desideri che aveva seppellito dentro di sé fossero di nuovo tornati in superficie avendo la meglio su di lei. «È tutto pronto.» Sua madre era allegra. Si appoggiò al braccio di Lorenzo e lo invitò a parlarle ancora dell'America e dei suoi progetti. Isobel lo osservava di sottecchi e si domandava se il corpo di lui stesse ancora tremando come il suo. Le aveva detto di desiderarla, ma l'odio che provava per lei era più forte del desiderio. Sposandola, avrebbe soddisfatto entrambi i sentimenti. Sua madre aveva apparecchiato la tavola e si scusò per avere evitato ogni formalità, sapendo bene che lui l'avrebbe di certo apprezzato. Aveva anche preso una bottiglia di vino dalla cantina che fece aprire a Lorenzo. «Isobel beve pochissimo, vero, mia cara? Questa sera è la prima volta che la vedo bere più di due dita di vino» commentò sua madre riempiendo i bicchieri. Lorenzo la fissò con aria interrogativa. Immediatamente, senza una precisa ragione, lei si mise sulle difensive. «Non mi piace bere» ammise sedendosi e mettendosi a giocherellare con le posate come una scolaretta imbronciata. Non era da lei quel comportamento. Aveva imparato a essere fredda, quasi imperturbabile con gli anni. Perché non ci riusciva più? Lorenzo la osservava. Isobel sentiva i suoi occhi fissi su di sé. Non era mai stata una bevitrice quando lo frequentava, anche se qualche volte le piaceva gustare un buon bicchiere di vino. Quante volte avevano aperto una bottiglia e si erano coricati a parlare di tutto e di niente. Era sicura che anche lui ricordasse quei momenti. Sembrava avere una memoria di ferro. «Jeremy...» cominciò sua madre, ma Isobel la interruppe in malo modo. «Mamma!» Lorenzo doveva già sapere che il suo matrimonio non era stato felice, non c'era bisogno di dirlo. Non avrebbe potuto sopportare la sua pietà e nemmeno il suo disprezzo. «Gli piaceva bere un bicchierino ogni tanto...?» si intromise Lorenzo servendosi una porzione abbondante di pollo. «Più che un bicchierino» ammise la signora Chandler, lanciando una rapida occhiata a sua figlia. Cathy Williams
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«Le verdure sono del nostro orto» intervenne Isobel ad alta voce. Non voleva che sua madre si mettesse a chiacchierare di Jeremy e del suo attaccamento alla bottiglia. Sapeva che i suoi genitori erano spaventati e preoccupati per quella sua abitudine, che era peggiorata col passare degli anni. All'inizio avevano tentato di discuterne con tutti e due, poi solo con Isobel perché Jeremy diventava taciturno quando se ne parlava, come se fosse un problema. Lei aveva sempre minimizzato la questione, e dopo un po' loro non avevano più toccato l'argomento. Ma bisognava essere ciechi per non vedere gli sguardi preoccupati che si scambiavano davanti a lei e a Jeremy. Trovavano il suo comportamento sgradevole, proprio come lei. Ma erano troppo educati per darlo a vedere. Evidentemente sua madre riteneva che a Lorenzo, in qualità di vecchio amico, si potesse fare qualche confidenza sull'argomento, ma Isobel la pensava in modo diverso. «Abbiamo ogni tipo di verdura, fagiolini, patate. In estate le fragole sono meravigliose» continuò con decisione. Si concentrò sul pollo che aveva nel piatto. «E' vero...» Sua madre guardava Lorenzo con un'espressione imbarazzata e malinconica, «e... mia cara, non prendertela a male, ma io e David abbiamo sempre sperato...» Si fermò e Isobel la guardò, inorridita da quello che lei avrebbe potuto aggiungere. «Abbiamo sempre sperato che voi due... poteste... chi lo sa! È sciocco, vero?» Sorrise e così fece Lorenzo, un sorriso di trionfo che era solo per Isobel. Il sorriso della vittoria.
6 In qualche modo lasciarono cadere l'argomento, ma Isobel ripensò più volte alle implicazioni di quanto aveva detto sua madre. Perché diavolo aveva parlato in quel modo davanti a Lorenzo? Lo osservò con la coda dell'occhio e le sembrò di scorgere sulle sue labbra un sorriso soddisfatto. Si versò un altro bicchiere di vino e lo fulminò con un'occhiata. «Isobel mi ha raccontato che lavora da Richard Adams» affermò Lorenzo in tono casuale. Sonda il terreno, pensò Isobel con sospetto. Credeva veramente che lei avesse un rapporto clandestino con Richard? Non se ne sarebbe sorpresa. Cathy Williams
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«È un bravo ragazzo» ribadì la signora Chandler con calore. Guardò sua figlia. «Ti piace lavorare con lui, vero Isobel?» «Moltissimo.» Vide che Lorenzo si incupiva e sorrise. «È intelligente, simpatico, premuroso.» «Insomma, un modello di virtù» concluse Lorenzo con freddezza. «È strano che non sia sposato.» «Non avrà incontrato la donna giusta» commentò Viola. «Piuttosto, è strano che non ti sia mai sposato tu» controbatté Isobel allegramente. Bevve un sorso di vino e lo fissò oltre il bordo del bicchiere. «Perché?» «Perché sei uno scapolo più che appetibile.» «Dici sul serio?» le domandò lui, interessato più che mai alle sue parole. «Chissà quante donne devono averti trovato interessante» continuò Isobel abbassando gli occhi. «Soprattutto in America, dove sono più degli uomini.» «Pensi che sarei appetibile solo perché noi uomini siamo in minoranza numerica?» La signora Chandler scoppiò a ridere, ma nei suoi occhi c'era un'espressione interessata che non piacque a sua figlia. «In ogni caso, non intendo ficcare il naso nella tua vita privata, Lorenzo» si affrettò a precisare Isobel. «Sei libera di farlo. Che cosa vorresti sapere?» «Niente.» «Non posso crederci. Devi avere qualche curiosità su di me, dopo quattro anni.» «No» ribadì Isobel per interrompere la conversazione e lui alzò le spalle. La signora Chandler li osservava e sorrideva come se si trattasse di uno scherzo tra ragazzi, ma Isobel non si lasciò ingannare dalla sua aria indifferente. Avevano finito la pietanza e sua madre portò in tavola il dolce, scusandosi che si trattasse di una torta di mele avanzata dal giorno prima. Cominciarono a parlare di Abigail e della sua folgorante carriera, e a poco a poco Isobel si rilassò e divenne loquace. Era molto orgogliosa della sua amica, che aveva già recitato a Broadway in alcune commedie. Mentre il vino cominciava a farle di nuovo effetto, lei e Lorenzo si scambiarono le loro impressioni ripensando ai vecchi tempi. Sua madre cominciò a sparecchiare la tavola e Lorenzo insistette perché Cathy Williams
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andasse a sedersi in soggiorno, lasciando a lui e a Isobel quell'incombenza. «Il cuoco non lava mai i piatti» le disse e lei gli obbedì lasciandoli soli in cucina. «Mi sento come se avessi bevuto una cassa intera di bottiglie di vino» dichiarò Isobel accingendosi a lavare i piatti. Le piaceva trovarsi con lui in quella cucina calda, al riparo dal freddo vento autunnale che soffiava di fuori. Non era più sulla difensiva. «Allora deve farti bene bere» ammise Lorenzo. «Non hai l'aria di affilare le tue armi per la battaglia.» «Mi fai sentire come un caporale» gli rispose lei sorridendo. «Sei troppo bella per essere descritta come un caporale» replicò Lorenzo pacato, a pochi passi da lei. «Le donne caporale hanno i capelli grigi e abbastanza rughe da poter dire al mondo come sono scontente della vita.» «Davvero?» Isobel sorrise, ma pensò che non avrebbe dovuto sentirsi così bene con lui. «Non riesco a credere che tu abbia avuto a che fare con questo tipo di donne insoddisfatte della vita.» «Con che tipo di donne credi che abbia avuto a che fare, allora?» Isobel immerse le mani nell'acqua saponata e pensò che c'era qualcosa di pericolosamente eccitante in quella conversazione. «Non saprei.» «Avrai di certo una tua opinione» le sussurrò lui roco. «Donne di bell'aspetto, immagino. Donne che ti fanno fare bella figura quando camminano al tuo fianco.» «Per me le donne non sono degli ornamenti. Non lo sono mai state. Tra tutti, almeno tu questo dovresti saperlo.» «Io? E perché?» Era così sensibile alla sua presenza che non osava alzare gli occhi. «Ti consideri ornamentale?» Lei rise nervosamente. «Non si può parlare di queste cose quando si è ubriachi» rispose dando le spalle al lavandino. Lorenzo appoggiò il canovaccio e la guardò in viso mettendole le mani sui fianchi. «Allora di che cosa vorresti parlare?» le domandò. «Di orticoltura? Di politica? Di come si accoppiano i castori?» Lei abbassò gli occhi sulle mani di Lorenzo e capì che la sensazione di stordimento che provava non era dovuta solo all'alcol. Le batteva forte il cuore, così forte da sentirsi quasi soffocare. Si concentrò sui suoi peli scuri Cathy Williams
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sotto il cinturino dell'orologio. Seguì con gli occhi quel morbido tappeto lungo le braccia, e poi la curva del collo, le sue spalle ampie. Quando lo fissò in viso, si accorse di respirare a fatica. «O vorresti discutere di qualcos'altro, per esempio di Jeremy?» «No, non c'è niente da dire su di lui» dichiarò. Lorenzo non replicò. L'abbracciò e la strinse a sé. Mentre Isobel appoggiava la testa sul suo petto e cercava di non piangere, poteva sentire i battiti del suo cuore. «Oh, Isobel! È stato così terribile?» mormorò lui accarezzandole i capelli. Le piaceva che Lorenzo la accarezzasse. Aveva bisogno di quel conforto. «Mi manca tantissimo mio padre» gli confidò e lui non disse niente. Non ce ne era bisogno. Lorenzo capiva, lei lo sentiva. «Vuoi parlarne?» le domandò d'impulso e Isobel chiuse gli occhi mentre lui continuava ad accarezzarle i capelli. Amici per un momento, pensò Isobel. Solo che... Provò un senso di panico. Solo che lei la sua amicizia non la voleva. Come era possibile un sentimento di amicizia tra due persone che si disprezzavano? Doveva essere stato il vino a farle abbassare le difese in quel modo. Anche Lorenzo doveva aver bevuto un po' troppo. Isobel si tirò indietro, lo guardò in viso e si sentì morire rendendosi conto di avere davanti un uomo che amava ancora, che non aveva mai smesso di amare. Cercò di convincersi che fossero le circostanze a farla reagire in modo così emotivo. Jeremy non c'era più, e nemmeno suo padre, al quale lei aveva voluto un mondo di bene. Ma in compenso si era fatto di nuovo vivo Lorenzo. Era il sentimento di nostalgia a suscitarle delle emozioni che, se rifletteva bene, non esistevano affatto. Ma quelle erano solo parole. Chiuse gli occhi ed ebbe la certezza di essere appartenuta solo a lui. Aveva rinunciato a Lorenzo solo perché era stata costretta a farlo. Respirò a fondo e lo allontanò da sé. Doveva stare molto attenta. Se lui avesse voluto ferirla, gli sarebbe stato molto facile conoscendo i suoi sentimenti. Prese tre tazze dalla credenza sentendosi i suoi occhi addosso. «Perché non vuoi parlare del tuo matrimonio?» «Te l'ho spiegato, non c'è niente da dire» mormorò Isobel mentre preparava il caffè. Cathy Williams
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«In questo caso perché tanti misteri?» «Perché non puoi dimenticare quello che è successo?» gli chiese. La sua voce rivelava la sua disperazione. «Lui ti teneva in pugno, non è così?» «Come fai a dire una cosa simile?» «Non l'hai mai amato. Chi ti conosceva bene non avrebbe mai immaginato che lo avresti sposato. Abigail ritiene che per qualche motivo tu sia stata costretta a...» «Abigail?» Lo fissò in viso. «Quando hai discusso con Abigail di me?» «Sono andato a cena con lei una sera, dopo un suo spettacolo.» «Non me l'ha mai riferito. Che necessità c'era di parlare alle mie spalle?» «Non abbiamo parlato alle tue spalle» chiarì lui. «Mi sembri un po' paranoica. Abbiamo ricordato il passato e sei venuta fuori tu.» «Ma davvero?» La sua voce si era fatta sospettosa. Che cosa ci faceva lui con Abigail? Provò un moto di gelosia pensando a loro due, seduti in qualche ristorantino a chiacchierare e a scambiarsi confidenze. Abigail non le aveva mai rivelato di averlo incontrato. Perché? Che avesse avuto un'avventura con lui e avesse preferito tacerglielo? «Santo cielo! Non capisco proprio che cosa ti passi per la mente, Isobel. Sei proprio fuori strada.» «Smettila di comportarti come se potessi leggermi nel pensiero» gli rispose sgarbatamente. «Ti ho appena detto di aver cenato con Abigail e solo perché lei non te ne ha parlato, hai subito tratto le conclusioni sbagliate.» «Puoi uscire a cena con chi vuoi» lo informò Isobel. E Abigail non me ne avrà parlato solo perché avrà pensato che la cosa non mi interessasse particolarmente.» «E come mai? Perché eri troppo presa da altro?» «Questo è un commento stupido.» Gli diede le spalle e si accorse che le tremavano le mani. Aveva la mente piena delle immagini sgradevoli della sua migliore amica a letto con Lorenzo Cicolla. «Non ti viene in mente che può non averti informato perché quando siamo usciti insieme ero con un'altra donna?» «Capisco.» «Magari si sentiva imbarazzata a toccare l'argomento. Avrà pensato che, visto quello che c'era stato tra noi, la cosa avrebbe potuto in qualche modo turbarti.» Cathy Williams
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Isobel sorrise ironica. «Perché avrebbe dovuto pensarlo? Io avevo la mia vita qui.» «Se la chiami vita essere sposata a Jeremy.» «Non hai nessuna idea di come vivevamo insieme.» «Lo posso immaginare.» «E ovviamente credi di essere nel giusto. Dopo quattro anni di assenza ritorni qui, fai le tue ipotesi e pretendi di essere infallibile.» «Tu non lo amavi. Era evidente il giorno in cui l'hai sposato. Perché la situazione sarebbe dovuta cambiare? Rispondimi!» le intimò facendo un passo in avanti, truce in viso. «Non lo hai mai amato, vero? E nemmeno i tuoi genitori. Lui era insopportabilmente borioso e può essere solo peggiorato con gli anni. Beveva e chissà che cos'altro faceva. Andava a letto con altre donne?» «Smettila, Lorenzo!» «Perché dovrei smetterla? Voglio che tu mi spieghi perché l'hai sposato.» I suoi occhi le dimostravano un'aperta ostilità. «Questo riguarda il passato. Lasciamo perdere» disse. Lui le appoggiò le mani sulle spalle e Isobel sentì quelle dita sprofondarle nella carne. «Ritieni che debba dimenticare il passato, ma se fossi stato io a lasciarti allora, quando ci amavamo, saresti stata disposta a perdonarmi col sorriso sulle labbra?» «Immagino di no» replicò Isobel con gli occhi bassi. «E allora perché pretendi che lo faccia io?» le domandò Lorenzo brutalmente. «Perché non ha senso accanirsi in questo modo.» Lui fece una smorfia. «Parleresti con tanta enfasi se fossi tornato a casa a mani vuote? Senza soldi in tasca?» «Ma certo!» «Vallo a raccontare a qualcun altro» ribatté Lorenzo in tono beffardo e Isobel distolse lo sguardo da lui. «Sono diventato appetibile adesso, vero? Perché non lo ammetti? Forse Abigail si sbagliava e forse sei tu a volermi far credere di aver sposato Jeremy per qualche oscuro motivo, solo perché la verità è troppo sporca. È così? La verità è che tu l'hai sposato perché volevi accanto qualcuno del tuo stesso ceto sociale. Il fatto che noi fossimo stati amanti era solo un incidente di percorso.» «Pensa un po' quello che vuoi» rispose lei. Cathy Williams
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Fu come muovere un drappo rosso davanti a un toro. Gli occhi di Lorenzo brillarono per la rabbia e cominciò a scuoterla come se fosse una bambola di pezza. «Tu mi hai usato, Isobel» recriminò a denti stretti. «Che cosa pensavi quando facevamo l'amore? Che fosse solo un'avventura? Che io fossi solo un povero ragazzo italiano con dei poveri genitori italiani?» «No!» «Nelle piccole città è facile avere una visione ristretta della realtà» continuò Lorenzo, ignorando le sue proteste e guardandola dritto negli occhi. Isobel sentiva le sue dita nella carne. Era sicura che le sarebbero rimasti i segni. «Se le cose stanno così, perché sei ritornato qui?» Lui la fissò e Isobel si sentì turbata. «Hai commesso un errore madornale quando hai creduto di poterti prendere gioco di me, Isobel. Nessuno può permetterselo, capito? Sono andato in America, ho fatto fortuna, e ora che sono tornato avrò l'azienda di tuo padre e anche te.» «Io non ti sposerò!» Lorenzo le rise in faccia e le sfiorò la nuca con dita carezzevoli. «Sei solo un pazzo» mormorò Isobel, desiderando che lui si allontanasse per poter finalmente respirare senza fatica. «Devi ammettere che il matrimonio ti darebbe dei vantaggi» commentò Lorenzo con voce roca. «Anche tu desideri fare l'amore.» Fece scorrere le dita sulla sua schiena e quando le appoggiò la mano su un seno, Isobel si mise a tremare. «Vedi che non puoi resistermi?» le sussurrò. «Intendi sposarmi solo per vendicarti? Non sono un oggetto da possedere, Lorenzo.» Le sue dita continuavano ad accarezzarla e lei si sentì il viso infuocato. Entrambi respiravano a fatica e quando Lorenzo la attirò a sé, lei fremette avvertendo la sua eccitazione. «È un peccato che non si possa fare l'amore qui, vero Isobel?» le disse con un sorriso glaciale. Isobel lo allontanò e si rifugiò in un angolo della cucina, prese il vassoio col caffè e lo tenne stretto contro di sé come fosse uno scudo. «Perché non vai in soggiorno?» gli chiese con voce turbata. «Sì, ma quanto a te sarà meglio che ti sistemi. Sei tutta scompigliata.» Lorenzo le sorrideva ancora. «Non mi sembri molto divertente» affermò lei severa. «Cosa penserebbe Cathy Williams
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la tua fidanzata se ti vedesse in questo momento? O la donna con cui eri insieme ad Abigail era solo la tua amante di turno?» aggiunse d'impulso. Lui si mise a ridere. «Credevo che non nutrissi curiosità sul mio conto.» «Sono sempre stata curiosa degli uomini che desiderano andare a letto con due donne nello stesso tempo» rispose su due piedi. Il vassoio cominciava a pesarle, ma d'un tratto la cosa non le importava. Voleva a tutti costi sapere qualcosa di più su quella donna. Il tarlo della gelosia si era insinuato con prepotenza dentro di lei e si odiò per quello. Quattro anni di amarezze non l'avevano resa più saggia o più dura, ma solo più stupida. «Si chiama Jessica» l'informò lui prendendole il vassoio di mano con lo stesso distacco con cui avrebbe potuto parlare del tempo. «È bionda, bella ed è una ragioniera. Soddisfatta?» Si avviò verso la porta, mentre Isobel lo seguiva con le braccia incrociate sul petto. Bella e intelligente. Le aveva riferito che non gli piacevano le donne ornamentali. Si immaginò una donna alta, con lunghe gambe da modella, capace di discutere di alta finanza senza problemi e si sentì male. «E si strugge per te in America?» domandò a Lorenzo che le dava le spalle. Lui si fermò all'improvviso e per poco Isobel non andò a sbattergli contro. Le sorrise divertito. «Sapevo che non avresti cambiato argomento tanto facilmente.» «Ma pensa, lo sapevi!» Lei arrossì e incontrò il suo sguardo deciso. «Dimentichi che ti conosco bene.» La guardò sorridendo. «Sei sempre stata così testarda da insistere sulle cose fino a quando non ti erano completamente chiare. Ricordo una sera che arrivai tardi. Mi avevi detto che la cosa non ti importava, ma poi mi tormentasti fino a quando non ti spiegai tutto, perfino qual era la gomma che si era forata.» Quel ricordo la fece arrossire e la lasciò senza parole. Con una sola frase Lorenzo l'aveva riportata indietro nel tempo. Allora la vita le sembrava tutta rose e fiori. Ma la fiducia di quei tempi era solo un vago ricordo. «Per rispondere alla tua domanda» continuò Lorenzo in tono casuale, «non ho la minima idea se Jessica si strugga per me. Ha una vita attiva, un lavoro molto appagante e la sera probabilmente torna a casa troppo stanca anche solo per rammentarsi di me.» Cathy Williams
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«Mi stupisce che tu sia riuscito a staccarti da una donna così dinamica» commentò Isobel acidamente. Nella sua mente Jessica non era più soltanto intelligente, ma un vero e proprio genio che poteva occupare il poco tempo libero che le rimaneva solo in passatempi altamente intellettuali. «Guarda che non ti libererai di me tanto facilmente» dichiarò Lorenzo con freddezza. «Ho degli affari da sbrigare e resterò qui fino a quando non li avrò conclusi.» «E tu saresti disposto a rinunciare a una donna che ami solo per soddisfare uno stupido desiderio di vendetta?» gli chiese Isobel trattenendo il fiato. «Chi ha parlato di rinunciare a qualcuno? Tu stessa incontrerai Jessica a tempo debito. Verrà qui a lavorare per me.» «Intendi portare...? Intendi...?» «Ti mancano le parole, Isobel?» «Mi disgusti.» Gli diede le spalle. «Non ti sei fatta tutti questi scrupoli quando mi hai lasciato per sposare Jeremy Baker. O le regole del gioco sono diverse per te?» le domandò sottovoce. «Ho avuto le mie ragioni per farlo» borbottò Isobel. «Quali ragioni?» chiese fissandola con insistenza. «Il caffè si sta raffreddando» mormorò Isobel distogliendo lo sguardo e Lorenzo si voltò di scatto, scuro in volto. Lei si sentì la pelle infuocata. Ora comprendeva quale fosse il suo gioco. I pezzi del mosaico cominciavano a far intravedere il quadro d'insieme. Voleva che lei lo sposasse per tenerla legata a sé come aveva sempre desiderato. Ma lui avrebbe continuato a frequentare la sua amante. Se Lorenzo fosse venuto a sapere che lei lo amava ancora, sarebbe stata la sua fine. No, non gli avrebbe permesso di ferirla. Non aveva già sofferto abbastanza?, rifletteva angosciata. Lo seguì in soggiorno. Grazie al cielo sua madre non si era addormentata, com'era solita fare. «Ci avete messo un bel po' in cucina» commentò vedendoli arrivare. Lorenzo appoggiò il vassoio sul tavolo e guardò Isobel di sottecchi, mentre la signora Chandler versava il caffè. Tese la tazza a Lorenzo. «Non che la cosa mi riguardi. Però sono sicura che faccia bene a Isobel avere un vecchio amico con cui parlare.» Isobel soffocò una risata e cominciò a sorseggiare il suo caffè. Cathy Williams
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«Abigail è sempre in viaggio» continuò la signora Chandler sospirando. «Conduce un'esistenza vagabonda» commentò Lorenzo, sedendosi sulla sedia senza mostrare alcuna fretta di andarsene. «Per questo a Isobel fa piacere la tua compagnia.» Osservò sua figlia. «Non è vero, mia cara?» «Verissimo» sbottò Isobel. Come a un topo può far piacere la compagnia di un gatto. «È bello sentirtelo dire, Isobel» sorrise lui in modo malizioso. «Sarà un vero piacere se frequenterai di nuovo questa casa, Lorenzo.» La signora Chandler si fermò, come in cerca delle parole giuste. «Soprattutto adesso che ho deciso di andare per un paio di settimane da un'anziana parente a Cornwall.» «Un'anziana parente a Cornwall?» Per poco a Isobel il caffè non andò di traverso. «Che cosa diavolo stai dicendo, mamma?» «Non te ne ho ancora parlato, cara? Non ce n'è stato il tempo, con tutto questo trambusto per l'azienda.» «Quale parente?» continuò Isobel. «Non intenderai riferirti alla zia Dora?» «Sono secoli che non la vedo e ci ha sempre invitato ad andarla a trovare.» «Ma ti farà diventar matta.» «Sai, è stata appena operata al femore» spiegò a Lorenzo. «Ha una donna che l'aiuta» sottolineò Isobel. «Ma una parente potrebbe esserle di grande supporto, non credi, Isobel?» Viola sorrise. «La malattia mi rende un po' lenta nei movimenti, ma sono sempre in grado di preparare una buona tazza di tè. E poi abbiamo gli stessi interessi. Il giardinaggio, la lettura.» Sospirò. «Mi farà bene, Isobel. Ho bisogno di allontanarmi da questa casa, dai ricordi.» Isobel guardò sua madre con un senso di impotenza. «Ma perché proprio adesso?» «E perché no?» «Io penso che sia un'ottima idea» si intromise Lorenzo e Isobel gli indirizzò un'occhiataccia. Osservò sua madre che sorseggiava il tè serenamente. Che in qualche modo intendesse facilitare un loro avvicinamento? No, non era possibile! Rimase in silenzio a ripensare ai suoi guai e sentì appena le parole di sua Cathy Williams
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madre. «Dove sei sistemato, Lorenzo?» «In un albergo fuori città, l'Edwardian» rispose lui, sorpreso dalla domanda. «Devo dire che è messo piuttosto male.» Isobel non prestava molta attenzione a ciò che loro dicevano. Era quasi riuscita a convincersi che non c'erano dei secondi fini nella decisione della madre di recarsi a far visita a Dora. Era da molto che loro non si incontravano e la tranquillità di Cornwall le avrebbe fatto bene. «Sono povere persone» stava spiegandogli la signora Chandler. «Il vecchio Albert Towser ha il vizio di bere. Tutti sanno che ha sperperato gran parte di quanto aveva guadagnato negli anni del boom. Stanno pensando di vendere. Gli affari vanno male. In una città come questa non c'è bisogno di un albergo di quelle dimensioni. E poi i locali sono in pessime condizioni e non hanno i soldi per fare le riparazioni necessarie.» Dopo essersi interrogata sulle intenzioni di sua madre, Isobel cominciò a riflettere sull'eventualità di trasferirsi in qualche altra parte del mondo, nel caso Lorenzo avesse continuato a infastidirla. In Australia, per esempio. Ma come avrebbe potuto lasciare sua madre? «Anche nel cibo sono scaduti» proseguiva intanto Viola. «E' sempre stata Alice a occuparsi della cucina, ma negli ultimi anni è dovuta star dietro ad Albert, e poi non è più giovane come una volta.» Anche la Francia avrebbe potuto fare al caso suo. Era più vicina e il clima non era male. Ma il suo francese lasciava molto a desiderare. «In effetti il cibo è piuttosto scadente» stava confermando Lorenzo. «Non come quello che ho gustato qui, anche se la torta di mele era di ieri.» Sorrise. Il Dorset. Il tempo sarebbe stato orribile, ma almeno là Lorenzo non le avrebbe reso la vita un inferno. Lontana da lui sarebbe anche potuta rinsavire. Una cosa era certa. Isobel non poteva rimanere lì a sperare che fosse Lorenzo a decidere di andarsene. «È proprio perché sono in partenza» sentì dire da sua madre, «che ritengo che tu debba venire a stare qui. Perlomeno, finché non ti sarai trovato un altro posto in cui stare.» Solo a quel punto Isobel afferrò con orrore il nocciolo della conversazione che aveva luogo da un quarto d'ora. «Così farai compagnia a Isobel» concluse Viola con un sorriso sulle Cathy Williams
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labbra.
7 Isobel era distesa sul letto e fissava il soffitto. Non riusciva a prender sonno. «Come hai potuto invitarlo a soggiornare qui?» aveva domandato a sua madre un'ora prima. Lorenzo se ne era andato, ma sarebbe ritornato il pomeriggio successivo. «Mi è sembrato logico» aveva risposto la signora Chandler incamminandosi verso la camera da letto. Isobel l'aveva seguita sforzandosi di rimanere calma. «La casa è troppo grande per due persone. E poi, dopo la mia partenza, saresti rimasta sola e io sarei stata molto in pensiero.» «Perché? Da sola sto bene. Non ho bisogno di...» «Sarò più tranquilla sapendo che Lorenzo è qui.» Si era fermata davanti alla propria camera da letto con l'intenzione di chiudere l'argomento. «Ma Lorenzo Cicolla per me è ormai quasi uno sconosciuto! Invece tu hai avuto la bella idea di lasciarmi qui, con lui.» Ormai farfugliava come una bambina piagnucolosa. Sedendosi alla toletta per struccarsi, sua madre le aveva sorriso comprensiva. «Non so che cosa ti sia successo, tutto a un tratto. So che sei ancora scossa per la morte di Jeremy e di tuo padre. Ma questa sera sei stata molto maleducata.» «Non sono stata maleducata» aveva ribattuto Isobel. «Solo che non penso che sia una buona idea spalancare la porta di casa a chiunque passi di qui.» «Ma Lorenzo è un amico di famiglia!» La signora Chandler aveva guardato dritto in faccia sua figlia. «Pensavo che un po' di compagnia ti avrebbe fatto bene. Ti stai chiudendo in te stessa. Eravate così amici, e anche qualcosa di più. Non capisco che cosa ti stia succedendo.» E con quelle parole aveva interrotto la conversazione. Lorenzo si sarebbe trasferito presso di loro. Ovviamente lei sarebbe potuta ritornare nella casa di Jeremy, ma il solo pensiero la faceva rabbrividire. Le pareti di quella casa erano intrise di infelicità e custodivano un terribile segreto. Quando Isobel si svegliò, la mattina seguente, aveva gli occhi gonfi ed Cathy Williams
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era di pessimo umore. Sua madre aveva già fatto i bagagli e aveva consultato l'orario ferroviario. Sarebbe partita quella sera stessa. Isobel pedalò fino all'ambulatorio, col morale sotto i piedi. Se si fosse imbattuta in Lorenzo, gli avrebbe detto il fatto suo. La sera prima era stata presa troppo alla sprovvista per poter reagire. Ma non lo incontrò. Uscì dall'ambulatorio alle cinque sotto una pioggerellina fredda e triste. Lorenzo era fuori che l'aspettava. Ormai sembrava aver preso l'abitudine di avvicinarla all'uscita dal lavoro. Isobel intendeva far finta di non vedere la sua macchina parcheggiata sul ciglio della strada, ma lui le andò incontro. Faceva freddo e indossava un lungo impermeabile nero che metteva in evidenza la sua altezza e la sua prestanza fisica. «Vorrei parlarti» le disse senza lasciarle il tempo di poter ribattere. «Sta piovendo.» «Lo vedo. Forza, andiamo.» Questa volta Isobel non cercò di protestare. Che cosa ci avrebbe guadagnato? Cominciò a spingere a mano la bicicletta lungo il marciapiede cercando di stargli dietro. Quando entrarono al pub era bagnata fradicia. «Sembrate due pulcini» fu il commento di Tom quando li vide. «Portaci due caffè» disse Isobel. Tom andò a riferire le ordinazioni, poi ritornò da loro e commentò con la sua solita schiettezza: «Avete preso l'abitudine di venire a bere qualcosa insieme?». Era impossibile prendersela con lui. La sua immediatezza era disarmante. «Anche questa volta ci siamo incontrati casualmente» gli rispose Lorenzo. «Sono gli inconvenienti di vivere in una piccola città, immagino.» Tom annuì. «Chiamali inconvenienti!» commentò ironico. «Il vostro tavolo è vuoto. È molto intimo vicino al camino. Ve lo porterò là il caffè.» Solo dopo che Tom li ebbe serviti, Isobel prese la parola, furiosa più che mai. «Come hai potuto accettare l'invito di mia madre a stare a casa nostra? Soprattutto sapendo che sarebbe stata via qualche settimana?» Cathy Williams
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«Vedo che sei arrivata subito al dunque.» Lorenzo sorseggiò il caffè e appoggiò la tazza sul tavolo. «Sono contento che tu abbia toccato l'argomento, perché è proprio quello di cui volevo parlarti.» «Ma pensa!» Isobel lo guardò con aria ribelle. Non avrebbe sopportato di avere Lorenzo sempre tra i piedi a casa sua. Oltretutto, senza nemmeno la presenza rassicurante di sua madre. «Ti stai comportando come una bambina» affermò Lorenzo freddamente e lei avrebbe voluto picchiarlo. «Io una bambina?» Deglutì un sorso di caffè e si rigirò la tazza tra le mani. «Vuoi rendermi a tutti i costi la vita più difficile, vero?» «Se avessi rifiutato il suo invito, tua madre ci sarebbe rimasta male. Ci tiene a concludere presto l'accordo per l'azienda di tuo padre. E poi, giustamente si domanda perché dovrei rimanere in un albergo pieno di correnti d'aria, quando casa sua è così grande.» «Semplicemente perché là non mi staresti tra i piedi.» «Non essere così egoista.» «Potresti andare a stare a casa mia» gli offrì Isobel trovando un'improvvisa ancora di salvezza. Ma lo vide scurirsi in viso. «Sei diventata pazza?» le domandò. Bevve un sorso e la osservò con ferocia. «E poi dovresti smetterla di comportarti davanti a tua madre come se volessi uccidermi. Non fai altro che turbarla inutilmente.» «Non venirmi a raccontare quello che crea turbamento a mia madre!» «E invece lo farò, perché in questo momento tu non vedi più in là del tuo naso. Io mi trasferirò da te e questo è un dato di fatto, perciò cerca di fare buon viso a cattivo gioco.» «Mai!» ribatté Isobel a denti stretti e Lorenzo scoppiò a ridere appoggiandosi allo schienale della sedia. Lei arrossì e si affrettò a cambiare argomento. «Perché hai venduto la casa di tua madre, se intendevi ritornare in Inghilterra?» Lorenzo la guardò, serio. «Perché non avevo idea di quando sarei ritornato o di dove sarei andato a vivere.» «Devo supporre che stai cercando casa?» «Sbaglio o la cosa sembra entusiasmarti?» chiese lui pigramente. Non le piaceva quando il suo fascino riusciva a incantarla come in quel momento. Non doveva dimenticare che Lorenzo era pronto a tutto pur di ferirla. Gli lanciò un'occhiata. Perché gli anni non lo avevano trasformato in un grasso e sgradevole uomo d'affari? Se lui non fosse stato così Cathy Williams
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attraente, non avrebbe provato quel soprassalto emotivo. «Forse sono solo incuriosita» rispose alla fine e lui alzò un sopracciglio. «Ebbene sì, cerco un posto in cui andare a vivere. Hai qualche suggerimento da darmi?» «Dipende dal tipo di casa che cerchi. Non so cosa puoi permetterti» replicò Isobel sentendosi mancare il fiato. Lorenzo scoppiò a ridere. «Posso permettermi qualsiasi cosa.» «Allora ti conviene fare un salto da John Evans in High Street e vedere che cos'ha da offrirti.» Cominciò a mettersi in movimento per fargli capire che intendeva andarsene. «Potresti andarci tu» le propose lui divertito. «No.» «Perché no? Conosci i miei gusti in quanto a case, che tu lo ammetta o no. Passavamo ore intere a fantasticare su dove avremmo abitato se fossimo andati a vivere insieme.» Il suo equilibrio era sempre più precario. Non voleva ricordare quei momenti e nemmeno confrontarli con quelli presenti. «E poi non ho molto tempo per andare in cerca di una casa» aggiunse cercando di usare un tono pacato. «Perché no?» «Prima di insediarmi nell'azienda di tuo padre, dovrò trovarmi una sede di lavoro. Jessica porterà le pratiche da sbrigare e dovrò installare un fax.» «Vedrai che con accanto una creatura meravigliosa come Jessica il tempo lo troverai. Da come ne parli, da sola sembra in grado di gestire un'azienda, allevare dieci bambini e preparare degli ottimi pranzetti nel tempo che una persona normale impiega per aprire una scatola di fagioli.» «Sei gelosa?» «Per niente.» «Avresti potuto fare molto nella tua vita, Isobel.» Si chinò in avanti. «Ci si aspettavano grandi cose da te. Come puoi accontentarti di così poco?» «Non tutti siamo all'altezza delle aspettative degli altri.» Isobel sussurrò appena quelle parole con gli occhi bassi e le labbra contratte. «Non ho tempo di andare in cerca di una casa per te» disse per chiudere l'argomento. «Per noi» precisò Lorenzo guardandola negli occhi. «Il tempo non ti manca. E poi ti conviene farlo. Non vuoi che me ne vada da casa tua?» «Ci penserò» mormorò Isobel alzandosi in piedi. Non voleva cominciare Cathy Williams
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a cedere alle sue richieste, ma Lorenzo aveva ragione. Sarebbe impazzita a vivere sotto lo stesso tetto con lui. «E' meglio che torni con me» affermò Lorenzo vedendo che la pioggerella si era trasformata in un vero e proprio acquazzone. Le prese la bicicletta e corse verso la macchina, mentre lei lo seguiva. Quando salirono sulla Jaguar erano bagnati fradici. Lui avviò il motore e azionò il tergicristallo, ma passò un po' di tempo prima che Isobel si accorgesse che non erano diretti a casa di sua madre. Sobbalzò, in preda al panico, e chiese col cuore in gola: «Dove stiamo andando?». «All'Edwardian.» «A fare cosa?» Lorenzo la guardò con la coda dell'occhio. «A ritirare i miei bagagli. Vestiti, carte, il computer. Hai qualche obiezione?» Isobel cercò di ostentare indifferenza, ma quando arrivarono all'albergo era nervosissima. L'Edwardian era fuori città. Entrando nella hall, erano evidenti i segni rivelatori dei tempi difficili che quell'albergo stava passando. Le pareti avevano bisogno di una mano di vernice, la tappezzeria di un ammodernamento, perfino i mobili portavano impressi i segni del tempo. La signora Towser era alla reception e sembrava stressata. «Mi dispiace molto per tuo padre e per tuo marito» si rivolse a Isobel, mentre Lorenzo pagava il conto. Lo osservò con aria allusiva. «La casa deve sembrarti molto vuota senza di lui.» «Sono tornata da mia madre» tagliò corto Isobel non volendo incoraggiare altri commenti. Nella hall aleggiava un'aria tetra. Non c'era l'ascensore e percorsero una serie di corridoi fino a una scalinata. «Ti aspetto qui» decise Isobel fuori della camera di Lorenzo, mentre lui apriva la porta. «Non essere ridicola. Non so quanto tempo ci metterò. Non ha senso che tu stia a gelare nel corridoio.» Così Isobel entrò con riluttanza e rimase vicino alla porta, mentre lui preparava la valigia. Da bambina era andata spesso a pranzo all'Edwardian insieme ai suoi genitori. E per lei era sempre stata una festa. Era triste pensare che ormai avesse perso lo smalto di un tempo e fosse in rovina. Lorenzo si guardò intorno per assicurarsi di non aver dimenticato niente. Cathy Williams
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«Ho finito. Vedo che ne sei uscita incolume» commentò appoggiandosi alla porta e osservandola con aria divertita. Isobel non gli rispose. Rimase con la mano sulla maniglia e Lorenzo gliela coprì con la propria. Immediatamente lei si irrigidì. «Perché eri così riluttante a venire qui con me, Isobel?» le domandò ironico. «Pensavi che mi sarei lasciato travolgere dalla lussuria, se mi fossi trovato in camera da letto con te?» «Neanche per sogno!» «Lo capirei. C'è stato un tempo in cui...» Le passò le dita tra i capelli e lei alzò la testa col respiro affannoso. In quella camera si sentiva in trappola. Rimasero a guardarsi per un tempo che le sembrò infinito. Chissà a che cosa pensava Lorenzo. Aveva un'espressione indecifrabile, ma dal suo corpo si irradiava una sensazione di calore. Isobel si concentrò sulla sua bocca, mentre con le dita lui le stringeva i capelli fino a farle male. Lei avrebbe voluto dire qualcosa per rompere l'atmosfera erotica che si era creata tra loro, ma non le riuscì di parlare. Era tesa e provava per lui un desiderio così forte da toglierle il fiato. Desiderava che la baciasse, che le sue mani esplorassero il suo corpo facendole rivivere la bruciante passione di un tempo. «Maledizione, Isobel» sbottò Lorenzo con rabbia. Abbassò le braccia e aprì la porta. Mentre lo seguiva nel corridoio, Isobel pensava che anche lui l'aveva desiderata con la stessa intensità. Ma poi il segreto che lei custodiva aveva nuovamente aperto una voragine profondissima tra loro. Arrivarono alla casa di sua madre in silenzio. La signora Chandler li aspettava. Doveva aver cucinato qualcosa di speciale perché nell'aria si diffondeva un buon profumino. Lorenzo divenne gentilissimo, per la gioia di sua madre. «Che serata umida» stava constatando la signora Chandler. «Ho preparato uno spezzatino con le patate. Ma non cenerò con voi. Tra poco passerà a prendermi un taxi per portarmi alla stazione.» «L'avrei accompagnata io» si affrettò a dire Lorenzo aggrottando la fronte, ma la signora Chandler mise a tacere le sue proteste. Poi lui lanciò un'occhiata alla sua valigia e si abbandonò a qualche commento ironico. «Se si fosse trattato di te, avresti viaggiato con più di un baule!» esclamò Cathy Williams
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avviandosi verso l'ingresso. «Non è così mia cara?» Guardò Isobel che distese le labbra in un sorriso glaciale. «Credo che andrò a fare un bagno» dichiarò lei in risposta. «Oh, sì, sembrate proprio due pulcini bagnati.» Isobel fece una smorfia. Non sopportava il modo in cui sua madre si riferiva a loro, come se fossero due bambini spensierati. «Mia cara, fa' vedere a Lorenzo la sua stanza» disse rivolta a sua figlia. Lei gli fece strada senza nemmeno accertarsi che la seguisse, augurandogli di inciampare in una valigia e di dover ricorrere alle cure mediche nel più vicino ospedale. Ma Lorenzo si muoveva con troppa grazia e sicurezza perché questo potesse accadere. «Eccoci.» Aprì la porta della camera degli ospiti e fece per allontanarsi, ma lui la immobilizzò prendendola per mano e la avvertì: «Cerca di pensare a tua madre e non a te stessa, Isobel». La lasciò andare e lei scappò nella propria stanza, alla fine del corridoio. Si appoggiò alla porta chiusa e si sforzò di rilassarsi immaginando qualcosa di bello. Se avesse continuato a reagire in quel modo, nel giro di una settimana si sarebbe ridotta a uno straccio. Doveva imparare a far buon viso a cattivo gioco e a dissimulare la sua emotività. Fece un bagno veloce che non le fu di grande giovamento. Poi si avvolse in un asciugamano e distrattamente cominciò a osservare i vestiti nel guardaroba. Doveva trovargli casa il più presto possibile. Avrebbe chiesto qualche giorno di ferie. Sperava solo di poter risolvere tutto in un giorno solo. Non sentì aprire la porta. Era troppo concentrata sul suo piano. Perciò quando vide riflessa nello specchio l'immagine di Lorenzo, per poco non fece un salto. «Che cosa ci fai tu qui?» gli domandò senza fiato stringendosi nell'asciugamano. «Non ho la saponetta.» «Guarda nell'armadio in corridoio.» Mentre lui chiudeva con calma la porta e le si avvicinava, un senso di panico le attanagliava la gola. • «Fuori di qui!» Perché non aveva indossato un accappatoio, invece di quel succinto asciugamano che la copriva a malapena? Ma non aveva certo immaginato che lui potesse fare irruzione nella sua stanza. «Non ti voglio qui» insistette fissandolo negli occhi. Cathy Williams
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Ancor prima che la baciasse, Isobel capì che cosa lui intendesse fare, ma quando sentì quelle labbra contro le sue, rimase ugualmente sconvolta. Con le mani sulle sue reni, lui la tirò verso di sé. «No!» La protesta era smorzata dalla sua bocca. «E invece sì, dannazione!» Le spinse indietro la testa e le baciò la gola avvicinandola al letto. Non c'era nessuna gentilezza nei suoi modi e nei suoi occhi ardeva il fuoco del desiderio. Isobel teneva ancora le braccia strette all'asciugamano e lui la costrinse ad alzarle sopra la testa. «Lorenzo!» Gridò il suo nome con voce roca e tremante, a occhi chiusi. Le sembrava passato un secolo dall'ultima volta che si era sentita sopraffatta dalla passione, e mentre le si apriva l'asciugamano, si tese verso di lui in modo che potesse accarezzarle i seni. Lo desiderava a tal punto da non riuscire a pensare ad altro. Lorenzo le prese i seni tra le mani e le passò la lingua su un capezzolo facendola rabbrividire. Poi intraprese un percorso sensuale fino ai suoi fianchi e lei gemette. Anche quando era sposata con Jeremy non aveva mai smesso di desiderare Lorenzo. Quella disperata voglia di lui era stata una vera ossessione. Quando Lorenzo la accarezzò intimamente, Isobel poté solo implorarlo. «Fa' l'amore con me, Lorenzo» gemette e lui alzò la testa a guardarla. I loro occhi si incontrarono e fu allora che Lorenzo si rialzò. Isobel ebbe la sensazione che una calda coperta le venisse strappata via d'un tratto. Si sedette e l'osservò confusa. Il suo corpo fremeva. «Alzati» le ordinò lui e fu allora che Isobel ritornò alla realtà. Si coprì con l'asciugamano e si alzò in piedi, perché sul letto si sentiva in sua balia. «Lorenzo...» azzardò, ma lui la interruppe con la violenza di un colpo di frusta. «Quando ti prenderò, Isobel, e succederà, sarà a casa mia e avrai un anello al dito. Un tempo facevi l'amore con me, ma poi hai deciso di sposare un altro uomo. La prossima volta sarai mia, Isobel Chandler, e non potrai scapparmi.» Isobel desiderò che si potesse aprire la terra sotto i suoi piedi per inghiottirla. Non riuscì a pronunciare una sola parola. Lorenzo girò sui tacchi e in silenzio Isobel lo vide lasciare la stanza, Cathy Williams
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richiudendosi la porta alle spalle. Allora si buttò sul letto in preda ai tremiti. La rabbia aveva preso il posto dell'amore. Cominciò a piangere in silenzio, fino a quando si sentì troppo debole per riuscire ad asciugarsi le lacrime. Si lavò la faccia e si truccò con attenzione. Non voleva che sua madre o Lorenzo si accorgessero che aveva pianto. Mentre scendeva a pianoterra si sentiva rigida come un pezzo di legno, ma fortunatamente le fu concesso un momento di tregua. Lorenzo era ancora di sopra. Questo le diede il tempo di ricomporsi. Sua madre era in cucina. Aveva fatto del pane da portare via e aveva anche comprato del salmone affumicato. Era sicura che alla zia Dora sarebbe piaciuto. Quando Lorenzo entrò, Isobel non si voltò, ma sentì un brivido lungo la schiena. Sua madre si mise a chiacchierare con lui, in attesa che suonassero alla porta. Lorenzo la fissò con fare inespressivo e lei fece altrettanto. Erano come due navi che una notte si fossero incrociate, ma che ormai si trovavano su rotte parallele. «Lorenzo mi ha chiesto di aiutarlo a trovare una casa. Penso che inizierò domani» spiegò a sua madre. «È un'ottima idea» fu d'accordo la signora Chandler. «Che tipo di casa cerchi?» «Mi piacciono molto le case in stile Tudor, e poi mia madre insiste per avere un giardino» rispose Lorenzo dando le spalle a Isobel. La signora Chandler annuì approvando la scelta. «Come la capisco. C'è in vendita il cottage Bearwood. Me l'ha riferito Emily. La signora Murray andrà a vivere con una delle sue fighe nel Surrey.» Viola continuò a parlare di altre proprietà. Isobel sentiva le sue parole, ma non la ascoltava più. Nemmeno quando aveva sposato Jeremy si era sentita tanto infelice. Dentro di sé aveva continuato a nutrire speranze per il futuro. Ma ora le sembrava di avere davanti un tunnel senza uscita. Si riprese soltanto quando suonarono alla porta e sua madre se ne andò tra baci e abbracci. Rimasero soli. Isobel non sapeva come rompere il silenzio e fu Lorenzo a parlare per primo, in tono freddo e controllato. Le chiese gentilmente che cosa intendesse fare della sua casa e lei replicò con la stessa gentilezza che intendeva venderla. Cathy Williams
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«È troppo grande per una sola persona» spiegò guardandolo senza vederlo. «E poi non mi è mai piaciuta molto.» Ma non era il momento giusto per vendere. Ne discussero per un po' e, quando ebbero esaurito l'argomento, Lorenzo le spiegò ciò che pensava a proposito delle case di Chicago. Era così che lui si immaginava la loro vita insieme? Una vita nella quale l'amore avrebbe regnato soltanto nel profondo del suo cuore? E tutto questo mentre la bionda Jessica si divertiva al fianco di Lorenzo? Cenarono in silenzio, ma poi Isobel appoggiò coltello e forchetta e dichiarò senza guardarlo: «Non posso farlo, Lorenzo. Non posso sposarti, sono certa che non potrei sopportarlo». Lui la osservò con calma, con le braccia incrociate. «Perché no, Isobel?» «Non posso sposarti se tra noi c'è solo un sentimento di ostilità. Continuerei certamente a ripensare ai bei tempi andati.» Lui arrossì. «E perché dovresti farlo? Dubito che ci riflettessi quattro anni fa, quando hai ritenuto opportuno sposare Jeremy.» «Me lo ricorderai sempre, non vero?» gli chiese lei di rimando e si fece dura in viso. «Ho sofferto atrocemente per tutto quello che mi hai fatto per quattro lunghi anni. Perché dovrei fartelo dimenticare?» Diede un pugno sul tavolo e si passò le dita tra i capelli. «Sarebbe meglio se te ne andassi e continuassi la tua vita negli Stati Uniti.» «Non dirmi cosa sarebbe meglio che facessi! So io che cosa è meglio per me!» Lorenzo si alzò in piedi, rabbioso e cominciò a camminare a grandi passi mentre lei lo seguiva con lo sguardo. Fu allora che squillò il telefono. Quando Isobel si precipitò a rispondere, rimase di ghiaccio, completamente disorientata. «È per te» disse tendendogli la cornetta. «Per me?» «Sì. È Jessica Tate. Ha telefonato all'Edwardian e le hanno dato questo numero.» Ti odio, pensava mentre sentiva la voce di lui conversare con la donna all'altro capo del telefono. Ti odio perché sei ritornato nella mia vita.
8 Isobel osservò il cottage in stile Tudor e decise che quella era la casa che Cathy Williams
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stava cercando da due settimane. Il signor Evans le aveva dato le chiavi e le aveva detto che era ancora in vendita solo perché c'era da fare qualche lavoretto. Il che significava che doveva essere completamente restaurata, rifletté Isobel passando da una stanza all'altra. Ma si trattava pur sempre di una splendida casa. Grande senza essere una reggia, con un bellissimo giardino. Le ultime due settimane erano state orribili per Isobel. Non aveva visto spesso Lorenzo, ma ne aveva sempre sentito la presenza. Lei era in continua agitazione perché temeva di trovarselo in camera o di incontrarlo e di doversi intrattenere con lui. Lorenzo non le aveva più parlato di matrimonio, non l'aveva più aggredita per conoscere il motivo per cui si era sposata. Ma ormai anche il silenzio la faceva sentire a disagio, in sua presenza. Le rare volte che lui le aveva parlato, lo aveva fatto con distacco e questo la faceva soffrire terribilmente. Salì per l'ampia scalinata che portava alle camere da letto e si affacciò a una delle finestre che davano sul giardino. Non voleva ritornare con il pensiero a Jessica Tate, ma le era impossibile non farlo. Era arrivata due giorni dopo aver telefonato. Lorenzo le aveva affittato un appartamento fuori città, ma questo non le aveva impedito di presentarsi spesso a casa sua. Era evidente che lei lo sorvegliava attentamente. Non appena era entrata, gli aveva riservato tante piccole attenzioni per farle capire che lui era di sua proprietà. Facendo il giro delle camere da letto, Isobel decise che per prima cosa fosse necessario aggiustare le finestre, dipingere le pareti e cambiare la moquette. Ritornò a pianterreno esortandosi a concentrarsi sulla casa e non su Jessica, ma non ci riuscì. Che Lorenzo si facesse vedere così poco perché passava tutto il suo tempo libero a letto con lei? Li aveva immaginati nell'atto di fare l'amore nei momenti meno opportuni. Al reparto surgelati del supermercato, mentre conversava con qualcuno e soprattutto nel cuore della notte, che tingeva di nero ogni cosa. Jessica Tate era il tipo di donna che avrebbe scoraggiato qualsiasi rivale femminile. Dava l'impressione di essere intelligente e preparata e se a Cathy Williams
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questo si aggiungeva l'aspetto curato da bionda fatale, si poteva capire perché suscitasse un istintivo senso di diffidenza. Era un po' meno alta di Isobel, coi capelli biondi cortissimi e un paio di occhi azzurri che sapevano valutare chiunque e qualunque cosa. Puoi anche essere bella, ma non sei certo intelligente come me, le avevano comunicato quando si erano fissati su di lei. «È una tale responsabilità ottenere delle continue promozioni» le aveva confessato la prima volta che era andata a casa sua, davanti a una tazza di tè e ai biscotti. Aveva creduto che li avesse preparati lei stessa con le sue mani, perché cos'altro avrebbe potuto fare una persona come Isobel nel tempo libero? «Qualche volta penso che sarebbe meraviglioso buttare tutto all'aria e non far niente per un anno» aveva commentato guardando Isobel coi suoi occhi da gatta. Isobel aveva sorriso e aveva mormorato qualche frase di circostanza, ritenendo di non aver mai visto nessuno mentire così spudoratamente. Lorenzo invece l'aveva guardata con un sorriso indulgente. «Anche se probabilmente morirei di noia dopo qualche settimana» aveva aggiunto ammiccando a Lorenzo. Isobel si avvicinò alla cucina dove l'aspettava un'altra situazione disastrosa. Le dimensioni andavano bene, ma era in rovina. Nei punti in cui la pittura si era sfaldata c'erano dei veri buchi e ai bordi delle pareti si intravedeva qualcosa che sembrava muffa. Jessica sarebbe venuta a cena da lei, quella sera. Mentre osservava la muffa, Isobel rifletteva sulla poco allettante prospettiva di passare almeno tre ore con una donna che avrebbe fatto di tutto per farla sentire inadeguata. «Questa sembra una cittadina d'altri tempi» aveva detto a Isobel l'ultima volta che si erano viste. «Immagino che qui si conosca tutto di tutti. Come si vede in quelle belle commedie inglesi.» I suoi occhi le avevano invece rivelato: che vita noiosa si fa da queste parti. Guarda me. Sono elegante e ho successo. Non c'è da stupirsi che Lorenzo mi stimi tanto. Isobel sentì bussare alla porta principale e ritornò alla realtà. Il signor Evans doveva aver fatto un salto per decantarle i pregi della casa e minimizzare l'entità dei danni. Aprì la porta con un sorriso e rimase sorpresa non vedendo traccia di lui. Nella penombra c'era Lorenzo e la osservava con gli occhi che gli brillavano. Cathy Williams
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«Ciao» salutò Isobel rimanendo senza fiato. Doveva avere appena finito di lavorare. Indossava un blazer e il lungo impermeabile nero. «Che cosa ci fai qui?» gli chiese automaticamente. «Indovina un po'. Se non ostruissi il passaggio, potrei anche entrare e dare un'occhiata alla casa.» Isobel si fece da parte in preda al panico. Quella era la prima volta in due settimane che si trovavano completamente soli. Jessica faceva quasi sempre da terzo incomodo. La luce fioca che proveniva dalla nuda lampadina metteva in evidenza ogni particolare del viso, i suoi capelli corvini, gli occhi svegli e attenti. Era strano come riuscisse a incuterle paura senza alcuno sforzo. «Ho già dato un'occhiata» disse Isobel, e Lorenzo le si avvicinò. Non aveva l'aria minacciosa, ma lei fece un passo indietro e poi strinse i denti, irritata per essersi comportata in modo così infantile. «Allora puoi farmi strada» decise Lorenzo. «Ma certo.» Si avvicinò alla scalinata e lui la seguì. Cominciò a illustrargli i problemi principali. «Ci sono solo due bagni, mi dispiace. Sono sicura che questo ti sembrerà un po' piccolo» affermò aprendo una porta. «Più che altro in rovina» commentò lui entrando ed esaminando il soffitto e le pareti. Isobel seguì la linea del suo sguardo e mormorò ironica: «Come il resto della casa. Sembra che i proprietari siano stati costretti a vendere. Ho il sospetto che fossero rimasti già da molto senza soldi. O forse avevano smesso di investire sulla casa». «E' un vero peccato.» Fecero il giro delle camere da letto e quando ritornarono al pianoterra, lui si voltò e le chiese casualmente: «Che cosa ne pensi?». Si trovavano in soggiorno. Delle vecchie tende ingiallite erano appese alle finestre. C'erano ragnatele alle pareti e polvere dappertutto. «Mi piace molto. C'è atmosfera» ammise lei con una certa decisione. «È ridotta male, però.» «Potrebbe ritornare a essere bella con un piccolo intervento di restauro, qualche bel mobile, qualche vaso di fiori.» «Di' piuttosto che sono necessari drastici lavori di ristrutturazione.» Lorenzo scoppiò a ridere mettendola in imbarazzo. «Sei sicura di non voler essere così convincente solo perché mi vuoi fuori da casa tua?» le domandò. Cathy Williams
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«Certo che no!» «Non lavorerai per il signor Evans...» «Dio me ne guardi! Era amico di mio padre, ma...» «Allora perché non ti siedi e non mi spieghi perché dovrei investire dei soldi in questa casa?» Isobel diede un'occhiata intorno. «Può darsi che non abbia la vista buona, ma di sedie io non ne vedo.» «Che bisogno c'è delle sedie?» Lorenzo si tolse l'impermeabile, lo stese per terra e la invitò a sedervisi sopra con un gesto teatrale. Isobel scoppiò a ridere e sentì sciogliersi la tensione. «Bene» esordì lei sedendosi e provando un brivido di paura quando Lorenzo le si mise accanto. «Dubito che potrai trovare una casa così incantevole nelle vicinanze. E' di gran lunga la più bella fra quelle che ho visto finora, e non sono state poche. Bisognerà lavorarci su, ma non potevi aspettarti altro da una casa abbandonata da anni. Ci sono ben sei camere da letto.» «Più che sufficienti per gli eventuali ospiti» concordò lui guardandola. «E poi un giardino che sarebbe proprio la gioia di tua madre.» «Perché tu e Jeremy non avete avuto dei bambini?» le chiese tutt'a un tratto con dolcezza e lei sospirò, guardandolo. «Pensavo che avessi smesso di farmi questo tipo di domande.» «Perché ti rifiuti di rispondermi?» «Dovrai rifare completamente la cucina. Così com'è mancano completamente le garanzie igienico sanitarie.» «Non hai niente da temere da parte mia, Isobel» mormorò Lorenzo. «Ti confesso che quando sono tornato ho desiderato di farti soffrire come era successo a me, ma avevi ragione. Tutto questo riguarda il passato. Ho riflettuto su ciò che mi hai riferito e credo che tu sia nel giusto a non volermi sposare. Ci si può vendicare fino a un certo punto, poi si diventa pazzi. Perciò voglio dirti che sei libera. Comprerò l'azienda di tuo padre senza importi nessuna clausola restrittiva. Non potremo mai essere amici, ma è arrivato ormai il momento di dimenticare ciò che è stato.» Quelle parole avrebbero dovuto sollevarla. Invece, all'improvviso, Isobel ebbe la dolorosa sensazione di aver perso l'uomo che lei amava ancora, l'uomo che ora la considerava solo come un infausto episodio della propria vita. Ora Isobel avrebbe potuto spiegargli il motivo per cui aveva sposato Cathy Williams
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Jeremy senza dover temere niente da lui. Ma non glielo avrebbe mai rivelato. Se ne accorse in quel momento con estrema tristezza. Come avrebbe potuto confidare i suoi segreti a un uomo che non l'amava? Seduta vicino a lui, ricordava le dolci sensazioni del passato e si sentiva sul punto di piangere. «Alla fine ha vinto lui, vero?» domandò Lorenzo. «Quattro anni fa ci ha diviso perché mi odiava. Il fatto di poterti avere al suo fianco, con la tua bellezza, era un'ulteriore vittoria per lui.» Isobel aggrottò la fronte, meravigliata. «Jeremy non ti odiava, non aveva nessun motivo per...» «Certo che l'aveva.» Lorenzo le prese il viso tra le mani. «Per caso io avevo scoperto delle cose che lo riguardavano.» Isobel si sentì perduta. Di che cosa diavolo stava parlando? «Ti ricordi che mia madre molti anni fa faceva la donna di servizio da loro?» Isobel annuì. C'era una strana tensione nell'aria. «Una volta la madre di Jeremy aveva bevuto un po' troppo ed era sul punto di piangere. Si sa che è una donna un po' nevrotica.» Si interruppe per guardarla e nella semioscurità i suoi occhi le sembrarono profondissimi. «Mia madre stava per allontanarsi, ma era preoccupata per lei. Conoscendola, deve averle chiesto se c'era qualcosa che non andava. Lei aveva bisogno di parlare con qualcuno e si è sfogata. Si sentiva colpevole per qualcosa che aveva fatto a suo marito anni prima.» La fissò. «Non starai cercando di farmi credere che lui non era il vero padre di Jeremy!» «Sembra che suo marito non potesse avere figli» affermò Lorenzo sospirando. «Insomma, lei aveva avuto una breve relazione da cui, nove mesi dopo, era nato Jeremy. Quella confessione doveva rimanere un segreto, ma in quel momento era entrato suo figlio e l'aveva aggredita con commenti sprezzanti. Era sconvolto.» «Ma tu che cosa c'entri con tutto questo?» «Jeremy pensava che mia madre me lo avesse riferito e in effetti così aveva fatto, sperando che io potessi parlargli e dimostrargli la mia simpatia. Cosa che era abbastanza difficile con un tipo come Jeremy. Qualche mese più tardi lui cominciò ad accusarmi di comportarmi con aria di superiorità. Riparlammo di quel pomeriggio e mi accusò di prendermi gioco di lui. Io feci la cosa peggiore che avrei mai potuto fare. Scoppiai a Cathy Williams
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ridere perché era completamente fuori strada. Ma lui interpretò male la mia reazione e andò su tutte le furie. Disse che un giorno, me l'avrebbe fatta pagare. Ovviamente io non gli diedi molta importanza. E invece è proprio quello che ha fatto, non è vero Isobel?» Lei annuì. Cominciava a capire molti atteggiamenti di Jeremy, il suo sarcasmo ogni volta che si parlava di Lorenzo, la sua spietatezza, la sua dipendenza dall'alcol. Che la causa di tutto fosse quella? Lui non le aveva mai rivelato quel segreto e nemmeno Emily Baker, ma poi perché avrebbe dovuto farlo? Lei e suo marito sembravano una coppia felice. Stava cominciando a piovere. La pioggia batteva insistente contro i vetri delle finestre. «Faremmo meglio a tornare» dichiarò Isobel. Lorenzo la guardò, incerto, poi rispose alzandosi in piedi: «Penso di sì». Lei sorrise, lo fissò negli occhi e per un attimo ebbe l'impressione che lui volesse baciarla. Ma non lo fece. «Credo che potrei tornare in Italia, trasferire là la mia residenza.» «Intendi dirmi che i miei sforzi per trovarti la casa perfetta sono stati vani?» gli chiese Isobel con una stretta al cuore. «Non lo so» commentò lui alzando le spalle. «Potrei sempre comprarla. Immagino che farò la spola, dovendo dirigere la compagnia. Ma non è necessario che le nostre strade si incontrino di nuovo.» Perché quelle parole la ferivano tanto? Avrebbe dovuto fare salti di gioia. Aprì la porta e corse verso l'auto di sua madre. Una parte di sé sapeva che non rivederlo mai più sarebbe stata la cosa migliore per la sua salute mentale. Ma un'altra le diceva che vederlo di sfuggita, anche solo di tanto in tanto, sarebbe stato meglio di niente. Lottò con la serratura mentre lui la osservava con calma, sotto la pioggia. Quando Isobel si mise alla guida, Lorenzo la lasciò uscire per prima e la seguì lentamente con la propria automobile. Jessica era già a casa che li aspettava, per niente contenta di vederli insieme. «Dove sei stato? Sei bagnato fradicio» domandò a Lorenzo, preoccupata. Gli andò incontro trafelata e lui ignorò le sue attenzioni, come irritato. «Siamo andati a vedere una casa» tagliò corto. «Ma certo!» Jessica guardò Isobel con ostilità. «Dimenticavo che gli fai da agente immobiliare. Come fai a trovare il tempo? Piacerebbe anche a Cathy Williams
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me avere qualcuno che mi cercasse un appartamento a Chicago. Mi risparmierebbe un bel po' di tempo prezioso. Sei stata almeno fortunata?» «Noi pensiamo di sì» replicò Lorenzo e lo sguardo di Jessica si fece ancora più ostile. Quel noi le sembrava un po' troppo familiare. Isobel si rifugiò in camera da letto. Fece un lungo bagno rilassante e scelse dal guardaroba una gonna color avorio lunga fino alla caviglia e un maglione dello stesso colore, con le maniche corte, che le aderiva al corpo. Si guardò allo specchio e si trovò bella. Andò a sedersi davanti alla toletta e, spazzolandosi i capelli, ripensò a quanto Lorenzo le aveva rivelato. Chissà se si sarebbe comportata diversamente con Jeremy, se avesse saputo la verità su di lui. Probabilmente no. Per la prima volta ritornò col pensiero al suo passato senza provare rancore. Le circostanze l'avevano costretta a sposarsi e anche se aveva provato che cosa volesse dire essere infelice, se si fosse trovata nella stessa situazione avrebbe rifatto la stessa scelta. Stranamente, le era stato d'aiuto il fatto di non amare Jeremy. Le aveva permesso di rimanere indifferente agli aspetti più sgradevoli del suo carattere: la tendenza a fare lo spaccone, gli improvvisi sbalzi d'umore, gli attacchi insopportabili di arroganza. Era ostinato come un bambino, incapace di comprendere che il mondo non girava intorno a lui. Chissà se Lorenzo sarebbe andato veramente a vivere in Italia. Era più che probabile. Isobel sapeva di essere la ragione che lo aveva spinto a tornare nello Yorkshire. Ma lui si era disintossicato da quella dipendenza e adesso era libero. E io lo sarò mai?, pensò disperata. Lorenzo era ancora l'uomo dei suoi sogni. Bussarono alla porta e Isobel sobbalzò. Quando si trovò davanti Jessica, si sorprese ancora di più. Non si era mai azzardata a entrare nella sua stanza. «Volevo dirti due parole da sola» le spiegò Jessica guardandosi intorno con distacco. Rimase in mezzo alla camera con le braccia incrociate. «Volevo avvisarti che me ne vado.» Socchiuse gli occhi. «Mi è stato gentilmente comunicato che la mia consulenza non è più richiesta.» «Davvero?» «Per favore, risparmiami quell'aria da innocentina» le disse con voce strascicata. «Siamo tutt'e due adulte e vaccinate. Mi è bastato uno sguardo Cathy Williams
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per capire che non rappresentavi una minaccia per me. Sei una bella donna, è vero, ma come te ce ne sono a centinaia. Belle e senza cervello. Ma guardati, relegata in questo posto dimenticato da Dio, lontano anni luce dalla civiltà! Non sei certo il tipo che possa interessare il Lorenzo che credo di conoscere io.» «Perché mi racconti queste cose?» le chiese Isobel adirata. «Perché voglio avvisarti che non l'hai avuta vinta, anche se lo puoi pensare.» Sulle sue labbra ben truccate si dipinse un sorriso felino. «È meglio che scendiamo di sotto» decise Isobel. «Prima voglio terminare ciò che sono venuta a dirti. Ho perso quattro anni della mia vita con quell'uomo. Nessuno, ripeto nessuno, prende in giro Jessica Tate!» Quella voce imperiosa la costrinse al silenzio. Isobel non aveva difficoltà a credere a quelle parole. Era più facile che fosse Jessica a prendere in giro gli altri. «Non è certo colpa mia se...» «E invece sì! Non so che cosa sia successo tra voi in passato, ma di qualunque cosa si tratti, lui ti vuole ancora.» Lo sottolineò con disprezzo. Mi vuole?, pensò Isobel confusa. «Ma io non perdo il mio tempo con un uomo per niente!» Ne parlava come se fosse un affare finito male. Doveva aver valutato attentamente tutti i pro e i contro di quel legame, ma questa volta aveva fatto un investimento sbagliato. «Mi dispiace» dichiarò Isobel freddamente, non sentendosi per niente dispiaciuta. «Se ti se' innamorata di Lorenzo...» «Innamorata?» Lei scoppiò a ridere. «Non ho più quindici anni, mia cara! Devo ammettere che è attraente, ma per me era soprattutto un buon partito. Immagino che tu ti sia fregata le mani quando hai scoperto che era ritornato in città.» «Al contrario.» «Può darsi che tu al momento l'abbia avuta vinta» concluse in tono sarcastico, «ma ti assicuro che non sarà per molto.» Sorrideva come ripensando a qualcosa e Isobel la guardò incerta. A chiunque altro avrebbe confessato che non c'era niente tra loro, ma provava tanto disprezzo verso quella donna che non aggiunse altro. Per tutta la serata osservò preoccupata il sorriso esagerato di Jessica. A metà cena lei annunciò in tono casuale che se ne sarebbe andata entro la settimana. Cathy Williams
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«Non voglio offendere nessuno, ma mi sarei sentita soffocare qui» confessò con ostentata sicurezza, come se la sua partenza potesse rappresentare una grave perdita per la comunità. Poi si lanciò in un monologo sulle grandi cose che avrebbe realizzato in campo finanziario. Isobel rimase in silenzio, coi nervi a fior di pelle, a guardare Lorenzo che sembrava poco interessato alla conversazione. Osservarlo discutere con Jessica in modo così distante e inespressivo le dava stranamente una stretta al cuore. Anche Isobel si estraniò dalla situazione e si concentrò sui suoi pensieri mentre Jessica, che sembrava emanare scintille cariche di energia, parlava delle opportunità che l'aspettavano a Chicago. «Ovviamente io farò il possibile perché tu possa trovare un buon lavoro» sottolineò Lorenzo quando poté intromettersi nella conversazione e Jessica gli sorrise. «Non ce ne sarà bisogno. Anch'io ho delle buone conoscenze.» Lui alzò le spalle e sul viso di Jessica si dipinse un'espressione rabbiosa. Si cominciava ad avvertire nell'aria una certa tensione. Isobel si alzò per porre fine a quella strana situazione, ma Jessica la guardò con un sorrisetto e disse a denti stretti: «Prima che tu vada, Isobel...». Era la prima volta che la chiamava per nome. «Ci sono solo alcune cose che vorrei farti vedere.» Attraversò la stanza e andò a prendere la valigetta che era appoggiata su una sedia vicino alla porta. Isobel non l'aveva nemmeno notata. «Quali cose?» «Solo alcuni documenti che hanno a che fare con l'azienda di tuo padre. So che non avete ancora concluso nessun affare, ma la scorsa settimana avevo un po' di tempo e ho pensato di controllare la contabilità della società. L'ingenuità che c'è in questi paesoni! All'azienda mi hanno dato carta bianca.» Lorenzo le rivolse uno sguardo furioso. «Che cosa diavolo intendi dire?» domandò drizzandosi in piedi e facendola indietreggiare automaticamente. «Mi sembra che tu non sappia che cosa voglia dire avere un'etica professionale!» «Può darsi» commentò lei in tono languido. «Non ne avevi il diritto» dichiarò Isobel sbiancando in viso e Jessica scoppiò a ridere. Cathy Williams
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«In teoria no» ammise senza pudore. «Ma ero curiosa di sapere perché Lorenzo ci tenesse tanto a quest'azienda. Volevo vedere se c'erano riserve occulte. Se ce ne fossero state abbastanza e l'affare fosse fallito, sapevo che la notizia avrebbe interessato qualcuno di mia conoscenza e che tu saresti stata disperata, senza nessun altro acquirente.» Sorrideva sprezzante. «E posso ben dire che la mia ricerca ha dato buoni frutti.» Aprì la valigetta e Isobel sentì il bisogno di sedersi. Non le piaceva l'espressione trionfante sul viso dell'altra donna. La spaventava. Nella stanza era calato un silenzio di tomba. Si sentiva solo il sibilo del vento fuori delle finestre e il fruscio delle carte che Jessica sfogliava. Anche Lorenzo era più teso che mai. «Per amor del cielo, Jessica!» esclamò impaziente. «Ti sembra necessario tutto questo a...» guardò il proprio orologio, «mezzanotte meno un quarto? E' stata una giornataccia e non intendo stare qui a discutere di affari fino a domattina.» «Ancora un attimo» aggiunse Jessica senza guardarlo. Poi alzò lo sguardo soddisfatta e continuò: «Ecco. Ora...» li fissò, «chi di voi vuol vedere per primo questi documenti molto interessanti?». Sembrava che dovesse dare inizio a un'asta. Aveva in mano un pacco di carte e tutt'a un tratto Isobel seppe di che cosa si trattava. Tra gli oggetti di Jeremy non aveva mai trovato i documenti con la prova incriminante. Ma la cosa non l'aveva preoccupata. Aveva pensato che prima o poi sarebbero saltati fuori. Dopotutto, non li aveva mai esaminati a fondo. Non avrebbe mai pensato che non fossero nascosti in casa. «Dove li hai trovati?» domandò sbiancando in viso. «Vedo che tutt'a un tratto ti interessano.» Jessica sorrise compiaciuta. «Ti sorprenderesti di sapere quello che troviamo noi ragionieri negli angoli più nascosti! Stavo cercando nei cassetti della scrivania di tuo marito, e immagina come sono rimasta sorpresa quando ho scoperto che aveva un doppio fondo. Credevo che cose di quel tipo potessero succedere solo nei film! Aprirlo è stato uno scherzo da ragazzi.» «Che cosa diavolo stai dicendo, Jessica?» domandò Lorenzo con aria minacciosa. Lei non rispose. Gli tese le carte dicendogli: «Puoi leggerli prima di addormentarti». Si scrollò la polvere di dosso. «Adesso devo proprio andare.» Si voltò verso Isobel. «Non ci rivedremo più. Ah, che grande Cathy Williams
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dispiacere! Vi lascio soli, immagino che abbiate un bel po' di cose di cui discutere.» Con quelle parole se ne andò richiudendosi la porta alle spalle. Isobel guardò Lorenzo a occhi spalancati e perse i sensi.
9 Quando Isobel riaprì gli occhi, era distesa sul divano. Si alzò di scatto e guardò Lorenzo, tesa più che mai. Lui stava leggendo le carte, sfogliandole con dita tremanti. In un certo senso era un vero sollievo che almeno tra loro adesso fosse tutto chiaro. Lorenzo alzò lo sguardo e le domandò in tono inespressivo: «Perché non me l'hai detto?». Isobel si morsicò le labbra. «Come avrei potuto?» Lui buttò i fogli sul tavolo e cominciò ad andare avanti e indietro con le mani nelle tasche dei pantaloni. Isobel seguiva i suoi movimenti e osservava le sue ampie spalle ricurve, l'espressione dura del viso. Lorenzo le sì fermò davanti e la osservò. «È un po' troppo facile» disse freddamente. «Cerca di capire la mia posizione!» «La tua posizione è che ti sei lasciata ricattare da un uomo e gli hai concesso tutto quello che voleva.» «È inutile che tenti di spiegarti. Tu non vuoi capire» mormorò Isobel sedendosi sul divano. Lorenzo si appoggiò al tavolino davanti a lei. «Ciò che ha fatto a tuo padre non è la fine del mondo» dichiarò severamente e Isobel lo fissò con rabbia. «No, non è la fine del mondo! Ma se fosse diventato di dominio pubblico, i miei genitori ne sarebbero morti. In una cittadina come questa, in cui si conosce tutto di tutti, sarebbe stata una vera rovina per lui.» «Quando ha scoperto tutto questo, Jeremy?» chiese Lorenzo. «E non pensare di farla franca. Intendo ascoltare tutto quello che hai da raccontarmi, anche se dovessi inchiodarti a quel divano.» I suoi occhi erano pieni d'odio. Isobel sospirò e si appoggiò al divano chiudendo gli occhi. Cathy Williams
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«Mi telefonò una sera all'università» incominciò con calma. «Mi telefonava sempre. Non te l'ho mai detto perché sapevo che saresti andato su tutte le furie. Jeremy...» esitò, «mi assillava. Odiava il fatto che uscissimo insieme. Detestava la tua presenza nella mia vita. Quella sera sembrava su di giri. Mi rivelò di aver scoperto qualcosa che mi riguardava molto da vicino. Aggiunse che dovevamo vederci per discuterne insieme. Io gli risposi di lasciarmi stare.» Si lasciò sfuggire una risata amara. «Gli risposi che ero...» Ricordava di avergli di detto di essere innamorata di Lorenzo, ma non riuscì a ripetere quelle stesse parole. «Gli raccontai che avevo un legame sentimentale con te e che tu non volevi che lui mi infastidisse ancora.» «Avresti dovuto parlarmene, maledizione!» esclamò Lorenzo con rabbia, e lei lo guardò con gli occhi completamente spalancati. «Non sarebbe servito a niente. E poi in qualche modo mi dispiaceva per Jeremy. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli e anche se si era spinto un po' troppo in là, volevo evitare un conflitto aperto con lui.» «Qual è stata la sua mossa successiva?» Lorenzo si alzò in piedi e si avvicinò a un angolo della stanza, si versò da bere e gliene offrì, ma lei rifiutò. Poi si rimise a sedere e mandò giù il liquore in un sol sorso. «Mi scrisse. Mi riferì di avere trovato alcuni documenti, di avere in mano le prove che mio padre aveva...» A quel punto le mancarono le parole. «Se si fosse trattato di un'altra donna, mi sarei preoccupata, ma sarebbe stato diverso. Mia madre sarebbe stata malissimo, e io anche, ma la gente se ne sarebbe dimenticata in poche settimane. Questa, però, era una cosa differente.» «Avrebbe messo in dubbio la credibilità di tuo padre» concluse Lorenzo al suo posto e lei annuì. «Lui era un pilastro della nostra comunità. Se si fosse saputo che si era appropriato indebitamente di denaro...» Finalmente aveva rivelato il segreto che si era tenuta dentro per così tanto tempo da farlo diventare parte di se stessa. Non riusciva a guardare Lorenzo negli occhi. «Jeremy aveva trovato dei vecchi quaderni. Quaderni che sarebbero dovuti essere distrutti, ma che per qualche motivo erano stati conservati. Tu sai che papà aveva l'abitudine di mettere tutto per iscritto. Diceva sempre di riuscire a pensare meglio potendo mettere tutto nero su bianco. Nel quaderno c'erano pagine intere di appunti, piani ben elaborati per Cathy Williams
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frodare l'azienda. Jeremy mi spiegò che lui sapeva in che modo l'aveva fatto.» «Immagino che abbia compiuto delle verifiche.» «Suppongo di sì» fu d'accordo Isobel tenendo gli occhi bassi. «Lessi più volte quelle pagine per convincermi che ci fosse un errore, ma risultava che papà aveva creato delle società fantasma, che erano stati pagati dei finti fornitori.» «Hai controllato la contabilità?» Isobel scosse il capo. «Quegli appunti erano sufficienti. Era pur sempre la scrittura di mio padre.» «Gliene hai parlato?» «Ovviamente no!» Lo guardò inorridita. «Amavo mio padre, qualunque cosa avesse fatto. Jeremy avrebbe potuto rovinarlo, se solo l'avesse voluto, e io non potevo permetterglielo.» «Perciò hai accettato tutte le sue condizioni.» Era una fredda constatazione dei fatti. «Non avevo scelta. Lui aveva una vera ossessione per me e voleva a tutti i costi allontanarmi da te, anche se non ne capivo il motivo, prima che tu me lo spiegassi.» «Perciò la piccola Isobel ha ceduto alle minacce ed è diventata una brava mogliettina.» Il disprezzo che si avvertiva in quelle parole la fece arrossire di rabbia. «Che cosa avrei potuto fare?» domandò disperata. «Che cosa avresti fatto se fossi corsa da te a raccontarti tutta la storia? Ti saresti precipitato da Jeremy e gliel'avresti fatta pagare!» «Intendi dire che non se lo sarebbe meritato?» «Intendo dire solo che sarebbe stato come arginare un fiume in piena con un granello di sabbia! Se tu lo avessi affrontato, lui avrebbe fatto la prima cosa che gli fosse saltata in mente: avrebbe gridato il suo segreto ai quattro venti.» «E che cos'altro ti ha costretta a fare, Isobel?» Si chinò su di lei con un'espressione minacciosa in viso. «Ti ha costretta a fare l'amore con lui ogni volta che lo desiderava?» Lei si aggrappò ai cuscini del divano. «Che importanza ha?» «Dimmelo, maledizione!» Le sollevò il mento per costringerla a guardarlo. «Io...» Respirò a fondo, terrorizzata da quello che leggeva sul viso di Cathy Williams
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Lorenzo. «Io non ci riuscivo. Lui ci provava, ma era inutile. Credo che debba aver trovato... soddisfazione con altre donne. Era spesso in giro per lavoro.» La sua voce si era fatta un bisbiglio. «Si accontentava di avermi al suo fianco, di suscitare l'invidia dei suoi amici, di sapere di aver distrutto tutto ciò che c'era stato tra noi.» «Perché non me l'hai riferito quando sono tornato?» le chiese con la violenza di una sferzata. Lui non l'avrebbe mai perdonata. Non l'avrebbe mai capita veramente, pensò Isobel disperata. «Come avrei potuto?» «Jeremy era morto. Non aveva più nessun potere su di te.» Lo disse come se il suo ostinato silenzio fosse stato solo un atto di stupidità da parte sua. «Come potevo confessarti tutto, dopo quattro anni che non ti vedevo?» Scoppiò a ridere, ma era sul punto di piangere. «Tu mi odi, Lorenzo. Me lo hai fatto capire appena sei tornato. Come mi sarei potuta fidare?» «Pensavi che potessi servirmi di quell'informazione per vendicarmi di te, Isobel?» Fece una smorfia. «Mi insulti se mi reputi capace di un'azione simile.» «Dentro di me sapevo che non ne saresti stato capace, ma non potevo correre quel rischio. Mia madre è malata, vulnerabile...» Vide di nuovo la rabbia nei suoi occhi e rabbrividì. «E poi, quando ti ho rivisto, non eri più la persona che avevo conosciuto anni fa. Non potevo confidarmi con te. Non ti riconoscevo più. Parlavi di odio, di vendetta...» «Ma io avrei potuto parlargli, farlo ragionare!» «Non ci saresti riuscito. Io lo so, perché ho vissuto con lui per quattro anni.» Le si annebbiò la vista. «Jeremy non è mai cresciuto veramente. Se le cose non si mettevano come voleva lui, poteva andare su tutte le furie. Io ho imparato a defilarmi, a tenermi da parte.» «Hai imparato a sacrificare la tua vita, e mi hai lasciato.» Isobel abbassò la testa non sapendo come continuare. Era stanca di doversi difendere. «Non mi avrai certo desiderato per tutto questo tempo» mormorò incerta. «Immagino che la ferita al tuo orgoglio si sia rimarginata presto. Dopotutto, sei ricomparso portandoti dietro Jessica Tate e facendomi capire apertamente il tipo di rapporto che c'era tra voi. Immagino che lei sia stata solo l'ultima di una lunga serie.» Si guardarono e nella semioscurità Isobel provò un tuffo al cuore. Si alzò con le gambe molli come gelatina. Cathy Williams
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«Non andartene. Quando mi hai piantato, hai lasciato in sospeso qualcosa.» «A cosa ti riferisci?» «A questo.» Lorenzo si fece avanti, la prese tra le braccia e la baciò sulla bocca sotto l'impulso della passione e del desiderio. Isobel gemette e lottò contro di lui, ma Lorenzo non la lasciò andare. Tra le sue forti braccia lei si accorse di aprire le labbra e di rispondere a quel bacio. Sapeva ciò che lui voleva fare. Da un punto di vista emotivo Lorenzo l'aveva cancellata dalla sua vita, ma contro la sua volontà provava ancora desiderio per lei e intendeva soddisfarlo una volta per tutte. C'era una tale urgenza che emanava da tutto il suo corpo che lei cedette e gli buttò le braccia al collo. Perché avrebbe dovuto combatterla?, pensava, se erano sul punto di lasciarsi? Non l'aveva sognato per tanto tempo? La sua immagine la perseguitava di giorno e di notte ormai da troppi anni. Con un movimento deciso Lorenzo la fece distendere sul tappeto davanti al camino. Non c'era bisogno di guardarlo in faccia per capire che ogni carezza era alimentata da una passione selvaggia. La stessa che ribolliva dentro di lei. Lorenzo si slacciò la camicia e la tirò fuori dei pantaloni, poi si sdraiò accanto a lei tenendo il suo viso tra le mani e baciandola fino a farle mancare il fiato. «Non riuscivo a sopportare che lui ti toccasse» Isobel» le mormorava sul collo con voce roca. Lorenzo fece scivolare la mano sotto il maglione di cotone e cominciò a massaggiarle un capezzolo attraverso il reggiseno di pizzo, fino a farla fremere di piacere. Con dita tremanti lei lo slacciò, così da togliere quella barriera tra le sue dita e la sua pelle. Lorenzo gemette e le sfilò il maglione cercandole il seno. Isobel sapeva che facendo l'amore con lui avrebbe perso qualcosa, ma le sembrava inevitabile. Lorenzo le slacciò la gonna, gliela tolse e la gettò su una sedia. Fece cadere a terra la biancheria intima e Isobel si trovò nuda contro di lui. Lorenzo la guardò negli occhi e lei provò un misto di tristezza e di piacere. Lui si alzò in piedi col respiro affannoso e cominciò a spogliarsi, Cathy Williams
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offrendo al suo sguardo ogni piega del proprio corpo. Si distese accanto a lei accarezzandole i seni, la vita, i fianchi, poi si chinò e la baciò facendola sprofondare in un vortice di desiderio. Isobel si aprì per accoglierlo e quando Lorenzo vide che non poteva più contenere una eccitazione che era sul punto di sommergerlo, si sistemò sopra di lei affondando la testa contro il suo collo. Lei lo sentì ripetere più volte il suo nome, ma senza nessuna tenerezza. «Non voglio provare questa passione per te» le disse osservandola. Nemmeno io voglio esserne sopraffatta. So che non potrò mai liberarmene. Almeno avesse provato per lui solo passione! Questa si poteva saziare. Era un mostro che poteva volatilizzarsi una volta soddisfatto, ma l'amore era un'altra cosa. L'amore ti divora e quando pensi che non ce ne sia rimasto più, ricomincia da capo. Lorenzo le prese il collo tra le mani e le baciò le labbra. Con movimenti via via più veloci i loro corpi si unirono. Isobel appoggiò le mani sui suoi fianchi e spinse indietro la testa, mentre il fuoco che la pervadeva esplodeva in lei portandola su un altro pianeta, almeno per un po'. Quando Lorenzo si stese accanto a lei con le mani dietro la testa, tremava ancora. Avevano sempre qualcosa da dirsi anni prima, dopo aver fatto l'amore. Ora lei rimase ad ascoltare il silenzio e seppe che quella era stata l'ultima volta che avrebbe sentito quel corpo accanto al suo. «È meglio che io me ne vada» disse Lorenzo con indifferenza. Isobel aveva voglia di piangere. Non osava guardarlo. Ogni volta che avevano discusso di Jeremy, lui non aveva mai parlato di sentimenti, non aveva mai detto di aver provato per lei un'emozione diversa dall'orgoglio ferito. Ma perlomeno Isobel si era risparmiata l'umiliazione di fargli sapere quanto lo amava, da sempre. «Vado a fare la valigia. Partirò tra un'ora.» «Sì.» Lei si alzò in piedi, irrigidita, e cominciò a rivestirsi. Non aveva nemmeno pensato di usare qualche precauzione, ma purtroppo sapeva di non essere in un periodo fertile. Non c'era nemmeno la possibilità che da quanto avevano fatto potesse nascere una nuova vita. Lorenzo si vestì in silenzio. Si guardarono in viso da una parte all'altra della stanza. «Mi auguro che mi scuserai con tua madre se non mi troverà qui.» «Dove andrai?» Cathy Williams
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«A Londra per qualche giorno, poi prenderò un volo per l'Italia. Troverai un altro acquirente per l'azienda di tuo padre. Fatti consigliare da Clark.» Adesso che erano sul punto di lasciarsi, Isobel provava il desiderio di continuare a parlare. L'avrebbe trattenuto il più possibile perché sapeva che era la fine. «Che cosa ne farai del cottage?» gli domandò e lui alzò le spalle avvicinandosi alla porta. «Non mi serve più» mormorò. «Se e quando verrò qui, potrò sempre stare in albergo.» «All'Edwardian?» Si sorrisero e lei provò una stretta al cuore. «È un po' triste, vero?» osservò lui. «Ma le cose potrebbero migliorare.» Cominciò a salire le scale. Sul pianerottolo si voltò e le sussurrò con dolcezza: «Addio, Isobel». Lei non riusciva a guardarlo in viso. Era troppo buio, ma era contenta che Lorenzo non potesse vederla. «Addio, Lorenzo» rispose sperando che la sua voce non si incrinasse a metà frase. «E buona fortuna.» Lui annuì appena e poi si voltò, attraversando il tappeto con passo deciso. Isobel si rifugiò nella sua stanza e si sedette sul letto a luci spente. Si sentiva completamente svuotata. Dopo un po' sentì il rumore dei passi di Lorenzo, il cigolio della porta che si richiudeva, il rombo del motore mentre se ne andava. Fuori da quella piccola città e fuori dalla sua vita. Il giorno seguente si sentiva reduce da un trauma. «Ma perché è dovuto partire con tutta questa fretta?» le chiese sua madre quando le telefonò più tardi, quella sera. «C'erano alcuni problemi da risolvere con urgenza» rispose Isobel. «Non ha potuto rimandarli.» «Sono sicura che Lorenzo sarebbe rimasto, se non fosse stato così importante» fu d'accordo la signora Chandler. «Sentirai la sua mancanza, Isobel, lo so.» Lei non riuscì a dire una bugia, perciò preferì rimanere in silenzio. «Tornerà» dichiarò Viola con dolcezza. «No, non penso.» «Mia cara, se lo amavi ancora, perché hai sposato Jeremy?» Cathy Williams
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Isobel spalancò gli occhi per la sorpresa. «Per... perché...» balbettò, «perché mi sembrava la cosa giusta da fare, allora.» «Commettiamo tutti degli errori» commentò sua madre sospirando a chilometri di distanza. «Ma Lorenzo tornerà, ne sono sicura.» Era assurdo crederci e quando rimise il ricevitore sulla forcella, decise che l'unica cosa da fare era quella di andare avanti e continuare a sorridere al mondo. Infatti passò i due giorni successivi sorridendo. I pazienti dell'ambulatorio dovevano pensare che lei fosse di ottimo umore, ma non appena rimaneva sola la maschera cadeva e Isobel restava a contemplare il lungo tunnel nero che aveva davanti. Che cosa ne è della ragazza fortunata che aveva tutto?, si domandava. Le sembrava strano che ogni cosa potesse scivolarle completamente di mano, come sabbia tra le dita aperte. Il venerdì ebbe la sensazione di impazzire e d'istinto decise di mettersi in contatto con Abigail. Poteva sempre contare su di lei. Anche se si sentiva molto vicina a sua madre, non poteva parlarle di quanto era successo. Avrebbe dovuto omettere troppi particolari, e poi spiegarle la situazione avrebbe ' voluto dire suscitare i suoi sospetti. L'unico problema con Abigail ovviamente erano i suoi impegni. La sua professione itinerante la portava da una parte all'altra del paese, se non addirittura all'estero. Isobel aggrottò la fronte. Chissà se la sua amica si trovava a Londra, a Manchester, o a Birmingham. Telefonò al numero di Londra. Si sentirono tre squilli e poi la voce registrata di Abigail che la informava che non era disponibile, al momento, ma che sarebbe stata richiamata alla velocità della luce. Isobel era piuttosto scettica a quel proposito, ma si sbagliava. Dieci minuti più tardi squillò il telefono. Era Abigail. «Non mi telefoni mai, Izzy, ed è per questo che ti ho richiamata. Che cosa è successo?» Isobel si sedette. Casa sua era vuota e poteva spiegarle tutto senza problemi, ma si accorse di non riuscirci. «Volevo sapere come stai» rispose per rimandare la confessione. «Il lavoro va bene. Sto recitando in una fantastica commedia, con dialoghi molti spiritosi. Una cosa un po' leggera, prima di volare a New York.» «Che vita pesante fai» osservò Isobel scherzando. «Londra, New York. Cathy Williams
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La prossima volta mi racconterai che stai perfezionando i dialetti del lontano oriente e che sei in partenza per Tokyo.» Si mise a ridere, ma con le dita giocherellava nervosamente con il filo del telefono. Abigail dovette accorgersi del leggero nervosismo nella sua voce perché chiese seria: «Cosa c'è che non va, Izzy? Non c'è bisogno di guardarti per sapere che c'è qualche problema. Si tratta di tua madre? Sta bene, vero?». «Sono io che sto male, Abby» ammise lei. Dannazione, era sul punto di piangere. Respirò a fondo e cominciò ad accennare ad Abigail di Lorenzo. Intendeva essere breve, ma più parlava, più le rimanevano cose da dire. Non menzionò nemmeno Jeremy o il motivo per cui l'aveva sposato, ma continuò a chiacchierare incessantemente. Alla fine Abigail commentò con la sua solita schiettezza: «È un vero disastro». «È questo il modo di risollevare un'amica?» domandò Isobel tremando. Le lacrime che aveva trattenuto negli ultimi dieci minuti le caddero silenziose sulle guance e lei le asciugò col dorso della mano. «Devi venire subito qui.» «Non posso.» «Non essere ridicola. Certo che puoi. Non voglio sentire ragioni di nessun genere. Puoi partire domattina e passare il fine settimana con me. Ti faccio avere un biglietto della commedia; fortunata, fortunata ragazza.» Quelle parole fecero sorridere Isobel. «Non mi troverai a casa, domattina, perciò dovrai arrivare qui da sola, ma hai ancora le chiavi, non è vero? Bene. Mi raccomando, comprati qualcosa di carino da indossare a teatro. Questo è un ordine. Alla fine dello spettacolo andremo a cena insieme. Credimi, Isobel, sarà una serata fantastica!» Il pomeriggio seguente, alle tre e mezzo, Isobel si trovava in Bond Street a curiosare tra i negozi, alla ricerca di un abito adatto a una serata speciale a teatro. Non veniva a Londra da parecchi mesi. Si sentiva una ragazza di campagna e di solito trovava la città piuttosto claustrofobica, ma in quel momento le sembrò magnifica. Le aveva fatto bene cambiare aria, e anche se continuava a pensare a Lorenzo, si sentiva un po' meno depressa. Provò un meraviglioso abito verde chiaro, di lana, con le maniche corte e si sentì lusingata quando la commessa le domandò se fosse una modella. Comprò degli articoli di bigiotteria, un paio di scarpe e ritornò all'appartamento di Abigail alle sei e mezzo, molto più sollevata di prima. Il suo posto a teatro si trovava in una delle prime file. La commedia Cathy Williams
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aveva avuto delle ottime recensioni e non era rimasto un solo posto libero. Si accomodò tra una signora dai capelli grigi e un robusto uomo d'affari. Solo cinque attori recitavano nella commedia, che si basava su dialoghi brillanti più che su effetti scenici. Abigail era una vera star. Recitava in modo naturale riuscendo a coinvolgere gli spettatori. E all'intervallo erano tutti ansiosi di sapere che cosa sarebbe successo nel secondo tempo. Invece di andare al bar a bere qualcosa, Isobel rimase al suo posto a leggere la locandina e le ottime critiche riguardanti Abigail. Chi l'avrebbe detto che le loro vite sarebbero cambiate in quel modo? Era inutile ripensare al passato. Non avrebbe potuto cancellare ciò che era successo, ma poteva impegnarsi per il futuro. Fu un vero sollievo quando si abbassarono le luci e poté concentrarsi sul secondo tempo. Alla fine della commedia gli attori uscirono sul palco tenendosi per mano e si inchinarono davanti alla platea. Furono salutati da una vera ovazione. Vennero portati dei mazzi di fiori ad Abigail, l'unica donna presente nel gruppo. Isobel si stava preparando a raggiungerla nel camerino mentre gli applausi scemavano, quando Abigail prese la parola. «E ora vorrei rompere con la tradizione e fare qualcosa di assolutamente inedito.» Ci fu un brusio in platea, seguito dal silenzio. Niente poteva attirare di più la sua attenzione dell'imprevisto. Isobel si accorse di trattenere il fiato. E non doveva essere la sola tra il pubblico. «Col permesso dei miei colleghi, vorrei chiedere alla mia cara amica Isobel di salire sul palco accanto a me» continuò Abigail. Isobel spalancò gli occhi per la sorpresa, ma dovette obbedire. Si sentiva tremare le gambe mentre passava tra le file di posti a sedere con tutti gli occhi appuntati su di lei. Abigail le sorrise e disse guardando la platea: «E poi vorrei chiamare sul palco Lorenzo Cicolla». A quel punto Isobel ebbe la sensazione di vivere un sogno. Non osava alzare lo sguardo, ma mentre saliva sul palco e si metteva vicino ad Abigail, vide avanzare Lorenzo. Abigail le teneva la mano. Quando anche Lorenzo fu salito, prese la parola: «Un applauso ai miei amici, che conosco dai tempi dell'infanzia e che sono sempre stati destinati l'uno all'altro. Si sono trovati in una Cathy Williams
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difficile situazione, ma adesso sono qui, insieme, e insieme devono rimanere.» Ci fu un entusiastico battere di mani proveniente da ogni angolo del teatro che lasciò Isobel stordita. Quasi non si rendeva conto di avere le dita intrecciate a quelle di Lorenzo. Osservò quel viso amato da sempre e qualcuno dal pubblico gridò: «Chiedile di sposarti!». «Lorenzo...» disse Isobel e cadde il silenzio. «Isobel.» I loro occhi si incontrarono e lei si sentì svenire. «Vuoi sposarmi?»
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«Più tardi. Questo non è il luogo adatto per questo tipo di conversazione. Forza.» La prese sottobraccio e camminarono in silenzio fino a quando non furono arrivati davanti a un ristorantino italiano. Si sedettero a un tavolo in un angolo della sala. C'era un vasetto di garofani e lui lo spostò. «Voglio poterti guardare negli occhi, Isobel» mormorò provocandole una stretta al cuore. «Non immaginavo che Abigail ci avrebbe giocato un tiro simile» sussurrò Isobel. «Come ha fatto a sapere dov'eri?» «Un paio di giorni dopo averla vista a Broadway, l'ho portata fuori a cena e le ho raccontato che a Londra scendevo sempre al Savoy.» C'era un calore intorno a lui che cominciava a farle girare la testa e fu un sollievo quando il cameriere venne a prendere le ordinazioni. «Tua madre se l'è presa perché ho anticipato la partenza?» domandò Lorenzo mentre Isobel rigirava il bicchiere nella mano. «No.» «E tu? Va tutto bene?» «Perché diavolo non dovrebbe andare tutto bene?» «Perché ci siamo lasciati in termini tutt'altro che amichevoli, mia cara.» L'aveva chiamata mia cara? Senza nessun sarcasmo? «È inutile» disse lui all'improvviso alzandosi in piedi. Il padrone del ristorante si precipitò preoccupato verso di loro. «C'è qualcosa che non va?» chiese ansioso. «Non trova il locale di suo gradimento?» «Va tutto bene» lo rassicurò Lorenzo mettendo mano al portafoglio. «Sono sicuro che il cibo sarebbe stato squisito, ma non ci va di mangiare.» Isobel balbettò qualcosa alzandosi in piedi, senza capire quello che stava succedendo. Lasciarono il ristorante, presero un taxi e arrivarono al Savoy in men che non si dica. «Perché siamo venuti qui?» domandò lei con voce stridula. «Per parlare.» Le rivolse un'occhiata innocente. «Non possiamo farlo tra un boccone e l'altro di pollo alla cacciatora.» Entrò nell'albergo seguito da Isobel. Anche se sapeva dove Lorenzo la stava portando, quando arrivarono alla sua camera da letto lei rabbrividì. «Perché dobbiamo parlare in una camera da letto?» La sua voce si era fatta gracchiarne. Cathy Williams
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Come hai potuto farmi questo, Abigail?, pensava intanto Isobel. «Per stare tranquilli» rispose lui richiudendosi la porta alle spalle e gettando le chiavi sul tavolo. «Siediti. Bevi qualcosa e ascolta quello che ho da comunicarti.» Versò a ciascuno di loro un bicchiere di whisky e soda. Lei non era abituata a quel tipo di bevanda, ma lo inghiottì perché era tesa come una corda di violino. «So che non è la tua bevanda preferita» ammise Lorenzo, seduto accanto a lei. «Hai buona memoria» sussurrò Isobel. «Mi ricordo tutto di te, Isobel. Come potrei dimenticarmene?» ribatté lui sospirando. Lei non lo guardò. Abbassò la testa e Lorenzo le scostò i capelli, così da poter vedere il suo profilo. Isobel sentì il tocco vellutato delle sue dita e rabbrividì. «Guardami» le disse e lei voltò la testa. «Ho passato quattro anni a pensarti.» Era serissimo. «A Chicago, ogni successo, ogni momento di gloria era scalfito dall'amaro ricordo di te.» «Io ho fatto quel che ho fatto...» cominciò Isobel e lui le premette le dita sulle labbra. «Shh.» Le scostò i capelli dal viso e appoggiò la mano sulla sua testa. «Non hai idea di quanto ti amavo» mormorò provocandole una fitta al cuore. Per tutti quegli anni lei aveva saputo che Lorenzo l'amava, ma sentirglielo confessare le fece venir voglia di piangere. «Eri il mio sole, Isobel, e ti adoravo. Ho sempre saputo che avresti potuto avere chiunque altro. Tutti gli uomini erano innamorati di te.» Lorenzo fece un largo sorriso, come se ripensasse al passato. «Quando mi hai comunicato che avresti sposato Jeremy, ho sospettato che ci fosse sotto qualcosa. Ma quando lui si è vantato di essere più adatto a te, gli ho creduto. E poi tu non l'hai negato...» «Come avrei potuto?» «Adesso lo capisco, ma allora no» convenne Lorenzo con voce profonda e carezzevole. «Vedevo solo due persone con la stessa estrazione sociale. E io ero un intruso che si era innamorato della persona sbagliata. Avrei potuto ucciderlo, quando ti ha portata via a me, o decidere di Cathy Williams
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ammazzare entrambi. Invece me ne sono andato.» Isobel non voleva interromperlo. Lorenzo sembrava rivivere i suoi ricordi più amari e lei sapeva di doverlo lasciar parlare. Voleva ascoltare tutto senza che si tralasciasse niente, anche se nel profondo di se stessa sapeva dove quella confessione lo stesse portando. Le aveva detto di averla amata, un tempo. Che lei era stata il suo sole. Ma questo era successo molti anni prima. Ora quel sentimento era svanito. Non era per questo che poteva parlarle con tanta calma? Era facile rivolgersi serenamente a qualcuno verso cui si prova solo indifferenza. «Allora nutrivo la speranza di ritornare coi soldi e il potere di cui secondo Jeremy tu avevi bisogno.» «E così hai fatto.» Le accarezzava ancora i capelli e lei desiderò che non lo facesse. Sarebbe voluta essere calma come lui, chiacchierare del passato con la stessa voce controllata, come se lui non avesse più il potere di ferirla. «Quando sono venuto a sapere dell'incidente, sono rimasto sconvolto.» «Ma hai capito che si profilava l'occasione per farmela pagare.» «Sapevo di dover ritornare. Questo non l'avevo mai messo in discussione.» Si guardarono negli occhi. La stanza era immersa nel silenzio. Lui aveva acceso una delle lampade da tavolo che creava dei profondi contrasti di luce e ombra. «Pensavo di potermi dimenticare del passato» continuò lui lentamente. «Ma quando ti ho vista in quell'ufficio, ho provato di nuovo tutta la rabbia di un tempo. Osservavo quel tuo viso dall'espressione angelica e riuscivo solo a ricordare il giorno delle tue nozze. Non intendevo costringerti a sposarmi, ma mentre ti guardavo sapevo che dovevo averti, che tu dovevi essere mia.» «L'odio è un sentimento molto forte, Lorenzo» mormorò lei cercando di trattenere le lacrime. «L'odio?» Lorenzo la fissò incredulo e lei si sentì stringere il cuore. «Io non ti odio, Isobel. È questo che pensi?» «No, adesso no, forse.» Si sentiva tristissima. «Magari provi indifferenza per me.» «Come potresti essermi indifferente?» Lorenzo si chinò in avanti e le prese il viso tra le mani. Mani forti e grandi che evocavano in lei tanti ricordi. Cathy Williams
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Il suo cuore era in tumulto. Si librava in volo e si abbatteva in picchiata e poi volava di nuovo alto sopra le nuvole. Trattenne il respiro ed ebbe la sensazione di camminare sull'orlo di un precipizio. «Sono innamorato di te, Isobel» le confessò lui. «Non ho mai smesso di amarti. Ti volevo. Maledizione, ti volevo più di qualsiasi cosa al mondo! Sono tornato per cercare di ridimensionarti, ma sono soltanto riuscito a innamorarmi ancora di più. Non potevo dimenticare il passato. «Lorenzo!» Isobel lo guardò con gli occhi splendenti. «Tu mi ami?» Gli accarezzò il viso e Lorenzo gemette e si chinò a baciarla. Le sue labbra tremavano e Isobel ricambiò il bacio aggrappandosi a lui. «Quando ho scoperto il motivo per cui ti eri sposata, non ci ho più visto» le sussurrò contro il collo e lei gli prese la testa tra le mani. «Riuscivo solo a pensare che non ti eri fidata abbastanza di me. Sono venuto qui a Londra, ma è stato un vero incubo. A poco a poco ho cominciato a capire la situazione in cui ti eri trovata. Oh, mia cara...!» «Per quattro anni ho vissuto in una prigione» ammise Isobel. «L'unica cosa che mi ha permesso di andare avanti è stato pensare a te e ai miei genitori. Ho accettato di sposare Jeremy solo perché non avevo scelta.» «E i tuoi genitori hanno mai immaginato qualcosa?» «Probabilmente sì» rispose Isobel. «Loro sapevano che c'era qualcosa che non andava, ma che cosa potevano farci? Ogni volta che me ne parlavano, io cambiavo discorso. Non potevo permettere che avessero dei sospetti. L'avevo fatto per loro, perché li amavo, e non ho mai provato rimpianti. Ma rimpiangevo te. Ripensavo al futuro che noi avremmo dovuto avere insieme.» «Povera Isobel.» Lorenzo la baciò di nuovo con lentezza e tenerezza spingendola contro il divano. I battiti del suo cuore si fecero più rapidi e Isobel gemette, mentre lui le accarezzava la vita. Poi la fece alzare in piedi e la condusse verso il letto e lei si rese conto che quello era il momento che aveva aspettato per tutti quegli anni. Il momento in cui Lorenzo l'avrebbe toccata senza rabbia o desiderio, ma solo con amore. La fece sdraiare sul letto e lei lo guardò e gli dichiarò: «Ti amo, Lorenzo. Non ho mai smesso di amarti. Può darsi che Jeremy credesse di poter distruggere quello che c'era tra noi sposandomi, ma si sbagliava. Non ha mai potuto toccarmi nel profondo, dove conta davvero.» «Era una persona instabile» sentenziò Lorenzo togliendosi la camicia e Cathy Williams
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mostrando il torace abbronzato. Le si sdraiò accanto e cominciò ad accarezzarla. «Ancor prima che lui scoprisse il segreto di sua madre, c'era in lui qualcosa di spietato. Sembrava un barilotto di polvere da sparo pronto a esplodere.» Le slacciò la cerniera del vestito e lei se lo tolse sorridendogli ipnotizzata come se fosse la prima volta. Quando lui le toccò il seno, si distese sul letto col respiro spezzato. «Sei tanto bella» mormorò Lorenzo. «La cosa peggiore era che io capivo perché lui ti volesse in modo così disperato. Tu provochi negli uomini l'oscuro istinto di metterti sotto chiave.» «Spero di no!» Lei scoppiò a ridere. Lorenzo le baciò il collo, accarezzò ogni centimetro della sua pelle. Non c'era nessuna rabbia, nessun risentimento. Piuttosto c'era la stessa tenerezza di quando erano più giovani, accompagnata da una nuova maturità. Isobel gli passò le dita tra i capelli e gli si abbandonò. Quando alla fine Lorenzo la penetrò, ebbe la sensazione di sentirsi a casa. I loro corpi si mossero in un crescendo di sensazioni e lei smise di pensare. «E adesso che siamo soli» le disse lui più tardi appoggiandosi a un gomito, «e non ci sono centinaia di persone a guardarci, mi vuoi sposare, Isobel?» «Se voglio sposarti?» Scoppiò a ridere e gli accarezzò la guancia. «Sì, sì. Voglio sposarti. Ho aspettato tutta la vita questo momento, amore mio.» FINE
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