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EDD (Un'Enciclopedi3 D'Dr;emamcnto) nasce all' interno del la Ellcìdopl'dia umatiCil Apt:rtn che l'EdiLOriale Jaca Book sta realizzando, L:insieme dei piccoli volumi di EDO copre già e copriril negli anni molti insegnamemi univers il'ari cmi come c3mp; dclb ricefc.! e delle arri non ancorot riconosciu ti dall'università italiamt. Partecipano a EDO studiosi e riccreatel r; eu ropei ed extraeuropei per presentare, come dovessero svo lgcrt= u na .. Ie-/jonc inaugurale.. di fro nte a Sfuden ri c colleghi, la loro disciplina. Ogni volume di EDO non è perciò l'esposizione di un problema, ma costintisec la presentazione d i una d iscip lina, d i u n cam po scicnr ifieo od espressivo. Abb iamo chiesTo ad ogni aurore di fa re il punlO su tale campo e di essere perso nale come s rc.~se inrroduccndo Ull suo "co rso» . Abbiamo anche ch icsw di indicare i luoghi e le istituzio ni , a livello imern:nojonale, che l'autore stesso vogli:! co nsigliare:! colleghi o studenti per in izi,l fSi alla sua discip lin a. Sono già programmari oltre 120 titoli. Li t:ìlciclopl'dia ìhnatica Apl'rtn, i cui pflnu volumi sono già usci ti a partire dalla fin e d el 1992, è costintita d a Dizionari Enciclopedici illusmHi di ci rca 4 50 pagine l'uno. Attualmcm t! sono d isponibili 16 vo lumi.
UN'ENCICWPEDIA D'ORI ENTAMENTO
EDO
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AUGUSTO GRAZLANI
LA TEORIA DEL CIRCUITO MONETARIO
Il Jaca Book Il
© 1996 Editoriale Jaca Book spa, Mi lano rutti i d irini riservati prima edizione itali ana
onobre 1996 copertina e grafica
Ufficio grafico Jaca Book Stampa G. Canale & C. S.p.A., Borgaro T.se, Torino
EDO è stara ideara per la libreria in occasione del progetto edito riale in corso d i realizzazione della Enddopedia umatica Aperta (ETA). La 1.A.c. di Bologna cu ra il marketing c la pubblicità diretta della Encicwpedia matica Ap"ta.
u-
ISBN 88- 16-43098-2 Per informazioni $ull~ opere pubblicate e in progl'llmma
ci 51può rivolgere .:l.: Editoriale Jac:a Book spa, Servizio Lettori, via Giobc-:ni 7. 20123 Milano Te!. 02f48 56 1520/29; Fax 02/48193361
I NDICE
Inrroduzione
Pag. 9
La d efi nizione di
cconomia monetaria c le o rigini della 1ll01l~ta
pag. 17 Lo schema della circolazio ne monetaria
Pag.25 La cn::lzio nc di moneta bancaria Pag.3S
Redditi. pre-ai e profitti
P'g.45 I mercati finanziari
P'g.55
Osservazioni conclusive Jl ag.6 1
Hibliogr:tfi ..
P'g.69 I Luoghi
P'g. 75
LA TEORIA DEL CIRCUITO MONETARIO
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I NTRODUZIO NE
Nel corso degli ultimi venti anni, si è andata di/Tonden do. sopranuno ad opera di economisti fr,mcesi , una formulazione (corica che ha preso il nome di /l'orin d~/ cirCllitO mOlluflrio. Q uesta cosrfu'f.ione, che assegna un ruolo centrale alla rum.ione della moneta nelJa determi nazione dell'equilibrio economico. si contrappone alla tOOria economica dominante, storicamente collegata alla ({:oria marginalisra c basata sull 'analisi dci comportamento individuale. 1'3.1e teoria tende a sonolincarc la lIel/tralità de/la mOf//!lfl rispcrro alle grandC'Lze economiche reali (occupaziom e lavorativa , livello di produzione, distribuzione del n:.-ddil~ fra salari, profini e ah'rc fo rme di reddiro). Se da un J;no la teoria dci circu ito si co ntrappone alla teoria tradizionale marginalisra, dall'altro essa si differenzia anche dalla maçrocconornia di stam po kcyncsiano: nella teoria del circuiro infarti la moneta esplica le sue funzioni principali in quantO mezzo di pngn/1/t'IIIO, mentre secondo la scuola kcynesiana, le conseguenze maggiori derivanti della prese nza della moneta si osservano In quanto la moneta viene trattenuta com~ scorta liquida,
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G li esponenti fr..mces i della domina del circuilO possono essere distinti in m: gru ppi principali . Il prim o è rappreSCnt:ItO dalla così detta Scuold di Digione che, an im ata da Bernard Schmi n , possiede ramificazioni in Svizzera, a Friburgo, dove inst:gna lo Stesso Schmitt, cd a Vezia, presso Lugano, dove è anivo A. Cencini . Un secondo insieme di studiosi è rappre5elHam dal Gruppo di Parigi, son o intorno ad A1ain Parguez, fondatore della collana MOIIIIl/ie et Prodl/ctiol/; mie gruppo è strettamente co llegalO ad aUlori canadesi fra ncofoni, fra i q uali spicca Mare L:lvoit:: dell' Universirà di Onawa. 11 ramo parigino, non se mpre rispenoso delle capillarità termi nologichc c concenuali sulle quali insiste invece Bernard Schmitt , è pcr contro molto sensibile ai problemi concre ti della politiGI eco nomica dci paesi avanzati. Infin e, un [eilO gruppo, molto attivo negli anni ommta , è sono a Bordeau x inrorno il François Pou lon. Q uesti ha cercaw di costruire, sulla base della donrina dci circuilO, un modello l11acroeconomico co mplt:to ed è l'u nico, fra gli autori fra ncesi dci circuilO . che si si a avvenl'ura to a redigere un manuale complcro di macroeconomia (Poulon 1982). L, domina del circuito mon etario ha destato interesse anche presso studiosi italiani (si vedano le analisi d i M. Messori 1985 e 1986, no nché il rcsocomo sinretico dei principi di 'luesta corrente di pensiero in Graziani
1989 c 1994). Sebbene agli autOri francesi dianzi ricordati vada il merito di avere posro la circolazione monetaria al centro dell':l1\'11isi economica , non si può d ire che essi siano in (Uno gli scopri tori origi nali di tale idea. Una descrizione dd circuito monetario è presemata, in modo sintetico, ma chiaro e com pleto, nella monografia giustamente famosa di Knur Wickscl1 . IIIft'rm~ mOlleltlrio ~ prazi dei
lO
bm; (Wicksell 1898, cap. IX, Scz.. B). Lo stesso termine drcl/il, introdotto dagli studiosi fra nccsi, dcriva dal termine tedesco Kreisl/tl/j Tale termine (tr:ldorro in italiano a volte com e oecircuilO,. altre volre come oeprocesso circo1:UClo), viene utilizzaro molm largamente dagli scrittori tedeschi per designare in gCller.l1e la circola7.iol\ t! non soltanto della moneta m a anche delle ricchezze (Schumpcter 191 2, cap. I; Ncisser 1931); visio ne q UCSr:l che ricalca le orme dei primi fisiocratici, che descrivevano il meccanismo economico come un o rganismo nel quale la circolazione delle ricchC7.1..e procede in modo non d issimile dalla ci rcolazione del sangue nel corpo umano. In ogni presentazione elementare della teoria della monera, si stabilisce che la mOllem. olrre ad essere il numerario comu nemente usa to per la misura dci prezzi, esplica due fu n'Lioni principali : al di essere mezzo d; pllgat1Ielllo, e; b) di essere rùerva di Ilfllori (infarti , se si prescinde dai pericoli dell'infl azione. la mo neta rapprt!senta il mezzo mi gliore pc r trasferire una ricchezza nel futu TO lenendola rurtavia in fo rma liq uida. sempre pronta per essere spesa). G li aurori dci circui to ritengono che, tra le due funzioni della moneta , la prima sia quella centrale e che la mo neta eserciti il suo influsso pitl profondo su\l'equi librio eco nomico. non già quando viene tenura come scorta liquida, ma qlf(mdo /linu liti/izzma L'OfIll' meZZi) di paga111m/o. Il termine d i uoria del circuito mOllUflTio frae o rigine proprio dal faltO che la teoria analizza il c iclo complcm della moneta dalla sua e missio ne ad opera delle banche SQcro forma di c reditO concesso alle imprese prod unive, alle utilizzazion i successive della mo neta nei merca ti. fino al rimbo rso del debito co n il ri tOrno della mo neta alle banche e sua conseguente distruzione.
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L'analisi degli anelli di qUClita carena parte da un assunto fond::lmemale: che, fra i due gruppi sociali d egli imprenditOri c dei lavoratori, si debba dfereuare una rigorosa disdnzionc, in qualllo gli imprenditori, avendo accesso al creditO bancario, dispongono di una capacità d 'acquisto virrualmeme ill imitata, mentre i salariari dispongono solt:mtO dci redd ito effettiva mente guadagnato e riscosso. I d ue gruppi soci:lli sono qui ndi soggetti a vincoli del bilancio profondamente diversi , il che dà luogo ad una differell1~'l di fondo nella con figurazione del loro agire. Quesm assunto conduce ad una frattura rispetto alla dourina marginalista. Secondo mIe domina, non è mai la disponibilità di moneta a rapprese ntare un vin colo per il soggetto economico, 1::1 cui capacità d'acqu isro è fissata da gr.lIldezze aventi natura non già monetaria ma reale, quali la sua attitud ine al lavoro o il valore d i mercaro dci suo patrllllOnlo. In ulteriore antitesi alla teoria dominante, i culwri della teoria dci ci rcui to sottolin eano il fatto che le imprese, avendo accesso al crcd im banca rio, e avendo q uindi la disponibilità dci mezzi di pagamento, godono alt rcsl delle seguenti possibilità: a) esse possono acquisi re mezzi di produzione c determinare secondo criteri propri il livel lo dell'occupazione nonché la Ilarurn del la produzione; b) a produzione ultimata, essi possono acquistare l:! quan tità de.siderua del prodono (presumibilmelllc beni strumentali) Teoricame nte senza limiti. I lavoratori, peT contro. si trovano in una siruazionc opposta. La loro cap
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do unilaterale: dalle imprese. Si deve: quindi concludere che, per i salariati, il livello del salario reale è fissato da decisioni esterne; esso può certameme essere: oggeno di lotta politica, ma non di contrattazione: di mercato. Come diceva , ohre meuo secolo fa, François Simiand, . iI salario monetario è un fanoi il salario reale: è: un'opinione» (Simiand , 1932, voI. I. p. 160). Se i lavoratori avessero la possibilità concreta di contra ttare il salario reale (e cioè, in termini concreti, la quantità di beni reali che essi potranno effettivamente acquistare), le imprese perderebbero il potere di determinare, mediante decisioni indipende:nti, l'ammontare e la composizione dci prodono finale. Assumere che le imprese: abbiano il pieno controllo d ella produzio ne equivale dunq ue: ad assumere che i lavoratori possano eomT3nare unicameme illivdlo monetario del loro salario. Come già osservato, il fimo Stesso di att ribuire impor(an1.3 alla moneta come pOtere d'acquisto, mette i teorici del circuim in conflitto anch~ con lA lCUOIA k9n~ùma, scuola che. come è no to, attribuisce rilevall2.a economica alla moneta soltanto in quanto giacen1.3 liquida inene. Secondo i keynesiani, infatti, è proprio la domanda di scorre liqu.ide (governata dalla cosi detta . preferenza per la liquidità») a provocare, con i suoi sbalzi improvvisi. cadute della do manda globale e crisi di disoccupazione ricorrenti e prolungate. Per gli aurori del circuito, per contro, le fluttuazioni nella preferenza per la liquidità e: le Amtuaz.ioni che ne conseguono nell3 domanda di beni, sebbene incontestabili nell'esperienza storica, no n rappresemano l'aspetto piLl rilevante dell'economia di mercato: incidono in modo assai piu profondo sul percorso dell'economia i Aussi monetari e: creditizi, le decisioni di finam.iamento che scaturiscono dalle trattative
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fra banche c imprese, la proporlione in cui la produzione prcnde la forma di beni di consumo oppure di beni capitali, la disrribuzione del reddiro reale fra salari c profin i. Le idee fo ndanti della teoria dd circuiro possono essere schematicamenrc riassunre in poche proposizioni: ::l. L'l. moneta ha natura cr<:diti1.ia ed è costiruir::l essen1.ialmemc da crediro bancario; b. L'l. moneta bancaria viene creata nel momenro in cui un soggen o utilizza il credito co n ces.~ogl i da una b:Ulca per eflenuare un pagamento e vien e distrutta nel momento in cui il credito viene rim borsato; c. Una analisi teorica com pleta deve spiegare l'intero percorso della moneta, dal momento in cui il credito viene concesso, lungo tutti i successivi passi della sua ci rcolazione nel mercatO, fino al ritorno al primo prenditore, con conseguente rimborso del prestito. La moneta nasce dalla ban ca, si estingue rornando alla banca: il suo percorso può essere denominato circu ito; d. Poiché la moneta viene creata e inrrodona nel mercato attraverso contrattazioni fra banche e imprese, la quanrità di moneta esistente possiede la natura di grande7..za strettamente endogena (e cioè determinata da meccanismi di mercaro); e. La collettività è suddivisa in due gruppi distinti, d i cui il primo, quello degli imprenditori, ha accesso al credito bancario e gode q u.indi di una capacità d'acquisto svincolata cos1 dal reddiro come dalla ricchezza posseduta, mentre il secondo, quello dei lavoratori consumatori, è ammesso a spendere soltanto il redd iro già guadagnato; f. Poiché il credito non viene concesso a tutti i soggetti in pari misura, il sistema dei prezz.i riAette il modo in cui la capacità d'acquisto è stata distribuita nella collerrivirà.
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Di conseguenza il teorem a della neutralità della moneta non risulta valido: g. Lanalisi economica, nello spiegare comc la creazione di moneta determini simul ra neamenre la c.li.~ lribuzio ne del reddiro fra consu mi e invcsrimcnri e la formazione di sala ri c profìni, mostra an che come la moneta svolga funzioni che van no molto al di là del semplice ruolo tecnico d i rendcre possi bili gli scambi c di migliorare il fun zionamento del mcrcato: pcr il gruppo :lIl1nH:SSU a usufruire d ci crediro ba ncario, la moneta è in&n i fo me, sul piano cconomico di profitti, su! piano sociale di po[erc.
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LA DEFINIZIONE DI ECONOMIA MONETARIA E LE ORIG IN I DELLA MONETA
Un'economia di bllmtto è un't.."Conomia nella quale, come nelle economie primitive, le mcrci vengono scambiate direrr:tmcntc l'una conuo l':t[rm. 1:, le economia ammette la poss ibilità. che una merce specifica flLl\ga da imer-
mediario generale degli scambi: l'oro, ad esempio, porrebbe essere la merce comunemente accemua come pagamemo, e potrebbe costitui re tlUella che usualmcnrc viene dcna monetll merce. M a un'eco nomia che si avvale come ffiC'LZO di scambio di una merce, sia pure in forma di mo neta conialtl. rimane un'economia di bara rro; si tratterà al pii:l d i un'economia di baran o pcrfC'lionam, in quan ro allo scam bio diretto di una merce CO lltro l'altra è Slaro sosd ruito un baratto intcrmediato da una singola merce sp/.:cifìca che, fra le tante, è stata scclta a svolgere le funzioni di intermediario generale degli scambi. Po iché la presenza di una mon Cla merce, producibile anche privatamente. non toglie all'economia il ca rattere di econom ia di baran o. dobbiamo concludere che un'economia. per essere una autentica economia monetaria, d~//e fore lISO di unfl mO'Irta segno. Un'economia di Cl·dito è una forma intermedia fra l'eco-
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nomia di baratto e l'economia monetaria, nella quale le merci circolano grazie a sem pl ici promesse di pagamellfo bilaterali, spontaneamente accettate dai singoli operatori. Per fare un esempio semplifìcato, supponiamo che i pagamenti vengano effettuat i mediante rilascio di cambiali aventi tutte una medesima scadenza ; al giorno della scadenza, se tutti i soggetti hanno rispettato il vincolo dci bi lancio, le cambiali che gli operatori si sono reciprocamente rilasciate risulterebbero perfettamente compensate e verrebbero tutte simultaneamente estinte. Un'economia di credi to, a patto di essere formata da soggetti che rispettano il vincolo del bilancio, potrebbe dunque funzionare senza inconvenienti. È bene peraltro sottolineare il fatto che le promesse di pagamento di un'economia basata sul credito diventano pagamenti definitivi soltanto nel momento fmale della compensazione: nessuno infani può cffcnuarc un pagamc.n·ro defìnitivo mediana: promesse di pagamento da lu i stesso rilasciate (se cos1 fosse, soggetti poco scrupolosi potrebbero arricchirsi illimitatamente promettendo pagamenti futuri). A differenza dell'economia di baratto e dell'economia di credito, un'autentica economia monetaria non fa uso né di moneta merce né di sempl ici promesse di pagamento. Affinché. il mezzo di pagamento usato sia vera moneta, esso deve rispondere a tre requisiti: a. non dovendo essere una merce, il mezzo di pagamento deve essere una moneta segno; b. l'uso di tale moneta segno non deve costituire una semplice promessa di effettuare un pagamento in avvenire (promessa tipka dell'economia di credito), ma deve dare luogo ad un pagamento definitivo; c. l'uso della mon eta, ancorché si tratti di moneta segno, deve essere regolato in modo da non concedere ad
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alcun soggetto «privilegi di signoraggio» (e ci&: sebbene [Uni paghino con una moneta priva di valore intrinseco, nessuno deve ottenere merci senza dare in ca mbio altre mcrci aventi valore di mercato equivalente). Cunico sistema di pagamemi che soddisf., mli condizioni è un sistema nel qLla le ogni pagamcl1IO fra d ue soggetti viene effenuam attrtlVtrJQ !'illurvento di Wl terzo soggetto, che funge da imermediario. Al giorno d'oggi, mie imermediario è usu alm enre L1na azienda di ered im. AI fine di immaginare concretam ente un sistema di pagamenti siffano , consideriamo il caso in cui i biglieri i di banca siano assenri e ru rri i pagamenti vengano effenuati mediante assegni bancari. Quando un soggen o effeuua un pagamento mediante il rilascio di un assegno bancario, la sua controparte accetta, in cambio dell e merci ced ute, l'accredito al suo deposito bancario della somma dovuta. Una volta consegnato l'assegno. il pagamento si intende perfez.ionato e, fin i dI/t soggetti, non ri mane pendente alcun rapporfO di debilO c di credi to direno. Restano invcce in vita rapponi di debito e di credito fin ciascuno dei dM soggetti da un IAto t /d bmlcil dalI filtro; e, precisamenre, il co mpratore rimane deb itore della banca, mentrc il venditore diviene suo creditore. In quesro sistema, è evidente che la moneta ha natura creditizia, in quanto basata su rapponi di credito: il pagamento monetario non dà luogo però ad un rappono di credito diretto fra i due operatori, bensi ad 1m rapporto indiretlo, instaurato mediante una relazione triangolare con un terzo soggetto (la banca) che si fa intermediario dci pa.samenro.L1 natura creditiz.ia della moneta ii estende anche tllia moneta mettlllicn. Questa ha tutta l'apparenza esteriore di moneta merce; ma si (fana di semplice appare07.a: come disse Keynes, anche la rupia ind ian.a alno non è che ~ un bi-
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glieno di banca srampalO su un peuo d'argento_ (Keynes, 191 3, cap. III . p. 26; la medesima conclusione veniva r:.lggiunta anche da Schumperer). Il sistema triangolare dci p:lgamcrui vale non soltanto per i pagamenti fra singoli individui, ma anche per le aziende di credito nei loro pagamenti reciproci. Infatti, se le singole aziende di credi to regolassero i pagamenti fra l'una e l'altra mediante trasferimenti di propri depositi bancari . eS$e darebbero luogo ad un'ccono mia d i crcdito: o ppure, se tali rrasferi mcmi venissero intesi come pagamenti defi ni tivi, si aprirebbe nuova me nte b strada a possibili privilegi di signoraggio. Affinché anche nei rapporti fra banche sussista un'autentica economia monetaria scma privill.:gi non dovuti. occorre che i pagamenti fra aziende di cred iro vengano intermediari da un Icrl.O soggeno che funge da organo centrale dei pagamenti. Tale soggeno è di regola la Banca centrale, che viene derra per l'appunto la banca delle banche. L'I medesima procedura vc=rrcbbc ad applicarsi anche fra si ngole B.·m che centrali se. come da molte parri è stato suggeri to. ven isse isrituita una B.'Inca mondiale. In mancanza di una sim ile islitll'l.ionc iruernazionalc, le Banche centrnli dci singoli pal'Si possono regolare i loro r:.lpporti soltanto in due modi: al iII "tim~ di ~dito, e ci~ mediamc ".'dpToche di[:I.1.ioni di pagamento. in ancsa di lIna compensazione delle rispeuive p;u[i[e del dare c dell'avere, oppure: b) in regime di btlffltto e cioè sctmbiandosi una monet:l merce che.. nci pagamemi fr:.l banche centrali, è ruuora r:.lppre.se.nrala dall'oro in verghe. Nel mercaro internazionale ricompare dunque ancor:.l oggi 1:1 moncrn merce. Da quanto si è de.tto fin q ui, emerge un pro blcm:1 ccntralc che devono affronlare tutti i sistemi di paga mento che non f.IIIIlO liSO di moneta merce (e. quindi l'crono-
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mia di cred ito e l'economia moneraria): q uello di stabili· re Ullll scadmZfl umporlll~ entro la quale i pagamenti re· ci proci devono essere compensa ti. La compensazione non può esse re immediata , alni menti si to rn erebbe al baran o; ma no n può nemmeno essere indeterminara, perché un debito privo di scadenza è di fiuto inesistente. La determinazione delle scadenze e delle sanzioni a cari~ co dei soggetti ch e non le rispetta no è compito dell 'ordi~ !lamento giuridico di ogni sistema di pagamenti .
La crt!flzione di moneta Consideriamo adesso un mercato del credito perfen a· mente conco rrenziale, nel quale le im prese possano in qualsiasi momento rivolgersi :Id una banca c ottenere il credi to desiderato, a parto di pagare il (asso di interesse corrente; c supponiamo che sia assente ogni incertezza in merito all'andamemo futuro dei mercati monetari . In condi7.ioni simili , nessun operatore razionale si indebi ra con una banca se non nel momento esan o in cui deve effettuare un pagamenro; nessuno infatti sarebbe dispo. sto ad accollarsi un inte resse passivo allo solo scopo di tenere ulla scona li quida inutilizzata. Il credito vielle quindi richiesto nel momento in cui il soggen o inreres· sato deve effettuare un pagamento e immediatamente urilizzato per il pagamento stesso. In quel momento, si verifica contestualmente la nascita di due rappoHi nei confro nri della banca, rispettivamente un rappono di debito a carico di chi effettua il pagamenro ed un rap-porto di credito a favo re di chi lo riceve. Nasce al tempo stesso una giacenza liquida, dapprima inesistente, di cu i è titolare colui che ha ricevUfO il pagamenro. Possiamo
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quindi concludere che, ilei momellto lUSSO ;n cui 1m pagammto llielll' tjJeUlffltO, s; ha crt!aziolle di mOl/eta. La definizion e di moneta e di pagamento monetario data dianzi, smentisce implicitamcnTc la ricostruzione StOrica, ancora oggi la piu diffusa, in merito all'origine della moneTa. Si ritiene usualmente che la moneta sia stata, nel lontano passato, un bene materiale panicolare, prcSCcllO in virTU delle sue proprictà merccologiche (i l sa le, i! besriarne), sostituito in tempi successivi dal metallo prezioso, poi da l rnetallo con iato (;Illo scopo di avere la cert'CZ2a dci IÌtolo e del peso), poi da lla carta mon eta (rappresentame del metallo), e infine dalla moneta bancaria. Questa teoria della genesi .~ torica della moneta come successione di perfezionamenti graduali, sllccessione culminata al giorno d'oggi con le forme piil moderne deHe carte di credito e del la moneta elct1ronica, vanta un:l fT:ldizion e :1111ica c gloriosa. Ad ~ssa hanno aderito gli studiosi pitl ill ustri degli ultimi due secol i d3gli ital iani Ferdinando Caliani (1728-1787) e Fra ncesco Ferrara (1810-1900), all'austriaco Cari Menger (1840-1921), al l' inglese Alfred Marshall (1 842-1924). Si deve notare peraltro che cI :1 tale ricostruzione dissentirono sempre stud iosi altrettanlO il lustri, q uali il Keynes ( 1883-1946) e lo Schumpeter ( 1883- 1950). A qucsta visione, che riconduce la nascita dclla moneta all'azione spontanea del mercato, si co ntrappone nettamente una diversa linea tcorica che nCb'a al mercato la capacid di amibuire ad un mezzo specifìco la natura di moneta, e sostiene viceversa che per eleva re un mezzo di pagamcnro al mngo di moneta è necess:u io un riconosci· menro ufficiale da parte della legge. Questa è la cosi detta .. teoria statale della moneta.. , sostenuta soprattutto da G.E Kn,pp (1842- 1926).
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t
evidente che l'uso di un mezzo di pagamento spo:ifico non può essere imposto per legge, in quanro il mercato resta sempre libero di scegliere i mezzi di pag:lmcnto prc~ feriti e di rifìutare quelli che l'autorità ddlo Stato cerca di imporre; ciò che però la legge è in grado di f.trt è di indi~ viduare un mezzo di pagamentO specifico e d i nrtribui" ad NW pof~ libffllforio, Sl'abilendo che t'aie rnC"ao è Slru~ mento legale per estinguere il debim. Nel corso della storia, ricorrono molteplici casi di tipi particolari di biglierri il cui uso è s tato prescritto per legge: il banchiere John Law (l67 1 ~ 1729), in ulla f.'1Se ancora fOT[Unata della sua famosa avventura, ottenne che le imposte dovute alla città di Parigi venissero obblib"3roriamemc pagare medianre biglien i emessi dalLa banca di sua proprietà; analogamente, Sismondi (1733- 1842) racconta che Ma ria Teresa d'Ausrria, nel tenw(Ìvo d i sostenere le soni della Banca di Vienna, ordinò che le imposte venissero pagate unicamen.rc in biglicrri emessi da quella banca. AI giorno d'oggi, il sis[cma dci pagamenri è bas.1to sulla moneta emessa dalla Banca centrale, moneta che. ndl'ambiro dell'economia nazionale, possiede valore liberatorio in virtù di una esplicira nOrlm d i legge. Una terza. ancora dive rsa, li nea di pensiero è srata ava n1A1t:l da due s[udiosi redeschi , G. Heinsohn e O. Steiger. Costoro hanno elaborato una ipotesi particolare in meritO alla nascita della moneta. I due aurori si all inr:a.no alla scuola kcynesiana nel definire nlllz.ione princ ipale della moneta quella di coslilllirt /l/In scortn liq/lidll iOlltrD I~ tvm;mu il/urtt. Seco ndo 1:1 lo ro ricostruzio ne, nel la so~ cie [~ arca ica, nel la quale la terra è proprietà comune della collenivirà e il prodotto viene suddiviso fra runi con criteri patriarcali, il bisogno di detenere scorre liquide non è avvertito. La protezione contro eventi incerti spct-
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ta alla collettività. la q uale prende misure a favore di tu t4 ti; ma tali misure devono necessariamente avere natura reale e no n moneta ria (ad esempio, sol tanto una scorta di viveri può proteggere la eollettività contro l'eventua4 li rà di un cattivo r3eeoho). Q uando. in luogo deUa pr04 prierà collerr iva, si afferma la proprietà privata, la sirua 4 7.ione si modifica r3dicalmente in quanto adesso è il si n 4 gola a doversi procurare una prOle'"/.ione contro gli cventi incerti. La proIezione individuale può essere ottenuta non soll'am o accumub ndo scorte d i beni reali ma anche accumulando una scorta liquida, la quale diventa adesso un bene utile. D 'altro cam o, chi cade nel bisogno è costretto ad indebitarsi e poiché la liquidità è un bene utile, per prcnde rla a pre.u ilO occorre pagare un interesse. C hi è gravala da un debito, pcr essere in grado di pagare gli inrerc.~s i deve gu adagnare un profi no dall'attività prod utt iva; nasce cos1 lo st imolo al pro~ resso tecnologico
come: fonce di profitti. Heinsohn e Sreiger mostrano come nel l'antichità i pri mi prestiti mo netari siano stati ef4 fe u uari dai santuari , che faccvano credito a lTome di un deposi IO di merci effettualO a garanzia; in cambio dd l'avvenuto deposito, venivano rilasciati attestati che circolavano come moneta. Anche le prime for me di monem a rcaica, a lo ro avviso. hanno quindi avmo la natura di mo neta c redi tizia (H einsohn e Steiger 1983 e 1993) .
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Lo
SCH EMA DELLA CIRCOLAZIONE M ON ETARIA
Diamo adC$so una breve descriz.ione dcUe fasi in cui , secondo i (corici dci ci rcuito. si articola il funzio namento di un'eco no mia mo netaria. Una descrizio ne simi le a
quel la che segue si frova già nell'opera di Wickscl l (1898, cap. IX, Se1.. B), cd è stata successivamente ripresa da numerosi aUlori (Pargucz 198 1; Lwoic 1987; Wray 1993; Graziani 1994). I soggetti presi in co nsiderazione in q uesta prima rapprescntaz.io nc schemalica so no sohanro q uattro: la Banca d i emissione. le Aziende di credilo, le Imprese, cd i lavoratori sal:ui:ui . Il settore pubblico verrà aggiumo in seguito. Apertu ra del circuiro Il primo passo nel processo economico è la decisio ne presa dalle banche di accogliere la richiesta delle imprese
ed accordare loro 1m fi"nllziammlo c/u COIl$~1II11 di aV/1iare il prousso produtti/lo (ricordiamo che i teorici del circuito assumono di regola che soltallto " intpml! sono am messe al c redilO bancario). Poiché stiamo considerando le imprese come un senore
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unico, integrato e consolid:no, il solo acquisto che esse devono effettuare prima che il processo produttivo abbia inizio, è queJ10 della forza lavoro, e l'unico pagamenro cui esse sono tenute è quello del monte: salari. "!ùni gli altri scamb i possono essere rrascurati in quanto transazioni interne al setto re delle imprese. La domanda di credi to da parte delle imprese, essendo quindi pari al monte salari, dipende dal salario monetario e dal numero di lavoratori che le imp rese intendo no occupare. La definizione dci f.1.bbisogno in iziale di credito del le im prese come equivalenre al monte salari ha il merito di mellcre chiaramenre in luce come tra mercato del lavoro e mercato del cred ito sussista lIna relazion e stretta: ogni aumento del salario monetario o dell'occupazione fa crescere il fa bbisogno di cred ito, c impone alle imprese di rinegozi:u c il ra ppoTto con le banche. È: per questa ragione che le imprese, quando si trovano a trattare la derermin3zionc del &.11ario moncm.rio, si preoccupano anzitutto del le possibi li rea7.1oni dci sistema bancario, dal quale d ipende in ultima analisi la possibi lirà p er le imprese di fare frome a un li vello più elevaw di salari . In ulrima analisi. la politica salariale delle imprese è legata qui ndi alla pol itiCI creditizia del setto re bancario. C ircolazione della moneTa La seconda fase del processo economico è dara dall, d~ci JiOlli di prodltzioll ~ (' di sptsn. Una volta concluse le rratt:uivc nel mercato del lavoro, le imprese decidono in piena libenà il nu mero di (avoralOri da assumere, il vol ume di produzione, la ripanizione della prod uzione fra beni di consumo e beni slfumenrali. Dal ca nto loro. i lavora(Ori possono decidere soltanto co me util iz7.;lTc i loro sala-
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,•
ri monelari, e precisamenu: quamo spendere nel mercato dei beni, quanto risparmiare, e come suddividere il risparmio fra titoti acquistati nel mercato fìnanziario e scorte liqu ide, tenUle sono forma di moneta legale o di depositi bancari (nel caso semplificato che stiamo esaminando, essendo staTO tralasciaTO il serrare pubblico, i titoli acquistati nel mercaw finanziario non possono esst:re che titoli emessi dalle imprese). Effettuata la produzione, i beni prodotti vengono messi in vendita. In paHe essi vengono venduti ai consumatori fina li, in parte essi vengono scambiati all'interno del settore del le imprese, nel senso che le imprese ch e intendono mitizzare i beni capitali prodotti nel corso del periodo li acquistano dalle imprese che li han no prodotti. La moneta che i salariati spe ndono nel mercato dei beni , al pari del la moneta spesa nel mercato tìnanzi;lrio per l'acquisto di titoli emess i dalle imprese, ritorna nelle casse delle imprese e rende possibile a queste il rimborso dei debiti contratti con le banche. Nella misura in cui le imprese estinguono i debiti bancari, un eguale ammOllIare di moneta viene distruno. Nella misura invece in cu i i redditi dei lavoratori non vengono spesi né per l'acqu isto di beni né per l'acquisto di titoli, ma vengono tranenUli come giacenza liquida (SOttO forma di depositi bancari) un ammonta re equivalente di monela rimane in vita. A tale ammontare, che rappresenta un credito dei salariati verso il sistema bancario, corrisponde un eguale debiTO delle imprese verso le banche. C hi usura del circuito Con il rimborso del debito bancario e la distruzione della moneta inizialm ente creata, il circuito monett1rio si
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(hilld~.
La moneta verrà nuovamente c reata allo rché le banche concedcr.lnno nuovi crediti per la realizzazione di un nuovo ciclo produnivo. La co ncessione di nuovi crediti può apparire quasi auto matica se le imprese, in vece di rimborsa re il debilO bancario, utilizzano direttamellfe per il nuovo ciclo prod univo la liquidità proveniente dalla vendi ta di beni e del l'emissio ne di ti toli . Ma questo apparente aUlomatismo non significa che le imprese siano divenute finanziar iamente indipendcnri dalle banche: il f.1tlO stesso di utilizza re per un nuovo ciclo produttivo liquidità co ncessa dalle banche, utiliv.ata per il ciclo precedente e poi nuovamente raccolta nel mercato implica, da pan e degli istituti bancari, un consenso al rinnovo dci cred iloi il che è equivalente ad un nuovo finanZiamento. A questo punto è utile introd urre una co nsiderazione in merito all o svolgimento del ci rcuito monetario. Da q uanto detto in precede nza, risulta con chiarezza che la moneta ha un'esistenza protratta nel tempo sohanto nella misura in cui una parre dei redd iti d ist ribuiti viene tranenUGI sou o for ma di depositi bancari (o di moneta k-gale, se esistente) a titolo di scorta liquida. Se invece tutti gli operatori si dovessero co mportare alla lettera cosi come immaginava J. B. Say ( 1767- 1832), e cioè spendendo immediatamente ogni SOmma mo netaria percepi(a, la moneta ci rcolerebbe a velocità in finiGi e, non appena creata, verrebbe immediatamente distrutta. C hi , in un qualsiasi istante, cercasse di misurare lo stock di moneta esistente, lo lTovcrcbbc sempre pari a zero. Avremmo quindi il parado.~so di un'cco no mia monetaria (nel senso che in essa il barano è escluso cd ogni scambio deve essere regolato in mo ncta) , nclla q uale perahro la moncta risuherebbe del ru ((O inesisrcnte. l'crchè: la moneta
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sia una grOl.ndezza osscrvahile è quind i necessario che si formino delle sorte liquide (o, cosa dci rllno cquiva l em~, che la vclocir1l di ci rcolazione non sia infìnita).
La q uamit,à di monera Torniamo adesso alla chiusura dci circuito. Se i salariaTi spendono la totalità del manie salari , no n imporw se nd mercato dei beni O nel rnercaro dei titoli, le imprese r~ cupe rana b totaliTà delle anricipazioni monetarie cffermare e sono in grado di ripagare per intero il debito bancario. In queSTO caso, come alcuni direbbero. il circu ito si eh iude «scn7.a perdire". Se invece i salariati decidono di tenere pane dei risp:Hmi sorro forma di scorte liqu ide, le imprese restano per un eguale ammon rare indebitare verso le banche. Al termine del ciclo produrtivo. la moneta inir'.Ìalmcnte cre:tra no n s,uà smta tOialmellte distruWI c. se le banche intendono fìn:tnzlare un nuovo ciclo produTti vo equivalente al precedente, concedendo una seconda volta i medesimi finanziamenri, III fjlllllllitfÌ tOIl1/~ di 1110111'111 nisl('1IU riftllurlÌ dccresciuta; c precisameme, essa risulterà pari al nuovo finanziamento co ncesso più le scorte liquide tranenure dai sa lariati al termine del ciclo precedente. Perdi te delle imprese
Le considerazioni ora svolte conducono ad una ul Teriore conclusione. In un'eco nomia monet:l.ria, vi è Ulla sola evcnienz.1 che può causare perdite di liquid ità alle imprese nel loro complesso. cd è la decisione dei risparmiatori d i non spendere parte dei propri redeliri né nel mercato dei beni né nel mercato dei titoli, nlll di tt!Soregginrll1 sotto
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forma di rcorla liquida (in un'cconomia aperta, anche la decisione di collocare i propri risparmi nei mercati fi· nall7.iari di altri paesi può essere fonte di perdite per le im prese nazionali: ma, se il mercato finanziario imenta· zionale è integrato, le imprese nazionali possono colloca· re i propri cilOli nei mercati esteri e ricanurare per cale via una liqu idità (.'q uivalente a quella perduta). Se esclud iamo il caso di un aumento nella propensione alla liquidità, dobbiamo concludere che le imprese, nel loro complesso, so no al riparo da qualsias i rischio di perd ice finanziari e. Poiché d·altro canto non si può escludere che singole imprese subiscano perdite, ciò significa al· Iresi che, sempre prescindendo dal caso di aumemo nel la propensione al la liquidità, ad ogni perdita di una singola impresa deve corrispondere un identico profitto a favore di un'altra impresa.
Il fìnan zia mento degli investimenri Lanalisi del circui to mo netario permette d i efferruarc u n ulreriore chiarimelHO che riguarda il problema dci finan ziamento degl i investimenti. Nell'analizzare il finanziamento degli scambi, i {eorici dci circuito distinguono Ilettamente tra fi nflllziflmento del", produzione e finan ziamento degli immtimtnti. Abbiamo detto che la domanda iniziale di crediti da pane delle imprese è pari al monte salari da corrispondere ai lavoratori dipendenti. Questo di per sé rende chiaro che il finanziamento richiesto dall e imprese deve coprire il COSto dell' in Tera produzione e non è destinato in modo specifico a fin anziare gli investimenTi. Tmtavia, nella letteratura è assai frequen te trovare espressa l'opinione che i finanziam enti bancari vengono richiesti dalle imprese allo scopo d i fìnanZoiare gli investÌ-
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menti, o che gli investinlenti delle im prese, specie in si· ru:t1.ion i d i così detta «c:tn:nza di risparmjo~, vengono ef· fettivamen te finan ziari dalle banche. t: dunque bene chiarire la distinzione fra i due tipi di fin anziamento: a. Ii finanziamento bancario serve alle imprese per avviare l'attività produniva. Esso può essere correttamente denominato filUl1lZil jllizjill~ e deve coprire rilUero COStO della produzione progettata, quale che ne sia la natura merceologica (beni di consumo o beni di investimento). La fi nanza iniziale è du nque un ingredien te assolutamente indispensabil e, la cui mancanza impedisce la realizzazione dci proCl'SSO produttivo (come diceva Kcynes, una mancanza di finanz..'1 può strangolare il mercato, anche se nulla del genere può accadere per ma ncanza di risparmio; Keynes 1937b, p. 669). Come abbiamo detm, la finanza iniziale, utilizzata per il pagamento del monte salari, mrna alle imprese attraverso il mercaro dei beni e attrave rso il mercato dei titoli e viene distru tta con il rimborso del debi to alle banche. Poichc= essa adempie unicamente alla fu nzione di rendere possibile lo svolgimento della produzione, essa possiede la natura di finanZillransiroria (abbiamo notaro in prece· dcm.a come. nel caso ipotetico di un'econo mi a senza attriti . nella quale le f.1si successive si svolgessero a velocità infinita, creazione c distruzione del la moneta avverrebbero paradossalmeme nello sresso ist3me c la moneta ri ~ sulrerebbe una grandezza non più osscrvabilc). Nella mi ~ sura in cui la moneta, nel corso del circuiro. viene invece trattenuta in scorte liquide dì altri soggcHi, in quanto necessaria per soddisfa re il loro fabbi sogno di liquidità, le imprese restano indebitate verso le banche e la fmanza ini7.iale da esse oncnma si trasforma in un fina nziamentO forzosamente permanente. Ma tale finanziamemo ser·
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ve non gi~ a realizzare gli investimenri, bensl a soddisfare il fabbi sogno di liquidirà degli operatori. D iversa la natura della liquidirà che le imprese raccolgono nei mercari vendendo beni o colloca ndo rirali . liquidirà che può invece essere denominata fi/Ul!lZll finll/~, A differenza della finanza iniziale, la fu nzione della Mna n7A1 final e non è più quell a di avv ia re il processo produttivo, ma di rendere possi bile alle imprese il rimborso del credira banario (q uCStO punto era stato già visto con chiarCUA 1., molri anni fa, da Bresciani Turro ni ( 1882- 1963) in una lezio ne sulla teoria del risparmio tenuta presso la Londo n Schoo l of Eco no mi cs (Bresc iani Tu rroni 1936), Ai fini dci rimborso del deb ito banc.1.rio, è indiffe rentc che la fìnam..1. fin:Jle venga raccolra nel mercato dei beni d i conSUIllO o nel mercato dei titoli: q uel lo che conta è che la m ccoltll compÙssivll sui dul' nurcllIi sia il piu possibile prossima al fina nziamento iniziale, Se q uesta co nd izio ne si ve rifica, le imprese estinguono il proprio debilO verso le ba nche e possono considerarsi in equilibrio. b. Veniamo adesso al cosi della pro blema del finallziamento di'gli il/vestimenti, G li investime nti vengono finan ziari nel mo mento in cui i beni capitali di nuova produzio ne rrovano un com pratore. La vend ita dei beni capitali può avveni re in d ue modi distinti: i. i beni ca pitali possono essere /lf'IIdllti ai risparmitllori in modo indiretto, e cioè anravcr.so la vendita di titoli nel mcrcato fina nzia rio. La forma tipica di questa operazione è l'acquisto da parre dci risparm iarori di azioni di un impresa; eon ta le acquisra. i risparm iatori d iventano aziOnisti c quindi comproprietari del patrimo nIO dell'impresa; ii. oppure, i be ni capitali possono essere scambiati fra impr~se, il che avviene allorché le im prese chc= hanno rea1i1.-
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7..1tO profitti, li impiega no per acquistare beni capitali dalle imprese che li hanno prodotti (a l limite può ancht' accadere che l'impres.1 che ha prodono il bene capitale decida di tranencrlo e di milizzarlo direttamcllIc, accettando cod di realizzare il proprio profino in natura). Poiché l'una c l'altra forma di vendita presumono (da parre dei salarial i o da partc del le imprese) la decisionc di cffclfuare un ano di risparmio. risulta che il finanziammlo drgli ;,wtslimmti prt)vim~ p~r ;IIUro dal rùpanl1ìo. Nel caso di risparm io dci salariati si par l cr~ di rùparmio volontario; nel caso in cui i nuovi beni capitali vengano acquistati dalle imprese utilizzando i profìtti realizzati, alcuni parlerebbero, come vedremo oltre, di rùpannìo fot'Zllto dei salariati ; ma si rr.ma comunque sem pre di risparmio. Gli investimenti sono quindi s~mprr finanziati da Utl ammolltare ~quì/Jalmu di risp(lrmio.
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LA CREAZIONE DI MO NETA BANCARIA
D epositi e impieghi I teorici dci circuim monetario rifiutano il vecchio principio, caro ai cultori di tecnica banca ria, s«:onclo il quale so no i depositi a produrre gli impieghi. Seco ndo tale
principio. per le J.1.iendc di credito sarebbe necessario raccogliere p reventivarnente un deposito per poter poi concedere un credito. Tale idea veniva già bollata da $chumpetc r come ,"vecchio prcgi udi~iolt ($chumpcrcr. (I 954J 1990, pp. 136 1-69) e al giorno d 'oggi i teorici del ci rcuito, allineandosi alla posizione d i Sch umpeter, seguono il princi pio opposto, in virtù del quale. nel mercaro del credilO, $Ono gli impj~ghi (I cmlr~ i depositi. In un'economia di credilO puro, e qui nd i in assenza di moneta legale, se consideriamo il solo scuore privato, questo principio non richiede particolari spiegazioni: è di per sé evidente che, se le aziende di credito non hanno effetru3CO almeno un impiego iniLiale, nessun soggett O ha la possibilità d i effenuare un deposi to. in q ua nto gli mancherebbe la liqu idità che è la materia prima con la quale il de posito viene alimentato.
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In un'economia nella quale agisca anche: il Tesoro dello Stato, si pmrebbc avere l'impressione di trovarsi in una situazione diversa; ma si tratterebbe di un'i mprt:SSiolle erronea. f.: indubbio che, quando lo Stato effettua un pagamento a favore di un privato, questi, essendo in pos~ sesso di una somma liquida, è anche in grado di apri re un deposito; può allora sembrare che il nuovo deposito sia stato aperto SCIli'A1 essere stato preced uro da alcun im~ piego. e che anzi sia proprio questo deposi to a rendere possibile alla banca di effettuare impieghi successivi. In realcl non è cosf. Inf.1tti, i casi possibili sono tre e, come vedremo, in nessu no di essi è possib ile ravvisare una priorità dei depositi rispetto agli impieghi: a. la prima possibilità è che lo Stato effettui un paga~ mento servendosi di liquidità proveniente dal gettito tri~ but:lTio o dall'emiss ione di tirai i: in questo caso, il paga~ mento dello StaTO non fa che riportare :11 senore privato liquidità di cui i privari disponevano in precedenza e che alimentava depositi bancari già esistenti, la cui consistenza è stata ridorra per pagare le imposte e per acqLli .~ tarc titoli pubblici. Si ha quindi un sem pli ce trasferimento di liquidit:à da un deposiro all'altro, senza CTea7.ione netta di maggiori depositi e senza alcun a~rescimento del potcn ~ ziale d i cred ilO delle banche: b. una seconda possib ilità è che: lo Stare effe:rtui il pagamento mediante liquidità di nuov:J. creazione: qui porrebbe sembrare chc l'evento primario sia proprio il nuovo deposito, il quale a sua volra renderà possibili alle banche nuovi impieghi. Senonché, se lo Staro è in grado di effettuare un p2gamemo, ciò è dovuto al fatto che il sistema bancario, e precisamenre la Banca di emissione (che svolge funzi one d i cassa pcr i pagamenti dello Stato) ha apeno un credito a favore del Te:5Oro. Proprio questa
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apertura di credito rapprescnra l'impiego iniziale dci sistema bancario, impiego che ha reso possibile il pagamenro effettuato dal 'lèsoro c, in ultima analisi, la creazione del nuovo deposito bancario: c, infine, è possibi le che lo Stato effettui un pagamento, no n già indebitandosi con la Banca ceorrale, bensi mediane, emissione diretta di moneta (monete metalliche o biglietti emessi direttamente dalla Zc:cca dello Slato): in questo caso, lo St:ltO, avvalendosi dci privilegio del signo raggio, effeuua un pagamen tO definitivo mediante una semplice promessa di pagamento: come se lo Stato avesse cffeuuato un impiego aprendo un credito a favore di se stesso e si servis.ore di tale credito per effettuare i pagamen ti desiderati. In un siSl'ema di crediro bancario puro, si deve quindi esclud ere che i deposi ti abbiano alcuna priorità risperto agli impieghi, In un sisu:ma che, a differenza dei sistemi di credito puro e a simigHanza dei sistemi monetari cffcuivi, faccia uso di d ue mezz.i di pagamento (biglietti di banca e depositi bancari), può sembrare che la situ
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Banca centrale, indebitandosi nei confronti di questa: in tal caso, le riserve hanno origine non già da un deposito ma da un im piego che la Banca centrale ha efferru:tro :t favo re delle aziende di credito; b) oppure le riserve posso avere origine da un pagamento che il Tesoro dello Stato ha effettuato a favore di un qualsiasi soggetto: in questO caso, come om=rvato in precedenza, il deposito ha origine da un impiego della Banca centrale a favo re dci Tesoro. Anche qui, la priorità degli impieghi rimane confe rmata. t. bene aggiungere che, come d iremo in seguito, sebbene nessun soggeno possa aprire un deposiro senza che prima sia srafO effenuaro un impiego, gli operatori possono in fl uire sul potenziale d i credito del sistema bancario a seco nda che essi decidano di tenere le proprie scorte liquide sotto forma d i moneta legale o sottO forma di depositi bancari. Se il pubblico opta per ridurre i propri depositi bancari accrescendo invcce le proprie riserve di contante, le riserve delle aziende di credi to cadono e il potenziale di credito del sistema bancario diminuisce. Su questo punto torne remo fra breve. La situazione risulta co ncreramente d iversa se, in luogo di considerare il sistema bancario nel suo complesso, si prende in considerazione una singola azienda di cred ito. Se vige l'istituto della riserva obbligatoria, la raccolta d i depositi , per la singola banca, d iventa prioritaria. La banca può ottenere riserve raccogliendo depositi dalla cl ientela privata, o indebitandosi presso la Banca centra le (i l che equiva le a un deposito effettuato dalla Banca centrale presso un'azienda di cred ito), o ricevendo pagamenti effettuati dal Tesoro dello Stato. Come detto poc'anzi, dieno tali deposi ti si nasconde un impiego; ma si tratta d i im piego effettuato da altro soggettO e, agl i occhi della
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banca, ~ il deposim a risuhart: prioritario. Questa circostanza spit:ga co me il principio secondo il quale sono i depositi a creare gli impieghi faccia ancora capoli no non soltanto nei dibattiti che si svolgo no negli ambienti bancari ma anche nella letteratura tt:orica. Il pott:nziale di credito t.:analisi del potenziale di credito del sistema banca rio nel suo complesso rappresema un tema ormai consolidam nella teoria della banca. Meno approfondilO il problema del potenziale di credito della banca singola, C i soffermeremo q uindi piu a lungo sul secondo, dopo un breve cenno fatto al primo. Se per le banche vige un obbligo di riserva, il potenziale di credi to del simma bancario complmivo dipende dalle riserve di mone[3 legale, dalla percenruale di riserva obbligalOria, dalla preferem.3 del pubblico per la moneta legale rispeno ai depositi bancari (o preferenza per il cOOlante). G li aspen i forma li possono essere richiamati brevemente. Se r è il coefficiente di riserva obbigaroria; (la frazione della liquidità fOia le (moneta legale c depositi bancari) che il pubblico vuole tenere SOtto forma di moneta legale; Z l'am momare totale di riserve in circolazione, cssenzialmeme biglieni emessi dalla Banca centrale, in parre presso le banche (Zs), in pa rre presso il pubblico (21)); D i depositi bancari; CR il crediro totale, o liquidità IOtale (moneta legale e deposiri bancari). Le equazioni di base, che traducono in simboli le defìni zioni ora indicare, sono le seguenri:
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Z Z
• • CR •
,
Z,
Zp + Za
,D
ZI' + D c(ll' + D)
(1) (2) (3) (4)
La ( I) defìni sce la quanti tà esistente di moneta legale come somma della base mo netaria esistente rispettivamente presso il pubblico e presso le banche. La (2) definisce l'obbligo di riserva delle banche come fra1.ione dei depositi raccolti. La (3) definisce il credito erogato come somma dci depositi bancari e del contante nelle mani del pubblico. La (4) defini sce la domanda di CO ntante da pane del pubblico come frazio ne dci crt=d ito totale. Per sosritllzionc, si o ttiene la defin izione dei depositi b;\I1cari: I -,
----z c+ r (l -c) Se non vi è alcun obbl igo di riserva (r:: D), la formu la si riduce a:
1-,
D. -
,
-Z
Se ci troviamo nel cosi detto sistema di crediro bancario puro, nel quale il pubblico utilizza soltanto depositi bancari e non richiede moneta legale (c = O) , il potenziale di credito delle banche diventa illimitato (D tende a infini to come c tende a zero). C iò signifi ca che. se non vi sono obblighi di riserva e se
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il pubblico non ha alcuna preferenza per il contante, il sisrema del le aziende di credito non conosce limiti all'espansione del credito. Come diceva negli anni venti il banchiere economista tedesco L. A. Hahn, bisognerebbe prelevare moneta dai depositi bancari e porrarla sulla luna, per creare problemi di liquidità al sistema bancario nella sua totalità. Questo principio vale per un'economia chiusa; esso vale anche per il sistema bancario mondiale nel suo complesso considerato come un sis tema unitario. La medesima regola non vale invece per il sistema bancario di un paese singolo, a meno che esso non espa nda il credito allo stesso ritmo di tutti gli altri paesi. Veniamo adesso al caso di una banca singola. A simiglianza di quanto accade per il sistema bancario nel suo complesso, il cred ito poren7.iale di una singola banca è determinato dalle riserve di cui la banca dispone, dal coefficiente di riserva (obb ligatorio , se la legge lo impone; libero, se fìssaw dalla banca in base a propri criteri di gestione), e infine dalla preferenza del pubbl ico per il deposito presso quella banca rispetto al deposito presso altre banche o alla detenzione diretta di contante. A parità di riserve complessivamente create dalla Banca di emissione. le riserve di cui la banca singola dispone dipendono dalla sua capacità d i attrarre clientela sortraendola alle banche rivali. Su questo terreno, si sviluppa la concorrenza fra le singole banche per assicurarsi la quota più ampia possibile della clientela disponibile e quindi delle riserve complessivamente create dalla Banca di emissione. Anche il coefficiente di riserva libera, che viene fissato da ogni banca in base a considerazioni di prudente gestione, dipende dalla quota di mercato che la banca stessa occupa nel mercato dei depositi . Per illustrare questo
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pu nto, possiamo ragionare come segue. Una banca immaginaria, che servisse la totalità della clientela di un pa~, non avrebbe alcun bisogno di riserve; esattamente come il sistema bancario nel suo complesso, godrebbe di un potenziale di credito illimitato e potrebbe effettuare fi nanziamenti a discrezione, in b~ ad una semplice decisione uni laterale. Questo puntO era già Stato segnalato da Wicksell j in questo caso ipotetico, troverebbe risconfra alla lcn cra l' immagine di Fisher della m oneta creata per magia «con un tratto d i penna». All'estremo opposto, una banca, altrettanto immaginaria, che avesse un solo cd un ico cl iente, sarebbe costretta a tenere riserve pari al 100% dci deposi ti faccolri: infatti ogni impiego effettu ato a favo re del suo uni co cliente componerebbe per definizio ne una identica perdita di riserve. Il suo potenziale di credito sarebbe identico alle rise.rve possedute. Nel caso usuale, in cui la bane.1 occup,a una quota di mercato compresa fra zero e 100, essa dovrà tenere riserve tanto min ori qua nto maggio re è la sua quota di mercato. (Questo p UIll O era stato segna lato, sia pure in modo parziale, da EY. Edgewonh (1854- 1926), in un lavoro, non sem pre adeguatamen te ricordato, sulla teoria matemat ica della banca: Edgewonh 1888). Ogni singola banca ha quindi una d uplice ragione per cercare costantemente di sottrarre deposili alle banche rivali : perché un aumento dei depositi accresce il volume totale delle riserve disponibili, e perché, nei limiti in cui produce un aumento della quora di mercato della banca, riduce il coefficiellle di riserva necessario. Q uesto risultat"O fornisce una ulteriore spiegaz.ione del perché i banch ieri insistano sull'idea che sia la raccolta dd depositi a consentire loro di erogare credi ti. Resta peraltro confermalO che la stessa idea risulta erronea se ap-
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plic:ua al sistema bancario nel suo complesso. Qui vale la regola opposta e cioè che sono gli impieghi a creare i depositi .
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REDDITI , PREZZI E PROFITTI
Salari e profini
Nella [coria economica, si possono ind ividuare almeno tre formulazion i che spiegano lungo lince diverse la dcterminazione dci reddito nazionale e della sua distribu-
zione fra le diverse fome di redd ito (salario, profirro. interesse).
La. prima
è la lrorù' margina/isra d~/1n s('uoln IIrodllSsÌ(Jl, che pone alla base di ogni equi librio le scelte autonome dei singoli individui. Secondo tale teoria, il mcccanismo economico si svolge come segue: Le conua n az.ioni nel mercato del lavoro, grazie alle quali viene portata all'eguaglianza per ogni soggeno l'utili tà marginale dei beni ottenu ti c la diSliti li d margi nal e dd lavoro eseguim, determinano il li vel lo dell'occupazione (numero di lavoratori occupati e du rata dd lavoro). Il livello dell'occupazione, uni tamente alla dotazione di risorse produttive c alla tecnologia disponibile, determina il livello del pro· doClo globale, (' quindi del reddilo nazionale. Dato il li· vello della produzione, risulra determinata anche la ptO~ durtività marginale del lavoro; questa delermina il sa l a~
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rio reale, e quindi la distribuzione del reddim fra salari e profirti. In ultima analisi, sono quindi le preferenze dei lavoratori-consumatori, unite alla dotazione di risorse materiali e alle co noscenze tecnologiche, a determinare l'equilibrio generale del sistema. Una seconda fo rmulazione è quella indicata da Keynes ncl 1930 nel "Tranato della mo n eta ~ (Keynes 1930) e riformulata da Nicholas Kaldor e da Joan Robinson in quella che è stata denominata teoria postkryn~siana della distribuzione. Qui le imprese decidono in piena autonomia il livello della produzione e 1'articolazione del prodono fra beni di consumo e beni capitali. Date le propensioni al consumo delle d ue classi (dei capitalisti e dei salariati), si deve determinare una distribuzione del reddito tra salari e profi ni tale da aversi eguaglianza fra domanda e afferra nel mercam dci beni di consumo, e quindi anche eguaglianza fra risparm i e investimenti. Infine una uml [~rza formulazione è qu~lI a presentata da Knluki fin dal 1933 (Kalecki [19331 1975). Q ui gli imprend imri, data la posizione monopolisrica di cui godono nel mercaro dei ben i, sono in grado di fissare il rapporto fra prezzi e costi; essi determinano in tal modo il margine di profitto e, indirettamente, la distribuzione del reddim fra salari e profitti. Date le propensioni al consumo delle due classi (dei salariati e dei capitalisti), la distribuzione del reddi ro fra salari e profi tti determina la propensione media al consumo e quindi il valore dci moltiplicatore del reddiro nazionale; questo, insieme agli investimenti decisi dagli imprenditori , determina i l l ivel ~ lo del redd ito nazionale. G li autori del ci rcuim che, come è facile intuire, rifiutano la (coria dell 'occupazione e del la distribuzione nella fo rmulazione della scuola marginalisra, si all ineano per
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lo piu alla form ulazione di Kalecki, che corrisponde largamenle alla teoria postkeynesiana di Nicholas Kaldor e di Joan Robinson. Ved iamo dunque come tali aUTOri tr3trano il problema della formaz io ne e della d istribuzione del reddim. ~ bene anzitutto richiamare quanto si è detto in meriTO alla capaciti d'acquislo rispettiva dei consumatori e delle im prese. Per quanto riguarda i salariati, come sappiamo. è il monte salari a fissa re i limiti della loro capacità di spesa. Diversa la posizione delle imprese. Q ueste intervengono una prima volta sul mercato dei fattori. dove, servendosi del credila bancario ricevuto, acquistano la fona lavoro pagando in cambio i salari monetari. Ma le stesse imprese intervengono una seconda volta nel mercala dei prodoni finiti. dove si instaurano scambi non soiralllo fra imp re~e e co nsumarori per la vend ira dei beni di co nsu mo, ma anche fra singole imprese per la vendita dei beni capitali. Amaverso tali sC:.lmbi inlern i al senore delle imprese, nel corso dei quali ciascuna impresa acquista i beni capitali ad essa necessari, le imprese nel loro complesso acquistano quella pon.ione del prodorro totale che intendono utilizzare a scopo di ulteriore produzione. AI fine di acquisire i beni Strumental i desiderat i. le imprese che intendo no effettuare acquisti da altre imprese devono munirsi di un finanziamento adeguato, al di là della finanza utilizzata per pagare il mOnle salari. Ma io facile rendersi conto dci falla che. come già ricordaro, quale che sia la misura dci finanziamento necessario, le imprese non hanno difficoltà a procurarsdo c le banche non hanno alcuna remora a concederlo. Per intendere questO puntO, occorre tenere presente il fano che il 6nanziamento di cui ora discorriamo è destinato ad essere
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speso nel mercato dei beni e che esso. se dà luogo ad un debito per alcune imprese, è destinato a diventare un'entrala per altre. In sostanza. le imprese non fanno che trasmettersi il finanziam ento l'una con l'altra; la liquid ità erog:lIa dalle banche non esce quindi dal 5en orc delle imprese, le quali, considerate nel loro complesso, non possono avere alcuna difficoltà a rimborsare il debito bancario. Quale che sia l'i mporro del finanziamento, le imprese han no la sicUTC"Z.Za di poterlo rimborsare e le banche hanno la certlo!zza di vederlo rimhorsaro. Di conscgucn7.a possiamo assumere che, allorché si trana di intervenire nel mercato dei beni finiti, le imprese non abbiano alcuna difficoltà a procurarsi il finanziam ento desideralO, quale che ne sia l'ammontare. Esse sono d unque sicure di realizzare i propri piani di acqu isto. Ne consegue che Ilo! im prese, in quanto acquirenti di beni finiti, cosriruiscono 1/11 gruppo soda/t: dotmo di mpnei/IÌ d'acquùlo prntjmmenft! illimitnfa.
La formazio ne dei prezzi può essere descrina come segue. Supponiamo, come è consuetudine nei modelli teorici, che venga prodorro un unico bene omogeneo, che può essere uti lizzato sia per consumi che per invesrimcllti (l'esempio tradizionale è quello del grano, bene che può essere impiegato sia per consumo direnQ che per la semina). Adorriamo i seguenti simboli: w salario monetario N occupaz.ione tOtale c, s propensioni al consumo c al risparmio dei salariati b frazion e del prodotto tOtale che le imprese decidono di acquistare per proprio uso (investimenti) ]t produttività. media del lavoro B ammontare tmale dei dtoli emessi dalle im prese
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l
p
interesse corrisposto sui titoli prezzo di mercato del prodotto
In ogni periodo, i pagamenti effettuati a favo re dei risparmiamri a ritolo di interesse sono defini ti come pari a iB . Tali pagamenti vanno aggi unti al reddim da lavoro per formare il reddito totale dei lavoramri. ~offe rta tmale di beni è pari a:
x = ltN La domanda totale nel mercam dei beni è pari alla som. ma della domanda proveniente dai salariati :
c'" c (wN
+ iB)
c della domanda proveniente dalle imprese. Le imprese, che decidono il volume di produzione, menano in vendita per intero la quantità prodotta. AI tempo Stesso, esse decidono di entrare nel mercato come acquirenti, con l'intenzione d i acq uistare un am montare di prodotto che esse stesse fissano in termini reali. Se le imprese hanno deciso di acquistare la f.razione b del prodotto cotale, la loro domanda (che, tranandosi di beni strumentali possiamo indicare con il simbolo espressa in termini monetari , sarà:
n,
I = bn.Np ~eguaglianza
fu domanda e offen a è cos1 espressa: J'tNp '" c(wN + iB) + b.i"tNp
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Tale eguaglianza determina illivdlo dei prezzi monetari:
I -s
p. I-b
w i8 [-+-J ]t nN
L'equazione dei prezzi può ~re imerpretara come ~ gue: il u:= rm ine in pareme;i quadre, misura il COStO dd prodotto in termini mo netari (salari piu cosri di imeresse per unirà di prodorro), memre il fattore (I-s)/(I-b) rappresenta il margi ne di profitto c quindi il farto re moltiplicativo nccess.u io per passare dai costi ai prezzi. Il livello dci prezzi, cos! definito, dà luogo ai seguenti comm enti : a. i prev.i mo netari non dipendono dalla quantità di moneta: infarri la quantità di moneta non appare nemmeno nell'equazione dei prC'/..2i; b. il livello dci prezz.i dipende invc:<;e dalle propensioni al risparmio e a ll'inveSlimento nonché dal livello dei costi mo netari (salari e taSSO di inreresse)j c. ogni variaz.ione nel livello dci prezz.i produce una variazione corrispondente neUa quantità di mo neta, ~ la vdocirà di c ircolaz.ione viene co nsiderata costante. Veniamo adesso al profitlo. 11 uzggW d~1 profitto può essere definito come mpporto tra valore del p rodorro al netto dci costi e COStO mo netario di produzione:
,
nNp - (wN+iB)
l-s
b-s - I
wN + i8
I-b
•
I-b
profì rri totali in (efinlR. mo netari sono defin iti come
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prodono fra il saggio del profitto e il capitalI:'! monetario investito:
b-, - I-b
p = r(wN + iB)
(wN + iB)
Dividendo i profitti monetari J>t'!c il livello dd prezzi, si ottengono i profitti totali in tl:'!cmini reali:
b-, (wN+iB)
b-s
I-b
P/p
nN
=
1-, I-b
iB (-+ - ) w
n
1-,
nN
Come si vede, l profitti reali sono indipendenti dal tasso dLIt'intertsst che le imprese pagano sui titoli. QuestO risulIalO si riferisce pera!uo unicamente all'interesse che le imprese pagano ai risparmiatori: non si estende invece all 'interesse corrisposw alle banche, dal momento che questo pagamento campana un trasferimento di ricchezza reale dal settore industriale al settore finanz.iario. Se i salaria[j consumano per intero il proprio reddito (s '" O), i profitti reali diventano:
il che sign ifica che i profitti risultano pari agli IIlvestimc=mi. Poiché gli investimenti, come abbiamo dc=no in precedenz.a, rappresentano anche la spesa dei cap italisti,
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in questo caso viene: verificata alla len era la fa mosa concl usione di Kalccki che i mpitll/isli gundngnano esattamente quallto spmdoflo. I profitti misurati fin o a questo rn ornl!nCQ sono ancora al lordo degli inte ressi pagati alle banche:. Al neno degli oneri fi nanziari verso le banche. i profi ni sono pari ai profiui lordi una volra derma i gli imeressi dovuti alle banche sul fina nl.iamento bancario in corso. Nel caso semplificato preso in esame, il debiro delle imprese verso le banche, comc già osservalO, è pa'ri all'ammomare delle giacenze liquide dci risparmiatori. Secondo la consuctudine. possiamo immaginare che le giacenze liquide siano una fra1.io ne L del reddim correme. Avremo quind i: l ", l (wN
1-
iB)
G li oneri fin a nziari del le imprese verso le ba nche sono pari a questa somma mohiplicat3 per l' imeres5e i HK doVUIO alle banche, I profitti netti saranno quindi: Pn", r(wN
l'
iB) - i HK fl (wN + jB»)
Spesa pubblica c prelievo fi scale Risultati non molto diversi da q uelli raggiunti fin ora, valgono anche per il caso in cui nell'economia agisca anche il sen ore pubblico. Q uesto caso può essere commentalo brcvememe come segue. Abbiamo den o in precedenza che gli imprc:ndilOri godono di un accesso illimitato al credi m, per la ragione che le imprese, considerare nel loro com plesso. hanno la certezza del rimborso e che di conseguenza nemmeno le banche possono avere alcuna preoccupazione di finan-
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ziamento. QuaJe che sia l'ammontare di im pone che esse sono chiamare a pagare, le imprese, non avendo limiti nella capacità d'acquisw, av ranno sempre la poss ibilità di acquistare nel mercam la quantità desiderata di beni finici . Per le imprese, quindi, il prelievo tributario è un prelievo pummente no minale, senza alcun effetto in ter~ mini reali. Anche in una situazione estrema, nella q uale le imposte venissero prelevate per intero sui profirri ed il loro gettito venisse interamente urilizzato per corrispondere suss idi ai lavoratori , la posizione reale del le imprese non subirebbe modificrnoni. Si deve concl udere, come concludeva. K2lecki che, sebbene le imposte siano prele~ vate sui profitti, in termini reaJi le imprese non subiscono alcun prelievo. Gli unici a pagare le imposte in termini reali sono i saJariati. Costoro inf.mi non possono effettuare spese al di là del proprio salario monetario e, quando si trovano a compe~ tere con le imprese per l'acquisfO dei beni finiti, non possono che rimanere soccombcnti. I saJariati di conseguenza riusciranno ad acquisire soltanto quell'ammonrare di lxni reali che rimane d isponibile nel mercato dopo che le imprese avranno soddisfano le loro esigenze. La situazione non viene modificata dalla presenza di sussidi . A meno che le imprese non siano indotte a modificare i propri piani di spesa, i sussidi non possono aumentare i consumi reali dei lavoratori; l'unico loro effeno è di aumentare il livello dei prezzi monetari. Se lo Stato, invece di trasmenere sussidi ai lavoratori, utilizza il gettito delle imposte per acquistare direttamente beni reali nel mercato, il risultato è che, nel mer~ cat O dei lxni, si trovano adesso a competere tre soggetti , il $Cuore pubblico, i consumatori e le imprese. Le impre~ se, grazie alla possibilità di ricorrere aJ credito, sono sicu-
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re di realizzart i prop ri piani. ~ r cui i loro profini resrano intatti; lo Stato potrà realizzare gli acquisri progettati in misura pio o meno complera a seconda che la spesa pubblica possa o meno espandersi prontamente all'aumentare dei prelz.ij resteranno certamente sacrificati i salariati che, disponendo d i un reddito fissato in lermini monetari, con l'aumento dei preni vedono inesorabilmente ridO[ci i propri consumi reali.
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I MERCATI FINANZIARI
Il risparmio finanz.iario La spesa complessiva dei titolari di redditi monetari SI suddivide, come abbiamo ricordato piu volte, fra spesa nel mercato dei beni e risparmio finanziari o. È bene ricordare che la spesa e!fermata nel mercato dei beni non ha sempre per oggetto beni di consumo: se, ad esempio, il soggcuo acquista un immobile, una casa di abitazione, o un terrc=no agricolo, egli compie un ano di risparmio e colloca il frutto del risparmio in un bene reale. La spesa effeltuata nel mercato dei beni è quindi un insùme di consumo e di rùparmio mzk. La parte di reddi to che non viene spesa nel mercato dei beni, rappresenta il rimanen~ te del risparmio. e precisamente il riJpl1nnio fimmziario. Nel caso semplificato che stiamo esaminando, il risparmio finanziario non può assumere: che: due: form e:: acqui~ lto di titoli tmmi dalk imprm (azion i, obbligazioni), op~ pure formazione di riserve liquide SOttO forma di depoliti baI/cari. La cosli tuzione di un deposilO bancario, come abbiamo già osservato, dà luogo ad una perdi ta di liquidità pe:r le
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imprese. le quali vedono accrcsci uro il loro debiro verso le aziende di credito. Nel mercato finanziario, banche e imprese si trova no quindi a competere per impadroni rsi dei risparmi finanziari disponibil i. In questa co mpetizione, le banche cercano di rendere i depositi bancari sempn:: piu. am,l:enti (attraverso la corresponsione di un interesse più clevam o affiancando al deposito l'offerta di servizi complementari). Le imprese, dal camo loro, cercano di arti rare il risparmio offrendo titoli fl rmdimmto ~/e/Jato ~ po!!ìbilmmu III/bile. Il pagamento degli interessi Per quantO i titoli offerti dalle imprese possano essere attraenti , il pubblico, se non altro per fan:: fronte ai pagamenti corn::nti , deve sempre tenen:: disponibi le un cerio ammontare di depositi bancari , il che crea aummaticamcme un indebitamento delle imprese verso le banche. Le imprese si trovano qui ndi inevitabilmente ad avere du~ ordini di o,,~ri fim11lzinri. gli interessi pagati IU; ,;roli da loro Stesse emessi, e gli interessi pagati a/k banche. I due tipi di pagamenti hanno luogo su mercati diversi. Il primo (interessi sui tiroli) ha luogo nel mercato fi nanziario ed è un pagamento effettuato dalle impme ai riIparmialori; il secondo (interessi sul credilO bancario) si svolge nd mercam monetario ed è un pagamento effettuato da/k imprt!Je IJ/h banch~. Esaminiam o separatameme la natura dei due tipi di o neri fi nanz.iari. Cominciamo con gli interessi che le imprese devono corrispondere alle banche in rdazione ai fin anziamenti ricevuti. t evideme che. al fine di corrispondere gli interessi alle banche in modo effettivo (e cioè non semplicemente mediante la registraZione contabile di un debito), le im-
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prese devono disporre di liquidità proveniente da una fonte diversa dal finanziamento bancario. Infatti, poich~ (Utta la moneta in circolazione è unicamente quella che le banche stesse hanno c reato finanz.iando le imprese, queste, nella migliore delle ipotesi, porranno riottenere (auraverso le vendite nel mercaro dei beni ed il colloca~ mento di titoli ncl mercaro finanziario) le somme che esse stesse hanno speso iniz.ialmente. Ciò significa anche che, nella migliore delle ipotesi, le imprese porranno ripagare all e banche il capitale preso a prestito, ma non gli interessi. Esaminiamo ora il problema dal punto di vista delle banche. Gli interessi che le banche ottengono dalle imprese sono in parte copertura dei costi di esercizio (ad esempio, salari e stipendi corrisposti ai dipendenti), in pane rappresentano profino nerro. I primi (salari e sti~ pendi) verrano utilizzati per acquistare beni di consumo, i secondi (profitti) per acquisire htni strumentali. Ciò si. gnifica che gli interessi perctpiri dalle banche sono destinati , indirenamenre, ad essere spesi nel metano dei be~ ni. Se la spesa delle banche eguaglia il debito di interessi delle imprese. le due partite possono compensarsi. In termini umid, la situazione potrebbe svolgersi cosf: le banche anticipano al le imprese la liquidità necessaria al pagamenro degli interessi, e successivamenre spendono la medesima liquidità nel mercato, acquistando beni e servizi ; con i provenri di tali vendite, le imprese ripagano per intero il debito alle banche. In unnir/i teor/omici, ciò significa che=: le imprese hanno pagato ii dtbùo di intermi in natura. Questa conclusione non può stupire: non essendovi , nd sistema semplificare che=: stiamo esaminando, altra moneta se non quella derivante dal credito ban~ cario, non vi è altro modo per le imprese di saldare i
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propri oneri finanziari verso le banche se non cedendo loro parte del prodotto. Se le imprese nd loro complesso pagano i propri debiti verso le banche in natura, e cioè mediante cessione di una quota dei beni reali prodotti, ciò sign ifica che il prodono complessivo al neno del mo nte salari (quello che alcuni denominerebbero «sovrappiulI e che i classici de· nominavano "prodono neuo,.) viene ripanilO rra banche e imprese, o, se si preferisce, fra capitale ;lIdwtriak e ca· pitale finanziario. La quota di prodono che le imprese cedono alle banche dipende evidenremenre: a) dal livello dell'imerc:sse fissato dalle banche nel concedere il finan· ziamemo e: b) dal livello dei prezzi praticati dalle imprese nel vendere beni alle banche. Tassi di imeresse elevati possono quindi indurre le imprese a proteggere i propri profìrri fissando prezzi di vendita piti elevati, il che significa che, per questa via, tassi di interesse (k/Jati possono mppresmtare una fonte di inflazione.
L.:equilibrio monetario In uno schema di economia monetaria come quello che stiamo esaminando , la definizione di equilibrio si scosta in misura sensibile dalla definizione usuale. Nella teoria dell'equilibrio economico generale. le co ndizioni di equilibrio includono il rispeuo del pareggio del bilancio per ogni singolo soggerro; una volta raggiunto l'equili· brio, nessun soggeno può quindi avere debiti pendenti verso altri soggetti. L.:unica eccezione riguarda il settore pubblico, per il quale si ammette che, anche nella posizione di equilibrio, la spesa possa essere coperta da deb itO, sia fruttifero (titoli pubblici nelle mani dei privati), sia infruuifcro (moneta IcgaJe nelle giacenze liq uide pri-
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vate). Anzi, poiché, secondo la teoria dominante, si riconosce che in un'economia monetaria deve essere sempre presente uno stock di moneta liq uida, viene considerato come normall": che. nella posizionl": di equilibrio, sia anche presente un certO ammontare di debito infnmifero dello Stato (moneta legale) e che, di conseguenza, anche nella posizione di equilibrio, lo Stato, unico soggetto in tali condiuoni , non rispeni il vincolo del pareggio del bilancio. Nello schema dell'econo mia monetaria la situazione si presenta diversa. Anche qui si deve considerare comI': normale il fano che nella posizione di equilibrio esista un certo ammontare di moneta liquida tenuta come scorta; ma poiché in questo schema l'operazione tipica che dà luogo alla creazione di moneta è il credito bancario, la moneta esistente non è un debito dello Stato verso la Banca centrale, bensf un debito delle imprese verso le banche. Dobbiamo quindi ammettere che, nello schema dell'economia monetaria, la posizione di equilibrio non comporta l'estinzione di tuni i debiti. ma prevede come normale la prl":Senza di un ceno ammontare di indebitamento delle imprese verso le banche. In queste condizion i, defi nire la posizio ne d i equil ibrio significa dunque individuare un livello «no rmale. di indebitamento delle imprese; livello questO che ovviamente è difficile fissare in termini rigorosi. Quale che sia il debi to consid erato normale, sarebbe altrettanto erroneo imporre che il debito delle imprese verso le banche debba essere costanre. Anche nel caso più semplice di un'economia stazionaria, potrebbe verificarsi infatti un aumento della propensione alla liquidità da parte degli operatori, il che comporterebbe immediatamente un aumento del debito delle imprese (e quindi un aumento
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della quantità di moneta esistente), senza che questo significhi alcunché sul piano dell'efficienza delle imprese, della saldezza dci loro bilancio, e senza che sia segno d i uno squilibrio generale dell'economia. Questo punto è stato riconosciuto anche da studiosi che in materia di politica monetaria hanno assuntO gli atteggiamenti più rigorosi (si veda, ad es., H ayek 1978). Dire che l'economia si trova in posiz.ione di equilibrio allorché il debito delle imprese assume un livello ~ norma le», significa dire che detto debito deve essere considerato accettabile dal sistema bancario. Il problema dell'equilibrio si riduce quindi all'analisi dell'atteggiamento delle banche nei confronti dell'indebitamento delle imprese.
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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Nei suoi aspetti formali, la COSI detta tcoria monetaria della produzione si presenta come una semplice ricostruzione del processo di creazione, circolazione, e disrruzione fina le della moneta e delle conseguenze che tale processo esercita sull'equil ibrio economico. Pur partendo da un intento meramente descrittivo, tale impostazione, conduce, per molti aspetti, II conclusioni contrtlJtanti con quelle della dottrina dominante, basata, come si è derro, sull'analisi del comportamento del singolo individuo in un'economia di mercato. Esaminiamo brevemente gli aspetti principali di rali divergenze. La natura del mercato
Nel sistema ncodassico, il mercato di concorrenza perfetta è un meccanismo democratico ed egualitario. Le diseguaglianze nella distribuzione dei redditi e delle ricchezze cui l'econom ia di mercato dà luogo non vanno in alcun modo ricondone all'operare dci mercato in sé, in quanto il mercato di concorrenza ammette tutti gli operatori alla contrattazione senza alcuna d isparità, quale che sia la na-
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tura o la quamità della merce domandata e offerra. Se poi, sempre muovendoci nella medesima ottica, cerchiamo di approfondire le ragioni che spiegano le diseguaglianze nella distribuzione, troveremo che tali diseguaglianze risultano largamente giustificate. Eventuali diseguaglùmu nei redditi da lavoro vanno attribuite a differenze nelle capacità innate dei singoli, oppure a diversità nella formazione professionale; diseguaglianze dovute invece ai redditi da capitale, e quindi alla diversa distribuzione della proprietà e delle ricchezze, vanno attribuite alla diversa propensione al risparmio, sia dell'individuo stesso, sia delle generazioni precedenti che gli hanno trasmesso il patrimonio di cui egli dispone. In definitiva il reddiro di cui ogni singolo gode, viene ricondotto per intero al lavoro e al risparmio del singolo o dei suoi ascendenti. Nello schema delineato dalla teoria monetaria della produzione, il meccanismo del mercato appare in veste profondameme diversa. In un'economia monetaria, il fano in sé di disporre di risorse produttive reali, siano esse beni fisici o capacità lavorative, I)on implica la possibilità di accedere al mercato e acquisire 'una frazione del prodotto complessivo. Questo vale in particolare per il lavoratore al quale la capacità di lavoro può anche non garamire alcun redd ito monetario, se ad esempio egli si trova vittima di disoccupazione involontaria. In un'economia monetaria, l'accesso al mercato dipende dalla d isponibilità non già di risorse produttive ma di mezzi di pagamemo; per il lavoratore tale disponibilità è subordinata alla possibilità di trovare occupazione e tale possibiliTà dipende a sua volta dalle decisioni delle imprese. La teoria dell'economia monetaria si distacca ancora dalla dottrina dominante quando sottolinea come la ricchezza finanz iaria, [cnma dai risparmiatori sotto forma
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di titoli o di d epositi bancari, non costituisca una aUlentica ricchezza per i possessori presi nel loro insieme. lndubbiameme un si ngolo risparmiatore potrà cedere in tuttO O in pane la propria ricchez.za finan ziaria ad altri, nel caso in cui intenda aumemare i propri consumi correnti. Un singolo rispamiatore, considerato isolatamente, potrà quindi servirsi del la ricchezza individuale accumulata per modificare il profìlo temporale del proprio consumo; ma ai risparmiatOri nel loro insieme tale possibilità rimane preclusa. Se infatti tutti i rispa rmiatori decidessero di vendere parte della propria ricchezza per accrescere il consumo COfreme, essi, per definizio ne, non troverebbero un acquiremc; e se anche lo trovassero, la loro spesa nd mercato dei beni di consumo fareb be crescere i prezzi, senza consentire loro alcun aumento di consumo reale. Se la ricchezza finan ziaria non è ricchezza per i lavoratori presi nel loro complesso, ciò significa che per COStoro il livello dci reddito reale è pari al consumo reale. Un terzo pun to di dissenso rispetto al la domi na dominante si risco ntra nell'analisi della distribuzione del reddito. Per la teoria monetaria della distribuzione, il consumo reale dei lavoratori nel loro complesso (che, come si è appena detto, co rrisponde al [oro reddito reale) è fissa tO dall'ammontare d i beni di consumo che le imprese decidono di produrre: non vi è dunque posto per un ruolo auronomo dei consumarori. Il princi pio della sovrani tà del consumatore. caro alla teoria tradizionale, viene roral meme respinto e sostituito con un principio di sovranità del produttore. Le medesime conclusioni valgono anche se lo Stato interviene con la spesa pubblica e il prelievo fi scale: gli investimenti delle imprese, essendo del tu n o autonomi , non possono risuhare né
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cQmpressi dal prelievo fiscale né spiazzati dalla spesa pubblica, mentre vengono spiazzati i consumi privati delle famiglie. Il dissenso che si apre tra onica uadizionale e teoria monetaria della produzione in merito alla distriblU.ione del reddito merita alcuni ulteriori commemi . Nell'onica neoclassica, la distribuz.ione dei redditi segue il principio della produttività. in virn! del quale ad ogni risorsa produniva spcnerebbe una quota del prodono totale commisurata al prodono che essa ha comribuito ad ottenere. Grandi sfoni sono stati dedicati dagli studiosi neodassici a costruire un edificio teorico rispondente a questa ortica strettamente merirocrarica e a dimostrare come tale costruzione sia dotata di coerenza logica quanto di realismo interpretati va. L' intera dottrina della produttività marginale, e con essa la teoria marginalista dell'impresa e della produzione, è stata costruita a questo, scopo. I sostenitori della teoria monetaria della produzione, ch iaramente dissidenti rispetto alla formulazione neoclassica. e pur sottoscrivendo le argomentazioni critiche formulate da altre scuole ed in particolare dalla moderna scuola neoricardiana. si servono di argomenti assai piu radicali per rifiutare la dottrina neoclassica. Torniamo per un istante alla dottrina ncodassica del profino. La versiOne piu rigorosa della teoria marginalista è quella esposta da Léon Walras (1834- 19 10) nei suoi giustameme famosi E/~m~llIi di uOllomin politica pura (la prima edizione di q ueseopera risale al 1874; l'edizione definitiva è del 1926). Secondo tale costruzione, nella posizione di equilibrio di concorrenza perfetta, il profitto risulta totalmente eliminato: la concorrenza fra imprese fa si che l'imprenditore esca dal . mercato «senza profitti né perdi te», ma con un guadagno che remunera
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unicamente il lavoro da lui svolto in qualità di organizzatore della produzione. Nella costruzione della teoria monetaria della produzione, come abbiamo visro, il profitto non sohanto è presente per [Uni gli imprenditori , ma esso si fo rma in modo del rutro indipendente dalle capacità o dalle prestazioni dell'imprenditore. II profiuo è dovuto unicamente al fatto che gli imprendi tori, c=ssendo in grado di intervenire nel mercato co me acqui renti senza alcuna limitl1.ione di porere d'acquisro, ed essendo certi di recuperare dalla vendita dei prodoni la totalità dei lo ro esborsi, possono liberamente aggiudicarsi la qUOta del prodotto che corri· sponde ai loro pian i di produ1.ione e di invesfimento. Sempre nell'ambito della distribuzione del reddito, una differenza altre([anto profond:l separa la formulazione del· la teoria monetaria della produ1.ione dalla domina domiIlante per quanto riguarda i 1'IIpportifra profitto e im~u!Jf. NeI!:l domi na marginalista, mentre il profitto, se esiste, corrispo nde ad una capacità particolare dell'imprenditore, l'interesse com pare come il compenso per il risparmiatore che ha anticipato le risorse necessarie ad acquisire i capitali fissi. L'interesse è quindi il compenso per il risparmio o, se: si vuole per l'astinenza, del capitalista. II compenso torale del fattore capitale, e quindi gli oneri fi nanziari complessivi pagati dalle imprest:, risultano dunque commisurati all'ammontare del cllpùlt/~ fisso ;,wmùo, oneri che vengono corrisposti ai risparmiatori. Nel modello marginalista non compaiono interessi pagati al sellare bancario: poiché, nella costruzione particolare di tale modello, si immagina che i salari vengano pagati posticipatamente, le imprese non devono anticipare il monte salari e quindi non debbono fare ricorso al cred ito bancario per tale anticipa1.ione.
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L'impostazione della teoria monetaria della produzione è opposta. L.:interesse non è pagato ai risparmiatori ma al settore bancario, viene pagato sul finanziamento corrente e non in relazione al capitale fisso investito, e non è in alcun modo commisuram alla produHività dei mezzi di produzione impiegati Nella teoria monetaria della produzione, la radice dell' interesse non risiede infatti nel risparmio o nell'astinenza, ma nel fatto che, in un'economia moneta ria, l'accesso al credito e alla monera è un fattore chiave: i produttori di moneta e di cred ito, e cioè il serrare bancario, godo no quindi di una posizione di privilegio che consente loro di appropriarsi di una quota del prodotlo totale. Veniamo ora alla rilevanza che la teoria mo netaria della produzione presenta in merito a problemi concreti e attuali. È una osservazione comune che le economie di oggi tenderebbero alla finanzùtrizzaziollt' e cioè a privilegiare gli im piegh i finanziari rispetto agli impieghi produttivi. Si afferma abitualmente che il cosi dcno fe nomeno della finanziari7.2.1zione dipenderebbe da una modificazione nelle preferenze degli operatori. ed in panicolare da Ifl/t1 caduta ne/la propemio'le aL rischio da parte degli investitori. Si verificherebbe in altri termini una situazione in virtu della quale i soggetti che dispongono di risorse liquide, anziché impiegarle nella messa in atto di un processo produttivo, preferirebbero darle a presrim e ottenere in cambio un reddim sicuro SOttO forma di imeresse. Lanalisi della teoria monetaria della produzione mostra che, affinché il f<:nomeno della finan ziariz7.azione possa verificarsi, non basta una caduta dello spi ri to imprendimriale, ma occorrono alrresl alcune condizioni di natura (ccnica. E precisamente è necessario: a. come prima condizione, che esistano imprcs<: che
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hanno real izzato profitti non sohanlO in forma reale (questo sarebbe un mero autofinanziamento degli investimenti) ma in forma monetaria; cosa questa che, come abbiamo chiarito in precedenza, si può verificare soltan[Q se esistono alrri soggetti, pubblici o privati, che chiudono il loro bilancio in passivo. Una semplice cadura della proprnsione al rischio, mentre può produrre una caduta nel livello di attività, non può dare luogo a fenomeni di finanziarizzazione. Situazioni di fina nzi:trizzazione vistosa possono verificarsi soltanto in prese nza di sq uilibri profondi nel bilancio dei singoli operatori: quando, ad esempio, interi gruppi di imprese realizzano perdite cospicue, conrro altri gruppi che realizzano profin i corrispondenri ; oppure in presenza di disavanzi provenienti dal settore pubblico; b. deve inoltre ricorrere una seco nda condizione, e cioè che i soggetti indebitati verso il sistema bancario siano desiderosi di fa rsi finan ziare dai soggetti muniti di liquidità, e quindi desiderino sostimire il debilO verso le banche debi to verso altri soggetti. Questa condizione si verifica tipicamemc nei periodi di stretta creditizia ; è allora che le imprese in difficoltà, vedendosi reso d ifficile l'accesso al crediro bancario, tentano di utilizzare le sacche di liquidità dispon ibi li. t. del resro cosa nota che una stretta creditizia, negando a1l'cconomia un aumento della quantità di moneta, rende necessario un aumento compensativo della veloci tà di circolazione. Il cosi detto fenome no del la finanziariz1.azione, viene quindi spiegato dalla teoria monetaria della produzione non già come caduta dello spirito imprenditoriale ma come conseguenza di una srrena credi tizia che si in nesra su una situazione di squi librio finanziario (coesistenza di senori in anivo e di senori in perdita).
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