Il sapere Enciclopedia tascabile diretta da Roberto Bonchio 4
In copertina: La pianta della canapa indiana in un dise...
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Il sapere Enciclopedia tascabile diretta da Roberto Bonchio 4
In copertina: La pianta della canapa indiana in un disegno di Vicki Graman Design: Alessandro Conti Prima edizione: febbraio 1994 Tascabili Economici Newton Divisione della Newton Compton editori s.r.l. © 1994 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 88-7983-380-4 Stampato su carta Tambulky della Cartiera di Anjala distribuita dalla Fennocarta s.r.l., Milano Copertina stampata su cartoncino Fine Art Board della Cartiera di Aanekoski
Enrico Malizia
Le droghe
Tascabili E c o n o m i c i N e w t o n
Indice
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Presentazione
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Generalità sulle droghe 1. Il fenomeno «droga» 2. Le droghe: definizione, terminologia e classificazione 3. La tipologia dell'assuntore di droga e le motivazioni
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Le droghe: storia, farmacotossicologia, clinica e terapia 1. Oppioidi stupefacenti: la malattia eroinica 2. Canapa indiana: marijuana e hashish 3. Coca e cocaina 4. Psicofarmaci 5. Allucinogeni e deliranti 6. Sostanze volatili: anestetici, solventi, propellenti
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Sinossi delle droghe più comuni Oppiacei Cocaina Cannabici Psicofarmaci stimolanti anfetaminici Psicofarmaci sedativi Allucinogeni e deliranti
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Bibliografia essenziale
A mia mamma Virginia che il 28 novembre del 1993 ci ha lasciati per raggiungere il suo diletto sposo
Presentazione
Ho iniziato ad occuparmi di droga nel 1961, non soltanto sul piano clinico, ma anche su quello scientifico, trattatistico e divulgativo. In quest'ultimo settore, oltre a numerosi incontri, conferenze, lezioni, simposi e dibattiti - affrontati frequentemente attraverso i mass-media ho pubblicato alcune opere: Droga '80, Le droghe, La crack cocaina, L'estasi, e con Hilde Ponti il ricettario delle streghe e Coca e cocaina. E ora di nuovo Le droghe in una edizione molto semplificata ed economica, proprio per arrivare in maniera capillare all'attenzione del maggior numero possibile di lettori. Un messaggio diretto allo scopo di far conoscere le aberrazioni del fenomeno droga che in tutti questi anni - malgrado i grandi sforzi del mondo civile - ho visto costantemente aumentare. Ritengo che il testo, nella sua brevità, sia aggiornato e completo, nello stesso tempo di facile lettura. Di questo ringrazio la scrittrice Hilde Ponti la quale, una volta immersa nella materia, mi è stata di grande aiuto, collaborando alla corretta e fluida stesura del testo. Roma, 30 novembre 1993 ENRICO MALIZIA
Generalità sulle droghe
1. Il fenomeno
«droga»
Fin dai tempi più remoti l'uomo ha sempre ricercato sostanze in grado di rendere la vita bella e possibilmente eterna, ma che non provocassero danni fisici e psichici e tantomeno la dipendenza. Sostanze in grado di guarire le malattie e di agire favorevolmente su psiche e corpo, anche per migliorare le prestazioni, per indurre piacere ed euforia, annullare ogni sgradevole sensazione quale ansia e dolore, procurarsi il sonno, evadere dalla realtà; per facilitare l'esplorazione della mente e il contatto con la divinità, e quindi stabilire una mistica unione; per stimolare energie, modificare reazioni affettive, aumentare percezioni e approfondire la conoscenza del reale e dell'irreale. In pratica l'essenza della felicità, del sapere universale e dell'eterna giovinezza, basi del mito di Faust, ed espressione del desiderio dell'uomo di diventare immortale. Un sogno che non è mai stato raggiunto, in quanto le sostanze usate - erbe, estratti, prodotti sintetici - non hanno indotto gli effetti descritti, ma solo sostituti illusori, spesso pagati a caro prezzo: danni tossici e dipendenza, una schiavitù che obbliga al loro uso continuativo. Per queste sostanze, chiamate droghe, le varie civiltà hanno elaborato rituali che attualmente definiamo culture. Ne veniva così regolamentato l'uso ed erano sottolineati i pericoli, fornite eventuali avvertenze e modalità per evitarli, spesso creando un tabù. L'uso indiscriminato veniva riservato alle classi dirigenti che di frequente strumentalizzavano le droghe per esercitare e mantenere un potere. Nelle civiltà primordiali e fino al XIX secolo d.C. l'uso della droga è quindi autocratico, in quanto viene gestito dal potere con proprie modalità e per i propri fini mistici, religiosi, terapeutici, bellici, politici, e perfino come strumento di delitto o di genocidio. Chi le usa fuori di tali modalità e fini viene considerato strega o mago, allontanato dalla comunità e talora condannato alla perdita della vita. Nell'Ottocento l'uso libero delle droghe si è diffuso in tutto il mondo occidentale, soprattutto negli ambienti artistici e alla moda. Poi nel XX secolo gli Stati occidentali le hanno proibite dichiarandole illecite, confinandole nella clandestinità. Negli anni Sessanta, con l'esplodere della contestazione giovanile e la nascita di movimenti come quello hippy, l'uso
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LE DROGHE
della droga si è diffuso a macchia d'olio tra i giovani, diventando fenomeno di massa. È nata così una nuova cultura, o meglio una controcultura. L'assunzione avviene di solito in gruppo, con la partecipazione di tutti i componenti che vivono distaccati dalla società e dalle sue istituzioni, avendo come comune denominatore l'uso della droga. Si riuniscono e si concentrano in particolari aree, che prendono il nome di territorio della droga. Alcuni esempi classici: il distretto di Haight-Ashbury a San Francisco, il Village a New York, Piccadilly a Londra, Campo de' Fiori a Roma. Nei conglomerati sottoculturali si esercita di solito la politossicoassunzione; si fuma quasi invariabilmente hashish o marijuana, si usano allucinogeni, psicofarmaci sedativi o stimolanti, si assumono cocaina, eroina o alcool. L'uso è comunitario e democratico, in netto contrasto con quello autocratico e controllato del passato. Le comunità sono però precarie, proprio per la caratteristica irrequietezza dei giovani componenti, sempre desiderosi di nuove esperienze e orizzonti. Soltanto una minoranza dei membri rimane nello stesso luogo e nel medesimo gruppo per più di un anno. Nello stesso territorio restano solo gli spacciatori che dominano, alimentano e perpetuano il fenomeno della droga di massa dei giovani e dei giovanissimi. Contro lo spaccio i governi occidentali lottano fin dall'inizio del secolo, ma con scarso successo, sia perché l'enorme guadagno rende estremamente allettante questa attività, sia perché intorno ad essa si è formato un alone di mistero che ha reso il frutto proibito assai più interessante e più allettante, e anche perché l'informazione è stata troppo spesso psicologicamente negativa, inutilmente terrificante e inesatta. In tal modo il collegamento della droga con le masse giovanili si è ulteriormente potenziato e ha favorito la formazione di un numero sempre maggiore di gruppi e adepti. Il movimento pop ne ha fatto il simbolo della protesta e molti esponenti - i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, fino ad alcune rockstar di oggi - hanno esaltato con canzoni di grande successo le droghe: dai barbiturici di Yellow Submarine dei Beatles, alla Sister Heroin dei Rolling Stones, dalla cocaina di Casey Jones dei Grateful Deads, agli allucinogeni di Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles. Così, accanto ai simboli della contestazione jeans, catene al collo, gioielli hippies - si sono attestati gli emblemi della droga: la siringa, la candela, la spatola, la bilancina, il cucchiaio, la pipa, la lametta, lo specchio, la carta arrotolata e così via. Un grande impulso alla diffusione è venuto dal mondo asiatico per lo stretto contatto con la gioventù nord-americana nelle guerre di Corea e del Vietnam, e di quella occidentale nella pacifica visitazione dell'India, del Nepal e dell'Afghanistan. Notevole importanza va riconosciuta all'opera di grandi propagandisti sperimentatori e assuntori: da William S. Burroughs, autore de La scimmia sulla schiena, al grup1
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Le iniziali delle parole compongono la sigla LSD.
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GENERALITÀ SULLE DROGHE
po di Harvard - Thimothy Leary, Richard Alpert, ora Baba Ram Dass, John Lilly - ad Aldous Huxley, Humphrey Osmond, ad Alien Ginsberg e a Carlos Castaneda. La partecipazione di letterati e scienziati di famose università ha svolto un ruolo complementare a quello degli idoli dei movimenti giovanili contestatori, in quanto ha fornito la giustificazione psicologica e scientifica all'uso delle droghe e alla formazione dei gruppi. Espressione e allo stesso tempo fattore condizionante sono stati anche i teatri d'avanguardia - particolarmente il «Living Theatre» - dove l'assunzione della droga rappresenta un elemento altrettanto caratterizzante quanto il rifiuto di ogni scenografia, dei costumi e di qualsiasi abbigliamento. La droga fa parte della vita dell'uomo. Né va dimenticato l'impulso più o meno occulto apportato dal cinema, dalla letteratura o e dai mass-media. E nata così la moda della droga, che ha creato modelli spettacolari, come le adunate oceaniche nell'Isola di Wight e di Man, a Woodstock, e negli stadi o ai festival di Re Nudo del Parco Lambro in Italia: centinaia di migliaia di giovani - sotto l'influsso delle più diverse droghe - inneggiavano ai cantautori «tossici», loro idoli. Malgrado l'informazione, prevenzione e repressione sempre più massicce, forse anche per reazione - oltre alla strapotenza del mercato clandestino - il fenomeno non si è fermato né accenna ad arrestarsi: ormai conviviamo con la droga. Infine, mentre le tossicomanie erano tradizionalmente di solito confinate in ambienti legati alla delinquenza o ristrette a gruppi di élite, oggi si sviluppano tra i giovani indipendentemente dalle condizioni sociali. Il coinvolgimento di massa giovanile è motivo di grande preoccupazione, tanto da far ritenere la droga il male del secolo, contro il quale ancora non si è trovato un antidoto efficace. Né vale a tranquillizzarci l'osservazione che nel corso dei tempi le culture della droga si sono autoesaurite, compiendo un ciclo: ancora, come si è detto, non si avvertono i primi segni della stanchezza che precede l'autoestinzione. L'Italia è fortemente coinvolta dall'epidemia di peste tossica: secondo statistiche riportate dall'Express, sarebbe al primo posto in Europa come numero assoluto di tossicodipendenti afferenti alle strutture pubbliche, seguita da Francia e successivamente da Gran Bretagna, Germania e Spagna.
2. Le droghe:
definizione,
terminologia
e classificazione
Cosa significa la parola drogai Quasi tutti gli studiosi la fanno derivare dall'olandese droog e dal neerlandese droghe, cioè secco. Droghe vate si traduce nella nostra lingua «barile di sostanza secca», cioè il mezzo con cui venivano importati dall'Oriente, in particolare dalle Indie Olandesi, i vegetali essiccati da cui si estraggono spezie e medicamenti, molti dei quali hanno un'azione sconvolgente sulla mente.
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LE DROGHE
In inglese il termine drug tuttora sta ad indicare un farmaco o medicai drug: preceduto da toxic un veleno; preceduto da psyco uno psicofarmaco e preceduto da abuse una sostanza psicoattiva - ad azione sulla psiche - tossicomanigena - causa di tossicomania - cioè la nostra droga. Una parola con cui oggi intendiamo le sostanze psicotrope che agiscono sulla mente - capaci di modificare l'attività psichica, che hanno o meno un'azione terapeutica, ma che comunque vengono autosomministrate, spesso in quantità abnormi, e sono in grado di creare abitudine, tolleranza e/o dipendenza. Da questa definizione scaturisce una prima differenziazione tra droghe di abuso che hanno anche impiego terapeutico, e quelle invece che non ne hanno. Una seconda differenza viene fatta tra droghe di abuso liberamente in commercio, o droghe lecite, e quelle illecite, il cui commercio è vietato o regolamentato da apposite norme di legge. A questo punto è utile spiegare alcuni termini che si riferiscono all'uso e all'abuso delle droghe, attenendoci alle definizioni ufficiali o comunque scientifiche. Per abuso di una sostanza si intende l'uso illecito; per maluso quello cattivo. L'illecito è sempre un abuso. Il maluso è un abuso qualitativo che si realizza allorché una sostanza venga assunta senza necessità o per uno scopo diverso da quello previsto; in pratica voluttuario-ricreazionale o drogastico. L'uso eccessivo è un abuso quantitativo, cioè dipendente da assunzione in quantità assai superiori a quelle prescritte. Per criminalità da droghe si intendono tutte quelle azioni criminose compiute per procacciarsi la droga sotto l'effetto di essa o meno. La tolleranza è un fenomeno biologico per cui il consumatore deve aumentare progressivamente le dosi di una sostanza per ottenere gli stessi effetti: nella fattispecie quello gratificante, piacevole, euforizzante, ricreazionale. L'organismo tollera così quantità sempre più elevate, spesso al di sopra delle dosi tossiche e di quelle ritenute letali. Si dice funzionale, quando esiste un'assuefazione progressiva agli effetti della sostanza. La tolleranza metabolica è invece causata da un'attivazione dei processi di distruzione, per cui l'attività risulta progressivamente ridotta. La somministrazione o, meglio, l'autosomministrazione di droghe comporta l'abitudine o assuefazione, stato biologico psicofisico per cui l'organismo si adatta alla loro presenza e le consuma ripetitivamente, a intervalli più o meno ravvicinati. La dipendenza si produce quando la privazione fa insorgere una sindrome di astinenza. Se si manifesta con sintomi fisici dolorosi e eclatanti, come da oppiacei, talora mortali, come da barbiturici e da alcool, la dipendenza è fisica. Se compaiono sintomi psichici si parla di forma psichica, un fenomeno biologico non completamente chiarito. Alcune droghe, come la canapa, producono scarsa dipendenza fisica; ciononostante quella psichica può provocare un impulso al consumo continuativo della droga ancora più intenso di quella fisica. Spesso
GENERALITÀ SULLE DROGHE
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la dipendenza psichica è la causa delle ricadute che sopravvengono dopo una cura di disintossicazione. Nel 1973 l'OMS ha formulato le seguenti definizioni: Dipendenza psichica: situazione nella quale una droga produce sensazione di benessere e una pulsione psichica o spinta incontrollabile a consumarla in maniera periodica o continua, al fine di ottenere un piacere o di impedire sensazioni spiacevoli. Dipendenza fisica: abitudine o assuefazione a una droga, che si manifesta con la comparsa di disturbi fisici violenti allorché l'autosomministrazione è interrotta. Questi disturbi, chiamati sindrome di astinenza o di privazione, costituiscono un insieme specifico di sintomi psichici e fisici che variano secondo ciascun tipo di droga. Per quanto riguarda la cocaina è stato individuato nel 1990 un diverso modello di dipendenza psichica e fisica, che verrà riferito allorché si tratterà questa droga. Ricordiamo che per motivi psicologici - cioè per eliminare un termine alienante o emarginante - è stato raccomandato dagli organismi sovranazionali di sostituire le voci tossico e droga con la parola farmaco. Da ciò è nato un nuovo termine, la farmacodipendenza così definita d a l l ' O M S : stato psichico e talora anche fisico risultante per l'interazione tra un organismo vivente e un medicamento, caratterizzato da modificazioni del comportamento e da altre reazioni che si esprimono sempre in una pulsione, o spinta irrefrenabile, a prendere il medicamento in maniera continua o periodica al fine di ottenere i suoi effetti psichici e, qualche volta, di evitare il malessere che accompagna la privazione. Questo stato si può accompagnare o no alla tolleranza. Uno stesso individuo può essere dipendente da numerosi medicamenti. Una definizione che non è stata accettata da tutti; nell'uso comune si seguita a usare il termine tossicodipendenza e a chiamare tossici coloro che ne sono vittime. Infine si segnala anche la definizione di tossicomania formulata dell'OMS nel 1957, anche se successivamente un Comitato di Esperti dell'Onu ha raccomandato di non usare più questo termine. Tossicomania: uno stato di intossicazione periodica o cronica che colpisce l'individuo, originato dal consumo ripetuto di una droga naturale o sintetica. Le caratteristiche sono: 1. un desiderio invincibile o una necessità di continuare a consumare la droga e di procurarsela con tutti i mezzi; 2. una tendenza ad aumentare le dosi; 3. una dipendenza di ordine psichico e (a volte) fisico, come conseguenza degli effetti della droga; 4. un effetto lesivo per l'individuo e per la società.
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LE DROGHE
Classificazione delle droghe Riteniamo che la classificazione più utile sia quella che adopera come parametro - piuttosto che la tossicità intrinseca della sostanza la tossicogenicità, ovvero la capacità di indurre dipendenza e quindi pericolosità individuale e sociale. Comunque tutte le droghe risultano tossiche in rapporto alla dose e alla durata dell'uso. Le droghe possono essere divise in lecite e illecite. L'uso di queste ultime può essere completamente vietato oppure sottoposto a ricettazione speciale non ripetibile, se hanno un utilizzo terapeutico importante e non sono sostituibili. Tra quelle proibite ricordiamo: l'eroina, la coca, gli allucinogeni - L S D , ololiuqui, mescalina, kat, psilocibina bufotenina, ibogaina, miristicina, safrol, armina, muscimol e la canapa indiana nelle sue varie forme. Sono sottoposti a ricetta non ripetibile e di tipo diverso a seconda della tossicogenicità l'oppio, la morfina, gli altri alcaloidi dell'oppio e gli analoghi sintetici, la cocaina, nonché anfetamine, barbiturici e psicofarmaci sedativi (mepabromati, benzodiazepine). Sono lecite invece tutte le altre sostanze voluttuarie, anche se il loro maluso va considerato illecito. Infatti le tradizionali, quali alcool, tabacco e bevande contenenti caffeina, e quelle non tradizionali, quali solventi volatili, possono essere oggetto di abuso, con gravi danni individuali e sociali. Responsabili di criminalità, e quindi veramente antisociali, sono soltanto l'alcool e i solventi volatili. Ciò nonostante, queste sostanze sono liberamente in commercio, gravate da imposte e sollecitate da intensa e martellante pubblicità. Un'altra classificazione molto usata è quella che distingue le droghe, secondo la loro pericolosità individuale e sociale, in leggere o minori e in pesanti o maggiori. Queste ultime sarebbero gli oppiacei, l'alcool, i barbiturici, la cocaina, le anfetamine, l'LSD e gli altri allucinogeni. Le droghe leggere o minori sarebbero invece i derivati della canapa indiana, gli analgesici o antidolorifici, gli allucinogeni minori, i solventi volatili, gli anestetici, il tabacco, la caffeina. Questa classificazione è da noi contestata, perché può provocare confusione; infatti la gravità è legata fondamentalmente alla dose e alla modalità di assunzione. A tale proposito ricordiamo che negli Usa circa due milioni di individui consumano giornalmente dosi massicce di marijuana: in questi casi pertanto la marijuana non può essere definita droga leggera. Vi sono poi soggetti che assumono sporadicamente piccole quantità di LSD, anfetamina o cocaina, droghe pesanti, senza essere o poter essere classificati tossicomani; l'aggettivo pesante o leggero dovrebbe definire il consumatore e non la droga di consumo. Riteniamo che, sotto l'aspetto sociale, non rivesta importanza determinante se un sogget-
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to sia consumatore di una droga leggera o piuttosto di una droga pesante. Inoltre nei confronti dell'assunzione di una droga giuridicamente illecita, il cedimento psicologico esiste sia nei confronti di una che possa generare dipendenza psichica come la marijuana, sia di una che produca dipendenza fisica e psichica molto elevata, come l'eroina. In conclusione, a nostro parere, i termini attualmente in uso andrebbero sostituiti con quelli di droghe che la società occidentale ha imparato a gestire - molto spesso da secoli: alcool, tabacco, caffè e altre bevande nerviniche - e quelle di nuova introduzione che non ha ancora imparato a controllare. In questo volume, però, non prenderemo in esame quelle «lecite», che probabilmente saranno oggetto di successive pubblicazioni. Un'ultima classificazione è quella che si basa sugli effetti farmacologici prodotti da ciascuna droga. Il grande tossicologo Lewin le suddivide in hypnotica, cioè capaci di far dormire e sedare, in excitantia o eccitanti, in inebriantia o inebrianti, in onirica o allucinogene, in euphorica o euforizzanti, in stupefacentia o producenti uno stato stuporoso. Va sottolineato, peraltro, che questa classificazione non è rigida, in quanto alcune sostanze appartengono contemporaneamente, o per successione di effetti, a più categorie. Così per esempio la morfina è contemporaneamente «euphorica, stupefacens e hypnotica». Noi abbiamo seguito uno schema più semplice. Droghe sedatìvo-euforizzanti: oppio e oppiacei, sonniferi quali barbiturici, tranquillanti, anestetici come etere, cloroformio e altri, P C P o fenilciclidina, analgesici, antipiretici-analgesici, solventi volatili, alcool. Droghe psicostimolanti: coca e cocaina, anfetamine, caffeina, nicotina, antidepressivi triciclici. Droghe psicoalteranti o allucinogeno-deliranti: LSD, derivati della canapa (specialmente hashish), psilocibina, mescalina, solanacee, kat, altri allucinogeni-deliranti minori. Un cenno a parte merita la differenziazione tra «droghe di strada» e «droghe di farmacia». Da circa vent'anni infatti il problema è aggravato dalla comparsa delle «droghe di strada», cosiddette perché non acquistate nelle farmacie o negli ospedali o attraverso i normali fornitori, ma dal traffico illecito senza alcuna garanzia di purezza. Lo spaccio è responsabile del taglio con sostanze la cui tossicità acuta è spesso maggiore di quella della droga stessa quali, ad esempio, la stricnina, il chinino e il PCP, causa talora di intossicazioni mortali. Premesse tutte queste necessarie classificazioni, precisiamo che nella trattazione delle singole droghe non ne seguiremo alcuna, ma le esamineremo divise in sei gruppi chimico-farmacologici: oppiacei, derivati della canapa indiana, coca e cocaina, psicofarmaci, allucinogeni e deliranti e solventi volatili.
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LE DROGHE
3. La tipologia dell' assuntore di droga e le motivazioni Frequentemente si attribuisce il termine «drogato» a chiunque faccia uso di qualsiasi tipo di droga, senza alcuna distinzione per la sostanza assunta, le modalità e la frequenza dell'assunzione e il tipo di relazione che si viene a instaurare tra droga e consumatore. «Drogato» è un termine onnicomprensivo che inevitabilmente provoca confusione ed equivoci. Riteniamo opportuno, a tale riguardo, ricordare che n e l l ' a m bito degli assuntori di droga vanno distinte quattro categorie di soggetti: 1. assaggiatore o sperimentatore: chi ha avuto un contatto sporadico con la droga, o per semplice curiosità o spinto dal gruppo sociale di appartenenza: consumo sperimentale; 2. consumatore: chi ha esperienze saltuarie, con possibilità di interrompere l'uso, non alterando in alcun modo la propria struttura psichica e i rapporti sociali: consumo intermittente; 3. tossicofilo o consumatore pesante o heavy abuser: chi, pur avendo forte desiderio di assumere una droga o un certo grado di dipendenza psichica e/o fisica, riesce a mantenere interessi validi e buoni rapporti interpersonali, in modo tale da condurre una vita pressoché normale nel proprio contesto ambientale: uso regolare; 4. tossicomane o tossico-dipendente o farmaco-dipendente secondo la ultima definizione O M S del 1969. Il termine «drogato», oltre ai casi di intossicazione acuta, andrebbe riservato solo alle due ultime categorie togliendo il carattere dispregiativo da parte della società degli adulti, specie a livello di establishment, o laudativo per molti gruppi contestatari, specie giovanili. Solo con queste considerazioni, completamente smitizzato, il termine può essere acquisito, per la sua semplicità e universalità, a significare lo stato tossicodipendente, tossicomane e quello pre-tossicomane. Fini per cui le droghe vengono assunte È possibile identificare numerosi modelli motivazionali per l'inizio all'uso della droga. I principali sono i seguenti: 1. sperimentale: per curiosità, per desiderio di ottenere sensazioni e stati di coscienza oltre la norma; 2. ricreativo: per raggiungere uno stato euforico e mantenere un rilassamento psichico che permetta di aumentare gli effetti piacevoli; 3. strumentale: per ottenere un aumento di attività psichica e fisica al fine di affrontare meglio situazioni critiche; per accrescere la propria efficienza in occasioni di prove ritenute impegnative - esami, gare
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sportive, ecc. - o per alleviare stati psichici o fisici spiacevoli, quali ansia, depressione dell'umore, stanchezza fisica; 4. espressivo: motivato dal desiderio di manifestare la propria identità individuale o quella del gruppo di appartenenza: la droga assume valore di simbolo e contemporaneamente di contestazione nei riguardi della cultura ufficiale e di elemento qualificante ed espressivo di un gruppo socio-culturale alternativo; 5. imitativo: provocato dal desiderio di seguire una moda, specie se espressa dagli idoli dei giovani: cantanti, attori, campioni sportivi, ecc. Tutte le motivazioni iniziali, se il soggetto seguita a prendere la droga, confluiscono nella dipendenza cioè nell'uso compulsivo. Nel volume Droga '80 si sono elencati in dettaglio altri gruppi di motivazioni individuali e caratteriali, oltre quelli qui sopra citati: 1. quale mezzo di inserimento in gruppi che ne usano per essere in o come atto di coraggio per acquisire prestigio; 2. come antidoto contro lo stress e la noia della vita; 3. per sfuggire alle responsabilità e difficoltà; 4. come mezzo di evasione dalla realtà; 5. come rifugio; 6. come piacere; 7. soluzione di tutti i problemi; 8. per combattere le frustrazioni e le insicurezze; 9. per procurarsi interessi; 10. come atto di ribellione e di contestazione.
Le droghe: storia, farmacotossicologia, clinica e terapia
1.
Oppioidi stupefacenti:
la malattia eroinica
Oppio Droga delle culture medio-orientali e mediterranee, l'oppio, dal greco òpion, succo, tradotto in ophion in lingua ebraica, è il latice secreto dalle capsule del papaver somnìferum album (dal colore dei suoi semi), mentre l'oppio ottenuto dall'intera pianta e dai suoi semi era conosciuto fin dalla più antica civiltà ellenica con il termine di mekònion, cioè sostanza densa, di colorito giallo verdastro, simile alla prima evacuazione del neonato. L'oppio assume altre denominazioni, a seconda delle nazioni di provenienza: O-Fu-Jung, letteralmente veleno nero, in Cina; Ahiphema in India, schemeteriak in Persia. Attraverso sottili, superficiali incisioni della capsula del papavero non ancora giunta a completa maturazione, si provoca la fuoriuscita del latice sotto forma di grosse gocce bianche e lattiginose che, al contatto dell'aria, si rapprendono, diventando di colore scuro. Dopo qualche ora la resina viene raccolta e impastata in piccole forme, o pani d'oppio, di colorito bruno-nerastro, di sapore amaro e di profumo dolciastro. La resina del papaver somnìferum album è ricca di sostanze organiche attive debolmente basiche o alcaloidi. Quelle a struttura fenantrenica sono analgesici, costipanti ed euforizzanti: morfina, codeina e dionina, mentre gli isochinolinici - papaverina, noscapina e febaina hanno solo azione spasmolitica e quindi non sono droghe. Gli effetti analgesici e ricreazionali sono legati essenzialmente alla morfina che nella Farmacopea Ufficiale Italiana dev'essere presente nella polvere di oppio - da usarsi esclusivamente a fini terapeutici tra il 9,8 e il 10,2 %, di solito del tipo karahissar o montagna nera, di origine turca. Questa qualità può arrivare a contenere fino al 2 0 % dell'alcaloide; il cinese il 2 - 3 % , l'egiziano il 3-7% e l'indiano e persiano il 16-17%. Attualmente l'impiego terapeutico è limitato alle diarree come costipante. L'oppio si può presentare sotto diverse forme. Grezzo; per essere usato deve subire un processo di preparazione. Preparato, denominato
FARMACOTOSSICOLOGIA. CLINICA E TERAPIA
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anche chandoo o maddock, si ottiene facendo fermentare il grezzo con l'aggiunta, nella fase finale, di un fungo, l'aspergillus niger; spesso si usa mescolato a tabacco, a betel o a succo di tamarindo. Il dross è il residuo dell'oppio già fumato, ricchissimo di morfina. Mescolato con tè o caffè, è noto come tyl, una bevanda molto apprezzata in Oriente. Il tinks o samsching è invece il dross nuovamente torrefatto, che può essere fumato. L'oppio può essere assunto per via orale, masticato sotto forma di palline o ingerito frammisto ad alimenti, per lo più dolcissimi, o mescolato a bevande (tè o caffè), spesso unito a piccole quantità di hashish. Alcuni oppiomani ne mangiano fino a 5 g al giorno. Le dosi letali per via orale si aggirano sui 600 mg di polvere, 20-40 g di laudano (tintura a l l ' 1 % di morfina). Più frequentemente viene fumato in apposite pipe, che contengono generalmente 0,25 g: il dipendente ne può fumare da 20 a 100 al giorno, inalando in tal modo fino a 25 g di droga. Attraverso questa via si assorbe circa il 7 5 % della morfina contenuta nell'oppio, in quanto il rimanente si volatilizza. Il dross può essere riutilizzato perché contiene ancora una quantità notevole di sostanza attiva, ma è molto tossico. In Europa taluni si iniettano, per via endovenosa, la droga concentrata dopo numerose bolliture, con rischio di gravi processi infettivi. L'abitudine di consumare oppio per via inalatoria o per via orale, poco popolare nel mondo occidentale, fa invece parte delle tradizioni culturali di alcuni popoli, primi fra tutti il cinese e quelli medio-orientali e ha una storia antichissima. Si ritiene che il papavero sia originario della pianura della Mesopotamia, per quanto sembra che già l'uomo di Cro-Magnon, vissuto nell'epoca glaciale - dai venti ai trentamila anni fa - conoscesse la pianta: un fatto che sembrerebbe provato dal rinvenimento di alcune capsule di papavero nelle palafitte di Lagozza, presso Bosnate. Ma l'aver ritrovato la pianta non ci autorizza a ritenere che gli antichissimi progenitori conoscessero le azioni del papavero, che invece facevano parte del bagaglio culturale e terapeutico dei Sumeri, un popolo che ha abitato la Mesopotamia circa cinquemila anni a . C , esperti di erbe e di bevande narcotiche, anche a scopo terapeutico. Di recente, infatti, presso la città sumerica di Uruk, sono state portate alla luce alcune tavolette di argilla in scrittura cuneiforme. Lo studioso Lindesmith ha dato ai due ideogrammi GIL e HULL il significato rispettivamente di papavero e di gioia-ebbrezza. Si ha così una conferma che già allora, in quelle terre tra il Tigri e l'Eufrate, fossero conosciuti gli effetti voluttuari del papavero che dona la gioia e l'ebbrezza. Quando le civiltà assiro-babilonese e caldea si sono sovrapposte a quella sumera, hanno acquisito anche l'uso della droga. Una pratica che nel 1500 a.C. si è estesa in Egitto. Le fonti più importanti della far-
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macologia egizia sono legate a due papiri famosi, quello scoperto nel 1873 da Georg-Moritz Ebers, egittologo tedesco, e quello rinvenuto da Brughs. Nel primo, Libro ermetico dei medicamenti, il papavero sonnifero è consigliato con il nome di spen come sedativo; mescolato a larve di mosca era usato - tra l'altro - per far cessare il pianto dei neonati. Anche gli Assiri, verso l'anno 1000 a.C., ne conoscevano l'uso, come si rileva da un bassorilievo della dinastia Téglath- phalazar, che rappresenta un sacerdote e un re ornati di fiori di loto e di papavero, chini su un uomo addormentato. In epoca molto remota gli antichi Pelasgi, dalle lontane terre dell'Asia, lo hanno introdotto in Grecia, con le relative tradizioni religiose e culturali. Già nei poemi omerici, specialmente l'iliade, di frequente si riferisce l'uso di unguenti analgesici a base di succo di papavero. nell'Odissea, poi, si narra che, durante la visita di Telemaco, figlio di Ulisse, Elena gli abbia propinato vino misto ad oppio, chiamato nepente, in quanto toglie il dolore - dal greco né, non, e pénthos, dolore. Anche Erodoto, vissuto nel V secolo a . C , nel secondo libro delle Storie, cita il nepente, farmaco usato dagli antichi abitanti della Valle del Nilo. Ippocrate, nel IV secolo a . C , raccomandava di adoperare il papavero nella cura di diverse malattie, ma già un secolo dopo un altro medico, Erasistrato, metteva in guardia contro l'uso indiscriminato di questa pianta che poteva essere dannosa se non gestita con la dovuta oculatezza. L'oppio è entrato nel mondo romano dopo la conquista della Grecia. Dioscoride, nella sua opera De materia medica del I secolo d . C , ha lasciato un'accurata descrizione della pianta, corredata di numerose illustrazioni, e delle diverse modalità di uso. Il grande farmacologo distingueva il meconio - costituito da semi di papavero, da foglie e da fiori macinati con cui si preparavano pillole e decotti - dalle lacrime di papavero - cioè dal succo che sgorgava dall'incisione delle capsule mature - e dal diàkoton (in greco, testa di papavero), uno sciroppo composto con le capsule mature del papavero bianco. E Virgilio, nelle Georgiche, accenna alla pianta e alle sue azioni farmacologiche allorché scrive: «I papaveri, donatori di un sonno che dà l'oblio, bruciano i campi». Plinio il Vecchio, nella sua Historia naturalis descrive accuratamente la metodica dell'estrazione dalle capsule mature del papavero, distinguendo l'oppio dal meconio, ottenuto, invece, secondo lui, dalle foglie e dalle capsule sottoposte a prolungata bollitura. Dall'uso farmacologico peraltro, anche se lentamente, il papavero nelle sue diverse preparazioni è stato adoperato nel mondo romano anche per le sue virtù stupefacenti.
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A Galeno, il grande medico e farmacologo della civiltà romana, si deve la diffusione in terapia della teriaca, inventata da Andromaco, medico personale di Nerone. Una preparazione farmacologica che tra diversi componenti - conteneva anche dosi abbastanza elevate di oppio. Si narra che l'imperatore Marco Aurelio facesse grande uso della teriaca di Galeno, motivo per cui viene da molti considerato il primo imperatore romano oppiomane. Varenne si chiede se la grande saggezza di questo imperatore, il distacco dai gravi problemi familiari, la filosofia indulgente non siano stati condizionati dalla droga. Ashley Montagu, autore dell'opera Anthropology and Human Nature, attribuisce invece il primato a Tiberio, deceduto nell'isola di Capri, ove si era ritirato nel 37 d . C , tra l'altro per poter usare il papavero da oppio di qualità superiore che vi nasceva. Dopo la caduta dell'impero romano le notizie sul consumo dell'oppio sono molto scarse; si ritiene che in Europa fosse limitato a pochi usi terapeutici. Invece sembra che nel Medioevo se ne facesse un tale abuso che Antonio Guainero, medico di Amedeo VI, nel suo trattato De fluxibus rimprovera aspramente i medici che, somministrandolo per clistere ai loro pazienti in dosi eccessive, talora ne provocavano la morte. Anche Teofrasto Bombasto Paracelso è morto intossicato dall'oppio. Aveva dedicato la vita allo studio dell'alchimia, delle droghe e dei minerali, nell'affannosa ricerca della pietra filosofale. In quell'epoca l'Inquisizione ha vietato l'uso dell'oppio anche in terapia e ha decretato lo scioglimento dell'Accademia dei Segreti, fondata da Giambattista Della Porta - autore della Magia naturalis - che fu accusato di stregoneria. Ma se in Europa l'oppio era impiegato solo in medicina e per sortilegi magici e stregonici, nei Paesi arabi l'uso era assai diffuso. Nella farmacopea araba era stato introdotto da Avicenna e da Albucasi intorno all'anno mille. Nel trattato Kanoun Fil-Thebb, Avicenna ha descritto un gran numero di droghe, tra le quali l'oppio, sostanza che - stando al racconto del discepolo e biografo Abu al Guzgani - lo avrebbe condotto alla morte. Nel XVI secolo il botanico e naturalista francese Pierre Belon, dopo aver visitato molti Paesi orientali, scriveva: «Non c'è turco che non spenda i suoi ultimi spiccioli per comprare l'oppio». E il botanico portoghese Garcias ab Horto riferiva che nell'isola di Goa i nativi, sotto l'influsso della droga «parlano dottamente di ogni argomento». L'introduzione in Cina si fa risalire all'anno 2800 a.C. durante il regno dell'imperatore Fi, ma l'uso è iniziato verso il 1100 d . C , con la preparazione di un dolce a base di oppio, che veniva consumato in occasione di particolari festività. Nel XVII secolo ha iniziato la sua rapida ascesa tra i cinesi che - a differenza dei turchi e degli europei che mangiavano o bevevano i prodotti del papavero - lo hanno fumato,
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dapprima mescolato al tabacco, poi da solo in quanto, nel 1630, un imperatore della dinastia Ming aveva vietato l'uso di quest'ultimo. Presso quel popolo il fumo ha trovato un ambiente e una cultura ideali; con gli anni, la richiesta di oppio è aumentata considerevolmente per cui, verso la fine del xvIII secolo, la strapotente Compagnia inglese delle Indie ha incrementato la produzione del papavero in India per esportarlo nel Celeste Impero. Il numero dei fumatori d'oppio in Cina era in questo periodo di circa dieci milioni, per cui l'imperatore Tao Kuang decise di ridurne le importazioni. Essendo rimaste però le ordinanze imperiali prive di efficacia, nel 1839 il governo cinese, con un atto di forza, ordinava la distruzione di ventimila casse d'oppio scaricate a Canton dalle navi della Compagnia delle Indie. Iniziava così la prima guerra dell'oppio: la regina Vittoria inviava la flotta inglese con l'ordine di attaccare e affondare tutte le giunche cinesi che si fossero opposte alla ripresa di quell'«innocuo mercato». La prima guerra dell'oppio è durata due anni e si è conclusa con la sconfitta dei cinesi, sancita dalla pace di Nanchino del 29 agosto 1842. Nonostante le clausole-capestro imposte dai vincitori, e cioè il pagamento di un notevole indennizzo per l'oppio distrutto, la cessione di Hong Kong alla Gran Bretagna e l'apertura al commercio di Shanghai, Canton e altri porti, la Cina ha seguitato ad opporsi alla legalizzazione. Come accade fatalmente in simili evenienze, piano piano ha preso piede un vasto contrabbando. Per eliminarlo, si arrivò nel 1856 alla seconda guerra dell'oppio, conclusa nel 1860 con l'apertura di tutti i mercati cinesi alle potenze occidentali e alla droga, un fatto che ha segnato la fine dell'indipendenza politica ed economica del Celeste Impero. Durante il XIX secolo l'oppio conobbe anche in Europa il suo periodo di massima diffusione prima di iniziare la parabola discendente. Nel 1821 De Quincey iniziava a pubblicare sul London Magazine le «Confessioni di un mangiatore d'oppio». Il grande scrittore usava il laudano, una tintura d'oppio: giungeva ad assumerne fino a tremila gocce al giorno, per poi via via ridurre la dose fino ad interromperne l'uso e di nuovo iniziare un altro ciclo. Nelle Confessioni si assiste al decorso di una tipica tossicomania: dalle prime sensazioni di benessere, allo stato di beatitudine, all'instaurarsi della tolleranza e alla interruzione seguita da gravi turbe fisiche e psichiche e deliri popolati di visioni di animali terrificanti. Fenomeni che lo inducevano ad aumentare le dosi o a riprendere la droga quando l'aveva sospesa. Accanto a De Quincey vanno ricordati i poeti Coleridge e Charles Baudelaire che, con altri letterati, crearono tutto un mistico cerimoniale per il culto del «Dio Oppio», come venne definito da Jules Boissière. In Cina la coltivazione del papavero fu proibita nel 1906, ma il consumo della droga rimase assai diffuso, tanto che nel 1941 il generalissimo ChangKai-shek ordinava la distruzione di tutte le colture di papa-
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vero. Ciò nonostante, ancora nel 1946, si calcolava che tra i cinesi il numero dei fumatori abituali raggiungesse i quaranta milioni. La rivoluzione comunista sembra abbia completamente sradicato questo abuso o almeno sia riuscita a proibirlo con successo. Nell'Iran la coltivazione e l'uso sono stati proibiti nel 1955, ma nel 1969 la legge veniva abrogata, stabilendo che ad oltre 120.000 iraniani, soprattutto anziani, fosse distribuita - gratuitamente e legalmente dalle farmacie una dose giornaliera. Con l'avvento di Khomeini e la caduta dello Shah, l'oppio e tutte le droghe sono state proibite con una legislazione durissima e fortemente punitiva. Nel 1971 il divieto di coltivazione è stato emanato anche in Turchia. Nei paesi occidentali l'uso dell'oppio è sempre stato limitato, in quanto sono preferiti i principi attivi e i loro sostituti semisintetici o sintetici. Anche se si calcola che nella Parigi degli inizi del secolo le fumerie clandestine fossero circa milleduecento, in realtà era circoscritto ad ambienti artistici e letterari. Specialmente giovani poeti contestatori come Roger Gilbert-Lacomte, Baudelaire, Rimbaud, scrittori come Maupassant e Apollinaire, pittori come Delacroix ne abusavano per entrare in un mondo nuovo, in una diversa dimensione dell'infinito. L'uso voluttuario della droga era già stato proibito nel 1925 nei Paesi occidentali, quando Cocteau, nel 1929, al termine di una lunga terapia divezzante, dopo aver scritto: «Il papavero è paziente - l'oppio può attendere - chi ha fumato fumerà», ha concluso affermando: «L'oppio assomiglia alla religione come un illusionista a Gesù». Morfina Nel secolo dell'industrializzazione, che faceva seguito a quello dei lumi, numerosi uomini di scienza si dedicarono all'isolamento e alla ricerca della sostanza che dava al papavero la virtù di far dormire. Nel 1803 un farmacista parigino, Louis Charles Derosne, preparava un estratto di oppio attivo, in quanto, come è stato accertato successivamente, conteneva morfina e narcotina. Nello stesso anno un garzone di farmacia di Hannover, Friederic Sertùner, ha isolato una polvere cristallina, sperimentandola su se stesso e sui suoi amici. Per le sue proprietà l'ha chiamata morfina, in onore di Morfeo, dio del sonno. Secondo altre fonti la morfina sarebbe stata invece isolata nel 1806 da Seguin, medico dell'armata di Napoleone. Verso il 1836, Lafargue ha cominciato a somministrare la morfina per via sottocutanea, mediante una lancetta, in pazienti affetti da forti dolori. Però soltanto dopo l'introduzione della siringa, nel 1850 ad opera di Charles Gabriel Pravaz, medico francese, la morfina iniziava il suo viaggio, dapprima nel mondo della terapia e successivamente in quello della tossicomania.
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Già durante la guerra franco-tedesca del 1870-71 i medici dell'esercito prussiano hanno trattato i feriti con alte dosi di morfina: lo stesso è avvenuto nella guerra di secessione americana. Non erano allora ancora noti i gravi rischi che le ripetute somministrazioni del farmaco potevano provocare, ma essi non tardarono a manifestarsi. La necessità di usare dosi sempre maggiori e a intervalli di tempo sempre più ridotti, il decadimento fisico e psichico che colpiva i reduci indussero a definire la dipendenza morfinica: «malattia del soldato». Fu subito evidente che l'approccio alla droga poteva avvenire sia per prescrizioni mediche troppo facili, sia per la possibilità di avere morfina a portata di mano, in particolar modo per alcune categorie professionali. Il binomio siringa-morfina, infatti, aveva dimostrato non soltanto che l'azione era molto più efficace di quella dell'oppio e del laudano e a dosi notevolmente inferiori, ma anche che la morfina poteva venire assunta in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Infine poteva fruire di un alibi terapeutico: si poteva sempre dichiarare di essere costretti a usarla per vincere forti dolori. L'abuso diventò una moda che rapidamente e progressivamente si diffuse in tutte le classi sociali. Per i ricchi erano state messe in commercio siringhe di vetro finemente istoriate di oro e di argento, presentate in astucci preziosamente cesellati. Grande successo, in particolar modo in Francia, riscuotevano i club della morfina, analoghi a quelli della cocaina, ove ci si riuniva per assumerla in gruppo. E in una società in cui sembrava estremamente raffinato passare per decadenti, annoiati, stanchi della vita, alcuni forti consumatori erano giunti ad iniettarsi la droga in pubblico, anche se talora - per conservare il ruolo che si erano imposti senza intossicarsi - si iniettavano soltanto acqua più o meno pura. La morfinomania fu denominata: «male del secolo». Anche tra le donne la morfina aveva conquistato un largo spazio, sia tra le prostitute - che peraltro preferivano la cocaina - sia tra le signore della borghesia e nell'ambiente dello spettacolo. Con la Prima guerra mondiale il consumo della morfina ha iniziato la sua parabola discendente, anche se sopravviveva il vecchio morfinomane vergognoso del proprio stato. Gli oppiacei non erano più tanto di moda, sostituiti dai barbiturici, dai tranquillanti e dalle anfetamine. Finché negli anni sessanta in Usa è esploso il boom dell'eroina, presto seguito in Europa. Oggi anche in Italia l'uso della morfina come droga è piuttosto limitato, in quanto le viene generalmente preferita l'eroina. La dose minima letale di morfina è di 200-400 mg; in caso di ipersensibilità può scendere sotto i 60 mg. I tossicodipendenti si somministrano durante la giornata quantità variabili, poiché la tolleranza che si stabilisce non è solo nei confronti degli effetti gratificanti in rapporto alla quantità, ma anche della tossicità acuta. Infatti i dipendenti, come
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avviene per l'oppio, riescono a tollerare dosaggi enormi, fino a 2-3 grammi al giorno per via iniettiva, in 3-4 dosi e talora anche di più. Eroina Dopo l'esplosione dell'uso della morfina e il riconoscimento dei suoi effetti tossicomanigeni, l'industria chimico-farmaceutica si è messo alla ricerca di una sostanza che ne possedesse le qualità farmacologiche, senza peraltro indurre uno stato di dipendenza. Nel 1874 Dreser, un chimico tedesco che lavorava presso la Bayer, preparò una sostanza semisintetica, la diacetilmorfina - secondo alcuni già realizzata da C.R.Wright nel 1871 - successivamente introdotta in commercio con il nome di eroina, dal tedesco heroisch, dandole il significato di rimedio eroico, capace di vincere tutti i dolori. L'eroina si è rivelata infatti molto efficace - a dosi inferiori a quelle abitualmente prescritte per la morfina - come antidolorifico, mentre la sua azione ipnotica è minore. Si riteneva inoltre che l'eroina fosse il solo farmaco capace di risolvere rapidamente la morfinomania. Si trattava invece, come sottolinea il Varenne, di un'eresia scientifica che non ha tardato a manifestarsi in tutta la sua gravità. La dipendenza da eroina insorge infatti con notevole rapidità e con quantitativi inferiori a quelli degli altri derivati dall'oppio. Anche le dosi tossiche sono molto basse, per cui il rischio di sovradosaggio è più frequente. Già nel 1905 le autorità sanitarie dettero l'allarme. Ciò nonostante nel primo decennio del secolo nella sola New York venivano consumate due tonnellate di eroina all'anno. In Cina sostituiva la morfina; le compresse di droga, che venivano fumate come l'oppio, avevano nomi poetici: dragone d'oro, cavallo magico, regina di fiori. L'abuso ha interessato anche l'Europa e tutta l'area mediterranea; si calcola che nel 1930 in Egitto, su una popolazione di circa quattordici milioni di abitanti, vi fossero 500.000 eroinomani. Di fronte ai gravi e diffusi episodi di tossicomania da eroina, nel 1925 gli Stati Uniti d'America ne hanno vietato la produzione, l'importazione e l'uso. Il 19 febbraio 1925 la Convenzione internazionale dell'oppio, firmata a Ginevra e alla quale aderirono numerose nazioni, stabiliva il controllo sulla produzione e sul consumo degli stupefacenti. Nel 1933 la produzione ufficiale di eroina è stata soltanto di 674 chilogrammi, ulteriormente ridotta a circa 150 kg nel 1953. In Italia l'eroina, farmaco non necessario né utile, è stata proibita nel 1925, in Cecoslovacchia nel 1960, in Portogallo nel 1962. Ma per soddisfare le richieste illecite e per i larghi proventi che lo spaccio della droga poteva offrire, sono nati dappertutto laboratori clandestini. All'inizio si sono concentrati particolarmente nell'area di
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Marsiglia, usando per la produzione di eroina bianca l'oppio di provenienza turca; la via della droga partiva dalla Turchia, faceva scalo a Marsiglia e di qui il prodotto finito raggiungeva il maggiore consumatore, gli Stati Uniti d'America. E stato quindi facile durante una vasta operazione delle polizie collegate con l'Ufficio centrale narcotici distruggere i laboratori di Marsiglia: un fatto che avveniva contemporaneamente alla proibizione governativa turca di coltivare piantagioni di papavero sonnifero. Si è però aperta subito una nuova strada: il triangolo e il corno d'oro (Thailandia, Laos e Birmania, e rispettivamente Afghanistan e Pakistan) collegati con Amsterdam. Da qui l'eroina - in parte trasformata in brown sugar - prosegue per tutti i mercati e in modo particolare per quelli statunitensi. Il consumo dell'eroina in Italia ha cominciato a dilagare intorno al 1971-1973, quando è stata lanciata sul mercato clandestino con una vera e propria metodica di marketing analoga a quella usata per i detersivi. Sono state tolte dalla circolazione tutte le altre droghe e immessa in commercio eroina a un costo molto basso. Quando si è creato un certo numero di consumatori dipendenti, il prezzo dell'eroina è salito alle stelle. Attualmente si trovano in commercio tre tipi principali di eroina: la bianca o thailandese, che è la qualità più pregiata; la rosa, che proviene dalla Birmania, e la brown sugar, che si presenta in granellini del colore dello zucchero bruciato. I vari tipi di eroina sono contraddistinti da numeri arabi, mentre il grado di purezza viene espresso con numeri romani dal I al V: la I è la purissima (intorno al 97-98%), la V è la meno pregiata con una percentuale di droga che oscilla, secondo i Paesi, tra il 15% in Italia e il 5% negli Usa. Altro tipo è quella denominata turco-persiana, entrata di recente in commercio. E chiamata anche eroina al limone, perché si scioglie più facilmente in acqua acidulata con succo di limone o con acido citrico. La dose letale di eroina nel soggetto non assuefatto è di 100 mg; i quantitativi consumati a scopo voluttuario oscillano da 10 mg a 3 g giornalieri. Molti dipendenti osservati da noi ne assumevano da 2,5 a 5 g al giorno in due-tre dosi. Ricordiamo che la tolleranza eroinica si instaura più rapidamente che per qualsiasi altra droga. Altri derivati dell'oppio ad azione stupefacente Codeina. Isolata nel 1832 da Robiquet, è una metilmorfina e viene adoperata in terapia per via orale o in pillole o sciroppi come sedativo della tosse. E scarsamente usata a scopo stupefacente, anche se alcuni anni fa ci è capitato di osservare un giovane tossicomane che si era
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iniettato sciroppo di codeina, per ulteriore errore in arteria invece che in vena, con gravissime conseguenze. I dosaggi variano da 1 -6 cg a 0,5 g poiché l'effetto di forti dosi può produrre sensazioni assai spiacevoli. La dose minima letale sarebbe di 800 mg. La dionina e diatilmorfina o codetilina hanno un comportamento analogo. Stupefacenti sintetici agonisti¹. I più importanti sono gli analgesici metadone, meperidina e petidina, metcefamide e l'anestetico fentanyl e derivati. Il metadone in particolare - in considerazione dell'impiego per il divezzamento morbido e per il largo uso cronico per il trattamento sostitutivo delle dipendenze da oppiacei - è al centro di una vasta polemica che perdura da anni. Tutti questi prodotti sintetici sono usati in terapia, ma anche abusati, specie da sanitari. La petidina si somministra alla dose di una fiala (= 100 mg), ma i dipendenti arrivano sino a sei-dieci. La dose terapeutica di meperidina per via sottocutanea, intramuscolare o endovenosa nell'adulto è di 50-150 mg; iniettandola lentamente, chi ne abusa, arriva ad assumerne fino a quantitativi dieci volte superiori. La metcefamide è attiva se somministrata al quantitativo di 140 mg intramuscolo; non produrrebbe tolleranza alla morfina: è comunque molto tossica. L'idromorfone è invece un derivato semisintetico simile alla morfina, attivo per via orale a 2 mg ogni quattro ore e iniettiva, a 1-1,5 mg ogni quattro ore. Il metadone si assume solo per via orale - la iniettiva in Italia è stata proibita - in quantità da 10 a 100 mg; alcuni casi da noi seguiti assumevano una media di 120-150 mg al giorno. Il propossifene, derivato del metadone, non in commercio in Italia, è attivo per via orale, ma molto più tossico del metadone, per cui non ha avuto impiego sostitutivo. Chimici clandestini assai esperti hanno prodotto e producono continuamente, mediante un processo di trasformazione della molecola morfoeroinica, quasi un collage, nuovi analoghi dell'eroina, come il 3-metil-fentanyl, mille volte più potente e quindi più letale. Una droga che, insieme ad altri derivati del fentanyl, ha invaso pochi anni fa gli Usa e altri Paesi. Chiamati in Francia farmaci bricolés, nei Paesi anglosassoni designer drugs, in Italia definiti farmaci collage o su misura. Stupefacenti agonìsti-antagonisti. Esercitano alcuni effetti simili agli oppiacei o agonistici e altri contrari o antagonistici; infatti si legano ai ricettori morfinici, stimolandone alcuni e inibendone altri. Tra le sostanze ad azione agonista-antagonista ricordiamo la nalorfi1
Agiscono come il farmaco di cui sono agonisti e che potenziano: nella fattispecie l'oppiaceo.
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na, la ciclazocina, la pentazocina a scarse attività agonistiche; e la buprenorfina, il butorfanolo, il levorfanolo, la nalbufina e il propiram fortemente agonisti. Questi farmaci producono effetti in parte sovrapponibili a quelli morfinici, in parte contrari. In caso di alti dosaggi - specie se fortemente agonisti - possono provocare sonnolenza, irritabilità, incoordinazione motoria, allucinazioni, depressione respiratoria; a basse dosi, invece, riducono la sintomatologia della crisi di astinenza. Va inoltre segnalato che, pur se in grado minore, sono in condizione di produrre dipendenza non sovrapponibile alla morfinica, ma comunque caratterizzata da un certo grado di astinenza. Antagonisti degli stupefacenti. Il naloxone e, in grado inferiore, il naltrexone esercitano un'azione contraria agli oppioidi, in quanto li spostano dai recettori endorfinici per i quali hanno maggiore affinità. Quindi il naloxone per via iniettiva è in grado di risolvere drammaticamente il sovradosaggio da oppiacei, meritando giustamente il nome di farmaco salvavita. Il naltrexone per via orale impedisce gli effetti gratificanti dell'oppiaceo e quindi viene usato nel divezzamento, che si chiama appunto «da estinzione per assenza dell'effetto piacevole». Meccanismo d'azione Il meccanismo comune per cui agiscono gli stupefacenti è quello di legarsi ai recettori oppioidi del nostro organismo, un legame responsabile di molti effetti tra cui il principale è quello analgesico, cioè di togliere e alleviare il dolore. E stato accertato da circa trent'anni che le strutture ricettoriali sono quelle delle endorfine ed encefaline, sostanze prodotte dall'organismo per ottenere effetti analgesici. Effetti degli stupefacenti 1. Terapeutici. Il laudano, o tintura di oppio - preparato per la prima volta da Paracelso, ma riscoperto e introdotto in terapia da Sydenham è stato per secoli impiegato come sedativo della tosse e per il trattamento della diarrea e dei dolori colici. Attualmente il laudano è in disuso, sostituito da prodotti analoghi di sintesi. La morfina e i suoi agonisti sintetici, nonché la pentazocina, sono adoperati in terapia per la spiccata azione analgesica in sindromi dolorose di varia natura. Il metadone è usato solo nel divezzamento eroinico. La codeina e derivati sono impiegati come sedativi della tosse, il fentanyl e analoghi come anestetici.
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In Italia l'eroina non è usata in terapia, essendo stata eliminata dalla Farmacopea Ufficiale Italiana. 2. Voluttuari. L'oppio induce uno stato euforico seguito da una condizione di serenità e da un sonno pieno di sogni, specie se assunto in completo rilassamento psichico e di inattività fisica. Il soggetto si trova immerso in una dimensione estremamente piacevole, quasi ovattata, dove il vero e l'immaginario si sovrappongono in continuazione. La realtà acquista aspetti fantasiosi, mentre l'immaginazione diventa realtà. Si avverte una sensazione di beata contemplazione, le stimolazioni esterne risultano attenuate, le difficoltà sembrano dissolversi; l'ideazione è più lenta, però acquista maggiore incisività. I contenuti ideici appaiono più vividi, più sottili, si acuisce la creatività. Si avverte uno stato di benessere fisico generalizzato, qualsiasi sensazione sgradevole scompare, il corpo trova pace e tranquillità. Con il proseguire dell'uso e con l'aumento delle dosi, la facilità d'ideazione si attenua, mentre si accentua il distacco dalla realtà, il limite tra immaginario e reale diviene sempre più sfumato. L'oppio induce tolleranza e dipendenza fisica e psichica quando viene bruscamente interrotto. I primi sintomi, che insorgono dodici ore dopo l'ultima assunzione, sono: stato di irrequietezza, ansia, insonnia, lacrimazione, tremori diffusi, dolenzia generalizzata. Solo raramente l'astinenza assume un carattere di gravità. L'intossicazione acuta da oppio è rara; si manifesta con miosi e depressione respiratoria. Molto frequente è quella cronica caratterizzata da apatia, abulia, profondo abbattimento, deficit della capacità d'iniziativa, perdita d'interessi, mutamento della personalità. I rapporti interpersonali si allentano, sia a livello familiare che sociale; insorgono disturbi fisici con astenia generalizzata, inappetenza, disidratazione, progressivo dimagrimento, fino a un vero e proprio stato di cachessia. La morfina e l'eroina possono essere somministrate per via orale, sottocutanea ed endovenosa, mediante inalazione, per sniffo o per evaporazione (chasing the dragon), o fumate spesso mescolate a tabacco. Questa ultima metodica è poco usata, in quanto si perde dal 6 0 % all'80% della sostanza; quindi gli effetti sono nettamente inferiori e il costo assai elevato. Le prime assunzioni di morfina e di eroina sono per lo più prive di effetti piacevoli; anzi, è frequente uno stato di ansia e di malessere accompagnato da sensazioni sgradevoli di nausea e vomito, meno frequenti con l'eroina. Lo stato di dipendenza per la morfina generalmente s'instaura in un paio di settimane, ma in personalità instabili, immature e fragili possono risultare sufficienti poche dosi. Con l'eroina, a parità di dosaggio e con uguale modalità di assunzione, assuefazione, tolleranza e dipendenza, sia fisica che psichica, insorgono con rapidità superiore rispetto alla morfina.
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La morfina supera la barriera ematoencefalica - un meccanismo di difesa del tessuto cerebrale che permette solo ad alcune sostanze contenute nel sangue di passare nel cervello - e agisce legandosi ai recettori specifici endorfinici , in modo particolare nel talamo - struttura fondamentale per la percezione del dolore - e nel sistema limbico, che regola l'emotività e il comportamento umano. L'eroina supera più facilmente la barriera ematoencefalica tra sangue e cervello, ove una volta giunta, perde dapprima uno e successivamente entrambi i gruppi acetilici, agendo sia come diacetilmorfina, sia come monoacetilmorfina, sia come morfina. Gli effetti della morfina e dell'eroina sono inoltre diversi a seconda del dosaggio, delle modalità di assunzione, della personalità e della situazione psicologica. Grande importanza ha l'autosuggestione: ciò che si attende dall'assunzione della droga. Se ci si aspetta molto, specie se non si sono ancora provati gli effetti, spesso si resta delusi. La morfina e ancor più l'eroina, se usate a scopo voluttuario, inducono uno stato di euforia psichica e di benessere fisico diffusi. L'ideazione è vivace, fluida. La realtà esterna è vissuta con distacco emotivo, viene quasi filtrata in modo tale che le esperienze sgradevoli vengono eliminate dalla coscienza. È presente un ottundimento delle sensazioni dolorose o comunque moleste. Il soggetto prova un vivo senso di benessere fisico e psichico, con aumentata fiducia nelle proprie capacità. Si sovrappongono immagini esterne a quelle mentali che acquistano particolare evidenza. Ci si sente trasportati in una dimensione diversa ed estremamente piacevole. Una sensazione di calma e di serenità invade l'animo, le situazioni esterne difficoltose o spiacevoli perdono di drammaticità e vengono vissute in maniera distaccata. E possibile plasmare la realtà esterna e interiore in modo aderente ai propri desideri. Se le droghe sono somministrate per via endovenosa, o anche per via intramuscolare, si avverte il cosiddetto flash, sensazione brevissima (dura appena qualche istante) e molto intensa difficilmente descrivibile. Da molti soggetti viene paragonata all'orgasmo sessuale. Una vampata di calore e di benessere invade tutto il corpo partendo dall'addome fino a raggiungere la testa. Per un istante ci si sente fuori di sé, si perde il contatto con qualsiasi realtà, tesi ad assaporare al massimo lo stato di inesprimibile beatitudine fisica e psichica: si galleggia in una dimensione divina. Una sensazione che è immediatamente seguita dall'impressione di essere punti da spilli sparsi su tutta la superficie corporea; perciò eroina e morfina vengono chiamate la «roba spillante». il flash così come descritto è detto sontuoso o royal. Con l'eroina bianca invece alcuni avvertono una sensazione più lunga come una marea montante che parte dall'addome, stronca le gambe, come se non esistessero più - motivo che obbliga a stare sdraiati e im2
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Tutti gli oppioidi agiscono legandosi a recettori endorfinici.
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mobili - e sale successivamente al collo e poi alla bocca, tanto che il soggetto avverte il gusto amaro dell'eroina. E il flash psichico, così detto poiché si accompagna a un senso di rilassamento in cui non esistono più problemi. Comunque questa sensazione, o lampo, è diversa in rapporto al grado di dipendenza del soggetto e della capacità o meno di farsi coinvolgere, nonché secondo se si tratti di morfina o eroina e dei suoi tipi. Se l'uso della droga è prolungato nel tempo, le sensazioni che abbiamo descritto hanno durata sempre più breve, e il tossicomane deve quindi aumentare progressivamente le dosi del farmaco per ottenere un flash soddisfacente. Mentre all'inizio, nei momenti intervallari tra una dose e la successiva, è possibile vivere in modo pressoché normale, a poco a poco diventa sempre più difficile staccarsi dalla dimensione dello stupefacente. Allora - non appena gli effetti della droga scompaiono - si è spinti in modo incoercibile a prenderla di nuovo per ritrovare quel mondo magico che ormai appare normale e reale. Il bisogno di assumere nuovamente la droga nasce anche dal fatto che le sostanze inducono, come si è già detto, uno stato di dipendenza fisica e psichica e che quindi, con la brusca interruzione dell'autosomministrazione, insorgono disturbi che scompaiono immediatamente con una nuova somministrazione. Intossicazione acuta per sovradosaggio Anche se l'organismo si abitua un p o ' alla volta all'azione della morfina e dell'eroina, in alcuni casi la dose assunta è superiore all'assuefazione e il soggetto va incontro a un grave stato tossico acuto, o sindrome da over-dose, o sovradosaggio, situazione letale se non curata immediatamente. In alcuni casi la dose eccessiva viene autosomministrata volontariamente a scopo suicida. Nella maggioranza dei casi però si tratta di un'evenienza accidentale. Talora dipende dall'assunzione di «roba» più pura, quindi con una maggiore percentuale di sostanza attiva, per cui, a parità di dose, si assume una quantità maggiore. In altri casi si tratta di errore nella preparazione. Oppure l'over-dose può essere dovuta alla cosiddetta detolleranza, o tolleranza inversa, che, come la normale, si instaura in maniera altrettante rapida. Quando un drogato, disintossicato - in clinica, in carcere ecc. - riprende l'eroina nello stesso dosaggio ultimo assunto, può non tollerarlo e cadere vittima di un'intossicazione acuta. La sindrome da over-dose è caratterizzata da una triade sintomatologica assolutamente specifica: miosi - le pupille si restringono fino ad apparire come punte di spillo - depressione del respiro, coma. Un'evenienza in cui è assolutamente necessario intervenire il prima possibile
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con l'antagonista della morfina, il naloxone, che fa regredire immediatamente tutti i sintomi, nonché con la terapia rianimativa, specie respiratoria. Altre complicanze letali sono l'edema polmonare, l'insufficienza cardiaca destra detta cuore polmonare acuto e la paralisi intestinale, che vanno trattate in emergenza con il farmaco antagonista naloxone e con terapia rianimativa e sintomatica. Effetti indesiderati Gli effetti indesiderati sono: miosi o restringimento delle pupille, ipotermia con sudorazioni fredde, riduzione della diuresi, modificazione del sonno reso meno profondo e disturbato, convulsioni, depressione della funzione respiratoria e dell'attività vasomotoria, nausea e vomito e, a lungo andare, epatomegalia. Aumenta l'increzione di ormone adrenocorticotropo che stimola la produzione di cortisone, dell'ormone della crescita, della prolattina. Vengono inibiti invece gli ormoni sessuali ipofisari e quindi i periferici cui consegue sia la mancanza di libido e di mestruazioni, sia l'impotenza. L'uso continuativo può comportare talvolta tolleranza inversa. Intossicazione cronica L'uso cronico di morfina e di eroina, soprattutto se auto-in iettate, induce uno stato di intossicazione che si manifesta con sintomi fisici e psichici. La gravità dipende da diversi fattori: dosaggio, modalità d'uso, durata dell'assunzione, stato di purezza della droga, molto spesso compromesso in quanto generalmente si tratta di droga di strada. Inoltre complicazioni per mancanza di precauzioni igieniche (siringhe non sterili, cattive abitudini alimentari, ecc.). Per valutare correttamente i rischi d'intossicazione cronica da morfina e da eroina vanno distinti gli effetti tossici prodotti da queste droghe da quelli indotti dalle cosiddette sostanze da taglio, per lo più lattosio o mannite, praticamente innocue; spesso però si tratta di sostanze molto tossiche, dal chinino alla stricnina, al piombo. A livello fisico l'intossicazione cronica si manifesta con irrequietezza, stato ansioso, inappetenza, secchezza della cute, facile sudorazione, stitichezza, astenia, alterazioni dentarie, progressivo dimagrimento, epatopatia, cuore polmonare cronico o polmone da narcotici, malattie renali, immunitarie, allergiche. Possono essere lesi cervello, midollo spinale, nervi periferici; compaiono alterazioni oculari - miosi estrema, nistagmo, atrofia del nervo ottico, cecità - e dell'udito. Il metadone determinerebbe alterazioni cromosomiche. L'attività sessuale è deficitaria o più spesso assente.
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Sul versante psichico si assiste a una profonda modificazione caratteriale e delle funzioni intellettive. Il soggetto diventa apatico, privo di iniziativa, interessato solo alla droga, con indifferenza ideativa ed emotiva e perdita dei valori etici. Tutti gli impegni (scolastici, lavorativi, familiari e sociali) vengono trascurati; l'affettività è profondamente alterata; il soggetto passa rapidamente da uno stato d'animo a un altro spesso contrastante; la memoria e l'attenzione sono deficitarie; possono manifestarsi allucinazioni, psicosi, idee e pulsioni suicide. Altre complicazioni sono dovute alla modalità di assunzione. Generalmente gli eroinomani non osservano le comuni precauzioni igieniche, usano siringhe non sterili e acqua non pura per diluire la droga; inoltre non disinfettano la cute e talora si praticano iniezioni attraverso i vestiti. Si producono quindi spesso ascessi, flemmoni, tromboflebiti. Molto importanti per frequenza, gravità e letalità e sono l'epatite virale B e C e l ' A I D S , trasmesse da tossicomane a tossicomane per l'uso della stessa siringa. Altre complicanze sono dovute al deficit delle attività di controllo cerebrale e allo stile di vita; più frequenti e importanti sono gli incidenti della strada e comportamenti irresponsabili e violenti. 3
Crisi di astinenza da morfina ed eroina I primi sintomi della crisi di astinenza, se la droga viene autoiniettata, insorgono da sei a dodici ore -I grado - dopo l'ultima assunzione e sono caratterizzati da aumento della frequenza del respiro, irrequietezza, sudorazione profusa, rinorrea ovvero scarichi liquidi nasali, sbadigli, sonno profondo ma agitato. Dopo circa ventiquattr'ore - Il grado i sintomi si accentuano e se ne presentano altri; gli sbadigli possono essere di tale violenza da lussare la mandibola; compare una forte lacrimazione, la pupilla si dilata (midriasi). Insorgono tremori, dolori e scosse muscolari, la pelle diviene fredda, sudata, con peli eretti - la cosiddetta sindrome del «tacchino freddo» - caldane, brividi e grave anoressia. Tra ventiquattro e quarantott'ore - III grado - aumentano i sintomi precedenti e si aggiungono: agitazione, insonnia, elevazione della temperatura corporea, della pressione arteriosa, della frequenza del polso e del respiro. Inoltre violente contrazioni intestinali, nausea, vomito e diarrea profusa. Tra le quarantotto e le settantadue ore la crisi raggiunge l'acme: compaiono forti brividi squassanti e sensazione di freddo intenso. Tutto il corpo è percorso da tremiti, i piedi scalciano involontariamente: in gergo si dice «dare un calcio all'abitudine». I crampi muscolari aumentano d'intensità. Si avvertono dolori forti e diffusi, soprattutto a carico delle ossa. Tutta la sintomatologia a poco a poco regredisce e si risolve nel giro Oggetto di prossima trattazione nella stessa collana.
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di dieci-quindici giorni, pur persistendo spesso per alcuni mesi dolenzia diffusa, leggeri tremori, stato di ansia, sensazione di freddo. La gravità è variabile, ma la crisi nell'adulto non è letale, e secondo molti studiosi, almeno in gran parte inconsciamente pretestuosa al fine di ottenere nuovamente la droga. Nei neonati di madre eroinomane è mortale se non si interviene con somministrazione scalare di oppiacei che risolve la situazione in quattro, cinque giorni. Negli ultimi anni si è individuata una sindrome di astinenza cronica o protratta. Se l'oppioide è assunto per via orale, come avviene per il metadone, l'insorgenza è ritardata, ma la durata è prolungata. Terapia Il trattamento dell'intossicazione acuta, basato sul naloxone e sulla rianimazione è compito della medicina d'urgenza. Le complicanze vanno curate da medici e reparti specializzati in rapporto a tipo e sintomatologia. Per il trattamento dell'intossicazione cronica con dipendenza o malattia eroinica si consiglia il seguente protocollo. Si inizia con il divezzamento, cioè la sospensione della droga. Un procedimento che può essere «scalare», aiutato da sostitutivi (stupefacenti meno tossicomanigeni e meno gratificanti come il metadone, o agonisti, o antagonisti) oppure «brusco» con l'ausilio di sedativi e ipnotici benzodiazepinici, clonidina, doxepina, antidolorifici, antidepressivi e sintomatici. Segue psicoterapia per almeno due anni, potenziata dall'antagonista naltrexone che blocca l'effetto gratificante della droga. In Italia il trattamento dovrebbe essere competenza di centri e servizi speciali istituzionalizzati o SERT. La psicoterapia può essere individuale o in gruppo, o in comunità residenziali che sembra siano le più efficaci. Nel frattempo si inizia una terapia riabilitativa per consentire il reinserimento dell'ex tossicodipendente. Si sottolinea che non si possono ottenere risultati senza la cooperazione e lo sforzo volitivo del soggetto.
2. Canapa indiana: marijuana e hashish La canapa indiana o Cannabis Indica cosiddetta perché cresce in India, usata per preparare droghe da alcuni millenni, è una pianta urticacea dioica , appartenente alla famiglia della canapa. Se ne conoscono diverse varietà, coltivate in Marocco, in Medio Oriente e lungo la fascia equatoriale. Il nome deriva dal greco kanaboi, cioè acqua stagnante, in quanto si sviluppa meglio in luoghi umidi. La droga si ricava 4
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Termine per indicare che esistono piante femminili ben distinte da quelle maschili.
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dalle estremità fiorite delle piante femminili non fecondate raccolte in febbraio. Per gli effetti voluttuari si adoperano trinciato di rami, foglie, efflorescenze, semi secchi e la resina estratta dalle terminazioni floreali. Quest'ultima è la più ricca in principio attivo, il (-)trans- delta-9-tetraidrocannabinolo, o delta-9-THC, o più semplicemente THC. La quantità di resina varia a seconda del tipo e qualità della pianta, fattori ambientali - quali temperatura e umidità atmosferica - e caratteristiche organiche del terreno. Per esempio, la qualità ganja è più potente della charas e questa a sua volta della bang. Le preparazioni - hashish o marijuana - hanno anch'esse notevole importanza al fine dell'attività. L'hashish o kif, che contiene elevate quantità di resina e viene commercializzata come pani o piastre verdebrunastre, è più potente della marijuana o erba. È questa un finissimo trinciato di colore verdastro ridotto in polvere, contenente tutti i componenti della pianta ricchi in THC. La sostanza viene compressa sotto forma di mattonelle, riposta in piccoli astucci, quali scatole di fiammiferi o bustine di plastica. Sia hashish che marijuana possono essere inalati o assunti mescolati a dolci o a pane, ingeriti con bevande, come il tè in Oriente o il vino chiamato potacìòn de guaja o potaguaja in Sudamerica. L'hashish liquido o olio di hashish è stato anche iniettato, spesso con gravi conseguenze, come ascessi e intossicazioni. Il delta-9-THC - preparato clandestinamente - può essere assunto per iniezione intramuscolare. Tutte le farmacopee hanno radiato i preparati da cannabici introdotti nel 1836 come analgesici. Se la droga viene fumata, gli effetti compaiono rapidamente e persistono per circa due ore. La via iniettiva, praticamente non usata, ha tempi ancora più brevi. Assunta per bocca l'azione dura fino a nove ore. Il fumo misto a tabacco è la maniera di gran lunga preferita. Si pratica in pipe, o shilom, spesso con aggiunta di oppio; più frequentemente in sigarette arrotolate alle estremità per non far sfuggire la polvere. Nel gergo dei consumatori italiani le sigarette sono chiamate spinello, cannone (grande canna), joint (unione), a seconda della quantità usata, che oscilla da 400 a 1000 mg e della percentuale in tabacco. La canapa era conosciuta in Cina fin dal periodo neolitico, cioè intorno al 3000 a . C , anche se si ignora l'uso che queste popolazioni ne facevano. E però presumibile che l'impiego fosse terapeutico, come si può dedurre dal più antico libro di medicina cinese, il Nei-Ching (2698-2599 a . C ) , e da altre testimonianze contenute nel trattato di farmacologia botanica, attribuito in passato a Shen-Nung (2373 a . C ) , ma forse compilato da Han nel IV secolo a.C. Anche nell'India, intorno al 2000-1500 a . C , la canapa era nota, come risulta dalla lettura dei Veda e di altre opere dello stesso periodo. Sembra comunque che, contrariamente alla medicina cinese, l'uso sia
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stato mistico o ricreazionale: così si apprende dai libri citati. Per esempio Masdan, personaggio del Fravashi-Jashta, è definito «senza estasi e senza canapa»; nel Vìce-Vadat, il demone dell'ebbrezza è personificato dalla canapa. L'assunzione come droga era certamente praticata dalle popolazioni dell'Asia Minore, particolarmente gli Sciti. Erodoto narra che semi e foglie di canapa, durante la fase di purificazione nelle cerimonie funerarie delle popolazioni scite, erano deposte nell'interno dei sepolcri su pietre roventi. I fumi che si sprigionavano venivano aspirati dai presenti i quali, in stato di ebrezza, credevano di vivere un'esperienza mistica. Nello stesso periodo anche in Persia la canapa veniva coltivata quasi esclusivamente per raccoglierne la resina; si ignora l'uso cui essa era destinata, ma si presume fosse simile a quello degli Sciti, in quanto i riti funebri di entrambe le popolazioni erano analoghi. Testimonianze della conoscenza della canapa tra le popolazioni dell'Europa settentrionale si sono avute con le scoperte archeologiche di Hermann-Buss. Lo studioso l'ha ritrovata in una tomba a Nicherdorf in Germania, dimostrando che la sostanza era presente già nel V secolo a . C , epoca a cui risaliva la tomba. Gli usi farmacologico, come droga, e mistico si perdono nell'epoca greco-romana e proto-cristiana, malgrado la pianta fosse nota a queste popolazioni, che l'usavano come tessile. Gli Arabi, invece, fanno della canapa - che chiamano hashish, cioè «erba» - un elemento culturale di primaria importanza: fino al V secolo come agente terapeutico, poi anche come droga e per fini mistici. Al-Hasan Ibn-Al Sabbah, capo guerriero ed erudito di origine persiana, nell'intento di opporsi al califfato di Bagdad e allo scopo di ristabilire il potere della dinastia ismailita, da cui affermava di discendere, e del califfato dei Fatimidi, cosiddetto da Fatima figlia di Maometto, fondò nell'XI secolo una setta. Poiché i suoi adepti consumavano hashish, la setta fu chiamata degli hasheshins o assassini. Una società segreta che ha avuto grande importanza per secoli nella politica del mondo musulmano. L'hashish veniva usato come eccitante e stimolante dai suoi aderenti, specialmente da quelli che dovevano commettere delitti su commissione: «assassino», infatti, da allora significa omicida. Altre notizie sugli hasheshins sono contenute tra l'altro nella Cronica degli Slavi dell'abate Arnoldo da Lubecca (del XII secolo) e nel Milione di Marco Polo. Questi riferisce che il Veglio della Montagna, Iman, della setta degli Ismaeliti, raccoglieva, nei suoi splendidi giardini, giovani ai quali offriva hashish, pranzi prelibati e compagnie femminili, facendo loro credere di essere in paradiso. Dopo averli abituati a questa straordinaria condizione, li allontanava ordinando loro di compiere determinati delitti, condizione per rientrare nel «paradiso» perduto.
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Nel 1256 la fortezza di Halamut, centro del potere degli hasheshins nel Garvin, e nel 1260 quella di Masjad in Siria vennero distrutte dai Tartari, che hanno posto così fine al califfato; successivamente nel 1272 il sultano mamelucco Bailars li scacciò definitivamente dall'Arabia. 1 superstiti si sono rifugiati nei Paesi limitrofi, ma principalmente in India, ove hanno scelto come loro capo l'Aga-Khan di Bombay, che affermava di discendere anche lui da Ismail, e di avere quindi diritto ad essere il capo della setta spirituale sciita degli Ismailiti. L'uso dell'hashish come inebriante non è andato però perduto; anzi si è esteso a tutto il mondo musulmano fino ad invadere l'India e successivamente l'Africa, l'Europa e l'America. Tra gli Arabi, l'abuso di hashish era degenerato talmente che nel 1378 l'Emiro di Djoneima ne aveva proibito l'uso, pena l'estirpazione dei denti. Tuttavia il proibizionismo, come spesso accade, non ha avuto effetto desiderato. Anzi l'abuso di canapa ha continuato a dilagare in tutto il mondo arabo e indiano, tanto che Napoleone, durante la campagna d'Egitto, rinnovò i divieti dell'emiro. L'Europa aveva conosciuto gli effetti voluttuari della sostanza dai crociati di ritorno dalla Terra Santa, attraverso le testimonianze dell'abate Arnoldo da Lubecca e di Marco Polo e dell'arcivescovo Guglielmo di Tiro, cancelliere di Gerusalemme. Tuttavia l'uso della droga era limitato alle formulazioni stregoniche e alla descrizione che il medico scrittore Rabelais ne ha fatto nel suo famoso libro Pantagruel; con il nome Pantagruélion, infatti, come provato da Faje nel 1845, è stata accuratamente descritta la canapa. In Europa è stata nuovamente introdotta dai soldati di Napoleone reduci dalla campagna d'Egitto. La riscoperta degli effetti si è avuta nel 1840 circa, ad opera del celebre psichiatra e tossicologo J.J. Moreau de Tours. Dopo averli sperimentati su se stesso, lo scienziato li ha descritti nel libro Sull'hashish e la pazzia, un trattato che ha riscosso un enorme successo negli ambienti letterari. Sull'onda dell'entusiasmo, Theofilo Gautier fondò a Parigi, all'Hotel Pimodian, il «Club degli hashishins», in cui si consumava l'hashish fornito da Moreau de Tours, spesso misto ad oppio, sotto il diretto controllo scientifico del tossicologo. Uno dei più famosi soci di questo club è stato Baudelaire, autore del «Poema dell'hashish», che fa parte dei suoi Paradisi artificiali. La tradizione letteraria è proseguita in Europa, coinvolgendo famosi personaggi, come Michaux e i poeti maledetti, fino ai nostri giorni, quando la canapa - non più solo di élite - è diventata la droga dei giovani e dei loro idoli, specie musicali. In Africa, malgrado gli editti napoleonici, l'uso della droga è dilagato nelle regioni settentrionali e centrali, non solo a scopo voluttuario e stupefacente, ma anche dai Baronga per fini bellici, o nel Congo, oggetto di una nuova religione chiamata Riamba.
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L'uso della canapa in Africa ha avuto notevole importanza, in quanto la coltivazione delle piante e l'abuso sono stati introdotti in tutta l'America dagli schiavi negri; i primi Paesi coinvolti furono Messico, Cuba e Giamaica. Inizialmente la canapa veniva usata per curare alcune malattie, come la depressione, il tetano, la blenorragia, l'insonnia, la malaria, la cefalea, l'epilessia, le flatulenze, il delirium tremens, l'asma, i tumori. Ricordiamo per inciso che soltanto nel 1937 una legge federale Usa ha tolto la marijuana dal prontuario dei medicamenti permessi. E proprio negli Usa, Giorgio Washington l'aveva coltivata, come ricorda nel suo diario; alcuni scrittori, quali B. Taylor e F. Ludlow - autore del Mangiatore di hashish - nella seconda metà dell'Ottocento, sulla scia di Baudelaire e di altri intellettuali europei specialmente francesi, l'hanno diffusa negli Stati Uniti specie con le loro opere tra le élites. Il grande boom però ha avuto inizio quando operai messicani hanno cominciato a lavorare come pendolari nei confinanti Stati del Sud, portando con loro la mota, un sacco di «erba» che fumavano e vendevano. E negli anni venti New Orleans veniva invasa dalla marijuana, proprio mentre nasceva e si diffondeva il jazz; la droga - dopo aver risalito con le bande musicali il Mississippi sui grandi battelli a ruota - conquistava gli Stati Uniti. Effetti Gli effetti ottenuti variano notevolmente in relazione al contenuto in sostanza attiva della preparazione usata - la più potente è l'olio, seguito dalla resina e dall'erba -, alle modalità di assunzione - con l'inalazione si ottengono effetti più intensi e rapidi che per via orale, ma anche perdite notevoli sia per esalazione di aria contenente ancora delta9-THC, sia per pirolisi, cioè bruciata dal fuoco -, alla velocità con cui sono metabolizzate, cioè trasformate le sostanze attive nell'organismo, alla durata e intensità dell'abuso. Altri fattori importanti sono rappresentati dalla personalità del soggetto, dal suo stato d'animo, dalle aspettative, da precedenti esperienze, dalle condizioni ambientali. Va infine ricordato che il principio attivo viene facilmente e rapidamente degradato con l'invecchiamento della preparazione della droga, per esposizione atmosferica o per taglio con altri vegetali, quali l'erba alfa-alfa, le infiorescenze maschili - riconoscibili per la presenza di pollini - e la salvia. Dopo due anni, anche se conservata in maniera ottimale, la canapa è priva di effetti. I cannabici vengono fumati lentamente, per lo più in gruppo, trattenendo l'inspirazione per aumentare l'assorbimento e tenendo la sigaretta nel cavo della mano per ridurre la pirolisi, o autocombustione. I consumatori abituali sanno bene quanto sia importante - per raggiun-
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gere gli sperati effetti gradevoli - il contesto in cui vengono assunte le sostanze. La compagnia dev'essere gradita, l'ambiente ricco di stimolazioni adeguate, quali musica e colori, l'atmosfera rilassata. Infatti i derivati della canapa possono essere considerati una «cartina al tornasole» del soggetto. In altri termini, essi non creano uno stato d'animo nuovo, piacevole o spiacevole che sia, ma rivelano e accentuano la situazione emotiva già esistente. Le prime esperienze possono essere deludenti: non si prova nulla, si afferma spesso dopo la prima assunzione, molto probabilmente per resistenze psicologiche messe inconsciamente in atto. I primi effetti, se la droga è inalata, compaiono dopo circa cinque minuti: rilassamento mentale, frequentemente accompagnato da senso di calore, soprattutto al volto, sudorazione, arrossamento delle congiuntive, talora tachicardia e analgesia; segue uno stato di euforia, di benessere, di esaltazione interiore; diminuiscono le inibizioni, per cui appaiono facilitati i rapporti interpersonali e si ha l'impressione di «sentirsi più vicini agli altri». Dopo quindici-venti minuti, insorgono alterazioni dell'attività ideariva; i legami associativi sono più veloci, ma più labili, i pensieri si susseguono senza evidente nesso logico. Il tono dell'umore è esaltato, sono assai frequenti scoppi d'ilarità immotivata: la canapa infatti è la «droga del riso facile». Lo schema corporeo appare mutato: le mani pesanti, la testa ingigantita. Anche la percezione temporale è sballata: il tempo pare si fermi, i minuti sembrano ore, i secondi minuti. Qualche volta invece si ha la sensazione che il tempo scorra velocissimo. Lo spazio circostante si espande, gli oggetti appaiono più lontani o più vicini, i contorni spesso sfumati . Compaiono, molto frequentemente, fenomeni di derealizzazione, ovvero di fuoriuscita dalla realtà: ci si sente estraniati, diversi, quasi altri esseri. Insorgono disturbi percettivi, soprattutto a carico della vista e dell'udito, con illusioni e allucinazioni: gli oggetti appaiono distorti, macchie di colore si compongono e si scompongono in fantasmagoriche figure. L'intensità delle luci, dei colori e dei suoni sembra accentuata. Il senso della realtà è alterato, tanto da dare l'impressione di vivere in un sogno. Le immagini mentali e sensoriali si susseguono rapidamente, con fenomeni di dissolvenza, proprio come in un filmato. Ci si sente proiettati in una dimensione diversa, oltre i normali schemi temporo-spaziali; si fluttua in un m o n d o fantastico, eppure percepito vivido e reale. Insorgono molto spesso sensazioni e impulsi afrodisiaci. Dopo circa due ore, la maggior parte degli effetti comincia a scema5
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Secondo quanto riferitoci da alcuni consumatori sperimentatori, la marijuana ha maggiori capacità psicoalteranti e fa compiere un viaggio migliore, mentre l'hashish, più forte, induce più rapidamente il sonno.
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re, mentre compare sonnolenza che, specie in soggetti non assuefatti, spesso si conclude con un sonno profondo; al risveglio è vivo il ricordo dell'esperienza. Scrive Baudelaire in Spleen: «Ho più ricordi che se avessi mille anni». A volte, quando lo stato d'animo iniziale è improntato a tristezza, gli effetti piacevoli sono del tutto assenti e si manifestano ansia, paura fino al panico, sospetto - ci si sente spiati da tutti, oppure al centro dell'attenzione; insorgono idee di persecuzione, illusioni e allucinazioni a contenuto sgradevole, talvolta terrificante, confusione mentale. In sintesi l'effetto farmacologico drogastico del delta-9-THC è di provocare dispercezioni - ovvero alterazioni percettive - e modificazioni delle condizioni psichiche e sensoriali, con allucinazioni e deliri per lo più a sfondo piacevole, ma talora molto sgradevoli. La tolleranza varia da soggetto a soggetto e può diminuire con l'uso prolungato o tolleranza inversa. Oscilla da una sigaretta di marijuana pari a circa 0,5-1 cg di T H C - a quaranta e più sigarette di hashish pari a circa 1 g di THC - come in un caso di nostra recente osservazione. L'uso prolungato dei derivati della canapa può produrre alterazioni fisiche e psichiche di rilievo. In forti fumatori cronici - cioè soggetti che fumano da quindici a quaranta e più sigarette di hashish al giorno si manifestano laringiti, bronchiti, ipertensione arteriosa e talora ischemia miocardica, insonnia, anoressia, dimagrimento, deficit immunitari, stati avitaminosici, anemia, diarrea, crampi, ginecomastia, riduzione della sessualità fino all'impotenza maschile, carie dentaria e fragilità ungueale. Non sembra invece che siano state dimostrate alterazioni cromosomiche. L'abuso di cannabici può provocare l'insorgenza di quadri psicopatologici estremamente variabili: stati confusionali transitori con deliri poco strutturati, a contenuto per lo più persecutorio, spesso sorretti da fenomeni allucinatori. In altri casi si manifestano sindromi psicotiche nelle quali il soggetto tende ad allontanarsi progressivamente dalla realtà e a rinchiudersi in se stesso. In altre circostanze ancora si possono verificare episodi caratterizzati da arresto psicomotorio in catatonia. Inoltre, specie nei giovanissimi, si possono determinare perdita di energia, di interesse, riduzione della memoria e delle capacità intellettive. Sintomatologie così gravi si verificano soltanto in seguito al consumo di dosi molto alte assunte per periodi di tempo prolungati; ciò a differenza di quanto avviene con altre droghe come la cocaina e le anfetamine. Quindi si è creata tra gli esperti l'ormai annosa polemica sulla pericolosità di questa droga e - di conseguenza - la possibile liceità o meno del suo uso. In altri termini, i fautori della liberalizzazione dei derivati cannabici sostengono che l'uso modico e saltuario non deter-
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mina conseguenze tali da far ritenere che questa droga debba essere considerata pericolosa al pari delle altre. Inoltre, con sempre maggiore frequenza, i giovani iniziano a drogarsi con altre sostanze, spesso eroina e cocaina. Rispetto a queste ultime, la Cànnabis rappresenta spesso droga secondaria per i tossicomani. Infine la dipendenza psichica di solito non è molto intensa e soltanto in casi rari si instaura dipendenza fisica. La marijuana continua però ad essere la droga illecita più abusata nel mondo. Un quarto della popolazione statunitense l'ha provata e venti milioni ne fanno uso giornaliero. Secondo l'Istituto inglese per lo studio della dipendenza da droghe, in Gran Bretagna cinque milioni di individui hanno preso cannabinoidi e almeno un milione per più di un anno. In Italia mancano statistiche precise. Si ritiene tuttavia che il numero dei consumatori sia piuttosto elevato e ancor più di quelli che l'hanno provata almeno una volta. A questo proposito va notato che non si tratta di una droga innocua: un notevole numero di persone che abusano di cannabinoidi hanno presentato gravi disturbi psichici culminati in psicosi. Inoltre in Usa la marijuana oggi è da due a cinque volte più tossica di quella in circolazione agli inizi del 1970 per la presenza della varietà indiana jinsemilla, priva di semi, le cui cime fiorite contengono grandi quantitativi di cannabinoidi attivi. Infine nei Paesi dove, dopo incidenti di guida, l'accertamento del tasso di alcool e droghe nei liquidi organici dei piloti coinvolti è obbligatorio, i cannabici, insieme con l'alcool, ne sono i maggiori responsabili, in Usa circa venti milioni all'anno! Recentemente in Italia, con il D.M. 23.6.88 n. 263, è stato disposto alfine l'accertamento dei livelli di alcool e di droghe a piloti dalla guida pericolosa e che abbiano causato incidenti stradali. Quindi, anche noi, con molti altri, siamo del parere che sarebbe un grave errore liberalizzarla. Infatti gli studi sulla tossicità della marijuana non sono ancora conclusivi; rimane aperta la possibilità di dimostrarla sostanza tossica; e infine per molti giovani rappresenta tuttora la porta d'ingresso per l'uso di altre droghe. Terapia La terapia divezzante del cannabinismo è soltanto psichica e richiede la partecipazione attiva del soggetto; i risultati sono di solito scoraggianti. Analogo è il trattamento dei modici fumatori: quasi sempre un insuccesso. Non si dispone di un antagonista o di un sostituto del delta-9-THC. Le esperienze acute negative, le reazioni avverse prolungate, i flashback o reviviscenze psicotossiche e la sindrome amotivazionale vanno trattati farmacologicamente con tranquillanti minori, specie benzodiazepine, meglio per uso endovenoso, seguiti da psicoterapia.
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In caso di psicosi, negli stati di grave denutrizione, acidosi, iperglicemia fino al coma e nelle altre complicanze e manifestazioni croniche, il trattamento è quello comune della sintomatologia o sintomatico. La sindrome astinenziale va curata con sedativi e psicoterapia.
3. Coca e cocaina Coca Nel XVI secolo, quando i conquistadores spagnoli - dopo la scoperta delle Americhe - si impadronirono del Perù e dell'immenso impero inca, notarono che i capi delle tribù indigene godevano del privilegio di poter masticare le foglie di alcune piante, che in quelle regioni crescevano spontaneamente sotto forma di arbusti o di piccoli alberelli sempreverdi. Erano le foglie della Erytroxylon coca , la «pianta divina», che ancor oggi - masticate a lungo - permettono di vincere la fame e la sete e di far affrontare gravi fatiche; inoltre, poste a contatto della pelle possono sedare anche i più gravi dolori. L'uso delle foglie, c o m ' è stato rilevato attraverso importanti ricerche etnologiche, risale a 2.500 anni a . C , ma, si suppone, anche molto prima: lo dimostrano precedenti reperti archeologici di suppellettili per la masticazione della coca. Narra un'antica leggenda pre-incaica che Khunu, dio dei lampi, dei tuoni e della neve, si fosse irritato con le popolazioni della tribù yunga, che vivevano nelle regioni circostanti il lago Titicaca. Bruciando le foreste, infatti, affumicavano le cime delle montagne Illimani e Mururata, dove il dio aveva la propria dimora. Adirato, decise di impedirne il ritorno nella capitale Tiahamanaco e nel fertile altopiano circostante. Ridotti allo stato di nomadi, affamati e privi di qualsiasi risorsa, gli yunga scoprirono accidentalmente gli effetti della coca. Masticando a lungo le piccole foglie dall'aspro sapore, furono in grado di sopportare la fatica, i disagi e qualsiasi disturbo provocato dalla scarsa ossigenazione dovuta all'altitudine; rinfrancati ritornarono nella capitale e ai campi coltivati, ricchi di bestiame. L'uso della droga era noto non soltanto agli yunga, ma anche ad altre popolazioni delle zone settentrionali del Sudamerica, come i chibcha. Infatti recenti scoperte archeologiche hanno portato alla luce preziose statuine d'oro appartenenti a questi popoli, che descrivono le varie fasi della raccolta e della lavorazione della pianta. 6
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Esistono tre varietà di Erytroxylon coca Lamk e precisamente: E. Bolivarium Burk, che fornisce la coca boliviana, nota con il nome commerciale di Huanuco; la Novogranatense Burk chiamata anche coca di Trujillo; la Sproceanum Burk o coca del Perù oppure derrata di Trujillo o Ypara.
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Anche se gli Incas non furono i primi ad usare la coca, tuttavia sono responsabili dell'espansione e della regolamentazione dell'uso in tutta l'America del Sud. Arrivati nell'XI secolo sulla costa occidentale del continente, provenienti dalle regioni del nord e forse dalla lontana Asia, si erano attestati prima nella parte settentrionale del Perù e successivamente su tutta la cordigliera delle Ande, ovvero i territori dell'attuale Bolivia, Ecuador, parte della Colombia, Cile e Argentina. Lì hanno assimilato l'uso della coca dalle popolazioni indigene specie degli yunga, chibcha e quechua, da questi ultimi mutuando anche la lingua. Nazionalisti come tutti i conquistatori, hanno distrutto cultura e tradizioni locali, creando nuove leggende: la coca era il dono del dio Sole al figlio, Manco Capac, il mitico condottiero e primo imperatore, o Tupac degli Incas, e alla moglie-sorella, Marna Oclohuaco. Per tale motivo o, meglio, con questo pretesto, inizialmente la coltivazione e l'uso della coca sono stati limitati, sotto rigido controllo, ai Tupac, alla famiglia reale, ad alti dignitari e sacerdoti. Una prerogativa che, tesa ad aumentare il rispetto e la venerazione di tutta la popolazione per la pianta divina, è stata accentuata dal quarto imperatore inca, il quale ha chiamato l'imperatrice - Mama in inca - con l'affettuoso e reverente titolo di Mama Coca. In seguito, con la progressiva assimilazione delle usanze e tradizioni locali e l'insorgere di nuovi costumi che avevano la coca come protagonista, l'uso si estese a tutta la popolazione, anche se mantenuto sotto stretto controllo e per ben determinate occasioni, tra l'altro perché le piantagioni erano limitate e la produzione non poteva soddisfare la massa. La coca fu così disciplinata da una serie di disposizioni e restrizioni, la prima regolamentazione di una droga. Era permesso consumarla soltanto in occasione di cerimonie religiose, per finalità terapeutiche, nonché per sedare fame e sete e per consentire lunghe marce e altre attività particolarmente faticose, specialmente se eseguite in altitudine. L'assunzione, comunque, aveva luogo a ore fisse, come accade attualmente per l'alcool in Svezia e in Gran Bretagna. Una dose di coca veniva concessa anche ai vincitori di gare atletiche e a coloro che si erano distinti in particolari cimenti. La coca non poteva assolutamente essere consumata per scopi voluttuari o inebrianti e il suo uso era vietato a tutti i giovani; la raccolta delle foglie era riservata solo ai cocapallac - ragazzi tra i dodici e i sedici anni - e alle donne. La legge prevedeva pene severissime per i trasgressori: chi veniva sorpreso a masticare foglie di coca a scopo voluttuario era condannato a morte per strangolamento o impiccagione, e il corpo del giustiziato appeso al capestro per lungo tempo - veniva chiamato la statua parlante perché, mosso dal vento, produceva mormorii terrificanti. Ciononostante risulta che una parte notevole del raccolto era consumata di nascosto dai contadini.
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Anche il rituale religioso era strettamente regolamentato: le cerimonie e i sacrifici erano preceduti dall'assunzione di coca e i fedeli pregavano tenendo tra le labbra una foglia senza masticarla o deglutirla. Le vittime dei sacrifici umani ne ricevevano forti dosi prima della cerimonia, sia come premio supremo, sia per accentuare lo stato di esaltazione e consentire un comportamento stoico. La droga svolgeva un ruolo importante anche nelle cerimonie funebri: tra le labbra dei defunti veniva posta una foglia e accanto borse ripiene per sostenere la lunga marcia nel mondo dei morti. Negli scavi archeologici delle tombe, specie ad Ancon in Perù, sono stati infatti trovati vasi e borse da coca, ancora ricolmi. Le modalità di assunzione della coca variavano a seconda delle popolazioni. Tra gli indigeni della Bolivia e del Perù centro-meridionale le foglie venivano masticate dopo aver aggiunto calce, mediante un apposito bastoncino chiamato llipta. I Cumanegoto del Venezuela, invece, per toglierne l'asprezza mescolavano le ceneri di alcune piante o di ossa. Un sistema che si è diffuso largamente, tuttora praticato dalle popolazioni andine. Presso altre tribù l'uso della droga rimaneva privilegio della classe sacerdotale e del sesso maschile, anche se in particolari periodi dell'anno era concesso alle donne di assumerla, mentre gli uomini, a scopo propiziatorio, si dedicavano alla filatura della lana. Gli Incas ignoravano la scrittura e si tramandavano le notizie ad opera degli oratori o yaravecs e con l'aiuto di uno strumento mnemotecnico chiamato quipu. Si tratta di una sorta di cintura da cui pendono una serie di spaghi di colore differente. A ciascuna funicella corrispondeva un preciso significato, e su di essa i quipucamayus - o maestri del quipu - praticavano particolari nodi per registrare date, eventi e numero degli eventuali partecipanti. L'Occidente conobbe la coca soltanto dopo la caduta dell'impero incaico, che non ha segnato peraltro la fine dell'uso. Le notizie - non avendo quella popolazione una scrittura - sono state desunte dai resoconti di conquistadores e viaggiatori. Il primo è stato un gesuita, Thomas Ortez, nel 1499, subito dopo la scoperta dell'America. Altre informazioni sommarie sono state fornite da Amerigo Vespucci nel 1501 e da Francisco de Xeres, segretario di Pizarro nel 1533. E stato però Pedro Cieza de Leon, uno spagnolo che aveva partecipato alle campagne di conquista dell'impero degli Incas, che nella Cronaca del Perù (1550-1553) ha descritto diffusamente per primo la pianta della coca e le modalità d'uso, senza peraltro credere agli effetti vantati. Anche Nicolas Monardes, in un libro pubblicato nel 1565, si dichiarava scettico sulle virtù delle foglie che successivamente importò, nel 1580, alla corte di Spagna. L'uso però non fu accettato in quanto il gusto era apparso sgradevole e la pianta considerata opera del demonio. Al contrario il gesuita José de Acosta, nella sua Storia naturale delle Indie (1590), era convinto che la coca possedesse tutte le proprie-
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tà farmacologiche tramandate dagli aborigeni. Della stessa opinione era Garcilasso de la Vega, autore dei Comentarios Reales (1609), figlio di un ufficiale spagnolo e di una principessa inca, dalla quale aveva ereditato una piantagione. Nel volume Perù: viaggi attraverso gli anni, del 1846, l'esploratore svizzero J.J. Von Tschudy fornisce una precisa descrizione delle modalità d'uso della coca; in particolare la borsa di cuoio, l'hualiqui o chuspa, che ogni indio porta appesa alla cintura, piena di foglie e l'hishcupuru, una zucca - spesso finemente scolpita - per contenere le foglie polverizzate. E racconta che tre o quattro volte al giorno gli Indios interrompono il lavoro per dedicarsi a chacchar o acculicar, cioè a masticare le foglie di coca. Pulite delle loro nervature, vanno introdotte in bocca e trattate come già descritto. Il voluminoso bolo denominato acculico viene masticato a lungo; ne consegue un'abbondante salivazione di colore verde, in gran parte inghiottita. Poiché il bolo è fortemente irritante, non deve venire a contatto con le labbra e le gengive. Ogni periodo di masticazione, cioè ogni cocada, può durare fino a tre ore, ed è interessante rilevare che gli Incas misuravano in cocadas le distanze percorse dai loro messaggeri. I conquistadores spagnoli di fronte ai diversi e spesso contrastanti aspetti dell'uso della coca, hanno avuto un atteggiamento alterno, ora incoraggiandone l'uso, ora proibendolo. Nel 1567 il Tribunale dell'inquisizione, che si era riunito a Lima, allarmato per i pericoli che l'abuso poteva provocare, la vietò considerandola «sostanza senza utilità, capace soltanto di favorire le superstizioni degli Indios e i contatti con il diavolo». Nonostante gli editti, le proibizioni governative ed ecclesiastiche e la comminazione di pene severe emesse dai tribunali civili e religiosi, l'uso e l'abuso della droga sono persistiti e addirittura aumentati tra le popolazioni andine anche dopo la liberazione dagli spagnoli, tanto che Lewin, nel 1924, nel Phantastica, scriveva che i lavoratori indigeni venivano retribuiti in parte con foglie di coca. La pianta sacra degli Incas, già dopo la loro caduta, aveva assunto un valore monetario. Il persistere dell'uso della coca in queste regioni può essere giustificato - oltre che da motivazioni socio-culturali - anche dalla particolare situazione climatico-ambientale. Infatti, come si è già avuto occasione di ricordare, attenua gli stimoli della fame e della sete e apporta una sensazione di energia che permette di esplicare notevoli sforzi fisici ad altitudini elevate, con conseguente ridotta quantità di ossigeno atmosferico. Infatti, nonostante la Commissione dell'Onu sugli stupefacenti abbia intrapreso un'attiva campagna sanitaria in Bolivia e in Perù, si calcola che ancora nel 1992 in queste ultime nazioni siano state raccolte quasi 224.000 tonnellate di foglie di coca, cifra inferiore alla realtà, in quanto le statistiche non possono tenere conto della produzione clandestina. Nel 1986 circa 860.000 peruviani masticavano abituai-
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mente le foglie di coca, e circa tredici-quattordici milioni di person nelle Ande ne erano consumatori. La cocaina viene in gran parte raffinata in loco, in Bolivia, in Perù poi principalmente in Colombia. Da questo Paese raggiunge il grand mercato nordamericano - secondo i dati di alcuni autori sessanta mi lioni di consumatori! - spesso con vecchi aerei che vengono abbando nati, tanto è il guadagno che si realizza da queste operazioni. Per que sti motivi nel 1986-87, per ordine del presidente Reagan, si è proceduto alla distruzione di piantagioni e raffinerie negli Stati produttori. Il presidente Bush nel 1989 ha intrapreso una guerra contro i narcotrafficanti di droga che tuttora prosegue. La coca rappresenta un classico esempio di abuso endemico di una droga, anche se in realtà non si può parlare di una vera e propria tossicomania, sia per ragioni socio-culturali, sia perché l'eventuale intossicazione cronica presenta aspetti diversi dal cocainismo per fattori razziali e ambientali, e per peculiari modalità di assunzione. L'uso della coca ha cominciato a diffondersi in Europa solo alla fine del XVIII secolo; nel 1793 un medico, Pedro Nolasco Crespo, proponeva che le foglie fossero regolarmente distribuite ai marinai, durante i lunghi viaggi intercontinentali. Tuttavia il suggerimento non ha trovato largo consenso; non sappiamo bene il perché, ma possiamo ipotizzare che gli europei, più attivi e meno meditativi, sono poco disponibili ai lunghi tempi delle masticazioni. Invece hanno nella loro tradizione l'abitudine del bere: introdurre un liquido di rapida assunzione e di effetto ben più immediato. Nel 1859 un medico italiano, Paolo Mantegazza, divulgatore di dottrine scientifiche, anticonformista, in un volume intitolato Sulle virtù igieniche e medicinali della coca, dava la prima descrizione scientifica delle azioni che, a suo giudizio, «oltre a rendere più sopportabili le fatiche fisiche, allargavano lo spazio spirituale aumentando il desiderio e la potenza sessuale». Il Mantegazza ne aveva sperimentato su se stesso l'azione, e, dopo aver ingerito un infuso di 60 g di foglie, scriveva: «Iddio è ingiusto perché ha fatto l'uomo incapace di poter vivere sempre coqueando. Preferisco una vita di dieci anni con coca ad una di secoli senza coca». Un altro studioso, Clemente Markham, dopo aver visitato, nel 1859, il Perù e aver constatato gli effetti della coca, ne consigliava l'uso ai soci del club alpino. Nel 1863, un geniale e spregiudicato chimico-farmaceutico corso, Angelo Mariani, che aveva conosciuto la coca leggendo i libri dei viaggiatori sulle Ande, realizzò una bevanda ottenuta sciogliendo le foglie polverizzate nel vino della sua terra. Il «vin Mariani» acquistò un'immensa popolarità; il suo inventore fu insignito di medaglia d'oro e chiamato benefattore dell'umanità. Il prodotto veniva usato da molte personalità tra cui addirittura - sembra - un papa, molti dei quali hanno rilasciato fotografie e dichiarazioni raccolte nell'Album Mariani,
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nelle Figure contemporanee tratte da detto album, e in diverse pubblicazioni del versatile corso. Un americano di Atlanta (Georgia, Usa), tale John Styth Pemberton, mise in commercio nel 1885 il «French Wine Coca», una nuova bevanda. Essendo un farmacista, vendeva il suo ritrovato come un rimedio per il mal di testa. Inoltre ne vantava gli effetti stimolanti, in quanto, quale più importante principio attivo, conteneva coca. Nel 1886 eliminò dal prodotto l'alcool, aggiungendo estratto di Noce Kola (che contiene caffeina), oltre a oli di agrumi per migliorare il gusto. Il nome del nuovo prodotto, una bevanda dolcificata, o soft drink, fu: CocaCola, pubblicizzata con lo slogan «bevanda degli intellettuali e degli alcolisti in astinenza». Nel 1888, la Coca-Cola fu ancora migliorata: si sostituì l'acqua naturale con la gassata, che aveva acquistato grande popolarità in quanto sgorgava naturalmente in molte acque minerali bevute nelle stazioni termali a scopo terapeutico. Nel 1881, Asa Griggs Candler, un altro farmacista, acquistò tutti i diritti della Coca-Cola, e fondò la Società omonima, l'anno dopo. Il distributore di Coca-Cola chiamato fountain - che la omonima società aveva installato in tutti i drugstores - diventò un elemento essenziale per la vendita al dettaglio negli Stati Uniti di bevande non alcoliche o soft drinks e tuttora viene usato in tutto il mondo. Candler «credette nella Coca-Cola con una fede quasi mistica» - secondo quando dice suo figlio - e la pubblicizzò sempre come un supremo rimedio e una piacevole bevanda. La produzione continuò con questa formula fino al 1903, quando, in seguito alle pressioni del governo, la composizione dovette essere modificata, escludendo la cocaina. La coca fa tuttora parte della bevanda, ma è decocainizzata prima del suo impiego da un'industria specializzata sotto il controllo del governo federale americano. Gli effetti tonico-nervini da allora sono quindi prodotti dalla caffeina, contenuta nella cola. Il successo della bevanda fece moltiplicare i concorrenti, e i prodotti contenenti coca sono stati venduti in gran copia come elisir, tonici, nervinici, ricostituenti, afrodisiaci; ma tutti sono scomparsi dal mercato ufficiale progressivamente dal 1904, allorché il governo Usa comunicò che stava elaborando il Pure Food and Drug Act, entrato in vigore nel 1906. Una legge che impone l'eliminazione di sostanze pericolose, tra cui la cocaina, da farmaci e bevande, obbligando i produttori a riportare sull'etichetta tutti i componenti. Cocaina La cocaina è l'alcaloide attivo delle foglie di coca, dalle quali è stata purificata nel 1860 dal chimico tedesco Albert Niemann, anche se già Gaedecke aveva estratto nel 1855 un miscuglio di alcaloidi - tra cui la
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sostanza suddetta - mistura che aveva chiamato eritroxilina. Subito dopo la scoperta hanno preso il via numerose ricerche per stabilirne l'attività farmacologica. Nel 1864 un ricercatore tedesco, Schroff, comunicava che la cocaina pura, messa in bocca, anestetizzava la lingua. Nel 1868 Thomas Moreno y Maiz, medico peruviano, rendeva noti gli effetti della droga sulle rane e ne proponeva l'uso in medicina come anestetico locale. Nel frattempo in America, al termine della guerra di secessione, su consiglio del dottor W.H. Bentley, la cocaina veniva introdotta nel 1870 in terapia nel tentativo di svezzare l'enorme numero di morfinomani, reduci di guerra, affetti dalla cosiddetta «malattia del soldato». Nel 1883 il dottor Theodor Aschenbrandt, medico militare bavarese, dopo aver distribuito cocaina in dosi da 1 a 5 mg per via orale alle truppe, durante le manovre autunnali, comunicava che la sostanza forniva ai soldati notevoli energie e resistenza. Una teoria ripresa durante la Seconda guerra mondiale, quando tutti gli eserciti in campo, dai tedeschi agli americani, dagli inglesi ai giapponesi, hanno fatto largo uso di anfetamina, un'altra droga stimolante. La relazione di Aschenbrandt venne letta da Sigmund Freud, allora giovane assistente degli Ospedali Universitari di Vienna. Lo studioso, depresso, sperimentò la droga su di sé e, avendo ottenuto risultati positivi, li pubblicò nel 1884 in un volume dal titolo Uber Coca. Una trattazione che ebbe immediatamente forte risonanza in tutto il mondo scientifico: il grande psichiatra ne elogiava gli effetti antidepressivi, euforici ed energetici. Nello stesso anno, un mese dopo, il dottor Koeller, collega viennese di Freud, la usò con grande successo come anestetico oculare di superficie. Nel 1886, a Baltimora, nell'ospedale Johns Hopkins, il dottor William Halsted - che sembra abbia preso dal 1869 cocaina e poi morfina utilizzò la prima come anestetico tronculare per bloccare i nervi. Freud a sua volta aveva seguitato a usare e sperimentare la cocaina in altre indicazioni e più precisamente come ricostituente - tra l'altro per la fidanzata e futura moglie Marta - e per divezzare dall'eroina il suo allievo Fleischl Von Markow. Se all'inizio il risultato era sembrato favorevole, in seguito si rivelò catastrofico: Fleischl, intossicato cronico di cocaina, si ridusse in uno stato delirante e morì poco dopo. Ciononostante Freud non perse l'entusiasmo. In tre pubblicazioni successive ha esaltato il farmaco, consigliandolo, in piccole dosi, per il trattamento di varie malattie: disturbi gastrici, asma, cachessia e inoltre come afrodisiaco, stimolante, anestetico locale e per il divezzamento dall'alcool e dalla morfina. Attribuiva la situazione disastrosa sofferta dal suo allievo alle dosi eccessive, definendole spaventose: dieci volte maggiori di quanto lui stesso ne prendesse. Ribadiva che la cocaina non crea alcun problema a chi l'assume in modeste quantità. Tuttavia, poiché già a partire dal 1886, molti medici e malati erano
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deceduti dopo averne fatto uso, il professor Emil Erlenmeyer, il più autorevole specialista della dipendenza da droghe, accusò Freud di aver dato via libera al terzo flagello dell'umanità, dopo l'alcool e la morfina. Un'accusa che fu formulata anche da importanti studiosi e società mediche europee. La reputazione professionale del padre della psicoanalisi venne scossa dalle critiche, per cui Freud fu costretto a pubblicare, nel 1887, il suo quinto e ultimo volume sulla droga dal titolo il desiderio irresistibile e la paura della cocaina. Ritrattava così molte delle sue precedenti posizioni, eppure raccomandava ancora l'uso controllato della cocaina, condannandone, però, l'abuso. Affermava che una sostanza, a seconda del dosaggio e della disposizione individuale, può essere un farmaco benefico oppure un veleno. Comunque, da quel momento, si astenne dal pubblicizzare la droga. Ma non tutti la pensavano come Erlenmeyer. Alla fine del XIX secolo la risonanza conseguente ai positivi esperimenti medici sulle proprietà anestetiche della cocaina e sulle virtù di ridonare ai corpi stanchi un vigore giovanile, come scriveva il sessantottenne Sir Robert Christison, presidente della British Medicai Association, suscitava notevoli entusiasmi sia tra alcuni medici, sia nell'opinione pubblica. Nel 1885 Sir Arthur Conan Doyle - il «padre» di Sherlock Holmes - faceva usare al famoso detective la cocaina. Oltre al già ricordato «vin Mariani», in quegli anni furono messi in commercio numerosi prodotti contenenti la sostanza in maggiore o minore quantità: vini, soda, tè, sigarette, chewing gums, polveri da annusare e numerosi composti medicinali. Un giornale specializzato ne calcolava nel 1903 circa 28.000. In quel periodo era possibile acquistare senza ricetta medica cocaina pura al 100% in qualsiasi drugstore. A questo punto il Pure Food Act proibì i preparati che contenevano la droga per arrestare il libero commercio di una sostanza che era risultata da studi medici e sperimentali molto pericolosa. Sempre nello stesso anno l'uso della cocaina nelle anestesie tronculari per infiltrazione, sacrali e peridurali, proprio per la riconosciuta tossicogenicità, cominciò ad essere sostituito con prodotti di sintesi come la novocaina, la pantocaina, la stovaina, non tossicomanigeni. Nei primi anni del XX secolo la cocaina continuava ad essere la droga di una élite intellettuale; l'uso era circoscritto ad artisti di avanguardia come cubisti, dadaisti e astrattisti, a letterati decadenti, ad aristocratici stanchi e depressi e anche a sportivi e pionieri dell'aviazione. Invece durante la Prima guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra, l'uso della cocaina si diffuse notevolmente in tutti i Paesi del mondo occidentale. Veniva venduta apertamente nelle strade di Parigi e Berlino, di Vienna e Praga, di Londra e New York. Tutti i ceti ne facevano uso. Esistevano club dove i soci si riunivano ad ore fisse per droga parties, i five o' clock cocas. Veniva assunta da molti attori del
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cinema e del teatro, anche per donare una forte intensità allo sguardo. Charlie Chaplin, in una famosa scena del suo film, Tempi moderni, aspira una sostanza bianca e acquista immediatamente notevole energia per superare ogni ostacolo. Era così diffusa nella malavita da indurre il cecoslovacco Vladimir Vondracek a definirla «droga delle prostitute e dei gangsters». Poi via via, pure in seguito al riconoscimento dei gravi danni, anche letali, prodotti dall'uso smodato e episodi di violenza come quelli dell'attore hollywoodiano detto Fatty, il grassone, il consumo ha cominciato a decrescere in tutti i Paesi. Già nel 1929 il farmacologo tedesco Walter Straub affermava che «la medicina non avrebbe ricevuto alcun danno dalla scomparsa della cocaina», che poteva tranquillamente essere sostituita da altre sostanze chimiche «della stessa efficacia terapeutica e prive di effetti tossici». Nel 1930, infatti, dopo la crisi del 1929, è stata quasi abbandonata, sostituita dalle anfetamine, allora di libera prescrizione. La prima legge nordamericana contro narcotici e stupefacenti, l'Harrison Act del 1914, definiva la cocaina come una droga altamente nociva. Sono seguite severe norme emanate da tutti i Paesi che limitavano drasticamente la produzione e il commercio, punendo severamente gli spacciatori. Nel 1954, la Commissione degli stupefacenti poteva rilevare con soddisfazione la riduzione dell'uso della cocaina in tutto il mondo. Purtroppo già l'anno successivo si sono osservate una inversione di tendenza e un aumento della produzione da parte di laboratori clandestini soprattutto in Bolivia, Perù ed Ecuador. Nel secondo rapporto, datato 1966, la Commissione interministeriale sulle tossicomanie del Regno Unito segnalava un aumento del consumo della cocaina, specialmente tra i giovani, che la collocava subito dopo l'eroina. Nel 1970, con il bando delle anfetamine, il consumo della cocaina è progressivamente cresciuto, nonostante il suo alto costo che le ha procurato l'appellativo di high society drug. Iniziava così la nuova grande epidemia occidentale. Le sensazioni di estasi accompagnate da uno stato di eccitamento, da allucinazioni acustiche e visive colorate e da impressione di onnipotenza hanno fatto affermare a Sidney Cohen, nel The Drug Dilemma, del 1969, che la cocaina è la droga psichedelica dell'era freudiana. «La testa piena di cocaina è come un bigliardino elettrico impazzito», ha constatato William Burroughs, dopo averne fatto esperienza personale. Il cocainismo è un gravissimo fenomeno dell'era moderna, ben lontano dalle prestazioni che le antiche popolazioni inca chiedevano alla «pianta divina» per sopravvivere. Oltre a Burroughs, molti scrittori tra cui Cocteau, Allister Crowley, Vladimir Nabokov, Pitigrilli, cantanti e complessi rock - dai Beatles ai Rolling Stones, a Bob Dylan - campioni sportivi, attori di teatro e ci-
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nematografo, manager, assumono e propagandano la droga che è protagonista di molta letteratura e di numerosi spettacoli. Nel 1980 in Usa la cocaina a base libera - che può essere fumata - è stata preferita, pur avendo un costo molto elevato, un terzo più del cloridrato. Poco dopo venne immessa sul mercato un preparato che ha le stesse caratteristiche della base libera, ma è ottenuto direttamente dalla pasta di coca e costa poco: la crack. Il suo consumo, aumentato in progressione geometrica, specie in Usa, si è espanso in Europa del nord e ora anche in Italia. Dosaggi per scopo voluttuario I dosaggi variano a seconda della via di assunzione, della tolleranza e delle circostanze ambientali e psichiche. Per la cocaina cloridrato le dosi oscillano da 3 a 30 mg, se pura, pari a circa 1,5 g al giorno. Se tagliata si può arrivare a 2,5-3 g. Un cocainomane citato da Rotella in Stupefacenti e sostanze psicotrope ne consumava 10 g al dì. 1 g di cloridrato puro costa circa 250.000 lire. Per la crack, che si presenta sotto forma di cristalli brunastri, le dosi variano da 60 a 100 mg. In ventiquattr'ore un fumatore ne può assumere fino a 30 g. Il costo di 1 g è di 75.000-100.000 lire. Vie di assunzione La cocaina cloridrato, una polvere bianca cristallina, la cosiddetta «neve», può essere aspirata dalle narici, spesso attraverso un foglio arrotolato - o negli ambienti bene una carta da L. 100.000 - oppure una cannula, per lo più in metallo nobile, quale oro o argento, talora invece una cannuccia di biro. Oppure si assume per iniezione sottocutanea o endovenosa, spesso associata a eroina o speed ball per togliere lo stato di eccitazione, o la depressione che segue al termine di un coca party. Altre vie sono la orale, l'inalazione su fogli di alluminio bruciato o chasing the dragon, l'applicazione cutanea o sui genitali. Meccanismo d'azione La cocaina è essenzialmente un anestetico e uno stimolante. Il meccanismo d'azione come eccitante è responsabile dell'assunzione a scopo voluttuario. Si ritiene con fondata evidenza che aumenti la velocità di produzione e di liberazione e blocchi il riassorbimento delle catecolamine , principalmente dopamina, o molecola del piacere, e noradrenalina. 7
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Neurotrasmettitori naturali per inviare messaggi stimolanti da una cellula nervosa o neurone all'altra.
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Viene invece impedita l'azione e la produzione dei neurotrasmettitori con effetto opposto: acetilcolina e serotonina. Sia il cervello che il corpo reagiscono di conseguenza. Il primo eccitandosi elettrizza le attività cerebrali, specie dei circuiti gratificanti fino alla follia. Il secondo stimola cuore, circolo e polmone: aumentano la frequenza del polso e del respiro, nonché la pressione arteriosa, con sovraccarico degli organi citati, in alcuni casi fino alla morte. Il dottor Mark Gold, uno dei maggiori studiosi in materia, commenta così la stimolazione cerebrale: «l'effetto neuropsichico è simile a quello che si produce guidando una automobile sempre più velocemente, senza avere i freni». L'eccessiva immissione e il mancato recupero delle catecolamine che vengono distrutte negli spazi intercellulari portano a depauperamento delle riserve. A un certo punto la cocaina non agisce più, poiché scarseggia o manca la molecola mediatrice del piacere. Un momento che segna la fine del cosiddetto binge, o orgia, o bagordo. Il cocainomane assume la droga ma, non ottenendo gli effetti desiderati, è costretto all'astinenza, fino alla ricostituzione dei depositi di catecolamine, che consentirà un nuovo binge. Farmacocinetica ed effetti acuti e cronici Quando la droga viene sniffata, gli effetti insorgono dopo circa dieci minuti: si avverte una sensazione di benessere interiore, di ebbrezza euforica con vivacità delle percezioni e dell'immaginazione, accompagnata a ipersensibilità emotiva. È la fase gratificante della felicità in movimento. Le idee fluiscono rapidamente, le capacità di ragionamento e di logica appaiono accentuate, il tono dell'umore esaltato. Il soggetto avverte un senso di insolita energia e acume mentale e psichico; ogni sensazione di stanchezza sembra annullata. Si ha l'impressione di essere in grado di affrontare qualsiasi situazione, anche le più impegnative e pericolose. È particolarmente evidente l'accentuazione della vivacità delle senso-percezioni: i colori acquistano particolare vividezza, i suoni rilievi impensati. Sono frequenti illusioni e allucinazioni, per lo più a contenuto gradevole. Solo a dosi piuttosto elevate compaiono invece idee deliranti, con fobie a carattere persecutorio. Ma questa estasi ha un prezzo individuale e sociale enorme, spropositato: il danno cardio-circolatorio e respiratorio, fino alla morte, e quello psichico: depressione, violenza, follia e completa asocialità. Quando l'effetto cocainico ha termine, dopo venti-quaranta minuti, si instaura un quadro depressivo con abbassamento del tono dell'umore, apatia, abulia, sensazione di malessere generale. Insorge quindi il desiderio di ripetere l'esperienza, cioè un altro run, o corsa, o percorso, e così via per parecchi run finché termina la droga e con essa la tornata, o round. La ripetizione dei rounds comporta l'insorgere della
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dipendenza, espressione di intossicazione cronica, e anche la fine del binge che riprende solo quando si ricostituiscono le riserve di catecolamine. Quando la droga viene assunta per via endovenosa o per fumo, gli effetti sono pressoché istantanei e molto intensi - il cosiddetto rush cocainico - e durano un periodo di tempo molto più breve e intenso. Il maggior numero di morti cocainiche avviene durante questo tipo di somministrazione. Rush in italiano significa corsa affannosa. Infatti il cocainomane avverte uno stato di violenta eccitazione, le sensazioni sono moltiplicate, soprattutto a carico dell'udito: i rumori sembrano amplificati e acquistano una particolare tonalità metallica; sono molto frequenti le allucinazioni uditive. Per questa particolarità della senso-percezione, nel gergo dei consumatori la cocaina viene chiamata «la roba sonante». Ogni cellula del corpo sembra acquistare particolare vitalità, tutto è possibile, tutto diventa facile. È una sensazione unica; secondo alcuni si arriva a stringere la mano a Dio. Però ben presto, se non si muore, lo stato di esaltazione psichica e fisica, o high, ha termine e interviene il down. Come si era saliti ad altezze siderali, così ci si sente sprofondare in uno stato depressivo abissale. Dalla situazione di base si arriva a mille miglia in altezza e poi ripidamente si precipita. Ma non ci si ferma allo stato di partenza; si scende mille miglia al disotto. Ed è tanto penosa e angosciante questa discesa da far ripetere run dopo run finché tutta la cocaina a disposizione è finita, giungendo in tal modo ad assumerne anche 2-3 e più grammi. Gli effetti della cocaina non si sommano e l'esperienza al momento del down può essere ripetuta fino al termine della tornata. A questo punto, per alleviare il down finale, molti consumatori usano come ultimo run una endovenosa con eroina, che - per la sua azione tranquillante e di distacco dalla realtà circostante - rende più dolce la discesa, quasi fosse un paracadute. In conclusione, gli effetti della crack possono essere così riassunti: flash molto rapido, euforia, ipereccitazione, sensazione di onnipotenza, allucinazioni. Le conseguenze dannose sono: tendenza al suicidio, disturbi respiratori, polmonari, circolatori e cerebrali fino alla morte, grave effetto astinenziale, dipendenza molto rapida. L'intossicazione acuta da cocaina è caratterizzata da ansietà, angoscia, ideazione delirante, specie persecutoria, alterazione delle percezioni: illusioni, allucinazioni a contenuto terrifico per lo più uditive e tattili. Possono manifestarsi psicosi, reazioni paranoidee, aggressività, delirio. Inoltre convulsioni, disturbi cardiaci, coma e morte per fibrillazione ventricolare o per paralisi dei centri bulbari della respirazione. L'intossicazione cronica consta di sintomi somatici e psichici. I primi sono: iperestesia tattile e uditiva, tremori a fini scosse, midriasi, progressivo dimagrimento fino a uno stato di cachessia. Se la droga
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viene assunta per via nasale possono comparire eczemi delle narici, riniti e ulcerazione del setto fino alla perforazione. La sindrome psichica si manifesta con disturbi della memoria e alterazioni dell'affettività, disforia, depressione del tono dell'umore, estrema irritabilità. A carico delle senso-percezioni insorgono fenomeni allucinatori per lo più uditivi, che spesso sostengono idee deliranti a contenuto persecutorio. Il soggetto diventa sospettoso, diffidente, ha paura di tutto e di tutti, si sente spiato, oggetto di malevolenza da parte di conoscenti e di sconosciuti. Si può giungere a vere e proprie psicosi croniche. A volte il cocainomane si rinchiude in se stesso, appare apatico, abulico, con progressiva perdita di interessi e di legami familiari e sociali. Tra le complicanze dell'abuso cronico ricordiamo innanzi tutto la tossicodipendenza. La tolleranza alla droga è discussa da molti studiosi. Alcuni esperimenti hanno dimostrato la possibilità di tolleranza inversa: su animali, un quantitativo che non produce alcun effetto avvertibile clinicamente man mano esercita un'azione stimolante sempre maggiore, fino a convulsioni e morte, il cosiddetto effetto kindling*. Sindrome astinenziale Facciamo riferimento al modello astinenziale proposto da Gawin nel 1986, articolato nelle tre fasi di crash, withdrawal, extinction, secondo il recentissimo schema elaborato da Earley nel 1991. Fase 1. Crash o disforia acuta o crollo. La fase di crash - o di disforia acuta - dura da nove ore a quattro giorni, dopo l'assunzione dell'ultima dose. Un lasso di tempo nel quale si possono individuare tre momenti diversi. Nel periodo cosiddetto precoce, il soggetto avverte malessere, è agitato, depresso, ansioso, affaticato, irritabile, inappetente, prova un forte, irrefrenabile desiderio della droga. Uno stato che porta - molto spesso - alla riassunzione. Però, per deplezione dei depositi, l'euforia è sempre molto scarsa, mentre l'ansia e l'atteggiamento paranoideo sono in netto aumento. Un contesto - comunque - nel quale l'autosomministrazione tende a cessare. Nel momento intermedio, fatica, ansia e depressione aumentano, e la brama dell'alcaloide viene meno. Compare, invece, insonnia, caratterizzata da una gran voglia di dormire, per cui il soggetto tende ad assumere alcool, oppiacei, benzodiazepine o cannabinoidi. 8
Nella lingua inglese kindling significa accensione nel camino di legna che non arde se non si aggiunge una sostanza infiammabile. Quindi, applicalo alla tolleranza inversa, vuol dire sensibilizzazione progressiva fino all'accensione (firing) dei neuroni. Un fenomeno a catena sempre più intenso se si prosegue la somministrazione di dosi altrimenti inefficaci a produrre l'effetto tossico.
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Nel periodo cosiddetto tardivo insorge ipersonnia, esaurimenti, iperfagia e assenza di desiderio per la droga. L'intensità e la durata di questi periodi è in genere in rapporto diretto con quella del precedente abuso. L'esaurimento, la depressione e l'ipersonnia sono stati correlati alla deplezione acuta di neurotrasmettitori, proprio a livello del sistema nervoso centrale. Il recupero dipende dal fatto che il sonno, l'alimentazione abbondante e il tempo consentono la sintesi di dopamina e noradrenalina. In questa fase è consigliato il trattamento con tirosina, la sostanza base da cui parte la sintesi di queste due catecolamine. Pertanto, la fase del crash è una condizione acuta di autolimitazione all'assunzione intensa e protratta, che non contribuisce però alla eliminazione delle ricadute croniche. Fase 2. Withdrawal (astinenza, o anedonia, o disturbo poststimolatorio dell' umore). La seconda fase è più lunga delle altre. Si protrae da circa una settimana fino a dieci, da quando è cessato l'abuso. Può essere considerata un'autentica vera astinenza fisica di tipo classico secondo il modello oppiaceo. Talvolta si manifesta con uno stato che, per la gravità dei sintomi, richiede terapia rianimatoria. L'assunzione cronica di elevati dosaggi di stimolanti potrebbe determinare modificazioni neurofisiologiche nei sistemi cerebrali che regolano i processi psicologici. In questa fase - come per quella del crash - possono essere riconosciuti distintamente tre periodi. In quello precoce l'individuo, dopo essersi scosso dall'ipersonnia, presenta una normalizzazione del sonno, oltre a un umore equilibrato e a una totale assenza di voglia di cocaina. Proprio in questo periodo il soggetto può riflettere e prendere coscienza della durezza del crash, e del costo sociale ed economico che comporta l'essere cocainomane. Invece, l'umore cattivo e l'ansia sono indice di una certa brama: una situazione che può spingere a un nuovo uso. Nel periodo intermedio compaiono, in modo graduale, passività, perdita di interessi, mancanza di reazioni agli stimoli piacevoli. Una sintomatologia che è stata definita in maniera varia: come anergia, anedonia, psicastenia, melanconia. Possono insorgere episodi depressivi maggiori, talora causa di riassunzione della droga. Nel periodo tardivo l'individuo tende a vivere il distinto contrasto tra la momentanea esperienza depressiva e il ricordo sublimato dall'euforia provata. Le conseguenze riscontrate sul piano sociale ed economico, e lo stesso crash, non sono più in grado di agire come autodeterrenti attivi. Il livello dell'ansia tende a crescere e le situazioni create dall'abuso precedente determinano una condizione molto difficile da superare, che a volte sfocia nella riassunzione. In questa fase è indicato il trattamento integrato psicoterapico e far-
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macologico con farmaci antidepressivi o anche dopaminergici, ovvero a effetto dopaminico. Fase 3. Extinction (estinzione, o disturbo condizionato post-astinenziale). Ha una durata indefinita; l'umore e la risposta edonica sono normali. Ciononostante possono ripresentarsi episodi di desiderio della droga. Un desiderio - a differenza della seconda fase - che non è accompagnato da senso di malessere. La smania può diventare anche molto assillante e comparire - qualche volta - anche a distanza di parecchi anni dall'ultima assunzione. Molto spesso la manifestazione è episodica, e in certi casi può durare anche qualche ora. Comunque, difficilmente porta ad un nuovo abuso. Il desiderio di cocaina si manifesta nel contesto di particolari stati emotivi, indotti da luoghi, eventi o ricorrenze, qualsiasi cosa che ricordi la precedente tossicomania. In qualche caso sono messi in gioco oggetti che in un certo senso hanno avuto a che fare con l'abuso. Un esempio? Siringhe e pipe o, comunque, un elemento che evochi l'immagine della droga, come talco o zucchero. Dopo un periodo di trattamento psicofarmacologico residenziale, atto al superamento delle prime due fasi, il soggetto rientra nel proprio ambiente, un momento sempre estremamente delicato. Il trattamento - a meno che non vi siano alterazioni psichiatriche di fondo sensibili alla terapia farmacologica - è essenzialmente psicoterapeutico. L'Organizzazione mondiale della sanità ha sostituito, per quanto concerne la cocaina, i termini di tolleranza e dipendenza fisica con quello di neuroadattamento. Un consumo cronico di elevati dosaggi può indurre modifiche costanti nei sistemi cerebrali che regolano i processi psicologici, e quindi produrre dipendenza con sindrome di astinenza. L'espressione clinica è essenzialmente psichica, ma anche fisico-organica: infatti interessa sistemi, come il vascolare e il nervoso, sotto controllo cerebrale. Mark Gold sottolinea che l'adattamento alla cocaina è in parte il risultato di effetti sulla neurochimica cerebrale con attivazione diretta del sistema gratificante e delle sue vie. Complicanze Le più importanti complicanze dell'abuso sono: 1. cardiovascolari: infarto cardiaco, crisi aritmiche, rottura di aneurismi e di arterie; 2. neurologiche: emorragie subaracnoidee, febbre molto elevata o iperpiressia maligna, convulsioni; 3. polmonari: edema polmonare, enfisema, bronchiolite, pneumomediastino da fumo o polmone da crack;
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4. epatiche: per necrosi della parte centrale dei lobuli del fegato; 5. renali: necrosi tubulare acuta, insufficienza renale; 6. psichiatriche: varie sindromi deliranti paranoidee, di eccitamento psicomotorio, pseudodemenziali e amnesiche, confusionali; 7. materno-perinatali: aborti, effetti teratogeni cioè danni fetali: la sindrome di morte infantile improvvisa per soffocamento oggi non viene attribuita più alla cocaina. Terapia La terapia delle overdosi, delle intossicazioni acute e dell'emergenza è competenza dei centri di rianimazione e dei pronti interventi. Le complicanze vanno trattate secondo la loro sintomatologia. La terapia divezzante è farmacologica e psichico-residenziale. I farmaci usati - nessuno dei quali è un sostituto perfetto della cocaina o capace di sedare i sintomi dell'astinenza - sono i sali di litio e i triciclici come antidepressivi; la tirosina e il triptofano per ricostituire le riserve delle catecolamine; i tranquillanti e neurolettici come sedativi; il metilfenidato, l'amantidina, la bromocriptina e la fluossetina come sostituti. Buspirone, gepirone e ritanserina sono ancora in sperimentazione per analogia, in quanto recentemente introdotti nel divezzamento dell'alcolismo; i primi pare blocchino l'autosomministrazione di cocaina e l'ultimo, antagonista del recettore serotoninico, potrebbe avere alcuni effetti positivi. Epidemiologia È profondamente variata in questi ultimi anni. Innanzi tutto un numero sempre crescente non solo di nordamericani, ma anche di europei, compresi gli italiani, appartenenti alle classi medie, hanno cominciato ad abusare dei nuovi preparati data la maggiore accessibilità in termini di costo. Secondo Andersen, durante gli ultimi due anni il numero di nordamericani che hanno assunto cocaina è salito da quindici a venti milioni e sale ancora, in quanto ogni giorno cinquantamila neofiti si iniziano alla droga. Tra i quattro-cinque milioni di nordamericani che regolarmente consumano la cocaina, dal 5% al 2 0 % (cioè da 200.000 a 1.000.000) avrebbero una dipendenza di grado assai elevato. Dalla seconda metà degli anni settanta in Usa e dai primi anni ottanta in Italia, è stata la droga ricreazionale di elezione per i ricchi, tanto da essere passata intorno al tavolo, alla fine di un pranzo, al posto di caffè o digestivi. Con l'avvento della crack sta diventando sempre più popolare, interessando anche classi medie e basse. Tale è il numero dei cocainomani che Mark Gold ha installato un centralino di soccorso nazionale per chi ne abusa. L'equipe, che lavora
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ventiquattro ore su ventiquattro, ha ricevuto una media di mille chiamate al dì nel primo anno (70.000 chiamate i primi tre mesi). Pertanto ha potuto disporre, per uno studio approfondito, di un campione preso a caso di 306 cocainomani per via intranasale. I dati più salienti sono i seguenti: l ' 8 5 % bianchi, il 7 7 % impiegati, il 3 7 % guadagnava più di 25.000 dollari l'anno, più del 50% affermava di sentirsi cocainodipendente, il 6 5 % usava contemporaneamente tranquillanti, alcool o eroina. L'uso medio era di 4,5 g per settimana a un costo di 450 dollari; il 36% commerciava in cocaina. Il 20% lamentava numerosi disturbi e più precisamente: senso di affaticamento (74%), insonnia (81%), sanguinamento nasale (54%), mal di testa (58%), perdita del desiderio sessuale (41%), depressione (75%), irritabilità (78%), problemi di memoria e/o di concentrazione (61%), sintomi paranoidei (58%), alterata capacità di lavoro (34%) e della vita di relazione (59%). Inoltre i soggetti riferivano perdita di tutti i loro averi nel 34%, tentati suicidi nell'8%, incidenti automobilistici nell'8%, convulsioni nell'8%. Negli adolescenti l'abuso ha portato conseguenze più gravi, in un tempo minore (in media un anno e mezzo contro i quattro degli adulti) e gli incidenti sono stati più frequenti. La crack sta ricevendo una crescente attenzione per le caratteristiche relativamente diverse e più preoccupanti. La prima segnalazione si è avuta in California, nel 1981, e di lì si è progressivamente diffusa invadendo recentemente anche l'Europa. La preparazione della crack non implica rischi in quanto non richiede solventi infiammabili; basta infatti riscaldare la pasta di cocaina che costa la metà del cloridrato, e quindi il prezzo è assai inferiore rispetto a quest'ultimo e ancora più nei confronti della free base. Si spiega il suo boom, malgrado sia molto più pericolosa. L'astinenza è così penosa da richiedere nuovo fumo nel giro di tempi brevissimi e questo ciclo può ripetersi finché il consumatore viene stroncato, ancor prima della fine della tornata. La tolleranza è molto accentuata, aumentando il pericolo di overdose che può determinare il letale arresto cardiorespiratorio, la morte per iperpiressia e/o una grave necrosi tubulare acuta. In conclusione, la cocaina - particolarmente la crack - che sta spodestando l'eroina, è diventata il maggior flagello dell'umanità, superando alcool e oppiacei. Pochi minuti di piacere vengono pagati con uno scotto impressionante. Betel La droga deriva da due diverse specie vegetali: il Piper betel l. - che cresce in India e nella Malesia - e l'Areca Catechu l. - una palma delle Isole della Sonda e dell'Asia tropicale. Una foglia del primo, in cui si racchiude un p o ' di calce viva, mescolata con un pezzo di noce di
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Areca, aromatizzata con cardamomo, canfora, noce moscata, forma il bolo che viene masticato e poi sputato. Gli effetti sono una moderata euforia, eccitamento e nello stesso tempo sedazione. Chi la assume per la prima volta può avvertire sindromi più gravi quali angoscia, vertigine, nausea, sudorazione fredda e obnubilazione della coscienza. La masticazione produce intensa salivazione, odore forte detto appunto di betel, lesioni dentarie, orali e faringee; sulle gengive si può formare una crosta di tartaro che nei soggetti sporchi e noncuranti raggiunge un tale spessore da sporgere a bocca chiusa tra le labbra. L'eccitamento è prodotto dall'areca e dal suo principio attivo arecolina, mentre la sedazione è dovuta alle foglie. Il betel induce modica tolleranza, dipendenza essenzialmente psichica e sindrome astinenziale. La terapia della dipendenza è psichica, quella delle complicanze sintomatica. La zona di abuso comprende India, Indocina, Cina meridionale, Indonesia, Isole Maldive, Laccadive, Palau, nonché gran parte della Melanesia. Khat Droga costituita dalle foglie e dai teneri rami della Catha Edulis, arbusto che cresce in Yemen, Somalia, Etiopia e regioni limitrofe. Le foglie secche sono chiamate arabo o abissino. La droga viene masticata nelle regioni di produzione allo stato fresco, oppure come polvere essiccata. I princìpi attivi sono: catina e catinone, con effetti simili all'anfetamina ma non coincidenti; il catinone produce anche analgesia. Il ruolo degli altri componenti, come l'alcaloide catedulina e i terpinoidi che danno colore alla scorza dei rami, non è ancora chiarito. La catina si altera con l'essiccamento, per cui l'abuso, di preferenza, viene praticato con foglie fresche ed è caratterizzato da effetti afrodisiaci, spesso di tipo illusorio, euforia, logorrea, facilità alle associazioni, eccitamento, insonnia. Raramente compaiono psicosi tossiche. La tolleranza è scarsa, salvo per l'effetto anoressizzante. La dipendenza è essenzialmente psichica; la sindrome di astinenza, rara, si manifesta con bulimia, o aumento patologico dell'appetito, e depressione. Coloro che ne abusano e ne fanno uso continuativo presentano numerose alterazioni fisiche, quali stomatiti, esofagiti, gastriti, cirrosi epatica, spermatorrea, impotenza, ipertensione, cardiopatie, emorragie cerebrali, edema polmonare acuto. La terapia dell'abuso è psichica; quella delle complicanze sintomatica.
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Psicofarmaci
Con la sintesi delle anfetamine nel 1887 e dell'acido barbiturico o malonilurea, prodotto di condensazione tra urea e acido malonico preparato nel 1894 da Adolph von Bayer, si è aperto il capitolo degli psicofarmaci di sintesi. L'azione specifica sulla psiche umana e la possibilità di creare tolleranza e dipendenza possono essere oggetto di abuso o maluso. PSICOSTIMOLANTI
Anfetamine Gli effetti sono stati scoperti molti anni dopo la sintesi. Nel 1930 Pines e collaboratori hanno dimostrato che aumentano la pressione arteriosa. Alles nel 1933 ha documentato che dilatano i bronchi e stimolano respiro e circolo, più dell'adrenalina. Prinzmetal e Bloomberg nel 1935 le hanno usate come terapia per la narcolessia. Da allora sono state impiegate in molte condizioni morbose: obesità, astenia, parkinsonismo, raffreddore, congestione nasale, avvelenamento da depressivi del sistema nervoso centrale. Sono infatti amine simpaticomimetiche, in quanto producono effetti sovrapponibili a quelli indotti dalla stimolazione del sistema simpatico, come tra l'altro dalle catecolamine: adrenalina, noradrenalina e dopamina, di cui si è già parlato a proposito della cocaina. Sono state usate quindi sia come psicostimolanti per combattere la depressione, aumentare le prestazioni e la resistenza alla fatica, vincere il sonno e quali anoressizzanti per ridurre il senso della fame. Largo uso ne hanno fatto specialmente gli studenti e gli sportivi. In particolare sono state impiegate, durante la Seconda guerra mondiale, dagli eserciti per eliminare la sensazione di paura e aumentare l'aggressività. Le assumevano i piloti degli Stukas in Germania, chiamandole pillole Goering, dal nome del capo della Luftwaffe; i kamikaze in Giappone. L'esercito inglese ha distribuito ufficialmente ben 72 milioni di pillole, denominandole energetiche, e altrettanto è avvenuto da parte di quello americano. Le anfetamine inoltre erano divenute di moda nelle cure dimagranti per inibire l'appetito, per tenersi su con l'umore e svegli, specie in occasione di esami o lunghi viaggi, per la sensazione di benessere che producevano, per combattere la fatica, annullando la sensazione di stanchezza e aumentando prestazioni fisiche e psichiche. Le anfetamine sarebbero state assunte anche da alcuni astronauti allo scopo di mantenere i riflessi pronti e vivaci durante un rientro a terra sotto controllo manuale.
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In Giappone, ove gli statunitensi avevano lasciato vaste scorte di questi farmaci, e in Svezia fu segnalata per la prima volta la pericolosità tossicomanigena individuale e sociale. Anche medici di altre nazioni si erano resi conto che i rischi legati all'uso delle anfetamine erano superiori ai benefici. Dal trenta in poi, per il basso prezzo e per la facile reperibilità, sostituirono la cocaina come droga stimolante con vari nomi, quali meth, crystal, e tra gli hippies come speed pills. Sotto la spinta della pubblicità, l'uso delle anfetamine si era esteso sempre più. In America era divenuta famosa una canzonetta: Who put the Benzedrine in Mrs. Murphy's Ovattine e larga diffusione ha avuto un braccialetto munito, a m o ' di ciondolo, di una scatolina che conteneva «benzedrina, se ne siete contenti e volete continuare; aspirina, se avete mal di testa». In Inghilterra associazioni di anfetamine e barbiturici sono state chiamate purple hearts o cuoricini rossi e hanno avuto larga diffusione perché, a detta dei consumatori, provocavano sensazioni superiori a quelle dell'eroina e della cocaina. Preoccupate dell'abuso e della tossicomanigenicità delle anfetamine, le autorità sanitarie dei Paesi occidentali, a partire dagli anni '70, le hanno sottoposte a prescrizione medica, proibendo le confezioni iniettabili . A questo punto i tossicomani cominciarono a usare le confezioni inalatone per la cura del raffreddore, la cui vendita era rimasta libera. Ogni inalatore, che conteneva l'equivalente di venticinque compresse di solfato di anfetamina, era chiamato in gergo bomba, B o bennie; quindi cracking a bennie stava a significare spaccare il recipiente per estrarne la sostanza. Coloro che ne abusavano introducevano la carta che foderava l'interno, e che era impregnata di anfetamine, in una bibita analcolica, bevendo poi il liquido. Per impedire questo recupero, alla carta venne aggiunta una sostanza emetica: i tossicomani riuscirono a separarla dalla droga e, nel 1949, anche gli inalatori per la cura del raffreddore furono ritirati dal commercio. Successivamente la società farmaceutica Wellcome e Burroughs ha distrutto gli impianti per la sintesi della benzedrina. Le anfetamine possono essere assunte per via orale, per via intramuscolare e per via endovenosa; poiché le fiale non sono più in commercio, spesso le compresse vengono diluite con acqua, filtrate attraverso garze e quindi rese idonee all'uso iniettivo, con rischio di gravi infezioni da siringa e da materiali non sterili. Il meccanismo d'azione delle anfetamine è simile a quello della cocaina; captate dai neuroni adrenergici e noradrenergici, liberano noradrenalina e dopamina. Conseguono stimolazione simpatica, gratificazione, effetto risvegliante ed euforizzante, stereotipie cioè movimenti 9
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In Italia l'obbligo di ricettazione speciale risale al 1975 e la loro eliminazione per uso iniettivo al 1977.
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ripetitivi e, per abuso continuato, deliri e psicosi. La deplezione delle catecolamine indotta dagli anfetaminici è più rapida della sintesi per cui l'effetto tende ad esaurirsi a seguito di somministrazione di dosi ravvicinate, per riprendere dopo un periodo di pausa. Un processo chiamato tachifilassi, dal greco ..... = rapido e (.... = difesa, simile a quello prodotto dalla cocaina. Stimolando il sistema nervoso centrale, e in modo particolare la corteccia cerebrale, le catecolamine aumentano il rendimento intellettuale e lo stato di vigilanza. Favoriscono una maggiore vivacità della ideazione e delle associazioni concettuali, nonché la capacità di concentrazione e di attenzione. Esaltano l'umore, fino all'euforia. Eliminano la sensazione di stanchezza, di sonno e di fame, permettendo prestazioni fisiche e psichiche oltre le reali possibilità individuali . Un incremento del tutto artificioso e soltanto momentaneo; le prestazioni intellettuali, migliorano solo apparentemente e, cessato l'effetto della droga, compare la sensazione di down, per cui il soggetto si sente svuotato, privo di volontà e capacità di agire. Le conseguenze nocive sono spesso letali: inoltre la soppressione della sensazione di fatica - un vero e proprio campanello di allarme induce il consumatore a superare i limiti di resistenza allo sforzo, con pericolo di collasso fisico e psichico, fino al decesso. Sono note le tragiche morti di alcuni corridori ciclisti che, imbottiti della bomba, cadevano sull'asfalto dopo aver pedalato per ore e ore, automaticamente, privi di volontà, avendo esaurito tutte le riserve. I fenomeni di eccitamento provocati dall'uso protratto di anfetamine sono costantemente seguiti da uno stato di prostrazione fisica e di depressione psichica con apatia e abulia a volte così profonde da indurre al suicidio. Il pericolo sociale maggiore deriva dal fatto che il dipendente anfetaminico è mentalmente e fisicamente attivo, in grado, quindi, di produrre gravi danni in relazione alle proprie allucinazioni. Non è confuso come dopo abuso di alcool, né perso in visioni come con i cannabici o morfoeroinici. Inoltre la sensazione iniziale di potenza, l'accresciuta lucidità sensoriale con stimoli sessuali di ogni tipo, lo rendono onnipotente, provocando in lui un'eccitazione e un'aggressività immotivata. Nascono manifestazioni di teppismo: esempio tipico quello dei Rocks e dei Mods in America, Inghilterra, Giappone e Svezia. Per quanto concerne le correlazioni tra assunzione di anfetamine e criminalità, si è potuto stabilire che le imprese delittuose sono compiute più per bravata che per procurarsi denaro o altri vantaggi. L'abuso da parte di conducenti di autotreni su lunghi percorsi e di piloti di auto sportive ha causato molti incidenti gravi o mortali. 10
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Una paziente riferisce in tal modo le sue esperienze sotto l'effetto dell'anfetamina: «...eccitata, straparlavo e raccontavo i fatti miei a persone che non conoscevo... ero sperduta, senza scopo... mi sentivo un piccolo animale in una grande conchiglia...».
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In rapporto con la dose assunta, con la durata dell'assunzione e con la via di somministrazione, lo stato di iperattività generale può assumere l'aspetto di un vero e proprio eccitamento psicomotorio: la vivacità dell'ideazione si trasforma in fuga d'idee, la facilità all'eloquio diventa logorrea, compare irrequietezza motoria, tremore diffuso, palpitazioni cardiache. Le anfetamine inducono tolleranza - soprattutto se assunte per via iniettiva - per cui il dosaggio varia conseguentemente, come anche in rapporto alla via di somministrazione, endovenosa o orale: da 5 a 50 mg e talora anche più. Dopo un uso continuativo si può sviluppare una tolleranza molto elevata, fino a 1.700 mg al giorno, pari a trecentocinquanta delle normali compresse; dosi queste che fanno insorgere gravi psicosi e danni cerebrali. Va notato che un certo numero di decessi è stato provocato da quantità non superiore a 150 mg in adulti non dipendenti. L'intossicazione cronica si manifesta sul versante psichico con una sintomatologia varia e spesso grave: possono comparire quadri paranoidei con idee deliranti di persecuzione, allucinazioni visive, uditive e microzoopsichiche - si ha cioè la sensazione di essere invasi da animaletti che scavano nella pelle. Si verifica spesso un comportamento violento, scatenato per lo più da tentativi di sfuggire a fantomatici aggressori. Talora invece compare grave depressione del tono dell'umore, con profonda astenia psichica, apatia e abulia. Gli effetti fisici sono rappresentati da secchezza delle fauci, riduzione dell'appetito, aumento del respiro, del battito cardiaco e della pressione arteriosa, dilatazione della pupilla. A dosi maggiori si osservano ipertermia, aumento della temperatura corporea, sudorazione intensa, cefalea, visione confusa e vertigini. Con dosaggi elevati, ovvero con quantità anche basse, ma in soggetti ipersensibili, compaiono vampate di calore, tachicardia intensa con polso fortemente aritmico e perdita della coordinazione dei movimenti, collasso e morte. Il decesso può essere provocato da alterazioni cardiocircolatorie primitive, con grave aritmia cardiaca, fibrillazione ventricolare e arresto del cuore, o secondarie per azione sui centri cerebrali che presiedono la circolazione. I principali effetti indiretti dell'assunzione prolungata sono dovuti al decadimento delle condizioni generali per diminuzione dell'appetito e irrazionalità dell'alimentazione. Le scadenti condizioni fisiche, la mancanza di sonno, lo stile di vita irregolare conducono poi a un'aumentata suscettibilità alle malattie. Le infezioni, piuttosto frequenti, possono dipendere anche dall'uso di siringhe non sterili e dalla mancanza delle comuni precauzioni igieniche. Nel 1960 Rylander ha descritto nel 6 7 % degli intossicati un comportamento automatico stereotipico, cioè ripetizione meccanica delle stesse azioni che si può riprodurre sperimentalmente in animali, anche con la cocaina. Lo stesso studioso riferiva che le iniezioni di anfetamine -
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a detta dei dipendenti - producono una sensazione come se passassero direttamente dalla testa ai genitali. Va infine ricordato che il tossicomane diventa con facilità un pluritossicomane, spesso per compensare alcuni effetti spiacevoli, in particolare l'insonnia; infatti la tossicomania più frequentemente associata è da barbiturici. Le anfetamine producono grave dipendenza psichica, ma anche fisica che può essere riprodotta negli animali. La sindrome di astinenza è caratterizzata da numerosi disturbi: stanchezza, sonno lungo ma disturbato, irritabilità, fame spropositata, depressione profonda - che può portare al suicidio - oppure episodi di eccitazione violenta; manifestazioni che scompaiono con la somministrazione della droga. Dobbiamo infine ricordare che le psicosi da abuso di anfetamine, molto simili alla schizofrenia paranoica, sono di solito reversibili e vengono a cessare qualche tempo dopo l'interruzione dell'assunzione della droga. Le anfetamine sono oggi solo scarsamente usate, sia in terapia, sia come droghe, essendo state sostituite dalla cocaina e dall'estasi. Terapia. È simile a quella da abuso, intossicazioni acute e complicanze da cocaina. MDMA (Metilen-diossi 3,4-meta-anfetamina) o estasi. Sostanza chimica prodotta per sintesi; più nota col nome di Ecstasy, fa parte del gruppo delle cosiddette droghe su misura, o Designer Drugs. E dotata di effetti stimolanti anfetaminici e di effetti allucinogeni di tipo mescalinico. Di origine inglese, è l'anfetamina attualmente più consumata in Usa e in Europa. È oggetto di un importante traffico illecito anche in Italia, dove una pillola costa circa 50-60 mila lire. Produce stimolazione cerebrale e sensoriale. Attiva le funzioni psichiche. Determina assuefazione, dimagrimento, disturbi cardiaci, confusione mentale, aggressività, delirio schizofrenico. Assai diffusa tra i giovani frequentatori di discoteche, viene spesso assunta in associazione con alcool. Molto pericolosa soprattutto per i disturbi dello stato di vigilanza, è responsabile attualmente di una gran parte degli incidenti automobilistici che si verificano il sabato sera. Terapia. Vedi anfetamine e cocaina. Timolettici o antidepressivi Gli antidepressivi triciclici e gli inibitori delle monoaminossidasi usati nel trattamento di sindromi di astinenza per combattere la depressione, o come sostituti delle droghe stimolanti, possono produrre, secondo alcuni studiosi, dipendenza. La sindrome astinenziale sarebbe caratterizzata da ansietà, agitazione, debolezza, nausea, vomito, diar-
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rea, vertigini, disorientamento, cefalea, allucinazioni, psicosi, che possono durare anche parecchi mesi. Convulsioni persistenti sono state riferite in nati da madri in trattamento con il triciclico clomipramina. Terapia. Vedi anfetamine e cocaina. SEDATIVI E TRANQUILLANTI
Barbiturici Si dice che l'acido barbiturico sia stato chiamato così in quanto sintetizzato da Adolph von Bayer nel giorno di Santa Barbara. Secondo altre fonti invece il nome gli sarebbe stato dato in onore di una cameriera della birreria dove lo scienziato si recava spesso. Il primo barbiturico ad azione ipnotica, l'acido dietil-barbiturico, è stato introdotto in medicina da Fisher e von Maring nel 1903 col nome commerciale di Veronal, dalla città di Verona dove Fisher ne avrebbe avuto l'idea mentre attendeva il treno passeggiando sulla banchina della stazione. In base alle loro caratteristiche farmacologiche, i barbiturici si dividono in tre gruppi: ipnotici veri e propri, antiepilettici, pre-anestetici. Per il largo uso medico, è facile l'insorgenza di farmaco-dipendenza e tossicomania, con tolleranza e forte dipendenza fisica e psichica. Esiste una stretta correlazione fra entità dell'abuso da barbiturici e morti da overdose: spesso però non si è in grado di giudicare quanti siano suicidi o incidenti. Infatti il dosaggio terapeutico è scarsamente inferiore a quello capace di determinare intossicazione acuta. Per analizzare i motivi per cui i giovani - cercando la droga - provino anfetamine e barbiturici, è necessario risalire all'epoca in cui hanno familiarizzato con psicofarmaci scoprendoli negli armadietti farmaceutici di casa. Molte madri assumono con grande facilità tranquillanti, sedativi e antidolorifici. Non ci si sorprenda se, mentre in passato il piacere proibito della maggior parte dei ragazzi era la sigaretta di tabacco e il whisky, ora i giovani si divertono con le pillole, anche se barbiturici e anfetamine sono stati sostituiti da benzodiazepine e stimolanti aspecifici. I barbiturici ipnotici e sedativi si presentano sotto forma di una polvere bianca che viene messa in commercio in compresse o in capsule di diversa forma e colore. Quelle di Nembutal sono gialle e in gergo vengono chiamate yellow submarine o sottomarino giallo, titolo della famosa canzone dei Beatles. I barbiturici sono venduti anche in altre confezioni come sciroppi o supposte che però, ovviamente, hanno un uso ricreativo limitato. Effetti. L'azione farmacologica fondamentale è rappresentata dalla depressione del sistema nervoso centrale con riduzione di alcune attività cerebrali, tra le quali la veglia, e rallentamento di altre quali il respiro.
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Alcune volte però gli effetti sono paradossali: ad esempio una dose che presa da sola, la sera, fa dormire, assunta in gruppo può produrre un effetto di eccitamento. Escludendo gli anestetici, o tiobarbiturici, che hanno effetto di brevissima durata e non sono usati a scopo ricreazionale, gli ipnotico-sedativi vengono classificati in tre gruppi: a effetto breve, della durata di circa quattro-sei ore, come il secobarbital; medio, come il fenobarbital (otto-dodici ore); ad azione lunga come il veronal; l'uso di questi ultimi però è stato vietato. Quelli a breve termine compaiono rapidamente dopo assunzione di una singola dose (50 mg) e cessano entro poche ore. Di solito si ottiene un acquietamento dell'ansia e della tensione con comparsa di uno stato di calma e di rilassamento, come se calasse un velo sulla realtà quotidiana. Dosi maggiori (200-250 mg) provocano un effetto simile all'ebbrezza alcolica: euforia, irritabilità od ostilità, inceppamenti della parola, o staggering, e rallentamento dei riflessi; in ambiente tranquillo insorge il sonno. Dosi più elevate (0,5-1 g) causano perdita della coscienza fino al coma e alla morte per arresto del respiro e del circolo di origine bulbare. La tolleranza non raggiunge mai livelli molto superiori alla dose terapeutica. La dipendenza è psichica e fisica. L'astinenza, simile a quella da alcool, è molto più pericolosa che quella da altre droghe. Si manifesta con agitazione, irritabilità, delirio e convulsioni, fenomeni che possono condurre a morte. Va sottolineato poi che i barbiturici sopprimono il periodo di sonno in cui si sogna, o sonno R E M (Rapid Eye Movement phase, fase dei rapidi movimenti oculari). La sospensione del farmaco provoca un fenomeno rebound, per cui il soggetto ha un aumentato periodo di sogni, ma dorme male tanto che ritorna alla droga. Gli effetti dei barbiturici e le conseguenti manifestazioni tossiche sono potenziati da alcool, oppiacei e tranquillanti. Come già detto molte volte vedi la morte di Marilyn Monroe - è difficile stabilire se il decesso vada riferito a suicidio o a errore per l'assunzione contemporanea di sostanze potenzianti o per la dimenticanza di aver già assunto la dose abituale. I barbiturici per anni sono stati responsabili del 5 0 % dei casi da sovradosaggio da sostanze psicoattive e il 15-20% di tutti gli avvelenamenti. Attualmente il primato spetta alle benzodiazepine. L'abuso di barbiturici induce alterazioni del carattere e dell'umore, ingenerando spesso idee suicide. L'uso terapeutico sedativo è oggi ridotto e pressoché inesistente quello drogastico. Terapia 1. Intossicazione acuta. La terapia rianimativa, se tempestivamente applicata, è in grado di risolvere questa grave evenienza che fino a po-
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chi anni or sono portava a morte la maggioranza degli intossicati. L'uso degli antagonisti dei barbiturici (picrotossina, niketamide e altri stimolanti centrali) va bandito in quanto può provocare convulsioni che, nelle condizioni dell'intossicato, possono portare a morte. Si deve invece intubare il paziente per mantenere pervie le vie respiratorie, monitorizzare e assistere il respiro e il circolo, controllare la diuresi, praticando nei casi più gravi dialisi o emoperfusione, somministrare antibiotici, abbondanti liquidi e soluzioni nutritive. La lavanda gastrica è assai utile, se eseguita nelle prime ore dopo l'ingestione del farmaco. 2. Sindrome astinenziale. Poiché può condurre a morte, la terapia riveste il carattere di urgenza ed è rappresentata dalla somministrazione di barbiturici a dosi scalari, associati o sostituiti da tranquillanti minori come il diazepam. 3. Intossicazione cronica e dipendenza. Il trattamento è sintomatico e psichico. E necessaria la collaborazione del soggetto. Ipnotici similbarbiturici I principali sono la glutemide, il metiprilone, il metaqualone (ritirato dal commercio in Italia) e l'etoclorvinolo. Tolleranza, dipendenza, potenziamento, effetti tossici e terapia sono sovrapponibili a quelli da barbiturici. Il loro uso attualmente è pressoché inesistente. Tranquillanti Sono stati classificati in maggiori o neurolettici, e minori o ansiolitici. I primi, pur essendo responsabili di effetti tossici, non inducono tolleranza o dipendenza e pertanto non sono droghe; al contrario vengono spesso usati nel trattamento delle sindromi da astinenza da oppiacei, cocaina, barbiturici e alcool. I minori, invece, possono creare dipendenza. I primi introdotti in terapia sono stati i meprobamati, oggi poco usati; attualmente si adoperano i benzodiazepinici. Molte loro proprietà sono simili a quelle del gruppo ipnotico-sedativo, anche se i loro effetti sono di gran lunga inferiori e molto meno pericolosi. È stata però documentata la possibile induzione di lenta tolleranza di tipo funzionale e non metabolico e dipendenza prevalentemente psichica. Quella fisica è rara in quanto si può produrre solo raggiungendo e mantenendo nel tempo dosi dieci volte maggiori delle terapeutiche. L'astinenza si manifesta tardivamente, da trentasei ore a sette giorni dalla sospensione del farmaco, con eccitazione nervosismo, insonnia, tormenti, convulsioni o allucinazioni. Le intossicazioni acute, pur essendo molto numerose - in Usa e in Canada occupano il primo posto - non sono quasi mai letali per l'ampio margine di sicurezza delle benzodiazepine.
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L'uso prolungato di questi psicofarmaci però non è sempre innocuo. Possono infatti manifestarsi alterazioni psichiche, quali senso di isolamento, di fluttuazione, confusione mentale, perdita della concentrazione e della memoria, deterioramento nelle prestazioni psicomotorie, depressione e blocco dell'emotività. Gli effetti terapeutici favorevoli sono comunque tali da non poter essere sostituiti attualmente se non da farmaci a rischio maggiore. Inoltre le azioni benefiche sono di gran lunga superiori a quelle dannose, ivi comprese la scarsa tolleranza e una debole dipendenza. Le benzodiazepine, tra l'altro, vengono usate terapeuticamente come sostituti nelle sindromi da divezzamento da oppiacei, barbiturici, altri ipnotici e alcool, per tranquillizzare i soggetti intossicati da stimolanti quali anfetamine, cocaina e canapa, per bloccare le allucinazioni, specialmente quelle terrifiche: il diazepam è un antagonista dell'intossicazione da LSD, in quanto capace, insieme con la niacina e con il neurolettico tioridazina, di interrompere un viaggio. Fa eccezione il flunitrazepam che, pur essendo una benzodiazepina, ha dimostrato caratteristiche alquanto diverse. Infatti produce frequentemente stati confusionali reversibili con amnesie talora totali, o al contrario intensa euforia, effetto ricercato dai tossicodipendenti eroinici in astinenza. Numerosi studiosi, tra cui noi, ritengono possa produrre rapida dipendenza. Terapia. Le intossicazioni acute, molto rare, vengono trattate come quelle da barbiturici. Oggi si dispone dell'antagonista annexate. Le intossicazioni croniche e le complicanze, anch'esse molto rare, richiedono cura sintomatica. La crisi astinenziale va trattata secondo la sintomatologia: se compaiono convulsioni come da barbiturici; se si manifestano allucinazioni come da alcool.
5. Allucinogeni e
deliranti
Con il termine allucinogeno si intende una qualsiasi sostanza - naturale o sintetica - che agisca a livello delle percezioni sensoriali, causando alterazioni, la più appariscente delle quali è l'allucinazione. Malgrado diverse droghe, specialmente alcool, cocaina e derivati della canapa, determinino, insieme con altri effetti, anche allucinazioni, si attribuisce il nome di allucinogeno soltanto a quelle sostanze che la inducono come caratteristica peculiare. Infatti, mentre gli allucinogeni producono sempre, in tutti gli individui, e a bassissime dosi, allucinazioni, con altre sostanze gli effetti allucinatori si presentano soltanto in casi di gravi intossicazioni acute provocate da massicce assunzioni, in quelle croniche e nella sindrome di astinenza da alcool.
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Per far chiarezza riteniamo utile definire che cosa si intenda per illusione, allucinazione, delirio, tutti fenomeni che possono indurre uno stato particolare, che nel gergo dei drogati viene definito paranoia. L'illusione è un'alterata percezione di una realtà esistente, essendo caratterizzata da una modificazione della forma, delle dimensioni e dell'aspetto degli oggetti. Oltre a quelle ottiche, possono verificarsi illusioni olfattive, gustative, acustiche, nonché di deformazione di una parte o di tutto il proprio corpo. Una particolare forma di illusione è la sensazione del «già vissuto», nella quale il soggetto ha l'impressione di avere avuto in passato l'esperienza di vita presente in quel momento. L'illusione si può presentare anche in individui normali; tipico l'esempio dell'innamorato che attende la fidanzata e crede di vederla in qualsiasi passante. Spesso però è manifestazione di uno stato patologico. L'allucinazione è la percezione di qualche cosa che non è presente in quel momento e in quel luogo; a differenza dell'illusione, non è indotta da alcuno stimolo sensoriale che possa costituire la base della sensazione percepita dal soggetto, in quanto manca l'oggetto: per esempio, vedere un animale quando in realtà l'animale non c'è. L'allucinazione è sempre un fenomeno patologico, a parte le alterazioni che si possono ottenere in condizioni estreme quali quelle degli astronauti rinchiusi in cabine e privi di qualsiasi stimolo sensoriale, o di prigionieri in cella d'isolamento completo o volontari per motivi di studio (esperimenti di deprivazione sensoriale, speleologi). La differenza tra illusione e allucinazione è che la prima si appoggia sulla realtà, ma la deforma; la seconda, al contrario, inventa di sana pianta. Deliranti sono invece i farmaci che possono produrre un errore di giudizio della realtà, per cui una determinata situazione reale viene interpretata in maniera errata. Comuni o banali evenienze di ogni giorno assumono significati particolari, non suscettibili di alcuna critica, tanto che il soggetto non modifica la propria opinione, anche di fronte all'evidenza del contrario. 11 delirio è sempre patologico e costituisce un sintomo di molte malattie psichiche e organiche. Allucinogeni semisintetici LSD È il più potente e usato allucinogeno estratto dalla segale cornuta, noto nel mondo dei drogati come acido. Ha svolto un ruolo notevole, se non determinante, nella contestazione dei campus universitari statunitensi e nella creazione di una nuova religione che ha visto in Thimofhy Leary, Richard Alpert, John Lilly e John Metzer i principali sperimentatori, alfieri e divulgatori.
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Durante il Medioevo e fino a questo secolo, specie in periodi di carestia, si verificavano tra le popolazioni più povere epidemie caratterizzate da crisi convulsive, turbe mentali con allucinazioni, disturbi della vista, cancrene degli arti, aborti. La prima epidemia di cui si abbia notizia risale all'anno 857; numerose altre si sono verificate nel corso dei secoli in tutta l'Europa, dalla Francia alla Russia, dalla Germania alla Gran Bretagna; le due ultime gravi sono la russa del 1926 e l'irlandese del 1929. Chiamate nel linguaggio popolare «fuoco sacro» o mal des ardents o anche «fuoco di S. Antonio» erano provocate dall'ingestione di farine di segale parassitate dalla Claviceps purpurea, un piccolo fungo a forma di corno, di colorito rossastro o marrone scuro, che contiene numerosi alcaloidi e sostanze attive, tra le quali l'acido lisergico. Nel 1938 Albert Hoffman, chimico della industria Sandoz di Basilea, ne ha preparato un derivato e precisamente la dietilamidetartrato o L S D - dextro lysergic acid diethylamide tartrate 25, cioè il XXV della serie. Immediatamente dopo, sperimentò su di sé il ritrovato che produsse effetti illusivi e allucinogeni, di cui ha fornito una descrizione completa e accurata ancor oggi paradigmatica. La sostanza sarebbe rimasta limitata alla scienza e alla medicina se il gruppo di professori della Harvard University già citati non avesse cominciato ad assumerla e a somministrarla ai suoi allievi, dando a questo evento un'enorme pubblicità negli Stati Uniti e in Europa. Ne è derivata la creazione di un movimento fondato da Leary nel 1961, l'IFIF o International Federation for Internai Freedom, mentre si assisteva a un revival di un antico allucinogeno naturale, la mescalina, componente il peyotl, e della sua «chiesa». All'IFIF hanno aderito subito molti intellettuali estremisti e dell'avanguardia, tra i quali Ginsberg, Koestler, Huxley, Vesy, Metzner, Watts; artisti tra cui i Beatles e Bob Dylan, studenti specie universitari. Tutti erano attratti dal desiderio di provare i decantati effetti dell'LSD, capace di espandere la coscienza e di far compiere un viaggio nello spazio interiore della psiche, rivelando così il proprio Io. La sostanza è stata infatti chiamata droga psichedelica, dal greco «rivelazione della psiche». Il movimento si pubblicizzò e si impose ulteriormente, malgrado Leary fosse stato espulso dal corpo accademico di Harvard. Nel 1961 proclamava che «le droghe allucinogene dovrebbero essere poste sullo stesso piano della poesia, della musica, della letteratura e dell'arte e messe a disposizione di tutti gli uomini che vogliono migliorare la loro mente ed espandere la propria coscienza» e «che l'LSD è soprattutto un'esperienza religiosa, a carattere del tutto privato, e pertanto deve restare fuori delle leggi e degli interessi politici», e ancora che «i distributori di LSD sono missionari». A Boston, nel 1950, il fondatore e profeta della generazione beat,
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Alien Ginsberg, con l'irruenza, l'anticonformismo e la violenza propria del consumatore di LSD, formulò la famosa proposta: «Chiunque mi ascolti, direttamente o indirettamente, provi almeno una volta l'LSD. Tutti gli americani sopra i quattordici anni lo provino. Ogni americano può avere così uno sfogo di liberazione. Propongo che ciascuno, compreso il presidente di questo Paese, torni alla natura e trovi un buon maestro o un capo poeta indiano o una guida guru e saggi la propria coscienza con l'LSD». Successivamente, in una riunione divenuta famosa, Alien Ginsberg si è denudato pubblicamente e ha tentato di telefonare al presidente Kennedy e a Kruscev per chiedere la liberalizzazione delle droghe allucinogene. Nel frattempo Jack Kerouac - che sarebbe morto il 21 ottobre 1969 in un ospedale della Florida, minato dalla droga - dopo aver affermato che «i grandi solitari non devono mai diventare branco», scriveva On the road («Sulla strada»), il primo romanzo beat. William Burroughs, sotto l'effetto di quasi tutte le droghe e dell'alcool, componeva a Tangeri The Naked Lunch («Il pasto nudo»). Due opere che sarebbero diventate famose nella letteratura psichedelica e avrebbero costituito il manifesto della generazione beat. Intanto, nel 1968, lo psichiatra canadese Abraham Hoffer consigliava l'uso dell'LSD per il trattamento dell'alcolismo, proponendo altresì che venisse immesso nei distributori automatici, come la pillola antifecondativa. Mentre, e forse perché, questo movimento coinvolgeva sempre più le classi intellettuali giovanili degli Usa, e non soltanto gli intellettuali, e Th. Leary scriveva un breviario di preghiere, le Psychedelic Prayers, il governo mise fuori legge l'LSD, seguito dagli altri Paesi occidentali. I padri carismatici fuggirono per non essere arrestati: ma Leary, estradato dal Messico, ha scontato alcuni anni di carcere. Dopodiché, insieme con Alpert, ora guru Baba Ram Dass, e con Metzner, si è stabilito in India, dove coltiva varie forme di yoga. I tre hanno compilato un commento al Libro tibetano dei morti e seguitano a propagandare lo psichedelismo anche senza allucinogeni. Da parte sua Ginsberg, dopo l'assoluzione in America dell'opera L'urlo, assunta la veste di padre spirituale dei beats, ha provato tutte le droghe e ha portato il suo verbo in giro per il mondo, dal Messico al Giappone, dall'Europa all'India e all'America. Ha quindi imparato lo yoga, ha vissuto con i mormoni, i buddhisti, i tibetani in un'incessante continua ricerca per capire il mistero della vita e incontrare D i o . E questa la «filosofia degli hippies», i figli dei fiori. In un confuso misticismo, che mescola alla rivolta contro il sistema di un mondo 11
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Da alcuni anni Ginsberg ha rivisto il suo ruolo di leader carismatico beat e hippy e del movimento di liberalizzazione delle droghe, abbandonando la sua posizione anticonformista.
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anonimo e artificiale il desiderio di ritrovare l'amore e la bontà proprie di un paradiso terrestre perduto nella notte dei tempi, la droga riveste l'assurdo ruolo di catalizzatore, che dovrebbe creare, ma in realtà distrugge. Secondo gli hippies, per trovare il Dio di bontà e misericordia è necessario rifare il viaggio mistico che tra i dodici e i ventisei anni Gesù, secondo loro, avrebbe compiuto in India per conoscere il buddhismo, dal quale avrebbe riportato gli elementi del suo amore assoluto e universale. Gli hippies però non sanno in realtà compiere il trip con le sole forze dello spirito, non sono capaci di trovare nella meditazione e nella preghiera gli elementi per incontrare il vero Dio e si affidano quindi a un sussidio artificiale, il mito della droga e dell'LSD che liberano le più recondite e fallaci assurdità della psiche, distruggendo non soltanto la mente, ma anche la vita. Va rilevato che il consumo dell'allucinogeno da allora ha avuto una battuta d'arresto in tutto il mondo occidentale e attualmente è molto ridotto. Comunque, indubbiamente l'LSD ha fatto sì che il fenomeno della droga giovanile si sia espanso, a tutto favore delle più tossiche e meno intellettuali eroina e cocaina. Effetti. Gli effetti iniziano circa cinque-dieci minuti dopo l'assunzione e all'inizio sono per lo più di tipo fisico-neurovegetativo: midriasi, salivazione, tachicardia, sudorazione, nausea; dopo insorgono le manifestazioni psichiche. Pochi psicofarmaci esercitano, come l'LSD, una gamma di effetti così vasta, tra cui i più tipici sono quelli riferiti nel diario di Hoffman. Si tratta tuttavia di alterazioni della sfera emotivo-ideativa e soprattutto delle percezioni sensoriali. Il soggetto può essere ansioso, talora depresso, o all'opposto euforico ed estatico. Sono molto frequenti illusioni e allucinazioni che riguardano per lo più la sfera visiva, ma anche quella uditiva, tattile e dello schema corporeo con percezioni di allungamento o accorciamento degli arti, di distacco dal corpo. Inoltre, sensazione di pesantezza, o all'opposto di leggerezza, come se si galleggiasse nell'aria, confusione sensoriale e disorganizzazione cerebrale. Aumenta nettamente il senso cromatico: i colori assumono una particolare luminosità e vividezza. La forma e il volume degli oggetti sono alterati, così come le distanze. Toni cromatici, forma, distanza, volume non sono più entità stabili, ma quasi vive, dinamiche. Si verifica un continuo flusso e riflusso di percezioni che cambiano e si intersecano tra loro. I colori diventano suoni e questi si manifestano come sensazioni visive. L'ideazione è particolarmente veloce e ricca di contenuti, talora con una vera sequenza logica. Più spesso le idee fluiscono una dopo l'altra non in modo armonico, ma scivolando senza un filo che le colleghi. La capacità di attenzione è nettamente diminuita. Il contenuto delle
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percezioni e delle ideazioni è alterato, estremamente dinamico: può essere piacevole, o good trip, ma a volte è decisamente terrifico o bad trip. Proprio per eliminare il viaggio cattivo, in gergo non essere strippati, i consumatori di LSD fanno esperienza in coppia: uno prende la sostanza e l'altro funge da guida - chiamato in gergo sherpa - restando vigile. Se si accorge che il compagno è in preda ad un viaggio cattivo, lo tranquillizza sia a parole che iniettandogli per via endovenosa o intramuscolare: 10-20 mg di diazepam, tioridazina 25-50 mg e 100-200 mg di piridossina, ripetendo la dose se necessita. In tale maniera si riesce spesso ad interrompere l'esperienza terrifica. Talora invece è necessario aggiungere farmaci neurolettici - fenotiazine, butirrofenoni - che hanno una specifica azione elettiva antipsicotica. Un fenomeno assai tipico d e l l ' L S D , pur se non si manifesta in tutti e sempre, è la possibilità di introspezione, che ha fatto dell'acido il prototipo della droga psichedelica; un effetto utilizzato in terapia psicoanalitica allo scopo di far emergere i contenuti dell'inconscio. Alcune considerazioni merita il problema del suicidio nei soggetti sotto effetto dell'LSD. Talvolta si tratta di un atto suggerito dal desiderio di autosoppressione, derivato dalla presa di coscienza di problematiche interiori non risolte che appaiono in tutta la loro gravità e che il soggetto non si sente in grado di affrontare. Un comportamento spesso indotto dalla droga, che può rivelare una sensazione di disprezzo per se stessi, di non sentirsi a posto, di non essere puliti . Altre volte, invece, quello che appare un atto volontario è dovuto alle percezioni alterate indotte dalla droga. È tipica l'evenienza di un soggetto che, sentendosi un uccello, si lancia da grandi altezze per spiccare il volo nel vuoto. Oppure, essendo falsato il senso dello spazio, l'intossicato non si rende conto delle reali distanze. Un esempio: l'allucinato, affacciandosi alla finestra di un piano alto, crede di vedere il suolo a distanza di pochi centimetri e volendo raggiungerlo con un passo, precipita nel vuoto. 12
Vie di somministrazione e dosi. L ' L S D si presenta liquido, in capsule, in tavolette. Può essere assunto per via orale: se liquido, spesso su una zolletta di zucchero o su carta bibula o su un francobollo o anche bevuto. Se solido, sotto diverse forme: dai micropunti alle cosiddette piramidi o in capsule o in tavolette. Raramente è usato per via iniettiva. Un francobollo costa circa 30-40.000 lire. L'effetto inizia dopo dieci minuti e persiste per alcune ore. Induce rapidamente tolleranza temporanea crociata con mescalina, psilocaina e psilocibina. Non provoca dipendenza fisica ma solo attrazione. Le 12
Una paziente ci ha riferito che sotto l'influsso dell'acido ha l'impressione di essere sporca e pertanto si lava spesso, come Lady Macbeth.
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dosi per via orale variano da 0,05 a 0,2 mg. La tossicità acuta è modesta; si conoscono sopravvivenze dopo assunzioni di 10 mg. Complicanze. L'assunzione di una dose eccessiva di LSD, o overdose, si manifesta con una reazione tossica. I sintomi fisici sono caratterizzati da palpitazioni, tachicardia, sudorazione profusa, midriasi, ipertermia, transitoria iperglicemia. Quelli psichici da confusione mentale, disorientamento spazio-temporale, illusioni, allucinazioni, ideazione delirante a contenuto persecutorio, ansia, depressione. Sono state descritte anche manifestazioni neurologiche acute da LSD: incoordinazione muscolare, emiparesi reversibili, crisi convulsive generalizzate con perdita di coscienza. L'LSD provoca danni e aberrazioni cromosomiche, specie rottura e diploidismo. La prognosi è pressoché costantemente positiva; la terapia si basa su farmaci sedativi e antipsicotici, nonché sintomatici per combattere gli effetti simpaticomimetici. Le dispercezioni, le alterazioni ideiche, lo stato di depersonalizzazione che caratterizzano l'esperienza psichedelica si presentano di solito sotto forme piacevoli, come desiderato dall'assuntore. Talvolta però, sia per inesperienza e resistenza più o meno inconscia, sia per stati d'animo particolari, il soggetto vive l'esperienza in modo del tutto negativo, con ansia, angoscia, paura, che può giungere a un vero e proprio panico. Ha l'impressione che la realtà si stia trasformando negativamente, non sia più in grado di controllare lo psichismo, entri in una dimensione del tutto nuova, sconosciuta, minacciosa per la propria integrità. Non si sente più capace di governare gli effetti della droga, si trova in uno stato di acuto disagio, ha paura di lasciarsi andare, di rimanere ancorato alla realtà di sempre, di non entrare in quella che lui avverte piena di pericoli incogniti. A volte una reazione spiacevole, o reazione avversa acuta, non è determinata dalla presenza di uno stato psichico nuovo quanto dai suoi contenuti. Le allucinazioni visive, uditive, tattili hanno un aspetto terrificante: si vedono animali mostruosi, si sentono rumori paurosi; il pensiero è turbato da una ideazione persecutoria, si ha l'impressione di essere inseguiti da aggressori, di vivere una situazione di pericolo, dove tutto è minaccioso. Generalmente le reazioni avverse acute da LSD regrediscono in breve tempo e non richiedono terapia specifica, se non un valido appoggio psicoterapico e, raramente, terapia farmacologica con sedativi e antipsicotici. Una forma particolare è il cosiddetto flash-back o reviviscenza psico-tossica, che consiste nel ripresentarsi a distanza dell'originale esperienza psichedelica. Può essere di tre tipi: somatico, percettivo ed emotivo. Si presenta per lo più all'improvviso, talora indotto dall'assunzio-
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ne di derivati cannabici o di altre sostanze, dura qualche ora e termina improvvisamente. Si riferisce generalmente a esperienze negative: il soggetto rivive in pieno la situazione originaria, in uno stato d'animo caratterizzato da angoscia e paura. Il tipo percettivo è il più comune: si manifesta con illusioni e allucinazioni, per lo più visive, ma anche uditive e tattili. Generalmente persiste il senso critico: il soggetto capisce che ciò che vede o sente non è reale, ma frutto della sua fantasia. Ciononostante vive questa situazione con panico. Il somatico è caratterizzato da una sensazione di depersonalizzazione per cui parti del proprio corpo sono avvertite estranee, irreali, innaturali. L'emotivo riproduce episodi spesso sconvolgenti, disturbanti, che hanno accompagnato l'esperienza originaria. Lo stato delirante da LSD, infine, può trasformarsi in una psicosi che, sul piano fenomenologico, è simile alla paranoidea. Solo l'ulteriore andamento potrà chiarirne la diagnosi differenziale. Terapia. Quella del viaggio cattivo è già stata descritta. I sintomi della intossicazione e le complicanze vanno curate sintomatologicamente. La psicoterapia della dipendenza richiede grande collaborazione e volontà. Altri allucinogeni di sintesi
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Sono la dimetiltriptamina (DMT), la 2,5 dimetossi-4-metil-anfetamina (DOM o STP), la o-metilene-3-4-diossianfetamina o M D A , la parametodianfetamina o PMA, la trimetossianfetamina o T M A hanno effetti simili a quelli di LSD, Mescalina, psilocibina. La terapia è simile a quella di LSD. Per maggiori dettagli v. E. Malizia, Le droghe. ALLUCINOGENI NATURALI
Europei e diffusi in tutti i continenti Solanacee Le più note ad azione allucinogena sono l'atropa belladonna, il giusquiamo, lo stramonio e la mandragora. La Belladonna, per le sue proprietà velenose, è stata battezzata da Linneo atropa, in onore di Atropo, la Parca che aveva il compito di recidere il filo della vita degli esseri umani, e belladonna per ricordare l'uso che le donne del Rinascimento ne facevano, al fine di ottenere intensità dello sguardo per dilatazione delle pupille, e pelle più chiara. Secondo altre fonti, l'appellativo belladonna deriverebbe dal francese 13
Va ricordato che esiste possibilità di tolleranze crociate tra tutti questi allucinogeni e l'LSD.
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belle-femme, termine con il quale venivano chiamate le streghe, che usavano la pianta per la preparazione dei loro unguenti e pozioni. Il giusquiamo o hyoscyamos - letteralmente fagiolo di maiale, forse perché è l'unico animale che se ne ciba - è una pianta alta circa mezzo metro che cresce spontaneamente sui bordi delle strade, sulle rive dei fiumi, sulle spiagge deserte e sugli antichi ruderi. È caratterizzata da un odore acre e alquanto spiacevole, forse è per questo che è chiamata oltreché «erba del diavolo», «erba delle streghe», «pane spinoso», anche «pisciacane». Il giusquiamo contiene numerosi alcaloidi, tra cui in particolare joscina, josciamina e atropina. Nei secoli passati la pianta è stata usata in medicina, per curare alcune forme di pazzia e il mal di denti. A tutt'oggi i beduini fumano le foglie di hyoscyamos nauticus in luogo del tabacco; invece i Siberiani e alcune tribù arabe tostano e usano i semi al posto del caffè. Gli alcaloidi del giusquiamo sono in prevalenza l-giusquiamina, atropina e scopolamina. Lo stramonio o datura stramonium, chiamata anche «noce spinosa», è una pianta di odore prevalentemente fetido e pungente. I fiori spesso sono bianchi, ma anche gialli o violetti, e i frutti sono capsule ricoperte da tante spine. La pianta, importata in Europa in tempi remoti dalle regioni del Caspio, cresce vigorosa ovunque, anche nei prati incolti. Lo stramonio era noto anche agli Arabi, che lo chiamavano methel per le sue proprietà narcotizzanti, e ai Cinesi ai quali era vietato mescolare il succo a liquori fermentati. Nei primi anni del secolo scorso, Lindley, un archeologo inglese, ha constatato che lo stramonio era usato non solo nei templi di Apollo a Delfo, nell'Antica Grecia, ma anche a Saganossa, nelle Ande, in luoghi sacri dedicati al Sole, per divinare il futuro. Attualmente viene largamente assunto negli Stati Uniti e recentemente anche in Europa a scopo allucinatorio. La mandragora officinalis è una pianta che cresce in tutta l'Europa meridionale. La radice contiene alcaloidi e ha un odore fetido. La pianta fu descritta dagli egiziani nel Libro dei morti; era conosciuta da Ippocrate che le diede il nome di Mandragora, dal sanscrito, che significa inebriante e da Pitagora che la chiamava Anthropomorphos, per la somiglianza con una forma umana, maschile o femminile. I romani la chiamavano Circea, in quanto ritenevano la mandragora dotata di virtù magiche, ammaliatrici, le stesse usate da Circe per incontrare Ulisse. La maga del Satyricon di Petronio Arbitro, Enotea, la prescrive per risvegliare la sopita virilità. Columella l'ha descritta come un semihomo, ma Plinio ha ribadito in base alle forme l'esistenza di due tipi diversificati di sesso: la bianca, maschio, e la nera, femmina. Per le sopracitate virtù afrodisiache e per la convinzione che potesse curare la sterilità femminile, in tutto il Medioevo, e nel 1400, è stata usata sia dalla medicina ufficiale, confezionata come teriaca, sia dalle streghe nei filtri sessuali. Nel Rinascimento queste virtù sono state disconosciute e ridicolizzate, per primo dal Machiavelli nell'omonima com-
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inedia. Gli effetti allucinogeni, invece, già noti in Egitto, Asia Minore e Grecia, utilizzati per i culti di divinità che resuscitano - Osiride, Tammuz, Attis, Dionisio, Bacco - sono riconosciuti a tutt'ora. La descrizione più completa della mandragora è quella del Bosc, del xvIII secolo, ripresa e ampliata da noi stessi nel volume: Ricettano delle streghe. Gli alcaloidi più importanti sono: l'atropina, la joscina, la scopolamina e la giusquiamina. La sintomatologia delle intossicazioni da tutte queste piante è comune: allucinazioni, arrossamento del volto, intensa tachicardia, aumento della pressione arteriosa, dilatazione delle pupille, eccitazione psichica e psicomotoria, offuscamento del sensorio. Se non si interviene precocemente e se la dose è elevata ne può conseguire la morte. L'intervallo tra dose allucinogena - da 0,25 a 1 mg di sostanza attiva - e quella tossico-letale è breve. La terapia è sedativa, sintomatica e, nei casi più gravi, rianimativa. Allucinogeni asiatici Il più antico di cui si abbia notizia è il soma pulari, il succo di una pianta rampicante himalaiana (asclepias acida) che veniva offerta agli dèi e curava ogni dolore. La guarigione però, si otteneva soltanto se il cuore del malato era puro dai mille mali dell'anima, dall'invidia, dalla gelosia, dall'odio e dalla meschinità, come cantano gli inni del Rig Veda dedicati al dio Soma, il padre di Buddha, da cui sarebbe discesa «la razza lunare che si ciba delle energie dei terrestri». Il grande scrittore Aldous Huxley nel suo famoso libro il mondo nuovo, chiama soma la droga di stato, esempio fantascientifico di un farmaco usato per mantenere il dominio dittatoriale su un popolo. L'amanita muscaria, un fungo dal cappello cremisi con picchiettature bianche, deve il suo nome all'antica abitudine delle donne tedesche di metterla in un recipiente colmo d'acqua sul davanzale delle finestre per tenere lontane le mosche. Il fungo è stato usato come allucinogeno dalle primitive popolazioni del Nord Europa. Nella penisola di Kamciatka i nomadi koryak, avendo scoperto che la sostanza allucinogena, eliminata con le urine, conserva la sua attività fino a cinque passaggi, bevono le proprie urine per altrettante volte allo scopo di prolungare lo stato allucinatorie. Anche i vichinghi prima della battaglia masticavano questo fungo, che donava forza e aggressività. Si racconta, infine, che Caterina di Russia offrisse ai suoi amanti un infuso di amanita muscaria e vodka. Allucinogeni dell'America centrale Lo psilocyhe, un fungo delle regioni meridionali del Messico, possiede qualità allucinogene talmente forti da rivestire un ruolo molto importante nei riti religiosi, già molto prima della civiltà azteca.
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Infatti, sugli altipiani un tempo abitati dalle popolazioni maya sono state scoperte alcune statuine risalenti al 1000 a.C., le mushroom stones, che rappresentano figure umane coperte da un ombrello aperto simile ad un fungo. Nel XVI secolo un frate francescano spagnolo, Motolinia, che si trovava in Messico con Cortez, ha descritto le cerimonie religiose durante le quali i sacerdoti ingerivano particolari funghi, sicuramente della specie psilocybe. Raccontava il frate che quegli stregoni credevano di avere il corpo pieno di vermi e, in preda a una furia selvaggia, finivano spesso per uccidersi tra loro. I botanici e i micologi di cultura occidentale avevano disdegnato sino ad alcuni anni fa d'interessarsi dei funghi allucinogeni, che crescono spontaneamente nei territori messicani un tempo centro della civiltà azteca. Ma un banchiere americano, Gordon Wasson, micologo dilettante, ha trovato, dopo lunghe ricerche effettuate durante le vacanze estive, il fungo psilocybe, il teonacatal o «carne di dio» della tradizione azteca. Poi, insieme con un altro micologo, Roger Heim, ha identificato altre varietà di funghi allucinogeni, tra i quali lo psilocybe mexicana, usato dai curanderos, lo psilocybe caerulescens, diffuso tra i mazatechi, e la stropharia cubensis. Racconta Wasson che la notte del 29 giugno 1955 in una cappella messicana di Oaxaca, mezz'ora dopo aver mangiato funghi preparati da una curandera de primera categorìa, Maria Sabina, ha avuto allucinazioni di vividi colori, di giardini meravigliosi e di alti palazzi, e infine di un mostruoso animale che trainava un pesante carro. Heim ha coltivato questo fungo e nel 1959 lo ha inviato a Hoffman, il chimico di Basilea che aveva scoperto l'LSD; questi ha identificato la sostanza attiva, e cioè la psilocibina, constatando che i suoi effetti sono simili a quelli provocati dall'LSD, anche se l'azione allucinogena è circa duecento volte meno potente. Altrettanto dicasi della terapia. Nel 1960 lo stesso Hoffman ha isolato dai semi di ololiqui o «gloria del mattino», usati tradizionalmente dagli indios mazatechi nel Messico, la d-amide dell'acido lisergico e la d-amide dell'acido isolisergico, dotate di una potenza di azione di circa un ventesimo rispetto all'LSD; i primi derivati naturali dell'acido lisergico con proprietà allucinogene. I semi sono molto abusati nell'America del Nord. Il trattamento della intossicazione è simile a quello dell'LSD. Il più potente psichedelico è però il peyotl, o lophophora williamsii, un cactus che cresce spontaneamente nelle aride regioni del Messico settentrionale. Per primo Lewin nel 1888 descrisse fantastiche allucinazioni visive dopo averne mangiato la polpa o bevuto il succo. Tra le antiche tribù del Messico il peyotl veniva consumato in grande quantità. I chichimeca lo usavano per non avvertire la fame e la sete e sentirsi più forti. I maya e gli aztechi lo adoperavano nelle loro cerimonie religiose e continuarono ad assumerlo segretamente anche dopo la proibizione delle autorità religiose spagnole, che lo avevano definito
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radice diabolica e germoglio del demonio. Infatti rappresentava per quelle popolazioni l'unico mezzo per godere una vita migliore, anche se irreale, un veicolo che porta direttamente al cuore le forze del fuoco, della fecondità, del dio. Narra un'antica leggenda messicana che un vecchio, unico superstite di una tribù distrutta in battaglia, mentre giaceva in attesa della morte udì la voce del peyotl e contemporaneamente si trovò tra le mani il piccolo cactus. L'uomo si sentì ordinare di cercare i resti del suo popolo e venne poi istruito sull'uso della pianta che può dare coraggio e pace: «Vi sono differenti maniere di usarmi, ma una soltanto è quella giusta. Se userete le maniere sbagliate, potrò farvi del male, ma se userete quella giusta io vi aiuterò». Altre leggende raccontano che la pianta nacque dalla fronte di un daino per opera del dio dei venti, che si era trasformato in cactus per aiutare gli indiani delle tribù juichols in gravi difficoltà. Da allora è stato considerato il dio Peyotl e molte tribù si sono convertite al suo culto, fino ai primi decenni del secolo ventesimo; tra gli altri gli shoshones delle Montagne Rocciose e i chippevas del Canada. Nel 1923 la coesistenza india con il cristianesimo si è potuta realizzare mediante l'istituzione della Peyotl Church of Christ fondata dagli indiani cattolici della tribù Sioux, abitanti nel Sud Dakota. Nel 1964 una sentenza della Suprema corte della California ha affermato che per gli indiani il peyotl è un simbolo sacramentale, analogo al pane e al vino della liturgia cattolica, e che «abolirne l'uso significa distruggerne il cuore teologico», in quanto il mescal botton rappresenta per l'indiano quello che è la croce per il cattolico romano. Una tesi ampiamente sostenuta da Castaneda e Allegro. Gli alcaloidi che caratterizzano e provocano l'intossicazione allucinogena del peyotl sono circa ventisette; le ricerche farmacologiche iniziate da Lewin nel al 1888 hanno permesso di isolarne molti; tra questi il più importante è la mescalina. Si tratta di una sostanza di colore bianco, solubile in acqua e alcool, che viene essiccata e ingerita dai fedeli in occasione di cerimonie religiose o come rimedio per tutti i mali. La mescalina è l'allucinogeno più usato nell'America centrale. In passato anche in Usa e in Europa filosofi, scrittori, artisti l'assumevano per sollecitare la fantasia. Havelock Ellis ha sperimentato su se stesso il peyotl come decotto della radice di cactus e ha scritto: «Davanti a me compariva ogni colore e tono immaginabile. Talvolta tutte le differenti varietà di un colore, come il rosso con lo scarlatto, il rosa, il cremisi, comparivano contemporaneamente o in rapida successione, ma nonostante questa immensa profusione, i colori non erano violenti e conservavano un loro valore estetico». Anche H. Michaux ha dedicato un libro alla descrizione degli effetti allucinogeni della mescalina sulla sua mente. Intorno al 1950 molti studiosi hanno intensificato le ricerche sulla
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composizione della mescalina e sui suoi effetti: essendo stata rilevata una certa somiglianza con la formula di struttura dell'adrenalina e delle anfetamine, alcuni psichiatri, tra i quali Humphrey Osmond, Abram Hoffer e John Smythies, l'hanno proposta per la cura di sindromi schizofreniche. Nel libro Doors of Perception, Aldous Huxley, che l'ha provata su se stesso, le ha attribuito virtù mistiche, in quanto capace di far acquisire una coscienza cosmica della realtà. Gli effetti farmacodinamici iniziali sono: nausea, tremori, sudorazioni, ipotensione o ipertensione. Poi compaiono le allucinazioni già descritte, spesso seguite dalla sensazione di deformazioni corporee con un crescendo di inquietudine e depersonalizzazione. In uno stato che al consumatore sembra di perfetta lucidità, si manifestano propositi distruttivi, tra cui quello del suicidio. Sopraggiungono ondate di aggressività, con impulsi ostili, riso immotivato, un eloquio fluente ma scoordinato, e automatismi simili a quelli della schizofrenia. La mescalina si assume per via orale sotto forma di polvere o sciolta in liquidi. La dose allucinogena varia da 300 a 500 mg. Gli effetti indesiderati e la terapia sono simili a quelli dell'LSD. DELIRANTI
La fenilciclidina (PCP), come la ketamina, è un anestetico e tranquillante fornito di proprietà deliranti e allucinogene. Introdotto in veterinaria, è divenuto una droga molto popolare nel Nord America anche perché di basso costo. La si reperisce al mercato clandestino in pillole, capsule o anche in polvere o granuli bianchi cristallini. Spesso viene spacciata come droga di strada o come taglio in luogo della mescalina, della psilocibina, della cocaina e dell'LSD. Apparsa in America nel 1967, è stata chiamata «la pillola della pace», «il pane degli angeli» e anche «il tranquillante dei cavalli». Successivamente la P C P ha invaso l'Inghilterra e se ne abusa anche in Italia, seppure ancora in tono minore. Una dose costa 15-20.000 lire. Generalmente viene fumata alle dosi di 1-3 mg mista a tabacco, o annusata, o iniettata per via endovenosa, o ingerita alle dosi di 2-6 mg. A piccole quantità la PCP produce disturbi sensoriali, apatia, abulia, tremori, deliri, che ad alte dosi sfociano in coma, con allucinazioni o stato stuporoso anche per diversi giorni. Segue confusione mentale che spesso evolve in reazioni schizofreniche. Provoca inoltre episodi di violenza o comportamenti paranoidali. La PCP può causare una sindrome astinenziale caratterizzata da desiderio imperioso della droga, depressione, ansietà, malessere, insonnia. Per la sua azione tossica la PCP può causare la morte: nella sola Detroit la droga ha provocato ben 514 casi mortali, molti dei quali dovuti a lesioni tossiche renali o a incidenti della strada.
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La terapia della intossicazione è sintomatica e rianimativa. La dipendenza e l'astinenza vanno trattate con sedativi e psicoterapia. Altri deliranti L'etere, la benzina, i solventi, i vegetali ricchi di amine neurotossiche, i prodotti della canapa indiana, oltre agli effetti stupefacenti, inebrianti, depressivi, analgesici, possono produrre in via secondaria anche allucinazioni e deliri. Tutte queste sostanze sono trattate altrove, in relazione alle loro azioni principali.
6.
Sostanze
volatili:
anestetici,
solventi, propellenti
L'abuso di sostanze volatili è tutt'altro che recente: già tra gli antichi greci e tra gli indios era praticata l'inalazione di vapori di spezie bruciate o di gas naturali provenienti da spaccature delle rocce, allo scopo di ottenere uno stato di ebbrezza che poteva giungere fino all'estasi. Le pitonesse di Delfi vaticinavano nell'obnubilamento provocato da fumi sprigionati da bracieri accesi in antri angusti, ove la mancanza di ossigeno si associava ad alte quantità di ossido di carbonio. Le prime osservazioni scientifiche sugli effetti psichici provocati da sostanze volatili risalgono al 1844, allorché venne osservato da Wells che il protossido di azoto, scoperto nel 1799 da Davy, possedeva proprietà anestetiche e inebrianti, tanto da essere chiamato gas esilarante. William James, diventato consumatore abituale di questo gas, lo ha propagandato attivamente. Il cloroformio, ottenuto nel 1831 da Souberain, è un altro anestetico volatile che è stato abusato a scopo voluttuario con conseguente cloroformomania. Lo stesso è avvenuto per il cloruro di etile, tetracloruro di carbonio ed etere, l'anestetico più usato come droga nell'Ottocento, specialmente in Usa, Gran Bretagna e Francia. In quel periodo sono stati molti i casi di eteromania: l'esempio più famoso è lo scrittore Guy de Maupassant. Nel secondo dopoguerra, con l'immissione in commercio dei collanti e con la scoperta del loro effetto esilarante, l'eteromania e l'abuso voluttuario di anestetici per inalazione sono pressoché scomparsi, essendo sostituiti dal glue-sniffìng, cioè dall'annusamento di collanti, di idrocarburi volatili, benzina, cherosene, e altri distillati del petrolio. Inoltre solventi, - acetone, toluolo, esano, cicloesano, - aerosol per uso domestico, come spray deodoranti, lacche per capelli, insetticidi. Sostanze che introdotte per via inalatoria, attraversando la barriera ematoencefalica, raggiungono rapidamente il sistema nervoso centrale, ove svolgono la loro azione tossica. Per di più se assunte in sacchetti di plastica, l'ossigeno nella miscela gassosa respirata si riduce progres-
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sivamente fino a indurre ipossemia che può portare alla morte per asfissia. Dal 1980 al 1990 si sono verificati negli Stati Uniti 110 casi di decessi attribuibili a questo tipo di abuso, appannaggio di soggetti particolarmente giovani, ragazzi tra i dieci e i quindici anni, specie di colore. Una pratica facilitata dal grande numero di prodotti, di solito di basso costo, in libero commercio. Fattori che fanno dei solventi la droga più facile per chi dispone di poco denaro, come spesso gli adolescenti. Gli effetti dell'inalazione compaiono entro pochi secondi; i più importanti sono la depressione del sistema nervoso centrale, del respiro e del cuore. A carico di quest'organo, specie se sotto stress, i fluoroalcani propellenti degli aerosol possono indurre un'aritmia cardiaca anche letale. La «morte improvvisa da annusamento», dall'inglese sudden sniffìng death, è appunto una manifestazione tossica assai tipica. Il soggetto che sta respirando nel sacchetto di plastica improvvisamente fa un balzo come se dovesse partire per una corsa e si accascia al suolo fulminato. La morte può essere provocata inoltre da edema della laringe o dall'azione depressiva delle sostanze sui centri respiratorio e cardiocircolatorio. Manifestazioni tossiche possono insorgere anche a carico di sangue e fegato. Gli effetti a breve termine appaiono subito dopo l'inalazione e scompaiono dopo poche ore o giorni. Inizialmente si ha un senso di euforia, un'ebbrezza esilarante per eccitamento dei centri nervosi. Possono seguire starnuti, tosse, allucinazioni, aumento della salivazione, ipersensibilità alla luce, agitazione e comportamento bizzarro con sensazioni di grandezza e di onnipotenza. Se l'inalazione è più profonda o se viene ripetuta dopo un breve periodo di tempo, il soggetto può presentarsi disorientato, con perdita del controllo di sé; si può avere incoscienza, talvolta convulsioni, incoordinazione muscolare e riduzione o scomparsa di riflessi. Gli effetti di un'inalazione breve scompaiono dopo parecchi minuti, ma se la droga viene concentrata in un sacchetto di plastica possono prolungarsi per parecchie ore. Un consumatore assuefatto è in grado di mantenersi high, «su», cioè in stato di eccitazione, per un periodo lungo. Possono seguire all'abuso mal di testa e stato di eccitamento della durata di parecchi giorni. Gli effetti tossici cronici si manifestano dopo mesi o anni di «sniffo»; emorragie nasali, occhi iniettati, alitosi, dolori al naso e alla bocca, stanchezza, pallore, perdita della memoria e di peso, tremori, sete, incapacità di coordinare il pensiero, depressione, irritabilità, ostilità e mania di persecuzione, fenomeni tutti reversibili. Invece le alterazioni epatiche, renali e cerebrali possono essere irreversibili, specie se coesiste abuso di alcool. Alcuni studiosi hanno riferito danni cromosomici, che però non sono stati confermati.
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L'uso prolungato può condurre alla tolleranza e alla dipendenza psichica; dopo circa un anno uno «sniffatore» di colla usa otto-dieci tubetti, al fine di ottenere lo stesso effetto di eccitamento originariamente prodotto da uno solo. E possibile, anche se rara, una dipendenza fisica con crisi di astinenza caratterizzata da brividi, allucinazioni, mal di testa, dolori addominali, crampi muscolari e delirium tremens. Come si è detto, il maggior numero di consumatori è nella fascia di età tra gli otto e i quindici anni, con una media di dodici-tredici; però da più parti sono stati riportati casi con più di venti anni. Le sostanze volatili vengono frequentemente consumate nelle prigioni e nelle fabbriche di solventi e aerosol. Nelle riserve indiane sono state descritte vere e proprie epidemie di sniffaggio di benzina. L'abuso è più frequente nei maschi che nelle femmine; le principali motivazioni sono curiosità e condizione sociale. Si associa spesso un comportamento antisociale, come guida pericolosa, danneggiamenti alle proprietà, specialmente a negozi, e furti. Molti soggetti abbandonano questa pratica dopo che la loro curiosità è stata soddisfatta; quelli che continuano di solito affermano di amare lo stato di high. La terapia divezzante è quella comune a tutte le droghe. Quella delle intossicazioni acute varia; nei casi leggeri basterà portare il paziente all'aria fresca, pronti ad iniziare la respirazione artificiale se la situazione non migliora. Dovrà essere comunque subito allertata un'ambulanza per avviare il paziente a un centro di rianimazione o a un pronto soccorso in ospedale per la necessaria terapia rianimativa, respiratoria e cardiocircolatoria. Nelle aritmie con fibrillazione ventricolare, causa delle morti improvvise da annusamento, l'unico tentativo terapeutico consiste nel praticare immediatamente le metodiche manuali di respirazione e di ripresa dell'attività cardiaca; se possibile l'iniezione endovenosa o meglio intracardiaca di potenti farmaci antiaritmici e antishock e infine l'immediato impiego di un defibrillatore, di cui però per ovvi motivi non è mai possibile disporre sul luogo dell'intossicazione.
SINOSSI DELLE D R O G H E PIÙ C O M U N I
Oppiacei IL PAPAVERO DA OPPIO Ha fatto sognare il Prossimo Oriente già da 5000 anni. Il papavero è all'origine di tutti gli oppiacei. Principali luoghi di produzione clandestina: il Triangolo e il Corno d'oro e il Libano.
DROGA E CARATTERISTICHE
MODALITÀ DI CONSUMO
EFFETTI FARMACOLOGICI
SINTOMI TOSSICI
Oppio
Una dose (0,5 g) riscaldata, poi fumata. Poco consumato in Italia.
Stato euforico seguito da un sonno onirico.
Indebolimento psichico e fisico. Disturbi neurologici. Dipendenza fisica: 75% Dipendenza psichica: 75%
Adoperata essenzialmente per uso medico per via iniettiva intramuscolare.
Analgesico potente e duraturo: può agire fino a 8 ore.
Nei morfinomani, oggi pochi in Italia, rischio di paralisi intestinale e di arresto respiratorio. Dipendenza fisica: 75% Dipendenza psichica: 75%
Venduta in dosi diluite (5-10%) si assume essenzialmente per via endovenosa. Costo: 1 g da 100 a 250.000 lire.
Brutale stato di benessere e voluttà (flash), poi impressione di vivere in un mondo senza problemi.
Rapida assuefazione, depressione, apatia, rischio di sovradosaggio letale. Dipendenza fisica: 100% Dipendenza psichica: 100%
Latex ottenuto per incisione delle capsule del papavero bianco.
Morfina
Principale alcaloide dell'oppio. Cristalli bianchi ottenuti per dissoluzione.
Eroina
Derivato della morfina. Differenti qualità dalla bianca alla brown sugar.
Cocaina LA COCA Arbusto che cresce nelle alte valli delle Ande (Bolivia, Perù, Colombia, Ecuador), o Quadrato d'oro. Le foglie masticate da sempre servono agli Indios come stimolanti.
DROGA E CARATTERISTICHE
MODALITÀ DI CONSUMO
EFFETTI FARMACOLOGICI
SINTOMI TOSSICI
Cocaina
Diluita al 15% è generalmente inalata in dosi da 0,2 a 0,5 g. Costo: 1 g 200.000 lire.
Eccitante, euforizzante. potente stimolante a effetto breve. Impressione di grande chiarezza di espressione.
Rischio cardiaco letale, depressione, violenza, paranoia. Effetto debilitante. Dipendenza fisica: 50% Dipendenza psichica: 75%
Fumata o inalata. Detta «droga dei poveri» in Usa. Arrivata da poco in Italia. Costo: 1 dose da 55 a 80.000 lire.
Flash molto rapido. Euforia, ipereccitazione, sensazione di essere onnipotenti. Allucinazioni.
Tendenza al suicidio. Disturbi respiratori, polmonari e cerebrali, gravi effetti da astinenza. Dipendenza molto rapida. Dipendenza fisica: 50% Dipendenza psichica: 100%
Polvere bianca ottenuta in laboratorio dalle foglie di coca.
Crack
Derivato chimico della pasta base di cocaina, sotto forma di cristalli brunastri.
Cannabici Conosciuta già dai cinesi (2700 a.C.) la canapa indiana (o cannabis) è coltivata in tutto il mondo. DROGA E CARATTERISTICHE
MODALITÀ DI CONSUMO
EFFETTI FARMACOLOGICI
SINTOMI TOSSICI
Marijuana o Erba
La droga più consumata nel mondo. Generalmente fumata con il tabacco. Costo: 2 g 30.000 lire.
Euforia, percezioni, immaginazione e socialità aumentata, loquacità, riso. Afrodisiaco.
Torpore, apatia. Distacco dalla realtà. Allucinazioni. Disturbi della memoria. Deficit immunitari. Dipendenza fisica: 25% Dipendenza psichica: 50%
Foglie e fiori seccati e trinciati.
Hashish o Kif
Resina estratta dalle estremità floreali dell'erba.
Psicofarmaci
stimolanti
anfetaminici
Sostanze di sintesi usate in medicina: combattono il sonno, sedano la fame, stimolano il sistema nervoso. Poco usati oggi in terapia medica. DROGA E CARATTERISTICHE
MODALITÀ DI CONSUMO
EFFETTI FARMACOLOGICI
SINTOMI TOSSICI
Estasi
Le anfetamine usate come droghe sono assunte per via orale o per via iniettiva, di solito preferita dai tossicomani. L'estasi invece è assunta solo per via orale.
Stimolazione cerebrale e sensoriale. Attiva le funzioni psichiche.
Abitudine. Dimagrimento. Disturbi cardiaci. Confusione mentale, aggressività, delirio schizofrenico. Dipendenza fisica: 50% Dipendenza psichica: 100%
Anfetamina coniugata con allucinogeno. Attualmente è la anfetamina più consumata. Sotto forma di pasticche è oggetto di un vero traffico.
Psicofarmaci
sedativi
DROGA E CARATTERISTICHE
MODALITÀ DI CONSUMO
EFFETTI FARMACOLOGICI
SINTOMI TOSSICI
Barbiturici Con esclusione dei preanestetici mai usati come droghe.
Per via orale, sotto forma di compresse o capsule, spesso associati a anfetaminici. Attualmente l'uso drogastico è pressoché abbandonato.
Sedativi, ipnotici, antiepilettici, depressivi del sistema nervoso centrale.
Facile il sovradosaggio. Depressione del sistema nervoso centrale fino al coma, paralisi bulbare con arresto respiratorio e cardiocircolatorio, morte. Dipendenza fisica: 100% Dipendenza psichica: 100%
Benzodiazepine
Per uso orale. La via iniettiva non ha impiego stupefacente. L'uso voluttuario è scarso. La autoprescrizione per sintomi fastidiosi quali insonnia e ansia è invece comune.
Tranquillanti, antiepilettici.
Tolleranza lenta di tipo funzionale. Ampio margine di sicurezza. Deterioramento delle capacità intellettive con perdita della memoria. Rarissimi i casi di coma letale. Alterazioni psichiche con confusione mentale. Dipendenza fisica: 25% Dipendenza psichica: 75%
Usato come droga essenzialmente il Flunitrazepam.
sedativi, ipnotici,
Allucinogeni
e
deliranti
DROGA E CARATTERISTICHE
MODALITÀ DI CONSUMO
EFFETTI FARMACOLOGICI
SINTOMI TOSSICI
LSD o acido dietìlamìde dell'acido lisergico
E preferita l'assunzione orale. Una goccia di LSD su una zolletta di zucchero o assorbita su carta assorbente o francobollo e sciolto poi in una bevanda. Costo: 1 francobollo 30.000 lire
Confusione sensoriale, disorganizzazione cerebrale. Illusioni. Forti allucinazioni, piacevoli o terrificanti.
Disturbi mentali, panico, impulsi suicidi o omicidi. Perdita della memoria e delle facoltà intellettuali. Flash back. Dipendenza fisica: 0% Dipendenza psichica: 25%
Si assume riscaldato, fumato o inalato. Pochissimo usato in Italia; molto in Nord America. Costo: 1 dose 10-15.000 lire.
Disturbi sensoriali, deliri, confusione mentale, allucinazioni.
A forti dosi: amnesia, convulsioni, coma. Incidenti mortali sotto effetto della droga. Dipendenza fisica: 25% Dipendenza psichica: 75%
Semisintetico dall'acido lisergico estratto dal fungo Claviceps purpurea o ergot. Il più potente e il
più diffuso allucinogeno del mondo occidentale. PCP o polvere d'angelo
Analgesico potente e anestetico per uso veterinario. Si presenta sotto forma di granuli bianchi.
Bibliografia essenziale
Cocaine its History Uses and Effects, Warner Books Ed., New York, n ed., 1966. - T R S I C , M . - W I L L E T T , R . E . , Quantitative, structure, activity, relationship ofanalgesics: narcotic antagonists and hallucinogens, N I D A Research Monograph 22, US Prin-
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Tascabili Economici Newton, sezione dei Paperbacks Pubblicazione settimanale, 26 febbraio 1994 Direttore responsabile: G.A. Cibotto Registrazione del Tribunale di Roma n. 16024 del 27 agosto 1975 Fotocomposizione: Sinnos Coop. Sociale a r.l, Roma Stampato per conto della Newton Compton editori s.r.l, Roma presso la Rotolilo Lombarda S.p.A., Pioltello (MI) Distribuzione nazionale per le edicole: A. Pieroni s.r.l. Viale Vittorio Veneto 28 - 20124 Milano - telefono 02-29000221 telex 332379 PIERONI - telefax 02-6597865 Consulenza diffusionale: Eagle Press s.r.l, Roma
IL SAPERE E N C I C L O P E D I A TASCABILE N E W T O N diretta da Roberto Bonchio il sapere è un'enciclopedia scomponibile che, rispondendo a un diffuso bisogno di conoscenza, si propone di offrire al lettore volumetti agili, economici, dal linguaggio facilmente accessibile, scritti da docenti universitari e autorevoli esperti italiani e stranieri. il sapere si suddivide in sette sezioni, ognuna contraddistinta da un colore diverso: scienze umane, politica economia diritto, scienze tecnologia medicina, società ambiente vita pratica, arte letteratura linguistica, storia archeologia geografia, comunicazione e spettacolo. Sezione di scienze tecnologia medicina E N R I C O MALIZIA/LE D R O G H E II libro, scritto da uno dei più noti tossicologi in campo internazionale, è articolato in due parti. Nella prima vengono esaminati i problemi posti dal fenomeno droga, classificazione, terminologia, motivazioni, spaccio e traffico di queste sostanze. Nella seconda vengono analizzati storia, tossicofarmacologia, meccanismo d'azione, clinica e terapia delle varie droghe raggruppate secondo struttura ed effetti. Un'opera scritta con un linguaggio semplice, chiaro e comprensibile a chiunque, estremamente concisa e tuttavia completa e aggiornata in tempo reale, per consentire una corretta informazione a tutti coloro che vogliono conoscere e valutare l'epidemia del secolo. Enrico Malizia, tossicologo, titolare della cattedra di tossicologia dell'Università «La Sapienza» di Roma, presidente e membro di numerose associazioni e accademie scientifiche italiane e straniere, medaglia d'oro al merito della Pubblica Istruzione e del ministero della Sanità, è autore di 330 ricerche e pubblicazioni scientifiche, nonché dei libri: Droga '80, Il viaggio fantastico di Hieronymus Bosch, Il medico e Mozart, Il ricettario delle streghe; con la Newton Compton ha pubblicato Le droghe e, con Hilde Ponti, Coca e cocaina. Dirige la Rivista di tossicologia sperimentale e clinica.
Questa collana è stampata su carta contrassegnata da <<Etichetta ecologica nordica», quale contributo alla salvaguardia dell'ambiente. Distristribuzione edicole A.Pieroni - Milano