Angela Devine
L'Ora Del Tramonto Wife for a Night © 1991 Periodico bisettimanale N. 1121 del 29/10/1996 Prima edizione ...
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Angela Devine
L'Ora Del Tramonto Wife for a Night © 1991 Periodico bisettimanale N. 1121 del 29/10/1996 Prima edizione Harmony Serie Jolly ottobre 1996
1 «Aiuto! Aiuto!» gridò Kate con tutta la forza che aveva e agitò disperatamente la torcia verso la macchina bianca che stava scendendo lungo la strada di montagna nella scarsa luce del tramonto. Signore, fa' che si fermi. Ti prego, fa' che si fermi, pregò fra sé disperata. Ormai in preda al panico, stringeva convulsamente la torcia. Aveva ventisei anni ed era dotata di solito di sangue freddo, ma non le era mai capitato di trovarsi nel bel mezzo di un terremoto. Il suo lavoro di fotografa l'aveva qualche volta portata in luoghi quasi inaccessibili, impervi e pericolosi. Nulla a che vedere, comunque, con l'esperienza drammatica che stava vivendo. Era caduta lungo il fianco di una montagna, mentre il terreno sotto i piedi si faceva sempre più simile a gelatina e pietre rotolavano intorno... E poi aveva raggiunto faticosamente l'auto presa a noleggio e l'aveva trovata distrutta. Da più di un'ora Kate era seduta lì, sforzandosi di reprimere il terrore di un'altra scossa. Un supplizio. «Aiuto!» gridò ancora agitando di nuovo la torcia. Tirò un sospiro di sollievo quando l'auto si fermò bruscamente. S'impose di non piangere vedendola ripartire altrettanto improvvisamente e scomparire alla vista. Lasciò cadere a terra la borsa delle macchine fotografiche e, arrancando sulle pietre sconnesse, corse sino alla curva della strada. Intorno a lei, il panorama tipico di quella regione solitaria e selvaggia che era l'Halkidiki, nella Grecia settentrionale: un pallido nastro d'asfalto che si srotolava sino a valle in una serie di curve a gomito, un fiume che tagliava in due la vallata, alti pini dietro i quali rosseggiava ancora il sole. E nessun segno di vita. La macchina era scomparsa, come se non fosse mai esistita. «Accidenti. Mi toccherà passare la notte all'addiaccio. Oh, perché questi Angela Devine
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guai succedono sempre e solo a me?» mormorò Kate fra i denti. Ritornò verso la sua auto e la illuminò meglio con la torcia. L'aspetto era poco rassicurante: una grossa pietra aveva sfondato il parabrezza seminando frammenti di vetro sui sedili anteriori e un'altra aveva piegato il tetto. Sarebbe stato meglio rifugiarsi nell'auto o passare la notte all'aperto? Tirò fuori una coperta di lana e si fermò incerta. Se ci fosse stata una altra scossa, che cosa sarebbe stato peggio? «Vorrei che la terra si aprisse e ingoiasse quel maleducato senza cuore della macchina bianca!» esclamò Kate appassionatamente. «Davvero scortese da parte sua!» le fece eco una voce profonda in tono sommessamente divertito. Aveva parlato in inglese, ma con marcato accento greco. Kate si girò di scatto e vide avvicinarsi una figura. Puntò la torcia verso l'alto, illuminando il volto dell'uomo. Doveva avere circa trentacinque anni e, pur non essendo bello nel senso comune del termine, era certamente d'aspetto interessante. Lucidi capelli scuri ricadevano in onde su lineamenti che Kate aveva visto mille volte dipinti sui vasi greci. Gli occhi erano di un caldo castano, il naso corto e diritto, le labbra piene e sensuali serrate nel tentativo di non sorridere. Il fisico forte e muscoloso vestiva con naturale eleganza pantaloni grigi e una camicia bianca con il colletto aperto. Nonostante l'abbigliamento casual, qualcosa in quello sconosciuto suggeriva ricchezza, potere e sicurezza. Forse perché dava l'impressione di avere tutto perfettamente sotto controllo, pensò Kate. «Perché se n'era andato?» chiese mentre il sollievo cominciava ad allentare la tensione che la pervadeva. «Non me n'ero andato» rispose lui, sempre in quel tono vagamente divertito. «È stata una ritirata strategica. Ho pensato che fosse meglio parcheggiare l'auto sotto un riparo, nel caso di un'altra scossa. Sa, queste faccende sono abbastanza imprevedibili. Potrebbe succedere in qualsiasi momento.» Un nuovo brivido corse lungo la schiena di Kate, che mormorò fra i denti: «Lo so». «È infreddolita e spaventata» continuò lui con aria improvvisamente preoccupata. «Venga, prendiamo le sue cose e andiamo alla mia auto. Con un po' di fortuna dovremmo riuscire a raggiungere il prossimo villaggio. Altrimenti, la mia macchina sarà comunque più comoda della sua per Angela Devine
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dormire.» Il che era senz'altro vero, dovette riconoscere Kate appena raggiunsero l'automobile bianca. Quando il suo soccorritore sconosciuto aprì la portiera, infatti, lei si trovò dinanzi un interno così lussuoso che non poté fare a meno di rimanere a bocca aperta. Su uno dei sedili in pelle marrone era gettato con noncuranza un telefono cellulare di fianco al quale stavano una cartella nera e una valigetta ventiquattrore firmata Louis Vuitton. Improvvisamente Kate realizzò con imbarazzo quanto fossero malconce la sua borsa col materiale fotografico e la sua sacca, che pendevano dalle mani di lui. Fu sollevata quando, messe al riparo nel bagagliaio, scomparvero dalla vista. Non c'era confronto. «Ora si sieda in macchina» disse l'uomo soddisfatto. «Metta pure via la torcia. Penso che la coperta farebbe bene a tenersela addosso, invece. Le medico quel taglio sulla fronte e poi potremo andare.» «Taglio?» domandò Kate senza capire. «Sulla tempia. Non se n'era accorta?» «No, in effetti» rispose lei stordita. Dopo avere tirato fuori una cassetta di pronto soccorso, con mani ferme e rassicuranti lo sconosciuto le medicò la ferita. Kate si sentì pervasa da ondate di calore mentre si stringeva addosso la coperta e si lasciava andare contro lo schienale del sedile godendosi la sensazione di essere salva e in mani premurose. Non si meravigliò neppure quando lui tirò fuori un thermos e le versò una tazza di caffè turco. «Grazie» gli disse. «Lei è veramente una persona incredibile, signor...» «Andronikos. Philip Andronikos. E lei come si chiama?» «Katherine Walsh. Ma di solito mi chiamano Kate.» «Kate?» ripeté lui con una smorfia disgustata. «È un soprannome molto banale, per nulla adatto a una bellissima ragazza. Io la chiamerò Katarina.» Lei si passò una mano fra i capelli e rise piano. «Ho detto qualcosa di divertente?» «Scusi. E solo perché mi ha definita una bellissima ragazza. Mi sento proprio uno sfacelo. Sono caduta almeno una dozzina di volte scendendo dalla montagna, i miei jeans sono strappati e la mia camicia è...» «Ah, sì. I suoi vestiti sono terribili, gliel'assicuro, e dovevano essere spaventosi anche prima che li rovinasse. Ma quell'ovale del viso, gli occhi verde smeraldo e i capelli rossi... Rimango del mio parere, signorina Walsh. È una gran bella ragazza.» Angela Devine
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Kate sospirò. Di colpo si sentiva a disagio. «Che cos'altro dovrei indossare in montagna se non jeans e camicia?» Il commento sul suo modo di vestire l'aveva davvero indispettita. «Ah, voi inglesi!» esclamò Philip. «Perché non potete semplicemente accettare un complimento? Le dico quanto è bella e lei si lamenta perché non mi piacciono i suoi vestiti.» «Non sono inglese» ribatté Kate. «Sono australiana.» «Bene, australiana dunque. Ebbene, per porre fine alla polemica arriverò ad ammettere che i suoi vestiti sono assolutamente perfetti per aggirarsi su una montagna solitaria. Ma, innanzi tutto, che cosa diavolo ci faceva lassù?» «Fotografie» rispose Kate. «E lei che cosa stava facendo qui?» «Mi occupo di sviluppo alberghiero. Stavo tornando al mio nuovo hotel a Sithonia e avevo deciso di percorrere la strada panoramica, per sua fortuna.» «Già» ammise Kate riluttante. Bevve un sorso di caffè e gli elargì un sorriso. «Non posso dirle quanto mi abbia fatto piacere vederla scendere dalla collina, signor Andronikos. Per un momento avevo veramente pensato che...» Non riuscì a continuare. Un bagliore di simpatia brillò nello sguardo di Andronikos e, con una mano abbronzata, lui le accarezzò i capelli. «Sei in salvo ora, Katarina» disse dolcemente. «Sì, date le circostanze penso che possiamo eliminare le formalità. Il mio nome è Philip, va bene?» «D'accordo» concordò lei un po' rincuorata. «Allora finisci il tuo caffè, poi partiremo. Dov'eri diretta prima del terremoto?» «A Nyssa. È un villaggio a circa ottanta chilometri da qui. Lo conosci?» «Sì. Dubito che riusciremo ad arrivare così lontano, ma almeno possiamo provarci. Dovrò andare molto piano. Sono stato in contatto telefonico con il mio segretario dall'inizio del terremoto e mi ha dato tutte le informazioni che poteva. La strada da qui a Pirgadikia dovrebbe essere abbastanza sgombra. Adesso raccontami di queste foto. Sei una professionista, vero?» «Sì. Come fai a saperlo?» «Mia cara, è ovvio. Porti con te materiale fotografico per almeno duecentomila dracme. Il resto del tuo bagaglio non vale un decimo di Angela Devine
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quella cifra. Quindi o sei completamente pazza quando spendi i tuoi soldi o sei una fotografa professionista. Allora, che cosa stavi fotografando? Panorami?» «No. Stavo riprendendo un luogo archeologico per qualcuno con cui abito. Un archeologo che ho incontrato alcune settimane fa in Turchia. Il dottor Charlie Lucas, capo della squadra impegnata negli scavi a Nyssa.» «Una domenica pomeriggio tardi, da sola, in una zona sperduta? Non sai che ci sono lupi su queste montagne? Per non parlare del pericolo di un incidente o che un uomo ti sorprenda, indifesa e vulnerabile... Ma suppongo che questo non ti preoccupi, dato che sei pronta a stare con un tizio che hai conosciuto solo alcune settimane fa. Comunque, che cosa stava facendo questo tuo dottor Lucas per non poterti accompagnare?» domandò Philip inarcando le sopracciglia, la voce inasprita dalla disapprovazione. «Ti rispondo subito. Stava facendo il bucato. Lei, non lui. Charlotte Elizabeth Lucas, detta Charlie. Spera di poter effettuare scavi qui sul Monte Panagia l'estate prossima e mi ha chiesto di fare alcune foto preliminari del luogo. Al momento, come ti ho detto, è impegnata negli scavi vicino a Nyssa e io sono stata con lei durante le ultime due settimane. Anche se non vedo perché dovrebbe essere affar tuo con chi io abiti!» «Mm...» fece Philip sospettoso. «Ma anche se fosse stato un uomo, avresti abitato con lui ugualmente, non è vero?» «Può darsi» confermò Kate. «Se mi avesse offerto un lavoro e se mi fossi fidata di lui. Perché no?» «Il tuo onore ne sarebbe rimasto compromesso, te ne rendi conto?» rispose Philip con schiettezza. Incredula, Kate quasi soffocava per l'irrefrenabile risata con cui reagì a quell'osservazione. «Lo pensi davvero, non è così?» gli chiese quando si fu ripresa. «Certo. Comunque non voglio polemizzare con te» riprese Philip in tono benevolo. «Dimmi delle tue foto. Perché non potevi farle durante la settimana?» «Oggi c'era proprio la luce giusta» rispose Kate, lieta che avessero cambiato argomento. «Sei una perfezionista, Katarina?» domandò Philip, mentre una nota di divertimento tornava a vibrargli nella voce. «Direi di sì.» Angela Devine
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«E ti occupi solo di fotografia archeologica o fai anche altri lavori?» «Faccio di tutto» rispose lei. «Sto tentando di diventare libera professionista, quindi accetto qualunque lavoro disponibile. Cataloghi commerciali, fotogiornalismo, qualsiasi incarico. Ma quello che preferisco è la fotografia artistica. Panorami, studi di luce e ombra, immagini che trovo evocative.» «E perché in Grecia? Non potevi fare la fotografa in Australia?» «Avevo provato a sistemarmi in Australia.» Kate si mordicchiò le labbra pensosamente. «Avevo un lavoro come operatrice video in una stazione televisiva di Sydney, ma dopo tre anni sono stata licenziata. All'inizio ero talmente sconvolta che non sapevo da che parte girarmi.» «La tua famiglia non poteva aiutarti?» domandò Philip. «In effetti ci hanno provato» dovette ammettere lei. «Mio padre, che è avvocato, mi aveva invitato a tornare nella cittadina di campagna dove loro vivono e a lavorare come segretaria per lui, ma non potevo sopportare l'idea di accettare il loro aiuto. Hanno sempre osteggiato la mia aspirazione di diventare fotografa. Così ho prelevato tutti i miei risparmi e sono venuta in Europa.» «Si potrebbe definirla una mossa un po' affrettata» commentò critico Philip. «A volte bisogna rischiare, se la posta in gioco è alta.» Kate sollevò il mento, lo sguardo acceso. I lineamenti duri di Philip si rilassarono in un sorriso. «Devo riconoscere che sei il mio tipo di donna» sottolineò con ammirazione. «Anche se sei straniera.» «Hai qualcosa contro gli stranieri?» indagò Kate, più battagliera che mai. Era una sfida? «Non approvo i loro costumi morali» rispose lui quasi parlando a se stesso. «Ho abitato tre anni in Inghilterra e sono rimasto scioccato dal modo in cui i giovani si buttano in relazioni occasionali. Soprattutto le ragazze. Non si vogliono impegnare, non si capisce mai cosa pensino. Secondo me, tutto questo parlare di libertà non porta ad altro che autoindulgenza per gli uomini e sofferenza per le donne.» Kate era già pronta a ribattere con veemenza, ma si morse le labbra e rimase in silenzio. Francamente, il discorso di Philip l'aveva colpita. Di sicuro la sua breve e disastrosa storia d'amore con un famoso giornalista inglese, Leon Clark, si adattava abbastanza bene a quella descrizione. Angela Devine
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Autoindulgenza per Leon, sofferenza per lei. Kate voltò la testa e prese a fissare l'oscurità che li circondava. Lui allungò una mano e le strinse le dita nelle sue. «Mi dispiace, non intendevo offenderti» disse con franchezza, lo sguardo fisso sulla strada buia. Kate rimase in silenzio, commossa e confortata da quella stretta di mano. Le venne l'improvviso impulso di confidarsi con Philip e chiedergli come comportarsi. Doveva tornare a casa adesso, finché aveva ancora qualche soldo da parte per le emergenze, oppure aspettare che le sue magre sostanze si prosciugassero completamente? C'era qualcosa in Philip che la spingeva a dividere con lui il peso dei suoi problemi, ma l'orgoglio ebbe la meglio. Per oggi ho già fatto abbastanza la figura dell'incapace, concluse Kate. No, non c'era proprio bisogno che si mettesse a raccontargli tutta la sua storia e quanto fosse difficile aprirsi una strada nel campo della fotografia professionale. La mano di Philip ritornò improvvisamente sul volante, come se fosse stata punta. «Non dici niente, Katarina. Non condividi la mia idea sui comportamenti degli stranieri?» Lei esitò. Non aveva molto senso piangere sulla spalla di Philip per come Leon l'aveva trattata. Era più semplice fargli credere di essere offesa e lasciare perdere. «Sì» ribatté infine. «Non posso dire che sia stato un piacere prima essere terrorizzata dal terremoto e poi subire una tua lezione morale.» «È solo che ho la mentalità tradizionale dell'uomo greco» spiegò lui. «Siamo molto protettivi verso le nostre donne. Sarebbe stato inconcepibile per una donna greca trovarsi da sola in una situazione pericolosa come quella in cui ti sei cacciata tu oggi.» Le labbra di Kate tremarono. «Almeno per stasera credo che troverò molto piacevole essere trattata da donna greca. In questo momento non desidero altro che non pensare a niente e lasciare tutto nelle tue mani.» Le dita di Philip le rialzarono la coperta sotto il mento. Poi le accarezzarono il viso con delicatezza. «E allora fallo» la esortò lui. «Hai passato momenti molto brutti. Perché non ti riposi un po' e mi lasci risolvere i problemi da qui in avanti?» Kate non sapeva quanto avesse dormito, ma al risveglio si rese Angela Devine
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vagamente conto dell'abbaiare di un cane e di una stretta viuzza illuminata, fiancheggiata da casette bianche. Guardandosi intorno, si accorse che Philip era sparito. Fu di nuovo assalita dal panico, ma poi lo vide uscire da un portoncino e dirigersi verso di lei. Un cartello sulla porta diceva: Affittasi camere. Allora tutto fu chiaro. «Bene, ti sei svegliata» disse Philip. «Siamo ad Ayia Sofia. Mi dispiace, ma per stasera non si può andare oltre, la strada più avanti è bloccata. Comunque ho trovato un posto dove dormire; è abbastanza spartano, ma pulito. C'è solo un problema.» «Quale?» «Hanno una sola stanza libera.» Fece questo annuncio con tale gravità che Kate quasi scoppiò a ridere di nuovo. «Onestamente, Philip» dichiarò, «pensavo che stessi per dirmi che stava arrivando una nuova scossa di terremoto. Non ho problemi a condividere una stanza con te. Non è la prima volta che mi succede di dormire nella stessa camera con un uomo durante un viaggio. Non mi dà alcun fastidio.» «Avrei preferito il contrario» replicò lui, il volto indurito, in tono di disapprovazione. «Non mi piace l'idea che tu condivida camere con uomini così facilmente. Come ti ho già detto, qui abbiamo altri usi. Voi turisti invece venite qui e dormite con gente che conoscete appena. Be', mi dispiace, ma non posso fingere di approvarlo.» «Ehi, aspetta un momento!» esclamò con fervore Kate. «Quando parlavo di condividere una stanza, non mi riferivo al letto. Immagino che tu non sia mai stato giovane e povero, ma l'autostop e gli ostelli sono il solo modo in cui molta gente può permettersi di viaggiare.» «Forse» rispose Philip scettico, «ma non mi piace. Comunque, per stasera non abbiamo scelta. Ho detto alla padrona di casa che sei mia moglie e quindi sarai trattata con molto rispetto. Inutile aggiungere che il tuo onore sarà al sicuro.» La aiutò a scendere dall'auto e le loro dita si sfiorarono. Mentre una sottile tensione sensuale la attraversava, una domanda balenò inesorabile nella mente di Kate. Chissà come sarebbe stato essere davvero la moglie di Philip Andronikos... Senza dubbio lui si sarebbe rivelato un marito protettivo e attento. Ma anche arrogante e terribilmente geloso? Tutto sommato, realizzò Kate, l'idea non le pareva disgustosa quanto si sarebbe aspettata. Anzi, una strana eccitazione le attraversò le vene facendola Angela Devine
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rabbrividire. «Hai freddo.» Philip le avvolse più strettamente la coperta sulle spalle. «Comincia a entrare, mentre prendo i bagagli.» Kate deglutì nervosamente, mentre la padrona di casa le mostrava orgogliosa la stanza dove campeggiava un solo piccolo letto matrimoniale. Di colpo non si sentiva più tanto disinibita e pronta a dividere il letto con Philip Andronikos. Era meglio che uno di loro dormisse sul pavimento. «Va bene?» domandò l'affittacamere, che aveva colto il suo sguardo pensieroso. «Sì, sì. Va bene» confermò Kate sorridendo. «È perfetta.» O almeno, concluse fra sé, lo sarebbe stata se loro due fossero davvero stati sposati o pazzamente innamorati. Poi, notando il pavimento in durissimi piastrelloni, stabilì di non poter pretendere che vi dormisse Philip. Ci dormirò io, decise. «Che cosa diavolo stai facendo?» esclamò una voce familiare alle sue spalle, mentre Kate era china a preparare un giaciglio per terra. «Come vedi, stavo rimediando un altro letto.» «Io non dormo sul pavimento» disse Philip a voce bassa dopo una mezza risata. «No, non tu. Il letto è per me. Ma... che cosa fai?» Senza una parola, Philip aveva cominciato a rimettere tutto in ordine. Poi le si rivolse sorridendo: «Adesso andiamo a cena. Ma forse prima vuoi darti una rinfrescata?». «Perché hai scombinato il letto che avevo appena preparato? Perché l'hai fatto?» Philip la guardò con ammirazione, ma non disse nulla. Un sorriso gli illuminò lentamente il volto mentre, fischiettando, iniziava a disfare i bagagli. Furiosa di essere ignorata e contraddetta, Kate afferrò di nuovo il cuscino che prima aveva messo per terra. Incredula e arrabbiata, si sentì trattenere per un braccio. «Che cosa pensi di fare, Katarina?» La voce di Philip adesso era bassa e minacciosa. «Il mio letto» gli rispose fra i denti. «No. Tu dormi con me.» «Non avevi detto che il mio onore sarebbe stato al sicuro con te?» replicò lei in tono di sfida, mentre brividi freddi di panico e di eccitazione Angela Devine
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si rincorrevano lungo la sua schiena. «E supponiamo che invece corra dei rischi?» la provocò lui. Kate rimase senza parole, travolta da sensazioni violente e opposte. Sorpresa, senso d'oltraggio ed eccitante aspettativa le facevano battere il cuore a ritmo vorticoso. A dire il vero, su di ogni altra emozione prevaleva l'impellente necessità di aprire le braccia a Philip e lasciare che la stringesse. Si vergognò di quei pensieri. Già, si stava proprio comportando come quelle turiste che lui aveva nominato con disprezzo. Dopotutto, si erano appena incontrati. Non sapeva nulla di Philip Andronikos. «Non lo faresti» mormorò con voce tremante appena riuscì a recuperare un po' di fiato. Lui le prese il cuscino dalle mani e lo rimise a posto sul letto. Poi la strinse in un abbraccio caldo e rassicurante, anche se composto. «No, non lo farei» disse bruscamente, «ma supponiamo che decidessi il contrario. Come potresti difenderti da me, laggiù sul tuo giaciglio di pietra? Se volessi possederti, ci riuscirei senza problemi.» Kate rimase in silenzio, assordata dall'eco dei battiti martellanti del proprio cuore, confusa dal caldo profumo del dopobarba di lui, travolta dal desiderio che la invadeva in ogni fibra. Philip la strinse più forte. «Non credi anche tu?» insistette. «Sì» mormorò lei. Sapeva che presto l'avrebbe baciata. Fu così sconvolgente da toglierle il fiato. Philip le sollevò il mento con le dita e s'impadronì della sua bocca con tenerezza profonda e appassionata. Il corpo vibrante, Kate si lasciò andare a un gemito di piacere e si abbandonò alla passione dell'abbraccio. Per un attimo sentì la fiamma improvvisa dell'eccitazione attraversare il corpo virile che la stringeva, poi Philip l'allontanò bruscamente. Respirava con affanno, mentre staccava le dita dalla camicetta di lei. «Non credere che non sarei tentato» le disse mentre la lasciava andare, «ma con me sarai sicura a letto quanto sul pavimento, e di certo molto più comoda. Oltretutto, la padrona di casa andrà sicuramente avanti e indietro dalla stanza con il caffè e generi di conforto. Non deve pensare che io non sia capace di badare a mia moglie.» Kate rise, indecisa se sentirsi offesa o divertita, poi chiese: «E se io fossi davvero tua moglie e avessimo litigato?». Angela Devine
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«Allora la discussione sarebbe sicuramente risolta a letto» replicò lui in tono autoritario. «Ora vai a farti la doccia.» Il getto tonificante dell'acqua l'aveva davvero fatta rinascere, riconobbe Kate più tardi, mentre si asciugava e indossava una gonna a pieghe bianca e verde, una camicia bianca e un cardigan. Si sentiva più in ordine e sicura di se stessa, più adeguata alla vicinanza di un tipo come Philip Andronikos. Anche così, tuttavia, quando l'affittacamere le indicò la terrazza illuminata da una sola lampada, Kate realizzò di non essere all'altezza della situazione. Philip si era cambiato a sua volta e i pantaloni grigi, la camicia a righe e il giubbotto sportivo blu avevano l'impronta inequivocabile di costose sartorie. Si alzò in piedi non appena la vide e, dopo averla salutata con un lieve bacio sulla guancia, la condusse verso la balaustra della terrazza. «Non t'irrigidire» le raccomandò. «Ricordati che sei mia moglie e che la nostra ospite guardandoci prova nostalgia della sua gioventù. Ha insistito perché ti mostrassi la vista romantica sul mare.» Non c'era alcun dubbio sul fatto che fosse romantica, riconobbe Kate. La casa era situata in cima a una collina da cui si dominava tutto il paesino sottostante, punteggiato di casette bianche e uliveti. Dietro il villaggio c'era un ampio anfiteatro di colline e, in lontananza, s'intravedeva il mare scintillante sotto la luna. La mano di Philip era appoggiata con noncuranza sulla sua spalla e Kate provava acute fitte di desiderio. Ma che cosa desiderasse, sinceramente non avrebbe saputo dirlo. La cena fu deliziosa. Dopo una giornata lunga, stancante e abbastanza sconvolgente, Kate era felice di sedere in silenzio sorseggiando un caffè e guardando il mare scintillante. Quando, all'interno, la padrona accese la radio e il ritmo della musica greca si sparse per la terrazza, Kate provò l'impulso di ridere, ballare e piangere allo stesso tempo. Emise un piccolo, soffocato sospiro. «Che cos'è?» domandò Philip guardandola interrogativo. Lei allargò le braccia, incapace di spiegare esattamente le proprie sensazioni. «È un momento davvero magico» disse sorridendo. «È una sera così bella, la cena era fantastica... E adesso questa musica che mi fa venire voglia di ballare. A volte penso di essere fortunata soltanto per il fatto di essere viva.» «Davvero?» chiese lui incredulo, mentre la osservava con aria indulgente. «Alcune donne che conosco si sentirebbero insultate a dover Angela Devine
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dormire in un posto come questo e gustare un pasto così semplice.» «Vuol dire che non sanno come divertirsi» replicò Kate. «Di tanto in tanto, quando lavoro in città circondato dal rumore, dalla folla e dalle cosiddette comodità, sento un disperato bisogno di scappare» rivelò Philip pensosamente, mentre i suoi occhi fissavano il volto di lei. «Allora lascio la città e mi nascondo in posti come questo, semplici e sani. Dentro di me sono convinto che questo sia ciò che amo di più. E non riesco a fare a meno di chiedermi se le donne non siano invece come le città.» «Che cosa vuoi dire?» Kate era confusa e disorientata. «Be', forse esistono due tipi di donne» continuò lui in tono critico. «Una è spregiudicata, nevrotica e sofisticata. L'altra è semplice e quieta. Vuoi ballare, Katarina?» Quando si alzò dalla sedia, lei barcollò e Philip dovette sostenerla per un braccio perché non cadesse. «Mi spiace. Non sono abituata a bere retsina» si giustificò lei con un sorriso. «Un paio di bicchieri non possono averti fatto male, ma sono sufficienti a farti rilassare e abbandonare alla musica. Adesso prendi la mia mano e lasciati guidare.» All'inizio lei temette di non farcela, invece recuperò di colpo le energie e si ritrovò perfettamente al passo con Philip. Si lasciò trascinare nella danza fino a rimanere senza fiato, poi la musica finì. «Brava!» esclamò Philip con ammirazione. «Devi essere greca in fondo all'animo. Ora riposiamoci.» «Adoro la musica greca» confessò Kate sprofondando in una sedia e sventolandosi vigorosamente con dei tovaglioli di carta. «Spero tanto di riuscire a sentire suonare il bouzouki dal vivo, prima di lasciare il paese.» «Davvero?» domandò Philip con interesse. «Se ne avessi qui uno potrei esaudire subito il tuo desiderio. Lo suonavo spesso quand'ero più giovane. Certo, adesso sono un po' arrugginito...» «Ce n'è uno nel soggiorno. Forse la padrona di casa te lo presterà. Perché non provi a chiederglielo?» «Sono molti anni che non suono» confessò Philip, un po' esitante. «Avanti!» insistette Kate. «Mi piacerebbe moltissimo sentirti. Ti prometto che non farò critiche.» Angela Devine
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Philip entrò in casa e dopo un paio di minuti ne uscì tenendo con cura lo strumento fra le mani. «Che cosa ti piacerebbe sentire?» domandò. «Conosci brani di Xarhakos?» Philip accennò qualche nota e la guardò interrogativo. Kate fece un cenno di approvazione con la testa e improvvisamente il bouzouki prese vita. Philip suonava con un ardore e una passione che trascinarono Kate in un fiume selvaggio di suoni. Quando l'ultima nota si spense, lei rimase a guardarlo, incapace di parlare. «Allora?» chiese lui con indifferenza. Kate percepì che quell'atteggiamento distaccato nascondeva la profonda esigenza della sua approvazione. «Davvero hai bisogno che te lo dica?» rispose lentamente. «È stato meraviglioso. Incredibilmente meraviglioso. Non sono mai stata così emozionata in tutta la mia vita.» «Non mi prendi in giro?» «No, per niente.» «Fammi suonare una canzone d'amore. Voglio sapere cosa ne pensi.» Questa volta la musica era più tenera, dolce e accattivante, e suscitò ricordi in Kate. La riportò a una dolce serata in un ristorante greco di Sydney che si era trasformata in un incubo. La sera in cui Leon Clark le aveva rivelato di essere sposato. Lacrime le brillarono negli occhi e lei dovette mordersi le labbra mentre la voce bassa di Philip cantava versi d'amore. Deglutendo, Kate girò la testa dall'altra parte mentre la canzone terminava. Philip depose il bouzouki e mormorò: «Katarina?». Lei rimase zitta, troppo emozionata per parlare. Poi sentì le sue dita forti stringerle le spalle e girarla verso di lui. Alla vista delle lacrime che le brillavano tra le ciglia, Philip chiese ansioso: «Che cosa c'è? Ti ho fatto arrabbiare? Sono proprio uno sciocco. Non avrei dovuto suonare quello stupido strumento!». «No, non è vero, sei un artista, non uno sciocco. È solo che mi hai suscitato... qualche ricordo.» «Di un uomo che ti ha ferito?» Kate fece cenno di sì con la testa trattenendo le lacrime. Philip sollevò una mano e le toccò il viso. Poi, con un lieve sospiro, l'attirò con forza Angela Devine
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contro di sé. Lei poteva chiaramente sentire il battito tempestoso del suo cuore, il ritmo accelerato del suo respiro, il calore che il suo corpo emanava. «Oh, agapimou» sospirò Philip. «Tu hai risvegliato quella parte di me che credevo perduta per sempre.» Questa volta il bacio fu gentile come lo schiudersi di una corolla. Le labbra di Kate tremarono al contatto e per un attimo lei si rifugiò in lui come se avesse trovato un porto sicuro. Nessuno l'aveva mai fatta sentire così meravigliosamente, totalmente donna. Quando si scostarono, rimase lì seduta tormentandosi le dita, combattuta e turbata. Senza sapere quanto il volto stesse riflettendo i suoi sentimenti, stava lottando disperatamente per rimanere impassibile. Tutto questo è ridicolo, si ripeteva. Non lo vedrò mai più dopo stasera. «Grazie per la bellissima serata, Philip» dichiarò alla fine in tono formale. «Scusami, ma adesso ho bisogno di andare a dormire.» Lui l'aiutò ad alzarsi senza fare obiezioni né commenti. «Buonanotte, Katarina» rispose. «Non verrò in camera finché non sarai addormentata, così non ti disturberò. Ti do la mia parola. Oh, volevo chiederti... Hai per caso con te qualcuna delle tue fotografie da farmi vedere?» «Certo, vado in camera a prenderle.» Assalita da un'improvvisa timidezza, lei gliele consegnò e fuggì via. Se fosse rimasta, lo avrebbe visto studiare per oltre due ore le sue foto con crescente interesse, andare a prendere la valigetta, estrarne alcune carte e, avvicinata una fotografia, meditarci sopra a lungo. Avrebbe colto l'esclamazione d'impazienza con cui, infilato tutto di nuovo in valigia, la richiuse. Era passata da poco mezzanotte quando Philip entrò in camera. «Katarina?» sussurrò dolcemente. Nel sonno Kate emise un flebile lamento, come un gattino che facesse le fusa. Tutto era buio e vellutato intorno a lei. Vellutato come il bacio delicato che le sfiorò una guancia.
2 Quando Kate si svegliò da un sonno profondo e senza sogni, notò che il letto era vuoto. Philip si era alzato. Se n'era già andato. Angela Devine
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Un fiume di sentimenti contraddittori la sommerse: sollievo, dispiacere, incredulità, fastidio. Poi la ragione prese il sopravvento. Philip non l'avrebbe mai lasciata così. Lei sapeva che non l'avrebbe fatto. Probabilmente lui era in bagno, o fuori, in terrazza. Eppure, guardandosi intorno, Kate si rese presto conto che ogni traccia del compagno di una notte era sparita. Come se non fosse mai realmente esistito. Quella scoperta la sconvolse. In qualche modo, anche se avevano passato insieme solo poche ore, era rimasta molto suggestionata dall'incontro e attratta dal magnetismo di Philip Andronikos. Il comune pericolo del terremoto li aveva avvicinati portandoli a condividere momenti d'intimità. E lei avrebbe giurato che ci fosse stato anche qualcosa di più. Nessun uomo l'aveva mai baciata come aveva fatto Philip la sera prima accendendo in lei una fiamma che sembrava ancora arderle dentro. Non aveva mai conosciuto un tipo così irresistibile e, insieme, irritante. Arrogante, dominatore, altero e tuttavia caldo, protettivo e appassionato. Mi ha baciato come se veramente tenesse a me, pensò Kate con tristezza, e adesso è sparito. Tra l'altro, come diavolo farò ad andarmene da questo paesino? La macchina è distrutta e sono quasi senza soldi. Le sue inquietanti congetture vennero interrotte da un leggero bussare alla porta. «Avanti!» esclamò Kate, quasi incapace di riconoscere anche una sola sillaba del più elementare greco. La padrona di casa entrò sorridente reggendo il vassoio della colazione. «Kalimera» salutò allegramente. «Buongiorno» rispose Kate scoraggiata. Sapeva di dover fare una domanda imbarazzante. Mentre cercava rapidamente le parole giuste, si chiese cosa avrebbe pensato l'affittacamere del fatto che lei non fosse al corrente dei movimenti di suo marito. E la sua scarsa conoscenza della lingua greca le avrebbe permesso di capire la risposta? «Mio ma... marito...?» balbettò. «Sì, sì.» La donna uscì e tornò con una lettera, che depose sul vassoio. Kate sospirò di sollievo e, dopo che la padrona di casa si fu allontanata, strappò la busta. Conteneva alcune banconote e un foglio di carta su cui era scritto: Mi Angela Devine
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dispiace di essere scappato, ma avevo affari urgenti da sbrigare a Salonicco. La strada è aperta, il conto è già pagato e la riparazione della tua macchina è stata organizzata. Ti lascio dei soldi in caso di emergenza. Philip. Kate fece un gesto di disappunto. Be', che cosa ti aspettavi?, si schernì rabbiosamente. Una proposta di matrimonio? No, non quello, si rispose, ma qualcosa sì. Qualcosa in più di un congedo tanto frettoloso e formale. Una qualsiasi indicazione che anche Philip si era accorto, come lei, della forte attrazione e comprensione che si erano stabilite fra loro. Un invito a cena, una richiesta d'indirizzo... Invece non era successo. «Adesso devi andare avanti da sola, Kate Walsh» si intimò ad alta voce. «Non dimenticarlo!» Tre giorni dopo lei stava pulendo il terrazzo della casa di Nyssa. Tutt'intorno c'era il caos controllato tipico del quartier generale di una zona di scavi archeologici. Ognuno era impegnato in svariate attività: disegni, pulizia dei frammenti. Occupata nei suoi compiti, Kate aveva la testa altrove. Adesso che aveva finito di fare le foto, non c'era una vera ragione per rimanere ancora lì. Doveva decidere se cercarsi un altro lavoro o tornare in Australia. Philip Andronikos era uscito dalla sua vita tanto improvvisamente quanto vi era entrato e lei sapeva benissimo che non lo avrebbe più rivisto. Allora, perché non riusciva a toglierselo dai pensieri? «Kate?» «Sì?» rispose lei alzando pigramente lo sguardo verso Naomi. «Come hai detto che si chiamava quel tipo greco che ti ha salvato sulla montagna?» chiese l'altra. Si era presa un attimo di riposo dal lavoro e stava sfogliando alcune riviste patinate. «Philip. Philip Andronikos.» Incredibile come il solo fatto di pronunciare il suo nome ad alta voce le provocasse un'eccitazione così profonda! «È questo qui? Guarda, c'è una foto di un ricco proprietario alberghiero greco. Il nome è lo stesso. Probabilmente è solo una coincidenza, ma non sarebbe divertente se si trattasse della stessa persona?» «Fammi vedere.» Naomi attraversò la terrazza e depose la rivista sul tavolo. Per un attimo la terra sembrò fermarsi e il cuore di Kate perse un colpo. Sì, erano proprio Angela Devine
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gli occhi profondi di Philip che la guardavano dalla fotografia, quegli occhi magnetici e intensi. Fu qualcos'altro, tuttavia, a toglierle del tutto il fiato. La mano di Philip era appoggiata al braccio di una bellezza bruna molto elegante e sotto la foto c'era una didascalia, semplice ma devastante. Il magnate alberghiero Philip Andronikos e la sua bellissima fidanzata Irene Marmara si godono un brunch domenicale all'hotel Hilton di Atene. Si dice che Andronikos, che ha recentemente ultimato la costruzione di un nuovo hotel di lusso nella regione dell'Halkidiki, progetti ulteriori espansioni dopo il matrimonio. Si ritiene che sia sul punto di inaugurare un complesso progetto relativo a vigneti, proprietà agricole e unità turistiche nella penisola di Sithonia. Per un istante Kate rimase perfettamente immobile. Il ronzio che le risuonava nelle orecchie copriva le chiacchiere delle donne greche e ogni altro rumore intorno. Dunque la faccenda stava così, pensò. C'era una fidanzata da qualche parte. Nessuna meraviglia, quindi, che Philip fosse scomparso all'orizzonte senza attendere che lei fosse sveglia, senza un saluto, senza un arrivederci. Avrebbe voluto piangere, gridare, dare sfogo alla rabbia. Invece sentì la propria voce, ostentatamente tranquilla e disinvolta, rispondere a Naomi: «Sì, è proprio lui. Sorprendente. Non sapevo proprio di essere venuta a contatto con un personaggio tanto ricco e famoso». «Vuoi tenere la rivista per ricordo?» domandò l'altra. Kate la fissò come se le avesse offerto una tarantola. Poi si alzò e attraversò il terrazzo. Era sul punto di scoppiare in lacrime e, per salvare almeno un po' di dignità, le conveniva darsela a gambe. «No, tienila pure» rispose con voce meno sicura. «Dopotutto Philip Andronikos non significa niente per me e presto me ne andrò di qui. Voglio viaggiare il più leggera possibile.» Mentre si avvicinava alla porta, quasi si scontrò con lo studente in archeologia Andrew Cameron, che stava scendendo da una scala. Le sue mani magre la bloccarono e, l'espressione preoccupata, lui disse: «Attenta, Kate. Ehi, va tutto bene? Sei bianca come un panno lavato». «Ho solo un po' di mal di testa» gli mentì. «Sei sicura? Be', mi reggeresti la scala per un attimo mentre taglio un Angela Devine
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altro telo di plastica? Altrimenti, se ci sarà un acquazzone come quello della settimana scorsa, tutte le ceramiche andranno a mollo.» «Va bene.» Mentre Kate stava tenendo la scala, Andrew improvvisamente emise un fischio. «C'è un altro poveretto che ha sbagliato direzione!» esclamò allungando il collo al di sopra dei tralci di vite. «Sarà meglio che tu vada a fargli segno, Kate. Digli che la strada è a fondo cieco e che è meglio che torni indietro. Bella macchina, anche.» Kate aprì diligentemente il cancello e si avviò giù per il sentiero. Mandare indietro turisti ignari che si erano persi nel labirinto delle strade della periferia di Nyssa era diventato parte del suo lavoro quotidiano. Ed era comunque meglio che starsene seduta a rimuginare. Tuttavia, quando raggiunse la fine del sentiero e cominciò a gesticolare all'auto in arrivo, il suo interesse si fece subito vivissimo. C'era qualcosa di familiare in quella macchina bianca... Per non parlare dell'uomo che poco dopo ne uscì. Philip rimase immobile per un attimo rigirando le chiavi dell'auto fra le mani. Poi si avvicinò a Kate e le si fermò di fronte. Le scostò i riccioli dal viso con una mano e sorrise. «Allora, come sta mia moglie?» domandò in tono scherzoso. «Non riderci sopra!» Fu sorpresa lei per prima della rabbia che le vibrava nella voce. Philip aggrottò le sopracciglia, stupito. «Pensavo che ti potesse fare piacere vedermi» disse deluso, «ma forse mi sbagliavo. Mi era sembrato che ci fosse una certa intimità fra noi, domenica sera. Non lo credi anche tu?» Lei si sentiva sull'orlo di una crisi isterica. Si strinse le mani così forte che le unghie le si conficcarono nei palmi. «Sì, ma credo che sia una reazione abbastanza comune fra vittime di una calamità» rispose con una risatina fredda. «Suppongo che essere coinvolti insieme in situazioni traumatiche finisca per accomunare. Però il disastro adesso è finito, no?» «Capisco.» La voce di Philip si era fatta fredda, quasi ostile. Kate indietreggiò d'istinto, ma lui le si avvicinò e la prese per le spalle. «A che gioco stai giocando, Katarina?» chiese dolcemente. Lei lanciò un'occhiata verso l'alto e notò che alcuni spettatori interessati li stavano osservando dalla terrazza. C'erano Naomi, Marion e Andrew... Angela Devine
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Erano troppo distanti per sentire, ma abbastanza vicini per guardare. «Philip» lo implorò tremante. «Per favore, non fare scene. Sì, c'è stato qualcosa di speciale fra noi, ma è tutto passato e non c'è alcuna possibilità di futuro. Lo sai meglio di me.» «Ah, sì?» domandò lui ironico rafforzando la stretta. «Perché credi che sia venuto qui, allora?» Con la coda dell'occhio, Kate vide che Andrew aveva lasciato il gruppo e si stava dirigendo giù per il sentiero. La gola secca, lei sentiva le dita di Philip sulla pelle e subiva lo sguardo intento ed enigmatico dei suoi occhi scuri. «Oh, non lo so!» esclamò disperata. «Non lo sai?» insistette. La guardò con tanto desiderio che a Kate parve di sciogliersi. Fu quasi tentata di gettarglisi fra le braccia, incurante che ci fosse o no una fidanzata, ma riuscì a sottrarsi a tanta follia. Facendo appello a tutta la sua forza di volontà, si sottrasse alla presa di Philip e fece un passo indietro. Lo guardò freddamente e scosse la testa in silenzio. «Sono venuto perché non potevo smettere di pensarti» dichiarò lui affannosamente. «C'è qualcosa di così autentico e adorabile in te, Katarina... Non sopportavo l'idea di non vederti mai più. Non potremmo almeno uscire a cena stasera e parlarne?» Kate sentì il cuore indurirsi e la rabbia montarle dentro. Come osava dirle parole del genere quando era già legato a un'altra? «No. Te lo ripeto: per noi non c'è futuro» rispose laconica. «Perché no?» Perché stai per sposare un'altra, avrebbe voluto rispondergli, ma le parole non le uscirono di bocca. Sapeva che sarebbe scoppiata in lacrime, se le avesse pronunciate. Poi, all'improvviso, Andrew fu al suo fianco. Andrew, alto, snello e bruno, simpatico e di buon carattere, che lei conosceva sin da quando erano bambini e che era quasi come un fratello. «Va tutto bene, Kate?» domandò appoggiandole una mano sulla spalla. Il suo sguardo correva dalla faccia tesa di Philip a quella pallida e stanca di lei. Fu senz'altro sorpreso quando Kate gli cinse la vita con un braccio, ma non lo dimostrò. Non fece una piega nemmeno quando la sentì dire: «Andrew, stavo giusto spiegando a Philip che non posso uscire a cena con lui perché tu sei il mio fidanzato». Angela Devine
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Anzi, cogliendo la nota implorante nella voce di Kate e il suo nervosismo, s'impegnò ad avvalorare al massimo quelle parole. «Oh, sì, certo» disse circondandole le spalle con un braccio. «La ringrazio per tutto quello che ha fatto per Kate, signor Andronikos. A proposito, il mio nome è Cameron. Andrew Cameron. Eravamo tutti preoccupatissimi quando c'è stato il terremoto. È stato molto bello da parte sua prendersi cura di lei.» Andrew gli porse la mano. Per un attimo Philip la guardò con aria ostile. Poi, con una certa riluttanza, la strinse. Kate riprese freneticamente a parlare. «Già, be', è stato molto carino da parte sua passare a trovarmi, signor Andronikos, ma come vede sto bene» disse allegramente. «Quindi, se non c'è altro...» La sua voce si smorzò sotto lo sguardo intenso di quegli occhi castani. «Per la verità ci sarebbe qualcos'altro, signorina Walsh» dichiarò Philip. «Ho una proposta di lavoro che vorrei discutere con lei.» «Una proposta di lavoro?» gli fece eco Kate con stupore. Lui chinò la testa rapidamente senza mai distogliere lo sguardo. Kate cominciò a sentirsi come un uccellino intrappolato dallo sguardo ipnotico di un cobra. Intanto, la parola proposta le riecheggiava nella testa. «Che tipo di proposta?» chiese nervosamente. «Vorrei che facesse delle foto per me. Se vorrà venire a cena con me stasera, le spiegherò tutto» promise Philip, ora più rilassato. Kate sentì un tremito di desiderio, immediatamente seguito da un più forte brivido di apprensione. A che gioco stava giocando Philip Andronikos? Forse la considerava una turista dai facili costumi, una ragazza leggera e disponibile a entrare nei letti altrui? O, peggio ancora, voleva offrirle una vita da amante di lusso? Era così che si usava nell'alta società? «Mi... mi dispiace» balbettò, «ma sono a cena con Andy, stasera.» «Sono certo che il signor Cameron la scuserà, per una volta.» Philip scrollò le spalle con noncuranza. «Diciamo alle otto, allora?» Si era già voltato per tornare all'auto. Kate dovette corrergli dietro. «Ma ho detto di no!» esclamò indignata. Philip si girò. Il suo volto era la dura e arrogante maschera di un uomo che sapeva il fatto suo. «Però io non accetterò un no come risposta» rispose dolcemente. «Vero che farà in modo che venga, signor Cameron? Sono sicuro che il lavoro le Angela Devine
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sarà congeniale e le condizioni economiche sono di sicuro interesse.» «Accidenti! Che cos'è tutta questa storia?» chiese Andrew non appena Philip si fu allontanato. «Non farmi domande!» replicò Kate rabbiosa. «Lo strozzerei, se potessi!» «Quello è abbastanza evidente» commentò Andrew con un sorriso, «ma che cosa ne diresti di dare una spiegazione a questo ignaro passante che adesso si ritrova fidanzato con te?» «Oh, Andrew. Non credo che tu voglia davvero sentirla» gemette Kate. «Comunque stasera non ci vado. Piuttosto andrei a cena con una tigre del Bengala!» «Ehi, aspetta un momento...» ribatté Andrew. «Non riesco proprio a capirti. Ti conosco da quando eravamo bambini e il tuo sogno è sempre stato quello di diventare fotografa, anche quando i tuoi hanno fatto di tutto per dissuaderti. Adesso ti viene offerta un'opportunità che potrebbe essere irripetibile e mi stai dicendo che non t'interessa? Ma perché?» «Non posso spiegartelo» rispose Kate tormentandosi le mani e scrollando le spalle. «Temi di non essere all'altezza?» «Non esattamente, anche se è probabile che non lo sia» replicò lei disperata, la gola stretta da una morsa d'angoscia. «Kate, devi smetterla con queste sciocchezze» insistette Andrew scuotendola per le spalle. «Smetti di sottovalutarti. Lo so che è colpa delle idee che ti hanno inculcato i tuoi, ma la verità è che sei bravissima, hai un enorme talento. Purtroppo essere liberi professionisti in questo settore è duro e bisogna cogliere al volo ogni opportunità che capita. Quindi, se sei preoccupata che a questo Andronikos possano non piacere le tue foto, fidati di me: le troverà stupende.» «Non è proprio così» dovette ammettere Kate con un gemito di rabbia. «È qualcosa di... un po' più personale.» «Ti ha fatto qualcosa la notte del terremoto?» indagò Andrew. «Non proprio. Ma temo che possa provarci stasera. E lui è fidanzato con un'altra, Andy!» «Che scuse patetiche! Se non si è comportato male con te quando eravate soli in mezzo alle montagne, dovresti essere abbastanza al sicuro in un ristorante pieno di gente. Avanti, Kate, adesso raccogli i tuoi pezzi e va' a prepararti. Devi andare.» Angela Devine
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«Lo pensi sul serio?» domandò incerta. «Certo! Saresti pazza, se non lo facessi.» «Temo che tu abbia ragione» dovette ammettere Kate con riluttanza. «Però adesso c'è un altro problema: che cosa mi metto?» Alle otto, all'arrivo di Philip, lei era pronta. Ognuna delle ragazze impegnate nello scavo aveva dato un piccolo contributo per renderla più attraente. Quando Philip bussò alla porta, rimase per un attimo in silenzio a guardarla. «Mi sei mancata» le disse non appena si furono allontanati dalla sede della spedizione archeologica. «Da oggi pomeriggio?» lo provocò Kate con deliberata frivolezza, ma arrossendo. «No. Da quando abbiamo passato la notte insieme.» «Per favore, Philip!» implorò lei. «Come vuoi, Katarina. Ma prima o poi dovremo parlarne. Pensavo di portarti a Porto Carras, se ti va.» «Certo.» Porto Carras era un complesso turistico di lusso sulla costa occidentale della penisola di Sithonia. Kate ci era passata diverse volte in auto, ma non avrebbe mai pensato di metterci piede. In altre circostanze, il percorso sino a Porto Carras le sarebbe piaciuto. Era una bella serata fresca, con la luna che irradiava la sua luce sulle acque scure del golfo. Ma dopo la schermaglia iniziale, Philip non sembrava in vena di chiacchiere futili. I pochi tentativi di conversazione fatti da Kate andarono a vuoto. Finalmente arrivarono all'hotel di Porto Carras, che si rivelò magnifico, di gran lusso e in una posizione superba sul mare. «Che cosa vuoi bere?» chiese Philip, dopo che si furono sistemati al loro tavolo con vista panoramica. Kate, un po' nervosa, optò per un gin tonic. Lui invece ordinò un bicchiere di ouzo, il tipico liquore greco all'anice. «Alla salute!» esclamò poco dopo sollevando il bicchiere pieno nella sua direzione. «Alla salute!» replicò Kate. «E adesso» disse Philip dopo aver bevuto il suo liquore in un sol colpo, «forse sarai così gentile da spiegarmi perché mi stai trattando come se avessi la peste bubbonica.» «Non è vero!» mentì Kate avvampando e si mise a tossire. Il drink le era andato di traverso davanti a quella domanda così diretta. «Sì che è vero» la contraddisse lui. «Domenica notte ti avevo fra le mie Angela Devine
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braccia, calda e dolce. Così calda e dolce che avrei potuto farti mia, credo, senza che opponessi la benché minima reazione.» «Questo non è vero» mentì di nuovo Kate, il cuore che le batteva così forte da farle temere che anche Philip lo sentisse. «Ah, no? Strano. Sai, domenica avevo avuto la netta impressione che desiderassi essere spogliata e accarezzata sulla pelle nuda. Che volessi essere portata a letto e presa altrettanto quanto io desideravo farlo.» «Smettila!» lo implorò imbarazzata. «Qualcuno potrebbe sentirti.» «Non credo. Ho appositamente chiesto un tavolo molto isolato cosicché nessuno ci sentisse discutere di questo.» «Come hai osato?» Le labbra di Kate tremavano di rabbia. «Mi avevi detto che si trattava di una cena di lavoro.» «Lo è. Ma tutto a suo tempo. Prima voglio sapere perché hai cambiato atteggiamento nei miei confronti.» «Non l'ho fatto.» «No?» Improvvisamente la sua mano forte imprigionò quella di Kate. «Non sei altro che un selvaggio, sotto quel vestito costoso» lo accusò lei rabbiosa tentando di liberarsi dalla presa. «Esatto» concordò Philip, gli occhi che brillavano pericolosamente. «E le donne intelligenti non provocano i selvaggi. Perché non finisci il tuo drink e poi mi spieghi le ragioni della tua improvvisa freddezza verso di me?» Mentre parlava, la stretta si allentò trasformandosi in una calda carezza contro la pelle di lei. Kate deglutì nervosamente e cercò di liberare la mano. «Dammi una sola ragione per cui dovrei farlo!» sbottò. Le dita di Philip strinsero nuovamente la presa. «Se ti dicessi che mi sono innamorato di te, domenica, sarebbe una ragione sufficiente?» chiese lui impaziente. Kate cercò in tutti i modi di sottrarsi alla stretta. Sta per sposare un'altra, ricordò. Questo non è altro che un gioco per lui, ribadì a se stessa, mentre ricacciava indietro le lacrime. Quella musica, le luci basse, il profumo dei fiori... Tutto era stato accuratamente scelto per farla cadere in trappola. «No!» replicò con rabbia. «Katarina, ti prego! Guardami, dimmi qualcosa» mormorò Philip. Pur con gli occhi umidi di lacrime, Kate sollevò il viso a incontrare il Angela Devine
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suo sguardo. «Perché non mi hai detto che eri fidanzato?» sussurrò di rimando. Lui si lasciò andare contro lo schienale della sedia, con un gesto stanco, il viso distorto da una smorfia. «Allora è per questo! Avrei dovuto capirlo.» «Sì, avresti dovuto» aggiunse Kate duramente. «Dovresti anche smettere di dire ad altre donne che sei innamorato di loro mentre dovresti essere innamorato totalmente della tua fidanzata!» «Il mio fidanzamento non è mai stato così» protestò Philip. «È stato tutto combinato molti anni fa dalle nostre famiglie. Con l'amore non ha niente a che vedere.» «Davvero?» esplose Kate furiosa. «Allora hai tutta la mia solidarietà, ma non ritengo che tu abbia il diritto di andare in giro a fare l'amore con altre donne.» «Capisco!» replicò Philip con altrettanta furia. «Hai ragione, naturalmente. Era ovvio che avrei dovuto prendere la precauzione di rompere il mio fidanzamento prima di mettermi in viaggio, lo scorso weekend!» «Non ho detto questo!» sibilò Kate. «Ma certamente avresti dovuto... prendere la precauzione di tenere le mani lontano da me. Perché rischiare di trascinarmi in una squallida storia della quale mi sarei solo potuta pentire?» Mentre Philip si stava chinando sul tavolo, pronto a rispondere, l'arrivo del cameriere interruppe le ostilità per qualche attimo. Kate si mise a leggere il menù e approfittò della pausa per riacquistare un po' di calma. Dopo che ebbero ordinato, rimase immobile, lo sguardo fisso su un punto indefinito al di sopra della testa di Philip. «Guardami, dannazione!» esclamò lui. I loro sguardi s'incontrarono per poi allontanarsi. Philip fece una risatina stridula. «Ti sbagli su una cosa, sai...» disse meditabondo. «Oh! E quale?» «Non ho mai avuto intenzione di trascinarti in una squallida storia della quale ti saresti potuta pentire.» «Davvero? E quali erano le tue intenzioni?» «Nessuna in particolare» replicò lui irritato. «Santo cielo, ragazza! Credi che avessi premeditato tutto quanto? Devi avere un'incredibile Angela Devine
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considerazione del mio talento se pensi che riesca a scatenare un terremoto solo per trascinarti nel mio letto!» «Non mi sorprenderei se fosse andata così» gli ribatté cocciuta. «Mentre sei impegnata a trovare tutti i miei lati negativi, ricordati che sei stata nel mio letto e non ti ho sfiorato con un dito.» «Questo è vero» dovette ammettere Kate. Philip la guardò così intensamente che lei si sentì nuda. Poi le sue mani le sollevarono gentilmente il mento. «E allora perché non credi alla verità? Mi sono lasciato trascinare, quando ti ho baciato, esattamente com'è successo a te.» Kate deglutì, acutamente conscia del tocco leggero di Philip sul suo viso. Gli allontanò le dita, imbarazzatissima. «Anche se è stato così, a che punto siamo?» rispose amaramente. «Va bene, è vero, abbiamo sentito una certa attrazione reciproca. E con questo? Che cosa può discenderne di serio? Niente. Storie così non hanno futuro.» «Non ne sarei così certo» mormorò Philip. «No?!» Una punta di panico vibrò nella voce di Kate. «Senti, dimmelo chiaro: che cosa vuoi da me?» Fu di nuovo l'arrivo del cameriere a interrompere le schermaglie. Solo quando rimasero di nuovo soli Philip rispose alla domanda. «Non lo so, non lo so proprio» confessò in tono sincero. «Tutto. Niente. Se mi stai chiedendo se voglio fare l'amore con te, allora la risposta è: sì, certo. Sei donna al cento per cento, Katarina. Sei bellissima, sensuale, arrendevole. Vorrei stringerti contro di me e sentirti palpitare di desiderio. E farti stare male dalla voglia di me.» «Ti prego» protestò lei, eccitata, emozionata e turbata al tempo stesso. «Non dovresti parlare così. Sei già legato a qualcuno.» «Legato!» sibilò Philip a denti stretti. «Suona come se fossi prigioniero. In realtà è come in effetti mi sembra di essere, a volte. Hai idea di cosa significhi un fidanzamento combinato, Katarina?» «No» ammise lei. «Allora lascia che ti spieghi, che ti faccia capire come mi sono ritrovato fidanzato con Irene. Sai, non sono stato sempre ricco. Anzi, ero povero, poverissimo. Non ho avuto un paio di scarpe solo mie fino a quindici anni, ma sin dall'inizio sono stato molto ambizioso. Avevo diciassette anni quando emigrai a Londra: lavoravo venti ore al giorno in un albergo cercando di mettere via i soldi sufficienti ad avviare una mia attività. Quando tornai in Grecia, tre anni dopo, trovai una taverna a Sithonia e Angela Devine
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chiesi aiuto a chiunque conoscessi. La maggior parte della gente rideva delle mie ambizioni, ma Con, il padre di Irene, mi prestò dei soldi e mio padre mise sino alla sua ultima dracma nell'attività. Non voglio annoiarti con i particolari, ma nel giro di due anni eravamo già giunti a ottenere buoni profitti. A quel punto Con avvicinò mio padre e suggerì un fidanzamento fra i loro due figli per cementare la società. Io avevo ventidue anni, allora. Irene ne aveva sette.» «Sette!» ripeté Kate, sconvolta. «Ma è orribile!» «Era l'usanza» precisò Philip stringendosi nelle spalle, «e a quel tempo andava bene a tutti. Per me significava l'opportunità di rimandare qualsiasi obbligo familiare di molti anni, quindi la possibilità di dedicarmi solo al lavoro. E Irene era capace di spadroneggiare fra gli altri bambini della sua età vantandosi del marito ricco che avrebbe avuto.» «Resta comunque un'usanza barbara» commentò Kate scuotendo la testa. «Allora non avevo realizzato quanto barbaro fosse» concordò Philip serio, «ma in tutta franchezza devo ammettere che spesso questi matrimoni funzionano molto bene. Sovente la coppia arriva ad amarsi sul serio.» Kate sentì i palmi delle mani inumidirsi e un peso sul petto. Esitava, aveva paura della risposta, ma sapeva di dover fare quella domanda. «Tu ami Irene?» si decise infine a chiedere con un filo di voce. Un'espressione addolorata apparve sul volto di Philip. Per la prima volta Kate notò le piccole rughe che gli solcavano il volto dal naso fino agli angoli della bocca. «No» rispose lui quasi brutalmente. «All'inizio ero così impegnato che non la vedevo mai. Poi, mentre la catena alberghiera cresceva e guadagnavamo più soldi, Irene fu mandata in un collegio in Inghilterra e poi in Svizzera. È solo quest'anno che ho cominciato ad avere a che fare con lei.» Qualcosa nel suo tono trasmise a Kate un profondo senso di disagio. «Non... non andate d'accordo?» indagò. «È una bambina viziata. Devo tuttavia ammettere che non è tutta colpa sua. Sua madre era una stupida alla quale la ricchezza improvvisa ha dato alla testa. Ha cresciuto Irene e suo fratello, Stavros, frivoli e stravaganti come lei. No, non vado d'accordo con Irene. Per la verità, avevo cominciato a credere di avere perso la capacità di provare sentimenti, finché non ti ho incontrato.» «Basta, Philip!» lo pregò lei. «Fra noi è una storia impossibile.» Angela Devine
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«Tutto è impossibile, se noi lo rendiamo tale.» Philip le prese le mani e continuò in tono dolce e sommesso: «Non mi avevi detto che a volte bisogna prendere decisioni avventate, se la posta in gioco è alta?». Kate rimase a fissarlo in silenzio, gli occhi verdi spalancati. «Sto per prendere una decisione molto avventata. Devo chiederti una cosa» le annunciò Philip in tono misterioso. Dentro di sé Kate sapeva che avrebbe dovuto farlo tacere, ma non riuscì a trovare la volontà necessaria. «Che cosa?» mormorò. «Vieni via con me sul mio yacht. Solo per qualche giorno. Tutto quello che voglio è la possibilità di conoscerti meglio. Tutto qui.» «No!» gridò lei scostando in fretta le mani. «Non è possibile. Inoltre, pensavo che disapprovassi le turiste che fanno l'amore con uomini praticamente sconosciuti!» «Infatti. Ma non c'è bisogno di fare l'amore. Potremmo semplicemente goderci la crociera insieme, pescare, visitare le isole e parlare. Sento che abbiamo molte cose da dirci, non pensi?» Kate rimase in silenzio, tentata ma riluttante. Quanto avrebbe voluto veleggiare sulle acque trasparenti dell'Egeo con Philip al suo fianco! Ma l'idea era addirittura sconvolgente nella sua audacia. «No!» rispose disperata. «Forse, se non fossi fidanzato con Irene, le cose sarebbero diverse. Ma lo sei!» «Quindi dovrei rompere il mio fidanzamento prima di poter passare del tempo da solo con te?» chiese lui con una risatina ironica. «Pretendi molto per un solo appuntamento, Katarina.» «Non posso farci niente. Mi sembra una pura questione di decenza.» «Decenza? Vai in giro in autostop per tutta l'Europa e parli a me di decenza? Fai sul serio o stai giocando a qualcosa?» Di colpo tutto le diventò spaventosamente chiaro. Agli occhi di Philip una ragazza che girava per l'Europa in autostop, da sola, era senz'altro senza scrupoli e pronta a tutto. Doveva quindi risultargli davvero difficile credere che lei non volesse avere relazioni con il fidanzato di un'altra. «Sì, sono seria» gli disse allora con fierezza. «Solo perché viaggio da sola non vuol dire che io sia facile preda di uomini in cerca di avventure da poco. Non posso venire in crociera con te, Philip, e sono offesa dalla sola proposta. Come potrei seguirti? Sarebbe... sarebbe una macchia sul mio onore!» Ecco, pensò trionfante, quest'argomentazione dovrebbe essere abbastanza vicina alla sua mentalità per convincerlo che faccio sul serio. Angela Devine
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In effetti centrò l'obiettivo. Anzi, molto di più. Una smorfia di costernazione gli passò sul viso. «Ti ho offeso! Mi dispiace, Katarina. La verità è che ti ho giudicato nella maniera sbagliata la prima volta che ti ho visto.» «Che cosa vorresti dire?» gli domandò cauta. «Trovandoti là sola sulla montagna, ho pensato che fossi un tipetto... Be', vivace. Una donna moderna, spregiudicata, del tutto disinteressata al suo onore. Ora capisco di essermi sbagliato e mi fa piacere. Molto. Non mi sarei aspettato di trovare una straniera della tua età ancora vergine.» Kate arrossì violentemente. Vergine!, ripeté tra sé mentre immagini della sua relazione con Leon Clark le scorrevano davanti agli occhi. Tuttavia quella era acqua passata e, comunque, non erano affari di Philip. Non c'era motivo di parlarne adesso. Si limitò quindi a mormorare qualcosa sommessamente e ad abbassare gli occhi. «Dunque ti stai conservando per un unico uomo? Lo invidio, Katarina. Lui sa quale tesoro ha trovato in te?» «Chi?» replicò Kate senza capire. «Il tuo fidanzato» replicò Philip impaziente. «Fidanzato?» ripeté lei in tono interrogativo. Si era del tutto scordata di Andrew. Poi la scena del pomeriggio le tornò in mente e, con essa, fece capolino un'improvvisa vergogna per quella bugia. «Andrew non è il mio fidanzato» ammise a denti stretti, «sebbene sia un mio carissimo amico. Eravamo vicini di casa in un paese del Nuovo Galles. Quando ho deciso di trasferirmi in Europa, sono venuta a trovarlo a Nyssa. Ma non c'è alcuna relazione amorosa fra noi. Oggi ho mentito solo nel tentativo di dissuaderti. Mi dispiace di averti detto una bugia.» «L'hai fatto per una serie di buone ragioni» concesse lui magnanimo, senza mostrare alcun cenno di risentimento. «Quindi non posso proprio accusarti di nulla. Inoltre, sono contento che tu non abbia intenzione di sposare quel giovanotto così banale. Ma l'amore dunque non gioca alcuna parte nella tua vita?» «Non ho detto questo» replicò Kate un po' troppo in fretta. Pensò a Leon e un'ombra le passò sul viso. «L'amore è importante per me come per qualunque altra donna, ma non riesco a vederlo come un contratto d'affari, come sembrate fare voi greci. O come un gioco.» «Non ho mai detto di considerarlo come un affare o come un gioco» sospirò Philip sorseggiando il vino. «Uno sposa una donna per la dote, Angela Devine
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l'altro gioca con divorziate che vogliono divertirsi. Ma che cosa fa uno con un tipo come te? Una ragazza che vuole solo amore? Amore! Un'ambizione impossibile, ma che sta cominciando a intrigarmi, se devo essere sincero.» La sua voce era calda e vellutata, il suo sguardo caldo e intenso sembrava avere un potere ipnotico su di lei. Per un attimo Kate provò il folle impulso di cambiare idea sulla crociera. Rabbrividì e prese il proprio bicchiere. Doveva sottrarsi a quella malia, e alla svelta. «Con una ragazza come me si può discutere d'affari, per esempio» rispose con fermezza. «Veri affari, non questioni di dote o donazioni matrimoniali. Si può parlare di foto per le assicurazioni, dépliant turistici e altri generi di questo tipo...» «È la tua ultima parola sull'argomento?» chiese Philip, che non le staccava gli occhi di dosso. «Sì!» confermò Kate con veemenza. Con grande sforzo di volontà, prese la borsetta e guardò Philip. «L'unico rapporto che posso avere con te è di lavoro» ribadì. «Quindi o parliamo d'affari o me ne vado.» «E va bene» capitolò lui con un sospiro. «Passiamo agli affari. Sto per aprire un nuovo albergo a Ayios Dimitrios, nella parte orientale della penisola di Simonia. Si chiama Hotel Ariadne ed è molto diverso da questo, non tanto nell'architettura quanto nell'insieme. Fa parte di un complesso di attività destinate a fornire un lavoro stabile alla popolazione locale: ceramiche, tessuti, lavorazione delle olive, vigneti. Questo progetto è la realizzazione del sogno della mia vita. Io sono cresciuto in quel villaggio e gli abitanti non possedevano niente al di fuori del paesaggio meraviglioso. Non voglio creare una fonte di lavoro stagionale, ma un pacchetto economico completo per loro, così che possano avere un guadagno tutto l'anno e speranze per il futuro dei loro figli. Mi sta costando una fortuna, ma ne vale la pena. La maggior parte del lavoro fotografico pubblicitario è già stato fatto all'inizio dell'anno, ma pensavo di organizzare alcune proposte speciali fuori stagione e cerco qualcuno che lavori su questo aspetto. Ho bisogno anche di alcune foto del mio yacht per l'assicurazione. Pensavo che ti potesse interessare. L'albergo dispone di una camera oscura completamente attrezzata oppure, se preferisci, puoi mandare le foto a Salonicco per lo sviluppo.» «Ma... perché io? Non sono famosa.» «No, ma hai molto talento» rispose Philip stringendosi nelle spalle. «Se Angela Devine
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pensi che ti faccia questa proposta nel tentativo di sedurti, ti sbagli. Non tratto mai affari su questa base. È solo un lavoretto, naturalmente, ma così potrai guadagnare un po' di soldi e continuare a fare le foto che realmente ami. Come quei mulini di Mikonos che mi avevi mostrato. Ora, per quanto riguarda le condizioni del nostro accordo, mi servono le foto pronte entro un mese da oggi. Puoi alloggiare in uno dei villini dell'Ariadne. E lo stipendio è di...» La cifra che pronunciò fece rimanere Kate senza fiato. «Non posso crederci» mormorò lei. «Posso vivere un anno con tutti quei soldi e intanto fare le foto che mi piacciono: panorami, persone, composizioni di luci e ombre. Potrei persino permettermi un teleobiettivo decente...» «Ecco che parla l'artista!» esclamò Philip divertito. «Allora accetti?» «Certo. Quando vuoi che cominci?» «Domani, se puoi. Ti sta bene?» «Sì» rispose Kate, vagamente disorientata dal rapido susseguirsi degli eventi. «Avevo finito il lavoro agli scavi, quindi domani prenderò il primo autobus a disposizione.» «Non serve. Manderò qualcuno a prenderti. Ma c'è una cosa che tengo a sottolineare.» «Cioè?» «Io do un grande valore alla mia privacy e non voglio vederla invasa in alcuna circostanza. Ci sono individui, nel mondo dei mass media, che pagano profumatamente pur di avere notizie su personaggi ricchi e famosi. Non voglio trovare i miei gusti in fatto di vino, donne, auto o altro pubblicati sulla stampa scandalistica. Chiunque venda questo tipo d'informazioni su di me ne pagherà le conseguenze. Sono stato chiaro?» Non c'era alcun dubbio sulla sincerità di Philip. I suoi occhi scuri mandavano lampi e le sue mani erano serrate a pugno sul tavolo. «Non mi sognerei mai di fare una cosa del genere!» esclamò Kate indignata. La tensione si allentò un poco sul viso di lui. «Bene. Finiamo la nostra cena, adesso.»
3 La mattina dopo, l'autista di Philip andò a prendere Kate e, dopo circa Angela Devine
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un'ora di viaggio attraverso bianchi villaggi e angoli di natura selvaggia, giunsero finalmente ad Ayios Dimitrios. Kate rimase a bocca aperta davanti alla perfetta ricostruzione di un villaggio greco che le si apriva davanti agli occhi. Philip aveva voluto che il complesso fosse costruito nello stile tipico del posto, ma una differenza c'era: la copia era molto più bella di qualunque realtà. Stava ancora guardandosi intorno incantata, quando vide Philip venirle incontro. Come sempre, il respiro le si fermò per un attimo. Si scrutarono a lungo, poi lui chiese dolcemente: «Così sei venuta, alla fine?». «Come puoi vedere.» Di nuovo si fissarono e per un momento entrambi rimasero immobili. Kate lesse sul volto di Philip un tale desiderio che tutti gli scrupoli su Irene Marmara le scomparvero dalla mente. Se fossero stati soli si sarebbe gettata fra le sue braccia, assolutamente indifferente al fatto che lui fosse legato a un'altra. Ma non erano soli. L'autista era fermo vicino al bagagliaio dell'auto, con le valigie di Kate in mano, e guardava Philip attendendo ordini. «Porta i bagagli al villino della signorina Walsh, Yannis. Katarina, hai già fatto colazione?» «Sì, grazie.» «Allora vieni con me. Ti mostrerò il posto, così potrai cominciare a lavorare al più presto.» Kate afferrò la borsa col materiale fotografico, e lo seguì. La visita al luogo fu a dir poco impressionante. L'hotel meritava ampiamente la categoria lusso alla quale apparteneva. Oltre a camere sontuose c'erano una sala da ballo, cinque piscine, campi da tennis, un campo da golf a nove buche, un porticciolo e un parco giochi. Inoltre godeva di vedute magnifiche e di dintorni magistralmente realizzati. La parte che a Kate piacque di più fu però il vecchio villaggio originale di Ayios Dimitrios, dove Philip veniva salutato come un eroe popolare e anziane donne dal volto coperto di rughe, vestite di nero dalla testa ai piedi, gli offrivano caffè e ouzo. Dopo avere visitato anche la collina circostante, Philip la condusse al porticciolo a vedere l'Eleftheria, il lussuoso yacht di quarantasei metri che Kate avrebbe dovuto fotografare per l'assicurazione. Appena fu a bordo, lei si sentì improvvisamente trasandata di fronte Angela Devine
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all'opulenza e al lusso che la circondavano. «Buongiorno, Laki» disse Philip al comandante dello yacht. «Questa è la signorina Walsh. Deve fare alcune foto.» «Come sta, signorina?» chiese Laki sfiorandosi il berretto. «Sono a bordo i miei ospiti?» domandò Philip. «No, signore. Il signor Sauvignon, il signor Stavros e la signorina Irene sono fuori a pescare.» Kate quasi sobbalzò a quella frase. La signorina Irene. Si trattava forse di Irene Marmara, la fidanzata di Philip? Guardò interrogativa Philip, quasi aspettandosi di vedere il suo volto illuminarsi alla sola menzione di quel nome. Lui invece appariva preoccupato. «Sono andati da soli?» chiese serio. «No, signore. Come da sue istruzioni, Giorgios è andato con loro.» «Bene» replicò Philip con impazienza. «Li vedremo per pranzo. Vieni, Katarina, ti mostro lo yacht.» Lei lo seguì con un forte senso di disagio. Aveva lo stomaco serrato. Il pensiero di pranzare con Irene la riempiva di ansia. Ma lei non sa che ho passato la notte con Philip, si rassicurò. Né che lui mi ha baciato. E comunque d'ora in avanti fra noi ci sarà solo un rapporto di lavoro. L'imbarcazione era di una bellezza incredibile: le sale, le cabine, i bagni, tutto era di un lusso sfrenato, ma allo stesso tempo di ottimo gusto, curatissimo nei minimi particolari. Kate non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se avesse accettato l'invito di Philip. S'immaginò in mezzo al mare, in tutta quella ricchezza. Fantasticò su giorni passati prendendo il sole e facendo il bagno nelle acque blu del Mediterraneo e dell'Egeo. Su magiche notti trascorse fra le braccia di Philip fremendo di piacere alle sue carezze... «La mia cabina privata è proprio qui accanto» disse lui porgendole una mano. «Puoi lasciare qui il tuo materiale, mentre lavori, e utilizzare il bagno come camera oscura.» Aprì una porta che conduceva in un'ampia cabina, arredata con la stessa eleganza di una suite dell'Ariadne. Tappeti vellutati, una grande quantità di piante, un enorme letto al centro della stanza e oblò quadrati che consentivano di ammirare il mare cobalto all'esterno... «Se vuoi sistemare il tuo materiale qui dentro...» la invitò Philip aprendo la porta del bagno. Kate però non lo stava ascoltando. Si era fermata a osservare Angela Devine
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l'ingrandimento di una foto appesa a una parete. «Non è il villaggio di Theologos sul Thasos, quello? Sono stata lì con Andrew qualche settimana fa e ho fatto una foto esattamente dallo stesso punto.» Estrasse un portafotografie dalla tasca della borsa e cominciò a rovistare. «Eccola!» esclamò affiancandola a quella incorniciata sul muro per confrontarla. «Posso vedere?» chiese Philip. «Certo!» Gli porse il portafotografie e si sedette a un tavolo cominciando ad assemblare il suo materiale. Lui assunse un'espressione molto assorta, mentre confrontava le due foto. «La tua è di gran lunga la migliore» concluse. «Ed è davvero interessante. Come hai detto tu, sono state scattate quasi dallo stesso punto, ma la tua foto cattura l'atmosfera romantica e accattivante del villaggio in una maniera che l'altra non riesce a fare. Posso guardare anche il resto?» «Fa' pure. Ma non sono particolarmente emozionanti, sono per lo più studi di persone che ho incontrato.» Philip si sedette e incominciò a studiare le fotografie. Una in particolare, con un'anziana coppia che arrancava faticosamente lungo una strada, sembrò attirare la sua attenzione. Un'altra che lo interessò molto fu quella di una giovane madre che gettava in aria giocosamente il suo bimbo di fronte a una casa diroccata. «Quante cose riesci a comunicare senza parole, Katarina» commentò pensoso. «Guarda queste due persone anziane: sembri voler dire che, non importa quanto possa essere dura la strada, supereranno tutte le insidie perché le affronteranno insieme. E questa giovane donna con il suo bambino, felice e soddisfatta di fronte a quel rudere di casa! Forse ci stai dicendo che, per quanto sia povera, lei è ricca delle cose che contano davvero e fortunata abbastanza da capirlo?» «Suppongo di sì.» Kate si strinse nelle spalle, imbarazzata. «Non mi soffermo a pensarci, ma a volte sono profondamente commossa alla vista di persone che fanno cose piuttosto comuni. Le vite normali mi sembrano così ricche, talvolta, e ho il sospetto che non apprezziamo a sufficienza la semplicità. Comunque quando vedo qualcosa del genere cerco di catturare sulla pellicola i sentimenti che mi suscita.» «Ci riesci incredibilmente bene. Lo sai che hai un grande talento, vero?» Angela Devine
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«No, esageri» protestò Kate a disagio. «È gentile da parte tua, ma non è vero. I miei genitori si sono sempre lamentati perché non ero capace di fare niente, ed è ancora così. Mi sembra di non essere in grado di riconoscere le semplici gioie della vita, figuriamoci riuscire in qualcosa! Comunque ammiro la gente che sa accontentarsi e godere del poco che ha.» «Che sciocchezze sono queste? Riesci a fare fotografie dei miei compatrioti così suggestive da farmi quasi commuovere e mi vorresti far credere che sei una buona a nulla? Sei stata capace di rendere una sera ad Ayia Sofia un ricordo magico che serberò per tutta la vita e vieni a raccontare che non sai godere delle cose semplici? Come puoi essere così cieca su quanto vali, sull'effetto che produci sulle persone? Dovresti vivere una vita ricca, piena e soddisfacente sul lavoro. Dovresti avere una famiglia che ami e apprezzi le tue doti eccezionali.» Philip posò una mano sulla spalla di Kate e cercò con gli occhi il suo sguardo, ma lei si allontanò, le dita nervosamente intrecciate in una posa che tradiva tutta la sua inquietudine. «Non essere ridicolo! Non sono altro che una fotografa di scarso successo. I miei genitori hanno sempre ottenuto grandi risultati e so di essere un cruccio per loro. E chi altri potrebbe amare e apprezzare queste doti così uniche, come dici tu?» Tutto il corpo era teso e tremante di risentimento e la sua voce indurita dall'amarezza. Philip la fece volgere costringendola a fronteggiarlo e la attirò contro di sé. «Io!» rispose con veemenza seppellendo il volto nella massa dei morbidi capelli rossi. «Sei il tipo di donna che un uomo potrebbe venerare per tutta la vita, Katarina. Piena di carattere, amore e calore. Il sarcasmo non ti si addice proprio.» Per un attimo Kate rimase come incollata a lui, vinta dalla gioia proibita di quell'abbraccio, dalla dolcezza delle sue labbra che le sfioravano i capelli, dal magnetismo maschile che il corpo di Philip emanava. Poi lo spinse via brutalmente. «Tutto questo è molto bello. Ma tu sei già fidanzato e io non sono qui per farmi baciare, ma per lavorare! Adesso ti dispiacerebbe lasciarmi sola e farmi iniziare?» «Sì, purtroppo hai ragione» commentò Philip che, dopo un lungo e intenso sguardo, si girò di colpo verso la porta della cabina. «Fammi Angela Devine
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sapere se ti serve qualcosa. Io sarò nella timoniera. Ci vediamo alle due per il pranzo, va bene?» Rimasta sola, Kate sedette al tavolo. Il viso nascosto fra le mani, si abbandonò al pianto. Se solo Philip non avesse prodotto su di lei quell'effetto devastante! Ne era attirata inesorabilmente, come il ferro da una calamita. E poi, fra le sue braccia, era fin troppo facile credere che lui provasse le stesse emozioni. Ma Philip era fidanzato con Irene e, che l'amasse o meno, l'avrebbe sposata comunque. Nella sua vita non c'era posto per Kate Walsh. Tranne che come fotografa regolarmente retribuita. Sforzandosi di allontanare quei pensieri, Kate si alzò e iniziò a lavorare. Prima avesse finito le foto, prima se ne sarebbe potuta andare. E sapeva che quella era la soluzione migliore per tutti. Il resto della mattina le volò via, assorbita com'era nella sua attività. Solo quando sentì il rumore di una barca a motore che si avvicinava, si accorse che era già l'una e mezzo. Venne invitata ad accomodarsi in sala da pranzo, ma quando entrò la trovò vuota. Non sapendo cosa fare, si mise a passeggiare nervosamente ammirando i pesci colorati dell'acquario. «Si accomodi pure, signorina Walsh» le disse uno steward materializzatosi d'un tratto al suo fianco. «Il signor Andronikos ha appena ricevuto una chiamata, ma la signorina e gli altri stanno per arrivare. Posso servirle qualcosa da bere nel frattempo?» «Grazie. Una Perrier, per favore.» Mentre stava bevendo, un improvviso baccano oltre la porta annunciò l'arrivo degli altri. Con grande stupore di Kate, una ragazza dai capelli neri, che indossava solo un ridottissimo bikini rosso, si catapultò nella stanza seguita da un giovane abbronzato che le stava facendo il solletico. La ragazza rise e si contorse protestando, ma si bloccò di colpo quando vide Kate. I suoi occhi scuri avevano uno sguardo sfuggente e vacuo. «Chi diavolo sei?» chiese perentoriamente. Kate si alzò, girò intorno al tavolo e allungò la mano sorridendo. «Kate Walsh. Sono una fotografa. Sto lavorando sullo yacht per conto del signor Andronikos e mi ha invitato a pranzo.» «Accidenti!» esclamò la ragazza in bikini. «Non è il colmo, questo?» Ignorò la mano di Kate e si guardò intorno in cerca di sostegno. Un secondo uomo, bello, sui venticinque anni, dai capelli scuri, l'aveva seguita nella sala. La voce di lei si alzò di parecchi toni. Angela Devine
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«Stavros, Yves! Lo chiedo a voi! Non è troppo, questo? Ogni volta che Philip ha qualcuno a bordo che lavora per lui deve sempre chiedergli di pranzare con noi! Suppongo che il trovarsi bene con i servi gli derivi dal fatto di provenire lui stesso dal basso ceto. La prossima volta inviterà i meccanici o quelli delle pulizie. Be', io ne ho abbastanza, capito?» Si girò di nuovo a fronteggiare Kate, ma quasi perse l'equilibrio e dovette appoggiarsi a una sedia per non cadere. «Va' pure a mangiare con l'equipaggio, del quale fai parte» sibilò. Sconvolta da quella scena, Kate indietreggiò. Avrebbe preferito di gran lunga unirsi all'equipaggio, ma non fece in tempo ad abbozzare alcuna reazione. L'uomo dai capelli scuri le si avvicinò e la prese per un braccio. «La prego, signorina Walsh» le disse. «Aspetti! Mia sorella non pensa neanche una parola di quanto sta dicendo. Ha preso un colpo di sole. Avanti, si sieda e finisca il suo drink.» Con un paio di rapidi movimenti la fece tornare a sedere, poi prese la sorella per un braccio senza troppi complimenti. Dandole una scrollata, si lanciò in un torrente di parole in greco, di cui Kate non riuscì a capire nulla più del nome Andronikos. Qualunque cosa avesse detto, dovette comunque sortire il suo effetto, visto che Irene si lasciò cadere su una sedia, dove rimase per qualche minuto immobile fissando Kate, le labbra tremanti. Poi, quando suo fratello le ribadì con voce tagliente qualche parola in greco, capitolò. «Mi scusi, signorina Walsh» mormorò. «Naturalmente» ribatté Kate, anche se avrebbe gradito molto di più quelle scuse se non fossero state accompagnate da uno sguardo così velenoso. «Bene, adesso possiamo essere tutti amici e presentarci come si deve» disse Stavros con un accento molto più americano che greco. «Signorina Walsh, questa è mia sorella, Irene Marmara, la fidanzata di Philip Andronikos. Io sono Stavros Marmara e questo è un nostro amico, Yves Sauvignon. Ora, che cosa vogliamo bere?» Kate non poté eludere lo spiacevole sospetto che avessero già bevuto anche troppo. Il viso di Irene era rosso e sudato, Yves biascicava leggermente le parole e persino Stavros aveva gli occhi lucidi in maniera innaturale. Mentre discutevano sui meriti di due diverse marche di champagne, Philip apparve sulla porta e tutti azzittirono. Angela Devine
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«Buon pomeriggio. Mi dispiace di avervi fatto aspettare. Sono sorpreso che tu non abbia colto l'occasione per vestirti, Irene.» Il suo sguardo passò con disapprovazione sulla curva del seno nel ridotto bikini e si fermò sul braccio di Yves, che era appoggiato sulle spalle della giovane. «Sono sicuro che tutti saranno lieti di aspettare mentre andrai a metterti qualcosa di più appropriato.» «Non voglio creare complicazioni. Sto benissimo così come sono.» «Nessuna complicazione» replicò Philip. «Anzi, insisto. E adesso muoviti, Irene.» Kate trattenne il respiro nel sentire il tono gelido della sua voce. Per un attimo credette che Irene sarebbe sbottata come un bambino arrabbiato, invece la giovane ereditiera si limitò a chiudere la bocca e uscire dalla sala. Quando rientrò, dopo pochi minuti, indossando un abitino di Givenchy a strisce rosse e bianche, Philip la salutò sollevando il proprio bicchiere di aperitivo. «Stai molto bene, così» disse sincero. «Davvero? Grazie per essertene accorto.» Il pranzo fu un tormento per Kate, sia per la tensione fra i due sia per l'impossibilità di trovare un argomento di conversazione d'interesse comune. Quando Philip si alzò per riprendere a lavorare, anche lei ne approfittò per allontanarsi, lieta di abbandonare quella compagnia dov'era chiaramente indesiderata. Mentre si rimetteva a lavorare, non poté fare a meno d'interrogarsi sulla natura del rapporto fra Irene e Philip. Era evidente che la giovane greca era troppo fatua e superficiale per interessare il suo promesso sposo. Quel matrimonio combinato sembrava quindi destinato al fallimento, ma... Non sono affari miei, concluse con fermezza. E se dovessi incontrare ancora Irene, cercherò di comportarmi il più gentilmente possibile con lei. Tuttavia si sentì più libera quando, verso le tre, udì il rumore della barca a motore allontanarsi per un'altra battuta di pesca. Al rientro, qualche ora dopo, Irene e gli altri erano così ubriachi che riuscirono a malapena a ormeggiare. Nikos, il segretario di Philip, si era avvicinato per aiutarli, ma proprio mentre Yves gli passava la fiocina dalla barca, Irene si sporse per fargli il solletico. Colto di sorpresa e distratto, il francese fece partire dalla fiocina un colpo che raggiunse in pieno il braccio del povero Nikos. Angela Devine
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Kate, che aveva assistito alla scena, si precipitò sul pontile. «State lontani!» gridò. «Fatemi vedere. Oh, no, ha preso un'arteria. Bisogna fermare il sangue!» Nessuno intorno a lei si mostrò in grado di fare qualcosa di utile. Così, incurante del sangue che spruzzava, Kate s'inginocchiò accanto a Nikos, cercò di sostenerlo e di rallentare l'emorragia. «Presto! Bisogna portarlo da un medico prima che muoia dissanguato!» In quel momento apparve Philip. «Philip! Aiuto! Aiuto!» lo chiamò, stravolta e coperta di sangue. Le fu accanto in un istante. «Katarina, che cosa ti è successo!» «No! No! A me niente! Non sono io, sto bene» tentò di spiegargli quando capì che si stava preoccupando per lei. «È Nikos. È stato colpito dalla fiocina. Per favore, bisogna portarlo da un medico!» In qualche modo riuscirono a spostare il ferito giù dal pontile verso la riva. Solo quando Nikos fu caricato su un'ambulanza e portato in ospedale, Kate si rese conto di essere sull'orlo di una crisi di nervi. Tremava dalla testa ai piedi, batteva i denti. Aveva bisogno di bere qualcosa di forte, di togliersi di dosso gli abiti sporchi di sangue, di una doccia bollente che la ritemprasse. Quando raggiunse il villino dove alloggiava, accompagnata da Philip e dal medico, la cameriera intenta a passare l'aspirapolvere l'accolse esattamente come c'era da aspettarsi vedendola in quello stato. Lanciò un grido, le corse incontro e la prese per le spalle. «Signorina, che cos'è successo? Si è fatta male?» «No, io sto bene. Qualcun altro si è ferito. Nikos Vassiliou, il segretario del signor Andronikos.» La ragazza sbiancò. «Nikos?» esclamò. «Ma è mio fratello! Io sono Anna Vassiliou. È grave?» «Credo che guarirà presto. Perché non va a chiedere al medico? Ci ha accompagnati sin qui.» «Oh, grazie, tomo subito!» Mentre Anna si precipitava fuori, Kate s'incamminò verso il bagno. Dopo dieci minuti trascorsi sotto il getto dell'acqua bollente si sentì molto meglio. Stava cominciando ad asciugarsi, quando sentì un battito alla porta. Si avvolse in un asciugamano e aprì chiedendo: «Anna?». No. Non era Anna. Era Philip. I loro sguardi si avvinsero e, Angela Devine
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inconsciamente, Kate si strinse l'asciugamano addosso. «Pe... pensavo che... fo... fosse Anna» balbettò con una voce che non sembrava più la sua. «Non riuscivo a farmi sentire dalla porta d'ingresso con l'acqua della doccia che scorreva, così sono entrato. Scusa» replicò Philip. «Ho mandato Anna in ospedale da Nikos.» «Come sta?» chiese Kate sedendosi cautamente su una poltrona e stringendosi nervosamente le braccia intorno al corpo. «Il medico è ottimista. Secondo lui, hai salvato la vita di Nikos. Comunque gli ha fermato l'emorragia e dice che gli faranno una trasfusione a Salonicco. Non sapremo nulla di più finché non chiamerò l'ospedale, stasera. Ma adesso è per te che sono preoccupato.» «Per me?» ripeté Kate alzandosi e camminando per la stanza. «Perché sei preoccupato per me? Io sto benissimo.» All'improvviso Kate fu conscia della presenza virile, calda e silenziosa alle sue spalle. Poi le mani di Philip s'impadronirono delle sue spalle e la costrinsero con una leggera pressione a volgersi. «Quando ti ho visto coperta di sangue, sono morto mille volte» disse lui, il respiro affannoso. «Ero convinto che stessi morendo e ho potuto solo darmi del pazzo per non avere mai fatto questo.» L'attrasse con forza fra le braccia e la baciò. I suoi baci appassionati e selvaggi suscitarono in Kate un desiderio incontenibile. Un gemito sottile le sfuggì quando Philip la portò sul letto. Iniziarono ad abbracciarsi freneticamente. L'asciugamano di Kate si aprì e Philip lo gettò in mezzo alla stanza con impazienza. Poi la percorse di calde carezze tormentandole delicatamente i capezzoli, sfiorando le cosce levigate, strappandole fremiti e mugolii di piacere. Lei lo ricambiava stringendolo forte a sé, inarcandosi contro il suo corpo virile. «Ti amo, Katarina» sussurrò Philip, mentre continuava a baciarla. Lei emise un vago mormorio continuando ad avvinghiarsi a lui. Tornò in sé solo quando Philip si alzò e incominciò a slacciarsi la camicia. «No!» gli gridò allora sedendosi bruscamente sul letto. «Perché no?» ansimò lui, sfilando la camicia e fermandosi con le mani sulla fibbia della cintura. «Ti voglio, Katarina. Ti voglio più di quanto abbia mai voluto un'altra donna in tutta la mia vita. E anche tu mi vuoi, non è vero?» La vibrazione profonda della sua voce e il modo in cui la guardava Angela Devine
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strapparono a Kate un altro brivido di desiderio. Ma lei recuperò un angolo di copriletto per coprirsi. «No» ribadì debolmente. «Stai mentendo» sussurrò Philip. La prese delicatamente per i capelli e la costrinse a guardarlo negli occhi. «Non è vero, amore mio?» Poi, mentre riprendeva a baciarla e accarezzarla, insistette: «Non è vero?». «Sì!» gridò Kate con voce tormentata allontanandolo nuovamente da sé. Si alzò in piedi drappeggiandosi il copriletto intorno al corpo e attraversò la stanza. «D'accordo, Philip» disse piano. «Sai benissimo che ricambio completamente il tuo desiderio. Adesso che lo sai senza alcun dubbio, ti prego di andartene.» «Lo pensi davvero?» ribatté lui con rabbia. «Ma che cosa credi? Che stessi facendo le prove di qualche stupida supposizione?» «Non è forse così?» replicò Kate astiosa prendendo la borsa da viaggio e cercando qualcosa da indossare. «No!» ringhiò Philip. «Perché mai dovrei farlo?» «Perché voi uomini siete tutti uguali! Volete solo un rapido rapporto sessuale per provare la vostra virilità e poi schizzate via come proiettili!» «Capisco» dichiarò lui in tono ironico. «Hai avuto delle esperienze, vero?» Kate esitò. Fu tentata di dirgli la verità sulla sua storia squallida con Leon, di raccontargli l'orrore che aveva provato quando aveva saputo che l'uomo che l'aveva sedotta era già sposato. Ma la vergogna la trattenne. «Non esattamente. Però questo non significa che non sia rimasta ferita. E, tanto perché tu lo sappia, non ci tengo a essere il trofeo di alcuno. Se vuoi convincermi ad avere una... una volgare relazione con te, puoi proprio scordartelo!» Philip le si avvicinò. «Non voglio avere alcuna volgare relazione con te!» esclamò in tono indignato e frustrato. «Ah, no? Dal mio punto di vista, avrei detto il contrario» replicò Kate. Lui si alzò e cominciò a passeggiare nervosamente per la stanza. «Supponiamo, supponiamo solamente, che io non fossi fidanzato con Irene. Allora ti metteresti con me? Voglio la verità, Katarina!» «Se intendi chiedermi se verrei a letto con te, la risposta è no. Farò l'amore soltanto con l'uomo che sposerò.» Angela Devine
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«Capisco» rispose Philip pensieroso. «E se tu sapessi che sono libero e che voglio sposarti?» «Come faccio a rispondere a questa domanda?» mormorò Kate arrossendo violentemente. «Credo che tu l'abbia già fatto» rispose Philip con dolcezza, gli occhi fissi sulle sue guance di brace e sullo sguardo timidamente distolto. Raccolse la camicia, si rivestì e si avvicinò alla porta. «Domattina vado a Salonicco a visitare Nikos. Vuoi venire con me?» Notando l'esitazione di Kate, precisò: «Si tratta di lavoro. Potrai fare rifornimento di pellicole». «D'accordo» rispose lei aprendogli la porta. «Ti vengo a prendere alle nove» concluse Philip baciandola sulla fronte. Nessuno dei due notò la ragazza con i capelli scuri e l'abito a strisce bianche e rosse che stava scendendo dal sentiero in quel momento. Impietrita per un istante, corse subito via, il viso distorto dalla rabbia.
4 Kate stava ancora facendo colazione quando qualcuno bussò. «Sei in anticipo, Philip» disse mentre apriva la porta. «Sono solo le otto e... Oh!» Non era Philip, ma Stavros Marmara. «Posso entrare?» chiese lui esitante. «Certo» rispose Kate sorpresa. «Vuoi del caffè?» «Sì, grazie» rispose seguendola in sala da pranzo. «Sei venuto a chiamarmi per giocare a tennis?» domandò Kate osservando la perfetta tenuta da gioco del giovane greco. «O posso fare qualcosa per te?» «In verità» esordì Stavros dopo un lungo sospiro, «è una situazione un po' imbarazzante. Ma prima voglio scusarmi con te per l'incidente di ieri. È stata tutta colpa nostra. Eravamo un po' sbronzi e ci siamo comportati da stupidi. Meno male che c'eri tu: hai salvato la vita di Nikos.» «Ho solo fatto quello che avrebbe fatto chiunque altro» rispose Kate con un certo imbarazzo. «Chiunque altro che non fosse ubriaco e completamente incapace» la corresse Stavros con una smorfia di vergogna sul viso. «Comunque, voglio esprimerti la nostra gratitudine, mia e di Irene. Il che rende ancora più Angela Devine
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difficile quello che devo dirti.» «Sì?» «Irene ha visto Philip uscire di qui ieri sera.» In quel momento fu Kate a provare vergogna. Non riuscì a impedirsi di avvampare, ma seppe mantenere la calma. «Sì, è passato a discutere una questione di lavoro» rispose con voce ferma e decisa. «Ha deciso di portarmi a Salonicco, oggi, per acquistare del materiale fotografico.» «Mi auguro per te che questo sia davvero tutto ciò che Philip ha deciso» insinuò Stavros. «Non capisco...» «Non so come dirlo» continuò lui, «ma a Philip piacciono molto le donne. In tutti questi anni si è creato un vero e proprio harem, però non gliene è mai importato nulla. Prima o poi sposerà Irene. Tutte lo sanno, perciò di solito nessuna soffre. Ma tu non mi sembri il tipo con cui di solito il mio futuro cognato si accompagna.» «Per esempio?» «Ricche sgualdrine in cerca di sensazioni» rispose Stavros stringendosi nelle spalle. «Be', non c'è bisogno che ti preoccupi per me» replicò Kate gelida. «Il signor Andronikos prova per me solo un interesse professionale, come del resto io per lui.» «Scusami. Immaginavo di sbagliare anche solo a parlartene. Comunque ora mi sento più sollevato. Sai, Irene si sta consumando in lacrime. Fa tanto la donna vissuta, ma in realtà è solo una bambina. È pazza di Philip e non sopporta di essere presa in giro da lui.» Finì il suo caffè e, dopo averla ringraziata, se ne andò. Appena la porta si richiuse alle sue spalle, Kate crollò su una sedia, si prese il viso tra le mani e scoppiò in lacrime. Conosceva Philip da meno di una settimana, ma quel breve periodo era bastato a mandare a gambe all'aria tutto il suo mondo. L'unica certezza rimastale, in quel momento, era la profonda confusione che regnava nel suo animo. E ne era irritata. Sin dal primo istante Philip aveva esercitato una pericolosa, magnetica attrazione su di lei. Ma non era solo una questione fisica: se così fosse stato, sarebbe scappata lontano un miglio. Erano passati soltanto sei mesi da quando era finita la storia con Leon Clark e lei era ancora troppo ferita per potersi permettere il rischio di un'altra delusione. Angela Devine
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Forse Stavros aveva ragione... Era possibile che davvero Philip la vedesse come una delle tante compagne occasionali della categoria usa e gettai A voler essere realisti, era l'eventualità più probabile. Qualunque cosa avesse inteso dire Philip la sera prima, accecato dalla passione, sarebbe davvero stato disposto a rompere il fidanzamento con Irene? «No» si rispose a voce alta. «Certo che no.» Guardò la propria immagine malamente riflessa sulla superficie d'acciaio della macchinetta per il caffè. Era fin troppo facile avere una visione distorta della realtà quando Philip le era vicino, ma lei avrebbe mantenuto il controllo di se stessa. Devo ricordarmi due cose, si raccomandò. Irene lo ama e il mio rapporto con lui dev'essere solo di lavoro. Quando Philip arrivò, poco dopo le nove, era pronta per uscire. «Ciao! Hai dormito bene?» chiese lui con dolcezza, scrutandola. «Sì, grazie. E tu?» gli rispose in tono formale con un mezzo sorriso. Lui la squadrò lungamente prima di chiedere: «Cosa c'è che non va?». «Niente!» «E allora perché mi guardi come se fossi un mostro?» «Non è vero!» negò lei. «Non importa. Andiamo» continuò allora lui con calma. Si avviarono e trascorsero la prima ora di viaggio chiacchierando amabilmente. Kate raccontò a Philip della propria infanzia, di un grande incendio che aveva filmato per un telegiornale, dei luoghi visitati in Europa e di vari corsi, di aggiornamento professionale e non, che aveva frequentato. Philip a sua volta le parlò dei successi e degli ostacoli che avevano costellato la sua ascesa dalla povertà alla ricchezza. Lei lo ascoltava affascinata. Chissà perché aveva creduto che, dopo le grandi difficoltà incontrate al momento di costruire il primo albergo, tutto per lui fosse andato liscio come l'olio. In realtà il racconto di Philip rivelava una situazione ben diversa: un grande incendio, il fallimento di una banca, ostacoli frapposti dagli enti locali e uno sciopero delle linee aeree erano stati momenti negativi che si erano trasformati in incentivi a stringere ulteriormente i denti e andare avanti. Kate provò nuovo rispetto per l'uomo che le stava al fianco, per la vitalità, la forza e la determinazione di cui sapeva dare prova. «Penso che nulla possa fermarti quando vuoi veramente qualcosa» commentò mentre si avvicinavano a una piccola area di sosta attrezzata per i picnic. Angela Devine
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«Probabilmente» concordò lui. «Ti spiace se ci fermiamo un attimo? Ho bisogno di una pausa.» «Figurati!» Philip fermò la macchina e cominciò a massaggiarsi i muscoli del collo. «Se avessi un minimo di cuore, lo faresti tu. Quello che mi serve davvero è il tocco di una donna» mormorò. «Quello che ti serve davvero è un busto» replicò Kate indietreggiando. «Non hai detto di avere seguito un corso di massaggio svedese, una volta? Tutto quello che chiedo è di dare prova sul mio collo della tua acquisita abilità. Ho lavorato al computer sino alle tre di questa mattina e mi sembra di avere un coltello conficcato all'altezza della cervicale.» «Sul serio?» Kate restava sospettosa. «Sul serio!» «E va bene. Togliti la giacca.» Philip sedette su una panca, i gomiti sul tavolo da picnic. «Ora chiudi gli occhi» ordinò Kate. «Chiudere gli...? E va bene, sei tu il capo.» «Fa parte della terapia» lo rassicurò lei. «Respira profondamente e lentamente. Adesso che cosa senti?» «Niente.» «Ascolta meglio.» Lui tacque per un istante. Kate gli si mise di fronte e lo guardò rilassarsi, mentre sul suo viso un'espressione attenta si sostituiva a quella tesa di poco prima. «Vento fra gli alberi» mormorò Philip. «Cinguettio di uccelli, la campanella di una capra in lontananza.» «Bene» continuò lei, soddisfatta, girandogli intorno. «E adesso che odori senti?» chiese mentre gli appoggiava le braccia sulle spalle e con il proprio peso le spingeva verso il basso per romperne la tensione. «Mm. Aghi di pino. Qualche pianta aromatica. Terra calda, secca.» Kate strofinò con forza la schiena di Philip su entrambi i lati della colonna vertebrale, poi massaggiò le spalle sapientemente, varie volte. Solo quando lo udì sospirare e sentì i muscoli rilassarsi sotto le dita, passò a concentrarsi sul collo. «Allora, come ti senti?» chiese quando ebbe finito. «È incredibile» ammise lui aprendo gli occhi e guardandosi intorno. «Non posso crederci. Ho cominciato a notare cose di cui non mi ero Angela Devine
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accorto prima. Come la durezza del tavolo sotto i gomiti, il ronzio delle api. Aspetti che non realizzavo perché ero troppo assorto in altri pensieri. Sei stupefacente, Katarina, davvero!» Lei si strinse nelle spalle, imbarazzata. «Per finire veramente il trattamento dovresti guardarti intorno e dire che cosa vedi ora che hai riaperto gli occhi.» «Cielo azzurro» rispose Philip dopo avere spaziato con lo sguardo tutt'intorno. «Uliveti in lontananza. Cespugli, oleandri quasi in fiore, arbusti. Ne mangiavamo sempre le bacche, da piccoli. Sembrano fragole, ma sono un po' più dure. Ecco, assaggiane una.» Raccolse un frutto maturo, glielo accostò alle labbra e rimase immobile a guardarla come se volesse memorizzare ogni dettaglio del suo nasino, della pelle vellutata, degli occhi verdi dall'espressione preoccupata. «Mi fai sentire come se fossi nato cieco» disse dolcemente prima di baciarla con un'intensità struggente. Kate dovette fare un enorme sforzo per allontanarlo da sé. «Basta, Philip!» gridò. «Non voglio essere una del tuo harem!» «Una del mio... Che cosa?» domandò lui con espressione incredula. «Il tuo harem. Le donne che usi e getti.» «Chi ti ha detto una scemenza del genere?» chiese lui, mentre la tensione di colpo gli ritornava sul viso. Kate si spaventò dinanzi alla rabbia che improvvisamente gli lesse negli occhi. «Che importanza ha?» ribatté sulla difensiva. «Chi te l'ha detto?» insisté lui prendendola per un braccio. «S... Stavros.» Philip imprecò in greco. «E quando avreste avuto questo tipo di conversazione?» «È venuto da me questa mattina.» «Capisco. E ti ha detto che ho un harem.» «Ha detto che hai relazioni da anni, ma che non significano niente perché tutti sanno che sposerai Irene e di solito nessuno ne soffre. Ma ha aggiunto che io sono diversa dalla maggior parte delle tue donne.» Philip emise un sospiro. «Allora è vero?» chiese Kate. «Dannazione, Katarina, cerca di capire» replicò Philip a denti stretti. «Questo fidanzamento è stato combinato quattordici anni fa. Avrei dovuto vivere come un monaco tutto questo tempo?» Angela Devine
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«Allora Stavros ha ragione?» Kate si sentiva desolata, adesso. Le pareva che una stilettata le trafiggesse il cuore. «Avevi intenzione di usarmi e poi buttarmi via?» «No!» negò Philip. «Senti, Katarina. Stavros è un vero maestro nel mentire e distorcere la realtà a suo vantaggio. Sta solo cercando di metterti contro di me.» «Come faccio a sapere che non sei tu a volermi mettere contro di lui?» contrattaccò Kate. «Se devi riconoscere che ciò che ha detto è vero, perché non dovrei credergli?» «È cattivo» sbottò Philip. «Sotto l'aspetto sorridente e da bravo ragazzo nasconde un animo perfido. Non voglio che tu abbia più a che fare con lui. È chiaro?» «No, non lo è affatto!» rispose lei rabbiosamente, incredula e indignata. «Da quando in qua hai il diritto di decidere con chi posso avere a che fare? E comunque, che cos'avrebbe fatto Stavros di così orribile?» «Non posso dirtelo. So di lui cose che non sa neanche sua madre, e voglia il cielo che non ne venga mai a conoscenza. In un certo senso mi sento responsabile. L'avevo convinta io a mandare Stavros a studiare negli Stati Uniti, dove lui ha purtroppo incontrato gente poco affidabile. Ragazzi con troppi soldi e nessuna guida. Credimi e basta, quando dico che non devi avere a che fare con lui.» Lei era sconvolta, anche se fingeva di nasconderlo. Dopotutto, non aveva alcuna prova che Philip stesse dicendo la verità. Ripensò di nuovo al sorriso infantile ed esitante di Stavros e scosse la testa. «Non riesco a crederti. Ma anche se fosse vero, non cambierebbe nulla. Voglio dire, Stavros ha ragione. Non sono una ragazza facile. Detesto pensare a Irene che stanotte ha pianto tutte le sue lacrime perché ti aveva visto con me.» «Irene? Fare che cosa?» chiese Philip incredulo. «Piangere tutte le sue lacrime» ripeté lei titubante. «O almeno così ha detto Stavros.» «Se può consolarti, posso dirti che ieri sera Irene è stata al bar dell'hotel fino oltre mezzanotte. Mi è sembrata di ottimo umore, mentre beveva Alexanders e flirtava con Yves Sauvignon. Se solo tu aprissi gli occhi, ti accorgeresti che Irene non è innamorata di me più di quanto io lo sia di lei.» «Forse hai ragione tu» ammise Kate stringendosi nelle spalle, «ma sei il suo fidanzato. E finché lo sarai, fra noi potrà esserci solo un rapporto di Angela Devine
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lavoro. È molto semplice.» «La vita non è mai semplice!» replicò Philip con veemenza. «Vorrei per primo che lo fosse. Invece, complicato o no, mi sono innamorato di te dal nostro primo incontro. E intendo averti. Dimmi solo una cosa: se non fosse per Irene, ti lasceresti andare? Ti potresti innamorare di me?» I suoi occhi la scrutavano intenti cercando la verità. Per un istante Kate cercò di evitarli, mentre il suo cuore batteva all'impazzata. Poi Philip le sollevò il mento costringendola a guardarlo. «Sai che lo farei» gli sussurrò allora, con gli occhi bassi. «Era tutto ciò che volevo sapere» replicò lui esultante attirandola contro di sé per un attimo. «Vieni, ora. Andiamo a Salonicco.»
5 Le due settimane successive furono molto difficili per Kate. Sul fronte del lavoro stava toccando il cielo con un dito. Philip era rimasto estasiato dalle foto dello yacht. Le aveva addirittura trovate troppo belle per l'uso di documentazione ai fini assicurativi cui erano destinate. A suo parere, erano un'opera d'arte. Kate era adesso impegnata a lavorare per i dépliant turistici. Si era innamorata di quel luogo e passava ore e ore a riprenderne ogni angolo per catturarne la bellezza, sentendosi in totale sintonia con l'armonia dei paesaggi, lo splendore dei panorami, la luce piena ed esaltante di quei luoghi. Peccato che sul fronte dei sentimenti fosse tutta un'altra musica. Dopo il viaggio a Salonicco, durante il quale Philip le aveva ribadito quanto la sua vita fosse cambiata da quando l'aveva conosciuta e come non potesse restare senza di lei, Kate aveva preso la decisione di tenersi alla larga il più possibile da lui. Purtroppo, si era presto resa conto di quanto fosse difficile mantenere questo proposito. Come una falena attirata dalla fiamma fatale della candela, finiva per lasciarsi attrarre da Philip... E pensare che si era già bruciata una volta le ali con quel mascalzone di Leon... Eppure si sforzava di stargli lontano. Ricorreva a tutte le scuse per darsela a gambe ogni volta che Philip si avvicinava al villino, ma non riusciva a ingannare nessuno dei due. Lei e Philip avevano bisogno l'uno dell'altro. Kate sentiva il suo sguardo pieno di desiderio scivolarle sulla pelle come una carezza e, a sua volta, si scopriva sempre di più avida di Angela Devine
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baci e intimità. La mattina dell'inaugurazione del villaggio, Kate fu svegliata da un timido bussare alla porta. «Salve!» disse una voce vagamente familiare. «Salve» rispose lei, insonnolita, sfregandosi gli occhi. «Oh, Anna, sei tu. Che cos'hai lì?» «Loukoumathes» scandì l'altra orgogliosa deponendo un vassoio sul comodino. «Fatti da me.» «Loukou... che?» «Loukoumathes» ripeté Anna lentamente. «Guarda» aggiunse mostrando il vassoio pieno di dolcetti dorati e croccanti, ricoperti di miele. «Ti piacciono? Li ho fatti per te, perché hai salvato mio fratello.» «Anna! Come sei gentile!» esclamò Kate. «Hanno un aspetto delizioso.» Anna osservò con approvazione Kate mentre mangiava i dolci e beveva il caffè. Poi, tirò fuori un altro pacchettino. «Anche questo è per te» disse sorridendo. «Ma Anna!» esclamò Kate dopo aver disfatto il pacchetto. «Queste sono tende di pizzo lavorate a mano! Devono esserti costate mesi di lavoro...» «Le ho fatte per la mia dote» le spiegò Anna nel suo inglese melodioso dopo avere annuito orgogliosamente, «ma ora sono per te. Per la tua dote.» Kate fu tentata di spiegare che non poteva accettare un dono così prezioso. Comprese tuttavia che quel rifiuto sarebbe probabilmente stato interpretato come un insulto. Proprio perché erano così belle e rare Anna le stava regalando quelle tende... «Grazie» disse allora con sincero entusiasmo. «Sono meravigliose. Le terrò molto care.» Le due donne si guardarono con rispetto, poi la cameriera sorrise e si mise al lavoro. Kate rimase a osservare le tende per un paio di minuti, quindi scese dal letto, frugò nella borsa e andò in bagno, dove Anna stava lavorando. «Anna» disse titubante, «anch'io vorrei regalarti qualcosa. Accetteresti questa cassetta?» Anna abbassò lo sguardo sul nastro che Kate le stava offrendo. Era una raccolta di canzoni di Brace Springsteen. «Grazie!» acconsentì deliziata. «È molto bella.» Finse di mettersi il walkman e abbozzò qualche passo scatenato di danza. Poi indicò il vestito da sera appeso in bagno. Philip aveva voluto Angela Devine
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comprarlo a Kate quando erano stati a Salonicco perché lo indossasse al gala d'inaugurazione del villaggio. «Bellissimo!» esclamò Anna con ammirazione. «Te lo metterai stasera?» Prese lo spruzzatore di profumo che veniva dato in omaggio dall'hotel insieme con altri articoli da toilette, ma Kate scosse la testa. «Non posso. Sono allergica.» «Ah!» annuì Anna. «Senti, perché non lo prendi tu? E anche il talco. Io non posso usarli.» Kate raccolse le boccette e la scatoletta e gliele mise in mano. «Va bene?» «Va bene» rispose l'altra con aria complice. «Mi profumerò per la festa. Grande festa ad Ayios Dimitrios, oggi. Andrai al ballo di apertura?» «Non lo perderei per niente al mondo.» C'erano grandi festeggiamenti in tutto il complesso turistico, quel giorno. Il villaggio stava celebrando nel proprio stile con agnello allo spiedo, musica di bouzouki e balli tradizionali, mentre l'hotel ferveva di mille attività. Ospiti provenienti dall'aeroporto di Salonicco, dove erano giunti a bordo di voli speciali, continuavano ad arrivare. Per la prima volta i ristoranti, le piscine, ogni angolo erano gremiti di gente preoccupata solo di divertirsi. Una banda greca suonava sulla terrazza in riva al mare e una piccola regata si stava svolgendo nella baia. Ma la vera attrazione sarebbe stata il gala di inaugurazione, con la cena e il ballo. Mentre s'infilava nel suo abito dorato, Kate notò che le tremavano le mani. Per la prima volta si chiese preoccupata che ruolo avrebbe avuto alla festa. Philip le aveva detto scherzoso di non desiderare che il suo fotografo ufficiale partecipasse alla serata in jeans e maglietta, ma non aveva aggiunto particolari sul genere di foto che lei avrebbe dovuto scattare. Il peggio, pensò Kate, era che non sapeva nemmeno se dovesse ritenersi invitata alla cena ufficiale o se le toccasse festeggiare nella sala del personale. Non poteva fare a meno di ripensare alla spiacevole scena sulla yacht, quando Irene le aveva detto di starsene con l'equipaggio. Comunque una cosa era certa: Irene Marmara, e non Kate Walsh, sarebbe stata al fianco di Philip durante tutta quella serata, sorridente e felice. Mentre si avvicinava al salone della festa, fra fuochi d'artificio e musica, Kate si sentì un po' più di buonumore. Decise di non lasciarsi sciupare l'occasione né da Irene né da Philip. La soluzione era rilassarsi e divertirsi, per quanto possibile. Angela Devine
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Non appena arrivata, incontrò Dorothea, una delle responsabili dell'hotel. «Salve, Dorothea. Dove devo andare? Philip aveva accennato di volermi come fotografa della serata, ma non mi ha detto di più. Non so neanche se sia stata invitata alla cena ufficiale.» «Certamente sì. Aspetta un attimo, Kate» rispose l'altra allontanandosi. Tornò dopo un istante e confermò: «Sei al tavolo della stampa, con gli altri giornalisti e fotografi. So che Philip ha assoldato altri due fotografi, quindi penso che stia a te decidere che foto fare. Solo un avvertimento: se qualche giornalista ti volesse strappare indiscrezioni sulla vita privata di Philip, non dire nulla. Niente lo fa infuriare di più che leggere i suoi fatti personali sui giornali». «Grazie, Dorothea, lo terrò presente e ci starò attenta.» Kate seguì con lo sguardo la donna che si allontanava fra la folla accalcata nell'ingresso principale e, all'improvviso, il suo cuore mancò un colpo. Philip era in mezzo a un gruppo di persone in abito da sera. Kate riconobbe una stella della televisione americana, un politico greco e un famoso armatore, ma presto, quando gli occhi di Philip incontrarono i suoi, tutti gli altri volti si fecero sfocati. Era come se fossero loro due soli nella sala. O in cima a una montagna. Lo sguardo di Kate rimase avvinto a quello di Philip e lei si sentì travolgere da una forte corrente di emozioni. Ti amo, Philip, pensò e seppe che lui aveva udito quel grido silenzioso. Ma subito, con indifferenza, Philip distolse lo sguardo e rivolse un sorriso incantevole a Irene, che era al suo braccio. Kate si sentì così ferita da sentirsi quasi mancare. Mentre flash di macchine fotografiche scattavano tutt'intorno per riprendere la coppia felice, lei si chiese indignata se fosse così che Philip voleva farle passare il resto della vita. Come l'amante silenziosa che rimaneva a guardare nell'ombra mentre la moglie stava sotto le luci della ribalta? Accidenti a lui! Con il trascorrere della serata, il disagio di Kate lievitò ulteriormente. La cena fu sontuosa, ma lei notò a malapena il cibo. Era troppo intenta a guardare Philip e Irene. I due fidanzati tubavano che era uno spettacolo. Sembravano davvero due teneri piccioncini. Ogni volta che scattava un flash Philip stava Angela Devine
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accarezzando un braccio di Irene o piegando la testa con sollecitudine per ascoltare le sue chiacchiere. E quando finalmente ebbe luogo l'inaugurazione ufficiale, Philip abbracciò la fidanzata e la condusse al centro della pista da ballo. «Signori e signore» disse con voce forte e profonda sollevando una coppa di champagne. «Voi tutti sapete che l'apertura di Ayios Dimitrios rappresenta per me la realizzazione di un sogno. Non voglio interrompere la festa, ma prima che riprendiate a divertirvi vorrei ricordare due brave persone di questo posto che hanno reso possibile la concretizzazione del progetto. Purtroppo, Con Marmara e Aristo Andronikos non sono più fra noi, ma sono certo che il loro spirito stasera è qui. Signore e signori, vorrei fare un brindisi: a Con e Aristo!» «A Con e Aristo!» esclamarono tutti sollevando i calici. Ma non era finita. Philip fece segno a un cameriere e continuò: «E dato che Con non può essere qui, vorrei dare a sua figlia Irene un piccolo dono a riconoscimento di quanto io debba alla famiglia Marmara». Aprì un cofanetto di velluto rosso che conteneva una collana sfavillante di diamanti. Ci fu un sussulto di ammirazione fra i presenti mentre Philip estraeva il prezioso gioiello dalla scatola e lo allacciava al collo di Irene dandole un leggero bacio sulla guancia. Mentre tutti i giornalisti si erano alzati per fotografare l'evento, Kate si sentì come se qualcuno l'avesse spinta giù da un dirupo. Senza dubbio Philip aveva tutti i diritti di onorare la memoria di Con Marnara, ma difficilmente avrebbe potuto dare una dimostrazione più plateale del vincolo che lo legava a Irene. Ripensando agli avvertimenti di Stavros, fu percorsa da un'ondata di amarezza. Stupida!, si disse. T'illudevi davvero che ti amasse? «Ehi, va tutto bene? Sembri un po' pallida» sussurrò una voce alle sue spalle. «Oh, Stavros. No, sto bene» mentì Kate. «Ho solo un po' di mal di testa. Penso che tornerò al villino.» Lui la prese per un braccio. «Non farlo» insistette a voce bassa. «Attireresti l'attenzione della gente. Tirati su e tieni duro» le consigliò. Così, anche se il cuore sembrava volerle scoppiare tanto era gonfio di pena, Kate si ritrovò a piroettare in mezzo alla pista da ballo fra le braccia di Stavros. Vide Philip e Irene volteggiare vicino a loro e colse lo sguardo geloso di lui. Quando la musica finì, fu accompagnata da Stavros sul bordo della pista. Angela Devine
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Mentre il suo cavaliere si allontanava per un attimo, lei si fece strada in un groviglio di palme, diretta al suo tavolo. Sobbalzò trovandosi a faccia a faccia con Philip. «Ti avevo detto di stare alla larga da Stavros!» ringhiò lui con un occhio al tavolo della stampa poco distante. «Non credo che ti riguardi» replicò lei. Uno dei fotografi lanciò loro un'occhiata interessata e si avvicinò. «Scusatemi» disse con l'aria di un segugio che avesse appena trovato una pista interessante, «ma non vi ho visto a pranzo insieme due settimane fa, a Salonicco?» Kate restò in silenzio e si limitò a lanciare a Philip uno sguardo pieno di sfida. La rabbia di lui scomparve istantaneamente, sostituita da una sorridente indifferenza. «Può darsi» concordò Philip in tono annoiato. «Pranzo spesso con i miei impiegati quando devo parlare d'affari. La signorina Walsh ha fatto delle foto pubblicitarie dell'hotel su mio incarico, ma naturalmente se ne andrà nei prossimi giorni. Ora, se non vi dispiace, vedo che Irene è un po' sperduta senza di me.» «Quindi non c'è nulla fra voi due?» sbottò il fotografo con evidente delusione e totale sfacciataggine. «No. Assolutamente niente!» replicò Kate con amarezza allontanandosi come una furia in direzione di Stavros. «Ti avevo avvisato» le disse questi in tono sommesso guardando il fotografo. «Philip stava solo giocando con te, tesoro, ma non vorrei che quei dannati reporter traggano conclusioni avventate. Comportati come se fossi interessata a me e forse questo li butterà fuori pista.» Gli occhi di Kate si riempirono di lacrime di rabbia. Tutto sommato, però, le parole di Stavros suonavano sensate. «D'accordo» rispose controvoglia. Con il passare del tempo, il suo umore tuttavia migliorò proprio grazie alle attenzioni di Stavros. Covava una rabbia feroce per il tradimento di Philip e provava una maligna soddisfazione a sbandierare il piacere della compagnia di Stavros di fronte all'uomo che l'aveva ferita così profondamente. Diverse volte, mentre loro due volteggiavano sulla pista, Kate colse lo sguardo rabbioso di Philip. E quando Stavros le sussurrò che sarebbero dovuti uscire sulla terrazza a guardare la luna, fu ben felice di accettare. Angela Devine
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Era una serata davvero stupenda. Kate non poté fare a meno di ripensare alla notte, simile a quella, trascorsa tre settimane prima con Philip ad Ayia Sofia. Il ricordo le affondò il coltello nella piaga della sofferenza e, notando che Stavros non metteva in atto alcun tentativo di approccio romantico, non seppe se esserne felice o dispiaciuta. Sarebbe stata una bella rivincita su Philip, ma la tremenda verità era che desiderava le braccia di un solo uomo attorno a sé. E quell'uomo non era Stavros. Strinse le mani sulla balaustra così forte da farsi male. «Non prenderla così» la consolò Stavros. «Vedrai che domani verrà a cercarti. E comunque non potevi pensare che riconoscesse pubblicamente la sua amante, con tutta la stampa presente...» «Non sono la sua amante!» esplose Kate. «No?» Stavros parve incuriosito. «Accidenti, mi dispiace. Pensavo che dopo tutto questo tempo... Be', è meglio così, non ti pare? Se non sei la sua amante non corri il rischio di soffrire troppo.» «Già» disse lei con voce strozzata. Purtroppo sapeva benissimo di stare mentendo. Non era l'amante di Philip, ma lo amava. E si era già fatta troppo male per sopportarne ancora. «Partirò non appena avrò finito le foto» dichiarò in tono conclusivo. «Probabilmente è la soluzione migliore» concordò Stavros stringendole la mano. «Per te, per Irene, per tutti. Ma cerca di non prendertela così a cuore, Kate. Per Philip sarebbe stata una relazione insignificante e non vale la pena di starci tanto male.» «Suppongo che tu abbia ragione...» Kate sospirò. «Ma perché sei così carino con me? Sei il fratello di Irene, dovresti odiarmi!» «Accidenti, no» disse lui con evidente imbarazzo stringendosi nelle spalle. «Ti trovo molto simpatica, mi piacerebbe essere tuo amico. Senti: perché non andiamo a fare una gita sulle colline, domani? Niente di speciale, solo una camminata e un picnic.» Kate ci pensò su un momento. In fondo, qual era l'alternativa? Rimanere in casa a piangere tutto il giorno? «D'accordo» acconsentì in tono incolore. Erano quasi le sei di sera, il giorno dopo, quando Kate rientrò al villino. Si accorse subito che qualcosa non andava. La porta d'ingresso era spalancata e una figura tesa e minacciosa stava seduta al tavolo da pranzo, raccolta e pronta a scattare come una belva. «Philip!» esclamò sbalordita. «Che cosa ci fai qui?» Angela Devine
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«Lo saprai molto presto!» rispose lui senza sorridere. «Fammi il favore di entrare e chiudere la porta. Ho bisogno di parlarti in privato.» Kate lanciò un'occhiata incerta a Stavros, che era al suo fianco. «Se vuoi, rimango qui» si offrì lui. «Tu te ne andrai, e in fretta anche!» Philip balzò in piedi di scatto. «Con te parlerò dopo, Stavros, e ti posso assicurare sin d'ora che non sarà un'esperienza piacevole. Adesso vattene prima che ti butti fuori.» Rimasta sola con lui, Kate scoprì di avere paura. L'uomo che le stava di fronte era un completo estraneo, con quelle braccia abbronzate conserte, gli occhi rimpiccioliti a due fessure e la bocca trasformata in una sottile, gelida lama. «Siediti!» le intimò. «Perché dovrei? Non prendo ordini. Né da te né da altri.» «Ah, no?» sibilò Philip. La costrinse a sedersi e la trattenne seduta stringendole con forza le spalle. Il cuore di Kate batteva sempre più tumultuosamente di paura ed eccitazione insieme. «Mi stai facendo male...» sussurrò lei senza fiato. «Mi dispiace.» Lui la lasciò subito andare e si scostò. «Non volevo. Ma dobbiamo parlare di quel giovane furfante buono a nulla che sta cercando d'insinuarsi nella tua vita!» Philip iniziò a passeggiare nervosamente per la stanza. E chiese brutalmente: «Ti ha baciato? Ti ha toccato?». «No!» fu la veemente risposta. «Anche se non penso che siano affari tuoi!» Philip sorrise e si rilassò per una frazione di secondo. «No, suppongo che non l'avrebbe fatto» mormorò più a se stesso che a lei. «Usa metodi più sottili per rovinare la gente. Dove ti ha portato, oggi?» «A fare un picnic sulle colline» replicò Kate con diffidenza. «E poi a prendere un caffè in paese. Perché?» «Un caffè! Dove avete preso questo caffè?» «In un bar, naturalmente» rispose lei sbalordita. Philip gemette. «Senti, ti dispiacerebbe dirmi il perché di tutto questo interrogatorio?» gli domandò allora accalorata. «Qualcuno potrebbe pensare che io sia stata nei bagni degli uomini, da come te la stai prendendo!» «È più o meno quello che hai fatto» replicò Philip. «Non capisci nulla della vita di un paese greco, Katarina? I caffè pubblici sono per uomini, Angela Devine
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non per donne! Stavros lo sa bene, tu invece no. Solo una donna che voglia segnalare la propria completa disponibilità entra in quei posti.» «Perché avrei dovuto saperlo?» obiettò Kate combattiva, sebbene colpita. «Comunque dubito che Stavros ci abbia pensato. Ha vissuto per anni negli Stati Uniti e probabilmente ha dimenticato certi primitivi pregiudizi del suo paese!» «Non ha dimenticato un bel niente!» ruggì Philip. «L'ha fatto di proposito per rovinare la tua reputazione fra la gente del posto. Ti avevo messo in guardia da Stavros e non voglio vederti con lui!» «Ah, non vuoi?» Kate scattò in piedi. «Non vuoi? Forse non te ne sei accorto, ma ho ventisei anni ed esco con chi mi pare!» «Oh, no, non lo farai» replicò Philip con un ghigno minaccioso. «Se vuoi sfidarmi, fa' pure! Ma ti avviso, è una gara che potrai solo perdere.» «Dannato arrogante!» gridò Kate con rabbia. «Che diritto pensi di avere per dirmi con chi devo uscire? Non ti riguarda!» «Invece sì» affermò lui prendendola per un polso e tirandola contro di sé. «E ti dispiacerebbe spiegarmi...» domandò Kate. Philip la interruppe impadronendosi della sua bocca con un bacio lungo e appassionato. «Perché sei la mia donna» disse infine scostandosi mentre la lasciava andare improvvisamente come l'aveva abbracciata. Kate emise un sospiro soffocato e lo guardò con gli occhi pieni di lacrime. «Tutto questo è ridicolo» replicò con voce tremante. «Come puoi dire una cosa del genere quando solo ieri sera mi hai ignorato completamente e sei stato appiccicato a Irene come se fosse l'unica donna sulla terra?» «È per questo che ballavi con Stavros?» chiese Philip sbalordito. «È per questo che oggi sei uscita da sola con lui contravvenendo la mia volontà?» «Perché non avrei dovuto? Ieri sera hai messo fin troppo in chiaro che non vuoi avere più niente a che fare con me. Forse sono un po' lenta di comprendonio, ma non sono stupida. Ho capito solo ora che hai giocato con me sia dall'inizio e che nelle occasioni ufficiali io non esisto. L'ho capito vedendoti regalare la collana a Irene. Nonostante tutte le bugie che mi hai raccontato, voi due siete veramente innamorati l'uno dell'altro, ammesso che tu sia capace di amare qualcuno. Per quanto mi riguarda, mi stai solo usando.» Angela Devine
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«Non dire sciocchezze!» ribatté lui. «Dare la collana a Irene era solo parte di un cerimoniale pianificato da mesi, prima ancora che ti conoscessi. Circa il fatto di essere innamorati, hai visto con i tuoi occhi sin dal primo giorno quanto poco stiamo bene insieme. E se sei preoccupata che Irene si consumi gli occhi perché sono qui con te stasera, puoi risparmiartelo. Ha preso un aereo stamattina per passare una settimana a Montecarlo, con Yves.» «Può anche darsi» commentò Kate sospettosa, ma decisamente rincuorata da quella notizia. «Questo tuttavia non spiega perché tu mi abbia trattato così freddamente. Non mi sono mai sentita tanto umiliata come ieri sera, quando mi hai ignorato davanti a tutti.» «Umiliata?» chiese incredulo. «Ti sei sentita umiliata?» «Sì!» gridò Kate. «Non riesco ancora a credere che tu abbia potuto dire certe parole davanti a quel giornalista. Questa è Kate Walsh, hai in pratica detto. Non ci confondiamo, però. È soltanto una delle mie schiave, che ho generosamente portato fuori a pranzo in un momento di debolezza. Ma adesso, ti sei affrettato ad aggiungere, pedalerà lontano da qui quanto prima... Ebbene sì, caro Philip. E' esattamente quello che sto per fare, ma non ti preoccupare. Sono certa che troverai al più presto un'altra straniera disponibile ogni volta che schioccherai le dita. Una persino più ingenua di me.» «Sciocchina» sussurrò teneramente Philip riprendendola fra le braccia. Kate scoppiò in lacrime e tentò di scostarsi, ma lui le accarezzò dolcemente i capelli e la tenne così stretta che lei poté sentire il battito accelerato del suo cuore. «Ti odio» gli disse sottovoce, mentre lui le sollevava il viso bagnato di lacrime. «Davvero?» domandò Philip in tono grave, ma con un vago sorriso di scherno sulle labbra. «Povero amore mio!» «Non sono il tuo amore e non c'è niente da ridere!» protestò. «Oh, Katarina, Katarina...» gemette Philip baciandole i riccioli scarmigliati. «Dici che ti sei sentita umiliata dal mio comportamento, ieri sera, ma ti sei fermata a pensare quante più umiliazioni avresti dovuto subire se avessi dato modo a quei giornalisti di capire quello che provo per te?» «Che cosa vuoi dire?» chiese Kate stupita. Philip si fece molto serio. «Supponi che io avessi rivelato a tutti il mio amore per te rompendo in Angela Devine
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pratica il fidanzamento con Irene. Cosa credi che sarebbe successo?» Kate lo guardava come in trance. «Sarebbe stato su tutti i giornali l'indomani...» disse lentamente. «Già, questo e ben altro. Sei pronta ad affrontare una simile notorietà, Katarina? Lo sono io? Lo è Irene?» «Ma è vero? Davvero mi ami?» Philip tacque per un attimo, poi annuì con una smorfia. «Il cielo mi aiuti...» gemette. «Certo che è vero.» Kate gli si avvicinò come una sonnambula e Philip la strinse in un abbraccio forte. Dopo un lunghissimo istante, si staccarono con riluttanza l'uno dall'altro. «Che cosa faremo?» chiese Kate. «Non avevo mai pensato» rispose Philip scuotendo la testa, «di andare contro la tradizione e rompere il fidanzamento. Non mi sembra onorevole, ma credo che sia l'unica strada. Appena Irene tornerà da Montecarlo le parlerò.» La mattina in cui era previsto il ritorno di Irene da Montecarlo, Kate si svegliò con un nodo alla bocca dello stomaco. Per tutta la settimana l'euforia si era alternata alla disperazione. Appena riusciva a convincersi che Philip aveva parlato sul serio, una vocina dentro di lei sussurrava: E' solo un trucco per sedurti. La storia con Leon, del resto, non la rendeva molto ottimista. Era comunque decisa a non abbandonarsi alla passione prima che Philip avesse rotto il fidanzamento con Irene. Solo quando lui fosse tornato libero da qualsiasi vincolo, si sarebbe lasciata andare al bisogno di lui. Fino ad allora non gli avrebbe nemmeno permesso di sfiorarla. Quando il campanello del villino suonò, poco prima di mezzogiorno, Kate balzò in piedi e corse ad aprire. Philip le si parò davanti, sorridente, e il cuore le balzò nel petto. «Hai già parlato con Irene?» «No. Ho mandato un'auto a prenderla» rispose lui scuotendo la testa, «ma l'autista non è riuscito a trovarla. Suppongo che prenderà un aereo più tardi. Non ti preoccupare, Katarina. Dev'essere qui entro uno o due giorni al massimo e allora sistemeremo tutto. Intanto sono venuto a prenderti per andare a pranzo.» «Non credo che dovrei pranzare da sola con te, Philip. Voglio dire, Angela Devine
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finché tu e Irene...» «Questo non ha nulla a che vedere con Irene» la interruppe lui. «Del resto, non sarai sola con me. Siamo stati invitati dalla famiglia Vassiliou. Nikos torna oggi dall'ospedale e ci vogliono a pranzo, soprattutto te. Passo a prenderti all'una.» L'ospitalità dei Vassiliou fu così calorosa che a Kate dispiacque quando venne l'ora di tornare a casa. Su suggerimento di Philip, decisero di rientrare all'hotel a piedi, lungo una strada panoramica. Il sole stava cominciando a tramontare e il paesaggio era incredibilmente suggestivo. «La Grecia è proprio il paradiso dei fotografi!» esclamò Kate estasiata. «Potrei vivere qui in eterno e non annoiarmi mai!» «Potresti?» indagò Philip con uno strano tono di voce. Ma, prima che lei avesse la possibilità di rispondere, riprese a parlare: «Mi sono preso la libertà di mandare le tue foto dei mulini di Mikonos a un'agenzia fotografica di Atene. Il suo titolare è un ottimo fotografo che aveva lavorato per me in passato, ma ora si occupa di un altro genere di fotografia. Se gli piacciono i tuoi lavori, sono sicuro che cercherà di aiutarti». «Grazie, Philip» disse Kate in tono preoccupato. Era commossa dai suoi sforzi per aiutarla, ma non sapeva se fosse giusto accettare favori del genere. Lui colse la sua incertezza e, come leggendole nel pensiero, aggiunse con indifferenza: «Non mi piace veder sprecare del talento». Poi cambiò argomento. «Ora vieni a vedere dove sorgerà il nuovo porticciolo.» Mentre camminavano, l'attenzione di Kate fu catturata da una macchia di cespugli di erica poco distante, che creava un meraviglioso contrasto di colori contro l'azzurro del mare. Si fermò, estrasse la macchina fotografica e cominciò a muoversi intorno agli arbusti cercando l'angolazione migliore. Concentrata soltanto sulla messa a fuoco e sulla perfetta inquadratura, si protese in avanti per scattare. «Che cosa diavolo credi di fare?» sbottò una voce furente. Kate rimase senza fiato. Solo allora il suo sguardo abbracciò una visuale più ampia permettendole di realizzare, sconvolta, ciò che stava accadendo. Aveva disturbato una coppia mezzo nuda distesa su una coperta in mezzo ai cespugli, a pochi metri dal soggetto della sua foto. «Mi... mi di... dispiace» balbettò. «Non intendevo disturbarvi. Stavo solo Angela Devine
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fotografando l'erica. Non avevo nemmeno visto... Oh!» Aveva d'un tratto riconosciuto la ragazza, che stava lottando per infilarsi il reggiseno del costume. Era Irene. Rinunciando al tentativo, l'altra lanciò via il costume e si avvolse in un asciugamano. Poi balzò in piedi e affrontò rabbiosa Kate. «Come osi spiare me e Yves?» ringhiò come una furia. «Ti farò licenziare per questo!» «Non credo proprio, Irene» intervenne una voce dura. Tutti si voltarono a guardare verso il sentiero, da dove Philip li stava osservando. Kate vide Yves chiudere gli occhi per un attimo e rabbrividire. Poi Philip si avvicinò. Il suo sguardo passò dal costume da bagno di Yves al reggiseno buttato da parte di Irene sino a fermarsi sul viso della sua fidanzata. «Penso che questa farsa sia durata anche troppo» tagliò corto. «Irene, il nostro fidanzamento termina qui.»
6 Nel silenzio sbalordito che seguì il gelido annuncio, Kate riuscì a udire lo sciabordio delle onde ai piedi della collina, il raglio di un asino in lontananza, il rapido e disordinato battito del proprio cuore. Poi Irene si lasciò andare a un torrente d'invettive. «Sei un verme!» concluse rivolta a Philip tempestandolo di pugni sul petto. «Come osi farmi fare questa figura da stupida?» «Sei tu che ti stai rendendo ridicola» rispose lui freddamente trattenendola a distanza per i polsi e lanciando contemporaneamente un'occhiata all'asciugamano che rischiava di scivolarle via. «Se hai finito l'amplesso con il tuo amante, vorrei suggerirti di metterti addosso qualcosa.» Lanciandogli un'occhiata carica di odio, Irene s'infilò una maglietta. «Stavamo solo prendendo il sole, sai, Andronikos» intervenne Yves nervosamente. «Devi proprio ritenermi uno stupido se pensi che io ci creda» lo rintuzzò Philip duramente lanciando un'occhiata incredula al fisico abbronzato del giovane. «E anche se fosse vero, non mi piacerebbe che la mia futura moglie prendesse il sole mezza nuda con Angela Devine
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un altro. Comunque puoi risparmiarmi le menzogne. So benissimo che siete amanti da diverse settimane.» «E se anche fosse?» domandò Irene in tono provocatorio. «Tu non stai mai con me. Sei sempre troppo occupato a lavorare, a dimostrare la tua importanza alla gente. Se fosse per te, non mi faresti mai divertire o andare da qualche parte. Almeno Yves è una buona compagnia, cioè molto più di quello che io possa dire di te.» «Bene, allora dovresti essere molto felice all'idea di non dovermi più sposare» ribatté Philip in tono minaccioso. «Non era questo che intendevo!» esclamò Irene impallidendo. «E va bene, Philip, mi sono divertita un po' con Yves, ma che cosa c'entra? Io non ho mai interferito con i tuoi piaceri! Non ho dubbi che tu sia andato a letto con quella puttanella di fotografa da quando è arrivata, ma mi sono morsicata la lingua e ho guardato altrove. E se vuoi continuare a vederla, farò lo stesso anche dopo che saremo sposati.» «Forse non hai capito bene» precisò Philip duramente. «Non ci sarà alcun matrimonio.» Si girò per andarsene, ma Irene lo trattenne per un braccio. «Andiamo, è ridicolo! Questo fidanzamento è stato deciso quand'ero ancora una bambina.» «Lo so» disse Philip con amarezza. «Forse per questo è stato un totale fallimento. Se avessimo potuto decidere liberamente da adulti, non ci saremmo mai scelti. Tu pensi che io sia rigido, noioso e privo di humour e io ti ritengo immatura, egoista e frivola. Guardiamoci in faccia, mia cara: siamo ben contenti di sbarazzarci l'uno dell'altro.» «No!» gridò lei. «Non puoi umiliarmi così di fronte a tutto il paese!» «Che cosa c'entra il paese?» sospirò Philip. «Non hai certo bisogno di dire che sono stato io a rompere il fidanzamento. Di' che sei stata tu. Racconta che preferisci sposare Yves» concluse lanciando un'occhiata maliziosa al francese. «Ehi, aspetta un attimo...» cominciò questi, evidentemente a disagio. Irene lo spinse da parte con impazienza, senza mollare il braccio di Philip. «Non m'interessa sposare Yves» gemette. «Ascoltami! Non puoi mettermi da parte per via di una relazione senza significato. Questo non ha nulla a che vedere con il nostro matrimonio. Siamo stati promessi l'uno all'altro da anni. Era una questione d'affari!» «È proprio questo il problema.» Philip la guardò più con compassione Angela Devine
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che con rabbia. «Non m'interessa più un matrimonio che sia solo un contratto d'affari. Quando mi sposerò, intendo farlo per amore, Irene. Adesso togliti di mezzo!» Con un sospiro nervoso se la scrollò di dosso. Persa la presa, Irene indietreggiò guardandosi intorno. Vedendo Kate, lanciò un gemito rabbioso. «Tu, disgraziata! È tutta colpa tua!» gridò e si scagliò contro di lei dandole una violenta spinta. Per fortuna le braccia di Philip la tennero in piedi. «Tu, sgualdrina!» ansimò Irene. «Ti darò in pasto ai giornali. Trascinerò il tuo nome nel fango, ti farò desiderare di non avermi mai incrociato, tu, insignificante nullità!» «Se ti azzarderai a fare qualcosa per compromettere la reputazione di Katarina ti farò pentire di essere nata» promise Philip con voce tagliente come una lama. «Sono stato chiaro?» «Oh, certo, molto chiaro. Ti meriti esattamente una come lei, zotico che non sei altro. Non avevi nulla finché mio padre non ti ha aiutato. Devi alla mia famiglia tutto quello che hai!» «Al contrario, Irene. Sei tu che mi devi tutto. Ma non sono disposto a discuterne con te. Auguro a te e Yves una vita felice. Andiamo, Katarina.» Prendendo Kate per un braccio, Philip si allontanò lungo il sentiero, seguito dalle minacce e dagli strilli di Irene. «Stai bene?» chiese dopo un lungo silenzio. «Sì, sì. Solo un po' sconvolta. Oh, hai il viso graffiato!» esclamò Kate avvicinandogli una mano al volto. Lui però gliel'afferrò e la bloccò. «Credo che sopravviverò» rispose ridendo, «e dubito che la mia bellezza ne rimarrà deturpata. Torniamo a casa, ora. Abbiamo alcune cose da discutere, non credi?» Una volta giunti nella villa di Philip, seminascosta dalla vegetazione, Kate rimase senza fiato di fronte alla bellezza della casa, dell'arredamento, dei particolari. «E' meravigliosa!» esclamò. «Di recente avevo cominciato a pensare che assomigliasse alla mia vita. Affascinante, piena di cose costose e completamente vuota. Ma poi ho incontrato te.» La guardò pieno di desiderio. «Oh, Philip...» sussurrò lei gettandoglisi fra le braccia. Lui la strinse così forte da strapparle un piccolo grido, le sollevò il viso e Angela Devine
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la baciò. Fu un bacio lungo e ardente. Quando si staccarono, lei faticò a rimanere in piedi tanto le tremavano le ginocchia. «Mi vuoi sposare?» chiese Philip all'improvviso. «Che co... cosa?» balbettò Kate presa alla sprovvista. «Sei impazzito?» «No.» Lui rise felice. «Direi il contrario! Sono appena rinsavito e ho smesso di preoccuparmi di cose che non contano nulla, come i soldi, le proprietà e la tradizione. Non voglio niente di tutto questo, Katarina. Voglio solo te.» «Ne sei certo?» «Più di quanto lo sia mai stato in tutta la vita» fu la ferma replica. «Allora, mi vuoi sposare o no?» «Ma tu sei ricco e famoso» gemette Kate, a metà fra il riso e il pianto. «Io non sono nessuno. E mi conosci solo da qualche settimana. Com'è possibile che tu voglia già sposarmi?» Lui fece un gesto d'impazienza. «Il motivo per cui ho avuto successo nella vita è che ho sempre saputo quello che volevo e ho cercato di ottenerlo. Ti voglio. E ti dirò di più, non te lo chiederò un'altra volta. Te lo sto semplicemente comunicando. Tu mi devi sposare! È chiaro?» «Sì» capitolò lei con una risatina. «Va bene, Philip. È chiaro!» «Hai qualche obiezione?» chiese lui sorridendole con dolcezza. Kate si morsicò le labbra e fece cenno di no con la testa, in silenzio. Philip inspirò profondamente e, sollevatala da terra, iniziò a salire lungo le scale. Lei si agitò tra le sue braccia. «Mettimi giù. Fermo! Dove mi stai portando?» «Lo sai dove ti sto portando!» replicò Philip stampandole un bacio sulla bocca. «E non fingere di non volerlo anche tu. Il tuo corpo ti sta contraddicendo» aggiunse con un'occhiata eloquente sfiorandole dolcemente il seno. I capezzoli s'inturgidirono sotto la stoffa sottile della camicia. Kate, il volto in fiamme, si lasciò sfuggire un lieve gemito. «Non combattere il desiderio, tesoro mio» insistette Philip esultante. «Voglio godere di ogni centimetro del tuo corpo stupendo e prezioso.» Aprì con un calcio una porta ed entrò in una camera lussuosa. A Kate bastò uno sguardo per notare le magnifiche tappezzerie, i mobili antichi intarsiati e l'enorme specchio, ma poi Philip la depose sul letto a baldacchino e lei non riuscì a vedere null'altro che lui, i suoi occhi di Angela Devine
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velluto scuro, le pupille dilatate dalla passione. Il respiro accelerato, le passò dolcemente le dita sul viso e poi, giù, lungo le curve del corpo, in una muta, adorante esplorazione. «Sei bellissima, amore» mormorò, «e sei mia. Tutta mia.» Cominciò a liberarsi in fretta dei vestiti di dosso e presto fu dinanzi a lei nella sua trionfante nudità. Kate lo guardava tremante, come paralizzata. Il corpo di Philip era perfetto, proporzionato, muscoloso e possente. «Tocca a te, ora» sussurrò lui. «Voglio accarezzare ogni angolo del tuo corpo, Katarina. Voglio farti soffrire, rabbrividire e bruciare di desiderio per me così come io sto facendo per te.» Una primitiva timidezza la portò a opporsi per un attimo quando le sue mani le toccarono il seno. Ma fu solo un attimo. Philip la tenne giù con il peso del proprio corpo, sotto le sue membra frementi, mentre con una mano le sbottonava la camicia. Incominciò con cura, ma poi l'impazienza ebbe il sopravvento e lo indusse a strappare gli ultimi bottoni nella fretta di esporre la pelle nuda. Kate cercò di nascondergli il viso contro il petto, ma con forza controllata a malapena lui la spinse indietro contro il cuscino. «Voglio guardarti» gemette dolcemente. «Voglio riempirmi gli occhi dei tuoi capelli, della tua pelle di seta, dei tuoi seni perfetti, dei tuoi morbidi fianchi...» Mentre parlava continuava a spogliarla delicatamente, baciandola su ogni angolo di pelle che a mano a mano rivelava. Kate sentiva il fuoco della passione avvampare dentro di sé, incontrollabile. Inarcò la schiena, ansimante, cercando di sollevare la testa di Philip, che le stava lambendo i capezzoli, per poterlo baciare. «Dopo, amore mio» disse lui con dolcezza. «T'insegnerò quello che mi piace. Ma prima voglio che sia tu a godere. Stai buona, ora, e lasciami deliziare di te.» Kate cedette al piacere gemendo quando la bocca e le mani di Philip trovarono i punti più sensibili e la portarono a punte di piacere simili al tormento. Solo quando la sentì sospirare e fremere incontrollabilmente sotto il suo tocco, lui le consentì di ricambiare le carezze. «Fammi sentire le tue dita su tutto il corpo» sussurrò appassionato. Allora fu Kate a infliggergli la stessa dolce tortura. Esitante all'inizio, poi con crescente sicurezza, lo accarezzò tutto baciandolo con delicatezza. Lo sentì gemere, teso sotto di lei, poi Philip la strinse a sé con una forza selvaggia. Angela Devine
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«Ti amo, Katarina!» gridò. «E ti voglio.» Seppellì il viso fra i capelli di lei e le fu sopra. Il fuoco sembrò scorrere nelle vene di Kate mentre le loro bocche si cercavano e lei, ributtandosi indietro sul cuscino, lo invitava silenziosamente a prenderla. Quando giunse il momento, rimase senza parole e senza fiato, travolta dalle primitive e profonde ondate di emozione che la attraversavano. Perse ogni senso della realtà quando si strinse a lui nell'estasi di passione. Sentì le dita di Philip affondarle nei capelli, lo udì gridare il suo nome, poi l'universo parve esploderle intorno. Ritornando lentamente sulla terra, si ritrovò esausta, avvinghiata a Philip, le membra intrecciate. «Ti ho mai detto che ti amo?» domandò lui teneramente. «Mm... Ma puoi dirmelo di nuovo.» Philip le prese le mani e cominciò a baciarle le dita, a una a una. «Ti amo, Katarina» ripeté dopo ogni bacio. Lei gli si fece più vicina. «Non avrei mai creduto che potesse esistere qualcosa di così meraviglioso.» Cogliendo il fremito che le percorse le membra, Philip emise un debole gemito. Alzandosi, si lamentò scherzosamente: «Cosa mi farai mai! Secondo i miei calcoli, abbiamo finito di fare l'amore da circa due minuti e mi stanno già tornando pensieri innominabili. Forse un intervallo per rifocillarci sarebbe una buona idea. Vuoi del tè?». «Sì, grazie» rispose Kate accucciandosi in mezzo ai cuscini e tirando pudicamente le coperte sino alle spalle. Quando Philip, che aveva indossato una vestaglia, tornò con il vassoio, lei giaceva beata, gli occhi chiusi e i capelli ramati sparsi sul cuscino. «Sei radiosa» mormorò lui ridacchiando. «Come se fossi appena arrivata in paradiso.» «È esattamente come mi sento» ribatté lei stiracchiandosi con spontanea sensualità, «ma temo che a un certo punto mi toccherà scendere di nuovo sulla terra. Dove sono i miei vestiti?» «Puoi prendere il tè a letto.» «Ci sono anche i biscotti» protestò Kate dopo avere fatto cenno di no con la testa. «Odio le briciole nel letto. Preferisco alzarmi e vestirmi.» «Sicura?» chiese Philip in tono inespressivo, tenendo la camicia di lei in Angela Devine
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una mano e tre bottoni strappati nell'altra. «Sei... sei un cavernicolo!» Kate scoppiò in una risata. «Te ne comprerò un'altra» promise lui. «Intanto posso offrirti una vestaglia» continuò estraendone una dall'armadio. Decisamente maschile, era così grande che Kate ci si perse dentro. Con un sospiro, lei rigirò le maniche. «Come sto?» chiese volteggiando su se stessa. «Malissimo!» fu la franca risposa. «Mi spiace di non avere nulla di più femminile da offrirti.» «Sono contenta che tu non ce l'abbia» ribatté lei con spirito. «Non mi piacerebbe davvero che avessi un guardaroba pieno di négligé di pizzo per la tua schiera di amanti.» Philip le arruffò i capelli e le diede un leggero bacio. «Ci sarai sempre e solo tu» promise. «Ora vieni a bere il tè.» Quando fu di fronte alla tazza piena e ai biscotti alla crema di lamponi, Kate osservò Philip con un sorriso preoccupato. «Che cosa credi che intendesse dire Irene con quelle minacce di rovinarci?» esordì. «Potrebbe farlo sul serio?» Lui scosse la testa. «Intendeva solo minacciare» dichiarò con fermezza prendendole una mano. «Odia essere ostacolata e contraddetta. Quando si sarà calmata, capirà che la rottura di questo fidanzamento è la soluzione migliore per entrambi. Non saremmo mai stati felici insieme. Quindi, non pensarci più, abbiamo cose più piacevoli da discutere.» «Per esempio?» «Che cosa ne dici di un po' di programmi per il matrimonio, tanto per incominciare? O di una bella crociera sul mio yacht? O dei quindici bambini che avremo quando torneremo dalla crociera?» «Oh, Philip!» esclamò Kate soffocando una risata. «Ti amo tanto... ma quindici!» «Be', due o tre» si corresse. «Dopo che la tua carriera sarà bene avviata. Ma prima il matrimonio. Quando vogliamo sposarci?» «Il più presto possibile!» «Bene. Parlerò a padre Stargos. Però ci sarebbero due cose da decidere, Katarina. Ti dispiacerebbe una cerimonia molto tranquilla? Un matrimonio semplice, al villaggio, con i tuoi genitori e i miei pochi amici fidati?» «Tutto quello che vuoi» mormorò lei. Philip parve sollevato. «Un'altra cosa: posso chiederti di non parlare a Angela Devine
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estranei del nostro fidanzamento? Naturalmente puoi scriverlo ai tuoi, ma vorrei tenere la questione strettamente riservata.» «Non ci stai ripensando, vero?» chiese Kate in tono preoccupato. «Certo che no! Ma tu sai quanto odi i giornalisti. Sin da quando sono diventato famoso grazie ai miei alberghi, li ho sempre avuti fra i piedi, dovunque. E la mia rottura con Irene è giusto il tipo di pettegolezzo succulento che vanno cercando. Non puoi nemmeno immaginare quanto fastidio possano dare e non voglio che tu sia sottoposta a queste pressioni. Soprattutto non voglio che il nostro matrimonio sia dato in pasto alla stampa. Quindi penso che la riservatezza sia la scelta migliore. Sei d'accordo?» «Penso che tu abbia ragione, anche se mi sarebbe piaciuto dirlo ai miei amici agli scavi. Be', non importa. Parlami di questa crociera che stavi progettando...» «Ecco, sono più di cinque anni che non mi prendo una vacanza e la barca è rimasta alla fonda. Adesso che l'albergo è stato inaugurato, credo proprio che possiamo concederci una pausa. Dorothea e gli altri se la caveranno benissimo da soli, quindi perché non spieghiamo le vele e ci divertiamo? Immersioni, sole, pesca, giri attorno alle isole. Che cosa te ne pare?» «Mi pare stupendo. Ma credi davvero di poterti allontanare adesso? Se ricordo bene mi avevi detto che il tuo finanziatore Hristos Hionides aveva avuto un infarto e che, se dovesse morire, potrebbero esserci problemi con i prestiti. Non dovresti rimanere qui a gestire questa faccenda?» Philip trasalì. «Lo so» ammise, «ma è molto improbabile che, qualora Hristos morisse, i suoi eredi possano creare problemi. E poi, se aspetto che si risolva questo problema, sta' sicura che ne sorgerà qualcun altro. Ci sarà sempre qualcosa che richiede la mia attenzione, Katarina. Se non colgo l'opportunità di essere felice quando mi si presenta, potrebbe sfuggirmi del tutto. Sono anni che non ho altro che lavoro e preoccupazioni. Adesso che ho te, voglio anche vivere un po'. E' così terribile?» «No» rispose lei con tenerezza infinita. «Philip, mi sembri esausto. Perché non vai a letto a riposarti? Sono sicura che non hai dormito affatto, ieri notte.» «È vero» ammise lui. «Va bene, ma andrò a dormire a una sola condizione.» «Sì?» Angela Devine
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«Che tu venga con me.» Le scompigliò i capelli. «Ci faremo mandare la cena qui, più tardi, e domani ci imbarcheremo.» Il mattino dopo, Kate fu destata al suono del campanello. Si sollevò sul letto sbadigliando e ravviandosi i capelli. «Philip?» Il letto era vuoto. Intanto il campanello continuava a suonare insistentemente. Kate lanciò un'occhiata alla sveglia. Erano le sette e trentaquattro. «Sarà la colazione» disse rassegnata. Indossando la vestaglia di Philip, le sue pantofole ai piedi, s'incamminò verso la porta. Mentre scendeva le scale di marmo sentì scorrere l'acqua nel bagno al piano inferiore. Almeno un mistero era risolto: Philip era sotto la doccia. Prima di aprire la porta, cercò di darsi un contegno. Doveva affrontare un cameriere dell'hotel. Potrebbe essere imbarazzante, pensò mentre scostava il battente. Fu molto più imbarazzante di quanto avesse potuto immaginare, perché l'uomo fuori dalla porta non era un cameriere, ma un fotografo. Appena Kate aprì, l'individuo balzò dentro scattando una foto dietro l'altra. Lei indietreggiò sconvolta. «È vero che sei la nuova amante di Philip Andronikos? È per te che ha lasciato Irene Marmara? Eri una ragazza squillo a Marsiglia prima di arrivare qui? Gira un po' la testa, tesoro. Voglio prenderti di profilo.» «Come osa?» gridò Kate cercando di reagire. «Fuori di qui immediatamente! Se ne vada, per favore» intimò sospingendolo verso l'ingresso. Ma con evidente pratica lui infilò un piede nella porta e continuò a scattare. «Oh, questa è fantastica, baby! Sei stupenda così arrabbiata! Adesso ne facciamo una di fronte. Hai iniziato sul serio con film pornografici?» Con un grido disarticolato di rabbia, Kate rinunciò al tentativo di buttarlo fuori e corse via. «Philip! Philip!» chiamò disperata. Un secondo dopo lui arrivò di corsa lungo il corridoio, gocciolante, cercando di avvolgersi un asciugamano intorno alla vita. Gli bastò un'occhiata per rendersi conto di quanto stava accadendo. Con espressione torva si diresse verso il fotografo e lo stese con un Angela Devine
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pugno. Poi lo sollevò per il bavero della giacca e lo buttò fuori casa. Dopo avere strappato la pellicola dalla macchina fotografica, lanciò la macchina dietro il suo proprietario, che giaceva stupito per terra massaggiandosi una mascella. «Accidenti!» esclamò dopo avere richiuso la porta. «Gli avvoltoi sono già qui. Ci conviene andarcene, Katarina. Temo che quello fosse solo il primo.» Afferrò il telefono e impartì alcuni ordini in greco. «Bene» disse dopo avere riagganciato. «Ho parlato con il servizio di sicurezza dell'albergo per chiedere di scortare quell'intruso fuori dalla proprietà, ma sembra che ce ne siano altri che gironzolano qui attorno. Purtroppo non è semplice tenere sotto controllo ottocento acri di terreno. Sarà meglio andare. Ce la fai a essere pronta in dieci minuti?» «S... sì» balbettò lei, «ma ho solo i vestiti che indossavo ieri e la macchina fotografica, tutto il resto è al villino.» «Non preoccuparti. Troveremo qualcosa a bordo dello yacht.» In qualche modo, Kate riuscì a farsi una doccia e a vestirsi nel tempo che le era stato concesso. Si era infilata una maglietta di qualche taglia superiore alla sua, ed era pronta quando Philip scese, in tenuta da perfetto lupo di mare, indifferente e imperturbabile come se nulla fosse successo. Kate invece sentiva dentro di sé intrecci di tensione e paura. Mentre camminavano lungo il sentiero che conduceva al porticciolo, continuò a guardarsi ansiosamente intorno, come se dietro ogni cespuglio ci fosse un fotografo in agguato. Solo quando furono finalmente a bordo dell'Eleftheria cominciò a rilassarsi un poco. «Sorridi, adesso» mormorò Philip invitandola a brindare con lui. «Non ti farai sconfiggere da quegli avvoltoi al primo incontro?!» «Oh, ma quell'uomo era orribile!» esclamò Kate ancora spaventata. «Ha detto cose mostruose su di me, tutte false. Pensi che quella roba apparirà davvero sulla stampa?» «Se anche così fosse, non ce ne accorgeremo» rispose Philip con fermezza. «Dirò a Giorgos di usare la radio solo per ascoltare le previsioni del tempo. A parte quelle, saremo completamente tagliati fuori dal mondo per cinque o sei giorni. Andremo su un'isola e ci dimenticheremo di tutto il resto. Che cosa ne dici?» «Sembra perfetto!» concordò Kate. Angela Devine
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Lo fu davvero. Il tempo, la caletta dell'isola di Thasos dove ancorarono, i bagni di sole, le notti sul ponte a guardare le stelle... Per non parlare delle cene nelle piccole taverne del porto e delle lunghe corse sulla spiaggia. In un'occasione memorabile passarono persino una intera giornata a letto, alzandosi solo alla sera per un bagno con idromassaggio e una cena luculliana. Kate si sbizzarì con la macchina fotografica cercando di catturare i colori della natura. E naturalmente fecero molte foto di loro due. Philip con il costume da bagno e le pinne, Philip seduto al timone. Philip con la maschera e il boccaglio. Lei distesa su un asciugamano, in bikini, il naso coperto di crema e una rivista fra le mani. C'era persino una foto osé di loro due nella vasca, nudi, sensualmente abbracciati fra le bolle dell'idromassaggio. «Che cosa diavolo farai con tutte queste foto?» aveva chiesto Philip mentre lei, predisposto l'autoscatto, era scivolata nell'acqua al suo fianco. «Potremmo usarle per scopi pubblicitari» aveva suggerito prendendolo in giro. «Non questa!» ribatté lui titillandole i capezzoli con la punta delle dita. «È strettamente riservata.» «Mm... Philip, sto così bene. Vorrei che questa vacanza non finisse mai.» Invece finì. Il quinto giorno si svegliarono sotto una pioggia battente e il cielo carico di nubi. «Che cosa dici?» chiese Philip rialzandosi il bavero della cerata. «Casa?» «Casa» confermò Kate. «Torniamo ai paparazzi e alla vendetta di Irene.» «Non temere. Le cose saranno certamente migliorate nel frattempo.» Non fu così. Quando giunsero in vista del porticciolo di Ayios Dimitrios, qualcuno li stava pazientemente aspettando sul molo sotto un ombrello. Kate riconobbe Dorothea e il cuore sembrò perdere un colpo. Che cosa mai poteva esserci di così urgente da far stare il direttore incaricato lì sotto la pioggia ad accoglierli? Philip dovette probabilmente pensare la stessa cosa, perché balzò giù dal tender ancora prima che Giorgos ne avesse legato la cima al molo. Kate lo seguì e vide Dorothea dargli un giornale ripiegato con titoloni in prima pagina. Avvicinandosi esitante, gettò uno sguardo al giornale, ma l'unica cosa Angela Devine
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che riconobbe in greco fu il nome Andronikos. «Che cosa dice?» indagò. Il viso di Philip era una maschera di pietra. Fissò il giornale incredulo, poi lo strappò in mille pezzi. «Che cosa dice?» insistette Kate. Philip parlò lentamente, come se fosse scioccato. «Dice: Andronikos in rovina.»
7 «Dunque, che cosa sono tutte queste assurdità?» chiese Philip, una volta che ebbero raggiunto l'appartamento di Dorothea e dopo avere dato una scorsa ai titoli degli altri giornali. «Purtroppo non sono solo assurdità. Ci sono due storie separate, direi» riassunse Dorothea. «La prima è che Hristos Hionides è morto e ora i suoi esecutori testamentari minacciano di revocare i prestiti.» Philip non disse nulla, ma la sua mano strinse nervosamente il bicchiere. Kate sentì un brivido di paura attraversarle il corpo. «Che cosa significa?» gli chiese. «Che dovrò trovare un altro finanziatore per l'albergo o rischierò la bancarotta» rispose lui gelido. «Ma lasciamo perdere questo, per adesso. Qual è l'altra storia, Dorothea?» «Non vorrei sembrarti melodrammatica, ma direi che è la vendetta di Irene» mormorò lei. «Non so esattamente cosa sia successo la settimana scorsa, prima della tua partenza, ma la storia di Irene è certamente molto colorita e l'ha sparsa fra i giornali e le riviste di seconda categoria di tutta l'Europa. Secondo la sua versione, era venuta a trovarti a sorpresa a casa, ti ha trovato a letto con un'attricetta pornografica australiana e ha immediatamente rotto il vostro fidanzamento.» «Come può essere così perfida?» protestò Philip con un gemito. «È ridicolo! Indegno!» Kate fu talmente scioccata e spaventata da quelle parole che le gambe le cedettero e fu costretta a sedersi. «Katarina!» gridò Philip. «Non prendertela così! Nessuno presterà fede alle sciocchezze pubblicate da quei giornalacci!» «Non riesco a credere che qualcuno abbia detto cattiverie così orribili sul mio conto» mormorò, pallida come un cencio, mentre Dorothea le versava Angela Devine
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prontamente dell'altro vino. «Su, su! Non è la fine del mondo. È solo perché sei un'ingenua che sei rimasta tanto scioccata. Dovresti leggere quello che è stato scritto su di me, in passato! L'unica cosa da fare è ignorarli. Vedrai che la settimana prossima affonderanno i loro artigli in una altra vittima. Piuttosto, è questa faccenda di Hionides a preoccuparmi sul serio. Sei sicura che la notizia della sua morte sia vera, Dorothea?» «Sì. Ma non posso garantire per quello che riguarda i prestiti. I suoi avvocati si sono fatti negare al telefono.» «Forse è meglio che li chiami di persona» concluse Philip. Rimasta sola mentre gli altri due andavano a telefonare, Kate cercò di calmarsi dicendo a se stessa che doveva essere di aiuto e conforto a Philip, in quel momento. Ma quando Philip riaprì la porta e lei lo vide in volto, la voce le tremò. «Allora è vero?» chiese spaventata. «Sì! Gli esecutori testamentari intendono rifarsi sui beni ipotecati.» «Ma perché?» «E chi lo sa! A meno che gli eredi di Hristos abbiano deciso di farmi fallire per comprare l'Hotel Ariadne per pochi soldi. Ma se questo è il loro gioco, li farò pentire di averci provato! Dorothea, fammi trovare un'auto pronta fra mezz'ora.» «Do... dove vai?» balbettò Kate. «A Salonicco. Devo vedere i miei avvocati e gli amministratori. Se non trovo un altro finanziatore entro due settimane, posso dire addio all'Hotel Ariadne!» «Ma questo significa...» «Significa la fine di tutto quello per cui ho lavorato una vita intera!» concluse lui con ferocia. Poi esplose in una risata. «Ma non accadrà!» promise. «Ho avuto la meglio su gente che voleva rovinarmi in passato e ce la farò anche questa volta. Avanti, Katarina! Smettila di piagnucolare e aiutami a preparare la valigia.» «Lo sai, mi sconcerti» si lamentò lei mentre Philip la trascinava verso casa sua. «Guardati!» gli fece spingendolo davanti allo specchio che troneggiava nell'ingresso della magnifica villa. «Tutto intorno a te sta crollando e tu hai più energia che mai, la tua voce è allegra e, mentre camminavamo, stavi addirittura fischiettando. Chiunque penserebbe che ti stia divertendo!» Angela Devine
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Lui gettò indietro la testa e scoppiò in una risata forte e sonora. Poi allungò una mano verso il viso di Kate e il suo sguardo si addolcì. «Sai una cosa?» ribatté dolcemente. «Penso che sia proprio così. Non c'è nulla che ami di più di una bella sfida e quale potrebbe essere migliore di questa? Lottare per la donna che voglio sposare e la casa in cui intendo abitare?» Senza preavviso le sue labbra calarono su quelle di Kate in un bacio lungo e appassionato che la lasciò senza fiato. Quando si scostarono, lei riuscì solo a fissarlo, ammutolita dal desiderio. «Mi sposerai anche se rimarrò senza un soldo?» chiese Philip a bruciapelo. «Ti sposerei anche se fossi un mendicante!» rispose di cuore Kate ritrovando di colpo la voce. «Bene, allora tutto è sistemato. Prima che vada, devo dirti un'altra cosa. Perché non ti trasferisci qui mentre io non ci sono? Almeno avrai delle recinzioni per tenere lontano i giornalisti. E poi mi piace pensarti a casa mia.» «D'accordo» acconsentì Kate. «Anche a me piace l'idea.» «Ma non fare entrare giornalisti, per nessun motivo» la mise in guardia Philip. «Non lo farò. Però tu torna presto!» «Non starò lontano più di una settimana» promise lui. «Vedrai che il tempo volerà.» Invece i primi tre giorni furono un'agonia. La pioggia incessante e il timore d'imbattersi in giornalisti costrinsero Kate a restare in casa. Con quel tempo non poteva nemmeno lavorare e, dopo tre giorni, era mortalmente annoiata. Finalmente il sole tornò a splendere alto nel cielo. Uno dei fattorini dell'hotel le consegnò la posta, che la mise decisamente di buon umore. C'era una cartolina da Salonicco, quasi illeggibile, che diceva: Nessuna nuova, buona nuova. Ti amo. P. e una lettera dei suoi genitori. C'era un'altra lettera, di Tassos Astrinakis, che si offriva di acquistare le foto dei mulini di Mikonos per una serie di biglietti augurali: Kate gridò di gioia. Infine, c'era un pacco da Salonicco con le foto fatte in crociera. Kate le studiò a lungo rivivendo attimo per attimo quei momenti meravigliosi e, di colpo, fu certa che Philip avrebbe risolto ogni problema. Quando giunse alla foto di loro due nell'idromassaggio, scoppiò in una Angela Devine
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risata e la mise da parte. Era decisamente un'immagine da conservare per il loro album privato, come aveva detto Philip. La lettera dei suoi fu molto meno piacevole. Per fortuna l'Australia era troppo lontana perché potesse giungervi l'eco degli scandali che avevano per oggetto la loro figliola. La loro preoccupazione era tuttavia evidente. Sai che siamo tanto in pensiero per te, Kate. Sono più di sei mesi che sei partita e questa bizzarria ostinata della fotografia non ha portato a nulla, proprio come pensavamo. Non pensi che sia ora di lasciar perdere e tornare a casa? La segretaria di papà andrà in pensione in novembre, quindi potresti prendere il suo posto. Scrivici e facci sapere... Kate trasalì. Sin da quando Philip era partito aveva provato a scrivere una lettera ai suoi genitori, ma ogni tentativo era miseramente finito nel cestino dei rifiuti. Ora bisognava proprio che lo facesse, prima che leggessero sul conto suo e di Philip le sciocchezze che stavano comparendo su tutta la stampa scandalistica europea. Frugando in un cassetto della scrivania, Kate trovò un blocco e cominciò a scrivere. Cari mamma e papà, so che questa notizia vi parrà scioccante, ma mi sono appena fidanzata. Il mio fidanzato è Philip Andronikos ed è un imprenditore del settore alberghiero. Ci siamo conosciuti durante un terremoto e siamo stati costretti a passare insieme la notte perché le strade erano tutte bloccate. C'è stata subito una forte attrazione fra noi, che ora si è trasformata in qualcosa di più profondo. Abbiamo deciso di sposarci nel paese natale di Philip, Ayios Dimitrios, non appena il prete locale ci darà la sua disponibilità. Philip e io ci auguriamo che possiate venire al matrimonio, ma per favore non ditelo a nessun altro, perché vogliamo una cerimonia molto riservata. Se voi... Il suono improvviso del campanello la raggelò. Non aspettava nessuno dall'albergo e la precedente esperienza con il giornalista l'aveva resa Angela Devine
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estremamente diffidente. Con prudenza spostò una tenda e guardò fuori. L'uomo che le stava di fronte era l'ultima persona che si aspettasse di vedere. «Stavros...» mormorò lasciando ricadere la tenda. Il suo cervello stava correndo alla ricerca di una decisione sul da farsi. Philip la aveva categoricamente proibito di avere rapporti con Stavros, ma tuttora non le era chiara la ragione di quell'ostilità. Inoltre le sembrava assurdo rifiutarsi di aprire quando Stavros sapeva che lei era in casa. Assurdo e imbarazzante. Come se lui fosse il lupo cattivo e lei l'agnellino inerme. Ma che cosa mai poteva volere da lei il fratello di Irene? Non sarebbe stato altrettanto imbarazzante parlargli? Il campanello suonò di nuovo e, pur con un nodo allo stomaco, Kate decise di aprire. «Ciao, Kate, come va?» «Ciao» gli rispose circospetta. «Come mai da queste parti?» «Ehi, coraggio! Non sono venuto per mangiarti, tesoro!» «È solo che non comprendo cos'abbiamo da dirci...» Kate arrossì. «Date le circostanze.» «Circostanze?» ripeté Stavros come se non capisse. «Ah, vuoi dire tutta la faccenda di Irene. Be', sì, in un certo senso è per questo che sono qui. C'è un posto dove possiamo parlare?» «Parlare? Oh, certo... Accomodati.» Quando furono in salotto, Kate realizzò che la lettera per i suoi genitori era rimasta sul divano. Maledizione! L'ultima cosa che voleva era che il fratello di Irene fosse informato dei loro progetti di matrimonio. Chiuse bruscamente il blocco e lo infilò in un cassetto della credenza. «Siediti» mormorò nervosa a Stavros. Lui le sorrideva timidamente, come se non capisse il motivo di tanta inquietudine. Kate stava appena cominciando a rilassarsi quando, con una fitta di panico, ricordò che anche la foto di lei e Philip nella vasca a idromassaggio era ancora sul divano, seminascosta dai cuscini. Con un sorriso smagliante iniziò a scivolare impercettibilmente lungo il divano finché la raggiunse e, con movimenti indifferenti, la spinse fuori dalla vista. «Va tutto bene?» la apostrofò Stavros. «Mi sembri un po' nervosa.» «Sto bene. Senti, c'è qualche motivo particolare per cui mi volevi Angela Devine
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vedere?» Lui parve a disagio, si contemplò il dorso delle mani, cambiò posizione. «Sì» ammise. «Ha a che fare con Philip e Irene.» «In questo caso, credo che non ci sia nulla da dire» tagliò corto Kate. «Non sono disposta a discutere tale argomento con nessuno!» «Aspetta un momento, che cos'hai capito?» protestò Stavros. «Senti, io non ho niente contro di te personalmente. Mi sei sempre piaciuta. Sono sincero nel dirti che mi dispiace che tu abbia tagliato fuori Irene, per quanto riguarda Philip, ma la verità è che non sono affari miei. Non sono venuto per convincerti a lasciarlo perdere.» «E allora che cosa vuoi?» gli chiese sospettosa. «È un argomento piuttosto delicato.» Stavros abbozzò un sorriso dispiaciuto. «Sai la collana che Philip aveva regalato a Irene la sera dell'inaugurazione?» «Sì» replicò Kate in apprensione. «E allora?» «Be'» continuò lui imbarazzato, «Irene l'ha dimenticata qui quella notte. In camera da letto.» Kate fu attraversata da una dolorosissima fitta di gelosia. Pur sapendo perfettamente che Irene e Philip erano stati fidanzati per anni, non aveva mai pensato che avessero dormito insieme. Eppure erano sembrati molto vicini fra loro, quella sera... «E allora?» domandò a Stavros. «Irene mi ha chiesto di venire a riprenderla. Mi dispiace, Kate. So che è imbarazzante per te, ma lo è anche per me. E Irene non poteva certo venire di persona, non credi?» «Già» rispose Kate con amarezza. «Allora posso salire a prenderla?» insistette Stavros. Kate esitò. Avrebbe voluto urlare che Irene poteva morire piuttosto che riavere la collana, ma aveva troppa dignità per rendersi così ridicola. Inoltre non le sarebbe parso giusto tenere qualcosa che non era suo. «Credo di sì» fece riluttante. Mentre salivano le scale, continuò a sperare assurdamente che Stavros si sbagliasse, che non ci fosse alcuna traccia della collana in camera. Fu una vana speranza. Quando arrivarono in cima alle scale, Stavros accelerò il passo. Nel momento in cui Kate lo raggiunse, era già di fronte al tavolino con il cofanetto della collana davanti a sé. Angela Devine
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«Eccola» disse infilandola nella sacca che aveva al braccio. «Grazie, Kate. Io... Che cos'è stato?» «Che cosa?» «Mi è sembrato di sentire un rumore, di sotto...» «Oh, no!» gemette Kate. «Basta con questi maledetti giornalisti!» Corse giù, attraversò ogni stanza, controllò ogni finestra, ma non trovò alcuna traccia di intrusi. Forse li aveva spaventati e la aspettavano là fuori... Guardandosi intorno ansiosamente, udì dei passi alle sue spalle e sobbalzò. «Oh, Stavros!» esclamò. «Mi hai fatto prendere un tale spavento!» «Kate, sei troppo agitata. Non dovresti dare tanta importanza a quei giornalisti. Scrivono sempre un sacco di porcherie sulla gente ricca, ma nessuno ci crede. Senti, perché non vieni a fare una partita a tennis? Almeno ti distrarrai un po'!» Notando l'esitazione di Kate, insistette «Su! Ti prometto che controllerò personalmente tutte le porte e le finestre prima di uscire». «E va bene. Perché no?» Qualche ora più tardi, Kate tornò verso casa di umore decisamente migliore chiedendosi come mai Philip avesse tanto risentimento verso Stavros. Fece per aprire il portoncino d'ingresso dopo avere controllato che non vi fossero tracce d'intrusi, ma non fece in tempo a girare la chiave che la porta si spalancò lentamente davanti ai suoi occhi. «Tu!» mormorò impaurita riconoscendo la figura che stava in piedi all'interno. «Che cosa fai qui?» Era Leon Clark, il suo ex amante. Alto e piacente, aveva lunghi capelli scuri che gli ricadevano sulla fronte, occhi di un azzurro profondo e un sorriso perfido stampato sul volto. «Ciao, tesoro! Non mi dai un bacio? Dopotutto è un sacco di tempo che non vedi il vecchio Leon...» «Non abbastanza!» replicò lei con rabbia. «Da dove sei entrato?» «Diciamo che ho trovato una finestra chiusa male...» sogghignò lui brandendo una lima per unghie. «Quindi hai aggiunto ai tuoi talenti di bugiardo e adultero anche quello di scassinatore!» esclamò Kate sdegnata. «Hai commesso un errore. Il tempo di fare una telefonata al servizio di sicurezza e ti butteranno fuori prima che tu te ne accorga!» «Sarebbe un vero peccato» mormorò Leon. «Soprattutto perché non ho Angela Devine
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ancora avuto modo di farti la mia proposta d'affari.» «Conosco bene le tue proposte, Leon. E non m'interessano, né d'affari né d'altro tipo.» «Nemmeno centomila dollari per i diritti esclusivi sulla tua storia t'interessano? Sai, questa tua relazione con Andronikos è una grande notizia.» «Centomila dollari!» ripeté Kate disgustata. «Non farmi ridere, Leon! Le stazioni televisive rispettabili non hanno tanto denaro e non vogliono correre il rischio di querele per diffamazione.» «Non lavoro più per quel tipo di televisioni. Adesso sono in una televisione commerciale, la Stardust International, con sede a Londra. E loro stanno offrendo centomila dollari per la tua storia. Anche di più, se hai delle foto.» «Non m'interesserebbe nemmeno se offrissero cento milioni di dollari. La mia storia, come la chiami tu, non è in vendita.» «Oh, ma la mia sì, dolcezza» sottolineò Leon avvicinandosi a lei e prendendola per un polso. «Non è proprio succosa come la tua, ma scommetto che un mucchio di lettori pagherebbero bene per sapere tutto sul nostro piccolo nido d'amore di Paddington, Sydney.» «Sporca canaglia!» sibilò Kate. «Non ti azzardare!» «Ah, no? Stai a guardare, cara. Sono anni che aspetto un colpo come questo. E nessuno m'impedirà di guadagnarci sopra. A meno che il tuo nuovo fidanzato non preferisca darmi dei soldi per chiudermi la bocca.» «Fuori di qui!» gridò Kate. Con una forza che non sapeva di avere, lo spinse fuori di casa. Tremando, chiuse bene tutte le porte e le finestre, corse a controllare che la foto del bagno e la lettera ai suoi fossero ancora al loro posto, poi sprofondò in una poltrona, esausta. «Vorrei che Philip fosse qui» gemette. Ma dovette aspettare altri due giorni e le bastò lanciargli uno sguardo per capire che i suoi affari non erano andati bene. Le confermò che non aveva ancora risolto i problemi, ma era lungi dal ritenersi sconfitto. Kate lo ascoltava, ma c'era qualcosa che la preoccupava ancora di più. Erano due notti che non dormiva nel dubbio se rivelare a Philip quanto era successo durante la sua assenza. Certo non gli avrebbe fatto piacere sapere che aveva ricevuto una visita del suo ex amante, ma Kate sentiva il bisogno di comportarsi onestamente. Angela Devine
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«Philip, c'è qualcosa che devo dirti...» iniziò dopo avere tratto un profondo respiro. «Non puoi aspettare dopo mangiato?» tagliò corto lui. «È da ieri che sono digiuno e mi sento anche stanchissimo. Ti dispiace?» «No, no.» Cenarono in silenzio e Philip si riempì il piatto tre volte prima di metterlo da parte con un sospiro soddisfatto. «Brava! Ottima cena.» «Grazie» rispose Kate sorridendo distratta. «C'è qualcosa che ti preoccupa, vero? Riguarda quello che mi devi dire?» Kate annuì con espressione infelice. «Ha a che fare con Stavros?» «Come lo sai?» chiese lei sbalordita. «Non puoi certo pensare di giocare a tennis con lui di fronte alla reception dell'hotel senza che nessuno se ne accorga. Te l'ho già detto, Kate, e te lo ripeto ancora: non voglio che frequenti quella persona. In nessuna circostanza devi stare sola con lui, è chiaro?» L'espressione di Philip era così intensa che Kate si sentì intimorita. Che cos'avrebbe detto se avesse saputo che Stavros era stato lì, in casa, solo con lei? Forse, concluse, era meglio rimandare la discussione. «D'accordo, Philip» disse sottovoce. «Vuoi un po' di caffè?» Più tardi, quando si ritrovarono l'uno nelle braccia dell'altro, tutti i problemi vennero dimenticati. Fecero l'amore con una passione e un desiderio ancora superiori, se possibile, alle volte precedenti. Quando lentamente ritornarono alla realtà, Kate si ritrovò sorridente, le mani fra i capelli di Philip. Il corpo di lui era forte e agile sopra il suo, il battito del cuore continuava a essere accelerato, il nome di lei indugiava ancora sulle sue labbra. Presto, molto presto, sarebbero stati marito e moglie. Kate fu pervasa da un senso di gioia e appagamento a quel pensiero. «Sono così felice che tu sia tornato» sussurrò. «Ora sono certa che non potrà accadere niente di brutto.»
8 Stavano oziosamente facendo colazione sul terrazzo, il mattino dopo, Angela Devine
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quando la bomba scoppiò. Era una mattina perfetta, ma quando Kate vide Dorothea correre su per il viottolo, capì subito che nell'aria c'era odore di tempesta. «Non ho mai visto Dorothea così agitata» disse ansiosa, affacciandosi al terrazzo. «Chissà cos'è successo.» «Probabilmente nulla di grave» replicò Philip, ma anche lui si alzò in piedi e andò incontro alla donna che saliva sbuffando gli scalini e sventolava un giornale. «Che cosa c'è? Altre buffonate di Irene?» «Peggio!» rispose Dorothea porgendogli il giornale e lanciando un'occhiata ostile a Kate. «Come hai potuto?» le disse prima di girarsi e tornare a precipizio in direzione dell'albergo. Stupita, Kate si voltò verso Philip. Con orrore, vide la sua calma iniziale trasformarsi in violento sdegno a mano a mano che leggeva. Lui imprecò in greco e appallottolò il giornale in una massa informe. «Che cosa c'è? Che cosa dice?» chiese lei angosciata. «Sei sicura di non saperlo?» le ribatté brutalmente con uno sguardo carico di rabbia. «Sono certo che il grande giornalista dello Stardust Leon Clark ti avrà detto cos'avrebbe scritto quando gli hai venduto l'intervista!» «Leon?» gli fece eco smarrita. «Oh, no. Non posso crederci!» esclamò accasciandosi su una sedia come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. «Che cosa dice?» «Guarda da te!» rispose Philip con rabbia lanciandole il giornale. Appena iniziò a leggere, Kate fu presa da un violento tremito. «Non posso...» sussurrò. «Troppo sensibile per questo tipo di letture? Sta' a sentire, allora!» E Philip cominciò a declamare furiosamente: «Gattina australiana del sesso sta per sposare il più desiderabile scapolo greco? Il famoso reporter Leon Clark ha offerto centomila dollari alla sconosciuta fotografa Kate Walsh per i diritti esclusivi sulla storia della sua vita. La Walsh, nata a Sydney, è balzata sulle prime pagine dei giornali quando ha soppiantato l'ereditiera Irene Marmara nel cuore del miliardario Philip Andronikos. Secondo la Walsh, la relazione sarebbe seria. I due pensano di sposarsi nella chiesa di Ayios Dimitrios prima di Natale. Per saperne di più sulla donna dei bassifondi che ha spodestato un'ereditiera, andate a pagina quindici, dove troverete la storia della sua vita, illustrata da foto inequivocabili». Philip si bloccò e guardò Kate con un'espressione che le gelò il sangue nelle vene. «Mi fai schifo!» esclamò. «Gli hai persino venduto delle foto!» Angela Devine
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«Non gli ho venduto un bel niente!» si difese Kate. «Non vorrai dirmi che credi a questa follia!» Ma Philip stava già sfogliando impaziente il giornale e non si degnò nemmeno di rispondere. La sua ricerca s'interruppe bruscamente: con un sussulto di rabbia lanciò a Kate un'occhiata più tagliente di una lama. «Ah, no? Allora come spieghi questo?» Il suo dito indicò una pagina, ma all'inizio gli occhi di Kate erano così annebbiati dalle lacrime che lei non riuscì a vedere nulla. Poi sbatté le palpebre e il tradimento di Leon le fu chiaro: là, in mezzo al giornale, c'era la foto di lei e Philip nell'idromassaggio. «Non capisco! Io l'ho visto in anticamera!» esclamò sconvolta. «Dunque è venuto qui? E gli hai dato tutte queste informazioni?» «Sì. Voglio dire... no. È stato qui, Philip, ma solo nell'ingresso. Gli ho detto di andarsene. E ovviamente non gli ho dato proprio niente!» «Allora come ti spieghi questa foto?» insistette Philip. «Non capisco proprio! Non lo so! L'avevo nascosta sotto i cuscini del divano e non pensavo che l'avesse vista, perché dopo era ancora lì. Ma dev'essere riuscito a fotografarla.» «Perché l'avevi nascosta nel divano?» chiese lui scuotendo la testa a quella spiegazione ingarbugliata. «Qualcuno aveva suonato alla porta e non volevo che la vedesse.» «Leon Clark?» «No, qualcun altro» rispose lei arrossendo, certa che menzionare Stavros avrebbe solo peggiorato la situazione già di per sé imbarazzante. «Chi?» insistette lui imperterrito. «Stavros. Era venuto a chiedermi se volessi giocare a tennis e sono scesa ai campi con lui.» «Sei sicura di non averlo fatto entrare?» «No» affermò Kate dopo un'esitazione. Il pensiero della collana la infastidiva, ma lo rimosse. Aveva già abbastanza problemi, per il momento. «Avanti!» ordinò Philip. «E questo Clark come entra in tutta questa storia? Chi è? Lo conosci? Ha qualche rapporto con te?» «È un giornalista di cronaca che l'anno scorso era venuto a Sydney dall'Inghilterra per lavorare in una stazione televisiva. Io facevo parte dello staff del suo programma e passavamo molto tempo insieme, sul lavoro. Poi abbiamo cominciato a uscire insieme e, be', abbiamo avuto una relazione Angela Devine
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per tre o quattro mesi, finché una sera mi ha invitato a cena dicendomi che doveva parlarmi di cose importanti.» La voce di Kate cominciò a vacillare. «Continua» sibilò Philip in tono duro. «Pensavo che volesse chiedermi di sposarlo. Sciocco, non è vero? Invece mi disse, con grande leggerezza, che entro un mese moglie e figli lo avrebbero raggiunto in Australia, ma che avremmo potuto continuare la nostra relazione purché fossimo stati discreti.» «E tu che cos'hai fatto?» «Oh, sono stata molto discreta. Gli ho detto di andare al diavolo, gli ho rovesciato addosso un piatto di moussaka bollente e me ne sono andata. Dopo due giorni ho ricevuto la lettera di licenziamento.» «Pensi che sia stato lui?» «Probabilmente» rispose Kate stringendosi nelle spalle. «Comunque, non ne ho più saputo niente finché non me lo sono ritrovato qui. Non sapevo nemmeno che avesse lasciato l'Australia» concluse lanciando un'occhiata apprensiva a Philip. Da quanto tempo voleva parlargli della storia con Leon! Si era aspettata una reazione violenta, di rabbia e gelosia. Invece lui la stava esaminando con freddezza e distacco, il volto lievemente irrigidito. «Allora, questo tuo ex amante... Com'è entrato in casa?» «Non lo so» ammise lei. «Ero fuori e quando sono rientrata l'ho trovato qui. Mi ha fatto capire di avere forzato una finestra con una lima per unghie.» «Una lima per unghie!» abbaiò Philip. Gettò indietro la testa in una risata forzata. «Sarà meglio che inventi una storia migliore di questa, Kate! Queste sono finestre di sicurezza, ci vuole ben altro che una lima per entrare!» «Allora si vede che non ne avevo chiuso bene una! Tutto quello che so è che ho trovato Leon Clark nell'ingresso, mi ha fatto la sua schifosa proposta sui diritti esclusivi per la mia storia e l'ho buttato fuori. Pensavo che la cosa fosse bell'e finita e invece un bel mattino mi sveglio e scopro tutte quelle cose orrende sul giornale e la foto. Per non parlare di te, convinto che abbia fatto tutto apposta! È troppo, Philip!» gridò scoppiando a piangere. «Allora non hai mai invitato Clark a entrare né gli hai detto niente di proposito?» domandò Philip, dopo un lungo silenzio, appoggiandole una mano sulla spalla. «No, Philip! Te lo giuro! Devi credermi!» Angela Devine
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«Che io ci creda o meno» riprese lui dopo un altro lungo silenzio, «metterò in croce Leon Clark per quello che ha scritto su di noi. Dammi quel giornale, il mio avvocato ne avrà bisogno.» Deglutendo, Kate raccolse il giornale e glielo passò, ma Philip l'aveva maltrattato al punto da ridurlo quasi in pezzi. Una pagina cadde. Mentre lui si chinava a raccoglierla, il suo volto si alterò per la rabbia. «Non hai detto di avere incontrato Clark solo nell'ingresso?» mormorò minacciosamente. «S... sì» balbettò Kate. «E allora come mi spieghi questo?» Le sbatté davanti agli occhi la pagina del giornale, al cui centro c'era una foto di lei, in posa seducente e camicia da notte di pizzo, sul letto a baldacchino di Philip. Al suo fianco, con una mano posata sulla sua spalla nuda, stava Leon Clark. La didascalia diceva: Kate Walsh mostra le proprie doti al reporter Leon Clark. Lei lanciò un grido inorridito. «Maledetto! È un fotomontaggio, Philip. È una foto fatta a Sydney, l'anno scorso, montata su una foto della tua camera. È una tecnica molto semplice, qualunque fotografo potrebbe farlo! Ma tu, tu non mi credi, vero?» «No. Non ti credo» confermò lui crudelmente. «E pensare che mi stavi quasi ingannando! Le lacrime, il pallore, le labbra tremanti... Hai sbagliato mestiere. Dovevi fare l'attrice, non la fotografa. Ma questo è proprio troppo per me da mandare giù!» concluse voltandosi per rientrare in casa. «Philip!» implorò disperata Kate fermandolo per un braccio. «Non me la darai a bere» disse lui fermandosi. «Non ci riuscirai un'altra volta. Peccato, davvero. Sai, pensavo davvero che fossi pura, ingenua, diversa dalle altre. E che mi amassi sul serio. Ma sei come tutte: interessate solo ai soldi e alla fama. Perché hai deciso di vendermi? Forse perché pensavi che stessi andando in rovina? Avrei potuto rifarmi, sai. Non avevi bisogno di tradirmi per centomila miserabili dollari.» «Non è vero, non ti ho tradito... Non lo farei mai» mormorò Kate singhiozzando. «Non lo faresti? Mi dispiace, bellezza mia, ma non credo più a quegli occhioni verdi e a quelle labbra tremanti. Perciò finiamola qui e vattene!» «Se davvero lo vuoi, ti obbedirò.» Kate si aggrappò all'ultimo briciolo di orgoglio rimastole. «Bene. Dirò a Dorothea di preparare l'assegno per le tue fotografie, così potrai passare a prenderlo in ufficio.» Angela Devine
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«Non disturbarti» gli ribatté con un filo di voce. «Non vorrei soldi da te nemmeno se stessi morendo di fame.» Più tardi, Kate salì sull'autobus di Ayios Dimitrios in uno strano stato di torpore che aveva sostituito la rabbia e la disperazione di pochi istanti prima. Mentre si lasciava alle spalle il villaggio, pensò all'unico posto dove sarebbe potuta andare. Troppo orgogliosa per accettare soldi da Philip, era praticamente senza una lira, ma sapeva dove rifugiarsi. Rammentò l'invito di Charlie, prima della sua partenza: Ricordati che puoi sempre tornare qui, se qualcosa non funziona. Sarai la benvenuta. L'unico problema era che si sentiva così umiliata da non avere nemmeno il coraggio di guardare in faccia i suoi amici. Prese quindi una decisione dolorosa: il suo biglietto di ritorno per l'Australia era nel portafoglio. Avrebbe anticipato la prenotazione e se ne sarebbe tornata a Sydney. Quando l'autobus giunse a Nyssa, Kate lasciò in custodia lo zaino al caffè della piazza e iniziò ad arrampicarsi verso il sito archeologico. Trovò solamente Andrew, che stava smistando frammenti di ceramiche. Appena la vide, lui lasciò tutto e le corse incontro per abbracciarla. «Oh, Kate! Quel bastardo di Clark dovrebbe essere appeso a un gancio, tirato su e squartato! Ho cercato di chiamarti stamattina, ma non sono riuscito a trovarti.» «Allora hai letto i giornali?» «Coraggio, tesoro!» rispose lui annuendo con un cenno del capo. «Le bolle dell'idromassaggio nascondevano quasi tutto e, comunque, nessuno prende sul serio quelle porcherie!» «Philip l'ha fatto» ribatté Kate con un singhiozzo nella voce. «Oh, no! Come può essere così stupido? Senti, Kate, ora ti siedi, ti preparo un tè e poi mi racconti tutto. Gli altri sono andati a Kavala per alcuni giorni, perciò qui potrai stare tranquilla.» Mentre sorseggiava il suo tè, a poco a poco Kate gli raccontò tutto, senza nascondere nulla. Sapeva di potersi fidare di Andrew. «Tornerò in Australia, credo» concluse stringendosi nelle spalle imbarazzata. «Che cos'altro potrei fare?» «Ami ancora Andronikos?» «È l'uomo più arrogante, insensibile e presuntuoso che abbia mai conosciuto! Non lo vorrei vedere più nemmeno se camminasse sulle braci ardenti per venire a chiedermi scusa!» «Allora lo ami, proprio come pensavo! C'è solo una cosa da fare. Più Angela Devine
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tardi andremo a un telefono e chiameremo Philip Andronikos. Se è aggressivo e testardo anche solo la metà di te, non farà mai la prima mossa. Ma sono pronto a scommettere tutto quello che ho che sta già dandosi dell'idiota per averti mandato via.» Al termine della giornata s'incamminarono verso il villaggio. «È meglio che telefoni io» disse Andrew. «Il mio greco è migliore del tuo, qualora dovessimo avere problemi con il centralino. Inoltre forse posso addolcire un po' Andronikos per te...» «Va bene» acconsentì Kate seguendolo in un posto telefonico. «Pronto? Vorrei parlare con Philip Andronikos. No, non sono un giornalista. Sono solo un amico di Katherine Walsh, gli dica che il mio nome è Andrew Cameron.» Dopo una lunga pausa, Andrew rivolse a Kate un sorriso incoraggiante. «Signor Andronikos? Si ricorda di me? Ci siamo conosciuti quando è venuto a Nyssa a trovare Kate. Senta, so che non sono affari miei, ma non posso vedere Kate in questo stato. È a pezzi e non posso darle torto. La conosco da vent'anni e le assicuro che non c'è alcuna possibilità che abbia fatto ciò di cui l'ha accusata. Ho cercato di farla ragionare, ma dice di voler tornare in Australia con il prossimo volo. Il problema è che sono sicuro che l'ama ancora. Vorrebbe almeno parlarle un attimo?» Dopo un'altra lunga pausa le passò la cornetta. «Pronto, Philip?» «Ciao, Kate.» La sua voce non era più arrabbiata, ma nemmeno amichevole. Era fredda e distaccata, come se stessero discutendo di lavoro. «Ho sentito che pensi di tornare in Australia. Che cosa sarà del tuo lavoro?» «Lascerò perdere. Mio padre mi ha offerto un posto di segretaria nel suo studio legale. Non ero una grande fotografa, comunque...» «Sai che non è vero. Sei bravissima!» Questo tono assomigliava di più a quello del Philip che lei conosceva. Arrogante, autoritario, deciso. Le sfuggì un singhiozzo soffocato. «Non hai preso l'assegno in ufficio» disse lui. «Ti avevo già detto che non volevo soldi da te» replicò fiera. «Non essere stupida! È denaro che ti sei guadagnata. Le foto che hai fatto sono molto belle. E poi, di cosa vivrai se non li accetti?» «Me la caverò. Sono con amici e li ripagherò se avrò bisogno di prestiti. Sanno di potersi fidare di me.» Angela Devine
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Ci fu ancora una lunga pausa, poi la voce di Philip continuò severa, quasi risentita: «Forse sono stato un po' troppo duro, stamattina. Ma devi ammettere che la tua versione era poco credibile». Kate avvertì chiaramente il sospetto e l'insicurezza che trasparivano dal suo tono. Non erano certo queste le scuse in cui aveva sperato. Suonavano molto di più come altre accuse. «Significa che non ti stai scusando?» gli chiese chiaro e tondo. «No!» ringhiò Philip. «Dannazione, Katarina! Sei tu quella che dovrebbe scusarsi, non io! Comunque penso che dovremmo vederci e parlarne molto presto.» «Adesso? Vieni a Nyssa?» «Non posso. Ho un impegno di lavoro fra mezz'ora per il finanziamento dell'albergo. Ma posso mandare l'autista a prenderti domani.» «No, Philip» rispose Kate lentamente. «Non ho intenzione di rimettere piede al villaggio a meno che le cose fra noi siano sistemate. Sarebbe troppo doloroso e umiliante. Non tornerò lì finché non saprò che hai completa fiducia in me.» «Come potrei, Kate? Come posso fidarmi, dopo quello che mi hai fatto? Mi hai ingannato fin dall'inizio, non sei mai stata completamente sincera.» «Avevo troppa paura di perdere il tuo amore... Il risultato è che adesso credi a quella spazzatura sul mio conto.» La voce le si ruppe. «Addio, Philip, finiamola davvero qui. Sarebbe una totale perdita di tempo tentare di tornare insieme. Non potrei vivere con il dubbio sospeso fra noi, con l'incertezza della tua stima e del tuo rispetto. Forse un giorno scoprirai che non ti ho venduto alla stampa, ma io non sarò qui ad assistere al tuo ripensamento. Me ne torno in Australia.» Riattaccò il ricevitore senza attendere risposta e scoppiò in lacrime. «Oh, Kate...» la rimproverò Andrew. «Perché diavolo hai fatto così? Stava cominciando ad andare bene! Ti stava almeno ascoltando... Comunque piangere non serve a nulla. Su, andiamo. Dobbiamo pensare alla prossima mossa.» «No, voglio solo tornare a casa, in Australia, dove nessuno sa niente delle porcherie che stanno scrivendo sul mio conto e dove non dovrò rivedere Philip per tutta la vita» spiegò in tono alterato. «Ne sei sicura?» chiese Andrew attonito. «E la fotografia?» «Non m'interessa più» sospirò Kate. «È la verità.» Estrasse il biglietto aereo dal portafoglio, gli occhi pieni di lacrime. Angela Devine
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«Mi faresti un ultimo favore? Ho un biglietto aperto della Qantas. Potresti prenotarmi un posto sul prossimo volo da Atene?» «Tutto quello che vuoi» rispose Andrew riluttante. Erano quasi le sette quando raggiunsero la piazza del villaggio, il mattino dopo. Andrew guardò preoccupato l'amica. Kate era mortalmente pallida e dalla telefonata del giorno prima si comportava come una sonnambula. Era come se non avesse la piena coscienza della realtà che la circondava e delle sue stesse azioni. L'aveva ringraziato mille volte per essersi occupato della prenotazione e aveva concordato su qualunque cosa lui avesse suggerito. Sì, era stata una buona idea lasciare lo zaino tutta la notte al caffè vicino alla fermata dall'autobus. No, non voleva richiamare Philip. Sì, gli avrebbe scritto da Sydney. Quando finalmente giunsero in vista della piazza, lei si fermò e diede il primo segno di vitalità dopo ore. Abbracciò Andrew e lo strinse forte. «Grazie di tutto. È bello sapere che c'è qualcuno che non pensa male di me. Senti, se dovessi mai incontrare Philip Andronikos, digli... digli... No, non importa. Andiamo a recuperare il mio zaino, l'autobus sta per partire.» Lo zaino era ancora nel caffè dove l'aveva lasciato il giorno prima. Kate si chinò e fece per metterlo sulle spalle, ma nello stesso momento una mano le cinse il polso. Stupita, Kate guardò verso l'alto e vide il poliziotto locale squadrarla sospettosamente. L'agente disse in greco qualcosa che lei non capì. «Che cos'ha detto, Andrew?» «Vuole sapere se sei la proprietaria dello zaino.» «Sì, sono io» rispose Kate con un sorriso. «Non lo sto rubando, è mio!» Ma il poliziotto disse ancora qualcosa che Kate non afferrò, mentre il volto di Andrew si trasformava in una maschera prima sbigottita e poi orripilata. «No!» gridò lui. «No! È ridicolo! Ci dev'essere un errore...» «Che cosa c'è? Che cos'ha detto, Andrew?» chiese Kate improvvisamente allarmata. «Ha detto che sei in arresto per possesso di eroina» rispose Andrew incredulo, dopo un attimo di silenzio.
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«Eroina?» ripeté Kate inorridita. «Ma è ridicolo... Mai nella mia vita... Che cos'accidenti vuol dire?» Il poliziotto spiegò ad Andrew che avevano ricevuto una telefonata anonima in base alla quale il proprietario di quello zaino contrabbandava eroina nascosta in un contenitore di borotalco. Disse anche che avrebbe tenuto Kate in custodia finché il contenuto di quella scatoletta non fosse stato analizzato in un laboratorio a Salonicco. «Ma è assurdo!» protestò Kate. «Fra l'altro, quel borotalco non è nemmeno mio. Non uso mai quella roba. Sono allergica.» Osservò la scatolina rossa e nera: sapeva di averla già vista prima, da qualche parte. Ma certo! Era uno dei prodotti omaggio forniti dall'Hotel Ariadne. «Qualcuno mi vuole incastrare, Andy! Qualcuno dell'albergo! Diglielo, spiegaglielo!» Ma era evidente che il poliziotto non si sarebbe fatto convincere facilmente. Infatti, dopo avere etichettato la busta in cui aveva infilato il corpo del reato, portò via Kate mentre lei protestava e gridava ad Andrew di contattare Philip. «Lo farò, Kate, non temere! Sarai fuori nel giro di poche ore» promise l'amico in tono sincero. L'agente la condusse alla stazione di polizia e, dopo avere espletato le formalità di rito, la portò in una cella brutta e sporca. Speriamo che Andrew e Philip facciano presto, pregava Kate passeggiando nervosamente avanti e indietro. Le sembrava d'impazzire. Non avrebbe resistito a lungo, in quel posto orrendo. Vennero le undici, poi mezzanotte, e non successe niente. Kate tentò di dormire, senza riuscirvi, mentre pensieri su pensieri le si accavallavano nella mente. Fu solo verso la fine del secondo giorno, quando ormai le sue speranze stavano svanendo, che dovette amaramente riconoscere che Philip non sarebbe venuto a salvarla. Non gliene importava abbastanza. Anzi, probabilmente a quell'ora era tornato fra le braccia di Irene. Fino a quel momento, Kate non aveva quasi mai dormito, tesa nella speranza di udire quel bussare alla porta che avrebbe significato il suo rilascio. Si buttò sulla branda singhiozzando finché il cuscino fu completamente fradicio. Poi, esausta, scivolò nel sonno. Si svegliò dopo un paio d'ore allo scatto della serratura. Pensando che Angela Devine
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fosse il poliziotto con il vassoio della cena, che non aveva la minima intenzione di mangiare, rimase distesa con gli occhi chiusi e la faccia rivolta verso il muro. Improvvisamente due braccia possenti la strinsero. «Katarina!» esclamò una voce profonda. «Potrai mai perdonarmi?» Due ore dopo, ancora incredula ed ebbra di felicità, Kate era sulla macchina di Philip, avvolta in una coperta di lana. «Non posso ancora credere che sia vero» mormorò fra uno sbadiglio e l'altro. «Continuo a pensare che se mi addormento tu scomparirai. Spiegami tutto di nuovo. Non sono sicura di avere capito bene.» «Aspetta che arriviamo alla nostra meta.» «E quale sarebbe?» «Vedrai.» Kate si addormentò per risvegliarsi in un villaggio di casette bianche. Il sedile accanto al suo era vuoto e per un secondo lei temette che Philip l'avesse abbandonata. Poi guardò fuori del finestrino e vide un cartello sulla porta della casa di fronte: Affittasi camere. «Ayia Sofia!» gridò felice mentre Philip tornava verso di lei. «Mi hai riportato ad Ayia Sofia!» «È l'unico posto della Grecia dove penso che i giornalisti non ci troveranno. E l'affittacamere si ricorda di me solo come di quel poveretto capitato qui la sera del terremoto. Però mi ha chiesto notizie sulla mia bella mogliettina. Sei pronta per entrare, amore mio?» «Potrei uccidere per una doccia e un pasto caldo!» «Va' a fare la doccia» le raccomandò Philip mentre entravano. «Io organizzerò la cena. Ah, se ti servono dei vestiti di ricambio, prendi questi. È un pensierino che ti ho comprato a Parigi.» «Parigi?» ripeté Kate, mentre lui si allontanava. «Ma quando... Oh, non importa.» Dopo una doccia tonificante, si avvolse in un asciugamano e passò nella stanza. Si sentiva euforica. Qualunque altra cosa potesse andare storta, Philip e lei erano di nuovo insieme. Si asciugò i capelli, poi aprì il sacchetto che lui le aveva dato. Spalancò gli occhi sbalordita. Conteneva un vestito da sera di seta verde, biancheria intima in tinta lavorata a mano, calze di seta, sandali argentati, orecchini e collana di perle. Comprati da Philip a Parigi? Ma quando? E come? E perché? Stupita, Kate cominciò a vestirsi. Angela Devine
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Quando uscì sulla terrazza, poco dopo, lo trovò ad attenderla. «Sei bellissima» disse lui con dolcezza. «Proprio come ti ho sempre immaginato.» «Grazie» mormorò Kate sorridendo, «ma che cosa sei andato a fare a Parigi?» «Mm... Sono particolari di secondaria importanza.» Philip la fece accomodare al tavolo e le sfiorò con un bacio le spalle lasciate scoperte dall'abito. «Un po' di vino?» «Sì, grazie.» Kate sorseggiò un po' del suo retsina e lanciò un sorriso a Philip che, seduto di fronte a lei, le pareva più bello che mai. «Grazie per i vestiti» gli disse, in tono vagamente interrogativo, allungando una mano verso la sua. «E tu vorresti sapere.» Philip fece una risata bassa e vibrante. «Perché diavolo ero a Parigi a comprarti vestiti mentre tu languivi in prigione? È una storia lunga, amore, te la racconterò mentre ceniamo.» In quel momento la padrona di casa apparve con un piatto di piovra alla griglia e antipasti vari. Solo dopo che Kate ebbe reso giustizia a quei gustosi manicaretti Philip riprese a parlare. Ed estrasse da una tasca un pezzo di carta ripiegato per porgerlo a Kate. «Anche questo è per te.» «Non riesco a capire!» esclamò lei dopo averlo aperto. «È un assegno da centomila dollari...» «E la ricompensa» annuì Philip. «Ho rintracciato Leon Clark al suo giornale e ho minacciato di denunciarli per diffamazione. Hanno preferito risolvere la questione fuori dal tribunale. Ho pensato che centomila dollari fossero una giusta richiesta, dato che quella era la cifra che diceva di averti pagato per la tua storia.» «Diceva?» ripeté Kate. «Allora finalmente credi che non sia stata io a vendergliela, Philip?» «Sì, ti credo. Penso di averlo sempre fatto, inconsciamente, ma ero così geloso di quel bastardo che avrei creduto qualunque cosa, qualunque assurdità. E poi si era lavorato tutti molto bene: aveva dichiarato di averti davvero intervistato e si era intascato la somma messa a tua disposizione come compenso.» «Ha davvero ammesso tutto?» Kate era stupefatta. «Sì, certo! È diventato molto collaborativo dopo che ho minacciato di Angela Devine
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strangolarlo con le mie mani.» «Sei un barbaro! Che modi... Comunque se lo sarebbe meritato!» «Puoi giurarci» concordò lui, «se non altro per averti sedotto quando era già sposato con un'altra. Katarina, perché non me l'avevi mai detto? Se lo avessi saputo, forse non avrei reagito così violentemente quando ho letto quel maledetto articolo. Avevo troppi bocconi amari da ingollare tutti insieme. Una tua passata relazione, la storia dell'intervista...» «Avevo paura.» Lei arrossì. «Temevo di perderti. Tu pensavi che io fossi vergine e ci tenevi tanto... Non ho avuto il coraggio di raccontarti la verità. Anche perché Leon è stato il mio primo uomo, ma è stato l'unico prima di te, che sei il mio amore. Sì, avevo troppa paura che mi lasciassi, se ti avessi parlato di lui...» «Forse sulla scia della rabbia e della delusione l'avrei fatto.» Philip le strinse la mano in una morsa quasi dolorosa. «Ma la nostra lontananza non sarebbe durata più di ventiquattr'ore. Ti amo, Katarina, e sono geloso che un altro uomo ti abbia avuto in passato. Ma adesso conta solo il futuro. Voglio sentirti dire che da ora in poi sarò l'unico uomo della tua vita.» «Certo che lo sarai» mormorò Kate con un tremito nella voce. «Dillo!» insistette Philip implacabile. «Giuramelo.» E, ottenuta la conferma che desiderava, dichiarò: «E io giuro che sarai l'unica donna nella mia vita». Le baciò con dolcezza una mano e rimasero entrambi muti di commozione per qualche istante. Fu Kate a riprendere la conversazione. «Ci sono ancora vari particolari che non capisco. Leon ti ha spiegato come fosse entrato in casa? Non era sul serio penetrato grazie a quella lima?» «No. L'ha fatto entrare Stavros.» «Stavros?» «Sì. E tu, piccola mia, mi hai raccontato un'altra bugia. Mi avevi detto di non averlo fatto entrare, e invece...» Kate si sentì a disagio sotto il suo sguardo penetrante, ma dovette annuire. «Perché mi hai mentito?» indagò Philip in tono bonario. «Non lo so neanch'io. Eri così stanco quella sera e sembravi talmente furioso solo perché avevo giocato a tennis con Stavros... Non mi sembrava il caso di mettersi a litigare anche perché era entrato in casa, soprattutto considerato che non aveva fatto nulla di male.» Angela Devine
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«Nulla di male! Oh, Kate, questa è la frase dell'anno!» «Be', allora non sapevo che avesse fatto entrare Leon» si difese lei. «Ma come mai erano in contatto, quei due?» «Uno voleva guadagnare, l'altro distruggerti ai miei occhi. Stavros sa bene quanto io odi i giornalisti, così quando Leon, leggendo di noi sulla stampa internazionale, è venuto a ficcare il naso qui, il gioco è stato combinato. Stavros ha elaborato un piano che soddisfacesse entrambi. Ha trovato il modo di entrare, poi ha lasciato una finestra aperta per Leon e ti ha portato fuori con la scusa del tennis in maniera da lasciare via libera al complice. Il grande giornalista ha frugato in mezzo alle tue cose e ha riprodotto le foto. Un vero bastardo.» «Ma è spaventoso! E' criminale!» gridò Kate inorridita. «Stavros sperava di screditarti nella mia considerazione per farmi tornare da Irene.» «E la credeva sul serio così innamorata di te da essere disposto a distruggermi per farvi tornare insieme?» «No» rispose Philip scuotendo il capo. «Stavros sa benissimo che a Irene non importa nulla di me, ma stava tentando di proteggere i propri interessi, non quelli della sorella. Come suo futuro cognato, erano anni che lo tenevo fuori dai guai e pagavo i suoi debiti. Sapeva che, una volta che avessi sposato te, questa pacchia sarebbe finita.» «Debiti? Ma Stavros è ricco!» «Non proprio. Il vecchio Con Marmara non era uno stupido e il carattere del figlio lo aveva sempre preoccupato. Prima di morire, aggiunse al testamento una clausola che congelava tutti i beni di Stavros finché non avesse compiuto trent'anni. Io ero il tutore, quindi Stavros dipendeva molto da me. E sapeva che il mio senso dell'onore e della famiglia mi avrebbe fatto coprire tutte le sue peggiori scappatelle, se avessi sposato Irene. Il che non sarebbe avvenuto se avessi sposato te, è ovvio. Quindi non ha avuto il minimo scrupolo e ha tentato di rovinarti.» «Non posso crederci...» sospirò Kate. «Sembrava così gentile, così amichevole...» «Il suo fascino non gli servirà a molto, ora. Nessun giudice lo considererà un'attenuante al possesso di eroina.» «Eroina?» «Sì, non avevi ancora capito? Quando hai lasciato il villaggio, ha pagato qualcuno perché ti seguisse e mettesse quel contenitore di borotalco nei Angela Devine
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tuoi bagagli. Aveva nascosto dell'eroina anche in camera nostra.» «Che cosa!?» Kate era sempre più sbalordita. «Non voleva lasciare nulla al caso. In un modo o nell'altro doveva toglierti di mezzo. Quello che non capisco è perché tu l'abbia fatto entrare in camera da letto.» «È stato per la collana di Irene» rispose lei a voce bassa, arrossendo. «La collana di Irene? Ma di che cosa stai parlando?» domandò stupito. «La collana di diamanti che le avevi regalato la notte dell'inaugurazione. Stavros mi ha detto che Irene l'aveva lasciata in camera, quando era rimasta da te a dormire.» A Philip andò di traverso il vino che stava sorseggiando. «E tu ci hai creduto?» chiese rabbioso. «Mi ha fatto vedere la collana» rispose lei annuendo mesta. «E tu eri in camera quando l'ha trovata?» «No, non c'ero» rispose lei lentamente ripensando solo allora alla scena. «Ero rimasta un po' indietro.» «Naturalmente, perché questo era un altro dei suoi trucchetti per mettere zizzania fra noi. Irene non ha mai lasciato quella collana per il semplice fatto che non ha mai dormito con me.» «Ne sono felice. Credere il contrario mi aveva ferito, ma non te ne ho parlato perché non volevo che un'ombra del passato ci separasse» disse Kate dolcemente, mentre sentiva il sollievo crescerle dentro e ogni nube si dissolveva. «E tu, Philip, hai pensato sul serio che io usassi eroina?» «Certo che no! Stavros ha veramente esagerato, in quel caso. Io non c'ero nemmeno quando la polizia l'ha trovata, ma mi hanno telefonato a Parigi per farmi delle domande. E sembra che abbiano interrogato Anna Vassiliou, la cameriera, sulle tue abitudini. Mi hanno detto che Anna era indignata. Ha negato con veemenza che tu ti drogassi e ha aggiunto che, in ogni caso, tu sei allergica al borotalco.» «Cara Anna!» esclamò Kate sorridendo. «Ma, Philip, perché eri a Parigi? Non me l'hai ancora detto.» «A parte per comprare biancheria intima per te, intendi? Stavo negoziando con un nuovo finanziatore per l'Ariadne.» «Allora l'hotel è salvo?» «Sì. Dopo tutto il panico e il chiasso, credo che l'albergo e il villaggio possano continuare a vivere felici e contenti. Più o meno come noi, insomma... Vieni a vedere la luna» la invitò Philip alzandosi e prendendola Angela Devine
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per mano. Kate fremette in ogni fibra al tocco di quelle dita calde sulla pelle. Si sedettero insieme sul parapetto, vicini, abbracciati. «Guarda! È così limpido, stasera, che si vede persino il monte Athos.» «Non è bellissimo?» «È doppiamente bello perché tu sei qui accanto a condividerlo con me» sussurrò Philip con dolcezza. L'affittacamere si avvicinò con un vassoio di frutta e del caffè, poi mormorò qualcosa a Philip. «Che cos'ha detto?» chiese Kate. «Se voglio che mi presti ancora il bouzouki. Dopotutto, che cos'è una notte di luna senza musica? Sì, sì, grazie signora» concluse lui rivolto alla padrona di casa. Dopo che ebbero finito con il caffè, la donna tornò con lo strumento. Per più di un'ora Kate ascoltò incantata mentre Philip suonava canzoni d'amore, danze selvagge e nenie tradizionali. Alla fine lui depose lo strumento e dolcemente prese il viso di Kate fra le mani. «Mi dispiace di avere litigato con te. È stata tutta colpa mia» le disse a voce bassa. «Non importa» lo rassicurò Kate sorridendo. «Ora siamo insieme.» Sollevò le mani a coprire quelle di lui e cominciò ad accarezzarle dolcemente. Philip emise un debole gemito e lei vide la fiamma del desiderio accendersi nei suoi occhi. «Quando eravamo qui, l'altra volta, mi hai chiesto cosa sarebbe successo se fossi stata veramente mia moglie e avessimo litigato. Ti ricordi?» chiese lui. Kate fece cenno di sì con la testa. Un piacevole calore le si stava diffondendo nelle vene. «Dicesti che il litigio sarebbe stato sicuramente appianato a letto» sussurrò a Philip. Lui s'impadronì delle sue labbra e il bacio si fece via via più profondo. Kate s'inarcò modellandosi contro di lui, che la stringeva freneticamente contro di sé. Ma a un tratto Philip la scostò. «Penso che sia ora di fare la pace...» disse con voce roca. La prese sottobraccio e la condusse in camera. Lentamente, quasi con riverenza, le tolse gli eleganti abiti francesi finché le curve flessuose di Angela Devine
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Kate furono esposte al suo sguardo. Le sue dita tremavano, mentre allungava la mano ad accarezzarle il piccolo seno sodo dai rosei capezzoli eretti. «Sei così bella, amore» mormorò. La fiamma della passione infiammò le vene di Kate e tutto il suo corpo fremette di desiderio. «Ti amo, Philip.» «Ti amo anch'io, Katarina. Più di quanto riesca a dirti. Vieni qui, amore, lasciami dimostrare quanto.» Più tardi, dopo essersi appartenuti selvaggiamente, mentre giacevano abbracciati e semiaddormentati godendosi semplicemente il calore e la vicinanza dei loro corpi, Kate sollevò una mano e gliela passò fra i capelli scuri. «Philip?» mormorò beata. «Mm. Sì?» «È buffo, non trovi? La prima volta che siamo stati qui fingendo di essere marito e moglie per una notte, non ho potuto fare a meno di chiedermi come sarebbe stato essere tua moglie per sempre.» Lui sorrise e le accarezzò una guancia. Le sue labbra si posarono sulle palpebre socchiuse di Kate. «Lo saprai molto presto, amore mio» promise teneramente. Poi allungò una mano e spense la luce. FINE
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