Fergus Hume
Il Delitto Della Carrozza Chiusa The Mistery of a Hansom Cab © 1996 I romanzi dell'iride 1933 Il Giallo Eco...
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Fergus Hume
Il Delitto Della Carrozza Chiusa The Mistery of a Hansom Cab © 1996 I romanzi dell'iride 1933 Il Giallo Economico Classico - N° 127 - 21 settembre 1996
Personaggi principali Mark Frettby Madge Frettby Fitzgerald Brian Avvocato Calton Kilsip Roger Moreland
miliardario australiano sua figlia fidanzato di Madge difensore di Brian agente investigativo amico della vittima
1. Il delitto della carrozza chiusa Il giornale L'Argus del 18 luglio portava la seguente notizia: Nella mattinata di venerdì è stato commesso un assassinio, a poca distanza da una delle strade più frequentate della città di Melbourne. Dato il modo con cui il delitto è stato perpetrato, e poiché l'assassino è fuggito senza lasciare alcuna traccia, ci sembra di trovarci dinanzi ad uno di quei misteri, che solo Lecoq, il famoso agente dei romanzi di Gaboriau, sarebbe capace di chiarire. Il 27 luglio, all'una e quaranta del mattino, una carrozza chiusa si fermò dinanzi al posto di polizia di Green Street, SaintKilda, ed il cocchiere disse all'agente di servizio che la sua vettura ospitava un uomo, che lui temeva fosse stato assassinato. Condotto alla presenza dell'ispettore, il vetturino, che si chiamava Malcolm Roystom, raccontò: "Era l'una, andavo verso Collins East, quando, passando davanti al monumento di Burke e Will, fui chiamato da un Fergus Hume
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gentiluomo che si trovava all'angolo della chiesa scozzese. Avvicinatomi vidi che l'uomo sosteneva il corpo di una persona che sembrava completamente ubriaca. Tutti e due erano in abito da sera, ma colui che sosteneva l'ubriaco indossava un soprabito di un colore chiaro. Quando la vettura si fu accostata al marciapiede, l'uomo dal soprabito chiaro mi disse: 'Prendete questo signore, che mi sembra ubriaco fradicio, e conducetelo a casa sua. Troverete un biglietto da visita nelle sue tasche.' Io chiesi al signore se era un suo amico, ma questi rispose di no. In quel momento l'ubriaco volse il viso dalla nostra parte. La persona che lo sosteneva l'osservò, e sembrò riconoscerlo, poiché retrocesse, lasciandolo cadere sul marciapiede dicendo: 'Come, siete voi?' Poi si volse rapidamente e fuggì lungo Russell Street in direzione di Bourke Street. Io, sorpreso da quel modo di fare, lo seguii con gli occhi. Subito mi sentii chiamare. L'ubriaco si sforzava di rimettersi in piedi e, dopo aver tentato inutilmente di salire nella carrozza, si sedette sul marciapiede dicendo: 'Voglio andare a casa mia... a Saint-Kilda'. Io discesi da cassetta e, con molta fatica, riuscii a farlo entrare nella vettura dove si addormentò quasi subito. Stavo per partire, quando scorsi nuovamente il signore dal soprabito chiaro. 'Lo condurrò io a casa sua.' Aprì la portiera e si sedette vicino all'altro, dicendomi di andare a Saint-Kilda. Quando fui vicino alla Scuola di grammatica inglese, quel signore mi ordinò di frenare. Scese, dicendomi che l'altro non voleva che lui lo riaccompagnasse. Lui, quindi, sarebbe tornato a piedi in città. 'In che via lo devo condurre?', gli chiesi. 'Green Street, credo. Ad ogni modo, quando sarete al bivio ve lo dirà lui.' 'Mi sembra troppo ubriaco', soggiunsi io, 'per sapermi rispondere'. 'No, no. Lo credo ancora in condizioni di dirvi esattamente dove abita.' Aprì la portiera, guardò nell'interno e gridò: 'Buona notte, vecchio mio'. L'ubriaco non gli rispose. Il signore dal soprabito chiaro mi diede allora mezza corona, e se ne andò Fergus Hume
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verso Melbourne. Giunto al bivio fermai la vettura e chiesi all'uomo che si trovava nell'interno da che parte dovessi andare. Non ricevendo risposta, scesi da cassetta e aprii la portiera. L'ubriaco era immobile in un angolo. Aveva un fazzoletto legato sulla bocca. Stesi la mano per svegliarlo e allora lui cadde in avanti. Lo osservai, e vidi con orrore che era morto. Spaventato, sono corso a fare la mia deposizione ". Fu tirato fuori il corpo dalla carrozza e portato all'interno. Il medico, accorso, non poté far altro che constatarne la morte e trovò che il fazzoletto era imbevuto di cloroformio. Dal modo in cui il fazzoletto era stretto attorno alla bocca, non vi era alcun dubbio che l'uomo fosse stato assassinato, la morte doveva essere stata istantanea, e indolore. La vittima era magra, di mezza età. Non gli è stata trovata addosso alcuna carta, e l'abito da sera, di taglio comune, non aveva alcuna etichetta di negozi o sartorie. Il fazzoletto, legato attorno alla bocca, era di seta bianca e portava le sigle: O. W., in seta rossa. Certo l'assassino ha usato il proprio fazzoletto, per commettere il delitto, quindi queste iniziali potranno, più tardi, mettere sulle sue tracce la polizia. Questa mattina sarà eseguita l'autopsia sul cadavere, ed è presumibile che si potranno avere altri particolari. L'Argus di lunedì aggiungeva: Alcuni fatti supplementari sono venuti a portare un po' di luce sul mistero del delitto commesso nella vettura e di cui abbiamo narrato i particolari nel numero di sabato. Un altro cocchiere si è presentato al posto di polizia ed ha fatto delle dichiarazioni che aiuteranno certamente gli agenti nelle loro ricerche. Ha detto che mentre si avviava sulla strada di Saint-Kilda, venne chiamato da un signore, che indossava un soprabito chiaro, e che si fece condurre nel Powlett Street, a est di Melbourne. Dopo aver pagato, l'uomo scese all'angolo di Fergus Hume
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Wellington Parade, e s'incamminò per quella strada, mentre il cocchiere tornava indietro verso la città. Si può dedurre che l'uomo dal soprabito chiaro, non abbia trovato alcuna resistenza nella vittima, altrimenti il cocchiere avrebbe dovuto avvertire segni della lotta. Certo l'uomo dal soprabito chiaro non era amico dell'altro, e quindi, dopo aver identificato la vittima, il che non dovrebbe essere difficile, perché se Melbourne è una grande città, non è comunque Londra, né Parigi, dove un uomo può sparire facilmente, senza che si possa sapere qualche cosa di lui, gli agenti avranno il compito agevolato. È necessario che questo misterioso delitto venga chiarito, non solo nell'interesse della giustizia, ma nell'interesse del pubblico. Il solo pensare che si possa essere uccisi in una vettura pubblica, in piena città e che l'assassino possa continuare, tranquillamente, a passeggiare incolume, senza che la polizia riesca in alcun modo a individuarlo fa rabbrividire... E' una bella occasione, per i nostri agenti, di farsi onore, e siamo certi che faranno di tutto per assicurare alla giustizia il miserabile che ha commesso un così efferato delitto.
2. L'inchiesta del giudice Gli oggetti trovati addosso al morto furono: due sterline e venti scellini in oro e argento, fazzoletto di seta bianca con le iniziali: O.W., portasigarette di cuoio russo, contenente alcune sigarette Havana, un guanto della mano sinistra, di pelle bianca, leggermente macchiato. Samuele Gorby, dell'ufficio di Polizia, assisteva all'inchiesta, per vedere se era possibile ottenere qualche particolare interessante, che facesse un po' di luce sul mistero. Il primo testimone fu il cocchiere Malcom Roystom, e quello che disse è già stato scritto su L'Argus. In seguito fu interrogato dal giudice. - Potete descrivere quel signore in soprabito chiaro, che sosteneva il defunto? - Quando mi avvicinai al marciapiede, quel signore si teneva nell'ombra e poi, io non feci attenzione che all'altro. Fergus Hume
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- Ditemi quello che avete osservato. - Non potevo vedere i suoi lineamenti, perché portava un cappello di feltro che teneva calato sugli occhi. I baffi erano biondi. Alto di statura. - Che cappello era? A larghe tese? - Sì. - Cosa disse quando vide il viso della persona che teneva nelle braccia? - "Come! Siete voi?" Poi è fuggito. - E quando l'avete rivisto? - Dopo aver sistemato l'ubriaco nella carrozza. - Voi credete che lui conoscesse la vittima? - Sì. - Quando scese dalla vettura? - Appena entrammo nella zona di Saint-Kilda, vicino alla scuola di grammatica inglese. - Quando l'uomo scese dalla vettura, vi sembrava agitato? - No, e di questo sono sicuro, perché c'era la luna e potevo vederlo chiaramente in viso. - Allora l'avete visto? - Solo i baffi e la bocca, perché aveva il cappello abbassato. Notai però che si era abbottonato il soprabito, mentre la prima volta che lo avevo visto, quando mi aveva detto di portare a casa l'ubriaco, l'aveva sbottonato. - Che cosa disse scendendo dalla vettura? - Disse che il suo amico non voleva che lui lo riaccompagnasse, e che quindi sarebbe tornato a piedi in città. - L'uomo dal soprabito chiaro, non pareva conoscere esattamente dove abitasse la sua vittima? - No, perché era indeciso se in Green Street o in un'altra via. - Che cosa fece, quando scese dalla carrozza? - Accese una sigaretta, mi diede mezza corona, e poi se ne andò. - Avete visto se aveva il suo fazzoletto? - Sì, perché l'ha adoperato per spolverarsi gli stivali. - Non avete notato niente di particolare nella sua persona? - Ho visto che portava un anello di diamanti, all'indice della mano destra. Non ho mai visto nessuno portare a quel dito degli anelli. - In quale posizione era l'ubriaco, quando voi scendeste da cassetta per andare a scuoterlo? - Piegato su se stesso, nell'angolo della vettura, quasi nella stessa posizione in cui l'avevo messo io. Aveva la testa reclinata, e il fazzoletto Fergus Hume
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sulla bocca. Dopo la deposizione di Roystom, durante la quale Gorby non cessò di prendere appunti, fu chiamato il medico. - Sono Robert Chinston, residente in Collins Street. Ho esaminato il corpo della vittima. Sapendo come il cloroformio evapori prontamente, ho subito eseguito l'autopsia del cadavere. Il corpo appare sano e robusto, e non presenta tracce di violenza. Le macchie al dorso e alle gambe sono da ipostasi. I polmoni, in buono stato, ma un po' congestionati, il cervello non presenta alterazioni. Il ventricolo destro era pieno di sangue. Aprendo l'addome ho avvertito un forte odore di alcool. Lo stomaco conteneva degli alimenti non digeriti. La mia opinione è che la vittima sia morta per l'inalazione di un gas come il cloroformio, o il metilene. Dopo il medico, venne chiamato l'altro cocchiere. Anche la sua deposizione è stata già riportata su L'Argus. Il giudice gli chiese ancora: - A che ora vi trovavate in Powlett Street? - Alle due precise, infatti ho sentito suonare il campanile del palazzo delle Poste. Anche lui dichiarò di essere stato colpito dall'anello di diamanti al dito indice della mano destra. Dopo un riepilogo del giudice, sulle cause che avevano provocato la morte dello sconosciuto, i giurati si ritirarono e pronunciarono il verdetto: la morte era dovuta a inalazione di sostanze tossiche ed era stata causata volontariamente. L'unica persona sospetta era l'uomo dal soprabito chiaro che era salito in carrozza con l'ubriaco.
3. Cento sterline di ricompensa AVVISO: ASSASSINIO Cento sterline di ricompensa Si daranno cento sterline di ricompensa a chi saprà dare delle informazioni che possano condurre all'arresto dell'assassino di un uomo trovato morto in una vettura pubblica. Il presunto assassino, si crede sia l'uomo che è salito nella carrozza con la sua vittima, all'angolo di Collins e Russell Street, il 2 luglio all'una e mezza del mattino. Fergus Hume
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Il defunto è un uomo di mezza età, di carnagione bruna, vestito con un abito da sera nero. Ha un neo sulla tempia sinistra.
4. Il signor Gorby comincia le indagini - Perbacco! - si diceva Gorby, osservandosi nello specchio. - Ho risolto tanti misteri in questi ultimi vent'anni, ma questo mi sembra un indovinello cinese. Gorby si stava radendo la barba, e com'era sua abitudine discorreva con la propria immagine riflessa nello specchio. Non parlava con nessuno di quello che doveva fare, e non aveva confidenti. Quando aveva bisogno di sfogarsi, si ritirava nella sua camera da letto e mettendosi di fronte allo specchio discorreva... Questo sistema aveva due vantaggi; primo: era sicuro, segreto; secondo: lui si liberava da questioni che lo opprimevano. Chissà quante cose avrebbe potuto rivelare quel piccolo specchio, riguardo alla moralità degli abitanti di Melbourne! Ma per fortuna noi non viviamo oggi in un mondo leggendario, e, per quanto Gorby trovasse il suo specchio molto simpatico,questi non era altro che uno specchio. Quella mattina l'agente discuteva con animazione col suo confidente e sul suo viso si poteva scorgere un certo imbarazzo. Incaricato di chiarire il mistero che avvolgeva il delitto commesso nella carrozza, si chiedeva da che parte avrebbe cominciato le indagini. - Diavolo! - si diceva - Una cosa che ha un fine deve avere avuto un principio. Come posso fare a scoprire questo principio? Lo specchio non gli rispondeva. Gorby si insaponò la faccia e cominciò a radersi. - C'è un uomo che si ubriaca, per conseguenza diviene incosciente. Un altro tizio, dopo averlo riconosciuto, fugge, poi ritorna, sale nella stessa vettura e lo cloroformizza, scende dalla carrozza sale su un'altra e sparisce nella notte. Ci sono tre cose da scoprire: chi è l'uomo assassinato? perché l'hanno ucciso? Chi ha commesso il delitto? Una volta che io fossi riuscito a rispondere alla prima domanda, le altre due si risolverebbero da sé. Bisogna che sappia quale è stato il movente. L'amore? Non credo. Gli innamorati non giungono a commettere un delitto per il loro ideale, nella Fergus Hume
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vita reale. Questo può succedere sul palcoscenico. Il furto? No, perché la vittima aveva del denaro nelle tasche. Una vendetta? Questo potrebbe darsi, perché è una di quelle passioni che spingono gli uomini più lontano di quanto essi vorrebbero. Quello che è certo è che alla vittima non è stata usata violenza, infatti i suoi abiti non erano in disordine, anzi, a proposito di abiti, bisogna che io cominci le indagini con l'osservare più attentamente quelli del morto. Dopo aver compiuto la sua toeletta e aver consumato un leggero pasto, andò al posto di polizia, dove richiese gli abiti del morto. La giacca e i pantaloni non presentavano nulla di particolare che potesse servire da indizio. Nel panciotto trovò, nell'interno, della parte sinistra, una tasca. - A che può essere servita? - si disse Gorby imbarazzato. - Che io sappia, nei panciotti ordinari non ci sono tasche di questo genere. Un sarto non può averla fatta, perché è fatta troppo male. Se la vittima si era preso la pena di cucire lui stesso questo taschino, era evidente che doveva mettervi qualche cosa di prezioso, così prezioso da non separarsene nemmeno quando si metteva l'abito da sera... toh! vi è una scucitura! Qualche cosa deve essere stata estratta con violenza. La vittima possedeva un documento che l'altro voleva avere. L'ha visto ubriaco, ma non al punto di non opporre resistenza, se avesse voluto. Cosicché l'assassino fu costretto a cloroformizzarlo. Poi, nel timore che la vettura si fermasse, e lui venisse scoperto, ha estratto l'oggetto così violentemente da scucire il panciotto. E' facile immaginare quale possa essere stato l'oggetto in questione, non un monile prezioso, ma un documento. Ecco risolta la seconda domanda. Ora cerchiamo di risolvere la prima. La vittima è uno straniero, poiché è logico che, dopo l'annunciata ricompensa, se vi fosse stata una persona che l'avesse conosciuta, sarebbe venuta al posto di polizia a denunciarla. Non deve avere alloggiato in alberghi o presso pensioni, poiché lo si sarebbe riconosciuto dai connotati riportati dai giornali. L'unica probabilità di sapere dove alloggiava, è di guardare negli avvisi dei quotidiani, se vi fosse un annuncio in merito a qualche scomparsa. È sparito venerdì mattina, e il padrone di casa avrà atteso fino a lunedì, prima di preoccuparsi per l'assenza del suo inquilino, martedì avrà inserito l'annuncio e questo sarà apparso sui giornali il mercoledì. Nei giornali di mercoledì e giovedì non c'era alcun annuncio, ma in uno del venerdì, una settimana dopo il delitto, Gorby lesse il seguente avviso: Se il signor Oliver Whyte non sarà di ritorno a villa Possum Fergus Hume
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Grey Street Saint-Kilda, prima della fine della settimana, il suo appartamento sarà affittato. Rubina Hableton. - Oliver Whyte, e le sigle trovate sul fazzoletto sono O.W.; è evidente, quindi, che il fazzoletto appartiene al defunto, e che questi si chiamava Oliver Whyte. Ecco risposto anche alla prima domanda. Ora, questa Rubina Hableton, sa qualche cosa dell'affare? In tutti i casi - si disse Gorby, mettendosi il cappello - andiamo a fare un giretto dalle parti di Grey Street Saint-Kilda, e a suonare alla porta della villa Possum.
5. Le confidenza della signora Hableton La signora Hableton era una di quelle donne che, quando hanno un dispiacere personale, rimangono indifferenti a qualsiasi flagello possa accadere sulla terra. Il dispiacere della signora Hableton era il bisogno di denaro. Giunta in Australia, in epoca in cui non era difficile far fortuna, non raggiunse questo fine, poiché aveva la disgrazia di essere sposata a un cattivo soggetto. Il defunto signor Hableton, che da molto tempo aveva reso la bell'anima a Dio, si era dedicato, con troppo fervore, a Bacco, e ciò che sua moglie economizzava, lui ripartiva nelle diverse bottiglierie della città. Il caldo clima di Victoria e il veleno giornaliero che ingeriva lo portarono ben presto al cimitero. La vedova, col piccolo gruzzolo che le rimaneva, comperò un pezzo di terreno in Saint-Kilda e vi fece costruire una villetta. Si guadagnava da vivere, cucendo, lavorando come domestica e come balia. Tutte queste occupazioni le procurarono un po' di benessere. - Avrei potuto avere carrozze e gioielli, se non avessi sposato quel disgraziato - diceva sovente. È certo che se Adamo ha maledetto Eva, perché, dopo aver mangiato la mela, venne scacciato con lei dal Paradiso Terrestre, i suoi discendenti si sono largamente vendicati di quel momento di debolezza sulle figlie di Eva. Non c'era quindi da stupirsi se la rispettabile signora Hableton esprimeva la sua opinione sul sesso maschile con questo amaro aforisma: - Gli uomini sono dei bruti. Si sposano e fanno delle loro donne delle bestie da soma, mentre loro rimangono seduti dinanzi a dei boccali di birra Fergus Hume
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e vengono chiamati i re del creato. La villa Possum, senza avere pretese era una graziosa casetta, circondata da un giardino che era là consolazione della signora Hableton. Quella mattina, otto giorni dopo la scomparsa del suo inquilino, la donna stava innaffiando i fiori, facendo delle congetture sul perché di quella sparizione. Alzando gli occhi, si accorse che un uomo la stava osservando. Credette di avere a che fare con un venditore ambulante e gli disse che non aveva bisogno di niente e che poteva andarsene, ma, vedendo che l'uomo non le dava ascolto, la signora Hableton lo fissò con sguardo indagatore. Era un tipo robusto, con un viso gioviale, due occhi grigi e vivi che brillavano come stelle. Vestiva un abito chiaro, con un panciotto bianco, attraversato da una grossa catena d'oro massiccio. La signora Hableton credette che fosse un negoziante e gli chiese che cosa desiderasse. - È qui che abita il signor Oliver Whyte? - chiese lo sconosciuto. - Abitava... da una settimana non lo vedo e se siete uno dei suoi amici, ditegli pure che è un farabutto, ma che stia attento, perché gli farò vedere io che cosa succede a prendermi in giro. Lo sconosciuto attese pazientemente che quello scroscio di parole si fermasse e poi disse: - Avrei da parlare con voi di qualcosa. - Parlate... - Veramente... - fece l'uomo, asciugandosi il sudore e sollevando gli occhi al cielo - vi è un sole... La signora Hableton gli aprì la porta e lo fece entrare in un piccolo salotto modestamente ammobiliato. Lo sconosciuto si sedette su una poltrona, il cui fondo gli sembrò ripieno di pietre tanto era duro. - Potete parlare - disse la signora Hableton che nel frattempo si era tolta dalla testa il fazzoletto, e si era seduta su una sedia di fronte al visitatore. - Il mio nome è Gorby, sono un agente, e desidero vedere il signor Oliver Whyte. - Non è qui. - Lo so. - Poi osservando l'effetto che facevano le sue parole, disse bruscamente - È morto! La signora Hableton divenne pallida, e alzandosi dalla sedia, gridò: - No!... non l'ha ucciso, è vero?... - Chi... non l'ha ucciso... - disse rapidamente Gorby. La signora Hableton ne sapeva più di quanto volesse mostrare di sapere, Fergus Hume
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ma facendo uno sforzo su di sé, si rimise a sedere dicendo: - Non si è ucciso! Gorby la fissò, ma la donna sostenne quello sguardo indagatore senza battere ciglio. - È forte - pensò l'agente - e sa qualche cosa che non vuol rivelare... ma saprò comunque vincere la sua resistenza. Dopo un minuto di silenzio disse: - Oh, no, non si è ucciso. Che cosa ve lo fa credere? La signora Hableton non rispose. Alzatasi, andò verso il piccolo armadio, ne trasse una bottiglia di grappa, e dopo averne bevuto mezzo bicchiere tornò a sedersi. - Bevo raramente liquori - fece, vedendo che l'agente la osservava - ma voi mi avete talmente sconvolta, che ho dovuto ristabilire l'equilibrio dei miei nervi. Che volete sapere da me? - Ditemi tutto quello che sapete - rispose Gorby, fissandola sempre negli occhi. La signora Hableton sembrò impressionata da quello sguardo e divenne più pallida: - Come è morto il signor Whyte? - È stato assassinato, in una vettura chiusa, sulla strada di Saint-Kilda. - Ah! La donna emise un lungo sospiro. Gorby rispettò il silenzio di lei, perché credeva che stesse meditando se dovesse o no parlare. Fu ricompensato di quella discrezione. - Signor Gorby, durante la mia vita, sono stata perseguitata dalla sventura. Ho avuto un marito che era un ubriacone. Non sono disposta a pensar bene degli uomini, ma non avrei creduto che lui fosse un assassino... - Lui, chi? - Non so... Non sono certa... - Che volete dire? - Vi dirò tutto quello che so, se è innocente... che Dio lo protegga. Gorby si avvicinò, per sentire meglio quello che la signora Hableton stava per dire. - Da due soli mesi mi sono decisa ad affittare delle camere. Non è certo una cosa piacevole... Ho messo delle inserzioni sui giornali, e, due mesi fa, il signor Oliver Whyte è venuto da me. Fergus Hume
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- Che tipo di uomo era? - Di media statura, abbronzato, mi ricordo che aveva un neo sulla tempia sinistra, ma lo si vedeva poco, perché era coperto dai cappelli. Mi disse che arrivava allora dall'Inghilterra. Prese in affitto l'appartamento per sei anni, pagandomi una settimana anticipata... disse che aveva molti amici, infatti usciva ogni sera. - Chi erano questi amici? - Non saprei dirvelo. Il signor Whyte disse che stava per sposare una ereditiera... Il solo amico che ho conosciuto era un certo signor Moreland che l'accompagnava sempre e che sembrava volergli bene, come un fratello. - Che tipo era questo Moreland? - Un giovane abbastanza simpatico. I suoi modi corrispondevano al suo aspetto. - Dove potrei trovare questo signor Moreland? - Non saprei. Aveva l'abitudine di venire ogni giorno, ma è più di una settimana che non lo vedo. - Strano, strano... E, di solito, verso che ora viene? - Viene sempre verso sera. - Bene. Allora verrò questa sera, per vedere se mi sia possibile vederlo... Sapete altro, riguardo al signor Whyte? - Circa due o tre settimane fa, un gentiluomo è venuto a far visita al signor Oliver. Vestiva un abito chiaro e mi sembrava una persona per bene. - Ah, portava un vestito da mattina? - No, era in abito da sera, e sopra aveva un soprabito chiaro. - Ah!... Continuate. - Appena entrato, andò difilato nella camera del signor Whyte e chiuse la porta dietro di sé. Io mi trovavo in questo posto, e cucivo, quando udii improvvisamente il tono delle loro voci elevarsi. Andai a vedere che cosa succedeva, e sentii che i due si insultavano, cosa naturale del resto, gli uomini non sono altro che dei bruti. A un tratto, la porta della camera si aprì e il signore uscì subito, seguito da Oliver che si fermò sulla soglia. Il signore in soprabito chiaro era furioso e gridava: "Vi ucciderò... vi ucciderò..." mentre il signor Whyte urlava: "È mia e voi non potete far niente". Allora il visitatore uscì sbattendo la porta, in un modo così energico che la scardinò. Non sono ancora riuscita a racimolare il denaro Fergus Hume
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per farla aggiustare. - E non sapete come si chiamasse quel signore? - No. Era alto, coi baffi biondi. Gorby era soddisfatto. - È il mio uomo - pensò. - Whyte e lui erano rivali dell'ereditiera... - Che cosa pensate? - chiese con curiosità la signora Hableton. - Penso, che, sotto a quest'affare, ci sia una donna.
6. Gorby fa altre scoperte Quando Gorby lasciò la villa Possum, non aveva alcun dubbio sulla persona dell'assassino. Le parole pronunciate, in un momento di collera, dall'uomo dal soprabito chiaro, erano sospette. Rimaneva da sapere chi fosse costui, dove vive, e che cosa avesse fatto la notte del delitto. L'unica persona che, secondo Gorby, fosse in grado di fare un po' di luce su questo misterioso personaggio, era il signor Moreland, l'amico intimo della vittima. Come amico, doveva aver saputo della visita e delle minacce dello sconosciuto, e poteva anche sapere chi fosse l'ereditiera in questione. Quello che lasciava perplesso Gorby, era il fatto che Moreland sembrava ignorare la fine dell'amico, cosa che non si poteva giustificare dal momento che tutti i giornali avevano parlato del delitto, riferendo i connotati del morto. La sola spiegazione plausibile era che Moreland fosse assente da Melbourne. Un giorno o l'altro sarebbe tornato, quindi Gorby decise di andare spesso dalla signora Hableton, e, per cominciare, vi sarebbe andato la sera stessa. Dopo cena, quindi si avviò verso villa Possum. La signora Hableton venne ad aprirgli e invece di farlo entrare nel salotto lo introdusse in una camera da letto che l'agente pensò fosse stata quella raffa01di Whyte. - Vitaiolo e spendaccione - pensò subito Gorby, dopo aver gettato uno sguardo attorno per la stanza. Un uomo che deve aver avuto molti amici, e anche dei nemici. La camera era ammobiliata abbastanza bene. - Bisogna fare le cose molto bene, quando si desidera che dei giovanotti rimangano a pensione, e il signor Whyte pagava bene, benché fosse un po' difficile riguardo alla cucina, perché io non so fare quelle pietanze francesi che demoliscono lo stomaco. Fergus Hume
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Gorby, con le mani nelle tasche, camminava avanti e indietro, osservando tutto. I muri erano tappezzati di fotografie di celebri fantini, di note ballerine di teatri di Londra e di New York, e di stelle cinematografiche, che, certamente, erano state oggetto d'ammirazione da parte del defunto. Anche sul camino ce n'erano molte. Caso strano, tranne le fotografie dei fantini, non si scorgevano visi di uomini. - Amava il bel sesso, a quanto vedo. - Un orrore... Avevo vergogna a spolverarle. Non posso capire come delle donne possano farsi ritrarre così poco vestite... Ma il signor Whyte amava queste fotografie. La donna continuò a inveire contro gli uomini che si danno ai piaceri, rimembrando il defunto marito, ma Gorby si avvicinò alla biblioteca senza fare attenzione a quelle lamentele. La maggior parte dei libri che occupavano le scansie erano romanzi francesi. Stava osservando un romanzo di Zola, quando un colpo secco, battuto alla porta, fece sussultare la signora Hableton. - Deve essere il signor Moreland, perché io non attendo visite, questa sera. Andò ad aprire e, poco dopo, Gorby udì la voce di un uomo che chiedeva di Whyte. - Non è in casa. C'è però nella sua camera un signore che l'attende. Volete entrare? La persona che entrò nella stanza, era un uomo elegantemente vestito, dai capelli biondi, ricciuti, ed i baffi di una tonalità più scura. Dall'aspetto sembrava una persona appartenente all'aristocrazia. - Dov'è questa sera il signor Whyte? - chiese il nuovo venuto, senza degnare di uno sguardo Gorby. - Non l'avete visto in questi ultimi giorni? - fece vivamente il poliziotto. Moreland osservò con sguardo altero per alcuni minuti l'agente e rimase silenzioso, come se fosse in dubbio, se rispondere o no. Si decise a parlare. - Sono rimasto assente da Melbourne, e ritorno solo questa sera, non ho potuto vederlo prima. Perché mi chiedete questo? Gorby non rispose. Fissava il giovane con sguardo scrutatore. Moreland, seccato di non ricevere una risposta alla sua domanda, chiese: - Io non so ancora chi voi siate? - Gorby, agente di polizia. - E che ha fatto Whyte?... Ha forse rapito qualche ragazza?... Non ci Fergus Hume
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sarebbe da meravigliarsene, l'ho avvertito di essere prudente... Gorby scosse il capo. - Sapete dove lo si possa trovare? Moreland si mise a ridere. - Ma, sarà nei dintorni, il suo quartier generale è da queste parti... Ma, infine, si può sapere che ha fatto?... - È morto - disse bruscamente Gorby. Tutta la spavalderia di Moreland sparì di colpo. - Morto! Che volete dire?... - Voglio dire che il signor Whyte è stato assassinato in una carrozza. Moreland guardò l'agente con aria smarrita. - Scusatemi, la testa mi gira... Whyte assassinato!... - Non avete letto i giornali? - Ero in campagna, e solo questa sera, al mio ritorno, la mia padrona di casa mi ha parlato di un assassinio, ma non avrei mai immaginato che si trattasse del povero Whyte... povero ragazzo!... Moreland, commosso oltremodo, si prese la testa fra le mani. Anche Gorby parve colpito dall'evidente dolore che traspariva sul viso del giovane. Infine Moreland, sollevando la testa, disse: - Ditemi tutto quello che sapete. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si tenne la testa fra le mani, durante tutto il tempo in cui Gorby narrò i particolari dell'assassinio. Quando questi ebbe finito il giovane sollevò la testa. - Se fossi stato in città, il delitto non sarebbe avvenuto, perché non abbandonavo mai Whyte. - Lo conoscete da molto tempo? - Lasciai l'Inghilterra sulla stessa nave e non passava giorno senza che venissi a trovarlo. La notte in cui fu ucciso ero stato con lui. Gorby fu stupefatto da quella rivelazione. - A che ora lo incontraste? - Lasciatemi pensare... Erano le nove e mezzo di giovedì, quando ci trovammo all'Hotel d'Orient, nella Burke Street. Abbiamo bevuto, poi siamo andati in un albergo in Russell Street. Credo che fossimo già brilli. Lui ha lasciato l'albergo, qualche minuto prima dell'una di martedì. - E voi cosa faceste? - Io rimasi all'albergo. Whyte aveva dimenticato il suo soprabito,e io mi affacciai sulla porta per chiamarlo. Passò una persona che mi strappò dalle Fergus Hume
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mani l'indumento. Mi ricordo di aver gridato, "al ladro", poi caddi a terra. Mi svegliai alla mattina, sul mio letto, vestito ancora dell'abito da sera, tutto impolverato. Mi cambiai e partii per la campagna. Ecco tutto quello che so. - Non credete che quella sera Whyte fosse seguito da qualcuno? - No. Era di buon umore, benché avesse l'aria annoiata. - Perché era annoiato? Moreland si alzò e andò al tavolo, dove prese l'album delle fotografie. Dopo aver scorso le pagine che contenevano ritratti, simili a quelli che Gorby aveva visto appesi al muro, giunse all'ultima pagina, dove si scorgeva una fotografia molto grande. La porse all'agente dicendo: - Ecco la causa. Era il ritratto di una graziosa ragazza, dai capelli biondi, vestita di bianco, che teneva in una mano una racchetta da tennis. Sullo sfondo vi erano delle piante tropicali. La signora Hableton emise un grido di stupore. - Come? è la signorina Frettby! Lui la conosceva?... - Conosceva suo padre... - Ah! - fece Gorby. - Whyte conosceva Frettby il miliardario... Ma come era in possesso della fotografia della figlia?... - Gliel'aveva donata lei stessa. Whyte era molto innamorato di quella ragazza... - E lei? - Ne ama un altro. Un certo signor Brian Fitzgerald, col quale è fidanzata; Lui è innamorato pazzo di lei, e spesso Whyte e lui litigavano. - Voi conoscete questo Fitzgerald? - No, gli amici di Whyte non sono i miei. Chi è giovane e ricco ha molte conoscenze. Io sono un povero diavolo che l'alta società non riceve. - Ma l'avrete visto qualche volta questo Fitzgerald! Sapreste descrivermelo? - Certo, mi sembra un bel giovane. E' alto, quasi biondo, ha sempre un'aria annoiata... ma voi, dovete averlo visto, - disse volgendosi verso la signora Hableton, - è venuto qui, alcune settimane fa, me lo disse il povero Whyte. - Come si chiama, Fitzgerald? - Certo. Signor Gorby, io me ne vado. Ecco il mio biglietto da visita con l'indirizzo. Sarei felice di potervi essere utile in questo affare, perché Fergus Hume
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Whyte era mio amico. - Non penso sia difficile risolvere il mistero. - Avete dei sospetti? - Ne ho. - E chi credete abbia ucciso Whyte? Gorby rifletté un istante, poi disse: - Ho un'idea. Quando sarò certo di non sbagliarmi, ve la dirò. - Leggo nei vostri occhi che dubitate di Fitzgerald. - Potrebbe anche darsi - fece Gorby ambiguamente.
7. Un re della lana La vecchia leggenda greca di re Mida, che cambiava in oro tutto quello che toccava, è più vera di quanto non si creda. Nel Medioevo, gli alchimisti attribuivano alla pietra filosofale la capacità di compiere questo miracolo; ma nel XIX secolo noi attribuiamo il potere di operare questo cambiamento solo all'uomo e alla sua fortuna. Mark Frettby era uno di questi fortunati mortali e la sua ricchezza era proverbiale in Australia. Tutte le operazioni che intraprendeva avevano successo. Giunse in Australia al principio della colonizzazione, con poco denaro, ma la sua grande perseveranza e la fortuna, che sempre gli arrise, moltiplicarono a centinaia e migliaia di sterline quel piccolo capitale, ed ora, all'età di quarantacinque anni, lui non sapeva a quanto ammontasse la sua fortuna. In tutte le colonie di Victoria aveva delle tenute immense e riceveva i suoi amici in una magnifica casa, nelle vicinanze di Saint-Kilda, che non aveva nulla da invidiare a Park Lane. Aveva una moglie graziosa e una figlia adorabile, che attirava una folla di pretendenti. Ma Madge Frettby era capricciosa, e teneva alla sua libertà. Ma giunse infine anche per lei il principe azzurro. Era un giovane biondo che giungeva dall'Irlanda e che si chiamava Brian Fitzgerald. Aveva lasciato, nella madre patria, un castello in rovina, e dei contadini che, perché affiliati alle leghe socialiste, non volevano pagare l'affitto delle terre che avevano in consegna. Venne in Australia a cercare fortuna, e aveva delle lettere di presentazione per il milionario Frettby. Questi lo aiutò nell'acquisto di Fergus Hume
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terre e in poco tempo, Fitzgerald si trovò ricco. Cominciò allora a fantasticare e a fare dei progetti su quello che avrebbe fatto, ritornando in patria. Avrebbe riportato il suo castello allo splendore primitivo, e i contadini, sottomessi, gli avrebbero innalzato degli archi di trionfo al suo arrivo. Avendo quindi ricostruito il suo castello nella mente, Fitzgerald pensò a dargli una castellana, e, questa volta, la realtà prese il posto della fantasia. Si innamorò di Madge Frettby. Questa, dopo avere civettato per un adeguato periodo di tempo, non seppe resistere all'impetuoso irlandese e gli disse, con un sorriso, che non avrebbe potuto vivere senza di lui. Non c'era altro da fare che andare dal padre e chiedergli la mano della figlia. Ma un avvenimento imprevisto venne a ritardare quella decisione. Un giorno la carrozza nella quale si trovava la signora Frettby si rovesciò, il cocchiere rimase ferito, ma la signora morì sul colpo. Il miliardario si ritirò nella propria camera e, per molti giorni, non volle vedere nessuno. Quando ritornò alla vita attiva, non era più lo stesso uomo. Solo la vista della figlia lo tratteneva da qualche atto sconsiderato. Avrebbe desiderato riposare accanto alla diletta moglie nel tranquillo cimitero. Quando Brian decise di rivolgersi al miliardario per ottenere la mano della figlia, sorse un altro impedimento, e, questa volta, per parte di un rivale. Sbarcava dall'Inghilterra, con lettere di raccomandazione per il miliardario, che l'accolse con la sua consueta ospitalità. Questo gentiluomo si chiamava Oliver Whyte. Subito Brian, come del resto anche Madge, provarono per lui dell'avversione, nonostante le sue maniere affabili, e i suoi modi insinuanti. Whyte finse di non notare la freddezza con la quale la ragazza lo accoglieva. Dopo qualche tempo le chiese se volesse divenire sua moglie e, nonostante il rifiuto della giovane, parlò al padre. Contrariamente alle previsioni, il signor Frettby accolse in modo favorevole la domanda di Whyte, e disse alla figlia che sarebbe stato ben contento di vederla sposata a un tale uomo. Sentendosi sostenuto dal padre, Whyte incominciò a trattare con insolenza Brian. Il giovane irlandese ebbe un giorno una violenta discussione con Whyte e giurò che l'avrebbe ucciso, se avesse sposato Madge. Fitzgerald ebbe la sera stessa un colloquio con il signor Frettby, e lo Fergus Hume
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scongiurò di non voler spezzare i loro cuori. La ragazza unì le sue preghiere a quelle del giovane, e il vecchio fu incapace di resistere e acconsentì alla loro unione. Whyte si era allontanato da Melbourne per qualche giorno, e al suo ritorno apprese della decisione del miliardario. Andò a chiedere spiegazioni e, quando ebbe sentito, dalla bocca del signor Frettby, la triste verità, diede in escandescenze e se ne andò, giurando che mai più avrebbe messo piede in quella casa. Fu profeta, perché quella notte stessa fu ucciso! I due innamorati non sospettarono mai che il morto trovato nella carrozza fosse Oliver Whyte. Due settimane dopo il delitto, il signor Frettby diede un gran ricevimento, per festeggiare l'onomastico della figlia. La serata era magnifica, e dalle ampie finestre del salone entrava la brezza dell'Oceano, con i suoi profumi. Tra le piante tropicali si intravedeva la folla degli invitati che sedevano a tavola. Il signor Frettby, quella sera, era di buon umore e beveva più del solito. Brian, che si trovava seduto in faccia alla sua diletta, le rivolgeva continui sorrisi. Si era già alla prima portata, quando giunse un ritardatario. Era un giovane chiamato Felix Rolleston, bel ragazzo che frequentava le migliori case di Melbourne e sapeva tutto quello che succedeva in Australia e nel mondo intero. Non vi era scandalo, o pettegolezzo che lui non venisse a sapere per primo. Di tanto in tanto scriveva articoli sui giornali. Si scusò del suo ritardo, e, come al solito, tutti si attendevano che raccontasse qualche notizia inedita. Difatti annunciò solennemente che era stato identificato l'uomo trovato assassinato nella carrozza. - Che sarebbe Whyte? - disse Brian. - Come diavolo fate a saperlo? - rispose Felix, un po' seccato di vedere sfumare il successo della sua rivelazione. - Oh, non è difficile da indovinare, - disse Brian un po' confuso. - Ho l'abitudine di incontrare Whyte tutti i giorni, e ora da circa due settimane non lo vedo. - Chi l'ha riconosciuto? - chiese il signor Frettby. - Uno di quei mastini... un agente. - Mi dispiace molto, aveva una lettera di presentazione per me, e mi era sembrato un bravo giovane. - Un losco individuo - mormorò tra i denti Felix, e Brian che l'intese fu Fergus Hume
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della sua opinione. Fino al termine del pranzo la conversazione si aggirò sul morto e sulle cause che potevano aver spinto l'assassino a commettere il delitto. Solo Brian, in disparte, non si interessava alla discussione. Aveva innanzi il bicchiere ancora pieno e non si decideva a portarlo alle labbra.
8. Brian fa una corsa a piedi e una in carrozza Quando gli uomini passarono dal fumoir, dove erano andati, al salone dove si trovavano le signore, una fanciulla stava suonando al pianoforte uno di quei pezzi di musica chiamati "da camera", che servono a rendere nevrasteniche anche le persone più calme. Il pezzo era intitolato Al di sopra del muro del giardino, ed in quel momento i pedali del piano terra abbassati, e si udiva un frastuono di sibili e colpi. - Accidenti - fece Felix - chi è che scala un muro in questo modo? Dopo aver mormorato quel complimento, Felix si avvicinò alla pianista e si accorse che la fanciulla era un'ereditiera, alla quale lui faceva da lungo tempo la corte, nella speranza che si decidesse a dividere con lui il nome dei Rolleston. - Che potenza! Che elasticità - la complimentò, sedendosi in una poltrona, e pensava come avessero fatto le corde del pianoforte, a resistere a quell'ultima esplosione. - Ci avete messo tutta l'anima!... E anche i vostri muscoli, per Giove! - aggiunse sottovoce. - E' solo una grande pratica, sapete. Studio quattro ore ogni giorno. Fece la ragazza arrossendo per il complimento. - Dio Mio! Che delizia per la famiglia! - pensò Felix. Ma si tenne quell'osservazione, e, guardando il piano, disse: - Come devi essere felice!... La signorina, non trovando una risposta a quell'esclamazione, abbassò gli occhi, mentre Felix la guardava sospirando. In un angolo del salone, Madge e Brian parlavano della morte di Whyte. _ È orribile pensare che sia morto a quel modo! - Non so - rispose Brian - dicono che la morte causata dal cloroformio sia dolce... - La morte non è mai dolce, specialmente per un giovane pieno di forza e Fergus Hume
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di salute come era il signor Whyte. - Si direbbe che piangiate la sua morte? - E voi, no? - Lo detestavo quando era vivo, e non vorrete che lo pianga ora che è morto. Madge non rispose, sollevò gli occhi e fu stupita di vedergli sul viso quell'aria di sofferenza. - Non vi sentite bene? - Non è nulla - rispose il giovane precipitosamente. Poi si alzò, prendendola sotto braccio. - Usciamo, sento vostro padre che invita quella signorina a cantare. Ha una voce che mi ricorda il fischio di una locomotiva. La signorina era Julia Featherweigh, sorella dell'innamorata di Rolleston. Giunti all'aperto, Madge si appoggiò alla balaustra, guardando la notte stellata. In lontananza, dei passanti rallentavano per ascoltare il canto di Julia che da lontano, poteva passare per buono. Un uomo, specialmente, sembrava particolarmente interessato a quel canto perché ogni volta che Madge alzava gli occhi lo vedeva immobile al medesimo posto. - Che vorrà quell'uomo, Brian? - Che uomo? - fece questi trasalendo. - Oh! Forse la musica l'interessa. Ora l'uomo aveva attraversato la strada, fino al marciapiede di fronte. Madge non fu persuasa che fosse solo la musica che attraeva l'attenzione di quell'individuo. Avendo Julia terminato di cantare, disse a Brian di rientrare, ma questi, che era seduto comodamente in una poltrona fumando una sigaretta, disse che si trovava tanto bene in quel luogo che non aveva voglia di allontanarsene. - Voi potete rimanere, ma io devo andare dai miei invitati. - Con un gaio sorriso rientrò. Fitzgerald continuò a fumare. L'uomo, nella strada, rimaneva immobile, fissando sempre la veranda. - Che qualcuno mi abbia visto - fece Brian gettando il mozzicone di sigaretta. - Maledetto quel Whyte, e il giorno in cui l'ho conosciuto... Gettò uno sguardo all'uomo immobile, poi rientrò nel salone. Si sarebbe sentito male, se avesse saputo che colui che l'osservava era uno dei più abili agenti di Melbourne. Gorby, dal principio della serata, era di guardia davanti alla porta della Fergus Hume
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casa del signor Frettby. Siccome Moreland non aveva potuto dargli l'indirizzo di Fitzgerald, aveva deciso di attendere l'uscita di costui e seguirlo. - Se è il fidanzato, se ne andrà per ultimo, quindi attenderò fino alla fine. Quando Brian era giunto alla casa del futuro suocero indossava un soprabito chiaro ed un cappello floscio. - O è un furbo matricolato, e anche in questo caso sbaglia, oppure è pazzo, a mostrarsi con lo stesso abito che indossava la sera che ha regolato i suoi conti con Whyte. Qui non siamo né a Londra, né a Parigi. Vedremo che faccia farà, quando gli metteremo le manette. Accese la pipa e attese. La sua pazienza venne messa a dura prova. Fumò parecchie pipe, prima che Madge e Brian uscissero sulla veranda. Non gli sfuggì l'insistenza con la quale il giovane lo guardava, quando la ragazza rientrò nella sala. - Ah, ah - fece Gorby. - La tua coscienza non è tranquilla... Aspetta di essere in prigione e poi mi dirai quello che pensi... Finalmente gli invitati cominciarono ad andarsene, e per ultimi, scesero il signor Frettby e Brian, che dava il braccio a Madge. Il vecchio salutò cordialmente Fitzgerald, la fanciulla lo abbracciò. Tutti e due gli raccomandarono di tornare presto a far loro visita. - Se sapeste quello che so io - mormorava Gorby - non sareste così gentili. Brian, passando davanti all'agente, continuò la sua strada arrestandosi all'albergo de L'Espanade. Si fermò sulla veranda a osservare il cielo che, in quella sera, era veramente magnifico. Accese una sigaretta e si diresse verso l'argine. - Ohi, non penserai a toglierti la vita? - fece Gorby vedendolo avanzare verso l'alta rupe. - Te lo voglio impedire. Quando raggiunge il giovane, questi stava appoggiato al parapetto, fissando le acque oscure. L'agente lo sentì mormorare: - Povera ragazza... povera ragazza... Se lei sapesse!... Si fermò bruscamente. Aveva inteso il rumore dei passi di Gorby. Si volse e rivolto all'agente che si era fermato disse in tono iroso: - Che diavolo volete? Seguirmi, in questo modo, per tutta la notte?... - Mi ha visto sorvegliare la casa - pensò Gorby, poi ad alta voce: - Ma io non vi seguo. Credo che la spiaggia sia proprietà pubblica, e quindi posso come voi usufruirne. Fergus Hume
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Fitzgerald, senza rispondere, si volse, allontanandosi precipitosamente. Mentre camminava gli venne un pensiero, guardò l'orologio e vide che era ancora in tempo per prendere l'ultimo treno. Si era seduto in uno scompartimento e mancavano pochi secondi alla partenza, quando vide un uomo entrare di corsa nella stazione e saltare nello scompartimento vicino al suo. Era la persona che lo aveva seguito sulla spiaggia. - Che il diavolo lo porti! Mi segue per sapere dove abito. Fu preso dalla paura e per sua fortuna era solo nello scompartimento, perché, nelle condizioni di spirito in cui si trovava, parlava a voce alta. Dopo alcuni minuti si calmò e trovò delle giustificazioni alla presenza di quell'uomo alle sue calcagna. Giunto alla stazione di Melbourne, scese guardandosi attorno. Non vide nessuno che somigliasse all'inseguitore. Ma Gorby non lo perdeva di vista. Seguì Brian lungo il marciapiedi, e quando prese una vettura lui fece altrettanto. Il giovane si diresse verso Russell Street e fece il giro del monumento di Burke e Will, dove si era fermato la sera del delitto. - Ah, ah! - fece Gorby. - Senti il bisogno di ricordare... io al tuo posto lo eviterei... è troppo pericoloso. La vettura del giovane si diresse quindi verso Powlett Street, ma, invece di fermarsi subito, come pensava Gorby, si mise a girare nelle viuzze, come se il passeggero non avesse alcuna voglia di andare a dormire. - Dite, signore - fece il cocchiere di Gorby. - Si deve continuare ancora molto a questo modo? Il mio cavallo è vecchio e non può più camminare. Continua, che ti pagherò bene! Erano in via Fitzroy, ancora, finché la vettura di Brian si fermò all'angolo di Collins Street. Il giovane scese, pagò la corsa e infilò una via nelle adiacenze del Tesoro. - Che il cielo ti schianti - bestemmiò l'agente vedendolo scomparire. Scese, pagò la corsa per un importo abbastanza alto, ma non aveva tempo di discutere, quindi ricominciò l'inseguimento. Entrando in un giardino pubblico scorse Fitzgerald che camminava davanti a lui. La notte era abbastanza chiara, perché lui potesse tenerlo d'occhio. Attraversarono una via fiancheggiata da statue rappresentanti personaggi della mitologia greca. Attraversato il ponte, Brian raggiunse Wellington Parade, ed entrò in Powlett Street, fermandosi innanzi ad una casa, con grande soddisfazione di Gorby che era, come Napoleone, "grasso e un po' corto di fiato". Vide il giovane gettare un ultimo sguardo attorno, prima di entrare nella casa. Gorby annotò il numero civico, e si ripromise Fergus Hume
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di venire l'indomani a investigare e a chiedere alla padrona a che ora fosse rientrato il signor Fitzgerald, la sera in cui era stato commesso il delitto. Se era come lui pensava si sarebbe fatto dare un mandato d'arresto, e avrebbe condotto in prigione il suo pollo.
9. Gorby è soddisfatto Malgrado la corsa a piedi e in vettura, Brian quella notte non poté chiudere occhio. Pensava a Whyte! Verso il mattino, si assopì in un sonno pesante. Sognò di trovarsi in una carrozza, a fianco di Whyte che era ricoperto di un sudario candido. Whyte si lamentava con gemiti strazianti. Ad un tratto la carrozza precipitò in un burrone e lui... si svegliò madido di sudore. La doccia fredda calmò un poco i suoi timori e le sue paure. Vide riflessa nello specchio una figura strana, pallida, con gli occhi cerchiati. - Se devo continuare ancora molto tempo in questo modo... chi sa dove andrò a finire. Maledetto Whyte! Per quanto si sforzasse di apparire disinvolto, la sua padrona di casa non poté fare a meno di notare che il viso del giovane portava i segni delle sofferenze della notte. Era una donnina piccola, così asciutta che avrebbe dovuto rimanere almeno un anno nell'acqua per ammorbidirsi un poco. Ad ogni movimento che faceva, sembrava vedere uno degli arti staccarsi dal tronco, e pareva che le ossa scricchiolassero. Entrò nella camera di Brian, portandogli L'Argus. - Dio mio! Che avete, signorino? - Niente. Ho dormito male stanotte. - Voi avete bisogno di una cura che vi doni un po' di sangue. Chi sa lei, poverina, che cura avrebbe dovuto fare per riempire le sue vene di sangue! Gli versò una tazza di caffè e uscì. Quando la donna fu uscita, lui sorrise dei rimedi che tutti i giorni gli suggeriva. Dopo aver bevuto il caffè, diede uno sguardo al giornale e sussultò. - Sono sulle mie tracce... Che quell'uomo di ieri sera?... È impossibile... mi ha perduto di vista... Forse farei meglio ad andarmene per qualche giorno da Melbourne... No, non farei che aumentare i sospetti. Ah, Madge, mia cara... come soffro... se tu lo sapessi, avresti pietà di me... ma non saprai mai la verità, mai! Fergus Hume
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Suonò il campanello e alla signora Sampson che apparve disse che andava a Saint-Kilda, e che per tutto il giorno sarebbe rimasto assente. - Oggi condurrò qui a prendere il tè, il signor Frettby e sua figlia. Cercate di fare del vostro meglio. - State tranquillo, che vi farò trovare del tè e dei pasticcini, come li faceva mia madre, la quale ebbe la ricetta da una signora inglese. Sapete, mia madre faceva l'infermiera, e aveva l'abitudine di farsi carico delle malattie dell'infermo che curava... Brian uscì, senza ascoltare la continuazione della storia della vecchia. Questa andò alla finestra e lo seguì con lo sguardo. - Così bello e così giovane! E pensare che un giorno anche lui sarà un putrido cadavere, che verrà roso dai vermi... Ehi, che state facendo - gridò rivolta ad un omone che suonava il campanello. - Avete scambiato quella campana per una pompa! Il signore che era alla porta, Gorby, non sentì quello che la donna diceva, quindi non rispose. L'agente aveva visto uscire Brian e non perdeva un istante per continuare le sue indagini. - Non vedete che mi avete ammaccato il campanello?... - Faccio le mie scuse - rispose dolcemente Gorby - un'altra volta busserò. - No, no. Non vi è alcun batacchio e rovinereste la vernice che si trova sulla porta. L'ha messa il cugino di mia madre, il quale, non faccio per dire, è uno specialista nel campo... - Dite, abita qui il signor Fitzgerald? - Sì, ma è uscito e non rientrerà che nel pomeriggio. Quindi, ritornate. - Vorreste accordarmi dieci minuti di colloquio? - Che cosa avete da dirmi? - Ve lo dirò quando saremo in casa. La donna, dopo averlo scrutato attentamente, trovatolo di suo gradimento, lo condusse al primo piano. Mentre salivano, il rumore prodotto dal movimento delle giunture della vecchia, faceva stupire Gorby, che si meravigliava come quella carcassa rimanesse ancora in piedi. - Hanno bisogno di essere oleate... Indotto il visitatore nella sala dell'appartamento di Brian, la signora Sampson disse: - Spero che non sarà per il pagamento di qualche fattura... il signor Fergus Hume
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Fitzgerald ha molto denaro, e può darsi che si sia dimenticato qualche conto... certo se avesse la memoria della zia di mia madre che... - Non si tratta del pagamento di fatture - l'interruppe l'agente - desidero avere soltanto qualche informazione sul modo di vivere del signor Fitzgerald. - E perché? Sareste per caso uno di quei giornalisti che mettono tutto quello che dovrebbero tacere sui loro giornali?... Mio marito che faceva il tipografo in un giornale, che poi è fallito... - Sono un agente d'assicurazione. Il signor Fitzgerald desidera stipulare un'assicurazione sulla vita presso la nostra compagnia, e noi, prima di accettare, dobbiamo conoscere le sue abitudini, sapere se ha malattie ereditarie... - Sono contenta di poter essere di aiuto al signor Brian. L'assicurazione sulla vita è una buona cosa. Ah, se mio marito l'avesse fatta!... Ora, poi, il signor Fitzgerald sta per sposarsi e, per quanto mi dispiaccia perdere un signore così puntuale nei pagamenti, e... - Conduce una vita regolare? È sobrio nel bere? - Non dico che appartenga all'Esercito della Salvezza, no. Ma non l'ho mai visto ubriaco, ed è sempre capace di aprire la porta da solo, la notte, quando rientra. - Entra qualche volta tardi la notte? - No, ritorna sempre prima di mezzanotte. Dico prima di mezzanotte per modo di dire, perché l'unica pendola che si trova in casa ha bisogno di essere riparata. - Allora è sempre ritornato prima di mezzanotte - disse Gorby un po' disilluso. - Ecco, siccome io ho il sonno molto leggero, così l'ho inteso alcune volte rientrare anche dopo mezzanotte. Giovedì scorso, per esempio... - Ah! Gorby respirò più liberamente. Era la notte del delitto, quella in cui era rientrato oltre la mezzanotte... - Sicuro... quel giorno avevo fatto il bucato, e mi prese un forte mal di capo. Scesi nella cucina per prepararmi un cataplasma, secondo la ricetta di un medico che ho conosciuto, e che ora ha una numerosa famiglia, essendosi sposato molto giovane... quando sentii aprire la porta e vidi il signor Fitzgerald entrare. - Non sapreste dirmi che ore fossero? Fergus Hume
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- Ho appunto guardato l'orologio della posta, e vidi che faceva le due meno cinque minuti. Gorby fece alcuni calcoli sul tempo che aveva impiegato quella sera Brian e disse: - Dovete aver ragione. Girò attorno uno sguardo e chiese se era quello il salotto del signor Fitzgerald. - Certo e potete vedere come è ammobiliato. Che lusso! Certo ho dato io dei consigli, perché il giovane non ha molto gusto... A proposito, se voi avete degli amici che desiderino prendere in affitto un appartamento, io ne ho uno migliore di questo... La mia casa ha molte referenze, la cucina è ottima... - In quel momento suonò il campanello e la signora Sampson lasciò la stanza. Gorby ne approfittò per dare un'occhiata all'ambiente. Sperava di trovare, non il documento, che Brian aveva levato dal taschino del panciotto della sua vittima, ma almeno l'altro guanto. Non trovò nulla. Allora si recò nella camera da letto, e la prima cosa che vide fu una fotografia, del tutto identica a quella che aveva visto nella camera di Whyte. - E voi, buona fanciulla, che avete avuto il torto di dare, contemporaneamente, a due giovani violenti il vostro ritratto... avete visto il risultato della vostra civetteria?... Uno è morto, e l'altro... Si fermò bruscamente, aveva scorto appeso dietro l'uscio, il soprabito chiaro ed il cappello floscio. - Vediamo che cosa c'è nelle tasche... In una trovò un paio di guanti ed un programma teatrale, nell'altra ebbe la soddisfazione di trovare il guanto di pelle bianca simile a quello che era stato trovato indosso al morto. Gorby lo fece scivolare nella sua tasca. Cercò ancora, nella speranza di trovare la bottiglia di cloroformio che era servito per avvelenare Whyte, ma le sue ricerche furono inutili. Avvertì i passi della signora Sampson che saliva. Rientrò nel salotto. - Era un venditore cinese che voleva vendermi delle carote. A me delle carote!... E voleva uno scellino... - Avete detto che il signor Fitzgerald verrà a casa questo pomeriggio? - Certo, ha invitato per il tè il signor Frettby e sua figlia. - Allora è inutile che l'avvisiate della mia visita. Verrò anch'io questo Fergus Hume
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pomeriggio. Arrivederci. - Tutto il mio defunto padre - si disse la donna quando ebbe ricondotto l'agente alla porta. - Anche lui era grosso così. Forte mangiatore... io sono come mia madre e come tutte le donne della mia famiglia... e ne siamo fiere. Salì a mettere in ordine la camera di Brian, mentre Gorby si avviava al posto di polizia per farsi rimettere il mandato di arresto, sotto l'accusa dell'assassinio di Oliver Whyte, contro Brian Fitzgerald.
10. In nome della Regina La giornata era calda. Dopo alcune settimane piovose, quel calore solare era accolto con entusiasmo. Tutto il mondo elegante di Melbourne passeggiava al Block, Colline Street. Il Block della città Australiana corrispondeva al Broadway di New York, al Regent's Street e al RottenRow di Londra, ed ai Boulevard di Parigi. Ci si andava per mostrare i nuovi modelli, per fare dei pettegolezzi, per salutare gli amici e calunniare i nemici. Le vetture procedevano lentamente, i mercanti dimenticavano gli affari, gli avvocati lanciavano degli epigrammi alle signore che con stoico coraggio rimanevano sulla breccia della giovinezza. Madge Frettby era occupata a fare delle compere, mentre Brian, che l'attendeva sulla porta dei negozi, osservava il flusso umano che serpeggiava nella via. Non credo vi sia una corvée più faticosa di quella dell'amico, o del marito, che attende, dinanzi a un negozio, che la donna che l'accompagna termini di fare le compere. A volte, lui pensa che la signora debba comperare tutta la merce che esiste nel negozio, perché i dieci minuti richiesti per quella bisogna divengono ore... Brian doveva sopportare quella tortura e, benché la sopportasse con evidente rassegnazione, poiché era innamorato, non poteva fare a meno di rimpiangere il suo circolo, dove poteva rimanere comodamente seduto a fumare e a sorbirsi bevande ghiacciate... Quando finalmente Madge dopo aver acquistato una dozzina di articoli nuovi, si ricordò del giovane che l'attendeva, chiese all'innamorato se si fosse fatta attendere molto. Fergus Hume
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- No, mia cara. Solamente una mezz'ora. - Credevo fosse di più... avrete sofferto ad attendermi... - Ma no, mi sono divertito molto. - Vi burlate di me - rispose la ragazza, mentre Brian l'aiutava a salire nella vettura - voi vi credete obbligato a dire così, ma io sono sicura di non essere rimasta nel negozio più di dieci minuti. - E il resto - pensò Brian. La ragazza ordinò al cocchiere di andare al circolo a prendere il signor Frettby, per poi passare a casa di Brian a prendere il tè. Com'era dolce per Fitzgerald ascoltare il cinguettio della fanciulla! Com'era bella! Lui, per quei minuti, dimenticava tutta la noia di quelle ultime ore... Passando innanzi al monumento di Burke e Will, Madge fece osservare al compagno che in quel posto Whyte era salito sulla carrozza. - Che dicono i giornali?... - Brian cercava di dare alla propria voce un tono indifferente. - Sono sulle tracce del presunto assassino, di quell'individuo del soprabito chiaro e dal cappello floscio... Guarda che combinazione... era vestito come voi... - Vestito come lo sono i nove decimi dei giovani di Melbourne. La ragazza notò delle inflessioni strane nella voce del giovane. Stava per segnalarglielo quando la vettura giunse al circolo. Sulla soglia della sala di lettura, Brian, che era salito a cercarlo, scorse il signor Frettby. - Se non vi dispiace, venite a prendere il tè a casa mia? - A quest'ora? - Che c'è di strano? Siete rimasto a fumare fino ad ora? - Veramente stavo leggendo le ultime notizie sul delitto della carrozza chiusa. - Ma, non riesco a capire, come possiate provare un così grande interesse per un fattaccio simile... Il vecchio era intento ad accendere un sigaro e non sentì quell'osservazione fuori posto. La signora Sampson fu stupita di vedere giungere gli invitati ad un'ora che non era quella in cui di solito si prende il tè. - Come posso fare... colta così alla sprovvista... ho lasciato spegnere il fuoco, e in casa non ho pasticcini, bisogna che si accontentino di pane Fergus Hume
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imburrato... - Ci accontenteremo, signora Sampson - fece Brian. Madge preparò il tè. Il giovane la seguiva con occhi innamorati, e pensava che, se la ragazza avesse saputo quello che lui aveva fatto, non sarebbe rimasta così tranquilla e fiduciosa al suo fianco. Anche il vecchio Frettby osservava con aria pensosa la figlia, e la sua mente volava alla sposa adorata. - Come siete divertenti - disse Madge, porgendo loro le tazze col tè. Papà sospira come un mantice, e Brian mi guarda con occhi tristi. Sembrate dei rappresentanti della Melanconia! - Sapete il latino, mia cara? - le disse Fitzgerald. - No, no. Non l'ho mai voluto imparare. Sono sempre stata del parere di Henry Heine, il quale diceva che se i Romani avessero dovuto apprendere il latino, non avrebbero avuto il tempo di conquistare il mondo. Discorrevano allegramente, e il tempo passava. Brian aveva espresso il desiderio di condurre Frettby e sua figlia a cena a Saint-Kilda, e, in seguito andare a vedere i fuochi d'artificio al Block. Si erano già alzati, e Madge stava mettendosi i guanti, quando si intese suonare alla porta, e la voce della signora Sampson che gridava: - Signori, voi non potete entrare. La casa di un inglese è sacra. Voi violate la legge, e inoltre mi sporcate i tappeti... Una robusta voce d'uomo le rispondeva, poi si udì qualcuno salire. Fu spalancata la porta e Gorby, seguito da un altro signore, entrò. Fitzgerald impallidì. Comprese subito che i nuovi venuti cercavano lui. Gorby si avanzò verso il giovane e, ponendogli una mano sulla spalla, disse: - Brian Fitzgerald, in nome della Regina, vi dichiaro in arresto. - Perché? - chiese Brian che, nel frattempo, aveva ritrovato la calma. - Perché siete accusato di assassinio, nella persona di Oliver Whyte. Madge lanciò un grido: - Non è vero...! Non è vero...! Brian non disse parola. Era pallido come un cadavere. Tese le mani al rappresentante della legge. Rivolto quindi verso la fanciulla, che rimaneva come istupidita, le disse: - Madge... vado in prigione... forse alla morte... Ma vi giuro, su quanto sia di più sacro, che non sono responsabile di questo delitto... - Mio adorato! - Stava per avanzarsi verso di lui, quando il padre le si pose davanti: Fergus Hume
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- Fermati. Non c'è più nulla tra noi e questo uomo. - T'inganni, io l'amo, ora, più di quanto non l'abbia mai amato! E prima che suo padre la potesse trattenere, gettò le braccia al collo del giovane: - Amore - gli disse, con voce spezzata dai singhiozzi; - La gente può dire di voi quello che crede, per me, siete ciò che ho di più caro. Mentre Gorby accompagnava fuori Fitzgerald, la fanciulla cadeva svenuta ai piedi del padre.
11. L'avvocato del prigioniero Alle tre e mezzo fu arrestato, e alle cinque tutta Melbourne era informata della cosa. I giornali della sera fecero enormi affari e l'Herald uscì in parecchie edizioni. Brian Fitzgerald era uno dei giovani più ricchi e più eleganti di Victoria. Frequentava l'alta società, ed era amato da tutti. Si può immaginare, quindi, la sensazione prodotta dall'annuncio del suo arresto, quale assassino di Oliver Whyte. L'Herald fu il primo ad ottenere particolari sull'arresto, ed uscì con un articolo di fondo, il cui titolo era stampato a grossi caratteri. IL DRAMMA DELLA CARROZZA CHIUSA Arresto del presunto assassino! Stupefacenti rivelazioni nell'alta società Non vi è bisogno di dire che qualcuno dei cronisti aveva lasciato campo libero all'immaginazione, ma il pubblico crede a ciò che raccontano i giornali come si trattasse di precetti evangelici. Il signor Frettby, l'indomani dell'arresto, tentò di convincere sua figlia a partire con lui per la loro casa di campagna, sino a quando si fosse calmata un poco la curiosità del pubblico. Ma la ragazza rifiutò energicamente. - Non voglio abbandonarlo, ora che ha bisogno del mio aiuto. Mi ha dato la sua parola che non è colpevole, e io gli credo. - E allora provi la sua innocenza. Se non salì con Whyte nella vettura, certo deve essersi trovato in qualche altro luogo. Lo dica... - È rimasto con noi sino alle undici... Fergus Hume
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- E il venerdì mattina, dove si trovava?... - Poi Whyte se n'è andò da casa nostra, molto prima di Brian e tu lo puoi ricordare. - Questo è vero, ma potrebbe anche darsi che dopo si siano rivisti. - Io credo a Brian... Sono convinta della sua innocenza... Anche tu ti metti contro quel poveretto... Gli occhi della ragazza erano pieni di lacrime. - Mia piccola, calmati. Io non dico che sia innocente, né colpevole. Tutto quello, però, che posso fare per salvarlo, lo farò. Ho incaricato Calton di difenderlo, e tu sai che non c'è avvocato più abile di lui... - Papà mio - gridò la ragazza gettandosi nelle braccia del padre. - So che tu non abbandonerai il mio fidanzato... Durante questo tempo, Brian nella prigione di Melbourne meditava tristemente sulla sua posizione. Non vedeva che un solo mezzo di salvezza, e questo mezzo non voleva usarlo. - È meglio che l'ultimo dei Fitzgerald muoia sulla forca, come un volgare assassino, che dire la verità a quella piccola... la ucciderebbe! Non posso neanche prendere un avvocato, perché vorrà sapere dove ero io quella notte... No, no, è impossibile! Si gettò sul letto, prendendosi la testa fra le mani. Udì la porta aprirsi e vide entrare Calton. Duncan Calton era un avvocato conosciuto; ma la sua fama era soltanto locale; lui che, oltre ad essere un grande amico di Frettby, vedeva in questo processo la gloria per sé, aveva preso subito in considerazione la proposta del miliardario. Avanzò con la mano tesa verso Brian. - Vi ringrazio di essere venuto a trovarmi in una circostanza come questa - gli disse il prigioniero. - È naturale, io vengo un po' per conto mio ed un po' per conto del signor Frettby. - Il signor Frettby! - ripeté Brian. - Non mi crede colpevole? - Un uomo non deve condannare un suo simile prima che ne sia accertata la colpevolezza. - E Madge? - È convinta della vostra innocenza, e non vuole sentire dire il contrario. - Dio la benedica, quella cara fanciulla! Fergus Hume
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- Ora parliamo un po' d'affari. È inteso che mi volete come avvocato? - Per far che? la corda è già attorno al mio collo... - Che bestialità! Le corde non sono mai sul collo fino a quando non si è sul patibolo. A ogni modo, vogliate o no, sarete difeso. Io non conosco i fatti, almeno se non come sono riportati dai giornali. Sono convinto della vostra innocenza, e desidero che voi la dimostriate, non fosse altro che per quella poverina che vi ama e che ha fiducia in voi. Brian non rispose. Tese solo la mano all'avvocato, che la strinse con calore. - Non vi nego - cominciò Calton - che ci sia un interesse particolare nella mia difesa. È orgoglio professionale. Ora, quando saremo riusciti a tirarvi fuori da questa prigione, cercheremo insieme il vero colpevole, e vi assicuro che ci sarà da divertirsi. - Sono del vostro parere... ma io non ho difese da portare. - Non avete difese? Non vorrete dirmi che siete voi l'assassino? - No, ma vi sono circostanze che mi impediscono di difendermi. - Che sciocchezze, come se vi fossero delle circostanze che possono impedire di salvare la vita a un uomo. Andiamo, rispondete alle domande che vi farò. - Non ve lo prometto. - Incominciamo - fece l'avvocato , allegramente. - Dove siete stato la notte del delitto? - Non ve lo posso dire! - Sì che lo potete. Voi avete lasciato Saint-Kilda, e siete tornato in città col treno delle undici. - Delle undici e venti. - Che cosa avete fatto dopo? - Ho incontrato Rolleston in treno. Alla stazione abbiamo preso una vettura, che ci ha condotti al Melbourne Club. - Bene. - Rolleston è andato a casa sua, e io sono entrato al circolo dove ho giocato a carte per un po' di tempo. - A che ora avete lasciato il circolo? - Qualche minuto prima dell'una del mattino. - E allora, immagino, siete rientrato a casa vostra? - No. - Dove siete andato? - Per strada. Fergus Hume
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- È un po' vago. Volete dire Collin Street? - Sì. - Avete incontrato qualcuno? Brian non rispose. - Avevate un appuntamento con un uomo, o con una donna? - Non lo saprei dire. - Va bene, cercherò io. - Voi non sapete dove trovarla! - "La!" Benissimo, ora sono sicuro che si tratta di una donna. Brian si morse le labbra. - Chi è questa donna? Nessuna risposta. - Vediamo, Fitzgerald. So che cosa vuol dire essere giovani... ma, in questo affare, la reputazione deve essere sacrificata per salvare la testa. Come si chiama? - Non lo posso dire. - Allora voi la conoscete? - Ebbene... sì. L'avvocato, vedendo che era inutile insistere da quella parte, cambiò argomento. - Quando avete visto Whyte l'ultima volta? Brian rispose con evidente ripugnanza. - L'ho visto, ubriaco, vicino alla chiesa scozzese. - Come, siete stato voi a chiamare la carrozza? - Sì,... sono stato io. Calton si chiedeva se il giovane che aveva davanti fosse innocente o colpevole. Tutte le apparenze lo dichiaravano colpevole. - Allora, quello che dicono i giornali... è vero? - In parte. - Ah! - Calton respirò più liberamente - Voi non sapevate che si trattava di Whyte quando lo avete trovato? - Se l'avessi saputo non l'avrei rialzato. Quando l'ho riconosciuto, l'ho lasciato cadere e sono fuggito. - Perché lo lasciaste cadere? - Perché lo detestavo. - Perché lo detestavate? Nessuna risposta. - Perché era innamorato della signorina Frettby? - Ebbene... sì. - Perché, poi, siete tornato, e siete salito con lui nella carrozza? - Posso darvi quanti nominativi volete, di persone che portano un soprabito chiaro, come il mio, e un cappello floscio. - Sapete se Whyte avesse dei nemici? Fergus Hume
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- Non lo so. È giunto dall'Inghilterra con una lettera di raccomandazione per il signor Frettby ed ha avuto l'impertinenza di chiedere la mano della signorina. So che abitava in Saint-Kilda, all'estremità di Green Street... sono anche stato da lui per convincerlo a desistere dalla sua assurda richiesta. C'è stata una scenata e sono corse delle parole forti. Lui mi ha riso in faccia... - Credete che qualcuno abbia potuto udire le vostre minacce? - Credo la padrona dello stabile. Ho detto cose terribili. L'ho minacciato di morte, se avesse sposato Madge. - Se quella donna viene a testimoniare, avrete una pesante prova contro di voi... Non c'è che una probabilità di salvezza. Che voi siate in grado di procurarvi un alibi. Nessuna risposta. - Quando siete fuggito, dopo aver riconosciuto Whyte, dove siete andato? Di nuovo nessuna risposta. - Eravate ubriaco? - No! - Di questo, siete ben certo? Voi, dunque, non volte dirmi dove siete andato? - Non posso. - Ma siete pazzo, a sacrificare la vita, per non so quale sentimento. Bisogna che vi procuriate un alibi. Brian non rispose. Calton rifletté un istante, poi disse a bruciapelo: - Sapete se Whyte portava su di sé documenti importanti? Fitzgerald trasalì, ed esitò prima di rispondere: - Non lo so... L'avvocato assestò un colpo decisivo... - Allora, perché glieli avete presi? - Io non li ho presi. Non sapevo che li avesse con sé. - Volete essere tanto gentile da dirmi di che cosa si trattava? - No. - Documenti importanti? - Non lo so. - E' un documento, ve lo leggo in viso. E questo documento, ha molta importanza per voi? - Perché me lo chiedete? Calton fissò negli occhi il giovane, e disse lentamente: Fergus Hume
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- Perché l'uomo per il quale queste carte hanno importanza è colui che ha ucciso Whyte! Brian si alzò pallidissimo. - Dio Mio! E' vero! - e cadde a terra svenuto. Calton, impressionato, chiamò aiuto. Venne il secondino che aiutò l'avvocato ad adagiare il giovane sul letto. Un po' d'acqua fredda lo fece rinvenire. L'avvocato provò a parlargli, ma, vedendo che l'altro stentava a capirlo, se ne andò. Giunto in strada, guardando la prigione, che si ergeva lugubre e minacciosa si disse: - Fitzgerald, voi non avete commesso il delitto ma sapete chi è il colpevole.
12. È una vera donna Nei salotti di Melbourne c'era di che discutere per ore senza pericolo che la conversazione languisse. Uno dei più eleganti e stimati giovani era accusato, senza possibilità di errore, di assassinio. Fitzgerald! Un discendente di una delle famiglie più vecchie d'Irlanda, imparentata con la famiglia reale! Le interviste con il prigioniero si moltiplicavano sui quotidiani, e i cronisti, naturalmente, le inventavano dalla prima parola all'ultima. Ci fu un tizio che ne fece una tragedia, in cinque atti. Nel quinto si assisteva all'impiccagione di Brian. Ebbe la faccia tosta di presentarla a Williamson, perché fosse rappresentata al Teatro Reale, ma questi la respinse dicendo che, siccome la scena dell'ultimo atto non era ancora accaduta nella vita reale, non si sentiva di mettere l'opera in scena. I sacerdoti delle varie chiese, presero lo spunto di questo delitto per regalare sermoni ai loro fedeli, e ognuno attestava che solo la propria chiesa formava la coscienza dei giovani e li fortificava contro i traviamenti della delinquenza. Rolleston era il più ricercato. Come in tutte le circostanze e lui aveva le migliori informazioni e le primizie mondane, giudiziarie, necrologiche, tanto da essere considerato un gazzettino ufficiale. Secondo lui e l'amico Calton, diceva, Fitz non era colpevole, e lui sarebbe stato ben lieto di scendere in campo per rintracciare il vero Fergus Hume
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assassino. Aveva letto Gaborieau, e conosceva i sistemi degli agenti investigativi... Benché Rolleston andasse dicendo ai quattro venti di essere convinto dell'innocenza di Brian, in realtà lo credeva colpevole... Nonostante l'opinione pubblica fosse contro Fitzgerald, vi era ancora un gruppo di persone che lo difendevano. Questo era un sollievo per Madge. La coraggiosa ragazza era talmente convinta dell'innocenza del suo fidanzato che, se anche fosse stato condannato, lo avrebbe sempre ritenuto innocente. Ma le donne sono così stranamente illogiche! Il mondo può condannare un delinquente, può fuggirlo con orrore, può disprezzarlo perché è un vigliacco... se una donna lo ama, lo eleva a suo Dio. Non ne vede i difetti, non li vuol vedere, e se muore, lo ricorda, come si può ricordare un martire. I giovani sono facili a disprezzare le donne che commettono qualche fallo, ma Dio abbia pietà di quell'uomo che nel momento del pericolo non ha vicino a sé una donna che gli sorrida, che lo inciti. Madge Frettby pensava che il suo fidanzato fosse innocente, e che questa innocenza sarebbe stata provata all'ultima ora. Avrebbe voluto andare a trovare Brian nella prigione, ma suo padre si opponeva, e la ragazza dovette accontentarsi di avere sue notizie da Calton. Questi si trovava molto imbarazzato, dinanzi al rifiuto di Fitzgerald di provare un alibi. - Se la mia testa fosse in pericolo, non risparmierei né un uomo né una donna, né un fanciullo. Questo che voi fate, è un donchisciottismo assurdo. - Ne convengo - rispondeva Brian. - Ma se voi sapeste le ragioni che mi fanno mantenere questo segreto la pensereste altrimenti. L'avvocato interpretava a suo modo quel silenzio ostinato. Brian doveva aver avuto un appuntamento con una donna sposata, e se lo avesse rivelato il marito della donna sarebbe intervenuto e vi sarebbe stata un'altra causa, questa volta presso la Corte dei Divorzi. D'altra parte, non si poteva capire questa donna che lasciava tranquillamente che un uomo innocente venisse impiccato... Calton si decise quindi ad andare a Saint-Kilda da Madge, e dirle come stavano le cose. La conosceva come una giovane di spirito, e l'influenza che lei aveva su Fitzgerald avrebbe potuto indurre quest'ultimo ad una rivelazione. Fergus Hume
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Madge l'attendeva da vari giorni e, quando lo vide, gli andò incontro con gioia. - Ditemi... come sta il mio adorato?... - Dov'è vostro padre? - fece Calton, invece di rispondere alla ragazza. - Rimarrà assente dalla villa per una settimana. - Sentite, Madge. Brian rifiuta ostinatamente di parlare, io ho pensato che voi sola, se volete, lo potete salvare. - Se voglio! Io darei la mia vita, per strapparlo alla prigione! - Caspita! - mormorò Calton. - Come corrono queste donne. - Poi rivolgendosi alla ragazza, disse: - Brian rifiuta di dire dove ha passato quelle prime ore del venerdì. Non so che ragioni abbia. Io sono convinto che se voi mi accompagnate nella cella della prigione, riuscirete a convincerlo. - E mio padre? - Non è assente? - Sì, ma mi ha proibito di vederlo. - In questo caso - fece Calton alzandosi - non insisto. - Aspettate... non andatevene... vado a mettermi il cappello e vengo con voi. - Se ne vedono poche di ragazze coraggiose come questa, oggigiorno pensava Calton. - Che bizzarre creature le donne... Io sono del parere di Balzac: "come può l'uomo comprendere la donna, se Dio che l'ha creata non la comprende?". Madge ritornò. - Devo chiamare la carrozza? - Perché, poi, si legga sui giornali che la signorina Frettby è andata a visitare Brian in prigione? No, no. Prenderemo una vettura pubblica che ci conduca alla stazione. Presero il treno per Melbourne. La ragazza era impaziente. - Quando arriveremo? - Silenzio, mia cara, non traditevi. Arriveremo a tempo per salvarlo. - Dio vi ascolti! - mormorò lei con un lungo sospiro. Calton vide che i suoi occhi erano pieni di lacrime. - Non è questo il mezzo per riuscire - disse un po' rudemente. - Voi state per avere un attacco di nervi. Cercate di dominarvi. Giunti a Melbourne, presero una carrozza che li condusse rapidamente alla prigione. Fergus Hume
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Dopo le formalità d'uso, furono introdotti nella cella del prigioniero. Brian stava seduto sul letto, con la testa fra le mani e quando scorse la fanciulla si alzò, prorompendo in un grido di gioia. Madge gli si precipitò fra le braccia. Per alcuni minuti rimasero in silenzio. Calton, sulla soglia, stava mettendo in ordine le sue note, il carceriere si era ritirato. - Mio caro - disse la ragazza, sollevando con una mano i capelli dalla fronte del giovane. - Come dovete aver sofferto! - Certo la prigione non fortifica... - Parliamo di questo affare - fece Madge, coraggiosamente, sedendosi sul letto e tenendo tra le sue le mani del giovane. - Dopo quello che ho detto a Calton, non ho più nulla da aggiungere. E non c'è più alcuna speranza... - Certo - disse l'avvocato - se voi continuate a non voler dire dove avete passato le prime ore di venerdì. - Vi ho già detto che non posso parlare. - Brian, mio caro Brian - lo supplicò la fanciulla, - bisogna che voi lo diciate, per amor mio... Fitzgerald ebbe un sussulto. Non si aspettava quell'attacco; non aveva ancora provato una pena maggiore di quella, stava per cedere a quelle preghiere, quando uno sguardo al dolce viso della fanciulla gli fermò le parole sulle labbra. - Madge, voi non sapete quello che mi chiedete!... Brian volse la testa. - Sì, lo so... vi chiedo di salvarvi... di provarmi che non siete colpevole di questo delitto... di non sacrificare la vostra vita per; per... Si fermò, guardando Calton, come per chiedergli aiuto. Le non sapeva quale fosse la ragione del rifiuto di Fitz. - Per una donna! - terminò brutalmente l'avvocato. - Una donna?... È... la causa?... Brian volse la testa. - Sì - disse con voce rauca. Un'espressione d'angoscia si diffuse sul pallido volto di Madge, che, nascondendo la testa fra le mani, scoppiò in singhiozzi. Fitzgerald la guardava con tristezza! - Guardatela - gridò Calton, indirizzandosi al giovane. - Se volete la mia opinione, vi dirò che vi siete condotto come un miserabile... vi chiedo perdono per l'espressione, mia cara fanciulla... Vedete questa nobile ragazza, che vi ama con tutta la sua anima, e che è pronta a sacrificare tutto Fergus Hume
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per amor vostro; vi supplica di salvarvi la vita, e voi, vi allontanate da lei, e dite di amare un'altra donna... Brian alzò la testa con fierezza. - Vi sbagliate, ecco la sola donna che amo, e per la quale mantengo il silenzio - disse mostrando Madge che piangeva. Lei alzò gli occhi stupita. - Per me!... - È pazzo... - fece Calton - dico che è pazzo! - No, non sono pazzo - serrò fra le braccia la fanciulla. - Adorata, io manterrò il segreto, dovesse costarmi la vita. Se dicessi dove ho passato quella notte, vi avvelenerei l'esistenza... e non voglio farvi del male... Madge lo guardava attraverso le lacrime, con un doloroso sorriso. - Brian, mio caro, vi supplico, anche se doveste spezzare la mia vita, col segreto che voi dite, non esitate a dirlo. Vi supplico. - Si lasciò cadere alle sue ginocchia. - Vi supplico, se avete dell'amore per me, parlate... qual che possano essere le conseguenze. - Madge, è troppo tardi... Vi è un'altra ragione, più forte ancora, per cui io devo tacere. So che, tacendo, vado incontro al patibolo, ma non parlo. Sono innocente, e Dio lo sa! Il silenzio regnò nella cella. Madge piangeva, ed anche Calton, per quanto insensibile, sentiva le lacrime salirgli agli occhi. - Portatela via - fece Brian, con voce strozzata, - o io dimentico che sono un uomo... Si volse, gettandosi sul letto. Calton chiamò il carceriere e tentò di condurre Madge fuori dalla cella, ma la ragazza gli sfuggì, e gettandosi tra le braccia del fidanzato, gridò: - Mio adorato! Voi non morrete! Vi salverò vostro malgrado!
13. Una scoperta di Madge Quando furono per strada, Calton chiamò una carrozza e stava dicendo al cocchiere di condurli alla stazione di Saint-Kilda, quando Madge gli chiese di andare in Powlett Street, alla casa di Brian, e poi di passare al Melbourne Club. Calton, pur non riuscendo a capire quello che desiderava ottenere la ragazza con queste visite, diede gli ordini necessari al cocchiere. Madge aveva sollevato il velo che le copriva il volto, e si poteva Fergus Hume
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scorgere, in quegli occhi, una risoluzione. - Voglio salvare Brian, ad ogni costo. - E come farete? - La sera del delitto, Fitz lasciò casa nostra alle undici. Disse che sarebbe passato dal circolo per vedere se vi fossero delle lettere, e poi sarebbe andato a casa sua. Credo che, giunto al circolo, abbia trovato una lettera che gli abbia fatto cambiare idea. - Ma di chi poteva essere questa lettera? - Non avete capito? Di una persona, uomo o donna, che voleva vederlo, per rivelargli un segreto che mi concerne. All'angolo della chiesa scozzese di Collins Street, trovò Whyte. Quando lo ebbe riconosciuto, lo abbandonò, per andare all'appuntamento. - Allora, voi credete che lui non sia ritornato sui suoi passi? - Sono sicura, tanto più che, come lui vi ha detto, vi sono molte persone che, come lui, portano un soprabito chiaro, e un cappello floscio. - E voi volete cercare la lettera che ha invitato Brian all'appuntamento? - Sì, in casa di Brian. - Non potrebbe averla distrutta? - Sono quasi sicura che non l'ha fatto, perché Brian è molto negligente. L'avrà posta in una tasca del suo abito da sera, oppure gettata nel cestino. Vi è poi Rolleston, che era con lui, e potrebbe dirci dove gli fu consegnata la lettera. - Guardate che combinazione! Ecco Rolleston. Lasciate che lo chiami. Rolleston, tirato a pomice, si pavoneggiava dall'altra parte della strada e Calton disse al cocchiere di raggiungerlo. Mentre lui scendeva, Madge abbassò la veletta, perché era sicura che, se Felix l'avesse riconosciuta, tutta la città avrebbe saputo che veniva dal carcere, con l'avvocato. - Ohi là, mio caro - disse Rolleston. - Di dove uscite? - Dalla carrozza, come vedete... Ditemi un po', Felix, la notte dell'uccisione di Whyte, voi eravate insieme a Fitzgerald? - Lo incontrai in treno. - Non potete ricordarvi, se quando eravate insieme a Fitz gli venne consegnata una lettera? - No, ne sono sicuro. - Era di buon umore? - Altro che, mi ha fatto smascellare dalle risa, raccontandomi degli aneddoti un po' piccanti. Fergus Hume
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- E tutto questo prima di giungere al circolo? - Certo. - Va bene. Grazie mille. Alla prima occasione vi dirò il perché di questa curiosità. Salì in carrozza, prima che l'altro gli potesse fare delle domande. Rolleston rimase un po' meravigliato dal modo di fare dell'avvocato, ma sapendo che in quei giorni si occupava del processo di Fitzgerald, pensò che per quel mistero gli avesse dato un po' di volta il cervello. Intanto Calton aveva detto alla fanciulla che aveva ragione. La lettera doveva essere stata consegnata a Brian al circolo. - Prima di tutto, accertiamoci che la lettera sia proprio giunta al circolo. Eccoci arrivati, attendetemi. Salì le scale, e chiamò uno dei domestici. - Ditemi, Brown, vi ricordate, se, nella notte di giovedì, il giorno avanti l'uccisione del signor Whyte, fosse giunta qui al circolo una lettera per il signor Fitzgerald? - E' trascorso molto tempo e mi è difficile ricordare. - Provate a pensare - fece l'avvocato mettendoli in mano una sterlina. - No, sono sicuro. Nessuna lettera è giunta per il signor Brian. Accidenti! - Però, adesso che mi ricordo, quella sera, verso le undici e quaranta, entrò una donna, male in arnese, che mi consegnò una lettera dicendomi di darla a lui. Lui era il signor Fitzgerald, come potei leggere sulla busta. Gliela consegnai, mentre stava giocando a carte. Il signor Fitzgerald se la mise in tasca. Più tardi lo vidi nel vestibolo che la leggeva, e mi ricordo che esclamò "Impertinente". Mi ricordo che era l'una meno cinque minuti. - Non vi è più alcun dubbio - pensò Calton. Poi aggiunse ad alta voce. Grazie Brown, arrivederci. Raggiunta Madge in carrozza, si congratulò con lei per avere indovinato anche questa volta. - E' certo che lui, quando lasciò Whyte, andò all'appuntamento. Presto giunsero alla casa di Brian. La signora Sampson, che venne ad aprire, scoppiò in lacrime. Non si perdonava di aver dato quelle informazioni al falso agente assicurativo. Madge, giunta nel salotto dell'appartamento di Brian, si lasciò cadere in una poltrona, mentre l'avvocato cercava di sbarazzarsi della donna che continuava le sue lacrimevoli recriminazioni. Riuscì, alla fine, a chiudere la porta dietro la vecchia. Fergus Hume
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- Da che parte dobbiamo cominciare le ricerche? - È meglio dallo studio. Come aveva detto la ragazza, Brian era molto negligente. Si potevano trovare dei biglietti di teatro in mezzo alle fatture dei fornitori, fiori appassiti, lettere amorose, fotografie... ma la lettera incriminata non si trovò. Andarono nella camera da letto, ma le ricerche furono inutili. Stavano ritornando in salotto, quando gli occhi dell'avvocato si posarono sul cestino della carta straccia. Era per tre quarti pieno. Calton chiamò la padrona e le chiese da quanto tempo quel cestino non fosse stato vuotato. - Lo rimproveravo sempre, io. Non voleva che lo vuotassi senza che lui me lo dicesse. Saranno circa sei settimane, che non lo tocco. - Sei settimane - ripeté Calton - la lettera c'è di sicuro. Lui e Madge si misero ginocchioni, vuotarono tutta la carta sul tappeto, e incominciarono a cercare. - Sono impazziti, poverini! - si disse la signora Sampson, e se ne andò. Ad un tratto la fanciulla emise un grido. Le sue mani tenevano una lettera a metà bruciata. Calton la prese e andò verso la finestra. Ecco tutto quello che poté leggere: ot villa orak 6 luglio Signor Fitzgerald è pre... una donna morente... che desidera dirle ... come Bourke Street e Street non ritard... - Non potremo capirci molto - disse tristemente Madge - siamo sicuri che ha avuto un appuntamento. Ma dove? Calton non rispose. Dopo alcuni minuti emise un grido. - Eureka!... Guardate la carta, guardate in questo angolo e potete leggere la parola Toorak... Fergus Hume
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- Allora è andato a Toorak? Ma la lettera non è stata scritta da lì? - No, è stata redatta in un caffè di Melbourne. Anzi per essere più precisi, in qualche bettola. Non vi ricordate? La donna che l'ha portata al circolo era poveramente vestita e non sapeva leggere... Questa sera andrò da un detective e sapremo di dove viene questa lettera e chi l'ha scritta. _ Voi credete di trovare la persona che ha scritto la lettera? - Se non proprio la persona, almeno la dama che l'ha portata al circolo e che ha atteso Fitz. Quando Madge si trovò sul treno che la riconduceva a Saint-Kilda, per la prima volta da che era stato arrestato Brian si sentì rinascere in cuore la speranza.
14. Un altro Richmond sul campo di battaglia Gorby era un abile detective e tutti lo ammiravano tranne Kilsip, lui pure detective, non meno abile di Gorby. Kilsip era l'antitesi di Gorby. Questo era grasso, bonaccione, quello magro e ruvido. Il perenne sorriso che gli aleggiava sulle labbra faceva ottenere a Gorby i maggiori successi, perché la gente si prestava più volentieri a fare delle rivelazioni a lui che non a Kilsip, il quale, con l'aria seria, sembrava sempre sul chi vive. I piccoli occhi scrutatori di Gorby, però, facevano talvolta rimpiangere a chi gli si affidava, la fiducia accordata a quell'uomo bonario. Kilsip, con il naso aquilino, gli occhi luccicanti, la bocca sempre serrata, quel lungo corpo dinoccolato, ispirava poca fiducia. Quando Kilsip seppe che Gorby era stato incaricato di chiarire il mistero della vettura chiusa, subì un duro colpo. Quando poi Fitzgerald venne arrestato e tutto sembrava dimostrare la sua colpevolezza, e le prove raccolte da Gorby sembravano non lasciare alcun dubbio, ne provò una vera tortura. Un biglietto di Calton, che lo invitava nel suo ufficio, per parlargli dell'affare Whyte, gli fece nascere la speranza che Gorby avesse fatto arrestare un innocente. Kilsip sapeva che l'avvocato del prigioniero era Calton, e subito immaginò che questi avesse dovuto scoprire qualche indizio per imbastire la difesa del suo cliente. Che trionfo sarebbe stato per lui ottenere la liberazione di Fitzgerald, Fergus Hume
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come innocente! Come si sarebbe sentito Gorby! Era tale la felicità di Kilsip che quel giorno, incontrato il suo rivale, lo invitò a bere un bicchiere di birra. Lo punzecchiò con domande a doppio senso sulla colpevolezza di Fitz, e riuscì nell'intento di far uscire dai gangheri il mite Gorby. La sera, alle otto, Kilsip, era nello studio di Calton che lo attendeva impaziente. Dopo aver chiuso la porta dietro l'agente, l'avvocato prese da un armadietto una bottiglia di whisky e ne riempì un bicchiere che porse a Kilsip. Accese un sigaro e cominciò a illustrare il motivo di quella convocazione. Calton amava molto la diplomazia, in tutte le cose, quindi cominciò a girare attorno alla questione, sino a che giunse al punto vitale, cioè alla lettera ricevuta da Fitzgerald. Si trattava di scovare la ragazza che aveva portato la lettera. Kilsip sapeva di un furto avvenuto a Toorak. - Quattro uomini hanno partecipato ad un furto, ed hanno nascosto la refurtiva presso mamma Guttersnipe, nella sua bettola, in vicolo Burke; ma non credo che un giovane elegante come Fitzgerald abbia potuto entrare in quel luogo, a meno... - Di non essere accompagnato. Dalla descrizione che mi ha fatto il cameriere della ragazza, posso dedurre che lei fosse come in casa propria in quella bettola... Kilsip stava esaminando la lettera. - Caspita! Ma sicuro... una donna è morta presso mamma Guttersnipe circa un mese fa... credo fosse qualche sua parente... non so bene chi fosse, la chiamavano la "regina", per la sua bellezza. Era giunta tre mesi prima da Sidney, ed è morta di tisi, la notte in cui è stato commesso il delitto della vettura chiusa. - Allora, deve essere la donna che ha scritto la lettera. - Senza dubbio, e noi potremo avere delle testimonianze, che Fitz quella notte era da mamma Guttersnipe. Lei e sua figlia Sal, di sicuro, potranno testimoniare... Quando l'agente se ne fu andato, Calton pensava: "Che cosa aveva da dire a Fitz, riguardo a Madge Frettby, quella donna che veniva da Sidney dopo essere giunta in Australia dall'Inghilterra?".
15. Fergus Hume
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Una donna del popolo Burke Street, specialmente di sera, è più frequentato di Collins Street. Il perché va ricercato nel fatto che Burke Street è il quartiere dei teatri. Di sera, poi, si vedono sul marciapiede delle donnine che sfoggiano vestiti sgargianti, cappelli piumati, e che si intrattengono volentieri con le persone dell'altro sesso sino a quando qualche vigile notturno non intimi loro di circolare. Sotto le pensiline dei teatri, si scorgono dei bambini che offrono delle cartoline, delle scatole di stuzzicadenti, dei fiori agli spettatori quando questi escono alla fine della rappresentazione. Su un marciapiede, tre suonatori si sbizzarriscono a suonare valzer austriaci, attorniati da un folto gruppo di ammiratori... Ci sono due cose che piacciono molto ai cittadini di Melbourne: le corse all'ippodromo e le bande di suonatori ambulanti... Certo il clima dell'Australia, il cui cielo limpido viene paragonato al bel cielo d'Italia, influisce molto sull'animo degli australiani. La razza anglosasson perde un po' della sua ruvidezza, e diviene qui più sensibile... Calton, che seguiva la sua guida fra quelle popolose vie, guardava con compiacimento i numerosi ascoltatori delle melodie di Strauss e di Offenbach. Il rumore assordante delle vetture, la musica, le grida dei venditori ambulanti, con lo sfondo di un cielo luminoso, in un clima mite, invogliavano l'avvocato a rimanere tutta la notte a oziare in quel luogo. - Statemi vicino - disse in quel momento l'agente, mentre entravano in un vicolo buio - potremmo fare qualche brutto incontro. Calton non aveva bisogno di quell'avvertimento. Si teneva stretto a Kilsip, come Dante a Virgilio, quando attraversavano le regioni infernali. L'oscurità non era completa, e si potevano scorgere degli uomini seduti contro il muro, dei cinesi che discutevano animatamente. Dalle porte aperte si vedeva l'interno delle stanze a pianterreno. Povere stamberghe, affumicate, dove si potevano scorgere dei tavoli attorno ai quali mongoli e bianchi giocavano. Kilsip, voltando a destra, entrò in una viuzza ancora più stretta. Calton si chiedeva come potesse, certa gente, vivere in un luogo simile, dove la luce del giorno scendeva svelta e il sole non arrivava mai. - Mi sembra di camminare nella valle della morte - disse l'avvocato che Fergus Hume
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aveva inciampato in una donna accovacciata per terra, e che lo guardò con occhi minacciosi. Finalmente, con grande soddisfazione di Calton, l'agente si fermò dinanzi a una porta, l'aprì e gli ordinò di seguirlo. Si trovarono in un passaggio puzzolente, in fondo al quale si poteva scorgere una luce incerta. Kilsip prese il compagno per un braccio e lo guidò. Non fu una precauzione inutile, perché l'avvocato si sentiva scivolare su una sostanza viscida, e, di tanto in tanto, si udivano stridere dei topi che venivano pestati. Mentre raggiungevano il fondo del corridoio, la luce si spense. - Accendete! - gridò Kilsip - che cosa vi prende?... Si intesero dei sussurri, poi qualcuno accese un fiammifero. Alla luce incerta di una candela, Calton poté vedere una ragazza, che si teneva contro il muro umido e faceva luce. Era pallida, coi capelli in disordine e le vesti che a mala pena la coprivano. Tossiva e i suoi occhi luccicavano febbricitanti. Guardò arditamente Kilsip, mentre questi la allontanava dal passaggio con un urtone. - Dov'è mamma Guttersnipe? La fanciulla accennò con gli occhi alla parte superiore del locale, e l'avvocato credette di scorgere una scala. - Non credo possiate farla parlare, questa sera, sta preparandosi a ingoiare il suo liquore. - Poco m'importa quello che sta facendo - disse seccamente l'agente conducimi sopra. La ragazza, con una smorfia, si avviò verso il fondo della stanza, e salì una scala, così pericolante, che l'avvocato credeva di precipitare da un momento all'altro. Giunto dinanzi ad una porta dalla quale filtrava una debole luce, la fanciulla fischiò, e subito, come per incantesimo, la porta si aprì. Sempre preceduti dalla loro guida, i due uomini entrarono in una stanza che trasudava umidità dalle pareti ricoperte di una lurida tappezzeria. In un angolo, su di un sudicio materasso, stava una donna quasi nuda, che dondolava continuamente la testa, da sinistra a destra, canticchiando, di tanto in tanto, dei ritornelli di vecchie canzoni. Al centro della stanza si scorgeva un tavolo, sul quale si trovava una bottiglia di acquavite, e un bicchiere rotto. Una vecchia stava seduta, mescolando un mazzo di carte, che, evidentemente, le erano servire a Fergus Hume
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predire l'avvenire a un giovane male in arnese che aveva aperto la porta. Questi sembrava uno di quegli spagnoli che vendono i gelati per le vie. Aveva uno sguardo così truce, che l'avvocato pensò non dovesse tardare molto a far conoscenza con il boia. Al loro ingresso la chiromante alzò la testa e li osservò curiosamente. Calton non aveva mai visto una vecchia così ripugnante. Veramente era degna del pennello di Gustavo Doré, tanto era grottesca; viso rugoso, sporco, occhi dalle sopracciglia grige, vivi, malgrado l'età (il muco giallastro agli angoli li rendeva più piccoli), naso appuntito, bocca dalle labbra piccole, dalle quali sporgevano dei lunghi denti giallastri. I capelli biancastri erano riuniti al di sopra della testa da un nastro nero; aveva un doppio mento, che oscillava ad ogni movimento della testa. La vecchia, dopo averli osservati, chiese: - Che cosa vogliono? - Vogliono il vostro liquore, nonna - rise la ragazza gettando all'indietro i capelli. - Vuoi andartene, brutta bestia - urlò la megera, minacciando la fanciulla col pugno. - Già, puoi andartene - fece Kilsip - ed anche voi! - Si era rivolto al giovane che teneva ancora la porta aperta. Questi, dopo aver esitato, se ne andò mormorando delle minacce. La fanciulla lo seguì, raggiunta da una ciabatta che la vecchia le aveva lanciato sulla testa urlando: - Vattene al diavolo! Le rispose un riso sarcastico. La vecchia raccolse le sporche carte che aveva lasciato cadere e si mise a mescolarle. - Volete sapere l'avvenire?... - Macché avvenire! Siamo venuti a parlare di affari. - La voce di Kilsip s'intonava all'ambiente. A quella risposta, la vecchia trasalì. Sollevò gli occhi ed osservò più attentamente i nuovi venuti. - Che hanno fatto i miei ragazzi?... In quell'istante, la donna dal pagliericcio si mise a cantare una strofa di una vecchia ballata di Barbara Alien: "Oh, madre! Madre, fate il mio letto! Fatelo stretto, fatelo dolce! Oggi il mio amante è morto! Io morirò per lui, domani!". - Chiudi il becco, sgualdrina! - urlò mamma Guttersnipe - o ti demolisco Fergus Hume
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il cranio... Prese la bottiglia, come per mettere in atto la sua minaccia, e invece si versò un bicchiere che bevve avidamente. - Questa donna è malata - fece Calton preso da pietà per la disgraziata. - Già! Che il diavolo la porti! Invece di essere sul marciapiede a lavorare, sta qui a rompermi le... tasche con le sue canzoni. Sentite, com'è carina... Guardò con occhio feroce la disgraziata che riprese la sua canzone: "Oh, la mia madre non lo pensava! Quando ero piccola nella mia culla! Che sarei morta lontano assai! Sopra un patibolo!". - Sangue!... Non la sentite! Parla sempre di morire sul patibolo, come se fosse una cosa carina... - la vecchia terminò di bere. - Chi era la donna che è morta in questa casa, circa tre settimane fa?... chiese Kilsip. - E chi lo sa! Io non l'ho uccisa... è stata la troppa acquavite che beveva... - Vi ricordate la notte della sua morte? - No, ero ubriaca, e quando sono ubriaca, non ricordo più nulla. - Voi siete sempre ubriaca - fece Kilsip. - E così?... Non siete voi che pagate... Sì, sono ubriaca, sempre ubriaca guardò la bottiglia, con occhio intenerito. - Ieri, oggi, domani, dopo... sempre, fino a quando non mi metteranno sotto terra... Andate al diavolo! Calton rabbrividì. Mai aveva inteso una voce più ignobile. Era la voce del vizio e della degradazione... Kilsip alzò le spalle. - Questo non ci riguarda. Tanto peggio per voi. Dite, la notte della morte della "regina" è venuto un gentiluomo in questa casa? - Almeno così ha detto... Io ero ubriaca. - Chi l'ha detto? - Mia nipote Sal... la "Regina" l'aveva mandato a cercare... avevano da discutere di affari... che il diavolo lo porti! Quella bestia di Sal mi ha rubato delle carte... fa sempre così quando sono ubriaca. Delle carte che tenevo nella valigia... quella sgualdrina! Kilsip lanciò un'occhiata d'intesa all'avvocato. - Allora, voi non avete visto quel signore?... - No, no, no-o-o-o-o! Andate al diavolo... È giunto verso l'una e mezzo del mattino, e voi non crederete che io stia alzata fino a quell'ora... - E dov'è Sal? Fergus Hume
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- Se n'è andata... ha abbandonato sua nonna, che le vuol tanto bene. - La vecchia piagnucolava. - Abbandonare una povera vecchia, per seguire quei cani dell'Esercito della Salvezza... L'ammalata cantava. "I fiori della foresta, sono morti!" - Ma sacr..., la volete smettere con le vostre idee funebri...? Bisogna proprio che vi faccia la festa!... Durante questo tempo l'agente diceva a Calton: - La sola persona che ci possa dire la verità è Sal Rawlins. Se ha seguito l'Esercito della Salvezza, domani mattina andrò alla sede e le parlerò. - Spero che la troviate... Calton diede alla vecchia qualche penny e le chiese se li avrebbe adoperati per bere. - Certo... La vista del danaro la rese gentile, perché si alzò e fece loro luce mentre scendevano la scala. Giunti in basso, intesero mamma Guttersnipe urlare delle parolacce all'ammalata che aveva ripreso a cantare: "L'ultima rosa dell'estate!". Giunti fuori, l'avvocato tirò un lungo respiro e si asciugò la fronte madida di sudore. - Dio sia ringraziato! Siamo finalmente usciti da quell'inferno. Andiamo a prendere un punch, ne ho estremamente bisogno... - Non abbiamo perduto la nostra serata, e siamo sicuri che Fitz era in quella casa, la notte del delitto. Possiamo dire di averlo salvato!
16. Introvabile L'indomani, nel pomeriggio, Kilsip andò da Calton, che l'attendeva ansioso. Dal viso dell'agente, l'avvocato poté comprendere che le ricerche erano state vane. - Sono stato al comando dell'Esercito della Salvezza, mi hanno detto che Sal, dopo essere rimasta per una settimana presso di loro, si è stancata ed è fuggita con un amico a Sidney. Poi ho saputo dalla polizia di Sidney, che l'amico l'ha lasciata e ora convive con un cinese. Ma quell'ufficio non mi ha saputo ancora dire dove si trovi. - Quando ha raggiunto l'Esercito? Fergus Hume
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- L'indomani del delitto. Ha detto che la morte della donna, avvenuta nella notte, l'aveva spaventata e voleva cambiar vita. Io credo che abbia avuto paura... - Bisogna ad ogni costo che quella donna si trovi... La vita di Fitzgerald è legata a quella di Sal, perché le sole persone che lo videro, la notte del delitto, furono lei e la morta. Guttersnipe era troppo ubriaca. - E poi lei pensava che il gentiluomo che doveva venire era l'altro. - L'altro? Chi? - Oliver Whyte! Calton fece un salto sulla poltrona. - Oliver Whyte! Oliver Whyte? Aveva l'abitudine di andare in quella casa?... Kilsip si accomodò sulla sedia e incominciò a spiegarsi: - Ascoltatemi, avvocato. Ci sono delle cose, in questo affare, che sembrano oscure, e più si va avanti più si imbrogliano. Sono stato questa mattina da mamma Guttersnipe, la quale mi ha detto che quando era ancora in vita la "Regina", Whyte era stato parecchie volte a trovarla. Sembra che i due si conoscessero. - Ma chi poteva essere quella donna?... - Quello che so io, su quella donna, è che, dopo aver lasciato l'Inghilterra alcuni mesi fa, andò a Sidney, poi venne a Melbourne. Come sia giunta alla casa di mamma Guttersnipe, non ho potuto saperlo. Credo che la vecchia sappia molte cose su questa "Regina", ma non vuole aprire il becco. - Che cosa può aver detto a Fitz, sul conto di Madge Frettby? - È quello che vorrei sapere anch'io. Bisogna che Brian parli. Potremmo anche avere una buona traccia per giungere al vero assassino. Ad ogni modo - fece l'agente, alzandosi e prendendo il cappello - se Sal è ancora in Australia, non sarà difficile rintracciarla. Invece non si riuscì a rintracciarla. L'ultima traccia si trovò a Sidney, in una stamberga, dove lei era vissuta con un cinese che poi aveva abbandonato. Poi più nulla. L'unica speranza era che la donna tornasse da sola. Per quella ragione, Kilsip sorvegliava la casa di mamma Guttersnipe, con grande indignazione della vecchia. - Che cosa vuole quell'animale?... Che io gli tagli la gola?... Non ci si può guadagnare la vita in pace, e ubriacarsi quando si vuole, in questo Fergus Hume
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paese?... Ah, ah! Vorrebbe sapere delle cose che io so, e che non gli dico... Stava discorrendo con una vecchia amica la quale, approfittando di quello sproloquio, sorbiva l'acquavite rimasta nella bottiglia. Quando mamma Guttersnipe se ne accorse, la prese per i capelli e, nonostante l'altra si difendesse, le fece sbattere la testa contro il muro... - Vado a chiamare la polizia! - urlò la disgraziata, fuggendo destramente ad un secondo attacco dell'altra. - Andate al diavolo!... Durante questo tempo, Calton aveva visto a più riprese Brian ed aveva tentato sempre inutilmente di convincerlo a parlare. - Le spezzerei il cuore! Ammise però di essere stato da mamma Guttersnipe, quella notte, accompagnato da Sal. La donna morente gli aveva dato delle informazioni che lui si rifiutava di riferire. - Non potevate parlare prima, che ci avreste risparmiato mille passi inutili e avremmo potuto rintracciare Sal?... - Come sta Madge? - Come volete che stia... è ammalata! Il giovane si asciugò una lacrima. Calton gli si avvicinò e, ponendogli una mano sulla spalla, disse: - Le confidenze tra un avvocato ed il proprio cliente sono come quelle tra il penitente ed il sacerdote. Ditemi quali sono le rivelazioni inerenti a Madge. Brian scosse il capo. L'avvocato se ne andò infuriato. Al distretto di polizia seppe da Kilsip che Sal non era stata rintracciarla. Il processo era fissato per la fine della settimana; c'era una grande aspettativa negli ambienti di Melbourne, e si può immaginare quale fu il disappunto, quando si seppe che la difesa aveva fatto rimandare il processo alla fine di ottobre, adducendo, come pretesto, l'assenza di un testimone importante.
17. Il processo Il signor Frettby aveva sempre considerato Fitzgerald innocente e quando Calton gli disse che, se avesse potuto rintracciare Sal, avrebbe potuto procurare un alibi all'accusato, il miliardario mise a disposizione Fergus Hume
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una grossa somma per le indagini necessarie. Furono inseriti degli annunci sui giornali, ma tutto fu inutile. In poco tempo la donna era divenuta celebre in tutta l'Australia, se ne parlava nei circoli, nei caffè, erano stati affissi dei manifesti nelle stazioni ferroviarie e, per quanto Sal fosse analfabeta, avrebbe dovuto farsi viva, a meno che non fosse morta. Calton aveva perduto ormai ogni speranza di poterla chiamate come testimone e solo Madge sperava ancora. Il giorno, tanto atteso, del processo era giunto. Quel mattino l'avvocato si trovava nel suo ufficio a consultare i documenti inerenti alla causa quando gli fu annunciato il signor Frettby, con sua figlia. - Calton, mia figlia vuole assolutamente assistere al processo. Non sono riuscito a dissuaderla. - Sì - disse la giovane. - Non posso resistere ad attendere a casa. - Tutta la gente ti prenderà di mira. - No, perché mi coprirò il volto con questa veletta. L'avvocato non poteva opporsi alla decisione della ragazza, quindi il miliardario gliel'affido e uscì. Quando la porta fu chiusa, la fanciulla posò la mano sul braccio di Calton. - C'è speranza?... - Ben poca. Noi abbiamo fatto tutto ciò che era materialmente possibile per rintracciare quella ragazza, ma è stato tutto inutile. Se non succede un miracolo... La ragazza cadde in ginocchio, scoppiando in pianto. - Andiamo, siate coraggiosa. Non disperate... Presero una vettura pubblica e raggiunsero l'aula del tribunale. Calton indicò alla fanciulla un angolo oscuro della sala dal quale lei poteva vedere il banco degli accusati, senza essere vista. - Diteli... ditegli... che ci sono! L'avvocato fece un gesto affermativo e si allontanò per mettersi la parrucca e la toga. La sala rigurgitava di folla. Il nome dell'accusato, la sua alta posizione nella società, il suo prossimo matrimonio con la signorina Frettby, avevano fatto sì che tutti avessero fatto il possibile e l'impossibile per ottenere un biglietto per la seduta. Rolleston, che si trovava al fianco della signorina Featherweighy, faceva Fergus Hume
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della maldicenza sulle persone presenti. Entrò il Presidente, e tutta la Corte si alzò. Fu condotto il prigioniero. Un movimento inusitato vi fu tra le signore, alcune delle quali osservavano il giovane con l'occhialino. Brian se ne accorse, e arrossì sino alla radice dei capelli. Era vestito di nero e, per quanto la prigione gli avesse tolto il bel colorito d'altri tempi, era un bel giovane, e le signore lo notarono. Quando i giurati ebbero prestato giuramento si alzò l'avvocato della Corona, per pronunciare il discorso d'apertura. Fece una rapida esposizione dei fatti, come erano accaduti, secondo le testimonianze. I presenti, che avevano letto il resoconto delle indagini solo sui giornali, prestarono attenzione alla parola del procuratore. Questi non era un gran parlatore, ma aveva la parola facile e chiara. Dopo che fu pronunciata l'accusa fu chiamato a testimoniare il cocchiere Royston. Questi ripeté la deposizione che aveva fatto la mattina della scoperta del cadavere nella sua vettura. Calton chiese se il testimone fosse pronto a giurare che l'accusato era colui che era salito sulla vettura la seconda volta. Il cocchiere esitò. - Allora voi testimoniate contro solo perché la persona che è salita nella vettura era vestita come l'accusato, dato che voi avete asserito, nella vostra deposizione, che quel signore aveva il cappello calato sugli occhi... - Io non ho dubitato un istante che non fosse la medesima persona che mi aveva chiamato prima... - Non avete rimarcato qualche differenza nella voce? - La prima volta aveva parlato ad alta voce, quando venne per la seconda volta parlò sottovoce. - Voi non avevate bevuto quella mattina? - Io! No! - Vediamo, vediamo. Non avete forse bevuto qualche bicchierino all'albergo Orientale, che credo non sia lontano dal posteggio delle vetture? - ... Ecco, credo di aver bevuto un piccolo boccale di birra. - Non ne avete per caso bevuti parecchi?... Non eravate un po' allegro, quando foste chiamato la prima volta?... - Potrebbe darsi... - Quindi, voi non avete fatto bene attenzione a colui che vi chiamava? - No. sapevo che fosse stato commesso un delitto.. - E non vi passò per la mente, neppure un istante che le due persone non Fergus Hume
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fossero le medesime? Calton si sedette. Una sola cosa era tata messa in chiaro; che il cocchiere aveva riconosciuto l'accusato, perché era vestito in una maniera particolare, non perché l'avesse visto in viso. Venne il secondo cocchiere. Dopo che questi ebbe deposto, Calton lo interrogò: - L'imputato è la prima persona che voi avete condotto in Powlett Street? - Sì. - Come fate a saperlo? Lo avete visto in viso? - No. La figura ed i baffi sono i medesimi. - Avete notato se portava un anello all'indice della mano destra? - Certo, e mi dissi che era abbastanza strano che un uomo portasse un anello a quel dito. Calton fu soddisfatto di quella risposta. Fitzgerald non amava i gioielli e non aveva mai portato anelli. Fu poi la volta della signora Hableton di deporre. Produsse forte impressione sulla folla la frase riferita dalla donna: "Vi ucciderò, se sposerete la ragazza". Era ormai opinione di tutti i presenti nella sala, che soltanto quella frase incriminata, sarebbe stata sufficiente a mandare Brian alla forca. Calton non riuscì a strappare nessun'altra parola alla donna. Lei si trincerava sempre dietro la stessa frase. La signora Sampson, che la seguì, non poté deporre chiaramente perché le lacrime le impedivano di parlare. Disse che il suo inquilino era un bravo giovane, e che rientrava sempre prima di mezzanotte, solamente quella mattina di venerdì era tornato poco prima delle due. L'avvocato della Corona fece rimarcare alla donna che nella prima deposizione aveva dichiarato che il prigioniero era rientrato dopo le due. La Sampson disse che quando aveva reso quella testimonianza credeva che la sua pendola ritardasse, mentre, invece, il giovedì mattina, in sua assenza, un suo nipote orologiaio era andato ad aggiustarla. Quindi, sosteneva che non erano trascorse le due, quando il signor Fitzgerald era rientrato in casa. Il secondo cocchiere fu richiamato e sostenne che quando aveva lasciato il suo cliente, all'angolo di Powlett Street, erano passate le due. - Come potete affermarlo? - fece l'avvocato della Corona. - Perché avevo sentito suonare le due all'orologio del palazzo della Fergus Hume
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Posta. Questa contraddizione, in merito all'ora in cui l'accusato era rientrato nella sua abitazione, era un notevole argomento in favore del prigioniero. Venne poi il medico Chinston, il quale depose come la morte di Whyte fosse stata prodotta da intossicazione da cloroformio. Gorby testimoniò di aver trovato, nella tasca del soprabito di Fitzgerald, il guanto che apparteneva alla vittima. Moreland, l'amico intimo di Whyte, ripeté ciò che aveva già descritto Gorby. Calton gli rivolse una domanda. - Non ricordate se il signor Whyte vi ha parlato di carte che teneva in una tasca del panciotto? Moreland fu sorpreso da questa domanda, ma rispose prontamente: - No, non me ne ha parlato. Esaurite le deposizioni dei testimoni citati dall'accusa, la seduta fu rinviata al giorno dopo. L'avvocato Calton, consultando le sue note, vide con piacere che i risultati di quella giornata, portavano due punti in favore di Fitz; la discordanza tra l'ora testimoniata dal cocchiere Rankin e quella testimoniata dalla signora Sampson, e l'assicurazione dei due cocchieri che l'individuo, in soprabito chiaro portava un anello alla mano destra, mentre era accertato che Brian non amava i gioielli, e non ne portava mai. Quelle prove, erano però troppo fragili in confronto agli indizi portati dall'accusa, e ormai si era perduta ogni speranza, quando si sparse la voce che era giunta in città Sal Rawlins.
18. La deposizione di Sal Rawlins Rientrato nel suo ufficio, Calton trovò un telegramma. Dopo averlo letto, lo passò in silenzio a Madge, che era con lui, e che cadde in ginocchio, ringraziando Dio di aver esaudito le sue preghiere. La signorina Frettby voleva andare dalla donna, per udire subito la dichiarazione che in quella triste notte Fitzgerald era con lei, ma l'avvocato la dissuase, dicendole che là dove si trovava Sal non era luogo in cui potesse andare una giovane per bene. Le assicurò che, quella sera stessa, lui avrebbe ascoltato la donna e le avrebbe fatto sapere qualche cosa. Fergus Hume
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Brian fu avvertito immediatamente. La gioia del giovane era completa, avrebbe potuto mantenere il segreto e aver salva la vita. Calton e Kilsip si avviarono verso il tugurio di mamma Guttersnipe. - Si può sapere dove è stata in tutto questo tempo la ragazza? - Dopo aver abbandonato il cinese, andò vagando per la campagna. Una notte cadde in un torrente e si ammalò. Fu raccolta da alcuni contadini che la curarono. Guarita, è tornata da mamma Guttersnipe. È giunta oggi, alle cinque... se vedeste... Sembra uno scheletro, tanto è magra. Percorsero il corridoio, che questa volta era rischiarato con maggior prodigalità, e udirono la voce della vecchia che inveiva contro la ragazza. Una voce dolce le rispondeva. Giunti nella stanza, Calton vide che l'ammalata era allo stesso posto della volta precedente, e dinanzi a sé aveva la bottiglia del solito liquore preferito. Evidentemente aveva intenzione di festeggiare il ritorno di Sal, e aveva incominciato di buon'ora, per non perdere tempo. Sal si trovava seduta su uno sgabello con le spalle al muro. Vedendo entrare l'agente con Calton, si alzò. Era una fanciulla di ventiquattro o venticinque anni. Benché fosse eccessivamente magra, era pur sempre carina. Vestiva un abito stracciato in più parti e aveva il petto e le spalle ricoperte con uno scialle tartaro. - Eccoli... - urlò la megera. - Non si può proprio stare tranquilli, in questo paese... andate al diavolo!... Kilsip, senza fare attenzione alle imprecazioni della vecchia, si rivolse a Sal. - Ecco il signore che desidera parlarvi. Ripetetegli quello che mi avete detto. - Se avessi saputo che mi cercavate, sarei venuta prima. Ero nel Galles del Sud. Quel mascalzone mi aveva abbandonata, come un cane... - Canaglia! - grugnì la vecchia versandosi un bicchiere. - Poi sono stata con un cinese. Oh, vi assicuro, migliori dei bianchi soggiunse vedendo l'avvocato fare una smorfia di disgusto. - Non battono le donne a sangue e non le trascinano per i capelli. - Canaglie!... - commentò mamma Guttersnipe. - Quando abbandonai il cinese, mi avviai verso la campagna. Credevo d'impazzire... vedevo lontano una casa, ma non ero in condizione di raggiungerla. Ricordo d'essere caduta in un fosso, ho gridato. Mi sono riavuta nella casa che avevo scorto in lontananza. Quella brava gente mi Fergus Hume
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curò e mi diede da mangiare senza chiedermi nulla in cambio. Quando fui guarita, tornai da mia nonna... - Maledizione... - grugnì la vecchia. Ma la sua voce era tenera, quasi per una benedizione... era doloroso udire una voce simile uscire da quella bocca. Poi mamma Guttersnipe, come pentendosi di quell'attimo di tenerezza, rinforzò: - Vai al diavolo! - Ora, raccontatemi tutto quello che successe la notte in cui conduceste quel signore dalla "Regina". - Quello al quale portai la lettera al circolo? Non conoscevo il suo nome. Calton annuì. - Quella notte io ero al capezzale della "Regina" perché mia nonna era ammalata... - Ero ubriaca, animale... Che la peste ti divori, ubriaca, ubriaca! - ... lei mi disse di darle un foglio di carta, ed una matita, perché gli voleva scrivere una parola... allora io presi la matita e la carta dal cassetto della nonna. - Hai rubato, eh?... - stava per continuare, ma Kilsip le ingiunse di tacere. La vecchia borbottò qualche ingiuria, poi tacque. - Scrisse, poi, dandomi la lettera, mi chiese di andare al Melbourne Club, e di dare la lettera alla persona a cui era indirizzata. Di attendere poi all'angolo di Burke Street e Russell Street di condurle l'uomo che sarebbe arrivato. - Che tipo era, quel signore?... - Un bel giovane, biondo. Vestiva un abito da sera e portava un soprabito chiaro, con cappello floscio. - E Fitzgerald! Poi? - Appena entrato lui andò verso la "Regina", e le chiese cosa avesse da dargli. La donna gli ordinò di farmi uscire, che avrebbe parlato. Dopo qualche tempo che ero fuori della porta, sentii il signore gridare: "Dio! È orribile!". Poi uscì, e mi disse di condurlo via da quell'inferno. Lo ricondussi in Russell Street, mi diede una corona e io tornai a casa. La "Regina" era morta. - Morta? - Stecchita - fece Sal ridendo. - Quanto tempo era rimasto quel signore a parlare con la donna? - Un quarto d'ora circa. Arrivammo in Russell Street che erano le due meno venti. Fergus Hume
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- Va bene. Domani verrete in tribunale, con Kilsip, a testimoniare. Calton stava uscendo, quando la vecchia si mise a urlare: - E il denaro? Il denaro per aver ritrovato la ragazza? -È venuta da sola... - Canaglie... ladri... vi denuncerò al Governatore, e vi farò andare in prigione... ma io la conoscevo da molto tempo la "Regina", e so molte cose che voi vorreste sapere, ma non le saprete, non le saprete... - Mamma Guttersnipe, che aveva ormai vuotato la bottiglia, si mise a danzare. Sembrava una di quelle streghe che danzavano al suono della carmagnola, durante i terribili giorni della Rivoluzione Francese. Era grottesca a vedersi. Quando i due uomini furono scesi, la udirono gridare alla nipote che le passasse del gin.
19. Il verdetto della giuria Il giorno dopo all'ora dell'udienza l'aula rigurgitava di gente; molti avevano dovuto tornarsene indietro. La notizia che Fitz sarebbe stato dichiarato innocente si era propagata in un attimo in tutta la città. Il ritorno di Sal confermava quella notizia. Felix Rolleston, che, per spirito di contraddizione, aveva sempre dichiarato l'innocenza di Brian, divenne all'improvviso famoso per avere previsto quello che sarebbe accaduto. Cercò di utilizzare quel momento di vera celebrità per chiedere la mano della signorina Featherweighy, la quale fu felice di donargliela assieme a parecchi milioni. Rolleston si trovava con la sua compagna al medesimo posto del giorno precedente, e stava avvalorando la sua teoria. - Fitz è troppo bello, troppo elegante, per avere commesso un simile delitto... - Questo non è vero - gli rispose uno stimabile reverendo, che sedeva dietro i due giovani. - Anche Nerone e Giuda Iscariota erano belli e avete visto che hanno commesso... La teoria della bellezza, secondo me, è un fattore pericoloso, nella delinquenza... - Chissà come deve essere pio, quel sacerdote - pensò Calton che aveva udito. Malgrado la gravità della situazione, l'avvocato, non aveva potuto Fergus Hume
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impedirsi di formulare quel pensiero. Un mormorio di simpatia percorse il pubblico, quando apparve il prigioniero. Il giudice entrò e dichiarò aperta la seduta, dando la parola alla difesa. La difesa di Calton si riassumeva in pochi paragrafi, ma che avevano molto valore. Egli chiamò a testimone l'orologiaio, Albert Detndy, per dire se fosse vero che lui il giovedì mattina, aveva riparato la pendola della signora Sampson. Chiamò Felix Rolleston, perché dichiarasse che Fitzgerald aborriva ogni sorta di gioielli, e non aveva mai portato anelli. Portò quindi a testimoniare il cameriere del Melbourne Club, perché ripetesse che la sera del giovedì una donna era entrata nelle sale del circolo con una lettera per il signor Fitzgerald Brian. Come ultimo testimone, chiamò Sal Rawlins, perché affermasse che la notte del venerdì aveva accompagnato il prigioniero in una casa di Burke, dove lui era rimasto dalla una e mezzo alle due del mattino, ora in cui era stato commesso il delitto. Terminata l'allocuzione dell'avvocato furono ascoltati i testimoni citati. Terminate le deposizioni di questi, l'avvocato della Corona si alzò per pronunciare la sua requisitoria, per far valere le accuse contro il prigioniero. Poi fu ancor ala volta di Calton, che si indirizzò ai giurati. Fu ammirabile. Non un punto gli sfuggì. Riuscì ad interessare i giurati con la descrizione del delitto, dimostrò come il cocchiere non fosse sobrio, quella sera, avendo bevuto alquanto, e come avesse riconosciuto la persona solo dal soprabito che portava e dal cappello. Il delitto era stato commesso col cloroformio, ma il pubblico ministero non aveva detto dove era stato acquistato... Era stato rinvenuto un guanto della vittima nella tasca del soprabito di Fitzgerald, ma lui l'aveva raccolto da terra mentre sosteneva Whyte ubriaco, e ciò era più verosimile della versione dell'accusa, e cioè che l'avesse raccolto nella vettura. E a quale scopo?... i cocchieri, sotto giuramento, avevano dichiarato che l'individuo portava al dito un anello, ma il signor Rolleston, amico intimo dell'accusato, aveva sostenuto l'avversione di quest'ultimo a portare ogni sorta di gioielli. La controversia sull'ora in cui il presunto colpevole sarebbe rientrato in casa, era tutta a favore di Brian. Il cameriere del circolo aveva riconosciuto la donna che aveva portato la lettera per il signor Fitzgerald Brian, e la Fergus Hume
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donna stessa aveva giurato che l'accusato era stato con lei nell'ora in cui era stato commesso il delitto. L'accusa si basava unicamente sulla frase intesa dalla signora Hableton. Quella frase, era accertato, era stata pronunciata in un momento di rabbia. La difesa, invece, portava un alibi inconfutabile, che non ammetteva incertezze. Infine Calton terminò l'arringa, che era durata oltre due ore, con una esortazione ai giurati di basare il loro verdetto sui fatti noti in causa e dichiarare Fitzgerald Brian innocente... Il giudice riassunse il dibattito, facendo trapelare il proprio appoggio alla tesi della difesa. I giurati si ritirarono. Un silenzio di morte invase la sala. Un silenzio paragonabile a quello che scendeva sugli spettatori romani, quando vedevano, nel Colosseo, le fiere strisciare verso i cristiani inginocchiati nel centro dell'arena. Il giorno si avviava al tramonto, e i becchi a gas illuminavano malamente la sala. Il prigioniero era stato condotto in una stanza attigua. Madge, gli occhi rivolti al cielo, pregava Dio che quel supplizio finisse presto. Passò un quarto d'ora, mezz'ora, un'ora. Gli occhi della folla silenziosa erano rivolti alla porta dietro la quale i giurati stavano decidendo se l'accusato doveva vivere o doveva morire. Erano suonate appena le ore, quando la porta della stanza dei giurati si aprì e questi fecero il loro ingresso. Il giudice, come ognuno sperava, aveva messo in tasca il berretto nero. Fu ricondotto il prigioniero. Dopo le formalità d'uso, il presidente dei giurati si alzò. Appena ebbe pronunciata la parola "Innocente", un applauso frenetico percorse la sala. Invano gli uscieri gridavano, "All'ordine", invano il giudice minacciava di fare arrestare i disturbatori! per cinque minuti non si poté ottenere il silenzio. Il giudice pronunciò le parole che davano la libertà a Brian. Calton aveva vinto parecchie cause, ma nessuna gli aveva dato mai la soddisfazione che provò udendo quelle parole. Fitzgerald, appena libero si volse dalla parte ove aveva scorto Madge, la quale gli si fece incontro gettandogli le braccia al collo. - Amore mio! Lo sapevo che Dio avrebbe ascoltato le mie preghiere!
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L'Argus dice la sua opinione L'indomani L'Argus, in un articolo di fondo, diceva le sue impressioni sul modo con cui era finito il processo. Da oltre tre mesi s'è cominciato a parlare del mistero della carrozza chiusa, e il verdetto dato ieri dalla Corte non ha fatto che rendere più profondo il mistero. In seguito a strane circostanze, il giovane Brian Fitzgerald venne incolpato di assassinio nella persona di Olivier Whyte, e se Sal non fosse giunta all'ultimo istante, questi sarebbe stato condannato innocente. Fortunatamente per il prigioniero, il suo avvocato, signor Calton, dopo un 'incessante attività, è riuscito a rintracciare questa testimone ed a procurare, così, un alibi per il suo cliente. Se ciò non fosse stato, noi non crediamo che la magnifica arringa della difesa, terminata con l'applauso del pubblico, sarebbe stata sufficiente ad ottenere dalla Corte un verdetto favorevole. I soli argomenti che lui avrebbe potuto portare erano: l'impossibilità da parte del cocchiere Royston, di riconoscere con sicurezza l'accusato, nella persona che era salita nella sua vettura; la discrepanza dell'ora in cui l'accusato avrebbe dovuto rientrare a casa secondo le testimonianze del cocchiere Ranckin e della signora Sampson; il fatto che l'individuo salito sulla vettura portava un anello all'indice della mano destra mentre la testimonianza di Rolleston prova l'avversione di Brian Fitzgerald per qualsiasi tipo di gioielli. Per contro, il Pubblico Ministero portava degli argomenti che provavano in modo inconfutabile la colpevolezza dell'accusato. L'apparizione di Sal sul banco dei testimoni ha tolto ogni dubbio su questa colpevolezza. I giurati hanno fatto quindi bene ad emettere un verdetto che prova l'innocenza del giovane Fitzgerald. Noi ci felicitiamo per la rimarchevole arringa della difesa ed anche con Fitzgerald per essere sfuggito ad una pena immeritata. Scende dal banco degli accusati senza una macchia sulla sua reputazione. Fergus Hume
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Ma ora, stabilita la sua innocenza, chi è il colpevole dell'assassinio di Oliver Whyte? Chi ha commesso questo efferato delitto è in libertà e vive tra noi. Passeggia per le nostre strade e parla con ciascuno di noi del delitto di cui è autore. Avrà assistito al processo e avrà applaudito alla difesa! Quando questo articolo, che noi ci sentiamo in dovere di scrivere, apparirà sotto ai suoi occhi, lui sorriderà dei vani sforzi compiuti per scoprirlo. Ma non s'illuda, la giustizia non è cieca, a volte ha gli occhi bendati, ma, quando meno lo si aspetta, la benda cade e lei vedrà chiaramente e saprà infliggere il castigo al vero colpevole. L'assassino di Olivier Whyte rimane un pericolo per la società. Quando la tigre ha gustato il sangue umano, ne sente sempre il bisogno. Noi crediamo che ci sia una sola traccia da seguire, per rintracciare il colpevole, cioè recuperare i documenti che furono levati dalle tasche di Whyte. Ma solo due persone sapevano di che natura fossero quelle carte, e sono morte. Whyte, e la donna chiamata "Regina ". La terza che è a conoscenza di questo segreto vive ancora, ed è l'assassino. Non vi è alcun dubbio che queste carte siano state il movente del delitto. "Regina" è giunta a Melbourne dall'Inghilterra, passando per Sidney e è stato accertato che erta l'amante di Whyte. Non si riesce a capire come fosse giunta alla taverna di mamma Guttersnipe, per morirvi. Si ha ragione di credere che Whyte non avesse alcuna intenzione di riportarla nel mondo in cui la donna aveva sempre vissuto. Si sa che la donna, durante le frequenti visite che Whyte le faceva alla taverna, gli parlava di quei documenti, dicendogli che avrebbero fatto la sua fortuna. Si può quindi concludere che quelle carte abbiano una grande importanza se, per ottenerle, è stato commesso un delitto. Se la polizia non riuscirà a recuperare quei documenti, si può esser certi che l'assassino non avrà altro castigo che i rimorsi della propria coscienza.
21. Fergus Hume
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Tre mesi dopo Il dicembre in Australia è un mese caldo, e si festeggia il Natale ad una temperatura di trentacinque gradi all'ombra. I costumi della vecchia Inghilterra si rinnovano nel giorno di Natale e del primo dell'anno anche in Australia, con la degustazione del plum-pudding. Quell'anno, in quel giorno, una nube soffocante faceva sì che le vie della città fossero deserte. Madge, dalla larga veranda della sua casa, guardava la campagna arida e secca, che sembrava bruciare sotto i raggi del sole. La villa di Yabba Yallook era un caseggiato lungo, e basso, ad un solo piano, circondato da una veranda, munita di stuoie che la riparavano dal calore solare. Si scorgevano delle tavole cariche di bicchieri e di bottiglie di soda, romanzi ecc., che dimostravano come gli invitati del signor Frettby, rimanessero volentieri in casa, durante il pomeriggio. Madge, su una comoda poltrona, leggeva, di tanto in tanto, un romanzo che teneva sulla ginocchia. Per la verità, quel libro non l'interessava affatto. Era uno di quei tanti romanzi poliglotti che i nostri moderni romanzieri si divertono ad elargire ai lettori, un miscuglio di citazioni in francese, inglese e qualche volta in tedesco. Dopo gli ultimi avvenimenti, la ragazza si sentiva turbata. I suoi occhi avevano perduto la gaiezza. Dopo la liberazione di Brian, suo padre l'aveva condotta in campagna, nella speranza che lei riuscisse a riprendersi. La tensione nervosa che l'aveva sostenuta per tutta la durata del processo, avrebbe potuto lasciare il posto a qualche malattia. Ma la tranquillità della campagna aveva scongiurato il pericolo. Le donne sono più impressionabili degli uomini, ed è per questo che invecchiano prima. Il delitto di Oliver Whyte aveva fatto di Madge una donna grave e pensierosa. Quando si è provato il dolore, quando siamo penetrati, una volta, nel suo mistero, ed abbiamo visto il suo volto lugubre, la magica luce dei nostri sogni svanisce. Noi non scorgiamo che i fatti reali della vita, fatti crudeli ed amari. Era ciò che provava Madge. Ora, lei scorgeva il mondo, non come l'aveva sempre immaginato: pieno di feste e di allegri avvenimenti, ma come una triste valle di lacrime, che doveva attraversare per giungere finalmente alla terra promessa... Fergus Hume
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Anche Brian era cambiato. Si potevano scorgere dei fili bianchi tra i suoi capelli biondi, e il suo carattere gaio era divenuto tetro. Dopo il processo aveva lasciato Melbourne per raggiungere le sue terre, che distavano di poco da quelle di Frettby. Il segreto che quella morente gli aveva affidato minacciava di avvelenargli l'esistenza. A volte lui giungeva a cavallo, per vedere Madge, ma quasi sempre quando il padre di lei era assente. Pareva che il vecchio gli fosse divenuto d'un tratto antipatico. La fanciulla non sapeva capacitarsi di questo fatto dopo tutto quello che suo padre aveva fatto per il giovane, quando questi era in prigione. Ma un'altra ragione lo teneva lontano da Yabba Yallook. Brian non voleva incontrare quelle persone, che non pensavano ad altro che a divertirsi. Per la festa di Natale, il miliardario aveva invitato un gran numero di ospiti e, per quanto la fanciulla avrebbe preferito la solitudine, non poté sottrarsi ai doveri che l'ospitalità le imponeva. C'era, nella compagnia, Rolleston, che da poco era entrato nella schiera dei mariti... e che veniva guidato con mano di ferro da sua moglie. Aveva dovuto assoggettarsi a presentarsi candidato nella campagna elettorale, perché la sua consorte desiderava che alla prima sessione lui facesse parte del Parlamento. Con loro era anche Julia, che assediava il cuore del vecchio Frettby nella speranza di poter diventare la signora Frettby. Un giovane inglese, chiamato Peterson, che viaggiava per diporto, ed un vecchio colono, con qualche altro, completavano la lista degli invitati. Anche il dottor Chinston era venuto a passare là qualche giorno. In quel momento gli invitati si trovavano nella sala da biliardo. D'un tratto, Madge udì un passo dietro di lei, si volse e vide Sal Rawlins che si avvicinava. La riconoscenza che doveva la signorina Frettby a quella disgraziata che, all'ultimo momento, con la sua testimonianza le aveva salvato il fidanzato, l'aveva decisa a prenderla come cameriera. Non erano valse le proteste di suo padre, né le sfuriate di mamma Guttersnipe; Sal era venuta in casa Frettby, e Madge si era accinta a rimediare all'insufficiente coltura della ragazza. Teneva in mano un sillabario. - Credo di sapere la lezione - disse rispettosamente. Fergus Hume
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- Davvero? Credo che, in poco tempo, leggerete correntemente. - Leggere quello? - fece Sal, indicando il romanzo che Madge stava leggendo. - Non precisamente, ma vi farò imparare a leggere bene l'inglese. Oggi, però, fa molto caldo e non ho voglia di farvi lezione. Prendete una sedia e discorriamo. Voleva rivolgere alla ragazza una domanda in merito alla donna chiamata la "Regina" che aveva parlato con Fitz, in quella notte del delitto. Il turbamento del suo fidanzato l'aveva decisa a chiedere quell'informazione, per potere, se era possibile, scoprire il segreto che Brian sapeva e che l'interessava personalmente. - Sal, vorrei... chiedervi qualche cosa... L'altra divenne pallida, rabbrividendo. - Su...su? Madge annuì. Sal esitò un istante, poi precipitandosi ai piedi della fanciulla disse: - Vi dirò tutto... voi siete stata tanto buona con me... - Ditemi, chi era la donna che parlò con Fitzgerald quella sera, e da dove veniva? - La nonna la trovò una notte presso la porta di un teatro, ubriaca fradicia. La condusse a casa nostra. - Era della vostra condizione? - Oh, no. La nonna voleva avere i suoi vestiti, perché erano belli... - Voi glieli rubaste? Avete fatto male. - Perché? Se non li prendevamo noi, li avrebbe presi il primo venuto. Io uscii a prendere del gin per la nonna, quando rientrai vidi che si abbracciavano. Si erano riconosciute. - E allora? - Allora, la nonna disse che quella signora sarebbe rimasta con noi e mi mandò a cercare il signor Whyte. Quando arrivò, vi fu una scenata, tra lui e la donna, poi, vedendo che era malata, lui andò a chiamare un medico, il quale disse non c'era più speranza. Rimase da noi quindici giorni, e morì quella notte che venne il signor Fitzgerald. - Parlavano molto tra di loro? - Sì. Ma mandavano via noi, la nonna e me. - E... non udiste qualche conversazione?... - Sì, una volta. Quando fummo uscite e la nonna scese a prendere del gin, io misi l'orecchio al buco della serratura. Sentii che l'uomo le chiedeva Fergus Hume
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delle carte che lei gli rifiutava dicendo che presto sarebbe morta. Alla fine gliele diede. - Le avete viste? - Le intravidi. Quando la donna le ebbe levate da sotto il cuscino lui le mise sulla tavola. Erano racchiuse in una busta azzurra con la scritta in rosso. - Quanto tempo Whyte le tenne con sé? - Circa una settimana, prima che fosse ucciso. Quando ebbe avuto le carte non si fece più vedere, e la donna moriva dalla rabbia. Fu allora che pensò di mandarmi a chiamare il signor Fitzgerald. - Non poteste sentire ciò che si dissero quella notte? - Qualche parola. Non lo dissi in tribunale, perché avevo paura che l'avvocato mi rimproverasse. La prima cosa che udii dire dal signore fu: "voi siete pazza!". Lei rispose: "che Dio mi danni, se non è la verità! Whyte mi ha preso la prova"; Allora il signor Fitzgerald soggiunse: "povera bambina!". La donna si mise a ridere e gli domandò se ora l'avrebbe sposata, al che lui rispose che vi amava troppo, ora più che mai, e che vi avrebbe sposata ugualmente. Poi chiese alla donna come si chiamasse, e lei disse... - Come? - Rosalind Moore! Si udì un'esclamazione vigorosa e Madge, volgendosi, vide, accanto a sé, Brian pallido come un cadavere, che fissava Sal che si era alzata. - Continuate! - fece lui duramente. - E tutto quello che so... - Bene, potete ritirarvi. Desidero dirvi due parole, Madge. Sal raccolse il suo sillabario e, dopo aver guardato Brian, si allontanò.
22. Figlia di Eva - Che cosa vi prende, per fare delle domande simili a quella ragazza? fece Brian stizzosamente, gettando il cappello ed i guanti sul pavimento. Madge arrossì e gli prese una mano: - Perché non avete fiducia in me?... - Ho molta fiducia in voi. Ma ciò che mi disse Rosalind Moore al letto di morte non v'interessa. Fergus Hume
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- Mi riguarda? - Sì e no. - Allora concerne una terza persona, e anche me? - Ebbene - fece il giovane, picchiandosi con il frustino sugli stivali. Questo segreto non potrà nuocervi, fino a quando l'ignorerete. E Dio voglia che non lo dobbiate mai sapere, la vostra vita sarebbe avvelenata. - Così debbo vivere nell'incertezza che succeda qualche avvenimento che sconvolga la mia esistenza? No, voglio sapere, ad ogni costo, questo segreto. Brian le prese le mani e la supplicò di non insistere: - Se avessi potuto dirvelo, ve lo avrei detto. Lasciatemi sopportare da solo il peso di questo segreto che mi fa impazzire... - Si lasciò cadere su una poltrona, prendendosi il viso fra le mani. La ragazza rimase qualche istante nell'incertezza se ostinarsi nel desiderio di conoscerlo, o dimenticare. Ma la pena del giovane la fece desistere, e abbracciandolo gli fece la promessa che mai più avrebbe parlato di quel triste avvenimento. - Viaggerò - disse Fitzgerald, dopo alcuni istanti di dolce silenzio - e il tempo mi farà dimenticare... - Partite? - Sì, ho vendute tutte le mie terre e fra tre mesi partirò per sempre dall'Australia. Sarò un novello ebreo errante, vagherò senza meta... - Solo? - Sono venuto apposta per parlarvi di questo - rispose fissandola in viso. - Volete sposarmi? Subito, e sarete la mia compagna in questo pellegrinaggio per il mondo. Lei esitava. - So di chiedervi tanto. Di lasciare il vostro paese, i vostri amici, e... sembrava esitare - vostro padre... ma pensate che cosa sarà la mia vita senza di voi... se voi verrete con me sarete il mio angelo come lo siete stata nel passato... Lei posò la mano sul braccio di lui dicendo: - Sì! - Dio sia lodato! Rimasero alcuni istanti in silenzio. - Bisognerà che io parli a vostro padre. Dov'è? - Eccolo! - Il vecchio Frettby passeggiava sotto il portico. Fergus Hume
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Brian da molto tempo non vedeva il miliardario e si stupì del cambiamento avvenuto in lui. Solo gli occhi erano vivi come prima. Ma la persona sembrava affranta. L'uomo li raggiunse. - Oh, ecco il nostro caro Fitzgerald. Vi fermerete a cena, senza dubbio. Il mio vestito... - Macché vestito, Madge vi scuserà... - Sono venuto per parlarvi Madge ed io vogliamo sposarci subito... - Impossibile! - Come impossibile! - Io non posso vivere senza di lei... - Venite con noi, papà - fece la fanciulla abbracciandolo. Brian si era volto verso il giardino e rimaneva silenzioso. - Sentite, ho fatto costruire un battello, che sarà pronto per la fine del mese. Voi vi sposerete e fate il vostro viaggio di nozze, nella Nuova Zelanda, o dove vorrete. Poi tornerete a prendermi, e tutti e tre faremo il giro del mondo... Va bene...? - Bravo papà... come sono contenta... Fitzgerald non sembrava condividere quella gioia. Da vero marinaio, gli sorrideva molto quel viaggio, quello che non gli sorrideva, era la compagnia del vecchio. - Come lo avete chiamato quel battello? - Ah, un nome stupido, che voglio cambiare. Si chiama "Rosalind". - Rosalind! Brian e la sua fidanzata trasalirono. Che strana coincidenza, tra il nome dato dal vecchio al battello, e il nome della donna morta la notte del delitto. Il signor Frettby arrossì vedendo lo sguardo di Fitz rivolto con insistenza su di lui. - Mi sembrate un po' matti - e prendendoli ciascuno per un braccio li condusse verso la casa. - Noi chiacchieriamo e il pranzo diventa freddo...
23. Alla fine della cena Moore, il dolce poeta, disse che non vi è nulla di migliore nella vita che una serata d'amore. Ma io credo che in quel momento Moore non fosse in grado di apprezzare, con competenza, quello che vale una buona Fergus Hume
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digestione. Gli innamorati non hanno mai appetito, quindi è certo che per loro quelle veglie d'amore, siano delle cose deliziose. Ma non sono da paragonarsi a quei momenti, in cui ci troviamo seduti dinanzi ad una tavola apparecchiata, sulla quale fanno bella mostra di sé le migliori vivande e degli squadroni di bottiglie... e, soprattutto, quando coloro che vi siedono attorno sono dei compagni allegri, spiritosi. Mark Frettby era uno di quegli individui che hanno il dono innato di riunire, alla loro mensa, delle persone simpatiche le une alle altre. Aveva poi un'eccellente cucina, e dei vini squisiti. Brian non si rammaricò di aver accettato quell'invito. Tutta quella gente allegra gli procurava una sensazione di benessere... Discorreva con la sua fidanzata, ascoltando nel frattempo i motti di spirito dei convitati. Rolleston, che si trovava al capo della tavola opposto a quello in cui era seduta la signora Rolleston e aveva anche la fortuna di non poterla vedere, poiché i fiori gli facevano da paravento, aveva ripreso il suo spirito abituale, mentre Julia continuava il suo assedio. La conversazione verteva sulla politica e, in questo campo, Rolleston credette giunto il momento di mostrare alla consorte i suoi progressi in materia, esponendo i suoi punti di vista sul governo e sulle condizioni coloniali. Un vecchio colono, non intendendosi di politica, si mise a raccontare, per l'ennesima volta, quello che aveva visto, nei primi tempi della colonizzazione dell'Australia. - Vi erano delle donnine... non è vero Frettby? - Su questo non abbiamo cambiato - rispose seccamente il miliardario. - Voi parlate delle attrici di oggigiorno. Ebbene, avete ora una donna che sia all'altezza di Rosalind? Brian trasalì violentemente, e sentì la mano diaccia di Madge che sfiorava la sua. - Che cosa faceva questa donna miracolosa? - fece Rolleston. - Era un'attrice comica. E come danzava! Era di una bellezza celestiale. Che capelli, che occhi!!! Voi ve ne dovete ricordare, eh, Frettby? - Sì. Madge, vedendo che la conversazione stava prendendo una piega, un po' scabrosa, si alzò subito, imitata dalle altre signore e si diresse verso il salotto. Fergus Hume
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- Era fantastica! - continuava il vecchio colono, ringiovanendo a quelle rimembranze. - Era la disperazione di tutte le signore. - Dov'è andata a finire, questa donna? - chiese brevemente Brian. - È partita per l'Inghilterra, credo, nel 1858... - Mio caro Valpy, vi chiedo perdono se v'interrompo - fece il signor Frettby, versandosi un bicchiere di éres - ma tutti questi particolari su una... ballerina, non mi sembrano molto interessanti. Parliamo d'altro. Brian si sentiva tentato di continuare la conversazione su quel soggetto che l'interessava molto. Ma quando il padrone di casa esprime un desiderio non si può contrariarlo. Andò nel salotto e trovò Madge che al pianoforte suonava la Romanza delle parole di Mendelssohn. - Che funebre... - fece egli sedendosele di fianco. - Suonate qualche cosa di allegro. - Ma sì, suonate qualche pezzo di operetta di Offenbach... - fece Rolleston, che lo champagne aveva reso alquanto brillo. - Felix!... - fece la signora Rolleston con voce severa. - Che c'è? - Niente di particolare. Trovo Offenbach molto comune. - Guarda, guarda... come siamo lontani nei gusti musicali... - le rispose Felix e, ponendosi al piano lasciato libero da Madge, si mise a suonare un galoppo del "re dell'operetta". Quando si accorse di aver radunato attorno a sé un buon numero di ascoltatori, cominciò, incitato dalla moglie, a cantare l'ultima romanza del Tosti. - Com'è idiota... - sussurrò alle orecchie di Brian, Peterson. Quando ebbe finito, tutte le signore lo applaudirono. - Non è soprannaturale? - sospirò Julia. - Dice tante cose! Che versi adorabili! - Ma che cosa significano? - chiese Brian, che aveva tentato invano di capire il significato di quelle parole... - Non hanno la pretesa di voler significare una cosa piuttosto che un'altra. Non vorrete che contengano una morale, come le favole di Esopo. Fitzgerald e Madge si allontanarono. Scesero nel giardino, e la fanciulla si sedette sul bordo della grande vasca. Dalle finestre aperte della casa veniva il suono di un valzer. - Si direbbe una casa incantata - fece Brian. - Credo che lo sia seriamente... Nella nostra famiglia vi è un fantasma Fergus Hume
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che ci viene a salutare al letto di morte... Naturalmente, io non l'ho ancora visto, perciò non ci credo... - Non vi sono altri fantasmi, che i nostri fantasmi personali... quelli delle nostre follie passate... I fantasmi di quello che noi avremmo potuto essere... Ecco gli spettri che sono da temere, più di quelli del cimitero! Madge lo guardò con tristezza. Comprese il significato di quelle parole. Era il segreto che quella donna morente gli aveva rivelato, e che lo perseguitava come un'ombra... Si alzò, prese il suo braccio, e in silenzio si diressero verso la casa.
24. Brian riceve una lettera Malgrado l'insistenza del signor Frettby, Brian rifiutò di passare la notte alla villa. Dopo aver salutato Madge, montò a cavallo e prese la via del ritorno. Il cavallo andava al passo e il giovane, sentendosi felice, sognava. Sognava una vita dolce, accanto alla fanciulla amata, in piena libertà. Vivere sul mare, librarsi alla volontà dei venti verso la Nuova Zelanda, poi tornare in Irlanda al castello dei Fitzgerald. Al pensiero di dover vivere a fianco del padre di lei... no, non doveva pensare, non doveva ricordare. Mise il cavallo al trotto, allungò, allungò, sino a quando la bestia non prese il galoppo. La brezza della sera gli alitava sul volto. Si calmò. Giunto a casa, trovò sulla tavola la lampada accesa, dell'acquavite ed un pacco di giornali con delle lettere. Aprì la finestra per stabilire un po' di corrente d'aria, si versò un bicchiere di liquore e incominciò ad aprire la corrispondenza. La prima lettera era scritta da una donna. Dopo aver letto alcune righe, la gettò da parte. Altre lettere erano di fornitori, poi riconobbe con piacere una lettera di Calton. L'avvocato gli scriveva di sovente per tenerlo allegro, da quando si era ritirato in campagna, come un misantropo. Fitz si versò un altro bicchiere e si accinse a leggere. Caro Brian, mentre voi vi divertite in campagna, io sono rinchiuso in questa scatola che si chiama città, a soffocare dal Fergus Hume
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caldo e dalla polvere. Come vorrei essere con voi, a studiare la natura, a godere delle sue bellezze, a fantasticare nelle notti di luna... ma sono vecchio, sono prosaico, mi tengo stretto al mondo, alle sue pompe, ai suoi piaceri. Ecco, faccio della poesia... ed è una cosa non lecita a un avvocato. Ma parliamo di affari. Presumo che voi non rivelerete mai il segreto di Rosalind Moore... vedete che so il nome della donna che vi parlò in quella notte...! Io sto tentando di scoprire l'autore dell'assassinio di Whyte, e siccome Rosalind deve essere stata immischiata in questa faccenda, ho avviato una piccola inchiesta su questa donna. Ho chiesto a Roger Moreland, quel giovane che testimoniò contro di voi al processo, se sapesse qualche cosa riguardo a questa donna. Mi ha detto che un anno fa arrivarono dall'Inghilterra sul John Elder, diretti a Sidney, Rosalind e Whyte. La donna passava per la moglie di Olivier. Moreland mi ha sconsigliato di continuare le ricerche, dicendo che in una grande città, come Londra è difficile, se non impossibile, trovare qualche traccia di lei. Io sono ostinato, e non ho seguito quel consiglio. Ho scritto a Londra a un mio amico, che si diletta di investigazioni, e... questi è riuscito nell'intento. Non vi pare un abile agente?... La donna recitava al Frivolitè di Londra e siccome era un 'artista graziosa fu fotografata innumerevoli volte. Quando s'imbarcò con Whyte, fu riconosciuta dall'impiegato del porto. Musette, come veniva chiamata nell'ambiente teatrale, aveva una passione per le fughe. La ragione del suo ritorno in Australia fu la nostalgia del paese natale. Sicuro, perché la donna è nata a Sidney, e vi era già ritornata nel 1858, dopo una carriera trionfale nei teatri di Melbourne. Voi sapete perché dovette rinunciare agli applausi del pubblico? Perché fuggì con un giovane e ricco colono, che aveva più denaro che morale, e che si trovava a Melbourne a quell'epoca. Ma perché fuggì questa volta con un tipo come Whyte? Mistero! Quel mio amico di Londra mi ha dato delle informazioni riguardo al signor Olivier. Fergus Hume
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Olivier Whyte, figlio di un sarto, alla morte del padre, trovatosi in possesso di un 'immensa fortuna e dicendo che la sua famiglia discendeva da Guglielmo il Conquistatore (Glanville de Whyte, aveva tappezzato Bayeux) divenne il protettore del teatro Frivolitè. Musette si lasciò attrarre dall'oro del giovane e lo seguì nel viaggio in Australia. Quando giunsero a Sidney, si trovavano in cattive acque finanziariamente, ma scialacquarono tutto quanto rimaneva del patrimonio di Whyte. Dovete sapere che la donna aveva il vizio di bere. Una sera si trovavano a Melbourne; la donna, dopo aver litigato col suo amante, uscì e, non si sa come, fu trovata da Sal nel vicolo di Burke, e condotta nella casa di mamma Guttersnipe. Ora, la notte che Whyte venne assassinato, la donna morì, ma prima di passare a miglior vita, volle confidare a voi un segreto. Per questo segreto, Whyte venne assassinato. Io sono deciso ad andare sino alla fine di questo misterioso affare, ed assicurare alla giustizia colui che uccise Whyte. Voi potreste risparmiarmi tempo e danaro, svelandomi ciò che Rosalind Moore vi rivelò. Questo lo faccio per amore della giustizia e non credo che voi vorrete insistere nel vostro rifiuto. Attendo sino alla fine della prossima settimana. Gradirei ricevere una vostra lettera, che risponda alle mie domande. In caso contrario, riprenderò le mie indagini, e vi assicuro che anche senza il vostro aiuto riuscirò a chiarire questo mistero. Vogliate testimoniare alla signorina Frettby ed a suo padre i miei rispettosi saluti; a voi una cordiale stretta di mano. Duncan Calton Brian lasciò cadere la lettera che teneva nelle mani... Rimase in silenzio per alcuni minuti, poi si alzò e bevve un bicchiere di acquavite. Scese in giardino. Lontano si scorgeva un barlume che annunciava l'apparire del sole. Gli uccelli tacevano. Brian passeggiò nervosamente. - Non vi è che un mezzo per fermare Calton nella sua inchiesta... Dirgli tutto... Povera Madge! Un raggio di sole illumino la casa. Era sorta l'alba, sulla terra, ed anche nel cuore del giovane un raggio di speranza era entrato, la speranza che Fergus Hume
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rivelando il segreto a Calton, lui si sarebbe alleggerito di un peso mortale.
25. Quello che dice il dottor Chinston Una volta presa una decisione, Brian non ammetteva indugi. In quel pomeriggio, fece sellare il cavallo e andò ad annunciare a Madge la sua prossima partenza per Melbourne. Trovò gli invitati in giardino che assistevano ad una partita di tennis tra Rolleston e Peterson. Fitzgerald fece qualche complimento alla signora Rolleston, mentre attendeva che Madge fosse libera di fare due passi con lui. Terminata la partita, il vinto Rolleston venne a chiedere qualcosa da bere. Benché in costume da tennis, il calore soffocante, e l'andamento della partita, lo avevano fiaccato. - Bisognerebbe fare come ha detto Sydney Smith. Levarsi la pelle, e lasciare che il vento passi attraverso le ossa... - Con questo vento caldo - rispose Peterson all'avversario - ci sarebbe pericolo che le ossa arrostissero. Mentre i due discutevano sul caldo e sul modo di combatterlo, Madge e Brian si erano diretti verso casa. Il giovane aveva annunciato alla fidanzata la sua partenza, senza spiegarle il motivo. - Anche noi vi seguiremo presto - disse Madge pensosamente. - Perché? - Papà è continuamente agitato. Dice di voler viaggiare per il mondo. Di non voler più restare in questo paese... Improvvisamente Brian si ricordò di un versetto della Genesi: Tu sarai fuggitivo e vagabondo sulla terra! - Ciascuno di noi - rispose con negligenza affettata - è soggetto, presto o tardi, a degli stati di agitazione. Credo sia anche il mio caso. - Mi ricordo ciò che disse ieri il dottor Chinston; questo secolo è il secolo del movimento. L'elettricità e il vapore hanno fatto di tutti noi dei nomadi. Entrati nel salone, scorsero il signor Frettby che stava leggendo una lettera. Fergus Hume
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- Benvenuto, Fitz! - fece allegramente. - Sono venuto a salutare Madge - rispose Brian, prendendo a malincuore la mano che il vecchio gli tendeva. - Parto per alcuni giorni. - Lasciate la campagna per la città polverosa... - So che anche voi volete partire... - Già... ma non vado in città. Andate per affari? - Mi ha chiamato Calton... Vide gli occhi del vecchio che lo fissavano curiosamente. - Per la vendita delle vostre terre? Non potreste avere un consigliere migliore. - È bravo, ma non mi lascia mai tranquillo... - A proposito di che? - Oh, niente. I due uomini si fissarono per alcuni istanti. Frettby, per primo, abbassò gli occhi. - Se rimanete qualche giorno a Melbourne, passate da Saint-Kilda. Ci troverete di sicuro. Brian gli strinse la mano in silenzio e lo seguì con gli occhi, mentre si allontanava. Involontariamente si disse: - Lui sa! - Sa che cosa? - fece Madge che gli si era avvicinata silenziosamente, passando il braccio sotto quello di lui. - Che voi avete fame, e che avete bisogno di prendere qualche cosa prima di lasciarci... - Non ho fame, grazie. - E impossibile. Si ha sempre fame, dopo una cavalcata. Venite, mio signore... Rientrarono ridendo nella sala da pranzo. Frettby passeggiava lentamente, pensando allo sguardo che aveva scorto negli occhi di Brian. Trasalì, quando Felix venne a chiamarlo per una partita di tennis. - Ma voi siete matto... Non vorrete che io giochi con questo caldo... - Matto!... Voi volete dire che sono sudato... - Quando penserete a diventare un po' più serio?... Quando sarete al parlamento...? Mentre discutevano, ridendo, li raggiunse il dottor Chinston. - Venite con me, dottore - fece Frettby dirigendosi verso la casa. Bisogna che mi visitiate. - Perché? Siete forse ammalato? Fergus Hume
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- Non so... da qualche tempo non sono più lo stesso. Il dottore lo guardò stupito. - È assurdo - disse ridendo - voi non crederete d'essere malato di cuore; nove volte su dieci, questo male non è che nell'immaginazione del soggetto. - Che cosa pensate, voi - gli domandò Frettby mentre entravano nella biblioteca - della tesi di Rolleston sulla follia universale? - E divertente - rispose Chinston, sedendosi in una poltrona, di fronte al miliardario. - Penso che vi sono più matti per il mondo di quanti noi immaginiamo. - Veramente? - Sì. Crisi passeggere. Ci sono però delle persone sane di mente che commettono un delitto sotto un impulso momentaneo. Ma io considero, anche quell'istante, un raptus di follia. Ciò non impedisce, però, che un delitto possa essere meditato, ed eseguito col massimo sangue freddo. - Ed in questo modo - disse lentamente Frettby, giocherellando con il suo tagliacarte - considerate l'assassino come pazzo?... - Sì. Solamente c'è un metodo nella sua follia. Ad esempio, io sono convinto, che il delitto della vettura chiusa, nel quale voi siete stato compromesso... - Che il diavolo vi porti! Io non sono stato compromesso... - interruppe Frettby pallido di rabbia. - Scusate, pensavo a Fitz. Dunque sono convinto che il germe della follia covi in quell'assassino. E che, per quanto, ora, egli passeggi tranquillamente nelle vie di Melbourne, un giorno, preso da un altro raptus, commetterà un altro delitto. - Come potete sapere, voi, che quel delitto fosse premeditato? - Non è molto difficile da capire. Whyte quella sera era pedinato, e quando Fitzgerald lo lasciò, l'altro prese il suo posto, vestito come lui. . - È un argomento che non regge. Ci sono in città decine di persone che portano un soprabito ed un cappello simili. Anch'io ne ho uno. - Può darsi che abbiate ragione - rispose il dottore, un po' disorientato. Ma l'uso del cloroformio? Non si va a passeggio con del cloroformio in tasca. - Non sono del vostro parere. La discussione terminò. Chinston procedette alla visita del miliardario e, quando ebbe finito, il suo viso si era fatto grave, per quanto cercasse di Fergus Hume
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burlarsi delle paure del suo paziente. - Voi state bene - disse alfine. - Il cuore è un poco debole, ma niente di grave. Bisogna che evitiate, assolutamente, ogni sorta di emozioni. Mentre Frettby stava rimettendosi la giacca, bussarono alla porta e Madge entrò. - Brian è partito. Oh, scusate, dottore. Che? Papà è ammalato?... - No, no, fanciulla mia. Solamente ha bisogno di non agitarsi. La fanciulla vide che gli occhi del dottore smentivano le parole. - Ditemi, c'è pericolo? No, non mentite. Bisogna che lo sappia. Chinston diede uno sguardo alla porta, dietro la quale era sparito il signor Frettby, e, ponendo una mano sulla spalla di Madge, disse: - Signorina, vi dico quello che non ho avuto il coraggio di dire a vostro padre. Ha il cuore molto in disordine. - C'è pericolo?... - Una forte emozione, e il signor Frettby potrebbe rimanere fulminato. - Mio Dio!
26. La teoria di Kilsip Calton stava nel suo ufficio, intento a leggere una lettera che aveva ricevuto da Fitzgerald, e che, dal sorriso che aveva sulle labbra, si capiva doveva fargli molto piacere. Visto che ormai non vi fermate nelle indagini su questo misterioso delitto, mi sono deciso a rivelarvi tutto quello che so. Voi avete ragione, quando dite che le mie rivelazioni possono portare alla scoperta dell'assassino di Whyte. Ma quando vi avrò detto le ragioni che mi hanno spinto a mantenere questo segreto, voi non mi biasimerete. Io, però, non so con certezza chi sia l'autore del delitto, ma ho dei forti dubbi. Verrò da voi la settimana prossima e vi dirò tutto quanto seppi da Rosalind Moore... - Benissimo - fece l'avvocato, quando ebbe terminato di leggere la lettera. - Finalmente sapremo qualche cosa... e ci sarà da stupirsene... Fu bussato discretamente alla porta. - Non siete occupato? - Kilsip entrò. - Avanti, avanti, illustre! Kilsip entrò lentamente e si sedette di fronte all'avvocato, poggiando il suo cappello per terra. Fergus Hume
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- Ebbene - disse Calton - avete qualche cosa di nuovo? - Mio Dio, niente di nuovo... - E che cosa avete da dirmi, allora? - Dell'assassino di Whyte! - disse Kilsip tranquillamente. - Andate al diavolo! - fece l'avvocato dimenticando la sua dignità professionale. - L'avete scoperto? - No, ma ho un'idea. - Anche Gorby aveva un'idea. Avete delle prove sicure? - Non ancora. - Sarebbe a dire che siete sul punto di averle? - Ebbene... se io potessi... - Di chi sospettate? Kilsip si guardò attorno per la stanza, per vedere se erano soli, poi mormorò: - Di Roger Moreland! Ci fu un attimo di silenzio, poi l'agente continuò: - Vi ricordate di quello che dissero i due cocchieri, riguardo all'anello che portava l'assassino? - Un diamante alla mano destra? Ci sono decine di persone a Melbourne, che portano diamanti alla mano destra. - Ma non all'indice della mano destra!... - Ah! E Moreland porta un anello all'indice? - Sì. - Può essere una coincidenza. Tutte qui le prove? - Per ora, sì. - Ben poca cosa. - Si può giungere a molto, con una prova simile. - Nella sua deposizione, Moreland disse che dopo aver lasciato Whyte, era rimasto con il soprabito fra le mani e che gli fu rubato. - Gli fu poi veramente rubato? - Moreland disse di essere ubriaco... - Era poi veramente ubriaco? - Ditemi dove volete arrivare. - Ecco. Io ho visto Moreland all'albergo Kangaroo, presso il quale lavora come barman... - Barman?... Ma non è un gentiluomo? - Si spaccia per gentiluomo. Ebbene, quando l'ho visto io, aveva un anello d'argento all'indice della mano destra. Fergus Hume
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- D'argento? ma con un diamante... - Aspettate... Sono riuscito ad entrare nella sua camera, ma non ho rintracciato... - Il diamante? - No, il soprabito. Quando Moreland scese dalla carrozza in Powlett Street gettò il soprabito nel giardino vicino. E io devo trovarlo... - Ma come fate a sostenere che fu Moreland a commettere il delitto, se Moreland non era vestito in abito da sera? - Il cocchiere ha detto che quando l'individuo è tornato la seconda volta, aveva il soprabito abbottonato. -È vero!... - Io - fece Kilsip, alzandosi - mi metto alla ricerca di quell'indumento. Vi vedrò questa sera. A proposito, mamma Guttersnipe desidera vedervi. Sta per far ritorno a casa del diavolo, suo signore, e vuole farvi delle rivelazioni. - Bene. Vi attendo questa sera. L'agente uscì. - Che abbia realmente qualche cosa da dirmi?... Forse ha sorpreso qualche discorso tra la "Regina" e Whyte. Credo che quando Fitz si deciderà a farmi quella rivelazione, non vi sarà più nulla di nuovo per me.
27. Mamma Guttersnipe Alle otto, puntuale, Kilsip venne a prendere l'avvocato, per condurlo attraverso i bassifondi di Melbourne. Calton credeva fermamente che Rosalind Moore fosse la chiave di tutto quel mistero, e che mamma Guttersnipe avesse ricevuto delle confessioni dalla donna. - Bisogna partire subito - disse Kilsip. - La vecchia può morire da un momento all'altro, e non mi perdonerei mai di non aver approfittato della sua buona volontà. - Ditemi, di che malattia muore? Di vecchiaia? - In parte. Poi l'abuso di liquori forti... Entrarono nel vicolo, e dopo alcuni minuti giunsero alla taverna della vecchia. Salirono nella camera e scorsero mamma Guttersnipe distesa su un pagliericcio e, sedute attorno al tavolo, giocando a carte, la fanciulla che avevano visto la prima volta, con un'altra, anch'essa malamente vestita. Fergus Hume
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Al loro ingresso, quella selvaggia offrì una sedia a Calton, mentre l'altra si rincantucciava in un angolo. Il rumore che fecero i visitatori, svegliò la vecchia. Si districò dalle coperte che la coprivano, mostrando lo scheletro ricoperto di stracci. Faceva orrore. Accanto al letto si trovava la bottiglia di gin. Se ne versò mezzo bicchiere e bevve. Qualche goccia le dovette andare di traverso, poiché fu scossa da un accesso di tosse che durò fino a quando la ragazza venne a scuoterla e a farle cambiare posizione. - Che bestia golosa! - mormorò quell'amabile fanciulla guardando in fondo al bicchiere - l'avete bevuto tutto. Berreste un fiume! - Vattene al diavolo! Chi c'è qui, Lizzy? - Si riparò con una mano gli occhi per cercar di vedere i nuovi venuti. - L'uomo della polizia, ed un altro signore. Sono venuti a vedere se vi decidete ad andare all'altro mondo... - Non sono ancora morta, verme. Aspetta che mi alzi, poi vedrai come ti concio. Lizzy si mise a ridere. Kilsip la prese per un braccio e la spinse in un angolo. - Rimani lì fino a che non ti dirò io di muoverti Lizzy sollevò con una mano i capelli della fronte e stava per dire qualche insolenza, quando la compagna che era più saggia l'attirò a sé. Nel frattempo Calton si era avvicinato alla vecchia. - Desideravate vedermi? - disse dolcemente, perché nonostante tutto si trattava pur sempre di una persona morente. - Sì. - Rispose la donna stendendosi nel letto, e coprendosi sino alla testa. - Non siete un prete, è vero? Ah! Non posso soffrire quei maledetti che mi vengono attorno... non voglio morire... - Non guarirete di certo... volete che mandi a cercare un medico? - Né medici, né preti... Vorrei solo un notaio... - Ricordatevi che voglio l'orologio - urlò Lizzy dal suo angolo. - Se lo lasciate a Sal le strapperò gli occhi... - Taci! - fece rudemente Kilsip. - È più velenosa di un serpente... vipera... e pensare che l'ho nutrita col mio pane... ma... - Andiamo, calmatevi... Ditemi, cosa volevate dirmi? - fece Calton. - Non abbiate tanta fretta, diavolo. Parlerò quando voglio! L'avvocato si Fergus Hume
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avvicinò all'agente e gli sussurrò di mandare a chiamare un medico. Kilsip scrisse qualche parola su un biglietto, e lo diede a Lizzy. Nel momento in cui questa usciva, l'altra ragazza la prese per un braccio e uscì con lei. - Sono uscite tutte e due?... Bene. Così vi potrò parlare... Prese un bicchiere di gin e si alzò sul letto, incominciando a parlare in fretta, come se avesse avuto paura di morire da un momento all'altro. - Voi siete già venuti altre volte per sapere qualche cosa che riguarda "Regina" ma lei mi aveva proibito di parlare... Era orgogliosa, e conduceva una vita brillante, mentre sua madre moriva nella miseria... - Sua madre! Siete voi la madre di Rosalind Moore?... - Che io muoia sul momento, se non è vero... suo padre è morto ubriaco, ed anch'io finirò a questo... era bella e graziosa e tutti i signori si innamoravano di lei, ma lei si burlava di loro, e non si ricordava di me, fino a quando accadde... che lui... - Chi lui?... - Lui - urlò la vecchia, stralunando gli occhi - lui che è venuto con l'oro e coi diamanti... ed ha perduto mia figlia... E dire che passeggia a testa alta... che è venerato come un santo... Il maledetto!... - Di chi parla? - chiese Calton sottovoce a Kilsip. - Di chi parlo? - urlò mamma Guttersnipe - ma di lui, di Mark Frettby. - Bontà Divina! - ...sì, lui. E dopo averla sedotta, l'ha lasciata con una bambina... - Con una bambina? Chi? - Come se non la conosceste... la mia piccola Sal... Spossata dallo sforzo, la vecchia si lasciò cadere sul pagliericcio. Calton era sbalordito. Rosalind Moore, amante di Mark Frettby! D'altra parte, Calton non poteva condannare Frettby, per essere stato l'amante di Rosalind. Era allora giovane! Solo non poteva capire perché avesse abbandonato la bambina nelle mani di una donna come mamma Guttersnipe. - Lo sapeva, Frettby, che Sal era sua figlia? - No, no. Non glielo dissi... volevo vendicarmi... mostrargli come aveva allevato sua figlia... fargli vedere come si prostituiva... lui rovinò la mia Rosalind, io gli rovinai la sua figliola. - Vecchia canaglia! - non poté trattenersi dal dire Calton. - Avete sacrificato un'innocente. Fergus Hume
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- Non fatemi delle prediche... Mi ha pagata perché io tenessi segreta la relazione di lui con mia figlia... ed il prezzo è qui, sotto il cuscino, in oro... tutto per me! Calton si alzò per andarsene. Non poteva più resistere a quella scena... Stava mettendosi il cappello, quando le due ragazze tornarono, accompagnate dal medico. Questi si avvicinò alla morente, il cui volto si era coperto di un pallore bluastro che faceva presagire l'imminenza della morte. Gli occhi rientravano, a poco a poco. Il medico avvicinò un cerino alle labbra della vecchia. - Chi è? Chi siete? - la vecchia rantolava. - Il mio oro... il mio oro! Il medico si alzò. - Non vi è più nulla da fare... muore... Mamma Guttersnipe l'intese, e scoppiò in un singhiozzo lugubre. - Morta!... Morta... la mia povera Rosalind... che ama tanto sua madre... lui me l'ha portata via... maledetto... Morire, oh! - La voce terminò in un gemito. Le due ragazze nell'angolo si turavano le orecchie, volgendo la faccia contro il muro. Il medico si piegò sul letto. - Buona donna... non volete vedere un sacerdote?... Lei alzò gli occhi spenti, già velati, e con voce rauca disse: - Perché? - Perché avete poco tempo da vivere, ancora... state morendo! Mamma Guttersnipe gli si aggrappò al braccio con un gesto di terrore. - Muoio?... muoio... No, no - gemette. - Non sono preparata a morire... il demonio... Salvate... salvatemi... io ho paura... Dio... Dio mio... Il dottore cercava di svincolare il suo braccio da quella stretta, ma lei lo teneva con una forza sovrumana. - È impossibile! - fece. La donna ricadde sul letto. - Vi darò del danaro, se mi salvate... del danaro... tutto per voi... ecco guardate... Un sudore freddo le imperlava la fronte. Con uno sforzo, levò di sotto il cuscino un sacchetto di tela, lo strappò con le unghie, e ne fece uscire un mucchio di monete d'oro, che rotolarono per la stanza. Nessuno le toccò. Lei prese nelle mani qualche sterlina, che tese ai tre uomini che stavano intorno al suo letto. - Salvatemi... salvatemi... vi darò tutto... Ho venduto la mia anima, per... Fergus Hume
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questo... oro... Salvatemi... fatemi vivere!... Si udiva il singhiozzo delle due fanciulle, strette l'una all'altra nell'angolo... - Non mi guardate così... No... non mi maledite... Dio! Dio, salvatemi... Voglio vivere... datemi una Bibbia, una Bibbia... Dio bened... Muoio... Dio! Ricadde sul letto. Era morta! La luce della lanterna si rifletteva sull'oro e sul volto cadaverico della vecchia, che ora sembrava meno brutta. Riposava tranquilla! I tre uomini si ritirarono in silenzio, commossi da quel grido che mamma Guttersnipe aveva, per la prima volta e per l'ultima profferito: "Dio... salvatemi! Mio Dio...".
28. Frettby riceve una visita Già da una settimana Brian si trovava a Melbourne e ancora non si decideva ad andare a trovare Calton. Era ritornato al suo antico appartamento e non usciva che per andare in città solamente quando ve lo spingevano gli affari riguardanti la vendita dei suoi terreni. Ed anche allora prendeva una vettura chiusa, non volendo avere il piacere d'incontrarsi con gli amici d'un tempo. Sino a quando la vendita delle sue terre fosse stata conclusa, e lui avesse sposato Madge, allontanandosi definitivamente dall'Australia, non voleva riallacciare delle amicizie che gli erano odiose... e che gli ricordavano il banco degli accusati... Era obbligato ad ascoltare le massime della signora Sampson che, felice del suo ritorno, voleva esprimergli in parole, cioè in chiacchiere, tutta la sua gioia. Brian le aveva detto che non era in casa per nessuno, e di guardarsi dagli agenti di assicurazione... Un giorno, mentre la rispettabile signora gli faceva dono di uno dei suoi preziosi sermoni, pieno di ricordi e di citazioni ebraiche, fu suonato alla porta. Era un telegramma per Fitzgerald. Madge l'avvertiva che lei e suo padre erano giunti in città, e che sarebbe stata felice di poterlo avere a pranzo, quel giorno. - Eccolo tornato! Sarà obbligato a parlargli, a stringergli la mano e Fergus Hume
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sorridergli... Ah! se non fosse per Madge!... Era accaduto quello che la signorina Frettby aveva previsto. Suo padre, subito dopo la partenza di Brian, aveva espresso la sua intenzione di ritornare in città. Tutti gli invitati se ne andarono per i fatti loro. Peterson verso i laghi meravigliosi, i coniugi Rolleston erano tornati a Melbourne, dove il povero Felix fu obbligato a riprendere le sue fatiche politiche; il vecchio colono partì per l'Inghilterra, per ravvivare, come diceva lui, la serie dei ricordi della sua giovinezza. Il dottor Chinston tornò ai suoi ammalati. Madge era felice di essere ritornata a Saint-Kilda, e ora che era guarita prendeva gusto ai piccoli piaceri della vita cittadina. Quattro mesi erano passati dal giorno in cui era stato commesso il delitto di Collins Street, e nessuno più ne parlava. Correvano voci di una probabile guerra con la Russia, e le colonie si preparavano coscienziosamente a respingere gli attacchi nemici. Lo Zar delle Russie credeva di poter predare, come un tempo aveva fatto il re di Spagna nel Messico e nel Perù, le ricchezze dell'Australia. Ma non si trovava di fronte a dei selvaggi. Qui c'erano i figli di quegli eroi che l'avevano fatto tremare a l'Alma e a Balaclava. Fra questi squilli di guerra, più nessuno si occupava dell'assassinio di Olivier Whyte, ed anche la polizia aveva archiviato quel delitto tra quelli rimasti impuniti. Due persone sole in Melbourne non erano di quell'opinione: Calton e Kilsip. Questi due uomini avevano giurato di rintracciare il vero colpevole, nonostante la sua astuzia nello sviare la polizia. Kilsip sospettava Roger Moreland, l'allegro compagno di Whyte, ma i suoi sospetti non erano avvalorati da prove inconfutabili. L'avvocato non aveva sospetti, per quanto la rivelazione di mamma Guttersnipe avesse gettato una nuova luce sul mistero. Attendeva la confessione da parte di Fitzgerald di quanto Rosalind Moore gli aveva detto sul letto di morte. Sperava che, dopo di ciò, il compito di rintracciare l'uccisore di Whyte sarebbe stato facilitato. Si era a questo punto, quando il signor Frettby ritornò a Saint-Kilda. Calton attendeva la confessione di Brian, prima di agire, e Kilsip lavorava nell'ombra per procurarsi qualche prova contro Moreland. Ricevendo il telegramma della fanciulla, Brian decise di andarla a trovare quella sera, ma senza accettare l'invito a cena. Le telegrafò in Fergus Hume
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merito a questa decisione. Madge cenava sola. Suo padre era andato al circolo, dicendo di non attenderlo. Terminato di mangiare, la fanciulla si avvolse in un mantello e andò sulla veranda per attendere l'arrivo del fidanzato. Il giardino era meraviglioso, sotto la vivida luce della luna che illuminava i cipressi e le alte querce che proiettavano delle ombre misteriose sui viali. Sulla veranda, rimase alcuni istanti ad ascoltare il fruscio delle foglie che cadevano. La luna illuminava il giardino di una luce soprannaturale e, benché quegli alberi fossero a lei familiari, la fanciulla rabbrividiva ad ogni rumore, che si ripercuoteva nel suo cuore, con un suono lugubre... Si avvicinò alla fontana, e si sedette sul bordo, divertendosi a smuovere l'acqua con una mano. Ad un tratto udì il cancello del giardino che si apriva e si richiudeva con rumore assordante. Scorse un individuo, in soprabito chiaro e cappello floscio, che veniva verso di lei. - Ah, Brian! Perché siete giunto così tardi?... - Non essendo Brian, non saprei dirtelo - rispose la voce di suo padre. Madge ebbe uno scoppio di risa. - Che stupida, ti avevo scambiato per Brian!... - Veramente? - Sì, con quel soprabito e quel cappello... è facile sbagliarsi... - Ma come puoi, mia cara, scambiare un vecchio, come sono io, con un giovane come Fitz? - Ti assicuro, papà, che con quel soprabito, se tu non avessi parlato, non ti avrei riconosciuto... - È assurdo, fanciulla mia - rispose Frettby rudemente. E volgendosi, si avviò verso la casa, lasciando Madge sconcertata dal tono di voce di suo padre. Era la prima volta che lui le parlava così bruscamente, e si stava chiedendo quale fosse la causa di quel cambiamento di carattere quando udì dietro di sé un rumore di passi. Era Brian che le si avvicinava sorridendo. - Ah, siete, voi - fece mentre lui l'abbracciava. Si diressero verso la veranda. - Che stranezza - disse ad un tratto la ragazza - ho scambiato poco fa mio padre per voi. Aveva il medesimo soprabito, e il medesimo cappello... Fergus Hume
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Brian non rispose. Sentì un freddo al cuore e il suo pensiero corse verso quell'individuo che gli assomigliava, e che era salito nella notte fatale sulla vettura che portava Whyte!... - Com'è assurdo! - disse, tentando di allontanare dalla sua mente quell'idea. - Non è assurdo - fece Madge che parlava già di altre cose. - Come siete irascibile!... - Vi chiedo perdono... Dicevate? - Che il cavallo è il più nobile degli animali... - Non capisco... - Lo vedo bene. Sono cinque minuti che mi sgolo a parlare ad un uomo che è sordo... La ragazza fuggì lestamente per i viali e Brian dovette faticare un po' prima di raggiungerla, essendo lei più pratica del giardino. Però il suo sforzo fu ricompensato con un lungo bacio!... Rientrati nel salotto la fanciulla si sedette al pianoforte. Il miliardario era salito nel suo studio, lasciando detto di non disturbarlo. Brian, pensieroso, prese le mani della ragazza e le disse: - Madge, che cosa vi ha risposto vostro padre, quando credeste che fossi io. - Si è arrabbiato e se ne è andato senza salutarmi... Fitz si sedette in una poltrona. Accese una sigaretta e fece tutto il possibile per ascoltare Madge che in quel momento suonava un valzer lento di Valdteufel. Fu suonato alla porta, e si udì il domestico che accompagnava al piano superiore una persona. Quando ritornò, la fanciulla gli chiese chi avesse condotto. - Un signore che desiderava parlare con il signor Frettby, signorina. - Mio padre non voleva essere disturbato. - Sì, ma questo signore aveva un appuntamento con lui. - Povero papà! Sempre coi suoi benedetti affari!... Suonò un allegro di Offenbach. - Non riusciremo mai ad eguagliare i francesi, in questo genere di musica - fece Brian tentando di distrarre Madge, con una conversazione leggera. - Non soddisfano, affatto. - Certo che sono musiche leggere. Fergus Hume
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- Non vi è alcuna romanza che superi Barbara Alien. Venite, Fitz, cantatela. Non fu possibile al giovane far desistere la capricciosa fanciulla dal suo desiderio e dovette cantare. - Sir John Grahan era un imbecille - disse quando ebbe terminato la romanza. - Invece di morire in un modo così stupido, avrebbe dovuto sposare Barbara. - Non credo che lei fosse degna di essere sposata... - rispose Madge, attaccando un duetto di Mendelssohn. - Era una donna comune. Delusa e arrabbiata, perché non l'avevano eletta regina di bellezza... Il giovane l'ha scampata bella. Se l'avesse sposata, lei gli avrebbe sempre rimproverato di aver dimenticato di brindare in suo onore. - Lasciamo Barbara, con le sue debolezze - fece la fanciulla un po' seccamente - e cantiamo. Quel duetto di Mendelssohn era gradevole. Brian aveva appena iniziato, quando al piano superiore s'intese un grido. Madge balzò in piedi e salì le scale facendo i gradini a quattro a quattro. Giunse alla porta dello studio di suo padre. Era chiusa a chiave. - Papà! Papà! - Che c'è?... - la voce sembrava commossa. - Sono io, Madge, ti senti poco bene?... - Macché, lasciami tranquillo... La ragazza, mortificata, scese in silenzio. Brian l'attendeva in basso, piuttosto inquieto. - Che succede?... La signorina Frettby gli raccontò quello che le aveva detto il dottor Chinston a proposito della salute di suo padre. - Vi spaventate per niente - Brian, quantunque impressionato, cercava di rassicurare la ragazza. - Andiamo sulla veranda... - Le mise un mantello, e uscirono. Il giovane si mise in un punto da cui poter vedere chi usciva dalla porta. Dopo pochi minuti, Madge si era calmata. Parlarono di cose indifferenti, quando udirono dei passi ed un uomo uscì dalla casa, avviandosi verso la porta del giardino. Per quanto la sera fosse calda, aveva il collo avvolto in una sciarpa. - È un tipo freddoloso... - disse Fitzgerald cercando di distinguere i Fergus Hume
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lineamenti dell'uomo. - Chi diavolo può essere. Gran Dio! - gridò ad un tratto alzandosi bruscamente in piedi. Lo sconosciuto aveva alzato il cappello per guardare la casa. - Roger Moreland. L'uomo trasalì. Sollevò gli occhi verso la veranda, poi fuggì precipitosamente. Madge, all'esclamazione di Brian, aveva avuto un brivido. - Chi è questo Roger Moreland? - gli chiese, prendendogli un braccio. - Ah! Mi ricordo - gettò un grido d'orrore. - L'amico di Oliver Whyte? - Sì - rispose lui con voce rauca. - Era uno dei testimoni al processo!
29. La curiosità di Calton è soddisfatta Brian, tornato a casa, era in tale stato di agitazione che non poté prender sonno. Si alzò e per tutta la notte passeggiò avanti e indietro, cercando di dare una spiegazione alla causa che aveva portato Roger Moreland dal signor Frettby. Nella deposizione fatta al processo, Moreland aveva detto di essere stato tutta la notte a bere con Whyte. Ma era stato dimostrato che Roger Moreland non conosceva Frettby. Perché allora quella visita? Perché questo mistero? Che Moreland, a cui era nota la generosità del miliardario, fosse andato da lui per chiedergli qualche sussidio? Fra tutte le idee più assurde che venivano alla mente turbata del giovane, ce ne era una che non riusciva a scacciare. Che Roger Moreland fosse andato da Frettby per parlargli di una questione inerente al delitto della vettura chiusa. Così solo si poteva spiegare quel grido udito al principio del colloquio tra i due. Quello era un grido di stupore e di orrore nel medesimo tempo... Verso l'alba, Fitzgerald si gettò vestito sul letto, stanco ma non abbastanza per riuscire a prendere sonno. Rimase in quel modo sino a mezzogiorno, incapace di scacciare dalla sua mente l'immagine di Roger Moreland e di Frettby. - Madge, Madge! Non posso far nulla per risparmiarti questo dolore. Si avvicina il momento in cui saprai la triste verità! Anche quest'altra disgrazia... Oh, Dio! Che le colpe dei padri debbano sempre ricadere sui figli innocenti?... Si alzò e, dopo aver fatto un bagno, passò nel salotto. La signora Fergus Hume
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Sampson entrò portando il tè ed una lettera. Gettò un grido vedendo il viso disfatto del giovane. Riuscì, con le sue lamentele, a fare uscire dai gangheri Fitzgerald, che la scacciò un po' rudemente. La donna si consolò scendendo in cucina a discutere sul modo di prelevare i suoi risparmi dalla banca, nel caso che i russi fossero entrati in città. Rimasto finalmente solo, Brian prese la lettera. Era di Madge. Non riesco più a capire che cosa abbia papà. Dopo la partenza di Moreland si è rinchiuso nel suo studio e si è messo a scrivere. Non è sceso per il pranzo. Non vuole vedere nessuno. Ho tentato parecchie volte di entrare, ma mi ha sempre respinta. Che cosa gli ha detto Moreland, per averlo turbato a questo modo? Io temo una disgrazia. - Scrive!... - si disse Brian mettendosi la lettera in tasca. - Scrive! E che cosa scrive? La confessione della sua vita?... Che pensi a suicidarsi?... Non sarò io quello che glielo impedirà. È una cosa dolorosa, ma, in questo caso, quasi necessaria. Non potrebbe fare una cosa migliore. Malgrado la determinazione che aveva fatto di andare quel giorno da Calton, rinunciò a vedere l'avvocato, sentendosi troppo stanco. Quelle notti insonni, quel continuo pensare e tormentarsi l'animo lo avevano invecchiato di dieci anni. Quando un uomo ha una tortura morale, questa è per lui un'agonia. Le torture morali sono peggiori, a volte, di quelle fisiche. Vi marcano la fronte, vi danno un'impronta ed una piega alle labbra... Ma quando si può dormire, si resiste di più. "Il sonno", disse il saggio Sancho Panco, "avvolge ciascun uomo, come in un mantello." L'insonnia aveva prostrato Brian, che si sentiva incapace di sostenere una conversazione seria con Calton. Mandò quindi un telegramma all'avvocato, dicendogli che gli facesse la cortesia di andare da lui la mattina del giorno dopo. Avvisò contemporaneamente Madge che il giorno dopo sarebbe andato a cena da lei per rimanere in sua compagnia. Andò a letto di buon'ora e dormì di un sonno profondo. Quando si svegliò era riposato. Stava facendo colazione verso le otto del mattino, quando intese una vettura fermarsi dinanzi alla porta e quasi contemporaneamente sentì suonare. Calton entrò nella stanza qualche minuto più tardi. Fergus Hume
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- Ebbene, vi credete ancora in campagna. Vi ho atteso con una pazienza da Giobbe. - Volete favorire? - fece Fitz, indicandogli le vivande che la signora Sampson stava portando. - Che cosa mangiate?... delle uova e del prosciutto?... Hum, le idee culinarie della vostra padrona di casa sono abbastanza limitate. - Come quelle di tutte le padrone di casa. A meno che Dio non inventi qualche altro animale, gli inquilini sono condannati a mangiare uova e montone, fino alla consumazione dei secoli. - Non potreste offrirmi dell'acquavite e della soda? Fitzgerald suonò. Quando l'avvocato si fu servito, entrò subito nel cuore della discussione. - Non ho bisogno di dirvi, con quale ansietà attendo la vostra rivelazione. Vi prevengo, però, che sono già al corrente di metà del vostro segreto. - Veramente - fece Brian stupito - in questo caso, non avrei bisogno... - Sì, sì. Vi ho detto che so solamente metà di quello che sapete voi. - Quale metà? - Hum! E un po' difficile a dirsi... Ecco ora vi dirò quello che sono riuscito a sapere, e voi mi aiuterete. Dunque. No. Aspettate. Andò a verificare se la porta era chiusa, poi sedette ed incominciò: - Mamma Guttersnipe è morta! - Morta! - Di una morte orribile. I suoi urli mi rintronano ancora le orecchie. Prima di morire, mi mandò a cercare e mi disse... - Che cosa? - Che era la madre di Rosalind Moore. - Va bene. - Che Sal Rawlins è la figlia di Rosalind. - E il padre? - chiese a voce bassa Brian. - Mark Frettby. - Ah! - Ora cosa avete da dirmi voi. - Niente. - Niente? - fece Calton sorpreso. - È tutto questo, quanto vi disse Rosalind prima di morire? - Sì. - E l'avete tenuto segreto? Perché? Fergus Hume
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- Me lo chiedete - gridò Brian alzandosi in piedi. - Che cosa sarebbe stato di Madge... - Non vedo niente che possa direttamente interessare la signorina Frettby. Voi pensate, immagino, alla relazione di Frettby con l'amante... - Amante? - fece Brian alzando gli occhi in volto all'avvocato. - Allora, voi non sapete tutto! - Che cosa volete dire? Non era la sua amante? - No!... Sua moglie! Calton annuì. - Allora, mamma Guttersnipe non sapeva... - Lui aveva tenuto il segreto su questo atto. Quando poi sua moglie fuggì con un altro... - Capisco - fece l'avvocato lentamente - se Frettby era sposato legittimamente con Rosalind Moore, Madge è la figlia illegittima. - E occupa il posto che spetterebbe a Sal Rawlins, o meglio a Sal Frettby. - Poverina! Ma non riesco a capire che relazione abbia tutto ciò con l'assassinio di Whyte. - Ve lo spiego subito. Quando Rosalind abbandonò suo marito, fuggì in Inghilterra con un giovane. Stanca di lui, calcò nuovamente le scene e divenne celebre. Fece conoscenza con Whyte, vennero tutti e due a Melbourne, nella speranza di estorcere denaro a Mark Frettby. Dopo il loro arrivo, Rosalind lasciò a Whyte il compito di condurre l'affare e gli consegnò il certificato matrimoniale, che lui aveva con sé la notte in cui fu ucciso. - Allora Gorby aveva ragione? L'uomo per il quale queste carte avevano un valore, è l'assassino? - Ne dubitate? E quest'uomo è... - Non Mark Frettby - gridò l'avvocato - non Mark Frettby, in nome del cielo! Brian scosse il capo tristemente. - Sì! Mark Frettby! Ci fu qualche istante di silenzio. Calton era troppo colpito da quella rivelazione, per poter pronunciare una parola. - Quando lo avete scoperto? - disse infine. - Il giorno che veniste per la prima volta a trovarmi in prigione. Quando mi diceste che avevano assassinato Whyte per impadronirsi di alcune carte che portava con sé, pensai subito a Frettby. Fergus Hume
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- È evidente. Ed è chiaro che Frettby voleva che Madge sposasse Whyte. Era il prezzo del silenzio. Quando il miliardario ritornò sulla sua decisione, Whyte gli disse che avrebbe svelato il segreto. Mi ricordo che uscì dalla casa esasperato. E la notte stessa fu ucciso. Brian passeggiava nervosamente per la camera. - Voi immaginate l'inferno che ho sofferto, io, quando dovevo mangiare alla sua tavola, alla tavola di un assassino. Stringergli la mano, che era macchiata di sangue, sorridergli... Ah, Madge, povera piccola...! Fu bussato alla porta. Fu portato un telegramma per Brian. Il giovane l'aprì, dopo che la signora Sampson si fu ritirata. Vi gettò un'occhiata, ed emise un grido d'orrore. Calton a quel grido si volse e vide Fitzgerald sedersi su una poltrona, come se le gambe non fossero più capaci di sostenerlo. Era pallido come un cadavere. L'avvocato raccolse il foglio da terra e lesse. Allora il suo viso divenne pallido come quello del giovane, e levando la mano disse con voce grave: - E il giudizio di Dio!
30. Nemesi Gli uomini secondo una leggenda greca furono il "divertimento degli dèi". Gli dèi ispirarono nell'individuo dei pensieri malvagi, e quando quest'individuo dai pensieri malvagi passò alle azioni malvagie, loro si divertirono a seguire gli sforzi inutili della loro vittima, per sfuggire a quella divinità chiamata Nemesi, che era incaricata di punirlo. Certo quello era un vero divertimento per gli dèi, ma non credo che gli uomini si divertissero come i loro signori e padroni. Però gli uomini furono vendicati. La Nemesi, stanca di tormentare i poveri mortali, che gemevano nell'impossibilità di sfuggirle, si volse contro quegli idoli, e con un colpo li distrusse, distrusse i loro templi. Ma non aveva pensato che agendo in questo modo si tirava la zappa sui piedi. Poiché anche lei li dovette seguire, e divenne oggetto di derisione e di scherno. Gli uomini non tardarono a comprendere come la Nemesi fosse necessaria. Crearono allora una nuova divinità alla quale diedero il nome di Destino, che ritenevano responsabile di tutti i mali che accadevano loro. Fergus Hume
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Ciascuna azione, sia buona che cattiva, ha la sua ricompensa, o punizione, Mark Frettby ne era la prova. Gli errori che aveva commesso nella sua giovinezza, dovevano essere puniti, ora che era vecchio. Aveva peccato gaiamente, in quell'epoca della sua vita, quando nessuna spina intralciava il sentiero sul quale camminava. La Nemesi era rimasta spettatrice invisibile, e ora veniva a fare giustizia. Provò quello che doveva aver provato Faust, quando Mefistofele gli disse che la discesa nell'inferno sarebbe stato il prezzo di quegli anni di magica giovinezza che aveva trascorso. Il giorno in cui aveva sposato Rosalind Moore gli sembrava lontano, un sogno nella realtà della vita. Quando lei lo abbandonò, lui ebbe dei momenti di tristezza, ma si consolò pensando che una donna simile, non era degna dell'amore di un uomo onesto. Seppe poi della morte di lei, in un ospedale di Londra, e allora si sposò nuovamente. Fu quello il periodo migliore della sua vita. Quando ebbe la sventura di perdere anche quella donna, il suo affetto si concentrò sulla figlia. Non visse che per lei. Sperava di trascorrere gli ultimi anni della sua esistenza a fianco della figlia adorata, ma non fu così. Giunse dall'Inghilterra Whyte con la notizia che Rosalind Moore viveva, e che Madge era una figlia illegittima. Si sottomise dapprima a tutte le condizioni, pur di non perdere quel suo unico bene, acconsentì anche al matrimonio di Whyte con Madge, malgrado l'opposizione della ragazza, poi quando le richieste di quell'individuo divennero esorbitanti, si ribellò. Morto Whyte, respirò. Ma non doveva rimanere tranquillo per molto tempo. Apparve un nuovo conoscitore del segreto, nella persona di Roger Moreland. Il miliardario comprese che, sino a quando Moreland viveva, la sua vita non sarebbe stata altro che un tormento continuo. Sapeva che quell'uomo sarebbe stato il suo padrone, non gli avrebbe lasciato un attimo di riposo e, dopo la sua morte, avrebbe pubblicato quel documento, disonorando la memoria, tanto rispettata, di Mark Frettby! E dopo molti anni di lavoro, di opere buone, avrebbe dovuto sapere il suo nome trascinato nel fango da un personaggio come Moreland? Immaginava già di sentire i commenti dei suoi concittadini, lui, il grande Mark Frettby, celebre in tutta l'Australia per la su integrità e generosità! No, no! Questo non doveva accadere! E purtroppo, sarebbe accaduto se lui non avesse trovato un modo per sbarazzarsi di quell'uomo! Fergus Hume
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L'indomani del giorno in cui aveva avuto il colloquio con Moreland, si convinse di essere alla mercé di quell'individuo che, in un momento di ubriachezza, di furore, avrebbe rivelato il segreto. Allora si mise a scrivere. Dopo alcuni istanti, prese il ritratto della sua defunta moglie che lo aveva tanto amato, e lo contemplò con occhi commossi. Il suo spirito si riportava al tempo del loro primo incontro. Come Faust nella purezza virginale della camera di Margherita, lui, dopo una giovinezza turbolenta, era entrato nella serenità e nella tranquillità della pace domestica. La sua esistenza con Rosalind Moore, un'esistenza febbrile, gli era sembrata una vita soprannaturale... Oggi, non vi era altro mezzo per sfuggire alla inevitabile punizione. Scrivere una confessione di quello che era accaduto dal giorno in cui aveva conosciuto Rosalind, e poi... morire. Morire! Avrebbe potuto risparmiare a Madge quella rivelazione? No, perché Moreland, il miserabile, avrebbe visto la fanciulla e le avrebbe svelato il segreto. E tutta la vita di Madge sarebbe stata una vita di vergogna, per colpa del padre. No! Doveva vivere, doveva difenderla ad ogni costo, anche se avesse dovuto continuare lunghi anni con quella spada di Damocle sospesa, ogni minuto, sul capo. Tuttavia avrebbe scritto la sua confessione, e quando Dio lo avrebbe chiamato a sé, quelle carte avrebbero potuto almeno destare la pietà per un uomo così torturato dal destino. Presa questa risoluzione passò tutto il giorno nel suo studio a scrivere pagine su pagine. Da principio aveva sentito ripugnanza a vergare quelle righe, poi aveva provato quasi piacere. Descriveva tutto minutamente, mettendo in rilievo punti in cui la sua colpevolezza risultava maggiore. Era giunta la sera e lui scriveva ancora. Bussarono alla porta; era sua figlia che lo invitava a scendere per la cena. Per tutto il giorno si era rifiutato di aprirle, ma ora raccolse i fogli scritti, li rinchiuse in un cassetto di cui teneva la chiave, poi aprì. - Caro papà - disse la ragazza gettandogli le braccia al collo - che hai fatto tutto il giorno rinchiuso? - Ho scritto molto. - Non ti senti male, dopo la visita di quel cattivo Moreland? - Moreland? Come fai a sapere che si chiama Moreland? - Brian lo ha riconosciuto. Fergus Hume
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- Già... un vecchio amico di Whyte... si trova in miseria ed è venuto a chiedermi un aiuto. - Caro papà, tu sei il migliore degli uomini... "Se lei sapesse", pensava il vecchio, riassettando delle carte sulla sua scrivania per nascondere il turbamento che quelle parole gli procuravano, "se lei sapesse... Si allontanerebbe certo da me!" - Scendi cara - disse a voce alta. - Ti raggiungo subito. Quando la ragazza fu uscita Frettby prese i fogli sui quali aveva scritto la sua confessione, ne fece un rotolo, lo mise in una busta, sulla quale scrisse "La mia confessione", e la chiuse nel cassetto della sua scrivania. Quella sera fu brillante. Non gli avveniva mai di parlare molto a cena, e il cambiamento avvenuto in lui, quella sera, fu notato dai domestici. Era veramente felice. Gli pareva che con lo scrivere la sua confessione avesse allontanato lo spettro che lo aveva per lungo tempo oppresso. Madge era felice di quel cambiamento di umore, ma la vecchia nutrice irlandese scosse il capo. - Ha un'aria così strana... Non ha molto tempo da vivere. La fanciulla si burlò dei sentimenti della vecchia. Il signor Frettby andò a letto di buon'ora. La tensione di quegli ultimi giorni e l'allegria di quella sera lo avevano fiaccato. Appena posò la testa sul guanciale si assopì in un sonno profondo. Alle nove, Madge era ancora alzata. Per passare il tempo, andò nel salone e si mise al piano, suonando una canzone nuova, che era il successo del momento Gli occhi viola. Non le sembrò all'altezza della reputazione che le avevano attribuita. La gettò da parte, e si alzò. Ah, se una buona fata avesse fatto conoscere a Brian il desiderio che lei aveva di vederlo. Madge era estroversa ed espansiva, e sentiva l'ardente desiderio di avere accanto qualche persona a cui parlare. Suonò e disse al domestico di ' mandare Sal. Le due fanciulle erano divenute grandi amiche e Madge, benché più giovane, era divenuta la guida dell'altra. Sotto la sua direzione, Sal faceva dei progressi fantastici. Che strana ironia del destino aver riunito quelle due fanciulle, figlie del medesimo padre, che avevano due passati talmente differenti! Una allevata nel lusso, curata amorevolmente, l'altra vissuta in una taverna, creatura miserabile, sfiorita anzitempo, stanca di una vita piena di Fergus Hume
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miserie, indegna del suo sesso. Sal accorse alla chiamata di Madge. Il salotto era quasi buio. Una sola lampada era accesa, nell'angolo dove si trovavano le due ragazze, una piccola lampada coperta da un paralume. Erano trascorsi alcuni minuti, quando Sal, che aveva l'udito più fino di Madge, intese un rumore sordo di passi, attenuato dai tappeti, e volgendosi rapidamente vide un figura che si avvicinava lentamente. Madge pure la vide e alzandosi sorpresa scorse suo padre. Indossava una veste da camera e teneva nelle mani delle carte. - Come! Sei tu papà? - Silenzio! - mormorò Sal, trattenendola per un braccio. - È sonnambulo... Era vero. Sotto l'influenza della sovraeccitazione Frettby si era alzato, spinto da una forza misteriosa, e girava per la casa. Le due fanciulle si ritirarono nell'ombra, timorose, guardandolo attraversare il salotto. Giunto entro il cerchio luminoso, videro che deponeva sul tavolo le carte che portava. Erano in una busta azzurra, in cattivo stato, con la soprascritta in inchiostro rosso. Sal indovinò subito che si trattava delle stesse carte da lei viste in mano alla "Regina" e, comprendendo che c'era qualche terribile mistero racchiuso in quei fogli, cercò di trascinare via Madge. Il vecchio Frettby aprì la busta e ne levò un foglio ingiallito e stracciato. Lo stese sul tavolo. Madge si chinò per leggere quello che c'era scritto, quando Sal, presa da terrore, la tirò indietro. - Per l'amor di Dio! - gridò. Ma era troppo tardi. Madge aveva avuto il tempo di leggere, sul foglio "Matrimonio - Rosalind Moore, - Mark Frettby". Ad un tratto le apparve tutta l'orribile verità! Erano le carte che Rosalind aveva affidato a Whyte... a Whyte, assassinato dall'uomo per il quale quelle carte avevano importanza e... - Dio! Mio padre! Barcollò, presa da vertigine e, con un grido straziante, cadde sul pavimento. Nella caduta toccò suo padre che si trovava ancora accanto al tavolo. Bruscamente svegliato da quel grido, aprì i suoi grandi occhi allucinati, tese le deboli mani come per riprendere qualche cosa e, mentre dalla gola gli sfuggiva un rantolo, cadde accanto a sua figlia, morto! Sal, benché inorridita da ciò che aveva visto, non perdette la sua Fergus Hume
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presenza di spirito. Raccolse le carte che si trovavano sulla tavola e se le mise in tasca, poi chiamò con tutte le sue forze i domestici, che accorrevano già, spaventati dal grido di Madge.
31. Il prezzo del silenzio Appena ebbe ricevuto il telegramma che gli annunciava la morte del signor Frettby, Brian montò nella vettura di Calton, che li condusse tutti e due alla stazione di Flinder Street. Di là partirono alla volta di Saint-Kilda. Al loro arrivo trovarono la casa perfettamente tranquilla, come se nulla fosse accaduto. Sal aveva messo tutto in ordine, con una destrezza meravigliosa, e aveva già preso un tono autoritario con i domestici. Costoro, sulle prime, avevano voluto ribellarsi, conoscendo i precedenti della fanciulla, ma, dinanzi alla sua energia, avevano dovuto sottomettersi. Sal aveva fatto portare il corpo di Mark Frettby nella sua stanza ed aveva messo a letto Madge, poi aveva fatto chiamare il dottor Chinston, e Brian. Quando essi giunsero, il medico si trovava al capezzale della ragazza. - Questa piccola Sal è veramente una ragazza intelligente - fece Calton all'orecchio di Fitzgerald. - È curioso come sia padrona della situazione e sembri adattarsi all'ambiente di suo padre. Brian stava rispondendogli, quando entrò il dottor Chinston. Aveva il volto più serio del solito. - È molto ammalata. È in grave stato di shock. Non posso sciogliere la prognosi. Brian si lasciò cadere su un divano, fissando il medico con occhi inebetiti. Madge in pericolo di vita!... Forse sarebbe morta... Lei, che l'aveva sostenuto con la sua fede in quei momenti terribili... la sua fidanzata! - Andiamo, coraggio, non vi lasciate abbattere - lo rincuorò Chinston battendogli una mano sulla spalla. - Finché c'è vita, c'è speranza. Tutto quello che è umanamente possibile fare per la sua salvezza, vi assicuro che lo farò. - Qual è la causa della morte di Frettby? - chiese l'avvocato. - La rottura di un'aneurisma. Era malato di cuore. Sembra che abbia camminato nel sonno; entrando nel salotto deve aver spaventato la Fergus Hume
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signorina. Lei ha gridato ed è svenuta. Probabilmente deve averlo toccato, cadendo. Il brusco risveglio ha causato la morte. - Che cosa ha spaventato la signorina Frettby? - disse Brian a bassa voce, coprendosi il volto con le mani. - La vista di suo padre che camminava dormendo, credo. Perché lei sapeva che, svegliandolo, avrebbe messo a repentaglio la sua vita. - Disse Calton in tono deliberato. - Non ci può essere altra ragione. - Questa ragazza saprà dirvi come è accaduto l'incidente. Era presente. Fece il dottore, additando Sal che stava entrando nel salotto. Poi, dopo aver salutato Brian con parole di incoraggiamento, si allontanò. Dopo che il medico fu andato via, Calton, rivolto alla giovane, le disse: - Potete dirci, perché la signorina Frettby si è spaventata? - Sì, signore. Ero nel salotto quando il signor Frettby entrò. Ma sarebbe meglio andare di sopra, nello studio. - Perché? - chiese Calton, sorpreso, seguendo la ragazza con Fitz. - Perché - gli rispose lei, quando furono entrati nello studio del signor Frettby - non voglio che altre persone, all'infuori di voi, sappiano ciò che sto per dirvi. - Ancora un mistero - fece Calton. - Il signor Frettby - continuò la ragazza - era andato a letto presto ieri sera. Noi eravamo in salotto a chiacchierare, quando lo vedemmo entrare in veste da camera, tenendo delle carte in mano. I due uomini trasalirono. - Attraversò il salotto ed avvicinandosi al tavolo, che era rischiarato dalla lampada, vi posò sopra le carte. Madge le guardò, prima che io la potessi trattenere e subito gettò un grido e cadde. - E le carte? - chiese Calton. Sal senza rispondere le tolse di tasca e gliele porse. Brian si chinò per esaminarle. Entrambi gettarono un grido scorgendo il contratto matrimoniale, che sapevano doveva trovarsi addosso a Whyte, la notte in cui era stato assassinato. I loro sospetti avevano una conferma. Calton piegò le carte e se le mise in tasca, poi, fissando Sal, le disse: - Voi sapete cosa vogliono dire questi fogli? - Non ho potuto fare a meno di vederli... provano che Rosalind Moore, era la moglie del signor Frettby, e... - E?... - fece Brian con voce rauca. Fergus Hume
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- E... sono le carte che lei diede a Whyte... - Quindi... Sal tacque un istante, poi sollevando la testa disse: - Credete dunque che io sia capace di "cantare"? - Nell'indignazione lei aveva cominciato a parlare nel linguaggio di Burke Street. - So quello che sapete voi, ma, che Dio m'assista, rimarrò più silenziosa di una tomba. - Grazie - fece Brian prendendole una mano. - Voi l'amate troppo per tradire questo orribile segreto. - Dopo che mi ha levata dal fango io dovrei rivolgermi contro di lei?... Io, una povera ragazza, senza un amico, senza parenti, ora che mia nonna è morta? Calton sollevò gli occhi. Evidentemente Sal ignorava che Rosalind Moore era sua madre! Tanto meglio! La si sarebbe lasciata nella sua ignoranza. - Ora bisogna che salga presso la signorina Madge - fece la ragazza, avviandosi verso la porta. - Potrebbe darsi che nel delirio dicesse qualche cosa... Non lascerò entrare nessuno nella stanza. - La bontà di Madge verso questa povera ragazza dà i suoi frutti - fece Calton in tono solenne. - La riconoscenza è la più rara delle virtù. Brian non gli rispose. Pensava alla sua amata che era in punto di morte, e che lui non poteva soccorrere... - Ebbene? - fece seccamente l'avvocato. - Vi chiedo scusa... Credo che si debba leggere il testamento, per prendere tutte le disposizioni necessarie. - Sì. Io sono uno degli esecutori. - E gli altri? - Voi, e Chinston. Possiamo esaminare le carte e vedere se sono in regola. - Certo - rispose meccanicamente Brian, i cui pensieri erano altrove. Si era avvicinato alla finestra e guardava nel giardino, quando un'esclamazione dell'avvocato lo fece volgere. Calton teneva fra le mani un rotolo di fogli. - Guardate, Fitzgerald, guardate! - gridava tutto eccitato. - È la confessione di Frettby. Brian avanzò verso il legale. Finalmente il mistero di Collins Street sarebbe stato chiarito! Quelle carte, senza dubbio, contenevano la confessione del delitto ed il perché era stato commesso. Fergus Hume
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- Certo bisognerà leggerla - fece in tono esitante, sperando che Calton gli dicesse di distruggerla immediatamente. - Sì, bisogna che noi suoi esecutori testamentari la leggiamo. Poi la distruggeremo. - Sarebbe meglio. Ormai Frettby è morto e la legge nulla può. È uno scandalo inutile. Ma che dirà Chinston? - Bisogna metterlo al corrente di tutto, tanto indovinerebbe ascoltando il delirio di Madge. Quello che mi preoccupa è se farla leggere anche a Kilsip. - L'agente investigativo? Perché? - Perché Kilsip è assolutamente convinto che l'assassino sia Moreland. - Ebbene! Accada quel che deve accadere - sospirò il giovane giungendo le mani. - La si finisca questa storia.... spero che nessun altro la venga a sapere. Quel Moreland... - A proposito - l'interruppe Calton - non mi avete detto che Moreland ha fatto una visita al defunto Frettby l'altra sera? - Sì, e mi domando perché. - C'è una sola risposta. Deve aver visto Frettby lasciare la vettura e sarà venuto per pretendere il prezzo del silenzio. - L'ha ottenuto? - Non è difficile accertarsene. - Calton prese dal cassetto segreto il libretto degli assegni del miliardario. Trovò l'ultimo talloncino che non portava cifre. - Non è stato così sciocco da lasciare una traccia mettendo la cifra sulla matrice... - Ebbene che dobbiamo fare? - Lasciargli riscuotere l'assegno. Sono sicuro che, dopo di ciò, filerà più che in fretta da Melbourne. Può darsi che sia già partito. - E Chinston? Dobbiamo vederlo. - Telegraferò tanto a lui quanto a Kilsip, dando loro un appuntamento per questo pomeriggio verso le tre nel mio studio. Così termineremo questo affare. - E Sal? - Già, l'avevo dimenticata - fece Calton in tono perplesso. - Lei non sa nulla. - Ma Sal è la legittima erede di suo padre? - Questo dipende dal testamento. Se specifica che lascia la sua fortuna a Fergus Hume
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"Mia figlia Margaret Frettby", Sal non ha nulla da reclamare. - E che cosa faremo allora? - Siccome lei ignora chi siano i suoi genitori, noi le doneremo una bella somma. Non sarà difficile trovare un buon pretesto. - Nel caso contrario, io sposerò Madge anche senza un soldo. - Mio caro ragazzo - disse Calton battendogli amichevolmente una mano sulla spalla - sposando Madge Frettby, voi avrete ciò che vale di più di tutto al mondo: un cuore d'oro!
32. De mortuis nil nisi bonum! Non c'è di certo che l'imprevisto, dice un proverbio francese, ed è vero, al giudicare dalle cose inattese che accadono ogni giorno. Se qualcuno avesse detto a Madge che l'indomani sarebbe stata a letto, in pericolo di vita, si sarebbe burlata di quel profeta del malaugurio. E invece era proprio così. Sal, seduta accanto al suo letto, ascoltava giorno e notte quelle parole penose, incoerenti, che la poverina pronunciava nel delirio. Madge non cessava di supplicare suo padre a discolparsi, a salvarsi. Invocava Brian, cantava brani di canzoni... La povera Sal era spaventata nel vederla in quello stato. Nessuno, tranne il dottor Chinston, poteva entrare nella camera dell'ammalata. - C'è del sangue nelle sue mani!... - urlava la poverina, sollevandosi sul letto. - Del sangue rosso e tu non puoi lavarle... Oh, Caino... Che Dio gli perdoni... Brian, voi non siete colpevole... È mio padre che l'ha ucciso... Mio Dio... Ricadde sul guanciale scoppiando in singhiozzi. - Che cosa vorrà dire? - chiese il dottore, spaventato da quelle ultime parole. - Niente - rispose seccamente Sal. Chinston non replicò. Rientrando a casa sua trovò il telegramma di Calton. Quell'appuntamento d'affari lo stupì un poco, e quando giunse all'ora fissata nell'ufficio dell'avvocato, vide una terza persona, oltre a Calton e a Fitzgerald. Gli fu presentata come il signor Kilsip del distretto di polizia. Solo allora il degno dottore cominciò a capire che se c'era bisogno di un agente investigativo per l'apertura di un testamento, vi era Fergus Hume
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qualche cosa di misterioso. L'avvocato, dopo aver chiuso la porta, andò a sedersi al suo posto. - Prima di tutto - disse - devo informarvi, caro dottore, che voi siete uno degli esecutori testamentari del defunto signor Frettby, gli altri siamo Fitzgerald ed io. Ora - continuò l'avvocato, senza fare attenzione a Chinston che voleva interromperlo - vi ricordate di quel delitto di Collins Street? - Sì. Ma non vedo che rapporto abbia quel delitto col testamento del povero Frettby! - Nessun rapporto col testamento. Ma Frettby fu immischiato in quel delitto. Chinston guardò Fitzgerald, che scosse tristemente la testa. - Non ha alcun rapporto col mio arresto. Ad un tratto il medico ricordò le parole pronunciate da Madge nel delirio. - Che volete dire - balbettò - in che modo fu immischiato nel delitto? - Non posso dirvi altro, se non dopo aver letto la sua confessione. - Ah! Ah! - fece Kilsip divenendo più attento. - Sì - disse Calton volgendosi all'agente. - I vostri sospetti su Moreland sono caduti, perché l'assassino di Oliver Whyte è stato scoperto! - Scoperto? - gridarono insieme Kilsip e il dottore. - Sì e si chiama Mark Frettby! Kilsip si accontentò di sorridere, mentre Chinston si alzava furiosamente. - È mostruoso! Non voglio rimanere più oltre a sentire una così odiosa accusa contro un mio amico morto. - Disgraziatamente, è vero - fece Brian. - Come osate parlare a questo modo, voi che state per sposare sua figlia?... - Non vi è che un mezzo per chiarire la questione. Leggere la confessione del morto - disse Calton. - Ma perché alla presenza di questo poliziotto? - fece il dottore con cattivo garbo. - Perché desidero che senta lui con le proprie orecchie che Frettby è l'assassino e non continui nelle indagini. - Non prima di averlo arrestato - disse Kilsip. - Ma se è morto? Fergus Hume
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- Io parlo di Roger Moreland. Lui, e non altri, ha ucciso Whyte! - Questo è più verosimile - fece Chinston. - Vi dico di no. - Gridò energicamente Calton. - Dio sa se vorrei che il nome di Mark Frettby rimanesse illibato. Vi ho appunto riuniti, perché, dopo aver letto la confessione, la si bruci. È perfettamente inutile che la gente sappia chi è l'assassino di Whyte. Tanto non sarebbe di giovamento a nessuno. In quanto a voi - si rivolse a Kilsip - abbiate la cortesia di dare un'occhiata a queste carte che furono trovate in mano a Frettby quando morì. Il viso di Kilsip si protese. - Che cosa sono queste carte? - Il certificato matrimoniale di Rosalind Moore, la donna che morì nella taverna di mamma Guttersnipe, con Mark Frettby. Kilsip si stupiva raramente, ma questa volta non trovava le parole, tanto era emozionato. - Sapete che Moreland - continuò Calton in tono trionfante - andò a trovare due giorni fa il povero Frettby? Per minacciare di denunciarlo se il miliardario non gli avesse dato una somma conveniente di danaro. Moreland aveva evidentemente visto la notte del delitto Frettby lasciare Whyte. - Strano... Strano - mormorò Kilsip. - Ma perché Moreland ha atteso tanto tempo? - Non lo so. Forse troveremo la spiegazione in queste carte. - Leggete, leggete - fece il dottore. - Un momento. - Kilsip trasse di sotto la poltrona un pacco che svolse. - Se la vostra teoria è giusta, che cosa potete dire di questo indumento? - Il soprabito di Whyte? - Proprio, il soprabito di Whyte. Che io ho trovato in un giardino di Fitzroy... Calton rimase in silenzio, e l'agente trasse da una delle tasche del soprabito una bottiglietta. - Ho trovato anche questa. - Il cloroformio - dissero gli astanti indovinando il contenuto di quella bottiglia. - Cloroformio... e c'è anche l'etichetta, col nome del farmacista che l'ha venduta. Sono stato da quel signore ed ho saputo chi aveva acquistato questo veleno. Fergus Hume
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- Frettby... - mormorò Calton. - Moreland, Moreland! - balbettò il dottore. - Né l'uno, né l'altro - rispose Kilsip con calma. - Ma Oliver Whyte. - Oliver Whyte? - Il farmacista ha registrato il nome del cliente il giorno che ha comperato questa bottiglia. Ed è il giorno antecedente al delitto. -È assurdo... secondo voi, Moreland ha seguito Whyte e l'ha assassinato? - Come mai ho trovato questo soprabito in un cespuglio, mentre Moreland asserisce di averlo portato con sé? - Gli fu rubato. - Forse un complice - disse Brian. - Sentite, signori - disse il signor Chinston, - non sarebbe meglio se, invece di fare delle congetture, leggessimo questa confessione?... - Avete ragione - rispose Calton, e si accinse a leggere.
33. La confessione Scrivo queste memorie, per chiarire le circostanze in cui fu commesso il delitto di Collins Street. Fitzgerald venne imprigionato ed assolto, io gli devo questa confessione, per quanto dai cambiamenti di modi a mio riguardo io arguisca che lui sappia qualche cosa su questo delitto. Ma prima di giungere al delitto, devo raccontare il principio della mia vita coloniale e gli avvenimenti successivi. Se sarà necessario, un giorno, che queste memorie debbano divenire di dominio pubblico, non mi oppongo, purché sia nell'interesse della giustizia. In caso contrario, vorrei che venissero distrutte, non solo per la mia reputazione, ma per l'avvenire della mia povera figlia Margareth, che ha addolcito i miei ultimi giorni, rendendomi la vita sopportabile. Giunsi nel New Galles del sud. Ero impiegato negli uffici di un negoziante di Londra. Ma volevo tentare la fortuna, valicai l'Oceano e partii incontro ad una nuova vita. La morte di una zia di mia madre che mi lasciò qualche centinaio di sterline affrettò la mia decisione. Giunto in Australia rimasi per qualche tempo a Sidney, poi venni a Port-Phillip, oggi Fergus Hume
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conosciuto come Melbourne, e mi ci stabilii definitivamente. Mi resi subito conto che mi trovavo in una terra del futuro, per quanto allora questa contrada non fosse frequentata che da cercatori d'oro. Quando incominciò la caccia all'oro, io ero già proprietario di un certo numero di terre ed ero qualcuno nella colonia. Divenni, in breve volgere di tempo, ricco, ed abbandonata la vita febbrile della città, mi ritirai nella mia proprietà di campagna. Ma la vita della campagna mi stancò ben presto e venni nuovamente a Melbourne a divertirmi con gli amici. La vita notturna mi attirava. Fu appunto durante una festa che conobbi Rosalind Moore, la donna che doveva essermi fatale. Era una soubrette. Non era una bella donna, cioè non aveva lineamenti fini e delicati, ma aveva un fascino che ammaliava. Dapprima io non la guardai neppure, anzi mi burlavo dei miei compagni per la loro adulazione ridicola. Ma quando la conobbi, fui il più incosciente degli adulatori. Mi informai sulla sua vita privata e seppi che era irreprensibile, grazie alla vigilanza di sua madre. È inutile dire dell'epoca del fidanzamento. Vi basti sapere che la mia passione era così ardente che decisi di sposarla. Avevo messo la condizione che il matrimonio sarebbe stato tenuto segreto fino al momento in cui io avessi creduto opportuno renderlo pubblico. Viveva ancora mio padre, rigido presbiteriano, e non avrebbe mai approvato le mie nozze con un 'attrice. Era vecchio e malato, e temevo che, se avesse saputo del mio matrimonio, sarebbe morto dal dispiacere. Dissi a Rosalind che l'avrei sposata, ma che doveva abbandonare sua madre, una megera, con la quale mi sarebbe stato impossibile vivere. Siccome io ero ricco e giovane, Rosalind accettò di sposarmi. Non disse alla madre che eravamo uniti legalmente, il perché di questo segreto non l'ho mai saputo. Quando la donna seppe che vivevamo insieme, andò su tutte le furie, ma per poco, perché con una grossa somma di denaro, l'acquietai. Ci ritirammo in campagna, vivendo per qualche tempo Fergus Hume
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tranquilli. Vedendo come fosse degradante, per me e per lei, che i miei amici ritenessero Rosalind la mia amante, decisi di far sapere che eravamo sposati, ma questa volta fu Rosalind che si oppose. Nacque una bambina e, per qualche tempo, la mia donna fu sollecita e premurosa verso la piccina, ma ben presto si stancò di lei, di me, della campagna. Voleva ritornare alle scene. Io mi opposi fermamente. Da quel giorno non facemmo che litigare, ed io cominciai ad assentarmi da casa, a volte anche per dei giorni. Vicino alla mia proprietà, viveva un mio amico, Frank Kelly, giovane e ricco; io lo amavo come un fratello. Credendo che Rosalind fosse la mia amante, approfittò delle mie frequenti assenze per farle la corte, e riuscì così bene che un giorno tornando alla mia casa, la trovai deserta. Mia moglie mi lasciava uno scritto, nel quale diceva che non mi aveva mai realmente amato, avendomi sposato solo per la mia fortuna. Aveva preso con sé sua figlia, e ritornava alla sua vita del teatro. Diceva anche che avrebbe mantenuto il segreto sulla nostra unione. Disgustato, mi gettai in una vita di bagordi e di dissipazioni ed in breve riuscii a dimenticare quell'episodio, tanto che, a volte, dubitavo di essermi mai sposato con quella donna. Feci quella vita per dieci mesi e fui fermato su quella china pericolosa da un angelo. Era la figlia di uno dei medici più stimati di Melbourne. Non potevo sposarla senza prima sapere che cosa fosse avvenuto di Rosalind. Scrissi a Londra e mi rispose un medico, dicendomi che mia moglie era stata investita in una via della città e portata all'ospedale era morta subito. Mi inviò il certificato di morte e dei giornali che riportavano l'incidente. Mi credetti libero e sposai la donna che amavo. Incominciò il periodo più felice della mia vita. Un giorno venne da me la madre di Rosalind che stentai a riconoscere nella vecchia megera che mi stava dinanzi. Si era abbruttita sempre più, arrivando a vivere in una taverna della via più malfamata di Melbourne. La vecchia mi disse che la piccina era morta, non avendo Rosalind lasciato alcun denaro per il mantenimento. Fergus Hume
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Io feci promettere che non avrebbe parlato con nessuno del periodo che avevo trascorso con sua figlia. Le passai una rendita che le permettesse di vivere agiatamente. Gli anni passarono, ed i miei affari andavano di bene in meglio. Quando tutto sembrava sorridermi, mia moglie morì. La vita divenne per me inutile, e, se, non avessi avuto mia figlia, non avrei resistito al desiderio di seguirla nella tomba. Un giorno giunse dall'Irlanda un giovane che aveva delle lettere di raccomandazione per me: Brian Fitzgerald. Mi accorsi subito che mia figlia aveva molta simpatia per lui. Lui se ne innamorò pazzamente. Accarezzavo già la speranza di un matrimonio tra i due, quando degli avvenimenti imprevisti vennero a sconvolgere tutti i miei piani. Oliver Whyte, un londinese, venne un giorno a trovarmi. Mi disse che non era vero che mia moglie fosse morta. Era vera la storia dell'incidente, ma, dopo una breve degenza all'ospedale, ne era uscita guarita. Il medico che la curava, essendosi innamorato di lei, mi aveva mandato un falso certificato di morte. Quel medico poi era morto prima di sposarla e Rosalind non si era data la pena di smentire la notizia della sua morte. Avevo saputo che si era data all'operetta ed era conosciuta con il nome di Musette. Whyte la aveva incontrata a Londra, era divenuto il suo amante, e lei gli aveva narrato tutti i trascorsi della sua vita. Essendo già avanti negli anni, Rosalind aveva dovuto cedere il passo a delle attrici più giovani. Whyte le aveva consigliato di venire con lui in Australia e cercare di ottenere da me del denaro. Il miserabile mi disse queste cose con la massima impudenza, ed io, sapendo che lui era al corrente del segreto della mia vita, non gli risposi come avrebbe meritato. Whyte mi impose allora delle condizioni: in primo luogo dovevo dare una grossa somma di denaro a Rosalind; secondariamente lui avrebbe sposato Madge. Mi rifiutai energicamente a questa seconda proposta, ma dopo Fergus Hume
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le minacce che mi fece di pubblicare la storia del mio matrimonio, che avrebbe posto Madge nella condizione di figlia illegittima, cedetti anche in questo. A partire dal quel momento lui frequentò la mia casa, e fece la corte a Madge, non intimidendosi della freddezza con la quale la fanciulla lo accoglieva. Mia figlia non si piegò alle mie preghiere, e rifiutò assolutamente di sposare Whyte, dicendo che amava Fitzgerald e non avrebbe sposato altri che lui. Mi decisi quindi a dire a Whyte che mi era impossibile accondiscendere a quella seconda proposta. Lui si infuriò, e la sera medesima in cui fu ucciso venne da me per mostrarmi il certificato matrimoniale, nel quale si leggeva il nome accanto a quello di Rosalind. Lo scongiurai di non fare alcun passo, lui mi diede due giorni di tempo. Rimasi atterrito! Non avevo che una probabilità di riavere quel certificato. Seguii Whyte in città e lo vidi incontrarsi con Moreland, ed andare a bere assieme. Entrarono in un albergo di Russel Street. Quando verso mezzanotte e mezza Oliver uscì, era completamente ubriaco. Lo vidi costeggiare la chiesa scozzese ed arrestarsi vicino al monumento di Burke e Will, appoggiandosi ad un lampione. Pensai che mi sarebbe stato facile, nelle condizioni in cui si trovava, prendergli il documento, senza che lui facesse la minima resistenza. Stavo per avvicinarmi, quando scorsi un giovane con un soprabito chiaro, io non sapevo che fosse Fitzgerald, chinarsi su di lui e chiamare una vettura che in quel momento passava. Vista perduta la partita, tornai a Saint-Kilda con la disperazione nel cuore. Si può immaginare come trascorsi la giornata seguente, sempre nel timore che Whyte mettesse in esecuzione le sue minacce. Invece non si produsse alcun incidente. Stavo per rassicurarmi che il miserabile non avrebbe avuto il coraggio di compiere una azione simile quando appresi la notizia del suo assassinio. Fui spaventato, perché temevo che si trovasse il documento che Fergus Hume
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sapevo aveva con sé. Invece non si trovò nulla. Subito pensai che l'assassino lo avesse preso, e che, un giorno o l'altro, mi sarebbe comparso dinanzi ricattandomi. Fitzgeraldfu arrestato, poi liberato perché innocente. Pensai quindi che il documento fosse andato perduto. Tuttavia continuai a temere. Ed avevo ragione di temere, perché due giorni fa Roger Moreland, venne a trovarmi e, mostrandomi il certificato, me l'offrì per la somma di cinquemila sterline. Indignato, l'accusai di aver assassinato Whyte, dapprima negò, poi finì per confessare, dicendo che se io lo avessi denunciato, sarei stato disonorato. Dovevo lasciare il miserabile impunito? O dovevo proclamare l'illegittimità della mia figlia adorata? Consentii a tacere. Gli consegnai un assegno di cinquemila sterline, facendogli giurare di abbandonare subito Melbourne e le colonie. Lui mi rispose di star sicuro che era sua intenzione cambiare aria. Quando mi ebbe lasciato, riflettei all'orrore della mia posizione. Avevo deciso di togliermi la vita, ma Dio mi ha salvato da questo delitto. Non ho distrutto il certificato del matrimonio con Rosalind Moore, ma lo unisco a questa confessione. Ho scritto questa confessione perché dopo la mia morte non si accusi nessun altro dell'assassinio di Oliver Whyte. Temo che Moreland non riceverà la punizione che si merita, perché quando si leggeranno queste note lui sarà lontano dall'Australia, e se ne saranno perdute le tracce. Chiedo perdono dei miei errori, alla mia cara figlia Margaret. Lei vedrà che le circostanze furono più forti di me. Possa perdonarmi, come spero che Dio, nella sua infinita misericordia, mi perdoni! Possa venire qualche volta a pregare sulla mia tomba e non giudichi troppo severamente il suo sventurato padre.
34. La mano della giustizia La voce di Calton si alterò leggermente, leggendo quelle ultime parole. Fergus Hume
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Posò il manoscritto sulla scrivania, fra un silenzio mortale. Brian fu il primo a parlare. - Grazie a Dio! - fece in tono solenne. - E innocente. - Finalmente l'enigma è chiarito! Kilsip ascoltava gli elogi sul defunto, gioendo nel suo intimo di aver avuto ragione nel dubitare che l'assassino di Whyte fosse un altro. - Vedete, signore - disse finalmente rivolto a Calton - che avevo indovinato? - Mi dichiaro battuto. Ma ora? - Vado immediatamente ad arrestare Moreland. Ci fu un silenzio di pochi minuti, poi Calton prese di nuovo la parola. - Già, non si può fare diversamente. Povera giovane! - Sono desolato per la signorina, ve lo giuro - disse l'agente a voce bassa. - Ma voi comprendete che è impossibile che lasci sfuggire un delinquente per una semplice ragione sentimentale... - Certo. - Osservò vivamente Fitzgerald. - Moreland deve essere arrestato immediatamente. - Ma parlerà - gridò Calton - e allora tutti sapranno la storia... - Così sia! - replicò Brian in tono risoluto. - Quando Madge si sarà ristabilita, lasceremo l'Australia per sempre. - Ma... - La conosco meglio di voi, e so che anche lei sarebbe della mia opinione. Arrestate l'assassino, signor Kilsip, e che giustizia sia fatta! - Fate - sospirò l'avvocato. - Vorrei sapere, ora che abbiamo deciso di arrestarlo, come faremo. È ancora a Melbourne? - Certo. Sono due mesi che lo sorveglio, ed ora uno dei miei agenti lo segue ovunque vada. - Allora sapete se è già andato ad incassare l'assegno alla banca? Kilsip rifletté un istante. - Non vi nascondo, che sono un po' inquieto, dal momento che voi mi avete detto che ha ricevuto un assegno di tanto valore. - Allora, è stato alla banca? - Sì, alla propria banca. Però non credo che l'abbia già incassato. L'assegno ha dovuto tornare alla banca del signor Frettby, e in questo frattempo il signor Frettby è morto, perciò la banca avrà rifiutato di pagarlo. - Mi domando che cosa si debba fare. Fergus Hume
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- Bisogna andare subito dal direttore della banca. Voi siete gli esecutori testamentari... - Ma mio caro, il direttore della banca non sa ancora chi sono gli esecutori testamentari. Il testamento non è ancora stato aperto. - C'è l'avvocato del defunto. Immagino che lui sappia chi sono. - Guardate! Io sono sicuro che Moreland non si accontenterà di sorridere quando si sentirà ripetere che l'assegno non può essere pagato. Sicuramente andrà dai legali del defunto signor Frettby. Io telefono ai signori Thinton e Tarbit avvertendoli che, quando il signor Moreland si presenterà al loro ufficio, lo mandino da me. - Eccellente idea! - gridò Kilsip fregandosi le mani. - Così quando viene io l'arresto... - Ma il mandato? - l'interruppe Brian. - L'ho già in tasca. - Per Giove! Eravate ben certo della colpevolezza di Moreland! - Certo che lo ero. Quando dissi al magistrato di aver trovato il soprabito di Whyte, riportandomi alla testimonianza di Moreland al processo, non ebbi difficoltà ad ottenere il mandato. - Le quattro e mezzo - fece Calton, guardando l'orologio, prima di uscire. - Credo sia un po' tardi per arrestare oggi Moreland. Intanto io vado da quei signori. Il tempo di andare e tornare. Può darsi che gli avvocati abbiano qualche notizia importante da darmi. Non erano trascorsi dieci minuti, che si udì una vettura fermarsi al portone e poco dopo Calton si precipitò nell'ufficio, chiudendo subito la porta. - La fortuna è dalla nostra parte. Moreland, come aveva previsto Kilsip, è andato dai signori Thinton e Tarbit, e non avendoli trovati ha detto che sarebbe andato alle cinque. Ho avvisato l'impiegato che appena lo vede me lo conduca immediatamente. Quindi non abbiamo molto tempo da attendere. - Sì, se lui è abbastanza pazzo da venire - disse Chinston. - Oh, verrà! - fece Kilsip, giocherellando con un paio di manette. - È tanto soddisfatto della riuscita della sua macchinazione che cadrà nella rete a testa bassa. Cominciava ad imbrunire. I quattro uomini rimasero silenziosi per alcuni minuti, in preda ad un'agitazione che invano cercavano di nascondere. Fergus Hume
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- Che trama, per un dramma! - disse finalmente Brian. - Solamente - rispose Chinston - è reale, anche nella parte del primo attore che, all'ultimo atto, sta per essere divorato dai leoni. - A ogni modo sarà la sua ultima apparizione sulla scena - disse Calton, mentre Kilsip al suo fianco cantarellava un motivo d'opera accompagnandosi col tintinnio delle manette che teneva fra le mani. L'agente non stava più in sé dalla contentezza. Che dirà Gorby?... Gorby che aveva rinnegato la sua idea come assurda, facendo delle matte risate alle sue spalle?... Gorby che fin dal principio si era così grossolanamente sbagliato! Se solamente... Un rumore di passi si udì nella strada... - Silenzio! - zittì Calton. - Eccoli! Kilsip si avvicinò con precauzione alla finestra e guardò attraverso le fessure. Poi, volgendosi verso gli altri, fece con la testa un segno affermativo, mettendosi le manette in tasca. In quel momento si sentì bussare alla porta, e dopo che Calton ebbe detto: "avanti", entrò l'impiegato dei signori Thinton e Tarbit, seguito da Roger Moreland. Quest'ultimo esitò un attimo vedendo che Calton non era solo, ma poi, convincendosi che non era possibile si sapesse il suo segreto, avanzò. - Signore - disse l'impiegato all'avvocato - ecco la persona che desiderava parlarvi a proposito dell'assegno. - Ah, benissimo - ripose Calton con grande calma. - Sono felice di vederlo. Voi potete ritirarvi. L'impiegato salutò e uscì chiudendo la porta. Moreland si sedette di fronte all'avvocato, volgendo la schiena all'entrata. Kilsip, mentre il legale parlava, attraversò con aria indifferente la stanza e chiuse la porta a chiave. - Voi desideravate vedermi? - chiese Calton. - Sì, ma... vorrei parlarvi da solo - rispose Moreland che cominciava a sentirsi a disagio. - Potete parlare senza alcun timore. Questi signori sono miei amici. - Che siano vostri amici mi è indifferente - fece Roger in tono insolente. - Io desidero parlare a voi solo. - Non pensate che sarebbe una cosa... simpatica, conoscere questi signori? - fece Calton senza rimarcare il tono di voce dell'altro. Fergus Hume
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- Che il diavolo si porti i vostri amici! - replicò Moreland furioso. Si alzò. Calton rise. - Lasciate che ve li presenti: il dottor Chinston, il signor Kilsip, il signor Brian Fitzgerald. Moreland divenne pallido. Balbettò: - Fitzgerald... io... io... che cos'è questo? Aveva scorto il soprabito di Whyte, sporco di fango, che si trovava su una sedia accanto. L'aveva subito riconosciuto. - Questa è la corda che vi impiccherà - disse Kilsip avanzando. Assassino di Olivier Whyte! - Sangue di... - gridò il miserabile. Si volse di scatto e, trovandosi di fronte a Kilsip, gli saltò alla gola, e tutti e due rotolarono sul pavimento. Ma Kilsip era più forte. Dopo una lotta di qualche minuto, riuscì a mettergli le manette, nonostante la resistenza accanita del delinquente. Gli altri avevano assistito a quella scena da spettatori impassibili, sapendo bene che Kilsip non aveva bisogno di aiuto. Vedendo inutile ogni resistenza, Moreland sembrò rassegnato. - Maledizione! La pagherete per questa imboscata - sibilò. Aveva il viso sfatto, pallido. - Voi non avete prove... - Lo credi?... Sei in errore, mio caro. Guarda - Calton gli mostrò la confessione. - Questi fogli sono stati scritti da Frettby, prima di morire. - È una menzogna! - Lo vedremo - fece seccamente l'avvocato. - Intanto tu andrai a prendere in affitto una stanza nelle prigioni di Melbourne. - Può darsi che prenda la stessa stanza che avete occupato voi - ghignò il miserabile rivolto a Fitzgerald. - In questo caso, non mi dispiacerebbe... Brian non rispose. Prese il cappello e i guanti, e si dispose a partire. Moreland gli gridò in tono feroce. - Un momento... vedo che non ho più nulla da guadagnare, e non sarò vigliacco... Pagherò! Se non fossi stato così bestia, avrei incassato l'assegno il giorno dopo, ed a quest'ora sarei lontano. Dopo tutto... - la sua voce aveva un tono amaro - forse è un bene che tutto sia finito a questo modo. Dopo l'uccisione di Whyte, la mia vita è divenuta un inferno... - Allora vi riconoscete colpevole?... Moreland alzò le spalle. - Vi ho detto che non sono un vigliacco... Sì, sono stato io ad ucciderlo... Fergus Hume
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Quando quella sera Whyte mi disse che Frettby non voleva più acconsentire al suo matrimonio con Madge, e mi mostrò il documento col quale sperava rimuovere la resistenza del vecchio, pensai subito che se avessi potuto avere fra le mani quel documento mi sarei fatto dare dal miliardario una bella sommetta. Quando Whyte, ubriaco, mi lasciò, indossai il suo soprabito, e lo seguii. Vi vidi - si rivolse a Brian - quando chiamaste la vettura. Mi nascosi, e appena ve ne foste andato mi slanciai verso Whyte, giungendo nell'istante in cui il cocchiere lo stava spingendo nell'interno. Giuro che non avevo l'intenzione di ucciderlo. Volevo solo prendergli il documento. Però, quando vidi che opponeva resistenza e cominciava a gridare, mi ricordai del cloroformio che aveva nella tasca del soprabito e inzuppai il fazzoletto. Poi tentai ancora di appropriarmi del documento, senza usargli violenza, ma vedendo che non, riuscivo, applicai il fazzoletto alla bocca e ve lo tenni sino a quando Whyte cessò di muoversi. Non credevo di averlo ucciso. Vedendolo immobile, credetti avesse perso conoscenza. Solo leggendo i giornali mi resi conto di quanto avevo fatto. Feci fermare la vettura in Powlett Street, e seguii la direzione dei giardini. Gettai il soprabito su un albero, poi mi avviai verso casa. Ammetterete che era ben combinato... - Però siete caduto nella rete - fece Kilsip. Moreland si lasciò cadere su una sedia. - Nessuno può lottare contro il destino... ho perso, voi avete vinto... la vita è una scacchiera... e noi siamo le marionette della fatalità!... Si rifiutò di parlare oltre. Brian, lasciando il prigioniero sotto la sorveglianza di Kilsit e di Calton, uscì col dottore per chiamare una carrozza. Moreland si alzò e camminò come un automa fino alla carrozza, dove Kilsip lo aiutò a salire, sedendosi poi al suo fianco. - Sapete quale sarà la fine di quell'uomo? - disse Chinston mentre la vettura si allontanava. - Non bisogna essere profeta, per saperlo - rispose seccamente. - Verrà impiccato. - No, non sarà impiccato. Si suiciderà!
35. Epilogo Fergus Hume
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Vi sono dei momenti nella vita degli uomini provati dalla sventura nei quali qualsiasi fatto crudele possa loro accadere, essi l'accettano con rassegnazione. Era il caso di Fitzgerald. Aveva tanto sofferto, durante l'ultimo anno, che ora assisteva impassibile, quasi indifferente, agli avvenimenti che si susseguivano. Il suo nome, quello di Madge e del padre di lei, stavano per essere oggetto di spiacevole pubblicità, forse scherniti e fatti oggetto della cattiveria umana, eppure lui si sentiva insensibile. Quando Madge fosse guarita e, tutti e due, fossero stati lontani dall'Australia, in qualche nido tranquillo, che gli sarebbe importato di tutto il resto?... La notizia dell'arresto dell'assassino di Oliver Whyte si era già sparsa per Melbourne, e si sussurrava di rivelazioni poco onorevoli concernenti Mark Frettby. La curiosità pubblica, però, doveva rimaner delusa, perché l'indomani del suo arresto, Roger Moreland si impiccò all'inferriata della sua cella. Che sollievo per Brian! Subito andò all'ufficio di Calton, dove lo trovò in compagnia di Chinston e di Kilsip. Tutti furono dell'opinione che, poiché Moreland era morto, sarebbe stato inutile pubblicare la confessione di Mark Frettby, e decisero di bruciarla. Fitzgerald mandò un lungo sospiro, vedendo il mucchietto di cenere, che era tutto ciò che rimaneva della confessione scritta. L'avvocato, Chinston, e Kilsip, promisero di non far parola ad alcuno di quella rivelazione, e si pensò che il movente dell'assassinio fosse stato un litigio tra Whyte e il suo amico. Fitzgerald non dimenticò Kilsip. Gli assegnò una somma sufficiente per renderlo indipendente per il resto della vita. L'agente esercitò ancora la sua professione, ma solo per diletto. Anche oggi lo si ricorda con ammirazione, per quello che fece risolvendo il mistero di Collins Street. Calton e Fitzgerald decisero di non rivelare a Sal Rawling chi fossero i suoi genitori. Una rendita annua le avrebbe permesso di mantenersi in una condizione più che onorevole. Il pensiero della sua vita passata influì molto sul resto della sua esistenza. Sal si dedicò interamente alla salvezza di tante disgraziate. Con la conoscenza che aveva dei bassifondi della città, poteva entrare nelle Fergus Hume
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taverne e trarre dal fango tante fanciulle che la sventura e la miseria vi avevano gettato. Felix Rolleston divenne membro del Parlamento e, per quanto i suoi discorsi non avessero molto valore politico, erano abbastanza divertenti, cosa che non si poteva dire di quelli dei suoi colleghi. Madge ebbe una convalescenza breve. Affidò l'amministrazione dei suoi beni in Australia a Calton, che era assistito dai signori Thinton e Tarbit. Quando fu interamente guarita, Fitz le confermò la notizia del matrimonio del padre, ma le tenne nascosta la parentela che passava tra lei e Sal. Poco dopo lei sposò Fitzgeral, e tutti e due lasciarono l'Australia, che non ricordava loro che amarezze. La nave aveva già oltrepassato la baia d'Hobson e i giovani, appoggiati al parapetto, guardavano svanire all'orizzonte la città di Melbourne. Il cielo era coperto di grosse nubi. Madge, appoggiata al braccio del marito, sentiva gli occhi riempirsi di lacrime, al vedere la sua terra natale che scompariva. - Addio!... Addio!... per sempre! - Hai dei rimpianti? fece Brian chinandosi su di lei. Lei lo fissò con occhi pieni d'amore. - Dei rimpianti?... oh, no. Con te al fianco, non ho timore. Abbiamo sofferto, ma il nostro amore si è fatto più saldo. Un gabbiano dalle bianche ali passò su di loro descrivendo alcuni giri rapidi nello spazio. - Un felice presagio per il nostro avvenire - fece Madge. - Che l'augurio sia il benvenuto. La nave guadagnò rapidamente il mare e, mentre i due giovani stavano stretti, il viso accarezzato dalla brezza, esso li conduceva lontano... verso la tranquilla bellezza della notte, verso il vecchio mondo, verso una nuova esistenza! FINE
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