Sara Craven
Turchese Come I Tuoi Occhi His Forbidden Bride © 2004 Prima edizione Harmony Pack n° 239 - 21/06/2005
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Sara Craven
Turchese Come I Tuoi Occhi His Forbidden Bride © 2004 Prima edizione Harmony Pack n° 239 - 21/06/2005
1 «Ci ho pensato, e mi sono convinto che tu e io dovremmo sposarci» affermò George. Zoe Lambert, che stava sorseggiando del vino bianco, fece uno sforzo sovrumano per non strozzarsi. Se fosse stato chiunque altro ad asserire una cosa del genere, gli avrebbe riso in faccia. Ma non poteva rispondere in quel modo a George, seduto di fronte a lei al tavolino del wine bar, con i suoi capelli unti e il sorriso incerto. George era suo amico, uno dei pochi con cui era riuscita a stabilire rapporti cordiali al Bishop Cross College, dove lui insegnava matematica. Dopo la riunione settimanale, solitamente tutti gli insegnanti si ritrovavano al bar per bere qualcosa insieme, ma lei e George non si erano mai visti da soli. D'altra parte, non c'era la minima attrazione, fra di loro. Anche se Zoe avesse avuto intenzione di interessarsi a George, bastava il solo pensiero della madre di lui a dissuaderla. La madre di George era una fragile vedova dal cuore di pietra, e non faceva prigionieri nella sua strenua lotta per tenersi a casa l'unico figlio, uno schiavo mite e ubbidiente, scapolo. Nessuno degli sporadici interessi sentimentali di George era mai sopravvissuto all'azzurro sguardo gelido di lei, e la donna faceva di tutto per mantenere inalterata la situazione. I suoi occhi di ghiaccio si sarebbero trasformati in fessure minacciose, se avesse scoperto che suo figlio si trovava in un bar proprio con Zoe Lambert, e per giunta le stava proponendo il matrimonio. «George, io non credo...» «Fra le altre cose, ora che sei rimasta sola, le cose non saranno facili per te. Sei stata molto coraggiosa durante tutto il tempo della malattia di tua madre. Ora mi piacerebbe prendermi cura di te. Non voglio che tu abbia una sola preoccupazione al mondo.» Zoe pensò che avrebbe dovuto preoccuparsi soltanto che la madre di Sara Craven
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George non la avvelenasse, aiutata dalla sua migliore amica, Megan, la zia di Zoe. Al pensiero di come Megan si era comportata al funerale, quindici giorni prima, Zoe ebbe un sussulto. Megan Arnold aveva trattato in modo brusco e scortese tutti coloro che le si erano avvicinati per farle le condoglianze, e aveva a malapena rivolto la parola a sua nipote, l'unica parente che le fosse rimasta. Quando erano tornate a casa dopo la funzione religiosa, non aveva accettato nulla da mangiare né da bere. Si era limitata a guardare in silenzio con aria di disapprovazione. «Non te la prendere, cara. A volte le persone esprimono il dolore in una maniera incomprensibile» aveva cercato di consolarla la signora Gibb, che negli ultimi dieci anni aveva fatto le pulizie in casa di Gina Lambert. Sul viso della zia, però, non si vedeva alcun segno di dolore. Megan Arnold era sempre stata distante durante la malattia della sorella minore, e se adesso provava rimpianto, non lo dava certo a vedere, come non lo aveva mostrato prima del funerale. Zoe si scosse da questi pensieri dolorosi e sgradevoli, si scostò una ciocca di capelli biondi dalla fronte e guardò con gli occhi grigio chiaro l'uomo che le stava di fronte. «Forse ti sei innamorato di me, George?» gli chiese, a bassa voce. «Be'... tu mi piaci molto, Zoe, e ti stimo più di ogni altra persona. Questo lo sai. Ma io non sono il tipo da colpo di fulmine o da passione incontrollabile, e penso che nemmeno tu lo sia. Ritengo che sia molto più importante l'amicizia.» «Sì, capisco. Forse hai ragione» rispose lei, mentre pregava che George si sbagliasse. «Senti, George, tu sei molto gentile, e io apprezzo tutto quello che hai detto, ma non voglio prendere decisioni avventate. È passato troppo poco tempo dalla morte di mia madre, e io non ho ancora le idee chiare sul mio futuro.» «Capisco perfettamente. Non voglio metterti fretta. Ti chiedo solo di pensarci. Mi prometti che ci penserai?» «Sì, certo» mormorò Zoe, sapendo di mentire. Era la sua prima proposta di matrimonio, e le sembrava assai bizzarra. «Se a un certo punto crederai di essere pronta a sposarmi... ma non voglio metterti fretta. Aspetterò tutto il tempo che sarà necessario.» «Non ti merito, George.» Sara Craven
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Per tutto il percorso fino a casa, mentre era sull'autobus, Zoe cercò di pensare ad altro. La proposta di George era il problema minore, per lei, in quel momento. Era tornata ad Astencombe, tre anni prima, quando si era laureata, e poco dopo era stata diagnosticata la malattia che avrebbe condotto sua madre alla morte. La casetta dove aveva vissuto fino a quel momento era di Peter Arnold, il defunto marito di zia Megan, che aveva acconsentito a darla in affitto alla cognata Gina e a sua figlia. Zoe aveva sempre sospettato che lo zio avesse affittato la casetta contro il volere della propria moglie. Comunque fosse, dopo la morte di Peter, Megan aveva aumentato la pigione ogni anno, anche se non aveva certo bisogno di quel denaro. Aveva addirittura preteso che l'inquilina si facesse carico delle spese di manutenzione straordinaria. Anche Gina era vedova, e integrava la piccola pensione di suo marito guadagnandosi da vivere come esperta di giardini. Era comunque un lavoro precario, e lo stipendio da insegnante di Zoe la aiutava a tirare avanti dignitosamente. In realtà, i progetti di Zoe erano stati diversi. All'università aveva conosciuto Mick, che aveva progettato un lungo viaggio subito dopo la laurea. Avrebbe lavorato saltuariamente, per pagarsi le spese, e intanto avrebbe visto il mondo. Aveva proposto a Zoe di partire con lui, e la ragazza aveva preso in seria considerazione il progetto. Un finesettimana di tre anni prima era tornata a casa, da sua madre, proprio per dirle che aveva intenzione di partire. Ma aveva trovato Gina stranamente preoccupata e taciturna e, nonostante la donna avesse negato che ci fossero problemi, Zoe aveva intuito che doveva essere successo qualcosa. Una vicina le aveva riferito di una recente visita di Megan e di una lite fra le due sorelle. Zoe aveva trascorso l'intero finesettimana cercando il momento giusto per parlare alla madre dei propri progetti, ma non ci era riuscita. Seguendo invece un istinto oscuro, aveva detto a Mick che non sarebbe più partita. Aveva sperato che anche lui rinunciasse al viaggio per aspettarla, invece il ragazzo non aveva fatto una piega. Piuttosto che cambiare il suo progetto, aveva cambiato compagna di viaggio. Zoe capì allora di essersi illusa riguardo ai sentimenti di Mick. Si era detta che era stato meglio così, piuttosto che ritrovarsi da sola in qualche zona sperduta del mondo. Da allora non aveva più avuto una Sara Craven
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relazione stabile. George le aveva proposto il matrimonio, ma nemmeno lui la amava. Zoe si disse che la storia si ripeteva. Continuando in quel modo, le sarebbe venuto un complesso, si disse. Però, ripensando a quanto era accaduto, non aveva rimpianti. Il lavoro in paese aveva i suoi limiti, ma le aveva dato la possibilità di stare accanto a sua madre quando lei si era ammalata. Gina non aveva mai perso il suo ottimismo, e Zoe aveva tanti bei ricordi di quel periodo, nonostante il dolore che aveva dovuto affrontare. Rimaneva comunque il fatto che un capitolo della sua esistenza si era chiuso per sempre, e lei non aveva intenzione di lavorare per tutta la vita al Bishop Cross College. Aveva qualche soldo da parte, e forse quello era il momento buono per cambiare vita. La zia Megan non se ne sarebbe di certo crucciata. Zoe si chiedeva ancora come due sorelle potessero essere tanto diverse. Megan aveva dodici anni in più di Gina, ma questo non giustificava il profondo astio che l'una dimostrava nei confronti dell'altra. «Credo che a Megan piacesse essere figlia unica, e il mio arrivo deve averle rotto le uova nel paniere» aveva detto una volta Gina, quando la figlia l'aveva interrogata sul motivo di quella distanza. «Non ha mai voluto figli?» aveva chiesto Zoe. «Forse ne avrebbe voluti, ma purtroppo non ne ha avuti. Povera Megan» aveva risposto Gina, facendosi improvvisamente pensierosa. Megan era più alta della sorella, e decisamente più magra. I lineamenti del suo viso erano perennemente atteggiati in una smorfia sprezzante. Non c'era nulla in lei del calore e della vivacità che avevano caratterizzato Gina. Solo raramente la sorella minore aveva mostrato un'espressione malinconica, in quello che lei stessa definiva i miei momenti di silenzio. Zoe si era chiesta a volte da che cosa fossero causati, e si era detta che forse era il ricordo di suo padre. Magari sotto il loro matrimonio apparentemente scialbo si era celata una passione profonda che Gina ancora rimpiangeva. La zia, invece, era del tutto diversa. A differenza della sorella, la signora Arnold aveva di che essere soddisfatta. In tutta la sua vita, non aveva mai dovuto preoccuparsi del denaro, e suo marito era stato un tipo gentile ed estroverso, conosciuto in tutto il paese. Quell'accoppiamento così squilibrato rispondeva evidentemente alla legge degli opposti, aveva Sara Craven
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sempre pensato Zoe. La zia possedeva anche una bella casa in stile georgiano, circondata da un alto muro da cui la donna usciva soltanto per andare a presiedere le riunioni delle molte associazioni che governava con il terrore. Ma nemmeno questo pareva renderla felice. L'astio che provava per la sorella sembrava essere passato alla nipote senza soluzione di continuità. Nemmeno il fatto che Megan Arnold fosse stata insegnante in gioventù aveva riavvicinato le due donne. Zoe non poteva certo dirsi felice dell'ostilità che la zia le dimostrava, ma con il tempo aveva imparato a essere cortese senza aspettarsi nulla in cambio. All'incrocio, scese dall'autobus e si avviò lungo la stradina. Era una giornata ancora tiepida e ventosa, e l'aria era piena del profumo dei fiori. C'era sempre da lavorare molto, a scuola, quando si avvicinava il periodo degli esami. Zoe si sarebbe rilassata lavorando un poco in giardino, quella sera. Mentre strappava le erbacce, avrebbe avuto modo di ripensare al corso che la sua vita stava prendendo. Ma si fermò di scatto quando si accorse della novità sul cancello di casa sua. Sul cancello era stato appeso un cartello con la scritta In Vendita e il recapito di una nota agenzia immobiliare. Correndo verso casa, Zoe cercò di convincersi che si trattava di un errore. Avrebbe chiarito ogni cosa con una telefonata. Mentre si accingeva a entrare in casa, la sua vicina, Adele, si affacciò alla porta con il suo bambino più piccolo in braccio. «Lo sapevi?» le chiese, accennando al cartello. Zoe scosse la testa. «Lo immaginavo. Quando sono venuti a metterlo, stamattina, ho chiesto spiegazioni, e mi hanno risposto che eseguivano gli ordini del proprietario. Lei è qui, adesso. Ha aperto con le sue chiavi.» «Accidenti, ci mancava solo questa!» borbottò Zoe. Assunse un'espressione determinata mentre entrava in casa. Megan Arnold era in soggiorno, in piedi davanti al camino spento, e fissava il quadro che si trovava sulla parete. Zoe la guardò, esitando dalla soglia. Il quadro rappresentava un soggetto abbastanza inusuale per Gina Lambert. Era una scena marittima, mediterranea, con una breve rampa di gradini bianchi su cui erano sparsi petali rosati, e una terrazza dalla balaustra candida in contrasto con il cielo di un azzurro intenso. Sara Craven
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La cosa strana era che la sua famiglia non era mai andata all'estero in vacanza. Di solito trascorrevano i periodi di ferie in Cornovaglia o nello Yorkshire. Per quanto ne sapeva Zoe, sua madre non era mai stata sul Mediterraneo, e quella era l'unica volta che Gina aveva dipinto un soggetto del genere. La zia si accorse di essere osservata, e si girò. «Ah, sei arrivata. Hai fatto tardi.» «C'era una riunione. Avresti dovuto avvertirmi del tuo arrivo, zia Megan. Vuoi una tazza di tè?» «No. Questa non è una visita di cortesia» dichiarò la donna, sedendosi su una poltrona accanto al caminetto spento. Era la poltrona di Gina, ma Zoe si sforzò di non pensarci. La casa era sua, tuttavia Megan aveva la cattiva abitudine di andare e venire come le pareva, senza avvertire le inquiline. Per questo c'erano già state alcune discussioni, in passato. Megan Arnold era vestita severamente, come al solito. Indossava una gonna blu a pieghe e una giacca di lana grigia su una camicetta azzurra. Portava i capelli raccolti dietro la nuca. «Come hai già visto, ho messo in vendita la casa. Ho dato istruzioni all'agenzia immobiliare perché mostrino l'appartamento agli acquirenti il più presto possibile, quindi ti prego di portare via tutte queste cianfrusaglie. Ti sarei grata se entro la fine del mese ti togliessi di mezzo anche tu.» «Così presto?» chiese Zoe, stupita. «Che cosa ti aspettavi? Mio marito ha permesso a tua madre di abitare qui, ma di te non c'è traccia, nel contratto di affitto. Non pretenderai di continuare a occupare la casa, vero?» concluse, con un tono brusco. «Io non pretendo niente. Speravo solo di avere un po' più di tempo.» «Di tempo ne hai avuto anche troppo. Dal punto di vista legale, tu stai occupando abusivamente una mia proprietà. Non dovrebbe esserti difficile trovare un posto letto al convitto del tuo college. Così saresti anche più vicina al luogo di lavoro.» «Un posto letto non farebbe al caso mio» ribatté Zoe, sforzandosi di mantenere la calma. Le era venuto in mente che probabilmente George conosceva già le intenzioni di Megan, quando le aveva proposto il matrimonio. Forse gliene aveva parlato sua madre, oppure aveva sentito le due amiche discuterne. Forse le aveva chiesto di sposarlo solo perché Sara Craven
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sapeva che presto sarebbe rimasta senza una casa. Sarebbe stato meglio se George l'avesse avvertita del pericolo imminente, piuttosto che mettersi a giocare al cavaliere senza macchia e senza paura. «Non tutto quello che c'è in casa era di tua proprietà. Ci sono cose che appartenevano a mia madre, e voglio portarle via insieme ai libri e ai suoi quadri» dichiarò. Megan Arnold rivolse di nuovo lo sguardo al quadro sopra al camino. Zoe si sforzò allora di essere conciliante. «Magari vorresti avere un ricordo della mamma. Vuoi prendere quel quadro?» propose. La zia la guardò sprezzante. «Quella crosta? Non la vorrei a casa mia nemmeno se mi pagassero per prendermela!» «Zia Megan, ma perché... perché la odi così tanto?» «Ma che dici? Come potrei odiare Gina, la sorella perfetta? Che sciocchezza! Nessuno poteva odiarla. Poteva commettere qualunque stupidaggine, e la perdonavano sempre, tutti quanti.» «È morta, zia Megan. Se mai ti ha ferita, sono sicura che non lo ha fatto apposta, e in ogni caso, ormai non può più farti del male.» «Ti sbagli. Quella non ha mai avuto il potere di ferirmi, perché io ho sempre saputo chi era in realtà. Non mi ha mai incantata con le sue smancerie, e avevo ragione io, quando dicevo che era una falsa e un'ipocrita. Ma ormai tutto questo è acqua passata, e a me interessa solo il futuro. Tanto per cominciare, voglio vendere questa casa. Procurati un furgoncino per portare via questo ciarpame, oppure vendi tutto al mercato delle pulci. Voglio che la casa sia sgombra al più presto. Comincia a portare via questo.» Prese il quadro e lo gettò per terra con violenza. «Hai rotto la cornice! L'hai rotta! Perché?» mormorò Zoe. «Era già allentata. Legno da quattro soldi, messo insieme ancora peggio.» «Non avevi il diritto di farlo! Non avevi il diritto di toccarlo!» «Questa è casa mia, e faccio quello che voglio. Voglio che tutte queste cianfrusaglie spariscano, e che l'intonaco venga riparato a dovere. Tornerò alla fine della settimana per controllare che i miei ordini siano stati eseguiti, altrimenti incaricherò una ditta di traslochi di svuotare la casa e di liberarsi di quanto vi avranno trovato.» Sara Craven
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Detto questo, se ne andò, mentre Zoe era ancora china a osservare i danni che la zia aveva procurato al quadro. Un istante dopo, Adele entrò dalla porta del retro. «Ho visto che la madama era uscita, e sono venuta a vedere come stai. I bambini sono con Jeff.» Zoe scosse la testa. «Mi sento come se fossi finita sotto un treno. Quella donna è di una crudeltà indescrivibile.» «Metto su l'acqua per il tè. Che cosa è successo al quadro?» «Lo ha scagliato per terra. Era fuori di sé. Insomma, non sarà il quadro migliore che mia madre ha dipinto. In effetti, lo ha tenuto a lungo in soffitta...» «Be', a me piace molto. Rappresenta un paesaggio greco, no? L'anno scorso sono stata a Creta con mia sorella, e due anni fa a Corfù.» «Non so, credo che sia da quelle parti, ma noi non ci siamo mai stati. Mio padre non sopportava il clima troppo caldo.» «Magari tua madre ha copiato una cartolina che qualcuno le ha spedito» suggerì Adele, mentre riempiva d'acqua il bollitore, in cucina. «Può darsi. Avrei voluto chiederglielo, ma poi non l'ho mai fatto.» «Allora, da quando sei in mezzo alla strada?» domandò Adele, mentre in cucina bevevano il tè. «Devo lasciare la casa entro la fine del mese. Fa sul serio!» «Credi che sia davvero pazza?» «Magari uno psichiatra non lo certificherebbe. Però, quando parla di mia madre, Megan dà veramente i numeri.» «Be', forse non è tutta colpa sua. Mia nonna se la ricorda, quando era bambina, e dice che era carina. I suoi genitori la adoravano. Poi è nata la sorella, e tutte le attenzioni sono state dedicate a lei. Non dev'essere stato facile, per Megan. Nessun bambino lo avrebbe accettato. Magari è solo questo» osservò Adele, pensosa. «Si è trasformata dalla principessina del castello nella regina cattiva di Biancaneve. Può darsi che sia così, tuttavia ho l'impressione che ci sia sotto dell'altro» obiettò Zoe. «Di certo, il fatto che tu somigli a tua madre come una goccia d'acqua non ha facilitato i rapporti con tua zia. Però non sono state sempre così ostili. Almeno, così dice mia nonna. Per un certo periodo sono state molto unite, andavano anche in vacanza insieme. Ma tua zia si è sempre comportata più da madre che da sorella, nei confronti di Gina. Forse il Sara Craven
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problema è proprio questo.» Adele tacque per un istante, poi chiese: «Allora, che cosa farai? Come te la caverai, se tua zia ti caccia di casa?». «Dovrò trovarmi un appartamento.» «Forse dovresti cercare una casetta. Ti piace occuparti del giardino.» «Sì, fra le altre cose» rispose Zoe, commossa. Si sforzò di sorridere e continuò: «Forse la zia Megan mi sta facendo un favore senza saperlo. Ero proprio sul punto di dare una svolta alla mia vita. Questo potrebbe essere lo stimolo giusto per farlo». «Andrai a stare in un posto dove la regina cattiva non possa fare irruzione. Però mi mancherai.» «Be', ma non parto subito. Il mio contratto prevede che io dia almeno un trimestre di preavviso. Nel frattempo, mi guarderò intorno e deciderò.» «Non aspetterai per caso il principe azzurro che ti porti via sul suo cavallo bianco, vero?» «Non lo trovo certo al Bishop Cross, il principe azzurro! I cavalli bianchi hanno difficoltà con i sensi unici. Dovrò sistemare al più presto le cose di mia madre. Non voglio lasciare niente di lei, in questa casa.» «Ti capisco, dopo quello che è successo a quel quadro. Che peccato! Ha dei bellissimi colori.» «La pittura non è danneggiata. Basterà cambiare la cornice. Domani lo porterò a riparare.» «Come farai a prendere l'autobus, con un pacco così ingombrante? C'è un corniciaio, vicino al posto di lavoro di Jeff. Gli chiederò di portarlo là, mentre si reca al lavoro. Poi tu ci andrai quando hai tempo e sceglierai la nuova cornice. Se me lo impacchetti, lo porto via subito» propose Adele. «Ti ringrazio tanto!» Zoe andò a cercare un pezzo di spago per legare il quadro. «Ha fatto un bel danno, quella. Guarda, ha rotto anche la parte posteriore della cornice!» le disse l'amica, quando lei tornò in soggiorno. Adele cercò di fare combaciare i pezzi rotti, ma si fermò di colpo. «Ehi, guarda! C'è qualcosa, qui!» Infilò la mano nella cornice e ne estrasse una grossa busta gialla. La consegnò a Zoe, che rimase attonita. «Be', non la apri? Se fossi in te, io non starei nella pelle dalla curiosità!» la incalzò l'amica, quando vide che lei non si muoveva. «Sì, ora la apro. Però pensavo... è rimasta qui per così tanto tempo... Sara Craven
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sembra una busta molto vecchia... deve avercela messa mia mia madre. Ma se non me ne ha mai parlato, forse non voleva che la trovassi...» «Magari se l'è dimenticata.» «Non è possibile. E appesa sul camino da quando ci siamo trasferite qui. lo credo che si tratti di qualcosa che lei voleva tenere segreto. Pensavo che fosse tutto alla luce del sole, fra me e mia madre. Non mi aspettavo una cosa del genere» mormorò Zoe, confusa. «È stata una giornata pesante, eh? Ti lascio in pace, così decidi con calma che cosa fare. Il quadro me lo puoi portare più tardi, se hai ancora intenzione di fare cambiare la cornice» disse Adele, allontanandosi con discrezione. Rimasta sola, Zoe si lasciò cadere sul divano. Sulla busta non c'era alcuna intestazione. Non c'era scritto A mia figlia oppure Da aprire solo dopo la mia morte. Era un segreto che Gina Lambert aveva custodito gelosamente, e se Megan non avesse scagliato il quadro per terra, nessuno lo avrebbe mai scoperto. Forse era meglio lasciare le cose come stavano. Zoe avrebbe dovuto rispettare il tacito volere di sua madre, e avrebbe dovuto gettare nella spazzatura quella busta. Ma sapeva che, se avesse agito così, si sarebbe chiesta per tutta la vita quale potesse essere il segreto che Gina aveva protetto con tanta cura. Con un gesto risoluto, aprì la busta. Conteneva diverse carte. Alcuni sembravano documenti legali, poi c'erano delle foto. Vide con sorpresa che uno dei documenti era scritto in greco. Lo mise da parte, e cominciò a esaminare le fotografie. Si trattava perlopiù di paesaggi. C'era un villaggio con le casette di un bianco abbagliante, un mercato, una donna che conduceva un asino carico di legna. Una foto, però, era diversa. Mostrava un giardino circondato da alti cipressi, e un uomo. Il suo viso era in ombra, ma Zoe intuì che non doveva essere inglese, e che sorrideva. Sorrideva a sua madre. Zoe si volse a guardare la foto di suo padre, racchiusa in una bella cornice posta sul tavolino accanto alla poltrona preferita di Gina. Ma già sapeva che l'uomo nel giardino non era John Lambert. La corporatura era del tutto diversa, e anche l'atteggiamento sembrava differente. Zoe era molto agitata. Non era sicura di volere capire il significato di Sara Craven
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quegli oggetti. Aveva la sensazione di avere scoperchiato il vaso di Pandora. Girò la foto, nella speranza di trovare un qualunque indizio, ma non c'era niente. Allora la rimise insieme alle altre carte e cominciò a sfogliare una pila di fogli. All'improvviso, però, si rese conto che quella era la traduzione del documento in greco che aveva visto poc'anzi. Lo lesse con attenzione, si fermò un istante, poi lesse di nuovo. Mille pensieri le mulinavano nella testa. Nel suo linguaggio freddo, il documento diceva che sua madre era la proprietaria di Villa Danae, in un posto chiamato Livassi, sull'isola di Thania. Zoe era sconvolta. Sua madre non le aveva mai parlato di quella villa ricevuta in dono. Evidentemente non voleva che si sapesse. Solo ora Zoe capiva perché avesse nascosto quei documenti e quel quadro, soprattutto finché era stato in vita John Lambert. Lesse la traduzione per la terza volta. Il nome del donatore non era menzionato, ma probabilmente lo era sulla versione originale dell'atto. Non c'erano restrizioni sulla proprietà. Gina avrebbe potuto lasciarla in eredità ai suoi figli, oppure venderla. Nulla, però, fra le altre carte contenute nella busta, lasciava pensare che Gina avesse mai usufruito della villa. Zoe pensò che ora era tutto suo. Ora possedeva una villa in Grecia. Tremava e il cuore le batteva all'impazzata. Si alzò, prese la bottiglia del prezioso brandy di sua madre e se ne versò un bicchierino. Ne aveva davvero bisogno. Quando si fu calmata, aprì l'atlante per cercare l'isola di Thania. Si trattava di un'isoletta nel Mar Ionio, e Livassi doveva essere la città principale. Zoe era delusa dalla scarsità di informazioni. Ma la sorella di Adele lavorava in un'agenzia di viaggi. Di certo, lei avrebbe saputo dirle di più. Era ben decisa a recarsi a Thania. Doveva vedere Villa Danae, sempre che nel frattempo non fosse crollata. La proprietaria non se ne era occupata per lungo tempo, e forse ora la casa era in stato di abbandono. In ogni caso, Zoe aveva bisogno di sapere. Aveva qualche soldo da parte, e tutte le vacanze estive da spendere. Non avrebbe potuto aspettare occasione migliore. Ovviamente, non si sarebbe tenuta la casa. Se l'avesse trovata in buone Sara Craven
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condizioni, l'avrebbe venduta. Se invece fosse stata cadente, Zoe l'avrebbe abbandonata, come sua madre aveva fatto prima di lei. Ma quel viaggio non sarebbe servito soltanto a vedere lo stato della villa. Zoe voleva trovare delle risposte a qualche domanda, voleva sapere la verità. Ne aveva bisogno, prima di cominciare la nuova vita che desiderava progettare. Prese di nuovo la foto dell'uomo e la fissò a lungo, chiedendosi chi potesse essere e che ruolo potesse avere avuto quello sconosciuto nella vita di sua madre.
2 Il corrimano di metallo era caldo sotto il braccio di Zoe. Di fronte a lei, la costa rocciosa dell'isola di Thania si stagliava sul mare. Perfino adesso che era quasi arrivata a destinazione, stentava a credere di essersi davvero messa in viaggio. Si sentiva molto tesa. Non aveva rivelato a nessuno il vero scopo del suo viaggio, nemmeno ad Adele. Le aveva fatto credere che nella busta nascosta dietro il quadro ci fossero solo carte senza importanza riguardanti una lontana vacanza di cui solo sua madre aveva serbato il ricordo. «Ho bisogno di una pausa, e ho deciso di scoprire che cosa abbia trovato la mamma di tanto incantevole in quel posto» aveva detto all'amica. «Be', non farti incantare troppo, e non accettare inviti da qualche Adone locale. Voglio che tu torni indietro!» la ammonì l'altra, con finta severità. Zoe non poté fare a meno di pensare che sua madre era tornata indietro, qualunque cosa fosse accaduta sull'isola. Lei avrebbe fatto lo stesso. «Non preoccuparti» disse ad Adele, ad alta voce. Raccontò la stessa versione a Vanessa quando andò a prenotare il viaggio in agenzia. La donna aveva cercato invano di convincerla a recarsi su un'isola più grande e meglio attrezzata. «Thania non è mai stata un centro turistico. Là ci sono soltanto le ville dei ricchi ateniesi che fanno di tutto per tenere lontani i turisti. Gli alberghi sono molto piccoli e le spiagge sono per la maggior parte private. È molto tranquillo, e la vita notturna è inesistente. C'è soltanto un traghetto due volte al giorno per Corfù. Perché non vai a Corfù, piuttosto? Potresti visitare tutti i luoghi dove hanno girato il film Il mandolino del capitano Gorelli. Potresti divertirti, là, e se proprio ne hai voglia, un giorno puoi Sara Craven
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fare una gita a Thania.» Zoe scosse la testa. «Ormai Nicholas Cage è tornato a casa sua, quindi Corfù ha perso ogni interesse, per me. Inoltre, io cerco proprio un posto tranquillo. Mi pare che ci sia un Hotel Stavros, a Livassi. Prenotami una stanza là.» Vanessa digitò qualcosa sulla tastiera del computer e poi annuì, rassegnata. «La Argonauti Vacanze organizza i soggiorni sull'isola. Non sono molti i tour operator che lavorano a Thania. Sorpresa, sorpresa! In albergo ci sono camere libere! Bagno, balcone, vista mare?» Zoe pensò al balcone che sua madre aveva dipinto, tanto tempo prima. «Perfetto» disse. George aveva disapprovato il suo progetto di viaggio. «Ma non sei mai andata all'estero da sola!» le aveva fatto presente, con tono offeso. «Non lo avevo mai fatto finora, George» gli aveva fatto notare lei. «Però, se tu me lo avessi detto prima, io sarei venuto con te! Mia madre ha fatto un viaggio, un paio di anni fa. Il tour si chiamava I tesori dell'Italia. Si è divertita un sacco, e gli alberghi erano bellissimi. Avremmo potuto fare lo stesso viaggio. Ho sentito dire che i servizi igienici in Grecia sono un po'... strani.» «Lo so. Mi hanno spiegato tutto all'agenzia di viaggi, e non è un problema. Comunque, tua madre non ci avrebbe mai permesso di andare in vacanza insieme, nemmeno se fossimo stati sposati!» Lui arrossì. «Ma no, Zoe! Non fa che dire che mi vuole vedere sistemato e con dei bambini!» Zoe pensò che la donna sarebbe stata davvero felice di avere dei nipoti, dei nuovi piccoli sudditi, purché questo non implicasse la ingombrante presenza di una nuora. «Insomma, dove andrai?» le domandò George, insistente. «Vorrei visitare le isole ioniche» rispose lei, piuttosto evasiva. Non avrebbe voluto mentire all'amico, ma era certa che la madre di lui gli avrebbe estorto qualunque informazione, e poi l'avrebbe riferita alla zia Megan, di cui era intima amica. Visto come aveva reagito alla vista del quadro, forse era meglio che Megan non sapesse di quel viaggio. Era un peccato che la donna reagisse tanto male a qualunque accenno alla Grecia, perché Zoe era certa che sapeva molte cose riguardo al plico trovato dietro il quadro. Sara Craven
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Zoe non aveva più visto la zia, dopo quel fatidico giorno. Quando aveva traslocato, le aveva lasciato le chiavi di casa nella cassetta delle lettere, per evitare di incontrarla. In quel periodo era stata molto impegnata. Oltre al solito lavoro extra per la chiusura del quadrimestre, aveva dovuto cercarsi un alloggio, e alla fine aveva trovato un piccolo appartamento ammobiliato all'ultimo piano di un edificio vittoriano nei pressi della scuola. La pigione non era troppo esosa, e così lei aveva potuto permettersi di affittare anche un piccolo magazzino per conservare le cose appartenute a sua madre. Zoe non aveva detto a George che aveva dato il preavviso alla scuola, e si sarebbe licenziata entro Natale. Al ritorno dalla Grecia, avrebbe cercato un altro lavoro. Prese dalla borsa una bottiglia di acqua, e si ricordò delle carte che aveva portato con sé. Aveva l'atto di donazione, la traduzione legale e le fotografie, ma non aveva intenzione di reclamare subito la proprietà. Per prima cosa, avrebbe accertato le condizioni della villa e se la donazione fosse ancora valida. L'ignoto benefattore poteva anche avere cambiato idea, in tutto quel tempo. In quel caso, Zoe si sarebbe goduta la vacanza e avrebbe lasciato perdere Villa Danae. Del resto, era una storia talmente inverosimile che non avrebbe nemmeno provato rimpianto per quella casa che avrebbe potuto essere sua. Aveva cercato sull'enciclopedia chi fosse Danae, e aveva scoperto che era stata uno degli amori di Zeus, che la visitava sotto forma di pioggia di luce. Così era nato Perseo, che aveva sconfitto la Medusa e aveva conquistato l'amore di Andromeda. Zoe si identificava completamente in quel mito. Il porto di Thania era piccolissimo e occupato per la maggior parte da barchette, e non dai panfili che lei si era aspettata di trovare. La cittadina era arrampicata su una collina scoscesa, e mostrava file di tetti rossi che sembravano precipitare in mare. Sulla banchina c'era una fila di taverne e un edificio più grande, di tre piani, con la scritta Hotel Stavros sulla facciata candida. Era metà pomeriggio, e faceva molto caldo. Zoe si era messa dei bermuda chiari, una canottiera blu e un cappello a tesa larga. Scese dal traghetto con la baldanzosa sensazione di essere pronta ad affrontare qualunque cosa. Scesero con lei pochi altri passeggeri, tutte persone del Sara Craven
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posto. La forestiera non passò inosservata. Zoe si diresse subito all'albergo. Attraversò la terrazza deserta, con i tavolini e i vasi traboccanti di fiori. Alla reception non c'era nessuno. Dopo qualche istante, una ragazza uscì da dietro una tenda che si trovava alle spalle del bancone. Era robusta e aveva i capelli rossi. «Buongiorno. Lei dev'essere la signorina Lambert. Io mi chiamo Sherry» si presentò, cordiale. «Lei è inglese! Non me lo aspettavo» osservò Zoe. «Nemmeno io mi aspettavo di sposare un albergatore greco, due anni fa!» esclamò la ragazza, ridendo, mentre porgeva a Zoe il registro e la penna. «Le mostro la sua camera. Lasci pure i bagagli, li porterà Stavros più tardi.» «È lo Stavros da cui prende il nome l'albergo?» chiese Zoe, stupita. «No, quello è lo zio. Che tipo! Ancora adesso corre dietro alle donne. Non si è mai sposato perché dice che ci tiene troppo alla sua libertà. Il mio Stavros ha rilevato l'albergo quando lo zio ha deciso di andare in pensione, qualche anno fa. Adesso Stavros il Vecchio passa il tempo seduto in piazza e giocando a carte.» «Una bella vita!» «Ecco, siamo arrivate» annunciò Sherry, aprendo la porta di una stanza fresca, in penombra. Spalancò le imposte. Nella camera c'erano un armadio a muro e una semplice cassettiera accanto al letto. La sovraccoperta era bianca. «Che bella stanza» commentò Zoe, con sincerità. «Se le serve una coperta, ma non credo che le servirà, me la chieda pure liberamente. Questa è la doccia. È molto semplice, come vede. Ci si siede sullo sgabello di legno, e l'acqua scola attraverso lo scarico al centro del pavimento. Può fare la doccia ogni volta che vuole. Ora la lascio. Gradirebbe qualcosa da bere? Magari una birra fresca, o un tè al limone?» «Un tè mi farebbe davvero piacere, grazie.» Rimasta sola, Zoe uscì sul balcone, e scoprì così che la camera dava sul porto. Non era difficile capire perché sua madre fosse stata tanto colpita da quel luogo, indipendentemente da quello che era successo. Qualcuno bussò alla porta. Era Stavros che le portava i bagagli. «Mia moglie vorrebbe sapere se preferisce prendere il suo tè in camera, kyria, oppure nel nostro cortile» le domandò, cortese. Sara Craven
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«In cortile, direi. Mi servono solo alcuni minuti per disfare la valigia.» Il cortile si trovava sul retro dell'albergo, ed era ombreggiato da un pergolato con una vite rigogliosa. Zoe sedette in un angolo e, mentre sorseggiava il suo tè, prendeva in considerazione diverse opzioni. Prima o poi avrebbe cercato quel dongiovanni dello zio Stavros. Forse lui si ricordava di Gina. Qualunque informazione le sarebbe stata utile. Un grosso cane dal pelo lungo uscì dall'albergo e le si avvicinò in cerca di carezze. «Buono, buono...» gli mormorò Zoe, mentre lo accarezzava. Si sarebbe comprata un cane, quando avesse trovato un alloggio definitivo, con un piccolo giardino. A sua madre sarebbe piaciuto averne uno, ma la zia Megan si era sempre opposta. «Non si lasci disturbare da Archimedes» le disse Sherry, mentre ritirava il vassoio. «Come mai lo avete chiamato così?» «Perché una volta si è tuffato nella vasca da bagno insieme a Stavros e per poco non allagava tutto l'albergo. Ora non lo lasciamo più entrare in bagno» le spiegò la donna. «Visto che stiamo parlando di acqua, mi sa dire qual è il posto migliore per una nuotata?» chiese Zoe. Sherry ci pensò un momento, poi disse: «C'è la spiaggia della città. Vada a sinistra appena esce dall'albergo, e poi sempre dritto. Non è brutta, ma è sempre affollata. Ci sono delle belle spiagge dall'altra parte dell'isola, però ci si arriva soltanto in barca. Stavros a volte organizza delle gite per i turisti. Ma, a parte questo... ecco, non tutti i proprietari delle ville sono qui per tutto l'anno, e noi di solito ne approfittiamo. Usiamo le loro spiagge quando loro non ci sono. Occhio non vede... però non dica a Stavros che gliel'ho detto. Lui non vuole. C'è una villa su una baia molto bella, ma non ci ha mai abitato nessuno. Io ci vado, ogni tanto, anche se Stavros non vuole. È fissato con questa cosa della discrezione» confidò Sherry. «Ma se non c'è nessuno, sembra il posto ideale. Magari lei mi può anche dire dove si trova. Ha un nome, questa villa?» chiese Zoe, divenuta improvvisamente seria. «Villa Danae. Ci si arriva a piedi» disse la donna, avviandosi verso l'albergo. Zoe ci sarebbe andata senza dubbio, l'indomani. Semisepolto nell'erba alta, il cartello di legno portava una scritta Sara Craven
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scolorita che diceva Villa Danae. Sherry le aveva insegnato la strada mentre Zoe faceva colazione con panini tiepidi, miele profumato e uno yogurt molto denso. Si fermò un momento a sistemare la borsa di tela in cui aveva messo un asciugamano, un romanzo e la crema solare. Anche se era venuta fin là solo per quello, ora era tentata di tornare indietro e lasciare perdere il passato. Si sarebbe lasciata semplicemente assorbire dal ritmo languido della vita sull'isola, senza pensare a quello che era successo tanti anni prima. Ma in questo modo non avrebbe mai avuto risposte a tutte le domande che il ritrovamento dei documenti aveva suscitato, e lei non si sarebbe mai perdonata una simile vigliaccheria. Si accinse a percorrere con decisione il sentiero che si perdeva in un uliveto ombroso. L'aria era immobile e il cielo tersissimo. Di lì a poco avrebbe cominciato a fare molto caldo. Zoe indossava un prendisole leggero color genziana, e si era legata i capelli. Oltrepassò una curva del sentiero, oltre l'uliveto, e vide un giardino fiorito là dove si era aspettata un terreno incolto. Poco più avanti, nel bel mezzo del giardino, una villa dalle pareti bianchissime e dal tetto di tegole rosse. Zoe si fermò, mentre con un gesto nervoso stringeva il manico della borsa. Davanti a lei si stendeva una piscina dai riflessi turchesi. Una rampa di gradini bassi conduceva da lì a una porta a vetri. Oltre la porta, invece, c'era una stanza ornata di colonne, marmi e piante verdi, arredata con poltrone e divani. Sforzandosi di scacciare il senso di colpa per essersi introdotta furtivamente in quella proprietà, Zoe passò di fianco alla piscina, salì i gradini e provò ad aprire la porta a vetri, che però era chiusa a chiave. Aveva l'impressione di guardare dentro un acquario. Si fermò di nuovo con il cuore in gola quando raggiunse un'altra rampa di scale che riconobbe immediatamente. Erano gradini bianchi, con una cascata di bouganvillee sulla parete di fianco. I gradini conducevano a una terrazza, e sulla balaustra era appoggiato un vaso di fiori. Sullo sfondo, il mare azzurrissimo. Si fece coraggio e, con passi circospetti, salì sulla terrazza. Si ritrovò su una vasta estensione di marmo che correva per tutta la lunghezza della Sara Craven
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villa. La balaustra era bordata da vasi di fiori. All'estremità opposta, un'altra rampa di scale conduceva a una splendida spiaggetta isolata, nascosta da una fila di cipressi. Alle sue spalle, i vetri bruniti delle portefinestre impedivano di vedere l'interno. Si pentì di non essersi recata da un avvocato. Avrebbe dovuto controllare la situazione legale, prima di qualunque mossa. L'ingresso principale si trovava là vicino, ed era segnato da una pesante porta di legno ombreggiata da una rosa rampicante color giallo oro. Zoe pensò suo malgrado alla pioggia d'oro che aveva bagnato Danae. Ma poi si disse che le sue erano solo fantasie, e la scelta di quella rosa era stata dettata solo dal gusto di chi curava il giardino. C'erano rose dappertutto, nei vasi e nelle aiuole, e probabilmente non si trattava di un'allusione al mito di Danae. Senza riflettere, allungò una mano a sfiorare i petali delicati. Toccò la maniglia e, con sua grande sorpresa, la porta si aprì. Villa Danae la accoglieva. Entrò e si chiuse la porta alle spalle. Si soffermò un momento per sentire se ci fosse il suono di una qualunque presenza che potesse spiegare quella porta aperta, ma non c'era segno di vita. Si ritrovò in un vasto ingresso con uno scalone che portava al piano superiore. Su un lato c'era la porta a vetri che conduceva al soggiorno che già aveva visto da fuori, sull'altro lato si trovavano gli accessi a un altro soggiorno, dove divani e poltrone erano raggruppati intorno a un caminetto. In una rientranza erano disposti il tavolo da pranzo e le sedie. Tutto era in perfetto ordine. Nessuno aveva premuto i cuscini dei divani, né aveva acceso un fuoco nel camino, e nemmeno aveva consumato un pasto a quella tavola. Nell'ala che dava verso la piscina, Zoe trovò una cucina in perfetto stato, una dispensa e una lavanderia. Tutto sembrava congelato nel tempo, come un castello che aspettasse il risveglio della sua principessa. Zoe salì al piano superiore. Camminava in punta di piedi, e questo la infastidì. Trovò per prima la camera da letto padronale, fresca e buia per le persiane accostate. Aprì la finestra per vedere meglio. Era una stanza enorme e arredata con gusto. Le pareti erano color albicocca e il pavimento color avorio, come il copriletto e le tende leggere. Sara Craven
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Il bagno adiacente aveva una doccia e una vasca al livello del pavimento, con i rubinetti a forma di delfino. Accanto c'era lo spogliatoio. Sui ripiani c'erano prodotti cosmetici, e asciugamani morbidissimi dappertutto. Per quanto ancora il castello avrebbe aspettato la principessa? Zoe tornò alla finestra e uscì sul balcone. In lontananza, vedeva il profilo roccioso di un'altra isola, persa nell'immenso azzurro del Mar Ionio. Altre rose gialle fiorivano sulla terrazza, e lei ne aspirò il profumo. Non poteva credere che tutto quello fosse veramente suo. In quel momento, si rese conto di non essere sola. C'era qualcuno in giardino. Si immobilizzò di colpo e guardò con prudenza al di là della balaustra. Un uomo le dava le spalle mentre si muoveva tra le piante, rimuovendo le foglie secche e i rami spezzati. Zoe pensò con sollievo che si trattava del giardiniere. Era solo una persona pagata per tenere Villa Danae in perfetto stato. L'uomo era alto, con una criniera di capelli neri che brillavano al sole come seta, mentre la sua pelle aveva il colore del bronzo in contrasto con i vecchi bermuda bianchi, che costituivano l'unico indumento indossato dallo sconosciuto. Zoe notò le spalle ampie, i fianchi sottili, le gambe affusolate. Pensò che quello fosse il genere di Adone contro cui l'aveva messa in guardia Adele, prima di partire. Ovviamente, lo vedeva solo di spalle. Per quel che ne sapeva lei, poteva avere un viso molto brutto. Ma Zoe era quasi certa che non fosse così. In ogni caso, l'aspetto di quell'uomo non era affar suo. Ora le interessava soltanto allontanarsi prima che lui si accorgesse della sua presenza. Con molta cautela, rientrò nella camera e richiuse la finestra. Ai suoi sensi tesi, quel rumore impercettibile parve un rombo di tuono. Rimase in attesa di una voce dal basso, o magari del suono di un allarme, ma non successe nulla. Allora chiuse anche gli scuri. L'uomo si allontanò per continuare il suo lavoro, e Zoe calcolò che, se si fosse mossa abbastanza rapidamente, probabilmente avrebbe potuto raggiungere inosservata l'uliveto. Quella sarebbe stata l'unica visita alla villa. Del resto, aveva visto tutto quello che voleva vedere. Da quel momento in poi, si sarebbe recata soltanto alla spiaggia del paese e avrebbe incaricato un avvocato di accertarsi se davvero lei avesse Sara Craven
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diritto a Villa Danae. Sorridendo, si disse che in fondo poteva permettersi di sognare, se non altro. Aveva già sceso tre gradini, quando si rese conto di non essere sola. Ai piedi della scala, appoggiato con noncuranza al corrimano, c'era il giardiniere. Istintivamente, Zoe si sarebbe voltata e si sarebbe rifugiata in una della camere, però non le parve opportuno cominciare una partita a rimpiattino in una casa ignota, inseguita da uno sconosciuto seminudo. Zoe era spaventata, ma stranamente lucida allo stesso tempo. Si rendeva conto che lo straniero minaccioso era molto attraente, di una bellezza non convenzionale, ma molto suggestiva. Aveva il naso aquilino e molto sottile, in contrasto con una bocca grande e un mento pronunciato. Gli occhi erano scurissimi. «Kalimera» la salutò lui. Zoe pensò freneticamente a una scusa plausibile per giustificare la propria presenza là. «Mi spiace, non parlo greco» disse, con un'espressione dispiaciuta. «Bene, allora parleremo in inglese. Non fa differenza, per me. Ora mi dica che cosa ci fa qui.» «Non stavo rubando!» «Solo perché non c'era niente da rubare o da nascondere» replicò lui, alludendo ai vestiti leggeri e succinti che non le avrebbero permesso di nascondere l'eventuale refurtiva. «Allora, perché è qui?» «Mi hanno detto che c'era una casa in vendita, da queste parti. Credevo si trattasse di questa, visto che evidentemente è disabitata.» «No, non è questa casa. E nessuno le ha detto che qui c'era una villa in vendita» aggiunse, ironico. «Non ha pensato che magari il proprietario l'ha messa in vendita senza avvertire lei?» «No.» «Be', è una villa molto bella. Magari il proprietario è disposto ad affittarla.» «Lei non ha un posto dove dormire?» «Certo che ce l'ho. Ma questa isola è molto bella, potrei decidere di tornare e di fermarmi a lungo.» «Lei è arrivata... quando? Ieri?» Sara Craven
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«Non ci vuole molto ad accorgersi che è un bel posto, e che si desidera rimanere.» L'uomo la guardò intensamente. «Be', almeno su questo siamo d'accordo» disse, e poi scoppiò a ridere. Zoe rimpianse di essersi avventurata fin là. In quel momento avrebbe voluto trovarsi ancora sotto il pergolato, al sicuro. «Ora le dico come la penso io. Io credo che lei alloggi all'Hotel Stavros. La moglie del proprietario le ha parlato della bella spiaggia che appartiene a questa casa, e le ha detto anche che lei stessa ci viene, di tanto in tanto. Crede che nessuno se ne sia accorto. Lei è venuta qui, e non ha resistito alla curiosità. Ha trovato una porta aperta, ed è entrata» la accusò l'uomo. Zoe arrossì. «Lei ha ragione, in parte. Ma la cosa che mi ha incuriosita, in realtà, è che la casa è vuota. Sono davvero interessata ad... acquistarla.» «Le ho già detto che non è in vendita.» «Be', questo è un discorso che non intendo affrontare con il custode. Il proprietario si trova a Thania, in questo momento?» «No, è ad Atene.» Zoe avrebbe voluto rispondergli che la proprietaria era davanti a lui, ma si trattenne. La prima frase che avrebbe imparato in greco sarebbe stata: lei è licenziato. «Peccato. Ma credo che qualcuno mi sappia dire come mettermi in contatto con lui» disse altezzosa. «Be', sì, thespinis. Può chiederlo a me» rispose l'uomo, divertito. «Non ho intenzione di usare un giardiniere come tramite per una transazione di affari» affermò lei. «Ma io non sono solo il giardiniere. Mi occupo di molte cose per conto del padrone. Però, se proprio vuole parlare con lui, potrà farlo in settimana.» «Verrà a stare qui?» «No, non viene mai a Villa Danae. La sua villa è qui vicino.» «Che peccato. Questa casa è bellissima, ma cadrà in rovina, se nessuno se ne cura.» «Si sbaglia, thespinis. Se c'è una cosa che a questa casa non manca, sono le cure amorevoli. È stata costruita per amore, e l'amore è la ragione della sua esistenza.» La passione nella voce dell'uomo la colpì profondamente. «Allora Sara Craven
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aspetterò l'arrivo del padrone. Ora sarà meglio che vada.» «Dove? Alla spiaggia della villa, come aveva intenzione di fare?» le chiese lui, sorridendo. «Non era una buona idea, e me ne scuso.» «Perché? Il mare è caldo, e la sabbia invitante. Nessuno la disturberà.» «In ogni caso...» «Lei ha apprezzato questa casa. Sono certo che il padrone sarà felice di sapere che apprezza anche la spiaggia. Le mostro il sentiero.» «Davvero, non penso...» «Lei è venuta a Tania per pensare? La smetta di pensare, thespinis. Impari a rilassarsi e a dare libero sfogo alle sensazioni.» «Vado alla spiaggia, ma non voglio distoglierla dal suo lavoro» disse lei, sulle sue. «Lei non mi distoglie affatto. È il mio lavoro, piuttosto, che mi distoglie da lei. Vada pure, non c'è nulla da temere.» «Non ho affatto paura. Non credo che il suo padrone la paghi per infastidire le turiste.» «Ah, ma io non sono perennemente in servizio. Si decida, thespinis. Devo chiudere il cancello.» Lo seguì fino a un cancelletto che aveva notato prima. L'uomo glielo aprì. «Le suggerisco di tornare per questa via. Il sentiero che usa la moglie di Stavros è troppo ripido» suggerì lo sconosciuto. «La ringrazio.» «Parakalo. È stato un piacere.» Lei scese lungo il sentiero mentre l'uomo continuava a fissarla. Pochi istanti più tardi, sentì un'automobile allontanarsi.
3 Zoe cercò di non pensare all'incontro con lo sconosciuto. Nuotò a lungo, poi si sdraiò a prendere il sole dopo essersi abbondantemente cosparsa di crema solare. Cercò di leggere il libro che si era portata appresso, ma non riusciva a concentrarsi. Davanti agli occhi le tornava in continuazione il viso del giardiniere. Con uno sforzo, si ricordò del motivo della propria presenza sull'isola. Non era là per cercare avventure sentimentali. Sara Craven
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Prese la bottiglia dell'acqua, e si accorse che ne era rimasta ben poca. Si girò bocconi e si tolse il reggiseno. Voleva prendere un po' di tintarella integrale prima di rientrare in albergo. Appoggiò la testa alle braccia incrociate e chiuse gli occhi. Il rumore sommesso del mare le riempiva le orecchie, scacciando i dubbi e le tensioni. Piano piano cadde in uno stato di torpore. Sentiva l'asciugamano sotto di sé e la sabbia calda. Era come se fosse entrata nel quadro di Gina, come se lei fosse Alice dentro lo specchio. Sentiva la carezza calda del sole sulla schiena, e si lasciò andare alla sensualità di quel momento. Poi le venne in mente l'incontro sulle scale, e si scosse. Si sollevò su un gomito, inspiegabilmente allarmata, ma la spiaggia era deserta. Si appoggiò di nuovo alle braccia, però, all'improvviso, le venne in mente che il flacone dell'olio solare non era dove lei lo aveva lasciato. Ora era appoggiato a un contenitore termico spuntato dal nulla. Evidentemente, qualcuno era stato là mentre lei era assopita. Spaventata, si rivestì in tutta fretta e stava per avviarsi lungo il sentiero che evitava la villa, quando vide lo sconosciuto che si dirigeva verso di lei. Aveva un ombrellone sotto il braccio e una bottiglia d'acqua in mano. Ormai era troppo tardi per scappare. «Credevo che avesse da lavorare» lo apostrofò Zoe, da lontano. «Pausa pranzo. Pensavo che avrebbe gradito qualcosa da mangiare» rispose lui, indicando il contenitore termico. «Ha pensato male.» «Prenda almeno l'acqua. Non vorrà rischiare la disidratazione!» L'uomo piantò l'ombrellone poco discosto, in modo che l'ombra ricadesse sull'asciugamano. «Come si è permesso di frugare tra le mie cose?» «Cercavo la crema solare, rischiava di bruciarsi.» «Capisco che la sua intenzione fosse gentile...» «Ne è proprio sicura? Be', potrebbe darsi. Ho pensato a quanto si sarebbe arrabbiato il padrone, se lei si fosse scottata e fosse finita all'ospedale con un'insolazione, e non avesse potuto contrattare con lui l'acquisto di Villa Danae.» «In ogni caso, la sua gentilezza è stata inutile. In effetti, stavo per rientrare in albergo.» Sara Craven
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«Capisco. È già stata in Grecia altre volte?» «No. Questa è la prima volta, ma...» «Ma è meglio che non stia al sole nelle ore più calde, e non cammini se non è necessario. Non le piace la spiaggia?» concluse lui, anticipando le parole di Zoe. «La spiaggia è perfetta.» «Ma io ne rovino il fascino, eh? Lei ha un viso molto espressivo, thespinis.» «Eppure lei non se ne dà per inteso» osservò Zoe, mentre l'uomo stendeva con cura l'asciugamano sulla sabbia. «Vengo qui ogni giorno a quest'ora. Si ricordi che lei, thespinis, è qui soltanto perché l'ho invitata io. Inoltre, la spiaggia è abbastanza grande per tutti e due.» «Non so se il suo datore di lavoro sarebbe d'accordo. Lo sa come passa il tempo, invece di lavorare?» «Di sicuro, il dovere dell'ospitalità rientra fra i miei compiti.» «Io non sono sua ospite, almeno non ufficialmente, e lei ha un concetto assai strano di ospitalità.» «Perché? Le ho offerto del cibo, da bere, e un riparo dal sole. Ma se c'è qualcosa che ancora manca, non ha che da dirmelo» rispose l'uomo, con uno sguardo insolente. «La ringrazio, ha già fatto anche troppo» ribatté Zoe, irritata. «Allora dichiariamo la tregua, thespinis? È una giornata troppo bella per litigare. Se non vuole mangiare con me, almeno beva un po' d'acqua.» Lei lo guardò gelida, ma poi versò con cautela nella sua bottiglia un po' di acqua che l'uomo aveva portato. «Grazie» disse infine. «Si dice efharisto. Se vuole fermarsi un po' nell'isola, dovrà imparare almeno un po' di greco.» «Ho portato con me un frasario. Non mi serve un insegnante personale, grazie.» «È anche altezzosa. Dovrebbe imparare un po' di philoxenia, la disposizione dei Greci nei confronti degli stranieri. Magari qualcuno potrebbe prendersela, per il suo comportamento, sa?» «Magari questa non è una situazione in cui la cordialità sia raccomandabile, non le pare?» Lui si sollevò su un gomito e la guardò intensamente. «Di che cosa ha paura? Crede forse che abbia intenzione di prenderla con la forza? No, Sara Craven
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thespinis. Tanto per cominciare, fa troppo caldo. In secondo luogo, lo stupro non mi interessa.» Si sdraiò di nuovo, con la testa appoggiata sulle dita intrecciate, e la sua voce si fece meditabonda. «Preferisco una stanza fresca, con le persiane accostate, un letto comodo, una bottiglia di vino buono e una ragazza che mi desideri tanto quanto io desidero lei. Non mi accontento di meno di così, quindi lei può considerarsi al sicuro» concluse con un sorriso. Zoe arrossì. «Le sue parole sono molto evocative.» «Anche rassicuranti, spero.» «Sì, sì» rispose lei, sforzandosi di mantenere il controllo. «Ora si fida abbastanza da dirmi come si chiama?» Lei esitò un momento, poi disse: «Mi chiamo Zoe». «Un nome greco. Io mi chiamo Andreas. Ora che ci siamo presentati, potremmo darci del tu? E vorresti mangiare con me?» A quel punto, a Zoe non sembrò ci fosse più motivo di rifiutare. Anzi, forse sarebbe stato prudente mantenere buoni rapporti con una persona che quanto meno avrebbe potuto aiutarla nelle sue ricerche. «Accetto volentieri» disse, con un sorriso forzato. Nel contenitore termico c'erano pollo freddo, insalata, olive nere, pomodori, formaggio feta e del pane fresco. In un sacchetto separato si trovavano dell'uva nera e delle pesche. Non mancavano due bottiglie di birra e due bicchieri avvolti nei tovaglioli, e poi piatti e posate di plastica. Zoe pensò che l'uomo non aveva avuto nemmeno per un momento l'intenzione di mangiare da solo. Fin dall'inizio aveva dato per scontato che lei avrebbe accettato il suo invito. Ma probabilmente era abituato a ottenere sempre le attenzioni delle sue prede, pensò lei, con una smorfia. Se non altro, aveva portato della birra, e non del vino. Evidentemente non aveva intenzione di sedurla, se Zoe doveva dare credito alle sue parole di poco prima. Nonostante tutte le sue riserve, apprezzò molto il pasto. Il pollo era tenero e le verdure erano molto saporite, imparagonabili a quelle che Zoe comprava abitualmente al supermercato. «Vuoi una pesca?» propose lui, e sbucciò abilmente il frutto mentre Zoe osservava le mani stranamente curate, per un giardiniere. Anche il suo inglese era perfetto, anche se colorito da un lieve accento straniero. Si chiese chi fosse in realtà Andreas. «Ti piace fare il giardiniere?» gli chiese. «Mi piace il risultato finale. Perché me lo chiedi? Mi vuoi assumere, Sara Craven
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quando verrai a stare nella villa?» «Non ci avevo pensato.» «Be', pensaci adesso, allora.» «Hai così tanti impegni?» «Sì, ma potrei trovare un posticino per te nella mia agenda.» L'uomo non peccava certo di modestia, pensò Zoe. Era di certo molto diverso dal signor Harbutt, che portava stivaloni di gomma e pantaloni di velluto estate e inverno, e aveva svolto i lavori pesanti nel giardino di Gina. «Temo che le tue tariffe siano troppo costose, per me» disse infine, fredda. «Potremmo accordarci per uno scambio. Qui l'economia è basata sul baratto, farai bene ad abituartici. Dimmi, Zoe mou, come ti guadagni da vivere?» «Insegno inglese.» «Allora siamo a posto. Io baderò al giardino e in cambio tu mi insegnerai l'inglese.» «Il tuo inglese è già perfetto.» «Grazie. Allora dovremo pensare a qualcos'altro.» «Basterebbe trovare un altro giardiniere. Ma forse il padrone non vorrà darmi la casa in affitto.» «Non vedo come potrà resisterti, Zoe mou, soprattutto se io avallerò la tua richiesta.» «Credi di conoscerlo bene solo perché falci il prato e strappi le erbacce? Interessante! E il tuo padrone ti darà ascolto?» «Si fida del mio giudizio quando gli dico quali piante cresceranno rigogliose e quali non germoglieranno. Ecco, credo che la natura umana sia del tutto simile alle piante.» «E io, a quale categoria apparterrei?» chiese Zoe, affascinata suo malgrado. «Te lo dirò quando lo avrò capito, Zoe mou.» Raccolse gli avanzi del pasto e li ripose nella borsa termica. Poi si alzò in piedi e si tolse i bermuda. Sotto, indossava un paio di calzoncini neri da bagno. Si allontanò sulla spiaggia mentre Zoe lo fissava inebetita. Aveva un corpo snello e dalle proporzioni perfette, il suo passo ricordava quello di un felino predatore. Zoe decise di approfittare di quel momento per fuggire. Si vestì rapidamente e, mentre lui nuotava con vigorose bracciate, lei si diresse Sara Craven
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verso il sentiero. Solo quando fu a una certa distanza, Zoe azzardò uno sguardo alle sue spalle. Andreas continuava a nuotare, lontano dalla spiaggia. Solo quando raggiunse la strada, oltrepassato l'uliveto, Zoe si sentì al sicuro. Zoe arrivò trafelata all'albergo. Prese le chiavi dalla rastrelliera e si precipitò in camera, ben felice che Sherry non l'avesse vista rientrare. Per l'ora di cena si sarebbe sentita di nuovo a proprio agio e sarebbe stata perfino in grado di conversare serenamente della bellezza del luogo. Forse avrebbe addirittura accennato al giardiniere della villa. Magari Sherry lo conosceva. Si fece una doccia fresca, poi prese una limonata dal frigorifero e uscì a bere sulla terrazza. Aveva in mano le carte di Villa Danae. Le occorreva trovare qualcuno che potesse verificare l'esattezza della traduzione che attribuiva a sua madre la proprietà della villa. Avrebbe potuto chiedere a Stavros, ma temeva che lui avrebbe evitato di immischiarsi nelle faccende dei notabili di Thania. Zoe avrebbe dovuto scoprire anche chi era il datore di lavoro di Andreas, ad Atene. Se non fosse stata colta di sorpresa, lo avrebbe chiesto direttamente al giardiniere. Ma si era trovata in una situazione troppo imbarazzante, e aveva agito di istinto, senza riflettere. «Le è piaciuta la spiaggia?» chiese Sherry, appoggiando un piatto di taramasalata sul tavolo di Zoe. «Oh, sì, certo. Però non era deserta come mi aveva detto.» «Accidenti! Steve Dragos è tornato? Non lo sapevo. Pensavo fosse ancora sotto la sua campana di vetro, ad Atene, dopo l'infarto.» «Non credo proprio che il tizio che ho visto io soffra di cuore. Doveva essere un giardiniere o un factotum.» «Ah, sì? Non sapevo ce ne fosse uno. Forse è un parente di Hara, la custode. Come si chiama?» «Non lo so» mentì Zoe. Temeva quello che Sherry avrebbe potuto riferirle circa quel giardiniere donnaiolo. «Chi è Steve Dragos?» chiese invece. «Oh, un riccone di qui. Fa l'armatore.» «Non vive qui?» «No, no. Ha una villa faraonica sulla costa. Spero che lei non abbia Sara Craven
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avuto problemi» rispose Sherry, mentre poggiava sul tavolo la caraffa di vino bianco. «No, tutto a posto. Ma sanno che lei va in quella spiaggia, ogni tanto» le disse a bassa voce. «Accidenti, Steve Dragos deve avere un satellite spia. Per fortuna non ho mai preso la tintarella integrale!» esclamò Sherry, ridendo e avviandosi a servire una famiglia di turisti tedeschi. Zoe era pensierosa mentre mangiava lo squisito trancio di pescespada alla griglia. Si chiedeva se l'uomo della foto insieme a sua madre potesse essere Steve Dragos, e, nel caso fosse lui, che cosa facesse in compagnia di Gina. Gina Lambert non aveva mai frequentato l'alta società, e Zoe non riusciva a trovare una spiegazione soddisfacente a quel mistero. Aveva la sgradevole sensazione di trovarsi sulla soglia di una rivelazione che l'avrebbe sconvolta, ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Aveva un disperato bisogno di conoscere la verità, qualunque fosse. La sua inquietudine era aumentata dal fatto che si aspettava di vedere arrivare Andreas da un momento all'altro. Lui sapeva dove Zoe aveva preso alloggio, e lei si era convinta che l'avrebbe cercata, anche solo per rimproverarla di essere fuggita da codarda. Ma forse lui non aveva dato molta importanza al loro incontro, e lo aveva già dimenticato. Comunque fosse, a Zoe balzava il cuore in gola ogni volta che vedeva arrivare un nuovo cliente. Ogni sguardo di Andreas, ogni suo gesto avevano rivelato il donnaiolo incallito. Un'eventuale relazione fra di loro sarebbe stata fragile ed effimera come le farfalle che aveva visto nel giardino, e non era quello che Zoe desiderava. Mangiò le albicocche e bevve un caffè e una Metaxa per concludere. «Era tutto ottimo. Complimenti al cuoco» disse soddisfatta a Sherry che veniva a sparecchiare. «La cuoca è mia suocera, la donna più impassibile dell'universo. È anche un'ottima ballerina. La vedrà in azione domani sera, quando avremo musica dal vivo.» Tutti gli altri avventori si erano alzati da tavola e si stavano dirigendo verso il porto per concludere la serata in qualche taverna. Zoe, invece, preferì salire in camera. Sara Craven
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Era stata una giornata piuttosto faticosa, e non le avrebbe fatto certo male andare a letto presto. Si sentiva sola, in un paese straniero, quando tutti gli altri turisti sembravano muoversi in coppia o almeno in gruppi. Si chiese se anche sua madre si fosse sentita sola. Forse per questo si era comportata in un modo che non le era abituale. Probabilmente tutta la faccenda si sarebbe spiegata con una relazione estiva con un uomo tanto ricco da regalare ville invece di gioielli di addio. Era un'ipotesi che non le piaceva molto, però era l'unica spiegazione. Accese la luce e si vide riflessa nello specchio, una giovane donna dagli occhi tristi e dai capelli chiari, che indossava un vestito fatto apposta per attirare gli sguardi. Forse anche per sua madre era cominciata così.
4 Zoe dormì un sonno agitato e si svegliò in tempo per vedere il sole sorgere in un cielo limpidissimo, presagio di un'altra giornata di caldo intenso. Durante la notte aveva pensato a quello che avrebbe fatto quel giorno, perciò si fece la doccia e indossò un prendisole leggero, lungo al ginocchio, sopra il costume da bagno. Raccolse i capelli con un fermaglio argentato. «Non torna alla spiaggia, oggi?» le domandò Sherry, mentre le versava il caffè. «Meglio non sfidare la fortuna. Volevo fare un po' la turista, prima che arrivi il caldo. Voglio scoprire quello che Livassi può offrirmi» disse lei, che in realtà sperava di incontrare lo zio Stavros. «Be', non ci vorrà molto. Livassi è carina, e nella chiesa ci sono degli affreschi molto belli. Però, se vuole entrare in chiesa, deve coprirsi le spalle.» «Ho una camicia da indossare» rispose Zoe, controllando nella borsa. Aveva preso un camicione con le maniche lunghe, che le sarebbe servito anche come copricostume in spiaggia. «Mi raccomando, non dimentichi di guardare l'icona della Vergine. Dicono che favorisca le gravidanze, quindi, magari, dovrà fare un po' di attenzione!» Sara Craven
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«Ah, non c'è nessun problema. Sono assolutamente single.» «Dicono tutte così.» La collina su cui si trovava la piazza principale del paese era ripida, e la stradina che vi conduceva era stretta fra le case. Quando finalmente Zoe arrivò in piazza, era accaldata e senza fiato, ma la bellezza del colonnato veneziano e della chiesa bizantina la compensarono per lo sforzo. Sotto gli alberi erano stati sistemati dei tavolini e delle panchine, che però erano ancora deserti. Zoe scattò alcune foto, poi si infilò il camicione ed entrò in chiesa. L'atmosfera era carica del profumo dell'incenso, e un prete barbuto con una tonaca nera le fece un cenno severo di benvenuto. Lei avanzò lentamente, in perfetto silenzio, mentre ammirava gli affreschi che rappresentavano scene della vita di Cristo e dei santi. C'erano diverse cappelle laterali, e in ognuna c'era l'icona di un santo, quindi Zoe non sapeva quale avrebbe dovuto evitare, secondo i consigli di Sherry. Quando uscì sul sagrato, il caldo la colpì come un urto fisico. A un kafeneion sotto il porticato ordinò una spremuta di limone e si sedette all'ombra, guardandosi intorno. A uno dei tavolini della piazza adesso era seduto un gruppo di uomini anziani che giocavano a dadi. Zoe avrebbe voluto chiedere se uno di loro fosse lo zio Stavros, ma non voleva interrompere il gioco. Prese dalla borsa la guida che aveva portato con sé, e cominciò a sfogliarla. Ma, a parte lodare la tranquillità dell'isola e le bellissime ville dei magnati greci, l'autore aveva poco da dire. C'era una baia dove si diceva che si fosse fermato Ulisse prima di intraprendere l'ultima parte del viaggio che lo avrebbe riportato a Itaca. C'erano un monastero in rovina e un paio di villaggi di pescatori da cui si poteva godere una splendida vista del Mar Ionio. Era possibile percorrere alcuni itinerari, tutti abbastanza brevi, tra cui una passeggiata fino alla cima del monte Edira, dal quale si poteva godere di un panorama di impareggiabile bellezza. Infine, c'erano le Grotte d'Argento. Erano situate sul lato opposto dell'isola, e davano accesso a un piccolo lago sotterraneo. Nelle sue acque era disciolto un minerale che rendeva metallico il riflesso della superficie, da cui era derivato il nome della località. Era possibile visitare in barca le Sara Craven
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grotte e, di notte, quando la luce della luna penetrava una sottile spaccatura nella roccia, si aveva l'impressione di essere rinchiusi in uno scrigno d'argento. Zoe pensò che dovesse essere un vero incubo, per uno che soffriva di claustrofobia. Ma non poté negare che la descrizione fosse affascinante. Nelle grotte c'era pure l'eco, e questo fenomeno era legato a una credenza popolare. Per secoli, i giovani dell'isola si erano recati là a gridare il nome dell'amata. Se l'eco rispondeva, significava che il loro amore era corrisposto. Ma se l'eco taceva, allora si trattava di un sentimento senza speranza. Divertita, Zoe commentò fra sé e sé che doveva essere una cosa assai imbarazzante. Chiuse la guida e si rese improvvisamente conto che qualcuno la stava osservando. Alzò lo sguardo e vide che uno dei giocatori al tavolo in piazza la fissava con insistenza. Era un uomo robusto, con una massa di capelli grigi sotto un cappello scuro. Il viso, una volta attraente, era solcato da molte rughe. Aveva entrambe le mani appoggiate a un bastone. L'uomo non distolse lo sguardo. Pareva che stesse cercando di ricordarsi dove poteva avere già visto quella ragazza. Zoe lo riconobbe immediatamente. «Kalimera, zio Stavros» mormorò fra sé e sé. Si alzò con l'intenzione di andare a parlargli, ma il vecchio si allontanò rapidamente. Lei si mise di nuovo a sedere, sentendosi inspiegabilmente delusa. Sapeva bene di somigliare molto a sua madre, quando Gina aveva la sua stessa età. Era evidente che l'uomo si era reso conto di quella somiglianza, però era altrettanto evidente che non aveva voluto farsi riconoscere. Zoe si disse che prima o poi lo zio Stavros avrebbe ceduto alla curiosità. Era solo questione di tempo. Se non fosse stato lui a fare il primo passo, allora lo avrebbe fatto Zoe. Guardò il tavolo dei giocatori, ma erano tutti concentrati sul gioco, e nessuno badava a lei. Lasciò il denaro sul tavolino e tornò a fare la turista. Però, per tutta la strada fino all'albergo, non fece che pensare allo sguardo intenso del vecchio Stavros.
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Zoe si disse che Sherry non aveva esagerato, quando le aveva detto che la spiaggia del paese era sempre molto affollata. Non era nemmeno mezzogiorno, e i bagnanti erano stipati sulla sabbia. Sembrava che l'intera popolazione di Livassi si fosse riversata là. C'era chi prendeva il sole, chi si bagnava nell'acqua bassa e chi giocava a palla, infastidendo i vicini a ogni rimbalzo. «Ehi, bella ragazza, vuoi giocare?» la abbordò un giovanotto, raccogliendo la palla che era caduta vicino a Zoe. «No, grazie» rispose lei, tornando a leggere il libro. Il ragazzo era insieme ad altri tre giovani che avevano cominciato a darle fastidio fin da quando era arrivata. Si erano accorti che era da sola, e avevano deciso di corteggiarla sfacciatamente. Facevano cadere la palla a bella posta vicino a lei, in modo da avere la scusa per avvicinarsi. Alla fine avevano dedotto che fosse inglese, e non svedese o tedesca, come molti dei turisti sull'isola. Per la prima volta, Zoe si pentì di essere venuta da sola. Si sentiva un bersaglio troppo facile per i vitelloni locali. Si guardò intorno, cercando qualcuno delle famiglie che aveva visto in albergo, ma tutti i bagnanti sembravano greci. In ogni modo, Zoe si disse che forse stava esagerando con tutta quell'apprensione, e di sicuro i ragazzi si sarebbero stancati presto, visto che lei continuava a rimanere sulle sue. Ma, dopo altri dieci minuti, la situazione era immutata. I ragazzi continuavano imperterriti a infastidirla. Allora Zoe decise di andare via. Ormai era ora di pranzo, e lei avrebbe voluto assaggiare il pesce che servivano alla taverna vicino al porto. Si infilò il camicione, prese la borsa e si alzò in piedi. Sperava che i ragazzi non badassero a lei, però, quando giunse alla strada, si accorse che due di loro l'avevano seguita. Accelerò il passo, inciampando sull'acciottolato. Il ragazzo tarchiato che le aveva rivolto la parola la raggiunse facilmente e la afferrò per un braccio. «Vieni a bere qualcosa al bar di mio fratello?» le propose, con un sorriso insolente. «No, grazie» rispose lei, gelida. L'altro ragazzo li raggiunse e si mise al fianco di Zoe, sull'altro lato, intrappolandola. «Non sei amichevole. Ho lavorato a Zante, l'anno scorso, e tutte le Sara Craven
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ragazze inglesi erano molto amichevoli.» «Hai un appartamento? Andiamo là. Possiamo bere qualcosa, kougla mou. È più tranquillo.» «Lasciatemi stare! Andate via!» intimò Zoe, che cominciava ad avere paura. Il ragazzo alla sua destra rise, mostrando un dente rotto. «Se sarai carina, ci divertiremo un mondo!» «Vi denuncerò! Finirete in galera!» Si divincolò e cominciò a correre. Ma aveva percorso solo pochi metri, quando si scontrò con un uomo. Lanciò un grido di spavento. «Zitta, pedhi mou. È tutto a posto. Ora sei al sicuro» le disse la voce di Andreas, mentre lui la afferrava per le spalle. Guardò i molestatori e disse loro qualcosa nella loro lingua. I due si allontanarono con la coda fra le gambe. «Non hanno nemmeno accennato a una reazione» osservò Zoe, sorpresa e spaventata. «Vuoi che li chiami e scateni una bella rissa?» «No, no! Che cosa gli hai detto, per farli scappare in quel modo? Ti conoscono?» «Ci conosciamo tutti, su quest'isola. Ho rammentato loro che lavoriamo tutti per lo stesso padrone, che non sarebbe molto contento se uno dei suoi dipendenti fosse accusato di violenza sessuale ai danni di una turista. Ma quei due sono più stupidi che pericolosi.» «Ah, per quel che mi riguarda, mi sono sembrati pericolosissimi.» Zoe si scostò un poco. Andreas portava un paio di pantaloni di cotone e una camicia aperta sul petto. «Non gli hai detto altro?» chiese. «Ho ribadito un po' il concetto, però non voglio tediarti con i particolari.» «Ah. Che cosa ci fai, qui?» gli domandò ancora, sospettosa. «Ero venuto a salvarti!» «Intendo dire, come mai ti sei trovato qui proprio al momento giusto? Non ti pare una strana coincidenza?» «Ah, stai elaborando la teoria della cospirazione. Non essere paranoica, pedhi mou. Non ho assoldato quei due per infastidirti in modo che io poi potessi intervenire a salvarti. Eri in pericolo, ed è capitato che io mi trovassi a passare. Tutto qui.» «È capitato per caso?» Sara Craven
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«Questa è una strada pubblica, che conduce a una spiaggia pubblica. Perché non dovrei passare di qui? Ma ammetto che ero venuto a cercarti.» «Perché?» chiese Zoe, agitata, pentendosi subito delle proprie parole. «Perché la spiaggia della villa sembrava vuota, senza di te. Ieri te ne sei andata senza salutarmi.» «Mi spiace, mi sentivo a disagio. Ero entrata di soppiatto in casa d'altri. Non avrei dovuto farlo, ne ero consapevole.» «Ti sentivi a disagio anche se io ti avevo accolta come un'ospite gradita?» «Be', non spettava certo a te decidere se potevo essere un'ospite. Visto che disapprovi le molestie nei riguardi delle turiste straniere, magari il tuo capo non apprezzerebbe il fatto che tu intrattieni qualcuno alla villa.» «Sono sicuro che ne sarebbe onorato.» «In ogni caso, credo che sia meglio mantenere le distanze.» «Allora la casa non ti interessa più? Non vuoi più viverci?» «Non ho detto questo.» «Meno male, perché ho detto al proprietario che tu eri interessata, e lui è impaziente di incontrarti.» Zoe parve molto sorpresa. Non si era aspettata tanta rapidità. Aveva pensato di prendere prima informazioni e poi decidere con calma il da farsi. Ora, invece, la situazione sembrava esserle sfuggita di mano. «Quanta fretta! A quel che mi hanno detto, il proprietario è ammalato.» «È convalescente, e anche annoiato. Ha bisogno di distrarsi, e tu capiti al momento giusto.» «Io voglio solo parlargli di affari, non sono una cabarettista.» «No, infatti. Le cabarettiste sorridono più spesso.» «Scusami. Sono ancora spaventata, credo.» «Hai bisogno di un pasto sostanzioso e di un bicchiere di vino. Pranza insieme a me, così, mentre mangiamo, potrai esprimermi la tua gratitudine per averti salvata. Sono sicuro che hai intenzione di farlo.» Lei rimase a bocca aperta. Ancora una volta, Andreas aveva prevenuto il suo pensiero. Stavolta, però, Zoe non avrebbe ceduto alla tentazione di mangiare insieme a lui. La sua vicinanza la turbava troppo. «Mi spiace, ma mi sono già organizzata, per il pranzo. Quindi ti saluto, adesso. Mi hai salvata da una situazione sgradevole, e te ne sono grata. Grazie ancora. Ci vediamo» concluse, allontanandosi. La taverna era molto affollata, quasi tutti i tavoli erano occupati. Zoe era Sara Craven
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incerta se entrare, o magari tornare un altro giorno, ma un cameriere le si avvicinò appena la vide. «Vuole mangiare del buon pesce? Venga, si accomodi. Ho un bel tavolo libero, per lei.» L'uomo la condusse a un tavolino isolato. Riparato da un bel pergolato. A Zoe sembrò bellissimo. Sfiorò con le dita il vasetto di boccioli di rosa appoggiato su una tovaglia immacolata. Si guardò intorno, e si rese conto che nessun altro tavolo nel locale era apparecchiato con tanta cura. Il cameriere portò l'acqua gelata e il pane, e dispose due coperti. «Mi scusi...» cominciò lei, ma il cameriere si allontanò per andare a prendere un secchiello con del ghiaccio e una bottiglia di vino bianco. A quel punto, Zoe accennò ad alzarsi. «Mi scusi, ci dev'essere un errore.» «No, nessun errore. Spero che tu abbia appetito. Kostas ha preparato l'aragosta apposta per noi» le rispose Andreas, sedendosi a tavola come se fosse la cosa più normale del mondo. Lei era furibonda. Aspettò che il cameriere versasse il vino e si allontanasse, poi disse: «Chiariamo subito una cosa. Non metterti in testa idee strane. Noi non formiamo una coppia». «Be', bastano due persone, per fare una coppia, e noi siamo in due» ribatté lui, con tono canzonatorio. «Da dove salta fuori tutto questo cameratismo? E come facevi a sapere che avrei scelto proprio questo ristorante? Oppure hai prenotato un tavolo in tutti i ristoranti della città?» «Prima o poi, tutti vengono a mangiare da Kostas. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto, e ho corso il rischio.» «Be', ti è andata male. Me ne vado.» «Non ti piace l'aragosta?» «Il cibo non c'entra niente. Piuttosto, non mi piace essere presa in giro, soprattutto quando ti avevo detto chiaramente che avrei preferito mangiare da sola.» «Che brutta parola, solai Dimmi, pedhi mou, tu sai che cosa significa il tuo nome in greco?» «No.» «Significa vita. Perché hai tanta paura di vivere?» «È un'osservazione vile e del tutto falsa!» rispose lei, arrossendo. «Perché rifiuti l'amicizia che ti viene offerta?» Sara Craven
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«Amicizia? Ti pare che i tuoi colleghi avessero in mente di fare amicizia con me?» «E tu credi che io sia come loro?» «Come faccio a saperlo? Da che cosa potrei capirlo? Ci siamo conosciuti solo ieri. Non è molto.» «Allora bisogna rimediare. Finora, però, non ho avuto un grande successo. Siediti, Zoe mou, e ti dirò tutto quello che vorrai sapere. E poi, Kostas ci rimarrebbe male, se gli facessimo sprecare la sua ottima aragosta.» Zoe si sedette, ma il suo viso aveva un'espressione ostinata. «Non so perché lo faccio!» «Perché hai fame, e anche sete. Ai tuoi occhi, agapi mou» concluse Andreas, alzando il bicchiere in un brindisi. Sorpresa da quelle parole, Zoe toccò timidamente il bicchiere di Andreas con il proprio. «Salute!» disse, imbarazzata. Il cameriere riapparve portando i piatti di houmous e tzatziki, una ciotola di olive nere e un'insalata mista. «Ti piace il cibo greco?» chiese Andreas, porgendole il pane. «Finora ho sempre mangiato cose ottime.» «Bene. A Thania non troverai molto di più. Non ci sono fast food e pub inglesi.» «Nemmeno nei villaggi turistici?» «Forse sulle altre isole, ma non qui. Noi non vogliamo percorrere questa strada. Thania appartiene ai suoi abitanti, che pescano e coltivano le olive, e si fanno il loro vino.» «E a volte curano i parchi dei ricchi. Ti accontenterai di questo per il resto della tua vita?» chiese Zoe, mentre intingeva il pane nella tzatziki. «Forse no. Ma curare il parco è solo una parte dei miei compiti, come ti ho già detto, pedhi mou. A me piace cambiare.» «Ci avrei giurato» borbottò lei. Andreas sorrise divertito. «E tu, Zoe mou? Hai intenzione di insegnare inglese per sempre?» «Può darsi.» «Che spreco! Non vorresti sposarti, avere dei bambini?» A lei tornò in mente la proposta di matrimonio di George, e per poco non scoppiò a ridere. «Nemmeno per idea! Il mio lavoro mi tiene molto occupata.» Sara Craven
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«E ti tiene anche calda di notte, a letto?» «Questi non sono affari tuoi! E poi, credevo che avessi insistito per pranzare insieme in modo che io potessi conoscere te!» «Chiedimi pure quello che vuoi, e io ti rispondo.» «Be', cominciamo dal tuo secondo nome» disse lei, sforzandosi di apparire disinvolta. Si sentiva terribilmente in imbarazzo, innervosita dalla presenza di lui, e non sapeva come comportarsi. «Stephanos. Andreas Stephanos. Che altro vuoi sapere, Zoe mou? L'età? Il peso? La statura?» «Non credo che sia necessario.» Oltretutto, lei sapeva già al riguardo tutto quello che c'era da sapere. Andreas doveva essere sulla trentina, ed era alto almeno un metro e ottanta. Era in perfetta forma. «Che altro, allora? Il mio segno zodiacale? Quanto prendo di stipendio?» «Per quanto riguarda il segno zodiacale, scommetterei che sei dello Scorpione. Quanto allo stipendio, la cosa non mi riguarda.» «Allora sei una donna davvero strana.» «Già. Il segno zodiacale l'ho indovinato?» «Sì. Un'altra domanda?» «Non me ne vengono in mente.» «Davvero? Non vuoi sapere se sono sposato?» «Non so se mi risponderesti sinceramente» ribatté Zoe, dopo una breve esitazione. «Che interesse avrei a mentirti? L'isola è piccola, se fossi sposato, lo verresti a sapere in men che non si dica. Probabilmente te lo direbbe mia moglie, con le unghie! Che cosa mi dici di te, Zoe mou? Non porti un anello di fidanzamento, ma questo non vuole dire niente, di questi tempi. C'è un uomo che aspetta impaziente il tuo ritorno? Che non riesce a dormire perché tu non sei fra le sue braccia?» «Oh, c'è la fila! Sono una ragazza socievole, io! Nessuno si annoia mai, con me.» «Che non ci si annoi, lo credo. Ma il resto, penso che non sia vero.» «Non ho tempo per le relazioni sentimentali. Mia madre si è ammalata gravemente, e io l'ho accudita.» «Mi spiace. Spero che adesso stia meglio.» Sara Craven
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Lei si limitò a scuotere la testa. «Ah, pedhi mou, allora abbiamo questo in comune. Tutti e due abbiamo perso nostra madre.» «Oh, mi spiace. È successo di recente?» «Dieci anni fa. Era malata da molto tempo. Ma anche se te lo aspetti, non sei mai pronto, nel» «No. Tuo padre è ancora vivo?» «Vivo e vegeto. Il tuo non lo è?» «No. Devo cavarmela da sola. Questa vacanza è l'inizio della mia nuova vita.» «È per questo che non vuoi gente intorno? Credi che se tieni tutti a distanza eviterai di soffrire ancora? Le cose non vanno così. Prima o poi, qualcuno entrerà nella tua vita, e tu non potrai fare niente per escluderlo» le disse, prendendole una mano. Zoe si ritrasse. «La fai sembrare una cosa spaventosa, e io ho avuto abbastanza spaventi, per oggi.» «È tutto finito. Finché starai qui, nessuno ti darà più fastidio.» «Come fai a esserne sicuro?» «Tutti sanno che io mantengo sempre la parola data.» «Allora ho avuto fortuna a incontrarti.» «Non è stata fortuna, matia mou. E' stato il destino. Oh, arriva il nostro pranzo» concluse lui, mentre Zoe lo fissava attonita. L'aragosta era grigliata a puntino, servita con burro fuso e salsa rosa. Conclusero il pasto con delle ciliegie e del caffè alla greca. Per tutto il tempo conversarono piacevolmente, e a tratti pareva che si divertissero. «Non riesco a muovermi» disse Zoe, quando ebbero finito. «Non muoverti, allora, pedhi mou. Non c'è fretta.» Tutti quanti, nel ristorante, sembravano disposti a trascorrere un pomeriggio ozioso. Le voci si erano ridotte a un sussurro, e Zoe non poté fare a meno di pensare a quella stanza fresca, dalle persiane accostate, che Andreas le aveva descritto con tanta vividezza il giorno prima. «No, non c'è fretta, ma forse tu hai da fare...» «Quello che ho da fare può aspettare. A meno che tu voglia liberarti di me.» «Ma no! Sei stato molto gentile, con me, e non voglio approfittare del tuo tempo.» Sara Craven
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«Credi che la mia sia solo gentilezza, Zoe mou1. Sei davvero così ingenua?» «Io non sono ingenua per niente. Ti concedevo solo il beneficio del dubbio, ma mi sbagliavo. Voglio pagare la mia parte!» concluse, afferrando la borsa. «Tempo perso. Kostas non accetterà il tuo denaro.» «Perché no?» «Per lo stesso motivo per cui ti lasceranno in pace, in spiaggia, oggi pomeriggio. Ti hanno vista con me, e questo basta a metterti al sicuro da qualunque noia.» «Tranne da quella che puoi darmi tu, suppongo! Ma non ho bisogno di un cavalier servente, e di certo non tornerò alla spiaggia in città. Ci deve pur essere un anfratto su quest'isola dove la tua fama non è ancora giunta! Ecco, passerò là il resto della mia vacanza!» «Ti sei giocata la tranquillità quando sei venuta alla villa. Lo sai tanto bene quanto lo so io, e non guardarmi con quell'aria innocente.» «Se posso, ti eviterò ben volentieri!» sbottò lei, avviandosi verso la relativa sicurezza dell'albergo.
5 «Me la sono cavata per un pelo» continuava a ripetersi Zoe, mentre, sdraiata sul letto, fissava il soffitto della sua camera. Pranzare con Andreas Stephanos era stato uno dei peggiori errori della sua vita, e ora si vergognava di come avesse ceduto alle sue insistenze. Oltretutto, non poteva negare di avere trascorso un'ora assai piacevole in sua compagnia. Ma, più di tutto, si vergognava delle proprie reazioni all'aspetto sensuale di lui. Doveva ammettere che Andreas era un uomo molto attraente. Era stata la sua sicumera nell'affermare che ormai sull'isola tutti avrebbero considerato Zoe come sua proprietà che alla fine l'aveva fatta tornare in sé. Quando era arrivata in albergo, era accaldata e aveva il cuore in gola. Si era subito fatta una doccia fresca, ma non aveva ottenuto lo sperato effetto calmante. Perfino il pareo leggero con cui si era coperta le sembrava intollerabile. «Tutto questo è ridicolo!» borbottò fra sé e sé. Sara Craven
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Si era sempre considerata una donna razionale, e per questo non riusciva a spiegarsi quella reazione esagerata alla corte sfacciata di Andreas. Si ripeté che non aveva tempo da perdere con simili sciocchezze, perché aveva faccende ben più importanti da sbrigare. Però, da quel momento in poi, non avrebbe più potuto mettere piede a Villa Danae, non prima di avere parlato con il misterioso Steve Dragos. Doveva scoprire quali fossero i suoi rapporti con Gina Lambert. Avrebbe dovuto agire con cautela, visto che l'uomo era stato recentemente malato. In alternativa, avrebbe potuto lasciare le cose come stavano, e tornarsene a casa. Ma il dipinto di sua madre sarebbe sempre stato là, a ricordarle quel mistero e l'occasione d'oro che si era lasciata sfuggire. Scappare non era nel suo stile. No, sarebbe rimasta e avrebbe chiarito quella faccenda una volta per tutte. Andreas Stephanos avrebbe imparato a sue spese che Zoe Lambert era immune alla sua galanteria. Ma lei stessa sapeva di non essere in grado di liquidarlo in quella specie di pattumiera emotiva dove aveva relegato Mick e George. Si dibatté in questo dilemma fino all'ora di cena, quando si vestì per scendere a mangiare. «Allora, come è andata la visita di Livassi?» chiese Sherry, mentre versava un bicchiere di retsina. «Benissimo. Mi sono piaciuti perfino i giocatori in piazza» rispose lei, sincera. «Ha incontrato lo zio Stavros?» «Credo che fosse appena andato via, quando sono arrivata io» rispose lei, prudente. Non menzionò il fatto che il suo arrivo sembrava avere turbato molto uno degli anziani giocatori in piazza. «Non è da lui perdersi l'arrivo di una bella bionda. Invecchia anche lui, temo» commentò Sherry, visibilmente divertita. «Può darsi» disse lei, accarezzando Archimedes. Altri clienti erano arrivati, e Sherry si allontanò per servirli. Zoe sorseggiava il vino, gustando a fondo il sapore leggermente resinoso. Le osservazioni di Sherry avevano confermato la sua prima impressione. Ma lei non era una bionda qualunque, lei era figlia di sua madre e di certo Stavros doveva avere notato la straordinaria somiglianza. Sara Craven
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Era stato questo a turbarlo. Zoe decise che sarebbe tornata in piazza l'indomani, e avrebbe fatto di tutto per parlare con il vecchio. Voleva sapere a tutti i costi quello che lui ricordava di Gina, e di quello che era successo a Thania tanti anni prima. Ormai era certa che qualcosa doveva essere successo. Dal cortile proveniva il suono di alcuni strumenti musicali, e Zoe si ricordò che quella sera ci sarebbe stata musica dal vivo e avrebbero ballato. Allora decise che era tempo di smetterla di rimuginare, e di cominciare invece a divertirsi. Mangiò di gusto l'agnello stufato con pomodoro ed erbe aromatiche, con contorno di patate fritte e fagiolini e innaffiato da un buon bicchiere di vino rosso. Notò che quella sera era stato apparecchiato qualche tavolo in più del solito, e anche quelli si stavano rapidamente esaurendo. Evidentemente, i sabato sera all'Hotel Stavros dovevano essere un'occasione mondana importante, nell'isola. Per fortuna, la maggior parte degli avventori erano gruppi familiari, così Zoe non si sentì a disagio. La serata incominciò con l'esibizione di due giovani coppie in costume tradizionale. I ballerini passavano fra i tavoli e invitavano gli avventori a unirsi alla fila indiana che si muoveva a tempo di musica. Quando arrivarono a Zoe, lei scosse leggermente la testa. Non era una gran ballerina, e i passi le sembravano complicatissimi. Le piaceva starsene nel suo angolino a osservare gli altri e ad ascoltare la musica, mentre sorseggiava un bicchiere di vino. Batteva a tempo le mani mentre i ballerini formavano cerchi ora ampi, ora più stretti. All'improvviso, ebbe una strana sensazione. La musica cessò quasi di colpo e cadde un silenzio denso. Zoe guardò verso l'entrata con un misto di speranza e di spavento. Sapeva bene chi avrebbe visto là. Andreas era in piedi vicino al cancello, e la stava fissando. Lei si sentiva il cuore in gola. Non sapeva come comportarsi, e cercava disperatamente le parole con cui avrebbe risposto al suo saluto. Ma, con grande delusione di Zoe, Andreas si girò e si diresse verso un tavolo all'altro lato del cortile. Gli avventori che erano seduti là si alzarono per riceverlo, e le ragazze già si contendevano il posto accanto a lui. All'improvviso, Zoe sentì il cuore pesante. Si disse che non avrebbe dovuto cercare le parole, perché tanto Andreas non avrebbe conversato con Sara Craven
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lei. Probabilmente aveva speso tutti i suoi averi per il pranzo e, visto che non aveva ottenuto l'effetto sperato, ora le dava il benservito in quel modo plateale. Bevve un sorso generoso di vino, irritata con se stessa per la delusione che provava. Le bruciava ammettere di essersi presa una cotta come non ne aveva mai prese nemmeno da ragazzina. Naturalmente, non poteva alzarsi e andare via. Sarebbe stato un gesto troppo vistoso che avrebbe rivelato ad Andreas quanto la sua indifferenza l'avesse ferita. Per questo, Zoe decise di fermarsi almeno un'altra mezz'ora. Avrebbe finto di apprezzare la musica e di divertirsi molto quando l'unica cosa che avrebbe voluto veramente fare era correre in camera, buttarsi sul letto e tapparsi le orecchie. Bevve un altro sorso di vino e si sforzò di non guardare nella direzione di Andreas, che adesso era seduto accanto a una ragazza dagli occhi adoranti e la bocca sensuale, che lo colmava di sorrisi e attenzioni. Si sentì sollevata quando i ballerini tornarono in pista, attirando la sua attenzione. Zoe doveva essersi distratta per davvero, perché non si accorse che Andreas le si era avvicinato. Quando la invitò a ballare, sobbalzò e si versò sul vestito un po' di vino. «Mi hai spaventata! Guarda che cosa mi hai fatto fare!» lo rimproverò. «Be', ti perdono. Vieni a ballare, adesso.» Lei si alzò, ma si schermì: «Non so ballare». «Ti insegno io» disse lui, guidandola verso il centro della pista da ballo. Tutti si erano fatti da parte. Sherry la fissava come se fosse stata colpita da un fulmine. «Andreas, io non sono capace...» protestò di nuovo. «Sì, che sei capace, Zoe mou» la rassicurò lui. Trasse di tasca un fazzoletto candido e lo spiegò, offrendo a Zoe un capo da tenere in mano. «Vedi? Non devi nemmeno toccarmi» le disse, beffardo. «I passi sono sempre uguali. Fa' come Soula» le suggerì. Zoe fissò lo sguardo sulla ragazza dalle calze bianche e le scarpe basse, nere. Sulle prime incespicò, ma poi riuscì a seguire i passi. Dopo qualche istante, riuscì perfino a divertirsi alle evoluzioni del primo ballerino, ma non perdeva mai di vista l'uomo che insieme a lei teneva l'altro capo del Sara Craven
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fazzoletto. Le dispiacque quasi quando la musica finì. Senza rendersi ben conto di come fosse accaduto, si ritrovò seduta al suo tavolo. La tovaglia era stata sostituita, ed erano apparsi due bicchieri e dell'altro vino. C'erano anche due tazze di caffè. Andreas sedette accanto a lei. Di certo aveva organizzato tutto in anticipo. «E così mi hai mentito, matia mou.» Zoe sentì un tuffo al cuore. Forse lui aveva scoperto chi era, e il vero scopo del suo viaggio. «Io... io non capisco...» balbettò. «Avevi detto che non sapevi ballare.» «Ah, ti riferivi a quello!» «Sì, a quello» ripeté lui, in tono vagamente canzonatorio. «A che altro dovrei riferirmi, secondo te? Se ti eserciti ancora un po', diventerai una ballerina perfetta.» «Devo diventarlo per forza?» «Be', sì, se hai intenzione di stabilirti a Villa Danae. O ci hai ripensato?» «Dipende da come andranno le trattative con il tuo capo. Parlami di lui, di questo Steve Dragos.» «Che cosa vuoi sapere?» «Quanti anni ha?» «Non è più tanto giovane, ma lui non lo ammetterebbe mai. Comunque, è ancora sensibile al fascino delle belle ragazze, se è questo che vuoi sapere.» Lei arrossì. «Non intendevo questo! Sembra che il tuo capo ti piaccia molto.» «In tutti questi anni è stato buono con me, a modo suo.» «Si è comprato la tua lealtà, allora» commentò Zoe, pensando che dovesse avere messo anche un bel po' di soldi, insieme alla bontà. Andreas, infatti, indossava un orologio che sembrava molto costoso, ma che in realtà non poteva essere che un'imitazione a buon mercato. «Pensi forse che sia facile comprarmi?» ribatté lui, visibilmente irritato. «Be', ti sbagli. Io appartengo soltanto a me stesso.» «Eppure, accetti il suo denaro!» «Me lo guadagno, puoi starne certa, Zoe mou.» «Te lo guadagni terrorizzando le persone?» Andreas parve rabbuiarsi, ma poi sorrise. «E chi avrei terrorizzato? Te, pedhi mou? Non mi pare proprio.» Sara Craven
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«Mi riferivo a quei ragazzi che mi importunavano. E poi, quando sei arrivato, stasera, tutti... sono rimasti impietriti.» «Davvero, mathia mou? Non ci ho fatto caso. Avevo occhi soltanto per te.» «Non è vero.» «Eppure sono qui con te, non con un'altra.» «Perché? Solo perché non hai digerito il fatto che io ti abbia piantato in asso, oggi? Temi di perdere la tua reputazione?» «Tu pensi davvero che io abbia qualcosa da dimostrare, Zoe mou?» «No. Ma ancora non capisco perché tutti quanti sembrano temerti» ammise lei. «Forse tributano a me lo stesso rispetto che hanno per il mio capo.» «È davvero così potente? Perfino da lontano?» «Lo giudicherai tu stessa, pedhi mou, quando lo incontrerai di persona.» «Già. Sai quando verrà sull'isola?» «Non appena i medici glielo permetteranno. Ma se sei così impaziente, matia mou, ti posso presentare Dimitrios. Fa l'agente immobiliare, e di certo potrà trovarti una bella casa.» «No, no!» «Allora vuoi proprio Villa Danae? Perché?» «Oh, noi abbiamo un modo di dire, in Inghilterra, riguardo alle proprietà immobiliari... panorama, panorama, panorama. Villa Danae è perfetta, da questo punto di vista. È impossibile che esista qualcosa di paragonabile. E poi, nessuno ci ha mai vissuto, e credo che questo sia drammatico, per una casa così bella.» «Ah, ma perfino in un paradiso come Thania puoi trovare delle tragedie, Zoe mou. Forse non dovresti contare tanto su quella casa. Il mio capo ha solo accettato di incontrarti, niente di più.» Per un attimo, lei ebbe la tentazione di confidargli il vero scopo del suo viaggio, e chiedergli aiuto. Ma poi pensò che Andreas lavorava per Steve Dragos, e di certo avrebbe fatto gli interessi del suo capo. «Be', teniamo le dita incrociate» disse infine, con un sorriso incerto. «E che cosa farai se non avrai successo, se non riuscirai ad avere la casa? Te ne andrai?» «Sì.» Lui si appoggiò allo schienale e guardò Zoe intensamente. «Allora devo trovare il modo di convincerti a rimanere più a lungo, agapi mou.» Sara Craven
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«Non hai pensato che io potrei essere come te?» ribatté lei. «Che vuoi dire?» «Tu non appartieni a nessuno, no? Be', nemmeno io. Faccio quello che mi piace.» «Ma prima o poi potresti volere fare quello che piace a me» suggerì lui, a bassa voce. «Sembra che ci siano già abbastanza persone che lo fanno» osservò lei, senza guardare il viso deluso della ragazza che era stata seduta accanto ad Andreas, poco prima. «Forse il tuo arrivo a Thania mi aiuterà a emendarmi dei miei errori.» «Ci vorrebbe molto più tempo di quello che ho io.» «Credo che tu abbia ragione, agapi mou. Ci vorrebbe una vita intera. Nel frattempo, ti insegnerò a ballare. È molto più semplice. Andiamo» la invitò, alzandosi. Zoe lo seguì. Fu una serata indimenticabile. Ballò a lungo con Andreas al ritmo incalzante della musica, fino a quando la testa le girò per la danza e per l'eccitazione. «Basta!» protestò ridendo. «Ma la serata è appena cominciata.» «Non per me. Ho bisogno di riposarmi un po'. Domattina non mi reggerò in piedi.» «Allora andremo in auto. Verrò a prenderti alle dieci con il fuoristrada e ti farò fare il giro della mia isola.» Zoe esitò. Un conto era ballare con lui in un luogo pubblico, un altro era trascorrere da soli un'intera giornata. «Andreas...» «Zoe mou, hai davvero tanta paura di rimanere da sola con me?» «No di certo.» «Bugiarda. Ma ti giuro che non hai nulla da temere. Mi farai soltanto l'onore della tua compagnia. E poi, non ti chiederei mai nulla che tu non fossi disposta a darmi, agapi mou. Allora, verrai con me?» «Va bene» cedette lei, mentre pensava a mille buone ragioni per rifiutare quell'invito. Andreas le sfiorò il viso, e Zoe si scostò bruscamente. Il fermaglio cadde, e i capelli si sciolsero. Sara Craven
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«Accidenti» borbottò lei, chinandosi a raccogliere la molletta. Ma Andreas fu più svelto. «Lasciali così. Hai dei capelli meravigliosi. E poi, adesso andrai a dormire. Saranno sparsi sul cuscino.» Zoe arrossì. «Ridammi il fermaglio, per favore.» «Domani, dopo che avrai visitato Thania insieme a me» rispose lui, mettendo in tasca la molletta. «Forse non ne vale la pena.» «Allora mi terrò il fermaglio, a eterno ricordo del nostro incontro, Zoe mou.» «Tu hai sempre la risposta pronta, eh?» «Quasi sempre. Kalinichta, agapi mou. A domani.»
6 Zoe impiegò molto tempo per decidere che cosa indossare, la mattina seguente. Dopo aver provato e riposto diversi vestiti, alla fine scelse un due pezzi blu con un paio di bermuda chiari e una maglietta azzurra. Si legò i capelli con un elastico. Erano le nove e mezzo quando finì di prepararsi. Aveva ancora tempo per la colazione. Sherry la servì rapidamente, ma quella mattina sembrava meno vivace del solito. «Sta smaltendo la sbornia?» chiese Zoe, sorridendo, mentre si versava del succo d'arancia. «Non ho fatto in tempo a ubriacarmi» rispose la ragazza, mentre sistemava sul tavolo i vasetti di miele e di marmellata di ciliegie. «È stata una serata magnifica. Ma come fa a mantenere questi ritmi?» «E' quello che mi chiedo anch'io ogni domenica mattina. Non faccia caso al mio umore. Ho solo un po' di nostalgia, stamattina.» «Allora mi sconsiglia la vita in quest'isola?» «Assolutamente no. Thania è meravigliosa, purché ci si viva in compagnia della persona giusta» ammise Sherry. «Accidenti, che cosa ha fatto Stavros per ridurla in questo stato?» «Una semplice divergenza di vedute. Che cosa ha in programma, oggi?» «Farò il giro dell'isola. Mi accompagna Andreas, l'uomo con cui ho ballato ieri sera» aggiunse Zoe, dopo una breve esitazione. Sara Craven
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«L'ho notato. Come lo ha conosciuto?» chiese Sherry, con uno strano tono di voce. «Gliel'ho detto, è il giardiniere di Villa Danae. Ma direi piuttosto che è il capo del racket locale, qui, visto come lo temono» commentò Zoe, mentre spalmava il miele su un panino. Sherry rise senza convinzione. «Le ha detto il suo cognome?» «Stephanos. Andreas Stephanos. Lo conosce, per caso?» «L'ho visto in giro, ma non viene a ballare da noi, di solito. Credo che il suo capo lo tenga troppo occupato. Lo vedrà, oggi?» «Sì. Crede che faccia male?» «Non sono affari miei. Le dico solo di stare molto attenta.» «Starò attentissima, non si preoccupi.» «Il fatto è che non so se si rende conto di quello a cui va incontro» continuò Sherry, che si interruppe appena Stavros apparve sulla soglia. «Cara, alcuni ospiti desiderano un cestino per il pranzo di oggi. Te ne vuoi occupare tu?» le disse il marito, con un sorriso tirato. «Sì, arrivo subito.» Zoe li guardò sorpresa. Quella mattina doveva essere successo qualcosa di grave fra Sherry e Stavros. Quando più tardi passò davanti al bancone della reception, li sentì di nuovo discutere furiosamente, anche se a bassa voce. Le spiacque saperli in difficoltà, ma non appena vide Andreas che la aspettava dimenticò ogni altra cosa. «Kalimera» la salutò lui. «Hai riposato bene?» «Non molto. Faceva troppo caldo, mi mancava l'aria.» «Dirò a Stavros di mettere un ventilatore nella tua camera.» «Oh, il tuo potere influisce anche su Stavros? Questo spiega tutto» osservò lei. «Che cosa spiegherebbe?» domandò Andreas, mentre guidava l'automobile lungo la ripida salita. «Credo che sua moglie Sherry disapprovi il fatto che io trascorra del tempo con te. Devono avere litigato per questa ragione.» «Mi spiace. Ma è normale che ci siano discussioni, in una coppia, e quei due apprezzeranno di sicuro la riconciliazione. La moglie di Stavros ti ha detto i motivi della sua disapprovazione?» «Non esplicitamente. Probabilmente pensa che tu abbia fatto da guida turistica a un po' troppe donne sprovvedute.» Sara Craven
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«In questo caso, si sbaglia. Sei tu l'unica per cui io abbia mai fatto la guida turistica, Zoe mou.» «Non te la prendere, ti prego. Sherry voleva solo proteggermi.» «La mia preoccupazione è esattamente la stessa, pedhi mou, quindi Sherry non ha di che temere. Sei al sicuro, con me.» Giunsero alla piazza principale, e Andreas rallentò per lasciare passare un ragazzino che portava un cagnetto al guinzaglio fatto di spago. «Tu mi credi, vero, agapi mou?» le chiese. «Sì, ti credo» mormorò lei. Andreas le prese la mano e se la portò alle labbra. «La nostra giornata comincia adesso.» Imbarazzata, lei guardò dal finestrino. I giocatori erano già tutti seduti ai tavolini della piazza. Fra di loro, lo zio Stavros, che fissava lei e il suo accompagnatore come se avesse visto un fantasma. Mentre l'auto si allontanava, lo vide muoversi rapidamente, con il bastone alzato, nella loro direzione. «Qualcosa non va?» le domandò Andreas, che si era accorto del turbamento di Zoe. «No, niente» rispose lei, che cominciava a chiedersi perché tutti sembrassero così agitati. «La chiesa è molto bella, vero? L'ho visitata ieri» disse subito, per rompere il silenzio. «Hai visto l'icona della Madonna della Grotta?» le domandò Andreas, con un sorriso. «No, Sherry mi aveva messa in guardia.» «Non credo che l'icona abbia un simile potere. Ma ammetto di non avere mai provato di persona.» «Certo che no!» esclamò lei, ridendo. «Ecco, così mi piaci. A volte sembra che tu porti sulle spalle tutto il peso del mondo, pedhi mou.» «È perché non sono abituata alle vacanze» si schermì lei. «Allora devo fare del mio meglio per rendere indimenticabile questa. Vedo che hai indossato scarpe comode. Pensavo di andare sul Monte Edira, prima che cominci a fare troppo caldo.» Zoe pensò che faceva già molto caldo, tuttavia non disse nulla. Il fuoristrada correva spedito. Ormai erano fuori da Livassi e stavano percorrendo un sentiero stretto che si inerpicava tra gli olivi dalle foglie argentee. Sul terreno erano già state disposte le reti con cui sarebbero state Sara Craven
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raccolte le olive della bacchiatura. «Vedo che il sistema viario è molto efficiente» commentò lei, mentre sobbalzavano sullo sterrato sconnesso. «La maggior parte del traffico si svolge su quattro zampe, qui. Questo tipo di strade va benissimo.» Il sentiero continuava a salire, fino a quando gli olivi lasciarono il posto ai pini. Zoe aspirò profondamente l'odore di resina. Andreas accostò e parcheggiò in un piccolo spiazzo.«Qui comincia il percorso a piedi, sempre che tu non ti senta troppo malridotta dal viaggio» annunciò. «Non sono fatta di cristallo, sai? Va' avanti, ti seguo.» Si era quasi aspettata che Andreas la prendesse per mano, ma lui non ne fece cenno. Zoe faceva abbastanza fatica a tenere il suo passo rapido per la salita scoscesa, però, quando giunsero al punto panoramico sulla cima della montagna, pensò che era valso la pena di camminare fin là. «È davvero meraviglioso!» esclamò, emozionata. «Sì, ogni volta che vengo qui, penso che sia impossibile vivere altrove.» Sotto di loro si stendeva l'isola verdeggiante, punteggiata dai tetti rossi delle case e orlata dal bordo argenteo delle spiagge. Tutto intorno, c'era il mare azzurro e turchese, interrotto solo dai profili rocciosi delle isole intorno. «Quella è Zante, e quella è Corfù» disse Andreas, indicando in lontananza. «Sembra quasi che si possano toccare» mormorò Zoe. «Propongo un approccio più tradizionale. Potremmo andarci in barca, un giorno. L'isoletta più piccola, vicino a Corfù, è Itaca, dove Ulisse cercò di tornare invano per tanti anni.» «Secondo la versione che ho letto io, non ci mise molto impegno. Faceva continue deviazioni, di solito per inseguire qualche bella fanciulla» obiettò Zoe. «Be', dovette affrontare anche mostri, tempeste e gli dei avversi, Zoe mou. Ma sua moglie lo aspettò senza mai perdere la fiducia. Non doveva essere un uomo da poco, per meritare tanta devozione. E non dimenticare che non tutte le fanciulle erano così ben disposte nei suoi confronti. Prendi Circe, per esempio. Ha trasformato tutti i suoi uomini in porci» rispose lui, divertito. «Qualcuno dice che Circe fosse la prima femminista.» Sara Craven
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«Po, po, po. Anche tu pensi che tutti gli uomini siano delle bestie, agapi mou?» «No, ovviamente. Ma i due che ho incontrato ieri mi hanno fatto dubitare.» «Quelli sono stati troppo a lungo lontani da Thania. Hanno lavorato nei villaggi turistici, dove le ragazze straniere si ubriacano e si strappano i vestiti di dosso e provocano gli uomini. Per questo si sono convinti, a torto, che tutte le turiste sono come quelle. Ma questa non è certo una giustificazione.» «No. Senti, Andreas... credo di non averti ringraziato come si deve, per il tuo intervento di ieri. Scusami.» «Non ti preoccupare. Eri sconvolta. Vedi quella piccola baia? La leggenda vuole che Ulisse si sia fermato là, prima di affrontare l'ultimo tratto di mare che lo separava dalla sua casa. Potremmo andare a nuotare là, oggi pomeriggio, se hai portato il tuo costume da bagno.» «E se non lo avessi portato?» «Potremmo nuotare lo stesso, matia mou, ma io terrò gli occhi chiusi. Però, sono pronto a scommettere che non sarà necessario. Di sicuro porti un due pezzi, sotto quei bei vestiti.» «Lei vede troppe cose, signor Stephanos.» «Perché mi piace guardare. E guardare te, Zoe mou, è davvero un piacere. E tu, hai visto abbastanza?» le chiese, con un sorriso malizioso. Lei distolse lo sguardo imbarazzato. «Non si vede Villa Danae, da qui?» «Sì, se hai la vista d'aquila» rispose lui, prendendola per le spalle e girandola delicatamente nella direzione giusta. «Quella è la spiaggia, e quella macchia rossa è il tetto di Villa Danae.» «E dov'è casa tua?» «Hai intenzione di farmi visita?» «No, ero solo curiosa.» «Non si vede bene, da questa distanza. Il tetto è verde, un po' stinto. Un giorno ti ci porterò, se tu lo vorrai.» «Magari. Andiamo via, adesso?» Se la salita era stata faticosa, la discesa non fu da meno. Zoe scivolava continuamente. Una volta perse completamente l'equilibrio, e Andreas dovette sostenerla. La tenne stretta fra le braccia per un istante, e fu un momento molto intenso. Zoe pensava che l'avrebbe baciata. Invece, Andreas si Sara Craven
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scostò bruscamente. Lei arrossì e mormorò: «Scusami, mi rendo conto di essere stata goffa». «No, agapi mou. È stata colpa mia. Avevo promesso di proteggerti, no?» Come previsto, per tutto il resto del tragitto, lui la tenne per mano, ma quel gesto non tradiva nessun sentimento particolare. Era del tutto freddo. Quando giunsero al piazzale dove avevano lasciato l'automobile, Zoe era senza fiato. Il cuore le batteva all'impazzata, e lei era consapevole di aver reso anche troppo esplicito il desiderio che provava nei confronti di Andreas. Ma lui l'aveva tenuta a distanza. Forse si era già stancato di quel corteggiamento. «Stai bene, pedhi mou?» le chiese, mentre la aiutava a montare in auto. «Ho solo un po' di sete. Mi sono dimenticata di bere prima di uscire dall'albergo.» «Ho dell'acqua nella borsa termica. Ma ho un'idea migliore, se puoi resistere un paio di minuti.» «Come vuoi. Sei tu il capo, no?» Zoe si aspettava che lui la portasse in un kafeneion al villaggio ai piedi del sentiero. Invece, Andreas svoltò a un certo punto per una stradina che si perdeva tra gli olivi fino a una casetta bianca. Una donnina vestita di nero, con un foulard leggero sulla testa e un sorriso sdentato, uscì dalla casa. Non appena riconobbe Andreas, lo salutò con molto calore. Poi prese la caraffa che si trovava sul tavolo dell'aia e si allontanò sul retro della casa. «Vieni, agapi mou, ti presento Androula. È una mia vecchia amica ed è andata a prendere dell'acqua fresca dalla sorgente che nasce sulla montagna, proprio dietro casa sua. È la cosa più simile al nettare degli dei.» Zoe scese dalla macchina. «Sei sicuro? Non la disturbiamo?» domandò, incerta. «Lei ama la compagnia, sarà felice di fare la tua conoscenza.» «Vive qui da sola? È un posto molto isolato.» «No, c'è anche Spiros, suo marito. Ma adesso sarà nel suo campo di cocomeri.» Androula tornò con la caraffa piena. Con grandi sorrisi, offrì a Zoe un bicchiere d'acqua. Era freschissima, e lei bevve con avidità. «È buona?» le chiese Andreas, quando ebbe finito. Sara Craven
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«Meravigliosa.» Con grande sorpresa, lui le prese il bicchiere e bevve quello che era rimasto, mentre Androula si profondeva in sorrisi. Zoe era imbarazzata. Quel gesto le sembrava un po' troppo intimo. La donna le mise una mano grinzosa sul braccio, mentre con l'altra le fece cenno di entrare in casa. C'era una sola stanza, immacolata. 1 letti erano nascosti da tende, c'erano un camino, una cucina, un tavolo e delle sedie. Su una cassettiera c'era una riproduzione di una Madonna con Bambino, e un cero era acceso là davanti. Una parete della semplice abitazione era completamente ricoperta di cartoline dai colori vivaci. Erano state spedite da ogni parte del mondo. «Gliele ha spedite suo figlio» le spiegò Andreas, mentre Androula si dava da fare tutto intorno. «Lavorava sulle navi mercantili, è stato dappertutto. A differenza di Ulisse, lui manda le cartoline, così i suoi genitori sanno dov'è.» «E dov'è, adesso?» «Ha conosciuto una ragazza australiana, e adesso vive nel Queensland. Ogni sei mesi manda ai suoi genitori il denaro per il biglietto aereo, in modo che possano andare a trovarlo. Ma loro prendono i soldi e li mettono da parte, così li ritroveranno quando ce ne sarà bisogno.» «Che peccato. Non andranno mai a trovarlo?» «Credo di no. Gli toccherà portare qui sua moglie e i suoi figli. A quel punto, deciderà di non ripartire. Androula ne è fermamente convinta.» «Perché dovrebbe lasciare una vita confortevole in Australia per venire a Thania?» «Per l'acqua della sorgente. Una vecchia credenza dice che chi beve l'acqua di questa fonte tornerà sempre qui.» «Meno male che non sono superstiziosa» commentò Zoe. «Nemmeno io lo sono, matia mou.» I dolci erano squisiti, e Zoe li lodò senza riserve, mentre Andreas traduceva per Androula. Quando si congedarono, la donna prese le mani di Zoe fra le proprie e le parlò a lungo a bassa voce. «Che cosa ha detto? Mi sento così sciocca, quando non capisco!» disse lei ad Andreas, quando uscirono di nuovo all'aperto. Sara Craven
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«Ha detto che pregherà la Madonna della Grotta perché tu possa avere tanti figli» rispose lui, senza espressione. Zoe fece un sorriso tirato. «Che bellezza! Tutto il mio futuro è stato deciso da un sorso d'acqua. D'ora in poi, berrò soltanto acqua in bottiglia.» Senza rispondere, Andreas mise in moto la vettura. Viaggiarono in silenzio per qualche chilometro, poi Zoe chiese: «Stiamo andando alla Baia di Ulisse?». «È dall'altra parte dell'isola. Pensavo di pranzare, prima. Conosco un buon posto» disse lui, senza voltarsi a guardarla. «Troveremo un altro dei tuoi amici?» «Nessuno può avere troppi amici, pedhi mou.» «Questo è sicuramente vero» commentò lei, facendosi pensosa. Negli ultimi tempi, quando si era occupata quasi esclusivamente di sua madre, Zoe aveva allentato molto tutti i contatti sociali. «Perché sospiri?» le domandò Andreas. «Non l'ho fatto apposta. Forse è perché penso che tutta questa bellezza fa solo parte di una vacanza, e presto sarà tutto finito. A casa mi aspetta un lungo inverno.» «Anche l'inverno ha i suoi lati piacevoli, pedhi mou. Basta avere accanto la persona giusta.» Lei non poté fare a meno di pensare che non ci sarebbe stato Andreas a condividere con lei l'inverno. Forse sua madre si era sentita così, tanti anni prima. La forza delle sue stesse emozioni l'aveva spaventata, e per questo non aveva accettato la casa in dono. Aveva scelto un'opaca e tranquilla vita in Inghilterra, e aveva portato con sé solo quel dipinto che Zoe conosceva bene. A lei, invece, sarebbero rimaste le fotografie. Si accorse che Andreas la guardava di sottecchi, e si affrettò a parlare. «Che sciocca, mi sono dimenticata di scattare delle fotografie, quando eravamo sul Monte Edira! C'era una vista meravigliosa!» «Ci saranno altre occasioni. Forse un giorno ti fiderai abbastanza di me da dirmi quello che pensi veramente, pedhi mou.» Zoe non osò rispondere. Erano completamente soli alla Baia di Ulisse. «Hai proibito a chiunque di avvicinarsi?» chiese Zoe, e scherzava solo a metà. Sara Craven
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«Di solito i bagnanti vengono qui in barca per nuotare e fare le immersioni. Ma non ci sono traghetti, la domenica, e come avrai di certo notato, non è facile arrivarci via terra» le spiegò Andreas, senza tradire il minimo disagio. «Infatti» commentò lei, ripensando al sentiero ripido e sconnesso che avevano percorso in auto. «Inoltre, qui non vengono le famiglie con bambini. L'acqua è troppo profonda, e se non sei un buon nuotatore, la corrente ti trascina facilmente al largo» aggiunse lui. «Allora dovrò fare attenzione. Ma perché ci vengono, se è pericoloso come dici? Non ci sono nemmeno installazioni turistiche!» «Vengono per la leggenda. Alla gente piace tuffarsi dallo scoglio su cui si dice che riposasse Ulisse prima di intraprendere il viaggio finale verso Itaca.» «Ne parli come se fossero solo fantasie:» «Era su una nave amica, con il vento a favore. Perché avrebbe dovuto fermarsi proprio qui, quando Itaca era a portata di mano?» «Forse avrà incontrato l'ennesima ninfa!» «La storia non ne parla.» «Allora magari aveva paura. Dopo tutte quelle avventure, Ulisse aveva paura di essere felice un'altra volta, insieme alle persone che amava. Temeva che qualcosa potesse andare storto. Per questo ha esitato. Tu, invece, avresti tirato dritto, vero?» «Perché esitare, quando quello che vuoi di più al mondo è a portata di mano?» Andreas tornò all'auto e prese le stuoie e l'ombrellone. Lei si diresse verso la spiaggia. La sabbia scottava, Zoe ne sentiva il calore attraverso la suola delle scarpe di pezza. Faceva molto caldo, il mare era immobile e quasi incolore, mentre la linea dell'orizzonte scintillava lontana. Non si era aspettata di trovarsi da sola con Andreas. La spiaggia era lontana dagli itinerari turistici usuali, ma era di certo un luogo bellissimo e famoso. Anche la taverna dove avevano pranzato si trovava in un luogo abbastanza difficile da raggiungere, eppure i tavoli erano tutti occupati. Takis, il proprietario, li aveva accolti con affettuosa invadenza. Aveva dato una pacca sulla spalla ad Andreas mentre lo guidava al loro tavolo, e aveva guardato Zoe con interesse e curiosità. Quando, però, aveva azzardato un commento di troppo, lo sguardo Sara Craven
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eloquente di Andreas lo aveva subito zittito. Quando Zoe si voltò, vide che Andreas aveva già piantato l'ombrellone nella sabbia e si stava togliendo i vestiti. Rimasto in costume da bagno, la superò correndo e si gettò in acqua. Mentre Andreas nuotava, Zoe ne approfittò per svestirsi a sua volta, cospargersi di crema solare e aprire il libro che aveva portato con sé. Lui le si avvicinò e si asciugò. Zoe ostentò indifferenza. «Hai intenzione di fare il bagno, Zoe mou?» «Più tardi, magari. Meglio evitare le acque rischiose» rispose lei, sorridendo. «Non sei mai tentata di gettare alle ortiche la tua prudenza?» «Molto di rado. Amo la vita tranquilla.» «Anch'io, ma a volte le complicazioni sono inevitabili.» Andreas si sdraiò vicinissimo a lei. «Sono certo che quel libro è molto interessante, pedhi mou, però ti sarei grato se adesso lo chiudessi. Noi due dobbiamo parlare.» «Di che cosa vuoi parlare?» «Di te, matia mou, che altro?» «Non è un argomento molto interessante.» «Non sono d'accordo. Vedi, Zoe mou, tu mi incuriosisci. Per questo voglio sapere esattamente il motivo per cui sei venuta a Thania. Ma stavolta voglio la verità.»
7 Cadde un silenzio pesante fra di loro. All'improvviso lo sciabordio delle onde parve un rumore insopportabile, mentre Zoe si sentiva bruciare sotto lo sguardo intenso di Andreas. «Sto aspettando la tua risposta, pedhi mou.» «Io... io non capisco di che cosa stai parlando.» «Mi deludi.» «Sono qui in vacanza, come moltissima altra gente» si giustificò lei. «Non molta, se fai il paragone con le altre isole greche. E di solito i turisti arrivano in gruppi organizzati, o con la famiglia, oppure in coppia. Non ci sono molte belle ragazze che viaggiano da sole. Per questo mi incuriosisci, Zoe mou.» «Non capisco che cosa tu ci veda di tanto strano. È stata una scelta estemporanea, quando ho prenotato il viaggio. I miei amici si erano già Sara Craven
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organizzati per conto loro, e io avevo bisogno di una pausa. Ti ho già spiegato il perché.» «Sì, eri molto triste, e mi dispiace. Ma avrei detto che questa fosse una ragione in più per cercare compagnia.» «Me ne ricorderò, la prossima volta.» «Te lo chiedo di nuovo. Perché proprio quest'isola? Che cosa ti ha condotta a Villa Danae? Capisci bene che tutta questa serie di coincidenze mi incuriosisce.» «No, non lo capisco. Che cosa vorresti, un ufficio speciale per l'immigrazione all'attracco del traghetto? Vorresti interrogare ogni turista circa i motivi che lo hanno portato qui? Non pensi che questo potrebbe scalfire la fama di ospitalità di cui la Grecia gode?» «La maggior parte delle persone che viene qui cerca semplicemente una tranquilla vacanza al sole. Non è necessario interrogarle. Ma tu mi hai incuriosito fin dall'inizio, Zoe mou. Sei un mistero che non ho ancora risolto.» «E tu, allora? Non sei di sicuro l'uomo semplice per cui ti fai passare. La gente di qui ti teme, come se tu fossi una specie di re dell'isola.» «Magari non il re. L'erede al trono, diciamo.» Zoe rimase attonita per un momento. Poi disse: «Capisco. Allora non ti chiami nemmeno Andreas Stephanos, vero?». «Quelli sono i miei due nomi di battesimo. Il cognome è Dragos» confessò lui. «Avrei dovuto immaginarlo. Fratello, cugino, nipote dell'armatore Steve Dragos, per caso?» «Sono suo figlio. Sono figlio unico, proprio come te, Zoe mou.» «Oh, allora abbiamo qualcosa in comune!» esclamò lei, sarcastica. «Il parallelo finisce qui. Nessuno si spaventa, quando passo io.» Rimase in silenzio un attimo, poi scosse la testa e disse: «Solo ora capisco che Sherry voleva avvisarmi, ma suo marito non glielo ha permesso. Non bisogna guastare il divertimento al giovin signore. Che sciocca sono stata!». «Ah, no, questo non l'ho mai pensato. Non ho mai pensato che tu fossi sciocca. Ma nemmeno tu devi pensare che io lo sia.» «Io penso che meno ho a che fare con te, meglio è, signor Dragos. E ora vorrei tornare in albergo, per favore» concluse Zoe, alzandosi e prendendo la borsa. Sara Craven
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«Thania è piccola, però, con questo caldo, arrivare fino in città è comunque una bella camminata. Non credo che ce la faresti.» «Ti rifiuti di accompagnarmi?» «Certo che ti accompagno, ma più tardi. Prima voglio trascorrere un po' di tempo insieme a te, senza timore di essere interrotto, e non prima che tu abbia risposto alle mie domande. Qualcosa mi dice che non sei completamente sincera.» «Come ti permetti? Mi accusi di mentire, quando tu mi hai fatto credere di essere un semplice giardiniere!» «Non era una finzione. A me piace davvero curare il giardino. E poi, se ti ricordi, ti ho detto che avevo anche altri incarichi. Se mi avessi chiesto i particolari, te ne avrei parlato volentieri.» «Sì, come mi hai detto il tuo nome!» «Be', forse. Ma è stato bello, per una volta, stare in compagnia di una donna che non sapeva chi fossi e non gliene importava. Una donna che non cercava la mia attenzione. Ora, però, il gioco è finito.» Andreas si alzò a sedere e si avvicinò. «Che cosa mi nascondi, matia mou? Perché ti interessa tanto Villa Danae, visto che non ti puoi permettere di affittarla, né tanto meno di comprarla?» «Io... ho visto un quadro, una volta... un acquarello dipinto da... qualcuno che conoscevo molto bene. La vista da una terrazza. Ecco, volevo sapere se il quadro era una rappresentazione fedele.» «Potrei chiedere la stessa cosa di te, Zoe mou.» «Non è giusto.» «Perché no? Ti aspetti che io creda alla storiella del quadro? Non so nemmeno se quel dipinto esiste davvero!» «Credi forse che non valga la pena dipingere Villa Danae?» «Ci sono pittori su ognuna delle isole greche. Di solito cercano di riprodurre la luce e il colore del mare. La maggior parte preferisce dipingere i monumenti antichi, non le case moderne.» «Allora il mio era un pittore eccentrico. Forse per questo mi ha colpito tanto.» «Mi piacerebbe sapere anche come avrebbe fatto questo pittore a entrare a Villa Danae. Dirò a mio padre che la sicurezza non è adeguata.» «Non ti dare pensiero, è successo molto tempo fa, e non succederà più.» Lui la guardò ironico, e Zoe arrossì. «Be', io non ci torno di sicuro. Hai Sara Craven
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ragione, la casa è fuori dalla mia portata. Ma mi è spiaciuto vederla vuota, così mi sono concessa di sognare. Ora mi spiace perfino di essermi avvicinata. Adesso ti spiacerebbe smetterla con questo terzo grado, per favore?» «Se non posso farti delle domande, come farò a scoprire chi sei veramente, Zoe mou?» le chiese lui, con un sorriso. «Che cosa vuoi sapere?» cedette Zoe, incerta. «Tutto» rispose lui, guardandola intensamente. «Non basta un intero pomeriggio» cercò di scherzare lei. «Imparo in fretta. Inoltre, sono concentratissimo su di te, matia mou.» Zoe prese tempo. Lasciò scivolare fra le dita una manciata di sabbia. «In realtà, non c'è molto da dire. Ho avuto un'infanzia normalissima e felice, a scuola me la cavavo, e mi sono laureata. Tutto molto insignificante» concluse, con un sorriso forzato. «Ti sbagli, Zoe mou. Un'infanzia felice è un dono degli dei» la contraddisse lui, con un tono inspiegabilmente amaro. «Non credo che tu abbia sofferto la mancanza di qualcosa!» «Non mi è mancato nulla di materiale, come puoi facilmente immaginare. Però, per il resto... Io stavo poco con i miei genitori. Mio padre era sempre occupato, non rimaneva mai nello stesso posto per più di qualche giorno, e mia madre era malata, e raramente aveva la forza di stare insieme a me. Ha trascorso gran parte della sua vita tra cliniche e ospedali, alla ricerca di nuove cure in Europa o in America.» «Mi spiace. Che cosa aveva?» gli chiese Zoe, sottovoce. «Credo che sia sempre stata cagionevole di salute. La gravidanza fu una grande sofferenza, per lei, e il parto fu un vero incubo. Non si riprese mai da quel trauma. Soffriva di depressione e di altri disturbi fisici. Si sottoponeva a continui esami, ma non diagnosticarono mai nulla di preciso. Con il senno di poi, direi che era allergica al matrimonio con un uomo forte ed esigente come mio padre. Lui voleva una donna che stesse sempre al suo fianco e gli desse una nidiata di bambini. A volte mi chiedo chi fosse il più infelice dei due. Come vedi, pedhi mou, avevo tutto, tranne quello che desideravo veramente» concluse, amaro. Zoe lo guardò intenerita. Pronunciò il suo nome e gli sfiorò una spalla. Lui si irrigidì. Le prese la mano e si portò le dita prima alla guancia e poi alle labbra. All'improvviso, un desiderio cieco e incontrollabile si impadronì di lei. Sara Craven
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Incapace di fare altrimenti, si slacciò il reggiseno e lo lasciò cadere. Lui non rimase indifferente a quella vista. Però, invece di avvicinarsi e accarezzarla, si voltò di scatto. «Che cos'hai? Tu... tu non mi vuoi?» «Sei la tentazione fatta persona, pedhi mou. Ma questo non è il momento, né il luogo adatto. Abbi la buona grazia di coprirti, per favore.» Zoe rimase impietrita, umiliata oltre ogni dire da quel rifiuto. In un gesto di inutile sfida si alzò in piedi. «E' tempo che tu entri nel ventunesimo secolo, signor Dragos. Molte ragazze stanno in topless, sulla spiaggia. Non ti pare che la tua reazione sia un po' esagerata?» «Ognuno fa le proprie scelte. In ogni caso, quelle ragazze non erano sole con me.» «Per loro fortuna. Ma visto che sono bloccata qui, tutto quello che posso fare è allontanarmi!» ribatté lei, piccata. Prese la borsa e si diresse verso la roccia di Ulisse. La pietra le feriva i piedi mentre si arrampicava, ma lei non cedette. Cercò testardamente di soffocare l'imbarazzo per quella nudità a cui non era abituata. «Accidenti a te, Andreas Dragos! Tu mi hai cacciata in questo guaio!» borbottò fra i denti. Visto che faceva troppo caldo su quella roccia piatta, Zoe decise di tuffarsi in acqua. Mentre cadeva con eleganza in acqua, sentì Andreas che le gridava qualcosa, ma non riuscì a capire le parole. Forse voleva scusarsi per il proprio indegno comportamento. L'acqua era molto più profonda di quanto lei si fosse aspettata. Le sembrò di sprofondare per un tempo infinito. Quando riemerse, boccheggiava. Senza nemmeno uno sguardo verso la spiaggia, cominciò a nuotare a stile libero con vigorose bracciate. Avrebbe percorso l'equivalente di un paio di vasche, e poi sarebbe tornata alla roccia. Sapeva nuotare abbastanza bene, però non aveva molta resistenza. Si rese conto in ritardo che nuotare in mare non era come stare in piscina. Avrebbe voluto tornare alla roccia, ma la corrente la portava sempre più al largo. Cominciava a sentirsi stanca, però non poteva nemmeno fare il morto, altrimenti sarebbe finita ancora più lontano dalla riva. Perse il controllo, e bevve. Il panico cominciò a impadronirsi di lei. Nemmeno si accorse che qualcuno si era avvicinato. «Sono qui, non avere paura. Lasciati andare, e ti riporto a riva.» Sara Craven
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Umiliata da quella disavventura, Zoe si lasciò trasportare docilmente a riva. «Ecco, aggrappati allo scoglio, io ti spingo da dietro» le disse Andreas, con il fiato corto. Mentre lei cercava di arrampicarsi, lui la sosteneva per le ascelle. Zoe era sull'orlo di una crisi di pianto. «Non so come ringraziarti...» mormorò con un filo di voce. «Mi vuoi anche ringraziare, sciocca che non sei altro? Otheos, per poco non affogavi! Non mi hai sentito, quando ti ho gridato di non tuffarti dallo scoglio, perché era pericoloso?» ribatté lui, furibondo. «Io... io non ho capito quello che dicevi» si giustificò lei, battendo i denti. Di colpo si rese conto di quale tremendo pericolo avesse corso. Andreas borbottò qualche imprecazione fra i denti mentre avvolgeva Zoe nell'asciugamano. La massaggiò vigorosamente, poi recuperò la borsa, prese Zoe in braccio e, senza tante cerimonie, la riportò di peso sotto l'ombrellone. «Tieni, bevi un po' d'acqua» le disse. Lei ubbidì. Poi afferrò il reggiseno del costume da bagno e cercò di rimetterselo senza togliersi di dosso l'asciugamano. «Non è un po' tardi, per tutta questa modestia?» chiese lui, levandole di dosso l'asciugamano e gettandolo da parte. Lui stesso richiuse il gancio del reggiseno. «Non c'era bisogno di dare spettacolo, la mia immaginazione aveva già fatto un bel lavoro.» «Scusami. Io... io ho perso la testa e ho messo in pericolo tutti e due.» «Da questo momento in poi, tu nuoterai soltanto dalla spiaggia della villa. Lì l'acqua è bassa. Inoltre, nuoterai solo quando io sarò presente.» «Credevo che tu non mi volessi intorno.» «No, pedhi mou, sai bene che non è così.» «Io non so più niente.» All'improvviso, le lacrime cominciarono a scorrere copiose sul viso di Zoe. «No, non piangere, Zoe mou. Ormai siamo tutti e due in salvo» cercò di consolarla lui. Poi le mormorò qualcosa nella sua lingua. Lei si sentiva debolissima, spaventata e incapace di reagire. «Io non capisco...» «Che cosa non capisci, pedhi mou?» «Che cosa ci facciamo, qui. Perché stai con me, perché non... sembra Sara Craven
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che tu mi desideri, però...» «Pensi davvero questo? Ti aspetti questo, da me? Un'avventura estiva di cui ridere con le amiche, una volta a casa?» «No. La verità è che non so che cosa mi aspetto, o che cosa mi sta succedendo. Tutto questo mi fa paura. Non sono venuta qui per questo, no!» «Credi che io ci sia venuto per sedurti? Ti sbagli, Zoe mou. La mia vita scorreva tranquilla. Conoscevo le regole e i doveri. Credimi, tu non facevi parte dei miei progetti.» «Allora lasciami andare, Andreas. Ti prego, lasciami andare adesso.» «Saresti capace di farlo? Saresti capace di andartene?» «Ci posso provare.» «Ah, no, matia mou, tu sai bene che non è possibile. E non credere che non ti desideri. Ti desidero più di quanto tu possa immaginare. Ma sarebbe troppo presto. Siamo stati insieme soltanto poche ore, e abbiamo bisogno di più tempo, se non altro per renderci conto di quello che ci è successo. Abbiamo bisogno di tempo per conoscerci.» «Ma noi non abbiamo tempo! Io sono qui solo in vacanza e, quando sarà finita, dovrò tornare in Inghilterra, a casa mia e al mio lavoro. Per quanto tu cerchi di infiorarla, la nostra non può essere niente di più di una relazione temporanea.» «Dipende da quello che vuoi, Zoe mou. Tu vuoi una relazione temporanea?» Lei scosse la testa. «Allora non c'è problema, perché nemmeno io la voglio. Vedi, io non voglio soltanto il tuo corpo, agapi mou. Voglio di più. Io ho bisogno del tuo cuore, della tua anima, e di quei tuoi dolci pensieri testardi che non ti permettono di fidarti di me nemmeno adesso. Non mi accontenterò di meno. Questo è uno dei motivi per cui non mi fido nemmeno a sfiorarti. Sono deciso a comportarmi da vero gentiluomo.» «Andreas... ti devo dire una cosa... c'era qualcuno, molto tempo fa... non sono vergine.» «Quell'uomo è ancora importante, per la tua vita?» «Ricordo a malapena che faccia avesse.» «Bene. Allora dimenticalo del tutto. Se questo è il momento delle confessioni, allora forse dovresti sapere che nemmeno io sono vergine» aggiunse Andreas. Sara Craven
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Lei scoppiò a ridere. «Ecco, così va meglio. Cominciavo a temere che non avresti sorriso mai più.» Zoe sapeva che a quel punto avrebbe dovuto confessare il vero scopo del suo viaggio e avrebbe dovuto dirgli di Villa Danae, ma aveva paura. Temeva che lui smettesse di sorriderle con tanta tenerezza. Forse avrebbe pensato che lei era a caccia del suo denaro, e Zoe non voleva correre questo rischio. Avrebbe confessato tutto, ma un'altra volta. Ormai non le importava più nulla della villa. Tutto quello che desiderava al mondo era stare con Andreas. «A che cosa stai pensando, Zoe mou? Sembri lontanissima.» «Sono qui. Mi sento disorientata. Sono qui con te, e questo è l'unico posto dove voglio stare, Andreas mou. Vedi? Sto imparando il greco» concluse, baciandolo su una guancia. Lui la strinse a sé. «Non vedo l'ora di darti la prossima lezione» mormorò. «Dobbiamo aspettare per forza?» «Sì, sì e sì, per tutte le ragioni che ti ho detto e per cento altre ancora. Quindi credo sia meglio continuare la nostra gita e recarci in qualche posto affollato, pedhi mou, altrimenti presto non risponderò più delle mie azioni.» «C'è un posto dove le tentazioni sono minori?» chiese lei, con un sorriso malizioso. «Non riesco a pensare a un solo luogo dove io possa stare lontano dalle tentazioni, se sono insieme a te. Ma alle Grotte d'Argento ci sono sempre molti turisti. Andiamo là.» «Sì, forse è meglio.» «Non guardarmi in quel modo, mia bella ragazza!» Zoe tremava quando lui la prese fra le braccia e la baciò appassionatamente. «E ora andiamo, agapi mou, oppure non rispondo più delle mie azioni» concluse Andreas, con la voce arrochita dal desiderio. Il sentiero che conduceva alle Grotte d'Argento era stretto e sabbioso, in parte con dei gradini irregolari. In fondo c'era un piccolo pontile di legno da cui partivano le barche che portavano i turisti all'interno della grotta vera e propria. L'acqua aveva un riflesso argenteo quasi irreale, e Sara Craven
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vagamente inquietante. Zoe si sentì rassicurata dalla presenza degli altri turisti. Era ancora molto turbata dal bacio di Andreas e dalle sensazioni che aveva risvegliato in lei. Per fortuna, la guida turistica cominciò un'articolata esposizione della storia della grotta e della sua scoperta. Ma era difficile per Zoe non pensare all'uomo che era accanto a lei. Quando fu il loro turno, salirono sulla barca. Andreas le mise semplicemente un braccio intorno alle spalle. I turisti sulle altre barche stavano provando l'eco della grotta, e sembravano divertirsi un mondo. «Conosci la leggenda?» chiese Andreas a Zoe, sottovoce. «Sì, l'ho letto sulla guida. Un tantino inquietante, per i miei gusti.» «Non vuoi provare? Non vuoi gridare il mio nome e vedere se l'eco ti risponde?» «Non è necessario, e in ogni caso io non sono superstiziosa.» Si chinò a immergere le dita nell'acqua, ma le ritrasse immediatamente. «È gelata!» esclamò. «Allora griderò io il tuo nome!» insistette Andreas. Zoe fu presa da un'angoscia improvvisa. «No, Andreas, ti prego.» «Hai paura del responso, pedhi mou?» «È solo una sciocca superstizione. E poi, c'è un sacco di gente, sarebbe imbarazzante.» «Allora torneremo qui una sera, quando non ci sarà nessuno, e la grotta ci darà la sua benedizione. In quanto abitante di Thania, devo rispettare la tradizione, prima di sposarmi.» Lei sobbalzò. «Stai parlando di matrimonio?» «Zoe mou, mi hai ascoltato, mentre parlavo? Mi pareva di avere detto chiaramente che io voglio dividere con te la mia vita, non solo il mio letto.» Lei arrossì e abbassò la voce. «Il barcaiolo ti sentirà!» lo avvertì. «Non capisce l'inglese, ed è discreto. Sa che non deve origliare, né tanto meno riferire quello che sente. Perché dubiti ancora di me, pedhi mou?» «Perché sta succedendo tutto troppo in fretta. Le ragazze come me di solito non sposano uomini del tuo ceto, dovresti saperlo.» «Ah, vuoi dire che non puoi abbassarti a sposare me? Forse hai ragione, lo ammetto.» Sara Craven
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«Per favore, sii serio. Non è così semplice. Tuo padre si aspetterà che tu ti sposi con qualcuno di adatto a te. Un matrimonio dinastico, per così dire.» «Ne ha accennato. Io, però, gli ho sempre detto che avrei scelto in piena autonomia, matia mou. Non lo sapevo ancora, ma stavo aspettando te.» «Questo non posso davvero crederlo, tuttavia mi fa piacere sentirtelo dire.» «Dubiti ancora di me? Forse dovrei chiedere all'eco di giudicarmi.» «No! Ti prego, caro, non farlo adesso! Torneremo un'altra volta!» esclamò lei, al colmo dell'agitazione. «È solo una leggenda, pedhi mou. Perché sei così in ansia?» Zoe si sforzò di ridere. «Continuo a pensare a che cosa succederebbe se noi gridassimo i nostri nomi, e rispondesse soltanto il silenzio. Io... non sfidiamo la fortuna! E poi qui fa troppo freddo.» «Vuoi andare via?» Lei annuì e Andreas disse al barcaiolo di tornare al pontile. Rimasero in silenzio per tutto il tragitto fino a Livassi. Andreas era accigliato, e tamburellava nervosamente sul volante. Zoe lo guardava di sottecchi e si chiedeva che cosa stesse pensando. Forse si era pentito della sua avventata proposta di matrimonio. Quando furono davanti all'albergo, lei gli chiese timidamente: «Ci vediamo, stasera?». «No, pedhi mou. Ho delle cose da fare e degli appuntamenti da rispettare, tra cui un incontro con mio padre. Ci vediamo domani a Villa Danae. Dobbiamo parlare, fare dei programmi. A che ora posso venire a prenderti?» «Vengo io. Non diamo adito a pettegolezzi.» «Presto lo saprà il mondo intero. A domani, agapi mou. Dormi bene, e sognami.» Zoe rimase sui gradini dell'albergo mentre l'automobile si allontanava. Salutò Andreas con un cenno della mano, ma all'improvviso un'angoscia senza nome la prese. Era certa che non lo avrebbe rivisto mai più.
8 Zoe era molto imbarazzata, rientrando in albergo. Per fortuna, però, tutti Sara Craven
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sembravano impegnati nella preparazione della cena e al bancone non c'era nessuno. Andò a sedersi a un tavolo nel cortile. Si sentiva il cuore in tempesta, non sapeva come comportarsi. Avrebbe voluto Andreas al suo fianco, a guidarla e consigliarla. L'indomani avrebbero dovuto parlare di molti aspetti pratici della loro relazione, forse lui la voleva vedere per dirle che il loro non sarebbe stato un matrimonio facile, che il suo lavoro lo avrebbe tenuto spesso lontano. Zoe, da parte sua, gli avrebbe detto del lascito di Villa Danae, e finalmente tutto sarebbe stato chiaro fra di loro. «Vuole qualcosa?» le chiese il vecchio zio Stavros, senza troppe cerimonie. «Una spremuta di limone, per favore.» L'uomo si allontanò borbottando qualcosa di inintelligibile e tornò poco dopo con un grande bicchiere pieno di spremuta. «Io l'ho già vista, vero? Ci siamo incontrati in piazza, l'altro giorno e questa mattina» gli disse Zoe, sfoderando il suo sorriso più amichevole. Il vecchio assentì bruscamente con la testa e si voltò per andarsene. «Mi scusi, ma c'è qualcosa che non va?» lo apostrofò lei, resa audace dall'amore di Andreas. «Ne. Lei, thespinis, non va! Non sarebbe dovuta venire qui, e dovrebbe andarsene subito, prima di fare danni.» Fu come se il vecchio l'avesse schiaffeggiata. «Io... io non capisco di che cosa stia parlando.» «Crede che io non mi ricordi, io... Stavros? Credeva che non avrei riconosciuto la figlia della piccola Gina, quando l'avessi vista?» «Se si riferisce a mia madre, so che è stata qui, una volta, molto tempo fa» disse Zoe, cauta. «Sì, lei e quell'altra, sua sorella!» «Non sapevo che anche zia Megan fosse venuta a Thania» osservò Zoe. «Ci sono molte cose che lei non sa. Se ne vada, thespinis, se ne vada prima di fare altri danni. Andreas Dragos non è roba per lei.» «Non credo che siano affari suoi» ribatté Zoe, arrossendo. «Ormai l'ho detto. L'argomento è chiuso. Finito» concluse, allontanandosi. Lei rimase senza parole. Bevve un sorso di limonata, ma all'improvviso le parve nauseante. Il cuore le batteva all'impazzata, e non riusciva a Sara Craven
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controllare il tremito delle mani. Avrebbe dovuto immaginare che non tutti sarebbero stati felici del suo matrimonio con Andreas. Suo padre, soprattutto, avrebbe potuto impedirlo, se avesse ritenuto che Zoe non fosse all'altezza. Tuttavia, non si sarebbe mai aspettata una disapprovazione così esplicita per di più da parte di una persona che non aveva nulla a che fare con la famiglia di Andreas. Sconvolta, salì in camera sua e sciacquò il costume da bagno. Mentre lo stendeva sul balcone, udì forte il rumore di un elicottero che sorvolava il paese. Quando scese per la cena, molti degli ospiti erano già a tavola. Zoe si guardò intorno, e rimase delusa quando non vide Andreas. Senza saperlo, si era aspettata di trovarlo là. Non appena si fu seduta, Sherry la raggiunse con il menu. «Kalispera» la salutò Zoe, con un sorriso. «Lo stufato di vitello è molto buono, stasera» rispose la donna, senza guardarla in viso. «Allora prenderò quello, insieme al solito vino rosso, per favore» le disse, apparentemente calma. Quando però Sherry tornò con il vino e con l'acqua, la affrontò con decisione. «Che cosa sta succedendo, Sherry?» le domandò. «Me lo dica lei! È lei, quella che va in giro con l'erede dei milioni di Dragos. Ormai lo sa, no?» La donna si mise in modo da voltare le spalle alla sala, poi disse a bassa voce: «Per l'amor del cielo, Zoe, ha idea di quello che sta facendo?». «Mi sono innamorata» rispose lei semplicemente. «Allora sarà meglio che si disamori in fretta. La prego, mi lasci telefonare alla sua agenzia di viaggi a Corfù. Vada là prima che il suo cuore finisca in pezzi.» «Che ne sa che il mio cuore andrà in pezzi? Se Andreas mi amasse?» «Non glielo permetterebbero. Io non so che cosa stia succedendo, però, da quello che ho capito, non si prospetta niente di buono. Accidenti, Zoe, lei non conosce il potere che ha quella gente. Mi dia retta, è meglio se non lo scopre. Consideri tutto quanto come una esperienza in più nella sua vita e riparta, finché è ancora in tempo. Questa storia sta causando problemi perfino a me, si figuri! Prima lo zio Stavros ha litigato con mio marito. Ha detto che non avrebbe dovuto accettare la sua prenotazione, che avrebbe dovuto cacciarla dall'albergo. Ha detto che tutte le donne inglesi portano Sara Craven
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solo guai, e che il mio Stavros era stato uno sciocco a sposarne una. E pensare che è sempre stato tanto gentile, con me!» «Oh, Sherry, mi dispiace tanto. Se l'è presa anche con me, comunque. Ma io voglio sapere che cosa sta succedendo e farò in modo che Andreas risolva ogni problema.» «Non è detto che lo possa fare» concluse Sherry, sempre più tesa. Quella sera, Zoe mangiò con poco appetito. L'istinto le diceva di non aspettare l'indomani per parlare con Andreas. Era meglio affrontare subito la tempesta che si stava profilando all'orizzonte. D'altra parte, se si fosse comportata in quel modo, le sarebbe sembrato di cedere al panico. Avrebbe voluto parlare ancora con Sherry, ma era evidente che la donna la stava evitando. Zoe non poteva biasimarla, per questo. Decise che, se fosse andata in camera presto, avrebbe tolto l'albergatrice dall'imbarazzo. Perciò salì nella sua stanza, si svestì, si mise la camicia da notte e si sdraiò sul letto. Cercò di leggere, ma l'aria era soffocante. Nel giro di pochi giorni, la sua vita era cambiata completamente. Solo un paio d'ore prima, era stata felice come mai le era successo in vita sua, quasi stesse vivendo una favola. Ora, invece, le sembrava di trovarsi in un incubo dove nulla era come sembrava, e non c'erano spiegazioni. Ma Zoe voleva sapere perché il suo sogno all'improvviso si era tramutato in incubo. Forse era a causa della differenza di ceto fra lei e Andreas, oppure perché lei era straniera. Tuttavia, nessuna delle cause possibili le sembrava abbastanza forte da poter determinare un simile cambiamento. Spense la luce e mormorò il nome di Andreas. La giornata si preannunciava molto calda, come al solito, e Zoe fu lieta di giungere all'ombra dell'olivete. Per un attimo si pentì di non avere portato il costume da bagno, ma era là per parlare, si disse, non per nuotare e prendere il sole. Per questo si era vestita con una gonna blu di jeans e una camicetta bianca che le davano un aspetto molto professionale. Ci sarebbe stato tempo più tardi, per il divertimento. Lei e Andreas si sarebbero goduti la giornata solo quando tutto fosse stato chiarito tra di loro. Aveva portato con sé l'atto di donazione e i documenti che provavano il Sara Craven
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suo diritto all'eredità. Probabilmente Andreas si sarebbe irritato perché lei non gliene aveva parlato prima, anche se aveva avuto l'occasione per farlo. Zoe si disse che, se davvero lui la amava, l'avrebbe perdonata per quell'eccesso di prudenza. Pensava di trovare Andreas già a Villa Danae, ad aspettarla. Salì sulla terrazza, ma era deserta. Pensò allora che dovesse essere in casa, però, quando cercò di entrare, trovò tutte le porte chiuse. Non sapeva nemmeno se Andreas fosse in ritardo, perché non si erano dati appuntamento a un'ora precisa. Forse aveva del lavoro da sbrigare, si disse. Decise di aspettarlo. Sedette all'ombra, facendosi un po' di vento con il cappello. Prese dalla borsa i documenti che aveva portato e li controllò ancora una volta. Controllò di nuovo il certificato di nascita e il testamento di sua madre. Avrebbe detto ad Andreas la verità circa la sua venuta a Thania, e poi avrebbe strappato i documenti, rinunciando a ogni pretesa sulla villa. Guardò impaziente l'orologio, quindi prese il libro e cercò di leggere, ma non riusciva a concentrarsi. Era tesa a cogliere ogni rumore, ogni movimento. Passò un'ora. La mattinata stava scorrendo via inutilmente. Si alzò, salì sulla terrazza e guardò attentamente la spiaggia, nel caso Andreas arrivasse da una direzione inaspettata. Era tutto deserto. Zoe cominciava a irritarsi. Non era certo un comportamento cavalleresco, quello di Andreas! Lo avrebbe aspettato ancora per dieci minuti. Ma i dieci minuti passarono, e poi un'ora, e di Andreas non c'era traccia. Zoe era ormai in preda al panico, prossima alle lacrime. «Dov'è? Che cosa è successo?» continuava a ripetersi. Prese la borsa e rifece la strada che aveva percorso per arrivare a Villa Danae, cercando di non pensare al dolore e all'incertezza della sua situazione. Quando entrò in albergo, Stavros era al telefono. Aspettò che finisse di parlare. L'uomo abbassò la cornetta e la guardò imbarazzato. «Posso aiutarla, thespinis?» «Spero di sì. Mi può dire, per piacere, dove si trova la casa del signor Dragos? Ho assolutamente bisogno di vedere subito Andreas» dichiarò, orgogliosa. L'uomo esitò, poi disse: «Andreas non è qui, thespinis. È ad Atene. È Sara Craven
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partito ieri sera in elicottero». «È partito senza dirmi niente? Dovevamo vederci oggi! Non ci posso credere!» Stavros era più imbarazzato che mai. «Ha telefonato prima di andarsene. Ha lasciato un messaggio per lei. La avvertiva che era dovuto partire improvvisamente.» «E non ha pensato di riferirmelo? Ma che razza di persona è, lei? E che razza di albergo è questo, dove non si consegnano i messaggi agli ospiti? Sono andata all'appuntamento, e l'ho aspettato a lungo!» «Io non volevo farlo. È stato mio zio. Diceva che sarebbe stato meglio, che lei avrebbe sofferto meno se avesse pensato che kyrios Andreas se ne fosse andato senza dire niente. Diceva che lei avrebbe pensato che volesse troncare così la vostra relazione, e lei stessa l'avrebbe troncata, invece.» «Vi siete sbagliati, perché io sono certa che non farebbe mai una cosa del genere. E come si permette suo zio di impicciarsi negli affari degli altri?» «Lo ha fatto per il suo bene, thespinis. Lui vuole bene a kyrios Andreas come se fosse suo figlio.» «Ed evidentemente pensa che io non sia alla sua altezza!» «Non lo so, kyria Zoe. Dice solo che lei e kyrios Andreas non potete stare insieme, ma non dà altre spiegazioni.» «Be', io aspetterò qui il ritorno di Andreas, e al diavolo la disapprovazione di suo zio. Ha lasciato detto quando sarebbe tornato?» «No, thespinis. Ha detto solo che doveva partire immediatamente.» «Bene. Se per caso dovesse arrivare qualche altro messaggio, la prego di comunicarmelo immediatamente.» «Sì, kyria Zoe.» Non ci furono altri messaggi, però. Trascorsero altri tre giorni, ma lei non ebbe il coraggio di chiedere notizie. Sembrava che Andreas avesse intenzione di stare alla larga per tutto il tempo che Zoe avrebbe trascorso a Thania, in modo da evitare imbarazzi o scenate. Quello che lei non riusciva a spiegarsi era il motivo di quel comportamento. Perché mai avrebbe dovuto fingersi innamorato di lei? Forse per scacciare la noia? Chissà quanto aveva riso, per la riuscita della sua recita, quando Zoe era caduta letteralmente ai suoi piedi! Non era facile riempire le giornate, ma lei ci riuscì, in qualche modo. Sara Craven
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Apparentemente era serena, però le bruciava l'umiliazione per quell'abbandono. Tuttavia, non sarebbe fuggita. Si era aspettata la commiserazione di tutti, e invece in albergo la trattavano con affettuosa cortesia. Parlò una volta sola con Sherry di quella vicenda. «Ora tutti penseranno che me la sia cercata» le disse, amareggiata. «Niente affatto. Ma questa storia mi ha sempre preoccupata. So che Andreas è bellissimo, però, come me, lo sanno centinaia di altre donne.» «Sì, non è difficile crederlo» mormorò Zoe. Non voleva nemmeno pensare a quell'eventualità. Il pensiero di Andreas accanto a un'altra donna le causava troppa sofferenza, e non era facile ammettere di essere stata solo un pezzo della sua collezione. Per questo si sforzò di mantenere la propria dignità e si mostrava sempre allegra quando partecipava alle gite organizzate dall'albergo e dalla sua agenzia di viaggi. Nello stesso tempo, faceva attenzione a evitare tutti i luoghi che aveva visitato insieme ad Andreas. Il ricordo di quella splendida giornata in cui lei aveva creduto di essere amata le bruciava ancora troppo. Non faceva che pensare a lui, vedere il suo volto. Ogni sera aspettava il sonno per potere sfuggire almeno qualche ora a quel tormento. Per nessuna ragione al mondo sarebbe tornata a Villa Danae. Il quinto giorno prese un traghetto per Corfù e visitò a lungo la città. Guardò i negozi caratteristici e fece il giro dell'isola. Per qualche istante sporadico riuscì perfino a rilassarsi e a godere della bellezza dei luoghi. Si convinse che forse un giorno sarebbe guarita e avrebbe perfino trovato la forza di tornare in Grecia. Fece rientro a Thania con il traghetto del tardo pomeriggio. Era un po' stanca, ma serena. Un'automobile era parcheggiata davanti all'ingresso dell'albergo, e tre uomini con gli occhiali scuri erano sulla porta. Lei pensò che dovessero essere uomini d'affari. Quando si avvicinò, i tre la guardarono insistentemente. «Miss Lambert? Il signor Dragos gradirebbe la sua presenza a cena, stasera» disse uno dei tre, mentre un altro apriva la portiera dell'auto. Lei dominò la sorpresa. «Dica ad Andreas da parte mia che non accetterò inviti né ora né in futuro» rispose, gelida, mentre Stavros le faceva cenni disperati dall'interno. Sara Craven
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«Si sbaglia, miss Lambert. È il signor Stephanos Dragos che la invita, il padre di Andreas. Non vede l'ora di conoscerla. Quindi, se vuole venire con noi...» «Sono stata fuori tutto il giorno, ho bisogno di rinfrescarmi, di cambiarmi...» protestò Zoe, mentre i tre la spingevano verso l'auto. «Lei è perfetta, miss Lambert. Si tratta di una semplice occasione informale.» «Ha intenzione di starsene lì a fare niente mentre un'ospite del suo albergo viene rapita?» gridò lei a Stavros. «Il signor Dragos vuole vederla, kyria Zoe. Ha anche un ottimo cuoco» si giustificò quello. «Meraviglioso!» borbottò Zoe, costretta a sedersi sul sedile del passeggero. «Ora sì che mi sento tranquilla! Se non dovessi fare ritorno, date pure la mia camera a qualcun altro!» Tremava per l'ira, e stringeva convulsamente la borsa al petto. Oltrepassarono Villa Danae e proseguirono lungo la costa. Poi svoltarono in una traversa e si fermarono infine davanti a un imponente cancello. L'autista suonò il clacson e all'istante apparve una guardia che li lasciò entrare. Quando il cancello si richiuse, Zoe cominciò a sentirsi inquieta. Si pentì della battuta sulla possibilità che non sarebbe tornata indietro. I commenti di Sherry sul potere di Steve Dragos riemersero all'improvviso nella sua memoria. Stavano percorrendo un largo viale che attraversava un giardino all'inglese con molti cipressi. La casa era molto più vecchia di Villa Danae ed era grande almeno il doppio. I muri erano ornati di rampicanti. C'erano diverse automobili parcheggiate nello spiazzo antistante, e fra queste c'era il fuoristrada di Andreas. Zoe sentì un nodo alla gola. Era certa che non avrebbe potuto affrontare un simile incontro. L'auto si fermò e uno degli uomini la aiutò a scendere e la condusse in casa tenendola per un braccio. «Mi tolga le mani di dosso» gli ingiunse lei, fra i denti. All'interno era fresco. Evidentemente era in funzione l'aria condizionata. Zoe si sistemò la borsa sulla spalla e si affondò le mani nelle tasche, in modo che non se ne vedesse il tremore. Un cameriere in livrea grigio chiaro si affrettò ad aprire la doppia porta e Zoe entrò in un vasto salone dal soffitto basso, arredato con poltrone e Sara Craven
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divani raggruppati intorno a un grande camino. Nella stanza c'era una sola persona. Andreas, alto nel suo vestito scuro, stava in piedi accanto alla finestra. Zoe aveva il cuore in gola. Lui si voltò lentamente. Era molto teso. «Kalispera» le disse, e pareva che la sua voce giungesse da una distanza siderale. «Perché lo hai fatto? Perché mi hai fatto portare qui?» «Non sono stato io. Lo ha ordinato mio padre. Arriverà tra poco, sta riposando dopo il viaggio da Atene.» «Non hai altro da dire? Non credi di dovermi qualche spiegazione? Hai detto... credevo che tu... mi volessi bene.» «Ti voglio bene. Niente può cambiare questo fatto.» «E se ora io ti chiedessi di lasciare questa casa e di andare insieme alle Grotte d'Argento per gridare all'eco i nostri nomi, tu che cosa mi risponderesti?» gli domandò in un sussurro. Lui chinò il capo. «Ti direi di no.» «Mi hai mai veramente... voluto?» «Non ha più importanza. È cambiato tutto. Devi capirlo.» «Io non capisco un bel niente. Andreas, per favore, dimmi che cosa sta succedendo. Ti hanno ordinato di lasciarmi? È così?» «Non avevo scelta.» «C'è sempre una scelta, e io ho scelto te.» Gli si avvicinò e gli prese le mani, chiedendogli di accarezzarla. Ma lui si ritrasse con veemenza. «Non posso toccarti, Zoe, e non posso permettere che tu mi tocchi. È finita!» Lei udì un rumore alle sue spalle, e si voltò. Un uomo li stava osservando. Portava pantaloni scuri e una giacca quadrettata, con una sciarpa di seta intorno al collo. Era alto, con i capelli grigi, e aveva un viso che un tempo doveva essere stato bello. Perfino da quella distanza emanava un senso di potere. Senza una ragione precisa, Zoe pensò che fra quarant'anni Andreas sarebbe stato così, ma lei non sarebbe stata al suo fianco. Quando parlò, la sua voce era profonda ma leggermente rauca, come se cercasse di controllare un'emozione. «Così, tu sei la figlia di Gina. Sei arrivata, finalmente. Sei il suo ritratto, pedhi mou. Ti avrei riconosciuta ovunque.» Sara Craven
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Zoe si irrigidì. «Purtroppo non posso ricambiare il complimento» disse, ma sapeva di mentire. Aveva capito subito che quell'uomo era lo stesso della fotografia che sua madre aveva gelosamente custodito per così tanti anni. Guardò Andreas, che era impietrito, e all'improvviso avrebbe voluto trovarsi lontanissima da quel luogo. «Permettimi di presentarmi. Mi chiamo Stephanos Dragos, e ho l'onore di essere tuo padre.» «No! Non è vero!» gridò. «Dimmi che non è vero!» esclamò ancora, rivolta ad Andreas. Ma lo sguardo pieno di dolore le confermò quella sconvolgente affermazione. Non avrebbe mai dimenticato quel momento, che li consegnava entrambi alla sofferenza perpetua. Zoe precipitò nel buio, senza avere nemmeno la forza di chiamare il nome di Andreas.
9 Si risvegliò lentamente. Era su qualcosa di morbido, vedeva la luce dietro le palpebre chiuse. Qualcuno parlava a bassa voce. Sentiva sul viso qualcosa di fresco e umido. Aprì faticosamente gli occhi e si guardò intorno, disorientata. Era a letto, in una stanza dove era stata accesa la luce. Uno sconosciuto era in piedi accanto a lei. «Finalmente è di nuovo con noi, kyria Zoe. Meno male.» Le prese il polso per contarne le pulsazioni. «Chi è, lei?» chiese con un filo di voce. «Mi chiamo Vanopolis. Sono il medico personale del signor Dragos.» Zoe si sforzò di ricordare quello che era accaduto. «Mi gira la testa...» mormorò. «Passerà presto. Rimanga sdraiata.» «Cosa... che cosa è successo?» «Lei è svenuta, ma per fortuna il signor Dragos è riuscito a sostenerla, così non ha rischiato di farsi del male.» «Il signor Dragos... era dall'altra parte della stanza...» «Mi riferivo al giovane signor Dragos, Andreas, suo fratello. È stato lui a portarla qui.» Per un lungo istante, lo fissò senza capire. Dunque non si trattava di un Sara Craven
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incubo che si sarebbe dissolto al sorgere del sole. La sua vita era rovinata per sempre. Pensò che sarebbe stato meglio essere morta. Non poté trattenere le lacrime, ma voltò la testa perché il dottore non la vedesse. «Vorrei andare via, per favore» disse. «È meglio che lei rimanga qui. Ha subito un grave trauma psichico, e suo padre desidera che io vegli su di lei, stanotte. Abbiamo informato il suo albergo.» «Nessuno ha chiesto il mio parere. La mia vita è stata sconvolta, io non so nemmeno più chi sono, e non posso fare niente. Mi sta dicendo questo?» Il medico esitò. «Mi spiace che lei lo abbia saputo in questo modo. Avrei preferito che lei fosse informata con più tatto.» Zoe si alzò a sedere. «Non avrebbe fatto alcuna differenza. Non c'è un modo educato per rendere accettabile una cosa del genere.» L'uomo sospirò. «Si riposi, adesso, kyria Zoe. Vuole che le faccia portare del tè? O magari qualcosa da mangiare?» «No, voglio parlare con Andreas. Può dirgli di venire qui, per piacere?» «Forse sarebbe meglio che lei parlasse prima con kyrios Stephanos.» «No! Andreas, ho detto! Altrimenti giuro che me ne vado, e non mi vedrete mai più, e al diavolo il suo Stephanos.» Il dottore sospirò di nuovo, ma si diresse verso la porta, rassegnato. Zoe si lasciò ricadere sul cuscino. Sentiva una lieve nausea, e le girava la testa, ma era perfettamente lucida. Per la prima volta osservò con attenzione la camera. Era una grande stanza arredata con mobili eleganti, anche se antiquati. Le imposte erano accostate e sul comodino c'erano un libro aperto e rovesciato e un paio di polsini. In un angolo c'era una valigetta portadocumenti e una giacca da uomo era appesa alla spalliera di una sedia. L'anta di un armadio era semiaperta, e Zoe vide altri abiti maschili appesi. Cominciò a tremare. Andreas bussò piano alla porta, poi entrò. Rimase sulla soglia, il viso in ombra. «Questa è la tua stanza, vero? È il tuo letto. Tu... tu mi hai portata qui! Santo cielo, Andreas, ti rendi conto di quanto tutto questo sia crudele?» «Era la camera più vicina, e tu stavi male. Io... io non ho pensato ad altro. Perdonami» le rispose, e la sua voce esprimeva una stanchezza Sara Craven
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inenarrabile. «Che cosa faremo, adesso?» «Niente. Io sono figlio di mio padre, e tu sei figlia di mio padre. Questa è l'unica considerazione» disse, e la sua voce era incolore, come se avesse provato e riprovato quella frase, senza riuscire a convincersi che fosse vera. «Quando... quando lo hai saputo?» «Un vecchio amico ha telefonato a mio padre, ad Atene. Lui sapeva della vecchia storia, perché tua madre stava nel suo albergo, quando tutto è cominciato.» «Stavros?» «Sì, Stavros. Appena ti ha vista, ha capito chi eri. Poi ci ha visti insieme, e ha temuto che succedesse il peggio. Credo che dovremmo essergli grati.» «Mi spiace, ma ancora non sono arrivata a questo grado di consapevolezza.» «No, nemmeno io!» Prese una sedia e sedette a debita distanza. Lasciò cadere sul pavimento la giacca che era appoggiata alla spalliera. «Andreas, così rovinerai la giacca» osservò lei, ma si interruppe quando lo vide rabbuiarsi. «Non parlare come se fossi mia moglie, Zoe mou! Ora sei tu, quella crudele!» «Oh, santo cielo! Non posso farlo. Devo andare via di qua! Devo tornare in Inghilterra.» «No, me ne vado io, piuttosto. Rientro ad Atene stasera stessa. Tu devi rimanere, almeno per un po'. Mio padre deve avere modo di conoscere sua figlia, l'ha aspettata tanto a lungo! Non puoi negargli questo, pedhi mou.» «Tu sapevi di mia madre, della loro relazione?» gli domandò, con voce tremante. «Credevo di sapere tutto delle amanti di mio padre. Mia madre mi teneva informato. "Io sto morendo, e tuo padre ha un'altra sgualdrina". Non so più quante volte me lo ha detto, quando ero bambino. Ma di solito manteneva le sue amanti a Parigi, a Roma o a New York. Thania era il suo rifugio. Mia madre la detestava, non ci veniva mai. A Thania non portava le sue amanti, però, quando incontrò tua madre, e se ne innamorò... dopo di lei non ci portò più nessuna. Mia madre non faceva che gridare che stava costruendo una casa a Thania per una sgualdrina straniera. Mi Sara Craven
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ricordo come rideva, quando la casa rimase vuota, anni dopo. Rideva della convinzione di mio padre che la donna che amava tanto disperatamente sarebbe tornata da lui, prima o poi, e loro due sarebbero stati felici insieme.» «Mia madre era felice, felice insieme a suo marito, mio padre. L'uomo che mi ha dato il suo cognome, che mi ha cresciuta, che ha badato a me. Perché avrebbe dovuto fare tutto questo per il figlio di un altro?» «Forse perché era un brav'uomo e voleva bene a tua madre. Era una donna che suscitava amore.» Lei sentì un nodo alla gola. «Sì, è vero. Eravamo una famiglia felice, o almeno, io credevo che lo fossimo.» «La mia non lo era affatto.» «Una cosa, non capisco. Se tuo padre amava tanto mia madre da rimanerle devoto per tutta la vita, perché non divorziò per sposarla?» «Ci provò. Ma anche se a mia madre non importava nulla di lui, mai avrebbe rinunciato al suo denaro e alla sua posizione sociale. Le piaceva il ruolo di mecenate, il ruolo importante che aveva in diverse organizzazioni caritatevoli. Tutto questo lo faceva quando la salute glielo permetteva, beninteso. Santo cielo, usava la sua malattia come un'arma. Me ne accorgevo perfino io, che allora ero un bambino! Se fosse diventata la ex moglie di mio padre, il suo stato sociale ne avrebbe risentito, e lei lo sapeva bene. Per questo sembrò diventare pazza, minacciò più volte il suicidio. Una volta ci aveva provato, anche se con poca convinzione. Ma mio padre non poteva certo correre rischi. Era una situazione orribile, e tua madre ne soffrì molto. Era lacerata fra l'amore per mio padre e i problemi sempre più gravi nella loro relazione. Anche se lei era disposta a rimanere per tutta la vita l'amante di mio padre, non era detto che mia madre glielo avrebbe permesso. Alla fine decise di non correre rischi, e lasciò perdere. Tornò in Inghilterra e si fece promettere che lui non l'avrebbe mai seguita.» «Anche se aspettava un figlio da lui? Lui la lasciò partire?» domandò Zoe, incredula. «In quel momento nessuno dei due sapeva che lei era incinta. Ma mio padre non la abbandonò, pedhi mou. Non ne sarebbe stato capace. Mantenne la promessa di non seguirla, però le scriveva con regolarità, e ogni volta le chiedeva di tornare. Continuò a costruire la casa per lei, come pegno per il loro futuro. E quando lei gli scrisse dicendo che dal loro Sara Craven
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amore sarebbe nato un bambino, lui fu felice. Le rispose subito, scongiurandola di raggiungerlo. Le spedì il denaro e il biglietto dell'aereo, ma lei li restituì, senza nessuna spiegazione.» «E lui lasciò che le cose andassero in questo modo?» Il viso di Andreas si fece serio. «Mio padre si era buttato nel lavoro per cercare di non pensare alla partenza di Gina. Viveva esclusivamente nella speranza di rivederla, un giorno. Quello era un colpo che non si era aspettato, e la conseguenza fu una specie di esaurimento. Fu malato per diversi mesi, e la prima cosa che fece non appena si fu un po' ripreso fu scrivere a tua madre, implorandola di ripensarci. Ma tutte le lettere furono restituite al mittente. Tua madre si era trasferita, e non aveva comunicato il nuovo indirizzo. Sembrava che fosse scomparsa. Quando finalmente mio padre riuscì a rintracciarla, Gina era ormai sposata. Oltretutto, aveva chiamato Zoe la sua bambina, un nome che lui avrebbe voluto dare alla propria figlia. Questo fu un altro dolore, per mio padre. Perfino allora le scrisse un'ultima lettera in cui le diceva che la amava ancora e che l'avrebbe aspettata per sempre. Io ho dovuto mettere da parte i miei sentimenti e dire a lui, che era malato, che ogni speranza era persa.» «Come ha reagito?» «Per un po' non ha detto niente. Poi ha mormorato che per lui non era un colpo inaspettato, perché ha cominciato il lutto lo stesso giorno in cui lei lo ha lasciato. Però tu eri venuta a cercarlo.» Zoe scosse la testa. «Mia madre non ha mai pronunciato il suo nome. C'era soltanto quel quadro. Aveva dipinto una casa che non aveva mai visto. Come ha potuto?» «Mio padre le aveva mandato i disegni, e molte fotografie. Lei conosceva il punto in cui sarebbe stata costruita. La sua immaginazione deve avere fatto il resto. Forse nemmeno lei è mai riuscita a rinunciare del tutto al suo sogno.» «E il loro sogno ha finito per distruggere il nostro.» «Tu sapevi che mio padre le aveva regalato la villa. Perché non mi hai detto niente?» «Lo avrei fatto, la mattina in cui ci eravamo dati appuntamento. Avevo intenzione di restituirti tutti i documenti, dirti che non volevo niente, se non dimenticare il passato.» Zoe scoppiò in una risata amara. «Dio mio, che scherzo atroce! Hai mai avuto sospetti sulla mia identità?» «Come avrei potuto, se nemmeno sapevo che esistevi? Mio padre si Sara Craven
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irritava sempre, ogni volta che sollevavo l'argomento Villa Danae. Non voleva dirmi da dove veniva la sua amante, e mia madre la chiamava la straniera. Non ha mai fatto cenno a un figlio naturale. Poi, quella mattina ad Atene, si è confidato con me, mi ha detto tutto. La telefonata di Stavros lo aveva messo in allarme, ovviamente. Si rendeva conto che doveva interrompere subito la nostra relazione e, solo dicendo tutta la verità, ci sarebbe riuscito. Ma anche allora non gli ho creduto subito. Che Dio mi perdoni, ho pensato che si trattasse di un intrigo per farmi sposare qualcuna scelta da lui. Ha dovuto mostrarmi le fotografie, per convincermi, e perfino l'ultima lettera.» «Mia madre avrebbe dovuto dirmelo. Perché non lo ha fatto?» «Forse voleva dimenticare il passato, voleva che tu continuassi a credere nella tua famiglia felice.» «Sì. Oh, ma perché sono venuta fin qui? Tu avevi capito che io nascondevo qualcosa, vero?» «Sì. Però anch'io nascondevo qualcosa, Zoe mou. Io pensavo... ho convinto me stesso che faceva tutto parte delle schermaglie d'amore, e che presto non ci sarebbero più stati segreti fra di noi. Ora, che Dio ci aiuti, è così.» «Lui era sposato, non aveva il diritto di amarla!» esclamò lei, con improvvisa amarezza. «Credo che non abbia avuto scelta, Zoe mou. Non aveva più scelta di quanta ne ho avuta io quando ti ho vista scendere le scale e venire verso di me. Eccola, finalmente, ho pensato. «No, Andreas...» mormorò lei, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. «No. Sarà meglio che evitiamo di incontrarci da soli. Forse siamo stati fortunati, non abbiamo altro da rimpiangere» concluse, alzandosi in piedi. «Un bacio, Andreas. Dio non ci punirà per un bacio.» Lui si soffermò sulla porta. Aveva lo sguardo intenso, il viso improvvisamente scavato. «Ne sei sicura, pedhi mou? Io credo che ci stia già punendo. Ci punirà ora e per ogni giorno della nostra vita.» Chiuse piano la porta e scomparve. Molto tempo dopo, Zoe udì il gemito di un motore potente e il rumore pulsante di un rotore. L'elicottero le stava portando via Andreas per sempre. Zoe affondò il viso nel cuscino e aspettò che il suono si affievolisse e Sara Craven
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poi sparisse. Non molto tempo dopo la partenza di Andreas, era arrivata la governante, e aveva condotto Zoe in un'altra stanza, in una parte diversa della casa. Lei non si era sorpresa quando aveva trovato là i propri bagagli, che erano stati portati dall'albergo. I vestiti erano già stati sistemati nell'armadio. La sua semplice camicia da notte era appoggiata sul letto sontuoso, dalle lenzuola di seta, e la vasca da bagno era già pronta, con acqua calda ed essenze profumate. Pensò con ironia che la ricchezza poteva operare simili magie. Rimasta sola, si avvicinò alla finestra, spostò le tende pesanti e fissò l'oscurità. Avrebbe voluto che ci fosse un incantesimo anche per riparare il suo cuore infranto o per cancellare i ricordi dolorosi, in modo che lei potesse dimenticare il sorriso negli occhi di Andreas o il calore del suo corpo quando l'aveva stretta a sé. Ma, soprattutto, voleva dimenticare i suoi baci. Quel ricordo l'avrebbe perseguitata per il resto della sua vita. «Kyria Zoe, suo padre è in ansia per lei» le disse il dottor Vanopolis, dopo aver bussato leggermente alla porta aperta. «Non ne ha motivo.» «Desidera comunicarle che per stasera non la disturberà, ma domattina vorrebbe vederla, dopo che si sarà calmata e riposata.» «Riposata? Calmata? Mi ci vorrebbe una lobotomia! Mi dica, dottore, lei è in grado di eseguirla?» L'uomo la guardò, serio. «Non preferirebbe un sonnifero, piuttosto? Le lascerò una pillola sul comodino, potrà prenderla dopo il bagno.» Il sonnifero fece il suo effetto, ma i sogni di Zoe furono ugualmente agitati e spaventosi. E, quando giunse il mattino, dovette affrontare il nuovo giorno e l'inevitabile confronto con l'uomo che dichiarava di essere suo padre. Zoe si guardò a lungo allo specchio, cercando di trovare nei propri tratti qualcosa che potesse ricordare Steve Dragos. Però, per quanto si sforzasse, non le riuscì di trovare alcuna somiglianza. Aveva preso tutto da sua madre, si disse. Il vestito che indossava il giorno prima era stato mandato a lavare, così lei decise di indossare la gonna di jeans e una canottiera bianca. Non voleva fare una buona impressione a tutti i costi. In fondo, lei era solo un'insegnante in vacanza. Il cameriere che aveva visto la sera prima la stava aspettando ai piedi Sara Craven
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delle scale per condurla in sala da pranzo. Zoe si fece coraggio e poi entrò. Stephanos Dragos era seduto da solo a capotavola e stava sfogliando i giornali. Ma, non appena vide Zoe, mise tutto da parte e le andò incontro. Portava una camicia di cotone e dei pantaloni di lino chiaro. Emanava una forza e una determinazione quasi tangibili. Era completamente diverso dall'uomo dalla carnagione grigiastra che solo poche ore prima aveva distrutto completamente la vita di Zoe con poche, incredibili parole. «Kalimera» la accolse, facendole cenno di sedersi accanto a lui. «Buongiorno» rispose lei, senza sorridere, e sedette un po' più lontano. L'uomo parve deluso, tuttavia si sforzò di non darlo a vedere. «Vuoi del caffè? Oppure preferisci del tè? I panini sono appena sfornati» disse, e intanto fece segno alla cameriera. «Solo del succo d'arancia, grazie, e un po' di caffè. Non ho appetito.» «Devi mangiare, altrimenti ti ammalerai.» «Signor Dragos, il mio cuore è già malato, e non sarà certo il cibo a farlo guarire» ribatté lei, asciutta. Ci fu un lungo silenzio. Poi Dragos parlò in greco alla cameriera che servì Zoe e lasciò la stanza. Steve Dragos si accomodò meglio sulla sedia e osservò Zoe. «Se hai tutto quello che ti serve, ora possiamo parlare» esordì. «Non c'è molto da dire. Lei ha avuto una relazione con mia madre e io sono il frutto di quella relazione. Ero più felice quando non lo sapevo. Per me, il discorso finisce qui.» «Non sei curiosa del passato?» «Prima lo ero. Sono venuta qui per questa ragione. Ho trovato l'atto di donazione di Villa Danae. Credevo di voler sapere, invece mi sbagliavo.» «Tu hai parlato di una relazione, ma era molto più di questo. Tua madre era la donna della mia vita, e io l'ho persa.» «La storia si ripete, direi.» Dragos esitò un attimo, poi disse: «Credevo di sapere tutto del dolore e del senso di colpa, ma mi sbagliavo. Non posso giustificarmi per avere amato tua madre, piccola, né intendo scusarmi per questo. Ogni sua parola, ogni suo sorriso, ogni suo gesto sono stati una benedizione per me. Credimi, non avrei mai voluto fare soffrire così né te né Andreas». «Allora capirà perché non posso restare qui. Voglio tornare a casa mia.» «Questa è casa tua.» «No, non lo è, non può esserlo! Non è possibile!» «Non ancora, forse. Ma un giorno lo sentirai nel cuore, perché nelle tue Sara Craven
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vene scorre il mio sangue, pedhi mou.» «Ne è sicuro? Se fosse così, lo sentirei, sentirei un legame con lei, invece...» «So essere molto paziente, ho imparato a esserlo. Un giorno accetterai il fatto che sono tuo padre.» «Basta un semplice esame, signor Dragos!» «Non credi alle mie parole? Allora forse crederai a tua madre.» Mise una mano nella tasca della camicia e ne estrasse un foglio ingiallito. Zoe lo prese e scorse le prime righe. Era indiscutibilmente la scrittura di Gina e diceva semplicemente che stava bene e aspettava un bambino da lui. La lettera terminava con una dichiarazione d'amore. «Questa è stata l'ultima volta che le ha scritto? Tutto questo non ha senso» commentò lei, scuotendo la testa. «Mi sono ripetuto la stessa cosa migliaia di volte. Comunque, anch'io ho le mie colpe. Avrei dovuto raggiungerla, invece di insistere perché venisse qui. Ma le avevo promesso che non sarei andato da lei, e quindi non avevo scelta. Quando ebbi di nuovo sue notizie, lei era sposata. Ha avuto un buon marito?» «Sì, è stato un buon marito e un padre meraviglioso. Per questo non posso credere che i miei genitori mi abbiano tenuta nascosta una cosa tanto importante.» «Lei non ti ha mai parlato di me?» domandò Dragos, con un tono infinitamente triste. «No. Credo che volesse lasciarsi il passato alle spalle. Però ha conservato la sua fotografia e ha dipinto con amore la casa che lei le ha costruito.» «Ora tu l'hai ereditata.» «Ho trovato per caso quei documenti, e mi sono chiesta... ma Villa Danae non è mai stata davvero sua. E non è nemmeno mia.» «Io voglio che tu la tenga, pedhi mou. Fanne quello che vuoi. Puoi starci ogni tanto, oppure venderla, o magari regalarla. La scelta spetta a te.» «Questo... è molto generoso, da parte sua.» «Tu sei mia figlia. Ti darei di più, se tu volessi accettarlo. Riconosci pubblicamente la nostra relazione.» «Oh, no! È ancora troppo presto. Io ho bisogno di tempo. Devo pensarci, devo pensare alle conseguenze... penso che lei capisca.» Sara Craven
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«Ci proverò. Vieni, facciamo una passeggiata in giardino.» Mentre camminavano, Dragos disse: «Non era necessario che Andreas mi dicesse che tua madre mi aveva lasciato. L'ho sentito io stesso, un po' di tempo fa. Ti spiace se parlo di lei?». «No, perché dovrebbe? Tutti e due... la amavamo. Almeno questo lo posso accettare.» «Vuoi sapere come ci siamo incontrati? E' successo tutto per una distorsione alla caviglia. Io stavo tornando a casa, proprio qui, quando ho visto una ragazza, seduta a lato della strada, che si massaggiava la caviglia. Mi sono accorto che le faceva male, e mi sono fermato per aiutarla. Lei non volle che la conducessi all'ospedale, così la portai qui. La mia governante le fasciò la caviglia.» «Che storia romantica!» commentò Zoe, con un sorriso. «Ma quella ragazza non era tua madre. Era sua sorella. Mi raccontò di essersi storta la caviglia mentre si allontanava di corsa dopo un furioso litigio. Disse anche che non era la prima volta.» «Non mi sta dicendo niente di nuovo» si lasciò sfuggire Zoe. «Ha continuato a litigare, eh? Lo immaginavo. Ma Gina è sempre stata corretta. Quella volta mandai un messaggio a Stavros, all'albergo, in cui dicevo che la sua ospite inglese era sana e salva, e Gina venne a prenderla.» Dragos rimase in silenzio per un poco, poi continuò, commosso: «Mi innamorai di lei non appena la vidi. Quando entrò nella stanza, la sua luce oscurò quella del sole. Più tardi mi disse che per lei era stata la stessa sensazione. Io non le nascosi che ero sposato, ma i nostri sentimenti erano troppo forti. Diventammo amanti nel giro di pochi giorni. La convinsi a stare da me, insieme a sua sorella, o di rimanere qui per sempre. Non riuscivo a credere che potesse esistere una simile felicità». «Anche la zia Megan venne qui?» «No, lei tornò indietro» rispose lui, rabbuiandosi. Strano che non sia ripartita con il primo aereo, pensò Zoe, che conosceva l'inflessibile moralismo di sua zia. Era molto pensierosa quando si ritirò in camera sua, quella sera. Era sempre decisa a partire il più presto possibile, ma non poteva negare che la giornata fosse stata piacevole. Se l'avesse trascorsa nel ruolo di nuora, invece che di figlia naturale, sarebbe stata certamente perfetta, pensò con una fitta al cuore. Sara Craven
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Dragos le aveva chiesto di chiamarlo papà, ma lei non si sentiva pronta. Aveva accettato, però, di dargli del tu. Forse un giorno sarebbero stati amici, ma le sarebbe riuscito molto difficile accettarlo come padre. Sapeva che doveva andarsene al più presto, ma Steve faceva di tutto per trattenerla. La colmava di attenzioni. Una mattina a colazione le fece trovare un cofanetto di velluto accanto al piatto. Conteneva un filo di splendide perle. Zoe cercò di schermirsi, ma Steve le disse che era solo una sciocchezza. Aveva sempre a disposizione una vettura con autista, nel caso volesse uscire. Steve le propose addirittura di recarsi a Parigi o a New York per rinnovare il guardaroba. «Sono solo un'insegnante, non ho bisogno di abiti firmati. Non avrei occasione per indossarli» protestò lei. Steve cercava costantemente la sua compagnia, e non solo per parlare di Gina. Voleva conoscere Zoe, la sua vita, le sue ambizioni. Per quanto lei avesse ancora dei dubbi, Dragos sembrava assolutamente convinto che lei fosse sua figlia, e voleva conoscere ogni dettaglio della vita che aveva trascorso prima di incontrarlo. Quando lei annunciò che la sua vacanza sarebbe finita presto, lui cercò in tutti i modi di trattenerla. «Tu hai reso gioiosa la mia convalescenza, pedhi mou» le disse, ricordandole senza troppi giri di parole la propria recente malattia. Zoe non poteva negare di essere tentata da quelle proposte. Era un bel posto dove vivere, in una casa meravigliosa dove ogni suo capriccio veniva soddisfatto. Non che avesse molti capricci. In ogni caso, sapeva che, se fosse rimasta a Thania, non sarebbe mai riuscita a dimenticare Andreas. Lo sognava ogni notte, si aspettava di vederlo sbucare da ogni angolo. A volte temeva di impazzire. Ma, una volta tornata a casa, nel suo ambiente, sarebbe stata troppo impegnata a trovarsi un altro lavoro. Avrebbe ricominciato la sua vita daccapo. «Vorrei andare a Livassi, quest'oggi. Vorrei comprare dei souvenir da regalare ai miei amici» disse una mattina. Si era aspettata che Steve obiettasse, invece lui si limitò a sorridere. «È una buona idea, figliola. Io ho degli affari da sbrigare, ma ci vedremo dopo pranzo, nel» Sara Craven
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«Certo.» Durante il tragitto verso Livassi, Zoe disse all'autista di andare subito all'albergo di Stavros. Aveva lasciato la sua camera all'improvviso, e anche se era certa che il disturbo fosse stato pagato profumatamente, si sentiva ancora in colpa nei confronti di Sherry. Voleva darle almeno una spiegazione. Trovò Sherry al banco della reception. «Non ci posso credere! Stavo per prendere il coraggio a due mani e chiamarla, oggi. C'è qualcuno che ha chiesto di lei.» Zoe ebbe un tuffo al cuore. «Cerca me? Ne è proprio sicura?» «Sta facendo colazione nel cortile, se vuole raggiungerlo» rispose la donna. Poi si avvicinò e chiese sottovoce: «È vero quello che ha detto zio Stavros?». «Steve Dragos ne sembra convinto, però, se devo essere onesta, non lo so. Non sento di appartenere a questi luoghi.» «Davvero non ne sapeva niente, quando è arrivata qui?» «No, altrimenti non sarei venuta.» «Oh, andiamo! Il fatto che lei sia figlia di Steve Dragos cambierà radicalmente la sua vita!» «L'ha già cambiata.» «Oh, cara, mi spiace tanto. Ma deve rendersi conto che in nessun caso le avrebbero lasciato sposare Andreas. Per lui hanno già trovato una moglie conveniente. Si chiama Tina Mandrassis e suo padre è uno dei concorrenti più agguerriti. Sul giornale di ieri c'è una fotografia. Ci sono loro due insieme, e lei è appesa al suo braccio. La didascalia diceva che l'annuncio del loro matrimonio è atteso da un giorno all'altro. Mi perdoni, cara, ma credo sia meglio prepararsi per certe cose» concluse con un sorriso triste. «Sì, ha ragione» mormorò Zoe, però sapeva bene che non c'è modo di prepararsi per una cosa del genere. Le sembrava tutto assurdo, ma del resto Andreas non avrebbe potuto fare altrimenti. E nemmeno lei aveva scelta. Si diresse verso il cortile, ma si fermò di colpo, incredula, non appena si rese conto di chi fosse la persona che la stava aspettando. «Ciao, Zoe. È bello rivederti» la salutò George.
10 «George! Che ci fai qui?» sbottò Zoe. Sara Craven
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Sherry servì il caffè e si ritirò con discrezione. «Sono venuto a prenderti per riportarti a casa» rispose lui, inaspettatamente, e le mostrò con orgoglio due biglietti aerei. «Sei impazzito? George, io sono qui in vacanza. E' questo che la gente fa di solito, in estate. E quando ho prenotato, ho comprato anche il biglietto per il ritorno» gli rammentò lei, irritata. George parve esitare. Sembrava completamente fuori posto, con quella camicia bianca e i pantaloni con la riga. Ma la cosa peggiore erano i calzini indossati con i sandali. «Lo so, Zoe, ma tua zia Megan non era molto felice del tuo viaggio, e ha insistito perché io venissi a prenderti. Ha perfino pagato i biglietti dell'aereo.» «Allora sei pazzo per davvero. A mia zia Megan non importa un fico secco di me.» «Ti sbagli. Quando ho nominato Thania, si è agitata moltissimo. Mia madre le ha dovuto somministrare un calmante.» «Hai nominato Thania? E come facevi a sapere dove mi trovavo?» «Ho incontrato per caso la sorella di Adele all'agenzia di viaggi, un giorno, e lei mi ha detto dov'eri.» «Controllavi le mie mosse, allora? Ma come ti sei permesso?» «Io non me la prenderei poi così!» cercò di difendersi George. Con un fazzoletto si asciugò la fronte madida di sudore. «Non è selvaggio come mi aspettavo, qui. Ma non ci sarei mai venuto, di mia volontà. Fa troppo caldo.» «Be', non preoccuparti per questo, George. Hai un biglietto di ritorno, usalo! Io partirò quando finirà la mia vacanza, e non quando decide la zia Megan. Che faccia tosta!» «Senti Zoe, io a casa non ci torno, senza di te. Tua zia ha detto delle cose terribili. Ha detto che un certo greco ti avrebbe di sicuro sedotta e tu saresti finita in un pasticcio tremendo. Non l'ho mai vista così agitata, ti assicuro. Mia madre si è spaventata, per la sua reazione.» «Doveva esserlo davvero, se ti ha lasciato venire fin qui tutto solo! Be', ci si dovranno abituare. Mi hanno invitata a rimanere un po' più a lungo del previsto, e io sto prendendo in seria considerazione questa proposta. Buona giornata, George!» concluse, alzandosi. Era molto irritata per quell'incontro. «Oh, non scappare così. Ho fatto tutta questa strada solo per vederti. Sara Craven
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Cena con me, stasera, ti prego!» Zoe pensò sarcastica che forse George aveva intenzione di farla ubriacare per poi caricarla a forza su un aereo. Ma allo stesso tempo provava compassione per lui, che era stretto fra quelle due virago di sua madre e della zia Megan. «E va bene, ci vediamo alle otto. Ora, però, devo andare» cedette infine. Diede appuntamento all'autista sulla piazza principale, dove voleva acquistare qualche ricordo di quella vacanza, ma comprò soltanto un vaso di ceramica per Adele e se la sbrigò in pochi minuti. Si recò allora in un kafeneion e ordinò una bibita. I giocatori di carte erano già concentrati su una partita molto animata, tuttavia lei non vi prestò attenzione. L'arrivo di George l'aveva messa in agitazione. Evidentemente la zia Megan temeva che lei potesse scoprire la verità sulla propria origine. Non c'era altra spiegazione per tanto turbamento. Eppure, Megan non si era mai interessata a lei. Quindi era strano che avesse addirittura costretto George a venire a prenderla. Stava pagando la bibita, quando una voce dietro di lei la chiamò: «Thespinis...». Era lo zio Stavros. «Che altro vuole?» gli chiese, brusca. «Oh... mi spiace averle causato tanta infelicità, kyria Zoe. Così tanto dolore in tutti questi anni! Quando finirà? Posso sedermi al suo tavolo e bere un caffè con lei?» «Faccia come crede.» Quando le tazzine furono sul tavolo, l'uomo continuò: «Vorrei dirle, thespinis, che la morte di sua madre mi ha molto addolorato. Era una giovane meravigliosa. Tanto gentile quanto bella. Ogni uomo sarebbe stato orgoglioso di amarla, e il mio amico Stephanos le ha consacrato la propria vita». «Sì, credo che sia davvero così.» «Avrebbero dovuto vivere insieme. Certo, lui era sposato, ma sua moglie non gli dava niente. Perché lei non è tornata, thespinis?» «Si era sposata anche lei, si era fatta una vita.» «Allora mi sono sbagliato. Credevo che fosse successo tutto a causa di quell'altra...» ammise Stavros. «Lei si riferisce a mia zia Megan?» «Mi scusi, thespinis, non volevo offenderla.» «No, voglio sapere la verità. Erano in vacanza insieme, vero?» Sara Craven
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«Due belle ragazze, po, po, po. Ma la più grande aveva bella solo la faccia, non l'anima. Dentro, era tutta rabbia e amarezza.» «Era così anche allora? Chissà perché mia madre ha deciso di andare in vacanza proprio con lei?» «Forse perché desiderava che la propria sorella fosse felice. Ma litigavano continuamente. Tante volte ho visto sua madre trattenere le lacrime, e questo mi faceva rabbia, perché vedevo che alla fine era sempre lei a cedere. Le perdonava qualunque cosa. È stata una buona cosa, quando sua zia se ne andò. Aveva già causato tanti di quei problemi, che mi chiedevo che altro avrebbe combinato.» «Perché si comportava in quel modo?» «Perché era gelosa, kyria Zoe. Anche lei era innamorata del mio amico Stephanos, ma lui non la degnava di uno sguardo.» Quello era il giorno delle rivelazioni, si disse Zoe mentre fissava il mare. Non era tornata a casa perché aveva bisogno di tranquillità per riflettere. Si era ricordata della taverna sulla scogliera, dove in quella memorabile giornata ormai lontana aveva mangiato insieme ad Andreas e aveva chiesto all'autista di portarla là, invece che alla villa. Ora l'autista chiacchierava al bar con il proprietario e mangiava souvlaki, mentre lei aveva ordinato del pesce alla griglia e un bicchiere di vino bianco. Non era facile accettare le rivelazioni dello zio Stavros. Non riusciva a immaginare sua zia, acida e vendicativa, in preda a una passione divorante. Ma anche Steve Dragos le aveva raccontato di avere conosciuto lei per prima, di averla soccorsa e di averla portata a casa sua. Forse Megan aveva attribuito un significato diverso alla philoxenia, la tradizionale ospitalità greca. Poi lui l'aveva ferita di nuovo, quando si era innamorato della sorella minore, la ragazza che aveva da sempre la capacità di attirare le simpatie di chi le stava intorno, cosa di cui Megan non era mai stata capace. Possibile che avesse portato rancore per così tanto tempo a Gina? Però, quando ripensò alla reazione violenta della zia alla vista del quadro di Gina, Zoe non poté che rispondersi affermativamente, e rabbrividì per la persistenza di quel rancore. Ma tutto questo ancora non spiegava perché Megan si fosse spinta fino a mandare George a prendere Zoe per riportarla a casa. A meno che i problemi a cui aveva accennato Stavros fossero molto seri. Doveva esserci Sara Craven
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qualcosa che Megan voleva impedire a Zoe di scoprire, ma che cosa? Un incontro con la zia sembrava inevitabile, a quel punto, anche se Zoe non ne era certo entusiasta. Inoltre, nessuno garantiva che Megan le avrebbe detto la verità. Quest'ultimo sviluppo, comunque, l'aveva convinta a fare rientro al più presto, anche se Steve se ne sarebbe dispiaciuto. Sforzandosi di essere ottimista, Zoe cercò di convincersi che, una volta scoperta la verità, allora sarebbe stata in grado di lasciarsi tutta quella storia alle spalle e vivere serenamente. Senza pensarci due volte, chiese all'autista di farle fare il giro dell'isola per l'ultima volta. Sarebbe stato il suo addio a Thania. Sapeva istintivamente che non sarebbe mai più tornata. Avrebbe venduto Villa Danae e, se Steve non avesse accettato il denaro così ottenuto, Zoe lo avrebbe devoluto in beneficenza. Voleva troncare ogni legame. Avrebbe anche detto a Steve che, quando si sarebbero rivisti, sarebbe stato in territorio neutro. Quando finalmente Zoe rientrò alla villa, il maggiordomo la stava aspettando con ansia. «Kyrios Stephanos desidera vederla, kyria. La sta aspettando» le disse. Lui era nello studio, seduto alla scrivania. Si alzò non appena la vide entrare. «Sei stata fuori per molto tempo, pedhi mou. Ero preoccupato.» «Ho pranzato fuori e ho fatto un giro. C'è qualche problema?» «Forse. Sì, credo di sì. Abbiamo una visita inaspettata, figlia mia. Ho saputo questa mattina che Petros Mandrassis sta venendo a Thania per discutere con me la fusione delle nostre compagnie di navigazione. Ora è qui, e sua figlia Christina è con lui.» Si interruppe un momento, poi aggiunse: «C'è anche Andreas». «Allora me ne torno in albergo.» «Purtroppo, pedhi mou, devi rimanere qui. Mi spiace insistere, ma ho bisogno della tua presenza a cena.» Il suo tono era molto più imperioso di quanto lo fossero le sue parole. «Ho un invito a cena a Livassi, stasera. È arrivato un vecchio amico.» «Dovrai rimandare questo impegno. Mandrassis adora la sua unica figlia, e lei si è lamentata perché si sente trascurata. Dice che Andreas ha passato più tempo a Thania che ad Atene, a corteggiare lei. Inoltre, le hanno riferito che Andreas è stato visto insieme a un'altra donna, e questo Sara Craven
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l'ha ovviamente offesa. Di conseguenza, la fusione delle due società di navigazione è in pericolo. Ho bisogno di rassicurare Mandrassis, quindi desidero che tu partecipi alla cena e mi permetta di presentarti come mia figlia.» «No! Non sono ancora pronta per questo. Non sono pronta a essere presentata a dei perfetti estranei come la tua figlia bast...» «Ammesso che ci sia da vergognarsi, sarei io quello che si deve vergognare, pedhi mou, non tu.» «Comunque sia, non sarebbe conveniente nemmeno farmi passare per quella che ha messo in pericolo il fidanzamento, non ti pare? Ti propongo un compromesso. Potrei invitare io qualcuno, per stasera?» «Un uomo?» «Guarda caso, proprio un uomo. La sua presenza metterebbe a tacere ogni voce sul mio conto. È qui in vacanza, quindi non avrà una giacca da sera.» «Allora chiarirò che si tratta di un'occasione informale. Questa potrebbe essere una buona soluzione. Chi è quest'uomo? Che rapporti hai con lui?» «È un amico e un collega. Niente di più.» «Forse lui vorrebbe essere qualcosa di più.» «Magari.» «In questo caso, non è necessario mettere in evidenza il rapporto di lavoro. Telefonagli, figlia mia. Invitalo.» George, però, non parve entusiasta di quell'invito. «Ma io pensavo di averti tutta per me!» protestò. «Fammi questo piacere, ti prego, e io prenderò in considerazione l'ipotesi di tornare in Inghilterra insieme a te. Affare fatto?» ribatté lei, che aveva già deciso di tornare a casa, e lo avrebbe fatto volentieri in quello stesso momento. «Be', in questo caso... d'accordo!» «Grazie, George. Sei un tesoro. Manderò una macchina fra un paio d'ore.» «Mi manderai una macchina? Zoe, ma chi è questa gente?» «Oh, solo un paio di milionari con i loro eredi e successori. Solita gente... ci vediamo più tardi.» Interruppe bruscamente la comunicazione. Quella sera rimpianse di non avere accettato l'invito di Steve a rinnovare il guardaroba. Non c'era nulla, nell'armadio, che potesse competere con Sara Craven
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l'erede di un armatore, pensò Zoe imbronciata, mentre prendeva l'abito nero. Per fortuna, aveva almeno le perle che Steve le aveva regalato. Le mani le tremavano tanto che ebbe qualche difficoltà a truccarsi. Di solito non usava cosmetici, ma quella sera aveva bisogno di dissimulare il più possibile. Cercò di cancellare le occhiaie con il correttore e si mise il fard. Poi applicò il rimmel e il rossetto chiaro. Aveva cercato di apparire sofisticata, ma aveva ottenuto solo di sembrare spaventata e vulnerabile. Questo le disse un'ultima occhiata allo specchio. Appena uscita dalla sua stanza, si imbatté in Steve, che la stava aspettando. «Sei bellissima. Sono orgoglioso di te» le disse, prendendola sottobraccio. «Io... non sono sono sicura di farcela.» «Tu sei una ragazza coraggiosa. Io credo in te. Ora andiamo ad accogliere i nostri ospiti.» Ma l'unica persona nel saloni era Andreas. Era in piedi accanto alla portafinestra e fissava il giardino. In mano aveva un bicchiere di ouzo che non aveva nemmeno assaggiato. Si girò non appena lei entrò nella stanza. «Kyria Lambert! Non mi aspettavo questo piacere!» la accolse, con un sorriso teso. «Nemmeno io. Come... come stai, Andreas?» gli chiese, mentre il cuore sembrava scoppiarle nel petto. «Sto cercando di concludere questa fusione, come ben sai. Mio padre mi ha detto che hai invitato un ospite, per stasera.» «Sì. Spero non ti dispiaccia.» Lui bevve un sorso di ouzo. «Perché dovrebbe dispiacermi? Dopotutto non ho alcun diritto di intromettermi.» In quel momento si udirono delle voci provenire dal corridoio e la risata di una ragazza. Andreas si irrigidì e borbottò qualcosa che avrebbe anche potuto essere un'imprecazione. Poi si voltò di nuovo a fissare il giardino con sguardo assente. Zoe si rese conto di quanto avrebbe voluto gettarsi tra le sue braccia, stringerlo a sé e assicurargli che tutto si sarebbe sistemato. Una cupa disperazione si impadronì di lei. Cercò di farsi forza quando Petros Mandrassis entrò nella stanza insieme Sara Craven
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a sua figlia. Era un uomo corpulento dagli occhi piccoli e freddi, che guardarono Zoe con insolenza. Lei lo detestò fin dal primo momento. Christina era piccola e di una petulante e appariscente bellezza, con folti capelli scuri e una silhouette che già tendeva alla pinguedine. Quando la vide dirigersi decisa verso Andreas, Zoe non poté fare a meno di pensare che nel giro di pochi anni quella sarebbe diventata più grassa di suo padre. «Petros, amico mio! Lascia che ti presenti Zoe Lambert, la figlia di una cara amica, che ci onorerà della sua presenza per qualche giorno.» «Incantato, thespinis» disse Mandrassis, con una voce resa roca probabilmente dal fumo. Sua figlia disse qualcosa ad Andreas nella sua lingua e scoppiò a ridere. Lui fece un cenno con il capo, ma il suo viso era una maschera inespressiva. Zoe prese il bicchiere che le porgevano come se fosse un'ancora di salvezza. Fu lieta quando finalmente arrivò George. Indossava pantaloni di cotone e una camicia un po' troppo sportiva. Al braccio portava un giubbotto ripiegato. Sembrava accaldato e a disagio, come se avesse preferito trovarsi in qualunque altro luogo piuttosto che là. Zoe gli andò incontro e lo baciò lievemente sulla bocca. «Caro, finalmente sei arrivato!» A bassa voce, ma in modo che tutti potessero sentire, aggiunse: «Ti ricordi di quella domanda che mi avevi fatto prima che io partissi per la Grecia? Be', ci ho pensato, e ora ti posso rispondere. Quindi, quando saremo da soli, chiedimelo di nuovo». «Perbacco, Zoe! È proprio vero quello che si dice della lontananza, eh?» rispose quello, arrossendo. Lei lo prese per mano e lo presentò a tutti gli ospiti. Distolse lo sguardo quando George e Andreas si strinsero calorosamente la mano. «Devo farti le mie felicitazioni, a quanto sembra» disse Andreas. «Pare proprio di sì. Sto in piedi per miracolo, se lo vuoi sapere. Non avrei mai pensato che avrebbe ceduto» ammise George. «Evidentemente, hai saputo usare le parole giuste per convincerla» disse Andreas, sorridendo. Poi si rivolse a Zoe: «Mi inviterai alle nozze, non è vero?». «Be', non abbiamo ancora deciso niente...» si intromise George, ma Zoe fu lesta a interromperlo. Sara Craven
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«La prossima Pasqua. Sei molto gentile a mostrare tanto interesse, kyrie, però sono certa che sarai molto occupato a preparare il tuo matrimonio, per occuparti anche del mio.» «Oh, per Pasqua avremo già fatto tutto. Ci sposeremo molto prima» ribatté Andreas, fissando Zoe. «Meraviglioso. Non ho mai visto una coppia meglio assortita. Caro, vorrai bere qualcosa» concluse lei, rivolta a George. «Che razza di arrogante! Non ci tengo davvero ad averlo come amico» borbottò George, allontanandosi insieme a Zoe. «Be', di questo non ti devi preoccupare. Preferisci l'ouzo o il vino bianco?» gli chiese, brusca. «L'ouzo non è quella cosa torbida che sa di anice? Credo che prenderò il vino.» Cominciò a lagnarsi delle Grecia, iniziando dai tombini del porto che puzzavano e finendo con l'acqua troppo fredda nella doccia dell'albergo. «Non mi dirai che i tombini e le docce sono in qualche modo collegati!» cercò di scherzare Zoe. «Santo cielo, spero proprio di no! Credi che dovrei dirlo a quella Sherry? Ha sposato un greco, pensa un po', anche se sembra abbastanza amichevole.» «Sì, Stavros è amichevole. Comunque, io non direi niente delle docce, George. Dopotutto, fra qualche giorno sarai di nuovo al sicuro in Inghilterra.» «Questo è vero» ammise lui, sorridendo, mentre le cingeva goffamente la spalla con un braccio. Zoe si sentì sollevata quando il maggiordomo annunciò la cena. Purtroppo, però, scoprì presto che il suo posto a tavola era di fianco ad Andreas e di fronte a una raggiante Christina. George cercò in tutti i modi di fare conversazione con lei, ma o la ragazza non parlava abbastanza bene l'inglese da capire il suo vicino di tavola o non lo considerava degno della sua attenzione, perché gli rispondeva solo sporadicamente. Zoe fece un paio di commenti sul cibo, e Andreas assentì, poi cadde di nuovo il silenzio. Forse era meglio così. La presenza di Andreas la turbava profondamente. Zoe era terrorizzata da qualunque seppur minimo contatto. Temeva perfino di sfiorare la manica di lui, o che le loro dita venissero a contatto se entrambi avessero cercato di prendere la saliera allo stesso tempo. Sara Craven
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Quando finalmente fu servita la pietanza principale, che consisteva in un ottimo cosciotto di agnello, la conversazione si animò. «Devo dire che si sta proprio bene qui, con l'aria condizionata. La mia camera sembrava un forno, ieri notte. Non sono riuscito a tenere nemmeno la coperta, e perfino il pigiama mi dava fastidio» affermò George. Ci fu un attimo di silenzio, poi Andreas disse, con un tono canzonatorio che Zoe riconobbe subito: «E non ha pensato di toglierselo, il pigiama?». «Assolutamente no! Non è igienico.» Andreas assunse un atteggiamento ironico. «Sì, ma il pigiama è un po' fastidioso, a volte.» «No, perché?» rispose George, perplesso. Poi cominciò a mangiare la sua porzione di agnello. Non appena la conversazione riprese, e Steve e Petros la monopolizzarono, Zoe sussurrò ad Andreas: «Smettila!». «Non sono stato io a cominciare. Dimmi, Zoe mou, vuoi davvero sposare quell'idiota?» ribatté lui, in tono molto cortese, mentre le versava del vino. «Non sono affari tuoi.» Andreas la ignorò e proseguì. «In questo caso, accetta il mio consiglio. Lascia il tuo George ripiegato sotto il cuscino, e dormi con il pigiama. Ti darà di sicuro più soddisfazione.» «Sei davvero un bastardo!» «Direi che non è a me che si addice questo epiteto, viste le circostanze.» «Ti detesto.» «Sei saggia. Io sto cercando con tutte le mie forze di fare lo stesso.» Christina li fissava dall'altra parte del tavolo. Sembrava insospettita da quel fitto scambio a bassa voce. Andreas alzò il bicchiere verso di lei per brindare, e la ragazza gli sorrise. Poi passò a Zoe il vassoio del contorno. Si sforzava di comportarsi come la perfetta padrona di casa. Lui sorrideva ancora, ma il suo sguardo era stranamente acceso. «Non c'è ora del giorno in cui io non ti pensi, matia mou. Non c'è notte in cui io non sogni di tenerti fra le braccia, e mi risvegli nel tormento. Mi faccio ribrezzo per i sentimenti che provo nei tuoi confronti, ma non riesco a cancellarli dalla mia anima. Sono all'inferno, e tu non sei con me.» Tacque, e un istante dopo si unì alla conversazione con gli altri uomini. Zoe sedeva rigida, fingendo di mangiare, e intanto pregava perché la serata finisse presto. Sara Craven
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11 Mentre l'aereo stava per atterrare a Heathrow, George chiese: «Zoe, mi vuoi sposare davvero?». Lei si era aspettata quella domanda per tutto il giorno. Se l'era aspettata sull'elicottero che li portava ad Atene, e se l'era aspettata al check-in dell'aeroporto, dove Steve Dragos aveva fatto cambiare i loro biglietti di classe turistica in biglietti di prima classe. Se l'era aspettata dal momento in cui l'aereo era decollato. Forse lo champagne che avevano bevuto aveva sciolto la lingua di George, alla fine. Zoe lo guardò compunta. «Caro George, sai bene quanto me che, se io accettassi, tua madre ti dissuaderebbe nel giro di ventiquattro ore» gli disse. «Non so perché faccia così» sospirò lui. «Ma c'è un'altra cosa di cui sono ancora più sicura. Un giorno tu incontrerai una donna e te ne innamorerai al punto da infischiartene di quello che dice tua madre» gli disse ancora, tralasciando di aggiungere che sua madre era una strega egoista che non avrebbe mai permesso che il figlio si allontanasse da lei. «E tu, Zoe? Sei innamorata a questo punto? È lui, vero? È quel greco arrogante che ho conosciuto ieri sera.» «No. Credevo che lo fosse, ma ora non più.» «Però ha colpito a fondo, si vede. Non ha fatto altro che guardarti per tutta la sera. Ma perché allora sposa quella Tina Come-Si-Chiama?» «Perché lei possiede una compagnia di navigazione, e io ho solo una laurea in lettere. Non c'è paragone. Non mi sembravi molto a tuo agio, al decollo. Hai paura dell'atterraggio, per caso?» «Un po'» confessò lui, impallidendo. Zoe gli tenne la mano fino a quando non furono sani e salvi sulla pista. Una volta a casa, si sentì finalmente al sicuro. Sentiva di avere chiuso definitivamente una pagina della sua vita. Con il tempo, avrebbe perfino dimenticato. Quando la cena era finita, la sera prima, gli ospiti si erano recati tutti nel saloni. Lei era sempre stata vicino a Steve, pensando che quello sarebbe stato il posto più sicuro. Non voleva più parlare con Andreas, la turbava Sara Craven
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troppo. Aveva evitato perfino di guardare nella sua direzione. Ma il cuore le batteva forte non appena sentiva la sua voce. George se n'era andato abbastanza presto, e lei aveva fatto di tutto per farsi notare mentre lo accompagnava alla porta e gli dava il bacio della buonanotte. Si era ritirata nella sua stanza poco dopo, lamentando un mal di testa. Andreas l'aveva guardata ironico per quella scusa banale. Si era svegliata un paio d'ore più tardi al suono concitato delle voci di Andreas e di suo padre, che discutevano animatamente in giardino, proprio sotto la sua finestra. Il mattino seguente, Steve si era mostrato inaspettatamente conciliante quando lei gli aveva annunciato che sarebbe partita con George per prendere il volo del pomeriggio diretto a Londra. Steve aveva fatto di tutto per facilitare la partenza. Era come se, all'improvviso, si fosse reso conto che era tempo di separarsi. Zoe non aveva preso congedo da Andreas, e non sapeva come lui avesse reagito quando aveva saputo che lei era tornata a Londra. «Ha portato la mia Christina a visitare le famose Grotte d'Argento» le aveva detto Petros Mandrassis, gongolando. Zoe pensò che forse lui avrebbe provato a gridare il nome di quella, nella grotta. Il momento della separazione era stato molto commovente. Steve l'aveva abbracciata a lungo, poi le aveva tracciato una croce sulla fronte, per benedirla. «Ti scriverò, figlia mia, e ci sentiremo al telefono, nel Ci vedremo di nuovo presto. Magari non qui, ma a Roma o a Parigi.» «Sì. Io... mi piacerebbe, papà» aveva risposto con un sorriso forzato. Steve sembrava contento. Zoe era esausta quando finalmente giunse nel suo appartamento. Scavalcò un mucchio di corrispondenza, per la maggior parte pubblicità, nell'ingresso, lasciò cadere la sua valigia in un angolo e andò subito in cucina. Si preparò del tè con del latte a lunga conservazione che aveva lasciato nel frigorifero e portò la tazza in camera da letto. Si svestì e lasciò gli abiti sul pavimento. Avrebbe messo in ordine l'indomani, avrebbe sbrigato la corrispondenza e avrebbe sistemato le piante, in gran parte appassite. Ma per il momento aveva solo bisogno di stare a letto. Sara Craven
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Dopo il caldo della Grecia, le lenzuola le parvero fredde, e lei si raggomitolò. Girò un poco la testa e guardò il quadro di sua madre, mentre le tornavano in mente lo stormire della bouganvillea, il profumo dei fiori, e il rumore ininterrotto del mare. Forse quel quadro le ricordava troppo vividamente quello che era accaduto, sarebbe stato meglio rimuoverlo. Ma ci avrebbe pensato l'indomani, pensò, prima di addormentarsi. Il tè non si era ancora raffreddato abbastanza da poterlo bere. Passò i tre giorni seguenti a pulire e riordinare l'appartamento, a sbrigare la corrispondenza, a occuparsi del bucato e a fare la spesa. Il quarto giorno prese il vaso che aveva comprato a Livassi e andò a trovare Adele. La villetta di fianco, dove Zoe aveva abitato insieme a Gina, era già stata venduta, e i nuovi proprietari si erano già insediati, come dimostravano gli infissi ridipinti di recente. «Sei tornata presto» commentò Adele, mentre preparava il caffè, dopo avere debitamente apprezzato il regalo che l'amica le aveva portato. «Ti avevo detto che quelle isolette sono troppo tranquille. Saresti dovuta andare a Corfù.» «La prossima volta, magari.» «Hai ritrovato qualcuno dei luoghi di tua madre?» «Credo che sia cambiato tutto, da allora. Che mi dici della zia Megan? L'hai vista?» «No, ma al circolo di giardinaggio si lamentano tutti. Dicono che all'ultima riunione si è comportata in un modo assurdo, ha litigato con tutti.» Mentre tornava a casa, Zoe si fermò dalla zia. Suonò il campanello, bussò alla porta, ma nessuno venne ad aprire, anche se a lei parve che in casa ci fosse qualcuno. Arrivata nel proprio appartamento, compilò un assegno pari al prezzo del biglietto aereo che sua zia aveva comprato e lo mise in una busta insieme a due parole di ringraziamento. La busta tornò indietro dopo due giorni, l'assegno era stato strappato. Steve le scrisse dicendole che sentiva la sua mancanza e che aveva piovuto. Le telefonò e a lei parve che il suo tono fosse triste. Si chiese se fosse stata fissata la data per il matrimonio di Andreas, ma Steve non ne fece parola e lei non ebbe il coraggio di chiederglielo. Gli avvocati di Steve le mandarono la documentazione completa Sara Craven
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secondo cui Villa Danae ora apparteneva a lei, e Zoe rispose chiedendo loro di metterla in vendita e spiegando con cura la destinazione del denaro eventualmente ricavato. Comprò riviste di pedagogia e lesse con attenzione le offerte di impiego. Rispose a diversi annunci in molte zone del paese, e ottenne due colloqui. Fu assunta nella seconda scuola, dove il preside stava lottando per innalzare la qualità dell'insegnamento, e accettò con entusiasmo. Trovò una casa a schiera vicino alla scuola e fece la richiesta per un mutuo. Andava tutto come lei aveva progettato, ma lo viveva come da una distanza infinita. Qualcuno che parlava come lei e aveva il suo stesso aspetto stava facendo tutte quelle cose, ma lei era da parte, e osservava tutto con distacco. Iniziò il semestre autunnale e lei cominciò a lavorare. Lei e George mangiavano insieme, ogni tanto, e una volta alla settimana si trovavano dopo il lavoro per prendere un aperitivo. «Mia madre non vede tua zia Megan da un pezzo. Non la vede da quando ha fatto quella scenata perché tu eri andata a Thania» le disse Goerge, una volta. Zoe scrollò le spalle. «Nemmeno io l'ho vista. Sono stata due volte a casa sua, però non mi ha aperto. Adele mi ha detto che si è ritirata da quasi tutti i circoli di cui faceva parte. È come se volesse rinchiudersi in prigione.» «Capisco che cosa prova» commentò George, cupo. Poi aggiunse: «Ho visto che cominceranno dei corsi di ballo. Pensi che dovrei partecipare?». «Certo, George! Non hai niente da perdere, no?» rispose lei, con un sorriso pieno di affetto. Prima della fine di settembre, il clima si era fatto freddo, pioveva spesso e c'era vento. «Le previsioni per il finesettimana sono brutte» osservò l'autista dell'autobus, quando si fermò per fare scendere Zoe. Lei pensò che il finesettimana sarebbe stato brutto comunque. Aveva un carico di compiti da correggere e, a causa di quel peso, non poteva correre sotto la pioggia battente. Quando finalmente arrivò in casa, era bagnata fradicia e aveva un diavolo per capello. Si tolse l'impermeabile e accese il riscaldamento prima di sedersi a esaminare la posta. Su una busta vide un francobollo greco. La aprì subito. Sara Craven
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Era una comunicazione degli avvocati di Steve che annunciavano di avere avuto una buona offerta per Villa Danae, e che, se lei era d'accordo, avrebbero preparato subito l'atto di vendita. Zoe pensò che quella era la conclusione dell'intera vicenda. Mentre fissava nel vuoto, si augurava che la villa fosse stata comprata da qualcuno che l'avrebbe amata veramente. Si accingeva a preparare la cena, quando squillò il telefono. «Signorina Lambert? Mi scusi se la disturbo, ma sono preoccupata per sua zia, la signora Arnold. Non sapevo a chi altri rivolgermi.» «Non capisco... con chi sto parlando?» «Mi chiamo Ferris e sono la collaboratrice domestica di sua zia. Di solito mi paga di venerdì, ma stamattina non era in casa e, quando sono tornata da lei, nel pomeriggio, non mi ha aperto la porta. Sono sicura che è in casa, perché ho visto la luce accesa nel soggiorno e le tende sono aperte. Signorina Lambert, la signora Arnold è seduta su una sedia, e oscilla avanti e indietro con il busto. Ha un'espressione spaventosa. La stanza è tutta in disordine, ci sono oggetti rotti e perfino una sedia rovesciata. Mi sono spaventata davvero. Stavo per chiamare la polizia, ma poi mi sono ricordata di lei. Non credo che la signora Arnold abbia altri parenti.» «No, non ha nessuno. Chiamerò un taxi e verrò subito da lei, però non so se mi lascerà entrare. Forse sarò costretta a chiamare la polizia.» Appena arrivò a casa della zia, lei capì la preoccupazione della Ferris. La zia Megan sembrava completamente fuori di sé. Era scarmigliata, aveva lo sguardo perso nel vuoto e parlava fra sé e sé mentre oscillava ritmicamente. Tutte le porte erano chiuse. Zoe vide però che le chiavi di scorta erano all'interno della serra. Si fece coraggio e ruppe un vetro con un grosso sasso. Prese le chiavi e aprì la porta di casa. La signora Ferris la seguiva. «Potrei venire anch'io, signorina Lambert?» «No, voglio parlarle da sola, prima. Però, le sarei molto grata se volesse preparare del tè.» Si fermò sulla soglia del soggiorno, cercando di vincere l'istinto di fuggire. Poi toccò leggermente la zia sulla spalla. La zia Megan era sempre seduta, raggomitolata, e parlava a bassa voce. Zoe evitò cocci di porcellana e carta strappata e si inginocchiò accanto alla zia. Ai suoi piedi c'erano un quotidiano accartocciato e un album di fotografie. Sara Craven
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«Zia Megan, sono Zoe. Che è successo? Chi ha combinato questo disastro?» le chiese, con dolcezza. La donna la guardò. «Disastro... sì, disastro. Sono passati tanti anni... e nessuno ha rimediato... ora è troppo tardi...» «Non capisco, zia. Per favore, dimmi che cosa è successo. Ti voglio aiutare.» «Nessuno... nessuno mi può aiutare. Perché ormai se ne sono andati tutti. Io credevo... un giorno sarei tornata. Lo avrei visto un'ultima volta. Ma invece lo ha visto la ragazza, e io ho capito che gli ha detto che io avevo mentito. E allora lui non avrebbe voluto più vedermi. Io non potevo sopportarlo, perché io ho sempre pensato che prima o poi sarei stata capace di dirgli... di dirgli quello che provavo. Volevo che mi guardasse come guardava lei. E ora è troppo tardi. È troppo tardi» disse, mentre grosse lacrime le scorrevano sul viso. «Zia Megan, stai parlando di Steve Dragos?» «Stephanos!» gridò la donna, in tono di rimprovero. Ma subito riprese il tono mesto di poco prima. «Che bel nome. E anche lui era bellissimo, sembrava un dio greco. Mi ero fatta male alla caviglia, sai, e lui mi ha presa in braccio. In quel momento, ho capito che avrei voluto rimanere così per il resto della mia vita. Ma Stephanos non mi ha più nemmeno sfiorata.» Guardò Zoe con occhi duri. «È stata colpa sua! È arrivata lei, e tutto è cambiato. Lui era sempre gentile con me, ma aveva occhi solo per lei. E lei lo ha lasciato, perché era sposato e sua moglie non voleva divorziare. Io non lo avrei mai lasciato. Sarei rimasta per sempre con lui, se me lo avesse chiesto. Non me ne sarebbe importato. Perché non me lo ha chiesto? Perché non ha voluto me, invece di lei?» gridò, torcendosi le mani. «E poi lei mi ha detto che sarebbe tornata da lui, perché aspettava suo figlio. E io li ho immaginati insieme, con il loro bambino, e non ho potuto sopportarlo. Allora ho riso e le ho detto: "Allora siamo in due". Le ho detto che era venuto a letto con me per tutto il tempo in cui era stato con lei. Che una donna sola non sarebbe mai stata abbastanza, per lui.» «E lei... ti ha creduto?» chiese Zoe. «Ero sua sorella, la sua sorella maggiore che si prendeva cura di lei. E quello era un uomo ricco, che tradiva la moglie. Sapeva che aveva avuto altre amanti, prima di lei. Credo che dentro di sé avesse paura che lui continuasse a fare il donnaiolo, anche se diceva di amarla. Io avevo avuto Sara Craven
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una malattia intestinale, ma le ho fatto credere che vomitavo perché ero incinta. Sì, lei mi ha creduto perché non ho fatto altro che confermare tutti i suoi dubbi. Mi ricordo, ha detto: "Ci devo pensare" e se n'è andata, è corsa in strada, dove un'auto l'ha investita. Non ha avuto gravi danni, solo escoriazioni e lividi, però ha perso il bambino. Il bambino di Stephanos.» «Vuoi dire... che mia madre ha perso il bambino?» chiese Zoe, senza fiato. «Era debole, ha lasciato morire il suo bambino. Se fosse stata forte come me, una sciocchezza come quella non avrebbe avuto conseguenze. Io gli avrei dato dei figli. Non mi sarebbe importato se fossero stati illegittimi. Ma a lei importava. Gina faceva sempre la moralista. Diceva che sarebbe stata punita, per quello. Allora l'ho punita io.» Zoe si sentì gelare il sangue. «Che cosa ha detto, quando ha capito che tu non eri incinta?» «Le ho detto che mi ero sbagliata, ma la prossima volta sarei andata a colpo sicuro. Ha creduto anche a questo. Ha creduto che lui desiderasse me e non lei. Ne fece una malattia. Smise di leggere le sue lettere, anche se lui continuava a scriverle. A me non ha mai scritto nemmeno una parola, solo a lei. Ma facevo finta di ricevere anch'io delle lettere. Lei se n'è andata di casa, si è trovata un lavoro e ha incontrato uno. Sapeva che si poteva fidare di lui, e si è accontentata. Poi sei nata tu. La perfetta famigliola felice, e io la odiavo, per questo. Sono tornata a Thania. Ho visto Stephanos a casa sua. Gli ho detto che lo avevo sempre amato, e che avrei fatto qualunque cosa per lui. Mi sono perfino messa in ginocchio. Ma lui non mi ha dato retta. Credo che non abbia nemmeno capito quello che gli dicevo. Voleva solo sue notizie. E del suo bambino. Prima volevo dirgli che lo aveva perso, perché volevo farlo soffrire come lui stava facendo soffrire me. Poi ho pensato che avrebbe sofferto molto di più se avesse pensato di avere un figlio che non avrebbe mai visto. Allora gli ho detto che Gina aveva avuto una bambina e che aveva sposato un altro, per dare un nome a sua figlia. Gli ho detto che Gina non voleva più vederlo.» «Come hai potuto? Come hai potuto dire tante bugie, rovinare la vita di così tante persone?» «Io lo avevo visto per prima, e lui avrebbe dovuto volere me, non lei. Tutti volevano solo lei. Perfino quando mi sono sposata, mio marito la adorava. E ora lui è morto, e anche lei. E anche il mio Stephanos.» «Che stai dicendo?» «E' morto, all'improvviso. Un attacco di cuore. L'ho letto sul giornale. Sara Craven
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Sulla pagina finanziaria. Stavo guardando il listino di Borsa, e l'ho visto. L'ho perso per sempre.» Zoe spiegò il giornale con mani tremanti. Lo trovò quasi subito. Era un articolo piuttosto lungo, che cominciava con il funerale, che si era svolto ad Atene meno di quarantotto ore dopo la morte di Dragos. Venivano elencati i suoi meriti di imprenditore e di benefattore. Poi si diceva che il figlio Andreas avrebbe assunto il controllo dell'azienda. Si sottolineava anche l'imminente fusione con la compagnia di navigazione Mandrassis. Mentre sfogliava il giornale, le capitò sott'occhio una foto di Andreas. Nella colonna di cronaca mondana c'era un breve articolo che parlava del nuovo capo della compagnia di navigazione Dragos. Amante della vita mondana, Andreas Dragos abbandona il ruolo di playboy. Il suo imminente matrimonio contribuirà a fare dimenticare il suo passato di seduttore. In quel momento, si aprì la porta e la signora Ferris entrò con un vassoio. «Ha rotto anche il bollitore, ho dovuto usare un pentolino. Sta bene? Che cosa è successo» chiese la donna. Zoe guardò la zia, ora immobile. «Ha avuto una crisi di nervi.» Arrivò il medico e poi anche l'ambulanza. La zia Megan fu portata in una clinica privata. Zoe pagò la signora Ferris e sistemò un po' l'appartamento. Poi sedette e lesse di nuovo i due articoli. Avrei voluto che qualcuno me lo dicesse, invece di saperlo in questo modo. Era successo tutto molto rapidamente. Anche se Zoe avesse saputo subito della morte di Steve, forse non avrebbe fatto in tempo lo stesso a partecipare al funerale. Ma forse non avrebbe avuto nemmeno il diritto di prendervi parte, data la situazione. Di certo la sua presenza non avrebbe fatto piacere a Christina Mandrassis. Inoltre, i giornalisti si sarebbero certo chiesti chi fosse la sconosciuta inglese e, se la storia fosse venuta a galla, Andreas l'avrebbe di sicuro tenuta a distanza. Al suo posto, Zoe avrebbe fatto lo stesso. A quanto sembrava, il suo istinto l'aveva guidata nella giusta direzione fin dall'inizio. Steve Dragos le era piaciuto, e con il tempo probabilmente gli avrebbe anche voluto bene. Ma in fondo al suo cuore aveva sempre Sara Craven
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saputo che lui non era suo padre. Ripiegò con cura il giornale e lo ripose tra le pagine dell'album di fotografie. C'erano immagini dell'infanzia e del periodo della scuola, e moltissime foto di Gina. Gina in bicicletta, Gina al mare, Gina arrampicata su un albero. Appariva sempre felice. Aveva lo sguardo di una bambina che si fida della vita, pensò Zoe. Una bambina che non avrebbe mai pensato che sua sorella, che aveva raccolto tutte quelle immagini, avrebbe potuto mai tradirla. Sfogliò lentamente le pagine fino a quando giunse alle foto scattate durante quella fatale vacanza a Thania. Notò con un moto di ironia che sua zia aveva classificato con molta cura quelle immagini, segnando su ognuna il luogo e la data. Se avessi saputo la data di quella vacanza, avrei avuto subito la prova che io non ero figlia di Steve Dragos. Io sono nata un anno e mezzo più tardi. Avrei potuto amare Andreas. Invece, ora lui sposerà un'altra per mero interesse, e saremo infelici tutti e due. Ripose l'album e uscì a cercare del cartone per tappare il buco lasciato dal vetro rotto nella serra. Poi chiamò un altro taxi e tornò nel suo appartamento. Sembrava passato un secolo da quando era stata intenta a prepararsi la cena, pensò, mentre saliva le scale. Quando accese a tentoni la luce del pianerottolo, si accorse che qualcuno la stava aspettando. Lei lanciò un grido mentre Andreas le si avvicinava. Sembrava stanco e affaticato, ma aveva il suo solito sorriso caldo mentre la abbracciava. «matia mou.» Lei momorò qualcosa di inintelligibile, forse il nome di lui, e si gettò fra le sue braccia. Andreas la accolse e la baciò con passione. Le aprì l'impermeabile umido e le accarezzò il seno. Zoe gemette. «Dammi la chiave, agapi mou, oppure ti prendo qui!» In qualche modo riuscirono ad aprire ed entrarono mentre si svestivano con gesti frenetici. Poi Andreas la fece sdraiare sul divano e le si inginocchiò accanto, coprendola di baci. Intanto Zoe lo accarezzava. Fecero l'amore con una passione incontrollabile, come lei non avrebbe mai immaginato fosse possibile. Sara Craven
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Quando si furono calmati, Zoe lo condusse verso il letto e lo tenne fra le braccia mentre dormiva. Poi si addormentò anche lei, e Andreas la baciò con dei baci lievi. Fecero l'amore di nuovo, stavolta con gesti lenti e languidi. Finalmente parlarono, perché c'erano molte cose da chiarire fra di loro. «Quando hai capito che non eravamo fratello e sorella?» gli chiese Zoe. «L'ho scoperto solo quando tu hai cominciato le pratiche per vendere Villa Danae. Gli avvocati mi hanno mostrato il tuo certificato di nascita. Io sapevo in che periodo tua madre era stata a Thania, e le date non coincidevano.» «Perché non hai detto niente? Perché mi hai lasciato credere che tutto fosse perduto?» Lui la strinse a sé. «L'ho fatto per amore di mio padre. Voleva credere a tutti i costi che tu fossi sua figlia, matia mou. Tu eri la meravigliosa ragazza che lui aveva aspettato per tutti quegli anni. Per questa ragione ha rifiutato di sottoporsi agli esami per stabilire la paternità, che i suoi avvocati gli avevano consigliato. Non ammetteva la possibilità di essersi sbagliato. Tu eri la figlia della sua adorata Gina, e quindi eri anche sua. Io... io non potevo togliergli tutto questo. I dottori mi avevano già detto che avrebbe potuto avere un altro attacco di cuore, e che quella volta sarebbe stato certamente fatale. Io volevo che fosse felice per il tempo che gli restava da vivere. E lo è stato, mia adorata ragazza. Ti pensava, parlava spesso di te. Non puoi condannarmi per averlo reso felice.» «No. Capisco tutto e sono felice. Mi ricordo come mi ha salutata. Credo che avesse già capito che non gli restava molto da vivere. Mi spiace non essere venuta al suo funerale.» «Non sarebbe stata una bella esperienza, per te. I funerali da noi sono molto commoventi. Io stesso ho dovuto farmi coraggio per sopportare tutte quelle zie e quelle cugine che piangevano a dirotto e gridavano. Ho fatto seppellire con lui la lettera di tua madre» aggiunse, dopo un istante. «Grazie. Credo che sia stata quella lettera a convincerlo che io fossi sua figlia, oltre alle menzogne della zia Megan, naturalmente.» «Quella brutta strega. Avrebbe potuto farti del male. Non avresti dovuto affrontarla da sola, pedhi mou.» «Avrei voluto detestarla, ma alla fine non ci sono riuscita. Era solo una donna triste e senza speranza. Mi ha fatto capire quanto l'amore sia pericoloso, quando diventa così... contorto.» «Be', ora sai anche quanto può essere bello» mormorò Andreas. Sara Craven
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«Sì» rispose lei, stringendosi a lui. «Abbi pietà, Zoe mou, altrimenti non sopravvivrò fino al nostro matrimonio.» «Mi vuoi sposare? Ma come...?» «Nel modo usuale, direi. Con il prete e la chiesa. E anche il più presto possibile.» «Andreas... tu non devi sentirti obbligato a sposarmi.» «Che sciocchezza è questa?» «Tu sei fidanzato con Tina Mandrassis. La fusione tra le vostre compagnie dipende da questo matrimonio. Io... io me ne rendo conto. Per questo ho pensato a Villa Danae. Mia madre non ci ha mai abitato, ma io potrei, se tu volessi. Sarò tua per tutto il tempo che mi vorrai.» «Tu stai per vendere Villa Danae, matia mou, e il nuovo proprietario potrebbe non approvare una cosa così immorale in casa sua.» «E tu come fai a saperlo? Lo conosci?» «Da sempre.» «Sei tu! Tu hai comprato Villa Danae! Perché lo hai fatto?» «Per poterci vivere insieme a te. Quella casa ha bisogno di abitanti, di bambini che la riportino in vita. Penso che noi potremmo farlo. Propongo piuttosto di vendere la villa di mio padre. Non ho bei ricordi, là.» «Ma che ne sarà della fusione?» «In questo momento mi interessa un altro tipo di fusione» rispose lui, accarezzandole il seno. «Caro, sii serio.» «Credi che io non lo sia? Ma tu continuerai a insistere con questa storia della fusione. Allora lascia che ti dica che cosa ho detto a mio padre. Gli ho detto che mi sposerò soltanto per amore, e io non amo e non potrò mai amare Tina Mandrassis. L'unica volta che ho preso in considerazione l'ipotesi di un matrimonio d'interesse è stato quando ho creduto che non avrei mai potuto averti. Ero davvero distrutto, e credevo che nulla avesse importanza a questo mondo. Però, anche in quelle condizioni, non sono riuscito a rassegnarmi a un matrimonio di convenienza. Allora ho deciso che non mi sarei mai sposato.» «Avresti condotto vita monacale?» gli chiese Zoe, sorniona. «Ci avrei provato. Ma non credo che questa soluzione sia adatta per tutti e due, mia adorata. In quanto alla fusione, Mandrassis ne ha più bisogno di me, e credo che lui lo accetterà anche se io non diventerò suo genero. E non preoccuparti troppo per la bella Tina. Ha ereditato una somma ingente da sua madre, quindi non le mancheranno i pretendenti.» Sara Craven
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«Io non ho nulla da darti» osservò lei, mesta. «Questo lo credi tu, matia mou. Dovrò rinfrescarti la memoria.» «Mi ricordo perfettamente, grazie. Non credevo che fosse possibile essere così felice!» Andreas la baciò teneramente. «Questo è solo l'inizio, amore mio, mia sposa.» FINE
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