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PETER ROBINSON BLACK DOG (Piece Of My Heart, 2006) A Sheila La fantasia abbandonata dalla ragione produce mostri impossibili: con essa è madre delle arti e origine delle sue meraviglie. Francisco Goya, 1799 La strada dell'eccesso porta al palazzo della saggezza. William Blake, Il matrimonio del cielo e dell'inferno, 1790 Capitolo 1 Lunedì, 8 settembre 1969 Se qualcuno avesse osservato la scena dalla cima del Brimleigh Beacon quel lunedì mattina presto, avrebbe pensato che il luogo era molto simile a un campo di battaglia. Era piovuto un po' durante la notte e dalla terra umida un pallido sole faceva sollevare spirali di nebbia che volteggiavano sopra i campi punteggiati di figure immobili, mescolandosi qua e là con il fumo più scuro di fuochi spenti da poco. I volontari che raccoglievano i rifiuti si muovevano con gran cautela in quello scempio, come se raccattassero armi abbandonate e di tanto in tanto si chinassero per tirare fuori un oggetto di valore dalla tasca di qualche individuo privo di vita. Altri sembravano gettare palate di terra o calce viva dentro grandi fosse. Una leggera brezza portava l'odore di carne putrefatta. E su tutta la zona regnava un silenzio spaventoso. Ma per Dave Sampson, che si trovava sul campo, non c'era stata nessuna battaglia, soltanto un pacifico raduno e Dave aveva la visuale dal basso. Erano passate da poco le otto del mattino e lui aveva trascorso quasi tutta la notte sveglio insieme a tutti gli altri per ascoltare i Pink Floyd, i Fleetwood Mac e i Led Zeppelin. Ormai la folla era andata a casa e lui si aggirava in mezzo a oggetti privi di vita, i rifiuti lasciati dalle orde che si erano dileguate, per dare una mano a ripulire la zona dopo il primissimo festival di Brimleigh. Eccolo là, chinato, con la schiena che gli faceva un male del
diavolo e gli occhi che gli bruciavano per la stanchezza, che arrancava per il campo pieno di fango per raccogliere i rifiuti. I suoni innaturali che Jimmy Page aveva prodotto suonando la chitarra elettrica con un archetto da violino echeggiavano ancora nella sua mente, mentre infilava involucri di cellofan e barrette Mars mangiate per metà nella busta di plastica. Formiche e scarafaggi brulicavano intorno ad avanzi di panini e scatole di fagioli in salsa rossa mezze vuote. Le mosche ronzavano intorno agli escrementi e le vespe si aggiravano vicino al collo delle bottiglie di gazzosa vuote. Più di una volta Dave aveva dovuto compiere brusche manovre per non essere punto. Non riusciva a credere che la gente avesse lasciato lì tutta quella roba. Incarti di alimenti, giornali e riviste bagnati fradici, preservativi usati, assorbenti interni, mozziconi di sigaretta e di spinelli, mutandine, lattine di birra vuote: tutto questo c'era da aspettarselo, ma come diavolo aveva fatto qualcuno a lasciare lì una macchina per scrivere Underwood? E la stampella di legno? Possibile che uno zoppo, tutto a un tratto guarito dalla musica, fosse corso via e l'avesse dimenticata lì? C'erano anche altre cose, cose che era meglio evitare. I bagni di fortuna allestiti sopra la fogna a cielo aperto erano davvero poco invitanti, oltre che assai rari, e le lunghe file avevano incoraggiato più di un disperato a cercare un posticino tranquillo da qualche parte nel campo. Dave lanciò uno sguardo ai crateri e fu lieto di non essere uno dei volontari incaricati di riempirli di terra. In un punto abbastanza appartato, lungo il confine sud del campo, dove il terreno si alzava leggermente verso il margine del bosco, Dave notò un sacco a pelo abbandonato. Più si avvicinava e più gli sembrava che ci fosse qualcuno dentro. Forse aveva perso i sensi o forse si era semplicemente addormentato. Dave pensò che con ogni probabilità era sotto l'effetto di qualche droga. La tenda adibita a pronto soccorso era rimasta operativa per tutta la notte per prestare aiuto a coloro che venivano colti da allucinazioni dopo aver assunto una forte dose di acido e in giro c'era una quantità di Mandrax e di hashish oppiato sufficiente a mettere al tappeto un esercito intero. Dave toccò il sacco a pelo con la punta del piede. Sembrava morbido e pesante. Lo spinse di nuovo, con più forza stavolta. Ancora niente. Sembrava proprio che ci fosse qualcuno dentro. Alla fine si chinò e tirò la chiusura lampo ma, quando vide cosa c'era dentro, rimpianse di averlo fatto.
Quel lunedì mattina, prima delle otto, l'ispettore Stanley Chadwick era seduto come al solito alla sua scrivania al distretto di Brotherton House, deciso più che mai a smaltire tutte le scartoffie che si erano accumulate durante le due settimane di ferie che si era preso come ogni anno alla fine di agosto. La roulotte che aveva condiviso con Janet e Yvonne a Primrose Valley era stata un rifugio tranquillo per un po', sebbene Yvonne fosse stata per tutto il tempo irritabile e irrequieta, come solo una sedicenne in vacanza con i genitori sa essere, e il crimine non si era preso una pausa durante la sua assenza da Leeds. E neanche le scartoffie, a quanto pareva. Era stato un bel fine settimana. Lo Yorkshire aveva battuto il Derbyshire nella finale della Gillette Cup e, anche se il Leeds United, che usciva da una stagione vittoriosa, non era riuscito a battere il Manchester United in casa, perlomeno la partita era finita pari con il punteggio di 2 a 2 e Billy Bremner aveva segnato. L'unico neo era che domenica Yvonne aveva passato quasi tutta la notte fuori e non era la prima volta che succedeva. Chadwick era rimasto sveglio nel letto fino a quando non l'aveva sentita rientrare, verso le sei e mezzo, ma a quel punto per lui era ora di alzarsi e prepararsi per andare al lavoro. Yvonne era andata subito nella sua stanza e aveva chiuso la porta, così lui era stato costretto a rimandare l'inevitabile confronto e adesso il pensiero lo angustiava. Non sapeva cosa stesse succedendo alla figlia, cosa stesse combinando, ma qualunque cosa fosse lo spaventava. Sembrava che negli ultimi anni le nuove generazioni fossero diventate sempre più strane, sempre più ribelli, e Chadwick aveva l'impressione di non riuscire più a trovare nessun punto di contatto con i giovani. Ormai gli sembrava che molti di loro appartenessero a una razza aliena. Soprattutto sua figlia. Chadwick tentò di scrollarsi di dosso le preoccupazioni riguardo a Yvonne e diede una scorsa ai rapporti che aveva davanti: problemi con gli abusivi in un palazzo di uffici del centro di Leeds; una grossa retata di spacciatori di droga a Chapeltown; un'aggressione con una pietra infilata in un calzino ai danni di una donna a Bradford. Notò che la strada era Manningham Lane e tutti sapevano che genere di donne frequentavano Manningham Lane. Povera disgraziata: nessuno merita di essere picchiato con una pietra infilata in un calzino. Proprio vicino al confine della contea, nel North Riding, la Divisione Amministrativa settentrionale, il festival di Brimleigh si era svolto in maniera piuttosto pacifica: qualcuno arrestato in stato di ebbrezza o per spaccio di droga - il minimo che ci si potesse aspettare durante un evento del genere - e qualche problema con alcuni skin-
head nei pressi di una transenna. Verso le nove e mezzo, Chadwick prese un nuovo rapporto ed era sul punto di aprirlo quando Karen fece capolino dalla porta e gli disse che il sovrintendente McCullen voleva vederlo. Chadwick rimise il fascicolo sulla pila. Se McCullen voleva vederlo, doveva essere successo qualcosa di grosso. Di qualunque cosa si trattasse, sarebbe stata senz'altro più interessante di quelle scartoffie. McCullen era seduto nell'ufficio spazioso a tirare boccate dalla pipa mentre si godeva la vista panoramica. La centrale di polizia di Brotherton House era situata al confine occidentale del centro cittadino, nei pressi dell'università e degli edifici del Leeds General Infirmary, e si affacciava a ovest sulla nuova Inner Ringroad, la tangenziale interna che portava al Park Lane College. Tutti i vecchi stabilimenti e le vecchie fabbriche della zona, anneriti da più di un secolo di fuliggine, erano stati demoliti negli ultimi due o tre anni e sembrava che una città del tutto nuova stesse sorgendo dalle rovine del suo passato vittoriano: la piscina internazionale, il teatro, il politecnico, il palazzo dello «Yorkshire Post». Le gru si incrociavano all'orizzonte e l'aria era riempita dal rumore dei martelli pneumatici. Era solo un'impressione di Chadwick o c'era un cantiere edile in ogni angolo della città oramai? Non era sicuro che il futuro sarebbe stato migliore del passato che stava per sostituire, così come non era sicuro che il nuovo assetto mondiale sarebbe stato meglio di quello vecchio. C'era una monotonia asettica negli edifici moderni, perlopiù palazzoni di vetro e cemento, così come nelle file di case popolari di mattoni rossi. I loro predecessori vittoriani, come per esempio il lanificio di Bean Ing costruito da Benjamin Gott, potevano avere un aspetto più tetro e più squallido, ma almeno avevano carattere. O forse, pensò Chadwick, era lui che stava diventando un passatista riguardo all'architettura, così come riguardo ai giovani. E a quarantotto anni era troppo presto per una cosa del genere. Si ripromise di sforzarsi di essere più tollerante nei confronti degli hippy e degli architetti. «Siediti, Stan» disse McCullen, e indicò la sedia davanti alla sua scrivania. Era un uomo duro, tutto d'un pezzo, uno della vecchia guardia, che si stava avvicinando in fretta al pensionamento. Aveva i capelli grigi, tagliati a spazzola in modo austero, i lineamenti marcati, squadrati, e negli occhi socchiusi un luccichio che intimoriva. La gente diceva che non aveva senso dell'umorismo, ma Chadwick credeva che fosse così cupo e ben nascosto che nessuno poteva o voleva riconoscerlo. McCullen era stato membro
di un commando durante la guerra e anche Chadwick aveva svolto un bel po' di servizio attivo. Gli piaceva pensare che questo creasse una sorta di legame fra di loro, che fosse qualcosa che li accomunava anche se non ne parlavano mai. Inoltre avevano tutti e due origini scozzesi. La madre di Chadwick era scozzese e il padre aveva lavorato nei cantieri navali del Clydebank. Chadwick era cresciuto a Glasgow e si era trasferito giù nello Yorkshire soltanto dopo la guerra. Chadwick si sedette. «Vado subito al sodo» cominciò McCullen, mentre batteva la pipa contro il pesante portacenere di vetro. «È stato ritrovato un corpo a Brimleigh Glen, il campo in cui si è tenuto il festival questo fine settimana. Non ho ancora molti dettagli. Il rapporto è appena arrivato. Tutto ciò che sappiamo è che la vittima è una giovane donna.» «Ah» commentò Chadwick, avvertendo un senso di vuoto alla bocca dello stomaco. «Credevo che Brimleigh appartenesse al North Riding.» McCullen caricò di nuovo la pipa. «A rigor di termini è così» disse alla fine, mentre sprigionava nuvole di aromatico fumo azzurrognolo. «Si trova proprio vicino al confine. Ma quelli sono poliziotti di campagna. Non vedono molti omicidi, giusto qualche reatuccio qua e là. Di certo non sono in grado di condurre un'indagine di questa portata, considerato anche il numero delle persone che devono aver assistito al festival, perciò hanno chiesto il nostro aiuto. Dati i tuoi recenti successi, pensavo che magari...» «Ai poliziotti del posto non andrà giù, comunque» replicò Chadwick. «Non dico che sarebbe come farsi pestare i piedi da Scotland Yard, ma...» «Abbiamo carta bianca» lo interruppe McCullen, e si voltò di nuovo verso la finestra. «C'è un sergente investigativo della zona di nome Keith Enderby. Collaborerai con lui. Si trova già sul posto.» McCullen lanciò uno sguardo all'orologio che portava al polso. «Faresti meglio ad andare, Stan. L'agente investigativo Bradley ti aspetta in macchina. Presto arriverà il medico legale e vorrà portare il corpo all'obitorio per l'autopsia.» Chadwick lo capiva quando qualcuno tentava di liquidarlo. Risolvi due omicidi in un anno e come ricompensa ti viene affibbiato un caso come questo. Maledetti hippy. A un tratto le scartoffie non gli sembravano più tanto male, dopotutto. Sii tollerante, si disse. Si alzò e si diresse verso la porta. Non era semplice raggiungere il corpo ritrovato sul campo, almeno non senza sporcarsi le scarpe. Chadwick imprecò a denti stretti quando vide
che le scarpe nere, che aveva lucidato con tanta cura, e gli orli dei pantaloni erano tutti imbrattati di fango marrone. Se fosse stato un poliziotto di campagna avrebbe tenuto un paio di stivali di gomma nel bagagliaio dell'auto, ma quando sei abituato a lavorare per le strade di Leeds non sei preparato alla melma. L'agente Bradley, comunque, si lamentava ancora più di lui. Brimleigh Glen somigliava a un'ampia discarica. Era una sorta di anfiteatro naturale circondato da basse colline, a est e a nord, e dal bosco a ovest e a sud; era un posto usato di frequente d'estate per i picnic e per i concerti delle bande di ottoni. Non quel fine settimana, però. Sul lato ovest del campo, al confine con il bosco, era stato montato un palco e il pubblico si era accalcato fino alle collinette che si trovavano a est e a nord, una distanza dalla quale, immaginava Chadwick, nessuno sarebbe riuscito a vedere altro che minuscoli puntini. Il capannello di persone che circondava il corpo si trovava al confine meridionale del campo, a un centinaio di metri dal palco, vicino al margine del bosco. Quando Chadwick e Bradley arrivarono, un uomo con i capelli lunghi e unti, i jeans a zampa d'elefante e un gilet afgano si girò e, con un tono più aggressivo di quello che Chadwick si sarebbe aspettato da uno che in teoria era per la pace e l'amore, disse: «Chi cazzo siete?». Chadwick simulò un'espressione sorpresa e si guardò intorno, quindi si puntò il pollice contro il petto. «Dice a me?» «Sì, a te.» Un giovanotto visibilmente imbarazzato si affrettò a raggiungerli. «Ehm... lei deve essere l'ispettore di Leeds. Non è così, signore?» Chadwick annuì. «Piacere, signore. Sono il sergente investigativo Enderby, della polizia del North Yorkshire. Questo è Rick Hayes, l'organizzatore del festival.» «Deve essere rimasto sveglio tutta la notte» osservò Chadwick. «Credevo che a quest'ora ormai fosse sotto le coperte.» «C'è ancora molto da fare» ribatté Hayes, indicando quello che si trovava alle sue spalle. «Quell'impalcatura, tanto per cominciare. È in affitto e deve essere smontata e restituita. Comunque, mi scusi.» Lanciò un'occhiata al sacco a pelo. «È stata una cosa davvero sconvolgente.» «Lo immagino» replicò Chadwick, e intanto avanzò. C'erano quattro persone oltre a lui e a Bradley sulla scena, tra cui soltanto un poliziotto in divisa, e quasi tutte stavano troppo vicine al corpo. Erano vestite anche in modo molto informale. Persino il sergente Enderby, notò Chadwick, aveva
i capelli che sfioravano il bavero della giacca e le sue basette avevano bisogno di una spuntata. A giudicare dall'apparenza, i suoi stivaletti a punta neri dovevano essere sporchi anche prima che attraversasse il campo. «È stato lei il primo agente ad arrivare sulla scena?» domandò Chadwick al giovane poliziotto, mentre cercava di far indietreggiare la gente e di creare un po' di spazio intorno al sacco a pelo. «Sì, signore. Agente Jacobs. Ero di pattuglia quando è arrivata la chiamata.» «Chi è stato a chiamare?» Un altro dei presenti fece un passo avanti. «Sono stato io. Steve Naylor. Stavo lavorando sull'impalcatura quando Dave mi ha chiamato a squarciagola. C'è una cabina telefonica sulla strada, dall'altra parte della collina.» «Sei stato tu a trovare il corpo?» chiese Chadwick a Dave Sampson. «Sì.» Sampson sembrava pallido, come era normale, pensò Chadwick. Il servizio militare prestato in guerra e i diciotto anni in polizia lo avevano reso insensibile alla vista di un corpo inerme vittima di una morte violenta, ma si ricordava ancora la sua prima volta e non avrebbe mai dimenticato quell'esperienza traumatica. Diede un'occhiata in giro. «C'è qualche speranza di rimediare una tazza di tè?» Tutti lo fissarono sconcertati, poi Naylor, l'operaio che stava smontando il palco, disse: «Abbiamo un fornello da campeggio e un pentolino là dietro. Vedo cosa posso fare». «Bravo ragazzo.» Naylor s'incamminò verso il palco. Chadwick si rivolse di nuovo a Sampson. «Hai toccato qualcosa?» gli chiese. «Solo la chiusura lampo. Cioè, non sapevo... io pensavo...» «Cosa pensavi?» «Mi sembrava che ci fosse qualcuno dentro. Pensavo che dormisse o che si fosse...» «Drogato?» «Forse. Sì.» «Quando hai aperto la lampo e hai visto cosa c'era dentro, che cosa hai fatto?» «Ho chiamato quelli del palco.» Chadwick guardò i residui di vomito sull'erba a circa un metro da lì. «Prima o dopo aver dato di stomaco?»
Sampson deglutì. «Dopo.» «Hai toccato il corpo in qualche modo?» «No.» «Bene. Adesso ripeti tutto e rilascia una dichiarazione al sergente Enderby. Forse avremo bisogno di parlarti di nuovo, perciò resta nei paraggi.» Sampson annuì. Chadwick si accovacciò accanto al sacco a pelo blu, tenendo le mani in tasca in modo da non toccare nulla, nemmeno per sbaglio. Soltanto la parte superiore del corpo della ragazza era scoperta, ma era sufficiente. Indossava un vestito bianco plissettato con un'ampia scollatura e la zona sotto il seno sinistro era un disastro: ferita da coltello, a quanto pareva. Il vestito le si era attorcigliato intorno alla vita, come se non avesse fatto in tempo a sistemarselo dopo che si era infilata nel sacco a pelo oppure come se qualcuno l'avesse ficcata lì dentro in fretta e furia dopo averla uccisa. Il lungo vestito poteva anche essere stato sollevato per scopi sessuali, se la ragazza aveva diviso il sacco a pelo con il fidanzato, pensò Chadwick, ma per saperne di più avrebbe dovuto aspettare il medico legale. Era una ragazza molto carina, con i capelli lunghi e biondi, il viso ovale e le labbra carnose. Aveva l'aria del tutto innocente. Non era molto diversa da Yvonne, pensò con un brivido improvviso, e anche Yvonne era stata fuori tutta la notte. Ma lei era tornata a casa. Questa ragazza no. Forse aveva uno o due anni più di Yvonne. L'ombretto che portava le metteva in risalto i grandi occhi azzurri mentre il mascara creava un netto contrasto con il pallore della pelle. Aveva diversi fili di perline colorate intorno al collo e un fiordaliso dipinto sulla guancia destra. Chadwick non poteva fare nulla finché non fosse arrivato il medico legale del ministero dell'Interno, il che sarebbe accaduto molto presto, da come gli aveva dato a intendere McCullen. Si rimise in piedi e diede un'occhiata al terreno circostante, ma vide soltanto rifiuti: carte di Kit Kat, una copia fradicia dell'«International Times», un sacchetto vuoto di tabacco Old Holborn per sigarette, un pacchetto arancione di cartine Rizla. Tutto sarebbe stato imbustato e analizzato, naturalmente. Annusò l'aria, umida ma abbastanza calda per quel periodo dell'anno, e diede un'occhiata all'orologio. Le undici e mezzo. Sembrava che sarebbe stata un'altra bella giornata; e molto lunga, per giunta. Tornò a guardare gli altri. «Qualcuno la riconosce?» Tutti scossero il capo. A Chadwick parve di scorgere una leggera esita-
zione nella reazione di Rick Hayes. «Signor Hayes?» «No» rispose Hayes. «Non l'ho mai vista.» Chadwick pensò che stesse mentendo, ma non disse nulla. Notò un movimento vicino al palco e quando si girò vide Steve Naylor arrivare con un vassoio, seguito a breve distanza da un uomo vestito in modo impeccabile, che sembrava contento di attraversare il campo pieno di fango quasi quanto lo era stato lui. Quell'uomo, però, portava una borsa nera. Il medico legale era arrivato, finalmente. Ottobre 2005 L'ispettore capo Alan Banks schiacciò il tasto play e in un batter d'occhio il magnifico suono di Breathe, dell'album The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd, riempì la stanza. Non era ancora molto abile con la nuova tecnologia, ma piano piano stava imparando come si usava. Aveva ereditato dal fratello Roy un impianto stereo ultramoderno, insieme a un lettore DVD, un televisore al plasma da 42 pollici, un iPod da 40Gb e una Porsche 911. I beni erano andati ai genitori di Banks, ma questi erano fedeli alle loro abitudini e non sapevano che farsene di una Porsche o di un televisore dallo schermo gigante. La prima non sarebbe durata neanche cinque minuti parcheggiata fuori dalle case popolari di Peterborough in cui abitavano e il secondo non entrava nemmeno nel loro soggiorno. Avevano venduto la casa che Roy aveva a Londra, sistemandosi per tutto il resto della loro vita, e avevano ceduto a Banks tutte le cose che loro non potevano utilizzare. Quanto all'iPod di Roy, Banks lo aveva salvato giusto in tempo, perché il padre, dopo avergli dato un'occhiata, stava per buttarlo nel cestino dell'immondizia. Adesso, ogni volta che usciva, era diventato un oggetto indispensabile per lui, alla stregua del portafogli e del cellulare. Era riuscito a scaricare il software e a comprare batterie e cavetti nuovi, oltre a un adattatore che gli consentiva di ascoltarlo attraverso la radio della sua auto e, mentre aveva conservato gran parte delle canzoni scelte dal fratello, era riuscito a liberare ben quindici ore di spazio cancellando l'intero ciclo dell'Anello del Nibelungo e quello era stato più che sufficiente per sistemare l'esigua collezione che possedeva al momento. Banks andò in cucina a vedere a che punto era la cena. Tutto quello che aveva dovuto fare era stato aprire la confezione e infilare la teglia di allu-
minio nel forno, ma non voleva che si bruciasse tutto. Era venerdì sera e aspettava Annie Cabbot per cena, soltanto come amica, e quella serata doveva essere un modo informale per inaugurare la nuova casa, anche se quella era una definizione che Banks ormai esitava a usare. Era tornato ad abitare nel cottage ristrutturato da quasi un mese e quella era la prima visita di Annie. Era una tempestosa notte di ottobre. Banks sentiva il vento che fischiava e ululava e poteva vedere le ombre scure dei rami che si agitavano e perdevano le foglie al di là della finestra della cucina. Sperava che Annie non incontrasse problemi lungo la strada, che non fossero caduti degli alberi. Aveva un letto in più, nel caso volesse fermarsi a dormire da lui, ma ne dubitava. Erano successe troppe cose fra loro perché quella soluzione non li mettesse entrambi in imbarazzo, anche se nel corso dell'estate c'erano stati momenti in cui aveva pensato che non sarebbe stato tanto difficile spazzare via ogni ostacolo. Meglio non pensarci, si disse. Banks si versò l'ultimo goccio di Amarone. I genitori avevano ereditato la cantina di Roy e avevano ceduto anche quella all'altro figlio. Per quanto riguardava Arthur Banks, il vino bianco era roba da checche e quello rosso sapeva di aceto. La madre preferiva lo sherry dolce. Peggio per loro. Intanto, finché durava, Banks avrebbe fatto la bella vita con Bordeaux e Sauternes delle annate più pregiate, vini di Borgogna bianchi e rossi dei produttori più famosi, Chianti classico, Barolo e Amarone. Una volta finite le scorte, naturalmente, sarebbe tornato alle cassette di semplice cileno e di rosso australiano da quattro soldi, ma per il momento se la godeva. Ogni volta che apriva una bottiglia, però, sentiva la mancanza di Roy, il che era strano dal momento che non erano mai stati tanto uniti, e Banks aveva la sensazione di aver conosciuto davvero il fratello soltanto dopo che era morto. Avrebbe solo dovuto imparare a conviverci. Era come per tutte le altre cose... il televisore, lo stereo, la macchina, la musica... tutte lo spingevano a pensare al fratello che non aveva mai conosciuto davvero. Verso la metà di Us and Them sentì suonare il campanello. Annie, sette e mezzo, puntuale come un orologio svizzero. Andò ad aprire la porta e trasalì per la forte raffica di vento che per poco non la buttò fra le sue braccia. Annie si scostò con una risatina e cercò di tenere fermi i capelli mentre Banks richiudeva la porta, ma, nonostante il tragitto dalla sua auto alla porta d'ingresso fosse stato breve, le si erano tutti arruffati. «Bella serata» commentò Banks. «Spero che tu non abbia avuto problemi ad arrivare fin qui.»
Annie sorrise. «Niente che non potessi risolvere.» Porse a Banks una bottiglia di vino - Merlot cileno da supermercato, notò lui - e tirò fuori una spazzola. Cominciò a pettinarsi e intanto prese a gironzolare per il soggiorno. «Certo, è diverso da come me lo aspettavo» disse. «Sembra davvero accogliente. Vedo che alla fine hai optato per il legno scuro.» Quale legno usare per la scrivania era stata una delle cose di cui avevano discusso insieme e Annie gli aveva consigliato il colore più scuro anziché il pino chiaro. Quello che una volta era il soggiorno di Banks adesso era un piccolo studio con tanto di libreria, la copia di uno scrittoio georgiano sotto la finestra dove sistemare il computer portatile e un paio di comode poltrone di pelle marrone disposte ai lati del camino, l'ideale per leggere. Una porta accanto al caminetto conduceva nel nuovo salotto, che era lungo come tutta la casa. Annie camminò su e giù per la stanza in ammirazione, ma non rivelò a Banks che le sembrava la tana del tipico maschio. Il televisore era appeso alla parete di fronte alla porta e gli altoparlanti erano disposti in posizione strategica ai lati del divano e delle poltrone color prugna intenso. Sulle altre due pareti invece c'erano scaffali pieni di CD e DVD, quasi tutti di Roy, tranne quei pochi che Banks aveva comprato negli ultimi due mesi. Delle portefinestre in fondo alla stanza conducevano alla nuova veranda. Si trasferirono nella cucina, che era stata completamente ricostruita. Banks aveva fatto in modo che somigliasse il più possibile a quella di prima, con gli armadietti di pino, i tegami con il fondo di rame appesi al muro e l'angolo per la colazione, con il tavolo e la panca dello stesso legno degli armadietti, ma quella strana presenza benigna che una volta avvertiva lì dentro ormai se n'era andata per sempre, o almeno così sembrava. Adesso era una bella cucina, ma era solo una cucina. L'architetto aveva fatto costruire la veranda lungo tutto il muro sul retro della casa e vi si poteva accedere anche attraverso una porta che si trovava nella cucina. «Notevole» commentò Annie. «Tutto questo e in più una Porsche parcheggiata lì fuori. Attirerai le donne come una calamita.» «Magari...» replicò Banks. «Potrei anche decidere di venderla la Porsche.» «Perché?» «È solo che mi sembra così strano avere tutta la roba di Roy. Insomma, il televisore, i film e i CD vanno anche bene, non sono tanto personali, ma la macchina... Non lo so. Roy adorava quella macchina.» «Devi aspettare ancora un po'. Magari ti ci affezionerai anche tu.»
«Mi piace già parecchio. È solo che... ah, lascia stare.» «Mmh, che profumino. Cosa c'è per cena?» «Arrosto di manzo e Yorkshire pudding.» Annie gli lanciò un'occhiataccia. «Lasagne vegetariane» disse Banks. «Le migliori che avevano da Marks & Spencer's.» «Vanno benissimo.» Banks preparò una semplice insalata e la condì con olio e aceto, mentre Annie si sedeva sulla panca e stappava il vino. Il disco dei Pink Floyd era finito, così Banks andò vicino allo stereo e mise un pezzo di Mozart per quintetto di fiati. Aveva installato delle casse anche in cucina, perciò la musica si sentiva bene. Quando tutto fu pronto, si sedettero l'uno di fronte all'altra e Banks servì la cena. Banks pensò che Annie era davvero carina. I capelli, castani e ondulati, le cadevano ancora un po' scompigliati sulle spalle, ma la cosa la rendeva ancora più attraente ai suoi occhi. Sfoggiava il suo solito look casual: un filo di trucco, una giacca di cotone leggera, una T-shirt verde e un paio di jeans neri attillati, una collana di perline e diversi braccialetti d'argento sottili che tintinnavano ogni volta che muoveva la mano. Avevano inghiottito il primo boccone, quando il telefono si mise a squillare. Banks borbottò qualcosa per scusarsi con Annie e andò a rispondere. «Signore?» Era l'agente investigativo Winsome Jackman. «Sì, Winsome» disse Banks. «Spero proprio che sia importante. Sono stato tutto il giorno a sgobbare davanti ai fornelli.» «Signore?» «Lascia perdere. Dimmi tutto.» «C'è stato un omicidio, signore.» «Ne sei sicura?» «Non l'avrei disturbata se non lo fossi, signore» ribatté Winsome. «Sono già sul posto. Moorview Cottage, a Fordham, appena fuori Lyndgarth. Mi trovo a un paio di metri da lui, ha la base del cranio fracassata. Sembra che qualcuno lo abbia colpito con l'attizzatoio. C'è anche Kev qui e lui concorda. Scusi, volevo dire il sergente Templeton. È stato un poliziotto locale a chiamarci.» Banks conosceva Fordham. Era solo un piccolo villaggio, in realtà, un gruppetto di cottage, un pub e una chiesa. «Cristo» commentò. «Okay, Winsome, sarò lì al più presto. Nel frattempo puoi chiamare gli operatori
della Scientifica e il dottor Glendenning, se è reperibile.» «Sarà fatto, signore. Devo avvertire l'ispettore Cabbot?» «Me ne occupo io. Fai in modo che la scena resti integra. Noi arriviamo subito. Tra mezz'ora al massimo.» Banks riagganciò e tornò in cucina. «Mi dispiace doverti rovinare la cena, Annie, ma dobbiamo uscire. C'è stata una morte sospetta. Winsome è sicura che si tratti di omicidio.» «La tua auto o la mia?» «La tua, direi. La Porsche è un po' pretenziosa per una scena del crimine, non trovi?» Lunedì, 8 settembre 1969 Nel corso della giornata, la zona intorno a Brimleigh Glen divenne affollata grazie all'arrivo di vari esperti medici e scientifici e dell'unità mobile, un furgone che fungeva da centrale operativa provvisoria, dotato di apparecchiature telefoniche e, cosa ben più importante, di tutto l'occorrente per il tè. La scena del crimine vera e propria venne isolata e un agente fu messo all'entrata per annotare i nomi di tutti quelli che entravano e uscivano. Tutti gli altri lavori, ossia togliere i rifiuti, smontare il palco e riempire il pozzo nero, vennero sospesi fino a nuovo ordine, con sommo dispiacere di Rick Hayes, il quale si lamentava dicendo che ogni minuto in più che passava lui ci rimetteva dei soldi. Chadwick non aveva dimenticato che poco prima Hayes sembrava aver mentito quando aveva affermato di non conoscere la vittima, e non vedeva l'ora di interrogarlo in maniera più accurata. In effetti, Hayes era in cima alla lista delle sue priorità. Per il momento, però, la cosa importante era organizzare le indagini, mettere in moto il meccanismo e assegnare a ogni uomo il proprio incarico. Il sergente investigativo Enderby a prima vista sembrava abbastanza capace, malgrado la lunghezza dei suoi capelli, e Chadwick sapeva che Simon Bradley, il suo autista, era un giovane e brillante poliziotto con un promettente futuro davanti a sé. Negli atteggiamenti mostrava anche lo stesso tipo di ordine e di precisione militaresca che Chadwick apprezzava tanto. Quanto agli altri membri della squadra, sarebbero arrivati perlopiù dal North Riding, uomini che non conosceva e di cui avrebbe dovuto imparare pregi e difetti strada facendo. In genere preferiva intraprendere un'indagine su basi più solide, ma quella volta non era possibile. Ufficial-
mente il caso apparteneva al North Yorkshire e lui era lì solo per dare una mano. Il medico legale aveva dichiarato morta la ragazza e aveva consegnato il corpo all'assistente del coroner, in questo caso un poliziotto locale designato appositamente allo scopo, il quale organizzò il trasferimento all'obitorio di Leeds. Dopo la rapida ispezione che aveva eseguito sulla scena, il dottor O'Neill era stato in grado di riferire a Chadwick che le ferite erano state quasi sicuramente provocate da un coltello dalla lama sottile e che il decesso doveva essere avvenuto meno di dieci, ma più di sei ore prima che lui esaminasse il corpo, il che voleva dire che era stata uccisa fra l'una e mezzo e le cinque e mezzo del mattino. La giovane era stata spostata dopo la morte, aveva aggiunto, e non si trovava nel sacco a pelo quando era stata uccisa. Anche se le ferite provocate da una coltellata, persino al cuore, spesso non sanguinano molto, aveva detto il medico, ci sarebbe stato più sangue all'interno del sacco a pelo, se l'avessero accoltellata lì dentro. Quanto e dove fosse rimasta sdraiata prima di essere spostata il dottore non lo sapeva, poteva solo dire, in base alla lividezza post mortem, che doveva essere rimasta distesa sulla schiena per qualche ora. Da un esame esterno non sembrava che fosse stata violentata - infatti, indossava ancora le mutandine di cotone bianco e sembravano pulite - ma solo un accurato esame autoptico avrebbe rivelato particolari su un eventuale rapporto sessuale avuto prima della morte. Non si era procurata ferite sulle mani nel tentativo di difendersi, quindi molto probabilmente era stata colta di sorpresa e la prima coltellata doveva aver colpito il cuore, rendendola subito incapace di qualsiasi reazione. Il cadavere mostrava un piccolo livido sulla parte anteriore del collo, a sinistra, e questo secondo il dottor O'Neill poteva indicare che qualcuno, con tutta probabilità l'assassino, l'aveva immobilizzata da dietro. Quindi, pensò Chadwick, l'assassino aveva fatto un goffo tentativo di far sembrare che la ragazza fosse stata uccisa nel sacco a pelo sul campo e talvolta i maldestri tentativi di depistaggio producevano degli indizi. Prima di fare qualunque altra cosa, Chadwick incaricò Enderby di mettere insieme una squadra di agenti per setacciare con un cane poliziotto il bosco di Brimleigh. Il fotografo fece quello che doveva fare e gli specialisti perlustrarono la zona, quindi imbustarono qualsiasi cosa per poi analizzarla in laboratorio. Furono rinvenute alcune orme parziali, ma non c'era nessuna garanzia che una di quelle appartenesse all'assassino. A ogni modo, vennero scrupolo-
samente fatti dei calchi con il gesso. Non c'erano armi nelle immediate vicinanze, cosa di cui non c'era molto da sorprendersi dato che la vittima non era morta in quel punto, e non c'era niente, né dentro il sacco a pelo né vicino al corpo, che indicasse l'identità della ragazza. Il fatto che non ci fossero segni di trascinamento lasciava supporre che fosse stata spostata lì prima che iniziasse a piovere. Le perline che indossava erano piuttosto comuni, anche se Chadwick immaginava che fosse possibile rintracciare un fornitore. A quell'ora qualche povera coppia di genitori si stava di sicuro torcendo le mani per la preoccupazione, come aveva fatto lui per Yvonne. Era stata anche lei al festival?, si domandò. Sarebbe stato proprio da lei, visti il tipo di musica che ascoltava, il suo spirito ribelle e gli abiti che indossava. Gli tornarono in mente tutte le storie che aveva fatto il fine settimana precedente, quando lui e Janet non le avevano permesso di andare al festival dell'Isola di Wight. L'Isola di Wight, santo cielo. Era a cinquecento chilometri da lì. Poteva capitarle qualsiasi cosa. Come diavolo le era venuto in mente? Per il momento il modo migliore di procedere era controllare tutte le denunce relative a persone scomparse, in cerca di una descrizione che combaciasse con la vittima. Qualora non avessero avuto fortuna, sarebbero stati costretti a scattare una foto abbastanza decorosa alla ragazza e a diffonderla tramite i giornali e la televisione, insieme a un appello rivolto a tutti coloro che avevano assistito al concerto affinché riferissero se avevano visto o sentito qualcosa. Non importava in che modo, ma dovevano scoprire chi era quella ragazza il più presto possibile. Solo allora avrebbero potuto tentare di capire chi le aveva fatto una cosa simile e perché. L'oscurità si faceva più fitta a mano a mano che Banks e Annie si avvicinavano a Lyndgarth. Pareva che il vento avesse buttato giù un palo dell'elettricità da qualche parte provocando un black out. Le sagome dei rami si muovevano a scatti nel raggio di luce dei fari dell'auto, mentre tutto intorno era buio pesto; non c'era nemmeno la luce di qualche lontana fattoria a guidarli. A Lyndgarth le case, i pub, la chiesa, il prato pubblico, tutto era immerso nell'oscurità. Annie percorse adagio la curva che portava fuori dalla cittadina, superò uno stretto ponte di pietra e svoltò ancora. Mancavano circa altri otto chilometri per Fordham. Persino nel buio che li avvolgeva fu facile capire dove si trovava il trambusto quando, poco dopo le otto e mezzo, superarono il secondo ponte.
La strada principale curvava in modo brusco all'altezza del pub situato di fronte alla chiesa e continuava per Eastvale, ma davanti a loro, su un sentiero accidentato che oltrepassando l'ostello della gioventù saliva sulla collina fino alla brughiera selvaggia, un'auto della polizia bloccava il passaggio insieme alla Vectra civetta di Winsome. Annie accostò dietro le due auto e il vento le sferzò i vestiti non appena scese dalla macchina. Il fattaccio era avvenuto nell'ultimo cottage sulla sinistra. Davanti al Moorview Cottage un vialetto partiva verso ovest e passava fra la chiesa e una fila di altri cottage, prima di venire inghiottito dalla campagna buia. «Non è un granché come posto, non trovi?» osservò Banks. «Dipende da quello che cerchi» rispose Annie. «È abbastanza tranquillo, suppongo.» «E c'è un pub.» Quando si voltò di nuovo verso la strada principale, a Banks sembrò di scorgere il bagliore di alcune candele attraverso le finestre e di sentire delle voci attutite provenire dall'interno del locale. A quanto pareva un'inezia come un'interruzione di corrente non avrebbe privato gli abitanti del posto della birra che si erano sudati con tanta fatica. La luce di una torcia li accecò e Banks udì la voce di Winsome. «Signore? Ispettore Cabbot? Da questa parte. Mi sono presa la libertà di chiedere agli addetti della Scientifica di portare qualche lampada, ma per il momento questa è tutto ciò che abbiamo.» Seguirono il sentiero illuminato dalla torcia, quindi attraversarono un alto cancello di legno e una veranda. L'agente di polizia locale aspettava dentro, vicino alla porta, e parlava con il sergente investigativo, fresco di promozione, Kevin Templeton. La luce della sua torcia migliorò di parecchio la visibilità. Tuttavia dovevano limitarsi a quello che i fasci di luce riuscivano a illuminare; il resto della casa era avvolto dall'oscurità. Camminando con cautela sulle lastre di pietra, Banks e Annie seguirono le luci fino all'inizio del soggiorno. Non indossavano tute protettive, perciò dovevano tenersi a distanza finché gli esperti non avessero raccolto le prove. Lì, sdraiato in modo scomposto per terra vicino al caminetto, c'era il corpo di un uomo. Aveva la faccia rivolta a terra, perciò Banks non era in grado di dire quanti anni avesse, ma a giudicare dai vestiti (un paio di jeans e una felpa verde scuro), doveva essere piuttosto giovane. Quello che Winsome gli aveva riferito al telefono era vero: persino a qualche metro di distanza poteva vedere che la base del cranio era tutta insanguinata e una lunga striscia di sangue in via di coagulazione scintillava alla luce della torcia, terminando con una pozza che veniva assorbita dal tappeto. Win-
some spostò il fascio di luce per la stanza e Banks scorse un attizzatoio sul pavimento, non lontano dalla vittima, oltre a un paio di occhiali con una lente rotta. «Noti qualche segno di colluttazione?» domandò Banks. «No» rispose Annie. La torcia illuminò un pacchetto di Dunhill e un accendino usa e getta appoggiati sul tavolino accanto alla poltrona, verso il quale era rivolta la testa della vittima. «Si direbbe che stesse andando a prendere le sigarette» ipotizzò Banks. «E qualcuno lo ha colto di sorpresa?» «Sì, ma qualcuno che secondo lui non aveva motivo di ucciderlo.» Banks indicò la rastrelliera vicino al caminetto. «Molto probabilmente l'attizzatoio doveva trovarsi lì, vicino al fuoco, insieme agli altri attrezzi.» «Le analisi sugli schizzi di sangue dovrebbero darci un'idea più precisa di come sono andate le cose» disse Annie. Banks annuì e si rivolse a Winsome. «La prima cosa da fare è isolare completamente la stanza» le disse. «È vietato l'accesso a chiunque non abbia un vero motivo per essere qui.» «Sì, signore» replicò Winsome. «E organizza al più presto un interrogatorio a tappeto tra tutti i vicini. Chiama i rinforzi, se necessario.» «Provvedo immediatamente, signore.» «Sappiamo chi è la vittima?» «Non sappiamo ancora nulla» rispose Winsome. «L'agente Travers vive in fondo alla strada e dice di non conoscerlo. Pare che questo sia un cottage per i turisti.» «Allora si presuppone che ci sia un proprietario da qualche parte.» «È qui dentro, signore.» Fu l'agente Travers a parlare e indicò con la torcia la sala da pranzo, dove una donna con lo sguardo fisso nel vuoto era seduta al buio su una sedia dallo schienale rigido. «Non sapevo che altro fare con lei, signore» proseguì l'agente. «Insomma, non potevo lasciarla andare prima che parlasse con voi e aveva bisogno di sedersi. Si sentiva svenire.» «Ha fatto bene» disse Banks. «In ogni caso, questa è la signora Tanner. È lei la proprietaria.» «No, non sono io» lo corresse la signora Tanner. «Io mi prendo solo cura della casa. I proprietari vivono a Londra.» «Okay» disse Banks, e si sedette di fronte alla donna. «Penseremo a
questi dettagli più tardi.» L'agente Travers puntò la torcia sul tavolo in mezzo a loro, in modo tale che nessuno dei due venisse abbagliato dalla luce ma che riuscissero almeno a vedersi. Da quanto Banks riusciva a intravedere, la signora Tanner era una donna robusta, sulla cinquantina, con i capelli corti e ingrigiti e il doppio mento. «Si sente bene, signora Tanner?» le domandò. La donna si portò una mano sul petto. «Adesso sto meglio, grazie. È stato davvero uno shock. Con il buio e tutto il resto... Non era certo la prima volta che vedevo una persona morta. Alcuni famigliari, sa, ma questo...» Bevve un sorso dalla tazza fumante che aveva davanti a sé. A quanto pareva Travers aveva avuto il buon senso di fare il tè, il che significava che doveva esserci un fornello a gas. «Se la sente di rispondere a qualche domanda?» le chiese Banks. «Non credo di poterle essere molto utile.» «Lasci che sia io a deciderlo. Come ha scoperto il corpo?» «Era sdraiato lì, proprio come adesso. Non ho toccato niente.» «Bene. Ma quello che intendevo è: come mai è venuta qui?» «Perché è andata via la corrente. Vede, abito proprio in fondo alla strada, di fronte al pub, e volevo mostrargli dov'erano le candele di emergenza. C'è anche una grossa torcia elettrica.» «A che ora è successo questo?» «Poco prima delle otto.» «Ha per caso visto o sentito qualcosa di insolito?» «No.» «Ha visto qualcuno?» «Neanche un'anima.» «Niente auto?» «No.» «La porta era aperta?» «No. Era chiusa.» «Cosa ha fatto, allora?» «Prima ho bussato.» «E dopo?» «Be', sa, non rispondeva nessuno e dentro era tutto buio.» «Non ha pensato che forse poteva essere uscito?» «La macchina è ancora qui. Chi uscirebbe a piedi in una sera come questa?»
«Che mi dice del pub?» «Sono andata a controllare, ma non c'era e nessuno lo aveva visto, perciò sono tornata qui. Ho le chiavi. Ho pensato che forse gli era capitato qualcosa, che so, poteva essere scivolato per le scale per colpa del buio, e tutto perché io mi ero dimenticata di mostrargli dove sono le candele e la torcia.» «E dove sono?» domandò Banks. «In una scatola, sulla mensola sotto le scale.» Scrollò il capo adagio. «Mi dispiace. Non appena l'ho visto... sdraiato lì... mi è del tutto passato di mente il motivo per cui ero venuta.» «Non si preoccupi.» Banks mandò l'agente Travers a cercare le candele. L'agente tornò dopo pochi istanti. «C'erano dei fiammiferi in cucina vicino al fornello, signore» spiegò l'uomo, quindi sistemò le candele in alcuni piattini e le dispose sul tavolo della sala da pranzo. «Così va meglio» osservò Banks. Si rivolse di nuovo alla signora Tanner. «Sa chi era il suo ospite? Come si chiamava?» «Nick.» «Tutto qua?» «Quando è arrivato sabato scorso ed è venuto a presentarsi, ha detto solo che si chiamava Nick.» «Non le ha dato un assegno con su scritto nome e cognome?» «Ha pagato in contanti.» «È una cosa normale?» «Alcuni preferiscono fare così.» «Quanto tempo aveva intenzione di fermarsi?» «Ha pagato per due settimane.» Due settimane di vacanza nelle Yorkshire Dales in ottobre, a Banks sembrava una scelta piuttosto bizzarra, ma sui gusti non si discute. Magari questo Nick era un escursionista appassionato. «Come ha trovato questo posto?» «I proprietari hanno un sito web, ma non mi chieda niente. Io mi occupo solo delle pulizie e della manutenzione generale.» «Capisco» replicò Banks. «Sa per caso da dove veniva Nick?» «No. Non aveva un accento straniero, ma non era di queste parti. Dal sud, direi.» «C'è altro che può dirmi sul suo conto?» «L'ho visto soltanto quella volta» rispose la signora Tanner. «Sembrava
un bravo ragazzo.» «Quanti anni aveva secondo lei?» «Non era vecchio. Sui trentacinque, forse. Non sono molto brava a indovinare l'età della gente.» La luce dei fari delle auto penetrò attraverso la finestra e in un baleno la piccola casa si riempì di uomini della Scientifica. Peter Darby, il fotografo, e il dottor Glendenning, il medico legale del ministero dell'Interno, arrivarono più o meno nello stesso momento e Glendenning si lamentò del fatto che secondo Banks lui non aveva niente di meglio da fare il venerdì sera che gingillarsi con i cadaveri. Banks chiese all'agente Travers di accompagnare a casa la signora Tanner e di rimanere con lei. La donna disse che il marito era a Eastvale per una partita di freccette, ma che sarebbe tornato presto, e assicurò a Banks che era in grado di stare da sola. Gli addetti al rilevamento delle prove posizionarono alla svelta delle lampade nel soggiorno e, mentre Peter Darby fotografava il cottage con la sua Pentax e lo immortalava con la sua videocamera digitale, Banks osservava il dottor Glendenning che esaminava il corpo, girandolo un poco per controllare gli occhi. «Puoi dirci qualcosa, doc?» chiese Banks dopo qualche minuto. Il dottor Glendenning si alzò in piedi e sospirò in modo teatrale. «Te l'ho già detto più di una volta, Banks. Non chiamarmi "doc". È una mancanza di rispetto.» «Scusa» disse Banks. Scrutò il cadavere. «In ogni caso, ha rovinato il venerdì sera anche a me, perciò qualunque cosa tu dica potrebbe essermi d'aiuto.» «Allora, tanto per cominciare, è morto. Puoi annotartelo sul tuo taccuino.» «Lo sospettavo» ribatté Banks. «E non fare tanto il sarcastico, maledizione. Ti rendi conto che a quest'ora dovevo essere al ricevimento del sindaco a bere sidro e a mangiare volau-vent?» «Un tantino dannoso per la salute, mi pare» replicò Banks. «Molto meglio essere qui.» Glendenning gli concesse un sorriso d'intesa. «Forse hai ragione.» Si lisciò i capelli argentei. «Comunque sia, è stato quasi sicuramente il colpo alla base del cranio a ucciderlo. Ne saprò di più quando lo avrò sul tavolo dell'obitorio, è ovvio, ma per il momento questo dovrebbe bastare.» «Ora del decesso?»
«Non più di due o tre ore fa. Il rigor mortis non è ancora sopraggiunto.» Banks guardò l'orologio. Erano le nove e cinque. La signora Tanner era arrivata lì circa un'ora prima, quindi l'intervallo di tempo si restringeva ulteriormente, fra le sei e le otto, più o meno. Doveva aver mancato l'assassino per un soffio e questo la rendeva una donna molto fortunata. «È possibile che si sia ubriacato, sia scivolato e abbia battuto la testa?» Banks sapeva che era improbabile, ma doveva chiederlo. Non ci si poteva mettere a sprecare il tempo e le preziose risorse della polizia per un incidente domestico. «Direi proprio di no» rispose Glendenning, mentre lanciava un'occhiata all'attizzatoio. «Prima di tutto, se fosse andata così, molto probabilmente il corpo sarebbe supino e, secondo, a giudicare dalla forma della ferita, dal sangue e dai capelli su quell'attizzatoio laggiù, direi che l'arma del delitto è abbastanza ovvia stavolta. Può darsi che trovi una bella serie di impronte e riesca ad andartene a casa per un'ora decente.» «Magari!» replicò Banks, mentre vedeva andare in fumo l'ennesimo weekend. Perché gli assassini non compivano i loro delitti di lunedì? Non era soltanto la prospettiva di lavorare per tutto il fine settimana che rendeva gli omicidi del venerdì una vera rottura di scatole, ma anche il fatto che la gente tendeva a tagliare la corda. Gli uffici erano chiusi, i lavoratori andavano a trovare i parenti, tutto si rallentava. E in qualunque indagine, le prime quarantotto ore erano cruciali. «Comunque» aggiunse «l'attizzatoio era a portata di mano e questo significa che, chiunque sia stato, probabilmente non era venuto con l'intenzione di uccidere. Oppure voleva far in modo che sembrasse così.» «Lascio a te le congetture. Per quanto mi riguarda, questo tizio appartiene al coroner ormai. Puoi spostare il corpo non appena il nostro CartierBresson avrà finito.» Banks sorrise. Vide Peter Darby cacciare la lingua alle spalle del dottor Glendenning. Quei due sembravano sempre intralciarsi a vicenda quando erano su una scena del crimine, che era poi l'unico luogo in cui si incontravano. Ormai era impossibile non notare il trambusto nel resto della casa, che brulicava di esperti della Scientifica. Grossi cavi serpeggiavano nella veranda e portavano a lampade accecanti che proiettavano sulle pareti le ombre degli uomini avvolti dalle tute protettive. Il posto sembrava un set cinematografico. Sentendosi parecchio d'intralcio, Banks sgattaiolò verso la veranda. Il vento imperversava ancora e in alcuni momenti sembrava tanto
forte da poter spazzare via del tutto quella fragile struttura. Il fatto che dovessero lasciare aperta la porta per far passare i cavi non era certo d'aiuto. Il sergente investigativo Stefan Nowak, il coordinatore della scena del delitto, fu l'ultimo ad arrivare e, dopo aver salutato in modo fugace Banks e Annie, si mise all'opera. Il suo lavoro consisteva nel fare da tramite fra gli scienziati e gli investigatori e, se era necessario, anche di tradurre il gergo in una lingua comprensibile, e lo svolgeva in modo eccellente. Le sue lauree in fisica e chimica di sicuro lo aiutavano. Ci sono persone che passerebbero delle ore a guardare gli altri svolgere il proprio lavoro, aveva notato Banks. Le trovi vicino ai cantieri edili, che spiano attraverso i buchi nelle alte palizzate di legno mentre le escavatrici meccaniche afferrano la terra e gli uomini con i caschi protettivi in testa danno ordini urlando al di sopra del rumore assordante. Oppure lungo la strada a osservare qualche operaio su un ponteggio che sta sabbiando la facciata di un vecchio edificio. Banks non era una di queste persone. Per quanto lo riguardava, quella era una forma perversa di voyeurismo. E poi non c'era molto altro che potesse fare in quella casa se prima la squadra non terminava il suo lavoro, così rivolse con piacere i suoi pensieri al pub illuminato dalle candele che si trovava a neanche trenta metri da lì. Bisognava interrogare le persone che erano nel locale. Qualcuno poteva aver visto o sentito qualcosa. Una di esse poteva addirittura essere il colpevole. Meglio andarci a parlare subito, fintanto che erano tutti lì e avevano ancora i ricordi ben impressi nella memoria. Disse a Winsome e a Templeton di restare al cottage insieme a Stefan e agli altri della Scientifica e di andare ad avvisarlo se saltava fuori qualcosa di importante, quindi chiamò Annie a gran voce e si diressero entrambi verso il cancello. Capitolo 2 Lunedì, 8 settembre 1969 Quando Chadwick notò con soddisfazione che tutto procedeva senza intoppi, chiamò Rick Hayes e gli propose di andare a parlare nel furgone. L'interno del veicolo era organizzato in modo tale che una parte costituisse un cubicolo indipendente, abbastanza grande per condurci un interrogatorio, anche se in uno spazio di neanche due metri per ciascuno. Chadwick cominciava a soffrire di claustrofobia. Ma poteva sopportarla e dopotutto un po' di scomodità non guastava quando uno aveva qualcosa da nasconde-
re. A guardarlo da vicino, Hayes sembrava più vecchio di quanto Chadwick si aspettava. Forse a causa dello stress sopportato nel weekend, ma aveva gli occhi contornati dalle rughe e la mascella contratta. Chadwick gli dava fra i trentacinque e i quarant'anni, ma con quei capelli e quei vestiti poteva anche dimostrare dieci anni di meno di quelli che aveva. Aveva una barbetta corta e ispida, forse non si radeva da tre o quattro giorni, le unghie erano rosicchiate fino alla carne viva e l'indice e il medio della mano sinistra erano ingialliti dalla nicotina. «Signor Hayes» cominciò Chadwick «forse lei può aiutarmi. Mi servono alcune informazioni. Quante persone erano presenti al festival?» «Circa venticinquemila.» «Un bel po'.» «Non proprio. Lo scorso fine settimana a quello dell'Isola di Wight ce n'erano centocinquantamila. Intendiamoci, loro avevano Dylan e gli Who. E noi abbiamo avuto concorrenza. Sabato a Hyde Park hanno suonato Crosby, Stills 8c Nash e i Jefferson Airplane.» «E voi chi avevate, invece?» «I nomi più importanti? Pink Floyd. Led Zeppelin.» Chadwick, che non aveva mai sentito nominare nessuno dei due gruppi, si annotò per bene i nomi dopo essersi fatto ripetere da Hayes la grafia corretta. «Chi altro?» «Un paio di gruppi locali. Jan Dukes de Grey. Mad Hatters. Gli Hatters, in particolar modo, stanno diventando piuttosto popolari in questi ultimi mesi. Il loro primo LP è già nelle classifiche.» «Che intende per locali?» domandò Chadwick, mentre prendeva nota dei nomi. «Di Leeds. O comunque della zona.» «Quanti gruppi erano in tutto?» «Trenta. Posso fornirle una lista completa, se vuole.» «Gliene sarei grato.» Chadwick non sapeva ancora a cosa gli sarebbe servita la lista, ma ogni piccola informazione poteva rivelarsi utile. «Un simile evento deve richiedere un'imponente organizzazione.» «Non me ne parli. Non solo bisogna prendere i contatti e prenotare i gruppi con un largo anticipo, ma anche predisporre punti di ristoro, parcheggi, zone per campeggiare e bagni, e inoltre si devono anche fornire generatori, trasporti e una discreta quantità di attrezzature audio. Poi bisogna provvedere al servizio di sicurezza.»
«Chi ha utilizzato?» «I miei ragazzi.» «Ha già organizzato manifestazioni del genere?» «In scala ridotta. È il mio lavoro.» Chadwick scribacchiò qualcosa sul taccuino, facendo scudo con la mano per non farlo leggere a Hayes. Non che fosse qualcosa di importante; voleva solo che Hayes pensasse che lo era. Hayes si accese una sigaretta. Chadwick aprì la finestra. «Il festival è durato tre giorni, giusto?» «Sì. Abbiamo attaccato venerdì pomeriggio sul tardi e abbiamo fatto le ore piccole stamattina.» «A che ora avete finito?» «I Led Zeppelin hanno suonato per ultimi. Sono saliti sul palco poco dopo l'una del mattino e devono aver concluso verso le tre. In teoria dovevamo chiudere prima, ma ci sono stati i soliti ritardi... guasti all'attrezzatura e cose del genere.» «Che cosa è successo alle tre?» «La gente ha cominciato ad andarsene a casa.» «Nel cuore della notte?» «Non avevano motivo di rimanere. Quelli che avevano piantato le tende sono tornati all'area adibita a campeggio per farsi qualche ora di sonno, ma gli altri sono andati via. All'alba il campo era abbastanza vuoto perché la squadra di volontari potesse cominciare a ripulirlo. La pioggia ha contribuito.» «A che ora ha cominciato a piovere?» «Dovevano essere più o meno le due e mezzo. Solo un breve scroscio, per così dire.» «Quindi il tempo è stato perlopiù asciutto, mentre suonavano questi Led Zeppelin?» «Perlopiù. Sì.» Yvonne era arrivata a casa alle sei e mezzo, pensò Chadwick, quindi aveva avuto tutto il tempo di tornare da Brimleigh, sempre se era stata lì. Che cosa aveva fatto dalle tre alle sei e mezzo? Chadwick decise che era meglio lasciar perdere la questione almeno finché non avesse saputo con certezza se ci era stata oppure no. Supposto che la morte fosse avvenuta fra l'una e trenta e le cinque e trenta, era possibile che la vittima fosse stata uccisa mentre il gruppo suonava, oppure mentre tutti si accingevano ad andare a casa. Era più probabile la prima ipotesi, stabilì, perché il rischio che ci fossero dei testimoni era mi-
nore. E forse era accaduto prima che si mettesse a piovere, dato che non c'erano tracce evidenti di trascinamento. «Ci sono altre entrate» domandò «oltre a quella che ho usato io?» «No. Solo sul lato nord. Ma ci sono molte uscite.» «Presumo che l'intera zona sia stata transennata, è così?» «Sì. Non era un concerto gratuito, sa.» «Ma qualcuno avrebbe avuto motivo di passare per il bosco?» «No. Non ci sono uscite su quel lato. Non si va da nessuna parte. Il parcheggio, l'area per il campeggio e i cancelli sono tutti sul lato nord e anche la strada più vicina si trova da quella parte.» «So che avete avuto qualche problema con gli skinhead.» «Niente che i miei ragazzi non potessero risolvere. Una banda ha cercato di scavalcare le transenne e noi li abbiamo cacciati.» «Sul lato nord o su quello sud?» «Su quello est, in realtà.» «Quando è successo?» «Sabato sera.» «Sono tornati?» «Non che io sappia. Se sono tornati lo hanno fatto in modo tranquillo.» «La gente ha davvero dormito sul campo durante il weekend?» «Alcuni lo hanno fatto. Come le dicevo, un paio di aree sono state adibite a parcheggio e a campeggio su quella collina. Molte persone si sono accampate lì e hanno fatto avanti e indietro. Altre si sono portate soltanto il sacco a pelo. Senta, ma che importanza ha tutto questo? Pensavo che quello che è successo fosse abbastanza chiaro.» Chadwick inarcò le sopracciglia. «Ah, sì? Devo essermi perso qualcosa. Me lo spieghi lei.» «Be', la ragazza deve aver litigato con il fidanzato, o qualcosa del genere, e lui l'ha uccisa. Lei era un po' lontana dalla folla, vicino al margine del bosco, e se qualcuno stava ascoltando i Led Zeppelin, anche se il mondo fosse crollato, probabilmente non se ne sarebbe accorto.» «Piuttosto rumorosi questi Led Zeppelin.» «Può dirlo forte. Avrebbe dovuto sentirli.» «Magari lo farò. In ogni caso, ha sottolineato un punto importante. Sono certo che la musica abbia favorito l'assassino. Ma perché dare per scontato che sia stato il fidanzato? I fidanzati di solito accoltellano le loro ragazze?» «Non lo so. È solo che... insomma... chi altri sennò?» «Non potrebbe essere stato un maniaco omicida?»
«Lei dovrebbe saperlo meglio di me.» «Oppure un vagabondo che passava per caso?» «Adesso mi prende per il culo.» «Signor Hayes, le assicuro che sto prendendo la faccenda in modo molto serio. Ma per poter scoprire chi è il responsabile, fidanzato o non fidanzato che sia, dobbiamo prima sapere chi è la ragazza.» Prese un appunto, quindi guardò Hayes dritto negli occhi. «Forse qui può darmi una mano lei.» «Non l'ho mai vista in vita mia.» «Oh, adesso basta, ragazzo.» Chadwick lo fissò. «Non so chi sia.» «Ah, ma l'ha vista da qualche parte.» Hayes abbassò gli occhi e si guardò le mani intrecciate. «Può essere.» «E dove può essere che l'abbia vista?» «È possibile che fosse dietro le quinte a un certo punto.» «Adesso cominciamo a fare qualche passo avanti. Come fa una persona a entrare dietro le quinte?» «Be', di solito serve un pass.» «E chi li distribuisce?» «Quelli della sicurezza.» «Ma?» Hayes si agitò sulla sedia. «Ecco, sa, a volte... una bella ragazza. Che vuole che le dica?» «Quante persone c'erano dietro le quinte?» «Dozzine. Era una baraonda là dietro. Avevamo isolato una zona VIP con un chiosco per la birra e alcuni salottini, poi c'erano le roulotte degli artisti, i camerini e i bagni. Avevamo anche un'area stampa davanti al palco. Alcuni artisti sostavano lì per ascoltare altri gruppi, poi magari si accalcavano dietro le quinte e... sa...» «Quali sono stati gli ultimi gruppi che hanno suonato domenica?» «Abbiamo iniziato la sessione serale con i Mad Hatters subito dopo il tramonto, seguiti dai Fleetwood Mac, i Pink Floyd e i Led Zeppelin.» «Erano tutti dietro le quinte?» «Chi prima chi dopo, se non erano sul palco, erano lì.» «Avevano degli ospiti?» «C'erano un sacco di persone.» «Quante?» «Non lo so... una cinquantina, forse. O forse di più. Compresi tecnici del suono, manager, giornalisti, disc jockey, rappresentanti delle case disco-
grafiche, agenti, amici dei musicisti, tirapiedi e chi più ne ha più ne metta.» «Ha conservato la lista degli invitati?» «Vuole scherzare?» «Una lista di quelli a cui è stato dato il pass?» «No.» «C'è qualcuno che ha seguito l'andirivieni?» «Qualcuno controllava i pass all'ingresso del backstage. Tutto qua.» «E lasciava entrare le belle ragazze senza pass?» «Soltanto se erano insieme a qualcuno che ce lo aveva.» «Ah, capisco. Quindi è possibile che la nostra vittima non avesse ricevuto un pass tutto per sé. Oltre alla birra, dietro le quinte circolavano altre sostanze che contribuivano a garantire il benessere generale?» «Non potevo saperlo. Ero troppo occupato. Ho corso di qua e di là come una trottola quasi tutto il tempo, per assicurarmi che tutto filasse liscio e per fare in modo che fossero tutti contenti.» «E lo sono stati?» «Quasi tutti. C'è sempre il cretino di turno che si lamenta perché la roulotte è troppo piccola, ma nel complesso è andato tutto bene.» Chadwick annotò qualcosa in fretta. Gli parve che Hayes stesse allungando il collo nel tentativo di sbirciare, così coprì le parole con la mano non appena ebbe finito di scriverle. «Se per caso riuscissimo a restringere l'intervallo di tempo in cui è avvenuto l'omicidio, crede che sarebbe in grado di dirmi con più precisione chi c'era dietro le quinte?» «Può darsi. Non lo so. Come ho già detto, c'era una specie di zoo là dietro.» «Posso immaginare. L'ha vista con qualcuno in particolare?» «No. Poteva essere lei come poteva essere una qualunque altra ragazza. L'ho vista soltanto di sfuggita. C'era un sacco di gente. Un sacco di belle ragazze.» Il suo viso si illuminò. «Può darsi che ci fosse anche lei.» «Siamo ottimisti, le va? Supponiamo che fosse lei. La ragazza che ha visto aveva un fiore disegnato sulla guancia destra?» «Non lo so. Gliel'ho già detto, non sono nemmeno sicuro che fosse lei. Parecchie ragazze avevano dei fiori dipinti addosso.» «Forse gli addetti alla sicurezza potrebbero esserci d'aiuto, lei che ne pensa?» «Può darsi. Se si ricordano.» «C'era la stampa in giro?»
«A intervalli.» «Che intende?» «È tutta una questione di dare e avere, no? Voglio dire, la pubblicità non fa mai male e nessuno vuole inimicarsi la stampa, ma allo stesso tempo nessuno vuole che ogni sua mossa venga filmata o che qualcuno scriva persino quante volte è andato al gabinetto, non crede? Abbiamo cercato di trovare un equilibrio.» «In che modo?» «Una grande conferenza stampa prima dell'evento, interviste programmate con artisti specifici in momenti specifici.» «Dove?» «Nell'area stampa.» «Quindi i giornalisti non erano ammessi dietro le quinte?» «Sta scherzando?» «E i fotografi?» «Soltanto nell'area stampa.» «Può darmi i loro nomi?» «Non me li ricordo tutti. Può chiedere a Mick Lawton. Era lui l'addetto stampa per l'evento. Le darò il suo numero.» «Che mi dice della televisione?» «C'è stata sabato e domenica.» «Mi lasci indovinare... nell'area stampa?» «Perlopiù, gli operatori televisivi hanno filmato la folla e i gruppi che si esibivano, seguendo alla lettera le regole del copyright, con permessi e tutto il resto.» «Mi servono i nomi delle emittenti televisive in questione.» «Certo. I soliti noti.» Hayes gliele elencò. Non che ci fosse poi molta scelta e, in ogni caso, i primi nomi a saltare in mente a Chadwick sarebbero stati Yorkshire Television e BBC North. Chadwick si alzò, chinandosi per non sbattere la testa al soffitto. «Faremo una chiacchierata con loro più tardi, chiederemo di dare uno sguardo ai filmati che hanno girato. E parleremo anche con i ragazzi della sicurezza. Grazie per il suo tempo.» Hayes si alzò a fatica, con aria sorpresa. «È tutto?» Chadwick sorrise. «Per ora sì.» Sembrava di assistere a una scena di un romanzo di Dickens dipinta con il senso del chiaroscuro di Rembrandt. C'erano due gruppi ben distinti nella sala illuminata dalla luce fioca, uno giocava a carte, l'altro era nel mezzo
di un'animata discussione: facce grinzose, segnate dalle intemperie, con guance solcate dalle rughe e nasi a patata, illuminate dalle candele e dal fuoco che scoppiettava nel camino. Le due persone dietro il bancone erano più giovani. Una era una ragazza del posto che a Banks sembrava proprio di aver già visto da qualche parte, una biondina pallida ed esile di diciannove o vent'anni. L'altra era un giovane di una decina d'anni più grande, con i capelli ricci e il pizzetto. Quando Banks e Annie entrarono, tutti lasciarono quello che stavano facendo e guardarono verso la porta, dopodiché quelli che giocavano a carte ripresero la partita e l'altro gruppo cominciò a borbottare con voce sommessa. «Brutta serata, eh?» disse il ragazzo dietro il bancone. «Cosa vi do?» «Io prendo una pinta di Black Sheep» rispose Banks, mentre mostrava il distintivo «e l'ispettore Cabbot prende una limonata amara, senza ghiaccio.» Annie guardò Banks con un sopracciglio inarcato, ma accettò la bibita quando gliela servirono e tirò fuori il taccuino. «Sapevo che non ci avreste impiegato molto a venire a curiosare da queste parti, con tutto il viavai che c'è laggiù» osservò il giovane. I suoi bicipiti si gonfiarono mentre spillava la birra a Banks. «E lei sarebbe?» «Cameron Clarke. Il proprietario. Ma mi chiamano tutti CC.» Banks pagò le bevande, malgrado le proteste di CC, e bevve un sorso dalla pinta. «Be', Cameron» disse «devo dire che hai della buona birra.» «Grazie.» Banks si rivolse alla ragazza. «E tu sei?» «Kelly» rispose quella, mentre spostava il peso da un piede all'altro e si arrotolava una ciocca di capelli, «Kelly Soames. Io qui ci lavoro e basta.» Come CC, anche Kelly indossava una T-shirt con il logo del pub, il Cross Keys Inn, stampato sul petto. Dietro il bancone il bagliore delle candele era sufficiente per vedere che la stoffa sottile della maglietta si fermava a circa sette centimetri dai jeans a vita bassa e dall'alta cintura borchiata, rivelando una piatta striscia di pelle chiarissima e l'ombelico, al quale era appesa una corta catenina d'argento. Per come la vedeva Banks, la moda di portare la pancia scoperta aveva trasformato qualunque maschio sopra i quaranta in un vecchio porco. Diede un'occhiata in giro. Una coppia di mezza età, che non aveva notato quando era entrato nel locale, era seduta su una panca sotto il bow-
window, turisti, a giudicare dall'apparenza; c'erano due giacche a vento e la custodia di una costosa macchina fotografica sulla sedia accanto a loro. Diverse persone stavano fumando e Banks represse la voglia improvvisa di una sigaretta. Si rivolse a tutto il pub. «Qualcuno di voi sa cos'è successo in fondo alla strada?» Tutti scrollarono il capo e risposero di no con un borbottio. «Qualcuno è uscito di qui nelle ultime due ore?» «Una o due persone» rispose CC. «Mi servono i nomi» gli disse Banks. «Quando è andata via la corrente?» «Circa due ore fa. Si è spezzato un cavo sulla Eastvale Road. Potrebbero volerci ancora un paio d'ore, almeno così hanno detto.» Erano le nove e mezzo adesso, osservò Banks, perciò l'interruzione di corrente doveva essersi verificata alle sette e mezzo. Non sarebbe stato troppo difficile controllare l'ora esatta con la compagnia che forniva l'energia elettrica, la Yorkshire Electricity, ma per il momento quell'informazione era sufficiente. Se Nick, la vittima, era stato ucciso fra le sei e le otto, allora l'assassino aveva sfruttato il buio pesto per passare ancora più inosservato o aveva agito prima, fra le sei e le sette e mezzo? Probabilmente la cosa non aveva importanza, se non per il fatto che a causa dell'interruzione di corrente la signora Tanner era andata a controllare il suo inquilino e il corpo forse era stato scoperto un po' prima di quanto l'assassino aveva sperato. «Qualcuno è arrivato dopo che la corrente era andata via?» «Noi siamo arrivati alle otto meno un quarto» disse l'uomo seduto vicino al bow-window. «Non è vero, cara?» La donna al suo fianco annuì. «Eravamo diretti a Eastvale, per rientrare in albergo» proseguì «e questo è il primo posto che abbiamo trovato dove rifugiarci. Non mi piace guidare con il buio, neanche in condizioni migliori.» «Non la biasimo» replicò Banks. «Avete incrociato qualcun altro lungo la strada?» «No. Cioè, ci saranno state un paio di auto prima, ma dopo che la corrente è andata via non abbiamo visto più nessuno.» «Da dove venivate?» «Da Swainshead.» «Avete visto qualcuno quando avete parcheggiato qui?» «No. Cioè, credo di no. Il vento era fortissimo e i rami...»
«Vuole dire che forse avete visto qualcuno?» «Mi è parso di vedere le luci posteriori di un'auto» spiegò la moglie dell'uomo. «Dove?» «Si dirigeva su per la collina. Sempre dritto. Non so dove porta quella strada. Ma non posso esserne sicura. Come dice mio marito, c'era una specie di uragano là fuori. Poteva essere anche qualcos'altro che brillava nel buio, una lanterna, una torcia o qualcosa di simile.» «Non avete visto o sentito nient'altro?» Entrambi scossero il capo. Quindi era possibile che avessero avvistato un'auto che si dirigeva su per la strada senza steccati protettivi verso la brughiera; questo era il succo della storia. Avrebbero fatto qualche domanda all'ostello della gioventù, certo, ma era molto improbabile che il loro assassino alloggiasse comodamente lì. Tuttavia, qualcuno poteva aver visto qualcosa. Banks si rivolse di nuovo a CC. «Ci serve una dichiarazione da parte di tutti i presenti. Nomi e indirizzi, l'ora in cui sono arrivati, cose di questo tipo. Manderò qualcuno a occuparsene. Per il momento, però, potete dirmi se fra le sei e le otto qualcuno di voi è uscito dal pub e poi è tornato?» «Io» disse uno dei giocatori. «A che ora, più o meno?» «Verso le sette.» «Quanto tempo è stato via?» «Un quarto d'ora circa. Quello che ci vuole per arrivare a Lyndgarth e tornare indietro.» «Come mai è andato fino a Lyndgarth e poi è tornato?» «Abito lì» rispose l'uomo. «Non mi ricordavo se avevo spento il fornello dopo essermi fatto il tè, così sono andato a controllare.» «Ed era così?» «Cosa?» «Aveva spento il fornello?» «Oh, sì.» «Un viaggio a vuoto, allora.» «Non se non lo avessi spento.» Quella risposta suscitò un riso soffocato in mezzo ai suoi compagni. Banks non voleva impantanarsi ancora di più nella logica dello Yorkshire. «Non ci ha ancora detto cos'è successo» osservò con voce acuta un altro giocatore. «Perché ci sta facendo tutte queste domande?» La fiamma di
una delle candele poste sopra il tavolo guizzò e si spense, lasciando il volto grinzoso dell'uomo nella penombra. «Questo è soltanto l'inizio» replicò Banks, pensando che tanto ormai poteva dirlo. Presto lo avrebbero scoperto comunque. «Pare proprio che ci troviamo davanti a un caso di omicidio.» Tutti i clienti del pub ansimarono all'unisono, quindi ci fu un mormorio più sommesso. «Di chi si tratta, se mi consente la domanda?» chiese CC. «Magari lo sapessi» rispose Banks. «Forse potete aiutarmi voi a scoprirlo. Tutto quello che so è che la vittima si chiamava Nick e alloggiava al Moorview Cottage.» «Il ragazzo della signora Tanner, allora» commentò CC. «Proprio poco fa è venuta a cercarlo qui.» «Lo so» ribatté Banks. «Lo ha trovato lei.» «Povera donna. Le dica che può venire a bere quello che vuole, offre la casa.» «Avete visto il marito stasera?» domandò Banks, ricordandosi che la donna aveva detto che il marito era andato a fare una partita di freccette. «Jack Tanner? No. Non è il benvenuto qui.» «E perché?» «Mi dispiace dirlo, ma è un vero piantagrane. Chieda a chiunque. Non appena beve tre o quattro pinte comincia a dare fastidio a qualcuno.» «Capisco» commentò Banks. «Buono a sapersi.» «Ehi, aspetti un attimo» protestò CC. «Non sto mica dicendo che sarebbe capace di fare una cosa come quella.» «Come cosa?» «Lo sa. Quello che ha appena detto. Uccidere qualcuno.» «Sapete qualcosa del ragazzo?» chiese Annie. CC fu così colpito dal suo improvviso intervento che smise di farfugliare. «È venuto qui un paio di volte» rispose. «Ha parlato con qualcuno?» «Soltanto per chiedere qualcosa da bere, sa. E da mangiare. Una volta ha preso degli stuzzichini, vero Kelly?» Kelly era sul punto di scoppiare in lacrime, notò Banks. «Hai qualcosa da aggiungere?» le chiese. Persino alla luce fioca delle candele, Banks la vide arrossire. «No» rispose la ragazza. «Perché dovrei?» «Chiedevo solo.» «Senta, era un tipo normale» intervenne CC. «Insomma, salutava, sorri-
deva, appoggiava il bicchiere vuoto sul bancone prima di uscire. Non come certe altre persone.» «Fumava?» CC restò un po' perplesso da quella domanda, poi rispose: «Sì, sì, fumava». «Si tratteneva al pub per fare quattro chiacchiere?» domandò Annie. «Non era un tipo molto loquace» rispose CC. «Si prendeva da bere e andava a sedersi laggiù con il giornale.» Indicò il camino. «Quale giornale?» chiese Banks. CC aggrottò la fronte. «L'"Independent"» rispose. «Credo che gli piacesse fare le parole crociate. Troppo difficili per me, quelle. Me la cavo a malapena con il "Daily Mirror". Perché lo vuole sapere? Che importanza ha?» Banks gli concesse un sorriso tirato. «Forse nessuna» replicò «ma mi piace sapere questi particolari. Mi dicono se era intelligente, perlomeno.» «Se per lei essere intelligenti significa saper fare i cruciverba, allora sì. Personalmente, credo che siano solo una perdita di tempo.» «Ah, dice così perché non li sa fare, o sbaglio?» «Uno di voi due ha almeno una vaga idea di come si guadagnasse da vivere?» chiese Annie, mentre spostava lo sguardo da CC a Kelly e viceversa. «Gliel'ho detto» rispose CC. «Non era molto loquace e io non sono proprio uno di quelli a cui piace ficcare il naso negli affari altrui. Per quanto mi riguarda, se uno vuole venire qui e farsi una birra in santa pace è sempre il benvenuto.» «Quindi il discorso non è mai saltato fuori?» chiese Annie. «No. Forse era uno scrittore oppure un critico, qualcosa del genere.» «Cosa glielo fa pensare?» «Be', se non aveva il giornale, aveva sempre con sé un libro.» Lanciò un'occhiata a Banks. «E non mi chieda che libro stava leggendo, perché non sono riuscito a vedere il titolo.» «Ha idea di cosa ci facesse qui in questo periodo dell'anno?» domandò Banks. «Neanche mezza. Senta, accade spesso che gli ospiti del Moorview Cottage vengano a bere o a mangiare qualcosa qui e di loro non sappiamo né più né meno di quanto sappiamo di Nick. Non arrivi a conoscere le persone in così poco tempo, soprattutto se sono riservate.» «Ricevuto» ribatté Banks. Sapeva molto bene quanto tempo ci volesse perché gli abitanti locali accettassero i nuovi arrivati in un posto come
Fordham e nessun turista in vacanza in un cottage poteva trattenersi tanto a lungo. «Direi che per il momento è tutto.» Guardò Annie. «Ti viene in mente qualcos'altro?» «No» rispose Annie e mise via il taccuino. Banks prosciugò il bicchiere. «Bene, allora ce ne andiamo e qualcuno verrà a raccogliere le vostre testimonianze.» Mentre seguiva Annie fuori dal pub, Banks si guardò indietro e notò che Kelly Soames si stava mordicchiando il labbro inferiore, roseo e carnoso. Lunedì, 8 settembre 1969 I giornalisti sempre a caccia di notizie avevano fiutato un delitto non appena era arrivata l'unità mobile, e il primo a giungere sulla scena fu un cronista dello «Yorkshire Evening Post», seguito a ruota dalle emittenti televisive e radiofoniche della zona, senza dubbio le stesse persone che si erano occupate della cronaca del festival. Chadwick sapeva che il suo rapporto con loro si basava su un equilibrio precario. Questi erano in cerca di una storia sensazionale, una che avrebbe spinto la gente a comprare il loro giornale o a sintonizzarsi sul loro canale, e Chadwick doveva tenerseli buoni. Il loro aiuto poteva rivelarsi prezioso per identificare la vittima, ad esempio, oppure per mettere in scena una ricostruzione. Ma non poteva evidenziare molti dettagli. Non scese nei particolari riguardo alle ferite, non accennò neanche al fiore dipinto sulla guancia della vittima, nonostante sapesse che quello era proprio il genere di informazioni che cercavano. Più cose riusciva a non far diventare di pubblico dominio, meglio sarebbe stato in tribunale. Tuttavia riuscì a ottenere il permesso di visionare le riprese del weekend. Probabilmente si sarebbe rivelata una perdita di tempo, ma era una cosa che andava fatta. Quando Chadwick terminò il suo lavoro al campo era pomeriggio e si rese conto di essere affamato. Si fece accompagnare dall'agente Bradley al villaggio più vicino, Denleigh, a circa un chilometro e mezzo verso nordest. Era una bella giornata e c'era soltanto un sottile velo di foschia sospeso nel cielo a filtrare un po' il calore del sole. Il villaggio sembrava avvolto da un'atmosfera incantata e Chadwick notò che era insolitamente sporco, le strade erano piene di cartacce e di pacchetti di sigarette vuoti. All'inizio sembrava che non ci fosse nessuno in giro, ma poi videro un uomo camminare sul prato del giardino pubblico e gli si accostarono. Indossava abiti di tweed, aveva i baffi pettinati in modo rigoroso e la pipa. A
Chadwick sembrava un ufficiale in pensione, gli ricordava un colonnello conosciuto in Birmania durante la guerra. «C'è un posto dove si può mangiare qualcosa da queste parti?» gli chiese Chadwick, mentre abbassava il finestrino. «C'è una friggitoria proprio dietro l'angolo» rispose l'uomo. «Dovrebbe essere ancora aperta.» Poi scrutò Chadwick con più attenzione. «Ci conosciamo?» «Non credo» replicò Chadwick. «Sono un poliziotto.» «Ci avrebbe fatto comodo avere qualcun altro dei vostri in giro questo fine settimana» continuò l'uomo. «Comunque, mi chiamo Forbes. Archie Forbes.» Si strinsero la mano attraverso il finestrino. «Purtroppo non possiamo essere ovunque, signor Forbes» replicò Chadwick. «Hanno causato dei danni?» «Uno di loro ha spaccato la vetrina dell'edicola quando Ted gli ha detto che aveva finito le cartine. Alcuni hanno persino dormito nel giardino della signora Wrigley. L'hanno quasi spaventata a morte. Suppongo che siate qui per la ragazza che è stata trovata morta nel sacco a pelo.» «Le notizie viaggiano in fretta.» «Da queste parti è così. Il comunismo. Faccia attenzione a quel che dico. Questa è la causa di tutto. Il comunismo.» «Può darsi» ribatté Chadwick, e fece per tirare su il finestrino. Forbes continuò a parlare. «Ho ancora un paio di conoscenze nei servizi segreti, non so se mi spiego» disse, mentre si portava un dito storto accanto al naso «e per me, come per molte altre persone assennate, aggiungerei, non c'è dubbio che quella che vediamo non è affatto semplice euforia giovanile. Dietro di essa ci sono quei gruppi di studenti anarchici francesi e tedeschi e dietro di loro c'è il comunismo. Devo spiegarmi meglio, signore? I russi.» Tirò una boccata dalla pipa. «Nessuno mi toglie dalla testa che ci sono alcuni individui del tutto privi di scrupoli che manovrano gli eventi da dietro le quinte, stranieri privi di scrupoli, perlopiù, e il loro obiettivo è quello di rovesciare i governi democratici di tutto il mondo. Sono tempi spaventosi quelli in cui viviamo.» «Sì» disse Chadwick. «Be', grazie infinite, signor Forbes. Ora andremo a cercare quella friggitoria.» Fece cenno a Bradley di allontanarsi, mentre tirava su il finestrino, e lasciarono Forbes dietro di loro a fissarli. Risero un poco di Forbes, anche se Chadwick credeva che ci fosse qualcosa di vero in quello che l'uomo aveva detto a proposito degli studenti stranieri che
fomentavano il dissenso. Trovarono presto la friggitoria e si sedettero a mangiare fish & chips in macchina. Quando Chadwick ebbe finito, accartocciò il foglio di giornale, poi si scusò, uscì dall'auto e andò a buttarlo nel cestino dell'immondizia. Dopodiché si diresse alla cabina telefonica che si trovava accanto alla friggitoria e compose il numero di casa. Janet rispose al terzo squillo. «Ciao, tesoro» disse la moglie. «C'è qualcosa che non va?» «No, niente» la tranquillizzò Chadwick. «Stavo pensando a Yvonne. Come sta oggi?» «È tornata alla normalità, pare.» «Ha detto qualcosa della notte scorsa?» «No. Non ne abbiamo parlato. È uscita per andare a scuola alla solita ora e mi ha dato un bacetto sulla guancia prima di andarsene. Senti, caro, non possiamo lasciar perdere la questione, per il momento?» «Se va a letto con qualcuno, voglio sapere chi è.» «E cosa pensi di guadagnarci? Che cosa faresti se lo sapessi? Andresti a picchiarlo? Lo arresteresti? Sii ragionevole, Stan. Ce lo dirà quando lo riterrà opportuno.» «O quando sarà troppo tardi.» «Che vuoi dire?» «Oh, lascia stare» ribatté Chadwick. «Senti, devo andare. Non preoccuparti di tenermi la cena in caldo. Probabilmente farò tardi.» «Quanto tardi?» «Non lo so. Non aspettarmi alzata.» «Di che si tratta?» «Omicidio. Brutto caso. Sentirai tutto al notiziario della sera.» «Stai attento, Stan.» «Non preoccuparti.» Chadwick riagganciò e tornò in macchina. «È tutto a posto, signore?» gli chiese Bradley, con il finestrino del tutto abbassato. Era a metà della sigaretta che si era acceso dopo aver finito il fish & chips. L'abitacolo dell'auto odorava di strutto, aceto e carta di giornale calda. «Sì» rispose Chadwick. «Ora credo che faremmo meglio a tornare a Brimleigh Glen per vedere che cosa succede, tu che ne dici?» La squadra di perlustratori aveva isolato con il nastro i quattro alberi che circondavano un piccolo spiazzo situato nel cuore del bosco, a circa due-
cento metri da dove era stato rinvenuto il corpo. La vegetazione era talmente fitta che da lì non si riusciva a vedere il campo e qualsiasi rumore sarebbe stato di sicuro coperto dalla musica. Il cane poliziotto aveva trovato il punto senza troppe difficoltà seguendo l'odore del sangue della vittima. Gli agenti avevano delimitato anche il percorso compiuto dal cane e avevano tracciato delle piccole croci sugli alberi. Ogni centimetro di quel sentiero sarebbe stato passato al setaccio. Per il momento, però, Chadwick, Enderby e Bradley stavano al di là del nastro e fissavano il terreno sporco di sangue. «È qui che è accaduto?» chiese Chadwick. «Così dicono gli esperti» rispose Enderby, indicando le macchie di sangue sulle foglie e sugli arbusti. «Qui c'è del sangue, compatibile con quello trovato sulle ferite della vittima.» «L'assassino non avrebbe dovuto essere coperto di sangue?» domandò Bradley. «Non necessariamente» rispose Enderby. «Qualora venga recisa un'arteria o una vena del collo oppure viene procurata una ferita alla testa, ci sono parecchi schizzi, ma quando si tratta del cuore, per quanto possa sembrare strano, i bordi della ferita si richiudono e il sanguinamento è perlopiù interno, il sangue non zampilla come molte persone potrebbero pensare. C'è parecchio gocciolamento, certo, è quello che potete vedere qui e nel sacco a pelo, e dubito che l'assassino sia andato via con le mani del tutto pulite. In fin dei conti, pare che l'abbia accoltellata cinque o sei volte e che abbia girato la lama.» Indicò il margine dello spiazzo. «Se guardate laggiù, però, vicino al ruscello, potete vedere quel mucchietto di foglie. Ci sono tracce di sangue anche su quelle. Suppongo che abbia prima tentato di pulirsi le mani con le foglie e poi se le sia lavate nel corso d'acqua.» «Faccia raccogliere tutto e lo mandi al laboratorio» disse Chadwick, e si girò. Di solito non si lasciava impietosire dalle vittime, ma stavolta non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine di quella ragazza dall'aria innocente con il vestito bianco imbrattato di sangue e non poteva fare a meno di pensare a sua figlia. «Il medico quando farà l'autopsia?» «Ha detto che avrebbe cercato di farla più tardi, questo stesso pomeriggio, signore» rispose Enderby. «Bene.» «Abbiamo interrogato quasi tutti gli addetti alla sicurezza» aggiunse Enderby. «E allora?»
«Niente, purtroppo, signore. Tutti hanno dichiarato che c'era troppo viavai, un pandemonio tale che nessuno sa chi si trovava in un determinato posto e quando ci si trovava. Ho il forte sospetto che la maggior parte di loro abbia fatto uso delle stesse sostanze assunte dai musicisti e dai loro ospiti, il che non giova molto alla loro memoria. Diverse persone sembravano stordite.» «Mmh» fece Chadwick. «Sapevo che non potevamo aspettarci un granché da loro. E riguardo alla ragazza?» «Nessuno ammette con certezza di averla vista, ma abbiamo un paio di cauti "può darsi".» «Torchiateli ancora un po'.» «Sarà fatto, signore.» Chadwick sospirò. «Credo che dovremmo fare in modo di parlare con i gruppi che si trovavano dietro le quinte in quel lasso di tempo e raccogliere le loro dichiarazioni, per quanto possano essere attendibili.» «Signore...» disse Enderby. «Che c'è?» «Potrebbe risultare un tantino difficile, signore. Voglio dire... be', non si possono raggiungere così facilmente.» «Non sono diversi da me o da lei, giusto Enderby? Non sono membri della famiglia reale!» «No, signore, sono come le star del cinema. Ma...» «Che c'è, allora? Io mi occuperò dei gruppi locali, ma per quanto riguarda gli altri organizzi lei gli interrogatori. Si faccia aiutare da qualcuno.» «Sì, signore.» Enderby replicò con aria tesa e fece per andarsene. «E... Enderby?» «Signore?» «Non so quali siano gli standard del North Yorkshire, ma finché lavora per me preferirei che portasse i capelli corti.» Enderby avvampò. «Sì, signore.» «Forse ha un po' esagerato con lui, signore» osservò Bradley, quando Enderby se ne fu andato. «È un capellone.» «No, signore. Mi riferivo al fatto di interrogare i gruppi. Non ha tutti i torti, lo sa? Alcune di queste pop star sono un tantino arroganti.» «Che cosa dovrei fare, Simon? Ignorare la cinquantina di persone che potrebbero aver visto la vittima con il suo assassino perché questi si credono degli dei?»
«No, signore.» «Andiamo. Torniamocene a casa. Se sono fortunato arriverò in tempo per l'autopsia del dottor O'Neill e voglio che tu vada alla Yorkshire Television e alla BBC per dare un'occhiata alle sequenze che hanno girato durante il festival.» «Cosa devo cercare, signore?» «Per adesso, qualunque cosa. Chiunque potesse trovarsi insieme alla ragazza. Qualunque comportamento bizzarro o insolito.» Chadwick fece una pausa. «A pensarci bene, lascia perdere l'ultima cosa. Sarà di sicuro tutto bizzarro e insolito, viste le persone con cui abbiamo a che fare.» Bradley si mise a ridere. «Sì, signore.» «Usa il tuo spirito d'iniziativa, ragazzo. Almeno tu non dovrai vedere il dottore che apre quella povera ragazza.» Prima che se ne andassero, Chadwick si voltò di nuovo verso il terreno sporco di sangue. «Che cosa c'è, signore?» gli chiese Bradley. «C'è una cosa che mi tormenta da questa mattina. Il sacco a pelo.» «Il sacco a pelo?» «Sì. A chi apparteneva?» «Alla ragazza, suppongo» replicò Bradley. «Può darsi» ribatté Chadwick. «Ma perché se lo sarebbe portato nel bosco. Mi sembra strano, tutto qua.» Capitolo 3 Era mezzanotte passata quando tornò la corrente a Fordham e il vento infuriava ancora, mentre ruscelli di pioggia frustavano con violenza le finestre e i tetti coperti di licheni. Il furgone del coroner aveva portato via il corpo e il dottor Glendenning avrebbe effettuato l'autopsia il giorno seguente, sebbene fosse sabato. Gli uomini della Scientifica continuarono a lavorare dopo che era tornata la luce proprio come avevano fatto prima, raccogliendo campioni, etichettando e impacchettando tutto con cura. Fino a quel momento non avevano trovato nulla che avesse un'effettiva importanza. Erano arrivati un paio di inviati dei media locali e l'addetto stampa della polizia, David Whitney, era sul posto e cercava di tenerli buoni con qualche notizia ghiotta. Banks approfittò della luce elettrica da poco ripristinata per dare un'occhiata più attenta al resto del cottage e non ci impiegò molto a capire che
qualsiasi oggetto personale Nick avesse avuto con sé era sparito, a parte i vestiti, i prodotti per la cura del corpo e qualche libro. Non c'era il portafogli, ad esempio, né il cellulare, non c'era niente che avesse il suo nome scritto sopra. I vestiti non dicevano un granché. Niente di elegante, soltanto camicie sportive stile Gap, una giacca grigia gessata, pantaloni larghi con le tasche e jeans, Levi's perlopiù. Tutto ciò che riuscì a capire era che Nick soffriva, o temeva di poter soffrire, di bruciori di stomaco e di cattiva digestione, a giudicare dalla varietà di antiacidi che era stata rinvenuta. Winsome aveva riferito che la sua auto era una Renault Mégane e che per aprirla c' era bisogno di una tessera, non di una chiave. Ma la tessera non era stata trovata, così Winsome aveva telefonato all'officina della polizia di Eastvale che avrebbe provveduto a mandare qualcuno al più presto. Non c'era niente riguardo all'auto nell'archivio generale della polizia, aveva aggiunto Winsome, perciò avrebbe dovuto richiedere i dettagli all'Ufficio della motorizzazione di Swansea non appena fosse riuscita a mettersi in contatto con qualcuno lì, cosa che non sarebbe stata facile durante il weekend. Qualora fosse stato necessario, avrebbero controllato nel database generale del DNA, che conteneva campioni di DNA non soltanto dei criminali condannati, ma di tutti coloro che erano stati arrestati, anche se poi erano stati rilasciati. La gente si lamentava perché riteneva che violasse la libertà, ma il database si era rivelato utile più di una volta nell'identificazione dei corpi, tra le altre cose. Molto presto avrebbero scoperto chi era Nick, ma qualcuno stava tentando di ostacolarli e Banks si domandò perché. Conoscere l'identità della vittima avrebbe portato la polizia dritta dritta dall'assassino? Il colpevole aveva bisogno di tempo per mettere in pratica la fuga? Era ovvio che soltanto una delle due camere da letto era stata adoperata. Nell'altra i letti non erano stati neppure preparati. Dopo una rapida occhiata, a Banks sembrò che entrambi i lati del letto matrimoniale fossero stati usati per dormire, ma era anche possibile che Nick avesse il sonno agitato. Peter Darby aveva già fotografato la stanza e gli uomini della Scientifica avrebbero impacchettato le lenzuola per esaminarle. Non c'era traccia di preservativi dentro i cassetti dei comodini, né in nessun altro luogo, a dire la verità, e non c'era niente in assoluto che indicasse chi fosse o cosa facesse questo misterioso Nick, tranne l'edizione tascabile del romanzo Espiazione di Ian McEwan appoggiata sul comodino. Stando al segnalibro di Waterstone's, Nick era arrivato a pagina sessantotto. Banks prese il libro e gli diede una scorsa. Sul risguardo posteriore,
qualcuno aveva scritto a matita con un tratto leggero sei file disuguali di numeri, alcuni dei quali erano cerchiati. Andò all'inizio del libro e vide il prezzo, 3,50 sterline, scritto sempre a matita, ma da una mano diversa, all'angolo in alto a destra del frontespizio. Un libro di seconda mano, dunque. Questo significava che diverse persone potevano averlo posseduto e aver scritto i numeri sul retro. Eppure, doveva esserci un significato. Banks chiamò uno degli operatori della Scientifica per farlo imbustare e gli raccomandò di fare una fotocopia della pagina in questione. Frustrato da questa iniziale carenza di informazioni riguardo alla vittima, Banks tornò al piano di sotto. Di solito aveva sempre una collezione di libri o di CD appartenuti alla vittima come base da cui partire, per non parlare delle opinioni altrui, ma stavolta tutto quello che sapeva era che Nick faceva il cruciverba dell'«Independent», stava leggendo Espiazione, era educato ma non particolarmente loquace, preferiva l'abbigliamento casual, forse soffriva di cattiva digestione, fumava le Dunhill e portava gli occhiali. Era ancora lontano dall'avere in mano qualcosa che gli consentisse di capire chi aveva potuto volerlo morto e perché. Pazienza, si disse, è ancora presto. In realtà non si sentiva affatto paziente. Arrivato alle dodici e mezzo, ne ebbe abbastanza. Era ora di andare a casa. Proprio quando stava per chiedere all'agente Travers di rimediargli un passaggio, Annie si avvicinò quatta quatta e disse: «Non c'è molto altro che possiamo scoprire continuando a gironzolare qui, vero?». «Vero» replicò Banks. «I meccanismi sono stati innescati e Stefan ci contatterà se salta fuori qualcosa di importante, ma dubito che per stasera faremo qualche progresso. Perché?» Annie gli sorrise. «Be', non so tu, ma io sto morendo di fame e, se non ricordo male, le lasagne vegetariane di Marks & Spencer's riscaldate sono una meraviglia. Sai come si dice, un esercito marcia sul suo stomaco eccetera eccetera.» Lunedì, 8 settembre 1969 Yvonne Chadwick accettò lo spinello che Steve le aveva passato e aspirò il fumo profondamente. Le piaceva sballarsi. Niente roba pesante, né pasticche né aghi, soltanto erba. Anche il sesso era soddisfacente, le piaceva abbastanza farlo con Steve, ma la cosa che preferiva in assoluto era sballarsi e i due lo facevano spesso e volentieri insieme. E poi c'era la musica. Stavano ascoltando il disco Electric Ladyland di Hendrix e sembrava
davvero favoloso. In quel momento, per esempio, lei avrebbe dovuto essere a scuola, ma si era presa un pomeriggio di vacanza. Ci sarebbero stati solo giochi e ore buche, comunque; il nuovo trimestre non era ancora iniziato a pieno regime. C'era una casa proprio in fondo alla strada della sua scuola, Springfield Mount, dove viveva un gruppo di hippy: Steve, Todd, Jacqui, l'americano Charlie e altri che andavano e venivano. Era diventata loro amica dopo aver conosciuto Steve al piano superiore del Peel, un locale su Boar Lane, quando una sera di aprile era andata lì con la sua amica Lorraine subito dopo la scuola. Yvonne aveva compiuto sedici anni soltanto il mese prima, ma con un po' di trucco e i tacchi alti poteva facilmente passare per una diciottenne. Steve era il classico ragazzo bello e sensibile e a lei era piaciuto subito. Lui le aveva letto qualcuna delle sue poesie e, anche se non le aveva capite del tutto, era sicura del loro alto valore letterario. Yvonne frequentava anche altre case in cui le persone condividevano gli stessi interessi, una a Carberry Place e l'altra a Bayswater Terrace. Yvonne sapeva che poteva presentarsi in ognuno di quei posti in qualunque momento e sentirsi a casa sua. Tutti l'accettavano per quella che era. C'era sempre qualcuno pronto ad accoglierla, magari con uno spinello e una tazza di tè al gelsomino. Avevano tutti gli stessi gusti musicali e la pensavano allo stesso modo riguardo alla società, alle ingiustizie della guerra eccetera. Ma quella di Springfield Mount era la più vicina e poi Steve abitava lì. Nell'aria c'era un profumo di incenso aromatizzato al sandalo e alcuni poster erano appesi alle pareti: Jimi Hendrix, Janis Joplin, una raccapricciante stampa di Salvador Dalì e un'incisione all'acquaforte di Goya, ancora più raccapricciante, che si intitolava Il sonno della ragione genera mostri. A volte, quando fumava erba molto buona, Yvonne si perdeva in quel disegno, l'artista addormentato circondato dalle creature della notte. La maggior parte delle volte, comunque, stavano tutti seduti in circolo a parlare delle terribili condizioni in cui versava il mondo e di come loro speravano di cambiarlo, mettendo fine al conflitto in Vietnam, liberando le università dalla classe dirigente e dai professori leccapiedi, eliminando l'imperialismo e l'oppressione capitalistica. Yvonne non vedeva l'ora di andare all'università; per quanto la riguardava, era lì che la vita diventava davvero emozionante, a differenza della noiosa e vecchia scuola, dove ti trattavano ancora come una ragazzina e nessuno si interessava a quello che pensavi del mondo. All'università eri uno studente, partecipavi alle manifestazioni e a cose di quel tipo. Steve era uno studente di inglese al secon-
do anno, ma la sessione non sarebbe cominciata prima di due settimane. Le aveva detto che l'avrebbe portata a tutti i grandi concerti che si sarebbero tenuti nel refettorio dell'università quell'anno e lei non vedeva l'ora di andarci. Ci sarebbero stati di sicuro i Moody Blues, i Family e i Tyrannosaurus Rex. Si diceva persino che gli Who sarebbero andati lì per registrare un concerto dal vivo. Quell'estate avevano già visto insieme parecchi bei gruppi locali: i Thunderclap Newman al palazzo comunale; i Pink Floyd, i Colosseum e gli Eire Apparent all'abbazia di Selby. Le dispiaceva essersi persa il concerto all'Isola di Wight, dove si era esibito Dylan, ma i suoi genitori si erano rifiutati di mandarla così lontano. Doveva aspettare ancora due anni per andare all'università e doveva ottenere un buon voto all'esame di maturità. Al momento, la cosa non sembrava molto realizzabile, ma se ne sarebbe preoccupata più in là; aveva appena iniziato il biennio finale, perciò aveva ancora un mucchio di tempo per recuperare. In fin dei conti, era riuscita a terminare l'anno scolastico precedente con ottimi voti in sette materie. Doveva ammettere, mentre sogghignava stordita dal fumo, che le cose stavano andando piuttosto bene. Domenica era stata una giornata fantastica. Lei, Steve, Todd, Charlie e Jacqui erano andati al festival di Brimleigh ed erano rimasti tutta la notte sul campo a dividere spinelli, cibo e bevande con gli altri festaioli. Steve aveva preso un acido, ma Yvonne non aveva voluto perché c'erano troppe persone intorno a loro e aveva paura di andare in paranoia. Ma Steve le era sembrato a posto, anche se a un certo punto si era preoccupata perché era scomparso per più di un'ora. Alla fine dello spettacolo erano andati tutti alla casa di Springfield Mount per farsi un paio di spinelli, quindi lei era tornata a casa a prepararsi per andare a scuola e aveva evitato per un pelo di incontrare suo padre. Non aveva avuto il coraggio di dire ai suoi genitori dov'era stata. Cristo, perché doveva toccare proprio a lei un padre sbirro? Non era affatto giusto. Se avesse detto ai suoi nuovi amici che lavoro faceva il padre, l'avrebbero mollata come un tizzone ardente. E se non fosse stato per i genitori sarebbe potuta andare a Brimleigh anche il sabato. Steve e gli altri ci erano stati tutte e due le sere. Ma se fosse andata con loro il sabato, si era resa conto, i suoi non l'avrebbero lasciata uscire la domenica. Yvonne e Steve erano seduti per terra in soggiorno, con la schiena appoggiata al divano. Erano soltanto loro due stavolta; gli altri erano usciti tutti. Alcuni di quelli che andavano e venivano non la convincevano affatto. Uno di loro, Magic Jack, metteva paura con la sua barba lunga e lo
sguardo da pazzo, anche se lo aveva visto sempre comportarsi in modo gentile, ma quello che incuteva terrore più di tutti, e grazie a Dio non si faceva vedere molto spesso, era McGarrity, il poeta matto. McGarrity aveva qualcosa che turbava sul serio Yvonne. Era più vecchio degli altri, aveva il viso ruvido, scarno e segnato, e gli occhi neri. Indossava sempre un cappello nero e una mantella dello stesso colore, e portava sempre un coltello a serramanico con l'impugnatura di tartaruga. In realtà non parlava mai con nessuno, non partecipava mai alle discussioni di gruppo. A volte camminava su e giù battendo leggermente la lama sulla palma della mano, mentre borbottava fra sé e recitava poesie. Perlopiù T. S. Eliot, La terra desolata. Yvonne la riconosceva soltanto perché Steve gliene aveva prestata una copia non molto tempo prima e le aveva spiegato il senso. Alcune persone pensavano che McGarrity fosse un tipo a posto, ma a Yvonne faceva accapponare la pelle. Una volta aveva chiesto a Steve come mai lo lasciassero bazzicare lì, ma Steve si era limitato a rispondere che McGarrity era un ragazzo del tutto innocuo; la sua mente era stata danneggiata dall'elettroshock che gli avevano fatto al manicomio quando aveva disertato. E poi, se volevano una società libera e aperta, come potevano giustificare il fatto di escludere qualcuno? Non c'era molto da dire dopo un'affermazione del genere, anche se Yvonne pensava che in realtà forse c'era qualcuno che quei ragazzi non avrebbero voluto in casa: suo padre, per esempio. Anche McGarrity era andato a Brimleigh, ma per fortuna a un certo punto si era allontanato e li aveva lasciati in pace. Yvonne sentì la mano di Steve sulla coscia che la accarezzava con delicatezza e si voltò per sorridergli. Era fantastico, davvero fantastico. I suoi genitori non lo sapevano, ma lei prendeva la pillola, aveva iniziato non appena aveva compiuto sedici anni. Non era facile procurarsela e non poteva di certo chiederla al vecchio Cuthbertson, il medico di famiglia. Ma la sua amica Maggie le aveva detto di una nuova clinica per la limitazione delle nascite su Woodhouse Lane, dove si preoccupavano molto delle gravidanze fra le adolescenti ed erano molto disponibili se dicevi che avevi raggiunto la maggiore età. Steve la baciò e le mise una mano sul seno. L'erba che stavano fumando non era particolarmente forte, ma le aveva amplificato i sensi del tatto e dell'udito e lei reagì alle sue carezze eccitandosi. Lui le sbottonò la camicetta della divisa della scuola, quindi Yvonne sentì la sua mano salire lungo le cosce nude. Jimi Hendrix stava cantando 1983 quando Steve e
Yvonne si rotolarono per terra strappandosi i vestiti di dosso. Chadwick si appoggiò alle piastrelle fredde del muro dell'obitorio e guardò il dottor O'Neill e il suo assistente all'opera sotto la luce accecante. Le autopsie non erano mai state un problema per lui e questa non faceva eccezione, anche se fino a poco prima la vittima gli faceva venire in mente Yvonne. Adesso era solo una povera ragazza morta sul tavolo di ceramica. La vita l'aveva abbandonata e tutto ciò che restava di lei era carne, muscoli, sangue, ossa e organi. E forse anche qualche indizio. Il fiordaliso che sbocciava sulla guancia senza vita sembrava ancora più inadeguato in quell'ambiente austero fatto di acciaio e ceramica. Chadwick si chiese, non per la prima volta, se a disegnarlo fosse stata la ragazza stessa, un amico oppure l'assassino. E se era vera l'ultima ipotesi, che significato poteva avere? Il dottor O'Neill aveva tolto con cura il vestito insanguinato, dopo aver verificato che gli squarci sulla stoffa combaciassero con le ferite, e lo aveva messo da parte insieme al sacco a pelo per sottoporlo a ulteriori analisi di laboratorio. Fino a quel momento avevano scoperto che il sacco a pelo era di una marca economica e molto comune, venduta principalmente dalla catena Woolworth's. Il dottore si chinò sul pallido corpo nudo per esaminare le ferite da arma da taglio. Erano cinque coltellate in tutto, osservò, e una era stata inferta con una tale forza da lasciare un livido sulla pelle circostante. Se l'impugnatura del coltello aveva provocato il livido, come credeva il dottor O'Neill, significava che avevano a che fare con una lama a un solo filo, lunga circa dieci centimetri. Una lama molto sottile, simile a quella di un pugnale, inoltre, che poteva anche essere un po' più grande delle ferite che aveva effettivamente procurato, data l'elasticità della pelle. Con tutta probabilità, suggerì il dottore, si trattava di un coltello a serramanico. Erano illegali in Gran Bretagna, ma abbastanza facili da reperire sul continente. Dopo aver esaminato l'angolazione delle ferite, il dottor O'Neill concluse che la vittima era stata accoltellata da una persona forte e mancina che si trovava alle sue spalle. La totale mancanza di segni di autodifesa indicava che la ragazza era stata colta talmente di sorpresa che o era morta all'istante o era entrata in stato di shock prima di capire cosa stesse accadendo. «Allora è possibile che non abbia visto l'assassino» osservò Chadwick «a meno che non fosse qualcuno che conosceva abbastanza bene da lasciarlo avvicinare così tanto.»
«Non posso fare nessuna ipotesi al riguardo. Ma, come può vedere anche lei, pare che non ci siano altre lesioni sulla superficie del corpo, a parte quel leggero livido sul collo, il che significa che qualcuno l'ha stretta alla gola con la mano destra mentre con la sinistra l'accoltellava da dietro. Faremo anche degli esami tossicologici, naturalmente; è possibile che le abbia dato qualcosa per immobilizzarla: Nembutal o roba del genere. Ma la ragazza era in piedi quando è stata accoltellata, ce lo dice l'angolazione delle ferite, perciò doveva essere cosciente.» Chadwick guardò il corpo. Il dottor O'Neill aveva ragione. A parte il piccolo ematoma sul collo e il disastro intorno al seno sinistro, la ragazza era intatta: niente tagli, niente escoriazioni da corda, niente di niente. «Era più alto di lei?» chiese Chadwick. «Sì, a giudicare dalla forma e dalla posizione del livido e dall'angolazione dei tagli, direi che era più alto almeno di quindici centimetri. Lei era uno e sessantacinque, quindi lui doveva essere almeno uno e ottanta.» «Secondo lei l'ematoma indica che c'è stata una colluttazione?» «Non necessariamente. Come vede, è abbastanza leggero. L'assassino può averle semplicemente messo un braccio intorno al collo e poi averlo stretto quando l'ha accoltellata. È probabile che sia accaduto tutto così in fretta che non c'è stato bisogno di tenerla ferma. Sappiamo che la giovane non ha compiuto nessun tentativo di difendersi, il che indica che è stata colpita all'improvviso. Se così fosse, la ragazza avrebbe potuto accasciarsi al momento della morte e lui avrebbe potuto provocarle il livido con il braccio.» «Credevo che sul corpo non si formassero lividi dopo la morte.» «Questo potrebbe essersi formato subito prima o al momento stesso della morte.» Il dottor O'Neill rivolse l'attenzione ai peli pubici della ragazza e Chadwick si irrigidì. Erano così simili a quelli di Yvonne... Si ricordò di quella volta che l'aveva vista nuda per sbaglio dentro la roulotte. Era stato davvero imbarazzante, per tutti e due. «Anche qui» riprese il dottor O'Neill «dovremo fare alcuni prelievi e ulteriori analisi, ma sembra che non ci siano segni di violenza sessuale. Non ci sono lividi né nella zona intorno alla vagina né vicino all'ano.» «Quindi mi sta dicendo che non è stata stuprata, che non ha avuto rapporti sessuali?» «Non voglio ancora pronunciarmi in modo esplicito» rispose il medico in tono secco. «Non prima di aver fatto un esame interno e aver fatto analizzare i campioni. Quello che voglio dire è che non ci sono segni evidenti
di costrizione o di violenza sessuale. In compenso abbiamo trovato un assorbente interno. Pare che la nostra vittima avesse le mestruazioni al momento dell'omicidio.» «Il che non esclude del tutto la possibilità che abbia avuto rapporti sessuali.» «No, infatti. Ma se ha fatto sesso, ha avuto il tempo di sistemarsi un assorbente pulito prima di essere uccisa.» Chadwick rifletté per un istante. Se il sesso fosse stato il motivo per cui era morta, di sicuro ci sarebbero stati segni di violenza, a meno che i due non fossero amanti. Prima avevano fatto l'amore, poi si erano rivestiti e, mentre lei era appoggiata di spalle a lui ancora estasiata, lui l'aveva uccisa? Ma perché, se il sesso era stato consensuale? Era possibile che lei si fosse rifiutata, dicendo che aveva le mestruazioni, e che questo avesse in qualche modo scatenato l'ira dell'aggressore? Avevano davvero a che fare con un pazzoide? Molto spesso, Chadwick lo sapeva, le indagini, comprese quelle mediche, generavano più domande che risposte ed era solo rispondendo a quelle domande che si compivano progressi. Chadwick guardò O'Neill e l'assistente fare l'incisione a Y e staccare la pelle, i muscoli e i tessuti molli dalla gabbia toracica prima di tirare il lembo sopra la faccia della ragazza e di tagliare la gabbia toracica con un seghetto elettrico. L'odore era asfissiante. Carne cruda. Agnello, per la precisione, pensò Chadwick. «Mmh, come sospettavo» commentò il dottor O'Neill. «La cavità toracica è piena di sangue, proprio come tutte le altre cavità. Emorragia interna massiva.» «È morta rapidamente?» Il dottor O'Neill esaminò il corpo con attenzione e restò in silenzio per qualche minuto, poi rispose: «A giudicare dallo stato in cui si trova, direi qualche secondo al massimo. Guardi qui, l'assassino ha girato il coltello con tanta violenza che le ha tagliato un pezzo di cuore». Chadwick diede un'occhiata. Come al solito, gli sarebbe piaciuto riuscire a vedere quello che vedeva il dottor O'Neill, ma tutto ciò che riuscì a individuare fu un ammasso di lucidi e insanguinati tessuti organici. «Le credo sulla parola» disse. L'assistente del dottor O'Neill cominciò a togliere con cautela gli organi interni per dissezionarli e svolgere ulteriori analisi. Qualora non ci fossero state grosse anomalie, Chadwick avrebbe ricevuto i risultati di tutti gli e-
sami nel giro di pochi giorni. Non c'era alcun motivo di rimanere lì e, inoltre, aveva parecchie cose da fare. Se ne andò non appena il dottor O'Neill accese il seghetto per aprire il cranio della vittima e rimuovere il cervello. Sabato mattina. Il giorno spuntò fresco e sereno e Helmthorpe sembrava essere stata strofinata e risciacquata; le strade, gli edifici di roccia calcarea e i tetti lastricati di pietra erano ancora scuri per via della pioggia, ma il sole splendeva, il cielo era azzurro e un vento fresco scuoteva rumorosamente i rami spogli. Banks armeggiò con l'accessorio che gli consentiva di ascoltare l'iPod attraverso lo stereo dell'auto e fu ricompensato da Judy Collins che cantava Who Knows Where the Time Goes? con una voce così dolorosamente bella e argentina che gli fece venire voglia di ridere e piangere allo stesso tempo. Il testo di Sandy Denny non gli era mai sembrato tanto apocalittico come in quel momento e gli fece venire in mente il fratello Roy. Quasi volesse rimproverarlo, la Porsche attraversava tranquilla e rombante il paesaggio di fine autunno. Dopo aver mangiato le lasagne e aver bevuto un goccio di vino, Annie se n'era andata a Harkside e aveva abbandonato Banks a se stesso. Erano le due del mattino passate, ma lui si era versato un bicchiere di Amarone e aveva ascoltato il Winterreise del 1962 di Fischer-Dieskau al buio prima di andare a letto con la testa piena di pensieri tristi. E anche allora non era riuscito a dormire. In parte era colpa del bruciore di stomaco venutogli per aver mangiato a quell'ora tarda - avrebbe tanto desiderato uno degli antiacidi di Nick, dato che in casa non ne aveva - e in parte era colpa dei sogni inquietanti che faceva nei brevi istanti in cui si appisolava. Si era svegliato diverse volte di soprassalto, con il cuore che gli batteva all'impazzata e una vaga, terribile immagine che scivolava lungo i viscidi pendii del suo subconscio. Era rimasto sdraiato a fare respiri lenti e profondi, finché non era riuscito ad addormentarsi un'ora prima che suonasse la sveglia. La squadra era radunata nella sala riunioni, le foto della scena del crimine erano affisse al pannello di sughero, ma sulla lavagna bianca non c'era scritto praticamente nulla, a parte il nome «Nick». Un'unità mobile, provvista di telefoni e computer, era stata mandata a Fordham quella mattina presto. Le informazioni raccolte lì sarebbero state confrontate fra loro e inoltrate alla centrale. Banks era ufficialmente l'agente di grado più alto in quella indagine, designato dal vicecapo della polizia della contea, Ron McLaughlin, e Annie era il suo braccio destro. Altri incarichi sarebbero
stati assegnati ai vari agenti in base alle loro peculiarità. Dal momento che il sovrintendente Gristhorpe era andato in pensione due mesi prima, era stato mandato un sostituto temporaneo, Catherine Gervaise. Qualcuno aveva mormorato che avrebbe dovuto prendere Banks quel posto, ma lui sapeva che non sarebbe mai potuto accadere. Si era trovato abbastanza bene sia con il vicecapo della polizia McLaughlin, soprannominato «Red Ron», sia con il capo della polizia vero e proprio, quelle rare volte in cui si erano incontrati, ma sapeva che ai loro occhi lui appariva come una mina vagante. Scappare a Londra per cercare il fratello, e farsi coinvolgere in tutto quello che era avvenuto dopo, aveva segnato la sua carriera per sempre. Inoltre non desiderava le responsabilità, né tanto meno le scartoffie. Gristhorpe lo aveva sempre lasciato libero di lavorare ai casi come preferiva, il che significava che spesso finiva per fare quasi tutto il lavoro di gambe da solo, perché era così che gli piaceva. Catherine Gervaise era fredda e distaccata, non rappresentava la figura di mentore e amico che era stato Gristhorpe, e Banks aveva scoperto che sotto la sua direzione doveva faticare di più per ottenere dei privilegi. Era una dirigente nata, una donna ambiziosa che aveva fatto carriera in fretta grazie a piani per le promozioni accelerate, corsi di management e informatica e, secondo alcuni, anche grazie alla politica delle pari opportunità. Quella era la prima indagine di una certa importanza che le veniva affidata alla Divisione Ovest, perciò sarebbe stato interessante vedere come l'avrebbe gestita. Perlomeno non era stupida, pensò Banks, e di sicuro sapeva come sfruttare al meglio le proprie risorse. Alcuni erano un po' disturbati dal suo accento aristocratico e dal suo passato al college femminile di Cheltenham, ma Banks era disposto a concederle il beneficio del dubbio, a patto che lei lo lasciasse in pace. L'unica cosa che avevano in comune, scoprì, era l'abbonamento all'Opera North, infatti l'aveva vista con il marito a una rappresentazione di Lucia di Lammermoor. Pensava che lei non lo avesse riconosciuto. O almeno così aveva dato a vedere. Per quanto riguardava l'aspetto esteriore, si truccava poco e aveva un'aria piuttosto severa, aveva i capelli corti e biondi, le labbra inaspettatamente a forma di cuore e una figura aggraziata. Nel vestire aveva un gusto classico, prediligeva completi blu scuro e camicette bianche, e nell'atteggiamento era un tipo concreto, che si teneva sempre a una certa distanza, non capiva l'umorismo della squadra o voleva far credere che fosse così. La sovrintendente chiese un riepilogo di tutto quello che avevano sco-
perto fino ad allora, che non era poi molto. Le analisi degli schizzi di sangue confermavano la teoria secondo la quale Nick era stato colpito alla base del cranio con un attizzatoio quando aveva voltato le spalle all'assassino, forse per prendere le sigarette. Quindi l'assassino lo aveva colpito ancora una o due volte - lo avrebbero saputo con esattezza soltanto quando il dottor Glendenning avesse effettuato l'autopsia - senza dubbio per assicurarsi che fosse morto. «Abbiamo fatto qualche progresso nell'identificazione della vittima?» chiese subito dopo la sovrintendente Gervaise. «Qualcuno, signora» rispose Winsome. «Almeno la sigla di provenienza sulla targa indica che l'auto è stata immatricolata a Londra.» «Non è stata noleggiata?» «No. Alla fine abbiamo potuto dare un'occhiata all'interno con l'aiuto del personale dell'officina. Purtroppo, neanche lì abbiamo trovato niente che potesse indicare chi era la vittima.» «Quindi qualcuno ha davvero tentato di metterci i bastoni fra le ruote.» «Be', signora, è un'auto abbastanza nuova e lui poteva non essere il tipo di persona che ci vive dentro, ma in effetti pare proprio che sia così. Chiunque sia stato, però, doveva sapere che in questo modo avrebbe solo potuto rallentare le indagini.» Winsome lanciò un'occhiata a Banks, il quale le fece cenno di continuare. «E questo potrebbe significare che voleva guadagnare un po' di tempo per squagliarsela o per costruirsi un alibi.» «Teoria interessante, agente Jackman» commentò la Gervaise. «Ma non è altro che una teoria, giusto?» «Sì, signora. Per il momento.» «E a noi servono i fatti.» Questo era piuttosto lampante in qualsiasi tipo di indagine, pensò Banks. Era ovvio che servissero i fatti, ma finché non si riusciva a trovarli ci si trastullava con le teorie, ci si accontentava di quello che si aveva in mano, si usava un po' di immaginazione e, molto spesso, ci si avvicinava alla verità; questo, secondo lui, era proprio quello che stava facendo Winsome. Quindi la signora Gervaise voleva essere riconosciuta come il tipo di sovrintendente che vuole solo fatti e niente teorie fantasiose. D'accordo, allora. I membri della squadra avrebbero imparato presto a tenere per sé le loro teorie, ma Banks sperava che l'atteggiamento di quella donna non distruggesse del tutto la loro creatività e non li dissuadesse dal confidare a lui tutte le loro congetture. Andava tutto bene finché si trattava di un atteggiamento, ma sarebbe stato un altro paio di maniche se quell'atteggiamento
avesse rotto il delicato equilibrio che si era stabilito solo grazie al tempo. Erano decisamente a corto di agenti investigativi, poiché avevano perso di recente il loro miglior capoufficio, Gavin Rickerd, per via del nuovo progetto relativo alla polizia di quartiere, al quale stava lavorando insieme a un gruppo di volontari addetti al sostegno della comunità e di agenti speciali, per far fronte ai comportamenti antisociali che stavano diventando sempre più frequenti in tutto il paese e soprattutto a Eastvale il sabato sera. Gavin non era ancora stato rimpiazzato e in sua assenza il lavoro era stato affidato a uno degli agenti in divisa, scelta tutt'altro che azzeccata, ma al momento non avevano potuto fare di meglio. Banks voleva che Winsome Jackman e Kevin Templeton si dedicassero a quello che sapevano fare meglio, ossia scovare informazioni e seguire piste, al contrario del sergente investigativo Hatchley, che era sempre stato un tantino lento e pigro in questo genere di cose. La sua prestanza fisica una volta era utile per intimidire qualche indiziato esagitato, ma ormai i muscoli dell'ex giocatore di rugby erano stati quasi interamente sostituiti dal grasso e alla polizia non era più consentito intimidire i delinquenti. I diritti dei malviventi avevano risolto il problema alla radice, almeno così sembrava a volte, soprattutto da quando, l'estate prima, un ladro era caduto dal tetto del magazzino in cui si era intrufolato, quindi aveva citato il proprietario per danni e aveva vinto la causa. «Sto cercando di contattare la motorizzazione di Swansea» disse Winsome «ma è sabato. L'ufficio è chiuso e a quanto pare non è facile rintracciare il mio contatto.» «Continui a provare» replicò la sovrintendente Gervaise. «C'è altro?» Winsome consultò gli appunti. «Il sergente Templeton e io abbiamo interrogato le persone che si trovavano al pub Cross Keys e abbiamo raccolto le loro testimonianze. Niente di nuovo. E quando è tornata la corrente abbiamo dato una controllata ai loro vestiti per vedere se c'erano tracce di sangue. Neanche una.» «Lei che cosa ne pensa?» chiese la Gervaise a Banks. «Non ho ancora abbastanza fatti per poter formulare un'opinione» rispose Banks. L'ironia non sfuggì alla sovrintendente Gervaise, che torse le labbra. Sembrava che avesse appena addentato un sottaceto particolarmente aspro. Banks vide Annie guardare da un'altra parte e sorridere fra sé con la penna fra le labbra, scuotendo adagio la testa. «Mi è giunta voce che è entrato in un locale pubblico durante la fase ini-
ziale delle indagini, ieri sera» gli disse la Gervaise. «È vero.» Banks si chiese chi mai poteva aver fatto la spia e perché. «Credo che lei sappia quali sono le regole riguardo al bere alcolici quando si è in servizio.» «Con tutto il dovuto rispetto» ribatté Banks «non sono andato lì per bere qualcosa. Sono andato lì per fare qualche domanda a dei possibili testimoni.» «Ma qualcosa ha bevuto.» «Già che mi trovavo lì, sì. Trovo che metta le persone a proprio agio. Ti vedono più come uno di loro, anziché come un nemico.» «Non posso darle torto» replicò la Gervaise in tono secco. «E ha trovato qualche testimone disposto a collaborare?» «Nessuno pareva sapere molto sulla vittima» rispose Banks. «Aveva affittato un cottage, non era del posto.» «In vacanza in questo periodo dell'anno?» «È la stessa domanda che mi sono posto io.» «Scopra cosa ci faceva qui. Potrebbe aiutarci ad andare in fondo alla questione.» Era proprio brava a scodellare ordini ovvi questa sovrintendente Gervaise, pensò Banks. Aveva già avuto capi come lei: dicevano cose ovvie, cose che la squadra avrebbe fatto comunque, anche senza ricevere nessun ordine, e alla fine si prendevano tutto il merito. «Ma certo» ribatté. «Ci stiamo lavorando. Una delle persone che lavorano nel pub potrebbe sapere più di quanto vuole far credere.» «Che cosa glielo fa pensare?» «Il suo modo di fare, il linguaggio del corpo.» «D'accordo. La interroghi. La porti qui, se è necessario.» Dal tono brusco che aveva usato e dal modo in cui si separava con la mano le corte ciocche di capelli, Banks capì che la sovrintendente Gervaise cominciava a essere stufa di quella riunione ed era impaziente di uscire da lì, senza dubbio per andare a emettere una circolare riguardo al bere durante le ore di servizio o alle dieci piste più ovvie da seguire nel corso di indagini su un caso di omicidio. «Se è tutto per il momento, signore e signori» continuò, mentre riempiva di carte la valigetta «propongo di metterci subito al lavoro.» Quando tutti borbottarono in coro «Sì, signora», la sovrintendente lasciò la stanza, battendo i tacchi sul pavimento di legno duro. Soltanto dopo che se ne fu andata, Banks si accorse che aveva dimenticato di riferirle dei
numeri scritti sul libro. Lunedì, 8 settembre 1969 Janet stava guardando News at ten, quando Chadwick tornò a casa quella sera, e Reginald Bosanquet stava parlando delle nuove entusiasmanti trasmissioni UHF a colori dell'Independent Television Authority dal ripetitore del Crystal Palace, il che era tutto molto bello, pensò Chadwick, se si possedeva un televisore a colori. Lui non lo aveva. Non poteva permetterselo, con una paga da ispettore di polizia che a stento superava le duemila sterline l'anno. Janet gli andò incontro. «Giornata dura?» gli domandò. Chadwick annuì, le diede un bacio e si sedette sulla sua poltrona preferita. «Vuoi da bere?» «Un goccio di whisky mi farebbe proprio bene. Yvonne non è ancora tornata?» Lanciò uno sguardo all'orologio. Erano le dieci e venti. «Non ancora.» «Sai dov'è?» Janet si voltò mentre versava il whisky. «Ha detto solo che usciva con gli amici.» «Non dovrebbe uscire così spesso quando il giorno dopo c'è scuola. Lo sa.» Janet gli passo il drink. «Ha sedici anni. Non possiamo pretendere che faccia tutto quello che vogliamo noi. Le cose sono diverse al giorno d'oggi. Gli adolescenti hanno molta più libertà.» «Libertà? Finché vive sotto questo tetto, abbiamo tutto il diritto di pretendere almeno un minimo di onestà e di rispetto da lei, non ti sembra?» ribatté Chadwick in tono polemico. «Vedrai se domani non mollerà tutto e scapperà per andare a vivere in una comune di hippy. Libertà...» «Oh, piantala, Stan. Sta attraversando una fase, ecco tutto.» Janet addolcì il tono. «Le passerà. Tu non eri neanche un po' ribelle quando avevi sedici anni?» Chadwick si sforzò di ricordare. Non gli pareva proprio. Quando lui aveva sedici anni era il 1937, prima che venissero inventati gli «adolescenti», quando la giovinezza era solo un periodo infelice che uno doveva attraversare per passare dall'infanzia all'età adulta. Altri tempi. Quell'anno Giorgio VI era stato incoronato, Neville Chamberlain era diventato primo
ministro e sembrava andare piuttosto d'accordo con Hitler e la guerra civile spagnola era più sanguinosa che mai. Ma Chadwick prestava scarsa attenzione a quello che succedeva nel mondo. Al tempo frequentava la scuola secondaria, grazie a una borsa di studio, giocava a rugby con i primi quindici ed era tutto proiettato verso una carriera universitaria che poi era stata interrotta dalla guerra e, per un motivo o per un altro, mai ripresa. Si era arruolato come volontario nei Green Howards nel 1940, perché il padre aveva combattuto in quel reggimento durante la Prima guerra mondiale, e aveva trascorso i successivi cinque anni ad ammazzare prima giapponesi e poi tedeschi, cercando, nel frattempo di restare vivo. Quando tutto era finito e lui era tornato alla vita civile con indosso l'abito borghese, gli ci erano voluti sei anni per riprendersi. Sei anni di lavori senza sbocchi, di crisi depressive, di desolazione e di fame. Per poco non era morto di freddo nel rigido inverno del 1947. Poi, era stato come se a un tratto qualcuno lo avesse liberato da un fardello e avesse acceso di nuovo la luce. Nel 1951 era entrato nel corpo di polizia del West Riding. L'anno seguente aveva conosciuto Janet a una festa da ballo. Si erano sposati nel giro di tre mesi e l'anno dopo, nel marzo 1953, era nata Yvonne. Ribelle? Non credeva proprio. A quei tempi andare in guerra sembrava il destino di tutti i giovani, proprio come lo era stato per la generazione precedente, e nell'esercito si imparava a rispettare gli ordini. Aveva commesso qualche piccola marachella come tutti gli altri ragazzini, aveva fumato quando era ancora troppo piccolo, aveva rubacchiato nei negozi, si era scolato di nascosto il whisky del padre e aveva riempito d'acqua la bottiglia vuota. Qualche volta aveva persino preso parte a una zuffa. Ma quello che non si era mai sognato di fare era disobbedire ai suoi genitori. Se fosse rimasto fuori tutta la notte senza permesso, il padre lo avrebbe riempito di botte. Chadwick grugnì. Non credeva che Janet si aspettasse davvero una risposta; stava soltanto cercando di spianare la strada per quando Yvonne fosse rientrata, cosa che sperava sarebbe avvenuta presto. Il notiziario finì alle dieci e quarantacinque e subito dopo iniziò il solito film «vietato» della seconda serata. Di norma Chadwick non sprecava tempo a vedere certe porcherie, ma quella settimana davano Sabato sera, domenica mattina, un film che lui e Janet avevano visto al Lyric circa otto anni prima, e non gli dispiaceva guardarlo di nuovo. Perlomeno parlava di un tipo di vita che lui riusciva a capire, la vita vera, non quella fatta di ragazzini capelloni che ascoltavano musica assordante e si drogavano.
Erano quasi le undici e un quarto quando sentì la porta d'ingresso aprirsi e richiudersi. Ormai la sua rabbia si era trasformata in preoccupazione, ma in un genitore le due cose sono spesso così mescolate che non si riesce a distinguerle. «Dove sei stata?» le chiese quando Yvonne entrò in soggiorno con i suoi jeans chiari a zampa d'elefante e il top rosso con i ricami bianchi e blu sul davanti. Aveva gli occhi un po' stanchi, ma a parte quello sembrava che stesse bene. «Che bella accoglienza» replicò la figlia. «Vuoi rispondermi?» «Se proprio lo vuoi sapere, sono stata al Grove.» «Dove si trova?» «Subito dopo la stazione, vicino al canale.» «E che succede lì?» «Non succede un bel niente. C'è la serata folk il lunedì. La gente canta canzoni folk e legge poesie.» «Sai che non sei abbastanza grande per bere.» «Non ho bevuto. Non gli alcolici, almeno.» «Puzzi di fumo.» «È un pub, papà. La gente fumava. Senti, se hai intenzione di assillarmi in questo modo, me ne vado a letto. Devo andare a scuola domani, non te lo ricordi?» «Ne ho abbastanza della tua insolenza! Sei troppo giovane per bighellonare nei pub della città. Dio solo sa chi...» «Se dipendesse da te, non avrei neanche un amico, non è vero? E non andrei mai da nessuna parte. Mi fai schifo!» E con quell'ultima esclamazione Yvonne salì a passi pesanti nella sua stanza. Chadwick fece per andarle dietro, ma Janet lo trattenne per il braccio. «No, Stan. Non ora. Non facciamo scenate inutili. Non stasera.» Per quanto fosse furibondo, Chadwick capì che la moglie aveva ragione. E poi era esausto. Non era il caso di intraprendere una lunga lite con la figlia. Se la sarebbe vista con lei l'indomani. Doveva scoprire cosa stava combinando, dove aveva trascorso tutta la notte di domenica e che razza di gente frequentasse di preciso. A costo di pedinarla. La sentì fare rumore al piano di sopra, andare in bagno, tirare l'acqua e sbattere la porta della camera da letto per dimostrargli chi aveva ragione. Ormai era impossibile tornare a guardare il film. Ma anche andare a dor-
mire, malgrado la colossale stanchezza. Se avesse avuto un cane lo avrebbe portato a spasso. Si versò un altro dito di whisky e, mentre Janet faceva finta di leggere «Woman's Weekly», lui finse di guardare Sabato sera, domenica mattina finché al piano di sopra tutto tacque e si poté andare tranquillamente a letto. Capitolo 4 Annie tentò la sorte, sperando che Kelly Soames andasse al lavoro sabato mattina, così parcheggiò dietro l'unità mobile a Fordham e posizionò lo specchietto retrovisore in modo tale da riuscire a vedere il pub e la strada dietro di lei. Banks le aveva detto che, secondo lui, la sera prima Kelly era stata restia a parlare perché c'era troppa gente lì intorno e lei poteva avere un segreto da nascondere; perciò, sarebbe stata una buona idea beccarla quando era da sola e portarla da qualche parte. Secondo Banks, inoltre, una donna avrebbe avuto più probabilità di farle sputare il rospo, quindi aveva mandato Annie. Poco prima delle undici, Annie vide Kelly scendere da un'auto. Riconobbe la persona che era alla guida: era uno degli uomini che si trovavano al pub la sera prima, uno di quelli che giocavano a carte. Non appena l'auto ripartì e sparì dietro la curva, Annie fece marcia indietro e fermò Kelly. «Vorrei fare due chiacchiere con te, se non ti dispiace» disse. Kelly si diresse verso la porta del pub. «Non posso. Farò tardi al lavoro.» Annie aprì lo sportello del passeggero. «Farai molto più tardi se non vieni con me subito.» Kelly si morse il labbro, poi borbottò qualcosa a fior di labbra e salì sulla vecchia Astra viola. Era davvero ora di comprare un'auto nuova, Annie lo sapeva, ma ultimamente non aveva avuto né il tempo né i soldi per farlo. Banks le aveva offerto la sua Renault quando aveva preso la Porsche, ma lei aveva rifiutato. Innanzitutto non era il genere di auto che faceva per lei e poi le sembrava abbastanza squallido prendere gli scarti di Banks. Presto ne avrebbe comprata una nuova, ma, per il momento, l'Astra continuava a portarla dovunque volesse andare. Annie si diresse su per la collina, superò l'ostello della gioventù, dove un paio di agenti in divisa stavano ancora facendo qualche indagine, e andò verso la brughiera selvaggia. Si fermò in una piazzola di sosta vicino a un paio di gradini che consentivano di oltrepassare un muretto. Era l'inizio di
un sentiero che portava a una vecchia miniera di piombo; Annie lo conosceva perché Banks ce l'aveva portata per mostrarle la canna fumaria in cui una volta era stato rinvenuto un cadavere. Quella mattina non c'era nessuno in giro e il vento infuriava, sibilando intorno all'auto, strappando l'erica violacea e l'erba secca e incolta. Kelly prese un pacchetto di Embassy Regal dalla borsa, ma Annie le spinse la mano verso il basso e disse: «No. Non qui dentro. La puzza di fumo mi dà fastidio e non ho intenzione di aprire i finestrini. Fa troppo freddo». Kelly mise via le sigarette e fece il broncio. «Ieri sera, quando abbiamo parlato al pub» cominciò Annie «hai reagito in modo un po' eccessivo quando hai saputo cos'era successo.» «Be', è stata ammazzata una persona. Insomma, per lei sarà pure normale, ma da queste parti non capita molto spesso. È stato un trauma, tutto qua.» «Sembrava un trauma piuttosto personale.» «Che vuole dire?» «Devo farti un disegnino, Kelly?» «Non sono mica stupida.» «Allora smettila di fare giochetti. Che rapporto avevi con la vittima?» «Non avevo nessun rapporto con lui. Veniva al pub, ecco tutto. Aveva un bel sorriso e salutava sempre. Non è abbastanza?» «Non è abbastanza per cosa?» «Per essere sconvolta dalla sua morte.» «Senti, mi dispiace se per te è difficile» riprese Annie «ma lo facciamo solo perché la cosa sta a cuore anche a noi.» Kelly le lanciò un'occhiata. «Non l'ha mai visto quando era vivo. Non sapeva nemmeno della sua esistenza.» Era vero, un aspetto del lavoro di Annie era che molto spesso si trovava a indagare sulla morte di persone sconosciute. Ma Banks le aveva insegnato che con il progredire delle indagini non rimanevano sconosciute molto a lungo. Si arrivava a conoscere le vittime, si diventava la loro voce, in un certo senso, perché loro non erano più in grado di parlare. Ma non poteva spiegare tutto questo a Kelly. «È stato al cottage per una settimana» continuò Annie «e mi stai dicendo che lo hai visto solo quando veniva al pub e ti salutava?» «E allora?» «Mi pare che tu sia un po' troppo sconvolta perché le cose stiano così.» Kelly incrociò le braccia. «Non so di cosa parla.»
Annie si voltò per guardarla. «Io credo di sì, Kelly.» Restarono sedute al riparo nell'automobile, Kelly irrigidita, con lo sguardo puntato davanti a sé, Annie girata di lato sul sedile che osservava il profilo della ragazza. Aveva qualche traccia di acne sulla guancia destra e una piccola cicatrice bianca sul bordo superiore del sopracciglio. Fuori il vento continuava a soffiare con violenza sull'erba della brughiera e faceva oscillare un poco l'auto con raffiche e colpi improvvisi. Il cielo era una vasta distesa azzurra disseminata di nuvolette bianche, che si spostavano in fretta e proiettavano ombre passeggere sulla landa. Erano passati tre o quattro minuti, un lasso di tempo terribilmente lungo in una situazione come quella, quando Kelly ebbe un leggero fremito e subito dopo iniziò a tremare come una foglia fra le braccia di Annie, le lacrime le rigavano le guance. «Non deve dire niente a mio padre» continuava a ripetere, mentre piangeva. «Non deve dire niente a mio padre.» Martedì, 9 settembre 1969 Martedì sera, dopo cena, Yvonne era in camera sua a leggere la rubrica di Mark Knopfler sullo «Yorkshire Evening Post». Descriveva il panorama musicale del momento e a volte parlava dei gruppi locali che si esibivano al Peel e al Guildford, così Yvonne pensava che avrebbe potuto dire qualcosa su Brimleigh, ma quella settimana la rubrica era tutta dedicata a una serie di concerti imminenti che si sarebbero tenuti all'Harrogate Theatre: i Nice, gli Who, gli Yes e i Fairport Convention. Sembrava favoloso, ma chissà se il padre l'avrebbe lasciata andare a Harrogate. Sentì qualcuno bussare alla porta e fu sorpresa di vedere suo padre sulla soglia. Ma la cosa che più la stupiva era che non sembrava affatto arrabbiato con lei. La madre doveva averci messo una buona parola. In ogni caso, si preparò al peggio: accuse, riduzione della paghetta e limitazione della libertà, ma non ci fu niente di tutto ciò. Anzi, raggiunsero un compromesso. Avrebbe avuto il permesso di andare al Grove il lunedì, ma doveva tornare alle undici in punto e non doveva assolutamente bere alcolici. Tutte le altre sere, quando il giorno dopo c'era scuola, sarebbe rimasta a casa a fare i compiti. Sarebbe potuta uscire anche il venerdì e il sabato. Ma non per tutta la notte. Il padre cercò di farle confessare dove era stata la domenica prima, ma lei si limitò a dirgli che aveva passato la sera ad ascoltare la musica con gli amici e aveva perso la cognizione del tempo. Chissà perché, le sembrò che il padre non le credesse ma, anziché insistere, lui le
chiese: «Hai qualche disco dei Led Zeppelin?». «I Led Zeppelin? Sì. Perché?» Avevano pubblicato un solo LP fino ad allora e Yvonne lo aveva comprato con il buono che le aveva regalato la zia Moira a marzo, per il suo sedicesimo compleanno. Su «Melody Maker» aveva letto che il mese successivo sarebbe uscito un loro nuovo album e Robert Plant lo aveva menzionato a Brimleigh, dove il gruppo aveva eseguito alcuni brani tratti da esso, come Heartbreaker. Yvonne non vedeva l'ora. Robert Plant era così sexy! «Diresti che sono assordanti?» Yvonne scoppiò a ridere. «Sì, abbastanza.» «Ti dispiace se li ascolto un po'?» Ancora perplessa, Yvonne rispose: «No, niente affatto. Fa' pure». Prese il disco dalla pila in cui era collocato e lo consegnò al padre; era l'LP con in copertina il grosso dirigibile che toccava il fianco della torre Eiffel e andava in fiamme. Il giradischi Dansette, che il padre aveva avuto in omaggio con cinquemila tagliandi delle sigarette Embassy prima che smettesse di fumare, era al piano di sotto, nel soggiorno. Era sempre motivo di controversie, perché Yvonne sosteneva che lei era l'unica a comprare i dischi e a interessarsi davvero alla musica, se si escludevano le rare volte in cui la madre metteva su qualche pezzo di Johnny Mathis e di Jim Reeves e il padre qualche LP delle grandi orchestre. Lei pensava che il giradischi dovesse stare in camera sua, ma il padre insisteva col dire che era il giradischi di famiglia. Almeno per il suo compleanno le aveva comprato un altro paio di casse che si potevano collegare al giradischi per creare un vero effetto stereofonico e in più aveva la sua radiolina a transistor sul comodino, ma doveva sempre aspettare che i genitori uscissero per poter ascoltare i suoi dischi in modo decente, al volume giusto. Scese di sotto insieme a lui e accese il giradischi. Sembrava che il padre non sapesse nemmeno come funzionava quell'aggeggio, così Yvonne prese in mano la situazione. Dopo pochi istanti Good Times, Bad Times partì in modo così assordante che Janet accorse dalla cucina per vedere cosa stava succedendo. Dopo aver ascoltato neanche metà della canzone, Chadwick abbassò il volume e domandò: «Sono tutte come questa?». «Per te forse sì» replicò Yvonne «ma le canzoni sono tutte diverse l'una dall'altra. Perché me lo chiedi?» «Per nessun motivo, in realtà. Ero soltanto curioso.» Tolse l'LP dal gira-
dischi e spense l'apparecchio. «Grazie. Ora puoi riprendertelo.» Ancora sconcertata, Yvonne infilò di nuovo il disco nella custodia e tornò di sopra nella sua stanza. Banks guardò fuori dalla finestra del suo ufficio. Era giorno di mercato e le bancarelle di legno erano disseminate sulla piazza pavimentata di ciottoli, con le coperture di tela che si agitavano al vento, e vendevano di tutto, dalle camicie da quattro soldi alla biancheria intima, dai libri usati alle edizioni pirata di CD e DVD. Il mercato ortofrutticolo che si teneva una volta al mese arrivava ben al di là della piazza e offriva verdure coltivate nella zona, formaggi tipici come lo Wensleydale e lo Swaledale, carni di vitello e di maiale biologici. Banks aveva sempre pensato che tutti i vitelli e i maiali fossero biologici - per non parlare del vino, della frutta e della verdura - ma qualcuno gli aveva spiegato che in realtà si intendeva «allevati biologicamente», ossia senza fare uso di pesticidi o prodotti chimici. Perché non dicevano così, allora?, si chiedeva lui. Gli abitanti del luogo si mescolavano con i turisti e degustavano i prodotti. Una volta finito lì, pensò Banks, molti di loro si sarebbero trasferiti alla grossa vendita dell'usato che si teneva a Catterick, dove sarebbero stati indecisi se comprare o meno telefoni cellulari poco affidabili a un paio di sterline e cartucce d'inchiostro di dubbio funzionamento a cinquanta pence. Erano le dodici e mezzo. Dopo la riunione Banks aveva passato il resto della mattinata a esaminare la lista dei reperti raccolti dagli uomini della Scientifica e a parlare con Stefan e Vic Manson di impronte digitali ed eventuali campioni di DNA che potevano trovarsi nella biancheria da letto al Moorview Cottage. Non sapeva cosa avrebbero potuto rivelare quelle prove, ma aveva bisogno di tutto quello che riusciva a trovare. E quelli forse erano i «fatti» a cui anelava la sovrintendente Gervaise. Non era giusto, se ne rendeva conto, soprattutto perché aveva deciso di concederle il beneficio del dubbio, ma quel commento riguardo al pub lo aveva irritato. Gli era sembrato di essere ancora uno scolaro che veniva torchiato dal preside. In sottofondo, su Radio 3 Martha Argerich stava eseguendo un concerto per pianoforte di Beethoven. Era una registrazione dal vivo e nei pezzi più lenti Banks poteva sentire la gente che tossiva in mezzo al pubblico. Ripensò ancora a quando aveva incontrato Catherine Gervaise all'Opera North insieme al marito. Loro avevano dei posti di gran lunga migliori del suo, più vicini al palco. Dovevano essere riusciti a vedere anche il sudore e
la forfora a quella breve distanza. Correva voce che la sovrintendente Gervaise puntasse a ottenere una posizione di comando a Scotland Yard, ma finché non saltava fuori qualcosa, dovevano sorbirsela loro a Eastvale. Banks si sedette e prese di nuovo il libro. Sembrava pieno di ditate. Non aveva mai letto nulla di Ian McEwan, ma il nome era sulla lista degli autori che prima o poi avrebbe voluto leggere. L'incipit gli piaceva parecchio. Il libro non forniva alcun indizio riguardo al posto in cui poteva essere stato acquistato. Alcuni negozi di libri usati, Banks lo sapeva, applicavano dei bollini all'interno della copertina con sopra scritto il nome e l'indirizzo della libreria, ma questo non ne aveva nessuno. Avrebbe controllato nei negozi della zona per vedere se la vittima lo aveva comprato a Eastvale, dove i possibili fornitori erano due, oltre a diversi charity shop in cui, per beneficenza, tra le altre cose vendevano anche libri usati. Nick non aveva scritto il suo nome all'interno, come facevano molti. L'unica cosa che c'era era il prezzo. Sul retro c'era un adesivo e Banks si accorse che era della catena Border's; lo aveva già visto altre volte. Sembrava riportare informazioni sufficienti a rintracciare la filiale in cui era stato venduto, ma dubitava di riuscire a risalire al cliente che lo aveva acquistato per primo. E chissà per quante mani era passato da allora. Rivolse di nuovo la sua attenzione ai numeri scritti in modo ordinato in fondo al libro: 6, 8, 9, 21, 22, 25 1, 2, 3, 16, 17, 18, 22, 23 10, 12, 13 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17, 19, 22, 23, 25, 26, 30 17, 18, 19 2, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 16, 18, 19, 21, 22, 23 Non avevano alcun senso per lui, ma era anche vero che non era mai stato tanto bravo a decifrare i codici, sempre se quello era un codice, o qualunque altra cosa avesse a che fare con i numeri. Non riusciva nemmeno a risolvere un sudoku. Poteva anche essere la sequenza di numeri primi più ovvia del mondo, ma lui non avrebbe saputo distinguerla da uno scontrino per le scommesse. Si lambiccò il cervello per pensare a qualcuno che fosse bravo con quella roba. Né Annie né Kev Templeton, questo era poco ma sicuro. Winsome se la cavava bene con il computer, perciò forse aveva una brillante mente matematica. A un tratto gli venne in mente. Ma certo! Co-
me aveva fatto a dimenticarsene tanto in fretta? Agguantò l'elenco dei numeri telefonici interni, ma prima che potesse trovare quello che gli serviva, il telefono si mise a squillare. Era Winsome. «Signore?» «Sì, Winsome.» «Lo abbiamo trovato. Voglio dire, sappiamo chi è la vittima.» «Magnifico.» «Mi scusi se ci ho messo tanto, ma la mia conoscente all'Ufficio della motorizzazione era a un matrimonio stamattina. Per questo non sono riuscita a mettermi in contatto con lei. Aveva il cellulare spento.» «Chi è?» «Si chiamava Nicholas Barber e abitava a Chiswick.» Winsome diede un indirizzo a Banks. «Porca puttana» imprecò Banks. «È il secondo londinese che viene ucciso quassù quest'anno. Se si sparge la voce giù al sud, i turisti penseranno che c'è una congiura e non verranno più.» «A un bel po' di gente l'idea non dispiacerebbe, signore» replicò Winsome. «Forse allora alcune delle persone del posto potrebbero permettersi di vivere qui.» «Non credere. Gli agenti immobiliari troverebbero qualche altro modo per fregare gli acquirenti. A ogni modo, ora che sappiamo chi era, possiamo cercare di rintracciare le sue telefonate. Non posso credere che non avesse un cellulare.» «Se pure l'avesse avuto, non avrebbe potuto usarlo a Fordham. Non c'è campo.» «Sì, ma potrebbe essere andato a Eastvale o in qualche altro posto per telefonare.» «Ma con quale gestore telefonico?» «Controlla con tutte le principali compagnie.» «Ma, signore...» «Lo so. È sabato. Fai solo del tuo meglio, Winsome. Se dovrai aspettare fino a lunedì mattina, pazienza. Nick Barber non andrà da nessuna parte e il suo assassino se l'è già squagliata da tempo.» «Sarà fatto, signore.» Banks rifletté per un istante. Nick Barber... il nome aveva un che di familiare, ma non riusciva assolutamente a ricordarsi dove lo avesse sentito. Quindi prese di nuovo l'elenco telefonico e si mise a fare ciò che la telefonata di Winsome aveva interrotto.
Annie lasciò che Kelly Soames si ricomponesse e si asciugasse gli occhi, nel tentativo di ridurre al minimo l'imbarazzo che di sicuro la ragazza doveva provare dopo quella esplosione emotiva. «Mi dispiace» disse Kelly alla fine. «Di solito non sono così. È colpa dello shock.» «Lo conoscevi bene?» Kelly avvampò. «No, non bene. Abbiamo solo... insomma, è stata solo una scopata, niente di più.» «Sì, ma...» cominciò Annie, poiché pensava che scopare fosse una cosa piuttosto intima, anche se non c'era di mezzo l'amore, e che parlandone in quel modo Kelly cercasse di sminuire quello che era accaduto in modo che le provocasse meno dolore. Se un minuto prima uno era insieme a te nudo, ti accarezzava, ti penetrava e ti procurava piacere, e un minuto dopo era disteso a terra con il cranio fracassato, non eri certo una stupida sentimentale se versavi un paio di lacrime per lui. «Ti va di parlarmene?» «Non deve raccontare niente a mio padre. Andrebbe su tutte le furie. Me lo promette?» «Kelly, sto cercando informazioni sulla... su Nick. A meno che tu non sia coinvolta in qualche modo con il suo omicidio, non hai nulla di cui preoccuparti.» «Non andrò in tribunale o cose del genere?» «Non vedo perché dovresti.» Kelly rifletté per un attimo. «Non c'è molto da raccontare, in realtà» disse alla fine. Poi lanciò uno sguardo a Annie. «Non è una cosa che faccio spesso, sa? Non sono una puttana.» «Nessuno ha detto questo.» «Mio padre lo direbbe, se lo venisse a sapere.» «Che mi dici di tua madre?» «È morta quando avevo sedici anni. Papà non si è mai risposato. Lei... loro non erano molto felici insieme.» «Mi dispiace» disse Annie. «Ma non c'è motivo di farlo sapere a tuo padre.» «Se me lo promette lei...» Annie non aveva promesso nulla e non aveva intenzione di farlo. Per come stavano le cose, non vedeva perché il segreto di Kelly dovesse essere rivelato e lei avrebbe fatto del suo meglio per proteggerlo, ma la situazione poteva cambiare. «Come è successo?» le domandò.
«Come ho già detto, era un tipo gentile. Al pub, dico. Molta gente ti tratta come una pezza da piedi soltanto perché fai la barista, ma Nick no.» «Sai qual è il suo cognome?» «No, mi dispiace. Lo chiamavo soltanto Nick.» Il vento ululò e fece dondolare l'auto. Kelly incrociò le braccia e si sfregò le spalle. Era vestita più o meno come la sera precedente. «Hai freddo?» le chiese Annie. Mise in moto la macchina e accese il riscaldamento. Subito i vetri si appannarono per la condensa. «Così va meglio. Continua. Vi siete messi a chiacchierare nel pub.» «No. Appunto. Mio padre è sempre là, ricorda? C'era anche l'altra sera. È per questo che io... in ogni caso, mi sorveglia come un falco quando sono al lavoro. È come tutti gli altri, pensa che una barista non sia altro che una puttana. Avrebbe dovuto sentire che litigate, quando ho accettato quel lavoro.» «Perché ha lasciato che lo accettassi, allora?» «Per i soldi. Non sopportava più il fatto che vivessi a casa e non avessi un lavoro.» «Quindi non hai conosciuto Nick al pub?» «Be', ci siamo incontrati lì. Voglio dire, è lì che ci siamo visti la prima volta, ma l'ho trattato come tutti gli altri clienti. Era un bel ragazzo. Ammetto che mi è piaciuto subito e forse lui se ne è accorto.» «Ma non era proprio un ragazzo, Kelly. Era molto più vecchio di te.» Kelly si irrigidì. «Aveva solo trentotto anni. Non era vecchio. E io ne ho ventuno. E poi, mi piacciono gli uomini maturi. Non stanno sempre a palpeggiarti come i ragazzini della mia età. Ti capiscono. Ti ascoltano. E sanno un sacco di cose. I ragazzi della mia età parlano solo di calcio e di birra, ma Nick sapeva tutto della musica, conosceva tutti i gruppi, tutto. E mi raccontava delle storie. Era un tipo raffinato.» Annie si annotò la cosa mentalmente, mentre si domandava quanto tempo ci avesse impiegato questo Nick per cominciare a «palpeggiare» Kelly. «Come vi siete conosciuti, quindi?» le domandò. «In città. A Eastvale. Il mercoledì è il mio giorno libero ed ero andata a fare spese. Lui usciva da quel negozio di libri di seconda mano che si trova proprio accanto alla chiesa e io per poco non l'ho travolto. Non sa che vergogna. Comunque, lui mi ha riconosciuta e abbiamo iniziato a parlare, poi siamo andati a bere qualcosa al Queen's Arms. Era simpatico.» «Cos'è successo dopo?» «Mi ha dato un passaggio - ero andata con l'autobus - e ci siamo dati ap-
puntamento a più tardi.» «Dove?» «Al cottage. Mi ha invitato a cena. Ho detto a mio padre che sarei uscita con alcune amiche.» «E poi?» «Cosa crede? Ha preparato da mangiare, qualcosa con il curry, se la cavava bene in cucina. Poi abbiamo ascoltato un po' di musica e... sa com'è...» «Siete andati a letto insieme.» «Sì.» «Solo quella volta?» Kelly guardò altrove. «Kelly?» «Lo abbiamo fatto di nuovo venerdì, va bene? Mi ero presa due ore di permesso quel pomeriggio per andare dal dentista, ma ho fatto spostare l'appuntamento a mercoledì prossimo.» «A che ora venerdì?» «Dalle due alle quattro.» Era il pomeriggio dell'omicidio. Con tutta probabilità, appena due o tre ore dopo che Kelly era andata via, Nick era stato ucciso. «Queste sono le uniche due volte in cui siete stati insieme? Mercoledì sera e venerdì pomeriggio?» «Non abbiamo passato la notte insieme. Non che non mi sarebbe piaciuto, intendiamoci. Soltanto la serata. Dovevo essere a casa per le undici. Come avrà intuito, mio padre è un po' all'antica in fatto di libertà e di disciplina.» Sì, e tu stavi scopando con uno più vecchio di te che avevi appena conosciuto, pensò Annie. Forse il padre di Kelly non aveva tutti i torti. Comunque, non erano fatti che la riguardavano. Si meravigliò di essere stata così pronta a dare giudizi. «Che cosa fa per vivere?» «L'agricoltore. Riesce a immaginare un lavoro più schifoso?» «Più di uno.» «Uh. Be', io no.» «Conosci un tizio di nome Jack Tanner?» Kelly sembrò sorpresa da quella domanda. «Sì» rispose. «Abita proprio in fondo alla strada del pub.» «Che ne pensi di lui?» «Mi fa un po' pena, direi. Mi sembra un povero disgraziato. Ed è anche
un pervertito.» «Che vuoi dire?» «Sta sempre a guardarmi le tette. Crede che io non me ne accorga, ma è più che evidente. Lo fa con tutte le ragazze giovani.» «Lo hai mai visto al pub?» «No. CC lo ha buttato fuori per sempre, prima che io cominciassi a lavorare lì. Non regge l'alcol. Attacca briga con chiunque.» Annie si ripromise di indagare un po' su Jack Tanner e continuò. «Che cosa ti ricordi del cottage?» «Era come tutti i cottage. Sa, mobili vecchi e via dicendo, il letto cigolante, il water con la tavoletta che traballava.» «Che mi dici degli oggetti personali di Nick?» «Li avrà visti anche lei. È stata lì.» «È sparito tutto, Kelly.» Kelly la guardò sbigottita. «Qualcuno li ha rubati? È per questo che l'hanno ucciso? Ma non c'era quasi niente, a meno che non nascondesse dei soldi sotto il materasso e non credo che lo facesse. Ti saresti accorto anche se ci fosse stato un pisello sotto a quel coso.» «Che cosa aveva?» «Solo qualche libro, un lettore CD portatile a cui si potevano collegare due piccole casse. Il suono non si sentiva benissimo, ma poteva andare. Gli piaceva soprattutto la musica vecchia, ma aveva anche qualcosa di più moderno: Doves, Franz Ferdinand, Kaiser Chief. E aveva un computer.» «Un portatile?» «Sì. Uno piccolo. Toshiba, credo. Diceva che lo usava più che altro per guardare i DVD, ma ci lavorava anche.» «Che lavoro faceva?» «Era uno scrittore.» «Che genere di scrittore?» «Non lo so. Lui non me lo ha detto e io non gliel'ho mai chiesto. Non erano affari miei, non crede? Magari stava scrivendo la sua autobiografia.» Sarebbe stato un po' presuntuoso scrivere un'autobiografia a trentotto anni, pensò Annie, ma c'erano persone che lo avevano fatto anche prima di arrivare a quell'età. «Ma ha detto esplicitamente di essere uno scrittore?» «Gli ho chiesto cosa ci faceva qui in un periodo dell'anno così deprimente e lui mi ha risposto che cercava un po' di pace e di tranquillità per scrivere. Mi è sembrato un po' schivo e restio a parlarne, così non ho insistito. Non ero lì per sapere la storia della sua vita, in ogni caso.»
«Ti ha mai mostrato quello che stava scrivendo?» «No. Insomma, abbiamo semplicemente mangiato qualcosa insieme, abbiamo chiacchierato e abbiamo scopato. Non mi sono messa a frugare fra le sue cose o roba del genere. Per chi mi ha presa?» «Va bene, Kelly.» Kelly si sforzò di accennare un sorriso. «Che tipo di contraccettivo hai usato?» «Preservativi. Perché?» «Non ne abbiamo trovato neanche uno in casa.» «Li abbiamo usati tutti. Ecco, sa, venerdì lui voleva farlo di nuovo, ma non abbiamo potuto. I preservativi erano finiti ed era troppo tardi per andare a Eastvale. Io dovevo andare al lavoro. E farlo senza per me non esiste. Non sono così stupida.» «Okay» disse Annie. Ora che l'aveva convinta a parlare, Kelly si era rivelata meno timida e reticente di quanto apparisse in pubblico. Quindi questo spiegava il letto disfatto e la mancanza di preservativi. Ma il furto non sembrava molto plausibile come movente. Certo, se Nick avesse davvero tenuto qualcosa di grande valore lì, non lo avrebbe raccontato a una facile ragazzina del posto che aveva appena rimorchiato in un pub, ma perché portarsi un oggetto di valore lassù, prima di tutto? A meno che non stesse ricattando qualcuno. O pagando una mazzetta. «Aveva un cellulare?» «Sì. Un Nokia di lusso. Ma non è che gli sia servito granché. In questa zona i cellulari non funzionano. Bisogna andare a Eastvale o a Helmthorpe. È proprio una rottura di scatole.» Quello era un problema nelle Dales, Annie lo sapeva. Avevano messo dei nuovi ripetitori, ma la ricezione era ancora intermittente in alcuni punti, per via delle colline. Nel cottage non c'era un telefono fisso - molte delle case in affitto non ne erano fornite per ovvi motivi - e sia la signora Tanner sia Winsome avevano usato la cabina telefonica situata dall'altra parte della strada, vicino alla chiesa. «Come ti è sembrato, quando siete stati insieme?» domandò Annie. «Stava bene.» «Non ti è sembrato agitato, depresso o preoccupato per qualcosa?» «No, niente affatto.» «E delle droghe che mi dici?» Kelly esitò. «Abbiamo fumato un paio di spinelli, tutto qua. Non ho mai provato niente di più pesante.»
«Aveva un bel po' di roba?» «No, quel poco che bastava per lui. Almeno io ho visto soltanto quella. Senta, non era uno spacciatore, se è qui che vuole andare a parare.» «Non voglio andare a parare da nessuna parte» ribatté Annie. «Voglio solo farmi un'idea precisa dello stato d'animo in cui si trovava Nick. Lo hai trovato diverso venerdì pomeriggio?» «No, o perlomeno non ci ho fatto caso.» «Non era nervoso o irritabile, come se stesse aspettando qualcuno?» «No.» «Avete fatto qualche programma per il futuro?» «Be', non mi ha chiesto di sposarlo, se è questo che intende dire.» Annie scoppiò a ridere. «Non mi aspettavo che lo facesse, ma avevate deciso di vedervi ancora?» «Certo. Sarebbe rimasto qui un'altra settimana e io gli ho detto che potevo liberarmi dal lavoro qualche altra volta... a patto che ricomprasse i preservativi. Lui mi ha detto anche che potevo andare a trovarlo a Londra, se volevo. Ha detto che gli davano un sacco di biglietti omaggio e che mi avrebbe portata a sentire qualche concerto.» Mise il broncio. «Mio padre, comunque, non mi avrebbe mai permesso di andarci. Pensa che Londra sia una specie di luogo di perdizione.» «Nick ti ha dato il suo indirizzo?» «Non siamo arrivati a quel punto. Pensavamo che... sa... che ci saremmo rivisti quassù. Oh, merda! Mi dispiace.» Si asciugò di nuovo il viso. Piangere le aveva fatto ricoprire la pelle di macchie. A parte quello, era una bella ragazza e Annie poteva capire perché gli uomini fossero attratti da lei. Non era nemmeno stupida, come lei stessa aveva tenuto a precisare, e possedeva un atteggiamento così schietto riguardo al sesso che avrebbe fatto invidia a molti. Ma adesso era soltanto una ragazzina sconvolta e confusa e la sua pelle cominciava a risentirne. Quando si fu ricomposta, si mise a ridere e disse: «Penserà che devo essere proprio una sciocca a piangere per uno che conoscevo appena». «No, ti sbagli» la rincuorò Annie. «Eri in intimità con lui e adesso è morto. Deve essere terribile. È normale che tu stia male.» Kelly le lanciò uno sguardo. «Lei mi capisce, non è vero? Non è come tutti gli altri. Non come quell'orso che era con lei ieri sera.» Annie sorrise per quella definizione di Banks, una che lei non avrebbe usato. «Oh, è un tipo in gamba» le disse. «È solo che negli ultimi tempi sta passando un periodaccio.»
«No, dico sul serio. Lei è in gamba, davvero. Com'è essere una poliziotta?» «Ha i suoi pro e i suoi contro» rispose Annie. «Crede che mi prenderebbero? Se facessi la domanda, dico.» «Sono certa che vale la pena provare» replicò Annie. «Siamo sempre alla ricerca di gente sveglia e motivata.» «Proprio come me» disse Kelly con un sorriso asimmetrico. «Sveglia e motivata. Sono sicura che mio padre approverebbe.» «Io non ci metterei la mano sul fuoco» ribatté Annie, ripensando a quello che Banks le aveva raccontato riguardo al modo in cui avevano reagito i genitori quando lui aveva deciso di fare quel mestiere. «Ma non farti ostacolare da lui.» Kelly si accigliò, quindi disse: «Senta, devo andare al lavoro. Sono già in ritardo. CC andrà in bestia». «Okay» rispose Annie. «Direi che per il momento è tutto.» «Può darmi un minuto, prima che vada?» le chiese Kelly, mentre abbassava lo specchietto e prendeva un piccolo contenitore rosa dalla borsa. «Devo sistemarmi la faccia.» «Ma certo.» Annie osservò divertita mentre Kelly applicava l'ombretto, il mascara e varie polveri e creme per mascherare l'acne e le macchie, dopodiché scese lungo la collina e lasciò la ragazza al Cross Keys, prima di tornare su a vedere come procedevano gli interrogatori all'ostello della gioventù. Capitolo 5 10-12 settembre 1969 Nei giorni successivi, le indagini di Chadwick proseguirono con una frustrante mancanza di progressi. Le due domande fondamentali, ossia chi era la vittima e chi si trovava con lei al momento dell'omicidio, non avevano ancora ottenuto una risposta. Di sicuro, pensò Chadwick, qualcuno da qualche parte doveva essersi accorto della sua scomparsa. A meno che non fosse scappata di casa. Le cose andavano meglio sul fronte famigliare da quando lui e Yvonne erano giunti a quel compromesso. Ormai era convinto che la figlia fosse stata al festival di Brimleigh domenica notte - non era poi così brava a mentire - ma non aveva molto senso approfondire la questione al momen-
to. Ormai era fatta. L'importante era cercare di far sì che una cosa del genere non si ripetesse in futuro e aveva ragione Janet; non ci sarebbe certo riuscito facendo una sfuriata. Il mercoledì, però, Chadwick aveva fatto un salto al Grove, tanto per vedere in che genere di posto la figlia trascorresse il suo tempo. Era un piccolo pub vicino al canale, sporco e antiquato, con una squallida saletta a parte riservata ai giovani. Aveva chiesto informazioni all'amico Geoff Broome della squadra Narcotici e aveva scoperto che il locale non era particolarmente malfamato, il che era già qualcosa. Dio solo sapeva cosa ci trovava Yvonne in quella topaia. Il dottor O'Neill, il cui rapporto completo sull'autopsia aveva eliminato ogni forma di dubbio riguardo alla causa della morte, aveva stimato che la vittima avesse un'età compresa fra i diciassette e i ventun anni, perciò era concepibile che se ne fosse andata di casa e vivesse per conto suo, quando era stata assassinata. Ma in tal caso dov'erano i vari amici, fidanzati e colleghi di lavoro? O non sapevano cos'era accaduto o non si erano ancora accorti della sua scomparsa. Chissà pure se ce l'aveva un lavoro. Agli hippy non piaceva lavorare, Chadwick questo lo sapeva. Forse era una studentessa, oppure una turista. Il rapporto del dottor O'Neill rivelava un dettaglio molto interessante: la ragazza presentava una cicatrice da parto sull'osso pubico, quindi aveva dato alla luce un bambino. L'agente investigativo Bradley aveva visto tutte le riprese del festival e aveva parlato con i giornalisti che avevano preso parte all'evento. Non aveva scoperto assolutamente nulla. La vittima non si vedeva neanche una volta nei filmati, che mostravano molto spesso inquadrature panoramiche di un mare di giovani idealisti e passavano in continuazione dalle esibizioni acrobatiche dei gruppi sul palco alle interviste, girate in primo piano, a singoli musicisti e festaioli. Forse avrebbe potuto rivelarsi utile in futuro, quando avessero avuto un sospettato o qualcuno da individuare in mezzo alla folla, ma per il momento quel materiale era del tutto inutile. Bradley aveva anche contattato l'addetto stampa del festival, Mick Lawton, e aveva cominciato a telefonare ai fotografi. Molti di loro erano disposti a collaborare, non avevano nulla in contrario se la polizia dava un'occhiata alle foto che avevano scattato e avrebbero inviato volentieri le copie. In fin dei conti, era materiale di pubblico consumo. Ben diverso era chiedere ai giornalisti di nominare le proprie fonti. Gli esperti stavano ancora setacciando la zona in cui la vittima era stata uccisa e il punto in cui era stata trasportata, raccogliendo tutti i campioni
che riuscivano a trovare, per analizzarli in un secondo momento. Se non altro, avrebbero potuto costituire delle prove utili in tribunale. Il laboratorio aveva scoperto qualcosa riguardo al fiordaliso dipinto sulla guancia della vittima e aveva riferito a Chadwick che si trattava di semplice cerone, reperibile in un gran numero di punti vendita. Il fiore rimaneva l'unico piccolo particolare che la polizia non aveva ancora reso noto. Quando arrivò il momento di interrogare le star vere e proprie, i dubbi iniziali di Enderby si rivelarono decisamente profetici. La cosa veniva fatta abitualmente, ma in maniera frettolosa e insoddisfacente, secondo Chadwick, dalle forze locali, che possedevano soltanto una minima infarinatura del caso. Più di un ispettore di provincia moriva dalla voglia di fare irruzione in casa della rock star locale con tanto di cani e squadra Narcotici, malgrado il fallimento della retata ai danni dei Rolling Stones di due anni prima, ma fare qualche domanda su un merdoso festival che si era tenuto nel nord del paese non allettava nessuno. Quegli idioti capelloni potevano anche essere drogati e anarchici, pensava la maggior parte della gente, ma non potevano certo essere degli assassini, che diamine! Chadwick preferiva non pronunciarsi su quell'argomento. Pensò agli omicidi di Los Angeles, una storia che lui aveva seguito attraverso i giornali e la televisione, proprio come tutti gli altri. Stando alla cronaca, qualcuno si era introdotto in una casa di Benedict Canyon, aveva tagliato i cavi del telefono e aveva assassinato cinque persone, tra cui l'attrice Sharon Tate, che all'epoca era incinta di otto mesi e mezzo ed era stata accoltellata a morte. La stessa notte, qualcuno si era introdotto anche in un'altra casa e una coppia facoltosa era stata uccisa in maniera simile. Erano state fatte parecchie congetture su orge di droga, perché le vittime di sesso maschile indossavano abiti in stile hippy e in una delle loro auto erano state trovate sostanze stupefacenti. Qualcuno aveva parlato anche dell'aspetto «ritualistico» degli omicidi: sulla porta d'ingresso della casa di Sharon Tate era stata scritta con il sangue la parola PORCI, mentre nell'altra casa erano state trovate le scritte A MORTE I PORCI sulla parete del soggiorno e HEALTHER SKELTER dentro la porta del frigo, sempre con il sangue; l'ultima era stata interpretata dalle autorità come un refuso di Helter Skelter, una canzone dei Beatles del disco White Album. Quel poco che Chadwick era riuscito a estrapolare dal tam-tam dei media indicava che la polizia stava cercando i membri di qualche oscura setta hippy. A Chadwick non era venuto in mente che quei delitti potessero avere qualcosa a che fare con l'omicidio del festival di Brimleigh. Los Angeles
era molto distante dallo Yorkshire. Eppure, se persone che ascoltavano i Beatles e chiamavano porci i poliziotti erano capaci di fare una cosa simile a Los Angeles, perché non in Inghilterra? Chadwick avrebbe interrogato di persona i musicisti, ma abitavano tutti in posti lontani come Londra, il Buckinghamshire, il Sussex, l'Irlanda e Glasgow; alcuni vivevano in piccoli appartamenti o monolocali, ma un numero sorprendente di essi possedeva tenute di campagna con piscina o immense ville in località amene. Avrebbe passato metà della sua vita sull'autostrada e l'altra metà sulle strade di campagna. Aveva sperato che almeno uno dei responsabili degli interrogatori fiutasse una mezza verità o una balla totale, così poi avrebbe condotto lui un secondo interrogatorio, non importava quanto avrebbe dovuto viaggiare, ma tutto era rimasto come prima: nessun ulteriore sviluppo. Molti degli artisti che aveva sentito nominare in relazione a Brimleigh si esibivano in un altro festival proprio quel fine settimana, a Rugby: i Pink Floyd, i Nice, Roy Harper, l'Edgar Broughton Band e la Third Ear Band. Mandò Enderby a Rugby per vedere se riusciva a scoprire qualcosa. Enderby sembrava essere a proprio agio di fronte alla prospettiva di incontrare quelle celebrità. Due dei gruppi presenti a Brimleigh erano locali. Chadwick aveva già fatto una breve chiacchierata con i Jan Dukes de Grey a Leeds durante la settimana. Derek e Mick sembravano due giovanotti abbastanza simpatici, nonostante i capelli lunghi e gli abiti stravaganti, ed entrambi avevano lasciato il festival molto tempo prima che venisse commesso l'omicidio. I Mad Hatters erano a Londra al momento, ma si prevedeva che avrebbero fatto ritorno su al nord agli inizi della settimana successiva, per stabilirsi a Swainsview Lodge, la residenza che Lord Jessop possedeva nei pressi di Eastvale, dove avrebbero fatto le prove in vista di un imminente tour e di un nuovo album. Avrebbe parlato con loro lì. Erano le due e mezzo del pomeriggio quando l'agente investigativo Gavin Rickerd riuscì a passare alla centrale della Divisione Ovest di Eastvale. Banks doveva assistere all'autopsia di Nicholas Barber alle tre, ma voleva prima togliersi dai piedi quella faccenda. Aveva telefonato a Annie a Fordham e ognuno dei due aveva fornito all'altro un rapido aggiornamento, quindi si erano messi d'accordo per incontrarsi al Queen's Arms alle sei. «Entra, Gavin» disse Banks. «Come vanno le cose con la polizia di quartiere? Difficoltà iniziali?»
«C'è parecchio da fare. Sa com'è quando si inizia un nuovo lavoro, signore. Ma va bene, davvero. Mi piace.» Rickerd si sistemò gli occhiali. Portava ancora un paio di quegli antiquati occhiali distribuiti gratuitamente dal servizio di Assistenza Sanitaria, con la montatura tenuta insieme da un cerotto avvolto intorno al ponte. Forse voleva lanciare una nuova tendenza, pensò Banks, perché anche un misero agente investigativo poteva permettersi un paio di occhiali nuovi. L'espressione «lanciare una nuova tendenza» accanto al nome di Gavin Rickerd sembrava un accostamento assai improbabile, quindi forse si trattava più di lanciare una controtendenza. Indossava una giacca di velluto a coste verde bottiglia, con le toppe di pelle sui gomiti, e un paio di pantaloni marroni un tantino consumati, sempre di velluto. Aveva la cravatta annodata male e il colletto della camicia ripiegato all'insù dalla parte sinistra. Dal taschino della giacca spuntava una sfilza di penne e matite. Sul volto aveva il colorito terreo proprio di chi non passa molto tempo all'aria aperta. Banks si rammentò che Kev Templeton lo prendeva sempre in giro senza alcuna pietà. Aveva una vena maligna quel Templeton. «Non ti mancano le stoccate e le parate delle operazioni di polizia ad alta tensione?» gli chiese Banks. «In realtà no, signore. Mi trovo abbastanza bene dove sono.» «Ah, va bene.» A dire il vero Banks non aveva mai saputo come intavolare un discorso con Rickerd. Correva voce che fosse uno di quelli che per hobby contano i treni che passano, che davvero si mettesse alla fine dei binari nelle fredde stazioni di Darlington, Leeds o York, con il bello e il cattivo tempo, a scrutare l'orizzonte in cerca del Royal Scotsman, della Mallard o di come diavolo si chiamavano i treni di lusso oggigiorno. Nessuno lo aveva mai visto, in realtà, ma la voce continuava a girare. Aveva anche una laurea in matematica ed era considerato un genio nel risolvere gli enigmi e i giochi al computer. Banks pensava che forse era sprecato a Eastvale e avrebbe dovuto essere reclutato dall'MI5, ma intanto lui ne approfittava. L'unica cosa che Banks sapeva con certezza era che Gavin Rickerd era un fanatico del cricket, così accennò in maniera fugace alla recente vittoria dell'Inghilterra al trofeo Ashes, quindi disse: «Ho un lavoretto per te, Gavin». «Ma, signore, lo sa che ormai faccio parte della polizia di quartiere e non della Divisione Investigativa o della Sezione Reati Gravi.» «Sì» ribatté Banks. «Ma cos'è in fondo un nome?»
«Non si tratta solo del nome, signore, è un lavoro serio.» «Ne sono certo. Non lo metto in discussione.» «La sovrintendente non sarà molto contenta, signore.» Rickerd cominciò a sembrare visibilmente nervoso, non faceva altro che girarsi a guardare la porta alle sue spalle. «Ti hanno ordinato di stare alla larga, non è così?» Rickerd si aggiustò di nuovo gli occhiali. «Okay» disse Banks. «Capisco. Non volevo metterti nei guai. Puoi andare. Io pensavo che questo enigma potesse interessarti. Almeno credo che possa trattarsi di un enigma. Qualunque cosa sia, comunque, dobbiamo capire cosa significa.» «Un enigma?» chiese Rickerd, leccandosi le labbra. «Che genere di enigma?» «Be', pensavo che magari potevi dargli un'occhiata nel tempo libero, sai. Così la sovrintendente non avrà di che lamentarsi, non trovi?» «Non lo so, signore.» «Vuoi dare una sbirciata?» «Be', magari potrei dargli un'occhiata veloce.» «Bravo, ragazzo.» Banks gli consegnò la fotocopia della pagina del libro Espiazione posseduto da Nick Barber che aveva ricevuto dalla Scientifica. Rickerd la guardò con gli occhi socchiusi, la girò prima da un lato e poi dall'altro, quindi la posò di nuovo sulla scrivania. «Interessante» commentò. «Mi sono ricordato che ti piacciono i problemi matematici e le cose di questo tipo, che te ne intendi abbastanza. Magari puoi portartelo a casa e giocarci un po'.» «Posso tenerlo?» «Ma certo. È soltanto una fotocopia.» «D'accordo, allora» replicò Rickerd. Era chiaro che si sentiva investito di una nuova responsabilità. Ripiegò il pezzo di carta con cura fino a formare un quadrato e se lo infilò nella tasca interna della giacca di velluto. «Mi farai sapere?» gli chiese Banks. «Non appena avrò scoperto qualcosa. Non posso prometterle niente, intendiamoci. Potrebbe anche essere una combinazione casuale senza alcun senso.» «Capisco» replicò Banks. «Fai del tuo meglio.» Rickerd uscì dall'ufficio e si fermò per guardare da entrambi i lati del corridoio prima di dirigersi alla svelta verso gli uffici della polizia di quartiere. Banks diede uno
sguardo all'orologio e fece una smorfia. Era ora di andare all'autopsia. Sabato, 13 settembre 1969 Chadwick sperava di liberarsi presto, perché lui e Geoff Broome avevano i biglietti per la partita del Leeds United, che giocava fuori casa contro lo Sheffield Wednesday. Ma verso le dieci una donna che disse di abitare nel complesso di Raynville Estate telefonò per dire che pensava di conoscere la vittima. Non voleva sbilanciarsi troppo, perché lo schizzo sul giornale non era molto somigliante, ma forse sapeva chi era la ragazza. Per rispetto nei confronti della vittima, i giornali non avevano pubblicato una fotografia della ragazza morta, soltanto un identikit, ma Chadwick teneva una foto nella valigetta. Quello non era il tipo di interrogatorio che poteva delegare a un subalterno senza esperienza come Simon Bradley, per non parlare di quel capellone di Keith Enderby, così prima di uscire chiamò Geoff Broome per scusarsi. Geoff gli disse che non sarebbe stato troppo difficile rivendere il biglietto a Brotherton House. Dopodiché Chadwick scese a prendere la sua attempata Vauxhall Victor e guidò fino ad Armley, con la pioggia che rigava il parabrezza. Raynville Estate non era uno dei migliori fra i nuovi complessi di case popolari di Leeds e con la pioggia sembrava anche peggio. Era stato costruito pochi anni prima ed era subito andato in malora, così chi poteva permetterselo evitava di andare a viverci. Chadwick e Janet avevano abitato nelle vicinanze, alle Astons, finché non erano riusciti a mettere da parte i soldi per comprare la bifamiliare ad Armley, proprio in fondo a Church Road, all'ombra della chiesa di San Bartolomeo, quattro anni prima, quando Chadwick era diventato ispettore. La donna che aveva telefonato aveva detto di chiamarsi Carol Wilkinson e abitava in un appartamentino al secondo piano su Raynville Walk. Le scale puzzavano di urina e i muri erano coperti di graffiti osceni, un fenomeno che stava prendendo sempre più piede in posti come quello. Era l'ennesima prova della degenerazione dei giovani d'oggi, per quanto riguardava Chadwick: nessun rispetto per la proprietà. Quando bussò alla porta verde scolorita, una giovane donna con un bambino in braccio l'aprì, senza togliere la catena. «È lei il poliziotto?» «Ispettore Chadwick.» Le mostrò il distintivo.
La donna gli diede un'occhiata, quindi squadrò Chadwick dalla testa ai piedi prima di togliere la catena alla porta. «Entri. Scusi il disordine.» Chadwick entrò. La donna depositò il bambino dentro un box di legno in un soggiorno pieno zeppo di giocattoli, vestiti da lavare e riviste. Il bambino - non riusciva a capire se era un maschietto o una femminuccia -restò in piedi a fissarlo a bocca aperta, poi cominciò a scuotere le sbarre di legno e si mise a piangere. La moquette beige era macchiata di Dio solo sapeva cosa e la stanza odorava di pannolini sporchi e latte caldo. C'erano un televisore in un angolo e una radio accesa da qualche parte: Kenny Everett. Chadwick sapeva chi era soltanto perché Yvonne lo ascoltava, così riconobbe il suo cicaleccio privo di senso e i suoi goffi tentativi di essere spiritoso. Quando si trattava di radio, Chadwick preferiva i quiz e i notiziari. Prese la sedia che la donna gli offrì e, prima di sedersi, gli rivolse una rapida occhiata per vedere se era pulita. L'appartamento aveva un balconcino, ma non c'erano sedie là fuori. Chadwick immaginò che la donna dovesse stare attenta per via del bambino. Più di una volta era capitato che un bambino gattonando su un balcone e cadesse di sotto, malgrado ci fosse il parapetto. Nel tentativo di estraniarsi dal chiasso, dalla puzza e dal disordine, Chadwick si concentrò sulla donna, che si sedette di fronte a lui e accese una sigaretta. Aveva il viso pallido e segnato dalle preoccupazioni, indossava un ampio cardigan marrone chiaro e un paio di pantaloni a quadri sformati. I capelli biondi e sporchi le toccavano le spalle. Poteva avere dai quindici ai trent'anni. «Al telefono ha detto che forse conosce la donna ritratta sul giornale.» «Credo di sì» rispose. «Non ne sono del tutto sicura. È per questo che ci ho impiegato tanto a telefonare. Dovevo rifletterci.» «E adesso ne è sicura?» «Be', no, non proprio. Voglio dire, i capelli erano diversi eccetera. È solo che...» «Cosa?» «C'era qualcosa in lei, ecco.» Chadwick aprì la valigetta e tirò fuori la fotografia in primo piano della ragazza morta. Avvisò Carol di quello che l'aspettava e la donna sembrò prepararsi al peggio tirando una boccata di fumo straordinariamente lunga e profonda. Quando vide la foto, si portò la mano sul petto. Piano piano, sputò il fumo. «Non ho mai visto una persona morta prima d'ora» disse. «La riconosce?»
La donna gli restituì la fotografia e annuì. «È piuttosto buffo, ma questa è molto più somigliante del disegno, anche se qui è morta.» «Sa chi è?» «Sì. Penso che sia Linda. Linda Lofthouse.» «Come la conosce?» «Siamo andate a scuola insieme.» Con uno scatto della testa indicò un generico punto in direzione nord. «La scuola femminile di Sandford. Eravamo nella stessa classe.» Perlomeno la vittima era una del posto e questo semplificava le indagini di parecchio. Comunque, aveva perfettamente senso. Mentre molti giovani dovevano essere arrivati in pellegrinaggio al festival di Brimleigh da tutte le parti del paese, Chadwick supponeva che la maggior parte dei ragazzi presenti abitassero un po' più vicino - Leeds, Bradford, York, Harrogate e dintorni - poiché l'evento si svolgeva praticamente sotto casa, per loro. «Questo quando?» «Ho lasciato la scuola due anni fa a luglio, avevo sedici anni. Linda l'ha lasciata lo stesso anno. Eravamo più o meno coetanee.» Diciotto anni e già madre di un figlio. Chadwick si domandò se fosse sposata. Non portava la fede nuziale, anche se questo non significava un granché, ma a quanto poteva vedere non c'erano tracce della presenza di un uomo. In ogni caso, l'età coincideva con quella della vittima. «Eravate amiche?» Carol esitò. «Direi di sì» rispose «ma dopo che abbiamo lasciato la scuola ci siamo perse di vista.» «Come mai?» «Linda è rimasta incinta l'ultimo anno, dopo Natale, poco prima che compisse sedici anni.» Carol guardò il proprio figlio ed emise una risata secca. «Io almeno ho aspettato di finire la scuola e mi sono sposata.» «E il padre?» «È al lavoro. Tom non è un cattivo ragazzo, davvero.» Sicché era sposata. In un certo senso Chadwick si sentì sollevato. «Intendevo il padre del bambino di Linda.» «Ah, lui. All'epoca usciva con Donald Hughes. Ho dato per scontato che, sa...» «Si sono sposati, vivevano insieme?» «Non che io sappia. Linda... be', se proprio devo dirla tutta, lei era diventata un po' strana nell'ultimo anno scolastico.» «In che senso?»
«Per il modo in cui si vestiva, sembrava che non le interessasse più. Ed era quasi sempre in un mondo suo, qualunque esso fosse. Si metteva sempre nei guai perché in classe si distraeva, ma non era affatto stupida, ha superato gli esami a pieni voti, malgrado fosse incinta. Era solo...» «In un mondo tutto suo?» «Sì. Le insegnanti non sapevano come fare con lei. Se le dicevano qualcosa, lei rispondeva per le rime. Aveva una bella faccia tosta. E quell'anno ha smesso di frequentare noialtre... eravamo un gruppetto, sa... io, Linda, Julie e Anita andavamo sempre al Locamo il sabato sera, ballavamo e vedevamo se c'era in giro qualche ragazzo decente.» Arrossì. «A volte andavamo al Le Phonograph più tardi, se riuscivamo a entrare. Quasi tutte potevamo passare per diciottenni, ma a volte all'ingresso erano un po' pignoli. Sa com'è.» «Quindi Linda è diventata una specie di tipo solitario?» «Sì. E questo è successo prima che rimanesse incinta. Era diventata taciturna. Le piaceva leggere. Non i libri di scuola. Poesie e roba del genere. E adorava Bob Dylan.» «E voialtre no?» «Sì, è bravo, credo, ma si può forse ballare con la sua musica? E non capisco una parola di quello che dice quando canta, sempre se quello può definirsi cantare.» Chadwick non sapeva se aveva mai sentito Bob Dylan, anche se ricordava il nome, perciò fu lieto che la domanda fosse retorica. Non era mai stato un ballerino provetto, sebbene avesse conosciuto Janet a una festa da ballo e quella volta se la fosse cavata abbastanza bene, a quanto sembrava. «Aveva dei nemici, qualcuno che la trovava davvero antipatica?» «No, niente del genere. Non potevi odiare Linda. Se l'avesse conosciuta capirebbe cosa voglio dire.» «Ha avuto mai scontri o qualche pesante disaccordo con qualcuno?» «No, mai.» «Sa se faceva uso di droghe?» «Non lo ha mai detto e io non l'ho mai vista prendere nulla. Può anche darsi che lo facesse a mia insaputa, comunque.» «Dove abitava?» «Al complesso di Sandford Estate con la madre e il padre. Ma ho sentito che il padre è morto poco tempo fa. In primavera. All'improvviso, mi pare. Un attacco di cuore.» «Può darmi l'indirizzo della madre?»
Carol glielo disse. «Sa se ha avuto il bambino?» «Circa due anni fa.» «Sarebbe a dire nel settembre del 1967?» «All'incirca in quel periodo, sì. Ma non l'ho più vista dopo quel luglio, quando la scuola è finita. Mi sono sposata, io e Tom abbiamo messo su casa qui e tutto il resto. Poi è arrivato il piccolo Andy.» «Non le è più capitato di incontrarla da allora?» «No. Ho saputo che si è trasferita al sud dopo la nascita del bambino. A Londra.» Era possibile, pensò Chadwick. Questo di certo avrebbe spiegato perché nessuno si era accorto subito della sua scomparsa. Come aveva detto Carol, lo schizzo sul giornale non era particolarmente somigliante e poi la gente non prestava mai davvero attenzione ai giornali. «Ha idea di che fine abbiano fatto il bambino o il padre?» «Ho visto Don in giro. Esce con Pamela Davis da quasi un anno ormai. Credo che si siano fidanzati. Lui lavora in un'officina su Kirkstall Road, vicino al viadotto. Ricordo che Linda diceva di voler dare il bambino in adozione. Non credo che avesse in mente di tenerlo.» La madre lo avrebbe saputo senz'altro, non che la cosa importasse chissà quanto. Chiunque avesse ucciso Linda Lofthouse, non era un bambino di due anni. «C'è qualcos'altro che può dirmi sul conto di Linda?» «Non credo proprio» rispose Carol. «Cioè, dipende da quello che vuole sapere. Eravamo buone amiche, ma abbiamo finito con l'allontanarci, come accade spesso. Non so cos'abbia combinato negli ultimi due anni. Mi dispiace che sia morta, comunque. È terribile. Perché mai qualcuno dovrebbe aver fatto una cosa simile?» «È quello che stiamo cercando di scoprire» ribatté Chadwick, cercando di sembrare il più rassicurante possibile. Gli sembrò di non esserci riuscito molto bene. Si alzò. «Grazie del suo tempo e delle informazioni.» «Mi farà sapere? Quando lo scoprirete.» «Le farò sapere» rispose Chadwick, mentre si alzava. «Non si disturbi, rimanga qui con il bambino. Troverò da solo la strada.» «Che ti prende?» chiese Cyril, il proprietario del Queen's Arms, quando Banks ordinò una limonata amara con ghiaccio quel pomeriggio. «Ordini del medico?» «Direi più che altro ordini del capo» brontolò Banks. «Abbiamo un nuo-
vo sovrintendente, una donna. È veramente fissata e sembra avere occhi dappertutto, porca miseria.» «Da me non saprà niente» gli assicurò Cyril. «Ho le labbra sigillate.» Banks scoppiò a ridere. «Grazie, amico mio. Magari un'altra volta.» «Fa male all'economia, questo nuovo capo che avete.» «Dacci tempo» replicò Banks, con una strizzatina d'occhio. «La metteremo in riga.» Portò il bicchiere a un tavolino con il piano di rame tutto ricoperto di fossette vicino alla finestra e contemplò con aria mesta il suo contenuto poco invitante. Il posacenere era quasi pieno di mozziconi e di cenere. Banks lo spinse il più lontano possibile. Da quando aveva smesso di fumare, aveva cominciato a detestare la puzza delle sigarette. Finché era stato un fumatore non se n'era mai accorto, ma quando tornava a casa dopo essere stato al pub i suoi vestiti erano così maleodoranti che doveva metterli subito nel cesto della biancheria sporca. Il che non sarebbe stato un problema se avesse avuto il tempo di fare il bucato più spesso. Annie arrivò alle sei in punto, come stabilito. Banks sapeva che era stata a Fordham e che aveva parlato con Kelly Soames. Ordinò un'aranciata e lo raggiunse. «Cristo» disse, quando vide quello che stava bevendo Banks. «La gente penserà che ci stiamo disintossicando dall'alcol.» «È proprio vero. Hai avuto una buona giornata?» «Non male, direi. E tu?» Banks fece girare in modo vorticoso il liquido nel bicchiere. Il ghiaccio tintinnò contro il bordo. «Ne ho avute di migliori» rispose. «Vengo ora dall'autopsia.» «Ah.» «Non è stata molto piacevole. Come al solito. Anche dopo tanti anni non riesci mai a farci davvero il callo.» «Lo so» replicò Annie. «A ogni modo» continuò Banks «le nostre supposizioni iniziali non erano del tutto sbagliate. Nick Barber godeva in generale di ottima salute, prima che qualcuno gli fracassasse la base del cranio con un attizzatoio. L'attrezzo combacia con la ferita e il dottor Glendenning sostiene che Nick sia stato colpito quattro volte: una volta quando era in piedi, e questo è il colpo che ha causato la maggior parte del sanguinamento, e le altre tre quando era a terra.» Annie inarcò un sopracciglio. «Ha continuato a colpirlo anche dopo che era morto?»
«Non è detto. Il dottore dice che non deve essere stata un'aggressione furiosa, ma che chiunque sia stato voleva essere sicuro che la vittima fosse morta. Con tutta probabilità l'assassino avrà addosso delle tracce di sangue e il sangue è difficile da mandare via. La cosa potrebbe farci comodo in tribunale, se mai riusciremo a prendere quel bastardo. Comunque non c'erano impronte sull'attizzatoio, perciò è evidente che il nostro assassino lo ha ripulito per bene.» «Che cosa deduci da tutto ciò?» «Non lo so» disse Banks, quindi bevve un sorso di limonata amara e fece una smorfia. «Di certo non sembra un lavoro da professionisti e l'aggressione non è stata abbastanza furiosa da far pensare che si tratti di una lite fra innamorati, anche se non possiamo escludere del tutto questa ipotesi.» «Credo che il movente non sia nemmeno il furto.» Annie raccontò a Banks altri dettagli, oltre a quelli che gli aveva riferito al telefono, riguardo alla conversazione che aveva avuto con Kelly Soames e alle poche informazioni su Barber che aveva ottenuto da lei. «E i tempi sono interessanti» aggiunse Banks. «Che vuoi dire?» «È stato ucciso prima o dopo l'interruzione di corrente? Tutto quello che il dottore può dirci è che probabilmente la morte è avvenuta fra le sei e le otto. Un solo tizio ha lasciato il pub alle sette ed è tornato dopo un quarto d'ora circa. Gli altri possono confermarlo, ma nessuno lo ha visto a Lyndgarth.» Banks consultò gli appunti. «Si chiama Calvin Soames.» «Soames» ripeté Annie. «Anche la barista si chiama così. Kelly Soames. Deve essere suo padre. L'ho riconosciuto quando l'ha accompagnata al lavoro.» «Proprio così» confermò Banks. «La ragazza dice che il padre sta sempre al pub mentre lei lavora. So che era terrorizzata dalla possibilità che lui scoprisse quello che c'era stato fra lei e Nick.» «Domani farò una chiacchierata con lui.» «Vacci piano, Alan. Non sa nulla della figlia e di Nick Barber. Pare che sia un padre molto severo.» «Non è una cosa poi tanto terribile, no? In ogni caso, farò del mio meglio. Ma se in realtà lui sapesse...» «Capisco» disse Annie. «E non dimenticare Jack Tanner» aggiunse Banks. «Non sappiamo quale
movente potesse avere, ma aveva un legame con la vittima, attraverso la moglie. Faremmo meglio a controllare nel dettaglio il suo alibi.» «È quello che stanno facendo» replicò Annie. «Non dovrebbe essere troppo difficile verificare con gli amici che hanno giocato a freccette con lui. E ho messo Kev a indagare su tutti quelli che hanno lasciato il pub nell'intervallo di tempo che ci interessa.» «Bene. Passiamo alla coppia di turisti, i Brown. Dicono di essere arrivati verso le otto meno un quarto e pensano di aver visto un'auto dirigersi su per la collina, giusto?» Annie consultò gli appunti che aveva preso nell'unità mobile. «Una tizia dell'ostello della gioventù, una neozelandese di nome Vanessa Napier, ha detto all'agente Travers di aver visto passare un'auto verso le sette e mezzo o le otto meno un quarto di venerdì sera, poco dopo che la corrente è andata via. Stava guardando il temporale dalla finestra della sua camera.» «Ha notato qualche particolare?» «No. Era buio e lei non sa distinguere una Honda da una Fiat.» «Questo non ci è molto d'aiuto, non credi?» «È tutto ciò che abbiamo. Hanno interrogato tutti all'ostello della gioventù e Vanessa è l'unica ad aver visto qualcosa.» «Non è che, per caso, anche lei si scopava il nostro Nick?» Annie scoppiò a ridere. «Non credo.» «Mmh» fece Banks. «Pare che fra le sette e mezzo e le otto ci sia stato più viavai rispetto a prima.» «La Yorkshire Electricity conferma che la corrente è andata via alle diciannove e ventotto.» «Il problema è che» riprese Banks «se l'assassino veniva da lontano e aveva programmato di arrivare per le sette e mezzo o le otto meno un quarto, non poteva sapere che ci sarebbe stata un'interruzione di corrente, perciò questo non è un elemento significativo.» «Magari gli ha fornito l'occasione» ipotizzò Annie. «Stanno litigando quando a un tratto va via la luce, Nick si gira per andare a prendere l'accendino e l'assassino ne approfitta per scagliarsi su di lui.» «È possibile» replicò Banks. «Ma al buio sarebbe stato un po' più difficile per lui perlustrare il cottage e assicurarsi di far sparire tutto quello che doveva far sparire. Inoltre, gli occhi ci impiegano un po' ad abituarsi al buio. Teniamo d'occhio i tempi. La signora Tanner è arrivata alle otto. Quindi non deve aver avuto molto tempo per aggirarsi al buio e controllare l'auto di Barber.»
«Poteva avere una torcia elettrica nel proprio veicolo.» «Ma doveva pur sempre andare a prenderla. Non avrebbe avuto motivo di portarsela dietro se fosse arrivato prima che andasse via la luce.» «La mancanza di corrente elettrica conta davvero, allora?» «Penso che dobbiamo supporre che l'assassino avrebbe fatto comunque quello che era andato a fare e, se a un tratto la luce è andata via, questo gli ha fornito solo un'occasione più ghiotta.» «Che mi dici dei Brown? Il loro tempismo è molto interessante.» «Sì» convenne Banks. «Ma a te sembrano tipi capaci di uccidere qualcuno e poi fare un salto al pub locale per bere una pinta?» «Era buio. Non c'era la corrente elettrica. Forse il pub era un buon nascondiglio, dopotutto.» «E il sangue?» «Winsome ha controllato quando è tornata la corrente» rispose Annie. «Non ne ha trovato nessuna traccia, ma è difficile che qualcuno sia rimasto a trastullarsi mentre la luce non c'era, se aveva delle macchie di sangue da nascondere. Non potevamo far spogliare tutti.» «Già, è vero» ammise Banks. «Senti, abbiamo ancora molta strada da fare. Mi dicevi che Nick Barber era uno scrittore?» «Questo è quello che ha detto a Kelly.» «Perché mai qualcuno dovrebbe voler uccidere uno scrittore?» «Ce n'erano un sacco che avrei voluto uccidere quando studiavo inglese a scuola» replicò Annie «ma erano tutti già morti.» Banks scoppiò a ridere. «Dico sul serio.» «Be', dipende da che tipo di scrittore era, non trovi?» gli fece notare Annie. «Voglio dire, se era un giornalista curioso a caccia di qualcosa di grosso, allora forse qualcuno poteva avere una ragione per sbarazzarsi di lui.» «Ma che ci faceva quassù?» «Ci sono un bel po' di armadi pieni di scheletri nel North Yorkshire» ribatté Annie. «Sì, ma da dove cominciare? Questo è il problema.» «Da Google?» suggerì Annie. «Potrebbe essere un punto di partenza.» «E non dovremmo andare a Londra?» «Lunedì mattina» rispose Banks. «Così potremo parlare con il suo editore, se mai riusciamo a scoprire chi sia. Sai che è inutile sperare di scoprire qualcosa di domenica. Ho chiesto ai locali di tenere d'occhio il posto per
assicurarsi che nessuno tenti di entrare.» «Che mi dici dei parenti prossimi?» «Winsome ha controllato anche quelli. Vivono nella prima periferia di Sheffield. Sono già stati informati. Ho pensato che tu e Winsome domani potreste andare a parlare con loro.» «D'accordo» disse Annie. «Tanto non avevo nessun programma, a parte lavarmi i capelli. Oh, c'è un'altra cosa. Riguardo a quel libro.» «Sì?» «Pare che possa averlo comprato proprio qui, dall'altra parte della strada. Kelly ha detto di averlo incontrato mentre usciva dal negozio di libri usati.» Banks controllò l'orologio. «Accidenti, ormai sarà chiuso.» «È importante?» «Potrebbe esserlo. Non sembra che i numeri siano stati scritti dalla stessa persona che ha scritto il prezzo, ma non si sa mai.» «Possiamo chiamare il proprietario a casa, credo.» «Buona idea» commentò Banks. «Dato che non accenni a muoverti, suppongo che debba farlo io.» «Se non ti dispiace. Senti, sono stufo di questa schifezza di limonata. Per quanto mi riguarda siamo fuori servizio e stiamo lavorando nel tempo libero, perciò se Lady Gervaise vuole dirci qualcosa, che faccia pure. Io mi prendo una birra. E tu?» Annie sorrise. «Parli come un vero ribelle. Prendo anch'io lo stesso. E intanto che le parti...» Prese il cellulare dalla valigetta e lo agitò in aria. Banks dovette aspettare che una comitiva di sei turisti che non riuscivano a decidere cosa volevano bere venisse servita e, quando tornò al tavolo con due pinte di Black Sheep traboccanti di schiuma, Annie aveva già terminato la telefonata. «Bene, dice che di sicuro non è stato lui» gli riferì. «Era piuttosto indignato per il fatto che qualcuno abbia potuto scrivere su un libro qualcosa che non sia il prezzo, anche se si tratta delle pagine bianche alla fine. Un sacrilegio, lo ha definito. In ogni caso, si ricorda di quel libro. Gli è arrivato proprio il giorno prima che Nick Barber lo comprasse, mercoledì scorso, e lui li controlla tutti con cura. Non c'era niente scritto sulle ultime pagine, allora.» «Interessante» commentò Banks. «Davvero interessante. Ora dobbiamo solo aspettare e vedere cosa riesce a tirare fuori il giovane Gavin.»
Sabato, 13 settembre 1969 Yvonne era seduta davanti, al piano di sopra dell'autobus numero sedici diretto verso il centro della città; si rosicchiava le unghie e si chiedeva cosa doveva fare. Qualche genio con un pennarello aveva trasformato il cartello VIETATO SPUTARE in VIETATO SCOPARE. Yvonne si accese una sigaretta e rifletté sul suo dilemma. Se non si era sbagliata, la faccenda poteva essere seria. Era accaduto la sera prima, quando il padre era tornato dal lavoro, tardi come al solito. Stava tirando fuori qualcosa dalla ventiquattrore quando una fotografia era scivolata a terra. Lui l'aveva rimessa dentro alla svelta e chiaramente pensava che lei non l'avesse vista, invece Yvonne l'aveva vista, eccome. Era una foto della ragazza morta, quella che era stata accoltellata al festival di Brimleigh la domenica prima, e con orrore Yvonne si era resa conto di sapere chi era: Linda. Non conosceva bene Linda, l'aveva incontrata soltanto una volta e non ci aveva parlato molto. Ma la comunità locale di hippy era tanto piccola che, se bazzicavi i posti giusti per un po', alla fine venivi a contatto con tutti quelli che facevano parte dell'ambiente, posti come il Grove, l'Adelphi, il Peel o uno dei pub studenteschi su Woodhouse Lane, a Hyde Park o a Headingley. O anche locali più lontani come il Farmer's Inn, dove la domenica sera suonavano gruppi blues come i Savoy Brown, i Chicken Shack, i Free e i Jethro Tull. Potevi star certo che tutti avrebbero implorato, avrebbero preso in prestito o rubato qualunque cosa pur di partecipare a un evento della portata del festival di Brimleigh. Perciò, a pensarci bene, il fatto che Linda fosse lì non era tanto una coincidenza come poteva sembrare all'apparenza. Il problema era che non ti saresti mai aspettato che venisse uccisa lì; doveva essere un evento pacifico, un raduno delle tribù e una celebrazione dell'armonia. L'autobus percorse con gran fracasso Tong Road, oltrepassò il Lyric, che esponeva le locandine di due film dell'anno prima, Carry On... Up the Khyber e Carry on Camping. Che schifezza, pensò Yvonne. Era una giornata grigia e una leggera pioggia picchiettava contro i finestrini. File di tetre casette a schiera addossate l'una all'altra salivano su per la collina verso Hall Lane, tutte caratterizzate da scuri tetti d'ardesia e sporchi mattoni rossi. Un paio di ragazzini salirono all'incrocio con Wellington Road, dietro al Crown, vicino al complesso di appartamenti, e si sedettero anche loro sui sedili davanti, ma dall'altra parte.
Qualche anno prima lì avevano girato una parte del film Billy il bugiardo, si rammentò Yvonne, prima che venissero costruiti i palazzi di appartamenti, quando il posto era ancora una landa deserta caratterizzata da case diroccate. Yvonne aveva circa otto anni all'epoca e il padre l'aveva portata laggiù a dare un'occhiata. Era finita in una delle scene in cui veniva inquadrata la folla che sventolava le bandierine mentre Tom Courtenay passava con il suo carro armato, ma quando aveva guardato il film non era riuscita a vedersi da nessuna parte. I ragazzini si accesero qualche sigaretta, continuavano a guardarla e a fare commenti insolenti. Yvonne li ignorò. Aveva conosciuto Linda a Bayswater Terrace, una sera durante le vacanze estive. Aveva avuto l'impressione che la sua fosse soltanto una breve visita, che Linda avesse abitato lì per un certo periodo, ma che si fosse trasferita a Londra. Linda era davvero fantastica, si ricordò. Conosceva davvero alcuni gruppi musicali e bighellonava con diverse rock star per i club e gli altri posti «in». Non era una groupie, ci teneva a precisarlo, le piacevano solo la musica e quelli che la facevano. A Yvonne sembrava di aver sentito dire da qualcuno che uno dei membri dei Mad Hatters era cugino di Linda, ma non riusciva a ricordarsi quale. Linda sapeva addirittura suonare un poco la chitarra. Quella sera si era seduta con un'acustica e aveva suonato As Tears Go By e Both Sides Now. Non aveva neanche una brutta voce, aveva pensato Yvonne, che si sentiva un po' in soggezione accanto a lei, per via di quella sorta di alone luminoso che i lunghi capelli biondi e il lungo vestito bianco che indossava creavano intorno ai suoi pallidi lineamenti. I ragazzi erano tutti innamorati di lei, si sapeva, ma Linda non era interessata a nessuno di loro. Linda non apparteneva a nessuno, soltanto a se stessa. Aveva anche una risata gutturale e fragorosa, il che era sorprendente per Yvonne, perché non te la saresti mai aspettata da una che aveva l'aria schiva alla Marianne Faithfull. Quella sera c'era anche McGarrity, si rammentò Yvonne, e persino lui sembrava essere in soggezione, poiché per una volta aveva tenuto il coltello in tasca e aveva evitato di borbottare versi di T. S. Eliot per tutta la sera. Anche il tizio che si diceva stesse organizzando il festival di Brimleigh, Rick Hayes, era presente ed era così che erano riusciti a procurarsi dei biglietti omaggio per il concerto. Lui aveva conosciuto Linda a Londra e a quanto pareva conosceva anche Dennis, il padrone di casa. A Yvonne non piaceva Hayes. Aveva tentato di portarla con sé al piano di sopra e si era un po' indispettito quando lei si era rifiutata di seguirlo.
Quella era l'unica volta in cui Yvonne e Linda si erano incontrate e non avevano parlato un granché, ma Linda aveva lasciato il segno. Yvonne aspettava i risultati degli esami di fine anno e Linda aveva detto che gli esami non significavano nulla e che ognuno sapeva in cuor suo quello che valeva veramente. Yvonne si trovava d'accordo su questo. Adesso Linda era morta. Accoltellata. Yvonne sentì gli occhi bruciarle per colpa delle lacrime. Non riusciva a crederci. Una di loro. Non l'aveva vista durante il festival, ma la cosa non l'aveva stupita. L'autobus continuò il suo percorso, passando davanti alle officine del gas, sopra il canale e il fiume, superando l'immenso cantiere edile dove stavano innalzando la nuova sede dello «Yorkshire Post», all'angolo di Wellington Street, e quindi gli alti e scuri edifici vittoriani che si susseguivano fino a City Square, dove Yvonne scese. C'erano un paio di nuove boutique dove voleva fare un salto e quel negozietto di dischi che si trovava nel vicolo vicino ad Albion Street poteva avere ancora una copia dell'LP dei Blind Faith. I genitori non l'avevano lasciata andare al concerto gratuito che si era tenuto a Hyde Park, a Londra, lo scorso giugno, ma almeno avrebbe potuto gustarsi la musica dal disco. Più tardi si sarebbe recata a Carberry Place per incontrarsi con Steve e fumare qualche spinello. Quella sera alcuni dei ragazzi sarebbero andati al Peel per vedere i Jan Duke de Grey. Derek e Mick erano le celebrità della zona e si comportavano da persone normali; parlavano con la gente e firmavano le copertine del loro primo LP, Sorcerers, non si nascondevano dietro le quinte come delle rock star. Il problema di Yvonne, comunque, rimaneva: doveva dire di Linda al padre, oppure no? Se lo avesse fatto, la polizia sarebbe arrivata a Bayswater Terrace in un baleno. Forse Dennis, Martin, Julie e gli altri sarebbero stati beccati. E sarebbe stata soltanto colpa sua. Se lo avessero scoperto, non le avrebbero più rivolto la parola. Era certa che nessuno di loro potesse avere niente a che fare con quello che era accaduto a Linda, quindi perché metterli nei guai? Rick Hayes era un tipo sgradevole e McGarrity era bizzarro, ma nessuno dei due sarebbe mai stato capace di uccidere una del gruppo. Come poteva essere utile alle indagini della polizia sapere che Linda era stata a Bayswater Terrace nel mese di luglio? Il padre avrebbe scoperto chi era Linda prima o poi - era bravo a scoprire le cose - ma non lo avrebbe saputo da lei e nessuno avrebbe potuto biasimarla per quello che sarebbe successo. Alla fine fu questa la decisione che prese, mentre svoltava l'angolo del
vicolo dai ciottoli bagnati; si sarebbe tenuta la cosa per sé. Mai e poi mai sarebbe andata dagli sbirri, anche se il capo degli sbirri era suo padre. Capitolo 6 C'era qualche vantaggio nell'essere ispettore capo, pensò Banks la domenica mattina, mentre sorseggiava con calma la seconda tazza di caffè nella veranda e dava una scorsa ai quotidiani domenicali. Fuori il vento si era placato nelle ultime due ore, il sole era tornato a splendere e il tempo si era fatto un po' più mite, anche se c'era un'inconfondibile nota autunnale nell'aria, determinata dall'odore delle foglie marce e dalle zaffate di fumo acre che arrivavano da un lontano fuoco di torba. Era pur sempre un agente investigativo anziano, comunque, e di lì a breve sarebbe andato a interrogare Calvin Soames. A una certa ora avrebbe anche fatto un salto alla centrale e all'unità mobile, per far sentire la sua presenza e avere qualche aggiornamento sugli ultimi sviluppi, sempre se ce n'erano. In un'indagine come quella, non poteva permettersi di starsene lontano dall'azione per molto, ma la squadra per il momento sapeva come tenersi occupata e gli uomini della Scientifica avevano un mucchio di prove da analizzare. Lui comunque poteva facilmente essere raggiunto con una telefonata, perciò a meno che non ci fosse stata qualche scoperta di vitale importanza non c'era motivo che si presentasse di persona in ufficio ogni giorno all'alba; gli avrebbero soltanto appioppato un mucchio di scartoffie. L'indomani mattina, per prima cosa, lui e Annie avrebbero preso il treno per Londra e forse lì avrebbero scoperto qualcosa di più sul conto di Nick Barber. Tutto ciò che Annie aveva trovato su Google era che Barber aveva scritto per la rivista «MOJO» e aveva firmato la breve biografia di un paio di rock star. Era interessante, e a Banks sembrava di riconoscere il nome adesso che lo vedeva inserito in un contesto, ma non era ancora abbastanza per fare qualche passo avanti. Proprio quando Banks stava pensando che era giunta l'ora di dare una riordinata e di recarsi alla fattoria dei Soames, sentì bussare alla porta. Non poteva essere Annie, pensò, perché era andata dai parenti di Nick Barber vicino Sheffield. Sconcertato, camminò adagio verso l'ingresso e aprì. Restò di sasso quando si trovò davanti suo figlio Brian. «Oh, grande, papà! Allora ci sei.» «Sembrerebbe di sì» replicò Banks. «Potevi farmi una telefonata.» «La batteria è morta e il caricatore della macchina è andato. Scusa. Non
disturbo, vero?» «Certo» rispose Banks con un sorriso, mentre metteva una mano sulla spalla di Brian e faceva un passo indietro. «Dai, entra. È sempre bello vederti.» Banks avvertì un movimento dietro al figlio, dopodiché comparve una giovane donna. «Questa è Emilia» disse Brian. «Emilia, mio padre.» «Salve, signor Banks» disse Emilia e tese la morbida mano con le lunghe dita affusolate e il polso circondato da un braccialetto. «È un vero piacere conoscerla.» «Possiamo portare dentro la roba che abbiamo in macchina?» chiese Brian. Ancora confuso, Banks si limitò a dire di sì e rimase lì impalato, mentre Brian e Emilia prendevano un paio di borsoni da viaggio dal bagagliaio di una Honda rossa che sembrava aver visto tempi migliori e poi si incamminavano di nuovo verso il cottage. «Ci fermiamo qualche giorno, se per te va bene» annunciò Brian, mentre Banks faceva cenno ai due ragazzi di entrare in casa. «Ho un po' di tempo libero prima di cominciare le prove per il prossimo tour e Emilia non è mai stata nelle Dales. Ho pensato di portarla a fare un giro. Faremo qualche passeggiata... sai, le solite cose che si fanno in campagna.» Brian e Emilia appoggiarono i borsoni per terra, quindi Brian tirò fuori il cellulare dalla tasca e cercò il cavetto nella tasca laterale del borsone. «Va bene se metto in carica il telefono?» domandò. «Certo» rispose Banks e indicò la presa di corrente più vicina. «Posso offrirvi qualcosa?» Controllò l'orologio. «Tra poco devo uscire, ma prima possiamo prenderci un caffè.» «Grande. Il caffè è perfetto» replicò Brian. Emilia annuì con approvazione. Aveva un'aria terribilmente familiare, pensò Banks. «Venite, andiamo in veranda» disse Banks. «In veranda? Come sei diventato chic» osservò Brian. «Non essere impertinente» ribatté Banks in tono scherzoso. «Le verande sono luoghi rilassanti. Sono una sorta di rifugio in cui estraniarsi dal mondo reale.» Ma Brian stava già ficcando il naso nel salotto. «Cristo santo!» esclamò. «Guarda che roba. Sono queste le cose che hai avuto dallo zio Roy?» «Sì» rispose Banks. «I tuoi nonni non le volevano e così...» «Fantastico» commentò Brian. «Cioè, mi dispiace tantissimo per lo zio
Roy, è ovvio, ma guarda quel televisore al plasma... e tutti quei film. La Porsche parcheggiata qui fuori è tua, no?» «Sì, era di Roy» rispose Banks, con un leggero senso di colpa adesso. Lasciò Brian e Emilia a curiosare fra la collezione di CD e andò in cucina ad accendere la macchina del caffè. Quindi raccolse i giornali sparsi nella veranda e li accatastò su una sedia vuota. Brian e Emilia arrivarono passando per la porta del salotto. «Non ti facevo un fan degli Streets, papà» disse Brian. «Questo dimostra quanto poco mi conosci» ribatté Banks. «Sì, ma l'hip-hop?» «Ricerche» si giustificò Banks. «Devo imparare a conoscere la mente criminale, no? Inoltre non è proprio hip-hop, non ti pare? E poi quel ragazzino racconta belle storie. Sedetevi, tutti e due. Vado a prendere il caffè. Latte? Zucchero?» Entrambi risposero di sì. Banks portò il caffè e si sedette sulla sua solita sedia di vimini bianca di fronte a Brian e Emilia. Sapeva che era improbabile - Brian aveva una ventina d'anni, dopotutto - ma sembrava che suo figlio fosse cresciuto di altri cinque centimetri dall'ultima volta che lo aveva visto. Era alto quasi un metro e novanta ed era pelle e ossa, indossava una T-shirt verde con il logo del suo gruppo, i Blue Lamps, sopra a un paio di larghi pantaloni beige con le tasche laterali. Si era anche tagliato i capelli cortissimi e li aveva cosparsi di gel. Banks pensò che lo facevano sembrare più vecchio, il che di conseguenza faceva anche sentire lui più vecchio. Emilia sembrava una modella. Era di soli cinque centimetri più bassa di Brian, sottile come un giunco, indossava un paio di jeans blu attillati a vita bassa e un top striminzito, che lasciava, com'era d'obbligo, il ventre ampiamente scoperto, e una gemma verde le ornava l'ombelico; si muoveva con languida grazia e parsimonia. I capelli castani con le venature bionde le sfioravano le spalle e le arrivavano fino a metà della schiena, incorniciando e quasi nascondendo un viso ovale dalla carnagione delicata, le labbra carnose, il naso piccolo e gli zigomi alti. Gli occhi viola le brillavano in modo innaturale, ma Banks aveva il sospetto che fosse colpa delle lenti a contatto, più che di qualche sostanza stupefacente. L'aveva già vista da qualche parte; ne era convinto. «Mi fa davvero piacere rivederti» disse a Brian «e conoscere te, Emilia. Temo che mi abbiate colto un po' alla sprovvista.» «Non dirmi che non c'è niente da mangiare in casa» disse Brian. «O, ancora peggio, niente da bere.»
«Ci sono delle bottiglie di vino e qualche lattina di birra. Ma niente di più. Ah, ci sono anche delle lasagne vegetariane avanzate.» «Sei diventato vegetariano?» «No. L'altra sera è venuta Annie.» «Ah, ah» commentò Brian. «Fate di nuovo coppia, voi due?» Banks si sentì avvampare. «Sei il solito insolente. Comunque, no. Due colleghi non possono farsi una cenetta tranquilla?» Brian alzò le mani con un sogghigno. «Okay. Okay.» «Perché non mangiamo fuori più tardi? Un bel pranzo al pub, se ce la faccio. Altrimenti una bella cena. Offro io.» «Okay» acconsentì Brian. «Per te va bene, Emmy?» «Certo» rispose Emilia. «Non vedo l'ora di assaggiare il famoso Yorkshire pudding.» «Non hai mai mangiato lo Yorkshire pudding?» Emilia arrossì. «Sono vissuta nella bambagia finora.» «Be', credo che a questo si possa rimediare» disse Banks. Guardò l'orologio. «Ora devo proprio andare. Vi telefono.» «Perfetto» replicò Brian. «Puoi dirci in quale stanza possiamo sistemarci, così ci portiamo la nostra roba mentre tu non ci sei?» Sabato, 13 settembre 1969 Le case di Sandford Estate erano ancora più vecchie di quelle di Raynville e con il tempo non erano certo migliorate. La signora Lofthouse abitava proprio nel cuore del complesso in una casetta bifamiliare con un giardino grande quanto un francobollo e una siepe di ligustro. Dall'altra parte della strada, una Hillman Minx arrugginita e senza copertoni era parcheggiata sul prato incolto di un vicino e nella casa accanto tre finestre erano state chiuse con assi di legno. Era quel tipo di complesso residenziale. La signora Lofthouse, però, aveva tentato di ravvivare l'ambiente con un vaso di crisantemi sul davanzale della finestra e il colorato dipinto di un villaggio di pescatori della Cornovaglia sulla mensola del caminetto. Era una donna piccola, esile, sulla quarantina, con i capelli castani che avevano di recente subito una colorazione e una permanente. Chadwick poteva ancora scorgere il dolore nelle rughe intorno agli occhi e alla bocca della donna. Aveva da poco perso il marito e adesso lui era andato a tormentarla con la notizia della morte della figlia. «Ha una bella casa» disse Chadwick, mentre si sedeva sulla poltrona a
fiori con il coprischienale di pizzo. «Grazie» disse la signora Lofthouse. «È un brutto complesso, ma faccio quello che posso. E ci sono brave persone che vivono qui. In ogni caso, ora che Jim non c'è più non mi serve tutto questo spazio. Mi sono messa in lista per una di quelle casette a un solo piano dalle parti di Sherbourne-inElmet.» «Lì dovrebbe essere più tranquillo.» «Si tratta di Linda, non è vero?» «Lo sa?» La signora Lofthouse si morse il labbro. «Ho visto lo schizzo sul giornale. Da allora non ho fatto altro che... ho continuato a negare l'evidenza, ho provato a convincermi che non era lei, che era un errore, invece «lei, non è così?» Dall'accento si sentiva chiaramente che era dello Yorkshire, ma il suo non era così marcato come quello di Carol Wilkinson. «Crediamo di sì.» Chadwick tirò fuori la fotografia dalla ventiquattrore. «Temo che non sarà molto piacevole» la avvisò «ma è importante.» Le mostrò la foto. «Questa è Linda?» Dopo aver inspirato profondamente, la signora Lofthouse rispose: «Sì». «Dovrà fare un'identificazione ufficiale all'obitorio.» «Devo proprio?» «Temo di sì. Ma cercheremo di semplificare la cosa il più possibile. La prego, stia tranquilla.» «Quando potrò... sa, il funerale?» «Presto» rispose Chadwick. «Non appena il coroner rilascerà il corpo per la sepoltura. Le farò sapere. Mi dispiace molto, signora Lofthouse, ma devo farle alcune domande. Prima lo faccio e meglio è.» «Ma certo. Non si preoccupi. E mi chiami Margaret, la prego. Senta, preparo del tè? Va bene per lei?» «Mi ci vorrebbe proprio una tazza di tè in questo momento» rispose Chadwick con un sorriso. «Ci metto un istante.» Margaret Lofthouse sparì in cucina, di sicuro per dare sfogo in privato al dolore mentre metteva a bollire l'acqua e riempiva la teiera secondo l'antico e confortante rituale. Un orologio ticchettava sulla mensola del caminetto, accanto a una fotografia racchiusa in una cornice. Le dodici e trentacinque. Broome e il suo amico dovevano essere sulla strada di Sheffield a quell'ora, sempre se non erano già arrivati. Chadwick si alzò per andare a esaminare la fotografia. Raffigurava una giovane Margaret Lofthouse e
l'uomo accanto a lei che le teneva un braccio intorno alla vita doveva essere senza dubbio il marito. Nella foto, che sembrava essere stata scattata in campagna, c'era anche una ragazzina con i capelli corti e biondi che fissava l'obiettivo. Margaret Lofthouse tornò con un vassoio e lo sorprese a osservare. «È stata scattata a Garstang Farm, vicino Hawes, nello Wensleydale» spiegò. «Qualche anno fa, quando Linda era piccola, andavamo sempre a trascorrere le vacanze estive lassù. Mio zio era il proprietario della fattoria. Ormai è morto e alcuni stranieri hanno comprato il posto, ma ho dei ricordi meravigliosi. Linda era una bambina così bella.» Chadwick vide che gli occhi le si riempivano di lacrime. La donna se li asciugò con un fazzoletto. «Mi scusi» disse. «È solo che l'emozione mi lascia senza fiato quando ricordo com'erano le cose un tempo, quando eravamo una famiglia felice.» «Capisco» disse Chadwick. «Che cosa è accaduto?» Margaret Lofthouse non sembrò sorpresa da quella domanda. «Quello che sembra accadere sempre, oggigiorno» rispose, tirando su col naso. «È diventata adolescente. Pretendono il mondo, ormai, all'età di sedici anni, non trova? Be', quello che ha ottenuto lei, invece, è stato un figlio.» «Che cosa ne è stato del bambino o della bambina?» «Era un maschio. Lo ha dato in adozione, che altro poteva fare? Non poteva prendersi cura di lui e io e Jim eravamo troppo vecchi per ricominciare tutto da capo. Sono certa che è in buone mani.» «Anch'io» concordò Chadwick. «Ma non sono qui per parlare del bambino, sono qui per Linda.» «Ma sì, certo. Latte e zucchero?» «Sì, grazie.» La signora versò il tè da una teiera di porcellana Royal Doulton in due tazze dall'aspetto fragile con il bordo e il manico dorati. «Questo è il servizio da tè di mia nonna» gli spiegò. «È davvero l'unica cosa di valore che possiedo. Non c'è più nessuno a cui passarlo, ormai. Linda era figlia unica.» «Quando è andata via di casa?» «Poco dopo la nascita del bambino. Nell'inverno del 1967.» «Dov'è andata?» «A Londra. Almeno così mi ha detto.» «Dove a Londra?» «Non lo so. Non lo ha mai detto.»
«Non aveva il suo indirizzo?» «No.» «Si è fatta delle amicizie laggiù?» «Per forza, non crede? Ma io non ho visto nessuno né l'ho mai sentita parlare delle persone che conosceva.» «Non è mai tornata a trovarla?» «Sì. Diverse volte. Eravamo piuttosto amiche, anche se in modo un po' distaccato. Non parlava mai della vita che faceva laggiù, mi assicurava solo che stava bene e che non dovevo preoccuparmi e devo dire che a vederla stava bene. Voglio dire, era sempre pulita e ordinata, portava bei vestiti, sempre se vestiti di quel tipo si possono definire belli, e sembrava ben nutrita.» «Vestiti in stile hippy?» «Sì. Vestiti lunghi e svolazzanti. Jeans scampanati con fiorellini ricamati. Questo genere di cose. Ma, come ho detto, erano sempre puliti e sembravano di buona qualità.» «Sa come si guadagnava da vivere?» «Non ne ho idea.» «Di che cosa parlavate?» «Mi raccontava di Londra, dei parchi, dei palazzi, delle gallerie d'arte... io non ci sono mai stata, capisce? Lei era interessata all'arte, alla musica e alla poesia. Diceva che l'unica cosa che desiderava era che regnasse la pace nel mondo e che la gente fosse felice.» Prese di nuovo il fazzoletto. «Quindi andavate d'accordo?» «Sì, direi di sì. Almeno in superficie. Linda sapeva che non approvavo la vita che conduceva, anche se non sapevo bene quale fosse. Parlava di buddismo, di induismo, di sufismo e di Dio solo sa cosa, ma non menzionava mai il nostro vero Signore, Gesù Cristo, e dire che l'avevo tirata su come una brava cristiana.» Scosse leggermente il capo. «Non lo so. Forse avrei dovuto sforzarmi di più per capirla. È solo che lei sembrava così distante da me e da tutto ciò in cui ho sempre creduto...» «Lei cosa raccontava a Linda?» «Soltanto pettegolezzi locali, cosa combinavano le sue vecchie compagne di scuola, cose di questo genere. Non si tratteneva mai a lungo.» «Conosceva qualcuna delle sue amiche?» «Conoscevo tutte le ragazzine del quartiere con cui giocava e le compagne di scuola, ma non so con chi passasse il suo tempo dopo che era andata via di casa.»
«Non ha mai fatto nomi?» «Be', può anche darsi, ma io non me ne ricordo nessuno.» «Le hai mai detto se c'era qualcosa o qualcuno che la tormentava?» «No. Sembrava sempre contenta, come se non avesse neanche una preoccupazione.» «Non sa se aveva qualche nemico?» «No. Mi sembra proprio impossibile.» «Quando l'ha vista l'ultima volta?» «Quest'estate. A luglio, credo, poco dopo che Jim...» «Era presente al funerale?» «Oh, sì. È tornata a casa apposta, a maggio. Adorava il padre. Mi è stata di grande aiuto. Non creda che avevamo troncato i rapporti o cose del genere, signor Chadwick. Volevo ancora bene a Linda e so che anche lei ne voleva a me. È solo che non riuscivamo più a parlare, non di cose importanti. Lei era diventata schiva. Alla fine ci ho rinunciato. Ma questo è stato un paio di mesi dopo la morte di Jim, quando mi ha fatto una breve visita per vedere come me la cavavo.» «Di cosa le ha parlato durante quella visita?» «Abbiamo visto quell'uomo camminare sulla Luna. Neil Armstrong. Linda era così elettrizzata, disse che quell'evento avrebbe segnato l'inizio di una nuova era, ma io non ne sono tanto convinta. Siamo rimaste sveglie a guardarlo fino alle tre del mattino.» «Nient'altro?» «Mi dispiace. Non c'è stato niente di particolare oltre all'atterraggio sulla Luna. Una pop star che le piaceva era morta e lei era andata a Hyde Park per sentire un concerto gratuito che i Rolling Stones le avevano dedicato. A Londra, voglio dire. E ricordo che parlò della guerra. Del Vietnam. Disse che era del tutto immorale. Parlava sempre della guerra. Io tentavo di spiegarle che a volte, purtroppo, le guerre sono necessarie, ma lei non voleva saperne. Per lei tutte le guerre erano ingiuste. Avrebbe dovuto sentire quando Linda e il padre si mettevano a discutere di questo... Lui aveva combattuto in marina durante l'ultima guerra, proprio verso la fine del conflitto.» «Ma ha detto che Linda adorava il padre.» «Oh, sì. Non mi fraintenda. Non ho detto che erano d'accordo su tutto. Insomma, lui cercava di insegnarle la disciplina, si infuriava quando lei rincasava tardi, ma lei era una ribelle. Litigavano come cane e gatto a volte, ma si volevano pur sempre un gran bene.»
A Chadwick sembrava tutto così familiare che il pensiero lo fece deprimere. Era mai possibile che i figli fossero tutti così, che causassero ai genitori tanti dispiaceri? Stava usando l'approccio sbagliato con Yvonne? Ce n'erano altri? Si sentiva un vero fallito come genitore, ma, a parte chiuderla a chiave in camera sua, cosa poteva fare? Quando Yvonne iniziava a parlare delle ingiustizie della guerra, lui sentiva la tensione crescere dentro di sé; non poteva nemmeno tentare di farla ragionare, perché aveva paura di perdere le staffe, di scagliarsi contro di lei e di dire qualcosa di cui poi si sarebbe pentito. Che ne sapeva lei della guerra? Era ingiusta? Sì. Era necessaria? Be', in quale altro modo potevi fermare uno come Hitler? Chadwick non sapeva granché del Vietnam, ma supponeva che gli americani fossero lì per una buona ragione e la vista di tutti quei giovani, indisciplinati e capelloni, che bruciavano le bandiere e cantavano slogan contro la guerra gli faceva ribollire il sangue nelle vene. «Che mi dice del suo ragazzo, Donald Hughes?» «Cosa vuole sapere?» «È lui il padre?» «Presumo di sì. Cioè, questo è quello che ha detto Linda e penso di conoscerla abbastanza bene da sapere che non era una... sa... una di quelle.» «Che opinione aveva di lui?» «È un bravo ragazzo, credo. Non molto intraprendente, però. Gli Hughes non sono una delle migliori famiglie del quartiere, ma neanche una delle peggiori. Non si può biasimare la povera Eileen Hughes. Ha dovuto tirare su sei ragazzini praticamente da sola. Lei fa tutto quello che può.» «Sa se Donald si è tenuto in contatto con Linda, dopo che lei se n'è andata?» «Ne dubito. Non si è fatto vedere per un po' quando ha scoperto che Linda era incinta, poi subito dopo la nascita del bambino per un periodo è diventato tutto premuroso, diceva che dovevano sposarsi e tenerlo, che non era giusto dare in adozione suo figlio. È così che lo chiamava: suo figlio.» «E Linda cosa diceva?» «Gli ha dato il benservito e, poco tempo dopo, anche lei se n'è andata.» «Sa se lui la tormentava in qualche modo?» «Non credo. Lei non lo hai mai detto, anzi non ha più nominato né lui né il bambino.» «Lui è mai venuto qui a chiedere di lei, in seguito?» «Soltanto una volta, circa tre settimane dopo che lei era andata via. Voleva sapere il suo indirizzo.»
«E lei cosa gli ha detto?» «Che non lo sapevo. Ovviamente non mi ha creduto e si è messo a fare una scenata sulla porta.» «Che cosa ha fatto, allora?» «L'ho cacciato. Gli ho detto che avrebbe fatto i conti con Jim se fosse tornato e gli ho sbattuto la porta in faccia. Dopo quell'episodio ci ha lasciati in pace. Non penserà mica che Donald possa aver...?» «Non sappiamo ancora cosa pensare, signora Lofthouse. Dobbiamo considerare tutte le possibilità.» «È un po' una testa calda, chiunque può dirvelo, ma dubito fortemente che sia un assassino.» Si asciugò di nuovo gli occhi. «Mi scusi» disse. «Ancora non riesco a farmene una ragione.» «Lo capisco» replicò Chadwick. «Vuole che chiami qualcuno per tenerle compagnia? Un parente? Una vicina?» «La signora Bennett, abita proprio qui accanto. È sempre stata una buona amica. È vedova, come me. Sa come ci si sente in questi casi.» Chadwick si alzò per andare via. «Le farò sapere che gradirebbe la sua compagnia. Senta, prima che vada, ha per caso una fotografia recente di Linda da prestarmi?» «Penso di sì» rispose la donna. «Soltanto un minuto.» Andò vicino alla credenza e cominciò a rovistare nei cassetti. «Questa è stata scattata l'anno scorso, quando è tornata a casa per il suo compleanno. Suo padre era abbastanza appassionato di fotografia.» Passò a Chadwick la foto a colori. Era la ragazza del sacco a pelo, solo che era viva, aveva un accenno di sorriso sulle labbra e un'espressione assente nei grandi occhi azzurri, i capelli biondi e ondulati le cadevano sulle spalle. «Grazie» disse. «Gliela farò riavere.» «E mi farà sapere, vero? Per i preparativi.» «Certo. Manderò anche qualcuno che la porti all'ospedale per l'identificazione ufficiale.» «La ringrazio» disse la donna e sostò insieme a lui sulla porta, tenendosi il fazzoletto umido vicino agli occhi. «Come può essermi capitata una cosa simile, signor Chadwick?» gli chiese. «Sono stata una devota cristiana per tutta la vita. Non ho mai fatto male a nessuno e ho servito il Signore con tutta me stessa. Come può Lui avermi fatto questo? Un marito e una figlia, tutti e due nello stesso anno?» Chadwick poté soltanto scuotere il capo. «Non lo so» rispose. «Vorrei tanto conoscere la risposta.»
La «prima periferia di Sheffield» si rivelò un villaggio pittoresco al margine del Peak District National Park e la casa era un cottage di pietra calcarea con un giardino abbastanza grande e ben tenuto, una porta centrale, finestre simmetriche e divise a metà da una colonnina verticale, un garage e una dépendance. Nelle Dales, immaginò Annie, avrebbe avuto un valore di circa mezzo milione di sterline al momento, ma non aveva idea di quali fossero i prezzi nel Peak District. Probabilmente non molto diversi. Le due zone si somigliavano parecchio grazie alle loro colline e alle loro vallate calcaree ed entrambe attiravano orde di turisti, escursionisti e scalatori quasi tutto l'anno. Winsome parcheggiò vicino al cancello e le due giovani percorsero insieme il vialetto che attraversava il giardino. Qualche uccellino cinguettava fra gli alberi lì vicino, andando a completare il quadretto campestre. La donna che andò ad aprire la porta stava piangendo, era piuttosto evidente. Annie fu lieta di non dover essere lei a dare la brutta notizia. Era una cosa che detestava. L'ultima volta aveva informato una donna della morte di un'amica e quella era svenuta. «Annie Cabbot e Winsome Jackman, della Sezione Reati Gravi del North Yorkshire» annunciò. «Sì, entrate pure» replicò la donna. «Vi stavamo aspettando.» Se la vista di una donna nera alta circa un metro e ottanta l'aveva sorpresa, non lo diede a vedere. Come molte altre persone, di sicuro anche lei guardava i telefilm polizieschi in televisione e si era abituata all'idea di una forza di polizia multirazziale, persino in un'oasi «bianca» come la zona dei Peaks. Le condusse lungo un corridoio poco illuminato con cappotti appesi ad alcuni pioli e stivali e scarpe allineati in modo ordinato su uno scaffale basso fatto di assicelle, quindi le fece entrare in un arioso soggiorno con le portefinestre che davano sul giardino posteriore, ossia un prato falciato con cura con una fontana di pietra dove gli uccellini facevano il bagno, un tavolo di plastica bianco con tanto di sedie e aiuole di fiori. I platani incorniciavano una vista magnifica sui campi e sulle vette calcaree al di là di essi. Il cielo era quasi interamente grigio, ma un pallido sole si nascondeva dietro le nubi da qualche parte a nord. «Siamo appena tornati dalla chiesa» disse la donna. «Ci andiamo tutte le settimane e oggi ci sembrava particolarmente importante.» «È naturale» disse Annie, che aveva un passato da agnostica e passatempi spirituali, come lo yoga e la meditazione, che non l'avevano mai por-
tata a nessun tipo di religione organizzata. «Ci dispiace molto per vostro figlio, signora Barber.» «Vi prego» le esortò la donna. «Chiamatemi Louise. Mio marito Ross sta preparando il tè. Spero che vada bene.» «Benissimo» replicò Annie. «Sedetevi, prego.» Le poltrone rivestite di cintz avevano tutte degli immacolati coprischienale di pizzo e Annie si sedette con cautela, non osava quasi sfiorare con la testa il tessuto. Dopo qualche istante, un uomo alto e slanciato, con una chioma ribelle di capelli bianchi, che indossava un pullover grigio con lo scollo a V e ampi pantaloni di velluto a coste, portò un vassoio e lo posizionò sul basso tavolino di vetro che si trovava fra le poltrone e il caminetto. Somigliava un po' a uno di quegli scienziati pazzi che sono capaci di risolvere complesse equazioni a mente, ma hanno difficoltà ad allacciarsi le scarpe. Annie ammirò la stampa di Seurat incorniciata sopra la mensola del camino, Una domenica pomeriggio all'isola della Grande Jatte. Una volta che il tè fu servito e tutti si furono messi comodi, Winsome tirò fuori il taccuino e Annie cominciò. «So che è un momento difficile per voi, ma adesso come adesso qualsiasi cosa poteste dirci sul conto di vostro figlio ci sarebbe utile.» «Avete dei sospettati?» domandò il signor Barber. «Purtroppo no. È ancora presto. Stiamo solo cercando di ricostruire l'accaduto.» «Non riesco a immaginare perché qualcuno abbia voluto fare del male al nostro Nicholas. Era innocuo. Non avrebbe fatto male a una mosca.» «Spesso sono gli innocenti a soffrire» disse Annie. «Ma Nicholas...» Lasciò la frase a metà. «Aveva dei nemici?» Ross e Louise Barber si scambiarono uno sguardo. «No» rispose Louise. «Cioè, non ce ne ha mai parlato. E, come ha detto Ross, era una persona gentile. Amava la musica, i libri e i film. E scrivere, ovviamente.» «Non era sposato, vero?» Non avevano trovato traccia di una moglie, ma Annie pensò che fosse meglio essere sicuri. Se una moglie gelosa avesse fiutato quello che Barber stava combinando con Kelly Soames, avrebbe potuto facilmente perdere la testa. «No. Una volta era fidanzato, dieci anni fa» rispose Ross Barber. «Bella ragazza. Del posto. Ma si sono allontanati quando lui si è trasferito a Londra. Altro tè?»
Annie e Winsome accettarono volentieri. Barber riempì le loro tazze fino all'orlo. «Abbiamo saputo che vostro figlio era un critico musicale» riprese Annie. «Sì» confermò Louise. «È quello che ha sempre voluto fare. Persino quando andava a scuola, era caporedattore della rivista scolastica e scriveva molti articoli di suo pugno.» «Abbiamo scoperto tramite Internet che ha scritto alcuni articoli per "MOJO" e un paio di biografie. Potete dirci qualcos'altro riguardo al suo lavoro? Scriveva per qualcuno in particolare, ad esempio?» «No. Era un free-lance» spiegò Ross Barber. «Scriveva qualcosa per i quotidiani, recensioni e cose del genere, e a volte faceva dei servizi speciali per quella rivista, come ha detto lei. Purtroppo quel tipo di musica non corrisponde ai miei gusti.» Le rivolse un sorriso indulgente. «Ma lui ne andava matto e a quanto pare riusciva a guadagnare abbastanza per vivere in modo decente.» A Annie piaceva la musica pop, ma non aveva mai sentito parlare di «MOJO», anche se sapeva che doveva averla vista da W. H. Smith's quando andava a prendere «Now», «Star» o «Heat», quelle riviste spazzatura fatte solo di pettegolezzi sulle celebrità che le piaceva tanto leggere quando era nella vasca da bagno, il suo unico vizio segreto. «Non approvavate l'interesse di vostro figlio per la musica rock?» domandò. «Non è che siamo contrari o altro, capisce» rispose Ross Barber. «È solo che siamo stati sempre più inclini alla musica classica - Louise canta con la compagnia operistica locale - ma siamo contenti che Nicholas abbia sviluppato una passione per la musica già in tenera età, oltre a quella per la scrittura. Amava anche la musica classica, naturalmente, ma era scrivendo di rock che si guadagnava da vivere.» «Era fortunato, allora» osservò Annie. «Era riuscito a combinare le sue due passioni.» «Sì» concordò Louise, e si asciugò una lacrima con un fazzoletto merlettato. «Avete qualche copia dei suoi articoli? Dovevate essere orgogliosi di lui. Un album di ritagli, magari?» «Purtroppo no» rispose Louise. «Non ci abbiamo mai pensato, vero, caro?» Il marito confermò. «Non aveva importanza per noi quello di cui scriveva, capisce. I nomi. I dischi. Non ne conoscevamo neanche uno, comun-
que.» Annie avrebbe voluto fargli notare che non era quello il punto, ma era chiaro che non avrebbe giovato a nessuno. «Da quanto si manteneva così?» chiese. «Da circa otto anni, ormai» rispose Ross. «E prima?» «Ha conseguito la laurea di primo livello in inglese a Nottingham, poi ha preso quella di secondo livello in studi cinematografici, credo, a Leicester. Dopodiché ha insegnato per un po' e ha scritto qualche recensione, finché non hanno accettato un suo pezzo importante e da lì...» «Non ha mai studiato giornalismo?» «No. Potremmo anche dire che è entrato nel settore dalla porta di servizio.» «Lei che lavoro fa, se non sono troppo indiscreta?» «Io ero un professore universitario» disse Ross Barber. «Lettere classiche e storia antica. Sembra una noia mortale, lo so. Comunque ormai sono in pensione.» Annie cercava disperatamente di capire perché mai qualcuno poteva volere la morte di un giornalista musicale, ma non le venne in mente niente. A parte la droga. Kelly Soames aveva detto che lei e Nick avevano fumato uno spinello, ma questo non significava nulla. Anche Annie si era fatta qualche spinello ai suoi tempi, anche quando era già nella polizia. Persino Banks aveva fumato gli spinelli. Si domandò se lo avessero fatto anche Winsome e Kev Templeton. La droga preferita di Kev probabilmente doveva essere l'ecstasy, annaffiata con generose quantità di Red Bull, ma riguardo a Winsome non sapeva proprio. Sembrava una ragazza dalla condotta irreprensibile, con la sua passione per l'aria aperta e per la speleologia, ma di sicuro doveva esserci qualcosa. In ogni caso, non aiutava un granché sapere che Nick Barber fumava marijuana di tanto in tanto. Pensò che fosse una cosa di ordinaria amministrazione nel mondo del rock, a prescindere dal ramo in cui lavoravi. «Potete dirci qualcosa riguardo alla vita di Nick?» domandò. «Abbiamo davvero poco su cui muoverci per compiere le indagini.» «Non vedo come possiamo esservi d'aiuto» replicò Louise «ma faremo del nostro meglio.» «Lo vedevate spesso?» «Sa com'è quando i ragazzi vanno via di casa» rispose Louise. «Telefonano e vengono a trovarti quando possono. Il nostro Nick non era né me-
glio né peggio di tutti gli altri da questo punto di vista, credo.» «Quindi si faceva vivo con regolarità?» «Ci telefonava una volta a settimana e cercava di farci visita ogni volta che poteva.» «Quando lo avete visto l'ultima volta?» Gli occhi di Louise Barber si riempirono di nuovo di lacrime. «Proprio due settimane fa. Il venerdì. Era diretto nello Yorkshire e si è fermato qui per una notte. Gli teniamo sempre pronta la sua vecchia stanza, non si sa mai.» «Avete notato qualcosa di diverso in lui?» «Di diverso? In che senso?» «Vi è sembrato un po' spaventato?» «No, affatto.» «Era depresso per qualche motivo?» I Barber si scambiarono un'occhiata, poi Louise rispose: «No. Forse un tantino preoccupato, ma di certo non depresso. Sembrava abbastanza contento, in realtà. Nick non è mai stato un ragazzo molto espansivo, ma in generale era sereno. Quella volta non era molto diverso dalle altre volte in cui è passato a trovarci». «Non era agitato per qualcosa?» «Che noi sappiamo, no. Semmai, era un po' più eccitato del solito.» «Eccitato? Per che cosa?» «Non lo ha detto. Credo che potesse essere per un servizio al quale stava lavorando.» «Di cosa trattava?» «Non ci raccontava mai particolari di questo genere. Non che noi non fossimo interessati al suo lavoro, ma penso che lui si rendesse conto che non ci capivamo un granché. E poi forse si trattava di uno scoop. Aveva imparato a essere riservato riguardo al suo lavoro.» «Persino con voi?» «Anche i muri hanno orecchie. Aveva sviluppato una propensione a non parlare di certe cose. A prescindere dagli interlocutori, credo.» «Quindi non ha fatto nessun nome?» «No. Mi dispiace.» «Vi ha detto perché si stava recando nello Yorkshire?» «Disse che forse aveva trovato un posto tranquillo per scrivere e credo che volesse incontrare una persona che vive lassù.» «Chi?»
La signora Barber allargò le mani. «Mi dispiace. Ma ho avuto l'impressione che avesse a che fare con il pezzo che stava preparando.» Annie imprecò a fior di labbra. Se solo Nick avesse fatto qualche nome. Se i genitori avessero dimostrato anche il minimo interesse per la sua passione, allora forse lo avrebbe fatto, malgrado l'istinto giornalistico di difendere il proprio scoop. «Era per questo che era eccitato?» «Credo di sì.» «Può aggiungere qualcosa, signor Barber?» Ross Barber scosse il capo. «No. Come ha detto Louise, i nomi di questi gruppi e di questi cantanti non ci dicevano un granché. Penso che avesse capito che era inutile parlarcene. Purtroppo le discussioni di questo genere mi annoiano. Senza dubbio i suoi coetanei ne sarebbero rimasti colpiti, ma a noi entravano da un orecchio e uscivano dall'altro.» «Be', certo» disse Annie. «Cosa sapete della vita di Nick a Londra?» «Aveva un bell'appartamento» disse Louise. «Non è vero, Ross? Poco distante dalla Great West Road. Ci siamo fermati lì una volta, qualche tempo fa, mentre andavamo a Heathrow. Lui ha dormito sul divano e ci ha lasciato la sua camera da letto. Era immacolata.» «Non viveva con nessuno?» «No. Era da solo.» «Avete conosciuto una ragazza o un amico intimo? Chiunque.» «No. Ci ha portati a cena fuori da qualche parte nel West End. Il giorno dopo siamo partiti per New York. Io e Ross abbiamo dei vecchi amici lì e ci hanno invitato per il loro quarantesimo anniversario di matrimonio.» «Bello» commentò Annie. «Quindi non sapevate poi molto della vita che Nick conduceva a Londra.» «Credo che lavorasse a tutte le ore del giorno e della notte. Non aveva tempo per le ragazze, le relazioni e quel genere di cose. Ma sono sicura che alla fine si sarebbe sistemato.» In base all'esperienza innegabilmente limitata di Annie, se uno era arrivato all'età di trentotto anni senza «sistemarsi», era da sciocchi stare con il fiato sospeso ad aspettare che lo facesse, ma sapeva pure che oggigiorno molte persone, lei compresa, arrivavano anche a un'età più avanzata prima di volersi impegnare in una relazione stabile. «So che è una domanda piuttosto delicata» disse Annie «e non voglio turbarvi, ma che rapporto aveva Nick con la droga?» «Be'» rispose Ross «presumiamo che le abbia sperimentate, certo, come molti altri giovani di oggi, ma noi non lo abbiamo mai visto sotto l'effetto
di qualcosa che non fosse un paio di pinte di birra o magari un bicchierino di whisky. Siamo di vedute abbastanza ampie nei confronti di queste cose. Voglio dire, non puoi insegnare dentro un'università per tutti quegli anni e non sapere nulla della marijuana. Ma se faceva uso di droghe, queste non hanno mai interferito né con il suo lavoro né con la sua salute e noi di certo non abbiamo notato alcun sintomo, vero?» «Vero» concordò Louise. Era una risposta sincera, anche se non era proprio quella che Annie si aspettava. Aveva l'impressione che Ross Barber fosse stato il più schietto possibile. Era evidente che i Barber volevano bene al loro figlio e che erano sconvolti per la sua morte, ma sembrava che ci fosse stata una certa mancanza di comunicazione fra loro. Erano orgogliosi dei risultati che Nick aveva ottenuto, ma non erano interessati a sapere quali fossero in realtà. Nick avrebbe anche potuto intervistare i Coldplay o gli Oasis, ma Annie si immaginava già Ross Barber che diceva: «È magnifico, figliolo», mentre studiava con attenzione i suoi antichi tomi. Non le veniva in mente altro da chiedere, così lanciò un'occhiata a Winsome, la quale alzò le spalle. Forse Banks avrebbe saputo fare di meglio; forse lei non aveva rivolto alla coppia le domande giuste, ma non le veniva in mente nient'altro. Avrebbero dato una rapida occhiata alla camera di Nick, nel caso che avesse lasciato qualcosa di interessante, poi magari si sarebbero fermate a pranzare in un pub sulla strada del ritorno. Dopodiché Annie sarebbe passata all'unità mobile e avrebbe telefonato a Banks. Lui avrebbe voluto sapere quello che aveva scoperto, per quanto fosse ben poco. Sabato, 13 settembre 1969 Il giovane con la tuta da lavoro sporca di grasso era in piedi con una chiave inglese in mano, circondato da pezzi di una motocicletta smontata, quando Chadwick arrivò all'officina più tardi, quello stesso pomeriggio. Stando alla radio della sua auto, il Leeds vinceva uno a zero. «Vincent Black Lightning del 1952» disse il ragazzo. «Una moto favolosa. Come posso aiutarla?» Chadwick estrasse il distintivo e glielo mostrò. «Sei tu Donald Hughes?» Hughes si fece subito guardingo, mise giù la chiave e si pulì le mani sulla tuta sporca di grasso. «Può darsi» rispose. «Dipende dal perché lo vuole sapere.»
Il primo istinto di Chadwick sarebbe stato quello di dire al ragazzo di smetterla di fare il cretino e di tirare fuori delle risposte, ma poi si rese conto che forse Hughes non sapeva ancora dell'omicidio di Linda e che la sua reazione a quella notizia avrebbe potuto rivelare parecchie cose. Probabilmente un approccio meno duro sarebbe stato più indicato, almeno per cominciare. «Forse è meglio se ti siedi, ragazzo.» «Perché?» C'erano due sedie pieghevoli nell'officina. Invece di rispondere, Chadwick si sedette su una di esse. Un po' sbalordito, Hughes seguì il suo esempio. L'officina poco illuminata odorava di olio, benzina e metallo caldo. Fuori pioveva ancora e Chadwick poteva sentire l'acqua che gocciolava in modo costante dalle grondaie. «Di che si tratta?» chiese Hughes. «È successo qualcosa a mia madre?» «Non che io sappia» rispose Chadwick. «Leggi molto i giornali?» «No, ci sono soltanto brutte notizie.» «Hai saputo del festival che si è tenuto su a Brimleigh Glen lo scorso fine settimana?» «Difficile non saperlo.» «Ci sei stato?» «No. Non è il mio genere. Senta, perché mi fa tutte queste domande?» «È stata uccisa una ragazza lì» spiegò. «Accoltellata.» Dato che Hughes restò muto, Chadwick continuò: «Abbiamo motivo di credere che si tratti di Linda Lofthouse». «Linda? Ma... lei... porca puttana...» Hughes impallidì. «Lei cosa?» «È andata a vivere a Londra.» «Era andata a Brimleigh per il festival.» «Avrei dovuto saperlo. Senta» disse «mi dispiace molto per quello che è successo. Ma è passato parecchio tempo da quando io e Linda stavamo insieme. Sembra un'altra vita.» «Due anni non sono poi così tanti. Alcune persone hanno covato rancore più a lungo.» «Che vuole dire?» «La vendetta è un piatto che va gustato freddo.» «Non so di cosa parla.» «Cominciamo dal principio» suggerì Chadwick. «Tu e Linda.» «Siamo usciti insieme per un paio d'anni quando avevamo lei quindici e
io sedici anni, tutto qua.» «E lei ti ha dato un figlio.» Hughes si guardò le mani sporche d'olio, che teneva appoggiate sul ventre. «Sì, be'... ho provato a sistemare le cose, le ho chiesto di sposarmi e tutto il resto.» «Non è proprio quello che ho sentito dire.» «Senta, va bene. All'inizio ho avuto paura. Lei non ne avrebbe avuta? Avevo soltanto sedici anni, non avevo uno straccio di lavoro, non avevo niente. Abbiamo lasciato la scuola. Linda è stata a casa con la mamma e il padre quell'estate e ha avuto il bambino mentre io... non lo so, riflettevo, diciamo così. Comunque, alla fine ho deciso che ce l'avremmo fatta. A quel punto avevo il lavoro qui all'officina e pensavo... sa... che potevamo ancora avere una chance, dopotutto.» «Ma?» «Ma lei non ha voluto saperne. Ormai aveva la testa piena di quelle cazzate hippy. Bob Dylan, le sue stupide canzoni e tutto il resto.» «Quando è cominciato questo cambiamento?» «Prima che ci lasciassimo. All'inzio erano solo piccole cose. Mi correggeva sempre quando dicevo qualcosa di sbagliato, come se lei fosse una cazzo di esperta di grammatica. Parlava di poeti e di cantanti che io non avevo mai sentito nominare, della reincarnazione, del karma e di non so che altro. Litigavamo sempre. Era come se non le interessasse avere una vita normale.» «Che mi dici dei suoi nuovi amici?» «Idioti capelloni e ragazze senza cervello. Non avevo tempo da perdere con loro.» «Ti ha scaricato?» «Proprio così.» «E quando tu sei tornato da lei con la coda fra le gambe, non voleva più avere niente a che fare con te?» «Esatto. Poi se n'è andata a Londra, non appena è nato il bambino. Lo ha dato in adozione. Mio figlio.» «L'hai seguita laggiù?» «Ormai ne avevo abbastanza. L'ho lasciata andare con quei frocetti dei suoi nuovi amici a sballarsi quanto voleva.» «Faceva uso di droghe quando era insieme a te?» «No, non che io sapessi. Non avrei approvato. Ma è questo che fanno, no?»
«Quindi te l'hanno portata via loro, giusto? Gli hippy?» Donald distolse lo sguardo. «Credo di sì.» «Ti ha fatto arrabbiare tanto che avresti potuto farle del male?» Hughes si alzò in modo così brusco che la sedia si rovesciò. «Cosa vuole insinuare? Sta forse cercando di dire che l'ho uccisa io?» «Rilassati, ragazzo. Devo farti queste domande. È un'indagine su un omicidio.» «Sì. Be', non sono io il suo assassino.» «Sei un tantino irascibile, però, non credi?» Hughes non replicò. Raccolse la sedia e si sedette di nuovo, incrociando le braccia sul petto. «Hai mai incontrato qualcuno dei nuovi amici di Linda?» Hughes si passò il dorso della mano sul labbro superiore e sul naso. «Una volta mi ha portato in una casa» disse. «Credo che volesse farmi diventare come lei e pensava di convincermi presentandomi i suoi nuovi amici.» «Quando è successo questo?» «Subito dopo che lei ha lasciato la scuola. Quell'estate.» «Nel 1967? Quando era incinta?» «Sì.» «Vai avanti.» «Non andavamo affatto d'accordo. Come ho detto prima, lei era strana, si interessava a cose strane che io non capivo, come i tarocchi, l'astrologia e altre stronzate simili. Quella volta doveva incontrare alcuni amici e io non volevo lasciarla andare - volevo che venisse con me al cinema a vedere Si vive sob due volte - ma lei disse che non voleva vedere uno stupido film di James Bond e che se volevo stare insieme a lei potevo accompagnarla. Altrimenti... be'... mi fece capire che non avevo molta scelta. Così ho pensato: "Al diavolo, andiamo a dare un'occhiata".» «Ti ricordi dove ti ha portato?» «Non lo so. Era dalle parti di Roundhay Road, vicino a quel grande pub all'incrocio con Spenser Place.» «Il Gaiety?» «Quello, sì.» Chadwick lo conosceva. Erano pochi i poliziotti di Leeds, fossero essi in borghese o in divisa, che non lo conoscevano. «Ti ricordi il nome della strada?» «No, ma era proprio una traversa di Roundhay Road.» «Una delle Bayswater?» Chadwick conosceva la zona, un triangolo di
strade densamente popolato, pieno di casette a schiera, formato da Roundhay Road, Bayswater Road e Harehills Road. Non era particolarmente malfamata, ma molte delle case erano state affittate agli studenti e, dove c'erano gli studenti, quasi sempre c'era anche la droga. «Esatto.» «Sai quale?» «Non ne sono sicuro, ma credo che fosse Bayswater Terrace. O forse Bayswater Crescent.» «Ti ricordi dov'era la casa?» «Più o meno a metà della via.» «Da quale lato della strada?» «Non me lo ricordo.» «All'esterno la casa aveva qualcosa di strano?» «No. Sembrava uguale a tutte le altre.» «Di che colore era la porta?» «Non mi ricordo.» «Okay. Grazie» disse Chadwick. Forse sarebbe riuscito a trovarla. Era frustrante essere così vicini e allo stesso tempo così lontani. Tuttavia, poteva rivelarsi una pista sterile. Gli studenti che avevano abitato lì due anni prima potevano essersi laureati e ormai aver lasciato la città. Sempre se erano studenti. «Che cosa è successo?» «In realtà, niente. C'erano queste persone, cinque più o meno, hippy, direi, portavano vestiti buffi. Drogati.» «Erano studenti?» «Forse alcuni. Non lo so. Non me lo hanno detto. In casa c'era una puzza vomitevole.» «Addirittura?» «Come quando uno si mette troppo profumo. Credo che fosse qualcosa che stavano fumando. Un paio di loro si erano fatti di sicuro qualcosa. Si vedeva dagli occhi e dalle cazzate che sparavano.» «Ad esempio?» «Non mi ricordo, ma era tutto "cosmico" qua, "cosmico" là, e c'era quell'orribile musica simile a un ronzio in sottofondo, come se qualcuno stesse sfregando con un seghetto su una sbarra di ferro.» «Ti ricordi qualche nome?» «Mi pare che uno si chiamasse Dennis. Sembrava che la casa fosse sua. E una ragazza di nome Julie. Faceva le bolle di sapone e ridacchiava come
una bambina piccola. Linda si vedeva che era stata lì già prima di allora. Sapeva come muoversi per casa senza dover chiedere a nessuno, sa, tipo dov'era il bollitore o il bagno o che so io.» «Cos'è accaduto dopo?» «Io volevo andarmene. Voglio dire, mi ero accorto che mi stavano prendendo in giro perché non parlavo come loro e non mi piaceva la stessa musica. Anche Linda. Alla fine ho detto che era meglio andare via, ma lei non ha voluto.» «Allora cosa hai fatto?» «Me ne sono andato. Non ne potevo più. Sono andato a vedere Si vive solo due volte per conto mio.» Non potevano esserci così tanti hippy a Leeds nell'estate del 1967. A San Francisco poteva anche essere l'«estate dell'amore», ma Leeds per molti versi era ancora un'arretrata cittadina di provincia del nord dell'Inghilterra, sempre un po' indietro rispetto ai tempi, ed era solo negli ultimi due anni che il numero degli hippy era cresciuto un po' dappertutto. La squadra Narcotici di Leeds non era ancora stata creata nel 1967. A ogni modo, se c'era ancora un Dennis che abitava a Bayswater Terrace, non sarebbe stato troppo difficile rintracciarlo. «Quante volte l'hai vista dopo quell'episodio?» «Un paio; poi un'altra volta quando è nato il bambino, sa, quando ho cercato di aggiustare le cose fra noi. Dopodiché si è trasferita al sud e quella strega di sua madre non ha voluto neppure darmi il suo indirizzo.» «E alla fine?» «L'ho dimenticata. Esco con un'altra ragazza già da un po'. Forse a Natale ci fidanzeremo.» «Congratulazioni» disse Chadwick, e si alzò. «Mi dispiace davvero per Linda» disse Hughes. «Ma io non c'entro niente. Sono sincero. Sono stato qui a lavorare tutto il weekend. Chieda al capo. Glielo confermerà.» Chadwick disse che lo avrebbe fatto e se ne andò. Quando accese l'autoradio scoprì che il Leeds aveva battuto lo Sheffield Wednesday per 2-1: avevano segnato Allan Clarke e Eddie Grey. Perlomeno, non si era perso la partita inutilmente; adesso sapeva chi era la vittima e aveva i nomi di alcune delle persone con cui la ragazza bighellonava per Leeds. Ora veniva la parte difficile: scovarle. Capitolo 7
La fattoria dei Soames si trovava lungo una stradina stretta, fiancheggiata su entrambi i lati da un muretto, a meno di un chilometro dalla strada principale che collegava Lyndgarth a Eastvale, e vantava la classica collezione di fatiscenti edifici costruiti con la locale pietra calcarea, un cortile fangoso e un cane che abbaiava tirando la catena a cui era legato. Presentava anche l'inconfondibile olezzo di aia. Calvin Soames andò ad aprire la porta e fece entrare Banks, dopo averlo salutato con riluttanza. L'interno era poco illuminato, con travi basse e scure e corridoi bui. L'odore di arrosto di manzo aleggiava ancora nell'aria. «La nostra Kelly è in cucina» disse l'uomo e indicò la stanza con il pollice. «Mi fa piacere» replicò Banks. «Ma in realtà sono venuto per parlare con lei.» «Con me? L'altra sera le ho detto già tutto quello che sapevo.» «Ne sono certo» disse Banks «ma a volte, quando passa un po' di tempo, tornano in mente alcune cose, piccoli particolari che in un primo momento possono essere sfuggiti. Posso sedermi?» «Sì, faccia pure.» Banks si sedette su una poltrona bassa dal sedile sfondato. A guardarlo meglio, tutto il posto era in cattivo stato e mancava quello che si definisce il tocco femminile. «Esiste una signora Soames?» chiese Banks. «Mia moglie è morta cinque anni fa. Complicazioni seguite a un intervento chirurgico.» Soames pronunciò le ultime parole con disprezzo, mettendo ben in chiaro che incolpava i medici, e forse anche il sistema sanitario, per la morte prematura della moglie. «Mi dispiace» disse Banks. Soames grugnì. Era un uomo basso e tarchiato, largo quasi quanto era alto, ma muscoloso e sano, pensò Banks, e indossava uno stretto gilet sulla camicia e un paio di ampi pantaloni marroni. Forse non aveva più di quarantacinque anni, ma il lavoro dei campi lo aveva invecchiato, come dimostravano le rughe profonde e la pelle ruvida sul suo volto rubizzo. «Senta» riprese Banks «voglio solo tornare su quello che ci ha detto al pub venerdì sera.» «Era la verità.» «Nessuno lo mette in dubbio. Ha detto di aver lasciato il Cross Keys verso le sette, perché pensava di aver dimenticato il fornello acceso.» «Esatto.»
«Le era già capitato?» «Sì» rispose qualcuno dalla porta. «Ha già rischiato due volte di dar fuoco alla casa.» Banks si voltò. Kelly Soames stava sulla soglia con le braccia incrociate, uno dei fianchi avvolti dai jeans era appoggiato contro lo stipite e formava una graziosa curva, la pancia piatta era in bella mostra. Era davvero una ragazza attraente, pensò di nuovo Banks; era in forma e lo sapeva, come avrebbero detto gli Streets. Quella mattina gli sembrava che ci fosse l'imbarazzo della scelta quanto a belle ragazze, considerando anche la fidanzata di Brian, Emilia. Forse avrebbe dovuto dire qualcosa. Era chiaro che Brian e Emilia avevano dato per scontato il fatto che avrebbero dormito insieme sotto il suo tetto, ma a lui la cosa faceva un certo effetto. Era suo figlio. E se li avesse sentiti? Ma che altro avrebbe potuto fare? Una scenata? I suoi di genitori, ovviamente, non avrebbero mai tollerato una cosa simile. Ma i tempi erano cambiati. Quando era giovane, lui era andato via di casa e aveva preso un appartamento a Londra per essere libero di dormire con le ragazze, stare fuori fino tardi e ubriacarsi. Oggigiorno i genitori permettevano ai figli di fare tutto questo a casa loro, perciò i ragazzi non se ne andavano mai, non ne avevano motivo; potevano fare tutto il sesso che volevano e tornare a casa ubriachi tutti i giorni, tanto avevano sempre qualcuno che preparava da mangiare e lavava i panni per loro. Ma Brian era solo di passaggio. Di sicuro era meglio lasciare semplicemente che lui e Emilia si comportassero secondo il loro solito. Banks poteva immaginare che razza di atmosfera si sarebbe creata se fosse andato da loro con fare autoritario e avesse detto: «Non sotto il mio tetto, non se ne parla!». Ma tutta quella faccenda, tanto la supposizione quanto la realtà dei fatti, lo faceva sentire ancora a disagio. Malgrado l'atteggiamento impertinente, Kelly Soames sembrava nervosa, pensò Banks. Dopo quello che aveva sentito da Annie riguardo alle gesta della ragazza, la cosa non lo stupiva. Probabilmente temeva che Banks spifferasse tutto al padre. «Kelly» disse il signor Soames «prepara una tazza di tè al signor Banks. Sarà anche un poliziotto, ma dobbiamo pur sempre essere ospitali con lui.» «No, non si disturbi, grazie» disse Banks. «Ho già bevuto troppo caffè stamattina.» «Come vuole. Io invece ne prendo volentieri una tazza, ragazzina.» Kelly se ne andò a fare il tè con aria svogliata e a Banks parve di vederla mentre stava con l'orecchio teso ad ascoltare quello che dicevano loro due.
Calvin Soames prese una pipa e cominciò a fumare un tabacco che emanava un puzzo terribile. Fuori il cane abbaiava ogni volta che un gruppo di escursionisti passava lungo il sentiero che costeggiava la fattoria. «Che ne pensava di Nick Barber?» chiese Banks. «Si chiamava così quel poveraccio?» «Sì.» «Non posso dirle granché, in realtà. Non lo conoscevo.» «Ma era cliente abituale del suo stesso pub.» Soames scoppiò a ridere. «Passare al Cross Keys a farsi una pinta ogni giorno o quasi per una settimana non vuol dire essere un cliente abituale, da queste parti. Dovrebbe saperlo.» «Tuttavia» ribatté Banks «lo ha visto più di una volta, abbastanza da poterlo salutare se lo incontrava, no?» «Credo di sì. Ma non do mai molta confidenza ai turisti, comunque.» «Perché no?» «Non ci arriva da solo? Quei maledetti londinesi vengono qui a comprare proprietà, i prezzi arrivano alle stelle e loro che fanno? Se ne stanno seduti nei loro appartamenti di lusso a Kensington e incassano la moneta, ecco quello che fanno.» «Portano il turismo nelle Dales, signor Soames» gli fece notare Banks. «Spendono soldi.» «Sì. Be', forse va bene per i negozianti» riprese Soames «ma a noi agricoltori non porta niente di buono, non crede? La gente se ne va a zonzo per le nostre terre mattina, pomeriggio e sera e rovina i nostri bei pascoli.» Da quello che sapeva Banks, non c'era mai niente che potesse giovare agli agricoltori. Sapeva che conducevano una vita dura, ma pensava anche che la gente li avrebbe rispettati di più se avessero smesso di lagnarsi in continuazione. Una volta erano le direttive dell'Unione Europea, una volta era l'accesso al sentiero, ogni giorno c'era qualcosa che non andava. Certo, solo pochi anni prima l'afta epizootica aveva sferrato un duro colpo alle fattorie delle Dales, ma le conseguenze non si erano limitate agli agricoltori, molti dei quali erano stati generosamente risarciti. La difficoltà era stata avvertita da tutte le aziende della zona, in particolare i bed and breakfast, i bar e le sale da tè, i pub, i negozi di articoli per l'escursionismo e le bancarelle del mercato. E questi non avevano ottenuto nessun risarcimento. Banks sapeva anche che l'epidemia aveva portato al suicidio più di una persona che aveva visto la propria attività andare in rovina. Non significava che non avesse comprensione per gli agricoltori; era solo che spesso
questi sembravano pretendere di essere i soli ad avere qualche diritto o ad aver subito un grave danno e poi già da soli avevano tanta comprensione per loro stessi da rendere superflua quella di chiunque altro. Banks comunque sapeva che doveva procedere con cautela; camminava su un terreno scivoloso. «Capisco che c'è un problema» disse «ma non si risolverà certo ammazzando i turisti.» «Crede che sia successo questo?» «Non so cos'è successo» replicò Banks. Kelly fece ritorno con il tè, quindi, dopo averlo consegnato al padre, sostò di nuovo sulla porta e prese a mordicchiarsi un'unghia. «Nessun abitante della zona avrebbe ucciso quel ragazzo, dia retta a me» ribatté Soames. «Come fa a saperlo?» «Perché quasi tutti la pensano come lei. CC trae vantaggio dai turisti, come tutti gli altri. Oh, alla gente delle Dales piace il gioco duro. Abbiamo il nostro orgoglio, se non altro. Ma chi arriverebbe mai a uccidere uno che si fa gli affari suoi e non dà fastidio a nessuno?» «È questa l'idea che si era fatto di Nick Barber?» «Non lo conoscevo molto, gliel'ho detto, ma dal poco che ho potuto vedere mi sembrava un ragazzo inoffensivo. Non era un chiacchierone, né un pallone gonfiato, a differenza di tanti altri. Che comunque non avremmo ammazzato lo stesso.» «Quando è tornato a casa l'altra sera, per controllare il fornello, ha notato qualcosa di insolito?» «No» rispose Soames. «Ho visto un paio di auto per strada - questo prima che andasse via la luce, mi ricordo - ma non c'era traffico. Era una serataccia e la maggior parte della gente, potendo scegliere, era rimasta in casa.» «Ha visto qualcuno vicino al cottage in cui alloggiava Nick Barber?» «No, ma abito dall'altra parte, perciò non avrei potuto.» «Tu che mi dici, Kelly?» chiese Banks. «Sono stata al pub tutto il tempo, a lavorare» rispose Kelly. «Non me ne sono andata neanche per un secondo. Può domandare a CC.» «Ma cosa ne pensavi di Nick Barber?» Era un terreno pericoloso quello, era ovvio, e Kelly cominciava a sembrare sempre più nervosa. Non lo guardava mai negli occhi. Ma Banks non era preoccupato per lei. La ragazza non conosceva le sue intenzioni, ma
Banks, senza rivelare il segreto di Kelly, voleva tenere d'occhio Calvin per capire dalle sue reazioni se l'uomo sapesse o no quello che stava succedendo fra la sua graziosa figlioletta e Nick Barber. «Non lo so, davvero» rispose Kelly. «Sembrava un ragazzo abbastanza tranquillo, come dice papà. Non parlava molto, in realtà.» Si studiò le unghie della mano. «Quindi nessuno dei due sa perché si trovava qui?» «Era in vacanza, suppongo» rispose Calvin. «Anche se non capisco proprio cosa ci venga a fare qualcuno quassù in questo periodo dell'anno.» «Sareste sorpresi se vi dicessi che era uno scrittore?» «Non ci avrei mai pensato» replicò Calvin. «Credo che stesse solo cercando un posto appartato in cui lavorare» disse Banks «ma potrebbe esserci anche un altro motivo per cui si trovava quassù, anziché in Cornovaglia o nel Norfolk, per esempio.» Banks vide Kelly irrigidirsi. «Non so se scrivesse romanzi o saggi storici, ma in ogni caso può darsi che stesse svolgendo alcune ricerche e che volesse incontrare qualcuno, una persona che conoscesse bene la zona e forse anche il passato. Vi viene in mente qualcuno del genere?» Calvin scosse il capo e Kelly fece lo stesso. Banks li studiò. Si riteneva un giudice piuttosto capace e, dalle reazioni e dal linguaggio del corpo di Calvin Soames, si convinse che l'uomo non era al corrente del fatto che la figlia andava a letto con Nick Barber, quindi non aveva nessun vero motivo per commettere l'omicidio. Non più di chiunque altro, in ogni caso. Se Kelly avesse un motivo oppure no, non lo sapeva. Era vero, stava lavorando quando Nick era stato assassinato, ma aveva confessato di aver incontrato Barber nel pomeriggio e, nel caso in cui il dottore avesse sbagliato del tutto nello stabilire l'ora del decesso, era possibile che Barber fosse già morto quando lei se n'era andata. Ma perché avrebbe dovuto ucciderlo? Si conoscevano soltanto da pochi giorni, stando a quello che aveva riferito Annie, ed entrambi si erano divertiti un po' senza nessuna aspettativa per il futuro. Come sempre, sarebbe stato meglio non tralasciare nessuna possibilità, pensò Banks, ma per il momento i suoi pensieri si rivolsero a Londra e a quello che avrebbero potuto scoprire nell'appartamento di Nick. Lunedì, 15 settembre 1969 Quello che deluse Chadwick, quando diede una scorsa al mucchio di fo-
tografie del festival di Brimleigh il lunedì mattina, fu che queste erano state tutte scattate durante il giorno, tranne le poche in cui i soggetti erano evidentemente in posa. C'era da aspettarselo. Il flash non arrivava a coprire grandi distanze e non sarebbe servito a nulla per le foto della folla di notte. Uno dei fotografi, però, era stato dietro le quinte, a quanto pareva; diverse delle sue fotografie almeno erano state scattate lì, istantanee. Linda Lofthouse compariva in tre di esse; lo svolazzante vestito bianco con il delicato ricamo non era stato difficile da individuare. In una era in piedi e chiacchierava in modo disinvolto con un gruppetto di capelloni, in un'altra era insieme a due uomini che lui non riconobbe e nella terza era seduta da sola a fissare un punto lontano. Era una fotografia mirabile, in primo piano, di profilo, forse era stata scattata con un teleobiettivo. Linda sembrava bella e fragile e non aveva nessun fiore dipinto sulla guancia. «Al piano di sotto c'è qualcuno che vuole vederla, signore» lo informò Karen, facendo capolino dalla porta e spezzando l'incantesimo. «Chi?» domandò Chadwick. «Una giovane coppia. Hanno chiesto solo di parlare con il responsabile delle indagini sull'omicidio del festival di Brimleigh.» «Ah, davvero? Meglio farli salire, allora.» Chadwick lanciò uno sguardo fuori dalla finestra mentre aspettava e sorseggiò il caffè tiepido. Si trovava ai piani alti dell'edificio, sul retro, e guardò fuori al di là della British Insulated Callender's Cables Ltd., vicino Westgate, verso la magnifica cupola del municipio, annerita come tutti gli altri edifici da un secolo di scarichi industriali. Un flusso costante di traffico si dirigeva a ovest, verso la tangenziale interna. Finalmente bussarono alla porta e Karen fece entrare la giovane coppia. I due sembravano un poco intimoriti, come sarebbe stato chiunque fosse entrato nel sancta sanctorum della centrale di polizia. Chadwick si presentò e disse ai due giovani di accomodarsi. Erano entrambi sulla ventina, il ragazzo aveva i capelli corti e ordinati e indossava un completo scuro, la ragazza invece portava una camicetta bianca e una minigonna nera, aveva i capelli biondi tirati indietro e legati sulla nuca con un nastro rosso. Tenuta da lavoro. Si presentarono come Ian Tilbrook e June Betts. «Avete detto che riguardava l'omicidio del festival di Brimleigh» cominciò Chadwick. Ian Tilbrook guardava dovunque tranne che in direzione di Chadwick e June armeggiava con la borsa che teneva appoggiata sulle gambe. Ma fu lei a parlare per prima. «Sì» rispose e guardò Tilbrook con la coda dell'oc-
chio. «So che avremmo dovuto farci avanti prima» si giustificò «ma noi c'eravamo.» «Al festival?» «Sì.» «Come migliaia di altre persone. Avete visto qualcosa?» «No, non si tratta di questo» rispose June. Guardò di nuovo Tilbrook, che fissava fuori dalla finestra, quindi tirò un respiro profondo e proseguì. «Qualcuno ci ha rubato il sacco a pelo.» «Capisco» disse Chadwick, a un tratto interessato. «Be', sui giornali c'era scritto di riferire tutte le cose strane e questo è strano, no?» «Perché non siete venuti prima?» June lanciò un altro sguardo a Tilbrook. «Lui non voleva essere coinvolto» spiegò. «È in lizza per ricevere una promozione alla fonderia di rame e pensa che perderebbe ogni probabilità se si scoprisse che va ai festival pop. Penserebbero che è un hippy drogato. E un sospettato per omicidio.» «Non è vero!» sbottò Tilbrook. «Ho detto solo che forse non aveva importanza, era solo un sacco a pelo, ma tu hai insistito.» Guardò l'orologio. «E adesso farò tardi al lavoro.» «Non preoccuparti di questo, figliolo» lo rincuorò Chadwick. «Ditemi solo cos'è successo.» Tilbrook mise il broncio, mentre June riprese la storia dal principio. «Be', i giornali hanno detto che si trovava in un sacco a pelo blu di Woolworth's e il nostro era blu e lo avevamo comprato da Woolworth's. Così ho pensato... sa.» «Saresti in grado di identificarlo?» «Non ne sono sicura. Non credo. Sono tutti uguali, non trova?» «Suppongo che voi due... ehm... che fosse abbastanza grande per tutti e due... ci avete passato dentro del tempo durante il weekend?» June arrossì. «Sì.» «Ci saranno delle prove che potranno confermarlo. Ma dovete comunque dargli un'occhiata.» June rabbrividì. «Non credo di farcela. C'è forse del...? Insomma, la ragazza...?» «Non c'è molto sangue, no, e voi non sarete costretti a vederlo.» «Va bene, allora. Credo.» «Ma prima datemi qualche dettaglio. Cominciamo con i tempi.» «In realtà non abbiamo fatto molto caso al tempo» intervenne Tilbrook
«ma è successo domenica sera, tardi.» «Come lo sai?» «C'erano i Led Zeppelin sul palco» spiegò June. «Era l'ultimo gruppo a suonare e noi siamo andati a vedere se riuscivamo ad avvicinarci un po' di più al palco. Abbiamo lasciato le nostre cose, pensando che, se trovavamo un altro posto, uno dei due sarebbe tornato a prenderle, mentre l'altro sarebbe rimasto lì, ma non abbiamo trovato neanche un buco; c'era un mucchio di gente davanti al palco. Quando siamo tornati, il sacco a pelo era sparito.» «Soltanto il sacco a pelo?» «Sì.» «Cos'altro avevate lasciato?» «Solo uno zaino con dei vestiti di ricambio, una bottiglia di gazzosa e qualche panino.» «Ed è rimasto tutto intatto?» «Sì.» «Dove eravate seduti?» «Proprio al margine del bosco, più o meno a metà del campo.» Era vicino, pensò Chadwick con un'ondata di eccitazione, molto vicino. Quindi l'assassino aveva camminato per duecento metri nel fitto bosco fino all'inizio del campo e aveva trovato un sacco a pelo. Era quello che cercava? Di certo sapeva che un mucchio di gente doveva averne uno. A quell'ora doveva essere buio, ormai. La folla doveva essere quasi tutta rapita dalla musica, l'attenzione della gente interamente rivolta al palcoscenico, e doveva essere stato piuttosto facile per una figura indistinta raccogliere un sacco a pelo, anche se i proprietari erano seduti lì vicino, e sgattaiolare di nuovo nel bosco. Certo, riportarlo sul campo con dentro un cadavere doveva essere stato più difficile e Chadwick era pronto a scommettere che qualcuno aveva visto qualcosa, una figura che trascinava una specie di sacco o lo portava sulla spalla. Perché nessuno si era fatto vivo? Evidentemente nessuno pensava di aver visto qualcosa di sospetto oppure volevano tutti evitare di avere qualsiasi tipo di contatto con la polizia. Anche le droghe potevano aver fatto la loro parte. Forse chi lo aveva visto era talmente fuori da non riuscire a capire cosa stava vedendo. D'altra parte, l'assassino poteva aver aspettato che i Led Zeppelin finissero di suonare e la gente cominciasse ad andare via. In quel momento sarebbe stato facile piazzare il sacco a pelo. Comunque fosse andata, la cosa più importante che l'assassino aveva dalla
sua parte era che nessuno dei venticinquemila presenti si sarebbe mai aspettato di vedere qualcuno trascinare sull'erba un cadavere racchiuso in un sacco a pelo. C'erano dei rischi, ovvio; ce ne sono sempre. Qualcuno avrebbe potuto anche vederlo mentre rubava il sacco a pelo, per esempio, e gridare «Al ladro!». Ma era così buio che non sarebbe stato in grado di fornire una descrizione e quegli hippy, da quanto aveva capito Chadwick, avevano un atteggiamento piuttosto sprezzante nei confronti della proprietà privata. E poi, qualcuno avrebbe potuto trovare il cadavere mentre lui era via. Ma anche in quel caso, l'unica cosa che avrebbe perso sarebbe stata l'opportunità di camuffare il delitto, di far sembrare che la ragazza fosse stata uccisa nel sacco a pelo sul campo. Era ovvio che non avevano a che fare con un genio del crimine, ma l'assassino aveva avuto la fortuna dalla sua. Anche se non avesse camuffato la scena del delitto e qualcuno avesse trovato il corpo nel bosco, non ci sarebbe stata nessuna prova che conducesse a lui e la polizia si sarebbe trovata allo stesso identico punto. O perlomeno al punto in cui si trovava prima che June Betts e Ian Tilbrook si facessero avanti. Non ci era voluto molto a sfatare la falsa pista riguardo al luogo in cui la vittima era stata uccisa e adesso, proprio come Chadwick aveva sperato, il tentativo di depistaggio aveva generato un indizio. Adesso avevano un'idea molto più precisa dell'ora in cui era avvenuto l'omicidio, se non altro, ma non sapevano ancora che fine avesse fatto il coltello. «Puoi essere un po' più precisa riguardo ai tempi?» domandò. «Da quanto era iniziata l'esibizione del gruppo?» «È difficile dirlo» rispose June, mentre guardava Tilbrook. «Non da molto.» «Stavano suonando I Can't Quit You Baby quando siamo andati a vedere se c'era un posto più vicino al palco» disse Tilbrook «e la canzone non era ancora finita quando siamo tornati indietro. Credo che fosse il secondo pezzo della scaletta e il primo è stato abbastanza breve.» Chadwick non aveva idea di quanto durassero quelle canzoni, ma pensò che forse poteva farsi dare una scaletta da Rick Hayes, con cui in ogni caso aveva intenzione di fare un'altra chiacchierata. Per il momento, quello poteva bastare. «Diciamo fra l'una e cinque e l'una e mezzo, allora?» «Non avevamo l'orologio» replicò June «ma se lei dice che hanno attaccato all'una, allora sì, l'esibizione doveva essere iniziata da una ventina di minuti, qualcosa del genere.»
L'una e venti, quindi. Questo significava che Linda era stata uccisa nell'arco di tempo che andava dall'una, ora in cui il gruppo aveva iniziato a suonare, all'una e venti. Mostrò la fotografia ai due giovani. «Avete mai visto questa ragazza?» «No» risposero quelli. Poi Chadwick mostrò loro le fotografie di Linda in compagnia di altre persone. «Riconoscete qualcuna di queste persone?» «Ma quelli non sono...?» chiese June. «Sì, credo di sì» rispose Ian. «Chi?» domandò Chadwick. «Fanno parte dei Mad Hatters» spiegò Ian. «Terry Watson e Robin Merchant.» Chadwick guardò di nuovo la fotografia. Avrebbe parlato con i Mad Hatters quel pomeriggio. «Okay» disse e si alzò. «Ora venite con me nella stanza dei reperti, così potrete dare un'occhiata al sacco a pelo.» Con riluttanza, i due lo seguirono. «So che ha un treno da prendere» disse la sovrintendente Catherine Gervaise quel lunedì mattina presto «ma volevo scambiare due parole con lei prima che partisse.» Banks si sedette di fronte a lei dall'altra parte della scrivania, in quello che una volta era l'ufficio di Gristhorpe. Era molto più disadorno adesso e sugli scaffali c'erano soltanto libri di diritto, criminologia e tecniche manageriali. Non c'erano più i volumi rilegati in pelle di Dickens, di Hardy e della Austen di cui Gristhorpe si era circondato, né i manuali di pesca con la lenza e quelli su come costruire un muro a secco. Su uno degli scaffali erano esposti alcuni premi vinti dalla sovrintendente nel tiro con l'arco, insieme a una foto incorniciata che la ritraeva mentre prendeva la mira. L'unico vero elemento ornamentale era il poster appeso alla parete di una vecchia rappresentazione della Tosca tenutasi al Covent Garden. «Come forse saprà» riprese la sovrintendente Gervaise «questa è la prima indagine per omicidio di un certo rilievo di cui sono responsabile e sono sicura che i ragazzi e le ragazze della sala operativa si staranno facendo grasse risate alle mie spalle.» «Niente a...» Lo zittì con un gesto della mano. «Non importa. Non è di questo che volevo parlarle.» Sparpagliò alcuni documenti che aveva sulla scrivania. «So parecchie cose sul suo conto, ispettore capo Banks. Faccio sempre in modo
di sapere il più possibile sugli agenti che si trovano sotto il mio comando.» «Una mossa molta saggia» osservò Banks, mentre si domandava se lo avesse chiamato lì solo per affermare altre banalità. La Gervaise gli lanciò un'occhiata fulminante. «Compresa la sua inclinazione al sarcasmo da quattro soldi» ribatté. «Ma non è nemmeno per questo che l'ho mandata a chiamare.» Si appoggiò allo schienale della sedia dirigenziale e sorrise, gli angoli della bocca a cuore si sollevarono formando un arco, quasi si preparassero a scagliare una freccia. «Vorrei cercare, per quanto possibile, di essere del tutto franca con lei, ispettore capo Banks, a patto che tutto quello che verrà detto qui stamattina rimanga tra me, lei e queste quattro mura. Sono stata chiara?» «Sì» rispose Banks, e stavolta si domandò cosa diavolo sarebbe successo. «So che ha perso di recente suo fratello in circostanze terribili e le faccio le mie più sentite condoglianze. So anche che ha perso la casa e che per poco non perdeva anche la vita, non molto tempo fa. Tutto considerato, è stato un anno piuttosto movimentato per lei, vero?» «È vero, ma spero che questo non si rifletta negativamente sul mio lavoro.» «Oh, ma credo che sia stato proprio così in effetti, non trova?» Portava un paio di occhiali ovali dalla montatura argentata, che si sistemò mentre dava uno sguardo alle carte che aveva sulla scrivania. «Ha nascosto informazioni nel corso di un'importante indagine, ha aggredito un sospettato con una spranga di ferro. Devo continuare? Ma non ha bisogno di incoraggiamento per superare il limite, vero, ispettore capo Banks? Non ne ha mai avuto bisogno. Il suo curriculum è un mosaico di decisioni discutibili e vere e proprie insubordinazioni. Res ipsa loquitur, come amano ripetere gli avvocati.» Sai fare anche citazioni in latino, pensò Banks fra sé e sé. Complimenti. «Senta» disse «ho preso qualche scorciatoia, lo ammetto. Devi farlo in questo mestiere, se vuoi mantenere il vantaggio sui delinquenti. Ma non ho mai giurato il falso, non ho mai contraffatto delle prove e non ho mai usato la forza per strappare una confessione. So di aver perso la testa a Londra l'estate scorsa, ma come ha detto lei stessa è stata una tragedia personale. Capisco che lei è la scopa nuova e vuole dare una bella spazzata. Mi sembra giusto. Se è il trasferimento quello che mi aspetta, allora togliamoci subito il pensiero.» «Cosa diavolo le fa pensare che sia così?»
«Forse qualcosa che ha detto.» Lo scrutò con gli occhi socchiusi. «Andava molto d'accordo con il mio predecessore, il sovrintendente Gristhorpe, non è vero?» «Era un bravo poliziotto.» «Con questo cosa vorrebbe dire?» «Quello che ho detto. Il signor Gristhorpe era un agente in gamba.» «E la lasciava a briglia sciolta.» «Sapeva come far portare a termine il lavoro.» «È vero.» La sovrintendente Gervaise si sporse in avanti e intrecciò le mani sulla scrivania. «Be', lasci che le dica qualcosa che la sorprenderà. Non voglio che lei cambi. Voglio anch'io che porti a termine il lavoro.» «Cosa?» disse Banks. «Sapevo che sarebbe rimasto sorpreso. Lasci che le spieghi una cosa. Sono una donna in un mondo fatto di uomini. Crede che non lo sappia? Crede che non sappia che molta gente ce l'ha con me per questo motivo e che non aspetta altro che io commetta qualche errore? Ma sono anche ambiziosa. Non vedo perché fra qualche anno io non possa diventare capo della polizia. Non necessariamente qui, ma da qualche parte. Magari mi daranno la posizione proprio perché sono una donna. Non mi interessa. Non ho nulla contro la discriminazione positiva. L'abbiamo aspettata per secoli. Ne abbiamo tutto il diritto. Il mio predecessore non era ambizioso. A lui non importava. Era prossimo alla pensione. Ma io no e vedo ancora una carriera davanti a me, una lunga e magnifica carriera.» «E quale sarebbe il mio ruolo in tutto questo?» «Sa bene quanto me che veniamo giudicati in base ai risultati e mentre studiavo la sua variegata carriera ho notato che lei ottiene i risultati. Forse non con i metodi tradizionali, forse non sempre secondo le vie prescritte dalla legge, ma li ottiene. E le interesserà sapere che ci sono anche relativamente poche note di biasimo a suo carico. Questo significa che la passa liscia. La maggior parte delle volte.» Si appoggiò allo schienale e sorrise di nuovo. «Quando il dottore le chiede quanto beve, lei cosa risponde?» «Come, scusi?» «Andiamo. Non c'entra niente il bere. Cosa gli dice?» «Mah, un paio di drink al giorno, più o meno.» «E sa cosa fa il suo dottore?» «Me lo dica lei.» «Raddoppia la cifra all'istante.» Si sporse di nuovo in avanti. «Quello che voglio dire è che tutti mentiamo su cose del genere e questo» picchiet-
tò sui fascicoli che aveva davanti «mi dice semplicemente che il numero delle volte in cui è stato pizzicato a fare qualcosa di non proprio ortodosso è soltanto la punta dell'iceberg. Il che è un bene.» «Davvero?» «Sì. Voglio qualcuno che sappia farla franca. Non voglio note di biasimo nei suoi confronti, perché queste si rifletterebbero su di me, ma voglio i risultati. E, come ho detto, lei li ottiene. La cosa mi piace e quando lascerò questa triste terra di pastori e di risse del sabato sera nei pub voglio portarmi dietro un brillante curriculum. E questo potrebbe accadere prima di quanto pensiamo, se il ministero dell'Interno lo vorrà. Lei legge i giornali, vero?» «Sì, signora» rispose Banks. Molte delle forze di polizia delle contee più piccole, come il North Yorkshire, erano state di recente giudicate dal ministero dell'Interno inidonee a mantenere l'ordine nel mondo moderno. Di conseguenza, si parlava di una possibile fusione con le forze delle contee vicine più grandi, il che significava che la polizia del North Yorkshire poteva essere inglobata da quella del West Yorkshire. Nessuno diceva cosa ne sarebbe stato del personale attuale se una tale rivoluzione avesse avuto luogo. «Lei può darmi quel brillante curriculum» continuò la sovrintendente Gervaise «e io in cambio le darò ampia libertà di azione. Potrà bere in servizio, seguire piste per conto suo, sparire per giorni interi senza dire niente a nessuno. Non mi importa. Ma mentre fa tutte queste cose, agisca solo ed esclusivamente per il bene del caso da risolvere e veda di risolverlo anche in fretta, così la gloria si rifletterà tutta su di me. Non dovrà mai battere la fiacca. Sono stata chiara anche stavolta?» «Sì, signora» rispose Banks, pieno di ammirazione e di sgomento per la messa a nudo dell'ambizione a cui aveva appena assistito e che avrebbe giocato in suo favore. «E se supera il limite, stia ben attento a non farsi beccare o la caccio fuori a calci nel sedere» aggiunse. Quindi si raddrizzò il colletto della camicetta di seta bianca che indossava e si appoggiò allo schienale della sedia. «Adesso vada» riprese «non ha forse un treno da prendere?» Banks si alzò e si incamminò verso la porta. «Ispettore capo Banks?» «Sì?» «Quella rappresentazione della Lucia di Lammermoor all'Opera North, a lei non è sembrata poco brillante? E Lucia non aveva la voce troppo acu-
ta?» Lunedì, 15 settembre 1969 Dopo una riunione con Bradley, Enderby e il sovrintendente McCullen, quel lunedì mattina sul tardi, Chadwick invitò Geoff Broome a pranzare con un panino e una birra al pub di fronte al Park Lane College. La maggior parte degli studenti si ritrovava nella saletta interna, un tantino più raffinata, ma quella esterna era il regno di Chadwick e anche di alcuni anziani pensionati che stavano seduti lì tranquilli a giocare a domino davanti alle loro birre alla spina. Con accanto un paio di pinte di Webster's Pennine Bitter e un piatto di panini al roast beef per ciascuno, Chadwick aggiornò Broome sull'omicidio di Linda Lofthouse. «Non capisco perché mi stai raccontando tutto questo, Stan» confessò Broome, quando ebbe finito il suo panino ed ebbe tirato fuori un pacchetto di Kensitas da dieci, quindi picchiettò con una sigaretta sul tavolo prima di accenderla. «Non mi sembra che si tratti di un omicidio legato alla droga.» Chadwick guardò Broome aspirare ed espirare il fumo e provò quella voglia tanto familiare che pensava di aver sconfitto per sempre sei anni prima, quando il dottore gli aveva trovato una macchia scura su un polmone, che si era rivelata essere tubercolosi e gli era costata sei mesi in una casa di cura. «Ti dà fastidio il fumo?» gli chiese Broome. «No, non ti preoccupare.» Chadwick bevve un sorso di birra. «Non sto dicendo che è un omicidio legato alla droga, ma che la droga può aver avuto una parte nella vicenda, ecco tutto. Mi chiedevo solo se potevi darmi una mano a scoprire quali erano i contatti della ragazza a Leeds. Conosci quel giro molto meglio di me.» «Certo, se ci riesco» replicò Broome. Come al solito, aveva i capelli tutti arruffati e sembrava che avesse dormito con il vestito che aveva addosso. Tutto ciò avrebbe potuto mascherare il fatto che era uno dei migliori investigatori della contea. Forse non tanto in gamba da accorgersi che la moglie se la faceva alle sue spalle con un rappresentante di aspirapolvere, ma abbastanza bravo da ridurre in modo significativo la quantità di droga introdotta illegalmente nella città. Gestiva anche una delle più efficienti reti di agenti sotto copertura e i molti informatori che pagava nell'ambiente della droga potevano contare sul più assoluto anonimato. Chadwick gli raccontò quello che aveva detto Donald Hughes a proposi-
to della sua visita alla casa di una delle vie Bayswater. «Così su due piedi non mi viene in mente nulla» disse Broome «ma qualche volta ci hanno mandato a controllare quel quartiere. Lascia che mi informi un po'.» «Un tizio di nome Dennis» gli disse Chadwick. «Potrebbe essere sia Bayswater Terrace sia Bayswater Crescent. È tutto quello che so.» Broome annotò in fretta i nomi delle strade. «Credi davvero che non si tratti solo dell'azione casuale di un pazzoide?» gli domandò. «Non lo so» rispose Chadwick. «Se guardi il delitto, o almeno quello che abbiamo scoperto sinora, questa è di sicuro una possibilità. Finché non veniamo a sapere qualcosa di più sul passato e sugli spostamenti della ragazza, se era drogata oppure no, ad esempio, non saremo in grado di stabilire nient'altro. È stata accoltellata cinque volte, tanto forte che il manico del coltello le ha lasciato dei lividi sul petto e la lama le ha tagliato un pezzo di cuore. Ma non c'era alcun segno di colluttazione sull'erba circostante e il livido che ha intorno al collo è molto leggero.» «Forse è stato un delitto passionale. Gli amanti si ammazzano di continuo, Stan. Lo sai.» «Sì, ma di solito lo fanno in modo più istintivo. Come ho detto, qui ci sono alcuni elementi di premeditazione. Tanto per cominciare, l'assassino era in piedi dietro di lei.» «Quindi era appoggiata a lui con la schiena. Si sentiva al sicuro. Che mi dici del fidanzato?» «A quanto ne so, non ce lo aveva. Aveva un ex fidanzato, Donald Hughes, ma il suo alibi non fa una piega. Ha passato quasi tutta la notte in officina per finire un lavoro urgente e non avrebbe avuto il tempo di andare dalle parti di Brimleigh.» «Qualcun altro con cui era in confidenza, allora?» «C'è la possibilità che conoscesse l'assassino, secondo me» ammise Chadwick «che fosse qualcuno con cui era in intimità, con cui si trovava a suo agio. Perché questo qualcuno l'abbia uccisa è ancora tutto da scoprire. Ma per saperne di più dobbiamo rintracciare i suoi amici.» «Be', non posso prometterti nulla, ma vedrò cosa posso fare» disse Broome. «Oh, Dio! Che ore sono? Devo scappare. Devo incontrarmi con un tizio per un carico di Dexedrina.» «Va molto di moda, vero?» «Puoi dirlo forte. Tu che hai in programma? Perché hai un'aria così afflitta?»
«Ho appuntamento con le loro maestà i Mad Hatters, oggi pomeriggio» spiegò Chadwick. «Che fortuna. Magari ti regalano un LP.» «Sai dove possono ficcarselo?» «Pensa a Yvonne, però, Stan. Diventeresti un eroe ai suoi occhi, incontri i Mad Hatters e loro ti regalano un LP con l'autografo.» «Ma va!» «Ti farò sapere della casa» disse Broome e se ne andò. Il mozzicone di sigaretta che Broome aveva lasciato dentro il posacenere era ancora fumante. Chadwick lo spense. Gli restò la puzza di fumo sulle dita, così andò in bagno a lavarsi le mani prima di sedersi di nuovo e finire la birra. Sentì un gruppo di studenti nella saletta interna ridere della canzone My Cherie Amour di Stevie Wonder che suonava al jukebox, una canzone che in effetti a Chadwick piaceva abbastanza quando l'ascoltava alla radio. Forse non era proprio una cattiva idea portare a Yvonne un LP con l'autografo, pensò, poi scartò subito l'ipotesi. Avrebbe perso la sua autorità se avesse chiesto l'autografo a un branco di scansafatiche con il cervello bruciato dalla droga. Chadwick cercò di immaginarsi i venticinquemila ragazzi che erano stati al festival di Brimleigh, tutti seduti nel buio ad ascoltare un gruppo assordante che si esibiva su un palco illuminato e distante. Sapeva che avrebbe potuto restringere la cerchia dei sospettati se si fosse impegnato abbastanza, soprattutto adesso che aveva un'idea più precisa dell'ora in cui era stato commesso l'omicidio. Prima di tutto, Rick Hayes nascondeva ancora qualcosa, ne era certo. Le fotografie istantanee provavano che Linda Lofthouse era stata dietro le quinte e che aveva parlato con due membri dei Mad Hatters, fra gli altri. Hayes doveva essersene accorto, ma non aveva detto niente. Perché? Stava proteggendo qualcuno? D'altro canto, Chadwick si ricordò che lo stesso Hayes era mancino, proprio come l'assassino, perciò se sapeva di più di quello che aveva detto... Eppure, si mise in guardia da solo, era inutile formulare tante teorie prima di conoscere i fatti. L'immaginazione non era mai stata il suo forte e poi aveva visto abbastanza da sapere che i particolari dell'omicidio non sempre fornivano indizi riguardo allo stato d'animo dell'assassino o al suo rapporto con la vittima. Le persone erano capaci di compiere atti strani e stupefacenti, alcuni dei quali erano omicidi. Finì la birra e tornò alla centrale. Avrebbe detto all'agente Bradley di sollecitare un po' i cervelloni, mentre lui si recava a Swainsview Lodge con il giovane Enderby.
Capitolo 8 Banks non era più tornato a Londra dopo la morte di Roy, ossia dopo i terribili attentati kamikaze alla metropolitana e agli autobus che si erano verificati quell'estate, e fu sorpreso quando all'ora di pranzo scese dall'Intercity della Great North Eastern Railway alla stazione di King's Cross, perché il solo fatto di essere lì gli aveva fatto venire un nodo alla gola. In parte era per via di Roy, ovviamente, e in parte era colpa del profondo senso di rabbia che provava per quello che quel posto aveva subito. Alla stazione di King's Cross c'era la solita folla di viaggiatori, che stavano in piedi a fissare i tabelloni come se sperassero di avvistare qualche astronave aliena. Non c'era neanche un posto dove sedersi. Le autorità ferroviarie non volevano incoraggiare la gente a ciondolare nella stazione; avevano già abbastanza problemi con i terroristi, la prostituzione giovanile e lo spaccio di droga. Così lasciavano quei poveri disgraziati ad aspettare in piedi i loro treni. Un agente in divisa andò incontro a Banks e Annie all'uscita secondaria, come stabilito, e li fece entrare alla svelta in una volante, che li portò per le strade del centro di Londra fino a Cromwell Road e lungo la Great West Road, superò gli edifici di vetro e cemento imbrattati dai graffiti che costeggiavano le strade di Hammersmith per condurli all'appartamento di Nick Barber a Chiswick, non lontano dalla Fuller's Brewery. Era un moderno palazzo di mattoni di pochi piani, tre in tutto, e Barber abitava all'ultimo, in uno degli appartamenti d'angolo. Il fabbro della polizia era lì ad attenderli. Quando le varie scartoffie furono compilate e consegnate, la serratura cedette così in fretta sotto le mani del fabbro, che Banks si domandò se quell'uomo un tempo non avesse usato la sua abilità per scopi meno legali. Banks e Annie si ritrovarono in una stanza dalle pareti viola a cui erano appese diverse locandine di concerti di famosi artisti psichedelici: Jimi Hendrix e John Mayall a Winterland, 1° febbraio 1968; i Buffalo Springfield al Fillmore Auditorium, 21 dicembre 1967; i Mad Hatters al Roundhouse di Chalk Farm, 6 ottobre 1968. Oltre a queste c'erano anche diverse copertine di dischi degli anni Sessanta incorniciate: Cheap Thrills, Disraeli Gears, Blind Faith, Forever Changes e la famigerata Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band disegnata da Sir Peter Blake. Sugli scaffali fatti su misura c'era una formidabile collezione di CD e LP e l'impianto stereo
Bangs & Olufsen era di ottima qualità, così come le cuffie Bose che erano appoggiate sulla poltrona di pelle. I CD erano decisamente troppi per guardarli tutti, ma con una rapida scorsa Banks notò che c'era una prevalenza del rock di fine anni Sessanta e inizio anni Settanta, con particolare attenzione a Bowie e ai Roxy Music, e che la collezione comprendeva alcuni gruppi a cui non pensava più da anni, come gli Atomic Rooster, i Quintessence, i Dr. Strangely Strange e gli Amazing Blondel. C'era anche una spolverata di jazz, principalmente Miles, Trane e Mingus, oltre a una discreta collezione di J. S. Bach, Vivaldi e Mozart. Uno scaffale era destinato alle riviste e ai quotidiani su cui Nick Barber aveva pubblicato recensioni o servizi e a brevi biografie di star del rock. C'era un po' di corrispondenza arrivata di recente, perlopiù bollette e pubblicità, su un piccolo tavolo da lavoro sotto la finestra. Non c'era un computer fisso, notò Banks, il che voleva dire che probabilmente Barber sbrigava tutto il lavoro direttamente sul portatile, che era sparito. La camera da letto era ordinata e funzionale, con un letto matrimoniale rifatto con cura e un guardaroba pieno di vestiti, più o meno tutti dello stesso genere di quelli che Nick aveva portato con sé nello Yorkshire: sportivi e non troppo costosi. Non c'era nulla che indicasse altri interessi oltre a quello per la musica, fatta eccezione per la libreria, che rifletteva un gusto discretamente cattolico nella scelta della narrativa moderna, che andava da Amis a Wodehouse e comprendeva qualche popolare libro di fantascienza, romanzi dell'orrore e alcuni polizieschi: Philip K. Dick, Ramsey Campbell, Derek Raymond, James Herbert, Ursula K. Le Guin, James Elroy e George Pelecanos. Per il resto erano tutti libri sul rock and roll: Greil Marcus, Lester Bangs, Peter Guralnik. Uno schedario che si trovava in un angolo della camera da letto conteneva copie di contratti, liste e recensioni di concerti a cui Nick aveva assistito, ricevute di pagamento e bozze di articoli, tutte cose che sarebbero state portate via per essere analizzate in dettaglio. Intanto, però, Banks trovò quello che gli serviva in una breve lettera, contenuta nella cartella «In corso», in cui si faceva riferimento alla «questione di cui abbiamo discusso» e si dava a Barber il via libera a iniziare. Gli veniva anche ricordato che non si effettuavano pagamenti anticipati. La carta da lettere riportava nell'intestazione il logo di «MOJO» e un indirizzo: Mappin House, su Winsley Street, nel West End. Era stata scritta il 1° ottobre, solo un paio di settimane prima che Nick Barber partisse per lo Yorkshire.
Sulla segreteria telefonica di Nick c'erano diversi messaggi: due da parte di una smaniosa ragazza che gli aveva lasciato il numero di telefono del posto in cui lavorava, dicendo che non lo vedeva da un pezzo e che le avrebbe fatto piacere andare a bere qualcosa insieme, un altro da parte di un amico che riguardava alcuni biglietti per un concerto dei Kasabian; infine, uno che offriva l'affare del secolo per l'installazione di doppi vetri. Da quanto Banks poteva vedere, Nick Barber aveva tenuto la sua vita pulita e ordinata e aveva portato in viaggio con sé la maggior parte di essa. E adesso era sparita. «È meglio se ci dividiamo» disse a Annie. «Io andrò agli uffici di "MOJO" e tu cercherai di scoprire qualcosa dalla ragazza che ha lasciato il numero di telefono del lavoro. Vedi anche se nell'appartamento riesci a trovare qualcosa che possa dirci un po' di più sul conto di Barber e fai portare i documenti e tutto il resto a Eastvale. Io prenderò la metropolitana e lascerò a te l'autista.» «Okay» replicò Annie. «Dove ci rivediamo?» Banks le nominò un ristorante italiano di Soho in cui era sicuro che non fossero mai andati insieme, in modo che non avesse troppi ricordi per loro. Avrebbero dovuto prendere un taxi o la metropolitana per tornare all'albergo, che era piuttosto lontano, si trovava dalle parti di Cromwell Road, non troppo distante dal magnifico Museo di Storia Naturale. Era pulito, gli avevano assicurato, e non avrebbe sforato il budget della polizia. Mentre Annie era impegnata ad ascoltare di nuovo i messaggi sulla segreteria di Barber, Banks lasciò l'appartamento e si diresse verso la stazione della metropolitana. Melanie Wright si asciugò le guance e si scusò con Annie per la seconda volta. Erano sedute in uno Starbucks vicino all'Embankment, il lungofiume settentrionale, non lontano dal posto in cui Melanie lavorava come agente immobiliare. Quando Annie l'aveva chiamata, la ragazza aveva detto che poteva prendersi una pausa, ma quando aveva saputo dell'omicidio di Nick Barber era rimasta sconvolta e il suo capo le aveva detto che poteva prendersi il resto del pomeriggio libero. Se Nick aveva un «tipo ideale» di ragazza, Annie non aveva ancora individuato qual era. Kelly Soames era sbarazzina, pallida e alquanto ingenua, mentre Melanie era ben fatta, abbronzata e sofisticata. Forse l'unica cosa che avevano in comune era che avevano entrambe qualche anno meno di lui e tutte e due erano bionde. «Nick non permetteva mai a nessuno di entrare in intimità con lui» spie-
gò Melanie davanti a un frappuccino «ma andava bene così. Voglio dire, ho solo ventiquattro anni. Non sono ancora pronta per il matrimonio. E nemmeno per vivere insieme a qualcuno, se è per questo. Ho un bell'appartamento a Chelsea che divido con un'amica e andiamo molto d'accordo, ognuna lascia all'altra i propri spazi.» «Ma uscivi insieme a Nick?» «Sì. Ormai uscivamo insieme da circa un anno, a intervalli. Insomma, non era un rapporto esclusivo il nostro. Non eravamo nemmeno quella che si definisce una coppia, in realtà. Ma ci divertivamo. Nick era un tipo divertente, la maggior parte delle volte.» «Che intendi con la maggior parte delle volte?» «Oh, poteva diventare un tantino noioso se si metteva a parlare del suo chiodo fisso. Tutto qua. Voglio dire, io non ero neanche nata quando ci sono stati quei maledetti anni Sessanta. Non è colpa mia. Non sopporto neanche quella musica.» «Quindi non avevi il suo stesso entusiasmo?» «Nessuno poteva averlo. Era qualcosa di più di un entusiasmo il suo. Cioè, so che può sembrare strano, perché lui era davvero fico e mi ha fatto conoscere un sacco di musicisti importanti... insomma, una volta abbiamo persino bevuto qualcosa insieme a Jimmy Page alla festa per una premiazione. Riesce a crederci? Jimmy Page! Persino io so chi è. Ma anche se sembra tutto molto fico, essere uno che scrive di rock e incontra gente famosa in fondo in fondo è un po' come avere qualsiasi altro hobby che ti logora, sa. Voglio dire, avrebbe anche potuto contare i treni, smanettare con il computer o che so io.» «Stai dicendo che Nick era uno un po' fissato?» «In un certo senso. Ovviamente aveva altre qualità, altrimenti non lo avrei mai frequentato. I fissati non sono il mio tipo.» «Non eri interessata solo ai gruppi, quindi?» La ragazza lanciò a Annie un'occhiata fulminante, carica di disapprovazione. «No. Non sono quel genere di ragazza. Ci divertivamo davvero, io e Nick. Non riesco a credere che sia morto. Mi mancherà talmente tanto.» Si asciugò gli occhi. «Mi dispiace, Melanie» disse Annie. «Non volevo essere insensibile, ma in questo mestiere si tende a diventare un tantino cinici. Quand'è stata l'ultima volta che hai visto Nick?» «Deve essere stato due settimane fa, un po' di più, forse.» «Che cosa avete fatto?»
Lanciò uno sguardo a Annie. «Secondo lei?» «Prima di quello.» «Abbiamo cenato.» «A casa sua?» «Sì. Era bravo a cucinare. Gli piaceva guardare tutti quei programmi di cucina che danno in televisione. Io non li sopporto. Se mi chiede cosa so fare io, rispondo: prenotare il ristorante.» Annie l'aveva già sentita, ma rise ugualmente. «Hai notato qualcosa di diverso in lui?» Melanie ci rifletté per un momento, con la fronte aggrottata, quindi rispose: «La mia è stata solo un'impressione, in realtà. Voglio dire, mi era capitato altre volte di stare con lui mentre preparava un servizio. Erano sempre importanti per lui... insomma, adorava farlo... ma quella volta sembrava agitato. Credo che non avesse ancora ricevuto l'autorizzazione». «Perché credi che fosse agitato? Temeva che non gli affidassero l'incarico?» «In parte forse per quello, ma credo piuttosto che ci fosse qualcosa di personale.» «Di personale?» «Sì. Non mi chieda perché. Voglio dire, Nick era fanatico quando si trattava dei suoi progetti e non svelava mai i dettagli, ma ho avuto la sensazione che stavolta la cosa lo riguardasse più da vicino.» «Ti ha detto su cosa o su chi stava lavorando?» «No. Ma non lo faceva mai. Non so se aveva paura che lo andassi a raccontare a qualcuno che avrebbe potuto rubargli l'idea, ma, come le ho detto, non rivelava mai nulla finché il lavoro non era concluso. Spesso spariva per intere settimane. Non mi diceva mai dove andava. Non era affatto obbligato, sia ben chiaro. Insomma, non eravamo come due fratelli siamesi o roba del genere.» «Non ti ha detto proprio niente riguardo a quel servizio?» «Soltanto una volta, quell'ultima sera.» Emise una risata secca. «È stata una cosa piuttosto buffa. Ha detto che era una storia molto piccante e che c'era dentro di tutto, persino un omicidio.» «Un omicidio? Ha detto proprio così?» Melanie scoppiò di nuovo a piangere. «Sì» rispose. «Ma non penso che intendesse il suo.» Lunedì, 15 settembre 1969
I Mad Hatters erano formati da cinque elementi, spiegò Enderby, mentre si destreggiava fra le tortuose strade di campagna con apparente disinvoltura: Terry Watson alla chitarra ritmica e alla voce, Vic Greaves alle tastiere e alla seconda voce, Reg Cooper alla prima chitarra, Robin Merchant al basso e alla voce, Adrian Pritchard alla batteria. Avevano formato il gruppo circa tre anni prima, dopo essersi conosciuti all'Università di Leeds, e pertanto erano considerati una band locale, anche se soltanto due di loro (Greaves e Cooper) in realtà erano dello Yorkshire. Per il primo anno all'incirca si erano limitati a fare serate in giro per il West Riding, dopodiché un agente di Londra aveva assistito per caso a una loro esibizione in un pub di Bradford e aveva deciso che avrebbero avuto la loro nicchia nell'ambiente londinese con la loro fusione unica di elementi psichedelici e pastorali. «Aspetti un minuto» disse Chadwick frustrato. «Mi spiega che diavolo sarebbe la "fusione di elementi psichedelici e pastorali", se non le dispiace?» Enderby gli rivolse un sorriso indulgente. «Pensi ad Alice nel paese delle meraviglie o a Winnie the Pooh accostati alla musica rock.» Chadwick fece una smorfia. «Preferirei di no. Vada avanti.» «È tutto, signore. Hanno preso piede, sono diventati sempre più importanti e ora hanno pubblicato un LP di successo e bazzicano l'élite del rock. Sono destinati a fare cose ancora più grandi. Quando ho parlato con Roger Waters, uno dei Pink Floyd, ieri a Rugby, mi ha detto che secondo lui faranno strada.» Chadwick era stufo di sentire Enderby che sfoggiava grossi nomi dal fine settimana precedente e si domandò se non fosse stato un errore mandarlo a interrogare i gruppi del festival di Brimleigh che avrebbero suonato a Rugby. In due giorni non aveva neanche scoperto nulla di interessante e aveva riferito che lì c'erano state solo trecento persone all'incirca. E non si era ancora tagliato i capelli. «Che diavolo c'entra Lord Jessop in tutto questo?» chiese, per cambiare argomento. «Questo posto è suo, non è vero?» «Sì. È giovane, ricco e anche lui un po' intellettualoide. Gli piace la musica e gli piace vivere a contatto con quel mondo. Si potrebbe dire che è uno a cui piace stare al passo coi tempi. In effetti, non c'è quasi mai e lascia che i ragazzi usino la sua casa e la sua tenuta per riposarsi e provare.» «Tutto qui?» «Sì, signore.»
Chadwick fissò il paesaggio fuori dal finestrino, il fondovalle alla sua sinistra dove il fiume Swain serpeggiava fra gli argini coperti di alberi e il pendio dalla parte opposta che era un insieme disordinato di muri a secco e prati verdi fino a metà circa della salita, dove l'erba diventava marrone e il pendio terminava con gli affioramenti di grigia roccia calcarea che segnavano l'inizio della landa di ginestre spinose e di erica. Era una bella giornata, c'erano solo poche nuvole bianche alte nel cielo. Tuttavia, Chadwick si sentiva fuori dal proprio habitat. Non che non avesse mai visitato le Dales prima di allora. Lui e Janet avevano fatto molte passeggiate lì quando Yvonne era più piccola e lui aveva ancora la sua prima auto, una Reliant a tre ruote che oscillava pericolosamente a ogni minima folata di vento trasversale. Non era insensibile davanti alla bellezza della natura, ma in fondo al cuore restava sempre un ragazzo di città. Dopo un po' l'aperta campagna non gli faceva più nessun effetto, a parte fargli sentire ancora di più la nostalgia dei marciapiedi umidi, del chiasso, del trambusto e della folla. Se fosse stato per lui, avrebbero passato le vacanze a esplorare qualche città nuova, ma a Janet piaceva la roulotte. Yvonne ben presto avrebbe smesso di andare insieme a loro, pensò, perciò forse avrebbe potuto convincere Janet a fare una gita a Parigi o ad Amsterdam, se avessero potuto permetterselo, e ad allargare i suoi orizzonti. Janet non era mai stata all'estero e lo stesso Chadwick era stato sul continente solo durante la guerra. Sarebbe stato interessante tornare a visitare i luoghi che aveva già visto. Non le spiagge, i campi di battaglia o i cimiteri, quelli non gli interessavano, ma i bar, i caffè e le case in cui la gente aveva spalancato le porte e i cuori per dimostrare la propria gratitudine dopo la liberazione. «Siamo arrivati, signore.» Chadwick si riscosse dalle sue fantasticherie quando Enderby accostò sull'erba, a lato della stretta stradina. «È questa la casa?» domandò. «Non sembra un granché.» Quello che riusciva a vedere al di là dell'alto muro di pietra e del cancello di legno era un comunissimo edificio di pietra calcarea con il tetto lastricato di pietra e tre comignoli. Era lungo e basso con pochissime finestre; tutto sommato, quel posto aveva un aspetto triste. «Questo è solo il retro» spiegò Enderby, mentre si avvicinavano al cancello. Questo si aprì su un cortile lastricato e un vialetto che li condusse a una robusta porta rossa con un grosso battaglio di ottone a forma di testa di leone. «Entrata di servizio.»
Enderby bussò alla porta e aspettarono. Il silenzio era opprimente, pensò Chadwick. Non c'era nemmeno un uccellino che cantava. Avrebbe preferito addirittura il rumore di un gruppo rock che provava. Be', a pensarci bene... La porta si aprì e furono accolti da un giovane di circa trent'anni che indossava una camicia con un motivo cachemire e un paio di jeans neri scampanati. I suoi capelli castani non erano tanto lunghi quanto si aspettava Chadwick, ma gli sfioravano il colletto della camicia. «Voi dovete essere i poliziotti» disse il ragazzo, con un evidente accento del sud di Londra. «Io sono Chris Adams, il manager del gruppo. Non capisco come possiamo esservi utili, ma entrate pure.» Enderby e Chadwick lo seguirono in un ampio corridoio rivestito di pannelli, con delle porte che si aprivano su entrambi i lati. Il legno scuro scintillava e Chadwick avvertì una zaffata di cera profumata al limone. In fondo al corridoio c'erano delle portefinestre che incorniciavano una vista mozzafiato sulla vallata di fronte, un guazzabuglio asimmetrico di campi e muri a secco, e sotto di essi, ai piedi del pendio, scorreva il fiume. Le portefinestre, notò Chadwick quando fu più vicino, conducevano a una terrazza con la balaustrata di pietra. Un tavolo, con tanto di ombrellone e sei sedie, era posizionato proprio davanti alle portefinestre. «Notevole» commentò Chadwick. «Non è male, quando il tempo è bello» replicò Adams. «Il che vuol dire quasi mai in questa parte del mondo.» «È della zona?» «Sono cresciuto a Leeds. Sono andato a scuola con Vic, il tastierista. Quaggiù.» Li condusse giù per una rampa di scale di pietra e Chadwick si rese conto che erano entrati dalla parte più elevata della casa e che sotto di loro c'era un intero piano. Almeno metà di esso, notò mentre varcavano la porta, era occupato da un'ampia stanza, al momento piena di chitarre, tamburi, strumenti a tastiera, microfoni, consolle, amplificatori, altoparlanti e grossi cavi elettrici serpeggianti: la sala prove. Grazie a Dio era silenziosa, a parte il ronzio di apparecchi elettrici che si diffondeva dappertutto. Altre portefinestre, queste erano aperte e conducevano in un patio, situato all'ombra della terrazza che si trovava al piano di sopra. Proprio al di là di esso, dopo un breve tratto di prato incolto, c'era una piscina di marmo e granito. Per quale motivo qualcuno aveva voluto una piscina all'aperto in un cortile dello Yorkshire, Chadwick non riusciva proprio a capirlo, ma i ricchi ave-
vano i loro gusti e i mezzi necessari per assecondarli. Forse era riscaldata. La luce del sole che si rifletteva sulla superficie rivelava che la piscina era piena d'acqua. Quattro giovani erano seduti in vari punti della grande stanza a fumare sigarette, a chiacchierare e a ridere con tre ragazze, mentre uno era sdraiato su un divano a leggere. Sopra un tavolo accostato al muro c'erano diverse bottiglie: Coca-Cola, gin, vodka, whisky, brandy, birra e vino. Sembrava che alcuni stessero già bevendo e Adams offrì qualcosa anche a loro, ma Chadwick rifiutò. Non gli piaceva sentirsi in debito con persone che potevano benissimo essere dei sospettati o diventarlo nel giro di pochi minuti. Erano vestiti tutti in modo informale, perlopiù in jeans e T-shirt, alcuni indossavano magliette tie-dye dai colori e dai disegni più stravaganti. I capelli molto lunghi erano la norma sia per gli uomini che per le donne, a eccezione di Adams, il quale sembrava un tantino più tradizionalista rispetto agli altri. Chadwick indossava un completo scuro e una cravatta chiara. Adesso che ci si trovava, Chadwick non sapeva bene da che parte cominciare. Adams gli presentò i membri del gruppo, che salutarono tutti in modo educato, e le ragazze, che ridacchiarono e si ritirarono in una delle altre stanze. Per fortuna, uno dei membri del gruppo si fece avanti e disse: «Come possiamo aiutarla, signor Chadwick? Abbiamo saputo quello che è successo a Brimleigh. È davvero terribile». Era Robin Merchant, bassista e cantante, e chiaramente anche portavoce. Era alto e snello, portava un paio di jeans e una giacca di un tessuto blu satinato, con sopra ricamati i segni dello zodiaco. «Non so cosa potete fare» replicò Chadwick, mentre si sedeva su una sedia pieghevole. «Ma abbiamo scoperto che la ragazza si trovava dietro le quinte a un certo punto, domenica sera, e stiamo cercando di capire se qualcuno l'ha vista lì o ha parlato con lei.» «C'era un sacco di gente in giro» osservò Merchant. «Lo so. E so anche che la situazione poteva essere un tantino, come dire, caotica lì dietro.» Uno dei compagni si mise a ridere. Adrian Pritchard, il batterista, pensò Chadwick. «Può dirlo forte. Era anarchia pura, amico.» Tutti risero. «Tuttavia» riprese Chadwick «qualcuno di voi potrebbe aver visto o sentito qualcosa di importante. Forse senza nemmeno saperlo, ma è possibile.»
«L'albero cade nel bosco anche se non c'è nessuno lì che possa sentirlo?» intervenne quello che era sdraiato sul divano. Vic Greaves, il tastierista. «Come ha detto?» gli chiese Chadwick. Greaves fissò un punto nel vuoto. «È una questione di filosofia, no? Come posso sapere qualcosa che non so? Come posso sapere se qualcosa accade se non la sperimento di persona?» «Quello che Vic vuole dire» spiegò Merchant, precipitandosi in suo soccorso «è che eravamo tutti abbastanza concentrati su quello che stavamo facendo.» «Ossia?» «Come, scusi?» «Cosa stavate facendo?» «Be', sa» rispose Merchant «ci stavamo solo rilassando nella roulotte, stavamo provando qualche accordo o forse stavamo bevendo qualcosa e scambiando quattro chiacchiere con i ragazzi degli altri gruppi. Dipende da che ora era.» Chadwick ne dubitava. Era più probabile, pensò, che si stessero drogando e stessero facendo sesso con le groupie, ma nessuno di loro lo avrebbe mai ammesso. «A che ora vi siete esibiti?» Merchant guardò gli altri per ottenere una conferma. «Siamo saliti sul palco verso le otto, o poco più tardi, e abbiamo suonato per un'ora, perciò siamo usciti di scena poco dopo le nove. Dopo che i tecnici hanno spostato l'attrezzatura e hanno sistemato le luci, hanno suonato i Pink Floyd, intorno alle dieci, poi i Fleetwood Mac e infine i Led Zeppelin.» «E dopo l'esibizione? Che cosa avete fatto?» Merchant scrollò le spalle. «Siamo rimasti un po' in giro, sa. Eravamo abbastanza su di giri, con tutta l'adrenalina dovuta all'esibizione eccetera... insomma, è andata davvero bene, un concerto grandioso e anche molto importante per noi... perciò ci servivano un paio di drink per calmarci. Non lo so, abbiamo ascoltato gli altri gruppi, cose di questo genere. Io sono stato un po' di tempo nella roulotte a leggere.» «A leggere cosa?» «Tanto non lo conosce.» «Mi metta alla prova.» «Aleisteir Crowley, Magick.» «Mai sentito nominare» disse Chadwick con un sorriso. Merchant gli lanciò uno sguardo severo e penetrante. «Gliel'avevo detto.
Lo sapevo.» «Siete rimasti fino alla fine?» «Certo. Jesse ci aveva detto che potevamo rimanere qui per la notte, così non dovevamo andare troppo lontano.» «Jesse?» «Scusi. Lord Jessop. Lo chiamano tutti Jesse.» «Capisco. Ed è qui adesso?» «No, è in Francia. Passa un bel po' di tempo laggiù, ad Antibes. Lo abbiamo visto il mese scorso, quando abbiamo fatto una serie di concerti lì.» «In Francia?» «Proprio così. Il nostro album si vende parecchio da quelle parti.» «Complimenti.» «Grazie.» «Lord Jessop era a Brimleigh?» «Certo. È partito per Antibes martedì o mercoledì scorso.» Tutto a un tratto, un fischio assordante sembrò penetrare nella testa di Chadwick come una motosega. «Scusate.» Reg Cooper, il primo chitarrista, si scusò imbarazzato. «Effetto Larsen.» Mise giù la chitarra con cautela. Il rumore scemò a poco a poco. «Ti sto annoiando, ragazzo, eh?» disse Chadwick. «No» borbottò Cooper. «Niente affatto. Ho chiesto scusa. Non l'ho fatto apposta.» Chadwick sostenne lo sguardo di Cooper per un attimo, quindi rivolse di nuovo la sua attenzione a Robin Merchant. «Torniamo all'8 settembre» disse. «Riteniamo che la ragazza sia stata uccisa fra l'una e l'una e venti del mattino, mentre i Led Zeppelin suonavano una canzone intitolata I Can't Quit You Baby.» Quell'espressione uscì con estrema difficoltà dalla bocca di Chadwick e notò che alcuni dei ragazzi sogghignarono mentre pronunciava quelle parole. «Mi pare di capire che sono piuttosto rumorosi» continuò, ignorandoli «perciò è improbabile che qualcuno abbia sentito qualcosa, sempre se c'era qualcosa da sentire, ma qualcuno di voi è andato nel bosco a un certo punto?» «Nel bosco?» chiese Merchant. «No, non ci siamo mai andati. Siamo stati dietro le quinte, sotto il palco nell'area stampa oppure nella roulotte.» «Tutti insieme? Per tutto il tempo?» Chadwick diede una scorsa ai volti degli altri membri. Annuirono tutti.
«"Se oggi vai nel bosco..."» Vic Greaves intonò la filastrocca infantile. «Perché saremmo dovuti andare nel bosco, amico?» chiese Adrian Pritchard. «Il movimento era tutto dietro le quinte.» «Quale movimento?» «Sai, amico... le fighe... la...» «Sta' zitto, Adrian» lo interruppe Merchant. Si girò verso Chadwick e incrociò le braccia. «Senta, so che voi poliziotti avete un mucchio di preconcetti nei nostri confronti, ma siamo puliti. Può perquisire la casa, se vuole. Faccia pure.» «Ne sono sicuro» ribatté Chadwick. «Sapevate del nostro arrivo. Ma la droga non mi interessa. Non adesso, perlomeno. Mi interessa di più sapere cosa stavate facendo quando questa ragazza è morta e se per caso qualcuno di voi l'ha vista o ha parlato con lei.» «Be', gliel'ho detto» replicò Merchant. «Non ci siamo mai avvicinati al bosco e come facciamo a sapere se l'abbiamo vista oppure no, se nessuno di noi sa come si chiamava o come era fatta?» «Non avete visto i giornali?» «Non ci prendiamo mai la briga di farlo. Sono pieni delle balle che racconta il sistema.» «Comunque» disse Chadwick, mentre afferrava la valigetta «ci stavo arrivando. Il caso vuole che abbia qui con me una sua foto abbastanza recente. Dovrebbe interessarvi.» Tirò fuori la fotografia di Linda insieme ai due membri dei Mad Hatters e la passò a Merchant, il quale l'agguantò e la fissò a bocca aperta. «Ma questa è... Vic?» La passò a Vic Greaves, che era ancora stravaccato sul divano a fumare e, a Chadwick, sembrava abbastanza estraniato. Greaves si alzò e prese la fotografia. «Cazzo» disse. «Porca puttana.» E la foto gli scivolò dalle mani. Chadwick si avvicinò e la raccolse, quindi rimase di fronte a Greaves. «Chi è?» gli chiese. «La conosce?» «Diciamo di sì» rispose Greaves. «Senti, non mi sento bene, Rob. La testa, è... come se i serpenti e le altre cose stessero tornando, capisci, amico... come se dovessi...» Si allontanò. Merchant fece un passo avanti. «Vic non sta molto bene» spiegò. «Il dottore dice che soffre di affaticamento e che al momento il suo stato emotivo è molto fragile. Questo deve essere stato un brutto trauma per lui.» «Perché?» chiese Chadwick, mentre si sedeva di nuovo. Merchant indicò la foto. «Quella ragazza è Linda... Linda Lofthouse, la cugina di Vic.»
Cugina. La signora Lofthouse non aveva fatto il minimo accenno alla cosa. Ma perché avrebbe dovuto? Lui non le aveva fatto domande sui Mad Hatters e la donna doveva essere sotto shock. Tuttavia, questo era un nuovo sviluppo che valeva la pena di seguire. Chadwick guardò Vic Greaves con maggiore interesse. Di gran lunga il più trasandato del branco, sembrava che non si facesse la barba da quattro o cinque giorni, aveva la pelle di un pallore spettrale, come se non vedesse mai la luce del sole, e il volto punteggiato di foruncoli rossi infiammati. I capelli scuri erano divisi a ciocche, come se si fosse appena svegliato e non li lavasse né li pettinasse da una settimana. Anche i vestiti erano spiegazzati, come se ci avesse dormito. C'era un libro in brossura tutto sciupato sul divano accanto lui, intitolato Incontri con uomini straordinari. «Erano molto legati?» domandò Chadwick a Robin Merchant. «No, non proprio, non credo. Insomma, sa, erano cugini. Lei è cresciuta a Leeds, mentre la famiglia di Vic viveva a Rochdale.» «Ma a noi risulta che vivesse a Londra» disse Chadwick. «Non è lì che vivete tutti, adesso?» «È un posto molto grande.» Chadwick tirò un respiro profondo. «Signor Merchant» disse «capisco benissimo che lei e i suoi compagni siete molto impegnati, e soprattutto famosi, e senza dubbio anche ricchi. Ma una giovane ragazza è stata brutalmente assassinata durante un festival al quale voi avete partecipato. È stata vista dietro le quinte mentre parlava con due di voi e ora si viene a sapere che uno di voi è addirittura suo cugino. C'è qualche motivo particolare per cui il nostro signor Greaves soffre di affaticamento, per cui il suo stato emotivo è così turbato? Perché questo è esattamente quello che può succederti quando uccidi qualcuno.» Tutti restarono di sasso dopo la controllata invettiva di Chadwick. Greaves si buttò sul divano e il libro cadde a terra. Si prese la testa fra le mani e cominciò a lamentarsi. «Parlaci tu, Rob, parlaci» piagnucolò. «Diglielo tu. Io non ce la faccio.» «Senta» disse Merchant. «Perché non facciamo due passi qui fuori, ispettore? Farò del mio meglio per rispondere alle sue domande. Ma non vede che sta mettendo in crisi Vic?» Mettere in crisi Vic Greaves non era una delle principali preoccupazioni di Chadwick, ma pensò che se avesse fatto come gli era stato chiesto, forse sarebbe riuscito a strappare qualche altra informazione a Robin Merchant, che fra tutti sembrava il più equilibrato. Fece un cenno a Enderby per ordi-
nargli di restare lì con gli altri e si incamminò con Merchant sul patio lastricato e quindi verso la piscina in fondo alla discesa. «La usate mai?» domandò Chadwick. «Qualche volta» rispose Merchant con un sorriso. «Per le orge di mezzanotte nei due giorni di agosto in cui fa abbastanza caldo. Jesse cerca di tenerla pulita, ma è difficile.» «Per caso non è che anche Lord Jessop è parente di qualcuno?» «Jesse? Buon Dio, no. È un mecenate. Un amico.» Restarono sul bordo della piscina a guardare la valle davanti a loro. Chadwick scorse un trattore rosso che attraversava uno dei campi lì di fronte per dirigersi verso una minuscola fattoria. Il fianco della collina era punteggiato di pecore. Lanciò uno sguardo alla piscina. Le prime foglie secche galleggiavano sulla superficie dell'acqua ricoperta di sporcizia, insieme a un passero morto. «Va bene, signor Merchant» riprese Chadwick. «Devo arguire che lei è il leader del gruppo?» «Il portavoce. Non crediamo nei leader.» «Benissimo. Portavoce. Questo significa che può parlare a nome degli altri?» «Fino a un certo punto. Sì. Non che loro non siano capaci di parlare da soli. Ma Vic, come può vedere, non è proprio un incantatore di folle, sebbene abbia un'immensa energia creativa. Adrian e Reg sono in gamba, ma non sono particolarmente eloquenti, e Terry è troppo immerso nella cultura hippy per parlare con gli sbirri.» «Lei sembra istruito.» «Ho una laurea, se è questo che intende. Letteratura inglese.» «Sono stupito.» «Non ce n'è motivo. È solo un pezzo di carta.» Merchant colpì un paio di sassolini vaganti con il piede. Questi affondarono nella piscina con un lieve tonfo. «Non possiamo finirla qui? Non voglio essere scortese o altro, ma abbiamo un tour da fare e dobbiamo esercitarci. Al contrario di quello che pensa la gente, le rock band non sono un accostamento casuale di fannulloni con un minimo di talento musicale e amplificatori rumorosi. Prendiamo sul serio la nostra musica e lavoriamo sodo.» «Ne sono certo. Credo che se le facessi domande semplici e dirette e lei mi rispondesse con la massima sincerità, ci sbrigheremmo in poco tempo. Che ne dice?» «Ci sto. Chieda pure.» Merchant si accese una sigaretta.
«È stato il signor Greaves a procurare a Linda Lofthouse un pass per entrare dietro le quinte?» «Sono stato io» disse Merchant. «Perché lei?» «Vic non è... insomma, come può vedere, non si sa rapportare con le regole, con le persone che comandano e roba del genere. Queste cose lo intimidiscono. Lui era suo cugino, ma ha chiesto a me di farlo per conto suo.» «Quindi lo ha fatto?» «Sì.» «E Linda dove avrebbe dovuto ritirarlo?» «All'ingresso del backstage.» «Dagli addetti alla sicurezza, presumo, vero?» «Sì.» Questo significava o che non avevano interrogato la guardia che aveva consegnato il pass a Linda o che questa si era dimenticata di averlo fatto oppure aveva mentito. Be', pensò Chadwick, la gente mente spesso alla polizia. Molti non vogliono farsi coinvolgere. E c'è sempre quel leggero senso di colpa che ognuno di noi si porta dentro. «Poteva andare e venire quando le pareva?» «Sì.» «Di cosa stavate parlando quando siete stati fotografati insieme?» «Le stavo solo chiedendo se si divertiva, nient'altro. Era una chiacchierata molto informale. Abbiamo parlato soltanto un paio di minuti. Non sapevo nemmeno che qualcuno ci avesse scattato una foto.» «Linda si stava divertendo?» «Ha detto di sì.» «C'era qualcosa che le dava fastidio?» «Non che io sappia.» «Qual era il suo stato d'animo?» «Buono. Cioè, voglio dire, normale.» «Era preoccupata o spaventata per qualche motivo?» «No.» «Le ha parlato ancora quella sera, dopo che è stata scattata la fotografia?» «No.» «Non l'ha più vista?» «Soltanto in giro, sa, da lontano.»
«Aveva un fiore dipinto sulla guancia, quando l'ha vista più tardi?» Merchant esitò un istante, quindi rispose: «In effetti, sì. Almeno credo che fosse lei. C'era una tizia nell'area stampa che faceva body art». Bene, pensò Chadwick, finalmente un'ipotesi. Tuttavia, sarebbe stato utile rintracciare quella tizia, sempre se era possibile, per stabilire con certezza se era stata lei a dipingere il fiore sulla guancia di Linda. «Conosceva bene Linda?» «No, affatto. L'avevo incontrata a Londra un paio di volte. Una volta, mentre registravamo l'album, si è messa in contatto con Vic tramite i genitori e ha chiesto se poteva assistere alle prove in studio insieme a un'amica. Le piaceva la musica, in effetti le abbiamo lasciato suonare un po' la chitarra acustica durante uno dei brani, poi lei e l'amica hanno fatto qualche accordo. Non erano niente male.» «Quale amica?» «Un'altra figa. In realtà non ci ho parlato.» «Linda è mai uscita insieme a qualcuno del gruppo? «No.» «La pianti, signor Merchant. Linda Lofthouse era una ragazza straordinariamente attraente, o forse non lo ha notato?» «Nel nostro mondo le belle ragazze non mancano. Comunque, non mi è sembrata il genere di ragazza che se la fa con un musicista rock.» «Che intende?» «Voglio dire che sembrava una ragazza per bene, ben educata, solo un po' più sveglia delle altre e con interessi più raffinati rispetto alle sue amiche.» «Aveva avuto un bambino.» «E allora?» «Devi andare a letto con qualcuno per restare incinta. Lo ha avuto quando aveva quindici anni, perciò come può dire che non era "quel" genere di ragazza, dopo averla incontrata soltanto due volte?» «Lo chiami pure istinto. Non lo so. Magari mi sbaglio. Sembrava una brava ragazza, ecco tutto. Non faceva quella impressione. Si impara a distinguerle, soprattutto in questo ambiente. Prenda quelle tre che ha visto quando è arrivato.» «Quindi Linda non usciva con nessuno del gruppo?» «No.» «Che mi dice degli altri gruppi che hanno partecipato al festival?» «Può darsi che abbia parlato con alcune persone, ma non l'ho vista anda-
re in giro per molto tempo con qualcuno in particolare.» «Che mi dice di Rick Hayes?» «L'organizzatore? Sì, l'ho vista insieme a lui. Linda disse di averlo conosciuto a Londra.» «Era il suo ragazzo?» «Ne dubito. Voglio dire, Rick è un tipo in gamba, non mi fraintenda, ma in quel campo è un perdente e poi non si comportavano come se stessero insieme.» Chadwick se lo annotò mentalmente. I perdenti in amore spesso trovavano modi curiosi e violenti per esprimere la loro insoddisfazione. «Sa se aveva un ragazzo? Ha mai nominato qualcuno?» «Non che mi ricordi. Senta, ha mai pensato che possa trattarsi di qualcos'altro?» «Che intende?» «Potrebbero aver pensato che non fosse un omicidio.» «Potrebbero chi?» «Tanto per dire. Chiunque sia stato.» «Non la seguo.» «Me ne sono accorto. Non lo so. Le mie sono solo congetture. Non tutti vedono il mondo alla sua stessa maniera.» «Me ne sto rendendo conto.» «Be', sa... voglio dire, omicidio è soltanto una parola.» «Posso assicurarle che per me è molto di più.» «Scusi, scusi. Non intendevo essere offensivo. Ma è lei che fraintende! Sto solo cercando di farle capire che altre persone potrebberlo pensarla in modo diverso.» Chadwick cominciava ad avere la sensazione di trovarsi in un episodio del film-documentario The Wednesday Play. Con una voglia matta di tornare su un terreno più solido, domandò: «Sa dove abitava?». Merchant sembrò far ritorno da un luogo molto lontano e raccogliere i propri pensieri prima di rispondere con voce stanca. «Aveva una stanza a Powis Terrace. Notting Hill Gate. Almeno così ha detto quel giorno, quando è venuta allo studio di registrazione.» «Non sa a che numero?» «No. Non avrei nemmeno saputo il nome della via, ma quando ha detto che era a Notting Hill le ho chiesto dove, perché è un quartiere magnifico. Tutti conoscono Notting Hill... Portobello Road, Powis Square eccetera.» Chadwick si ricordava Portobello Road, perché aveva trascorso qualche
giorno di licenza a Londra durante la guerra. «Costoso?» «Diamine, no. Non per Londra, almeno. Sono tutti monolocali economici.» «Ha detto di averla incontrata un paio di volte a Londra. Quando è stata la seconda?» «Una serata al Roundhouse, l'anno scorso. Credo fosse ottobre. Una di quelle organizzate da Rick Hayes. Lei aveva chiesto di nuovo a Vic di procurare a lei e all'amica i pass per entrare dietro le quinte e lui aveva delegato me.» «La stessa amica che era con lei nello studio di registrazione?» «Sì. Scusi, ma, come ho detto, non ci ho parlato. Non mi ricordo come si chiama.» Chadwick fissò di nuovo la valle. Il trattore era sparito. Le ombre delle nuvole correvano lungo i campi e sugli affioramenti di roccia calcarea, mentre la brezza si alzava. «Non ha una gran memoria, vero, ragazzo?» chiese. «Senta, mi dispiace se non le sono di aiuto» replicò Merchant «ma è la verità. Linda non ha mai fatto parte della combriccola e non era una groupie. Si è messa in contatto con Vic tre volte in tutto negli ultimi due anni, solo per chiedergli qualche piccolo favore. A noi la cosa non dispiaceva. Non c'era nessun problema. Era una sua parente, dopotutto. Ma non c'è altro. Nessuno di noi è uscito insieme a lei e nessuno di noi la conosceva davvero bene.» «Ed è tutto qui?» «Sì.» «Torniamo a domenica scorsa. Dove eravate tutti voi fra l'una e l'una e venti del mattino?» Merchant gettò il mozzicone di sigaretta nella piscina. «Proprio non me lo ricordo.» «Era insieme agli altri ad ascoltare i Led Zeppelin?» «Per un po' sì, ma in realtà non fanno per me. Devo aver passato un po' di tempo a leggere nella roulotte o al chiosco della birra.» «Non è un granché come alibi, non trova?» «Non pensavo che me ne servisse uno.» «Che mi dice degli altri?» «Erano in giro.» «Il vostro manager, il signor Adams. C'era anche lui?» «Chris? Sì, c'era anche lui da qualche parte.»
«Ma non lo ha visto?» «Non ricordo di averlo visto in qualche momento particolare, no, ma ogni tanto lo vedevo passare.» «Quindi chiunque di voi avrebbe potuto portare Linda Lofthouse nel bosco e accoltellarla.» «Ma nessuno aveva un motivo per farlo!» ribatté Merchant. «Non la frequentavamo, la conoscevamo appena. Io le ho solo procurato i pass, nient'altro.» «I pass?» «Sì, due.» «Questo non me lo ha detto poco fa.» «Lei non me lo ha chiesto.» «Per chi era l'altro pass?» «Per la sua amica, la ragazza con cui era venuta.» «La stessa con cui l'ha vista al Roundhouse e allo studio di registrazione? Quella di cui non ricorda il nome?» «Proprio quella.» «Perché non lo ha detto prima?» Merchant alzò le spalle. «Se le ha procurato un pass, allora deve sapere come si chiama.» «Non l'ho guardato.» «L'ha vista più tardi, durante il festival?» «Una o due volte.» «Erano insieme?» «La prima volta che l'ho vista, sì. Dopo non più.» «Cosa sa di questa ragazza?» «Niente. Era un'amica di Linda e cantavano insieme nei locali. Credo che abitassero insieme o che fossero vicine di casa, non lo so.» «Che aspetto ha?» «Ha più o meno l'età di Linda. Capelli scuri e lunghi, carnagione olivastra. Bel fisico.» «A che ora l'ha vista l'ultima volta?» «Non lo so. Mentre suonavano i Pink Floyd. Doveva essere quasi mezzanotte.» «Ed era insieme a Linda?» «No, quella volta non ho visto Linda.» «Che cosa stava facendo quest'altra ragazza?» «Era in piedi insieme a un gruppetto di persone, bevevano e chiacchie-
ravano.» «Chi?» «Persone. Nessuno in particolare.» Chi era dunque questa ragazza?, si domandò Chadwick. E perché non aveva denunciato la scomparsa dell'amica? Cominciò a interrogarsi, e non per la prima volta, sulle facoltà mentali della gente con cui aveva a che fare. Possibile che a queste persone non importasse se qualcuno rubava loro un sacco a pelo o peggio ancora se qualche loro amico scompariva all'improvviso? Non si aspettava che vedessero il mondo alla sua stessa maniera, ossia con pericoli nascosti in ogni angolo, ma preoccuparsi era una semplice questione di buon senso. A meno che non fosse successo qualcosa anche all'amica. Non lo avrebbe certo scoperto continuando a ciondolare per Swainsview Lodge, si rese conto, e il solo pensiero di parlare con qualcun altro di quei tizi gli faceva venire l'emicrania. Chadwick ringraziò Robin Merchant per avergli dedicato il suo tempo e disse che avrebbe dovuto parlare con Vic Greaves prima o poi, quando si fosse ripreso, quindi tornò dentro. Enderby, con aria compiaciuta, tirò fuori una copia dell'LP dei Mad Hatters e chiese a Merchant se poteva fargli l'autografo. Quello acconsentì. Gli altri erano stravaccati sulle sedie a fumare e a sorseggiare i loro drink, Reg Cooper pizzicava le corde della chitarra producendo una dolce melodia, Vic Greaves sembrava addormentato sul divano, aveva ritrovato del tutto la calma. In sottofondo si udiva il brusio dell'impianto acustico. Chris Adams li accompagnò all'uscita, si scusò per Greaves e assicurò ai due poliziotti che se avessero avuto ancora bisogno di qualcosa avrebbero potuto contattarlo, diede loro il numero di telefono e li lasciò sulla porta. «Quello dove lo ha preso?» chiese Chadwick nell'auto, indicando il disco. «Me lo ha dato lui. Il manager. L'ho fatto firmare da tutti.» «È meglio che lo consegni a me» disse Chadwick. «Non vorrà mica che qualcuno pensi che si è fatto corrompere, vero?» «Ma, signore!» Chadwick tese la mano. «Coraggio, ragazzo. Dammelo.» Con riluttanza, Enderby gli consegnò l'LP con gli autografi. Chadwick lo infilò nella valigetta e soffocò un sogghigno, mentre Enderby in pratica sradicava la leva del cambio per immettersi di nuovo sulla strada. Capitolo 9
L'ufficio di «MOJO» era uno stanzone quadrato senza pareti divisorie situato sullo stesso piano delle redazioni delle riviste «Q» e «Kerrang!» e ospitava più o meno una ventina di persone. C'erano due finestre abbastanza grandi su un lato e due lunghe scrivanie attrezzate con computer Macintosh in vari colori e piene zeppe di CD, libri di consultazione e raccoglitori di documenti. Era disordinato, ma in modo piacevole. Alcuni schedari erano stati incassati sotto le scrivanie. Le pareti erano tappezzate di poster, perlopiù ingrandimenti di alcune copertine di «MOJO». Le persone che Banks vide lavorare lì erano di tutti i tipi: capelli corti, capelli lunghi, capelli grigi, teste rasate. L'abbigliamento era prevalentemente casual, ma ogni tanto saltava all'occhio anche qualche cravatta. Nessuno prestò a Banks la minima attenzione mentre John Butler, il direttore che lui era andato a incontrare, lo condusse verso una parte di scrivania che si trovava vicino alla finestra. In mezzo alle carte, sulla scrivania, c'era un sacchetto vuoto della catena di negozi Prèt a Manger e un olezzo di pancetta aleggiava nell'aria, ricordando a Banks che era metà pomeriggio e lui stava morendo di fame. Quando si sedette sentì il suo stomaco brontolare. John Butler sembrava sulla quarantina ed era una delle persone vestite in modo più informale nell'ufficio: indossava un paio di jeans e una vecchia maglietta degli Hawkwind. La sua testa rasata scintillava sotto le lampade al neon. C'era della musica in sottofondo, un pezzo degli anni Sessanta con chitarre stridenti e armoniche. Banks non era in grado di riconoscerlo, ma gli piaceva. Poteva sentire anche i potenti bassi del mix di musica dance che arrivava da lì vicino. Pensò che doveva essere difficile concentrarsi sulla scrittura con tutto quel rumore intorno. «Si tratta di Nick Barber» esordì. «Mi risulta che stesse svolgendo un incarico affidatogli da lei.» «Sì, è esatto. Povero Nick.» Butler corrugò la fronte. «Uno dei migliori. Nessuno, e dico nessuno, era più esperto di Nick in fatto di musica degli ultimi anni Sessanta e dei primi anni Settanta, soprattutto quella dei Mad Hatters. È una perdita enorme per tutto il mondo della musica.» «Il mio compito è quello di scoprire chi lo ha ucciso» disse Banks. «Capisco. Se posso aiutarla in qualche modo, naturalmente... anche se non vedo come.» «Qual era l'incarico di Nick Barber?» «Stava preparando un importante servizio sui Mad Hatters» rispose But-
ler. «Nello specifico su Vic Greaves, il tastierista. L'anno prossimo ci sarà il quarantesimo anniversario della formazione della band e il gruppo si riunirà per un imponente tour.» Banks aveva sentito parlare dei Mad Hatters. Non erano in mold a non sapere chi fossero. Si erano ricostruiti dalle ceneri degli anni Sessanta come poche altre band avevano saputo fare, tranne forse i Fleetwood Mac dopo che Peter Green aveva lasciato il gruppo e i Pink Floyd dopo che Syd Barrett se n'era andato. Ma non senza enormi sacrifici, si rammentò Banks. «Dove si trovano adesso?» domandò. «Un po' ovunque. Quasi tutti vivono a Los Angeles.» «Vic Greaves è scomparso dalla circolazione qualche anno fa, vero?» chiese Banks. «Esatto. Nick lo aveva scovato.» «Come ci è riuscito?» «Proteggeva molto bene le sue fonti, ma direi che molto probabilmente ci è riuscito tramite una ditta di noleggio o un agente immobiliare. Aveva i suoi contatti. Vic Greaves non fa sforzi sovrumani per restare nell'anonimato, è solo che fa una vita da recluso e non pubblicizza la sua presenza. Cioè, è stato rintracciato altre volte. Il problema è che nessuno riesce a ottenere granché da lui, così tutti si arrendono, a parte forse qualcuno di quegli sciroccati che lo vedono come una sorta di personaggio di culto, ecco perché lui, o Chris Adams per lui, difende la sua privacy in quel modo. In ogni caso, però, Nick ci è riuscito e può stare certo che non lo ha fatto tramite Chris Adams, il manager.» «Perché no?» «Adams è molto protettivo nei confronti di Greaves. Sin da quando ha avuto l'esaurimento. Erano vecchi amici, a quanto pare, dai tempi della scuola.» «E Nick dove ha trovato Greaves?» «Nel North Yorkshire. Gli Hatters avevano un forte legame con lo Yorkshire grazie a Lord Jessop e Swainsview Lodge. Inoltre, Vic e Reg Cooper, il primo chitarrista, erano entrambi ragazzi del posto. Hanno incontrato gli altri all'Università di Leeds.» «North Yorkshire, ha detto? Da quanto viveva lì?» «Non lo so» rispose Butler. «Nick non lo ha detto.» Quindi la meta del pellegrinaggio di Nick Barber era stata sotto il suo naso per tutto il tempo e lui non ci aveva mai pensato. Be', perché avrebbe dovuto? Se uno voleva vivere come un eremita nelle Dales, poteva farlo
benissimo. Adesso Banks aveva una vaga reminiscenza. Forse sapeva cosa poteva aver condotto Nick Barber a Swainsdale. «Mi dia una mano lei su questo» disse. «Io non sono cresciuto nella zona e non mi trovavo lì in quel periodo, ma a quanto mi ricordo, c'era un altro collegamento con il gruppo, vero?» «Robin Merchant, il bassista.» «È annegato, giusto?» «In effetti è così. È annegato in una piscina circa un anno dopo che Brian Jones aveva fatto la stessa identica fine. Giugno 1970. Una tragica vicenda.» «E la piscina era quella di Swainsview Lodge» aggiunse Banks. «Ora mi ricordo.» Si meravigliò di non aver trovato il collegamento prima, ma a dirla tutta, seppure avesse saputo che anche Brian Jones era annegato in una piscina, non avrebbe mai saputo dove questa si trovasse. Per lui una piscina valeva l'altra. Ma Nick Barber di sicuro era a conoscenza di dettagli del genere, proprio come i tifosi conoscono i punteggi della propria squadra, le statistiche e i giocatori più forti anche a distanza di anni. «Swainsview Lodge è disabitata da qualche anno, ormai» riprese Banks. «Da quando Lord Jessop è morto di AIDS, nel 1997. Non ha lasciato eredi.» Nessuno voleva quel vecchio cumulo di pietre, si rammentò Banks. Costava troppo mantenere la villa, tanto per cominciare, e c'era bisogno di parecchi lavori di ristrutturazione. Un paio di catene alberghiere avevano dimostrato un fugace interesse, ma la faccenda dell'afta epizootica le aveva subito scoraggiate e a un certo punto si era parlato di trasformare la villa in un centro congressi, ma poi non se ne era fatto nulla. «Mi racconti qualcosa di più su Nick Barber» disse. «Non c'è granché da dire, in realtà» replicò Butler. «Come è entrato nel giro? Stando ai suoi genitori, non aveva frequentato nessuna scuola di giornalismo.» «Potrà sembrarle un po' strano, ma le scuole di giornalismo non sono viste di buon occhio in questo settore. Si prendono troppi vizi. Certo, bisogna saper scrivere, ma questo lo giudichiamo noi. Ciò che conta più di tutto è la passione per la musica.» Quel lavoro avrebbe fatto proprio al caso suo, pensò Banks, se solo fosse stato capace di scrivere. «E Nick Barber ce l'aveva?» «A palate. E aveva anche una conoscenza approfondita di tutti i generi, compresi il jazz e la musica classica. Come ho detto, era una mente brillante ed è stata una terribile perdita.»
«Da quanto tempo scriveva per lei?» «Da circa sette o otto anni, a intervalli.» «E il suo interesse per i Mad Hatters?» «Gli ha dedicato gli ultimi cinque anni, più o meno.» «Da quello che ho visto, sembra che conducesse una vita piuttosto frugale.» «Nessuno ha detto che a fare i giornalisti di musica si guadagna bene, ma ci sono un sacco di agevolazioni aggiuntive.» «Come la droga?» «Non intendevo quello. Avere i pass per entrare dietro le quinte ai concerti, essere a stretto contatto con l'élite del rock, godere di un certo prestigio con le ragazze, questo genere di cose.» «Credo che preferirei avere cento sterline in più a settimana» commentò Banks. «Be', suppongo che questa sia una delle ragioni per cui questo lavoro non fa per lei.» «Sono d'accordo. Perché Nick non faceva parte del personale dipendente?» «Perché non voleva. Noi lo avremmo assunto al volo, come pure la concorrenza, ma Nick voleva mantenere la sua indipendenza. Gli piaceva lavorare free-lance. A essere del tutto sinceri, alcune persone non danno il meglio di sé nell'ambiente dell'ufficio e io credo che Nick fosse una di queste. Gli piaceva essere libero di andarsene in giro, ma rispettava sempre la scadenza delle consegne.» Banks capiva bene quello di cui parlava Butler. Non era forse la stessa cosa che la sovrintendente Gervaise aveva detto di lui quella mattina? Resta pure fuori dall'ufficio, ma portami i risultati. «Come ha ottenuto l'incarico?» «Ha proposto lui il servizio. La cosa buffa è che avevamo appena tenuto la nostra riunione mensile e avevamo deciso di fare qualcosa sugli Hatters. Anniversari, tournée dopo la riunificazione di un gruppo e cose simili di solito sono un ottimo pretesto per una rivalutazione o per una nuova rivelazione.» «Quindi le ha telefonato lui?» «Sì. Proprio un attimo prima che noi chiamassimo lui. Aveva già scritto qualcosa su di loro, solo articoli e recensioni, pezzi brevi ma efficaci. Senta, posso darle qualche numero arretrato, se vuole, così può farsi un'idea di quello che scriveva.»
«Gliene sarei grato» replicò Banks, che era convinto di aver letto qualche pezzo di Barber in passato. Ma non conservava i numeri arretrati di «MOJO». La pila era già abbastanza alta. «Quale è stato il passo successivo?» «Ci siamo incontrati un paio di volte per definire i dettagli ed elaborare un breve sommario, per individuare il fulcro del pezzo.» «Che doveva essere Vic Greaves?» «Sì. Lui è sempre stato il personaggio chiave, l'uomo del mistero. Il genio tormentato e via dicendo. E non poteva scegliere momento peggiore per lasciare il gruppo. Robin Merchant era appena morto annegato e la band stava per sciogliersi. Se non fosse stato per Chris Adams, lo avrebbe fatto sul serio. Nick sperava di ottenere un'intervista esclusiva. Sarebbe stato un vero scoop, se fosse riuscito a far parlare Greaves. Voleva scrivere anche qualcosa sulle loro prime esibizioni, quelle fatte prima che Merchant morisse e Greaves se ne andasse, per confrontare lo stile con quello dei lavori più recenti.» «Quanto tempo sarebbe servito a Barber per scrivere un servizio del genere?» «Diciamo dai due ai cinque mesi. Innanzitutto ci sono un bel po' di ricerche da fare, un sacco di storia da passare al setaccio, un sacco di gente con cui parlare e non sempre è facile. Devi anche separare il materiale autentico da quello apocrifo e questo può risultare davvero difficile. Sa cosa si dice riguardo agli anni Sessanta e la memoria? Quello che non si dice è che se la gente non se li ricorda, se li inventa. Ma a Nick tutto si poteva dire tranne che non era meticoloso. Era un bravo scrittore. Controllava sempre i fatti e le fonti. Due volte. Non c'è una sola esibizione dei Mad Hatters che lui non abbia preso in esame, non esiste nemmeno una recensione di quelle comparse sui giornali universitari che lui non abbia scovato, nemmeno un introvabile B-side che lui non abbia ascoltato un centinaio di volte.» «A che punto si trovava?» «Aveva a malapena iniziato. Aveva passato un paio di settimane a girare, a fare telefonate, a visitare i vecchi luoghi di ritrovo, questo genere di cose. Voglio dire, molti dei posti in cui gli Hatters hanno suonato agli albori della carriera non esistono neanche più. E forse aveva fatto qualche ricerca sul periodo in generale, sa, come spulciare le vecchie recensioni dei giornali custoditi negli archivi della British Library. Ma aveva in programma di cominciare a scrivere la parte centrale del servizio nello Yor-
kshire. Si trovava lì soltanto da una settimana quando... be', sa cos'è successo.» «Le aveva inviato qualche resoconto?» «No. Ho parlato con lui al telefono un paio di volte, tutto qua. A quanto pare, era costretto ad andare a una cabina telefonica dall'altra parte della strada per chiamare, quando era nello Yorkshire. Lì i cellulari non funzionano, non c'è campo.» «Lo so» disse Banks. «Come le è sembrato?» «Era emozionato, ma era anche molto guardingo. Una storia come quella... voglio dire, se Nick fosse davvero riuscito a far parlare Vic Greaves del passato... be', se qualcuno avesse fiutato qualcosa... può immaginare cosa sarebbe successo. Il nostro ambiente può essere una vera giungla a volte.» «Abbiamo proprio bisogno di sapere dove abita Vic Greaves» disse Banks. «Lo capisco e se conoscessi l'indirizzo, glielo direi. Nick mi ha nominato un paesino che si chiama Lyndgarth, nel North Yorkshire. Io non lo avevo mai sentito, ma pare che sia vicino a Eastvale, se questo può esserle d'aiuto. È tutto quello che so.» Banks sapeva che a Lyndgarth avrebbe potuto trovare Vic Greaves abbastanza facilmente. «Lo conosco» disse. «È molto vicino al cottage in cui alloggiava Nick. Si può raggiungere a piedi, in effetti. Sa per caso se aveva già parlato con Greaves?» «Una volta.» «E?» «Non era andata bene. Stando a Nick, Greaves si era fatto prendere dall'agitazione, si era rifiutato di parlare, come sempre, e lo aveva cacciato. A essere sinceri, dubito fortemente che riuscirà a cavargli di bocca qualcosa di sensato.» «Cos'ha che non va?» «Nessuno lo sa. È diventato strano, nient'altro. Diversi anni fa.» «Quando gli ha parlato Nick?» «Non me lo ha detto. La settimana scorsa, ma non so di preciso quando.» «Che giorno le ha telefonato?» «Venerdì. Venerdì mattina.» «Che aveva intenzione di fare?» «Voleva parlare di nuovo con Greaves. Tentare un approccio diverso.
Nick era bravo. Aveva soltanto sondato il terreno. Avrebbe trovato qualcosa per destare l'interesse di Greaves, qualche punto in comune, e da lì sarebbe andato avanti.» «Ha idea» chiese Banks «del perché questa storia sia costata la vita a Nick?» «Neanche mezza» rispose Butler, e allargò le mani. «Stento ancora a credere che sia accaduta una cosa del genere. Voglio dire che forse quello che è successo non ha nulla a che vedere con i Mad Hatters. Ha considerato questa eventualità? Magari è stato un marito furioso. Era un po' un dongiovanni, il nostro Nick.» «C'era qualche marito in particolare che negli ultimi tempi lo avrebbe voluto morto?» «Non che io sappia. Sembrava che non frequentasse mai le donne per periodi troppo lunghi, soprattutto se cominciavano a diventare appiccicose. Gli piaceva avere la sua indipendenza. E la musica è sempre stata un impedimento. Per dirla tutta, la maggior parte dei tizi che lavorano qui abitano da soli. Preferirebbero rovistare fra i vecchi dischi in vinile su Berwick Street che uscire con una ragazza. Sono tipi solitari, ossessionati.» «Quindi Nick Barber era uno che le amava e le abbandonava?» «Qualcosa del genere.» «Forse è stata una fidanzata furiosa, allora?» Butler rise con fare irrequieto. Banks ripensò a Kelly Soames, ma non credeva che avesse ucciso lei Nick Barber e non solo per la discrepanza temporale. C'era sempre il padre, però, Calvin Soames. Era scomparso dal pub per quindici minuti e nessuno lo aveva visto tornare a casa sua a Lyndgarth per controllare il fornello. Era una serataccia, questo era da ammettere, e la fattoria era piuttosto isolata, ma valeva la pena di fare qualche altra considerazione. La domanda era: Soames stava fingendo di non sapere nulla di Barber e Kelly? E se era stato lui, perché aveva portato via tutta la roba di Barber? Se proprio doveva essere sincero, però, l'istinto gli diceva che era stata la storia dei Mad Hatters a far uccidere Barber. Non aveva idea del perché. A meno che uno non fosse un artista soul o rap, quella del musicista era in genere una professione scevra da omicidi e bisognava compiere uno sforzo di immaginazione per figurarsi degli hippy attempati che se ne andavano in giro a colpire la gente con un attizzatoio. Eppure, eccolo là. Nick Barber si era recato nello Yorkshire in cerca di un'ex star del rock che viveva come un eremita, l'aveva trovata e nel giro di pochi giorni era stato ucciso,
mentre tutti i suoi appunti, il suo cellulare e il suo computer portatile erano spariti. Banks ringraziò Butler per il tempo che gli aveva concesso e disse che forse sarebbe tornato per fare qualche altra domanda. Butler lo accompagnò all'ascensore e si fermò lungo la strada per prendergli qualche numero arretrato. Banks uscì sull'affollata Oxford Street con le idee un po' più chiare di quando era arrivato a Mappin House. Si accorse di trovarsi proprio davanti a HMV, il grande negozio di dischi, così decise di entrare. Lunedì, 15 settembre 1969 C'era un'atmosfera soffusa quel lunedì sera al Grove. Qualcuno aveva spento tutte le luci e aveva disposto una candela su ogni tavolo. Yvonne era seduta in fondo alla sala piccola, vicino alla porta, insieme a Steve, Julie e pochi altri. C'era anche McGarrity, ma per fortuna non si era seduto con loro. A un certo punto era salito sul palco e aveva recitato una poesia di T. S. Eliot. Era tipico di quel ragazzo, aveva pensato Yvonne. Snobbava le poesie di tutti gli altri, ma non aveva nemmeno la creatività necessaria per comporne una per conto suo. Avevano parlato un po' di un concerto che si era tenuto a Toronto quel sabato, dove John Lennon e Yoko Ono avevano fatto un'apparizione per suonare insieme ad alcune leggendarie star del rock'n'roll, e avevano fatto qualche sporadico commento sugli omicidi di Los Angeles, ma la gente sembrava perlopiù chiusa in se stessa. Certo, avevano già saputo il lunedì prima che a Brimleigh era successo qualcosa, ma adesso non si parlava d'altro... e il nome della vittima era comparso sul giornale di quella mattina e al notiziario della sera. Molte persone la conoscevano, almeno di nome o di vista. Yvonne era ancora esterrefatta per il disco dei Mad Hatters con tanto di autografi che il padre le aveva dato prima che lei uscisse quella sera. Non riusciva nemmeno a credere che fosse stato nella stessa stanza con quel gruppo fantastico, figuriamoci se poteva immaginarselo mentre chiedeva a tutti di firmare la copia del loro LP. Ma negli ultimi tempi era pieno di sorprese. Forse c'era ancora qualche speranza per lui. A parte la parodia di Eliot che aveva fatto McGarrity, la maggior parte della serata fu affidata ai cantanti folk locali. Una ragazza cicciottella con i capelli corti, che indossava jeans e maglietta, cantò She Walks Through the Fair e Farewell, Farewell. Un trovatore con la chioma riccia e gli incisivi separati da uno spazio cantò The Trees They Do Grow High e Needle of
Death, seguite da alcuni dei primi pezzi di Bob Dylan. C'era una nota di tristezza in tutte quelle canzoni e Yvonne sapeva, anche se nessuno lo aveva detto, che quello era un concerto d'addio per Linda. Altre persone in quel locale la conoscevano molto meglio di quanto la conoscesse lei; in effetti, Linda aveva suonato lì più di una volta quando era andata a trovare i suoi amici a Leeds. Tutti quanti aspettavano con ansia le sue visite. Yvonne avrebbe voluto essere come lei, una di quelle persone che avevano una spiritualità così sfolgorante da attirare la gente a sé. Ma non poteva neanche dimenticare che qualcuno era stato tanto attratto da lei da ucciderla. Si rammentò della fotografia che era scivolata fuori dalla valigetta del padre: Linda con il viso e gli occhi privi di espressione. Quel piccolo commovente fiordaliso sulla guancia; Linda che non era tornata a casa; Linda morta, che era solo un guscio vuoto, poiché la sua anima era volata via verso la luce. Sentì che gli occhi le si riempivano di lacrime mentre faceva questi pensieri e ascoltava le tristi canzoni del passato, ballate che parlavano di omicidio e tradimento, di amanti sovrannaturali, di metamorfosi, di sciagure in mare e di gioventù bruciata. In teoria non avrebbe dovuto bere, ma al Grove poteva passare facilmente per una diciottenne e Steve le portava bevande alcoliche dolci e gassate come Babycham, Pony e Cherry B. Dopo un poco, cominciò a sentirsi stordita e nauseata. Andò in bagno e si cacciò un dito in gola. La cosa la aiutò. Quando ebbe finito, si sciacquò la bocca, si lavò la faccia e si accese una sigaretta. Non aveva un'aria troppo malconcia. Mentre usciva dal bagno fu costretta a passare vicino a McGarrity nel corridoio stretto e fu spaventata dall'aria crudele e divertita che questo aveva sul volto per via del suo evidente disagio. Il ragazzo si fermò, si schiacciò contro i suoi seni e fece scorrere un dito, sporco e con l'unghia mangiucchiata, sulla guancia di Yvonne mentre sussurrava il suo nome. La fece rabbrividire. Quando tornò da Steve e gli altri, c'era l'intervallo. Non aveva ancora affrontato con Steve l'argomento Linda, in parte perché temeva che lui ci fosse andato a letto e la cosa la rendeva gelosa. Non avrebbe dovuto. La gelosia era un sentimento negativo, diceva sempre Steve, da evitare, ma lei non poteva farci niente. Linda era così perfetta che al confronto Yvonne si sentiva solo un'ingenua e goffa scolaretta. Alla fine si convinse a farlo. «Conoscevi bene Linda?» gli chiese nel modo più disinvolto possibile. Steve prese una sigaretta dalla scatola di latta di tabacco Old Holborn prima di rispondere. «In realtà no» disse. «È andata via prima che io en-
trassi nel gruppo. L'ho vista solo un paio di volte, quando è venuta da Londra ed è stata da Dennis.» «A Bayswater Terrace? Era lì che abitava?» «Sì. Prima di andare a Londra.» «Con Dennis?» «Non abitava con Dennis, si appoggiava solo da lui, accidenti.» Steve la guardò con aria perplessa. «Che importanza ha, comunque? Ormai è morta. Dobbiamo lasciar perdere.» Yvonne cominciò a innervosirsi. «Non ha nessuna importanza. È solo... cioè... io l'ho incontrata solo una volta e mi è piaciuta, ecco tutto.» «Tutti quanti adoravano Linda.» «Non tutti, a quanto pare.» «Che vuoi dire?» «Be', qualcuno l'ha uccisa.» «Questo non significa che non potesse amarla.» «Non capisco.» Steve le accarezzò il braccio. «È un mondo difficile, Von, e le persone agiscono mosse dalle più svariate motivazioni; spesso sono ragioni che noi non comprendiamo, ragioni che non capiscono nemmeno loro. Quello che voglio dire è che chiunque sia stato non deve necessariamente averlo fatto per odio, per gelosia o per invidia, o per qualunque altro sentimento negativo. Potrebbe anche averlo fatto per amore. O come atto di gentilezza. A volte devi distruggere le cose a cui tieni di più. Non spetta a noi giudicare.» Yvonne detestava quando lui la metteva a tacere in quel modo, come se fosse davvero una sciocca scolaretta che proprio non ci arrivava. Ma non ci arrivava davvero. Per lei Linda era stata assassinata. Tutti quei discorsi sull'uccidere per amore o per gentilezza per lei non avevano senso. Forse perché era la figlia di un poliziotto, pensò. In tal caso, era meglio che la smettesse di darlo a vedere o gli altri si sarebbero rivoltati contro di lei in un lampo. «Hai ragione» disse. «Non spetta a noi giudicare.» E la seconda parte della serata prese il via. Scorse McGarrity in mezzo alla folla, un'ombra scura e incurvata alla luce delle candele, proprio alla destra del palco, e le sembrò che la stesse fissando. Dopodiché un ragazzo dai capelli lunghi e biondi salì sul minuscolo palco e si mise a cantare Polly on the Shore.
Nel séparé di un ristorante italiano chiassoso e pieno di fumo su Frith Street, Banks e Annie dividevano acqua frizzante e una bottiglia di rosso della casa, mentre Banks si tuffava sulla scaloppina di vitello al marsala e Annie sulla sua pasta primavera. Fuori era scesa la sera e le strade, i pub e i ristoranti di Soho si riempivano di persone che avevano appena finito di lavorare o che arrivavano nel West End per passare la serata fuori. Le luci rosse e viola si riflettevano sulla strada e sui marciapiedi resi lucidi dalla pioggia. «Mi devi spiegare un bel po' di cose» disse Annie, mentre si metteva i capelli dietro le orecchie per evitare che le andassero in bocca mentre mangiava. «Riguardo a cosa?» chiese Banks. «Questa faccenda dei Mad Hatters. Non ho capito quasi nulla di quello che mi hai detto prima di cena.» «Non è colpa mia se nel tuo bagaglio culturale ci sono lacune così profonde» ribatté Banks. «Accetta il fatto che sono una giovane inesperta e spiegami tutto in parole povere.» «Non hai mai sentito parlare dei Mad Hatters?» «Certo che ne ho sentito parlare. Li ho persino visti nel programma televisivo di Jonathan Ross. Non è questo il punto. È solo che non conosco tutta la loro storia, ecco.» «Sono diventati famosi alla fine degli anni Sessanta, più o meno nello stesso periodo dei Led Zeppelin, un po' dopo i Pink Floyd e gli Who. La loro musica era diversa. Aveva elementi di folk-rock, come quella dei Byrds e dei Fairport Convention, ma loro le avevano dato un taglio psichedelico, almeno all'inizio. Pensa alla canzone Eight Miles High che si fonde con la ballata tradizionale Sir Patrick Spens.» Annie fece una smorfia. «Lo farei, se solo sapessi come fa almeno una delle due.» «Mi arrendo» replicò Banks. «In ogni caso, gran parte del loro sound e del loro stile era dovuta al tastierista, Vic Greaves, il tizio di cui parlavamo prima, che adesso vive a Lyndgarth, e al primo chitarrista, Reg Cooper, un altro ragazzo dello Yorkshire.» «Vic Greaves era il tastierista?» «Esatto. Era una specie di Keith Emerson, produceva suoni strabilianti con il suo organo.» Annie inarcò un sopracciglio. «C'è da restare allibiti.»
«Avevano giochi di luce, facevano lunghi assolo di chitarra, indossavano dei buffi cappelli flosci, pantaloni di velluto viola e caffettani dorati e facevano tutte le solite cose psichedeliche tipiche degli anni Sessanta. Comunque sia, nel 1970, quando il loro secondo album era appena arrivato in vetta alle classifiche, il bassista Robin Merchant è annegato nella piscina di Lord Jessop a Swainsview Lodge.» «La nostra Swainsview Lodge?» «L'unica e sola.» «C'è stata un'indagine?» «Credo di sì» rispose Banks. «È una cosa che scopriremo quando saremo tornati a Eastvale. Dovrebbero esserci dei dossier da qualche parte nel seminterrato.» «Fantastico» commentò Annie. «L'ultima volta che sono scesa laggiù ho starnutito per una settimana.» «Non ti preoccupare, ci manderò Kev.» Annie sorrise. Immaginava già come avrebbe reagito Templeton a quell'ordine, soprattutto perché si era montato la testa a livelli insostenibili da quando aveva ottenuto la promozione. «Forse quella tua amica che fa la cantante folk sa qualcosa» ipotizzò. «Penny Cartwright?» chiese Banks, mentre si ricordava del suo ultimo e poco soddisfacente incontro con Penny, avvenuto sulle rive del fiume Swain in una sera d'estate. «È successo tutto molto prima che arrivasse lei. E poi è partita di nuovo. È andata in America, stavolta.» «Che cosa è accaduto ai Mad Hatters?» «Hanno trovato un altro bassista.» «E che ne è stato di Vic Greaves?» «Per parecchio tempo ha costituito un problema. Era imprevedibile. A volte non si presentava alle serate. Scendeva dal palco. Diventava violento con gli altri membri del gruppo e con le sue ragazze. Dicono che certe volte se ne stava lì a fissare il vuoto, troppo fatto per suonare. Naturalmente, giravano storie sulle enormi quantità di LSD che assumeva, per non parlare delle altre droghe. Ha scritto lui molte delle prime canzoni e alcuni testi sono molto... ecco, indotti dalla droga, da viaggio mentale, se così si può dire. I restanti membri del gruppo erano un po' più pratici e ambiziosi e non sapevano cosa fare con lui, ma alla fine non dovettero più preoccuparsi. Greaves scomparve per un mese alla fine del 1970... a settembre, mi pare... e quando lo ritrovarono viveva allo stato brado nei campi come un vagabondo. Non voleva avere più niente a che fare con il mondo della musi-
ca, da allora è diventato una sorta di eremita.» «Nessuno ha fatto niente per lui?» «Per esempio?» «Fornirgli un aiuto psichiatrico, innanzitutto.» «Erano altri tempi, Annie. C'era molta diffidenza nei confronti della psichiatria tradizionale all'epoca. C'erano degli sciroccati come R. D. Laing che andavano in giro a parlare della politica della follia e a citare William Blake.» «Blake era un visionario» osservò Annie. «Un poeta e un artista. Non prendeva droghe.» «Lo so. Sto solo cercando di spiegarti l'atteggiamento generale così come l'ho percepito io. Senti, quando tutti quanti sono strambi, quanto devi essere strambo tu per essere notato?» «Credo che fissare il vuoto quando in teoria dovresti suonare le tastiere sia già un buon inizio, per non parlare del riempire di botte la tua fidanzata.» «Sono d'accordo, non ci sono scuse per la violenza, ma la gente chiude ancora un occhio qualche volta, persino le vittime stesse. E in quell'ambiente c'era parecchia tolleranza nei confronti di chi faceva uso di droghe, per i viaggi da allucinogeni e roba simile. Per il resto, i comportamenti strani, soprattutto sul palco, potevano anche essere considerati semplicemente manifestazioni di anticonformismo o esempi di effetti scenici di avanguardia. Pare che Syd Barrett dei Pink Floyd una volta si sia messo in testa un vasetto intero di brillantina prima dell'esibizione e che durante lo spettacolo questa si sia sciolta e gli sia colata tutta sulla faccia. La gente pensò che fosse una forma di espressione artistica, non un sintomo della follia. Non dimenticare che c'erano tantissime influenze bizzarre sul mondo della musica. Dadaismo, surrealismo, nichilismo. Se John Cage poteva comporre quattro minuti e trentatré secondi di silenzio, perché Vic Greaves non poteva fare qualcosa di simile stando sul palco senza suonare? Tu dovresti saperlo, dato il tuo passato bohémien. Nella casa di tuo padre nessuno ha mai dipinto una tela vuota?» «Ero solo una ragazzina» gli fece notare Annie «ma mi ricordo che c'erano un bel po' di tipi strani in giro. Mio padre, comunque, ha sempre cercato di proteggermi da loro. La cosa ti stupirà, ma devi sapere che per molti versi la mia educazione è stata molto tradizionale. Si facevano in quattro per instillare dentro di me valori "normali". Era come se non volessero che diventassi troppo diversa, come loro.»
«Probabilmente non volevano che restassi emarginata e che venissi presa in giro a scuola.» «Ah! Allora non ha funzionato. Gli altri bambini pensavano ugualmente che fossi una fricchettona. Come hanno fatto i Mad Hatters a sopravvivere a tutto ciò?» «Il loro manager, Chris Adams, ha tenuto unito il gruppo. Ha trovato un sostituto, ha rivisitato un po' il sound e l'immagine della band e, voilà, erano di nuovo in piedi.» «In che modo li ha cambiati?» «Invece di un altro tastierista, fece entrare nel gruppo una donna, una cantante. La loro musica divenne un po' più commerciale, più pop, ma non perse del tutto la connotazione tipica degli anni Sessanta. Si sbarazzarono soltanto degli elementi psichedelici del primo periodo. Forse è questo che ti ricordi di loro, gli accordi melodici. In ogni caso, il resto è storia. Conquistarono l'America, riempivano gli stadi, le loro canzoni divennero inni per i giovani e così via. Quando uscì il loro quarto album, nel 1973, erano delle star di altissimo livello. Non tutti i fan di quel periodo conoscevano le loro origini, ma d'altra parte non tutti sanno che i Fleetwood Mac erano un decente gruppo blues prima di Stevie Nicks, Rhiannon e tutte quelle stronzate.» «Ehi, attento a definirle stronzate! Si dà il caso che a me piaccia Rhiannon.» Banks sorrise. «Scusa» disse. «Avrei dovuto saperlo.» «Sei uno snob.» «A ogni modo, questa è la storia dei Mad Hatters. E tu dici che la ragazza...» «Melanie Wright.» «Melanie Wright ti ha raccontato che Nick pensava di aver messo le mani su una storia succulenta e che secondo lei era qualcosa di personale per lui.» «Sì. E ha accennato a un omicidio. Non dimenticarlo.» «Non lo dimentico» disse Banks. «A quale omicidio si riferiva?» «A occhio e croce, stando a tutto quello che mi hai appena raccontato, direi quello di Robin Merchant, non credi anche tu?» Martedì, 16 settembre 1969 «Voglio chiederle scusa per quel disco dei Mad Hatters» disse Chadwick
al sergente Enderby, mentre facevano colazione in mensa quel martedì mattina sul tardi. Geoff Broome era riuscito a trovare un indirizzo a Bayswater Terrace, Enderby era arrivato da Brimleigh e insieme si stavano rifocillando con uova e pancetta prima di andare a ispezionare la casa. «Non fa niente, signore» replicò Enderby. «Lo scorso weekend mi sono fatto firmare dai Pink Floyd la mia copia di More. A essere sinceri, né i Mad Hatters né i Pink Floyd sono proprio il mio genere. Io sono più un tipo da blues.» «Blues?» «Howlin' Wolf, Muddy Waters, Chicken Shack, John Mayall.» «Capisco» disse Chadwick, che in realtà continuava a brancolare nel buio. «Comunque, mi dispiace lo stesso. Ho sbagliato.» «Ma forse aveva ragione nel dire che era meglio non far vedere che accettavo regali.» «Be', mi sentirei un po' meglio se dopo averlo detto non avessi preso quel disco e non lo avessi dato a mia figlia.» «Che cosa ha fatto, signore?» Chadwick distolse lo sguardo. «L'ho dato a mia figlia. Devo riallacciare i ponti, sa.» Enderby scoppiò a ridere. «Mi scusi, signore» disse. «E lei che cosa ha detto?» «È sembrata un tantino sconvolta, ma ha apprezzato molto.» «Spero che le piaccia.» «Ne sono certo. Le piace parecchio quel gruppo. E ancora... sa...» «Non si preoccupi, signore. Forse è la cosa migliore. Per fortuna non avevo chiesto ai ragazzi di farmi una dedica personale.» «Senta, Enderby, riguardo a questi ragazzi. Sembra che a lei vadano piuttosto a genio, ma a me stanno proprio sullo stomaco.» «Lo avevo notato, signore. È solo una questione di punti di vista.» «Ma io non li capisco proprio.» «Sono solo ragazzini che si divertono, per la maggior parte. Alcuni sono impegnati politicamente e la cosa può sfociare nella violenza se si mettono insieme ai tipi sbagliati e ora che i trafficanti privi di scrupoli si sono inseriti nello spaccio della droga c'è un pericolo in più. Molti di loro sono disorientati da come va il mondo e cercano delle risposte. Forse a noi sembra che stiano guardando nei posti più sbagliati, ma intanto guardano. Cosa c'è di male nel desiderare la pace nel mondo?» «Niente. Ma sono quasi tutti di buona famiglia, hanno dei genitori che li
amano. Perché diavolo vogliono scappare per andare a vivere in luride case occupate e squallidi monolocali?» «Non ci arriva proprio, signore?» «È per questo che lo sto chiedendo a lei, maledizione.» «Libertà. Sa bene anche lei che molto spesso i genitori disapprovano quello che fanno i figli e proibiscono loro di farlo. A questi ragazzi non importa un accidente dello sporco e del disordine, a patto che siano liberi di andare e venire quando pare a loro.» «Ma che mi dice delle droghe e del sesso?» «È quello che vogliono! Insomma, non potrebbero fumare erba e fare sesso se abitassero insieme ai loro genitori, no?» Chadwick scosse il capo. «Ma c'è dell'altro» continuò Enderby. «Soprattutto al nord. Un mucchio di ragazze, come Linda Lofthouse, per esempio, vedono un futuro per niente roseo davanti a loro. Matrimonio, figli, pannolini sporchi, lavare, cucinare, una vita all'insegna della fatica, della schiavitù quasi. Tutto questo può somigliare molto a una prigione, se solo possiedi un po' di immaginazione e di intelligenza, e a quanto pare lei ne aveva. E per i maschi non è molto diverso. Il solito lavoro monotono in fabbrica, dalla mattina alla sera, e via al solito vecchio pub con i soliti vecchi amici sera dopo sera. La partita di pallone il sabato, la televisione quasi tutte le sere. Se solo intravedono qualcos'altro e hanno qualche spicciolo in tasca, la cosa può sembrare molto allettante ai loro occhi, capisce? Una via di fuga, magari. Qualcosa di nuovo. Qualcosa di diverso.» «Ma il matrimonio e la famiglia sono i pilastri del mondo civile.» «Lo so, signore. Sto solo cercando di rispondere alle sue domande. Di mettermi nei loro panni. Il matrimonio e la famiglia sono i valori tradizionali per noi. Un sacco di ragazzi oggi combattono contro di essi, dicono che sono la causa di tutti mali del mondo. Guerra. Fame. Avidità. E le ragazze oggigiorno pensano che debba esserci qualcosa di più per loro nella vita. Vogliono lavorare, per esempio, ed essere pagate quanto vengono pagati gli uomini per lo stesso lavoro.» «Tra non molto vorranno portarci via il lavoro.» «Non ne sarei troppo sorpreso, signore.» «Libertà, eh?» disse beffardo Chadwick. «È di questo che si tratta?» «Credo di sì, signore. Almeno per la maggior parte di loro. La libertà di pensare e di fare quello che si vuole. Il resto sono soltanto fronzoli, come la ciliegina sulla torta.»
«E la responsabilità? Le conseguenze?» «Sono giovani, signore. Indistruttibili e immortali. Non si preoccupano molto di queste cose.» «Credevo che la libertà fosse quello per cui ho combattuto durante la guerra.» «Lo è, signore. E abbiamo vinto.» «E questo è il risultato?» Enderby scrollò le spalle. «D'accordo» si arrese Chadwick. «Ho afferrato il concetto. Dobbiamo solo imparare a conviverci, non è vero? Un'altra fetta di pane fritto?» «Non mi dispiacerebbe, signore.» Capitolo 10 Martedì, 16 settembre 1969 Pioveva quando Chadwick e Enderby si recarono a Bayswater Terrace e le file di case di mattoni rossi con i tetti d'ardesia avevano un aspetto decisamente triste. L'ispettore Broome aveva trovato abbastanza facilmente il numero civico della casa che cercavano. Non era conosciuta come una casa in cui si spacciava droga, anche se Broome era convinto che la droga lì dentro circolasse in abbondanza, ma la polizia voleva scovare uno spacciatore che le era sfuggito qualche mese prima e aveva ispezionato tutti i possibili ritrovi, compresa quella casa, affittata a un certo Dennis Nokes fin dai primi mesi del 1967. Stando alle sue informazioni, il ricambio di persone che la occupavano era notevole e comprendeva studenti, hippy e fannulloni in genere. Nokes si definiva studente e musicista ma, da quello che sapevano tutti, prendeva il sussidio di disoccupazione. Dopo l'estenuante incontro del giorno prima con i Mad Hatters, Chadwick non era molto impaziente di condurre l'interrogatorio. Non sapeva nemmeno quale fosse l'orario migliore in cui poter trovare qualcuno in casa. Alla fine decise che non aveva importanza, così ci andarono all'ora di pranzo. Quelli o non lavoravano o erano studenti, e il trimestre universitario non era ancora iniziato, perciò era assai probabile che ci fosse sempre qualcuno in casa, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Chadwick poteva sentire un assolo di chitarra acustica arrivare dall'interno, il che era incoraggiante. La musica si interruppe quando Enderby bussò alla porta e tutti e due sentirono qualcuno trascinarsi per il corridoio.
Era una ragazza, di sicuro non più grande di Yvonne, che indossava solo una lunga T-shirt bianca sudicia, con un bersaglio sul davanti, che le copriva a malapena le cosce nude. «Polizia» annunciò Enderby. Mostrarono il distintivo e si presentarono. La ragazza non sembrava né spaventata né nervosa, semplicemente perplessa. «Polizia? Okay. Entrate, allora.» E si fece da parte. Quando furono tutti nell'ingresso, la ragazza allungò le braccia in aria, tirando ancora più su la maglietta, e sbadigliò. Quando distolse lo sguardo, Chadwick vide che Enderby non accennava a fare lo stesso, anzi fissava con ostentata ammirazione le cosce e i peli pubici che la ragazza aveva scoperto. «Mi avete svegliata» disse la giovane. «Stavo facendo un bel sogno.» «Chi è, Julie?» chiese una voce dal piano superiore, dopodiché un ragazzo con in mano una chitarra fece capolino dal ballatoio. «Polizia» lo informò Julie. «Okay, arrivo fra un minuto.» Ci fu una breve pausa durante la quale il ragazzo sparì nella sua stanza, quindi fece una capatina in bagno. A Chadwick sembrò di sentire il rumore di qualche sterlina di marijuana che scendeva giù per lo scarico del gabinetto. Se lui fosse stato della Narcotici, quel ragazzino non avrebbe avuto nessuna possibilità di scampo. Quando arrivò di sotto non aveva più la chitarra. «Cosa posso fare per voi?» domandò. «È lei Dennis Nokes?» «Sì.» «Vorremmo parlarle. Dove possiamo andare?» Nokes indicò il retro della casa. «In cucina. Julie dorme in soggiorno. Torna a letto, Julie. Non ti preoccupare, va tutto bene. Ci penso io.» Chadwick riuscì solo a intravedere un sacco a pelo, o un mucchio di coperte, sul pavimento prima che la porta si chiudesse. La cucina era più pulita di quanto Chadwick si aspettasse, ma Janet avrebbe senz'altro arricciato il naso e ci avrebbe dato sotto con i detergenti. Le sedie erano rivestite con una specie di plastica rossa che si era screpolata e rigata con il tempo, mentre il tavolo era coperto da una tovaglia cerata a quadri bianchi e rossi e su di esso era appoggiata una rivista intitolata «Oz» con in copertina la fotografia di un uomo bianco che abbracciava un uomo nero nudo. Accanto a essa c'erano un vasetto aperto di marmellata d'arancia, con il bordo incrostato per lo sciroppo secco, un panetto di burro Lurpack incartato per metà e qualche briciola di pane. Nelle vicinanze c'erano una bottiglia di surrogato di caffè Camp, contenitori per il sale e il
pepe, una scatola di Coco Pops e una bottiglia di latte mezza vuota. Per non parlare del posacenere traboccante di mozziconi, a cui Dennis Nokes ne avrebbe presto aggiunto uno, a quanto pareva. Si sedettero e Enderby tirò fuori il taccuino e la penna. «È soltanto tabacco» assicurò Nokes, mentre rollava una sigaretta. Aveva una massa arruffata di capelli scuri e ricci e lineamenti finemente scolpiti, quasi da folletto; indossava una camicia blu senza colletto, un paio di jeans e dei sandali. Intorno al collo aveva una collana fatta di tante perline multicolori e al polso sinistro portava un braccialetto d'argento sul quale erano incisi vari simboli misteriosi. «Lo spero per lei» ribatté Chadwick. «Peccato che abbia dovuto buttare tutto il resto nello scarico del water, perché non è per questo che siamo qui.» Durò solo un istante, ma Chadwick notò l'aria seccata che attraversò il volto di Nokes, prima che questi scrollasse le spalle in un modo che doveva aver appreso con la pratica. «Non ho niente da nascondere agli sbirri.» «Già che ci siamo» replicò Chadwick «mettiamo bene in chiaro un paio di regole fondamentali. Non siamo né sbirri né porci, siamo l'ispettore Chadwick e il sergente investigativo Enderby. Okay?» «Come vuole» acconsentì Nokes e si accese la sigaretta. «Bene. Mi fa piacere che abbiamo risolto la questione. Ora andiamo al vero motivo della nostra visita: Linda Lofthouse.» «Linda?» «Sì. Presumo che abbia sentito la notizia.» «Che storia, amico» replicò Nokes. «Stavo cercando di scrivere una canzone per lei, quando siete arrivati voi. Non fa niente, voglio dire, non vi sto biasimando per avermi interrotto o cose simili. Non me la cavavo molto bene.» «Mi dispiace davvero» disse Chadwick. «Devo supporre che non le sia passato per la testa neanche per un momento di venire a riferirci qualche informazione.» «Perché, amico? Non vedo Linda da un pezzo.» «Quando l'ha vista l'ultima volta?» «In estate. A luglio, mi pare. Quando c'era anche Rick.» «Rick?» «Rick Hayes, amico. Ha organizzato lui il festival.» «Era insieme a Linda Lofthouse a luglio?» «Non stava insieme a lei, si trovava solo qui nello stesso periodo in cui
c'era Linda.» «Si conoscevano bene?» «Si erano già incontrati, suppongo. Linda è cugina di Vic Greaves, sa, il tastierista dei Mad Hatters, e Rick ha organizzato alcune delle loro serate a Londra.» «Uscivano insieme?» «Impossibile, amico.» Nokes scoppiò a ridere. «Linda e Rick? Vuole scherzare. Lui non era alla sua altezza.» «Pensavo che Hayes facesse un bel po' di soldi con i concerti.» «Non si tratta dei soldi, amico. Perché voi tutti pensate solo al denaro?» «Di che si tratta, allora?» «Era una cosa spirituale. Linda era una veterana. Dal punto di vista spirituale era avanti anni luce rispetto a Rick.» «Capisco» disse Chadwick. «Ma i due erano qui nello stesso periodo?» «Sì. Quella volta. Linda si fermava qui, ma Rick alloggiava in qualche albergo in città. Non ha fatto altro che provare a rimorchiare qualche bambola da portarsi dietro, ma alla fine è tornato in albergo da solo.» «Perché era qui?» «Qualche anno fa lo frequentavo, quando vivevo a Londra. Siamo vecchi amici, direi. In ogni caso, era venuto per controllare qualcosa a Brimleigh Glen per il festival, così è passato a salutarmi.» Chadwick archiviò tutte quelle informazioni per il suo prossimo colloquio con Rick Hayes, che ormai sembrava ancora più bugiardo di quanto fosse apparso all'inizio. «Ha detto che Linda non è più tornata qui da luglio?» «Esatto.» «Non l'ha più vista da allora?» «No.» «C'era a Brimleigh?» «Certo. Rick è riuscito a procurarci qualche biglietto omaggio.» «L'ha vista lì?» «No.» «Dove si trovava domenica, fra l'una e l'una e venti del mattino?» «Come pretende che me lo ricordi?» «I Led Zeppelin avevano appena cominciato a suonare, se questo può servire a rinfrescarle la memoria.» «Sì, va bene. Sono rimasto seduto nello stesso punto per tutta la loro esibizione. Eravamo al centro, abbastanza vicini al palco. Siamo andati lì
venerdì molto presto e siamo riusciti ad accaparrarci un buon posto.» «Chi c'era con lei?» Nokes indicò il soggiorno con la testa. «Julie, che è di là, e gli altri della casa. Eravamo cinque in tutto.» «Mi servono i nomi.» «Certo. Eravamo io, Julie, Martin, Rob e Cathy.» «Nome e cognome, per favore, signore» intervenne il sergente Enderby. Nokes gli lanciò uno sguardo compassionevole e glieli disse. «Qualcuno degli altri ragazzi è in casa adesso?» domandò Chadwick. «Soltanto Julie.» «Manderemo qualcuno più tardi a raccogliere alcune testimonianze. Ora invece parliamo di Linda. Stava da voi nel periodo in cui si è svolto il festival?» «No. Sapeva che era sempre la benvenuta, amico. Non aveva bisogno di chiedere il permesso per venire qui, si presentava e basta. Ma non so dove alloggiasse. Forse in una tenda o direttamente sul campo, non lo so. Magari era con qualcuno. Magari avevano un'auto. Non lo so, amico. So soltanto che questa storia mi sta mandando fuori di testa.» «Stia calmo, signor Nokes. Provi a fare qualche respiro profondo. Dicono che faccia miracoli.» Nokes gli lanciò un'occhiataccia. «Mi prende per il culo?» «Niente affatto.» «È davvero sconvolgente.» «Cosa? Il fatto che Linda sia stata assassinata o il fatto che la stiamo interrogando?» Nokes passò la punta del dito indice su alcuni granelli di sale che erano sparsi sulla tovaglia. «Tutto quanto, amico. È un'ingiustizia. State colpevolizzando noi e siete del tutto fuori strada. A noi interessa fare l'amore, non uccidere le persone.» La sua voce piagnucolosa cominciava a irritare Chadwick. «Mi racconti di Linda.» «Che vuole sapere?» «Quando l'ha incontrata la prima volta?» «Un paio di anni fa. Poco dopo essermi trasferito qui, maggio o giugno 1967, più o meno in quel periodo.» «Ed era arrivato da Londra?» «Sì, ho abitato laggiù fino all'inizio del '67. Ho visto un po' quello che stava succedendo e ho pensato che potevo fare accadere la stessa cosa
quassù. Quello è stato davvero un periodo emozionante... la musica fantastica, le letture di poesia, i giochi di luce, gli happening. La rivoluzione era nell'aria, amico.» «Torniamo a Linda. Come vi siete conosciuti?» «In città, dentro un negozio di dischi. Stavamo entrambi rovistando nella sezione di musica folk e abbiamo iniziato a chiacchierare. Lei era così sola. Voglio dire, stava cambiando, ma non lo sapeva, voleva trovare se stessa e non sapeva come riuscirci. Capisce cosa intendo?» «Quindi l'ha aiutata a trovare se stessa?» «L'ho invitata qui qualche volta. Le ho dato un po' di libri... Leary, Gurdjieff, Alan Watts. Ho suonato per lei. Abbiamo parlato molto.» «Ci è andato a letto?» «Assolutamente no. Era incinta di sei mesi.» «Avete preso delle droghe?» «Certo che no.» «Quanto tempo si è fermata qui?» «Non molto. Dopo che ha avuto il bambino è rimasta qui per un po', forse un paio di mesi, nell'inverno del '67, poi si è trasferita a Londra all'inizio del '68. Dopodiché, si fermava qui quando veniva a trovarci.» «Che cosa faceva?» «In che senso?» «Come si guadagnava da vivere? Ce lo aveva un lavoro?» «Oh, quello schifo. Be', non ce lo aveva quando l'ho conosciuta, è ovvio. Viveva ancora con i genitori. Poi il bambino... Comunque, sapeva fare dei gioielli bellissimi, ma non credo che riuscisse a guadagnarci un granché. Perlopiù li regalava. Anche i vestiti. Sapeva aggiustare qualsiasi cosa e fare una camicia con vecchi ritagli di stoffa. Era anche interessata alla moda, aveva disegnato alcuni modelli.» «Allora come si manteneva?» «Lavorava in un negozio. Biba. È abbastanza famoso. Si è appena trasferito su Kensington High Street. Vende un sacco di roba per i nostalgici degli anni Trenta. Sa, quel genere di cose: cappelli flosci, piume di struzzo e lunghi vestiti di raso color prugna e rosa.» «Conosce per caso il suo indirizzo a Londra?» Nokes gli diede un indirizzo di Notting Hill. «Abitava da sola o con qualcun altro?» «Da sola. Ma aveva una buona amica che abitava nella stessa casa, di fronte a lei. È venuta qui con Linda un paio di volte. Una ragazza america-
na. Si chiama Tania Hutchison.» «Che aspetto ha?» «Da favola. Voglio dire, è l'opposto di Linda, amico, ma è altrettanto bella. Ha i capelli neri e lunghi, molto lunghi, sa. E la carnagione scura, come se fosse mezza messicana o qualcosa del genere. E i denti bianchissimi. Ma tutti gli americani hanno i denti bianchissimi, no?» Sembrava la ragazza che aveva descritto Robin Merchant. Che cosa aveva a che fare, dunque, questa ragazza con l'omicidio di Linda Lofthouse? Non c'era più niente che Dennis Nokes potesse dirgli, così Chadwick fece segno a Enderby di chiudere l'interrogatorio. Più tardi avrebbe mandato qualcuno a parlare con gli altri. Non pensava proprio che Nokes e i suoi compagni fossero immischiati nell'omicidio di Linda Lofthouse, ma almeno adesso sapeva dove abitava la ragazza e questa Tania avrebbe potuto dirgli qualcosa riguardo alla vita di Linda degli ultimi tempi. E riguardo alla sua morte. Il giorno dopo, prima di andare a interrogare Vic Greaves, Banks passò per curiosità a Swainsview Lodge, per immergersi un po' nell'atmosfera. Ottenne le chiavi dall'agente immobiliare, la quale gli disse che avevano tenuto la casa sotto chiave da quando gli agricoltori locali avevano riferito di aver visto qualcuno intrufolarsi nella proprietà. La donna pensava che si trattasse soltanto di ragazzini, ma l'ultima cosa di cui avevano bisogno, aveva detto, era che gli abusivi o gli zingari occupassero il posto. Quando entrò nell'atrio freddo e pieno di spifferi, Banks ebbe la sensazione di entrare in una di quelle ville da brivido che si vedono nei vecchi film di Roger Corman tratti dalle storie di Poe, I vivi e i morti, o qualcosa del genere. Il lungo corridoio rivestito di pannelli di legno aveva delle porte su entrambi i lati, anch'esse rivestite, e sulle pareti si vedevano chiaramente i segni lasciati dai quadri che una volta vi erano appesi. Banks provò ad aprire alcune delle porte e scoprì che conducevano a stanze vuote in vari stadi di abbandono. Alcuni pezzi dell'intonaco del soffitto si erano sgretolati creando uno strato di polvere che aveva ricoperto ogni cosa. Mentre camminava, Banks sollevò diverse nuvole di polvere che lo fecero tossire e gli seccarono la bocca. Alla fine del corridoio una vecchia tenda, impolverata e mangiata dalle tarme, copriva delle portefinestre. Banks armeggiò con la chiave e le aprì. Portavano a un ampio balcone vuoto. Banks uscì e si appoggiò contro la
fredda pietra della balaustra per ammirare il panorama. Sotto di lui c'era la vuota piscina di marmo e granito, con il fondo scuro tutto coperto di erbacce, licheni e rifiuti. Ai piedi della collina gli alberi lungo le rive del fiume Swain erano rossi, marroni e gialli. Alcune foglie volavano e giravano vorticosamente nel vento, mentre Banks era lì a osservare. Le pecore pascolavano nei campi che si trovavano sul fianco della collina opposta, in mezzo a un mosaico irregolare di muri a secco, simili a tanti puntini bianchi su uno sfondo verde. Le nuvole erano talmente basse che toccavano quasi gli affioramenti di roccia calcarea situati sulla sommità delle colline e avvolgevano nella foschia la brughiera che si trovava in cima. Banks si sfregò le braccia per la fredda aria autunnale, rientrò nell'edificio e si diresse al piano di sotto, dove si ritrovò in una stanza cavernosa che un tempo, ipotizzò, doveva essere stata usata come studio di registrazione. Così era là che i Mad Hatters avevano registrato il secondo album, con cui avevano sfondato nell'inverno del 1969-1970, e diversi altri dischi nel corso degli anni. Non era rimasta alcuna attrezzatura, naturalmente, ma c'era ancora qualche pezzo di cavo sparso in giro, insieme a una bacchetta per la batteria spezzata e quella che sembrava una corda di chitarra. Banks si sforzò, ma non riuscì a sentire alcuna eco della musica di quei tempi lontani. Aprì le porte e andò fuori, verso il bordo della piscina. C'erano vetri rotti nel cortile e alcune bottiglie e lattine erano ammucchiate sul fondo della piscina, nella parte più profonda. Banks capì quello che voleva dire l'agente immobiliare e immaginò che alcuni ragazzini del posto avessero scavalcato il muro di cinta e avessero fatto baldoria. Chissà se conoscevano la storia della casa. Forse festeggiavano Robin Merchant, proprio come i ragazzi che si accalcavano intorno alla tomba di Jim Morrison nel cimitero di Père Lachaise a Parigi. Banks ne dubitava. Gli parve di sentire un rumore alle sue spalle, nello studio di registrazione abbandonato, e si voltò giusto in tempo per vedere un topo che sfrecciava nella polvere. Cercò di immaginarsi la scena di quella sera d'estate di trentacinque anni prima. Di sicuro doveva esserci la musica e forse delle luci appese fuori, intorno alla piscina. Incenso. Droga, naturalmente, e anche alcol. Agli inizi degli anni Settanta, gli alcolici erano tornati abbastanza di moda fra le generazioni più giovani. Dovevano esserci anche le ragazze, seminude o del tutto svestite, che ridevano, ballavano e facevano l'amore. E quando tutti si erano saziati, Robin Merchant era... ecco, che cosa era successo? Banks non lo sapeva. Kev Templeton era ancora nel seminterrato della centrale
della Divisione Ovest a passare al setaccio gli archivi. Una folata di vento fece sbattere la porta e Banks tornò dentro. Lì non c'era niente che potesse servirgli, a parte i fantasmi. Lord Jessop era morto di AIDS, poveretto, e Robin Merchant era annegato nella piscina. Gli altri membri dei Mad Hatters erano ancora vivi e vegeti, però, e Vic Greaves era da qualche parte là intorno. Chissà se avrebbe parlato. Chissà se sarebbe riuscito a parlare. Banks non conosceva la diagnosi precisa, tutti dicevano solo che aveva preso troppe dosi di acido e si era giocato il cervello. Be', di lì a poco, con un po' di abilità e un pizzico di fortuna, lo avrebbe scoperto. Mercoledì, 17 settembre 1969 Era da un pezzo che Chadwick non camminava per Portobello Road. Dai tempi della guerra, in effetti, da una di quelle volte in cui aveva avuto una licenza fra un incarico e l'altro. Era certo che la strada fosse più stretta allora. E c'erano i sacchi di sabbia, le tende per l'oscuramento, le vetrine dei negozi sfondate, le macerie causate dai bombardamenti, l'odore di cenere, di tubi del gas spezzati e di fogne. Adesso il caos era causato dalla costruzione della Westway, un'autostrada sopraelevata che ormai stava per essere ultimata, e la maggior parte degli odori proveniva dalle spezie esotiche che lo riportarono con la memoria ai giorni trascorsi in India e in Birmania. Chadwick aveva preso il treno del pomeriggio per King's Cross, un viaggio di circa cinque ore. Ormai era quasi sera. Il mercato aveva chiuso per quel giorno; i proprietari delle bancarelle avevano riposto le loro merci ed erano andati in uno dei tanti pub della zona. Fuori dal Duke of Wellington un mangiatore di fuoco intratteneva una piccola folla. L'atmosfera era vivace, la gente era giovane e colorata, vestita con stoffe dai disegni allegri, jeans scampanati con fiorellini ricamati o caffettani d'oro in lamé. Alcune ragazze portavano cappelli vecchio stile con la falda larga e lunghi vestiti che sfioravano le caviglie. C'erano anche alcuni abitanti delle Indie Occidentali per le strade, certi avevano abiti sgargianti, la barba e acconciature voluminose. Chadwick era convinto di sentire odore di marijuana nell'aria. Era anche sicuro di sembrare abbastanza fuori luogo con il suo completo blu scuro, anche se in mezzo alla folla c'erano un paio di uomini d'affari. Stando alla cartina, avrebbe potuto prendere una via più breve per raggiungere Powis Terrace anziché scendere alla stazione della metropolitana
di Notting Hill, ma per curiosità aveva scelto di passeggiare lungo Portobello Road. Ne aveva sentito parlare talmente tanto, dagli scontri razziali di Notting Hill di più di dieci anni prima al famigerato proprietario di catapecchie Peter Rachman, immischiato sia nella faccenda dei gemelli Kray sia nello scandalo Profumo del 1963. La zona aveva un bel po' di storia. Adesso la strada era piena di boutique alla moda, parrucchieri e negozi di antiquariato con le facciate dipinte di colori vivaci. C'era anche un vecchio cinema di quartiere, che si chiamava Electric Cinema ed esponeva la doppia locandina di Easy Rider e Nuda sotto la pelle. Un negozio di antiquariato, Alice's Antiques, vendeva mantelli da poliziotto del periodo edoardiano e per un attimo Chadwick fu tentato di comprarne uno. Ma sapeva che non lo avrebbe mai indossato e sarebbe rimasto appeso in fondo all'armadio finché le tarme non lo avessero consumato. Chadwick svoltò in Colville Terrace e finalmente trovò la strada che cercava. Alla fine dell'isolato qualcuno aveva fatto un disegno murale che raffigurava Che Guevara e sotto la faccia barbuta e il berretto aveva scritto le parole LUNGA VITA ALLA RIVOLUZIONE con la vernice rossa come se fosse sangue che colava. Le case a schiera, un tempo maestosi edifici a quattro piani decorati a stucco in stile georgiano, adesso erano di un bianco sporco, con le facciate ricoperte di macchie e di graffiti: LA VIA DELL'ECCESSO CONDUCE AL PALAZZO DELLA SAGGEZZA e IL CRIMINE È LA PIÙ ALTA FORMA DI SENSUALITÀ. La strada era insozzata dai rifiuti. Ogni casa aveva una bassa ringhiera di metallo nero e un cancelletto che tramite una buia rampa di scale di pietra conduceva al piano seminterrato. In cima agli ampi gradini che portavano alla porta d'ingresso c'erano due colonne che sostenevano un piccolo portico. Quasi tutte le porte avrebbero avuto bisogno di una bella mano di vernice. Chadwick aveva sentito dire che le case erano tutte suddivise in una miriade di monolocali. C'erano diversi cognomi scritti in fila accanto al citofono della casa che gli interessava. Chadwick aveva programmato di fare quella visita nel tardo pomeriggio, poiché pensava che fosse il momento migliore per trovare in casa Tania Hutchison. Il problema era che non voleva che la ragazza fosse avvisata del suo arrivo. Se aveva qualcosa a che vedere con l'omicidio di Linda Lofthouse, era molto probabile che se la sarebbe filata non appena avesse sentito la sua voce. Doveva entrare in qualche altro modo. L'appartamento di Tania, notò, era il numero otto. Si domandò quanto gli altri inquilini ci tenessero alla sicurezza. Se c'era di mezzo la droga,
probabilmente molto, ma se qualcuno era sotto l'effetto di qualche sostanza... Decise di cominciare con il piano terra e, dato che non ricevette nessuna risposta, iniziò a risalire la lista di nomi. Alla fine fu ricompensato da una pessima connessione con un giovane che parlava in modo incomprensibile dall'appartamento numero cinque, il quale gli aprì la porta con un ronzio. L'odore di piscio di gatti e cipolle fu quasi asfissiante; il pavimento era rivestito di un linoleum grigio pieno di crepe e la moquette sulle scale era logora. Se c'era stato un disegno una volta, ormai non si distingueva più dallo smorto fondo grigio. Anche i muri erano spogli, tranne che per qualche numero di telefono scarabocchiato intorno ad alcuni telefoni a gettoni che erano in comune. La forza dell'abitudine spinse Chadwick ad annotarseli. Ora doveva solo trovare il numero otto. Non era al pianterreno e nemmeno al primo, ma era al secondo piano, nella parte anteriore della casa. Sul ballatoio c'era un altro telefono a gettoni e Chadwick copiò di nuovo tutti i numeri. C'era meno puzza lassù, grazie soprattutto al profumo di incenso che arrivava da una delle stanze, ma la lampadina era scoperta ed emanava una debole luce, grazie a Dio, sullo squallido ambiente. Chadwick sentì una musica dolce arrivare dall'appartamento numero otto, chitarre, flauti e un qualche tipo di strumento a percussione orientale. Un buon segno. Bussò con delicatezza alla porta. Qualche istante più tardi, questa si aprì facendo distendere la catena. Non era ancora dentro, ma era vicino. «È lei Tania Hutchison?» chiese. «Sono io» rispose la donna. «Chi vuole saperlo?» A Chadwick parve di riconoscere un accento americano. Si vedeva soltanto una sottile striscia di volto, ma poteva capire quello che intendeva Dennis Nokes riguardo alla bellezza della donna. «Sono l'ispettore Chadwick» rispose e mostrò il distintivo. «Si tratta di Linda Lofthouse.» «Linda? Certo.» «Le dispiace se entro?» La donna lo guardò per un istante, lui poteva vedere soltanto un occhio ed ebbe la sensazione che lei stesse considerando quale fosse l'alternativa migliore. Alla fine la porta si richiuse e quando si aprì di nuovo lo fece del tutto. «D'accordo» acconsentì la donna. Chadwick la seguì in una stanza a L, con la parte più corta fornita di una minuscola cucina. Il resto era arredato con pochi mobili, forse perché lo
spazio era ridottissimo. Non c'era la moquette a terra, soltanto legno vecchio. Un materasso coperto da un telo di garza rossa e cosparso di cuscini era accostato alla parete e davanti a esso c'era un basso tavolino di vetro con sopra un vaso di fiori, una copia dell'«Evening Standard», un posacenere e un libro intitolato Il gioco delle perle di vetro di Herman Hesse. Chadwick non aveva mai sentito nominare Herman Hesse, ma aveva il sentore che fosse meglio restare fedele a Dick Francis, Alistair MacLean e Desmond Bagley. Una chitarra acustica era appoggiata alla parete. Tania si sdraiò sul materasso con la schiena contro il muro e Chadwick prese una delle sedie dallo schienale rigido della cucina. La stanza sembrava pulita e luminosa, con un colorato dipinto astratto appeso alla parete e un po' di luce che filtrava dalla finestra a ghigliottina, ma non c'era niente che mascherasse la fondamentale decrepitezza della casa e del quartiere. La donna era proprio come l'avevano descritta Dennis Nokes e Robin Merchant: minuta, attraente, con denti bianchissimi e lucidi capelli scuri che le arrivavano alla vita. Indossava un paio di jeans scampanati e una sottile camicetta di cotone che lasciava ben poco all'immaginazione. Prese un pacchetto di Pall Mall con il filtro e ne accese una. «L'ho saputo soltanto ieri» disse, mentre soffiava fuori il fumo. «Quello che è capitato a Linda.» «Come?» «Dal giornale. Sono stata all'estero.» «Quanto tempo?» «Nove giorni.» Aveva senso. Chadwick aveva scoperto l'identità di Linda Lofthouse da Carol Wilkinson sabato, perciò la notizia non era stata diffusa dai giornali o dagli altri media prima di lunedì e ormai era mercoledì, erano passati dieci giorni da quando il festival di Brimleigh era terminato e il corpo era stato scoperto. Guardando meglio Tania, capì che la ragazza aveva appena pianto; le lacrime si erano asciugate e incrostate sulla pelle perfetta e olivastra e i grandi occhi verdi erano vitrei. «Dov'è stata?» domandò Chadwick. «In Francia, con il mio ragazzo. Studia a Parigi. Alla Sorbona. Sono tornata proprio ieri.» «Immagino che possiamo verificarlo.» «Faccia pure.» Gli diede un nome e un numero di telefono di Parigi. Non erano molto utili a Chadwick. Il tizio era il suo ragazzo, dopotutto, e di sicuro avrebbe anche giurato il falso per lei. Ma doveva recitare la
commedia. «Era a Brimleigh, però?» «Certo.» «È di questo che voglio parlare.» Tania buttò fuori un po' di fumo e prese il posacenere dal tavolino, quindi se lo mise con delicatezza fra le gambe incrociate. «Cosa è accaduto lì?» continuò Chadwick. «Che significa: "Cosa è accaduto lì"? Sono accadute un sacco di cose. Era un festival, si festeggiava.» «Che cosa?» «La gioventù. La musica. La vita. L'amore. La pace. Cose che lei non può capire.» «Oh, non direi» ribatté Chadwick. «Sono stato giovane anch'io.» Ci stava facendo l'abitudine a essere criticato da quella gente per il fatto che era vecchio e conformista e, dato che la cosa non lo disturbava affatto, era sempre più facile per lui ribattere con disinvoltura, senza fare una piega. Ma quello che ancora non capiva, malgrado la spiegazione di Enderby, era perché giovani intelligenti e di buona famiglia volessero andare in posti come quello e vivere nello squallore, forse senza mangiare neanche un pasto decente al giorno. Valeva la pena di vivere in condizioni così misere, pur di avere tutto il sesso e la droga che desideravi? Tania si sforzò di accennare un sorriso. «Una volta era diverso.» «Può ben dirlo. Swing. Balli sfrenati. Glenn Miller, Tommy Dorsey, Henry Hall, Harry Roy, Nat Gonella, Al Bowlly: quella era vera musica. E poi c'era la guerra, naturalmente.» «Noi scegliamo di non combattere le guerre.» «Deve essere bello credere che ci sia la possibilità di scegliere» ribatté Chadwick, sentendo che la rabbia cresceva, come ogni volta che sentiva commenti così banali. Aveva una gran voglia di tornare all'argomento principale. Quelle persone ti facevano sempre perdere il filo, ti portavano sempre a metterti sulla difensiva e, prima che te ne accorgessi, stavi già discutendo della guerra e della rivoluzione. «Senta, vorrei soltanto sapere di lei e Linda: come siete arrivate a Brimleigh, perché non siete tornate insieme, che cosa è successo. È tanto difficile?» «No, affatto. Siamo partite con l'auto domenica mattina. Ho una vecchia Mini.» «Solo voi due?» «In una Mini non si può andare in più di due persone, se si vuole stare
comodi.» «E siete andate lì soltanto per un giorno?» «Sì. I Mad Hatters avevano detto che ci avrebbero procurato i pass per entrare dietro le quinte, ma solo per il giorno in cui si esibivano loro. Che era domenica. A essere sincera, non avevamo molta voglia di stare sedute nel fango su un campo dello Yorkshire per tre giorni.» Quella era forse la prima cosa sensata che Chadwick sentiva dire da una persona giovane dopo giorni. «Quando siete arrivate?» «Nel primo pomeriggio.» «I Mad Hatters erano già lì?» «Erano in giro.» «Che cosa avete fatto?» «Be', è stato fantastico, davvero. Abbiamo parcheggiato dove parcheggiavano i membri delle band e potevamo andare e venire quanto ci pareva.» «Che cosa c'era là dietro?» «Musica, principalmente, che lei ci creda o no. Mentre i gruppi suonavano tu potevi andare sotto il palco, nell'area stampa, se c'era spazio. Da lì riuscivi ad avere la visuale migliore di tutte.» «La parte restante del tempo?» «Dietro il palco sembrava di essere a una festa in giardino. Sa, il chiosco della birra, il cibo, i tavoli con le sedie, qualcuno che strimpellava con la chitarra, si chiacchierava, si stava insieme e si ballava. Era come un grande locale notturno e un ristorante messi insieme. A volte diventava un po' caotico, soprattutto fra un'esibizione e l'altra, quando i tecnici del suono correvano avanti e indietro, ma in generale è stato molto divertente.» «So che c'erano delle roulotte per alcune delle star.» «La gente ha bisogno di privacy. E, sa, se volevi un posto in cui andare per... be', ha capito, no?» «Lei è andata nella roulotte con qualcuno?» La ragazza sgranò gli occhi e avvampò. «Non mi sembra proprio il tipo di domanda che un gentiluomo dovrebbe fare a una signora. E non vedo cosa possa entrarci questo con quello che è successo a Linda.» «Quindi non c'era bisogno di andare nel bosco se qualcuno voleva avere un po' di privacy?» «No. Era come se avessimo la nostra piccola comunità e non c'era nessuno lì che dettasse legge o che ci dicesse quello che dovevamo fare. Un perfetto stato di anarchia.»
Chadwick pensò che quella fosse una contraddizione in termini, ma non si disturbò a farglielo notare. Non voleva perdere di nuovo il filo. «Con chi ha passato il suo tempo?» le chiese. «Con un sacco di gente. Mi sembra di essere stata un bel po' insieme a Chris Adams. È il manager degli Hatters. Un tipo in gamba. Intelligente e sensibile.» Sorrise. «E non tanto sballato da non essere in grado di tenere una conversazione.» Interessante, pensò Chadwick, il fatto che Adams non avesse accennato a niente di tutto ciò. Ma perché avrebbe dovuto? Sarebbe servito solo a collegarlo ad avvenimenti dai quali lui e il suo gruppo volevano prendere le distanze. «Era con lui mentre suonavano i Led Zeppelin?» Tania aggrottò la fronte. «No, ero davanti al palco, nell'area stampa. Credo che ci fosse anche lui, ma era davvero buio e pieno zeppo di gente. Non ricordo di averlo visto.» «Lei è americana, a quanto ho capito» disse Chadwick. «Canadese, in realtà. Ma molte persone si sbagliano. E non si preoccupi, sono qui in piena regola, ho il permesso per lavorare e tutto il resto. I miei genitori sono nati qui. In Scozia. A Strathclyde. Mio padre era professore universitario lì.» La figlia di un professore, addirittura. E senza dubbio si erano trasferiti in Canada perché lassù la retribuzione era migliore. Questo rendeva ancora più insensato il fatto che Tania passasse i suoi giorni in un minuscolo e squallido monolocale di Notting Hill. «Allora che mi dice di Linda?» chiese. «È scomparsa dentro una delle roulotte?» «Non che io sappia. Linda è diventata un po' claustrofobica, le è venuto il mal di testa e quando i Led Zeppelin sono saliti sul palco mi ha detto che sarebbe andata a fare due passi nel bosco. Io le ho detto che probabilmente sarei tornata a casa non appena il gruppo avesse finito, perché volevo dormire un po' prima di prendere il traghetto e andare a trovare il mio ragazzo, Jeff. Mi ha detto di non preoccuparmi per lei, perché poteva fermarsi da alcuni amici. Lo sapevo. Ero venuta al nord con lei altre volte e li avevo conosciuti. Era una casa di Leeds, dove lei abitava prima di trasferirsi a Londra.» «Bayswater Terrace?» «Mi pare di sì.» «Quindi le ha detto che sarebbe andata lì?» «Non è stata così esplicita. Ha detto solo che non sarebbe tornata a Londra con me quella notte.»
«Sa per quale motivo?» «Credo solo che volesse vedere delle persone. Voglio dire, è la sua città di origine. Casa sua, diciamo.» «Ha visto qualcuna delle persone di questa casa insieme a lei al festival?» «No. Come ho detto, noi avevamo i pass per andare dietro le quinte. Eravamo insieme ai gruppi. Non conoscevamo nessuno lì a parte Vic, Robin, Chris e gli altri. Non conoscevamo molto bene neanche loro. Senta, come può immaginare, a un certo punto la situazione si è fatta un po' movimentata, come in tutte le feste. Linda se l'è svignata. Io non l'ho più vista.» «Aveva un fiore disegnato sul viso l'ultima volta che l'ha vista?» Tania sembrò sconcertata. «Un fiore? Non credo. Non lo so. Era buio. Non mi ricordo.» «Lo avrebbe notato altrimenti?» «Può darsi. Non lo so. Un mucchio di ragazze avevano dei fiori disegnati sul viso. È importante?» «Potrebbe esserlo.» Chadwick si ricordò che Robin Merchant aveva detto che Linda aveva il fiore sul viso l'ultima volta che l'aveva vista. «Come pensava di tornare a Leeds? Era notte fonda.» «Avrebbe chiesto un passaggio. C'erano un sacco di persone che andavano da quella parte. La maggior parte dei presenti veniva da Leeds o da Bradford. Mi sembra ovvio.» «Era questo il vostro piano iniziale? Che lei sarebbe rimasta a Leeds e avrebbe chiesto un passaggio?» «Piano? Non avevamo nessun piano. È stato tutto abbastanza estemporaneo. Insomma. Lei sapeva che io sarei andata a Parigi il lunedì e che dovevo tornare a casa domenica notte, ma sapeva anche che poteva tornare a Londra con me con la Mini se le andava.» «E cosa ha fatto allora?» «Quando i Led Zeppelin hanno finito, sono andata di nuovo dietro le quinte, ho bighellonato un po' e l'ho aspettata. C'era ancora una festa in corso lì dietro, ma le persone stavano andando via in fretta. Non la vedevo, così ho pensato che fosse andata a Bayswater Terrace. Sono salita in macchina e sono tornata quaggiù. Erano quasi le quattro del mattino, ormai, quando sono partita, e sono arrivata a casa verso le nove. Ho dormito fino alle due, poi sono andata a Dover e mi sono imbarcata sul traghetto per Calais.»
«Doveva essere molto stanca...» «Non troppo.» «Non ha un lavoro?» «Al momento no. Faccio lavori saltuari. A scuola ero brava in dattilografia. Ora posso decidere i miei orari liberamente.» «Ma che mi dice dell'istruzione? Ha detto che suo padre era un professore. Di sicuro vorrebbe che lei frequentasse l'università.» Tania gli lanciò uno sguardo incuriosito, quasi compassionevole. «Quello che vuole mio padre non c'entra» replicò. «È la mia vita. Un giorno potrei anche andare all'università, ma sarà perché lo vorrò io e non perché qualcun altro ha deciso al posto mio.» Buttò i capelli all'indietro e accese un'altra sigaretta. A Chadwick parve di vedere un topo che correva sul pavimento della cucina. Fu scosso da un leggero fremito. Non aveva paura dei topi, ma l'idea di viverci insieme non lo allettava. «Vorrei sapere qualcosa di più su Linda» disse. «Mi pare di capire che facesse la commessa.» Tania scoppiò a ridere. «La "commessa". Che cosa pittoresca e inglese. Diciamo di sì. Lavorava da Biba, ma voleva fare la stilista. Era anche brava.» «Non si saranno preoccupati non vedendola tornare?» «Si era presa una settimana libera.» «Allora c'era un piano?» «C'erano alcune possibilità, nient'altro. C'erano delle persone a Saint Ives che voleva vedere. Magari sarebbe rimasta a Leeds per qualche giorno, sarebbe andata a trovare gli amici e la madre, poi sarebbe tornata quaggiù. Non lo so. Aveva anche un'amica ad Anglesey a cui voleva fare visita. Che posso dirle? Linda era una persona molto spontanea. Faceva le cose come le venivano in mente. Per questo non ero preoccupata per lei. E poi, uno non pensa mai che... insomma, eravamo in mezzo a persone che vogliono la pace, l'amore eccetera, non ti aspetteresti mai che...» Le lacrime le rigarono il viso. «Mi scusi» disse. «È davvero troppo.» Chadwick le diede qualche minuto per ricomporsi e per asciugarsi le lacrime, quindi disse: «Quando Linda ha lasciato l'area stampa per andare nel bosco, ha visto qualcuno andarle dietro?». Tania ci rifletté un attimo, tirò una boccata dalla sigaretta e fece cadere la cenere. «No» rispose. «Ha visto uscire qualcun altro più o meno nello stesso momento?» «No, a quanto ricordo. Eravamo quasi tutti elettrizzati per i Led Zeppe-
lin, ci stavamo preparando a metterci sotto il palco e ad andare in delirio.» «È possibile che avesse programmato di incontrare qualcuno? Possibile che il mal di testa fosse solo una scusa?» Tania lo guardò con aria assente. «Perché avrebbe dovuto trovare una scusa? Se aveva intenzione di incontrare qualcuno, poteva dirlo. Non era nella natura di Linda essere furtiva e andarsene di soppiatto.» Cristo, pensò Chadwick, era molto più semplice quando avevi a che fare con gente normale, con persone che mentono e tradiscono con la stessa facilità con cui respirano, a differenza di questi qui, con tutti i loro strambi ideali e i loro atteggiamenti arroganti. «Ha notato se qualcuno le ha rivolto eccessive attenzioni?» chiese. «Linda era una bella ragazza. È ovvio che ci fossero persone che parlavano con lei, magari nel tentativo di fare colpo, di rimorchiarla.» «Ma nessuno ci è riuscito?» Tania esitò. «Linda non frequentava nessuno negli ultimi tempi» rispose. «Senta, ho letto quello che dicono i giornali di noi. "News of the World", "People" e altre porcherie simili. Ci dipingono come una specie di sottocultura di drogati e sessuomani, che pensano soltanto alle orge e agli eccessi. Be', alcuni potranno pure essere così, ma Linda era una persona con una grande spiritualità. Era interessata al buddismo, alla cabala, allo yoga, all'astrologia, ai tarocchi, a tutte le cose che hanno a che fare con lo spiritualismo, e a volte lei... sa... il sesso per lei non era indispensabile.» «E le droghe?» «Neanche quelle erano indispensabili. Non sto dicendo che non ha mai fumato uno spinello o che non si è mai calata una pasticca di acido, ma solo che non lo faceva da un pezzo. Stava andando avanti, si stava evolvendo.» «So che voi eseguivate dei duetti musicali.» Tania lo guardò come se non avesse capito, poi si sforzò di accennare un sorriso. «Eseguivamo duetti musicali? Cantavamo insieme a volte, se è questo ciò che intende, solo nei locali folk e roba del genere.» «Posso dare un'occhiata all'appartamento di Linda?» Tania si morse il labbro. «Non lo so. Non dovrei. Cioè...» «Può venire con me, per tenermi d'occhio. Tanto prima o poi bisognerà farlo. In modo ufficiale.» Alla fine, Tania disse: «Okay. Ho la chiave. Andiamo». Lo condusse verso la porta di fronte. La stanza di Linda era simmetrica rispetto a quella di Tania. Era arredata in modo più lussuoso con un paio di
tappeti fantasia sul pavimento e, attaccato alla parete, c'era il ritratto stilizzato di un uomo, che stava seduto con le gambe incrociate sotto un albero, circondato da strani simboli. Chadwick riconobbe i segni dello zodiaco grazie al giornale con gli oroscopi che leggeva Janet. C'era anche una piccola libreria piena di volumi sul misticismo e sulla vita spirituale e pacchi di bastoncini d'incenso di varie fragranze. Una chitarra acustica, simile a quella che c'era nella stanza di Tania, era appoggiata contro il muro. Linda aveva anche un piccolo mangiadischi e accanto a esso c'era una pila di LP simili a quelli che aveva Yvonne. Non c'era niente di davvero personale in quella stanza, almeno niente che Chadwick potesse scorgere. In un cassetto c'erano un paio di lettere della madre e qualche vecchia fotografia scattata insieme a suo padre. Non c'erano né diari né blocchi per appunti (qualunque cosa avesse portato con sé a Brimleigh era sparita) e quasi nient'altro a parte il certificato di nascita e il libretto delle poste dal quale si poteva vedere che sul conto aveva 123 sterline, 13 scellini e 5 pence, che a Chadwick sembrava un bel po'. Aveva anche disposto una macchina per cucire su un tavolo di fortuna e c'erano alcune pezze di stoffa stampata sparse là intorno. Nel piccolo armadio erano appesi molti abiti lunghi, gonne dalle fantasie vivaci e altri capi di abbigliamento. Cercò sotto i cassetti e controllò gli armadietti e il guardaroba in cerca di un doppio fondo, ma non trovò nulla che potesse costituire un buon nascondiglio per la droga. Se Tania aveva capito quello che stava facendo, non lo diede a vedere. Si appoggiò soltanto contro lo stipite della porta con le braccia incrociate. Per quanto riguardava il cibo, non c'era molta scelta. Linda non aveva il forno, ma solo un fornello a gas accanto al piccolo lavandino e il contenuto della credenza comprendeva riso integrale, ceci, muesli, crema di sesamo, fagioli mungo e infine erbe e spezie varie. Non c'era il frigorifero e non c'era traccia di carne, verdura o latticini, a parte una bottiglia di latte sterilizzato sul tavolo. Davvero una vita frugale. Frustrato, Chadwick sostò vicino alla porta e diede un'ultima occhiata in giro. Ancora niente. «Che ne sarà dell'appartamento adesso?» chiese Tania. «Suppongo che verrà rimesso in affitto» rispose. «Per il momento manderò la polizia locale per isolarlo fino a quando non avremo fatto una perquisizione accurata. Che cosa sa di Rick Hayes?» Tania chiuse la porta di casa di Linda e condusse di nuovo Chadwick nella sua stanza, dove ripresero le stesse postazioni di prima.
«Rick Hayes, l'organizzatore?» «Proprio lui.» «Non molto. Ci ho scambiato quattro chiacchiere un paio di volte. È un tipo un po' viscido. Se proprio lo vuole sapere, ha provato a rimorchiarmi, mi ha invitato nella sua roulotte.» «E?» «Gli ho detto di andare a quel paese.» «Come ha reagito?» «Si è messo a ridere e ha detto che gli piacevano le ragazze che parlano chiaro. Hayes è il genere di uomo che cerca di portarsi a letto ogni ragazza che incontra. Crede di avere buone probabilità. Se nove su dieci gli dicono quello che pensano di lui o gli tirano un ceffone, c'è sempre la decima che potrebbe dire di sì.» «Conosceva Linda, vero?» «Si erano già visti prima, sì. Una volta siamo andate dietro le quinte durante un concerto dei Mad Hatters al Roundhouse e c'era anche Rick. È abbastanza innocuo, in realtà. A essere sinceri, è fin troppo preso da se stesso per rivolgere la sua attenzione a qualcun altro.» «Ma se una ragazza che gli piaceva lo avesse respinto, crede che sarebbe diventato violento?» Tania gli lanciò uno sguardo severo. «Io... io non lo so» rispose. «In realtà non ci ho mai pensato. Ha un bel caratterino. L'ho visto rimproverare aspramente una delle guardie della sicurezza, ma quello era solo... non lo so, una specie di delirio di onnipotenza, credo. Non vorrà mica insinuare che ha ucciso Linda perché lei non si è fatta scopare?» Se l'uso di quella parola era mirato a sconvolgere Chadwick, ci riuscì. Non era abituato a sentire un tale linguaggio uscire dalla bocca di una ragazza così graziosa. Neanche morto le avrebbe dato la soddisfazione di vederlo reagire, però. «Lo ha visto lasciare l'area stampa mentre si trovava lì?» «No. Perlopiù faceva da tramite fra i gruppi che si esibivano e i tecnici del suono, per assicurarsi che l'attrezzatura fosse montata a dovere e tutto filasse liscio. C'è stato qualche problema con il sistema di amplificazione o qualcosa di simile che ha dovuto risolvere. E ha fatto anche da maestro di cerimonie, presentava i gruppi. È stato davvero molto occupato, per tutto il tempo. Anche se avesse voluto, credo che non sarebbe riuscito a svignarsela.» «Quindi è stato sempre sotto gli occhi di tutti?»
«Più o meno. Non sempre, ma per quasi tutto il tempo potevi vederlo con la coda dell'occhio mentre correva di qua e di là. C'era sempre qualcuno che lo cercava per qualcosa.» «Dove si trovava mentre Linda era nel bosco?» «Non lo so. Come le ho già detto, sono andata sotto il palco per vedere meglio.» «E lui era lì?» «No. Ha presentato il gruppo, poi è sceso dal palco.» «Lo ha più visto dopo?» «Ora che ci penso, no. Ma non ci credo. Non credo proprio che possa avere qualcosa a che fare con quello che è successo.» «Forse non c'entra niente» replicò Chadwick e si alzò per andarsene. «È solo che bisogna considerare la faccenda da tutti i punti di vista.» Si fermò sulla porta. «Prima che me ne vada, mi dica come si è comportata Linda nelle ultime settimane.» «Che intende?» «È successo qualcosa fuori dall'ordinario?» «No.» «Era agitata, depressa o preoccupata per qualcosa?» «No, era come sempre. Stava mettendo da parte i soldi per andare in India. Era davvero elettrizzata all'idea.» Chadwick, che aveva passato diverso tempo in India durante la guerra, prima di essere mandato a combattere in Birmania, non capiva cosa ci fosse di tanto elettrizzante. Per quanto lo riguardava, era un luogo sudicio, caldo e malsano. Tuttavia, quello spiegava perché Linda avesse 123 sterline, 13 scellini e 5 pence sul conto delle poste. «Tutto qui?» «Credo di sì.» «Ha litigato o discusso con qualcuno di recente?» «Non che io sappia. Comunque, ne dubito.» «Perché?» «A Linda non piacevano le scenate o le discussioni. Era una persona pacifica, tollerante.» «Qualcuno l'ha minacciata in qualche modo?» «Oh, Signore, no.» «Qualcuno la tormentava?» «No. L'unica cosa che la turbava era Vic Greaves. Non erano molto legati, ma erano parenti e quelle due o tre volte in cui abbiamo visto i Mad Hatters le era sembrato che lui stesse peggiorando. Linda pensava che il
cugino dovesse entrare in terapia, ma ogni volta che ne parlava a Chris, lui diceva che gli psichiatri ti fanno il lavaggio del cervello a favore del sistema e che gli ospedali psichiatrici sono prigioni per i veri visionari. Credo che non avesse tutti i torti.» «Voi, intendo lei o Linda, avete mai cercato di fare qualcosa per Greaves?» «In che senso?» «Convincerlo a entrare in terapia.» «Linda ci ha provato una volta, ma lui si è rifiutato in modo categorico.» «Avete provato a far cambiare idea a Chris Adams?» «Non spettava a lui decidere» replicò Tania. «Senta, nessuno ha voluto prendersi la responsabilità di far dichiarare pazzo Vic Greaves. Questa è la verità.» «Capisco» disse Chadwick. La decisone non lo stupì, dopo quel poco di tempo che aveva passato con i Mad Hatters. Avrebbe parlato di nuovo con loro molto presto, comunque. Aprì la porta e si fermò nel corridoio. «Grazie mille, signorina Hutchison.» «Nessun problema.» «Devo ammettere che tra tutte le persone con cui ho parlato finora lei mi sembra la più assennata.» Tania gli rivolse un sorriso enigmatico. «Io non ci giurerei» replicò. «A volte le apparenze ingannano.» Giovedì, 18 settembre 1969 Forse era colpa dell'odore delle spezie che aveva inalato a Portobello Road - dicono che l'olfatto sia il senso più legato alla memoria - o forse era stato il film I lunghi giorni delle aquile, che era andato a vedere dopo aver fatto visita a Tania Hutchison, ad aver riportato tutto alla mente, ma Chadwick si svegliò nella sua camera d'albergo alle tre del mattino, in preda ai sudori freddi. Non poteva dire che fosse un sogno, perché era accaduto davvero, ma aveva seppellito così profondamente il ricordo nel suo subconscio che quando questo riemerse, come di tanto in tanto capitava, lo fece con un guazzabuglio di immagini così vive che sembravano quasi surreali. Sepolto sotto due cadaveri, la bocca e il naso pieni di sabbia sulla Gold Beach, l'aria satura di fumo e fiamme, proiettili che sfrecciavano e si conficcavano nella sabbia lì vicino, il sangue che filtrava attraverso la sua uni-
forme, l'uomo sopra di lui che piagnucolava e chiamava la madre mentre moriva. L'attacco ai bunker in Birmania con Taffy. Taffy ferito, con gli intestini di fuori, che avanzava inciampando verso la sparatoria, si tuffava nel bunker di soldati giapponesi e, sapendo che ormai stava per morire, tirava la linguetta della sua bomba a mano. Brandelli di corpi che piovevano addosso a Chadwick: un occhio, pezzi di cervello, sangue e tessuti. E andò avanti così, una serie di frammentate immagini da incubo arrivate dalla giungla della Birmania e dalle spiagge della Normandia. Nel sogno non solo riusciva a vedere e ad ascoltare, ma poteva anche sentire tutto di nuovo... gli spari, il fumo, il calore, il sapore della sabbia in bocca. Temeva che per quella notte non avrebbe più chiuso occhio, così si mise seduto, prese il bicchiere d'acqua che aveva lasciato sul comodino e lo prosciugò, quindi lo riempì di nuovo. Mancavano ancora diverse ore all'alba. E quelle erano le ore peggiori, le ore in cui le sue paure avevano la meglio su di lui. L'unica soluzione era alzarsi e provare a fare qualcosa per distrarsi. Non aveva intenzione di camminare per King's Cross a quell'ora del mattino, così accese l'abat-jour, prese I cannoni di Navarone di Alistair MacLean dalla sua sacca da viaggio e si appoggiò con la schiena sui cuscini per leggere. Quando la pallida luce dell'alba cominciò a diffondersi sulla città da est, il libro ormai gli era caduto sul petto e lui sonnecchiava tranquillo, immerso in un sonno privo di sogni. Capitolo 11 In un paesino come Lyndgarth, Banks lo sapeva, il modo migliore per scoprire qualcosa su uno degli abitanti era chiedere al pub locale o all'ufficio postale. Nel caso di Vic Greaves, fu Jean Murray, la donna che lavorava nell'ufficio postale con edicola annessa, a indirizzarlo verso l'ultimo cottage di Darlington Road sulla sinistra e a dirgli che «Mr. Jones» abitava lì da qualche anno ormai, che era proprio un po' strano e non ci stava tanto con la testa, ma che sembrava abbastanza innocuo e pagava sempre regolarmente il conto dei giornali. Era una specie di eremita, aveva detto la donna, e non gli piaceva ricevere visite. La signora Murray non aveva idea di come passasse il tempo, ma non c'era stata nessuna lamentela nei suoi confronti. La figlia, Susan, aveva aggiunto che di rado qualcuno andava a trovarlo, e che aveva visto un paio di auto andare e venire. Non era in grado di descriverle. Banks lasciò l'auto parcheggiata sul pavé vicino al prato del giardino
pubblico. Era un'altra giornata uggiosa, con la pioggia e il vento che spirava da est, tanto per cambiare, e i tetti delle case lastricati di pietra erano di un verde scuro come quello degli stagni muscosi. I rami spogli degli alberi ondeggiavano dietro le antenne della televisione e al di là di esse il cielo formava uno sbiadito sfondo color grigio sporco. All'angolo in alto a destra del giardino pubblico, fra il vecchio Burgundy Hotel e la tetra e tozza cappella metodista, c'era una strada stretta che portava a un ruscello fiancheggiato dagli alberi. Su entrambi i lati della strada si trovava una schiera di bassi cottage di pietra calcarea disposti in modo sfalsato, in cui un tempo abitavano i lavoratori dei campi. Banks si fermò un istante davanti all'ultimo cottage sulla sinistra e tese l'orecchio. Non riuscì a sentire nessun segno di vita e non scorse neanche una luce. Le tende al piano di sotto erano tirate, ma quelle del piano di sopra erano aperte, così come le finestre. Alla fine, bussò alla porta. Non accadde nulla, così bussò di nuovo, più forte stavolta. Proprio quando sembrava che nessuno avrebbe mai risposto, la porta si aprì e comparve un tizio dall'aria irrequieta. Era difficile stabilire se fosse Vic Greaves oppure no, perché Banks poteva basarsi solo sulle vecchie foto del gruppo, di quando Greaves era una promettente rock star sulla ventina. Ormai doveva avere quasi sessant'anni, pensò Banks, ma sembrava molto più vecchio. Aveva le spalle spioventi e la pancia afflosciata, grande quanto un pallone da calcio; indossava una maglietta nera con una Harley Davidson argentata stampata sul davanti, jeans sformati, niente scarpe né calzini. Gli occhi erano pesti e privi di espressione, la pelle secca era pallida e segnata. O era calvo o si rasava la testa con regolarità e la cosa metteva in risalto le guance incavate e gli occhi infossati. A Banks sembrava malato e lontano anni luce dal bel giovanotto che tutte le ragazze adoravano, da colui che aveva infuso la vita ai Mad Hatters. «Cerco Vic Greaves» disse Banks. «Non c'è oggi» rispose l'uomo, con il volto impassibile. «Ne è sicuro?» chiese Banks. Questa domanda sembrò sconcertare l'uomo e provocargli un certo disagio. «Avrebbe potuto. Avrebbe potuto esserci, se non avesse cercato di andare a casa. Ma la sua auto è rotta. Le ruote non funzionano.» «Come, scusi?» A un tratto l'uomo sorrise, mostrando una fila di denti macchiati e storti, con qualche spazio vuoto qua e là, e disse: «Io non c'entro niente con lui».
Poi si voltò e tornò in casa, lasciando la porta spalancata. Banks lo seguì perplesso. La porta si apriva direttamente sul soggiorno, proprio come nel cottage di Banks. Dato che le tende erano chiuse, il pianterreno era immerso nella penombra, ma persino con quella poca luce Banks poté notare che la stanza era piena zeppa di libri, giornali e riviste. Nella casa c'era un leggero odore di latte acido e di formaggio rimasto troppo tempo fuori dal frigo, ma questo era mescolato a un odore più buono: olio di oliva, aglio ed erbe. Banks seguì l'uomo sul retro, ossia nella cucina, dove c'era un po' più di luce che filtrava dalle finestre sudice e dalle tende fiorate mezze aperte. La stanza era tirata a lustro, tutte le pentole e le padelle appese al muro scintillavano, mentre i piatti e le tazze brillavano negli armadietti con le ante di vetro. Qualunque fosse il problema di Greaves - e Banks era convinto che quell'uomo fosse Greaves - non gli impediva di prendersi cura della casa meglio di quanto facesse la maggior parte degli scapoli che Banks aveva conosciuto. L'uomo era in piedi e dava le spalle all'ispettore, mentre girava qualcosa nella pentola che era sul fuoco. «È lei Vic Greaves?» chiese Banks. Nessuna risposta. «Senta» insistette Banks «sono un agente di polizia. L'ispettore capo Banks. Alan, mi chiamo Alan. Ho bisogno di parlare con lei. È lei Vic Greaves?» L'uomo si voltò per metà. «Alan?» chiese, mentre scrutava Banks con aria incuriosita. «Non so chi sei. Non conosco nessun Alan. Non ti conosco, vero?» «Gliel'ho appena detto. Sono un poliziotto. No, non mi conosce.» «In teoria non dovevano crescere così tanto, sa» disse l'uomo, mentre tornava alla sua pentola. «A volte la pioggia fa miracoli.» «Cosa?» «Le colline bevono.» Banks cercò di posizionarsi in modo da riuscire a vedere il viso dell'uomo. Quando questo si voltò di nuovo e lo vide, sembrò sorpreso. «Che ci fai tu qui?» domandò, come se si fosse davvero dimenticato della presenza di Banks. «Gliel'ho detto. Sono un poliziotto. Voglio farle qualche domanda su Nick Barber. È venuto a parlare con lei, non è così? Se lo ricorda?» L'uomo scosse il capo e per un attimo si rattristò. «Vic è andato nel bosco oggi» disse.
«Vic Greaves è nel bosco?» chiese Banks. «E lei chi è, allora?» «No» disse. «È dovuto andare a prendere delle cose, gli servivano per lo stufato.» «È stato nel bosco poco fa?» «A volte, quando il tempo è bello, va a passeggiare lì. È tranquillo. A lui piace ascoltare gli uccellini e guardare le foglie e i funghi.» «Vive da solo qui?» Sospirò. «Sono solo di passaggio.» «Mi racconti di Nick Barber.» Smise di girare lo stufato e guardò in faccia Banks, il volto ancora privo di espressione, impenetrabile. «È venuto qualcuno.» «Esatto. Si chiamava Nick Barber. Quando è venuto? Se lo ricorda?» L'uomo non rispose, ma fissò Banks in modo inquietante. Banks cominciava a sentirsi abbastanza snervato da quella esperienza. Vic Greaves era fuori di testa perché aveva preso della droga o qualcosa del genere? Poteva forse diventare violento da un momento all'altro? In tal caso c'era un comodo ceppo di coltelli da cucina a portata di mano. «Senta» ricominciò Banks «Nick Barber è morto. Qualcuno lo ha ucciso. Ricorda qualcosa di quello che le ha detto?» «Vic è andato nel bosco oggi» continuò a ripetere ostinatamente l'uomo. «Sì, ma questo tizio, Nick Barber. Che cosa le ha chiesto? Riguardava la morte di Robin Merchant? Aveva a che fare con Swainsview Lodge?» L'uomo si tappò le orecchie con le mani e fece penzolare la testa. «Vic non può sentire questo. Vic non vuole sentirlo.» «Ci pensi. Di sicuro se lo ricorderà. Non si ricorda Swainsview Lodge?» Ma Vic Greaves ormai contava e basta. «Uno, due, tre, quattro, cinque...» Banks tentò di parlargli, ma quello prese a contare più forte. Alla fine, si arrese, si girò e se ne andò. Sarebbe tornato, però. Doveva esserci un modo per ottenere delle risposte da Vic Greaves. Mentre lasciava il paesino, Banks superò un'elegante Mercedes color argento, ma non se ne curò più di tanto. Per tutto il tragitto fino alla centrale ripensò alla strana esperienza che aveva appena avuto e nemmeno la canzone I Remember a Day dei Pink Floyd che usciva dallo stereo poté dissipare la sua malinconia. «Che cosa hai scoperto, Kev?» chiese Annie Cabbot, quando quel pomeriggio presto il sergente investigativo Templeton, impolverato e chiara-
mente di cattivo umore, si trascinò verso la sua scrivania e si abbandonò sulla sedia dei visitatori. Templeton sospirò. «Dovremmo fare qualcosa per quel seminterrato» commentò. «È dannoso per la salute, porca miseria.» Si tolse un po' di polvere dai jeans sdruciti comprati per 60 sterline da Topman e sbatté un ammasso di documenti sulla scrivania. «È tutto qui, signora» la informò. «Quello che sono riuscito a trovare, comunque.» «Kev, ti ho già detto di non chiamarmi signora. So che la sovrintendente Gervaise ci tiene molto, ma questa è una sua prerogativa. Un semplice "capo" sarà più che sufficiente, se proprio devi.» «D'accordo, capo.» «Fammi un rapido sunto.» «Per farla breve» replicò Templeton «pare che non ci sia stata una vera e propria indagine. Il coroner l'ha dichiarata una morte accidentale e fine della storia.» «Senza nessuna riserva?» «Che io sappia no, capo.» «Chi c'era in casa in quel momento?» «È tutto qui, nel dossier.» Templeton diede un colpetto a un grosso faldone di cuoio. «Per quel che vale. Dichiarazioni eccetera. Fondamentalmente c'erano i membri della band, il loro manager, Lord Jessop, e ragazze di ogni genere, groupie e tirapiedi. Vengono tutti nominati nell'elenco e sono stati tutti interrogati.» Annie diede una rapida scorsa all'elenco e lo mise da parte. Non c'era niente, o meglio nessuno, che non si sarebbe aspettata di trovare lì, anche se la maggior parte dei nomi non le diceva nulla. «È accaduto dopo un party privato organizzato per festeggiare il successo del loro secondo album, che era intitolato... si spari questa... He Whose Face Gives No Light Shall Never Become a Star.» «Chi ha il volto senza un raggio di luce non diventerà mai una stella. Questo è Blake» osservò Annie. «William Blake. Mio padre lo citava sempre.» «A me sembra solo un mucchio di stronzate» ribatté Templeton. «In ogni caso, l'album è stato registrato a Swainsview Lodge nell'inverno 196970. Lord Jessop aveva dato loro il permesso di trasformare un vecchio salone per i banchetti inutilizzato prima in una sala prove e poi in uno studio di registrazione privato. Negli anni successivi, anche altri gruppi lo hanno utilizzato.»
«Quindi cos'è successo la sera della festa?» «Tutti hanno giurato che Merchant stava bene quando la festa si è conclusa, verso le due o le tre del mattino, ma il giorno seguente il giardiniere lo ha trovato che galleggiava nudo e privo di vita nella piscina. L'autopsia ha rivelato tracce di una droga chiamata Mandrax nel suo organismo.» «Di che si tratta?» «Che ne so? Una specie di tranquillante?» «Ce n'era una quantità sufficiente a ucciderlo?» «Stando al medico legale, no. Ma aveva anche bevuto e questo può aver aumentato gli effetti, e i rischi. Probabilmente aveva fumato erba e mandato giù qualche pasticca di acido, ma al tempo non esistevano esami tossicologici per rivelare tracce di queste sostanze.» «Allora qual è stata la causa del decesso?» «La versione ufficiale vuole che sia scivolato sul bordo della piscina, sia caduto nella parte bassa, abbia battuto la testa sul fondo e sia annegato. Il Mandrax potrebbe aver rallentato i suoi riflessi. Aveva acqua nei polmoni.» «E il colpo in testa? È possibile che sia stato un trauma provocato da un oggetto contundente?» «La ferita rivelava un impatto con una grande superficie piatta, piuttosto che con un oggetto contundente.» «Come il fondo di una piscina?» «Esatto, capo.» «Che cosa hanno detto quelli che avevano partecipato alla festa?» «Quello che ci si aspettava. Hanno giurato tutti che in quel momento dormivano e che non hanno sentito nulla. A essere sinceri, anche se Merchant fosse semplicemente caduto in piscina, quelli non se ne sarebbero neanche accorti per quanto erano imbottiti di droga. Non c'era un granché da sentire. Era già privo di conoscenza perché aveva battuto la testa.» «Qualche ipotesi riguardo al perché fosse nudo?» «No» rispose Templeton. «Ma all'epoca era una cosa del tutto normale, no? Gli hippy e tutto il resto. L'amore libero. Le orge eccetera. Ogni scusa era buona per spogliarsi.» «Chi ha condotto le indagini?» «L'ispettore capo Cecil Grant era l'agente investigativo di grado più alto - è morto ormai - ma un certo sergente Keith Enderby ha sbrigato il grosso del lavoro, è lui che si è fatto il culo.» «Estate 1970» disse Annie. «Sarà in pensione ormai, molto probabil-
mente, ma potrebbe essere ancora nei paraggi.» «Controllerò con le Risorse Umane.» «Kev, mentre leggevi quella roba, hai mai avuto l'impressione che qualcuno avesse messo fine alle indagini perché c'erano coinvolti un famoso gruppo rock e un nobile di Sua Maestà?» Templeton si grattò la fronte. «Be', ora che mi ci fa pensare, mi è passato per la mente. Ma se guardiamo i fatti, non c'era nessuna prova a dimostrazione del fatto che le cose fossero andate in maniera diversa. Sembra che il sergente Enderby abbia fatto un discreto lavoro, date le circostanze. D'altro canto, tutti quanti hanno serrato i ranghi e hanno fatto fronte comune. Non credo proprio che siano andati tutti a dormire alle due o alle tre del mattino e che non abbiano sentito nulla. Scommetto che c'era un bel po' di gente alzata che andava in giro in cerca di prede, ma forse non era nella condizione di distinguere la realtà dalla fantasia. È facile che qualcuno abbia mentito per proteggere qualcun altro. Oppure che ci siano due o più persone dietro quello che è successo. Teoria del complotto. L'altra faccia della medaglia, ovviamente, è che nessuno aveva un movente.» «Nessun contrasto all'interno della band?» «Niente di cui si fosse a conoscenza, al tempo. Anche qui, però, è alquanto improbabile che lo avrebbero raccontato agli investigatori se ce ne fossero stati, non crede?» «No, ma poteva esserci stato qualche pettegolezzo riportato dalla stampa musicale. Questa gente viveva la maggior parte della propria vita sotto gli occhi di tutti.» «Be', se c'erano dei contrasti, li tenevano ben nascosti» osservò Templeton. «Ho dato uno sguardo al materiale on-line e ho visto che all'epoca erano un gruppo di successo, andavano davvero alla grande. Forse se qualcuno facesse qualche ricerca adesso e ponesse le domande giuste... non lo so... potrebbe essere diverso...» «Perché non provi a rintracciare questo Enderby, mentre io faccio due chiacchiere con l'ispettore capo Banks?» «Sì, capo» disse Templeton, e si alzò. «Vuole che lasci qui il dossier?» «Ma sì» replicò Annie. «Lo guarderò più tardi.» Giovedì, 18 settembre 1969 L'ufficio di Rick Hayes a Soho era situato sopra una trattoria su Frith Street, non troppo lontano dal Ronnie Scott's e da numerosi sexy shop e
night club con spogliarello. Dopo essersi rifocillato con un espresso al Bar Italia, dall'altro lato della strada, Chadwick salì le scale malridotte e bussò al pannello di vetro che si trovava sulla porta, alla quale era appesa la targhetta HAYES ORGANIZZAZIONE CONCERTI. Qualcuno lo invitò a entrare e quando fu nella stanza vide Hayes seduto dietro una scrivania disordinata, con la mano sulla cornetta del telefono. «Ispettore. Che sorpresa» disse Hayes. «Si sieda. Può aspettare soltanto un momento? È una vita che cerco di mettermi in contatto con questo tizio.» Chadwick aspettò, ma anziché sedersi, gironzolò per l'ufficio, un'abitudine che di solito rendeva la gente nervosa, aveva scoperto. Appese alle pareti c'erano fotografie incorniciate con tanto di autografi che ritraevano Hayes in compagnia di varie rock star famose, nomi che lui non conosceva, per la maggior parte: Jimi Hendrix, Pete Townsend, Eric Clapton. C'erano schedari pieni zeppi di raccoglitori. Stava aprendo un cassetto dello schedario vicino alla finestra, quando il suo curiosare evidentemente preoccupò Hayes a tal punto che questo troncò la telefonata prima del tempo. «Che cosa sta facendo?» gli chiese Hayes. «Do solo un'occhiata in giro.» «Quelli sono documenti privati.» «Sì?» Chadwick si sedette. «Be', non mi piace sprecare tempo a starmene seduto con le mani in mano, perciò ho pensato di usare un po' di spirito di iniziativa.» «Ha un mandato di perquisizione?» «Non ancora. Perché? Me ne serve uno?» «Per guardare quei documenti, sì.» «Oh, non credo proprio che lì ci sia qualcosa di interessante per me. La ragione per cui sono qui è che lei mi ha mentito sin dalla prima volta che ci siamo visti e voglio sapere il perché. Inoltre voglio sapere che cosa ha a che fare con l'omicidio di Linda Lofthouse.» «Linda Lofthouse?» «Non faccia il furbo con me, giovanotto» ringhiò Chadwick, con il suo accento di Glasgow che si faceva più marcato quando si arrabbiava. «Questo è il nome della vittima.» «E io come facevo a saperlo?» «È comparso sui giornali.» «Non li leggo.» «Lo so, sono pieni di balle raccontate dal sistema. Non mi importa se
legge i giornali oppure no. Lei ha visto un cadavere a Brimleigh. Era sulla scena anche prima che arrivassi io.» «E allora?» «Era nella condizione ideale per depistare tutti quanti, per manomettere le prove. La ragazza era lì ai suoi piedi e lei ha affermato di non averla mai vista prima.» «Più tardi le ho detto che forse l'avevo incontrata dietro le quinte. C'era un mucchio di gente in giro e io ero molto indaffarato.» «Così ha detto. Più tardi.» «Be'?» «C'erano due cose importanti che non sapevo allora, cose che lei avrebbe potuto riferirmi, ma non lo ha fatto.» «Non la seguo. Di cosa parla?» Chadwick contò con le dita. «La prima è che la vittima si chiamava Linda Lofthouse e la seconda è che lei la conosceva molto meglio di quanto volesse far credere.» Hayes prese un elastico dalla scrivania e cominciò ad avvolgerselo intorno alle dita macchiate dalla nicotina. Non si faceva la barba da un paio di giorni e i capelli, lisci e flosci, avevano bisogno di una lavata. Indossava un paio di jeans e una camicia rossa senza colletto fatta di una stoffa leggera. «Le ho detto tutto quello che so» replicò. «Cazzate. Mi ha raccontato soltanto cazzate. Ho dovuto mettere insieme i pezzi in base alle conversazioni che ho avuto con altre persone. Lei mi avrebbe potuto far risparmiare un bel po' di fatica.» «Non è compito mio far risparmiare fatica agli sbirri.» «Basta con queste stupidaggini da finto hippy. Non le si addicono. Lei è un uomo d'affari, uno sporco lacchè capitalista, proprio come tutti gli altri, il modo in cui si veste e il fatto che si lavi poco non contano. Conosceva Linda Lofthouse tramite Dennis Nokes, l'inquilino della casa di Bayswater Terrace, a Leeds, e tramite il cugino Vic Greaves, membro dei Mad Hatters. Conosceva anche l'amica di Linda, Tania Hutchison, la ragazza con cui era andata a Brimleigh, ma non si è preoccupato di farcelo sapere, vero?» La mascella di Hayes crollò. «Chi le ha detto tutto questo?» chiese. «Non ha importanza. È la verità?» «E se anche fosse?» «In tal caso, avrebbe nascosto informazioni rilevanti per l'indagine su un caso di omicidio e questo, ragazzo mio, è un reato.»
«Non sapevo che vivessimo già in uno Stato di polizia.» «Mi creda, se fosse così, noterebbe la differenza. Quando ha visto Linda Lofthouse la prima volta?» Hayes lanciò un'occhiataccia a Chadwick, mentre giocava ancora con l'elastico. «A casa di Dennis» rispose. «Quando?» «Non lo so, amico. Un bel po' di tempo fa.» «Settimane? Mesi? Anni?» «Senta, Dennis è un vecchio amico. Ogni volta che mi trovo in zona faccio un salto a trovarlo.» «E una di queste volte ha incontrato Linda?» «Esatto. Lei stava da Dennis.» «Con Dennis?» «Assolutamente no. Linda era intoccabile.» Quindi sembrava che Nokes avesse detto la verità almeno a quel proposito. «Doveva essere l'inverno tra il 1967 e il 1968, giusto?» «Se lo dice lei.» «Quante altre volte l'ha vista, da allora?» «Solo un paio di volte, sa.» «No, non lo so. Mi illumini.» «Ho fatto qualche concerto con i Mad Hatters e lei era insieme a loro. L'ho anche incontrata di nuovo da Dennis, ma... come dire... non è che la conoscessi proprio. Cioè, non eravamo in confidenza. A volte ci trovavamo semplicemente nello stesso giro, come un sacco di altra gente.» «Allora perché ha mentito dicendo di non conoscerla, se era tutto così innocente?» «Non lo so, amico. Non volevo essere coinvolto. Voialtri probabilmente mi avreste dato un'occhiata e avreste pensato che ero stato io. Inoltre, ogni minuto in più che passavo sul quel campo ci rimettevo dei soldi. Lei non sa come funziona questo lavoro, quanto a volte sia difficile far quadrare i conti.» «Quindi ha mentito perché ha pensato che se avesse detto la verità io le avrei impedito di svolgere il suo lavoro e le avrei fatto perdere dei soldi?» «Esatto. Di sicuro potrà capirlo.» «Oh, posso capirlo benissimo» ribatté Chadwick. «Adesso parla la mia stessa lingua. Preoccuparsi dei soldi è un fatto molto comune, se non lo sa.» «E allora...?»
«Che cosa ha fatto dopo aver presentato i Led Zeppelin, domenica sera?» «Ho ascoltato i loro pezzi, ogni volta che avevo un momento libero. Sono stati incredibili. Mi hanno fatto impazzire.» «Da dove li ha ascoltati?» «Ero in giro. Avevo ancora diverse cose da fare. Contavamo di preparare tutto e andarcene di lì il più presto possibile, una volta finito lo spettacolo, perciò non potevo perdere tempo. Alla fine, invece...» «Ma in che punto è andato per ascoltarli? L'area stampa era davanti al palco. A quanto pare quello era il posto migliore da cui assistere al concerto. È andato lì?» «No. Come ho già detto, non avevo tempo di starmene fermo a gustarmi il concerto. Avevo altro da fare. C'era un pandemonio là intorno, amico. C'erano persone fuori di testa che si lanciavano dal palco e gente che cercava di intrufolarsi da tutte le parti. I manager volevano riscuotere il compenso, c'erano auto che bloccavano il passaggio ad altre auto, limousine che venivano a prendere gente, attrezzature ancora da pagare. Glielo assicuro, amico, anche volendo non avrei avuto il tempo di uccidere qualcuno. E non l'ho fatto. Insomma, che motivo avrei avuto per uccidere Linda? Era una figa pazzesca. Mi piaceva.» Si accese una sigaretta. «Ho notato che lei è mancino» disse Chadwick. «Sì. E con questo?» «L'assassino era mancino.» «Un sacco di gente lo è.» «Possiede un coltello a serramanico?» «Neanche per sogno, amico. Sono illegali.» «Bene, mi fa piacere sapere che conosce la legge.» «Senta, abbiamo finito? Perché io ho un bel po' di telefonate da fare.» «Abbiamo finito quando lo dico io.» Hayes si infuriò, ma non disse nulla. «Spero che si renda conto del guaio in cui si è cacciato» proseguì Chadwick. «Senta, ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque altro. Al giorno d'oggi devi essere pazzo per dare confidenza agli sbirri, soprattutto se sei un po' diverso.» «Nel suo caso, non ha funzionato, non è così? L'ho scoperto comunque. Tutto quello di cui abbiamo bisogno ora è una persona, soltanto una persona, che possa averla vista lasciare la zona dietro le quinte per recarsi nel
bosco, mentre suonavano i Led Zeppelin. È sicuro che nessuno l'abbia vista? Dopotutto, abbiamo scoperto tutte le sue piccole bugie finora. Perché non anche questa?» «Non ho lasciato la zona transennata. Non sono andato in quel bosco.» «Interrogheremo di nuovo gli addetti alla sicurezza e chiunque altro pensiamo che potesse trovarsi lì. È sicuro di voler continuare a sostenere questa versione? «Non ho lasciato la zona transennata. Non sono andato in quel bosco.» «Che ne ha fatto del coltello?» «Non ci posso credere! Non ho mai avuto un coltello.» Chadwick allargò le mani sul tavolo, il gesto di un uomo ragionevole che disponeva le proprie carte. «Senta, signor Hayes, non la sto accusando perché è diverso. In realtà, credo che lei non sia troppo diverso dalla maggior parte dei piccoli delinquenti con cui ho a che fare. È solo che indossa abiti diversi, nient'altro. Perché non rende tutto più semplice e mi racconta come è andata?» «Voglio il mio avvocato.» «Che mi dice di Tania Hutchison? Ci ha provato anche con lei?» «Non dirò una parola di più.» «Ma era Linda che voleva, in realtà, non è vero? Linda, che sembrava così irraggiungibile. "Intoccabile." Non è questa la parola che ha usato? Lei era così bella. Non la riteneva alla sua altezza, non è così? Nemmeno i suoi soldi e i suoi agganci con le celebrità hanno fatto colpo su di lei, o sbaglio? Come è andata, dunque? Linda si è allontanata a fare un giro nel bosco. Lei ha compiuto il suo dovere di maestro di cerimonie e, mentre tutti erano incantati e assordati dai Led Zeppelin, l'ha seguita nel bosco. Lei l'ha respinta di nuovo e quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Linda aveva le mestruazioni. Glielo aveva detto? Ha pensato che fosse soltanto una scusa? Be', si sbagliava. Era la verità. Era forse fuori di testa? Aveva preso delle droghe? Forse potrebbe dichiarare che non era responsabile delle sue azioni. Ma Linda l'ha respinta per l'ultima volta. Allora lei l'ha afferrata per le spalle e l'ha accoltellata. Poi, quando si è reso conto di ciò che aveva fatto, ha capito che doveva tentare di metterci su una falsa pista. È stato un tentativo goffo, ma era anche la cosa migliore che poteva fare, vista la pressione a cui era sottoposto. Ha camminato fino al margine del bosco, è stato abbastanza fortunato da riuscire a rubare un sacco a pelo senza essere visto, e quando è tornato indietro il corpo non era ancora stato scoperto da nessuno. Lo ha infilato nel sacco a pelo - con po-
chissima cura, mi permetto di aggiungere, e questo è stato il primo elemento a indicarmi che la ragazza non era stata uccisa lì dentro - dopodiché l'ha portato sul campo. Mentre l'attenzione di tutti era rivolta al palcoscenico, con il favore del buio, lei ha posizionato il sacco a pelo proprio dove terminava la folla ed è tornato ai suoi doveri. Non credo che ci sia voluto molto tempo. Aveva parecchio sangue sulle mani? Non penso. Le ha strofinate sulle foglie, poi le ha sciacquate nel ruscello. Ne aveva un po' anche sui vestiti? Be', possiamo sempre controllare. Dove ha nascosto il coltello?» Mentre Chadwick parlava, Hayes era diventato pallido. «Accusarmi di aver fatto tutto questo è un conto» ribatté alla fine «ma dimostrarlo è tutta un'altra storia.» «Abbiamo bisogno soltanto di un testimone che dichiari di averla vista lasciare la zona transennata nell'intervallo di tempo che ci interessa.» «E del coltello inesistente.» Sagace, pensò Chadwick. Il coltello avrebbe aiutato parecchio, soprattutto se sopra ci fossero state le impronte di Hayes e il sangue di Linda Lofthouse. Ma c'erano casi che erano stati portati avanti anche su basi più inconsistenti ed erano stati addirittura vinti. Hayes avrebbe potuto tagliarsi i capelli e mettersi un bel completo per comparire davanti alla giuria, ma la gente sarebbe riuscita lo stesso a vedere chi era in realtà. Chadwick si sporse in avanti e prese il telefono di Hayes. «Sto per chiamare una persona alla centrale del West End» annunciò «e in men che non si dica avremo un mandato di perquisizione per il suo ufficio, per la sua casa e per qualunque altro posto lei abbia frequentato per più di dieci minuti nelle ultime due settimane. Se c'è anche la minima traccia del sangue di Linda la troveremo, mi creda.» «Faccia pure» ribatté Hayes, meno baldanzoso di quanto intendesse mostrarsi. «E non appena avrà finito, farò venire qui il mio avvocato e le farò causa per arresto ingiustificato.» «Non l'ho arrestata» replicò Chadwick, mentre componeva il numero. «Non ancora.» «Sì, so cos'è il Mandrax. O meglio, cos'era» disse Banks a Annie quella sera sul presto, mentre bevevano una pinta di birra al Queen's Arms, dopo aver finito il turno. Era buio fuori e il pub era gremito di persone che erano appena uscite dal lavoro, oltre a quelle che non lavoravano mai e avevano passato tutto il
giorno lì, perlopiù ragazzini chiassosi dal linguaggio scurrile che raccontavano barzellette volgari intorno al tavolo da biliardo situato sul retro. Quel tavolo da biliardo era stato un grosso errore, aveva detto Banks a Cyril, il proprietario, ma quello aveva risposto che doveva mantenersi al passo con i tempi, altrimenti i clienti più giovani sarebbero andati tutti al Duck and Drake o al Red Lion. Una bella liberazione, aveva pensato Banks. Non era lui, però, a doversi guadagnare il pane con quella attività. Il miscuglio di accenti la diceva lunga sui cambiamenti che stavano subendo le Dales; Banks poteva riconoscere le inflessioni di Londra, Newcastle e Belfast mescolate a quelle locali. Anche il fattore teppismo stava aumentando sempre di più a Eastvale. La cosa era stata notata da tutti ed era diventata motivo di preoccupazione, era finita sui giornali ed era stata discussa dai membri del consiglio e dai deputati locali. Era per questo che era stata formata la polizia di quartiere e Gavin Rickerd era stato trasferito, per tenere d'occhio gli attaccabrighe più noti e condividere le informazioni che li riguardavano con le altre comunità. Neanche il fatto che la locale stazione di polizia si trovasse proprio al margine della piazza del mercato sembrava fare alcuna differenza per gli ubriachi che ogni sabato sera dopo l'orario di chiusura si abbandonavano al vandalismo e lasciavano sugli antichi ciottoli una scia di rifiuti e devastazione, e di tanto in tanto anche qualche essere umano insanguinato. I negozianti e i proprietari dei pub del centro cittadino che strofinavano via il vomito e raccoglievano vetri rotti erano diventati una scena molto frequente per gli abitanti di Eastvale che si recavano in chiesa la domenica mattina. «Il Mandrax era un potente sedativo» spiegò Banks. «Erano pillole per dormire, note anche con il diminutivo affettuoso "mandies". Le hanno ritirate dal mercato negli anni Settanta.» «Se erano pillole per dormire» domandò Annie «perché non facevano semplicemente addormentare la gente?» Banks bevve una sorsata di Black Sheep, l'unica pinta che si sarebbe concesso prima di mettersi alla guida per tornare a casa, a Gratly. «In teoria era a questo che servivano. Il fatto è che, se le mischiavi con l'alcol e riuscivi a superare i primi attacchi di stanchezza, ti davano un piacevole e rilassato senso di ebbrezza. Erano molto buone soprattutto per fare sesso. Suppongo che sia questo il motivo per il quale Robin Merchant era nudo.» «Lo erano davvero?» «Cosa?»
«Buone per fare sesso?» «Non lo so. Ne ho prese un paio soltanto una volta e non avevo una ragazza all'epoca. Mi sono addormentato.» Annie gli diede un colpetto affettuoso sul braccio. «Povero Alan. Allora, Merchant era lì perché aveva una destinazione ben precisa oppure era solo andato a fare una passeggiata post-coito?» «Il dossier cosa dice?» chiese Banks. «Stranamente non tocca questo argomento. Nessuno ha ammesso di aver dormito con lui. Certo, se era rimasto nell'acqua tutta la notte, sarebbe stato difficile per il medico legale stabilire se aveva avuto rapporti sessuali oppure no.» «Chi era la sua ragazza al tempo?» «Nessuna in particolare» rispose Annie. «I rapporti ufficiali sul caso non riportano nessuna informazione sulle abitudini o sulle preferenze sessuali di Robin Merchant.» «Questo Enderby potrebbe ricordarsi qualcosa, ammesso che Templeton riesca a rintracciarlo.» «Magari era gay» ipotizzò Annie. «Lui e Lord Jessop andavano a letto insieme? Capirei perché non volevano che la cosa saltasse fuori.» «Non c'è alcuna prova del fatto che Lord Jessop fosse gay» replicò Banks. «A quanto pareva gli piacevano le donne. Almeno per un certo periodo.» «E poi cosa è successo?» «È diventato eroinomane, anche se per anni se l'è cavata alla perfezione. Succede a molti tossicodipendenti, se riescono a procurarsi una scorta regolare e affidabile. Ma l'eroina non giova un granché ai tuoi impulsi sessuali. Alla fine ha contratto l'AIDS per colpa di una siringa infetta.» «Non poteva permettersi delle siringhe pulite, con tutti i soldi che aveva?» «A quel tempo ormai era al verde» spiegò Banks. «Pare che verso la fine fosse diventato un personaggio piuttosto tragico. È morto da solo. Tutti i suoi amici lo avevano abbandonato, comprese le sue care rock star. Ha sperperato il patrimonio, ha venduto quasi tutte le sue terre. Nessuno ha voluto comprare Swainsview Lodge e lui non ha lasciato eredi. A parte la villa, ha venduto tutte le altre cose che possedeva.» «È lì che è morto, a Swainsview?» «Sì, un fatto piuttosto ironico» disse Banks. «Quel posto ha una triste storia.»
Fecero entrambi una pausa per riflettere sulle possibili implicazioni della cosa, poi Annie disse: «Quindi queste mandies provocavano disorientamento e stanchezza?». «Sì. Voglio dire, se Robin Merchant aveva preso delle mandies e aveva bevuto, è del tutto probabile che abbia messo un piede in fallo. Credo che quando ha battuto la testa nella parte bassa della piscina fosse già sotto l'effetto della droga, perciò è annegato. In un certo senso è come Jimi Hendrix, sai, che si è soffocato con il suo stesso vomito perché aveva tanto di quel Vesperax nell'organismo che non è riuscito a svegliarsi e a impedire che ciò accadesse. Di solito il corpo umano è molto bravo ad autopreservarsi - riflessi faringei e cose simili - ma alcune droghe possono inibire o indebolire queste facoltà.» Dall'altra parte della stanza una palla bianca urtò contro un triangolo di biglie rosse, scompaginando l'ordine e dando inizio a una nuova partita. Qualcuno cominciò a discutere ad alta voce delle regole, in preda ai fumi dell'alcol. «Cos'è successo allora al Mandrax?» domandò Annie. «Non conosco i particolari esatti, ma so che alla fine degli anni Settanta lo hanno ritirato dal commercio. La gente lo ha sostituito ben presto con il Mogadon, le cui compresse venivano chiamate "moggies". Più o meno la stessa cosa, ma questo era un tranquillante, non un sedativo, e forse era anche meno pericoloso.» Annie sorseggiò la birra. «Ma qualcuno può averlo spinto, non credi?» «Certo, è possibile. Ma anche se trovassimo un movente non sarebbe così facile dimostrarlo, dopo tutto questo tempo. E, a rigor di termini, non è un lavoro che spetta a noi.» «Lo è, se è collegato all'omicidio di Nick Barber.» «Anche questo è vero. Comunque, ho l'impressione che Vic Greaves non ci sarà molto di aiuto.» «Parlare con lui ti ha proprio sconvolto, non è vero?» «Direi di sì» replicò Banks, mentre giocava con il sottobicchiere. «Insomma, non è che fosse uno dei miei idoli o cose del genere, è solo che vederlo in quello stato, guardare da vicino quegli occhi privi di espressione...» Banks rabbrividì senza volerlo. «È stata la droga? Greaves è stato davvero una delle vittime dell'acido?» «Questo è quello che la gente diceva al tempo. Sai, c'era addirittura qualcosa di eroico nella sua condizione. Greaves è stato messo su un piedistallo perché era pazzo. La gente pensava che ci fosse qualcosa di fico
nell'essere così. Ha attirato una vera setta di seguaci, un sacco di tipi bizzarri. Lo perseguitano ancora.» Banks scosse il capo. «Che tempi! I vagabondi venivano esaltati e i pazzi venivano chiamati visionari.» «Credi che ci fosse dell'altro?» «Non so quanto LSD possa aver preso. Probabilmente secchiate intere. Ho saputo che nel corso degli anni ha trascorso dei periodi in vari istituti psichiatrici, oltre ad aver fatto terapia di gruppo e qualsiasi altro tipo di terapia andasse di moda a quei tempi, ma che io sappia non c'è ancora una diagnosi ufficiale. Pare che nessuno riuscisse a capire con esattezza quale fosse il suo problema e, di conseguenza, neanche a curarlo. Vittima dell'acido, psicotico, schizofrenico, schizofrenico paranoico. Scegli tu. Alla fin fine, nessuna di queste definizioni conta davvero. È Vic Greaves e si è bruciato il cervello. Deve esserci un inferno nella sua testa.» Quando Banks tornò a casa, Brian e Emilia erano in salotto a guardare La Dolce Vita sullo schermo al plasma. Erano sul divano, Brian stava seduto con la schiena dritta e i piedi appoggiati sul pouf, teneva il braccio intorno a Emilia, che era appoggiata a lui con la testa sul suo petto e il viso coperto da una cascata di capelli. Indossava una delle camicie di Brian, a quanto pareva. Non era infilata da nessuna parte all'altezza della vita, perché non aveva addosso niente in cui poterla infilare. Sembrava proprio che si fossero messi a loro agio in quei due giorni e Banks si rese conto con amarezza che era stato talmente occupato da averli a malapena visti da quando erano lì. Dalla cucina arrivava un profumino invitante. «Oh, ciao, papà» disse Brian, mentre fermava il DVD. «Ho letto il tuo messaggio. Siamo andati a passeggiare dalle parti di Relton.» «Non era la giornata ideale, temo» commentò Banks lasciandosi cadere su una delle poltrone. «Ci siamo inzuppati per bene» disse Emilia. «Caspita» replicò Banks. «Spero che la cosa non ti abbia scoraggiata.» «Oh, no, signor Banks. È bellissimo quassù. Cioè, anche quando il tempo è grigio e piovoso, questi luoghi possiedono una bellezza romantica e primitiva, non trova? Come in Cime tempestose.» «Credo di sì» rispose Banks. Indicò lo schermo. «E chiamami Alan, ti prego. Non sapevo che foste degli estimatori di Fellini. È uno dei film di tuo zio Roy. Sto cercando di guardarli tutti: Bergman, Truffaut, Chabrol, Kurosawa. Ormai mi sono abbastanza abituato ai sottotitoli, ma ho ancora difficoltà a capire quello che succede per la maggior parte del film.»
Brian scoppiò a ridere. «Un po' di tempo fa ho sentito qualcuno parlare del film La Dolce Vita, di quanto sia meraviglioso, ed eccolo qua, proprio davanti a me. La nostra Emmy è un'attrice.» «Mi sembrava di averti già vista da qualche parte...» commentò Banks. «Hai fatto qualcosa alla televisione, giusto?» Emilia arrossì. «Qualcosa. Avevo una piccola parte in Spooks, Hustle - I signori della truffa e Bad Girls e poi ho fatto anche un po' di teatro. Niente film, per il momento.» Si alzò. «Scusate un momento.» «Prego.» «Cos'è questo profumino?» chiese Banks a Brian, non appena Emilia lasciò la stanza. «Emilia ci sta preparando la cena.» «Pensavo che avremmo preso qualcosa da asporto, questa sera.» «È meglio così, papà, credimi. Ci hai portati fuori domenica. Emilia voleva sdebitarsi. È una cuoca favolosa. Cosciotto di agnello con aglio e rosmarino. Patate alla Dauphinoise.» Si portò le dita alle labbra e produsse lo schiocco di un bacio. «Da leccarsi i baffi.» «Be'» disse Banks. «Non sono il tipo che rifiuta un pasto con i fiocchi, ma non deve sentirsi obbligata.» «Le piace farlo.» «Allora è meglio che apra una bella bottiglia di vino.» Banks andò in cucina e stappò una bottiglia di Shiraz australiano di Peter Lehman, che secondo lui si sposava bene con l'agnello. Quando tornò, Emilia indossava un paio di jeans e aveva la camicia infilata dentro di essi all'altezza della vita, i lunghi capelli legati in una semplice coda di cavallo. Gli sorrise, con le guance rosse, e si chinò per aprire il forno. Il profumo divenne ancora più intenso. «Che meraviglia» osservò Banks. «Manca poco, ormai» disse Emilia. «L'agnello e le patate sono quasi cotti. Devo solo preparare l'insalata. Gorgonzola e pere. Le va bene, vero? Brian ha detto che le piace il gorgonzola.» «Va benissimo» rispose Banks. «Sembra squisito, in effetti. Grazie.» Emilia gli rivolse un timido e fugace sorriso e Banks immaginò che fosse un tantino imbarazzata per il fatto che l'aveva sorpresa con le braghe calate, per così dire. Banks si versò un bicchiere di Shiraz e ne offrì uno anche a Emilia, che però preferì aspettare ancora un poco, quindi tornò a sedersi vicino a Brian, che adesso aveva tolto il DVD e aveva messo su il primo CD dei
Mad Hatters, che Banks aveva comprato da HMV in Oxford Street, insieme al loro secondo e terzo album. «Che ne pensi?» domandò a Brian. «Dovevano essere abbastanza forti ai loro tempi» rispose Brian. «Mi piace il mix di chitarra e tastiere che fanno. Sembra piuttosto originale. Roba da restare intrippati, davvero. Bello. Soprattutto per essere un esordio. Sono meglio di come mi ricordavo. Voglio dire, non li sentivo da anni.» «Anch'io» disse Banks. «Oggi ho incontrato Vic Greaves. Almeno credo.» «Vic Greaves? Gesù, papà. È una leggenda. Com'era?» «Strano. Diceva frasi sconclusionate. Parlava spesso di sé in terza persona.» Banks alzò le spalle. «Non lo so. Dicono tutti che ha preso troppo LSD.» Brian sembrò assorto nei suoi i pensieri per qualche istante, poi disse: «Vittime dell'acido. Fa pensare a una guerra, non credi? Ma queste cose succedevano. Non è che lui sia stato il solo». «Lo so» disse Banks, e cominciò a farsi delle domande su Brian. Anche lui conduceva una vita da rock star, proprio come aveva fatto Vic Greaves. Che cosa combinava? Che rapporto aveva con le droghe? «La cena è pronta!» esclamò Emilia a gran voce. Banks e Brian si alzarono e andarono in cucina, dove Emilia aveva acceso alcune candele e aveva portato in tavola una splendida insalata. Mentre mangiavano, parlarono della musica di Brian e delle aspirazioni di Emilia come attrice, un vero sollievo per Banks dopo l'angosciante incontro che aveva avuto con Vic Greaves. Stavolta, almeno, Banks riuscì ad arrivare al dessert, una crème brulée ai lamponi, prima che il telefono si mettesse a squillare. Dopo aver imprecato, si scusò e andò a rispondere. «Signore?» «Sì.» «Sono Winsome. Mi dispiace disturbarla, capo, ma si tratta di Jean Murray. Sa, la donna dell'ufficio postale di Lyndgarth. Ha telefonato circa cinque minuti fa per dirci di Vic Greaves. Ha detto che stava portando a spasso il cane e ha notato un bel po' di cose strane a casa di Greaves. Luci che si accendevano e si spegnevano, persone che gridavano, correvano di qua e di là e spaccavano tutto. Ho pensato che dovevo avvisarla.» «Hai fatto bene» la rassicurò Banks. «Hai mandato un'auto?» «Non ancora.»
«Bene. Non farlo. C'è più di una persona coinvolta?» «A me sembra di sì.» «Grazie, Winsome» disse Banks. «Sarò lì al più presto.» Ringraziò Emilia per la cena favolosa, porse le sue scuse e se ne andò, dicendo che non sapeva bene a che ora sarebbe tornato. Non pensava che a Brian dispiacesse troppo, dato il modo in cui guardava Emilia e le stringeva la mano alla luce delle candele. Capitolo 12 Venerdì, 19 settembre 1969 Il sovrintendente McCullen convocò una riunione per il venerdì pomeriggio nella sala operativa di Brotherton House. La cupola del municipio appariva scura e minacciosa contro il cielo grigio ferro e solo qualche persona che faceva compere camminava lungo la Headrow verso Lewi's e Schofield's, lottando con il proprio ombrello. Chadwick si sentiva un po' meglio dopo aver passato una notte di sonno decente e senza incubi nel proprio letto, aiutato in modo notevole anche dalla notizia che il Leeds United aveva battuto l'SK Lyn Oslo per 10-0 al primo turno della Coppa dei Campioni. Alcune foto della vittima e della scena del delitto erano affisse alle lavagne sulla parete di fronte alla porta e le persone presenti erano sedute sulle sedie vicino alle varie scrivanie sparse nella stanza. Di tanto in tanto si sentiva un telefono squillare e una telescrivente ticchettare in lontananza. I presenti erano McCullen, Chadwick, Enderby, Bradley, il dottor O'Neill e Charlie Green, un coordinatore civile del laboratorio della Scientifica di Wetherby, oltre ai numerosi poliziotti in divisa e in borghese che stavano lavorando al caso Lofthouse. McCullen aprì le danze dando la parola al dottor O'Neill, affinché riassumesse ciò che aveva scoperto con l'autopsia, e questi lo fece in modo molto sintetico. Subito dopo fu il turno del coordinatore del laboratorio, Charlie Green. «Ho partecipato alle riunioni con i nostri vari dipartimenti questa mattina» iniziò «perciò penso di potervi fornire un discreto resoconto di quanto abbiamo scoperto finora. Che non è molto. Le analisi del sangue determinano che la vittima aveva il gruppo A, una caratteristica comune a circa il quarantatré per cento della popolazione. In base a quanto gli esami tossicologici hanno rivelato finora, non ci sono elementi per supporre che ci fos-
sero sostanze illegali nel suo organismo. A questo punto devo informarvi, però, che non abbiamo un test per l'LSD, una droga piuttosto diffusa fra... be', fra le persone con cui abbiamo a che fare. Viene assimilata dall'organismo molto in fretta senza lasciare tracce. «Come tutti sapete, la zona in cui è stato ritrovato il corpo e quella in cui la vittima è stata accoltellata sono state entrambe perlustrate dalle nostre squadre di ricognitori e da cani poliziotto appositamente addestrati. Questi hanno rinvenuto una piccola quantità di sangue sulla scena, un po' per terra e un po' su alcune foglie lì vicino. Il sangue appartiene al gruppo sanguigno della vittima e noi riteniamo che l'assassino abbia usato le foglie per togliere il sangue dalle mani e forse anche dall'arma del delitto, una lama sottile, a un solo taglio, come quelle che si trovano spesso nei coltelli a serramanico. Non ci sono orme nel bosco e quelle ritrovate vicino al sacco a pelo sono così pasticciate che si sono dimostrate inutili. «A un attento esame, il sacco a pelo rivela tracce del sangue della vittima, insieme a capelli e a... ehm... fluidi corporali da cui abbiamo ricavato i gruppi sanguigni di Ian Tilbrook e June Betts. Nessuno dei due ha il gruppo A, comunque. I due affermano che il sacco a pelo gli è stato rubato mentre cercavano un punto sul campo dal quale si vedesse meglio lo spettacolo.» «In tutto questo, dunque» intervenne McCullen «non ci sono tracce appartenenti all'assassino? Niente sangue? Niente capelli?» «Abbiamo dei capelli che non sono stati ancora identificati: sono stati ritrovati sul tronco dell'albero vicino al quale è stata uccisa la ragazza» rispose Green. «Come sapete, la comparazione dei capelli non sempre è determinante e spesso non regge in un'aula di tribunale.» «Ma avete dei capelli che possono appartenere all'assassino?» «Sì. Abbiamo anche alcune fibre, trovate sullo stesso albero e sul vestito della vittima, ma si tratta di comunissimo denim blu, che suppongo indossassero tutti, e di cotone nero, anch'esso molto comune. Sarebbe possibile trovare una corrispondenza se avessimo i vestiti, ma dubito che queste fibre ci porteranno a qualcosa che non possa essere acquistato da Lewi's o da Marks & Spencer's.» «C'è dell'altro?» «Solo un'altra cosa, in realtà.» McCullen inarcò un sopracciglio. «Ci dica.» «Abbiamo trovato delle macchie sulla parte posteriore dell'abito della ragazza» disse Green, riuscendo a stento a trattenere il sorriso che si dif-
fondeva sulla sua bocca larga. «Pare che sia liquido seminale e che contenga gli antigeni del gruppo sanguigno A, lo stesso della vittima. Niente di decisivo, certo, ma è di sicuro un fatto interessante.» McCullen si rivolse di nuovo al dottor O'Neill. «Dottore» disse «abbiamo qualche prova che attesti un rapporto sessuale recente da parte della ragazza?» «Come ho riferito all'ispettore Chadwick durante l'autopsia, la vittima aveva le mestruazioni quando è stata uccisa. Ora, questo non esclude l'attività sessuale, naturalmente, ma il tampone vaginale e quello anale non rivelano alcuna traccia di essa e il tessuto non mostra alcun segno di lacerazione o ecchimosi.» «Prendeva la pillola?» domandò McCullen. «Abbiamo riscontrato tracce di contraccettivo orale, sì.» «Quindi, forse» ipotizzò Chadwick «il nostro assassino ha raggiunto il piacere eiaculando sulla vittima, anziché dentro.» «Oppure non e riuscito a trattenersi ed e successo mentre la stava accoltellando. C'era una grande quantità di liquido seminale, signor Green?» «No» rispose Green. «Tracce minuscole. Quel poco che può essere passato attraverso le mutande e i jeans di una persona, direi.» «Quindi cosa sappiamo in definitiva del nostro assassino, signor Green?» chiese McCullen. «Ha un'altezza compresa tra un metro e ottanta e un metro e ottantacinque, è mancino, indossava un paio di jeans blu e una maglietta o una camicia nera di cotone e il suo sperma contiene antigeni del gruppo sanguigno A.» «Grazie.» McCullen si rivolse a Enderby. «Mi pare di capire che ha qualcosa per noi, sergente.» «Non è molto, signore» replicò Enderby «ma l'ispettore Chadwick mi ha chiesto di rintracciare la ragazza che faceva body painting dietro le quinte a Brimleigh. C'è qualche dubbio riguardo al fiore che la vittima aveva dipinto sul viso, non si sa se è stato disegnato prima o dopo la morte.» «E?» «Robin Merchant, uno dei membri dei Mad Hatters, ha detto all'ispettore Chadwick di aver visto la ragazza con un fiore disegnato sul viso quella sera tardi. L'amica, Tania Hutchison, non se lo ricorda. Neanche Hayes ne era sicuro. Ci chiedevamo se non lo avesse disegnato l'assassino per qualche motivo particolare, signore.» «Ed è così?»
«Purtroppo non possiamo ancora stabilirlo con certezza. L'artista che faceva body painting era un po'... be'... non dico stupida, ma persa in un mondo tutto suo. Non riusciva a ricordare chi aveva dipinto e chi no. Le ho mostrato la fotografia della vittima e le è parso di riconoscerla. Poi le ho mostrato il disegno e ha detto che poteva averlo fatto lei, ma che di solito non disegna fiordalisi.» «Fantastico» commentò McCullen. «Qualcuna di queste persone ha ancora il cervello al suo posto?, mi chiedo.» «Lo so, signore» replicò Enderby con un sorrisetto. «È molto frustrante. Devo continuare le mie ricerche?» McCullen lanciò uno sguardo a Chadwick. «Stan? Sei tu il responsabile.» «Non sono sicuro che la cosa sia rilevante» affermò Chadwick. «Ho semplicemente pensato che se l'assassino aveva disegnato quel fiore. Questo poteva indicare un certo tipo di mentalità.» «Un pazzoide, intendi?» chiese McCullen. «In parole povere, sì» rispose Chadwick. «Non dico che non sia stato l'assassino, ma comincio a pensare che, se lo ha dipinto lui, il suo è stato solo un altro goffo tentativo di ingannarci, come l'aver spostato il cadavere.» «Spiegati meglio.» Chadwick prese il posto di Green davanti alle lavagne. «Ieri a Londra, con il permesso della centrale di polizia del West End, ho interrogato Rick Hayes, l'organizzatore del festival. Mi ha mentito un paio di volte e, quando l'ho messo davanti all'evidenza, ha ammesso di aver incontrato la vittima ben prima del festival, mesi prima. Nega qualsiasi tipo di coinvolgimento sessuale - e devo aggiungere che un paio di altre persone con cui ho parlato ritengono la cosa assai improbabile - ma la conosceva. È anche il tipo che chiede a qualunque ragazza incontri di andare a letto con lui, perciò secondo me è possibile che se lui era attratto da Linda e lei lo ha respinto... be', credo che abbiate capito dove voglio arrivare.» «Che mi dici del suo alibi?» chiese McCullen. «Debole, a dir poco. Di sicuro era sul palco all'una per presentare l'ultimo gruppo. Dopodiché, chi lo sa? Lui sostiene di essere rimasto nell'area dietro le quinte per pagare la gente - credo che la maggior parte di queste cose si basino su pagamenti in contanti, forse per evitare l'imposta sul reddito - e per risolvere vari problemi che erano sorti. Possiamo interrogare di nuovo tutti quelli che si trovavano lì, ma penso che la cosa non ci porterà
da nessuna parte. Il punto è che la situazione era così caotica là dietro mentre suonavano i Led Zeppelin che Hayes avrebbe potuto facilmente seguire Linda fuori dalla zona transennata, assentarsi per il tempo necessario a ucciderla e tornare senza che nessuno si accorgesse della sua assenza. Non dimentichiamoci che era buio, che c'era anche parecchio rumore e che la maggior parte delle persone era rivolta verso il palco per guardare la band. Le droghe che assumono rendono queste persone piuttosto narcisistiche e introverse. Non erano dei soggetti molto attenti, nel complesso.» «Abbiamo elementi sufficienti a trattenerlo?» «Non lo so» rispose Chadwick. «Con l'aiuto della centrale del West End ho perquisito il suo ufficio a Soho e il suo appartamento a Kensington, ma non ho trovato nulla.» «È mancino?» «Sì.» «L'altezza è quella giusta?» «Uno e ottantadue.» «Quindi sono tutte prove indiziarie?» «Abbiamo avuto casi peggiori ma, senza l'arma, non c'è nulla che lo colleghi direttamente all'omicidio, tranne il fatto che conosceva la vittima, la riteneva attraente, è un po' irascibile, è mancino e ha un alibi che fa acqua. Non è un pazzoide, perciò se ha disegnato quel fiore sulla guancia della ragazza, lo ha fatto per farci credere che si trattasse dell'opera di uno psicopatico.» «Ho capito quello che vuoi dire» disse McCullen. «Tuttavia, finora sembra la pista migliore che abbiamo. Potrebbe aver nascosto il coltello da qualche parte. Parla di nuovo con il ragazzo che ha trovato il corpo, chiedigli di preciso quando è arrivato Hayes e in che stato era. E organizza un'altra perlustrazione nel bosco.» «Sì, signore» disse Chadwick. «Che facciamo con lui, nel frattempo?» «Abbiamo abbastanza elementi per trattenerlo, no? Portiamolo di nuovo quassù e trattiamolo con un po' di ospitalità tipica dello Yorkshire. Prendi accordi con la centrale del West End. Scommetto che laggiù c'è qualcuno che aspetta l'occasione di venire a vedere la partita di domani.» «Quale partita sarebbe, signore?» McCullen lo guardò come se fosse pazzo e rispose: «Quale partita? C'è soltanto una partita, a quanto ne so io». Chadwick sapeva che si riferiva alla Yorkshire Challenge Cup di Headingley, sapeva che McCullen era un tifoso di rugby, così lo stava punzec-
chiando. Anche gli altri ne erano a conoscenza e ridacchiavano sotto i baffi. «Mi scusi, signore» disse Chadwick. «Pensavo che intendesse quella fra il Leeds e il Chelsea.» McCullen grugnì. «Calcio?» disse con aria sprezzante. «Nient'altro che un branco di femminucce. Adesso piantala e mettiti al lavoro.» «Sì, signore» replicò Chadwick. L'ultimo cottage era tranquillo quando Banks arrivò davanti alla porta, verso le nove. Aveva fatto un salto da Jean e Susan Murray, che abitavano nell'appartamento sopra l'ufficio postale, solo per dire loro che era arrivato e che non avevano nulla di cui preoccuparsi. Il resoconto degli eventi che Jean Murray gli aveva fatto di persona non era stato molto più dettagliato di quello che Winsome gli aveva riferito al telefono. Chiasso. Luci. Cose che si rompevano. Una lite domestica, avrebbe ipotizzato Banks, se non fosse stato sicuro che Vic Greaves era da solo quando lui lo aveva lasciato e che non era in grado di avere una discussione sensata con nessuno. Banks aveva anche pensato di chiamare Annie, ma non c'era motivo di trascinarla fino a lì da Harkside per quella che poteva rivelarsi una cosa da niente. Aveva parcheggiato di nuovo l'auto vicino al giardino pubblico, accanto a una Mercedes color argento, perché non sarebbe entrata nella stradina. Guardò ancora una volta la Mercedes e si ricordò di averla già vista quando aveva lasciato Lyndgarth nel tardo pomeriggio. Il vento agitava i rami spogli nella luce dei lampioni, proiettando inquietanti ombre sul cottage e sulla strada. Nell'aria c'era odore di pioggia, malgrado questa non avesse ancora cominciato a cadere. Le tende sul davanti erano chiuse, ma Banks intravide una fioca luce che brillava all'interno. Percorse il vialetto e bussò alla porta. Stavolta, qualcuno andò ad aprire subito. L'uomo che Banks si trovò davanti, incorniciato dalla luce, aveva un colorito roseo e i capelli, grigi e radi, legati in una coda, che dava al volto un aspetto tondeggiante e ostile, come se Banks lo stesse guardando attraverso la lente di un obiettivo grandangolare. Indossava una giacca di pelle e un paio di jeans. «Che cazzo vuoi?» chiese l'uomo. «Sei tu il bastardo che è venuto prima e ha fatto innervosire Vic? Non potete lasciarlo in pace, brutti stronzi? Non vedete che sta male?» «Mi sembrava che non stesse molto bene, infatti» replicò Banks, mentre
infilava una mano in tasca per prendere il distintivo. Lo consegnò all'uomo e questo lo studiò prima di restituirglielo. «Mi dispiace» disse e si passò la mano sulla testa. «Mi scusi. Entri. Sono abituato a essere molto protettivo. Vic è in uno stato pietoso.» Banks lo seguì all'interno. «Comunque ha ragione» disse. «Sono io quello che è venuto prima e lui si è innervosito, in effetti. Mi dispiace se è stata colpa mia.» «Non poteva saperlo.» «Potrei sapere chi è lei?» L'uomo tese la mano. «Mi chiamo Chris. Chris Adams.» Banks gliela strinse. Adams aveva una presa salda, anche se la palma era un po' sudaticcia. «Il manager dei Mad Hatters?» «Purtroppo. Capisce la situazione, allora? Si sieda, si sieda.» Banks si sedette su una malridotta poltrona in vinile di un colore indefinito tra il giallo e il marrone. Adams si sedette di sbieco accanto a lui. Tutto intorno a loro c'erano pile di giornali e riviste. La stanza era poco illuminata da due lampade da tavolo con i paralumi rosa e verdi. Sembrava che non ci fosse nessun tipo di riscaldamento e si gelava nel cottage. Banks tenne addosso il cappotto. «Non direi proprio che capisco la situazione» disse. «So che Vic Greaves abita qui, nient'altro.» «Adesso sta riposando. Non si preoccupi, si riprenderà» gli assicurò Adams. «Si prende cura di lui?» «Cerco di passare appena posso, quando non sono a Londra o a Los Angeles. Abito poco lontano da Newcastle, vicino ad Alnwick, perciò non è un viaggio molto lungo.» «Pensavo che viveste tutti in America.» «Soltanto i membri del gruppo... la maggior parte, almeno. Io non vivrei lì neanche se mi pagassero una fortuna in lingotti d'oro. Al momento ci sono un sacco di cose da fare da queste parti, per organizzare il tour imminente. Ma lei non vorrà certo ascoltare i miei problemi. Cosa può fare di preciso Vic per lei?» Adesso che si trovava lì, Banks non lo sapeva più tanto bene. Non aveva avuto il tempo di programmare un interrogatorio, non si aspettava nemmeno di vedere Chris Adams quella sera: era andato lì in risposta alla chiamata di Jean Murray. Forse quello era il punto migliore da cui cominciare. «Mi dispiace aver fatto innervosire il signor Greaves» cominciò «ma ho
ricevuto una telefonata poco fa da una persona del villaggio che voleva lamentarsi delle grida e del rumore di oggetti infranti.» Adams annuì. «Deve essere stato Vic. Quando sono arrivato io, lei doveva essere andato via da poco. L'ho trovato raggomitolato sul pavimento che contava. Lo fa quando si sente minacciato. Credo che sia come quando lo struzzo mette la testa sotto la sabbia con la speranza che il pericolo sparisca.» «Ho pensato che forse era sotto l'effetto di una droga o qualcosa del genere.» Adams scosse il capo. «Vic non tocca niente da più di trent'anni, niente che non gli venga prescritto, almeno.» «E il rumore? Gli oggetti rotti?» «L'ho messo a dormire per un po', poi, quando si è svegliato stasera, si è sentito disorientato e impaurito. Gli è tornata in mente la sua visita ed è diventato isterico, è andato su tutte le furie e ha spaccato un paio di piatti. Ogni tanto capita. Niente di grave. Alla fine sono riuscito a farlo calmare e adesso dorme di nuovo. Il paese è piccolo. Le voci corrono in fretta.» «Eh, già» disse Banks. «Avevo sentito qualche storia sul suo conto, è ovvio, ma non avevo idea che fosse così fragile.» Adams si grattò la fronte segnata, come se avesse un prurito. «Di solito se la cava abbastanza bene da solo» spiegò «come senza dubbio avrà visto. Ma trova difficoltà nell'interazione, soprattutto con gli sconosciuti e con le persone di cui non si fida. Tende ad adirarsi o semplicemente a chiudersi in se stesso. Può essere molto snervante, non solo per Vic, ma per chiunque cerchi di parlare con lui, se ne sarà senz'altro accorto.» «Non riceve aiuto professionale?» «Dai medici? Oh, sì, è andato da diversi dottori nel corso degli anni. Nessuno di loro è stato capace di fare granché, a parte prescrivergli sempre più medicine, e a Vic non piace prenderle. Dice che lo fanno sentire morto dentro.» «Come si mette in contatto con lei?» «Come, scusi?» «Se ha bisogno di lei o vuole vederla. Ce l'ha un telefono?» «No. Avere il telefono lo farebbe soltanto innervosire.» Adams scrollò le spalle. «La gente troverebbe il suo numero. Ammiratori folli. È quello che credevo fosse anche lei, all'inizio. Riceve già abbastanza lettere. Come ho detto, vengo a trovarlo ogni volta che posso. E lui sa che può contattarmi quando vuole. Insomma, sa usare il telefono, non è mica un idiota, e a vol-
te chiama dalla cabina vicino al giardino pubblico.» «È in grado di spostarsi?» «Non guida, se è questo che intende. Ha una bicicletta.» Una bicicletta non era un granché per percorrere quelle ripide strade di campagna, pensò Banks, a meno che uno non fosse particolarmente allenato, e Vic Greaves non sembrava così in forma. Ma Fordham era solo a un chilometro e mezzo di distanza, si ricordò, e non c'era bisogno né di un'auto né di una bicicletta per arrivarci. «Senta, che succede?» domandò Adams. «Non so nemmeno cosa ci fa qui. Perché vuole sapere di Vic?» «Sto indagando su un omicidio» rispose Banks, gli occhi puntati su Adams per valutare la sua reazione. L'uomo non ebbe nessuna reazione, cosa piuttosto strana. «Ha mai sentito parlare di un uomo di nome Nicholas Barber?» «Nick Barber? Certo. Se è lo stesso che dico io, è un giornalista musicale free-lance. Scrive degli Hatters ogni tanto, da circa cinque anni. Tipo in gamba.» «È proprio lui.» «È morto, allora?» «È stato ucciso in un cottage, a poco più di un chilometro da qui.» «Quando è successo?» «La settimana scorsa.» «E lei pensa...?» «So che Barber stava lavorando a un servizio sui Mad Hatters commissionatogli dalla rivista "MOJO". Ha scoperto che Greaves viveva quassù ed è venuto a parlare con lui, ma Greaves ha perso la testa e lo ha cacciato. Barber aveva intenzione di tornare, ma prima che potesse farlo è stato ucciso e tutti i suoi appunti sul servizio sono stati rubati.» «Di sicuro non avrà ottenuto niente da Vic. Non gli piace parlare dei vecchi tempi. Sono ricordi dolorosi per lui, sempre se riesce a ricordare qualcosa di quel periodo.» «Lo fa infuriare, vero? Gli fa perdere le staffe?» Adams si sporse in avanti, con un'aria aggressiva sul volto. «Ora, aspetti un attimo. Di certo non penserà che...» Poi tornò indietro. «È del tutto fuori strada. Vic ha un animo gentile. Ha i suoi problemi, questo è vero, ma non farebbe male a una mosca. Non è più capace di...» «La fiducia che nutre nei suoi confronti è ammirevole, ma senza dubbio il suo amico mi sembra capace di comportarsi in modo irrazionale o vio-
lento.» «Ma perché mai avrebbe dovuto fare del male a Nick Barber?» «Lo ha detto lei stesso. Non è bravo a interagire, soprattutto con gli sconosciuti o con le persone di cui non si fida, persone che avverte come una minaccia. Forse Barber era a caccia di informazioni su cose che per Vic era doloroso ricordare, cose che aveva sepolto molto tempo fa.» Adams si rilassò e si appoggiò allo schienale. Il vinile scricchiolò. «È un po' fantasioso, se mi consente. Perché mai Vic avrebbe dovuto percepire Nick Barber come una minaccia? Era solo un giornalista musicale del cazzo, accidenti.» «È quello che sto cercando di scoprire» replicò Banks. «Be', in bocca al lupo, allora, ma sinceramente non credo che andrà molto lontano. Credo che se la stia prendendo con la persona sbagliata. E inoltre penso che ci fossero diverse persone violente che potevano essere interessate a Nick Barber molto più di Vic.» «Che intende dire?» Adams gli rivolse un sorriso asimmetrico, si tappò una narice con il dito e inspirò forte con l'altra. «Aveva un brutto vizio, a quanto ho sentito. Alcuni spacciatori di coca sanno essere davvero spietati.» Banks si ripromise di indagare su quell'aspetto della vita di Barber, ma non aveva intenzione di farsi fuorviare con tanta facilità. «Ha parlato con lei?» «Chi?» «Nick Barber. Stava scrivendo un pezzo sulla ricostituzione degli Hatters, in fin dei conti. Sarebbe stato del tutto naturale.» «No, non lo ha fatto.» «Credo che non ne abbia avuto il tempo» commentò Banks. «Facciamo un salto indietro. Era presente quando Robin Merchant è annegato nella piscina di Swainsview Lodge?» Adams sembrò sorpreso da quel cambio di direzione. Prese un pacchetto di Benson & Hedges dalla tasca della giacca e accese una sigaretta, senza offrirne una a Banks. Banks gliene fu grato; avrebbe anche potuto accettarla. Adams inspirò rumorosamente e il fumo formò delle volute nella fioca e fredda luce emanata dalle lampade da tavolo rosa e verdi. «Non ero presente quando è annegato, ma ero nella villa, sì. Dormivo, come tutti gli altri.» «Come tutti gli altri hanno dichiarato.» «E come la polizia e il coroner hanno creduto.»
«Negli ultimi tempi abbiamo avuto molto successo con i casi archiviati.» «Non è un caso archiviato. È un caso più che risolto, morto e sepolto. Acqua passata.» «Non ne sono tanto sicuro» ribatté Banks. «La settimana scorsa è passato a trovare Vic, per caso?» «Sono stato a Londra quasi tutta la settimana per incontrare gli organizzatori. Sono passato a salutarlo mentre tornavo su al nord.» «Che giorno era?» «Dovrei controllare il calendario. Che importanza ha?» «Può controllare, per favore?» Adams esitò un istante, era ovvio che non era abituato a ricevere ordini, poi tirò fuori un'agenda elettronica dalla tasca interna della giacca. «Non è meravigliosa la tecnologia moderna?» osservò, mentre picchiettava con lo stilo. «Eh, già» commentò Banks. «È anche per questo che abbiamo avuto tanto successo nel riaprire casi archiviati. Le nuove tecnologie. I computer. Il test del DNA. Strabiliante.» Banks non ne era troppo convinto, però. Stava ancora tentando di padroneggiare un computer portatile e un iPod; non era ancora arrivato all'agenda elettronica. Adams gli lanciò uno sguardo carico d'ira. «Parliamo della settimana appena trascorsa?» «Sì.» «Allora devo averlo visto mercoledì, mentre tornavo da Londra. Ero laggiù sin dal weekend precedente.» «Mercoledì. C'è stato qualcosa di strano o di insolito nel suo comportamento o in quello che ha detto?» «No, non mi pare. Era abbastanza tranquillo. Stava leggendo un libro quando sono arrivato. Legge parecchio, a parte la narrativa.» Adams indicò le riviste, i libri e i quotidiani. «Come vede, non butta via niente.» «Non le ha raccontato nessun episodio insolito o inquietante che gli era capitato, riguardo a Nick o a chiunque altro poteva essere venuto a trovarlo?» «No.» Stando a John Butler di «MOJO», Nick Barber aveva rintracciato Vic Greaves e gli aveva fatto visita, ma Butler non sapeva il giorno preciso in cui ciò era accaduto. Vic era andato fuori di testa, si era rifiutato di parlare, si era infuriato e innervosito, così Barber aveva detto che ci avrebbe riprovato. La telefonata a Butler era stata fatta il venerdì mattina, probabilmente
dalla cabina telefonica vicino alla chiesa. Se Vic Greaves non aveva raccontato ad Adams dell'incontro con Barber, allora questo doveva essere avvenuto più tardi durante la settimana, il giovedì forse, e Barber poteva aver fatto un altro tentativo il venerdì, il giorno dell'omicidio. Kelly Soames aveva detto che era stata a letto con lui dalle due alle quattro, ma questo gli lasciava praticamente tutta la giornata. A meno che, ovviamente, Kelly Soames o Chris Adams non stessero mentendo e in tal caso tutto era possibile. E fra i due, Banks aveva la sensazione che, mentre Kelly Soames avrebbe mentito per difendere se stessa dal padre, Adams avrebbe potuto avere diverse ragioni meno giustificabili per farlo. «Dov'era venerdì?» domandò Banks. «A casa. Ci sono rimasto tutto il weekend.» «Ha qualche testimone?» «Mi dispiace. Mia moglie purtroppo non c'era, era andata a trovare la madre.» «Può darmi il nome e l'indirizzo di qualcuna delle persone che ha incontrato a Londra e dell'albergo in cui ha alloggiato?» gli chiese Banks. «Ho sentito bene? Mi sta chiedendo di fornirle un alibi adesso?» «Procediamo per esclusione» spiegò Banks. «Più persone riusciamo a escludere subito, più il nostro lavoro diventa facile.» «Stronzate» commentò Adams. «Lei non mi crede. Perché non la fa finita e non lo ammette?» «Senta» disse Banks «il mio dovere non è quello di credere alla prima cosa che mi viene detta. Non da chiunque. Sarei davvero un fallito come investigatore se lo facessi. È il mio lavoro, niente di personale. Voglio avere tutti i fatti, prima di trarre le mie conclusioni.» «Sì, sì» ribatté Adams, mentre picchiettava sul palmare e forniva a Banks nomi e numeri di telefono. «E ho alloggiato al Montcalm. Si ricorderanno di me. Alloggio sempre lì quando sono in città. Ho una suite. Okay?» «La ringrazio» disse Banks. Sentirono un tonfo al piano di sopra. Adams imprecò e andò a vedere. Durante la sua assenza, Banks diede un'occhiata alla stanza, per quanto possibile. Alcuni dei quotidiani erano vecchi di dieci anni o anche di più, lo stesso valeva per le riviste, il che significava che forse Greaves li aveva portati con sé quando si era trasferito lì. I libri erano perlopiù biografie e saggi storici. Una cosa interessante, che trovò sul tavolo ben nascosta sotto
la lampada, fu un biglietto da visita con l'indirizzo di Nick Barber di Chiswick stampato sopra e l'indirizzo di Fordham scribacchiato dall'altro lato. Barber lo aveva lasciato a Vic Greaves quando era andato a trovarlo? Sarebbe stato possibile confrontarlo con un campione della sua calligrafia. Adams tornò. «Niente» disse. «Il libro è scivolato dal letto ed è caduto per terra. Lui dorme ancora.» «Passerà la notte qui?» chiese Banks. «No. Vic dormirà fino a domattina, ormai, e quando si sveglierà avrà dimenticato tutto quello che lo ha turbato oggi. Una delle meraviglie della sua condizione. Ogni giorno è una nuova avventura. Inoltre, non ci impiegherò molto a tornare a casa e ho una moglie giovane a attraente che mi aspetta.» Anche Banks avrebbe voluto avere qualcuno a casa ad aspettarlo, ma qualora fosse stato così, si rese conto, con Brian e Emilia in giro non avrebbe potuto fare un granché. Davvero ironico, pensò. Loro potevano fare quello che volevano, mentre lui non se la sarebbe sentita di passare la notte con una donna in casa sua mentre c'erano loro due. Magari avesse potuto! Banks si sentiva nervoso al pensiero di tornare a casa, per paura di disturbare. Avrebbe dato loro un colpo di telefono sulla via del ritorno, quando il cellulare avesse ripreso a funzionare, tanto per avvisarli, per dar loro il tempo di rivestirsi o cose del genere. Mostrò il biglietto da visita a Adams. «L'ho trovato infilato sotto quella lampada laggiù» spiegò. «Si vedeva solo il bordo. Ce lo ha messo lei?» «Non l'ho mai visto prima d'ora» rispose Adams. «È il biglietto da visita di Nick Barber.» «E allora? Questo non prova niente.» «Prova che è stato qui almeno una volta.» «Ma questo lo sapeva già.» «C'è anche l'indirizzo di Fordham scritto sul retro, perciò chiunque lo abbia visto sapeva dove alloggiava Barber quando è stato ucciso. È stato un piacere conoscerla, signor Adams. Buon ritorno a casa. Sono sicuro che presto faremo un'altra chiacchierata.» Sabato, 20 settembre 1969 Mentre Chadwick gongolava per la vittoria del Leeds United sul Chelsea per 2-0, a Elland Road quel sabato pomeriggio Yvonne si recava a Springfield Mount per incontrare Steve e gli altri. Judy avrebbe preparato una
cena macrobiotica, poi avrebbero fumato un paio di spinelli e sarebbero andati in centro con l'autobus. Quella sera c'erano un bel po' di eventi interessanti all'Adelphi: alcuni poeti, un gruppo blues, un trio jazz. Fu sorpresa, e anche abbastanza seccata, quando McGarrity aprì la porta, ma chiese di Steve e il ragazzo si fece da parte per lasciarla entrare. Il posto era insolitamente silenzioso. Non si sentivano né musica né conversazioni. Yvonne andò in soggiorno, si sedette sul divano e accese una sigaretta, mentre lanciava uno sguardo alla stampa di Goya, che riusciva sempre a ipnotizzarla. Un attimo dopo McGarrity entrò con calma dalla porta con uno spinello in mano e disse: «Non c'è. Ti basto io?». «Cosa?» McGarrity mise un disco e si sedette sulla poltrona di fronte a lei. Aveva quel sorriso fisso e storto sul volto, cinico e strafottente, che la innervosiva e la metteva a disagio. La pelle chiara era butterata, come se si fosse grattato quando aveva la varicella da piccolo, proprio come la madre aveva detto che sarebbe successo a lei se lo avesse fatto, e i capelli neri erano unti e arruffati, gli cadevano sulla fronte e gli coprivano quasi del tutto uno degli occhi scuri. «Steve. È uscito. Sono usciti tutti.» «Dove sono andati?» «A Town Street, a fare la spesa.» «Quando tornano?» «Non lo so.» «Forse dovrei tornare più tardi.» «No. Non andartene così presto. Ecco.» Le passò lo spinello. Yvonne esitò, poi mise la sigaretta nel posacenere, accettò lo spinello e tirò un paio di boccate. Una canna era sempre una canna, dopotutto. Aveva un buon sapore. Roba di qualità. Riconobbe la musica: China Cat Sunflower dei Grateful Dead. Bella. Si sentiva ancora a disagio per il modo in cui la guardava, però, e si ricordò di quella sera al Grove, quando lui l'aveva toccata e aveva sussurrato il suo nome. Perlomeno adesso non aveva il coltello in mano. Sembrava abbastanza normale. Eppure, era nervosa. Cambiò posizione sul divano e disse: «Grazie. Ora devo andare». «Perché sei così scortese? Fumi uno spinello con me, ma non ti va di restare a fare due chiacchiere insieme?» Le passò di nuovo lo spinello e Yvonne fece un altro paio di boccate, con la speranza che l'hashish la tranquillizzasse, che la facesse rilassare. Cosa c'era in quel ragazzo che la inquietava tanto? Il sorriso? La sensazione che dietro di esso si celasse soltanto oscurità?
«Di cosa vuoi parlare?» gli chiese, mentre gli restituiva lo spinello e riprendeva la sua sigaretta. «Così va meglio. Non lo so. Parliamo della ragazza che è stata uccisa la settimana scorsa.» Yvonne si rammentò del coltello e di aver visto McGarrity vagare in mezzo alla folla a Brimleigh durante il festival. Un terribile pensiero le attraversò la mente. Non poteva mica essere stato lui a...? Adesso cominciava ad avere paura sul serio, una sensazione fisica, come se degli insetti le strisciassero sulla pelle. Guardò Il Sonno della Ragione e le sembrò di vedere i pipistrelli che volavano intorno alla testa dell'uomo, che gli mordevano il collo con i denti da vampiro. Il gatto ai suoi piedi si leccava i baffi. Yvonne sentì un prurito alle braccia e dietro le gambe, simile a una scarica elettrica. Insetti ed elettricità. Dio, quell'hashish era davvero forte. E la canzone era cambiata. Non era più China Cat Sunflower, ma What's Become of the Baby, una raccapricciante sovrapposizione di voci indistinte ed effetti elettronici. «Linda?» domandò quasi senza volerlo, con una voce strana e distante che avrebbe potuto essere anche quella di un altro. «Che cosa c'entra?» «Tu l'hai conosciuta. Lo so. Era bella, vero? È un peccato, non trovi? Ma questo è un mondo assurdo e arbitrario» disse. «Cose di questo tipo possono accadere a chiunque. In qualunque luogo. In qualunque momento. Tanto alle persone belle quanto a quelle insignificanti. Noi siamo per gli dei come mosche per i monelli. Ci uccidono per divertimento. Non già con uno schianto ma con un piagnisteo. Un giorno capirai. Hai letto di quelle persone di Los Angeles? I ricchi che sono stati massacrati? Una era incinta, lo sai? Le hanno strappato il bambino dal ventre. I giornali dicono che sono state persone come noi a ucciderli, perché erano dei porci ricchi. A te non piacerebbe fare qualcosa del genere, piccola Von? Uccidere i porci?» «No. Non voglio fare del male a nessuno» sbottò Yvonne. «Io credo nell'amore.» «La sua falce colpisce tanto l'innocente quanto il colpevole. E i morti risusciteranno incorruttibili.» Yvonne si tappò le orecchie con le mani. Le girava la testa. «Smettila!» «Perché?» «Perché mi rendi nervosa.» «Perché ti rendo nervosa?» «Non lo so, ma lo fai.» «È eccitante?»
«Cosa?» McGarrity si sporse in avanti. Yvonne poté vedere i suoi incisivi marci, scoperti da quel sorriso arrogante, di superiorità. «Essere nervosa. Ti fa eccitare?» «No, io sono solo nervosa, tu ti ecciti.» McGarrity scoppiò a ridere. «Non sei stupida come sembri, sai, piccola Von? Anche quando sei sballata. E io che pensavo che l'unica ragione per cui Steve ti voleva fosse la tua fica. Ma è una bella fichetta, non è vero?» Yvonne si sentì avvampare fino al midollo per la rabbia e per la vergogna. McGarrity la guardava con aria incuriosita, come se fosse un esemplare di una pianta rara. I gufi nel disegno di Goya sembravano sussurrare nell'orecchio del dormiente, come le inquietanti voci della canzone sussurravano nella sua testa. «Non c'è bisogno che me la mostri» le disse. «L'ho già vista.» «Cosa vuoi dire?» «Ti ho osservata. Mentre eri con Steve.» Yvonne spalancò la bocca. Spense la sigaretta con tanta foga che le scintille le bruciarono le dita, poi tentò di alzarsi. Non era facile. In qualche modo, anche se non sapeva bene come, si trovò di nuovo seduta e McGarrity era accanto a lei che le stringava il braccio. Con forza. La faccia del ragazzo era così vicina alla sua che poteva sentire la puzza di fumo e di formaggio stantio nel suo alito. Lui le lasciò il braccio e prese a rollare una sigaretta. Yvonne pensò che poteva approfittarne per scappare, ma si sentiva troppo pesante per muoversi. La canna, pensò. Hashish oppiato. Le faceva sempre quell'effetto, la faceva sentire pesante, alla deriva, come in un sogno. Ma stavolta il sogno si stava trasformando in un incubo. McGarrity si allungò in avanti e le sfiorò la guancia con il dito, proprio come aveva fatto al Grove. Sembrava una lumaca. «Yvonne» sussurrò. «Che c'è di male? Noi crediamo nell'amore libero, no? Dopotutto, non sei proprio l'unica, sai.» Yvonne sentì un senso di oppressione nel petto. «Che vuoi dire?» «Steve. Credi di essere l'unica ragazza carina che viene qui e si spoglia per lui?» Yvonne voleva disperatamente fuggire dalla presenza nauseante e opprimente di McGarrity, ma ancora più disperatamente voleva sapere se diceva la verità. «Non ti credo» gli disse. «Yvonne: il venerdì e il sabato. Sei solo la sua hippy del weekend. Il martedì e il mercoledì c'è la bella Denise. Vediamo un po', a chi toccano il
lunedì, il giovedì e la domenica? È la stessa ragazza per tutti e tre i giorni o ce ne sono tre diverse?» La stava guardando di nuovo con quel sorriso strafottente sulla faccia. «Smettila!» urlò. «Non voglio crederti. Voglio andare a casa.» Provò di nuovo ad alzarsi e stavolta fu più fortunata. Si sentiva ancora stordita, però, e cadde subito all'indietro. McGarrity si alzò e cominciò a camminare su e giù per la stanza, borbottando fra sé e sé. Yvonne non sapeva se stesse recitando T. S. Eliot o il Libro delle Rivelazioni. Intravide il rigonfiamento sulla parte davanti dei suoi jeans e capì che il ragazzo diventava più eccitato ogni secondo che passava. Non si fidava di lui, sapeva che aveva un coltello da qualche parte. A meno che... Cristo, probabilmente aveva ottenuto quello che voleva da Linda, l'aveva uccisa e si era sbarazzato del coltello. Ecco perché adesso non ce lo aveva. A Yvonne vorticava la testa. Perché Steve e gli altri non tornavano a casa? Che stavano facendo? Li aveva uccisi tutti? Era così? Erano tutti al piano di sopra sdraiati in una pozza di sangue con le mosche che ronzavano intorno ai loro corpi? I pensieri apparivano e scomparivano come flash, rimbalzando di qua e di là nella sua testa, come i lampi del quadro. Yvonne capì che quello era il momento giusto, perché lui era distratto. Prima ripassò tutto mentalmente e immaginò se stessa mentre scappava. Doveva essere veloce e quella sarebbe stata la parte più difficile. Era ancora disorientata per via dell'hashish con cui lui l'aveva drogata. Avrebbe avuto soltanto un'opportunità. Doveva raggiungere la porta. Uscire subito fuori. Come si apriva? Serratura Yale. Verso l'interno o verso l'esterno? Verso l'interno. Perciò doveva girare a sinistra, tirare e correre. Ci sarebbe stato qualcuno là fuori, sulla strada e nel parco. Era ancora giorno. Poteva farcela. Girare a sinistra, tirare e correre. Quando McGarrity arrivò dalla parte opposta della stanza, vicino alla finestra, con le spalle rivolte verso di lei, Yvonne fece appello a tutte le sue energie e si precipitò verso la porta. Non sapeva se lui la stava seguendo oppure no. Urtò contro le pareti del corridoio, raggiunse la porta, girò la manopola e tirò. Si aprì. La luce del sole la investì come miele caldo. Incespicò un poco sul primo gradino, ma attraversò di corsa il vialetto del giardino e uscì dal cancello più in fretta che poté. Non si voltò indietro, non sentì neanche se c'erano i suoi passi dietro di lei. Non sapeva dove stesse correndo. Tutto ciò che sapeva era che doveva correre, correre, correre più veloce della luce.
Capitolo 13 La sovrintendente Gervaise aveva indetto un'altra riunione di aggiornamento per il mercoledì mattina presto nella sala operativa, visto che la sala riunioni era stata già sperimentata. I membri della squadra oziavano intorno al tavolo lucido, sorseggiando caffè da bicchieri di plastica mentre chiacchieravano dei programmi che avevano visto in televisione la sera prima o facevano pronostici sulla partita di calcio del Middlesbrough di quel fine settimana. Sulle lavagne di sughero erano state aggiunte altre fotografie della scena del crimine, mentre i nomi e i dati personali delle varie persone collegate alla vittima erano stati scarabocchiati sulla lavagna bianca. Annie Cabbot era seduta accanto a Winsome e a Galway, l'agente preso in prestito dalla Divisione Investigativa Criminale di Harrogate, e tentava di digerire quello che Banks le aveva detto durante la colazione che avevano fatto al Golden Grill quella mattina presto. La presenza nella zona di due persone collegate ai Mad Hatters, la band su cui Nick Barber stava scrivendo un importante servizio, sembrava anche a lei una coincidenza troppo sospetta. Rispetto a Banks sapeva molte meno cose sulla band e sulla sua storia, ma anche lei si rendeva conto che c'era qualche scheletro nell'armadio a cui valeva la pena di dare una scossa. La sovrintendente Gervaise entrò sbattendo i suoi tacchi neri scintillanti, si lisciò la gonna a righine blu scuro e si sedette a un capo del tavolo, onorando tutti con un affettuoso sorriso. Un coro di «Buongiorno, signora» si levò dall'assemblea di agenti. La Gervaise si rivolse prima a Stefan Nowak e gli chiese se c'erano novità da parte della Scientifica. «Non proprio» rispose Stefan. «Naturalmente, ci sono ancora parecchie fibre e diversi capelli da analizzare. Il cottage dovrebbe venir pulito a fondo alla fine del soggiorno di ciascun ospite, ma nessuno lo fa così a fondo. Abbiamo ottenuto dal proprietario una lista degli ultimi dieci affittuari, perciò li confronteremo prima con i loro campioni. È stata un'estate affollata di turisti. Alcuni di essi vivono addirittura in Germania e in Norvegia. Potrebbe volerci parecchio.» «Impronte?» «L'attizzatoio è stato ripulito e ci sono solo alcune macchie intorno alla porta e all'entrata della veranda. Naturalmente abbiamo trovato tante im-
pronte digitali quanti sono gli altri elementi indiziari e tutto deve essere analizzato e confrontato con i campioni esistenti in archivio. Come ho detto, ci vorrà del tempo.» «Che mi dice del DNA?» «Be', abbiamo trovato tracce di sperma sulle lenzuola, ma il DNA corrisponde a quello della vittima. Stiamo cercando di isolare eventuali tracce di secrezioni femminili, ma finora non abbiamo avuto fortuna. A quanto pare, ha usato i preservativi e li ha gettati nel water.» Lanciò uno sguardo a Annie per avere conferma. Quella annuì. «Sappiamo chi era questa... compagna... vero, ispettore Cabbot?» «Sì» rispose Annie. «A meno che non avesse rimorchiato qualcun'altra, ma dubito che Barber ne abbia avuto il tempo, Kelly Soames ammette di essere andata a letto con la vittima due volte: mercoledì sera, che era la sua serata libera, e venerdì pomeriggio, fra le due e le quattro, quando ha spostato un appuntamento dal dentista per poter andare a trovare Barber al cottage.» «Una ragazza piena di risorse» rifletté la sovrintendente Gervaise. «E il dottor Glendenning ha stabilito che la morte è avvenuta tra le sei e le otto di venerdì?» «Dice che non può essere più preciso di così» replicò Stefan. «Non prima?» «No, signora.» «D'accordo» disse la sovrintendente Gervaise. «Procediamo. È emerso qualche dato dagli interrogatori porta a porta?» «Niente di significativo, signora» rispose Winsome. «Era una serataccia, anche prima che si verificasse il black out, così la maggior parte della gente ha chiuso le tende ed è rimasta in casa.» «Tranne l'assassino.» «Sì, signora. Oltre alla coppia del Cross Keys e alla neozelandese dell'ostello della gioventù che pensa di aver visto un'auto di colore chiaro dirigersi su per la collina, mentre si allontanava dal Moorview Cottage, fra le sette e trenta e le sette e quarantacinque, abbiamo l'avvistamento di altre due vetture che hanno percorso la stessa strada: una quattro per quattro scura verso le sei e venti, prima che andasse via la luce, e un furgone bianco verso le otto, durante l'interruzione di corrente. Stando ai testimoni, però, nessuna delle due si è fermata nei pressi del cottage.» «Non è molto incoraggiante, vero?» commentò la Gervaise. «Be', il guidatore di una di queste auto potrebbe essersi fermato più in là
sulla strada ed essere tornato indietro a piedi. Ci sono parecchie piazzole di sosta.» «Può darsi» le concesse la sovrintendente Gervaise, ma era evidente che non era del tutto convinta. «Oh» aggiunse Winsome «un tale dice di aver visto una persona correre per un campo poco dopo il tramonto, prima che andasse via la luce.» «Qualche descrizione?» «No, signora. Stava chiudendo le tende e gli è sembrato di vedere una sagoma scura. Ha pensato che fosse qualcuno che faceva jogging e non le ha dato peso.» «Era grasso, magro, alto, basso, bambino, uomo, donna?» «Mi dispiace, signora. Soltanto una sagoma scura.» «In che direzione correva?» chiese Banks. Winsome si voltò verso di lui. «La scorciatoia che va da Fordham a Lyndgarth, signore, attraverso i campi e lungo il fiume. È un percorso molto comune per chi fa jogging.» «Sì, ma forse non di sera. Non con quel tempaccio.» «La cosa la sorprenderà, ispettore capo Banks» intervenne la sovrintendente Gervaise. «Ma alcune persone prendono molto sul serio l'esercizio fisico. Sa quante calorie ci sono in una pinta di birra?» Tutti scoppiarono a ridere. Banks non era convinto. Vic Greaves non guidava, così aveva detto Adams, ma Fordham non era molto distante dal suo cottage e quella sarebbe stata la via più breve. Dimezzava quasi il tragitto. Si ripromise di dire a Winsome di parlare ancora una volta con questo testimone oppure lo avrebbe fatto lui stesso. «Che mi dite di questo Jack Tanner?» domandò la Gervaise. «Sembrava un possibile indiziato.» «Il suo alibi regge» rispose Templeton. «Abbiamo parlato con sei membri della sua squadra di freccette e ognuno di loro giura che quel tizio è stato al King's Head a giocare a freccette dalle sei alle dieci circa.» «E suppongo che neanche lui abbia bevuto aranciata» commentò la Gervaise. «Forse dovremmo dire alla Stradale di tenere d'occhio il signor Tanner.» Tutti risero. «Dunque, a questo punto abbiamo una qualche promettente pista da seguire?» domandò la Gervaise. «Chris Adams ha lasciato intendere che Nick Barber aveva un problema con la cocaina» disse Banks. «Non sono convinto, ma ho inoltrato una ri-
chiesta alla squadra Narcotici Metropolitana affinché controlli. Ma c'è qualcos'altro.» Le raccontò dell'esaurimento nervoso di Vic Greaves e dell'annegamento di Robin Merchant avvenuto trentacinque anni prima a Swainsview Lodge e del servizio che Nick Barber stava preparando per «MOJO». «È un tantino inverosimile, non trova?» ribatté la Gervaise, quando Banks ebbe finito. «Ho sempre avuto dei dubbi riguardo alla possibilità che eventi così lontani nel passato si intreccino con quelli del presente. Sembra roba da film. Propendo per la soluzione più ovvia: una persona più a portata di mano, un'amante mollata, un socio in affari imbrogliato, fate voi. In questo caso, forse, uno spacciatore di droga insoddisfatto. E poi, suppongo che la faccenda di questo Merchant sia stata sistemata all'epoca, no?» «Più o meno» rispose Banks. «Che cosa intende dire?» «Il sergente Templeton ha rovistato fra le scartoffie e pare che sia stata un'indagine piuttosto superficiale» spiegò Banks. «Dopotutto, c'erano coinvolte una famosa star del rock e un nobile.» «E con questo?» Cristo, pensò Banks, devo farle un disegnino? «Signora, immagino che nessuno volesse creare uno scandalo che potesse in qualche modo danneggiare il governo e arrivare anche alla Camera» spiegò. «Negli anni precedenti erano già emersi scandali simili con Profumo, Kim Philby e tutto il resto. I tabloid di sicuro ci sarebbero andati a nozze. Orge di sesso e droga nella villa di campagna di Lord Jessop. Un'indagine più approfondita avrebbe potuto portare alla luce cose che nessuno voleva rivelare.» «Oh, per amor del cielo, Banks, queste sono stupide paranoie da teoria del complotto» replicò la sovrintendente Gervaise. «A essere sincera, mi aspettavo qualcosa di meglio da lei.» «Be'» continuò Banks, imperterrito «gli effetti personali della vittima sono tutti scomparsi, compreso il computer portatile e il cellulare, e lui è stato messo a tacere per sempre.» «Sappiamo che possedeva un portatile e un cellulare?» «La ragazza, Kelly Soames, dice di averli visti quando è andata a trovare Barber, signora» intervenne Annie. La Gervaise aggrottò la fronte, come se avesse un cattivo sapore in bocca, e picchiettò con la penna sul blocco di carta vuoto che aveva davanti. «Alcune persone sono state uccise o malmenate per un cellulare o anche
per meno. Questa ragazza ancora non mi convince, ispettore Cabbot. È possibile che menta. Le parli di nuovo, verifichi che la sua storia stia in piedi.» «Non penserà mica che possa essere stata lei a ucciderlo?» chiese Annie. «Esiste la possibilità.» «Ma stava lavorando al pub in quel momento. Ci sono un mucchio di testimoni che possono confermarlo.» «A parte quando avrebbe dovuto trovarsi dal dentista venerdì pomeriggio e invece era a letto con un uomo che aveva appena conosciuto, un uomo che non molto tempo dopo è stato trovato morto. La ragazza potrebbe essere una grandissima bugiarda, è ovvio. Dico solo che è sospetta, ispettore Cabbot. E il modus operandi corrisponde. Delitto passionale. Forse lui l'ha offesa, le ha chiesto di fare qualcosa che lei trovava ripugnante. O forse lei ha scoperto che lui aveva un'altra ragazza. Magari ha lasciato il pub per qualche minuto, più tardi, quando era buio. Non deve esserci voluto molto tempo.» «Questo implicherebbe una certa premeditazione, non un delitto passionale, signora» puntualizzò Annie «ed è molto probabile che in questo caso avrebbe avuto anche delle tracce di sangue addosso.» «Forse la sensazione di aver subito un torto è cresciuta dentro di lei finché la ragazza non è sbottata, proprio quando la luce è andata via, e ha colto l'occasione prima che al pub si organizzassero con le candele. Non lo so. Dico solo che è possibile e che ha molto più senso di un complotto che affonda le sue radici nel passato. In ogni caso, la torchi ancora un po', ispettore Cabbot. Sono stata chiara? E, sergente Nowak?» «Sì, signora?» «Parli un po' con il medico legale, il dottor Glendenning. Veda se riesce a farlo essere più preciso sull'ora della morte, veda se c'è la possibilità che la vittima sia stata uccisa intorno alle quattro anziché nell'intervallo di tempo compreso fra le sei e le otto.» «Sì, signora» Stefan lanciò un'occhiata fugace a Annie. Sapevano entrambi che il dottor Glendenning non accettava che gli si facesse pressione. «E non escludiamo il padre della ragazza» proseguì la sovrintendente Gervaise. «È sparito per un bel pezzo, proprio nel momento in cui è stato commesso l'omicidio. Se ha scoperto che questo Barber faceva sesso occasionale con la figlia, può aver deciso di farsi giustizia da solo.» «Signora?» intervenne Annie. «Che c'è, ispettore Cabbot?»
«Ho stretto una specie di patto. Cioè, ho lasciato intendere alla ragazza, a Kelly, che non ci sarebbe stato bisogno di raccontare al padre quello che era successo. A quanto pare è un po' autoritario e potrebbe mettersi male per lei.» «Una ragione in più per indagare meglio su di lui. Può darsi che si sia messa male anche per Nicholas Barber. Ci ha pensato?» «No, signora, lei non capisce. È della ragazza che mi preoccupo. Kelly. Lui andrà su tutte le furie.» La sovrintendente Gervaise si rivolse a Annie in tono freddo. «Capisco alla perfezione quello che vuole dire, ispettore Cabbot. Ma le sta bene, così almeno impara a non andare più a letto con ogni uomo che incontra, non crede?» «Con tutto il dovuto rispetto, non ci sono prove sufficienti a indicare che una cosa del genere sia vera. Si dà il caso che le piacesse davvero Nick Barber.» La sovrintendente Gervaise lanciò un'occhiataccia a Annie. «Non ho intenzione di discutere le abitudini sessuali della gente, tanto meno con lei, ispettore Cabbot. Chieda in giro. Scopra qualcosa. La ragazza deve aver avuto altri partner. Li trovi. E scopra anche se qualcuno l'ha mai pagata per farlo.» «Ma signora» protestò Annie. «Questa è un'ingiuria. Kelly Soames non è una prostituta e questo caso non riguarda la sua vita sessuale.» «La riguarda, se lo dico io.» «Ho parlato io con Calvin Soames» intervenne Banks. La sovrintendente Gervaise si girò verso di lui. «E?» «Secondo me, non sapeva nulla di quello che stava succedendo fra la vittima e sua figlia.» «Secondo lei?» «Sì» ribadì Banks. «Non può essere che fingesse?» «Sì, credo di sì» ammise Banks «ma se partiamo dal presupposto che lo ha fatto in preda all'ira o a un'indignazione giustificata, credo che con molta probabilità si sarebbe lasciato sfuggire qualcosa. Si sarebbe infuriato mentre facevo domande su Nick Barber alla figlia, ma non lo ha fatto.» «Lei ha accennato al fatto che sono stati a letto insieme?» si informò la sovraintendente. «No» rispose Banks. «Le ho soltanto chiesto in che rapporti era con Barber come cliente del Cross Keys. Mentre il padre osservava noi, io os-
servavo lui e sono convinto che, se avesse saputo che c'era qualcosa di più fra loro, si sarebbe capito dalla sua espressione, dal suo comportamento o dalle sue parole. Secondo me, non è il tipo di uomo capace di celare i propri moti di disapprovazione.» «E non è stato così?» «No.» «Molto bene. Sarei più convinta, comunque, se vedessi la sua reazione di fronte alla scoperta di ciò che stava combinando la figlia.» «Ma, signora...» «Adesso basta, ispettore Cabbot. Voglio che segua questa linea investigativa finché non sarò in grado di stabilire con esattezza se è quella giusta oppure no.» «Allora sarà troppo tardi per Kelly Soames» borbottò Annie a denti stretti. «Sergente Templeton?» disse Banks. Templeton drizzò la schiena. «Signore?» «È riuscito a rintracciare il sergente investigativo Enderby?» Templeton cambiò posizione sulla sedia con fare irrequieto. «Ehm... sì, signore, ci sono riuscito.» Guardò la sovrintendente Gervaise mentre parlava. «Cos'è questa storia?» domandò la sovrintendente. «Ecco, signora» spiegò Templeton «l'ispettore capo Banks mi ha chiesto di rintracciare il detective che ha indagato sull'annegamento di Robin Merchant.» «Sarebbe il tossico che è caduto nella piscina trentacinque anni fa?» «Sì, signora, anche se non sono proprio sicuro che fosse un tossico. Non tecnicamente parlando.» La sovrintendente Gervaise sospirò in modo teatrale, si passò le mani tra i capelli biondi scalati e poi guardò Banks. «Molto bene, ispettore capo Banks. Vedo che è deciso a portare avanti la questione a tutti i costi, perciò le concederò il beneficio del dubbio. Per il momento pazienterò e presumerò che ci sia qualcosa di fondato nella sua teoria. Ma dei Soames si occuperà l'ispettore Cabbot. Intesi?» «Benissimo» replicò Banks. Si rivolse a Templeton. «Allora, Kev. Dove si trova?» Templeton lanciò di nuovo un'occhiata alla sovrintendente Gervaise prima di rispondere. «Ehm... si trova a Whitby, signore.» «Un posto bello e a portata di mano, no?» replicò Banks. «Mi va proprio
di trascorrere una giornata in riva al mare.» Il sole era spuntato di nuovo quando Banks cominciò a scendere dalle North York Moors verso Whitby. Era uno spettacolo che lo emozionava sempre, persino con il tempo più fosco, ma quel giorno il cielo era di un azzurro opalescente e il sole splendeva sulle rovine dell'abbazia in cima alla collina e scintillava come i diamanti sulla superficie del Mare del Nord, al di là della scura chela formata dai moli del porto. L'ispettore in pensione, Keith Enderby, abitava sulla West Cliff, dove le case si sviluppavano in modo disordinato verso est, nei pressi della A174 che portava a Sandsend. Perlomeno la sua bifamiliare degli anni Cinquanta con l'intonaco di ghiaietto aveva la vista sul mare, malgrado solo pochi metri la separassero dalle case di fronte. Per il resto, era una comunissima villetta in un comunissimo complesso residenziale, pensò Banks, mentre si fermava dietro la Mondeo grigia parcheggiata davanti alla casa. Un «uomo Mondeo». L'icona ideata dai giornalisti per rappresentare un certo tipo di inglese appartenente alla classe media. Era questo che Enderby era diventato? Al telefono, Enderby aveva lasciato intendere che era più che disposto a parlare del caso Robin Merchant e di persona accolse Banks in casa sua con un sorriso e una stretta di mano, prima di presentargli la moglie Rita, una donna piccola e taciturna con una chioma grigio-rosa che le creava un'aureola intorno al viso. Rita chiese a Banks se preferiva il tè o il caffè e Banks optò per il tè. Questo gli fu servito accompagnato dall'immancabile vassoio pieno di Digestive ricoperti di cioccolato, biscotti di fecola di maranta e barrette di Kit Kat, dal quale Banks fu invitato a servirsi. Dopo un po' di convenevoli, il marito fece un cenno col capo a Rita e questa sparì, borbottando qualcosa riguardo a delle commissioni che doveva sbrigare in città, quindi se ne andò sulla Mondeo grigia. Una «donna Mondeo», pensò allora Banks. Enderby disse qualcosa riguardo a quanto fosse meravigliosa sua moglie. Banks concordò. Sembrava la cosa più educata da fare. «È un bel posto per fare la vita da pensionato» osservò Banks. «Da quanto abita qui?» «Sono dieci anni ormai» rispose Enderby. «Ci ho messo venticinque anni e anche qualcosa di più. Ho terminato la mia carriera come ispettore nella polizia del South Yorkshire, a Doncaster. Ma Rita ha sempre sognato di abitare in una città di mare e di solito trascorrevamo qui le vacanze.» «E lei?»
«Be', a me sarebbe andata bene anche la Costa del Sol, ma non potevamo permettercelo. Inoltre, Rita non vuole lasciare il paese. Sa come si dice, la civiltà finisce a Calais e tutte quelle cose lì. Non ha nemmeno il passaporto. Riesce a crederci?» «Probabilmente non sarebbe piaciuto neanche a lei quel posto» replicò Banks. «Troppa delinquenza.» «Whitby mi piace» disse Enderby «e anche qui la delinquenza non manca. Ma farei volentieri a meno di quei maledetti gotici, glielo assicuro.» Banks sapeva che lo stretto legame di Whitby con il Dracula di Bram Stoker trasformava il centro in una meta di pellegrinaggio per i gotici, ma per quanto ne sapeva questi erano ragazzini piuttosto innocui, che non creavano problemi, e se volevano vestirsi sempre di nero e bere l'uno il sangue dell'altro di tanto in tanto, per lui andava benissimo. Il sole illuminò il quadrato di mare che si vedeva fra due delle case di fronte. «Le sono grato per aver acconsentito a parlare con me» disse Banks. «Non c'è nessun problema. Ma non credo di poter aggiungere un granché a quello che già sa. Era tutto nel dossier sul caso.» «Se mi somiglia almeno un po'» disse Banks «avrà avuto spesso anche lei una sensazione, lo chiami istinto o che so io, che a suo avviso non aveva nulla a che fare con il dossier. O un'impressione personale, qualcosa che per lei era interessante ma che sembrava avere scarsa rilevanza per il caso in sé.» «È passato molto tempo» replicò Enderby. «Ormai, forse, non ricorderò più nessun dettaglio.» «Non si sa mai» disse Banks. «Era un caso di alto profilo, immagino. Deve essere stato anche un periodo interessante. Stare fianco a fianco con le rock star, gli aristocratici eccetera.» «Oh, è stato interessante, certo. I Pink Floyd. Gli Who. Li ho incontrati tutti. Vuole altro tè?» Banks gli porse la tazza e Enderby gliela riempì. La fede d'oro era infilata per bene al dito tozzo, circondata da un ciuffo di peli. «Quanti anni aveva all'epoca?» «Nel 1970? Avevo compiuto trent'anni proprio a marzo.» Il che combaciava, pensò Banks. Enderby sembrava sui sessantacinque adesso, aveva la tipica pancia di chi si gode la sedentarietà e neanche più un capello sulla testa. Compensava quella mancanza con un paio di baffi grigi a spazzola. Un pallido reticolo rosa di capillari rotti disegnava una mappa sulle guance e sul naso, ma Banks lo attribuiva alla pressione san-
guigna piuttosto che all'alcol. Enderby non parlava e non si comportava come un ubriacone e il suo alito non odorava di mentine extraforti. «Allora com'è stato lavorare a quel caso?» gli domandò Banks. «Cosa si ricorda meglio delle indagini sul caso Robin Merchant?» Enderby strizzò gli occhi e guardò fuori dalla finestra. «Dovevano essere le dieci ormai, quando arrivammo sulla scena» disse. «Era una bella giornata, me lo ricordo. Il cielo era sereno. L'aria calda. Gli uccellini cantavano. E lui era là che galleggiava nella piscina.» «Quale fu la sua prima impressione?» Enderby ci rifletté un istante, poi emise una risata secca e appoggiò la tazza sul piattino. «Vuole sapere qual è stata?» gli chiese. «Non ci crederà mai. Era supino, tutto nudo, sa, e io mi ricordo di aver pensato che aveva un coso davvero piccolo per essere una rock star. Sa, con tutte le storie che si sentivano a quei tempi sulle groupie e sulle orge. La roba che scrivevano su "News of the World" e altri giornali simili. Pensavamo che fossero tutti stalloni superdotati. Sembrava del tutto inadeguato, galleggiava lì tutto avvizzito, come un gamberetto, un cavalluccio marino o qualcosa del genere. Era colpa dell'acqua, ovviamente. Non contava quanto facesse caldo quel giorno, l'acqua era pur sempre fredda.» «Succede sempre così. Quando siete arrivati, gli altri erano svegli?» «Vuole scherzare? Gli agenti in divisa li stavano svegliando in quel momento. Se Merchant non fosse annegato e noi non fossimo arrivati, probabilmente avrebbero dormito fino al pomeriggio inoltrato. Erano anche messi piuttosto male, alcuni di loro, almeno. Postumi della sbornia e anche peggio.» «Chi è stato a telefonare, quindi?» «Il giardiniere, non appena è arrivato al lavoro.» «Era un sospettato?» «No, assolutamente.» «C'erano molti tirapiedi e groupie in giro?» «Difficile da dire. Stando alle dichiarazioni dei presenti, erano tutti amici intimi dei membri della band. Voglio dire, nessuno ammise veramente di essere una groupie o un tirapiedi. Quasi tutti i membri del gruppo erano con le loro ragazze fisse.» «E Robin Merchant? Era con qualcuno quella sera?» «C'era una ragazza che dormiva nel suo letto» rispose Enderby. «La sua ragazza?» «Una groupie.»
«Stando a ciò che ho letto» disse Banks «l'opinione comune al tempo era che Merchant avesse preso del Mandrax e stesse passeggiando nudo nei pressi della piscina, quando è caduto nella parte bassa, ha battuto la testa sul fondo ed è annegato. È esatto?» «Sì» confermò Enderby. «Questo è ciò che sembrava ed è anche quello che il medico legale ha confermato. C'era anche un bicchiere rotto sul bordo della piscina con sopra le impronte digitali di Merchant. Stava bevendo della vodka.» «Avete considerato altre possibilità?» «Per esempio?» «Che non si sia trattato di un incidente.» «Cioè che sia stato spinto da qualcuno?» «Sarebbe stata una supposizione naturale. Sa quanto è sospettosa la mente dei poliziotti.» «Questo è vero» convenne Enderby. «Confesso che l'ipotesi mi è passata per la testa, ma l'ho subito esclusa.» «Perché?» «Nessuno aveva un movente.» «Non stando a quello che avevano raccontato a voi.» «Non siamo stati così superficiali. Ci dia un po' di fiducia. Certo, non avevamo i mezzi di cui disponete voi oggi, ma abbiamo fatto del nostro meglio.» «Non c'era qualche attrito all'interno della band?» «Per quanto ne so io, ci sono sempre degli attriti all'interno delle band. Metti insieme un gruppo di persone con l'ego smisurato e vedi cosa ne esce fuori. È innegabile.» Banks rise. Poi pensò a Brian e si domandò se anche i Blue Lamps si sarebbero sciolti di lì a poco. Brian non gli aveva detto niente, ma Banks aveva notato qualcosa di diverso in lui, una certa mancanza di entusiasmo e di impegno, forse, e il fatto che fosse piombato da lui così all'improvviso era insolito. Sembrava giù di morale. E che dire di Emilia? Era la Yoko Ono della situazione? Tuttavia, se Brian aveva voglia di parlare lo avrebbe fatto a tempo debito; era inutile fargli pressione. Era sempre stato così suo figlio. «Qualcosa in particolare?» «Vediamo. Erano tutti preoccupati per la quantità di droga assunta da Vic Greaves, prima di tutto. Le sue esibizioni diventavano sempre più bizzarre e il suo comportamento era inaffidabile. A quanto pareva, poco tempo prima non si era presentato a un concerto e gli altri membri del gruppo
erano ancora un po' incazzati con lui, dopo che li aveva piantati in asso.» «Greaves aveva un alibi?» Enderby si grattò un lato del naso. «In effetti, sì» rispose. «Due, a dire il vero.» «Due?» Enderby ridacchiò. «Greaves e Merchant erano gli unici due membri del gruppo che non avevano una ragazza fissa. Quella sera, il caso volle che Greaves fosse a letto con due groupie.» «Fortunato» commentò Banks. «Non avrei mai pensato che ce la facesse.» Si rammentò dell'uomo pelato e grassoccio con lo sguardo assente che aveva visto a Lyndgarth. «Stando alle due ragazze, infatti, non ci riuscì» disse Enderby. «Pare che fosse troppo fatto perché gli si drizzasse. Che spreco, dico io. Erano due belle ragazze.» Sorrise a quel ricordo. «Non avevano granché addosso, quando le interrogai. Questo è uno di quei piccoli particolari che non dimentichi tanto in fretta. Neanche tanto piccoli, se capisce cosa intendo.» «Non è possibile che Greaves fosse sgattaiolato fuori durante la notte? Dovevano essere entrambe addormentate, o svenute, a un certo punto.» «Guardi, se proprio dobbiamo dirla tutta, avrebbe potuto essere stato chiunque. Almeno chiunque fra coloro che erano ancora in grado di camminare in linea retta. Non abbiamo tenuto in gran conto gli alibi, infatti. Tanto per cominciare, erano pochissimi quelli che ricordavano qualcosa della sera precedente o anche solo a che ora fossero andati a letto. Per quanto ne so, potevano essere andati in giro tutta la notte senza nemmeno accorgersi che c'era Merchant nella piscina.» «Quindi cos'è che l'ha spinta a escludere così in fretta l'ipotesi dell'omicidio?» «Gliel'ho detto. Nessun vero movente. Nessuna prova evidente che dimostrasse che era stato spinto.» «Ma è possibile che Merchant si fosse messo a litigare con qualcuno e avesse superato un po' il limite?» «Oh, sì, certo che è possibile. Ma nessuno ce lo poteva confermare, allora noi cosa dovevamo fare, saltare alle conclusioni e scegliere qualcuno a caso? Una persona qualunque?» «Che ne dice di un intruso?» «Neanche questa ipotesi era da scartare. Era abbastanza facile introdursi nella proprietà. Ma anche qui, non c'erano tracce di intrusione e non era stato rubato nulla. Inoltre, in base alle ferite di Merchant era plausibile che
fosse caduto in piscina e fosse annegato, che poi è quello che è successo. Senta, se vuole sapere come la penso, al massimo poteva essere stata colpa di qualche stupido scherzo finito male per via dell'alcol o della droga. Non sto dicendo che sia andata così, perché non ci sono prove, ma se erano tutti fatti o ubriachi, e lo erano, e avessero cominciato a correre intorno alla piscina, per giocare a "Ce l'hai" o che so io, e qualcuno avesse acchiappato Merchant un po' troppo forte, facendolo finire in piscina... be', lei che avrebbe fatto?» «Per prima cosa» rispose Banks «avrei cercato di tirarlo fuori da lì. Soltanto così avrei potuto appurare se era morto. Poi forse avrei provato con la respirazione artificiale o bocca a bocca o come diavolo si chiamava allora, mentre qualcun altro chiamava un'ambulanza.» «Sì» disse Enderby. «Ma se lei avesse avuto in circolo la quantità di droga che avevano loro, probabilmente sarebbe rimasto lì impalato per mezz'ora a gingillarsi prima di fare qualunque cosa e poi la sua prima preoccupazione sarebbe stata quella di sbarazzarsi della sua scorta di droga personale.» «La squadra Narcotici ha perquisito l'edificio? Nel dossier non se ne fa menzione.» «Che rimanga fra noi, abbiamo perquisito la casa. Oh, abbiamo trovato un po' di marijuana, qualche pasticca di LSD e alcune mandies. Ma niente di pesante.» «Che è successo dopo?» «Alla luce di tutto il resto... come, per esempio, un cadavere di cui occuparci... decidemmo di non muovere nessuna accusa. Ci siamo limitati a disfarci della roba. Insomma, cosa dovevamo fare, arrestarli tutti per possesso di stupefacenti?» Disfarci? Banks ne dubitava. Consumarla o venderla, era più probabile. Ma non c'era alcun motivo di sollevare la questione. «Ha per caso avuto la sensazione che avessero architettato una storia fra di loro?» «No. Come ho detto, la metà di loro non riusciva nemmeno a ricordarsi della festa. È stato tutto piuttosto frammentario e sconclusionato.» «Lord Jessop era presente, vero?» «Sì. Probabilmente era il più sano del gruppo. È successo prima che cominciasse a far uso della roba pesante.» «Ed era anche il più influente?» «Capisco dove vuole arrivare con questo. Di certo nessuno voleva uno scandalo. La situazione era già abbastanza spiacevole. Forse è per questo
che non abbiamo mosso accuse per possesso di droga. Ce n'erano già state abbastanza negli ultimi due o tre anni con la retata agli Stones e la cosa cominciava a sembrare un po' ridicola. Soprattutto dopo che il "Times" aveva pubblicato quell'editoriale sul darsi molto da fare per nulla. Nel giro di poche ore, ce li saremmo ritrovati tutti a picchiare alla porta e a scavalcare i muri. "News of the World", "People", il "Daily Mirror" e chi più ne ha più ne metta. Perciò anche se ci fosse stato qualcun altro coinvolto in un qualche gioco spinto, l'opinione comune fu che si trattava pur sempre di un incidente e che non c'era motivo di fomentare uno scandalo. Dato che non potevamo provare che ci fosse coinvolto qualcun altro e nessuno aveva il coraggio di confessarlo, chiudemmo lì la questione. Il tè è finito. Le va se ne preparo dell'altro?» «No, grazie» rispose Banks. «Se non ha più niente da dirmi, è meglio che vada.» «Mi dispiace di averla delusa.» «Non è stata una delusione.» «Senta, non mi ha ancora detto di preciso di cosa si tratta. Si ricordi che facciamo lo stesso mestiere, o almeno una volta era così.» Banks era talmente abituato a non rivelare più informazioni di quanto fosse necessario, che a volte si dimenticava del tutto di dire perché faceva certe domande. «Abbiamo trovato morto uno scrittore di nome Nick Barber. Forse lo avrà letto.» «Il nome mi sembra vagamente familiare» disse Enderby. «Cerco di tenermi informato.» «Quello che di sicuro non avrà letto è che stava lavorando a un pezzo sui Mad Hatters, in particolare su Vic Greaves e sugli esordi della band.» «Interessante» replicò Enderby. «Ma ancora non capisco perché mi fa domande sulla morte di Robin Merchant.» «È solo per via di una cosa che Barber ha detto a un'amica» spiegò Banks. «Le ha detto qualcosa riguardo a una storia succulenta, in cui c'era di mezzo un omicidio.» «Adesso sì che sono curioso» disse Enderby. «Un omicidio, dice?» «Esatto. Credo che potesse anche essere una mossa giornalistica per fare colpo sulla ragazza.» «Non necessariamente» ribatté Enderby. «Che vuole dire?» «Be', sono abbastanza sicuro che la morte di Robin Merchant sia stata accidentale, ma quella non era la prima volta che mettevo piede a Swain-
sview Lodge in relazione a una morte sospetta.» «Davvero?» fece Banks. «Racconti.» Enderby si alzò. «Senta, il sole è alto, ormai. Che ne dice se andiamo al mio pub preferito e ne parliamo davanti a una pinta di birra?» «Devo guidare» gli fece notare Banks. «Non fa niente» replicò Enderby. «Può comprarne una per me e guardarmi mentre la bevo.» «Che cosa l'aveva portata laggiù?» gli chiese Banks. «Un omicidio» rispose Enderby, con gli occhi che scintillavano. «Uno vero, stavolta.» Sabato, 20 settembre 1969 «Si rifiuta di uscire dalla sua stanza» disse Janet Chadwick, che era seduta a cenare con il marito il sabato sera, mentre alla televisione davano i risultati delle partite di calcio. Chadwick stava riempiendo le sue schedine, ma era ovvio che il montepremi di 2.300.800 sterline gli sarebbe sfuggito anche quella settimana, proprio come ogni altra settimana, del resto. Chadwick mangiò un boccone di salsiccia cotta nella pastella dopo averlo generosamente intinto nella salsa. «Che problema ha, adesso?» «Non vuole dirlo. È rientrata come un fulmine questo pomeriggio tardi ed è andata dritta in camera sua. L'ho chiamata, ho bussato alla porta, ma lei si è rifiutata di rispondere.» «Sei entrata?» «No. Ha diritto alla sua privacy, Stan. Ha sedici anni.» «Lo so. Lo so. Ma è insolito da parte sua saltare la cena in questo modo. Ed è sabato. Di solito non esce il sabato sera?» «Sì.» «Farò quattro chiacchiere con lei dopo cena.» «Vacci piano, Stan. Sai quanto è irritabile in questi giorni.» Chadwick sfiorò il polso della moglie. «Starò attento. Non sono quell'orribile mostro mangia-bambini che pensi tu.» Janet si mise a ridere. «Non penso che tu sia un mostro. È solo che la sua è un'età difficile. Un padre non sempre riesce a capire quanto una madre.» «Ci andrò piano, non ti preoccupare.» Finirono di mangiare in silenzio e, mentre Janet andava in cucina a lavare i piatti, Chadwick salì al piano di sopra per cercare di parlare con Yvonne. Bussò con delicatezza alla porta, ma non ottenne nessuna rispo-
sta. Bussò di nuovo, un po' più forte, ma tutto quello che sentì fu un soffocato «Vattene». Non si sentiva nemmeno la musica. Yvonne doveva avere la radiolina a transistor spenta. Altro particolare insolito. Chadwick pensò che aveva due possibilità: lasciare perdere Yvonne oppure entrare e basta. Janet avrebbe senza dubbio preferito la prima, l'approccio liberista, ma Chadwick era in vena di prendere il toro per le corna. Ne aveva abbastanza del fatto che Yvonne sgattaiolasse di qua e di là e restasse fuori tutta la notte, era stufo dei suoi segreti, delle sue bugie e del suo atteggiamento da prima donna. Adesso era arrivato il momento di sistemare la questione una volta per tutte. Dopo aver tirato un respiro profondo, aprì la porta ed entrò nella stanza. L'esplosione d'ira che si aspettava non arrivò. Le tende erano chiuse e le luci spente, tanto che la stanza aveva un aspetto tetro, crepuscolare. Inoltre in quel modo si camuffava anche la massa disordinata di vestiti e riviste che era sul pavimento e sul letto. All'inizio, Chadwick non riuscì a vedere Yvonne, poi si accorse che era sul letto, sotto il piumone. Quando i suoi occhi si abituarono al buio, si accorse anche che stava tremando. Preoccupato, si appollaiò sul bordo del letto e disse con voce sommessa: «Yvonne... Yvonne, tesoro. Che succede? Cosa c'è che non va?». All'inizio la figlia non reagì e lui restò seduto ad aspettare in modo paziente, ricordandosi di quando era bambina e andava da lui ogni volta che aveva un incubo. «Va tutto bene» la confortò «puoi parlarne con me. Non mi arrabbierò. Lo prometto.» La mano di Yvonne strisciò fuori dal piumone e cercò la sua. Chadwick la strinse. La figlia restò ancora un poco in silenzio, poi si scostò piano piano la coperta dal viso e, persino nella penombra, lui si accorse che stava piangendo. E tremava ancora. «Cosa c'è, amore?» le chiese. «Cos'è successo?» «È stato orribile» disse lei. «Lui è stato orribile.» Chadwick sentì i muscoli del collo irrigidirsi. «Cosa? Qualcuno ti ha fatto del male?» «Ha rovinato tutto.» «Che significa? È meglio se mi racconti tutto dal principio, Yvonne. Voglio capire, davvero.» Yvonne lo fissò, come se cercasse di prendere una decisione. Lui sapeva che si mostrava sempre severo, rigido e inflessibile, ma voleva davvero sapere cosa la turbava e non con la prospettiva di punirla, stavolta. Qualunque cosa lei pensasse, e per quanto fosse difficile, Chadwick amava sul
serio la figlia. Una alla volta le ipotesi più terribili si affollarono nella sua mente. Aveva scoperto di essere incinta? Era di questo che si trattava? Come era successo a Linda Lofthouse quando aveva la sua età? Oppure qualcuno l'aveva aggredita? «Che cosa c'è?» le chiese. «Qualcuno ti ha fatto del male?» Yvonne scosse il capo. «Non come pensi tu.» A quel punto si gettò fra le braccia del padre e lui poté sentire le sue lacrime sul collo e le parole che pronunciò contro la sua spalla. «Ho avuto così tanta paura, papà, per le cose che ha detto. Ho pensato davvero che volesse farmi qualcosa di terribile. Sapevo che aveva un coltello da qualche parte. Se non fossi scappata...» Scoppiò in singhiozzi. Chadwick mandò giù quello che aveva appena sentito, cercando di tenere a bada la sua ira paterna, e si svincolò con delicatezza. Yvonne appoggiò la schiena sui cuscini e si strofinò gli occhi con il dorso delle mani. Sembrava una bambina. Chadwick le passò la scatola di fazzoletti che era appoggiata sul comodino. «Comincia dal principio» la esortò. «Con calma.» «Sono andata al festival di Brimleigh, papà. Voglio che tu lo sappia, prima che cominci. Mi dispiace di averti mentito.» «Lo sapevo già.» «Ma, papà... come?» «Chiamalo istinto paterno.» O istinto poliziesco, pensò. «Vai avanti.» «Sto frequentando un gruppo di ragazzi. A te non piacerebbero. È per questo che... che non te l'ho detto. Ma sono persone come me, papà. Ci piace la stessa musica, abbiamo le stesse idee e le stesse convinzioni riguardo alla società e a tutto il resto. Loro sono diversi. Non sono noiosi come i ragazzini della scuola. Leggono poesie, scrivono e suonano.» «Sono studenti?» «Alcuni di loro.» «Quindi sono più grandi di te.» «Che importa l'età?» «Lascia stare. Vai avanti.» Yvonne sembrava un po' titubante adesso e Chadwick capì che avrebbe dovuto ridurre al minimo indispensabile i suoi commenti, se voleva sapere la verità dalla figlia. «Andava tutto benissimo, davvero. E poi...» Yvonne cominciò a tremare di nuovo e quando riprese il controllo di se stessa continuò. «Tra loro però c'è tizio di nome McGarrity. È più grande degli altri e si comporta in modo davvero bizzarro. Mi ha sempre fatto paura.» «In che modo?»
«Ha sempre un orribile ghigno che ti fa sentire come una specie di insetto e non fa altro che sparare citazioni... T. S. Eliot, la Bibbia e roba simile. A volte cammina semplicemente su e giù con il suo coltello.» «Che coltello?» «Ha un coltello, sai, e non fa altro che sbatterlo sulla palma della mano mentre cammina.» «Che tipo di coltello è?» «Un coltello a serramanico, con l'impugnatura di tartaruga.» «Su quale palma lo sbatte?» Yvonne aggrottò la fronte e Chadwick capì di nuovo che doveva essere cauto. Poteva aspettare. «Scusa» disse. «Non importa. Continua.» «Dicono... Steve dice che è un po' strambo perché ha subito l'elettroshock. Dicono che un tempo era un grande suonatore di blues, che suonava l'armonica da Dio, ma da quando gli hanno fatto l'elettroshock ha smesso. Io non lo so, però... a me sembra strano e basta.» «È questo il tizio che ti ha infastidita?» «Sì. Oggi pomeriggio sono andata a trovare Steve... lui è il mio ragazzo... ma non era in casa, c'era soltanto McGarrity. Io volevo andarmene, ma lui ha insistito perché rimanessi.» «Ti ha costretta con la forza?» «Be', non direi proprio con la forza, ma mi sentivo a disagio. Speravo che Steve e gli altri tornassero presto, ecco tutto.» «Aveva fatto uso di droga?» Yvonne distolse lo sguardo e annuì. «Okay. Continua.» «Ha detto delle cose orribili.» «A che proposito?» «Riguardo alla ragazza che è stata uccisa. Riguardo a quelle persone assassinate a Los Angeles. E anche su di me.» «Che ha detto su di te?» Yvonne abbassò lo sguardo. «È stato volgare. Non mi va di ripeterlo.» «D'accordo. Stai tranquilla. Ti ha toccata?» «Mi ha afferrato il braccio e mi ha sfiorato il viso. Era così spaventoso. Avevo una paura matta che mi facesse qualcosa.» Chadwick era tesissimo. «Cos'è successo dopo?» «Ho aspettato che si girasse di spalle e quando lo ha fatto sono corsa via.» «Bravissima. Ti ha seguita?»
«Non credo. Non ho guardato.» «Okay. Hai fatto la cosa giusta, Yvonne. Adesso sei al sicuro.» «Ma, papà, se lui avesse...» «Se lui avesse cosa? Era anche lui a Brimleigh?» «Sì.» «Con te?» «No, gironzolava per il campo.» «Lo hai visto andare nel bosco?» «No. Ma è stato quasi sempre buio. Non avrei potuto vederlo.» «Dov'è successo questo, oggi pomeriggio?» «Proprio in fondo alla strada, Springfield Mount. Senti, papà, Steve e gli altri sono ragazzi a posto, te lo giuro. È soltanto lui. Ha qualcosa che non va, ne sono sicura.» «Conosceva Linda Lofthouse?» «Linda? Non... sì, sì la conosceva.» Chadwick drizzò le orecchie quando avvertì la familiarità con cui Yvonne aveva pronunciato il nome di Linda. «Tu come lo sai? Tranquilla, Yvonne, puoi dirmi la verità. Non mi arrabbierò con te.» «Prometti?» «Giurin giuretto, parola di lupetto.» Yvonne sorrise. Era una vecchia formula. «È accaduto in un'altra casa, a Bayswater Terrace» disse. «Ci sono tre posti in cui la gente, come dire, si riunisce per ascoltare la musica e cose del genere. Springfield Mount e Carberry Place sono gli altri due. Comunque, un giorno quest'estate ero lì con Steve e c'era anche Linda. Anche McGarrity era lì. Insomma, non si conoscevano, nel senso che non erano intimi o che so io, ma lui l'aveva incontrata.» Chadwick tacque un istante, per incassare il colpo. Bayswater Terrace. Dennis, Julie e gli altri. Quindi Yvonne era una di quelli. Sua figlia. Dominò i suoi sentimenti, poiché si ricordò di aver promesso di non arrabbiarsi. E poi, quella povera ragazza aveva subito un trauma ed era stato molto difficile per lei aprirsi; l'ultima cosa di cui aveva bisogno era la ramanzina di suo padre. Ma era faticoso trattenere la rabbia. Si sentiva così teso, così nervoso, che gli faceva male il petto. «Anche tu hai incontrato Linda?» le domandò. «Sì.» Gli occhi di Yvonne si riempirono di lacrime. «Una volta. Non abbiamo parlato molto, in realtà. Lei ha solo detto che le piacevano il mio vestito e i miei capelli, poi abbiamo parlato di quanto sia pallosa la scuola.
Era così carina, papà, come hanno potuto farle una cosa simile?» «Non lo so, tesoro» rispose Chadwick e accarezzò i setosi capelli biondi della figlia. «Non lo so.» «Pensi che sia stato lui? McGarrity?» «Non so neanche questo, ma ho intenzione di fare una chiacchierata con lui.» «Non essere troppo duro con Steve e gli altri, papà. Ti prego. Sono bravi ragazzi. Davvero. È soltanto lui, soltanto McGarrity, che è strano.» «Capisco» replicò Chadwick. «Che ne dici ora di alzarti e di mangiare qualcosa?» «Non ho fame.» «Be', almeno vieni di sotto a salutare tua madre. È preoccupata a morte per te.» «Okay» acconsentì Yvonne. «Ma dammi qualche minuto per cambiarmi e sciacquarmi il viso.» «Certo, tesoro.» Chadwick baciò la figlia sulla testa, uscì dalla stanza e andò verso il telefono, con la mascella contratta. Più tardi, quella sera, qualcuno avrebbe rimpianto di essere nato. Capitolo 14 Annie Cabbot cercò di contenere la propria collera mentre aspettava di bussare alla porta dell'ufficio della sovrintendente Gervaise, dopo che Banks era partito per Whitby. Era difficile. Aveva la sensazione che la Gervaise l'avesse trovata antipatica fin dall'inizio e sospettava che fosse una di quelle donne ambiziose che avevano faticato molto per raggiungere la loro posizione e che per niente al mondo avrebbero dato a un'altra donna qualcosa che non fosse il peggio di sé. Alla faccia della solidarietà femminile. Annie tirò diversi respiri profondi e rilassanti, proprio come faceva durante le sedute di meditazione e di yoga. Non funzionò. Bussò comunque ed entrò ancora prima che una voce un tantino sconcertata dicesse: «Avanti». «Vorrei scambiare due parole con lei, signora» esordì Annie. «Ispettore Cabbot, prego, si sieda.» Annie si sedette. Si ricordò di come si sentiva sempre un po' intimorita e nervosa quando il sovrintendente Gristhorpe la chiamava in quello stesso ufficio, ma stavolta non provava niente di simile.
«Cosa posso fare per lei?» «Ha davvero passato il segno poco fa» disse Annie. «Alla riunione di stamattina.» «Davvero?» la Gervaise si finse sorpresa, o quanto meno così parve a Annie. «Non ha il diritto di fare commenti sulla mia vita privata davanti a tutti.» La sovrintendente Gervaise alzò una mano. «Aspetti un attimo prima di andare oltre. Che cosa ho detto di preciso che l'ha seccata tanto?» «Sa benissimo cosa ha detto, signora.» «Sembra proprio che non riusciamo a partire con il piede giusto io e lei, vero?» «Ha detto che non aveva alcuna voglia di discutere delle abitudini sessuali della gente, tanto meno con me.» «Queste riunioni non sono forum per le discussioni, ispettore Cabbot. Hanno lo scopo di aggiornare tutti gli interessati sugli sviluppi dell'indagine e di preparare il terreno per ulteriori operazioni e linee investigative. Lo sa questo.» «Eppure lei mi ha deliberatamente insultata davanti ai miei colleghi.» La sovrintendente Gervaise la trattò come avrebbe fatto con una scolaretta particolarmente molesta. «Be', visto che siamo in argomento» disse «il suo passato è stato un tantino burrascoso, non è vero?» Annie non rispose. «Lasci che le rinfreschi la memoria. Non erano passati neanche cinque minuti da quando aveva messo piede nel North Yorkshire che già si era infilata nel letto dell'ispettore capo Banks. E lasci anche che le ricordi che fare amicizia con i colleghi è decisamente sconsigliato e che le relazioni fra un sergente investigativo, quello che era lei all'epoca, e un ispettore capo sono piene di rischi, come di sicuro si sarà accorta. Era un suo superiore. Che diavolo le è saltato in mente?» Annie sentì il cuore martellarle nel petto. «La mia vita privata è affar mio.» «Lei non è una donna stupida» riprese la sovrintendente Gervaise. «Commettiamo tutti degli errori e di rado questi sono fatali.» Fece una pausa. «Ma il suo ultimo errore lo è stato, non crede? Il suo ultimo errore per poco non costava la vita all'ispettore capo Banks.» «All'epoca non c'era niente fra noi» ribatté Annie, consapevole di quanto fosse debole quella risposta nel momento stesso in cui la pronunciava. «Lo so.» La Gervaise scrollò il capo. «Ispettore Cabbot, non so proprio
come abbia fatto a rimanere qui tanto a lungo, per non parlare di come abbia fatto a essere promossa ispettore così in fretta, tanto per cominciare. Al tempo doveva esserci un clima di indulgenza generale da queste parti. O forse l'ispettore capo Banks aveva una certa influenza sul vicecapo della polizia?» A quell'oltraggio Annie sentì che il cuore stava per esploderle, ma una calma inaspettata si impadronì di lei, dapprima sconcertante, come se il sangue le si fosse gelato nelle vene e la sua sensibilità fosse diminuita. Poi si sentì scaldare un poco e raggiunse un diverso stato di serenità. Indifferenza totale. Qualunque cosa la sovrintendente Gervaise pensasse, dicesse o facesse, non le importava. Annie teneva molto alla sua carriera, ma c'erano alcune cose che per niente e nessuno al mondo avrebbe sopportato e quella consapevolezza la faceva sentire libera. Per poco non sorrise. La Gervaise doveva aver avvertito qualche cambiamento nell'aria, perché c'era una nuova tensione nella sua voce adesso, poiché aveva visto che non stava ottenendo da Annie la reazione sperata. «Comunque, in caso non lo avesse notato, le cose sono cambiate qui, ormai. Non ho intenzione di incoraggiare le relazioni sentimentali fra i miei agenti. Causano distrazioni e creano i presupposti per ogni genere di errori e di difficoltà future, come lei ha già sperimentato. Quanto al futuro, le consiglio caldamente di interrompere la sua relazione con l'ispettore capo Banks.» La Gervaise era davvero convinta che Annie e Banks fossero tornati insieme? Perché? Glielo aveva detto qualcuno? Solo pochi istanti prima, a quelle parole, Annie sarebbe balzata in piedi e avrebbe strozzato la Gervaise, ma adesso le mandò giù in tutta serenità. La sovrintendente sapeva anche che Banks aveva bevuto una pinta di birra al Cross Keys la sera dell'omicidio. Chi glielo aveva raccontato? C'era una spia in mezzo a loro? Annie non reagì. «Ispettore Cabbot?» «Scusi» disse Annie. «Ero a chilometri di distanza.» «È davvero poco serio da parte sua. Viene qui come una furia per dirmi che non sto facendo bene il mio lavoro e non appena le dimostro che ha torto si mette a sognare a occhi aperti?» «Non è così» replicò Annie. «Abbiamo finito?» «No finché non lo dico io.» «Signora...» «Quest'altra faccenda. Kelly Soames.»
«Non è un'altra faccenda» osservò Annie. «È tutto collegato.» «Che vuole dire?» «Io ho difeso le abitudini sessuali di Kelly Soames, così lei ha attaccato le mie. È collegato.» «Credevo che avessimo già chiarito la cosa.» «Senta, lei vuole che io sottoponga quella povera ragazza a un vero e proprio tormento, rivelando al padre che ha avuto una relazione sessuale con Nick Barber, mentre io le avevo dato la mia parola che questo non sarebbe accaduto.» «Non spettava a lei assicurarle una cosa simile.» «Lo so bene. Tuttavia, non può biasimarmi solo perché voglio mantenere la parola data.» «Per quanto questo sia ammirevole, la cosa non è fattibile. Questo lavoro non consiste nel salvaguardare la propria coscienza e nel mantenere le promesse. Voglio che quella ragazza venga messa di fronte all'accaduto con il padre presente e, se non sarà lei a farlo, incaricherò qualcun altro.» «È forse una sadica o qualcosa del genere?» La Gervaise strinse le labbra in un perfido sorriso. «Sono un'investigatrice professionista che svolge il suo lavoro» replicò. «Una cosa che lei dovrebbe cominciare a prendere un po' più sul serio. La solidarietà nei confronti della vittima va benissimo, ma si ricordi che la vittima qui è Nicholas Barber e non Kelly Soames.» «Non ancora» ribatté Annie. «L'insubordinazione non la porterà da nessuna parte.» «No, ma mi fa sentire bene.» Annie si alzò per andarsene. «È ovvio che è del tutto inutile continuare a parlare con lei, perciò se sta pensando di prendere provvedimenti contro di me lo faccia pure. Non me ne frega un cazzo.» La Gervaise spalancò la bocca. «Che cosa ha detto?» Annie si incamminò verso la porta. «Mi ha sentita» disse. «D'accordo» ribatté la sovrintendente Gervaise. «La metterò a leggere le deposizioni, a partire da questo momento. E mandi qui il sergente Templeton.» «Sì, signora» replicò Annie e si chiuse con delicatezza la porta alle spalle, quando se ne andò. Templeton. Adesso era tutto chiaro. Domenica, 21 settembre 1969
Chadwick entrò in azione con la squadra di Springfield Mount, perché era quella la casa in cui Yvonne era stata avvicinata da McGarrity. Nello stesso momento altre due squadre, sempre con un mandato di perquisizione, effettuarono due irruzioni rispettivamente a Bayswater Terrace e Carberry Place. Aspettarono che passasse la mezzanotte, ora in cui Yvonne dormiva sodo. Poiché se avessero annunciato il loro arrivo probabilmente gli abitanti delle tre case avrebbero buttato tutta la droga nello scarico del water, furono autorizzati a entrare con la forza. Le strade erano deserte, quasi tutte le case erano buie, a parte la sporadica luce di qualche insonne o di qualche studente che rimaneva sveglio per studiare; la luce ambrata dei lampioni si rifletteva con un luccichio sui marciapiedi e sull'asfalto bagnati di pioggia. Proprio dall'altra parte di Springfield Mount c'era un parco dalla forma triangolare, incuneato fra due strade che si congiungevano e che veniva chiuso durante la notte. In fondo alla strada, sul marciapiede opposto, si stagliava la scuola secondaria locale, immersa nell'oscurità a quell'ora, con il suo campanile e le sue alte finestre. L'auto civetta della polizia accostò alla fine della strada, dietro un'auto di pattuglia. C'erano cinque agenti in tutto: Chadwick, Bradley e tre poliziotti in divisa, uno dei quali avrebbe sorvegliato il retro della casa. Geoff Broome comandava la squadra di Carberry Place e il suo collega, Martin Young, dirigeva l'irruzione a Bayswater Terrace. Non si aspettavano di incontrare alcun tipo di resistenza o di problemi, tranne forse che da McGarrity, se questi aveva il coltello. Chadwick sentiva la musica arrivare dal soggiorno e vide la luce delle candele che tremolava dietro le tende. Bene, qualcuno era in casa. L'elemento sorpresa era fondamentale in quel caso. Quando tutti furono in posizione, Chadwick fece un cenno al poliziotto con l'ariete e un solo colpo fu sufficiente a rompere la serratura e a far spalancare con violenza la porta. Come d'accordo, i due poliziotti in divisa si precipitarono di sopra per controllare il piano superiore, mentre Chadwick e Bradley entrarono nel soggiorno. L'agente di guardia sul retro si sarebbe occupato della cucina. Nel soggiorno Chadwick trovò tre persone sdraiate per terra in uno stato di semincoscienza indotta dalla marijuana, a giudicare dall'odore che nemmeno i due bastoncini di incenso che bruciavano riuscivano a mascherare. Le fiamme delle candele tremolavano e il terribile suono di una chitarra elettrica usciva dal mangianastri come un lamento. Sembrava un canguro a cui facevano male i testicoli, pensò Chadwick.
Il loro arrivo non sembrava aver interrotto chissà quale profonda conversazione, anzi, a dire il vero pareva che non ci fosse nessuna conversazione in atto, poiché sembravano tutti incapaci di parlare e soltanto uno riuscì a biascicare «Ma che cazzo...?» prima che Chadwick annunciasse chi era e dicesse loro che la polizia era lì per cercare della droga e un coltello che poteva essere stato usato per commettere un omicidio. Bradley accese la luce elettrica e spense il mangianastri. La situazione non sembrava tanto disastrosa, realizzò Chadwick sorpreso, non come si aspettava, solo tre capelloni fatti e trasandati che poltrivano ascoltando quella che veniva fatta passare per musica. Non c'era nessuna orgia; nessuno andava in giro nudo, nessuno si masturbava sul pavimento e nessuno commetteva scandalosi atti sessuali. Poi vide la copertina del disco appoggiata alla parete. Ritraeva una ragazza con i capelli fulvi, lunghi e mossi, e le labbra carnose e rosse. Era nuda dall'ombelico in su e non poteva avere più di undici o dodici anni. Fra le mani stringeva con delicatezza il modellino cromato di un aeroplano. Ma con che razza di pervertiti aveva a che fare?, si domandò Chadwick. E uno di loro se la faceva con sua figlia. Era lì che si sarebbe trovata Yvonne quella sera, se McGarrity non l'avesse fatta fuggire per la paura. Era quello che avrebbe fatto. Era già stata altre volte in quella casa, aveva fatto quelle cose e il solo pensiero lo fece rabbrividire. Bradley prese i loro nomi: Steve Morrison, Todd Crowley e Jacqueline McNeil. Sembravano tutti abbastanza mansueti e confusi. Chadwick portò Steve in un angolo della stanza e lo afferrò con forza per il colletto della camicia. «Comunque vada a finire» sibilò «voglio che non frequenti più mia figlia. Intesi?» Steve impallidì. «Chi? Chi non devo più frequentare?» «Si chiama Yvonne. Yvonne Chadwick.» «Merda, non sapevo che lei...» «Stai alla larga da lei. Okay?» Steve annuì e Chadwick lo lasciò andare. «Bene» disse e si girò verso gli altri. «Dov'è McGarrity?» «Chi lo sa» rispose Todd Crowley. «Era qui poco fa. Magari è di sopra.» «Che stavate facendo?» «Niente. Ascoltavamo solo un po' di musica.» Chadwick indicò la copertina del disco. «Dove avete preso quella porcheria?» «Cosa?»
«La bambina nuda. Vi rendete conto che potremmo anche perseguirvi in base alla legge contro le pubblicazioni oscene, vero?» «Quella è arte, amico» protestò Crowley. «Si può comprare in qualunque negozio di dischi. L'oscenità è qualcosa di soggettivo.» C'erano giornali e carte unte di fish & chips per terra, accanto ad alcune bottiglie di birra vuote. Bradley si avvicinò al posacenere ed estrasse i mozziconi di diverse sigarette rollate a mano, che dall'odore identificò come un misto di tabacco e hashish. Quello era di per sé sufficiente ad accusarli di possesso di stupefacenti. Che diavolo ci trovava Yvonne in quel postaccio? Perché andava lì? La sua vita a casa era tanto tremenda? Era davvero così smaniosa di fuggire da lui e da Janet? Ma era inutile tentare di capire. Come aveva detto Enderby, probabilmente era tutta una questione di libertà. Chadwick udì i rumori di una breve zuffa arrivare dal piano di sopra e poi un colpo violento, seguito da una serie di forti tonfi che si facevano sempre più vicini. Quando arrivò ai piedi delle scale, vide i due poliziotti in divisa, uno dei quali senza cappello, che tenevano per le braccia un uomo, che si dimenava per alzarsi. «Si rifiutava di seguirci, signore» spiegò uno dei due agenti. Sembrava che lo avessero preso per le braccia e lo avessero trascinato giù per le scale all'indietro, il che non doveva avergli causato troppi danni a parte quelli alla dignità e forse all'osso sacro. Chadwick restò a guardare mentre l'indisciplinato personaggio vestito di nero, con i capelli flosci e scuri e il volto butterato, si alzava in piedi e si toglieva la polvere di dosso, il sorrisetto arrogante di nuovo stampato sulla faccia, se mai se n'era andato. «Bene, bene, bene» disse. «McGarrity, presumo. Voglio fare quattro chiacchiere con te.» Il pub preferito di Enderby, a due passi da lì, era come casa sua: confortevole e ordinario. Era un edificio relativamente nuovo, di fine anni Sessanta, a giudicare dalla forma bassa e tozza e dalle grandi finestre panoramiche che si affacciavano sul mare. La cosa positiva, secondo Banks, era che a quell'ora del pomeriggio era praticamente vuoto e spillavano la Tetley's maturata in fusto. Una pinta non gli avrebbe fatto alcun male, decise, mentre prendeva le bevande al bancone e le portava al tavolo. Enderby lo guardò. «Sapevo che la sua risolutezza sarebbe scemata.» «Succede spesso» ammise Banks. «Bella vista.»
Enderby bevve un sorso di birra. «Mmh.» La finestra guardava sullo scintillante Mare del Nord, punteggiato qua e là di barche da pesca e motopescherecci. Whitby era ancora una fiorente cittadina di mare, si rammentò Banks, anche se l'industria baleniera su cui aveva prosperato si era estinta da tempo. Il capitano Cook aveva cominciato la sua navigazione da Whitby e la sua statua si ergeva sulla West Cliff, accanto alla mascella di una balena. «Quando è avvenuto questo vero omicidio?» domandò Banks. «Nel settembre dell'anno prima. Nel 1969. Cristo, Banks, lei mi sta facendo fare un bel viaggio sulla strada dei ricordi, oggi. Erano anni che non pensavo a quella vicenda.» Banks ne sapeva qualcosa della strada dei ricordi, dato che non molto tempo prima aveva indagato sulla scomparsa di un suo vecchio compagno di scuola, il cui corpo era stato dissotterrato in un campo alla periferia di Peterborough. Da quando aveva cominciato a invecchiare, a volte gli sembrava che il passato finisse col travolgere il presente. «Chi era la vittima?» «Una donna, una ragazza, in realtà, di nome Linda Lofthouse. Bella ragazza. Buffo, riesco ancora a vederla sdraiata lì, coperta per metà dal sacco a pelo. Indossava un vestito bianco e aveva un fiore dipinto sul viso. Un fiordaliso. Aveva un'aria così serena. Era morta, è ovvio. Qualcuno l'aveva afferrata da dietro e l'aveva accoltellata con tanta ferocia che le aveva tagliato un pezzo di cuore.» Fu scosso da un leggero fremito. «In che modo Swainsview Lodge era collegato a tutto questo?» «Ci arrivo subito. L'omicidio ebbe a un festival di musica rock tenutosi a Brimleigh Glen. Il corpo fu ritrovato sul campo da uno dei volontari che ripulivano il sito alla fine del concerto. Le prove mostravano che era stata uccisa nell'adiacente bosco di Brimleigh e in seguito spostata. Lo scopo era quello di far sembrare che fosse stata uccisa sul campo.» «Conosco Brimleigh Glen» disse Banks. Ci aveva portato la moglie Sandra e i bambini, Brian e Tracy, a fare dei picnic, poco dopo che si erano trasferiti a Eastvale. «Ma non so nulla del festival.» «Forse perché era troppo giovane all'epoca» disse Enderby. «Primo weekend di settembre, 1969. Non molto tempo dopo Woodstock e il festival dell'Isola di Wight. Non era uno dei più importanti. È stato eclissato dagli altri. Ed è stato anche l'unico che hanno organizzato lì.» «Chi suonava?» «I nomi più importanti al tempo erano i Led Zeppelin, i Pink Floyd e i
Fleetwood Mac. Gli altri? Forse si ricorderà dei Family, dell'Incredible String Band, di Roy Harper, dei Blodwyn Pig, dei Colosseum, dei Liverpool Scene, degli Edgar Broughton eccetera. La solita formazione da festival di fine anni Sessanta.» Banks conosceva tutti quei nomi, aveva persino alcuni dei loro CD, o almeno una volta li aveva. Avrebbe dovuto impegnarsi di più per ricostruire la sua collezione, invece di comprare roba nuova o ripubblicazioni recenti. Doveva prendere nota ogni volta che si accorgeva della mancanza di qualcosa che un tempo possedeva. «In che modo erano coinvolti i Mad Hatters?» chiese. «Erano una delle band locali che si esibivano lì, insieme ai Jan Dukes de Grey. Gli Hatters stavano diventando famosi proprio in quel periodo, alla fine del 1969, e quella per loro fu una serata di importanza fondamentale.» «Ha seguito la loro carriera da allora in poi?» Enderby sollevò il bicchiere. «Certo. All'epoca preferivo il blues... anche adesso, a dire la verità... ma ho tutti i loro dischi. Insomma, li avevo incontrati di persona e mi ero fatto autografare un album. È stata una cosa molto emozionante. Anche se non ho potuto tenerlo.» Sorrise a quel ricordo lontano. «Perché non ha potuto tenerlo?» «L'ispettore Chadwick lo prese per regalarlo alla figlia. Buon Dio, "Chiller" Chadwick. Non pensavo a lui da anni. Era freddo e duro come un ghiacciolo, quel bastardo. Uno scozzese tutto d'un pezzo, ex combattente dell'esercito, spietato. Uno della vecchia scuola, sa, molto attento ai dettagli. Sempre impeccabile nell'abbigliamento. Ti potevi specchiare sulle sue scarpe. Questo genere di cose. Io purtroppo ero una specie di ribelle in quel periodo. Portavo i capelli lunghi fino al bavero della giacca. A lui non piacevano per niente. Un bravo investigatore, però. Ho imparato parecchio da Chiller Chadwick. E mi chiese scusa per il disco, gliene do atto.» «Che ne è stato di lui?» «Non ne ho idea. In pensione, suppongo. Forse è morto, ormai. Aveva diversi anni più di me. Aveva combattuto in guerra. Ed era del West Yorkshire, di Leeds. Pensavano che quassù non avessimo nessuno che fosse tanto in gamba da poter risolvere un caso di omicidio, e forse non avevano tutti i torti. Comunque, so che ha avuto qualche problema con la figlia e questo ha influito negativamente sulla sua salute.» «Che tipo di problema?» «Non lo so. Era andata a stare da qualche parente. Io non l'ho mai incon-
trata. Ma credo che fosse una ragazzina un po' turbolenta e lui non lo tollerava. Sa com'erano certi ragazzini a quei tempi: fumavano marijuana, calavano pasticche di acido, andavano a letto con chiunque. In ogni caso, di qualunque cosa si trattasse, lui ha tenuto l'acqua in bocca. Dovrebbe parlare con il suo autista, se è ancora nei paraggi.» «Chi è?» «Un giovanotto di nome Bradley. Simon Bradley. All'epoca era un agente investigativo, l'autista di Chiller. Ma adesso, chissà? Magari è diventato capo della polizia.» «Perché dice così?» «Era un po' un leccaculo. Quelli fanno sempre strada, non trova?» «Qual è il nome di battesimo di Chadwick?» «Stanley.» Banks pensava che Templeton o Winsome sarebbero stati in grado di rintracciare Simon Bradley abbastanza facilmente e se c'era di mezzo Leeds avrebbe potuto ottenere l'aiuto dell'ispettore Ken Blackstone per scoprire qualcosa sul conto di Chadwick. Offrì un'altra birra a Enderby e quello l'accettò. Il bicchiere di Banks, per fortuna, era ancora mezzo pieno. «Suppongo che questo caso di omicidio sia stato risolto» disse Banks, dopo essere tornato con la birra. «Oh, sì. Lo abbiamo preso, tutto a posto.» «Quindi in che modo i Mad Hatters e Swainsview Lodge erano coinvolti?» «Oh, sì, mi ero dimenticato. Be', Vic Greaves era cugino della vittima e aveva fatto in modo che lei e l'amica ricevessero i pass per andare dietro le quinte il giorno del festival. L'ultima sera, mentre era dietro le quinte, durante l'esibizione dei Led Zeppelin, questa cugina, Linda Lofthouse, decise di fare una passeggiata nel bosco da sola. È lì che fu uccisa.» «Un delitto a sfondo sessuale?» «Non l'avevano stuprata, se è questo che intende. Ma fu ritrovato dello sperma sulla parte posteriore del suo vestito, perciò quello che aveva fatto evidentemente doveva aver procurato un certo piacere all'assassino. Lo sperma conteneva gli antigeni del suo gruppo sanguigno. Ma era un gruppo abbastanza comune, badi bene. Gruppo A, se non vado errato, lo stesso della vittima. Non esistevano le analisi del DNA e tutta la tecnologia di lusso che la Scientifica possiede oggi, perciò dovevamo fare affidamento sul buon vecchio lavoro da poliziotto.» «Avete ritrovato l'arma del delitto?»
«Alla fine sì. Con tanto di tracce di sangue del gruppo A e impronte dell'assassino.» «Molto comodo. Ma quello avrebbe potuto obiettare che era il suo sangue. Era il suo coltello, dopotutto.» «Avrebbe potuto, ma non lo ha fatto. I nostri uomini della Scientifica erano in gamba. Avevano trovato anche residui di fibra bianca e un filo di cotone macchiato di sangue incastrato fra la lama e l'impugnatura. Queste cose furono collegate al vestito della vittima. Su questo non c'era alcun dubbio. Il sangue di per sé era sufficiente.» «Sembra che il caso sia stato risolto senza problemi.» «È così. Gliel'ho detto. Comunque, circa una settimana dopo, i Mad Hatters erano a Swainsview a fare le prove per il tour e quella è stata la prima volta che sono andato lì e li ho incontrati.» «Mi dica qualcosa di più sulle persone in questione.» «Be', Vic Greaves era matto da legare, su questo non ci piove. Quando cercammo di parlare con lui a Swainsview Lodge non connetteva proprio. Sa, continuava a ripetere cose del tipo "Se oggi vai nel bosco...". Il picnic degli orsacchiotti, si ricorda?» Banks se lo ricordava. Ne aveva sentito anche un'altra versione di recente, quando Vic Greaves gli aveva detto: «Vic oggi è andato nel bosco». Una coincidenza? Doveva scoprirlo. Greaves non era sembrato molto in grado di connettere neanche durante la loro chiacchierata a Lyndgarth qualche giorno prima. «Era sotto l'effetto della droga al tempo?» domandò Banks. «Di sicuro aveva preso qualcosa. La maggior parte delle persone che gli erano vicine diceva che mandava giù pasticche di LSD come se fossero caramelle. Probabilmente era vero.» «Che mi dice degli altri?» «Gli altri non erano tanto male. Adrian Pritchard, il batterista, era un tipo un po' selvaggio, sa, distruggeva le camere d'albergo quando erano in tour, partecipava alle risse, cose di questo genere, ma poi si è calmato. Poi c'era Reg Cooper, be', lui era un tipo taciturno. È diventato uno dei più bravi e stimati chitarristi del giro. Scriveva anche magnifiche canzoni; insieme a Terry Watson, prima voce e chitarra ritmica, ha portato il gruppo in una direzione più pop. Robin Merchant mi è sempre sembrato il più sveglio della combriccola, però. Era istruito, colto, eloquente, ma aveva gusti un po' strambi; si interessava a tutta quella roba occultistica: la magia, i tarocchi, l'astrologia, Aleister Crowley, Carlos Castaneda. Ma allora erano in
molti a farlo.» «Che mi dice di Chris Adams?» «Mi diede l'impressione di essere un ragazzo abbastanza in gamba, tutte e due le volte in cui lo incontrai. Un po' più con la testa sulle spalle rispetto agli altri, ma faceva sempre parte dell'élite, se capisce cosa intendo.» «Facevano tutti uso di droga?» «Fumavano tutti parecchia erba e prendevano gli acidi. Robin Merchant faceva largo uso di mandies, evidentemente, e in seguito sia Reg Cooper che Terry Watson hanno avuto problemi con la cocaina e con l'eroina, ma adesso sono puliti, che io sappia, da anni. Di Chris Adams non sono tanto sicuro. Non credo che avesse il vizio come gli altri. Forse doveva mantenere una certa lucidità, dato tutto il lavoro di organizzazione che un manager deve fare.» «Credo di sì» concordò Banks. «Siete ancora in contatto?» «Oh, Signore, no. Non si ricorderanno affatto di me. Di quell'investigatore maldestro e intimorito che andava in giro a fare domande seccanti? Non mi riconobbero nemmeno quando sono andato lì la seconda volta, per la morte di Robin Merchant. Ma ho cercato di seguire la loro carriera. In genere si fa quando si conosce di persona qualcuno così famoso, non crede? Sono riuscito a incontrare anche i Pink Floyd, lo sa? E i Nice. Roy Harper, anche. Ecco, lui era davvero bruciato. Oggi quasi tutti i membri dei Mad Hatters vivono a Los Angeles. Tranne Tania, credo.» «Tania Hutchison? La cantante che hanno preso dopo che Merchant è morto e Vic Greaves se n'è andato?» «Sì. Bella ragazza. Davvero straordinaria.» Banks si ricordò di quando agli inizi degli anni Settanta sbavava per Tania Hutchison ogni volta che la vedeva a The Old Grey Whistle Test. Ogni ragazzo lo faceva. «Mi pare di aver letto che abita nell'Oxfordshire o da quelle parti» disse Banks. «Sì, nella proverbiale villa di campagna. Be', può permettersela.» «Davvero l'ha incontrata? Credevo che fosse comparsa sulla scena solo successivamente, dopo tutto quel casino di Merchant e di Greaves.» «Più o meno. Vede, lei era la ragazza del manager a quei tempi. Chris Adams. Era con lui quando andammo a indagare sull'annegamento di Robin Merchant. Erano a letto insieme in quel momento. La interrogai la mattina seguente. Non aveva un aspetto fantastico, certo, aveva l'aria provata, ma faceva comunque sfigurare tutte le altre.» «Quindi Tania e Chris Adams si fornirono un alibi a vicenda?»
«Sì.» «E voi non avevate nessun motivo per non crederci?» «Come ho già detto, non avevo nessun motivo per non credere all'alibi di chiunque di loro.» «Da quanto tempo Tania conosceva Adams e il resto del gruppo?» «Non posso dirlo con esattezza, ma li bazzicava già prima che Merchant morisse» rispose Enderby. «So che era al festival di Brimleigh con Linda Lofthouse. Erano amiche. Suppongo che abbia conosciuto lì Adams. Lei e Linda abitavano a Londra. A Notting Hill. In pratica erano coinquiline. E poi suonavano e cantavano insieme nei locali della zona. Musica folk.» «Interessante» commentò Banks. «Dovrò indagare un po' sulla vicenda di questa Linda Lofthouse.» «Be', è stato un omicidio, ma non nasconde nessun mistero.» «Oh, non si può mai dire» replicò Banks. «E poi c'è ancora da risolvere una piccola questione, ossia chi ha ucciso Nick Barber e perché.» Domenica, 21 settembre 1969 Chadwick capì fin dall'inizio che McGarrity non era come gli altri, i quali erano stati obbligati a comparire davanti a un giudice la mattina seguente. No, McGarrity era tutto un altro paio di maniche. Tanto per cominciare, come Rick Hayes, era più vecchio degli altri. Forse sui trenta o trentacinque anni, pensava Chadwick. Aveva anche l'inconfondibile scaltrezza di un criminale abituale e un pallore che, come l'esperienza aveva insegnato a Chadwick, si acquisiva soltanto trascorrendo un po' di tempo in prigione. Aveva un che di furtivo dietro il sorrisetto compiaciuto e un'indifferenza dentro gli occhi che faceva scattare segnali di allarme. Proprio il genere di svitato che avrebbe potuto uccidere Linda Lofthouse, immaginò Chadwick. Adesso tutto quello che gli serviva erano una confessione e qualche prova. Erano seduti in una desolata stanza senza finestre che puzzava del sudore e della paura di altri uomini, il soffitto ricoperto da una patina marroncino-giallastra prodotta da anni e anni di fumo di sigaretta. Sulla scrivania di legno graffiato che li separava c'era un posacenere verde di latta, sporco e ammaccato, con sopra il logo della birra Tetley's. L'agente Bradley era seduto in un angolo, alla sinistra di McGarrity, ma più indietro rispetto a lui, e prendeva appunti. Chadwick aveva intenzione di condurre da solo quell'interrogatorio preliminare, ma se avesse incontrato una resistenza
troppo ostinata, più tardi avrebbe chiamato qualcuno per farsi aiutare a vincere l'ostilità del sospettato. Aveva funzionato prima di allora e avrebbe funzionato anche quella volta, ne era certo, anche con un tipo dall'aria sfuggente come McGarrity. «Nome?» chiese alla fine. «Patrick McGarrity.» «Data di nascita?» «Sei gennaio 1936. Sono capricorno.» «Buon per te. Mai stato in carcere, Patrick?» McGarrity si limitò a fissarlo. «Non ti preoccupare» disse Chadwick. «Lo scopriremo comunque, in un modo o nell'altro. Sai perché sei qui?» «Perché voi bastardi avete sfondato la porta nel cuore della notte e mi ci avete portato.» «Buona intuizione. Suppongo che tu sappia che abbiamo trovato della droga a casa tua.» McGarrity scrollò le spalle. «Io non c'entro niente.» «A dire il vero» replicò Chadwick «qualcosa c'entri. I miei agenti hanno trovato una notevole quantità di resina di canapa indiana nella stessa stanza in cui hanno trovato te addormentato. Più di cinquanta grammi. Abbastanza per accusarti di spaccio.» «Non era mia. Non era nemmeno la mia stanza quella. Ci stavo solo passando la notte.» «Qual è il tuo indirizzo?» «Sono uno spirito libero. Vado dove mi va di andare.» «Senza fissa dimora, quindi. Occupazione?» McGarrity emise una secca risata. «Disoccupato. Ricevi il sussidio?» Silenzio. «Suppongo di sì, allora. Altrimenti potrebbero esserci delle accuse in base alla legge anti-vagabondaggio.» McGarrity si appoggiò allo schienale della sedia e accavallò le gambe. I suoi vestiti sembravano vecchi e logori, come quelli di un vagabondo, notò Chadwick, non come gli abiti alla moda dai colori sgargianti che indossavano gli altri. E tutto quello che aveva addosso era nero, o quasi. «Senta» disse «perché non la pianta con queste cazzate e non la facciamo finita? Se ha intenzione di accusarmi e rinchiudermi in cella, faccia pure.» «Ogni cosa a suo tempo, Patrick. Ogni cosa a suo tempo. Torniamo
all'hashish. Dove lo hai preso?» «Lo chieda ai porci dei suoi amici. Devono averlo piazzato loro.» «Nessuno ha piazzato niente. Da dove arriva?» «Non lo so.» «Okay. Raccontami di oggi pomeriggio.» «Che vuole sapere?» «Che cosa hai fatto?» «Non mi ricordo. Non molto. Ho letto un libro. Sono andato a fare una passeggiata.» «Ti ricordi di aver ricevuto una visita?» «Non direi.» «Una ragazza.» «No.» A Chadwick facevano male i muscoli per lo sforzo che stava facendo per reprimere la rabbia. Avrebbe voluto lanciarsi dall'altra parte del tavolo e strangolare McGarrity con le sue stesse mani. «Una ragazza che hai terrorizzato e aggredito.» «Non ho fatto niente del genere.» «Vuoi negare il fatto che la ragazza sia stata in quella casa?» «Non mi ricordo di aver visto nessuno.» Chadwick si alzò così in fretta che fece rovesciare la sedia. «Ne ho abbastanza, agente» disse a Bradley. «Lo porti giù e lo metta sotto chiave.» Guardò in cagnesco McGarrity per un secondo prima che se ne andasse e disse: «Parleremo ancora e la prossima volta non sarò così gentile». Fuori, nel corridoio, si appoggiò alla parete e tirò diversi respiri profondi. Il cuore gli batteva in petto come un pistone a vapore e la pelle gli bruciava. Mentre si asciugava la fronte, piano piano la rabbia diminuì. Si sistemò la cravatta e la giacca, quindi si avviò verso il suo ufficio. Capitolo 15 Al sergente investigativo Kevin Templeton piaceva l'ultimo incarico che gli avevano assegnato, ma soprattutto gli piaceva l'idea che Winsome dovesse accompagnarlo come spettatrice. Anche se non era riuscito a concludere niente con Winsome, malgrado i suoi sforzi, la trovava ancora incredibilmente attraente e la vista delle sue cosce sotto la stoffa tesa dei pantaloni gessati gli faceva ancora venire i sudori freddi. Aveva sempre pensato di essere uno di quegli uomini ossessionati dal seno femminile, ma Win-
some aveva sfatato questo mito molto presto. Cercò di non farle notare le occhiate che le rivolgeva mentre lei guidava e l'auto usciva dalla città per immettersi nella strada principale che portava a Lyndgarth. La fattoria si trovava alla fine di un lungo sentiero pieno di fango e, per quanto avessero parcheggiato vicino alla porta, era impossibile non inzaccherarsi tutte le scarpe. «Cristo, c'è una puzza del diavolo qui, non è vero?» si lagnò Templeton. «È un'aia» ribatté Winsome. «Sì, lo so anch'io. Senti, lascia fare a me le domande, d'accordo? Tu tieni bene d'occhio il padre, okay?» Templeton saltellò su un piede solo vicino alla porta e cercò di togliere un po' di fango dal suo paio migliore di scarpe da ginnastica Converse. «C'è un pulisciscarpe» lo informò Winsome. «Cosa?» Glielo indicò. «Quel pezzo di metallo sporgente, accanto alla porta. Serve a togliere il fango dalla suola delle scarpe.» «Be', l'esperienza insegna» commentò Templeton e fece un tentativo con il pulisciscarpe. «Chissà cos'altro inventeranno.» «Questo lo hanno inventato un sacco di tempo fa» gli fece notare Winsome. «Lo so. Era una battuta sarcastica.» «Sì, signore.» Nelle vicinanze un cane ringhiava e abbaiava come se fosse pronto a uccidere, ma per fortuna era legato a un palo con una catena. Templeton lanciò un'occhiata a Winsome. «Non c'è bisogno che sia sarcastica anche tu. Non credere che non abbia capito il tono in cui l'hai detto. Ti è chiaro il modo in cui la sovrintendente vuole che ci muoviamo?» «Diciamo di sì.» Templeton strinse gli occhi. «Devo forse pensare che non...» Ma prima che potesse terminare la frase, la porta di aprì e comparve Calvin Soames. «Polizia, vero?» disse. «Che cosa volete stavolta?» «Siamo qui solo per chiarire un paio di cose, signor Soames» rispose Templeton, sfoggiando il suo sorriso migliore e porgendogli la mano. Soames la ignorò. «Sua figlia è in casa?» Soames grugnì. «Va bene se entriamo?» «Pulitevi i piedi.» Detto ciò, tornò nell'oscurità e li abbandonò a loro stessi.
Dopo essersi puliti ulteriormente i piedi su uno zerbino ispido, lo seguirono dentro i meandri della casa e lo sentirono gridare: «Kelly! È per te». La ragazza scese al piano di sotto e dal suo viso trasparì la delusione quando vide Templeton e Winsome impalati nel corridoio. «È meglio che andiamo di là» disse e li guidò nella cucina, che era un tantino più luminosa e odorava di candeggina e di banane troppo mature. Un gatto bianco e nero si alzò con aria pigra, saltò giù dalla sedia e uscì furtivo dalla stanza. Si sedettero tutti intorno al tavolo su delle robuste sedie dallo schienale rigido. Calvin Soames borbottò qualcosa riguardo al lavoro e fece per andare fuori, ma Templeton lo richiamò. «Riguarda anche lei, signor Soames» disse. «La prego, si sieda.» Soames esitò un istante, quindi obbedì. «Cosa c'è ancora?» chiese Kelly. «Vi ho già detto tutto.» «Be', è proprio questo il punto, vedi» replicò Templeton. «Siccome siamo degli investigatori molto diffidenti, non accettiamo mai le cose per quello che sembrano, non ci accontentiamo della prima impressione. Sai come si dice, le apparenze spesso ingannano. C'è qualche speranza di avere una tazza di tè?» «Metto a bollire dell'acqua» replicò Kelly. Era davvero in forma, pensò Templeton, mentre la guardava dirigersi verso i fornelli con un leggerissimo dondolio dei fianchi, che erano racchiusi in un paio di jeans attillati. Aveva la vita sottile come uno spillo e all'ombelico aveva un piercing di ambra nera, che creava un bel contrasto con la pelle chiara. I capelli biondi erano legati dietro la testa, ma alcune ciocche erano sfuggite e le incorniciavano il pallido viso ovale. I seni si muovevano in modo seducente sotto la corta maglietta gialla e Templeton ipotizzò che non portasse il reggiseno. Tipo fortunato, quel Barber, pensò Templeton. Se l'ultima cosa che aveva fatto prima di morire era stata scoparsi Kelly Soames, allora non doveva essere stato tanto doloroso andarsene. Cominciò a chiedersi se, una volta risolta del tutto la faccenda, avrebbe avuto qualche chance anche lui. Quando il tè fu servito, Winsome tirò fuori il taccuino e Templeton si appoggiò allo schienale della sedia. «Bene» disse. «Iniziamo da lei, signor Soames. È tornato qui verso le sette, venerdì sera. Giusto?» «Sì.» «Per controllare se aveva spento il fornello?» «A volte la fiamma è talmente bassa quando è acceso» spiegò l'uomo «che basterebbe un soffio a farla spegnere. Un paio di volte mi è capitato
di tornare a casa e di sentire puzza di gas. Ho pensato che fosse meglio venire a vedere, dato che non abito molto lontano dal Cross Keys.» «Più o meno ci vogliono cinque minuti di macchina per venire e cinque per tornare, giusto?» «Più o meno, sì.» «E lei, signorina Soames, ha lavorato al Cross Keys tutta la sera, vero?» Kelly si mordicchiò il pollice e annuì. «Da quanto tempo lavora lì?» «Sono due anni ormai. Non c'è molto altro da fare da queste parti.» «Ha mai pensato di trasferirsi nella grande città?» Kelly guardò il padre e rispose: «No». «Un bel posto in cui lavorare, il Cross Keys, no?» «Non è male.» «Un buon posto per conoscere i ragazzi?» «Non capisco cosa vuole dire.» «Oh, coraggio, Kelly. Lei è una barista. Incontrerà di sicuro un bel po' di uomini che cercano di agganciarla, una bella ragazza come lei.» Kelly arrossì e Templeton notò la parvenza di un sorriso sul suo viso. Chissà, forse dopotutto aveva qualche chance. Mentre Calvin Soames stava a guardare, l'espressione corrucciata che aveva sul volto fu accentuata da una serie di rughe all'attaccatura del naso. «Le raccontano i loro problemi?» continuò Templeton. «Che le mogli non li capiscono e che sono sprecati a fare il lavoro che fanno?» Kelly alzò le spalle. «Qualche volta» rispose. «Quando non c'è troppo da lavorare.» «Cosa fa per divertirsi?» «Non lo so. Esco con le mie amiche, credo.» «Ma dove va? Da queste parti non c'è molto da fare per una ragazza giovane, non è così? Non sarà molto entusiasmante.» «Vado a Eastvale.» «Oh, sì. Sono certo che le piace passare il sabato sera a Eastvale con i ragazzi, a sentire barzellette sporche, a ubriacarsi e a vomitare l'anima insieme a loro per tutta la piazza del mercato. No, insomma, una ragazza come lei, deve esserci qualcosa di meglio, qualcosa di più. Non è vero?» «A volte ci sono le feste da ballo e i concerti» disse Kelly. «Chi le piace?» «Non so.» «Andiamo, deve pur avere un gruppo preferito.»
La ragazza cambiò posizione sulla sedia. «Davvero, non lo so. I Keane, forse.» «Ah, i Keane.» «Li conosce?» «Li ho sentiti nominare» rispose Templeton. «Nick Barber era un appassionato di gruppi musicali.» Kelly sembrò irrigidirsi di nuovo. «Mi ha detto che gli piaceva la musica» replicò. «Non ha anche detto che avrebbe potuto portarla a tutti i migliori concerti di Londra?» «No. Non sono mai stata a Londra.» Templeton sentì lo sguardo di Winsome perforargli la testa da un lato. La donna aveva le gambe accavallate e una si muoveva a scatti. Era ovvio che non approvava il modo in cui stava prolungando l'interrogatorio per ritardare il momento di gloria. Ma lui si stava divertendo. Si avvicinava al momento cruciale. «Nick Barber le ha promesso che ce l'avrebbe portata?» «No» Kelly scosse il capo, il panico cominciava a trasparire dal suo viso. «Perché avrebbe dovuto?» «Per dimostrarle la sua gratitudine, forse?» Calvin Soames si rabbuiò. «Che cosa sta insinuando, amico?» Templeton lo ignorò. «Allora, Kelly?» «Non so di cosa parla. Ci ho parlato solo al bancone quando ha ordinato da bere. Era carino, gentile. Tutto qua.» «Oh, adesso basta, Kelly» disse Templeton. «Si dà il caso che sappiamo che è stata a letto con lui per ben due volte.» «Cosa...» Calvin Soames fece per alzarsi, ma Templeton lo spinse di nuovo giù sulla sedia, con delicatezza. «La prego, rimanga dov'è, signor Soames.» «Cos'è questa storia?» domandò Soames. «Che cosa succede?» «Mercoledì sera e venerdì pomeriggio» incalzò Templeton. «Un po' di sano sesso pomeridiano.» Kelly stava piangendo adesso e il padre stava diventando viola per la rabbia. «È vero, Kelly?» le chiese. «È vero quello che dice?» Kelly si nascose il viso fra le mani. «Mi sento male» disse fra le dita strette. «È vero?» domandò con insistenza il padre. «Sì! Va bene, maledizione, sì!» urlò e lanciò un'occhiataccia a Temple-
ton. Quindi si rivolse al padre. «Mi ha scopata, papà. Io ho lasciato che mi scopasse. E mi è piaciuto.» «Brutta puttana!» Soames alzò la mano per schiaffeggiarla, ma Winsome l'afferrò prima che potesse colpirla. «Non è una buona idea, signor Soames» disse. Templeton guardò Soames. «Vuole davvero farmi credere che non lo sapeva, signor Soames?» disse. Soames digrignò i denti. «Se lo avessi saputo, avrei... «Cosa avrebbe fatto?» gli chiese Templeton, accostando la faccia a quella di Soames. «Avrebbe pestato sua figlia? Avrebbe ucciso Nick Barber?» «Cosa?» «Ha sentito bene. È questo che ha fatto? Ha scoperto quello che stava combinando Kelly e ha aspettato che tornasse a lavorare dietro il bancone, dopodiché ha trovato una scusa e ha lasciato il pub per qualche minuto. È andato da Barber. Che cosa è accaduto dopo? Barber ha riso di lei? Le ha detto quanto era brava sua figlia? O le ha detto che Kelly non contava niente per lui, che era stata una scopata come tante? Il letto era ancora caldo dopo il loro pomeriggio di passione? Lo ha colpito alla testa con un attizzatoio. Forse non aveva intenzione di ucciderlo. Forse è soltanto scattato qualcosa dentro di lei. Succede. Ma lui era là, morto sul pavimento. È così che è andata, Calvin? Se ce lo dice adesso, le cose si metteranno meglio per lei. Sono certo che qualunque giudice o giuria comprenderebbe la giusta ira di un padre.» Kelly andò barcollando verso il lavandino e arrivò appena in tempo. Winsome le resse la testa, mentre la ragazza vomitava. «Allora?» insistette Templeton. «Ho ragione?» Soames si afflosciò, ormai era solo un uomo vecchio, triste e deluso, tutta la rabbia che aveva in corpo lo aveva abbandonato. «No» rispose in tono piatto. «Io non ho ucciso nessuno. Non avevo idea...» Guardò la figlia chinata sopra il lavandino, gli occhi velati dalle lacrime. «Non fino a questo momento. Tale e quale a sua madre» aggiunse con amarezza. Per un po' nessuno disse nulla. Kelly finì di vomitare e Winsome le versò un bicchiere d'acqua. Si sedettero di nuovo intorno al tavolo. Il padre si rifiutava di guardarla. Alla fine, Templeton si alzò. «Bene, signor Soames» disse. «Se cambia idea, sa come mettersi in contatto con noi. E nel frattempo, come dicono nei film, non lasci la città.» Puntò un dito verso Kelly. «E nemmeno tu, signorina.» Ma nessuno lo stava guardando né si stava curando di lui. Ognuno di lo-
ro era perso nel proprio mondo di tristezza, dolore e tradimento. Sarebbe passato tutto, però, Templeton lo sapeva, e lui avrebbe visto Kelly Soames in circostanze migliori, ne era convinto. Una volta arrivati all'auto parcheggiata fuori, dopo aver fatto di tutto per evitare pozzanghere e fango, Templeton si girò verso Winsome, si sfregò le mani e disse: «Be', mi sembra che sia andata piuttosto bene. Che ne dici, Winsome? Secondo te lo sapeva?». Banks aveva una gran quantità di informazioni da assimilare, pensò, mentre parcheggiava vicino al supermercato che si trovava nella zona più interna del porto e si incamminava verso i negozi e i ristoranti della West Cliff. Oltrepassò una ricostruzione della Grand Turk, la nave di Sua Maestà nera e gialla che era stata usata nella serie televisiva Hornblower, e restò per un attimo ad ammirare le vele e il sartiame. Che esistenza infernale doveva essere la vita in mare a quei tempi, pensò. Forse non era così male se eri un ufficiale, ma per un semplice marinaio: il cibo cattivo e infestato dai vermi, le fustigazioni, le terribili ferite dopo le battaglie, i macellai che si facevano passare per chirurghi. Certo, gran parte delle idee se le era fatte guardando Hornblower e Master and Commander, ma entrambi gli erano sembrati abbastanza accurati nelle descrizioni e, se non lo erano stati, lui non avrebbe potuto saperlo. Quando ripensò a quello che gli aveva appena detto Keith Enderby, si rese conto che forse abitava anche lui a Notting Hill nel periodo in cui ci abitavano Linda Lofthouse e Tania Hutchison. Era certo che se avesse visto una ragazza bella come Tania se lo sarebbe ricordato, anche se all'epoca non era famosa, e invece non se lo ricordava. A quei tempi c'erano un sacco di belle ragazze con i vestiti colorati in giro, si rammentò, e lui ne aveva incontrato un discreto numero. Ma Tania e Linda dovevano aver frequentato un ambiente molto diverso. Banks non conosceva nessun membro di una band, tanto per cominciare; pagava il biglietto per tutti i concerti a cui assisteva, come ogni altra persona che conosceva. Non aveva neanche il talento musicale necessario per esibirsi nei locali del posto, anche se spesso andava a sentire quelli che lo facevano. Ma la differenza più grande, forse, era che lui si era sempre sentito un emarginato, si era sempre sentito un po' estraneo a quel mondo. Non aveva mai portato i capelli troppo lunghi; aveva indossato al massimo una camicia o una cravatta a fiori, ma non si era mai spinto oltre, per non parlare poi dei caffettani e delle perline; non riusciva a partecipare alle
manifestazioni politiche; e il più delle volte si ritrovava invischiato in discorsi di controcultura che a lui sembravano tutti semplicistici, infantili e noiosi. Banks si appoggiò alla ringhiera e guardò le barche da pesca che ballonzolavano ancorate nel porto, quindi s'incamminò verso un caffè in cui, a quanto si ricordava, servivano dell'ottimo fish & chips, una cosa su cui si poteva sempre contare a Whitby. Entrò nel caffè, che era quasi vuoto, e ordinò un tè insieme a una maxi-porzione di eglefino e patate fritte, con tanto di pane e burro per fare il sandwich con le patatine, a una giovane cameriera dall'aria annoiata con un grembiule nero e una camicetta bianca. Si sedette accanto alla finestra, che si affacciava sul porto e la parte più vecchia della città, quella con i 199 gradini che portavano alle rovine dell'abbazia e alla chiesa di St. Mary, dove il vento carico di salsedine aveva cancellato i nomi dalle lapidi. Un gruppo di giovani gotici, tutti vestiti di nero, con le facce bianche e alcuni elaborati gioielli d'argento, camminavano vicino alle baracche dove i pescatori scaricavano la pesca del giorno dalle barche e la vendevano. Da quello che Banks aveva letto su di loro e dalla musica che aveva ascoltato, sembrava che fossero ossessionati dalla morte e dal suicidio, così come dai morti viventi e dal «lato oscuro» in generale, ma erano individui passivi, pacifisti e impegnati in questioni sociali, come il razzismo e la guerra. A Banks piacevano i Joy Division che erano considerati l'archetipo della band gotica. Tutto sommato, pensò, i gotici non erano più strambi di quanto non fossero stati gli hippy, con la loro passione per l'occulto, la poesia e l'illuminazione indotta dalla droga. L'anno 1969 era stato un momento di grande transizione per Banks: dopo essersi diplomato con voti discreti in un paio di materie, era andato a vivere in un monolocale di Notting Hill e aveva iniziato un corso di studi aziendali a Londra. Sentiva di non avere molto in comune con i suoi compagni di corso così preferiva uscire con un gruppo di studenti dell'Accademia di Belle Arti, due dei quali abitavano nel suo stesso palazzo, e loro lo avevano iniziato, troppo tardi, a quello strano miscuglio di esistenzialismo, comunismo, edonismo e narcisismo che era diventato il suo modo di pensare alla fine degli anni Sessanta. Fumavano spinelli insieme a lui e a Jem, che abitava nel monolocale di fronte al suo, andavano ai concerti e alle letture di poesie, discutevano dei diritti degli abusivi, del Vietnam e di Oz e suonavano in continuazione la canzone Alice's Restaurant. Banks non aveva idea di cosa fare nella vita. I genitori avevano espres-
samente caldeggiato la carriera impiegatizia, piuttosto che finire in una fabbrica di mattoni, o in una fabbrica di lamiere come suo padre, perciò quella degli studi aziendali era sembrata una scelta logica. E poi aveva davvero bisogno di evadere dal provincialismo soffocante di Peterborough. Adorava la musica e aveva fatto l'autostop insieme alla sua prima vera ragazza, Kay Summerville, per andare al concerto dei Blind Faith a Hyde Park quell'estate, quando abitava ancora con i suoi a Peterborough, e al concerto dei Rolling Stones in memoria di Brian Jones, durante il quale Mick Jagger aveva liberato dalle gabbie tutte le farfalle che non erano ancora morte per il caldo. Si ricordava anche di aver visto Dylan all'Isola di Wight: era andato in scena per ultimo e aveva cantato She Belongs to Me e To Ramona, due dei pezzi preferiti di Banks. Ma a Peterborough si era tenuto lontano dalle avanguardie, dalle cause e dalle ideologie del momento, restando vergognosamente all'oscuro di tutto ciò che accadeva fuori da lì. Nonostante i tanto reclamizzati cambiamenti e le rivoluzioni di quel decennio, era sempre bene tenere a mente che la canzone dei Beatles Strawberry Field Forever non aveva raggiunto la posizione numero uno per colpa di Release Me di Engelbert Humperdinck e se uno cresceva a Peterborough poteva facilmente capire il perché. Si ricordò che il primo anno di college aveva seguito con orrore la saga della «famiglia» Manson, che alla fine era stata arrestata per l'omicidio di Sharon Tate, Leno LaBianca e altre persone. Ormai la vicenda era entrata a far parte dei libri di storia, naturalmente, ma all'epoca, quando la storia si dipanava giorno dopo giorno attraverso la stampa e la televisione e a poco a poco i veri orrori venivano alla luce, aveva avuto un impatto molto forte, soprattutto perché i membri della «famiglia» Manson sembravano un po' hippy e citavano i Beatles e gli slogan rivoluzionari. E poi c'erano le ragazze, le «schiave d'amore» di Manson, che avevano nomi strani come Patricia Krenwinkel, Squeaky Fromme e Leslie Van Houten. Per il modo in cui si vestivano e in cui portavano i capelli avrebbero potuto vivere a Notting Hill. La famosa fotografia di Manson con la barba e lo sguardo fisso aveva causato a Banks innumerevoli incubi, proprio come la foto di Christine Keeler seduta nuda su una sedia gli aveva provocato molti sogni erotici. Alla fine del 1969 c'era stato anche Altamont, si rammentò, dove qualcuno era stato accoltellato da uno degli Hell's Angels durante l'esibizione degli Stones. C'erano altre cose che si ricordava in modo vago: la polizia che aveva fatto irruzione in una casa di Piccadilly per cacciare gli abusivi,
i tumulti nell'Irlanda del Nord, storie di donne e bambini massacrati dalle truppe americane a My Lai, violente manifestazioni contro la guerra, quattro studenti uccisi dalla Guardia Nazionale degli Stati Uniti in una sparatoria alla Kent State. Forse era il senno di poi, ma allora sembrava che le cose stessero prendendo una brutta piega, che stesse andando tutto in rovina, o forse questo stava accadendo già da un pezzo e lui se ne era accorto soltanto perché si trovava lì al centro degli eventi. Probabilmente non avrebbe notato il cambiamento nel clima politico se fosse rimasto a Peterborough. Forse la carriera aziendale avrebbe funzionato se lui non si fosse lasciato coinvolgere dagli strascichi degli anni Sessanta a Notting Hill. Stava di fatto che alla fine di quel primo anno aveva perso ogni interesse per l'analisi dei costi, la psicologia industriale e il diritto commerciale. Ma non si ricordava affatto dell'omicidio di una ragazza avvenuto durante un festival nello Yorkshire. A quei tempi la provincia, soprattutto quella del nord, suscitava ben poco interesse per quelli che si trovavano al centro di tutto e le forze di polizia locali lavoravano in modo molto più indipendente rispetto a oggi. Si domandò se Enderby aveva ragione a sostenere che fosse quello di Linda Lofthouse l'omicidio al quale si riferiva Nick Barber. Lui aveva dato per scontato che si trattasse di quello di Robin Merchant e ancora non escludeva del tutto quella possibilità. Ma le informazioni su Linda Lofthouse gettavano una nuova luce sulla faccenda, nonostante il suo omicidio fosse stato risolto. L'assassino era ancora in prigione? Sennò, era possibile che avesse qualcosa a che fare con la morte di Nick Barber? Non contava cosa dicesse Catherine Gervaise, più Banks ci pensava, più gli sembrava che avesse ragione lui e che Nick Barber fosse morto perche aveva rivangato il passato, un passato che qualcuno voleva lasciare sepolto. Banks vide alcune nuvole arrivare in fretta da est, mentre mangiava il suo eglefino con patatine, e quando ebbe finito di mangiare aveva già cominciato a piovigginare. Pagò, lasciò una piccola mancia e s'incamminò verso l'auto. Prima di ripartire telefonò a Ken Blackstone, a Leeds, e gli chiese di scoprire tutto quello che poteva su Stanley Chadwick e sul caso Linda Lofthouse. Domenica, 21 settembre 1969 Quella domenica pomeriggio sul tardi, Steve andò ad aprire la porta e,
quando si trovò davanti Yvonne, si girò e si avviò lungo il corridoio. «Non avrei mai pensato di rivederti» disse. «Hai proprio un bel coraggio a presentarti qui.» Yvonne lo seguì in soggiorno. «Ma Steve, non è stata colpa mia. È stato McGarrity. Ha cercato di violentarmi. È un tipo pericoloso. Devi credermi. Non sapevo cosa fare.» Steve si girò verso di lei. «Così sei andata dritta dritta da papà?» «Ero sconvolta. Non sapevo quello che facevo.» «Non mi hai mai detto che tuo padre è uno sbirro.» «Non me lo hai mai chiesto. E poi che importa?» «Che importa? Ha violato il nostro spazio. Lui e i suoi compagni. Siamo stati arrestati. Ecco che importa. Ora dovremo presentarci in tribunale domani mattina. Quanto meno mi faranno una multa. E se i miei genitori lo scoprono, sono fregato. Mi taglieranno i viveri. E sarà tutta colpa tua.» «Ma non è stata colpa mia, Steve. Mi dispiace, davvero. Non sapevo che vi avrebbero arrestati.» Yvonne si avvicinò a lui e fece per toccarlo. Lui si allontanò con uno scatto e si sedette sulla poltrona. «Oh, piantala. Sapevi benissimo che ci avrebbero trovati qui seduti a fumare spinelli e ad ascoltare musica. Mi pare che lo abbia fatto anche tu insieme a noi, spesso e volentieri.» Yvonne si inginocchiò ai suoi piedi. «Ma non li ho mai mandati qui. Dico sul serio. Pensavo che avrebbero solo arrestato McGarrity, tutto qua. Sai che non avrei mai fatto niente che potesse metterti nei pasticci.» «Allora sei più stupida di quanto pensassi. Senti, mi dispiace, ma voglio che tu non ti faccia più vedere da queste parti. Che lo volessi oppure no, hai portato solamente guai. Avrebbe potuto seguirti chiunque.» Yvonne sentiva il cuore martellarle nel petto. Aveva ancora una carta da giocare. «McGarrity mi ha detto che ti vedi con altre ragazze.» Steve scoppiò a ridere. «Se solo potessi sentirti!» «È vero?» «E se lo fosse?» «Pensavo che noi... ecco... io non...» «Oh, Yvonne, per amor del cielo, cresci. A volte sembri proprio una bambina. Possiamo entrambi vedere chi ci pare. Credevo che questo fosse ben chiaro fin dall'inizio.» «Ma io non voglio vedere nessun altro. Voglio vedere solo te.» «Quello che stai dicendo è che non vuoi che io veda qualcun'altra. Non puoi possedere una persona, Yvonne. Non puoi controllare i suoi senti-
menti.» «Ma è la verità.» Steve si voltò dall'altra parte. «Be', io non voglio più vederti. La cosa non funziona più.» «Ma...» «Sul serio. E non sarai la benvenuta nemmeno a Bayswater Terrace e a Carberry Place. Hanno fatto irruzione anche lì, nel caso non lo sapessi. La gente è stata arrestata e ce l'hanno tutti con te. Le voci corrono in fretta, sai. È pur sempre un paese piccolo.» «Quindi cosa avrei dovuto fare? Dimmi cosa avrei dovuto fare.» «Non avresti dovuto fare niente. Avresti dovuto tenere chiusa la tua stupida bocca. Avresti dovuto sapere che portare qui gli sbirri avrebbe significato soltanto guai per noi.» «Ma lui è mio padre. Dovevo dirlo a qualcuno. Ero così sconvolta, Steve, tremavo come una foglia. McGarrity...» «Ti ho già detto che è inoffensivo.» «A me non sembra proprio.» «Eri fatta, a quanto ho sentito. Forse ti sei lasciata trasportare dalla tua immaginazione. Magari volevi addirittura che lui ti toccasse. Forse invece dovevi lasciare che l'immaginazione ti portasse via.» «Non capisco di cosa parli.» Steve scrollò le spalle. «Non mi fido più di te, Yvonne. Noi non ci fidiamo più di te.» «Ma io ti amo, Steve.» «Non è vero. Non essere stupida. Non è vero amore quello di cui parli, sono solo le cazzate romantiche di una scolaretta. È un amore possessivo, fatto solo di gelosia e di controllo, tutti sentimenti negativi. Non sei abbastanza matura per capire qual è il vero amore.» Yvonne sussultò a quelle parole. Si sentì gelare all'improvviso, come se qualcuno le avesse tirato una secchiata d'acqua gelida. «E tu lo sei?» Steve si alzò. «Questa è solo una perdita di tempo, cazzo. Senti, non ho più voglia di discutere con te. Perché non te ne vai e basta? E non tornare.» «Ma, Steve...» Steve indicò la porta e alzò la voce. «Vai e basta. E non mandare tuo padre e i porci dei suoi amici qui un'altra volta, o ti troverai in guai seri.» Yvonne si alzò in piedi con calma. Non avrebbe mai pensato che Steve potesse essere tanto crudele. «Che vuoi dire?» gli chiese. «Lascia stare. Vaffanculo e basta.»
Yvonne lo guardò. Steve era fumante di rabbia. Era ovvio che non sarebbe riuscita a parlarci ancora. Non quel pomeriggio e forse mai più. Quando sentì che le lacrime cominciavano a scenderle calde sulle guance, gli voltò le spalle di scatto e se ne andò. «Non è stato tanto quello che ha detto o che ha fatto, capo» spiegò Winsome «è stato il piacere che ha provato nel farlo.» Annie annuì. Dopo il lavoro aveva offerto a Winsome qualcosa da bere al Black Lion, un pub in un vicoletto adiacente alla piazza del mercato, lontano dagli occhi e dagli orecchi indiscreti della centrale della Divisione Ovest. Winsome era visibilmente sconvolta e Annie voleva andare in fondo alla questione. «Kev sa essere insensibile a volte» disse. «Insensibile?» Winsome bevve una bella sorsata di vodka e acqua tonica. «Insensibile? Io direi più un sadico del cazzo. Scusi, capo, ma sto ancora tremando. Vede?» Tese la mano. Annie la vide tremare un tantino. «Calmati» le disse. «Un altro drink? Non devi guidare, vero?» «No. Posso andare a casa a piedi da qui. Prendo lo stesso di prima, grazie.» Annie andò al bancone e prese da bere. Non c'era nessun altro nel locale, a parte la barista e un paio di sue amiche in fondo alla sala. Una di loro giocava alle slot-machine, mentre l'altra era seduta e badava a due bambini, con la sigaretta in una mano e un drink nell'altra. Ogni volta che uno dei due ragazzini si metteva a piangere o a fare qualsiasi tipo di rumore, lei gli urlava di stare zitto. Ogni santa volta. Pianto. Stai zitto. Pianto. Stai zitto. C'era una cassetta di vecchia musica che suonava forte... House of the Rising Sun, The Young Ones, Say a Little Prayer for Me, I Remember You... la solita roba di cui Banks si sarebbe ricordato, in competizione con la televisione che mandava in onda a tutto volume La signora in giallo su uno dei canali satellitari. Ma il rumore di certo copriva del tutto quello che Annie e Winsome si stavano dicendo. Annie stava per prendere un'aranciata, dato che doveva tornare fino a Harkside, ma era ancora furiosa per il colloquio che aveva avuto con la sovrintendente Gervaise. Si sentiva tutt'altro che calma e aveva bisogno anche lei di bere qualcosa di forte, così ordinò un bel bicchiere di vodka insieme all'aranciata. Se proprio non ce l'avesse fatta, avrebbe lasciato l'auto e si sarebbe fatta accompagnare a casa da uno degli agenti semplici o, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe preso un taxi. Non poteva costare così tan-
to. Negli ultimi tempi stava pensando di trasferirsi a Eastvale, perché sarebbe stato più comodo per il lavoro, ma i prezzi degli immobili lì erano arrivati alle stelle e poi non le andava di lasciare il suo piccolo cottage, anche se adesso valeva quasi il doppio di quello che lo aveva pagato lei. Winsome ringraziò Annie per il drink. «Quella povera ragazza» ricominciò. «Senti, Winsome, so come ti senti. Mi sento di merda anch'io. Di sicuro Kelly penserà che sono stata io a tradire la sua fiducia. Ma il sergente Templeton stava soltanto facendo il suo lavoro. La sovrintendente Gervaise gli aveva chiesto di verificare la versione della ragazza davanti al padre ed è quello che Templeton ha fatto. Potrà sembrarti crudele, ma ha funzionato, no?» «Non posso credere che lo stia difendendo» ribatté Winsome. Mandò giù una sorsata di vodka, quindi posò il bicchiere sul tavolo. «Lei non era presente, altrimenti capirebbe quello che dico. No. Mi rifiuto di lavorare ancora con lui. Mi trasferisca, faccia quello che vuole, ma non lavorerò ancora con quello stronzo.» Incrociò le braccia. Annie bevve un sorso del suo drink e sospirò. Aveva previsto che ci sarebbero stati problemi, sin da quando Kevin Templeton aveva ottenuto la promozione. Templeton aveva superato gli esami per diventare sergente secoli prima, ma non voleva tornare a indossare la divisa e non voleva essere trasferito, così era passato un bel po' di tempo prima che si presentasse quell'occasione. Poi aveva stroncato sul nascere la carriera di un serial killer ed era diventato un ragazzo prodigio. Annie lo aveva sempre trovato un tantino troppo borioso e sapeva che un po' di potere avrebbe avuto un effetto deleterio sulla sua personalità già deviata. E se Templeton credeva che lei non avesse notato il modo in cui aveva sbavato davanti alla sua camicetta il giorno prima, allora si sbagliava di grosso. Il fatto era che lui portava a termine il lavoro, proprio come aveva fatto stavolta. Anche Banks faceva lo stesso, ma ci riusciva senza pestare i piedi a nessuno - soltanto ai capi, in genere; Templeton, invece, era uno della nuova generazione. E Annie era lì a difenderlo, nonostante sapesse benissimo che Winsome, la quale aveva anche lei superato gli esami a pieni voti e non voleva lasciare Eastvale, sarebbe stata molto più indicata per quel lavoro. Dov'era la discriminazione positiva quando ce n'era davvero bisogno?, si domandò. Non nello Yorkshire, questo era ovvio. «Non avrei dovuto fare una promessa che non ero in grado di mantenere» disse Annie. «La colpa è soltanto mia. Avrei dovuto occuparmene io.»
Sapeva di non aver promesso niente in maniera esplicita a Kelly Soames, ma si sentiva come se lo avesse fatto. «Mi perdoni, capo, ma come ho già detto, lei non c'era. Mi ascolti. Ci ha provato gusto. Ha goduto per tutto il tempo. L'umiliazione. Le osservazioni sarcastiche che ha rivolto a quella ragazza. Ha prolungato il tutto per renderlo più piacevole. E alla fine non capiva nemmeno che cosa avesse fatto di male. Chissà, forse questa è la parte peggiore.» «Okay, Winsome, ammetto che il sergente Templeton ha qualche problema.» «Qualche problema? Quell'uomo è un sadico. E vuole sapere una cosa?» «Cosa?» Winsome cambiò posizione sulla sedia. «Non rida, ma c'è stato qualcosa di... sessuale in quello che ha fatto.» «Sessuale?» «Sì. Non so spiegarglielo, ma è stato come se il potere che esercitava su di lei lo eccitasse.» «Ne sei sicura?» «Non lo so. Forse sono solo io che interpreto male le cose. Non sarebbe la prima volta. Ma c'era qualcosa di raccapricciante nel suo modo di fare, soprattutto quando la ragazza si è sentita male...» «Kelly si è sentita male fisicamente?» «Sì. Pensavo di averglielo detto.» «No. Com'è successo?» «Si è sentita male e basta.» «Che cosa ha fatto il sergente Templeton?» «Ha continuato come se niente fosse.» «Hai raccontato a qualcun altro quello che è successo?» «No, capo. Lo direi alla sovrintendente Gervaise, se pensassi che gioverebbe a qualcosa, ma quella pensa che Kevin Templeton sia Dio sceso sulla Terra.» «Lo pensi anche tu, dunque?» La cosa non stupì Annie. Solo a sentire nominare la Gervaise le si drizzavano i capelli. Quella stronza ipocrita l'aveva mandata a leggere le deposizioni, un lavoro da agente investigativo, al massimo, e aveva lanciato frecciate sulla sua vita privata. «In ogni caso» riprese Winsome «non sono tenuta a tollerarlo. Non c'è nessuna regola che mi obblighi a tollerare un comportamento del genere.» «Questo è vero» confermò Annie. «Ma la vita non va sempre secondo le regole.»
«Ci va, se sei d'accordo con quello che dicono le regole.» Annie scoppiò a ridere. «Cosa vuoi fare, allora?» «Non lo so» replicò Winsome. «Credo di non poter fare nulla. So solo che non voglio più trovarmi vicino a quel verme e se per caso si azzarda a dire qualcosa gli faccio vedere i sorci verdi.» Annie rise. Quella frase suonava strana pronunciata da Winsome con il suo accento giamaicano. «Non puoi evitarlo per sempre» disse. «Voglio dire, io posso fare del mio meglio per evitare di farvi lavorare in coppia, ma la sovrintendente Gervaise può modificare tutto se vuole e sembra che le piaccia interferire nel nostro lavoro molto più di quanto piaceva a Gristhorpe.» «Mi piaceva il signor Gristhorpe» disse Winsome. «Era all'antica, come mio padre, e a volte incuteva un po' di timore, ma era corretto e non faceva favoritismi.» Be', pensò Annie, non era del tutto vero. Banks di certo era stato il preferito di Gristhorpe, ma in generale Winsome aveva ragione. C'era una differenza fra avere un favorito e fare favoritismi. L'intento di Gristhorpe non era quello di costruire un piccolo impero, di punzecchiare i membri della sua squadra e di mettere le persone l'una contro l'altra come sembrava che stesse facendo la Gervaise. Né tanto meno quello di intromettersi nella vita privata degli altri. Doveva sapere della sua relazione con Banks, ma non aveva mai detto nulla, almeno a lei. Forse aveva messo in guardia Banks, pensò, ma se anche lo aveva fatto, la cosa non aveva influito in alcun modo sul loro rapporto, né dentro né fuori l'ufficio. «Be', Gristhorpe se n'è andato e ora c'è la Gervaise» le ricordò Annie «e, che ci piaccia oppure no, dobbiamo accettarlo.» Guardò l'orologio. Aveva ancora il bicchiere mezzo pieno. «Senti, è meglio che vada, Winsome. Non ho ancora superato il limite, ma mi manca pochissimo per farlo.» «Può restare da me, se le va.» Winsome distolse lo sguardo. «Mi scusi, capo, non volevo essere sfacciata. Insomma, lei è un ispettore ed è il mio capo, per giunta, ma ho una stanza in più. È solo che parlarne aiuta, ecco tutto. E, non so lei, ma io comincio a essere un po' sbronza.» Annie rifletté un istante. «Chi se ne frega!» esclamò e finì il drink. «Vado a prendere un altro giro.» «No, resti qui. Tocca a me stavolta.» Annie restò seduta e la guardò andare al bancone, una bella giamaicana alta, aggraziata e con le gambe lunghe, di cui sapeva... be', non molto, in realtà. Ma, a dire il vero, non sapeva granché di nessuno, si rese conto,
nemmeno di Banks. E mentre la guardava, sorrise fra sé. Non sarebbe stato divertente se avesse passato la notte da Winsome e la sovrintendente Gervaise fosse venuto a saperlo? Come avrebbe reagito quella brutta strega? Lunedì, 22 settembre 1969 «Ma non abbiamo nessuna prova effettiva, Stan» obiettò il sovrintendente McCullen il lunedì mattina. Erano nel suo ufficio e la pioggia picchiettava contro la finestra, oscurando la vista. Chadwick si passò la mano tra i capelli. A questo aveva già pensato. Non aveva fatto altro che pensarci, tutta la notte. Non voleva che Yvonne fosse coinvolta; quello era il problema principale. Aveva visto il livido che McGarrity le aveva fatto sul braccio e quello era sufficiente per accusarlo di aggressione, ma una volta intrapresa quella strada non avrebbe potuto più fare nulla per Yvonne. Era già abbastanza sconvolta, non voleva trascinarla in tribunale. Se proprio doveva essere sincero, non voleva nemmeno che il proprio nome venisse infangato dalla condotta stravagante della figlia. Pensava di poter risolvere il caso in maniera discreta anche senza di lei ed espose tutto con cura a McCullen. «Prima di tutto, ha dei precedenti» disse. McCullen inarcò un sopracciglio. «Ah sì?» «L'ultima accusa è stata per possesso di una sostanza illegale, vale a dire l'LSD. Novembre 1967.» «Solo possesso?» «La polizia crede che abbia buttato la sua scorta nel water non appena ha sentito arrivare gli agenti. Purtroppo, aveva ancora due dosi in tasca.» «Hai detto l'ultima.» «Sì. L'altra è un po' più interessante. Marzo 1958.» «Quanti anni aveva allora?» «Ventidue.» «E?» «Un'aggressione che ha provocato lesioni corporali. Ha accoltellato uno studente a una spalla durante una lite fra abitanti del luogo e studenti a Oxford, che a quanto pare è la sua città natale. Sfortunatamente, lo studente era il figlio di un deputato locale.» «Ahi ahi» commentò McCullen, con un sorrisetto malizioso sulle labbra. «Il fatto che McGarrity fosse un giovane teppista non lo ha certo agevolato. A quanto pare, al giudice non piacevano i teppisti. Lo ha punito con il
massimo della pena. Aveva studiato anche lui al Brasenose College, come quello studente. Ha dato a McGarrity diciotto mesi. Se la ferita fosse stata più grave e se non fosse stata prodotta per difesa durante una rissa - pare che gli studenti avessero delle mazze da cricket, fra le altre armi - allora gli avrebbe dato cinque anni e anche di più. Un altro fatto interessante» proseguì Chadwick «è che l'arma usata da McGarrity era un coltello a serramanico.» «Lo stesso usato sulla ragazza?» «Lo stesso tipo.» «Vai avanti.» «Non c'è molto da aggiungere» disse Chadwick. «Ieri abbiamo passato l'intera giornata a interrogare gli abitanti delle tre case che conoscevano McGarrity. Conosceva la vittima, questo è certo.» «Quanto?» «Non c'è nessuna prova di una relazione e, da quello che ho sentito sul conto di Linda Lofthouse, dubito fortemente che ce ne fosse una. Ma la conosceva.» «Qualcos'altro?» «Dicono tutti che è un tipo strano. Spesso non capiscono di cosa parli e ha l'abitudine di giocare con un coltello a serramanico.» «Che tipo di coltello a serramanico?» «Un semplice coltello a serramanico, con l'impugnatura di tartaruga.» «E perché tutti lo sopportano, se non sta simpatico a nessuno?» «Secondo me, signore, per la droga. I nostri ragazzi hanno trovato quasi centocinquanta grammi di resina di canapa indiana nascosti nel contatore del gas a Carberry Place. A quanto pare la serratura era stata forzata. Crediamo che appartenesse a McGarrity.» «Ha frodato anche la società del gas, scommetto.» Chadwick sorrise. «Sempre la stessa quantità. La squadra Narcotici pensa che sia uno spacciatore di medio livello: compra centocinquanta grammi una volta ogni tanto e li suddivide in dosi più piccole. Forse è a questo che gli serve il coltello.» «Quindi i ragazzi se lo sorbiscono per questo motivo?» «Sì, signore. Era anche al festival e, stando alle persone con cui ci è andato, ha passato la maggior parte del tempo a vagabondare da solo in mezzo alla folla. Nessuno è in grado di dire dove si trovasse al momento del delitto.» McCullen batté con delicatezza la pipa sul bordo del posacenere, quindi
disse: «Dov'è il coltello?». «Ancora nessuna traccia, signore.» «Peccato.» «Sì. Credo che potrebbe anche essere una coincidenza il fatto che McGarrity abbia perso il suo coltello proprio quando una giovane ragazza è stata assassinata con un'arma simile, ma siamo andati in tribunale anche con meno, in passato.» «È vero. E ogni tanto abbiamo perso.» «Be', il giudice lo ha inchiodato con l'accusa di spaccio. Non ha fissa dimora, perciò niente cauzione. Lo abbiamo in pugno.» «Allora mettiti all'opera e intenta una causa per omicidio, se ritieni che sia il caso. Ma non avere i paraocchi, Stan. Non dimenticare quell'altro tizio su cui nutrivi qualche sospetto.» «Rick Hayes? Stiamo ancora indagando sul suo conto.» «Bene. E... Stan?» «Sì, signore?» «Trova il coltello. Ci sarebbe di grande aiuto.» Alcune persone, si rese conto Banks, non si allontanavano mai troppo dal luogo in cui erano cresciute e Simon Bradley era una di queste. Aveva detto di essersi trasferito diverse volte nell'arco della sua carriera, nelle contee di Suffolk, Cumbria e Nottingham, ma che aveva finito per tornare a Leeds e quando era andato in pensione nel 2000 all'età di cinquantacinque anni, con il grado di sovrintendente della Stradale, lui e la moglie si erano sistemati in una graziosa villetta di pietra proprio nei pressi di Shaw Lane, a Headingley. Era a un tiro di schioppo da dove era cresciuto lui, il più umile sobborgo di Meanwood, aveva riferito a Banks. Al di là dell'alto cancello verde, c'era un giardino ben tenuto che, aveva spiegato Bradley, era l'orgoglio e la gioia di sua moglie. L'orgoglio e la gioia di Bradley, invece, era una piccola biblioteca, formata da alcuni scaffali che andavano da terra al soffitto, in cui custodiva la sua collezione delle prime edizioni di romanzi gialli e thriller, perlopiù di Dick Francis, Ian Fleming, Len Deighton, Ruth Rendell, P. D. James e Colin Dexter. Fu lì che si sedette con Banks davanti a una tazza di caffè e gli parlò dei suoi primi tempi a Brotherton House. Mentre se ne stava seduto nella tranquilla stanzetta tappezzata di libri, a Banks sembrava impossibile che proprio in fondo a quella strada ci fosse Hyde Park, dove era vissuto uno degli attentatori kamikaze di quell'estate.
«Ero giovane» disse Bradley. «Avevo ventiquattro anni nel 1969, ma non mi sono mai davvero sentito parte di quella generazione.» Rise. «Credo che sarebbe stato un po' difficile essere un hippy e un poliziotto nello stesso tempo, no? Un po' come tenere il piede in due staffe.» «Io ho qualche anno meno di lei» disse Banks «ma mi piaceva quella musica. Mi piace ancora.» «Davvero? Chiasso infernale» commentò Bradley. «Io sono sempre stato più un tipo da musica classica: Mozart, Beethoven, Bach.» «Quelli piacciono anche a me» disse Banks «ma a volte non c'è niente di meglio di un pezzo di Jimi Hendrix.» «Ognuno ha i suoi gusti. Credo di aver sempre associato troppo quella musica allo stile di vita di allora e alle cose che succedevano in quegli anni» disse Bradley con aria schifata. «L'ho sempre considerata una colonna sonora per la droga, i capelli lunghi e la promiscuità. Ero una specie di giovane conservatore, un conformista, diciamo, e adesso sono diventato un vecchio conservatore. Andavo in chiesa tutte le domeniche, portavo i capelli corti e credevo nella verginità prima del matrimonio. Ci credo ancora, per la gioia di mio figlio. Davvero fuori moda.» Bradley aveva una decina d'anni più di Banks ed era in ottima forma fisica. Non era in sovrappeso come Enderby e aveva ancora una bella chioma sulla testa. Indossava un paio di pantaloni bianchi e una camicia, con sopra un pullover grigio con lo scollo a V; ricordava un giocatore di cricket, pensò Banks, o almeno uno di quelli che una volta erano i giocatori di cricket, prima che si trasformassero in variopinti cartelloni pubblicitari ambulanti che reclamizzavano di tutto, dai cellulari alle scarpe da tennis. «Andava d'accordo con l'ispettore Chadwick?» gli chiese Banks, ricordandosi della descrizione di «Chiller» fatta da Enderby: freddo e duro come un ghiacciolo. «Più o meno» rispose Bradley. «L'ispettore Chadwick non era uno con cui si entrava facilmente in intimità. Aveva avuto alcune... esperienze... durante la guerra e a volte si perdeva in lunghi silenzi che nessuno osava interrompere. Non parlava mai della guerra, ma quell'esperienza gli aveva lasciato un segno indelebile che lo accomunava a molti altri membri di quella generazione. Ma, sì, direi che andavo piuttosto d'accordo con lui.» «Si ricorda il caso Linda Lofthouse?» «Come se fosse ieri. Era destino che succedesse.» «Cosa?» «Quello che le è successo. A Linda Lofthouse. Era inevitabile. Voglio
dire, tutta quella gente che si rotolava nel fango sotto gli effetti dell'LSD e Dio solo sa cosa. Era inevitabile che a un certo punto tornassero alla loro natura primitiva, no? Che si strappassero di dosso quella debole seppur essenziale parvenza di civiltà e di tradizione, di obbedienza e di ordine, e che venisse fuori la bestia che era in loro, signor Banks, la bestia che era in loro. Era destino che qualcuno si facesse male. È logico. Mi sorprende solo il fatto che i casi non siano stati più numerosi.» «Ma secondo lei perché Linda Lofthouse è stata uccisa?» «All'inizio, quando la vidi lì nel sacco a pelo, con il vestito tirato su, devo confessare di aver pensato a un omicidio a sfondo sessuale. Aveva quell'espressione sul viso, sa?» «Che espressione?» «Un sacco di ragazze ce l'avevano al tempo. Come se volesse invitarti a entrare nel sacco a pelo con lei.» «Ma era morta.» «Be', sì, certo. Lo so.» Bradley rise in modo nervoso. «Cioè, non sono mica un necrofilo o qualcosa del genere. Le sto solo dicendo qual è stata la prima impressione che ho avuto. Alla fine si è scoperto che non si trattava di un delitto a sfondo sessuale, ma dell'opera di uno squilibrato. Come ho detto, è inevitabile che si verifichi un comportamento deviante quando uno lo incoraggia. Aveva dato alla luce un figlio illegittimo, lo sa?» «Linda Lofthouse?» «Sì. Prendeva la pillola, come molte altre ragazze, naturalmente, ma è evidente che quando aveva quindici anni non la prendeva. Lo aveva dato in adozione nel 1967.» «Nessuno ha scoperto che ne era stato del bambino?» «Non ci interessava. Rintracciammo il padre, un ragazzo di nome Donald Hughes, un meccanico, e questo ci diede un'idea del tipo di vita che conduceva Linda Lofthouse e dei luoghi che frequentava, ma aveva un alibi e non aveva nessun movente. Era andato avanti. Si era trovato un lavoro decente, non voleva avere niente a che fare con Linda e con il suo stile di vita hippy. È proprio per questo che si erano lasciati. Se lei non si fosse fatta sedurre da quello stile di vita corrotto, il bambino sarebbe cresciuto con i veri genitori.» L'identità del bambino poteva essere un fatto su cui indagare. Se era nato alla fine degli anni Sessanta avrebbe dovuto avere una quarantina d'anni ormai e se aveva scoperto quello che era successo alla madre naturale... Nick Barber aveva trentotto anni, ma lui era la vittima. Banks stava con-
fondendo troppi delitti: Lofthouse, Merchant, Barber. Doveva restare concentrato. Ma almeno il collegamento fra Barber e la Lofthouse era qualcosa che poteva verificare senza fare la figura dello stupido nel caso che la sua intuizione si fosse rivelata del tutto sbagliata. «Qual era il movente?» «Non lo abbiamo mai scoperto. Era un pazzoide.» «Questo era il termine tecnico per definire uno psicopatico a quei tempi?» «Era così che li chiamavamo di solito» replicò Bradley «ma credo che psicopatico o sociopatico, anche se non ho mai capito la differenza, sarebbe il termine più politicamente corretto.» «Confessò di aver commesso l'omicidio?» «Più o meno.» «Che significa?» «Non negò quando lo mettemmo davanti all'evidenza.» «Il coltello, giusto?» «Con sopra le sue impronte digitali e il sangue di Linda Lofthouse.» «Com'è che questa persona... a proposito, come si chiama?» «McGarrity, Patrick McGarrity.» «Com'è che questo McGarrity attirò la vostra attenzione?» «Scoprimmo che la vittima era conosciuta in varie case della città in cui studenti e fannulloni vivevano e si drogavano. McGarrity frequentava i suoi stessi posti, era uno spacciatore, di fatto, ed è per questo che lo arrestammo all'inizio, dopo una retata.» «Dopodiché l'ispettore Chadwick cominciò ad avere dei sospetti?» «Be', sì. Avevamo sentito dire che McGarrity era una specie di svitato e persino le persone delle case che lui frequentava erano un po' spaventate da lui. A quei tempi i tipi strambi venivano trattati con molta tolleranza, soprattutto se procuravano la droga alla gente, per questo ho detto che mi sorprende il fatto che queste cose non capitassero più spesso. Era evidente che questo McGarrity aveva gravi problemi mentali. Aveva sbattuto la testa da piccolo, secondo me. Era più vecchio degli altri, tanto per cominciare, e poi aveva la fedina penale sporca e un passato violento. Aveva l'abitudine di giocare con un coltello a serramanico. Questo faceva innervosire le persone ed era di sicuro l'effetto che lui voleva ottenere. Correva anche voce che avesse terrorizzato una ragazzina. Era un individuo davvero sgradevole.» «Quest'altra ragazza aveva sporto denuncia?»
«No. La cosa saltò fuori solo durante l'interrogatorio. McGarrity negò. Potevamo inchiodarlo con le altre accuse e questo era tutto ciò che ci interessava.» «Lei lo ha incontrato?» «Ho partecipato ad alcuni degli interrogatori. Senta, non so perché vuole sapere tutte queste cose adesso. Non c'è alcun dubbio che fosse stato lui.» «Non lo sto mettendo in dubbio» replicò Banks «sto solo cercando di capire perché Nick Barber è stato ucciso.» «Be', McGarrity non c'entra niente.» «Nick Barber stava scrivendo un pezzo sui Mad Hatters» riprese Banks «e Vic Greaves era cugino di Linda Lofthouse.» «Quello che si è bruciato il cervello?» «Se vuole metterla così, sì» confermò Banks. «In che altro modo vorrebbe metterla? Comunque io non li ho incontrati. L'ispettore Chadwick sbrigò quasi tutta la parte delle indagini nel North Riding insieme al sergente investigativo Enderby. Credo che avessero interrogato il gruppo.» «Sì, ho parlato con Keith Enderby.» Bradley arricciò il naso. «Un po' trasandato e non del tutto affidabile, secondo me. Somigliava tanto ai tipi con cui avevamo a che fare, se capisce cosa voglio dire.» «Il sergente Enderby era un hippy?» «Be', non proprio, ma portava i capelli lunghi e ogni tanto si metteva una camicia o una cravatta a fiori. Una volta l'ho addirittura visto con i sandali.» «Con i calzini?» «No.» «Be', grazie a Dio, almeno questo» commentò Banks. «Senta, ho afferrato il suo sarcasmo» ribatté Bradley con un sorriso compiaciuto. «Va bene. Ma rimane il fatto che Enderby era un lavativo e non aveva rispetto per l'uniforme.» Banks si sarebbe mangiato le mani per aver usato del sarcasmo, ma il bigottismo di Bradley cominciava proprio a dargli sui nervi. Avrebbe voluto dirgli che Enderby lo aveva definito un leccaculo, ma voleva ottenere dei risultati, non fare paragoni fra quei due. Era tempo di tornare ai fatti rilevanti e di rimanere soltanto su quelli, si disse. «Quindi secondo lei questo scrittore è stato ucciso perché stava lavorando a un servizio sui Mad Hatters. Ma che motivi ha per supporre una cosa
del genere?» gli domandò Bradley. «Be'» rispose Banks «riguardo al pezzo che stava scrivendo, sappiamo che ha detto a un'amica che poteva esserci un omicidio di mezzo e sappiamo che Vic Greaves ora abita molto vicino al cottage in cui Nick Barber è stato ucciso. Purtroppo tutti gli appunti di Barber sono spariti, insieme al cellulare e al computer portatile, perciò non siamo riusciti a scoprire altro. Anche questo è sospetto, però, che tutti i suoi effetti personali e i suoi appunti siano stati rubati.» «Non è un granché, non trova? Suppongo che il furto nella vostra zona sia tanto comune quanto in tutte le altre, oggigiorno.» «Cerchiamo di non escludere nessuna pista» ribatté Banks. «Potrebbero esserci altre possibilità. Avevate altri sospettati?» «Sì. C'era un tizio di nome Rick Hayes. Era l'organizzatore del festival. Poteva entrare e uscire dal backstage quando voleva e non aveva fornito un alibi per l'intervallo di tempo in cui secondo noi era stata uccisa la ragazza. Era anche mancino, come McGarrity.» «Erano solo questi due?» «Sì.» «Quindi è stato il coltello a inchiodare McGarrity?» «Sapevamo di avere l'uomo giusto... avrà provato anche lei quella sensazione qualche volta... ma all'inizio non potevamo dimostrarlo. Eravamo riusciti a trattenerlo con l'accusa di spaccio e mentre era sotto custodia ritrovammo l'arma del delitto.» «Quanto tempo dopo che lo avevate interrogato la prima volta?» «A ottobre, un paio di settimane dopo il primo interrogatorio.» «Dov'era?» «In una delle case.» «Pensavo che aveste perquisito quelle case non appena McGarrity era stato arrestato.» «Sì.» «Ma non avevate trovato il coltello?» «Deve capire» disse Bradley «che c'erano diverse persone che vivevano in quelle case in uno stesso momento. Erano luoghi sovraffollati e in condizioni igieniche pietose. La gente dormiva per terra e in tutte le combinazioni più improbabili. C'era di tutto in giro. Non si sapeva a chi appartenessero le varie cose, avevano tutti un atteggiamento così noncurante nei confronti della proprietà e del possesso.» «Allora come lo avete trovato, alla fine?»
«Continuammo a cercare. Alla fine, lo trovammo nascosto dentro un cuscino. Un paio di persone che abitavano in quella casa avevano detto di aver visto McGarrity con quel coltello... aveva l'impugnatura di tartaruga... e fummo abbastanza fortunati da trovare le sue impronte su di esso. Aveva ripulito la lama, ovviamente, ma il laboratorio riuscì a rilevare tracce di sangue e fibre all'attaccatura con il manico. Il gruppo sanguigno corrispondeva a quello di Linda Lofthouse. Tutto qua.» «Il coltello combaciava con le ferite?» «Stando al medico legale, avrebbe potuto.» «Avrebbe soltanto potuto?» «Era in un'aula di tribunale. Sa come sono quegli avvocati. Avrebbe potuto essere il suo sangue, avrebbe potuto essere il coltello. La lama corrisponde al tipo di lama... bla, bla, bla. Per la giuria è stato sufficiente.» «Il medico legale non aveva materialmente controllato se il coltello combaciava con le ferite sul cadavere?» «Non avrebbe potuto. Il corpo era stato sepolto ormai, e anche se si fosse ritenuto necessario riesumarlo, sarebbe stato in uno stadio di decomposizione troppo avanzato per consentire una ricostruzione precisa. Lo sa questo.» «E McGarrity non negò di averla uccisa?» «Proprio così. Ero lì quando l'ispettore Chadwick gli mise davanti le prove e lui aveva quello strano sorrisetto sulla faccia, mentre diceva: "Pare proprio che mi abbiate beccato, alla fine".» «Sono state queste le parole esatte: "Pare proprio che mi abbiate beccato, alla fine"?» Bradley aggrottò la fronte con aria seccata. «Sono passati più di trent'anni. Non posso garantirle che siano state queste le sue parole esatte, ma il senso era quello. Le troverà nel dossier e nei verbali del processo. Ma ci stava prendendo in giro, faceva il sarcastico.» «Darò un'occhiata ai verbali, più tardi» disse Banks. «Suppongo che lei non abbia avuto niente a che fare con le indagini sulla morte di Robin Merchant.» «Di chi?» «Era un altro membro dei Mad Hatters. Annegò circa nove mesi dopo l'omicidio di Linda Lofthouse.» Bradley scosse il capo. «No. Mi dispiace.» «Il signor Enderby è stato in grado di raccontarmi qualcosa. Era uno degli agenti incaricati delle indagini. Tanto per curiosità. So che l'ispettore
Chadwick aveva una figlia, è così?» «Sì. L'ho vista soltanto una volta. Una bella ragazzina. Yvonne, credo che si chiamasse.» «Non c'era stato qualche problema con lei?» «L'ispettore Chadwick non confidava a me i suoi problemi famigliari.» Banks avvertì un leggero segnale di allarme. La risposta di Bradley era arrivata una frazione di secondo troppo presto e sembrava un po' troppo tempestiva per essere credibile. Il tono brusco diceva a Banks che forse non era neanche del tutto sincero. Ma perché avrebbe dovuto mentire riguardo alla figlia di Chadwick? Molto probabilmente per proteggere la famiglia e la reputazione del suo superiore. Quindi, se Enderby aveva ragione e questa Yvonne si era cacciata nei guai, oppure era lei stessa un guaio, valeva la pena di capire esattamente di che tipo di guai si trattasse. «Sa dove si trova Yvonne Chadwick adesso?» domandò. «Purtroppo no. È cresciuta e si è sposata, suppongo.» «Che mi dice dell'ispettore Chadwick?» «Non lo vedo e non lo sento da anni, da quando si è concluso il processo. Suppongo che sia morto, ormai. Voglio dire, era già sulla cinquantina all'epoca e non godeva di ottima salute. Il processo lo mise a dura prova. Ma io mi sono trasferito nel Suffolk nel 1971 e ho perso ogni contatto con lui. Senza dubbio troverà la risposta negli archivi. Altro caffè?» «Grazie.» Banks gli porse la tazza e nel frattempo scrutò i dorsi dei libri. Bell'hobby, pensò, collezionare prime edizioni. Magari lo avrebbe fatto anche lui. Graham Greene, forse, oppure Georges Simenon. Ce n'erano talmente tanti che avrebbe potuto passare una vita intera a collezionarli. «Perciò, anche dopo la confessione, McGarrity si dichiarò non colpevole?» «Sì. Fu una mossa stupida. Chiese anche di difendersi da solo, ma il giudice non volle sentire ragioni. Sta di fatto che in tribunale continuava ad alzarsi in piedi e a interrompere, creando scompiglio, sostenendo di essere stato incastrato. Insomma, aveva una bella faccia tosta, dopo che aveva praticamente confessato. Le cose per lui non si misero affatto bene. Facemmo appello anche ai suoi precedenti penali. Le guardie dovettero allontanarlo dall'aula almeno un paio di volte.» «Disse che era stato incastrato?» «Be', è quello che dicono tutti, no?» «Non disse niente di più specifico?» «No. Non avrebbe mai potuto, dato che si trattava solo di un mucchio di balle. E poi parlava in modo incomprensibile. Non c'era alcun dubbio, Pa-
trick McGarrity era colpevole come il peccato.» «Forse dovrei fare una chiacchierata con lui.» «Sarebbe un po' difficile» replicò Bradley. «È morto. Fu accoltellato in carcere nel 1974. Questioni di droga.» Capitolo 16 «È una mia impressione o l'atmosfera è un po' pesante qui?» chiese Banks a Annie incontrandola nel corridoio il giovedì mattina. «Dire che è un po' pesante mi pare un eufemismo» replicò Annie. Le faceva ancora male la testa, malgrado tutto il paracetamolo che aveva preso prima di lasciare l'appartamento di Winsome quella mattina. Per fortuna portava sempre dei vestiti di ricambio nel bagagliaio dell'auto. Non perché sperasse di fare sesso occasionale o cose del genere, ma perché una volta, qualche anno prima, quando era un semplice agente investigativo, aveva fatto una cosa simile, ossia si era ubriacata dopo aver rotto con un ragazzo e aveva passato la notte da un'amica. Qualcuno alla centrale se n'era accorto e lei era stata per giorni oggetto di stupide battute sessiste. E un giorno, dopo quell'episodio, un sergente investigativo ci aveva provato con lei in ascensore. «Sembri uno straccio» le disse Banks. «Grazie.» «Ti va di parlarne?» Annie guardò prima da una parte e poi dall'altra del corridoio, per assicurarsi che non ci fosse nessuno in agguato. Fantastico, pensò, adesso stava diventando paranoica persino dentro la centrale. «Credi che potremmo sgattaiolare qui di fronte al Golden Grill senza dare troppo scandalo?» «Ma certo» rispose Banks. Sembrava che si stesse domandando di cosa diavolo parlasse. Era una giornata nuvolosa e fredda e quasi tutti quelli che passeggiavano su Market Street per guardare le vetrine indossavano un maglione sotto il giaccone. Superarono una coppia di seri escursionisti equipaggiati di tutto punto, entrambi portavano i due lunghi bastoni appuntiti come le racchette da sci. Be', ipotizzò Annie, potevano essere utili per scalare il Fremlington Edge, ma non servivano a molto sulle strade acciottolate di Eastvale. La solita cameriera li salutò e in un batter d'occhio si ritrovarono seduti davanti a una tazza di caffè bollente e a un piatto di pasticcini da tè caldi, a guardare la gente per strada attraverso i vetri della finestra coperti di con-
densa. Annie sentì un improvviso attacco di nausea quando bevve il primo sorso di caffè nero, ma questo si attenuò presto. Però era sempre lì, come una sensazione sgradevole che restava in sottofondo. Annie e Winsome avevano passato proprio una serata magnifica, si erano scambiate più confidenze di quante Annie avrebbe mai immaginato. Quando ci aveva ripensato all'alba, infreddolita e con un cerchio alla testa, si era resa conto che in realtà non aveva mai avuto un'amica, qualcuno con cui parlare in quel modo, con cui dire stupidaggini e fare le tipiche cose da donne. Aveva sempre pensato che fosse una conseguenza del suo lavoro, invece forse dipendeva dal suo carattere. Banks era fatto allo stesso modo, ma perlomeno aveva i suoi figli. Lei aveva il padre, Ray, a Saint Ives, naturalmente, ma si vedevano soltanto di rado e non era proprio la stessa cosa; per quanto fosse eccentrico e desideroso di farle da amico e da confidente, era pur sempre suo padre. «Allora, che cosa hai combinato stanotte per avere quest'aria da zombie? A vederti, si direbbe che sei davvero a pezzi.» Annie fece una smorfia. «Adoro quando mi fai i complimenti.» Banks le sfiorò la mano, un'espressione preoccupata gli attraversò in fretta il volto. «Dico sul serio.» «Se proprio lo vuoi sapere, mi sono sbronzata insieme a Winsome.» «Che cosa hai fatto?» «Te l'ho detto.» «Ma Winsome? Pensavo che non bevesse nemmeno.» «Anch'io. Ma adesso è ufficiale. Beve come una spugna in confronto a me.» «Il che non è un'impresa facile.» «Appunto.» «Com'è stato?» «Be', all'inizio c'era un po' di imbarazzo, a causa della differenza di grado, ma sai che io non ho mai dato tanta importanza alla cosa.» «Lo so. Tu hai rispetto per la persona, non per il grado.» «Esatto. Comunque, alla fine della serata avevamo superato l'imbarazzo e avevamo un po' di ridarella. Ci chiamavamo "Annie" e "Winsome"... lei odia il diminutivo Winnie. Ha un gran senso dell'umorismo quando si lascia andare, la nostra Winsome.» «Di cosa avete parlato?» «Fatti gli affari tuoi. Era roba da donne.» «Di uomini, quindi.»
«Che egocentrico. Cosa ti fa pensare che abbiamo sprecato una bottiglia di ottimo vinello comprato da Marks & Spencer's per parlare di voi?» «Hai ragione, scusa. Com'è stato rincontrarsi al lavoro stamattina? Un po' imbarazzante?» «Be', sul posto di lavoro siamo soltanto "Winsome" e "capo", ma ci abbiamo ridacchiato su.» «Allora, qual è stato l'evento scatenante?» Annie sentì un altro attacco di nausea. Non ci badò, come faceva con i pensieri durante le sedute di meditazione, e sembrò funzionare, almeno per il momento. «Il sergente Templeton» rispose alla fine. «Kev Templeton? È forse per la promozione? Perché...» «No, non c'entra la promozione. E abbassa la voce. Certo, Winsome è incazzata per quella. Chi non lo sarebbe? Sappiamo che era lei la persona giusta per quel lavoro, ma sappiamo anche che non sempre è la persona giusta a ottenere il lavoro, neanche se è nera ed è donna. So che voi maschi bianchi vi lamentate sempre quando il lavoro viene assegnato a qualcun altro per quelle che secondo voi sono ragioni politiche, ma non è sempre così.» «Allora di che si tratta?» Annie gli spiegò come si era comportato Templeton con Kelly Soames. «Sembra che sia stato piuttosto duro» commentò Banks quando lei ebbe finito. «Ma non poteva sapere che la ragazza si sarebbe sentita male fisicamente, secondo me.» «Ci ha provato gusto. Questo è il punto» ribatté Annie. «È l'impressione che ha avuto Winsome?» «Sì. Senti, non dirmi che vuoi metterti a fare il maschilista e a difendere l'indifendibile, altrimenti mi alzo e me ne vado. Non sono dell'umore giusto per una coalizione di uomini contro donne.» «Cristo, Annie, mi aspettavo che mi conoscessi un po' meglio. E c'è soltanto un uomo qui, mi pare.» «Be'... sai cosa voglio dire.» Annie si passò una mano fra i capelli arruffati. «Cazzo, non solo ho i postumi della sbornia, ma ho anche dei capelli schifosi oggi.» «I tuoi capelli stanno bene.» «Non lo pensi, ma grazie lo stesso. Comunque, la storia è questa. Ah, e quella strega della sovrintendente Gervaise mi ha fatto la predica ieri nel suo ufficio.» «Che sei andata a fare nel suo ufficio?»
«Ero andata a lamentarmi dei commenti personali che aveva fatto su di me durante la riunione. Quanto meno mi aspettavo delle scuse.» «E invece cos'hai ottenuto?» «Una bella lavata di capo, altri commenti personali e l'incarico di leggere le deposizioni.» «È assurdo.» «Puoi ben dirlo. E mi ha anche avvisata di stare alla larga da te.» «Cosa?» «È vero.» Annie guardò il caffè dentro la tazza. «Credo che pensi che facciamo di nuovo coppia.» «Chi le ha messo in testa un'idea simile?» «Non lo so.» Annie esitò. «Templeton è pappa e ciccia con lei.» «E allora?» Annie si sporse in avanti e appoggiò le mani sul tavolo. «Sapeva della pinta che avevi bevuto al Cross Keys quella prima sera, quando siamo andati sul luogo dell'omicidio di Barber. E c'era anche Templeton. Senti, forse ti sembrerò paranoica, Alan, ma non credi che la cosa sia un tantino sospetta? Secondo me c'è Kev Templeton dietro.» «Ma perché dovrebbe pensare che facciamo coppia, tanto per usare le tue parole?» «Sa che abbiamo avuto una relazione in passato e ci ha visti arrivare al Moorview Cottage insieme. Abbiamo anche passato una notte a Londra. Ha fatto due più due uguale cinque.» Banks guardò fuori dalla finestra, sembrava che stesse rimuginando su quello che Annie aveva appena detto. «Cosa cerca di fare, quindi? Entrare nelle grazie del nuovo capo?» «Così pare» replicò Annie. «Kev è sveglio ed è anche ambizioso. Crede che noialtri siamo stupidi. È già sergente e supererà anche l'esame da ispettore non appena gli si presenterà l'occasione, ma è anche tanto furbo da sapere che per andare avanti in questo lavoro serve qualcosa di più che passare l'esame a pieni voti. Avere qualche raccomandazione dall'alto aiuta. Sappiamo che la nostra Madame Gervaise pensa di avere la stoffa per fare grandi cose, quanto meno per diventare capo della polizia, perciò a Templeton non farebbe affatto male sfruttarla per farsi strada. Questa è la mia opinione, almeno.» «Credo che tu abbia ragione» disse Banks. «E non mi piace quello che mi hai raccontato poco fa riguardo all'interrogatorio dei Soames. A volte siamo costretti a fare cose sgradevoli come quella... anche se in questo ca-
so si poteva evitare, secondo me... ma non dobbiamo trarne piacere.» «Winsome è convinta che sia anche un razzista. L'ha sentito di sfuggita fare qualche commento di troppo sui "negri" e sui "pachistani", quando pensava che lei non stesse ascoltando.» «Non sarebbe proprio l'unico nel corpo di polizia» osservò Banks. «Senti, farò quattro chiacchiere con lui.» «Sai quanto può servire.» «Be', non possiamo rivolgerci alla sovrintendente Gervaise, questo è poco ma sicuro. Red Ron probabilmente ci ascolterebbe, ma mi sembrerebbe proprio di parlar male alle spalle degli altri. Non è nel mio stile. No, a quanto pare, qualunque cosa debba essere fatta riguardo a Kev Templeton, dovrò farla da solo.» «E cosa potresti fare di preciso?» «Come ho detto, gli parlerò, cercherò di farlo ragionare. D'altro canto, credo che sarebbe anche meglio se facessi sapere alla Gervaise che lo abbiamo beccato. Lei lo mollerà come la cosiddetta patata bollente. Insomma, a che diavolo serve avere una spia che si fa scoprire al primo incarico che gli affidi? E che prende lucciole per lanterne, per giunta.» «Mi sembra giusto.» «Senti, devo andare a Leeds per incontrare Ken Blackstone più tardi. Ti va di venire?» «No, grazie.» Annie fece una faccia truce. «Ho delle deposizioni da leggere. Per come mi sento oggi, è meglio se mi dedico a un lavoro umile; potrei addirittura staccare presto, tornare a casa, fare un lungo bagno caldo e andare dritta a nanna.» Pagarono e lasciarono il Golden Grill, quindi attraversarono la strada e si diressero verso la centrale sotto una leggera pioviggine. All'entrata, l'agente semplice che era alla reception chiamò Annie. «Ho un messaggio per lei, signorina» disse. «Da Lyndgarth. Un poliziotto locale ha appena chiamato per dire che si è scatenato un pandemonio alla fattoria dei Soames. Pare che il vecchio abbia dato in escandescenze.» «Andiamo subito» replicò Annie. Lanciò uno sguardo a Banks. «Ken Blackstone può aspettare» disse lui. «Sarà meglio che ci mettiamo un paio di stivaloni di gomma.» Annie era alla guida mentre Banks cercava di scoprire quello che poteva cercando di telefonare con il cellulare, ma la ricezione era discontinua e alla fine rinunciò.
«Quel bastardo di Templeton» imprecò Annie quando, giunta all'altezza del Cross Keys, a Fordham, imboccò la strada per Lyndgarth mentre immaginava di scorticare vivo Templeton e di immergerlo in una tinozza di olio bollente. «Me la pagherà per questo. Non se la caverà tanto facilmente.» «Calmati, Annie» la esortò Banks. «Scopriamo prima cos'è successo.» «Di qualunque cosa si tratti, c'è lui dietro. È colpa sua.» «Se è davvero così, allora dovrai metterti in fila» disse Banks. Annie lo guardò con aria perplessa. «Che vuoi dire?» «Se ragionassi con lucidità in questo momento, ti verrebbe in mente che...» «Oh, non farmi la predica, per favore!» scattò Annie. «Continua.» «Ti verrebbe in mente, dicevo, che se è successo qualcosa come conseguenza diretta del comportamento dei sergente Templeton, la prima persona a prendere le distanze sarà la sovrintendente Gervaise.» Annie gli lanciò un'occhiata e prese il sentiero che conduceva alla fattoria dei Soames. Poteva vedere l'auto della polizia parcheggiata davanti a lei, fuori dalla casa. «Ma le ha detto lei di farlo» protestò Annie. Banks sorrise. «Quando la cosa le sembrava una buona idea.» Annie si fermò in modo brusco, scagliando in aria zolle di fango, quindi uscirono tutti e due dall'auto e raggiunsero l'agente in divisa. La porta della fattoria era aperta e Annie riuscì a sentire il rumore di una radio della polizia arrivare dall'interno. «Agente Cotter, signore» si presentò il poliziotto sulla porta. «Il mio compagno, l'agente Watkins, è dentro.» «Cos'è successo?» chiese Banks. «Non è ancora del tutto chiaro» rispose Cotter. «Ma avevamo ricevuto una comunicazione dalla Sezione Reati Gravi di Eastvale in cui ci chiedevano di riferire qualunque cosa avesse a che fare con i Soames.» «Apprezziamo la vostra sollecitudine» replicò Annie. «Qualcuno è ferito?» Cotter la guardò. «Sì, signora» rispose. «Una ragazza. La figlia. Ha chiamato lei il posto di polizia e in sottofondo si sentivano imprecazioni e rumori di oggetti che venivano fracassati. La ragazza era spaventata. Ci ha detto di fare presto. Noi siamo venuti prima possibile, ma quando siamo arrivati, ormai... be', può vederlo con i suoi occhi.» Annie entrò in casa per prima e salutò con un rapido cenno del capo l'agente Watkins, che stava in piedi e si grattava la testa mentre osservava la
scena in soggiorno. La stanza era un disastro. C'erano vetri rotti sparsi per terra, una sedia era stata scagliata sul tavolo ed era andata in pezzi, una delle finestre era rotta e le lampade erano rovesciate. La piccola libreria era stata staccata dalla parete e il suo contenuto era sparso sul pavimento insieme ai vetri. «La cucina è più o meno nello stesso stato» la informò l'agente Watkins «ma l'entità del danno sembra limitarsi a questo. Il piano di sopra è a posto.» «Dov'è Soames?» domandò Annie. «Non lo sappiamo, signora. Non c'era più quando siamo arrivati.» «E la figlia, Kelly?» «All'Eastvale General, signora. Abbiamo contattato il pronto soccorso via radio.» «È molto grave?» L'agente Watkins distolse lo sguardo. «Non lo so, signora. È difficile dirlo. A me sembrava abbastanza grave.» Indicò un punto alle sue spalle. «C'è un bel po' di sangue.» Annie guardò meglio. Non ci aveva fatto caso prima, ma adesso riusciva a vedere delle macchie scure sul tappeto e sulla gamba della sedia rotta. Oh, Gesù Cristo. «Okay» disse Banks e fece un passo avanti. «Voglio che lei e il suo compagno organizziate le ricerche di Calvin Soames. Non può essere andato molto lontano. Chiedete aiuto alla centrale di polizia di Eastvale se ne avete bisogno.» «Sì, signore.» Banks si rivolse a Annie. «Andiamo» le disse. «Non c'è più niente che possiamo fare qui. Facciamo un salto all'Eastvale General.» Annie non se lo fece ripetere due volte. Quando salirono in macchina, batté sul volante con entrambi i pugni e si sforzò di trattenere le lacrime provocate dalla rabbia. Le pulsava ancora la testa per gli eccessi della sera prima. Sentì la mano di Banks posarsi sulla sua spalla e la sua determinazione a non piangere si rafforzò. «Sto bene» disse dopo qualche istante, e con delicatezza si scrollò la mano di dosso. «Avevo solo bisogno di sfogarmi. E io che pensavo di andarmene a casa a fare un bel bagno.» «Te la senti di guidare?» «Sto bene. Sul serio.» Per dimostrarlo, Annie mise in moto, partì adagio sul lungo sentiero accidentato e non cominciò ad accelerare finché non raggiunse la strada principale.
Martedì, 23 settembre 1969 «Sì, che cosa c'è?» chiese Chadwick, quando la testa di Karen spuntò da dietro la porta del suo ufficio. «Ti ho detto che non volevo essere disturbato.» «Una telefonata urgente. Sua moglie.» Chadwick alzò il telefono. «Tesoro, sono così contenta di averti trovato» disse Janet. «Temevo di non riuscire a rintracciarti. Non so cosa fare.» Chadwick capì dal tono di voce che la moglie era allarmata. «Che succede?» «Yvonne. La scuola ha telefonato per sapere dove si trovava. Dicono che hanno provato a mettersi in contatto con me anche prima, ma io ero andata a fare la spesa. Sai quanto sia impicciona quella direttrice.» «Yvonne non è a scuola?» «No. E non è nemmeno qui. Ho controllato anche la sua stanza, per sicurezza.» «Hai notato qualcosa di insolito?» «No. Sempre la stessa baraonda.» Chadwick era uscito per andare alla centrale prima ancora che la figlia si svegliasse quella mattina. «Come ti è sembrata a colazione?» le domandò. «Tranquilla.» «Ma è uscita per andare a scuola come al solito?» «Così pensavo. Voglio dire, ha preso la cartella e ha indossato l'impermeabile. Non è da lei, Stan. Lo sai benissimo anche tu.» «Vedrai che non è niente» disse Chadwick nel tentativo di ignorare la sensazione di paura che gli stringeva lo stomaco. McGarrity era in prigione, ma se qualcuno degli altri avesse deciso di vendicarsi delle retate antidroga? Forse era stato uno stupido a rivelare la sua identità al ragazzo di Yvonne, ma in che altro modo poteva farsi capire? «Senti, vengo subito a casa. Tu resta lì, nel caso si facesse viva.» «Devo chiamare gli ospedali?» «Sì, prova a telefonare» rispose Chadwick. «E controlla a fondo la sua stanza. Vedi se manca qualcosa. Vestiti o altro.» Quello almeno avrebbe tenuto occupata Janet fino al suo arrivo. «Sto arrivando. Sarò lì al più presto.»
L'Eastvale General era l'ospedale più grande nelle vicinanze, di conseguenza il personale era oberato di lavoro e le attrezzature erano sfruttate al massimo. Era un ammasso di pietra dell'epoca vittoriana, proprio in fondo a King Street, dietro alla stazione di polizia, con corridoi alti e pieni di spifferi e corsie larghe con le finestre a ghigliottina, senza dubbio messe lì per lasciar arrivare la fresca aria invernale ai malati di tubercolosi che un tempo vi erano ricoverati. Il pronto soccorso non era particolarmente affollato, dato che era giovedì ed era l'ora di pranzo, e trovarono Kelly Soames abbastanza facilmente con l'aiuto di una delle infermiere dell'accettazione. Le tende intorno al letto erano tirate, ma, aveva detto l'infermiera, più per assicurarle un po' di privacy che per qualche motivazione seria. Quando scostarono la tenda e si sedettero accanto a lei, Annie fu sollevata nel vedere che la maggior parte delle lesioni erano superficiali. Il sangue era fuoriuscito quasi tutto da una ferita alla testa, di sicuro la più grave fra i vari tagli ed escoriazioni, ma anche questa aveva causato soltanto una commozione e il capo le era stato interamente fasciato. Aveva alcuni lividi sul viso, il labbro spaccato e un taglio suturato sopra un occhio, ma a parte questo, l'infermiera aveva assicurato, non c'erano né fratture né lesioni interne. Annie provò un immenso sollievo, che però non fece diminuire affatto la rabbia che sentiva nei confronti di Kevin Templeton e Calvin Soames. Sarebbe potuta andare molto peggio. Strinse la mano a Kelly e disse: «Mi dispiace. Io non lo sapevo. Non immaginavo proprio che sarebbe accaduta una cosa del genere». Kelly non disse nulla, ma continuò a fissare il soffitto. «Puoi raccontarci cos'è successo?» le chiese Banks. «Non si vede?» ribatté Kelly. Farfugliava un po' a causa degli antidolorifici che le avevano dato e del taglio sul labbro, ma era riuscita a farsi capire alla perfezione. «Preferirei sentirlo da te» disse Banks. Annie continuava a tenerle la mano. «Diccelo» la esortò. «Dov'è tuo padre, Kelly?» «Non lo so» rispose la ragazza. «Sono sincera. L'ultima cosa che mi ricordo è di aver avuto la sensazione che mi stesse per esplodere la testa.» «È stata la gamba di una sedia» spiegò Banks. «Qualcuno ti ha colpita con la gamba di una sedia. È stato tuo padre?» «Chi altri sennò?» «Com'è andata?»
Kelly bevve un sorso dell'acqua che Annie le aveva offerto e fece una smorfia quando la cannuccia pieghevole le toccò il labbro ferito. Mise via il bicchiere e fissò il soffitto mentre parlava con voce svogliata. «Aveva bevuto. Non come al solito, cioè un paio di pinte prima di cena; aveva bevuto parecchio, come faceva una volta. Whisky. Ha cominciato a colazione. Gli ho detto di non farlo, ma lui mi ha ignorata e basta. Ho preso l'autobus e sono andata a fare un po' di spesa a Eastvale, quando sono tornata stava ancora bevendo. Si vedeva che era ubriaco fradicio ormai. La bottiglia era quasi vuota, lui aveva la faccia tutta rossa e borbottava fra sé. Ero preoccupata per lui. E anche impaurita. Non appena ho aperto bocca, ha dato in escandescenze. Mi ha chiesto chi mi credevo di essere per dirgli quello che doveva fare. A essere sincera, sembrava proprio che pensasse che fossi la mamma, dal modo in cui mi ha parlato. Poi è diventato davvero offensivo. Cioè, ha soltanto gridato all'inizio, non è stato violento. È stato allora che ho chiamato la stazione di polizia locale. Ma non appena mi ha vista al telefono, è stata la fine. Si è infuriato. Ha cominciato a picchiarmi, all'inizio con qualche schiaffo e qualche spintone, poi ha cominciato a prendermi a pugni. Dopodiché, si è messo a spaccare tutto, a fracassare i mobili. L'unica cosa che sono riuscita a fare è stata mettermi le mani davanti alla faccia per ripararmi.» «Ha abusato di te in qualche modo?» le chiese Annie. «No. No. Niente del genere. Lui non lo farebbe mai. Ma le parole con cui mi ha insultata... non posso ripeterle. Erano le stesse che usava per insultare la mamma, quando litigavano.» «Che cosa è successo a tua madre?» domandò Annie. «È morta in ospedale. C'era qualcosa che non andava dentro di lei... non so di cosa si trattasse... e i dottori prima non l'hanno diagnosticato in tempo, poi pensavano che fosse qualcos'altro. Quando alla fine si decisero a operarla, era troppo tardi. Non si è più risvegliata. Papà diceva che avevano sbagliato a farle l'anestesia, ma io non lo so. Non abbiamo mai capito veramente quello che è successo e papà non è mai riuscito a darsi pace.» «È da allora che è diventato così possessivo nei tuoi confronti?» «Ha solo bisogno che mi occupi di lui. Non è capace di badare a se stesso.» Kelly bevve un altro sorso d'acqua e tossì, l'acqua le colò lungo il mento. Annie prese un fazzoletto dal tavolo e l'asciugò. «Grazie» disse Kelly. «Che cosa accadrà ora? Dov'è papà? Che gli succederà?» «Ancora non lo sappiamo» rispose Annie e lanciò uno sguardo a Banks. «Ma lo troveremo. Poi si vedrà.»
«Non voglio che gli succeda niente» disse Kelly. «Insomma, so che ha sbagliato e tutto quanto, ma non voglio che gli accada nulla.» Annie le strinse la mano. Era la solita vecchia storia, la vittima che difende chi l'ha maltrattata. «Vedremo» replicò. «Non ti preoccupare. Adesso cerca di riposare un po'.» Quando tornarono alla centrale, Banks trovò la sovrintendente Gervaise in ufficio e le raccontò di Kelly Soames. Le fece anche capire che sapeva che Templeton le passava delle informazioni e le raccomandò di non fidarsi troppo della loro accuratezza. Ne valse la pena, anche solo per vedere l'espressione sul volto della donna. Dopodiché, cercò di non pensare a Kelly Soames e ai suoi problemi per un po' e di concentrarsi di nuovo sul caso Barber, prima di andare a Leeds per far visita a Ken Blackstone. Un paio di agenti investigativi avevano esaminato le scatole dei documenti di Barber fatte arrivare dal suo appartamento di Londra e avevano scoperto che si trattava unicamente di vecchi articoli, fotografie e lettere di lavoro... niente che avesse a che fare con la sua gita nello Yorkshire. Era evidente che aveva portato con sé tutto il materiale a cui stava lavorando al momento e che adesso era sparito. Banks trovò una sonata di Brahms per violoncello alla radio, così si mise comodo e diede un'altra scorsa ai vecchi numeri di «MOJO» che gli aveva dato John Butler a Londra. Non ci impiegò molto a capire che Nick Barber sapeva il fatto suo. Oltre ai pezzi sui Mad Hatters che aveva scritto di tanto in tanto, c'erano anche articoli su Shelagh MacDonald, Jo Ann Kelly, Comus e Bridget St. John. Da quello che avevano raccontato a Banks, sembrava che il suo interesse per i Mad Hatters fosse iniziato più o meno cinque anni prima, molto dopo il suo interesse originario per la musica, che sembrava essere sbocciato quando era ancora un ragazzino. Infanzia. In quel momento, Banks si ricordò della remota possibilità che per un attimo gli era balenata quando Simon Bradley aveva parlato della gravidanza indesiderata di Linda Lofthouse. Non sarebbe stato troppo difficile scoprire se aveva ragione, decise, mentre alzava il telefono e cercava il numero dei Barber nel fascicolo sul caso. Quando Louise Barber rispose al telefono, Banks si presentò e disse: «So che potrà sembrarle una domanda bizzarra, e non voglio in alcun modo infastidirla o turbarla, ma può dirmi se Nick era stato adottato?».
Ci fu un breve silenzio, seguito da un singhiozzo. «Sì» rispose la donna. «Lo abbiamo adottato quando aveva soltanto pochi giorni di vita. Lo abbiamo allevato come se fosse figlio nostro e lo abbiamo sempre considerato tale.» «Ne sono sicuro» replicò Banks. «Non mi sarei mai aspettato che le venisse in mente in un momento come questo e, da quello che ho scoperto, Nick ha condotto una vita felice e sana, piena di privilegi che altrimenti forse non avrebbe avuto. È solo che... ecco, lui lo sapeva? Glielo avevate detto?» «Sì» disse Louise Barber. «Glielo avevamo detto parecchio tempo fa, non appena lo avevamo ritenuto in grado di accettare una cosa del genere.» «E cosa ha fatto lui?» «Al tempo? Niente. Disse che per quanto lo riguardava eravamo noi i suoi genitori e che non c'era altro da aggiungere.» «Non ha mai tentato di scoprire chi era la madre naturale?» «È buffo ma, sì, è successo.» «Quando?» «All'incirca cinque o sei anni fa.» «Per qualche motivo in particolare?» «Disse che non dovevamo pensare che fosse un problema o che avesse qualcosa a che fare con noi, ma un suo amico, che era stato anche lui adottato, gli aveva detto che era importante scoprirlo. Diceva che lo avrebbe fatto sentire completo, o qualcosa del genere.» «L'ha trovata?» «Non ci parlò molto di questa cosa, in realtà, dopo quell'episodio. Deve capire che per noi era un po' doloroso e Nicholas non voleva farci soffrire. Ci disse che aveva scoperto chi era la madre, ma non abbiamo mai saputo se è riuscito a rintracciarla e a incontrarla.» «Si ricorda come si chiamava? Nick ve lo ha detto?» «Sì. Linda Lofthouse. Ma è tutto quello che so. Gli abbiamo chiesto di non parlarci più di lei.» «Il nome è sufficiente» disse Banks. «Grazie mille, signora Barber, e mi scusi se ho riportato a galla ricordi dolorosi.» «Suppongo che non si potesse evitare. Di sicuro questo non avrà a che fare con... con quello che è capitato a Nicholas, vero?» «Non lo sappiamo. Al momento, è solo un pezzo in più da aggiungere al puzzle di informazioni che possediamo. Arrivederci.» «Arrivederci.»
Banks riagganciò e rifletté. Allora Nick Barber era davvero il figlio di Linda Lofthouse. Doveva aver scoperto che la madre era stata assassinata soltanto un paio di anni dopo la sua nascita e che era cugina di Vic Greaves, il che senza dubbio doveva aver alimentato il suo interesse per i Mad Hatters, già presente in qualche misura, in virtù della sua passione per la musica di quel periodo. Ma quella notizia fece nascere diverse nuove domande nella testa di Banks. Barber aveva accettato la versione ufficiale dell'omicidio della madre? Aveva creduto che fosse stato Patrick McGarrity a ucciderla? O aveva scoperto qualcos'altro? Se si era imbattuto in qualcosa che indicava che McGarrity era innocente o che non aveva agito da solo, era facile che si fosse impelagato in una situazione senza sapere quanto fosse rischiosa. Ma dipendeva tutto da una cosa, ossia se Chadwick aveva avuto ragione riguardo a McGarrity oppure no. Era giunto il momento di andare a Leeds per fare una chiacchierata con Ken Blackstone. Banks arrivò a Leeds in poco meno di un'ora, uscì dalla New York Road a Eastgate e si diresse a Millgarth, il comando di polizia di Leeds, verso le tre e mezzo del pomeriggio di giovedì. Come molte altre cose, pensò, quella faccenda poteva essere sbrigata per telefono, ma lui preferiva il contatto diretto con le persone, quando era possibile. In qualche modo, le piccole sfumature e le vaghe impressioni non riuscivano a passare del tutto attraverso i cavi del telefono. Ken Blackstone aspettava nel suo ufficio, un minuscolo spazio ricavato in fondo a una stanza piena di investigatori indaffarati; era vestito come sempre in modo impeccabile con il suo miglior completo gessato di Next, la camicia di un bianco splendente e la cravatta a righe bordeaux e grigie, tenuta da un fermacravatta d'argento a forma di penna stilografica. Con i capelli brizzolati che gli si arricciavano sulle orecchie e gli occhiali da lettura con la montatura dorata, sembrava più un professore universitario che un agente di polizia. Lui e Banks si conoscevano da anni e Banks pensava che Ken fosse quanto di più vicino a un amico per lui, insieme a Dirty Dick Burgess, ma Burgess era a Londra. «Prima di tutto» esordì Blackstone «ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedere questa.» Fece scivolare una foto sulla scrivania e Banks la voltò verso di sé per guardarla. Era il primo piano di un uomo sulla quarantina, con i capelli neri, ordinati e pettinati con la brillantina, il volto duro e spigoloso, il naso dritto e la mascella squadrata con una piccola fossetta
sul mento. Ma più di tutto furono gli occhi ad attirare l'attenzione di Banks. Non lasciavano trasparire nulla, a parte forse qualche traccia delle ombre scure che si celavano in fondo a essi. Se gli occhi sono le finestre sull'anima, i suoi erano tende oscuranti. Era un uomo severo, tormentato, inflessibile, pensò Banks. E un uomo virtuoso, anche. Non sapeva perché, e si rese conto che stava fantasticando un po', ma avvertiva una specie di rigida fede religiosa nella storia di quell'uomo. Non c'era da sorprendersi, perché quella era stata molto diffusa sia in Scozia che nello Yorkshire nel corso degli anni. «Interessante» commentò Banks e restituì la foto. «Stanley Chadwick, suppongo.» Blackstone annuì. «È stata scattata quando è stato promosso ispettore, nell'ottobre 1965.» Guardò l'orologio. «Senti, c'è un po' troppo chiasso qui. Ti va di uscire per prendere un caffè?» «Di caffè ne ho già presi abbastanza» rispose Banks. «Ma magari possiamo fare uno spuntino, non mangio da stamattina.» «Per me va benissimo. Non ho fame, ma ti farò compagnia.» Lasciarono Millgarth e camminarono verso Eastgate. Era diventata una bella giornata, con quell'alternarsi di sole e nuvole che si ha spesso nello Yorkshire quando non piove, e l'aria era abbastanza fresca per indossare un impermeabile o un soprabito leggero. «Sei riuscito a scoprire qualcosa?» domandò Banks. «Ho fatto qualche ricerca» rispose Blackstone «e sembra che sia stata condotta un'indagine piuttosto seria ma solo all'apparenza.» «Solo all'apparenza?» «Non ho ancora scavato così a fondo. E ricorda che fondamentalmente il caso era del North Yorkshire, perciò la maggior parte dei documenti si trova lassù.» «Li ho visti» disse Banks. «Volevo solo conoscere il punto di vista del West Yorkshire e sapere qualcosa di più su Chadwick.» «L'ispettore Chadwick era stato dato in prestito alla polizia del North Yorkshire. Dalle informazioni che sono riuscito a racimolare, pare che qui avesse risolto alcuni casi in modo brillante dopo che aveva ottenuto la promozione e che all'epoca fosse considerato una sorta di ragazzo prodigio.» «Ho sentito dire che era inflessibile e, a giudicare dall'aspetto, penso che fosse vero.» «Non l'ho mai conosciuto di persona, ma sono riuscito a scovare un paio di agenti in pensione che lo conoscevano. Era un uomo duro, a detta di tut-
ti, ma corretto e sincero, e otteneva i suoi risultati. Aveva ricevuto una rigida educazione presbiteriana in Scozia, ma uno dei suoi vecchi colleghi mi ha detto che pensava di aver perso la fede durante la guerra. La cosa non mi sorprende affatto, soprattutto se consideri che quel poveraccio aveva combattuto in Birmania e aveva pure partecipato allo sbarco in Normandia.» «Dov'è adesso?» Aspettarono che il semaforo diventasse verde, quindi attraversarono Vicar Lane. «È morto» rispose Blackstone alla fine. «Stando agli archivi della polizia, Stanley Chadwick è deceduto nel marzo dal 1973.» «Così giovane?» chiese Banks. «Deve essere stato un brutto colpo per tutti quelli che lo conoscevano. Avrà avuto sì e no una cinquantina d'anni.» «Pare che le sue condizioni di salute fossero peggiorate negli ultimi due anni» spiegò Blackstone. «Si era preso diversi periodi di malattia e quanto al rendimento correva voce che non ce la facesse più. Andò in pensione per problemi di salute alla fine del 1972.» «Sembra un declino piuttosto improvviso» osservò Banks. «Qualche ipotesi al riguardo?» «Be', di certo non si è trattato di omicidio, se e a questo che pensi. Aveva avuto problemi di cuore in passato, un disturbo ereditario, a quanto pare, che non era stato curato, e forse nemmeno notato, per anni. È morto nel sonno in seguito a un infarto. Ma ricordati che questo è ciò che dicono il dossier e la memoria di un paio di vecchietti che sono riuscito a rintracciare. E alcune vecchie informazioni sono impossibili da reperire. La centrale di polizia è stata trasferita qui da Brotherton House nel 1976, ossia molto prima che arrivassi io, e inevitabilmente qualcosa è andato perso durante il trasloco, perciò per il resto ne so quanto te.» Simon Bradley aveva detto a Banks che Chadwick non godeva di ottima salute, ma Banks non aveva capito che la cosa fosse tanto grave. Poteva esserci stato qualcosa di sospetto riguardo alla sua morte? Prima Linda Lofthouse, poi Robin Merchant e infine Stanley Chadwick? Banks non riusciva a trovare un nesso fra le tre morti. Chadwick aveva condotto le indagini sul caso Lofthouse, ma non aveva niente a che vedere con l'annegamento di Merchant. Tuttavia, aveva incontrato i Mad Hatters a Swainsview Lodge e Vic Greaves era cugino di Linda Lofthouse. Doveva esserci qualcosa che gli sfuggiva. Chissà, forse la figlia di Chadwick, Yvonne, avrebbe potuto aiutarlo, sempre se fosse riuscito a trovarla. Entrarono nell'isola pedonale di Briggate. Si vedevano un sacco di per-
sone che facevano compere; molte di esse erano giovani, adolescenti che spingevano le carrozzine con accanto ragazzi che sembravano troppo giovani e inesperti per essere padri. Anche molte delle ragazze sembravano troppo giovani per essere madri, ma Banks sapeva benissimo che non stavano semplicemente dando una mano alle sorelle maggiori. Le gravidanze in età adolescenziale e le malattie trasmesse per via sessuale avevano raggiunto tassi spaventosi. Poiché aveva ancora in testa Linda Lofthouse e Nick Barber, Banks pensò di nuovo agli anni Sessanta, a quella che i media avevano definito la «rivoluzione sessuale». Era vero, la pillola aveva reso possibile per le ragazze fare sesso senza paura di restare incinte, ma le aveva anche private di qualsiasi scusa per non fare sesso. In nome dell'emancipazione, si pretendeva che le donne andassero a letto con chiunque incontravano; avevano la libertà di farlo e perciò anche il dovere, questo era il ragionamento più diffuso; e c'era una pressione più o meno esplicita che veniva esercitata su di loro dai coetanei e dall'ambiente culturale. Dopotutto, il peggio che poteva capitare era prendersi le piattole o una brutta gonorrea, quindi il sesso era relativamente privo di pericoli. Ma anche a quei tempi c'erano parecchie gravidanze indesiderate, si rammentò Banks, perché non tutte le ragazze prendevano la pillola o erano favorevoli a subire un aborto, di sicuro non in provincia. Linda Lofthouse era stata una di queste, così come Norma Coulton, che abitava proprio in fondo alla strada della casa di Banks. Banks si ricordava i pettegolezzi e le occhiatacce che la ragazza riceveva ogni volta che entrava nell'edicola. Si domandò cosa ne fosse stato di lei e del suo bambino. Almeno sapeva quello che era accaduto al figlio di Linda Lofthouse; aveva incontrato la stessa sorte della madre. «Hai per caso idea di che fine abbia fatto la famiglia di Chadwick?» domandò a Blackstone. «Stando a quello che ho scoperto, aveva una moglie di nome Janet e una figlia di nome Yvonne. Entrambe sono sopravvissute a Chadwick, ma nessuno sa che fine abbiano fatto. Credo che non sarà troppo difficile rintracciarle. L'ufficio Pensioni o quello del Personale potrebbero esserci d'aiuto.» «Fai tutto il possibile» disse Banks. «Te ne sarò grato. E intanto incaricherò Winsome di lavorarci. È brava in questo genere di cose. La figlia potrebbe essersi sposata e aver cambiato cognome, naturalmente, ma faremo un tentativo: liste elettorali, uffici della motorizzazione, database generale
della polizia e tutto il resto. Chi lo sa, con un po' di fortuna non avremo bisogno di ricorrere a metodi che richiedono più tempo.» Superarono un ragazzo esile e barbuto che vendeva la rivista «Big Issue» all'entrata del centro commerciale Thornton's Arcade. Blackstone ne comprò una copia, la piegò e se la infilò nella tasca interna. Due giovani poliziotti passarono davanti a loro: entrambi indossavano il casco nero e il giubbotto antiproiettile e portavano carabine Heckler & Koch. «È la normalità qui, purtroppo» disse Blackstone. Banks annuì. Quello che lo seccava di più era il fatto che i due agenti avevano sì e no quindici anni, a giudicare dall'aspetto. «Mi dispiace se non ti sono molto d'aiuto» riprese Blackstone. «Non dire sciocchezze» replicò Banks. «Mi stai aiutando a completare il quadro generale e al momento è tutto quello che mi serve. So che presto dovrò leggere il dossier e i verbali del processo, ma continuo a rimandare perché quelle cose mi annoiano a morte.» «Puoi farlo nel mio ufficio, dopo che avremo mangiato un boccone. Io devo uscire. Comunque, ti capisco. Anch'io preferirei mille volte starmene raggomitolato a leggere un bel libro di Flashman o di Sharpe.» Blackstone si fermò alla fine di un vicolo. «Ti porto allo Ship stavolta. Il Whitelocks è sempre affollatissimo in questi giorni e hanno anche cambiato il menu. Sta diventando troppo trendy. E, chissà perché, non ti ci vedo seduto fuori all'Harvey Nichols Café nel Victoria Quarter a mangiare una frittata all'aglio e brie.» «Oh, non saprei» replicò Banks. «Potresti rimanere sorpreso. Spazzolo di tutto e non mi dispiace un po' di cucina straniera una volta ogni tanto. Ma credo che lo Ship andrà benissimo.» Ordinarono due pinte di birra Tetley's e Banks prese lo Yorkshire pudding gigante ripieno di salsicce e salsa, quindi si sedettero nella buia saletta interna con le rifiniture di ottone e legno scuro. Blackstone restò fedele alla sua birra. Banks raccontò a Blackstone della loro nuova sovrintendente rompiscatole e di come Templeton facesse un po' troppo il ruffiano con lei. Poi chiacchierò del figlio Brian e della sua nuova ragazza, Emilia, e la piantò soltanto quando arrivò il cibo, dopodiché tornarono a parlare di Stanley Chadwick e di Linda Lofthouse. «Credi che stia lottando contro i mulini a vento, Ken?» domandò Banks. «Non sarebbe la prima volta, ma non ho abbastanza elementi su cui basarmi per darti consigli al riguardo. Di solito i tuoi mulini a vento si rive-
lano sempre troppo umani. Illustrami il tuo ragionamento.» Banks bevve un sorso di birra, mentre cercava di riordinare le idee. Era un esercizio utile, per quanto difficile. «Non c'è molto da spiegare, in realtà» replicò. «La sovrintendente Gervaise pensa che il passato è passato e che il colpevole sia stato punito, ma io non ne sono tanto convinto. Non è che penso che Vic Greaves sia un assassino soltanto perché soffre di disturbi mentali. Cristo, per quanto ne so potrebbe essere anche stato Chris Adams. Non abita così lontano. O addirittura Tania Hutchison. L'Oxfordshire non è sulla luna. Dico solo che, se Nick Barber era un giornalista musicale così bravo e meticoloso come dicono, potrebbe aver toccato un tasto dolente e Vic Greaves è una delle poche persone con cui Barber ha tentato di parlare di questa storia prima di essere ucciso. Inoltre ho appena saputo che Nick era il figlio di Linda Lofthouse, adottato alla nascita dai Barber, e che cinque anni fa aveva scoperto chi era la vera madre. Barber era un giornalista e credo che abbia soltanto cercato di scoprire più cose possibili sul conto della donna e sugli anni in cui era vissuta perché aveva già un interesse per la musica e per quel periodo. Una delle cose che ha scoperto è che Vic Greaves era il cugino di Linda. Greaves, tra l'altro, abita solo a pochi passi dal cottage che Barber aveva affittato e qualcuno ha visto una figura indistinta correre da quelle parti proprio al momento dell'omicidio. Gli unici elementi del passato che possono in qualche modo gettare dei sospetti su Greaves e sugli altri sono l'omicidio di Linda Lofthouse, perché lei era dietro le quinte con Tania Hutchison al festival di Brimleigh ed era la cugina di Vic Greaves, e la morte per annegamento di Robin Merchant avvenuta a Swainsview Lodge, quando Greaves, Adams e Tania Hutchison erano tutti presenti. Ma entrambi sono casi chiusi.» «L'assassino di Linda Lofthouse è stato catturato e quella di Merchant è stata dichiarata una morte accidentale, giusto?» «Giusto. E l'assassino di Linda è stato accoltellato in carcere, perciò non possiamo neanche chiedergli di chiarirci la situazione. E poi pare che fosse uno squilibrato.» «Ma una volta esclusa la teoria del marito infuriato e quella del vagabondo di passaggio, era questa l'unica pista investigativa possibile?» «Più o meno. Chris Adams ha detto che Barber tirava cocaina, ma non abbiamo trovato nessuna prova. Se è vero, è ovvio che non lo faceva ad alti livelli.» «Ti sei già procurato i tabulati delle telefonate di Nick Barber?» «Ci stiamo lavorando, ma non ci aspettiamo di trovare granché.»
«Perché?» «Non c'era il telefono fisso nel cottage in cui alloggiava e il cellulare non prendeva. Se aveva bisogno di telefonare a qualcuno, doveva usare la cabina telefonica, o a Fordham o a Eastvale.» «Che mi dici dell'accesso a Internet? Un giornalista musicale che si rispetti dovrebbe essere ben attrezzato da questo punto di vista, non trovi?» «Sì, ma dovrebbe disporre di un telefono fisso o almeno di una connessione wireless. Blackberry o Bluetooth o come diavolo si chiama.» «Non c'è qualche Internet Café a Eastvale?» Banks lanciò un'occhiata a Blackstone, mangiò un altro boccone di salsiccia e lo annaffiò con una sorsata di birra. «Ottima domanda, Ken. A parte la biblioteca, che è più lenta di una lumaca, c'è un negozio di computer nella piazza del mercato, Eastvale Computes, e credo che potremmo controllare lì. Il problema è che il proprietario mette solo due computer a disposizione del pubblico e suppongo che la cronologia dei siti visitati venga cancellata abbastanza spesso. Se Nick Barber ne ha usato uno, deve essere stato un paio di settimane fa e ormai tutte le tracce saranno scomparse. Tuttavia, vale la pena di tentare.» «Che altro c'è?» «Be'» disse Banks «c'è qualche altra persona con cui parlare, a cominciare da Tania Hutchison e dalla figlia di Chadwick, Yvonne, quando riusciremo a trovarla ma, per il momento, ho una collezione di CD piena di buchi e sulla Briggate c'è un bel negozio di dischi che mi chiama.» Annie ricevette la telefonata che Banks le fece dall'ufficio di Blackstone a Leeds quel pomeriggio tardi e fu lieta di prendersi una pausa dalla monotona lettura delle deposizioni. Kelly Soames era una dura e con tutta probabilità sarebbe stata dimessa il giorno seguente. Non avevano ancora trovato suo padre. Prima che Annie lasciasse la sala operativa, Winsome arrivò come la manna dal cielo con i tabulati del cellulare di Nick Barber, ma i risultati furono deludenti. Non aveva fatto neanche una telefonata da quando era arrivato al cottage, perché lì non c'era campo. Certo, avrebbe potuto usare il cellulare a Eastvale, ma stando ai tabulati non lo aveva fatto. Se aveva scoperto qualcosa di interessante, se lo era tenuto ben stretto. Non c'era da meravigliarsi, pensò Annie. Aveva conosciuto un paio di giornalisti nella sua vita e aveva scoperto che in genere erano tipi molto riservati; dovevano esserlo, poiché nel loro ambiente valeva la regola del chi prima arriva
meglio alloggia. Templeton era appena tornato da Fordham e Annie notò che la osservava con attenzione mentre era chinata accanto a Winsome per leggere gli appunti. Sussurrò qualcosa all'orecchio di Winsome, poi appoggiò con disinvoltura la mano sulla sua spalla. Adesso poteva vedere la curiosità incontenibile nello sguardo di Templeton. Diamogli un po' di corda, pensò Annie. E se sapeva che lei aveva dormito da Winsome l'altra notte, chissà quali folli racconti avrebbe potuto fare alla sovrintendente Gervaise! Dopo aver parlato con Banks, la rabbia di Annie era scemata, ma incolpava ancora Templeton per quello che era successo. Sapeva che era inutile affrontarlo; tanto non avrebbe capito. Aveva ragione Banks. Doveva lasciare che si fregasse con le sue mani; era già sulla buona strada. Annie prese una cartellina dalla scrivania, afferrò la giacca scamosciata dall'attaccapanni vicino alla porta e disse che sarebbe tornata presto, dopodiché s'incamminò giù per le scale con un sorriso stampato sul viso. Un vento freddo soffiava forte sulla piazza del mercato e il cielo si riempiva in fretta di nuvole nere simili a macchie di inchiostro su un foglio di carta bianco. Per fortuna, non doveva andare lontano, pensò Annie, mentre si copriva la gola con il bavero della giacca e attraversava la piazza affollata. Le persone si sporgevano in avanti per contrastare il vento mentre camminavano con i capelli che svolazzavano, i sacchetti di plastica di Sommerfield's e di Boots fluttuavano nell'aria come se fossero pieni di uccellini. L'autobus per Darlington aspettava alla fermata, ma sembrava che nessuno salisse o scendesse. Eastvale Computes era aperto da un paio di anni oramai e il proprietario, Barry Gilchrist, era il genere di ragazzo a cui piacevano le sfide tecnologiche. Di conseguenza, la gente andava spesso lì a parlare dei problemi del proprio computer e Barry finiva sempre per risolverli gratis. Se avesse mai venduto un computer oppure no, Annie non lo sapeva proprio, ma ne dubitava, dato che Aldi e persino Woolworth li offrivano a prezzi molto più bassi. Barry era uno di quei ragazzini occhialuti e senza età che somigliavano a Harry Potter. Annie era entrata nel negozio diverse volte ed era abbastanza in confidenza con lui; lì dentro aveva persino comprato CD-ROM e cartucce per la stampante, nel tentativo di sostenere l'economia locale. Aveva l'impressione che Barry avesse un debole per lei, perché quando le parlava diventava di poche parole e faceva fatica a guardarla negli occhi. Non era offensivo, però, a differenza di Templeton, e con sorpresa lei notò di pro-
vare più che altro un sentimento materno nei suoi confronti. Non si riteneva ancora pronta per una cosa del genere, ma, se lui era così giovane come sembrava, supponeva di essere abbastanza vecchia per poter essere sua madre. Il che faceva riflettere. «Oh, salve» disse Barry arrossendo, non appena alzò lo sguardo dal monitor che si trovava dietro il bancone. «Che posso fare per lei oggi?» «È una questione ufficiale» rispose Annie con un sorriso. A giudicare dall'espressione che attraversò il volto del ragazzo e dal modo furtivo in cui schiacciò alcuni tasti, Annie pensò che forse stava guardando del materiale pornografico su Internet. Non lo riteneva quel tipo di persona, ma non si poteva mai dire, soprattutto con i geni dell'informatica. «Potresti esserci di aiuto» aggiunse. «Oh, capisco.» Si sistemò gli occhiali. «Be', certo... ehm... volentieri. Avete qualche problema con i computer alla centrale?» «Niente del genere. È l'accesso a Internet che mi interessa.» «Ma, pensavo...» «Non per me. Si tratta di un cliente che puoi aver avuto un paio di settimane fa.» «Ah. Be', non ne ho molti, soprattutto in questo periodo dell'anno. Ai turisti naturalmente piace controllare la posta elettronica, ma gli abitanti del luogo o hanno il computer a casa o non sono interessati.» Dal modo in cui l'aveva detto Barry Gilchrist, non essere interessati sembrava una cosa infinitamente triste. Annie tirò fuori una fotografia dalla cartellina che aveva con sé e la passò al ragazzo. «Quest'uomo» disse. «Sappiamo che è stato a Eastvale due mercoledì fa. Ci chiedevamo se per caso è venuto qui e ti ha chiesto di collegarsi a Internet.» «Sì» rispose Barry Gilchrist divenendo un po' pallido. «Me lo ricordo. Il giornalista. È l'uomo che è stato assassinato, vero? L'ho visto al telegiornale.» «In che giorno della settimana è venuto?» «Non era mercoledì. Credo che fosse venerdì mattina.» Il giorno in cui era morto, pensò Annie. «Te lo ha detto lui che era un giornalista o lo hai sentito?» «Me lo ha detto lui. Ha detto che gli serviva qualche minuto per fare un po' di ricerche, perché non c'era la connessione a Internet nel posto in cui alloggiava.» «Quanto tempo è rimasto?»
«Soltanto una quindicina di minuti. Non l'ho nemmeno fatto pagare.» «Adesso viene la parte spinosa» disse Annie. «Suppongo che non ci sia più traccia dei siti che ha visitato.» Gilchrist scosse il capo. «No, mi dispiace. Cioè, ho detto che non ho molti clienti in questo periodo dell'anno, ma qualcuno viene, perciò devo cancellare di continuo la cronologia e i file temporanei di Internet.» «Dicono che difficilmente si riesce a cancellare tutto da un computer. Credi che i nostri tecnici riuscirebbero a trovare qualcosa se li portassimo alla centrale?» Gilchrist deglutì. «Vuole portare via i computer?» «Sì. Non c'è bisogno che ti ricordi che questa è un'indagine su un omicidio, vero?» «No. E mi dispiace molto. Mi sembrava un tipo piuttosto in gamba. Mi ha detto che aveva una connessione wireless sul suo portatile, ma che da queste parti non c'era nessun segnale. Io potevo capirlo. Ci ho messo un bel po' prima di avere la connessione a banda larga.» «Allora ci riuscirebbero?» «Cosa, scusi?» «Se smontassero i computer, riuscirebbero a trovare qualcosa?» «Oh, ma non c'è bisogno di farlo» rispose. «Perché?» «Perché so quali siti ha visitato. Uno di sicuro, almeno. Il primo.» «Racconta.» «Non stavo mica spiando. Voglio dire, non ci sarebbe privacy comunque, come può vedere. I computer sono in un luogo pubblico. Chiunque potrebbe entrare e vedere che sito stai visitando.» «Vero» ammise Annie. «Quindi stai dicendo che non ha fatto nessun tentativo di nascondere le proprie tracce. Non ha cancellato lui stesso la cronologia, per esempio?» «Non poteva farlo. Quella facoltà spetta solo all'amministratore, che sarei io. Fornire la connessione è un conto, ma non voglio che la gente si metta a giocherellare con i programmi.» «Mi pare giusto. Cosa stava facendo, allora?» «Era sul sito web dei Mad Hatters. L'ho riconosciuto perché non appena lo apri si sente un pezzetto di quella loro canzone famosa. Com'è che si chiama? Love Got in the Way?» Annie conosceva quella canzone. Era stata un grande successo circa otto anni prima. «Sei sicuro?» chiese.
«Sì. Sono dovuto andare sul retro per controllare la scorta di cartucce per la stampante e l'ho visto al di là della sua spalla... foto della band, biografie, discografia, questo genere di cose.» Annie sapeva che Banks sarebbe stato frustrato quanto lei da quella notizia. Che c'era di più naturale per un giornalista musicale che scriveva un pezzo sui Mad Hatters che visitare il loro sito web? «Tutto qua?» «Credo di sì. Cioè, ho sentito la musica non appena lo ha aperto e ha chiuso tutto poco dopo che avevo controllato le cartucce. Potrebbe aver seguito numerosi link nel frattempo, ma se lo ha fatto, poi deve essere tornato al sito di partenza.» Gilchrist si sistemò gli occhiali sul naso con il dito indice. «La cosa può esserle d'aiuto?» Annie gli sorrise. «Anche il particolare più insignificante può essere d'aiuto» rispose. «C'è ancora una cosa.» «Sì?» «Be', aveva un libro in edizione tascabile con sé, come se si fosse seduto a leggere in un caffè o qualcosa del genere. L'ho visto annotare qualcosa nelle ultime pagine con una matita. Non sono riuscito a vedere cosa.» «Interessante» commentò Annie, e si rammentò del romanzo di Ian McEwan che Banks aveva trovato al Moorview Cottage. Aveva accennato ad alcuni numeri scritti a matita in una delle ultime pagine. Forse avrebbe dovuto dare un'occhiata a quel libro. Ringraziò Gilchrist per la sua disponibilità e uscì di nuovo nel vento. Capitolo 17 Il venerdì mattina, causa dei lavori stradali e del maltempo sulla M1, Banks ci impiegò quasi tre ore a raggiungere la casa di Tania Hutchison e, quando arrivò nel paesino in cui abitava Tania, si era rotto talmente tanto le scatole di guidare che i bei campi ondulati del cuore dell'Inghilterra non sortirono alcun effetto su di lui. Aveva passato il tardo pomeriggio e buona parte della serata di giovedì a studiare il dossier sul caso Linda Lofthouse e i verbali del processo di Patrick McGarrity ed entrambi erano serviti a poco, così era di pessimo umore quando si era alzato quella mattina. Brian era ancora a letto, ma Emilia gironzolava già per la casa con un sorrisetto sul viso e gli aveva preparato il caffè e un piatto di deliziose uova strapazzate. Banks si stava abituando ad averla fra i piedi.
La casa di Tania, situata al margine di un minuscolo paese, non era molto grande, ma era stata costruita con la preziosa pietra delle Cotswold, aveva il tetto ricoperto di paglia e doveva esserle costata una discreta fortuna. Quello che stupì di più Banks fu che poté arrivare con l'auto fino al cancello d'ingresso; non c'erano addetti alla sicurezza, non c'erano né muri né recinti, soltanto una siepe di ligustro. Aveva telefonato prima per avvisarla del suo arrivo, per ricevere indicazioni e per assicurarsi che fosse in casa, ma non le aveva detto nulla riguardo al motivo di quella visita. Tania lo accolse sulla porta e, anche se non c'era nessun altro in quel momento, Banks si rese conto che avrebbe potuto riconoscerla senza difficoltà anche in mezzo a un migliaio di persone. Non sembrava proprio una star del rock, qualunque fosse l'aspetto di una star del rock. Era più minuta di come se l'era immaginata vedendola sul palco e alla televisione e di certo sembrava più vecchia ormai, ma non era tanto il suo aspetto familiare a colpirlo, quanto una certa classe. Carisma, ipotizzò Banks. Non era qualcosa in cui ci si imbatteva molto spesso in quel genere di lavoro. Per un attimo Banks si sentì terribilmente in imbarazzo, al ricordo della cotta adolescenziale che aveva nutrito per quella donna. Si domandò se Tania avesse potuto avvedersene dal suo comportamento. I suoi abiti erano del genere casual ma costoso, un paio di ricercati jeans firmati e un ampio maglione fatto a mano; era scalza e sulle unghie dei piedi aveva lo smalto rosso, mentre i capelli scuri, un tempo così lunghi e lucidi, adesso erano tagliati corti e ornati da alcune sottili venature grigie. Aveva qualche ruga intorno agli occhi e alla bocca, ma per il resto la sua pelle sembrava liscia e priva di imperfezioni. Portava soltanto un filo di trucco, quel poco che bastava a mettere in risalto le labbra carnose e gli attenti occhi verdi, e si muoveva con una grazia del tutto naturale, mentre Banks la seguiva per un largo corridoio dal soffitto arcuato fino a un ampio soggiorno, dove vicino alle portefinestre c'era un pianoforte a coda laccato e il pavimento era coperto da un lussuoso tappeto persiano. Banks notò anche un pesante posacenere di vetro e Tania, senza perdere tempo, si accese subito una sigaretta, dopo essersi accoccolata su una poltrona e aver fatto cenno a Banks di sedersi di fronte a lei. Teneva la sigaretta fra l'indice e il medio e tirava boccate brevi ma frequenti. A Banks andava proprio di fumarne una con lei, ma represse la sua voglia. Quella donna aveva un'aria fragile e diffidente, oltre alla classe e al carisma, come se fosse stata ferita o tradita talmente tante volte che una in più avrebbe rischiato di mandare tutto il suo mondo in frantumi. Nel corso degli anni il
suo nome era stato associato dal punto di vista sentimentale a quello di molte famose star del rock e del cinema e ad altrettanto famose separazioni, ma adesso, come Banks aveva letto di recente, viveva da sola con i suoi due gatti e le andava bene così. I gatti, uno fulvo e l'altro tigrato, erano nei paraggi ma nessuno dei due mostrò grande interesse per Banks. Mentre si metteva comodo, l'ispettore dovette ricordare a se stesso che Tania era una sospettata. Dovette scacciare dalla sua mente le vivide fantasie sessuali che un tempo aveva avuto su di lei e piantarla di comportarsi come un adolescente timido. Tania era stata a Brimleigh con Linda Lofthouse e in seguito era entrata a far parte dei Mad Hatters. Era anche presente a Swainsview Lodge la notte in cui Robin Merchant era annegato. Non aveva un movente per nessuno dei due delitti, a quanto ne sapeva Banks, ma molto spesso i moventi saltavano fuori in ritardo, dopo che il mezzo e l'occasione erano stati stabiliti una volta per tutte. «Non è stato molto loquace al telefono» gli disse Tania, una nota di biasimo nella sua voce rauca. Banks riusciva ancora a sentire le tracce del suo accento nordamericano, malgrado sapesse che era vissuta in Inghilterra sin da quando era una studentessa. «Si tratta dell'omicidio di Nick Barber» replicò, e la osservò in attesa di una reazione. «Nick Barber? Lo scrittore? Buon Dio. Non lo sapevo.» Impallidì. «Cosa c'è?» «Mi ha contattata solo un paio di settimane fa. Voleva parlarmi. Stava scrivendo un pezzo sui Mad Hatters.» «Ha acconsentito a incontrarlo?» «Sì. Nick era uno dei pochi giornalisti musicali di cui potevi stare certo che non avrebbe distorto la realtà. Oh, Cristo, è terribile.» Si portò la mano alla bocca. Se stava recitando, pensò Banks, era davvero brava. Ma era un'artista di professione, si rammentò. Quasi avesse percepito il suo dolore, uno dei gatti si avvicinò piano piano e, dopo aver lanciato un'occhiataccia a Banks, le saltò sulle gambe. Lei lo accarezzò con aria assente e quello si mise a fare le fusa. «Mi dispiace» disse. «Non sapevo che foste in confidenza o avrei usato maggior tatto nel comunicarle la notizia. Pensavo che lo sapesse già.» «Non eravamo intimi» ribatté Tania. «Lo conoscevo soltanto di sfuggita, in realtà. Lo avrò incontrato un paio di volte e lo stimavo per come lavorava. Aveva in programma di venire qui a parlare dei miei esordi con la band.»
«Quando?» le chiese Banks. «Non avevamo stabilito una data. Mi ha telefonato due o forse tre settimane fa dicendomi che mi avrebbe ricontattata molto presto, ma non lo ha mai fatto.» «Ha detto qualcos'altro?» «No. Ha detto che chiamava da una cabina e la sua scheda telefonica si è scaricata. Ma cosa è successo? Perché mai qualcuno avrebbe dovuto uccidere Nick Barber?» Questo spiegava perché non avessero trovato il numero di Tania sui tabulati del cellulare e del telefono fisso di Barber, pensò Banks. «Credo che il motivo possa avere a che fare con il servizio a cui stava lavorando» rispose. «Il servizio? Ma in che modo?» «Non lo so ancora, ma non siamo stati in grado di trovare altre piste.» Banks le raccontò un po' degli spostamenti di Barber nello Yorkshire, in particolare del suo deludente incontro con Vic Greaves. «Povero Vic» commentò Tania. «Come sta?» Banks non sapeva come rispondere a quella domanda. Pensava che Greaves fosse chiaramente un po' svitato, per non dire da manicomio, ma sembrava che se la cavasse abbastanza bene con l'aiuto di Chris Adams ed era di sicuro in cima alla lista dei sospettati, secondo lui. «Come al solito, credo» replicò, anche se non sapeva quale fosse «il solito» per Vic Greaves. «Vic era un tipo sensibile» spiegò Tania «fin troppo fragile per la vita che faceva e i rischi che correva.» «Cosa intende?» Tania spense la sigaretta prima di rispondere. «In questo ambiente ci sono persone con un cervello e un fisico tali da tollerare un incredibile abuso di sostanze... basti pensare a Iggy Pop o a Keith Richards, per esempio... e poi ci sono quelle che cercano di stare al passo con loro e rimangono fregate. Vic è uno di quelli che sono rimasti fregati.» «Perché era sensibile?» Tania annuì. «Certe persone potevano calare pasticche di acido come se fossero caramelle e non avere nessun effetto, se non quello di divertirsi un mondo, come se guardassero per ore e ore il loro cartone animato preferito. Altre invece vedevano il diavolo, la bocca dell'inferno o i quattro cavalieri dell'Apocalisse e tutti gli orrori dell'aldilà. Vic faceva parte della seconda categoria. Compiva dei viaggi mentali da film dell'orrore e le visioni che
aveva lo facevano impazzire.» «Quindi è stato l'LSD a provocargli l'esaurimento?» «Quello di certo ha contribuito. Ma non vuol dire che non gli sarebbe successo comunque qualcosa. Di sicuro alcune sensazioni e immagini erano già nella sua mente. L'acido non ha fatto altro che liberarle. Ma forse avrebbe fatto meglio a non stappare quella bottiglia.» «Perché continuava a prenderlo?» Tania scrollò le spalle. «Non esiste una vera risposta. L'acido di certo non crea dipendenza come l'eroina e la cocaina. Non tutti i suoi viaggi erano spaventosi. Può darsi che volesse passare per l'inferno per raggiungere qualcosa di meglio. Magari pensava che se continuava a provare, un giorno avrebbe trovato la pace che stava cercando.» «E non ce l'ha fatta?» «Lo ha visto con i suoi occhi. Dovrebbe saperlo.» «Con chi cercava di stare al passo?» «Non c'era una persona in particolare. La mia voleva essere una sorta di metafora per descrivere la situazione generale di quegli anni. Le porte della percezione e tutto il resto. Vic era un poeta e adorava quel fascino mistico e decadente. Ammirava molto Jim Morrison, lo aveva persino conosciuto all'Isola di Wight.» Sorrise fra sé. «In realtà non andò molto bene. Il Re Lucertola era di cattivo umore e non ha voluto incontrare il povero Vic, né tanto meno leggere le sue poesie. Gli disse di andare a farsi fottere. Lui ci rimase molto male.» «Che peccato» commentò Banks. «E gli altri membri del gruppo che rapporto avevano con la droga?» «Nessuno di loro era sensibile come Vic e nessuno prendeva tanto acido.» «Robin Merchant?» «Raramente. Lo avrei messo nella lista dei sopravvissuti, se non fosse stato per l'incidente.» «E Chris Adams?» «Chris?» L'accenno di un sorriso le attraversò il volto. «Fra tutti quanti, Chris era forse l'unico con la testa sulle spalle. Ed è ancora così.» «Perché crede che si prenda tanta cura di Vic Greaves? Senso di colpa?» «Per cosa?» «Non lo so» replicò Banks. «Si sente responsabile del suo esaurimento o qualcosa del genere?» «No» rispose Tania scuotendo il capo in modo energico. «Neanche per
sogno. Chris ha sempre cercato di convincere Vic a smettere con l'acido e lo ha sempre aiutato quando aveva i suoi viaggi terrificanti.» «Allora perché?» Tania esitò. Fuori era tutto tranquillo. «Se vuole sapere la mia opinione» disse «lo fa perché gli vuole bene. Non nel senso che è omosessuale, intendiamoci... Chris non appartiene a quella sponda e nemmeno Vic, se è per questo... ma come un fratello. Non dimentichi che sono cresciuti insieme, si conoscono da quando erano bambini e abitavano in un quartiere proletario. Avevano gli stessi sogni. Se Chris avesse avuto almeno un po' di talento musicale sarebbe stato un membro della band, ma lui era il primo ad ammettere che non sapeva fare nemmeno i tre accordi base del rock e non avrebbe mai potuto eseguire neanche la melodia più elementare. Ma scoprì di avere un discreto senso degli affari e un buon intuito ed è merito suo se la band si è rimessa in piedi dopo tutte le tragedie che sono successe. Era bellissimo suonare, drogarsi, perdere il contatto con la realtà e tutto il resto, ma qualcuno doveva pur occuparsi dei meccanismi quotidiani che fanno guadagnare da vivere e, se non lo avesse fatto una persona fidata come Chris, stia certo che c'erano un mucchio di bastardi privi di scrupoli che se ne stavano nascosti nell'ombra pronti a sfruttare il talento musicale altrui.» «Interessante» osservò Banks. «Quindi in un certo senso Chris Adams è stato il motore dei Mad Hatters?» «Ha tenuto insieme il gruppo, sì. E ci ha aiutati a prendere una nuova direzione quando Robin e Vic se ne sono andati.» «È stato Chris che l'ha invitata a entrare nella band?» Tania prese a girare l'anello d'argento che aveva al dito. «Sì. Non è un segreto. All'epoca uscivamo insieme. Lo conobbi a Brimleigh, lo avevo visto un paio di volte prima di allora, quando la mia amica Linda mi aveva portato ad alcuni concerti dei Mad Hatters, ma non avevamo mai parlato seriamente come abbiamo fatto a Brimleigh. A quei tempi avevo un ragazzo, studiava a Parigi, ma ci lasciammo dopo poco tempo e Chris veniva spesso a Londra. Mi telefonò diverse volte e alla fine accettai di andare a cena con lui.» «Brimleigh è un'altra delle cose di cui vorrei parlare con lei» disse Banks. «Se riesce a ricordare eventi così lontani nel tempo.» Tania gli rivolse un sorriso enigmatico. «Il mio cervello funziona benissimo» gli fece notare. «Ma se ha intenzione di farmi sfogliare il libro dei ricordi, allora credo che ci vorrà un po' di caffè, che ne dice?» Mise il gatto
per terra senza troppe cerimonie e andò in cucina. L'animale soffiò a Banks e filò via. Banks si stupì del fatto che Tania non avesse qualcuno che le facesse il caffè, una governante o un maggiordomo, ma in fondo Tania Hutchison era piena di sorprese. Mentre lei non c'era, diede un'occhiata alla stanza. Non c'era nulla che la distinguesse in modo particolare, a parte alcuni quadri di arte moderna appesi alle pareti, originali, a giudicare dall'aspetto, e un vecchio camino di pietra che probabilmente la rendeva molto accogliente nelle serate invernali. Non c'era musica di sottofondo e nessuna traccia di uno stereo o di CD. Non c'era neanche la televisione. Tania tornò dopo un po' con la caffettiera, le tazze, il latte e lo zucchero su un vassoio che appoggiò sul basso tavolino di vimini. «Aspettiamo qualche minuto, va bene? Le piace forte il caffè?» «Sì» rispose Banks. «Perfetto.» Tania accese un'altra sigaretta e si appoggiò allo schienale. «Possiamo parlare di Brimleigh?» «Certo, ma, a quanto ricordo, l'uomo che ha ucciso Linda è stato arrestato e messo in carcere.» «È vero» confermò Banks. «Dove è morto, qualche anno dopo.» «Allora...?» «Vorrei solo chiarire alcune cose, nient'altro. Conosceva quell'uomo, Patrick McGarrity?» «No. Lo avevo visto soltanto un paio di volte quando avevo accompagnato Linda a casa dei suoi amici di Leeds, ma non ci ho mai parlato. Mi sembrava un tipo ripugnante. Non faceva altro che camminare su e giù con quello stupido sorriso sulla faccia, come se si stesse divertendo alle spalle degli altri. Mi dava i brividi. Credo che i suoi presunti amici lo sopportassero soltanto perché lui procurava loro la droga.» «Lo sapeva?» «Che era uno spacciatore? Era abbastanza ovvio. Ma poteva essere solo uno di scarso livello. La maggior parte degli spacciatori avevano più classe di lui e non puzzavano così tanto.» «Lo vide a Brimleigh?» «No, ma noi eravamo rimaste dietro le quinte.» «Per tutto il tempo?» «A parte quando andavamo nell'area stampa per vedere i gruppi che suonavano e, ovviamente, quando Linda andò a fare quella passeggiata nel bosco. Ma non ci mescolammo mai alla folla degli spettatori, no.»
«Ho letto da cima a fondo il dossier e i verbali del processo» disse Banks «e a quanto pare lei non era preoccupata per Linda.» «No. Sapevamo entrambe che potevamo andare ognuna per la propria strada. Lei sapeva che io sarei partita per Parigi il giorno seguente e mi aveva detto che forse sarebbe rimasta a Leeds dai suoi amici, perciò non avevo motivo di preoccuparmi. L'ultima cosa che uno si sarebbe aspettato a un festival, a quei tempi, era un omicidio. È stato prima del festival di Altamont, ricorda? Subito dopo i successi di Woodstock e dell'Isola di Wight. La gente andava matta per i festival rock. Più erano grandi e meglio era.» «Capisco» disse Banks. «La vide parlare con qualcuno in particolare?» «Non direi proprio. Insomma, parlammo con un sacco di gente. Sembrava di essere a una festa e devo ammettere che era davvero emozionante stare in mezzo alle star.» Rivolse a Banks un sorriso sfuggente. «All'epoca ero ancora una ragazza che si emozionava facilmente. Comunque Linda passò un po' di tempo con gli Hatters, ma era normale, non trova? Voglio dire, Vic ci aveva procurato i pass, tanto per cominciare, ed era suo cugino, anche se non erano molto legati.» «Qualcuno aveva mostrato un interesse insolito nei suoi confronti?» «No. La gente attaccava bottone con lei, se è questo che intende. Linda era una bellissima ragazza.» «Ma era andata via insieme a qualcuno?» «Non che io sappia.» Tania si sporse in avanti e premette lo stantuffo della caffettiera, quindi versò con cura il caffè nelle tazze. Aggiunse latte e zucchero al suo, dopodiché offrì entrambe le cose a Banks, che le rifiutò. «In quel periodo Linda era in una fase molto spirituale, si dedicava allo yoga e alla meditazione, al buddismo tibetano. Non le interessavano le droghe e neanche gli uomini, credo.» «La vide con i suoi occhi lasciare l'area stampa?» «Non proprio, no, ma mi avvertì che andava a fare una passeggiata. Io stavo andando sotto il palco a vedere i Led Zeppelin, mentre lei disse che aveva bisogno di un po' di spazio e che mi avrebbe raggiunta più tardi.» «Quindi dov'era Linda l'ultima volta che l'ha vista?» «Dietro le quinte.» «Era con qualcuno?» «Un gruppo di persone.» «Fra cui?» «Non me lo ricordo dopo tutto questo tempo. C'era qualcuno degli Hat-
ters.» «Vic Greaves?» «Vic era nei paraggi, ma aveva preso un acido dopo l'esibizione e... chissà dov'era! Molte persone erano andate davanti al palco. C'era una vera ressa lì, questo me lo ricordo. La gente cercava di infilarti le mani dappertutto. Non ero in grado di dire con esattezza chi ci fosse e chi no.» «Allora non vide Linda dirigersi verso il bosco?» «No. Senta, non vorrà mica dire che potrebbe essere stato Vic, vero? Perché io non ci credo. Quali che fossero i suoi problemi, Vic ha sempre avuto un animo gentile. Lo ha ancora, solo che è un po' disturbato. Hanno arrestato il vero assassino. Hanno trovato il suo coltello con sopra il sangue di Linda. Ho visto io stessa McGarrity con quel coltello a Bayswater Terrace.» «Lo so» disse Banks. «Ma al processo ha sostenuto di essere stato incastrato, che qualcuno aveva piazzato lì il coltello.» Tania sbuffò. «Ma è normale, no? Lei dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro.» Banks aveva letto tutto sui maldestri sforzi che McGarrity aveva fatto per difendersi da solo in tribunale ed era convinto che quell'uomo si fosse rovinato con le sue mani. Ma se fosse stato Vic Greaves a uccidere la cugina Linda, gli eventi successivi, compreso l'omicidio di Nick Barber, avrebbero avuto molto più senso. Di sicuro Greaves aveva una vena violenta e l'aveva manifestata al cottage dopo la visita di Banks. Forse, pensò Banks, Greaves non era così matto come voleva dare a bere. Ma non poteva dirlo a Tania. Lei era di parte; si sarebbe schierata al fianco degli amici. Bevve un sorso di caffè. Era forte e aveva un aroma intenso. «Squisito» disse. Tania chinò il capo per ringraziarlo del complimento. «Blue Mountain. Caffè giamaicano.» «Sapeva che Linda aveva avuto un figlio illegittimo?» «Sì. Mi raccontò che lo aveva dato in adozione. Aveva solo sedici anni quando rimase incinta.» «E che il figlio era Nick Barber?» «Lui... cosa? Mio Dio! No, non lo sapevo. Come... voglio dire, è una coincidenza pazzesca.» «Non proprio» replicò Banks. «Un mucchio di gente viene adottata. Forse Nick aveva ereditato la sua passione per la musica da Linda, questo non lo so, ma ha cominciato a interessarsi in modo particolare ai Mad Hatters
quando ha scoperto che la sua madre naturale era imparentata con uno di loro. Poi, quando ha scoperto che era stata assassinata, suppongo che la sua curiosità di giornalista lo abbia portato a ficcare un po' il naso in giro.» «Non crederà che questo abbia a che fare con quello che gli è capitato?» «Credo solo che lo abbia messo sulla strada che lo ha condotto alla morte. Se sua madre non fosse stata Linda Lofthouse, forse non avrebbe cominciato a scrivere quel servizio e non avrebbe scoperto quello che ha scoperto... a patto che sia successo questo. Ma in fondo chi lo sa, magari lo avrebbe fatto comunque. Era già un fan dei Mad Hatters. È solo che mi sembra un particolare curioso, tutto qua. Lei era a Swainsview Lodge la sera in cui Robin Merchant è morto, vero?» «Sì» rispose Tania. Banks non poteva esserne sicuro, ma gli parve di scorgere una certa reticenza, o tensione, nel suo tono. «Che tipo era?» «Robin? Forse fra tutti era il più brillante e il più intellettuale. Anche il più strano.» «Cosa intende?» «Mi è sempre sembrato distante, irraggiungibile. Non potevi toccarlo. Non sapevi mai dov'era o cosa stava pensando. Ma all'apparenza era sempre abbastanza gentile e simpatico. Era ben educato e aveva una vasta cultura, ma dal punto di vista musicale era un po' lento.» «Com'era con le ragazze?» «Oh, Robin piaceva a tutte. Era così carino, con quella massa di riccioli scuri e tutto il resto, ma io non lo so... Voglio dire, credo che non gli fosse mai importato molto di nessuno, in fondo in fondo. Non lo conoscevo da molto, ma in quel periodo non aveva avuto nessun tipo di relazione. Era tutto piuttosto meccanico per lui. Prendeva ciò che gli veniva offerto e poi lo gettava via. Era più interessato alla metafisica e all'occultismo.» «Magia nera?» «Tarocchi, astrologia, filosofie orientali, cabala, questo genere di cose. Un sacco di gente si interessava a questa roba in quegli anni.» «Anche adesso» osservò Banks, pensando a Madonna e a tutte le altre celebrità che di recente avevano scoperto la cabala, per non parlare di Scientology, che andava per la maggiore anche negli anni Sessanta. Basta aspettare e tutto ritorna in voga. «Credo di sì» convenne Tania. «In ogni caso, Robin era sempre immerso nella lettura di qualche libro. Non ne parlava molto. Come ho detto, non lo conoscevo bene. Nessuno lo conosceva bene. La sua vita al di fuori della
band era un mistero per tutti noi. Sempre se ne aveva una.» «A Linda piaceva?» «Linda lo trovava carino ma, le ripeto, in quel periodo era presa da altre cose. Gli uomini non erano in cima alla lista delle sue priorità.» «Ma non li aveva cancellati del tutto, immagino.» «Oh, no. Sono certa che se avesse incontrato la persona giusta avrebbe ritrovato l'interesse. Era solo stanca dell'atteggiamento di molti ragazzi. Amore libero, che nella loro ottica significava che potevano scoparsi tutte le donne che volevano.» «Che mi dice dei rapporti fra Robin e Vic Greaves?» «Niente di strano, davvero. Robin a volte sembrava seccato dal fatto che si suonassero di più i pezzi di Vic, ma Vic era più bravo a scrivere canzoni. I testi di Robin erano troppo arcani, troppo cupi.» «Nient'altro?» «No, che io sappia. Non c'era niente di più serio. In definitiva andavano abbastanza d'accordo.» «E il resto della band?» «Stessa cosa. C'erano dei disaccordi, ovviamente, ma è normale quando un gruppo di persone passa troppo tempo a stretto contatto. Non è che stessero sempre ad azzuffarsi, però, se è questo che intende. Per come vanno le cose in questo ambiente, direi che in generale erano un gruppetto di ragazzi abbastanza educati e io ne ho visti di zoticoni nella mia vita.» «E dopo che è arrivata lei?» «Mi hanno trattata tutti con rispetto. Lo fanno ancora.» «Com'erano gli altri membri presi singolarmente?» «Be', Vic era il poeta sensibile e Robin, come ho detto, era quello intellettuale e mistico. Reg era il tipo incazzato. Il ragazzo della classe operaia diventato famoso che ce l'aveva con il mondo intero. Adesso gli è passata, più o meno... credo che qualche milione di sterline abbiano contribuito... ma all'epoca era la rabbia che lo muoveva. Terry era quello taciturno. Aveva avuto un'infanzia molto difficile. A quanto pareva, il padre era morto quando lui era solo un bambino e la madre era una donna davvero strana; credo che alla fine sia stata messa in un istituto. Lui era tormentato, ma non ne parlava mai. Adesso sembra che sia migliorato un po'. Perlomeno riesce a sorridere e a dire qualche parola gentile di tanto in tanto. E Adrian, be', lui era il burlone del gruppo, l'amante del divertimento. Lo è tuttora. Fa morire dal ridere, Adrian.» «E lei?»
Tania inarcò il sopracciglio leggermente piegato. «Io? Sono quella enigmatica.» Banks sorrise. «E il suo rapporto con Chris Adams?» «Si è spento con il passare del tempo. È difficile far durare una relazione, soprattutto con gli orari massacranti che abbiamo avuto noi per i primi due o tre anni. Eravamo continuamente in tour oppure in sala di registrazione. Ma siamo rimasti amici.» «La notte in cui Robin Merchant è annegato» incalzò Banks «vi aspettavate sul serio che la polizia credesse che dormivate tutti profondamente nei vostri letti?» Tania sembrò spiazzata da quella domanda, ma rispose senza troppa esitazione. «Lo ha fatto, no? Morte accidentale.» «Ma non eravate tutti addormentati in quel momento, vero?» insistette Banks, sparando nel buio, con la speranza di colpire qualcosa. Tania lo guardò, i suoi occhi verdi erano sconcertanti. Banks capì che lo stava valutando, stava cercando di capire cosa sapesse e in che modo fosse riuscito a scoprirlo. «È passato molto tempo» replicò. «Non me lo ricordo.» «La pianti, Tania» ribatté Banks. «Perché avete mentito tutti?» «Dio santo, nessuno ha mentito.» Scosse il capo e tirò una boccata dalla sua terza sigaretta. «Oh, cavolo. È stato molto più semplice così. Nessuno di noi aveva ucciso Robin. Lo sapevamo. Perché avremmo dovuto? Se avessimo detto che eravamo tutti alzati, ci avrebbero solo fatto altre stupide domande e noi eravamo tutti un po' provati. Volevamo solo essere lasciati in pace.» «Quindi cos'è successo veramente?» «In tutta onestà, non lo so. Ero ubriaca, se proprio lo vuole sapere.» «Qualche droga?» «Gli altri sì. Io sono rimasta fedele alla vodka. Che lei ci creda o no, non ho mai provato nient'altro, a parte qualche tiro di spinello una volta ogni tanto. Comunque, era una casa grande. Le persone erano sparpagliate un po' ovunque. Era impossibile non perdersi di vista, anche volendo.» «C'erano delle persone fuori, vicino alla piscina?» «Non lo so. Io non c'ero. Se qualcuno vide Robin lì dentro, evidentemente sapeva che ormai era troppo tardi per fare qualcosa per lui.» «Così vi limitaste a lasciarlo lì, fino all'arrivo del giardiniere la mattina dopo?» «Lei mi sta mettendo le parole in bocca. Non sto dicendo che è andata
così. Io non lo vidi lì e non so di fatto se qualcun altro lo vide oppure no.» «Ma qualcuno avrebbe potuto vederlo?» «Certo che avrebbe potuto, ma a che serve farsi queste domande, soprattutto adesso?» «E qualcuno potrebbe averlo spinto.» «Oh, Cristo santo. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto farlo?» «Non lo so. Forse le cose non andavano così bene come dice lei.» Tania si sporse in avanti. «Senta, ne ho abbastanza. Lei si presenta e casa mia e mi accusa di essere una bugiarda...» «Non sono io che l'accuso di essere una bugiarda. Ha già ammesso di aver mentito alla polizia nel 1970. Perché adesso dovrei crederle?» «Perché le sto dicendo la verità. Non mi viene in mente neanche un motivo per il quale uno di noi avrebbe potuto volere morto Robin.» «Cerco solo di trovare un collegamento tra il passato e il presente.» «Be', forse non esiste. Non le è venuto in mente?» «Sì, mi è venuto in mente. Ma si metta nei miei panni. Ho di sicuro un omicidio avvenuto nel settembre del 1969 e, anche se l'assassino a quanto pare è stato arrestato e messo in galera, nutro ancora qualche dubbio. Abbiamo un'altra morte nel giugno del 1970, all'epoca liquidata in quattro e quattr'otto come un incidente, ma adesso lei mi dice che la gente rimase alzata quasi tutta la notte; forse anche qui qualche ombra di dubbio c'è. E il fattore che accomuna tutte queste cose qual è? I Mad Hatters. Inoltre Nick Barber stava scrivendo la loro storia, in particolare la storia di Vic Greaves, e ha accennato a un omicidio.» Tania tirò una boccata dalla sigaretta e rifletté per un istante. «Senta» disse «capisco che detta così tutta la storia può sembrare sospetta, ma si tratta soltanto di coincidenze. Ero alla festa quando Robin è morto e, a quanto mi ricordo, non c'è stata nessuna discussione. Tutti si sono divertiti, punto e basta. Andammo a letto... io stavo con Chris a quei tempi... ma era difficile dormire, perché era una serata caldissima, e forse qualcuno aveva voglia di uno spuntino o che so io, così si sarà alzato e sarà andato a saccheggiare il frigo. Insomma, si sentiva che c'era qualcuno che andava in giro per la casa. Voci. Risate. Vic stava facendo uno dei suoi viaggi. Forse qualcuno si era pure scambiato il partner. Succedeva.» «Non dormì tutto il tempo?» «Certo che no.» «E Chris Adams rimase con lei tutta la notte?» «Sì.»
«Coraggio, Tania.» «Be', io... insomma, non ogni minuto.» «Quindi a un certo punto si svegliò e lui non c'era?» «Non è andata così. Accidenti, ha intenzione di incolpare Chris ora? Ma che le prende?» «Che ci creda o no» replicò Banks «sto solo cercando di scoprire la verità. Magari è stato uno scherzo. Forse qualcuno stava giocando con Robin vicino alla piscina, lui è scivolato ed è caduto. Un incidente.» «In tal caso, che importanza avrebbe adesso? Ammesso che Robin non fosse da solo vicino alla piscina in quel momento, se si è trattato comunque di un incidente, perché è così importante?» «Perché se qualcuno si sente minacciato dalla verità, e Nick Barber era vicino a scoprirla, allora...» Banks allargò le mani. «Non potrebbe esserci qualche altra spiegazione?» «Per esempio?» «Non lo so. Un furto?» «Be', il portatile e il cellulare di Nick sono stati rubati, ma questo va ad avvalorare la tesi che qualcuno non voleva che la gente sapesse a cosa stava lavorando.» «La sua ragazza, allora. Un'amante gelosa. Molte persone non vengono forse uccise da qualcuno che conoscono e con il quale sono in confidenza?» «Questo è vero» ammise Banks. «Ed è una possibilità che stiamo vagliando, insieme alla pista della droga, ma finora non abbiamo avuto fortuna.» «Non capisco come il passato possa avere a che fare con questa storia. È passato. Sono state emesse delle sentenze.» «Se c'è una cosa che ho imparato nella mia carriera di investigatore» ribatté Banks «è che il passato non è mai passato, a prescindere dalle sentenze che sono state emesse.» Banks era di ritorno dalla visita che aveva fatto a Tania Hutchison, quando due poliziotti portarono Calvin Soames alla centrale della Divisione Nord di Eastvale. Annie Cabbot lo aveva fatto portare in una stanza degli interrogatori vuota e lo aveva lasciato un po' lì ad aspettare. «Dove lo avete trovato?» domandò Annie a uno dei due agenti. «Sulle colline, nei pressi di Helmthorpe, signora» rispose quello. «Era nascosto in una vecchia capanna per i pastori. Deve essere stato lì tutta la
notte. Tremava un bel po'.» «Sta bene?» «Pare di sì. Ma non sarebbe sbagliato farlo visitare da un dottore, tanto per stare sicuri.» «Grazie» disse Annie. «Darò un colpo di telefono al dottor Burns. Nel frattempo, credo che farò una chiacchierata con il signor Soames da sola.» Annie chiamò Winsome e si accorse che Templeton le guardava con ansia dalla sua scrivania. «Cosa c'è, Kev?» urlò. «Hai un improvviso rimorso di coscienza? È un po' tardi per quello, non trovi?» Si pentì all'istante di quello scatto d'ira, ma questo sembrò non sortire alcun effetto su Templeton, il quale scrollò le spalle e tornò alle sue scartoffie. Annie avrebbe potuto strozzarlo, ma in quel modo gliel'avrebbe data vinta. Calvin Soames sembrava fradicio, infreddolito e infelice. E anche vecchio. Perlomeno c'era il riscaldamento nell'altrimenti desolata stanza per gli interrogatori e l'agente aveva avuto l'accortezza di dargli una coperta grigia, che lui teneva appoggiata sulle spalle come un mantello. «Allora, Calvin» cominciò Annie, dopo aver sbrigato tutti i preliminari e aver messo in chiaro nella registrazione che Soames aveva rifiutato di avvalersi di un avvocato d'ufficio. «Che cosa ha combinato?» Soames non rispose. Fissava un punto lontano, un nervo al lato della mascella si contraeva in modo spasmodico. «Che le prende?» chiese Annie. «Il gatto le ha mangiato la lingua?» Soames continuò a non dire nulla. Annie si appoggiò allo schienale della sedia e appoggiò le mani sulla scrivania. «Prima o poi dovrà parlare» gli disse. «Sappiamo già cos'è successo.» «Allora non c'è bisogno che glielo dica io, no?» «Abbiamo bisogno che ce lo spieghi con parole sue.» «L'ho picchiata. Mi è scattato qualcosa dentro e l'ho picchiata. È tutto quello che c'è da sapere.» «Perché ha picchiato Kelly?» «Sa che cosa ha fatto.» «È andata a letto con un uomo che le piaceva. È così terribile?» «Non è quello che ha detto lui.» Annie sembrò confusa. «Che ha detto chi?» Soames guardò Winsome. «Lei sa chi» disse. «Intende Kev Templeton, capo» spiegò Winsome. Annie ci era arrivata anche da sola. «Che cosa ha detto il sergente Tem-
pleton?» gli domandò. «Non voglio ripetere le parole che ha usato» rispose Soames. «Cose ignobili, terribili. Disgustose.» Quindi il linguaggio incendiario di Templeton aveva scatenato la furia di Soames, pensò Annie, come se le servissero altre prove per dimostrare la sua colpevolezza. Tuttavia, lo maledì a denti stretti ancora una volta. «Che mi dice dell'alcol?» Soames drizzò il capo. «Non ne vado certo fiero» rispose. «Una volta bevevo parecchio, ma adesso mi sono calmato, soltanto un paio di pinte per stare in compagnia. Mi sono lasciato...» S'interruppe e si prese la testa fra le mani. Annie non capì bene le parole successive, ma le sembrò di sentirlo dire: «... sua madre». «Signor Soames» disse in tono pacato. «Calvin, può parlare in modo chiaro, per favore?» Soames si asciugò gli occhi con il dorso delle mani. «Ho detto che è proprio come sua madre.» «Com'era sua madre?» «Una puttana buona a nulla.» «Kelly ha detto che si rivolgeva a lei come se fosse sua madre. È vero?» «Non lo so. Non ci vedevo più dalla rabbia. Non sapevo quello che dicevo. Sua madre era più giovane di me. Era bella. La fattoria... non era il genere di vita che faceva per lei. A lei piacevano la città, le feste, i balli. Aveva altri uomini. Più di uno. Non le importava se io lo sapevo oppure no. Lei se ne vantava, rideva di me.» «Poi è morta.» «Sì.» «Lei sarà stato affranto» commentò Annie. Soames le lanciò uno sguardo severo. «Voglio dire, l'aveva fatta soffrire molto, ma a un certo punto era lì, in fin di vita, per colpa dell'incompetenza dei medici. Deve aver provato pietà per lei, nonostante il dolore che le aveva causato.» «È stata la punizione divina.» «Come ha reagito Kelly?» «Ho cercato di tenerla lontana da tutto ciò» rispose. «Ma a quanto pare lei è fatta della stessa pasta.» «Questo non è vero» ribatté Annie. Sapeva che il nastro continuava ad andare avanti e che lei stava abusando del suo ruolo nella conduzione dell'interrogatorio, ma non poteva farci nulla. Se la sovrintendente Gervai-
se voleva farle un'altra lavata di capo per quello, era la benvenuta. «Solo perché Kelly è stata a letto con qualcuno, non significa che la possa chiamare puttana o con un'altra di quelle parole che a voi uomini piace tanto usare. Avrebbe dovuto parlare con sua figlia, anziché picchiarla con la gamba di una sedia.» «Non ne sono fiero» ribatté Soames. «Ne pagherò le conseguenze.» «Può dirlo forte» replicò Annie. «E anche Kelly, purtroppo.» «Che vuole dire?» «Voglio dire che si trova in un letto di ospedale per colpa sua e vuole sapere una cosa? È preoccupata per lei, per quello che le accadrà.» «Ho sbagliato. Accetterò la punizione che mi merito.» «E che mi dice di Kelly?» «Starà meglio senza di me.» «Oh, la smetta di compatirsi.» Annie non se la sentiva di continuare l'interrogatorio. Gli mise davanti un foglio per la deposizione e si alzò. «Senta, scriva con parole sue com'è andata esattamente, quello che si ricorda, poi l'agente Jackman lo farà battere a macchina e glielo farà firmare. Nel frattempo il medico della polizia verrà a darle un'occhiata, è soltanto la prassi. Vuole dire qualcos'altro?» «Kelly? Come sta?» «Si rimetterà» rispose Annie, la mano già sulla maniglia della porta. «È premuroso da parte sua chiederlo.» Capitolo 18 Il sabato mattina, mentre spulciava i documenti sulla sua scrivania, Banks vide la fotocopia in più che aveva fatto dell'elenco di numeri scritto in fondo al libro di Nick Barber. Il che gli ricordò che non aveva avuto ancora nessuna notizia da parte dell'agente Gavin Rickerd, così alzò il telefono. Rickerd rispose al terzo squillo. «Ancora niente su quei numeri che ti ho dato?» gli chiese Banks. «Mi dispiace, signore» rispose Rickerd. «Siamo stati letteralmente sommersi. Non ho avuto molto tempo per lavorarci.» «Neanche una vaga idea?» «Potrebbe essere una specie di codice, ma senza un indizio potrebbe essere molto difficile decifrarlo.» «Non credo proprio che abbiamo degli indizi» replicò Banks. «Allora, signore...»
«Senti, tu provaci intanto, okay? Se per caso trovo qualcosa che può esserti utile te lo faccio sapere all'istante.» «Okay, signore.» «Grazie, Gavin.» Quando Banks riagganciò, Annie entrò nell'ufficio per informarlo che, dopo un'indagine esaustiva condotta dalla polizia metropolitana di Londra, non esisteva alcuna prova che accertasse che Nick Barber fosse nel giro della cocaina. «È interessante» osservò Banks «dato che è stato Chris Adams a suggerirci di fare un controllo.» «Ci ha voluto depistare?» «Pare proprio di sì. Comunque voglio fare un'altra chiacchierata con Adams. Magari riesco a intimidirlo con la vecchia storia del far sprecare tempo prezioso alla polizia.» «Chissà» replicò Annie. «Novità su Kelly Soames?» «È stata dimessa questa mattina. Per il momento starà a casa di una zia qui a Eastvale.» «Calvin Soames non se la caverà tanto facilmente, Annie, non importa quanto sia pentito. Lo sai.» «Lo so» disse Annie. «Non penserai mica che voglia fargliela passare liscia, vero? Ma è Kelly che mi preoccupa.» «Kelly è giovane. Si riprenderà. Dubito che qualche magistrato o qualche giuria possa mandare dentro Calvin Soames, ammesso che quel tizio arrivi in un'aula di tribunale.» «Si è dichiarato colpevole. Vuole essere punito.» «Scommetto che la tua Kelly non salirà sul banco dei testimoni e senza la sua testimonianza non possiamo dimostrare un granché.» «Che cos'è?» Annie indicò l'elenco di numeri sulla scrivania di Banks. Banks si ricordò che Annie non era con lui quando l'aveva trovato e che lui non lo guardava da quando aveva consegnato la fotocopia a Rickerd. «Alcuni numeri che Nick Barber aveva scribacchiato in fondo al suo libro.» Annie diede una sbirciata. «Ma certo. La faccenda di Kelly Soames me ne ha fatto del tutto dimenticare, ma avevo intenzione di chiedertelo. Barry Gilchrist, il ragazzo del negozio di computer, mi ha detto di aver visto Nick Barber annotare qualcosa in fondo al libro mentre navigava sul web. Mi domando cosa sia.» «Ti dice niente?» le chiese.
«No.» Annie scoppiò a ridere. «Ma mi ricorda una cosa.» «Che cosa?» «Lascia stare.» «Ma potrebbe essere importante.» «È solo una cosa che facevo spesso quando ero più giovane, tutto qua.» Banks riuscì a stento a non far trapelare l'esasperazione dal suo tono di voce. «E cioè?» Annie gli lanciò uno sguardo. Banks la vide arrossire. «Sai» disse. «Cerchiare le date.» «Quali date?» «Accidenti.» Annie lanciò uno sguardo alle sue spalle e abbassò la voce. «Sei davvero scemo o ci fai?» «Sto cercando di non esserlo, ma non ti seguo.» «Il mio ciclo, idiota. Cerchiavo sempre il giorno del mese in cui dovevano tornarmi le mie cose. Un sacco di ragazze lo fanno. So che questo non è proprio lo stesso, non c'è lo stesso numero di giorni fra una data cerchiata e l'altra, innanzitutto, ma il concetto è quello.» «Be', scusami tanto, ma dato che non sono una ragazza e non ho le mestruazioni...» «Non fare il sarcastico. Potrebbero essere i compleanni dei membri della sua famiglia o i numeri del lotto, che ne so, ma il risultato è lo stesso. Ti ho detto quello che volevi sapere. A me ricorda quando cerchiavo le date sul calendario per segnare l'inizio del mio ciclo. Okay?» Banks alzò le mani. «Okay» disse. «Mi arrendo.» Annie fece una smorfia, si voltò di scatto e uscì dalla stanza. Mentre la scia dell'irritazione di Annie aleggiava ancora nell'aria, Banks restò seduto a fissare i numeri. 6, 8, 9, 21, 22, 25 1, 2, 3, 16, 17, 18, 22, 23 10, 12, 13 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17, 19, 22, 23, 25, 26, 30 17, 18, 19 2, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 16, 18, 19, 21, 22, 23 Sei file. Molti numeri erano ripetuti due volte e nessuna successione andava oltre il 30. Una sorta di calendario, quindi? Date cerchiate? Ma perché erano cerchiate e, soprattutto, a quali mesi e a quale anno si riferivano?
E perché alcuni giorni mancavano? Forse, pensò Banks, sarebbe stato possibile scoprirlo con l'aiuto del computer, poi si rese conto che ogni gruppo non doveva per forza appartenere allo stesso mese o allo stesso anno. Potevano essere sequenze di date prese in un intervallo di trent'anni, per esempio. Il morale gli scivolò sotto i piedi e maledì Nick Barber a fior di labbra per non essere stato più preciso nel prendere appunti, poiché si rese conto che quello poteva essere l'indizio che cercava, forse l'unico che Nick aveva lasciato, e ora più che mai lui si sentiva lontano dal decifrarlo. Annie aveva dimenticato la sua arrabbiatura con Banks arrivata a metà pomeriggio, quando lui fece capolino dalla porta della sala operativa per dirle che Ken Blackstone aveva scoperto dove si trovava Yvonne Chadwick, la figlia dell'ispettore Stanley Chadwick, e per sapere se le andava di accompagnarlo a interrogarla. Annie non se lo fece ripetere due volte. Al diavolo la sovrintendente Gervaise, pensò, mentre afferrava la giacca e la valigetta. Vide Kev Templeton lanciarle un'occhiata bieca mentre lasciava la stanza. Forse Madame Gervaise aveva già cominciato a trattarlo con freddezza, adesso che la vicenda di Kelly Soames era finita nella cronaca locale. Banks era silenzioso, mentre Annie guidava l'auto civetta che aveva preso dal garage della polizia dopo aver firmato il modulo. Annie lo guardò diverse volte con la coda dell'occhio e capì che stava pensando. Be', era un buon segno. Continuò a guidare. «Ho controllato il sito web dei Mad Hatters comunque» gli comunicò. «E?» «Ho buone probabilità di scoprire cosa sono quei numeri in fondo al libro. Ci sono dei link che portano ad altri siti di fan con le date dei tour e tutte le informazioni più impensate. Mi serve ancora un po' di tempo per visitarli tutti.» «Potremmo dargli un'occhiata quando torniamo alla centrale.» «D'accordo.» Yvonne Chadwick, o meglio Reeves, come si chiamava da sposata, viveva alla periferia di Durham, che non era troppo distante da Eastvale percorrendo la A1. La strada era piena di camion, come sempre, e in un paio di tratti una o due corsie erano chiuse per via degli immancabili cantieri stradali, a causa dei quali si procedeva a passo d'uomo. Annie intravide il castello di Durham in cima alla collina e seguì le indicazioni che Banks le aveva annotato.
La casa era una villetta bifamiliare situata in un quartiere ameno e immerso nel verde, uno di quelli in cui i residenti non avevano paura di far giocare i propri figli per la strada. Yvonne Reeves si rivelò una donna sulla cinquantina agitata e un po' grassottella, che indossava una gonna grigia con le balze e un maglione color porpora sformato. Se si fosse vestita un po' meglio, pensò Annie, sarebbe stata molto più attraente. I capelli lunghi e ingrigiti erano legati in una coda di cavallo. L'interno della casa era pulito e ordinato. Lungo le pareti erano disposti alcuni scaffali pieni di libri, perlopiù testi di filosofia e di diritto, con qualche opera letteraria sparsa qua e là. Il soggiorno era un po' angusto, ma divenne confortevole una volta che furono sprofondati nelle poltrone di pelle. Non c'era molta luce naturale e la stanza odorava di cioccolato fondente e libri vecchi. «La cosa è molto intrigante» disse Yvonne. Le sue radici dello Yorkshire erano ancora rintracciabili nel suo accento, anche se molti spigoli si erano smussati nel corso degli anni. «Ma non capisco proprio in che modo posso esservi d'aiuto. Di che si tratta?» «Ha sentito della morte di un critico musicale di nome Nick Barber?» le chiese Banks. «Credo di aver letto qualcosa sul giornale» rispose Yvonne. «Non è stato assassinato da qualche parte nello Yorkshire?» «Vicino a Lyndgarth» rispose Banks. «Continuo a non capire.» «Nick Barber stava lavorando a un servizio su un gruppo chiamato Mad Hatters. Se lo ricorda?» «Buon Dio. Sì, certo che me lo ricordo.» «Nel settembre del 1969 ci fu un festival pop nel North Yorkshire, a Brimleigh Glen. Si ricorda anche quello? Lei avrà avuto all'incirca quindici anni.» Yvonne batté le mani. «Sedici. Io c'ero! Non avrei dovuto, ma c'ero. Mio padre era terribilmente severo. Se glielo avessi chiesto, non mi avrebbe mai dato il permesso di andarci.» «Allora, si ricorderà anche che alla fine del festival una ragazza è stata trovata morta. Si chiamava Linda Lofthouse.» «Certo che me lo ricordo. Il caso era di mio padre. Trovò lui il colpevole.» «Sì. Un uomo di nome McGarrity.» Annie notò che Yvonne ebbe un leggero fremito quando sentì pronunciare quel nome e che sul suo viso comparve per un istante un'espressione
disgustata. «Lo conosceva?» le domandò, prima che quell'attimo fuggisse. Yvonne avvampò. «McGarrity? Come potrei?» Era una pessima bugiarda, pensò Annie. «Non lo so. È solo che mi è parso di vederla sussultare quando ha sentito il suo nome, tutto qua.» «Papà mi ha raccontato di lui, è ovvio. Sembrava una persona orribile.» «Senta, Yvonne» insistette Annie «ho la sensazione che ci sia qualcos'altro. So che è passato molto tempo, ma se sa qualcosa che potrebbe esserci d'aiuto, allora dovrebbe dircelo.» «Perché conoscere il passato può esservi utile oggi?» «Perché» rispose Banks «crediamo che i due casi siano collegati. Nick Barber era il figlio di Linda Lofthouse. Era stato adottato, ma ha scoperto chi era la madre e cosa le era successo. Questo ha fatto nascere in lui un interesse particolare per i Mad Hatters e per il caso McGarrity. Riteniamo che Nick si sia imbattuto in qualcosa che aveva a che fare con l'assassinio della madre e che sia stato ucciso per questo. Il che significa che dobbiamo esaminare con molta attenzione quello che è accaduto a Brimleigh e anche dopo. Una persona che ha lavorato al caso con suo padre si è lasciata sfuggire che McGarrity poteva aver terrorizzato un'altra ragazza, ma questo fatto non è mai emerso durante il processo e non compare nel dossier sul caso. Siamo inoltre a conoscenza del fatto che il signor Chadwick aveva qualche problemino con la figlia, perché forse lei frequentava un gruppo di ragazzi un po' ribelli, ma non siamo riusciti a scoprire niente di più specifico. Potrebbe trattarsi di una sciocchezza e io potrei anche sbagliarmi, ma lei è la figlia e se sa qualcosa, qualunque cosa, la prego di non nasconderla e di lasciare che siamo noi a giudicare.» Yvonne tacque per qualche istante. Annie poteva sentire il suono di una radio arrivare dal retro della casa, probabilmente dalla cucina; qualcuno che parlava, non musica. Yvonne si mordicchiò il labbro e fissò uno degli scaffali sopra le loro teste. «Yvonne» la esortò Annie. «Se c'è qualcosa che noi non sappiamo, dovrebbe dircelo. Non può farle alcun male. Non più.» «Ma è passato così tanto tempo» replicò Yvonne. «Dio mio, ero una vera idiota. Un'arrogante, egoista e stupida idiota.» «Questa potrebbe essere la descrizione di quasi tutti i ragazzi di sedici anni» le fece notare Annie. Quel commento sembrò rompere un po' il ghiaccio e Yvonne si sforzò di rivolgerle un sorriso educato. «Forse ha ragione» disse. Quindi sospirò. «Frequentavo un gruppo di ragazzi ribelli, è vero» ammise. «Be', non pro-
prio ribelli, ma diversi. Hippy, potremmo dire. Il genere di persone che mio padre detestava. Si lamentava sempre del fatto che lui aveva combattuto in guerra per individui così pigri e codardi. Ma in realtà erano innocui. La maggior parte di loro, almeno.» «E McGarrity?» «McGarrity era una specie di parassita, era più vecchio degli altri, non faceva davvero parte del gruppo, ma nessuno aveva né la forza né una ragione per cacciarlo, così vagava da una casa all'altra, dormiva sul pavimento o nei letti che trovava vuoti. Non piaceva a nessuno, in realtà. Era strano.» «E aveva un coltello.» «Sì. Un coltello a serramanico con l'impugnatura di tartaruga. Un oggetto pericoloso. Naturalmente disse di averlo perso, ma...» «Ma la polizia lo ritrovò in una delle case» concluse Banks. «Fu suo padre a trovarlo.» «Sì.» Yvonne lanciò uno sguardo furtivo a Banks. «Sembra che sappia già un bel po' di cose.» «È il mio lavoro. Ho letto i verbali del processo, ma non parlano della ragazza che McGarrity aveva terrorizzato, quella di cui suo padre gli chiese durante l'interrogatorio.» «Credo di no.» «Era lei, non è vero?» «Io?» «Lei conosceva McGarrity. Deve essere successo qualcosa. In che altro modo si potrebbe spiegare lo zelo di suo padre nel perseguirlo e la sua reticenza a portare il fatto in tribunale? Abbandonò ogni altra pista e si concentrò su McGarrity. Io direi che c'era qualcosa di personale, lei che ne pensa?» «Okay, gliel'ho detto io» confessò Yvonne. «McGarrity mi aveva spaventata. Eravamo da soli nel soggiorno della casa di Springfield Mount e lui mi aveva terrorizzata.» «Che cosa aveva fatto?» «Non fu tanto ciò che fece, ma piuttosto il modo in cui mi parlò, mi guardò e mi afferrò.» «La afferrò?» «Per il braccio. Soltanto un livido. E mi sfiorò la guancia. Mi fece accapponare la pelle. Ma soprattutto fu quello che disse. Prima volle parlare di Linda e la cosa lo fece eccitare da morire, dopodiché si mise a parlare
degli omicidi di Los Angeles. All'epoca non sapevamo ancora che erano stati Manson e la sua famiglia, ma sapevamo che quelle persone erano state massacrate e che qualcuno aveva scritto sulle pareti la parola PORCI con il sangue. Lui trovava eccitante tutto questo. E poi disse... lui...» «Vada avanti, Yvonne» la incalzò Annie. Yvonne la guardò e rispose. «Disse di avermi... di avermi guardata mentre ero con il mio ragazzo e che quello sarebbe stato il suo turno.» «Quindi minacciò di violentarla?» chiese Annie. «È quello che pensai io. Per quello mi spaventai tanto.» «Aveva il coltello?» le domandò Banks. «Io non l'ho visto.» «Che cosa disse riguardo a Linda Lofthouse?» «Solo che era molto bella e che era un peccato che fosse morta, ma che il nostro era un mondo assurdo e arbitrario.» «Nient'altro?» «Poi parlò degli omicidi commessi da Manson e mi chiese se mi sarebbe piaciuto fare qualcosa di simile.» «Che è successo dopo?» «Sono fuggita e ho corso più che potevo. Lui camminava su e giù per la stanza e blaterava qualcosa di incomprensibile.» «E poi?» «L'ho raccontato a mio padre. Lui era furibondo.» «Posso capirlo» disse Banks. «Anch'io ho una figlia e avrei provato la stessa identica rabbia. Poi cos'è accaduto?» «Quella notte la polizia fece una retata a Springfield Mount e in altre due case di hippy. Finirono tutti nei guai: li accusarono di possesso di droga, ma era McGarrity che volevano in realtà. C'era anche lui al festival di Brimleigh, capite, e un mucchio di gente lo aveva visto aggirarsi vicino al margine del bosco con il suo coltello a serramanico.» «Credeva che fosse stato lui a commettere l'omicidio?» «Non lo so. Penso di sì. Non l'ho mai messo in dubbio.» «Eppure lui continuava a negare, diceva che era stato incastrato.» «Sì, ma tutti i delinquenti lo fanno, no? È quello che mi disse anche mio padre.» «È una cosa abbastanza comune» ammise Banks. «Appunto. Senta, di che si tratta? Non è che hanno intenzione di rimetterlo in libertà, vero?» «Non ha nulla di cui preoccuparsi, a questo proposito. È morto in pri-
gione.» «Oh, be', non posso dire di essere distrutta dal dolore.» «Che successe dopo l'arresto?» Yvonne scrollò il capo. «Non posso credere di essere stata così stupida. Mio padre aveva fatto sapere al mio ragazzo di Springfield Mount che io ero sua figlia e gli aveva detto di starmi alla larga. Steve, si chiamava così. Che terribile stronzetto narcisista che era... ma molto carino.» «Ne ho conosciuti anch'io un paio così» disse Annie. Banks le lanciò uno sguardo di sufficienza. «In ogni caso» riprese Yvonne «era la solita storia. Io pensavo che mi amasse, ma lui voleva che mi togliessi dai piedi. Fu davvero imbarazzante. È buffo, sapete, ma la cosa che mi ricordo meglio di quella casa è la stampa di Goya appesa alla parete. Il sonno della ragione genera mostri. Quella in cui c'è un uomo addormentato circondato da gufi, pipistrelli e gatti. Mi spaventava e mi affascinava allo stesso tempo, non so se riuscite a capire cosa intendo.» «È tornata in quella casa dopo la retata?» «Sì. Il giorno dopo. Steve non voleva più saperne di me. Nessuno di loro voleva più saperne. Aveva sparso la voce che io ero la figlia di un poliziotto e così ero stata messa al bando da tutti.» Sbuffò. «Nessuno vuole dividere uno spinello con la figlia di uno sbirro.» «Che cosa fece allora?» «Ero davvero a pezzi. Scappai di casa. Presi tutti i soldi che ero riuscita a racimolare e andai a Londra. Avevo l'indirizzo di una ragazza, Lizzie, che era venuta una volta a Springfield Mount. Era gentile e mi lasciò dormire per terra in un sacco a pelo a casa sua. Ma non era molto pulito. C'erano i topi che cercavano in tutti i modi di infilarsi nel mio sacco a pelo, così dovevo stringermelo bene intorno al collo e la notte non riuscivo a chiudere occhio.» Rabbrividì un poco. «E in giro c'era gente ancora più strana di quella che c'era a Leeds. Ero molto depressa e cominciavo ad avere paura di tutto. Credo che Lizzie non ne potesse più di me. Parlava di energia negativa e roba del genere. Allora cominciai a sentirmi persa, del tutto fuori luogo, come se non appartenessi a quel posto e nessuno mi volesse bene. Tipica angoscia adolescenziale, ora me ne rendo conto, ma all'epoca...» «Quindi cosa fece?» «Tornai a casa.» Emise una secca risata. «Due settimane. Tanto è durata la mia grande avventura.»
«E i suoi genitori come reagirono?» «Provarono sollievo. E rabbia. Durante quel lasso di tempo non li avevo mai chiamati... Sono stata davvero crudele. Se mia figlia facesse una cosa del genere, andrei fuori di testa, ma in quel momento ero così egoista e confusa! Mio padre, da poliziotto, aveva sempre pensato al peggio. Mi aveva già vista morta da qualche parte. Mi disse che all'inizio aveva addirittura temuto che mi fosse accaduto qualcosa per via di McGarrity e che gli altri avessero cercato di vendicarsi di me perché avevo fatto la spia. Ma non poteva fare niente in modo ufficiale, perché non voleva che la gente lo sapesse. L'intera vicenda deve averlo logorato. Prendeva in modo molto serio il suo lavoro.» «Non voleva che la gente sapesse cosa?» «Che frequentavo quegli hippy.» «Com'era suo padre durante le indagini e il processo?» «Lavorava duro, faceva molto tardi. Ed era molto nervoso, angustiato. Cominciò ad avere dei dolori al petto, mi ricordo, ma fece passare parecchio tempo prima di farsi visitare da un medico. Non parlavamo un granché. Era davvero sotto pressione. Credo che lo facesse per me. Aveva pensato di avermi persa e se l'era presa con McGarrity e con tutti quelli che erano coinvolti. Non è stato un periodo tranquillo a casa mia, per nessuno.» «Ma sempre meglio dei topi nel sacco a pelo» commentò Annie. Yvonne sorrise. «Sì, molto meglio. Ma fummo tutti sollevati quando il processo si concluse e McGarrity venne condannato. Sembrava essere durato un'eternità, come un nuvolone nero sospeso sulle nostre teste. Mi pare che il processo fosse iniziato soltanto nell'aprile seguente e che fosse andato avanti per circa quattro settimane. La situazione era abbastanza tesa. Comunque, nel frattempo io tornai a scuola, presi la maturità e mi iscrissi all'Università di Hull. Dovevano essere i primi anni Settanta. C'erano ancora un bel po' di capelloni in giro, ma io mi tenni alla larga. Avevo imparato la lezione. Mi sono dedicata ai miei studi e alla fine sono diventata un'insegnante. Ho sposato un professore universitario, che insegna qui, a Durham. Abbiamo due figli, un maschio e una femmina, entrambi sposati ormai. E questa è la storia della mia vita.» «Ha mai sentito suo padre esprimere qualche dubbio riguardo alla colpevolezza di McGarrity?» le domandò Banks. «No. Non mi ricordo, almeno. Per lui era come una crociata. Non oso immaginare cosa avrebbe potuto fare se McGarrity fosse stato rilasciato.
Pensarci non serve a nulla. Sta di fatto che mio padre rovinò la salute per quella faccenda.» «E sua madre?» «Mamma è rimasta sempre al suo fianco. Lei era una roccia. Quando è morto era distrutta, naturalmente. Lo eravamo entrambe. Ma alla fine si è risposata e ha avuto una vita abbastanza felice. È morta nel 1999. Siamo state vicine fino all'ultimo. Viveva a pochi chilometri da qui e adorava i suoi nipotini.» «Molto bene» disse Annie. «Abbiamo quasi finito ormai. L'ultima cosa di cui volevamo chiederle è la morte di Robin Merchant.» «Il bassista degli Hatters! Dio, ci rimasi così male. Robin era così carino. Gli Hatters erano uno dei miei gruppi preferiti, ai tempi in cui ascoltavo la musica pop, e li abbiamo sempre considerati nostri compaesani, in un certo senso. Sapete che erano di Leeds?» «Sì» rispose Annie. «Comunque, che volete sapere di lui?» «Suo padre le parlò mai di lui?» «Non mi sembra. Perché avrebbe dovuto...? Oh, sì. Mio Dio, questo sì che mi riporta indietro nel tempo. Mio padre aveva parlato con loro durante le indagini sulla morte di Linda Lofthouse e mi aveva regalato un LP con l'autografo di tutti i membri della band. Credo di averlo ancora da qualche parte.» «Adesso varrà un mucchio di soldi» disse Banks. «Oh, non lo venderei per nulla al mondo.» «Ma... disse qualcosa?» «Riguardo a Robin Merchant? No. Be', non aveva niente a che fare con lui. Era l'estate dopo che McGarrity era stato messo in prigione e il cuore di mio padre cominciava a dare preoccupanti segni di cedimento. In realtà non parlammo mai di queste cose... la musica e la roba da hippy, sa... non dopo il mio ritorno da Londra. Insomma, io avevo chiuso con quell'ambiente e mio padre ne era contento, così smise di lamentarsi con me. Più che altro mi buttai a capofitto nello studio.» «Questo le dice qualcosa?» Banks tirò fuori la fotocopia dei numeri cerchiati che si trovavano sull'ultima pagina del libro di Nick Barber. Yvonne aggrottò la fronte mentre la guardava. «Temo di no» rispose. «Non ho detto di essere un'insegnante di matematica.» «Pensiamo che possano essere delle date» spiegò Banks. «In particolar modo date che hanno un collegamento con i tour dei Mad Hatters o qual-
cosa del genere. Ma non sappiamo né i mesi né l'anno a cui si riferiscono.» «Restano aperte un bel po' di possibilità, allora.» Annie guardò Banks e alzò le spalle. «Bene» disse Banks «abbiamo finito allora, a meno che l'ispettore Cabbot non abbia qualche altra domanda da porle.» «No» disse Annie, quindi si alzò e si chinò in avanti per stringere la mano a Yvonne. «Grazie per averci dedicato il suo tempo.» «Si figuri. Mi dispiace solo di non esservi stata un po' più d'aiuto.» «Che ne pensi di quello che ci ha detto Yvonne?» chiese Annie a Banks mentre sedevano davanti a un drink e a un panino con formaggio e sottaceti. Il Queen's Arms era mezzo vuoto e il tavolo da biliardo, per fortuna, non era usato da nessuno. Un paio di turisti di fine stagione erano seduti al tavolo accanto a loro: studiavano le cartine e parlavano tedesco. «Penso che quello che ci ha raccontato dovrebbe renderci ancora più sospettosi riguardo a Stanley Chadwick e alle sue motivazioni» rispose Banks. «Che cosa intendi?» «Se davvero credeva che la figlia fosse stata terrorizzata e minacciata di stupro, deve aver intrapreso una specie di crociata personale. Ho cercato di immaginare cosa avrei fatto io se una cosa simile fosse accaduta a Tracy e ti giuro che mi sono fatto paura da solo. Yvonne ci ha riferito che McGarrity aveva parlato della ragazza morta, Linda Lofthouse. Bisogna ammettere che stando a lei il ragazzo non aveva rivelato informazioni che soltanto l'assassino avrebbe potuto conoscere, ma sappiamo tutti e due che queste cose succedono soltanto alla televisione. Ma quello che le ha effettivamente detto mi è sembrato terribilmente sospetto. Prova a immaginare come può essere sembrato a suo padre, disperatamente a caccia di un assassino e preoccupato per la figlia che bazzicava gli hippy. A un certo punto scopre che lo sciroccato che l'ha terrorizzata possiede un coltello, con cui è stato visto aggirarsi al festival di Brimleigh. Immagina che abbia messo le due cose insieme e all'improvviso si sia accesa una luce. Yvonne ci ha detto che da quel momento suo padre ha smesso di cercare un altro possibile colpevole per l'omicidio. Rick Hayes all'improvviso è uscito di scena. C'è stato soltanto McGarrity da allora in poi, solo e soltanto McGarrity.» «Ma le prove dicono che è stato McGarrity.» «No, non è così. Tutti sapevano che McGarrity portava un coltello a serramanico con l'impugnatura di tartaruga, compreso Stanley Chadwick.
Non sarebbe stato troppo difficile per lui procurarsene uno identico. Non dimenticare che Yvonne ha detto di non aver visto il coltello il giorno in cui McGarrity l'ha terrorizzata.» «Perché lo aveva già nascosto.» «O perso, come sosteneva lui.» «Non ci credo» disse Annie. «Credi alla parola di un assassino che è stato condannato anziché a quella di un ispettore dalla reputazione irreprensibile?» «Sto solo pensando ad alta voce, santo cielo, cerco di trovare un pretesto per l'omicidio di Nick Barber.» «E ci sei riuscito?» Banks bevve un sorso di Black Sheep. «Non ne sono ancora sicuro. Ma sono convinto che Chadwick avrebbe potuto procurarsi quel coltello, raggirare McGarrity per farglielo impugnare e accedere al vestito e ai campioni di sangue di Linda Lofthouse. Al giorno d'oggi sarebbe molto più difficile, ma allora era diverso, non era ancora stato introdotto il Police and Criminal Evidence Act. Uno nella posizione di Chadwick probabilmente poteva avere libero accesso alla stanza delle prove. E penso che possa essere stato spinto a farlo da quello che era accaduto alla figlia. Ricordati che era un uomo con una missione, convinto di avere ragione ma incapace di provarlo con mezzi legali. Ci siamo passati tutti. Quindi in questo caso, dato che è una battaglia personale e che sua figlia gli ha raccontato delle cose sospette e inquietanti su McGarrity, cose che lui non può usare senza coinvolgere Yvonne e perdere la credibilità, decide di fare uno sforzo in più e di fabbricare il principale elemento di prova di cui ha bisogno. Ricorda: niente coltello, niente processo; va tutto a puttane. È c'è un'altra cosa.» «Cosa?» «La salute di Chadwick. Fondamentalmente era un poliziotto onesto, timorato di Dio e rispettoso della legge, con una rigida educazione presbiteriana, forse profondamente repressa per via della sua esperienza in guerra, e incazzato per tutto quello che vedeva intorno a sé: la mancanza di rispetto dei giovani, l'edonismo, le droghe.» «Sei diventato uno psicanalista, adesso?» «Non c'è bisogno di essere uno psicanalista per capire che se Chadwick ha davvero fabbricato le prove contro McGarrity, seppure per nobili ragioni, la cosa deve averlo logorato. Come ha detto Yvonne, era un poliziotto con un grande senso del dovere. Per lui la legge e un minimo di dignità umana erano tutto. Poteva aver perso la fede durante la guerra, ma non po-
teva cambiare la sua natura tanto facilmente.» Annie si accostò il bicchiere alla guancia. «Ma McGarrity è stato visto vicino alla scena del delitto, era conosciuto da tutti come un tipo molto bizzarro, aveva un coltello a serramanico, era mancino e conosceva la vittima. Perché insisti col dire che non è stato lui e che un bravo poliziotto è diventato disonesto?» «Non insisto. Sto solo facendo una prova per vedere come va. Comunque, ormai, non potremmo mai dimostrarlo.» «A meno che non dimostriamo che sia stato qualcun altro a uccidere Linda Lofthouse.» «Be', questo è vero.» «Alan, tu che pensi?» «Scommetto tutto su Vic Greaves.» «Perché? Perché era mentalmente instabile?» «In parte, sì. Molto spesso non sapeva quello che faceva e aveva delle visioni inquietanti durante i suoi viaggi provocati dagli allucinogeni. Ricordati che quella sera a Brimleigh era sotto l'effetto dell'acido, così come la notte in cui è morto Robin Merchant. Non occorre un grande sforzo per immaginare che forse sentiva delle voci che gli dicevano di fare le cose. In più Linda Lofthouse era sua cugina, perciò se ti basi sulla teoria secondo la quale quasi tutte le persone vengono uccise da qualcuno che conoscono e in particolare da qualcuno che fa parte della famiglia, la cosa acquista ancora più senso.» «Non crederai che abbia ucciso anche Robin Merchant, vero?» «Non è del tutto escluso. Magari Merchant sapeva cosa aveva fatto, chissà?» «Ma Greaves non aveva un passato violento. Né tanto meno un movente.» «Okay, questo te lo concedo. Ma non vuol dire che non possa aver perso la testa. La droga può avere effetti molto strani sulla gente.» «E Nick Barber?» «Lo ha scoperto.» «Come?» «Non ci sono ancora arrivato.» «Be'» disse Annie. «Io continuo a pensare che Stanley Chadwick avesse ragione e che sia stato Patrick McGarrity.» «Tuttavia, varrebbe la pena di riconsiderare anche Rick Hayes, se riusciamo a trovarlo.»
«Se proprio insisti.» Annie finì la sua aranciata. «Ho fatto la mia buona azione per oggi» disse. «Che fai domani?» le chiese Banks. «Domani? Darò uno sguardo a quei siti web, molto probabilmente. Perché?» «Pensavo che magari potevi prenderti un paio d'ore di pausa e venire a pranzo fuori con me, così conoscerai Emilia.» «Emilia?» «La ragazza di Brian. Non te l'avevo detto? È un'attrice. Ha fatto qualcosa in televisione.» «Davvero?» «Bad Girls, fra le altre cose.» «Uno dei miei telefilm preferiti. D'accordo, mi sembra una bella idea.» «Speriamo solo che stavolta non ci interrompa nessuno. Incrocia le dita.» Per una volta, non era tarda sera quando Banks tornò a casa; aveva fatto un salto alla centrale dopo il drink con Annie e aveva visto che tutto filava alla perfezione. Brian e Emilia erano usciti, così poté trascorrere qualche piacevole momento da solo ad ascoltare un CD che aveva comprato di recente in cui Susan Graham cantava canzoni francesi e godersi un bicchiere dell'Amarone di Roy. Quando finalmente Brian e Emilia tornarono, il CD era quasi finito e il bicchiere di vino era mezzo vuoto. Banks andò in cucina per salutarli. «Papà» esordì Brian, mentre appoggiava alcuni pacchetti sul tavolo «siamo stati a York tutta la giornata. Non sapevamo se eri in casa oppure no, così abbiamo preso del cibo indiano da asporto. Ce n'è in abbondanza, quindi, se ti va di unirti a noi...» «No, grazie» rispose Banks, cercando di non pensare alla reazione sismica che si sarebbe scatenata nel suo stomaco se avesse mescolato il curry con l'Amarone. «Non ho molta fame. Ho mangiato un panino poco fa. Vi è piaciuta York?» «Moltissimo» rispose Emilia. «Abbiamo fatto tutte la classiche cose da turisti. Abbiamo visitato la cattedrale e il museo vichingo di Jorvik. Siamo andati persino al museo dei treni.» «L'hai portata lì?» domandò Banks a Brian. «Non è colpa mia, è stata una sua idea.» «È vero» confermò Emilia prendendo la mano di Brian. «Adoro i treni.
Ho dovuto trascinarcelo.» Scoppiarono tutti e due a ridere. Banks si ricordò di aver portato Brian al Museo Nazionale dei Trasporti, o meglio al Museo dei Trasporti di York, come si chiamava all'epoca, durante una gita che avevano fatto in quella città quando il figlio aveva circa sette anni. Brian si era divertito un mondo a salire sulle immacolate locomotive a vapore e a giocare a fare il macchinista. Brian e Emilia mangiarono la loro cena indiana seduti sulla panca della cucina, mentre Banks stava seduto a sorseggiare il suo vino e a chiacchierare con loro della giornata appena trascorsa. Quando ebbero finito di mangiare, Brian rassettò, un evento più unico che raro, e poi disse: «Oh, dimenticavo. Ti ho comprato un regalo, papà». «A me?» chiese Banks. «Non dovevi.» «Non è un granché.» Brian prese una busta di HMV dallo zaino. «Scusa, non ho avuto modo di incartarlo come si deve.» Banks tirò fuori la scatola dalla busta di plastica. Era un DVD: The Mad Hatters Story. A giudicare dalla spiegazione che era sul retro della custodia, conteneva filmati che riguardavano ogni tappa della carriera della band, compresi gli esordi, quando Vic Greaves e Robin Merchant facevano ancora parte della formazione. «Deve essere interessante» commentò Banks. «Ti va di guardarlo con me?» «Perché no?» «Emilia?» Emilia prese un libro dalla sua borsa a tracolla, Leggere Lolita a Teheran. «Io no» disse con un sorriso. «Sono stanca. È stata una giornata lunga. Credo che andrò a letto e leggerò un po', lascio voi maschietti da soli.» Diede un bacio a Brian, quindi si rivolse a Banks e disse: «Buonanotte». «Buonanotte» rispose Banks. «Senti, prima che te ne vada, volevo chiedervi se vi va di venire a pranzo fuori con me e Annie domani. Cioè, sempre se riusciamo a liberarci.» Brian inarcò un sopracciglio e guardò Emilia, che annuì. «Certo» rispose, poi con la faccia di chi aveva visto saltare molti appuntamenti aggiunse: «Se riuscite a liberarvi». «Te lo prometto. Vi tratterrete ancora un po', vero?» «Se per te va bene» rispose Brian. «Certo che va bene.» «Se non ti siamo di intralcio, volevo dire.» Banks si sentì arrossire. «No. Perché dovreste...? Cioè...»
Emilia augurò la buonanotte di nuovo, sorrise e andò di sopra. «Sembra una brava ragazza» disse Banks al figlio, quando lei non fu più a portata di orecchio. Brian sogghignò. «Già.» «È...?» «...una cosa seria?» «Be', sì, credo che volessi dire questo.» «È troppo presto per dirlo, ma mi piace tanto che se mi lasciasse sarei a pezzi, come dice la canzone.» «Quale canzone?» «La nostra! L'ultimo singolo.» «Ahi. Non compro mai i singoli.» «Lo so, papà. Scherzavo. E non è nemmeno in vendita su un CD. Devi scaricarlo da iTunes.» «Ehi, aspetta un minuto. Adesso so come si fa. Ho un iPod. Non sono luddista fino a questo punto, sai.» Brian si mise a ridere e prese una lattina di birra bionda dal frigo. Banks si riempì di nuovo il bicchiere ed entrambi andarono in salotto. Il DVD iniziava con il manager Chris Adams che riassumeva in parole povere la storia del gruppo, dopodiché si passava a un documentario fatto di spezzoni di vecchi concerti e interviste. Banks trovò divertente e interessante vedere i membri della band trentacinque anni prima, con i loro pantaloni a zampa d'elefante e i capelli lunghi, che cercavano di sembrare presuntuosi e innocenti allo stesso tempo, mentre parlavano di «pace e amore, amico». Vic Greaves, che sembrava drogato come al solito, in un'intervista del 1968 partiva per una tangente costellata di lunghe pause ogni volta che l'intervistatore gli faceva una domanda sulle sue canzoni. Robin Merchant sembrava glaciale e un tantino più cinico e la sua intelligenza fredda e pratica spesso forniva un gradito antidoto alle insulse e sconclusionate riflessioni degli altri. Ma la cosa più interessante erano gli spezzoni dei concerti. Non c'era nulla che si riferisse a Brimleigh, purtroppo, a parte qualche fotogramma in cui i membri del gruppo si rilassavano dietro le quinte con uno spinello, ma c'erano magnifiche sequenze della fine degli anni Sessanta in cui la band suonava nei posti più disparati come il refettorio dell'Università di Leeds, il Colston Hall di Bristol e il Paradiso di Amsterdam. In una delle serate, un presentatore strafatto gridava con un marcato accento londinese: «E adesso, signore e signori, un bell'applauso per gli HATTERS!».
La musica sembrava avere una freschezza incredibile e gli innocenti testi pastorali di Vic Greaves racchiudevano una inquietante e infinita tristezza, che si fondeva con il delicato suono psichedelico delle tastiere e con i virtuosismi di Terry Watson. Come molti bassisti, Robin Merchant stava immobile a suonare con il volto impassibile, ma era bravo, e come molti batteristi Adrian Pritchard tirava colpi a destra e a manca come un forsennato. Era evidente che Keith Moon e John Bonham esercitavano una forte influenza su di loro all'epoca. C'era qualcosa di strano nello schieramento, ma Banks per metà guardava e per metà pensava a Brian, e quando si concentrò di nuovo sullo schermo sia Vic Greaves sia Robin Merchant erano spariti dalla scena e la bella e un po' nervosa Tania Hutchison stava facendo il suo debutto con la band al Royal Festival Hall di Londra all'inizio del 1972. Banks ripensò all'incontro che aveva avuto con lei il giorno prima. Era ancora una donna attraente e Banks avrebbe potuto anche avere qualche chance, ma pensava di essersi alienato la simpatia della donna con le sue domande insistenti. Sembrava che quella fosse la storia della sua vita, alienarsi la simpatia delle donne che gli piacevano. Il documentario continuava descrivendo l'ascesa della band fino al suo ritiro ufficiale avvenuto nel 1994, con qualche spezzone dei pochi concerti che avevano fatto da allora, intramezzati alle interviste di una Tania attempata, con i capelli corti e la sigaretta sempre in mano, e un Adrian Pritchard pelato, grasso e dall'aria malata. Reg Cooper e Terry Watson dovevano essersi rifiutati di farsi intervistare, perché comparivano solo nelle sequenze dei concerti. Quando il filmato arrivò in un punto in cui si parlava dei disaccordi all'interno della band, Banks notò che Brian si irrigidì un poco. Dato che quella indagine lo aveva fatto addentrare nel mondo del rock più di quanto gli fosse mai capitato, Banks aveva pensato parecchio a Brian e alla vita che conduceva. Non solo alla droga, ma a tutte le conseguenze e ai problemi che la fama comportava. Pensava alle grandi star che si erano distrutte in giovane età per aver ceduto agli eccessi o alla disperazione: Kurt Cobain, Jimi Hendrix, Tim Buckley, Janis Joplin, Nick Drake, Ian Curtis, Jim Morrison... e la lista continuava. Sembrava che Brian stesse bene, ma era alquanto improbabile che andasse a raccontarlo al padre se aveva problemi con la droga, per esempio. «C'è qualcosa che non va?» gli chiese Banks. «Qualcosa che non va? No. Perché dovrebbe esserci?»
«Non lo so. È solo che non mi hai raccontato granché del tuo gruppo.» «Perché non c'è molto da dire.» «Quindi va tutto bene?» Brian esitò. «Be'...» «Cosa c'è?» Brian si girò verso il padre, che abbassò il volume. «Denny sta diventando strano, ecco tutto. Se continua a peggiorare, forse saremo costretti a farlo fuori.» Denny, a quanto ne sapeva Banks, era l'altro chitarrista e cantante del gruppo e scriveva le canzoni insieme a Brian. «Farlo fuori?» «Non intendevo ucciderlo. Sul serio, papà, a volte mi preoccupo degli effetti che il tuo lavoro ha su di te.» Anch'io, pensò Banks. Ma pensò anche al fatto di eliminare elementi distruttivi da una band e a quanto sarebbe stato facile con Robin Merchant, per esempio: solo una leggera spinta in direzione della piscina. Anche Vic Greaves era distruttivo, ma era uscito dal gruppo di sua spontanea volontà. «Strano? In che senso?» domandò. «Egocentrico, soprattutto. Cioè, si sta appassionando a influenze musicali davvero assurde, come l'acid punk celtico, e cerca di introdurle nel nostro sound. Se solo provi a contraddirlo su questo argomento, diventa di cattivo umore e comincia a brontolare che quello è il suo gruppo, che è stato lui a metterlo insieme e altre cazzate del genere.» «Cos'hanno da dire gli altri in proposito?» «Sembra che ognuno si sia chiuso in un mondo suo. Non comunichiamo un granché. Facciamo solo finta. Con Denny non riesco a parlare. Non possiamo più scrivere canzoni insieme.» «Che succede se lui se ne va?» Brian indicò il video. «Prenderemo qualcun altro. Ma non abbiamo intenzione di diventare commerciali.» «Voi siete perfetti così come siete.» «Sì. Lo so. Vendiamo sempre più dischi. La gente ama il nostro sound. È spigoloso, ma accessibile, capisci? Questo è il problema. Denny vuole cambiarlo e pensa di avere tutto il diritto di farlo.» «Che mi dici del vostro manager?» «Geoff? Denny non fa altro che leccargli il culo.» Banks pensò istintivamente a Kev Templeton. «E Geoff come reagisce?»
Brian si grattò il mento. «A pensarci bene» disse «credo che non ne possa più. All'inizio forse gli faceva piacere avere qualcuno nel gruppo che gli rivolgesse un sacco di attenzioni e che gli andasse a riferire tutti i pettegolezzi, ma, non so se ci hai mai fatto caso, alla fine la gente si stufa dei propri leccapiedi.» I bambini sono la bocca della verità, pensò Banks, mentre una lampadina si accendeva nella sua testa. Peccato che Brian non fosse proprio un bambino. Era come sospettava. Templeton si stava scavando la fossa da solo. Nessuno doveva fare nulla. A volte la miglior cosa da fare è proprio non fare niente. Anche Annie avrebbe dovuto riconoscerlo, pensò Banks, visto il suo interesse per il taoismo e lo zen. «Le droghe c'entrano qualcosa in questa faccenda?» domandò al figlio. Brian gli lanciò uno sguardo. «Le droghe? No. Se vuoi sapere se ho provato qualche droga, la risposta è sì. Ho fumato un po' d'erba e mi sono calato qualche pasticca di ecstasy. Ho preso l'anfetamina una volta, ma quando è svanito l'effetto sono stato depresso per una settimana e da allora non l'ho più toccata. Niente di più pesante. E si dà il caso che preferisca la birra. Okay?» «Okay» replicò Banks. «Apprezzo la tua franchezza, ma io mi riferivo più agli altri.» Brian sorrise. «Adesso capisco come fai a cavare le confessioni di bocca alla gente. Comunque, la risposta è sempre negativa. Che tu ci creda o no, siamo un gruppo di ragazzi piuttosto perbene.» «Allora cosa succederà?» chiese Banks. Brian scrollò le spalle. «Boh. Geoff ci ha consigliato di prenderci un attimo di respiro, perché abbiamo lavorato senza sosta sia in studio che durante il tour. Quando torneremo... si vedrà. Chissà se Denny avrà cambiato idea.» «Tu cosa prevedi?» «Prevedo di no.» «E allora?» «Dovrà andarsene.» «La cosa ti preoccupa?» «Un po'. Non troppo, però. Voglio dire, loro ce l'hanno fatta, no?» I Mad Hatters stavano suonando il pezzo allegro e rockeggiante che era stato al primo posto della classifica nel 1983, Young at Heart. «Il gruppo sopravviverà. È più la mancanza di comunicazione che mi preoccupa. Voglio dire, Denny era un mio amico e adesso non riesco a parlarci.»
«Perdere un amico è sempre triste» commentò Banks, consapevole di quanto suonasse patetica e inutile quella osservazione. «Ma succede sempre così. Quando incontri qualcuno, all'inizio è sempre una grande avventura, trovi un sacco di punti in comune. Sai, i posti che ti piacciono di più, la musica, i libri. Poi, a mano a mano che lo conosci, cominci a vedere le altre cose.» «Giusto, come per esempio che è un bastardo lamentoso, bugiardo e manipolatore» replicò Brian. Quindi scoppiò a ridere e agitò la lattina vuota. «Vuoi un altro bicchiere di vinello?» chiese al padre, visto che anche il suo bicchiere era vuoto. «Certo, perché no?» rispose Banks e, mentre Brian andava a prendere da bere, guardò la bella Tania muoversi sinuosa in un diafano abito celeste che fluttuava intorno al suo corpo come se fosse acqua. «C'è una cosa che vorrei sapere» disse, dopo aver bevuto un sorso di Amarone. «Cosa?» «Che diavolo è l'acid punk celtico?» Capitolo 19 Annie annotò in fretta qualcosa, poi tornò a guardare il monitor del computer e fece scorrere la pagina. Era lunedì mattina. La domenica quasi tutti i membri della squadra si erano presi una giornata di meritato riposo, la prima in quasi due settimane, ossia da quando Nick Barber era stato assassinato. Annie aveva passato la mattinata a sbrigare un po' di faccende domestiche, il pomeriggio a navigare sul sito web dei Mad Hatters e la sera a godersi quel lungo bagno con tanto di riviste spazzatura che si era ripromessa di fare da giorni. A pranzo era andata al Bridge Inn di Grinton con Banks, Brian e Emilia. In cuor suo Annie era un po' intimidita al pensiero di dover incontrare un'attrice emergente, ma Emilia si era rivelata assolutamente deliziosa. Ed era ancora più intimorita all'idea di incontrare il figlio rockettaro di Banks, che aveva già visto altre volte, ma anche Brian, a modo suo, si era dimostrato affabile e molto meno borioso di come se lo ricordava. Sembrava che fosse diventato più maturo e che si fosse abituato al successo; non era più il giovane impetuoso che voleva a tutti i costi dimostrare qualcosa. Il caffè alla sua destra era tiepido e Annie fece una smorfia quando ne bevve un sorso. C'era un'attività frenetica intorno a lei nella sala operativa,
ma lei era ancora sul web, estraniata da tutto il resto, perché sentiva che stava finalmente per risolvere il mistero dei numeri annotati sulle ultime pagine del libro di Nick Barber. Non era una soluzione così astrusa, dopotutto, si rese conto con un leggero disappunto. Non era qualcosa che all'improvviso faceva apparire tutto chiaro e risolveva il caso e comunque c'era da aspettarsi che Barber avesse annotato una cosa del genere. Non aveva trovato tutto quello che le interessava sul sito ufficiale dei Mad Hatters, ma aveva trovato alcuni link che l'avevano portata a siti di fan meno noti, proprio come doveva aver fatto Nick Barber a Eastvale Computes. Ma il proprietario del negozio di computer aveva sentito solo un pezzetto della canzone che era partita quando Barber aveva aperto il sito ufficiale. Adesso Annie si stava facendo strada fra sgargianti caratteri gotici arancioni e rossi, sfondi neri con loghi stilizzati e frecce che lampeggiavano. Tutti segni che facevano pensare a un giovane web designer che si era sbizzarrito per la smania di mettersi in mostra. In breve tempo, i suoi occhi cominciarono a friggere e le sembrò che qualcuno le avesse massaggiato i bulbi con la carta vetrata. Dopo aver annotato in fretta l'ultima serie, stampò il documento, inserì fra i preferiti l'indirizzo del sito web e chiuse il browser. Poi si strofinò gli occhi e andò in cerca di una tazza di caffè appena fatto, ma scoprì che toccava a lei prepararlo quella volta. Quando finalmente tornò alla sua scrivania era quasi ora di pranzo e aveva voglia di uscire un po' dall'ufficio. «Stavo proprio pensando a te» disse, quando Banks fece capolino dalla porta e le chiese a che punto si trovava. «Comincio a sentirmi oppressa qui dentro. Perché non mi porti in quel nuovo bistrot vicino al castello e riflettiamo su quello che ho scoperto finora?» «Cosa?» replicò Banks. «A pranzo insieme due giorni di fila? La gente malignerà.» «Un pranzo di lavoro» ribatté Annie. «Okay, allora va bene.» Con Templeton che li seguiva con aria sempre più accigliata, Annie prese le sue carte e uscì accompagnata da Banks nell'acciottolata piazza del mercato. Era una bella giornata per quel periodo dell'anno, cielo azzurro terso e venticello fresco; nei pressi del mercato c'erano un paio di pullman carichi di turisti del Teesside che scendevano e si precipitavano verso il pub più vicino. L'orologio della chiesa batté le dodici mentre Banks e Annie attraversavano la piazza e imboccavano la stradina tortuosa che condu-
ceva al castello. Il bistrot si trovava in fondo a una piccola rampa di gradini di pietra, più o meno a metà della salita. Aveva aperto soltanto tre mesi prima e si era già guadagnato alcune critiche positive dagli abitanti del posto. Dato che era presto, c'erano soltanto due tavolini occupati e il proprietario li accolse invitandoli a scegliere dove sedersi. Preferirono un tavolino d'angolo e si sedettero con la schiena rivolta alle pareti imbiancate. In quel modo nessuno avrebbe potuto sbirciare da dietro le loro spalle. Dalla finestrella arrivava poca luce e tutto ciò che si riusciva a vedere erano le gambe e i piedi dei passanti, ma la luce fioca dell'applique era sufficiente per leggere. Optarono entrambi per l'acqua minerale frizzante, in parte perché Annie di rado beveva a pranzo e Banks diceva che negli ultimi tempi anche un solo bicchiere di vino a quell'ora gli metteva sonnolenza. Banks ordinò un panino con la bistecca e patatine fritte, mentre Annie prese l'omelette al formaggio con l'insalata verde. Dopo aver ordinato e versato l'acqua frizzante, cominciarono a ragionare sui risultati che Annie aveva ottenuto quella mattina. In sottofondo c'era una musica dolce, quella che nell'ottica di Eastvale rappresentava l'eleganza parigina: Charles Aznavour, Edith Piaf e qualcosa di Françoise Hardy. Ma era talmente bassa che non dava fastidio. Banks staccò un bel pezzo di baguette, lo imburrò e diede un'occhiata agli appunti di Annie. «Per farla breve» disse Annie «sono le date dei concerti che i Mad Hatters hanno tenuto da ottobre 1969 a maggio 1970.» «Ma in tutto i mesi sono otto e ci sono soltanto sei file di numeri.» «Non hanno fatto nessun concerto nei mesi di dicembre e febbraio» spiegò Annie. Mostrò a Banks la pagina che aveva stampato dal sito web. «Ho trovato tutto in un sito gestito da quello che deve essere il loro fan più sfegatato. La quantità di scemenze che la gente mette su quel sito è inaudita. Comunque, per uno scrittore come Nick Barber deve essere stato un dono del cielo.» «Ma sono informazioni attendibili?» «Sono sicura che c'è qualche errore» rispose Annie. «Dopotutto questi siti web non vengono revisionati ed è facile commettere errori. Ma tutto sommato direi che sono abbastanza attendibili.» «Quindi i Mad Hatters erano in tour il 6, l'8, il 9, il 21, il 22 e il 25 ottobre? È così che funziona?» «Sì» confermò Annie. Gli passò lo stampato. «E questi sono i posti in cui hanno suonato.»
«Il Dome, a Brighton; la Locamo Ballroom, a Sunderland; il Guildhall, a Portsmouth. Giravano un bel po'.» «Puoi dirlo forte.» «E le date cerchiate?» «Soltanto tre, come puoi vedere» disse Annie. «Il 12 gennaio, il 19 aprile e il 19 maggio. Sempre del 1970.» «C'è qualche significato particolare in quei due 19?» «Non ho ancora capito il significato delle tre date cerchiate.» «Forse erano i giorni in cui doveva avere il ciclo la sua ragazza.» Annie gli tirò una secca gomitata fra le costole. «Non essere cafone. E comunque il ciclo non viene a intervalli così irregolari. Nella maggior parte dei casi, almeno.» «Allora l'avevi già preso in considerazione?» Annie lo ignorò e si preparò a passare oltre, ma proprio in quel momento arrivarono le ordinazioni. Fecero una breve pausa per sistemare i fogli, i piatti e le posate, quindi ripresero. «Il primo intervallo è di tre mesi, il secondo di uno.» «Debiti di droga?» «Può darsi.» «Che mi dici dei luoghi?» Annie consultò gli appunti. «Il 12 gennaio suonavano al Top Rank Suite di Cardiff, il 19 aprile al Dome di Brighton e il 19 maggio erano al Van Dyke Club di Plymouth.» «Non potevano essere più disparati» osservò Banks. «Okay. Ora dobbiamo scoprire se c'è un significato particolare in quelle tre date e nei tre rispettivi luoghi.» Il proprietario si avvicinò per chiedere se era tutto a posto. Loro gli assicurarono di sì e quello filò via. Quel genere di premura avrebbe avuto vita breve nello Yorkshire, pensò Annie, e si ritrovò a chiedersi se l'accento francese di quell'uomo fosse finto come il parrucchino che portava in testa. «Mi farò aiutare da Winsome dopo pranzo» disse. «Tu cosa farai?» «È ora che io faccia un'altra visita a Vic Greaves» rispose Banks. «Per vedere se riesco a fargli dire qualcosa di sensato stavolta. Pensavo di portare Jenny Fuller con me, ma è fuori per un giro di conferenze e non c'è nessun altro di cui mi fidi veramente per questo genere di cose.» «Stai attento» gli raccomandò Annie. «Ricorda quello che è successo a Nick Barber quando ha mostrato un eccessivo interesse per Vic Greaves.» «Non ti preoccupare. Lo farò.»
«E buona fortuna» aggiunse Annie. «A quanto ho sentito sul suo conto, ne avrai bisogno.» Banks tagliò un pezzo di collosa cartilagine marroncina dalla sua bistecca e lo appoggiò sul bordo del piatto. Quella visione fece sentire Annie un tantino nauseata, ma molto lieta di essere vegetariana. «Sai» disse Banks «non sono ancora riuscito a stabilire se Greaves è un vero matto o un autentico eccentrico inglese.» «Forse non c'è molta differenza» replicò Annie. «Non ci hai pensato?» C'erano un mucchio di auto parcheggiate vicino al giardino pubblico di Lyndgarth quel lunedì pomeriggio presto e diversi gruppi di escursionisti equipaggiati di tutto punto si erano riuniti nelle vicinanze per gli ultimi ragguagli. Banks trovò un buco in cui parcheggiare l'auto vicino all'ufficio postale e poi si incamminò lungo la strada in cui si trovava il cottage di Vic Greaves. Sperava che quell'uomo fosse un po' meno sconclusionato stavolta e aveva pronte diverse domande per rinfrescare la memoria all'ex tastierista, qualora ce ne fosse stato bisogno. A differenza della sua ultima visita, adesso era convinto che Stanley Chadwick avesse preso un brutto granchio riguardo alla colpevolezza di Patrick McGarrity, per motivi personali, e inoltre non solo sapeva che Greaves era cugino di Linda Lofthouse, ma anche che Nick Barber era il figlio di quella donna, il che significava che Greaves e Barber erano imparentanti in qualche modo, malgrado Banks stentasse a capire quale. Ma, cosa più importante, significava che un collegamento fra i due diversi casi esisteva davvero e a Banks i collegamenti piacevano da morire. Percorse il breve vialetto e bussò alla porta. Le tende sul davanti erano chiuse. Nessuna risposta. Si ricordò dell'ultima volta, quando Vic Greaves ci aveva impiegato un bel po' a rispondere, così bussò di nuovo. Dato che neanche stavolta ottenne una risposta, andò sul retro, dove c'erano un piccolo cortile lastricato e una casetta che fungeva da ripostiglio. Sbirciò attraverso la finestra della cucina e vide che le cose erano disposte nello stesso impeccabile ordine in cui si trovavano la prima volta che aveva fatto visita a Vic Greaves. Incuriosito, Banks provò ad aprire la porta sul retro. Si aprì. Stava camminando su un terreno pericoloso adesso, lo sapeva, poiché stava entrando in casa di un sospettato da solo e senza un mandato di perquisizione. Ma pensò che, in caso ce ne fosse stato bisogno, avrebbe saputo come giustificare le sue azioni. Avrebbe detto che Vic Greaves era men-
talmente instabile e che lui temeva che potesse aver fatto del male a qualcuno o a se stesso. Tuttavia, sperava di non imbattersi proprio nell'elemento di prova fondamentale che avrebbe collegato in modo inequivocabile Greaves all'omicidio di Barber o a quello di Linda Lofthouse, altrimenti sarebbe stato difficile presentarlo in tribunale. Decise che non avrebbe toccato nulla e che sarebbe tornato con la regolare autorizzazione, se fosse stato necessario. Quando entrò, Banks sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Annie aveva avuto ragione a metterlo in guardia. Se gli avesse fatto intuire che era vicino alla verità, allora Greaves avrebbe potuto reagire in modo violento, come Banks pensava che avesse fatto con Nick Barber. Forse sapeva già chi era che bussava alla sua porta e aspettava nell'ombra armato, pronto ad attaccare. Banks avanzò con cautela nella cucina poco illuminata. Perlomeno i coltelli erano infilati nelle rispettive fessure del ceppo di legno in cui Greaves li teneva. Banks si fermò sulla porta che conduceva al soggiorno e tese l'orecchio. Non si sentiva nulla a parte il vento che scuoteva i rami degli alberi e, in lontananza, il rumore di un'auto che veniva messa in moto e un cane che abbaiava. Da quello che riusciva a intravedere nella luce fioca che filtrava attraverso le tende, anche il soggiorno era identico all'altra volta, con i giornali e le riviste ammucchiati dappertutto. Banks si fermò in fondo alle scale e chiamò Greaves per nome. Ancora niente. Teso e all'erta, s'incamminò su per le scale. Queste scricchiolavano sotto i suoi piedi. Ogni tanto si fermava, ma non sentiva ancora niente. Si fermò sul ballatoio al piano di sopra e restò in ascolto. Niente. Era un piccolo cottage e oltre al bagno grande e a quello di servizio c'erano solo due camere da letto. Banks controllò la prima e vide che era piena di giornali e riviste quasi quanto il soggiorno. Quindi entrò nella seconda, che doveva essere quella di Greaves. In un angolo c'era un materasso con sopra un cumulo di lenzuola e coperte. A Banks ricordò una specie di nido. Prestando attenzione, toccò le coperte con la punta del piede, ma non c'era nessuno lì, né nascosto né morto. Anche se le lenzuola erano ammassate in modo disordinato, erano pulite e odoravano di mela. Nella stanza non c'era altro, a parte un guardaroba e una cassettiera piena di vestiti e indumenti intimi vecchi, ma puliti e ripiegati con cura. Dopo aver dato una rapida occhiata nei due bagni, in cui non trovò nulla, Banks tornò nel soggiorno al piano di sotto. Era un'occasione d'oro per fic-
care il naso in giro, ma non sembrava che Greaves avesse qualcosa in cui valeva la pena di ficcare il naso. Non c'erano souvenir né cimeli dei Mad Hatters, non c'erano né foto, né ricordi di alcun tipo. In realtà, come Banks poté constatare, nel cottage non c'erano altro che articoli per la pulizia della casa, vestiti, utensili da cucina e giornali. Con aria pigra cominciò a sfogliare alcuni dei giornali che si trovavano in cima al mucchio: il «Northern Echo» e il «Darlington & Stockton Times», insieme a una copia dello «Yorkshire Evening Post» di tre anni prima, a giudicare dall'aspetto. Le riviste riguardavano qualsiasi campo: dall'informatica (malgrado Greaves non avesse alcun computer, a quanto Banks poteva vedere), alla numismatica, ma non c'era niente che riguardasse la musica rock o la musica in generale. Molte delle riviste avevano ancora l'omaggio attaccato alla copertina e alcune non erano state nemmeno tolte dall'involucro di cellofan. Poiché non aveva scovato nulla di interessante in mezzo ai giornali, Banks di diresse verso la casetta del cortile sul retro. C'era il lucchetto, ma era già aperto e penzolava leggermente dalla serratura. Banks aprì la porta. Quanto meno si aspettava di trovare altri giornali, invece la casetta era vuota. Non aveva nessun odore particolare a parte quello di terra e di legno. I ragni si aggiravano sulle ragnatele che si trovavano negli angoli e un esemplare particolarmente grande correva lungo la finestra. Banks rabbrividì. Aveva la fobia dei ragni da quando, a cinque anni, ne aveva trovato uno sotto il cuscino. Banks si chiuse la porta alle spalle e lasciò tutto com'era. Una cosa però mancava, rifletté, una cosa che avrebbe dovuto esserci e non c'era: la bicicletta di Vic Greaves. Quindi Greaves era uscito a fare un giro in bici o era andato in qualche luogo specifico? Banks tornò all'auto e tirò fuori il cellulare. La ricezione era pessima, ma almeno c'era. Chris Adams rispose quasi all'istante. «Signor Adams» disse Banks. «Dove si trova?» «A casa. Perché?» «Ha per caso idea di dove sia Vic Greaves?» «Non sono mica il suo guardiano, lo sa?» «No, ma è quello che più ci si avvicina.» «Mi dispiace, no. Non lo so. Perché?» «Sono appena andato a casa sua e la bicicletta non c'è.» «Ogni tanto esce anche lui.» «Va in qualche posto in particolare?»
«Va in giro e basta. Non lo so dove va. Senta, mi sta dicendo che devo preoccuparmi?» «Niente affatto. Sto solo cercando di trovarlo per fargli qualche altra domanda.» «Riguardo a cosa?» «Pare che le indagini siano arrivate a una svolta decisiva. Secondo me ci siamo quasi.» «Sa chi ha ucciso Nick Barber?» «Non ancora, ma credo di esserci vicino.» «E Vic lo sa?» «Non so quello che sa. Ma scommetto che a volte può essere molto perspicace.» «Con Vic non si sa mai. Alcune cose gli entrano in testa, altre gli entrano da un orecchio e gli escono dall'altro.» «Non sa proprio dove può essere andato?» «No. Gliel'ho detto. Ogni tanto va a fare qualche passeggiata in bicicletta. Lo aiuta a tenersi in forma.» «Se lo sente, per favore me lo faccia sapere.» «Okay.» «Un'ultima cosa, signor Adams.» «Sì?» «La notte in cui Robin Merchant è annegato. Lei era alzato in quel momento?» «Chi glielo ha detto?» «Lo era?» «Certo che no. Dormivo profondamente.» «Sappiamo entrambi che questa è una cazzata bella e buona, signor Adams, e forse lo sapeva anche la polizia allora. È solo che non aveva elementi sufficienti per supporre che Robin Merchant fosse stato assassinato o che la sua morte fosse stata causata da qualcun altro in qualche altro modo.» «Questo è assurdo. È stata Tania? Ha parlato con Tania?» «Perché, farebbe differenza?» «Perché lei era sbronza. Se ha parlato con lei, le avrà di sicuro raccontato che all'epoca facevamo coppia, come si suol dire. La sua droga preferita era l'alcol. La vodka in modo particolare. Probabilmente era così ubriaca che non si ricordava neppure come cazzo si chiamava.» «Quindi non era in piedi?»
«Certo che no. E poi, Tania ce l'ha con me. Negli ultimi anni non siamo proprio in ottimi rapporti.» Non era esattamente quello che gli aveva detto Tania, si rammentò Banks. Chi mentiva? «Oh. E come mai?» «Un misto di questioni di lavoro e motivi personali. E niente che la riguardi, in realtà. Ora, senta, la linea diventa sempre più disturbata. Sto per riagganciare.» «Vorrei parlare di nuovo con lei. Può fare un salto alla centrale?» «Passerò da quelle parti la prossima settimana, quando tornerò da Londra. Cercherò di fare un salto, se ne avrò il tempo.» «Cerchi di trovarlo. E telefoni prima.» «Lo farò, se mi ricordo. Arrivederci, ispettore Banks.» Mentre Banks metteva via il cellulare, si accorse di avere un messaggio sulla segreteria. Incuriosito, schiacciò il tasto e dopo il solito annuncio introduttivo sentì la voce di Annie. «Spero che stia andando tutto bene con Vic Greaves» disse. «Sembra che io e Winsome stiamo facendo un po' di progressi qui e vorremmo fare una chiacchierata con te riguardo alle possibilità che sono venute fuori. Puoi tornare alla centrale, non appena hai un momento? Potrebbe essere importante. Grazie.» Be', pensò Banks, mentre si rimetteva in viaggio per Eastvale e inseriva un vecchio CD di Roy Harper, Flashes from the Archives of Oblivion, almeno qualcuno stava facendo progressi. Winsome disse che non aveva più bisogno di usare il computer con la connessione Internet, perciò si trasferirono nell'ufficio di Banks, lontano da occhi indiscreti. La piazza del mercato era gremita di turisti e di gente che faceva la spesa e tutti andavano e venivano per le strette strade che si irradiavano dalla piazza. La giornata stava diventando più calda, così Banks aprì la finestra di qualche centimetro, in modo da far entrare un po' d'aria fresca. Traffico, frammenti di canzoni, risate e conversazioni sembravano tutti rumori lontani e indistinti. Una folata di gas di scarico si levò dai pullman che acceleravano. «Ti sei data un gran da fare, a quanto vedo» disse Banks, mentre Winsome lasciava cadere una pila di fogli di carta sulla scrivania. «Sì, signore» replicò l'agente. «Sono stata al telefono e su Internet per tre ore e credo che troverà molto interessante quello che ho scoperto.» «Vai avanti.» Si sedettero a semicerchio intorno alla scrivania di Banks in modo che
potessero vedere tutti. «Bene» cominciò Winsome, mentre prendeva il primo foglio «cominciamo con il 12 gennaio 1970. Top Rank Suite, Cardiff.» «Che è successo lì?» domandò Banks. «Niente. Almeno non al Top Rank Suite.» «Dove, allora?» «Frena un attimo la tua impazienza» intervenne Annie. «Lascia che Winsome lo dica a modo suo.» «Ho parlato con l'archivista di uno dei quotidiani più importanti da quelle parti» proseguì Winsome «il "South Wales Echo" ed è rimasto sorpreso dal fatto che qualcun altro gli chiedesse di quella data in particolare.» «Qualcun altro?» «Esatto» continuò Winsome. «Pare che Nick Barber abbia fatto un bel po' di ricerche prima di salire nello Yorkshire, nello specifico sulle date dei concerti dei Mad Hatters tenutisi nel periodo compreso fra il festival di Brimleigh e la morte di Robin Merchant.» «Il che mi spinge a chiedermi perché avesse bisogno di controllare i siti web a Eastvale Computes e di annotare quello che aveva trovato dietro il suo libro» disse Annie. «John Butler, il direttore di "MOJO", mi ha detto che Barber era molto meticoloso nel controllare i fatti» spiegò Banks. «Controllava tutto almeno due volte, prima di cominciare a scrivere un pezzo. Suppongo che stesse verificando tutti i dettagli in vista della sua seconda chiacchierata con Vic Greaves.» «Ha senso» commentò Annie. «Vai avanti, Winsome.» «Be', qualche volta ha dovuto contattare le redazioni dei quotidiani locali per vedere se conservavano i numeri arretrati, ma la maggior parte delle volte non ne ha avuto bisogno. Quasi tutto quello che cercava era reperibile nell'archivio dei quotidiani della British Library e nella sala di lettura della biblioteca poteva consultare i giornali in microfilm. I suoi tabulati telefonici di Londra, tra l'altro, mostrano diverse chiamate fatte alla biblioteca così come alle redazioni dei quotidiani in questione a Plymouth, Cardiff e Brighton.» «Che cosa ha scoperto?» «Innanzitutto» rispose Winsome «presumo che stesse cercando recensioni sulle esibizioni dei Mad Hatters. Forse qualche citazione per rendere più interessante il suo articolo. Come ha detto lei, signore, era meticoloso. E pare anche che stesse cercando di avere una visione più ampia del conte-
sto temporale, sa, con qualche piccola indicazione su quello che succedeva quel giorno a Bristol o a Plymouth, quello che interessava alla gente in quel periodo, questo genere di cose. Per crearsi uno scenario.» «Non c'è niente di insolito neanche in questo» obiettò Banks. «Era un critico musicale. Immagino che abbia cercato anche di scovare tutte le vecchie fotografie e le registrazioni non ufficiali che poteva.» «Sì, signore» confermò Winsome. «Certo non poteva fare ricerche su ogni serata - in quel periodo hanno suonato in più di cento posti, fra città e cittadine - ma ha consultato un bel po' di roba nella sala di lettura. Ho parlato con una delle bibliotecarie che hanno avuto a che fare con lui e questa è riuscita a mandarmi una lista del materiale che è riuscito a trovare e a inviarmi via fax le pagine dei quotidiani delle tre date che lui aveva visionato con il microlettore. È stata molto disponibile. Sembrava abbastanza emozionata all'idea di partecipare a un'indagine di polizia. In realtà, Barber era interessato ai giornali dei giorni successivi alle serate.» «Perché le recensioni comparivano il giorno dopo» osservò Banks. «Esatto. Be'» continuò Winsome «non c'è niente di particolarmente interessante nelle recensioni. A quanto pare erano in forma smagliante quella sera, persino Vic Greaves. Ho il sospetto che Barber fosse interessato a un altro genere di notizie.» Prese un foglio dalla pila e lo girò sulla scrivania in modo che Banks potesse leggerlo. «Mi dispiace per la qualità della stampa, signore» disse «ma non sono riuscita a fare di meglio in così poco tempo.» I caratteri erano minuscoli e Banks dovette tirare fuori gli occhiali da lettura. L'articolo era su una giovane donna di nome Gwyneth Harris, che era stata trovata morta a Bute Park, vicino al centro della città di Cardiff, alle sei del mattino del 13 gennaio, da un signore anziano che portava a spasso il cane. A quanto pareva, Gwyneth era stata afferrata da dietro e accoltellata cinque volte al cuore con una lama che somigliava a quella di un coltello a serramanico. Non c'erano altri particolari. «Gesù Cristo» commentò Banks. «Linda Lofthouse.» «Non è finita» disse Annie, e fece un cenno col capo a Winsome, che prese un altro foglio. «Lunedì, 20 aprile 1970. Il "Brighton & Hove Gazette", il giorno dopo che i Mad Hatters avevano suonato al Dome. Non molto bene, pare. Il critico dice nella recensione che Greaves in particolare sembrava in uno stato di semincoscienza e che a un certo punto Reg Cooper era dovuto andare lì e mettergli le dita sui tasti per farlo suonare. Ma c'è un pezzo su una ragaz-
za di nome Anita Higgins, trovata morta su un tratto di spiaggia non lontano dal West Pier.» «Accoltellata?» chiese Banks. «Sì, signore. Stavolta da una persona che le stava di fronte.» «E suppongo che la stessa cosa sia accaduta nella terza delle serate cerchiate?» «"Western Evening Herald", mercoledì 20 maggio 1970, una recensione sul concerto dei Mad Hatters e un articolo su Elizabeth Tregowan, diciassette anni, trovata morta a Hoe Park, a Plymouth. Questa è stata strangolata.» «Quindi se è stata la stessa persona» rifletté Banks «stava diventando sempre più sfacciata, più ardita, più coinvolta. Dalle prime due non aveva neanche voluto farsi vedere, la terza l'ha accoltellata standole di fronte e l'ultima l'ha strangolata. È tutto?» «Sì, signore» rispose Winsome. «Potrebbero esserci altre vittime, ma queste sono le tre che Nick Barber è riuscito a scoprire. Dovevano essere sufficienti per lui.» «Sono sufficienti per chiunque» replicò Banks. «Se conti Linda Lofthouse a Brimleigh, sono quattro le ragazze che sono state assassinate in prossimità di un concerto dei Mad Hatters. Qualcuna di queste era al concerto? Aveva qualche legame con il gruppo?» «Non lo sappiamo ancora» disse Annie. «Winsome ha pensato che fosse meglio metterti al corrente di questa faccenda il più presto possibile, ma abbiamo ancora un bel po' di lavoro da sbrigare. Ci servono gli articoli successivi, se ce ne sono, e dobbiamo contattare le forze di polizia locali, per vedere quello che hanno nei loro archivi. Sai che non riveliamo mai tutto quanto alla stampa.» «C'è ancora una cosa» disse Winsome. «Potrebbe essere interessante, non lo so, ma i Mad Hatters sono stati in tour in Francia per quasi tutto il mese di agosto, nel 1969.» «E allora?» domandò Banks. «Il coltello a serramanico» spiegò Winsome. «Sono illegali qui, ma puoi procurarteli abbastanza facilmente in Francia. E non credo che a quei tempi avessero metal detector sparsi dappertutto.» «Giusto» osservò Banks. «Ottimo lavoro. Quindi, ricapitolando? Prima di partire per lo Yorkshire, Nick Barber ha scoperto che i Mad Hatters al termine delle loro serate, verso la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta, si sono lasciati dietro una scia di cadaveri, a cominciare da
quello della sua madre naturale. Ovviamente al tempo le forze di polizia locali non erano in contatto per indagare su queste morti, il che non mi sorprende. Persino alla fine degli anni Ottanta la mancanza di comunicazione fra i vari nuclei investigativi ha compromesso le indagini sullo Squartatore dello Yorkshire. Stanley Chadwick pensava di aver trovato il suo uomo, e aveva i suoi buoni motivi, perciò per lui il caso era chiuso. Aveva anche alcuni problemi personali da risolvere: Yvonne. Inoltre, una delle vittime è stata strangolata, non accoltellata. Modus operandi differente. Anche se Chadwick fosse venuto a conoscenza di questa storia, il che è improbabile, non gli avrebbe detto granché. E chi mai avrebbe visto i Mad Hatters come denominatore comune di tutto ciò?» «Nick Barber, a quanto pare» replicò Annie. «Prima del suo secondo colloquio con Vic Greaves, il giorno dell'omicidio, il venerdì mattina, è andato a Eastvale Computes per verificare le date e si è annotato quello che ha trovato - quello che già sapeva - sull'ultima pagina del libro che aveva con sé. Sappiamo già, grazie al proprietario del Cross Keys, che Barber aveva l'abitudine di portarsi dietro un libro ogni volta che si recava al pub per bere o per mangiare qualcosa.» «È stata una fortuna per noi che sia stato così meticoloso» osservò Banks «dato che tutto il resto del materiale in suo possesso è stato rubato.» «Quindi pensi che sia Vic Greaves l'assassino?» gli chiese Annie. «Non lo so. Se la metti così, sembra un po' assurdo, non trovi?» «Be', qualcuno ha ucciso quelle ragazze» ribatté Annie. «E tutte le volte Vic Greaves si trovava nei paraggi.» «Perché si è fermato, allora?» le fece notare Banks. «Non sappiamo se lo ha fatto» rispose Annie. «Ma credo che fosse troppo fuso per poter continuare. È ovvio che Chris Adams gli fa da scudo, lo protegge.» «Credi che Adams sappia la verità?» «Può darsi» disse Annie. «Perché dovrebbe proteggere Greaves?» «Sono vecchi amici. Non è questo che ti ha detto Tania Hutchison? Sono cresciuti insieme.» «Che mi dici di Robin Merchant?» «Potrebbe averlo scoperto.» «Quindi credi che Greaves abbia ucciso anche lui?» «Non sarebbe stato tanto difficile. Solo una leggera spinta.» «Il problema è che» disse Banks «con tutta probabilità non riusciremo a
cavare nulla di sensato dalla bocca di Greaves.» «Almeno possiamo provarci.» «Sì.» Banks si alzò e afferrò la giacca. «Un lavoro magnifico, Winsome. Continua a seguire questa pista. Cerca di ottenere il maggior numero di informazioni possibile dalle forze locali.» «Dove vai?» «Credo di sapere dov'è Vic Greaves» rispose Banks. «Vado a fare quattro chiacchiere con lui.» «Non crede che dovrebbe portare con sé qualcuno che le copra le spalle?» gli chiese Winsome. «Voglio dire, se è davvero lui l'assassino, potrebbe essere pericoloso tentare di metterlo alle corde.» «No» replicò Banks ricordandosi che Annie aveva fatto la stessa osservazione. «C'è una sola cosa che ci farebbe rischiare davvero di perderlo per sempre. Non sa gestire i rapporti interpersonali ed è particolarmente spaventato dagli sconosciuti. Non oso immaginare come reagirebbe se si presentasse da lui un'intera squadra di poliziotti. Almeno il mio viso non gli è nuovo. Credo di non avere nulla da temere.» «Spero che tu abbia ragione» disse Annie. Anche Banks sperava lo stesso mentre metteva in moto la Porsche e lasciava Eastvale per recarsi a Lyndgarth. Si ricordò della paura che aveva provato quando aveva ispezionato il cottage di Greaves e gli diventò la bocca secca. Le persone disturbate come Vic Greaves a volte riuscivano a trovare una forza straordinaria, quasi sovrumana. Perlomeno Banks aveva detto a Annie e a Winsome dove era diretto, prima di mettersi in viaggio, e aveva chiesto loro di dargli un vantaggio di venti minuti, prima di mandare una pattuglia in suo aiuto. Non poteva essere certo che Greaves si trovasse dove pensava lui, si rese conto, mentre percorreva il ponte sullo Swain e si dirigeva verso Lyndgarth, ma la sua intuizione era maledettamente buona. L'agente immobiliare gli aveva detto che qualcuno era stato avvistato in prossimità di Swainsview Lodge e Greaves era ammutolito quando lui aveva nominato quel posto. Doveva ricordargli molto bene un periodo particolare della sua vita e sarebbe stato del tutto normale per lui gravitare là intorno in momenti di stress e di confusione mentale. O almeno Banks sperò che fosse così, mentre parcheggiava sul pendio brullo e sentiva il vento sferzargli il volto dopo aver aperto la portiera. La porta dalla quale era entrato la prima volta era chiusa a prova di ladro e Banks era certo che nessuno sarebbe potuto passare da lì. Un vialetto
sterrato scendeva giù per la collina costeggiando la villa e arrivava al borgo di Brayke, sulla riva del fiume; all'inizio del vialetto c'era un'entrata secondaria che portava a due ampi garage, entrambi chiusi a chiave. Un muro a secco piuttosto alto fiancheggiava il vialetto che scendeva lungo la collina, ma chiunque sarebbe riuscito a scavalcarlo senza troppe difficoltà, pensò Banks, soprattutto in un punto in cui mancava qualche pietra. Era impossibile introdursi nella casa senza rompere il vetro di una finestra, si rese conto, ma chiunque poteva entrare nella proprietà. Il primo indizio che Banks notò fu una bicicletta, parzialmente nascosta nel canale di scolo e coperta da un telo di plastica blu fissato con due pietre che si agitava nel vento. Era ovvio che Greaves non era riuscito a portare se stesso e la bicicletta al di là del muro. Convinto di non essersi sbagliato, ormai, Banks scavalcò il muretto con un salto e si ritrovò nel giardino vicino alla piscina, dove il vasto prato incolto cominciava la sua discesa verso il fiume. Si avvicinò al bordo della piscina: la familiare pietra scura e incrinata era coperta di muschi e licheni e tutta la vasca era soffocata dalle erbacce, disseminata di vetri rotti e lattine di birra Carlsberg vuote. Chiamò Vic Greaves a gran voce, ma il vento faceva disperdere il suono. C'erano ombre dappertutto e Banks si ritrovò più di una volta a sobbalzare, un nodo stretto al centro del petto. Era allo scoperto, pensò, sperava proprio di aver fatto bene a giudicare innocuo Vic Greaves. Una lattina di Coca-Cola vuota uscita dall'erba rotolò a tutta velocità sul patio e Banks si voltò di scatto, pronto a difendersi. Quando raggiunse il lato della piscina più vicino alla casa, gli parve di vedere qualcosa spuntare da dietro una delle colonne che sorreggevano il terrazzo del piano superiore, nei pressi delle portefinestre che dallo studio di registrazione conducevano al cortile. La zona era nell'ombra, perciò non poteva esserne sicuro, ma gli sembrava che fosse la parte inferiore di una gamba, con i pantaloni infilati nello stivale. Quando fu più vicino, vide che in realtà si trattava di una fascia fermapantaloni per andare in bicicletta. «Salve, Vic» disse. «Non ha intenzione di uscire da lì?» Dopo un bel po', la gamba si mosse e la lucida testa pelata di Vic Greaves spuntò da dietro la colonna. «Si ricorda di me, vero, Vic?» disse Banks. «Non c'è motivo di aver paura. Sono passato dal suo cottage.» Eppure, Vic non rispose e non si mosse. Continuava a guardare Banks. «Venga fuori, Vic» lo esortò l'ispettore. «Voglio solo farle qualche do-
manda, tutto qua.» «Vic non è qui» rispose alla fine una voce fioca. «Sì che c'è» ribatté Banks. Vic tenne duro. Banks girò un poco intorno alla colonna, per riuscire almeno a vederlo meglio. «D'accordo» disse. «Se vuole rimanere lì, faccia pure. Le parlerò da qui, okay?» Il vento ululava nella rientranza prodotta dal terrazzo, ma Banks riuscì a intuire che Greaves aveva acconsentito. Era seduto con la schiena contro il muro, le spalle incurvate, le braccia intorno alle ginocchia che teneva vicino al petto. «Parlerò io» disse Banks «e lei mi dirà se ho ragione o torto. Okay?» Greaves lo osservò con gli occhi socchiusi e un'espressione grave, ma non disse nulla. «Dobbiamo tornare indietro di parecchio tempo» cominciò Banks. «Al 1969, quando i Mad Hatters suonarono al festival di Brimleigh. C'era una ragazza dietro le quinte di nome Linda Lofthouse. Sua cugina. Lei le aveva procurato un pass per entrare nel backstage. Era insieme alla sua migliore amica, Tania Hutchison, che successivamente è entrata a far parte della band. Ma procediamo con calma. Tutto chiaro fin qui?» Greaves continuava a stare zitto, ma Banks poteva giurare di aver visto un'espressione interessata guizzare sul suo volto. «Arriviamo alla tarda serata di quell'ultimo giorno di festival. I Led Zeppelin erano sul palco e Linda aveva bisogno di un po' di spazio per sgombrare la mente, così andò a fare una passeggiata nel bosco. Qualcuno l'ha seguita. È stato lei, Vic?» Greaves scosse il capo. «Ne è sicuro?» insistette Banks. «Forse stava facendo un viaggio provocato dagli allucinogeni, forse non sapeva quello che faceva, ma è successo qualcosa, non è così? Qualcosa è cambiato quella sera, le è scattato qualcosa dentro e ha ucciso Linda. Forse non si è reso conto di ciò che stava facendo, forse era come se stesse guardando qualcun altro farlo, invece era lei, non è vero, Vic?» Alla fine, Greaves trovò la voce. «No» replicò. «No, ha torto. Vic è un bravo ragazzo.» Le sue parole furono a malapena udibili nel vento. «Mi dica perché ho torto, Vic» continuò Banks. «Mi spieghi su cosa ho torto. Voglio saperlo.» «Non posso» rispose Greaves. «Non posso dirlo.» «Sì che può. Ho sbagliato a descrivere il modo in cui è accaduto? Che
mi dice di Cardiff? E di Brighton? E di Plymouth? Ce ne sono state altre?» Greaves si limitò a scuotere il capo da una parte all'altra, borbottando qualcosa che Banks non riuscì a capire a causa del vento. «Io voglio aiutarla» disse Banks «ma non ci riesco se lei non mi racconta la verità.» «Non c'è nessuna verità» ribatté Greaves. «Deve esserci. Chi ha ucciso quelle ragazze? Chi ha ucciso Nick Barber? Aveva scoperto qualcosa? È per questo che l'ha ucciso? L'aveva messa davanti all'evidenza?» «Perché non lo lascia in pace?» disse una voce profonda alle spalle di Banks. «Non vede che non capisce di cosa parla?» Banks si voltò e vide Chris Adams, in piedi vicino alla piscina, la coda di cavallo che ondeggiava nel vento, la faccia tonda e rosea, la pancia che fuoriusciva dai jeans. Banks si avvicinò a lui. «Io credo di sì» disse. «Ma dato che è qui, perché non me lo racconta lei? Credo che ne sappia tanto quanto lui.» «La questione è stata sistemata tanti anni fa» rispose Adams. «Le piacerebbe, ma non è così. È questo che aveva scoperto Nick Barber, vero? Perciò Vic lo ha ucciso.» «No, non è andata così.» «E la ragazza di Cardiff? E quella di Plymouth? Che mi dice di loro?» Adams impallidì. «Lo sa?» «Non è stato così difficile scoprirlo, una volta che abbiamo cominciato a seguire le orme di Nick Barber. Era meticoloso e nemmeno il suo assassino è riuscito a far sparire tutto quello che aveva scoperto. Perché ha protetto Vic Greaves per tutti questi anni?» «Lo guardi, signor Banks» disse Adams. «Lei che avrebbe fatto? È il mio più caro amico. Siamo cresciuti insieme, maledizione. È come un bambino.» «È un assassino. Il che significa che potrebbe uccidere ancora. Lei non era in grado di sorvegliarlo ventiquattro ore su ventiquattro. Immagino che sia venuto qui soltanto perché io le ho telefonato e le ho detto che le cose stavano volgendo al termine, che ero sul punto di scoprire chi aveva ucciso Nick Barber. Lei sapeva dove poteva essere Vic. È stato qui altre volte, vero? E scommetto anche che glielo ha raccontato.» «Sembra che questo posto lo attiri molto» rispose Adams in tono calmo. «Quanto al resto, si sbaglia. Vic non è affatto un assassino.» All'inizio Banks pensò che Adams stesse mentendo, ma a un tratto gli
venne in mente una cosa, una piccola cosa, e lui non la lasciò sfuggire finché altre piccole cose non si palesarono all'improvviso insieme alla prima. Mentre il vento fischiava intorno alla sua testa, Banks si ritrovò a disporre in un nuovo ordine i pezzi del puzzle nella sua mente e si mangiò le mani per non averci pensato subito. Non aveva ancora nessuna certezza, ma tutto cominciava a quadrare. Greaves era mancino? Cercò di ricordarsi con quale mano Greaves girasse lo stufato il giorno del loro primo incontro, ma non ci riuscì. Di una cosa era certo, però: mentre guardava il DVD dei Mad Hatters con Brian la sera precedente, aveva notato che Robin Merchant suonava il basso con la sinistra, come Paul McCartney. In quel momento aveva registrato quel particolare in modo inconsapevole, senza trarre nessuna conclusione e senza cercare di trovare un collegamento con il caso. Ma adesso che ci pensava, si rese conto che l'ultimo omicidio di cui erano a conoscenza era quello del 19 maggio, un mese prima che Robin Merchant annegasse. A meno che non ci fossero stati altri episodi in seguito che Nick Barber non era riuscito a scoprire, i tempi corrispondevano. Guardò l'orologio. Si trovava a Swainsview Lodge da soli dieci minuti. «Robin Merchant» disse. «Bravo» replicò Adams. «Robin Merchant era una mela marcia, come si dice. Oh, all'apparenza era sveglio e affascinante, ma dietro quella facciata si nascondeva una doppia personalità. Aveva la mente inquinata da tutte quelle stronzate di Aleister Crowley che leggeva. Ha mai sentito parlare di Crowley?» «Il nome mi dice qualcosa» rispose Banks. «Era un drogato e un donnaiolo, che si proclamava "l'uomo più perverso del mondo". La Grande Bestia. Il suo motto era: "Fai ciò che vuoi". Robin Merchant lo prendeva abbastanza alla lettera. Sa che Robin ha tentato persino di giustificare i suoi "sacrifici", come li definiva lui? Era un uomo privo di scrupoli, anche prima che si appassionasse alle droghe, alla magia nera e a tutte quelle stronzate. Quelle cose lo hanno solo peggiorato, gli hanno fatto credere di essere simile a un dio... o forse simile a un diavolo, mi verrebbe da dire. Ma lui era così bravo! Era diventato ossessionato dagli omicidi di Los Angeles e dagli elementi rituali. Pensava di vederci qualche significato occulto. Non so se lei se lo ricorda, ma alla fine Manson fu arrestato quell'ottobre e Robin cominciò a riconoscersi in lui e nel suo delirio di onnipotenza. Si considerava una specie di messaggero delle tenebre. Ma non ammazzava porci ricchi. Ammazzava la bellezza e la pu-
rezza. Il fiore era la sua firma.» «Cos'è successo?» «Perché dovrei dirglielo?» «Perché sa che prima o poi lo scoprirei.» Adams sospirò e fissò un punto al di là della piscina, quasi stesse guardando quarant'anni di brutte storie. Si frugò nelle tasche in cerca di una sigaretta, chinò il capo e l'accese riparando la fiamma dal vento con la mano. «L'ho visto» confessò alla fine. «La quinta volta, a Winchester. Non sapeva di quella volta, immagino.» «No» rispose Banks. «Perché quella volta ho salvato la vita alla ragazza.» Adams parlò senza la minima traccia di vanità o di autocompiacimento, come se stesse solamente riportando un fatto. «Avevo i miei sospetti su Robin e forse al tempo ero l'unico che si prendeva la briga di leggere i giornali. Guardavo le nostre recensioni e leggevo gli articoli che parlavano di quelle ragazze. All'inizio non mi dicevano niente. È difficile credere davvero che la persona seduta accanto a te sull'autobus durante il tour sia un assassino. Ma avrei dovuto capirlo. I conti cominciarono a tornare. Le cose che diceva, il modo in cui parlava della gente. Poi mi ricordai di Brimleigh. Il primo omicidio. Ancora non potevo avere la certezza che fosse stato Robin, non riuscivo ad accettarlo, credo, ma non sapevo dove si trovava in quel momento. «In ogni caso, a Winchester... doveva essere giugno, all'incirca una settimana prima della sua morte... l'ho seguito dopo lo spettacolo. C'era una ragazza che aveva preso una scorciatoia attraverso il cimitero... fra tanti posti... che sciocca... ed è stato lì che Robin le è saltato addosso. Io ero proprio dietro di lui. Gli ho urlato qualcosa. Era buio e non sapevo se era in grado di riconoscermi, ma Robin mi ha ringhiato come un animale selvaggio e poi è sfrecciato via a tutta velocità. La ragazza stava bene. Mi sono assicurato che tornasse a casa sana e salva senza rivelarle chi fossi. Non so se abbia denunciato o no l'accaduto, ma non ne ho più sentito parlare. A quel punto il problema era cosa fare con Robin. Gli ho parlato. Lui non ha negato. È stato allora che ha tentato di giustificare le sue azioni con quelle cazzate riguardo a Aleister Crowley e Charles Manson. Non potevo permettere che continuasse a uccidere la gente, ma allo stesso tempo... un processo, una condanna... Era impensabile. Insomma, a quei tempi una rock band riusciva a farla franca quasi per ogni cosa, ma l'omicidio... soprattutto quel genere di omicidio. Il nostro nome sarebbe rimasto infangato
per sempre, soprattutto dopo il processo contro la famiglia Manson. Non saremmo mai sopravvissuti. La band non sarebbe sopravvissuta. Vic. Non potevo permettere che agli altri accadesse una cosa simile, dopo tanti anni di sacrifici. Per fortuna, il problema si è risolto da solo.» «No» obiettò Banks. «Lei ha ucciso Robin Merchant. Non era a letto con Tania Hutchison quella notte. Era venuto qui, vicino alla piscina, per affrontarlo. Non so ancora se avesse intenzione di ucciderlo oppure no, ma ha visto qualcosa che non si poteva fermare in lui e ha capito di non avere altra scelta. Ha funzionato alla perfezione. È stato facilissimo.» Lanciò uno sguardo alla terrazza. Vic Greaves era ancora lì che ascoltava. «Ma qualcuno l'ha vista, non è vero, Chris? Vic l'ha vista.» Adesso erano passati quindici minuti da quando Banks era arrivato. «Non ammetterò mai di aver ucciso qualcuno» ribatté Adams. «Pensi quello che le pare. Tanto non può provare niente.» «E ha ucciso Nick Barber» riprese Banks. «Era la sua Mercedes color argento quella che la coppia di turisti e la ragazza dell'ostello della gioventù hanno visto quella sera. La sagoma che correva era solo qualcuno che faceva jogging. Sono stato uno stupido a pensare che Vic avrebbe potuto fare una cosa simile. Avevano tutti ragione sul suo conto. Forse non ci sta tanto con la testa, ma in fondo ha un animo gentile. Vic era sconvolto e le ha detto nel suo solito modo sconclusionato che un giornalista musicale era andato a tormentarlo con domande sul passato, su Brimleigh, su Linda Lofthouse e sugli altri omicidi. Cardiff. Brighton. Plymouth. Domande alle quali soltanto lei e Vic sapevate dare delle risposte. Il giornalista aveva detto che sarebbe tornato. Aveva lasciato il biglietto da visita. Lei ha pensato che Vic non avrebbe tollerato la tensione di un secondo colloquio. Pensava che avrebbe avuto un crollo nervoso e avrebbe raccontato tutto, riguardo a quello cui aveva assistito tanti anni fa, così ha ucciso Barber. Non poteva certo uccidere Vic, no, malgrado fosse lui l'unico a portare dentro di sé quel segreto, malgrado fosse lui la vittima più ovvia. Sapeva che Linda Lofthouse era la madre naturale di Nick Barber?» Adams si batté il pugno sul petto e sembrò indietreggiare di un paio di passi barcollando, come se fosse stato colpito. «Mio Dio! No» rispose. «Non ammetterò mai niente» ricominciò. «Ho parlato con Robin, sì, per fargli capire che io sapevo e che lo tenevo d'occhio. Nient'altro. Il resto è stato un incidente.» «Lo ha ucciso per stare sicuro. Sapeva che non si sarebbe fermato, che ci sarebbero state altre vittime. E sapeva che a un certo punto sarebbe stato
beccato e avrebbe mandato tutto all'aria.» «Il mondo è un posto più sicuro senza di lui, questo è un dato di fatto. Ma non confesserò mai. Non ho commesso nessun crimine. Non potete farmi niente. Comunque non sarebbe stato poi tanto difficile, sarebbe bastato allungare una mano e...» Adams allungò il braccio per fare una dimostrazione e appoggiò la mano sulla spalla di Banks. Poi sorrise con aria mesta «... dare una leggera spinta.» Erano passati quasi venti minuti ormai. La cavalleria sarebbe arrivata a momenti. Ma Adams non lo spinse. Banks, che era teso, pronto per una colluttazione, sentì la mano posarsi con delicatezza sulla spalla e capì che erano arrivati all'epilogo. Uccidere Nick Barber e impossessarsi dei suoi appunti era un conto, ma uccidere un poliziotto a sangue freddo era tutto un altro paio di maniche. Accadde tutto all'improvviso. Prima che Banks potesse muoversi o parlare, sentì qualcuno correre lungo il vialetto e gridare il suo nome. Quindi udì un urlo terribile alla sua sinistra e una figura scura e possente si scagliò con violenza contro Adams trascinandolo giù nella parte più profonda della piscina vuota. La cavalleria era arrivata, ma era troppo tardi. Quando Annie e Winsome giunsero sulla scena, le ambulanze erano già arrivate e andate via. Stava facendo buio e il vento ululava attraverso gli alberi e si infilava in ogni singolo recesso di Swainsview Lodge fischiando tanto da far risuscitare i morti. Gli uomini della Scientifica avevano illuminato la scena con forti lampade ad arco e camminavano ancora lì intorno tutti impettiti nelle loro tute bianche, simili ad astronauti in missione. C'erano schizzi di sangue sul fondo della piscina mescolati ad altri detriti. Annie vide che Banks stava in piedi da solo, col capo chino, sul bordo della piscina e lo raggiunse, quindi gli toccò con dolcezza la spalla. «Stai bene?» chiese. «Abbastanza.» «Ho saputo quello che è successo.» «Greaves ha pensato che Adams stesse per farmi quello che gli aveva visto fare a Robin Merchant tanti anni fa. Poi gli agenti in divisa si sono precipitati lungo il vialetto e lui si è spaventato. Non è colpa di nessuno. Dubito che qualcuno avrebbe potuto prevederlo e fermare Greaves.» «Ma Adams non aveva intenzione di spingerti?» «No. Aveva esaurito tutte le energie.» «Ma credi che Greaves fosse presente quando Adams spinse Merchant?»
«Ne sono convinto. All'epoca era sotto l'effetto dell'LSD. È stato quello a farlo uscire fuori di testa. Riesci a immaginarlo? Adams si è preso cura di lui da quel giorno, lo ha protetto, anche per il proprio bene. Lo ha persuaso a non parlare, magari lo avrà anche convinto a credere che le cose fossero andate diversamente. Greaves era così confuso. Non poteva fidarsi del proprio giudizio. Ma quando ha visto Adams appoggiare la mano sulla mia spalla vicino alla piscina...» «Gli è tornato tutto alla mente?» «Qualcosa del genere, nel modo frammentario e caotico in cui funziona la sua mente oggi, qualunque esso sia. In ogni caso, è scattato. Per tutti questi anni è stato come una molla caricata. Adams lo ha protetto da tutto ciò che avrebbe potuto farlo scattare. Ma quando Barber si è presentato con le sue domande su Plymouth, Cardiff e Brighton, è stato troppo. Greaves aveva ascoltato la conversazione che Adams aveva avuto con Merchant vicino alla piscina, perciò da qualche parte della sua mente bacata sapeva queste cose, sapeva quello che aveva fatto Merchant. Ma non era in grado di affrontarle. Lo ha raccontato a Adams, il quale aveva il terrore che Barber facesse troppe pressioni e lo smascherasse. Così lo ha ucciso. Barber pensava di non avere nulla da temere. Sapeva chi era Adams, deve aver pensato che era lì per parlare con lui. Mentre chiacchieravano si è girato per andare a prendere le sigarette e allora Adams ha afferrato l'attizzatoio e ha colto l'attimo. Fortunatamente per lui, ha avuto anche il tempo di raccogliere la roba di Barber prima che andasse via la luce.» «Possiamo dimostrarlo?» «Non lo so. È stanco di tutta questa storia, ma non confesserà niente. Non è stupido. Avresti dovuto vederlo laggiù, piangeva come un bambino mentre teneva sul grembo la testa di Greaves, nonostante anche lui non stesse troppo bene.» «Qual è l'entità delle lesioni?» «Una spalla lussata, un paio di costole rotte, tagli e lividi, stando ai paramedici.» «E Greaves?» «È atterrato male. Si è spezzato il collo. È morto sul colpo.» Annie tacque per un istante e fissò la piscina inondata dalla luce accecante. «Forse è stata una benedizione.» «Può darsi» replicò Banks. «Dio solo sa se era un'anima tormentata.» «Che succederà adesso?» «Cercheremo di trovare più prove possibili contro Adams. Non la passe-
rà liscia. Non se posso evitarlo. Lavoreremo al fianco della Scientifica, controlleremo e ricontrolleremo tutte le deposizioni, interrogheremo di nuovo tutto il paese, verificheremo il suo alibi, ogni cosa. Deve esserci qualcosa che possa collegarlo all'omicidio di Barber. Non a quello di Merchant. È passato troppo tempo ormai e non lo inchioderemo mai per quello.» «Stefan dice che nel soggiorno ha trovato alcune impronte e alcuni capelli che finora non appartengono a nessuno.» Banks le lanciò uno sguardo, l'accenno di un sorriso sul volto. «Allora direi che lo abbiamo in pugno, no? Un dilettante come Adams non sarebbe mai capace di cancellare interamente le sue tracce. Inoltre, quando avrà accettato la morte di Greaves, forse potremo fare appello alla sua coscienza. Non ha più nessuno da proteggere.» «E che mi dici dei Mad Hatters? Del passato? Della reputazione? Non dovevano fare una specie di rimpatriata con un tour?» «È molto probabile che non venga fuori niente di tutto ciò, comunque. Cardiff. Brighton. Plymouth. Perché dovrebbe se Adams si dichiarasse colpevole? Quei casi sono chiusi da un pezzo e l'assassino è morto trentacinque anni fa. Forse le forze locali potrebbero apporre la crocetta su un'altra casella e aggiungere un altro successo alle statistiche dei casi risolti, ma niente di più.» «Fino a quando non arriverà un altro Nick Barber.» «Può darsi» disse Banks. «Ma la cosa non ci riguarda.» «Winsome ha parlato con alcune persone a Cardiff e a Plymouth che sono riuscite a reperire i vecchi dossier» lo informò Annie. «E?» «Nei dossier c'è scritto che tutte le ragazze avevano un fiore dipinto sulla guancia. Un fiordaliso.» Banks annuì. «La firma di Merchant. Proprio come Linda Lofthouse.» «Questo particolare non lo hanno reso di pubblico dominio.» «Buffo, eh?» disse Banks. «Se lo avessero fatto, adesso forse non saremmo qui.» Si alzò il bavero della giacca. Batteva i denti. «Hai freddo?» gli domandò Annie. «Un po'.» «Ah, quasi dimenticavo» disse lei. «Ho appena visto Kev Templeton uscire come una furia dall'ufficio della sovrintendente Gervaise, aveva proprio l'aria da cane bastonato.» Banks sorrise. «Allora esiste una giustizia divina.» Guardò l'orologio.
Erano le sette e mezzo. «Muoio di fame» disse «e mi farebbe bene bere qualcosa di forte. Che ne dici?» «Sicuro che te la senti?» Banks le lanciò uno sguardo enigmatico, il volto parzialmente illuminato dalle potenti lampade ad arco, gli occhi di un azzurro penetrante. «Andiamo» disse, e si girò. «Non ho più niente da fare qui.» Lunedì, 29 settembre 1969 Il tratto deserto del canale scorreva vicino allo sfasciacarrozze, dove la pioggia picchiettava sui cumuli di vecchi rottami arrugginiti. Stanley Chadwick camminò lungo l'alzaia con il bavero dell'impermeabile alzato. Sapeva che quello che stava per fare era sbagliato, che andava contro tutti i principi in cui credeva, ma sentiva che era l'unica strada. Non poteva semplicemente affidare tutto al caso, perché in base alla sua esperienza il caso da solo non bastava a sostenere la ragione. E lui aveva ragione; di questo era sicuro. Dimostrarlo era un altro paio di maniche. Yvonne era andata via da quasi una settimana, era scappata di casa. Janet aveva scoperto che alcuni dei suoi indumenti preferiti erano scomparsi, insieme a un vecchio zaino che di solito usavano per portare gazzosa e panini quando lasciavano la roulotte a Primrose Valley e andavano a fare le escursioni a piedi. Chadwick era preoccupato per la figlia, ma perlomeno sapeva che non le era successo niente di grave. Non che le città fossero luoghi sicuri per una vulnerabile ragazza di sedici anni, ma era certo che Yvonne non fosse stupida come tante altre e sperava che presto sarebbe tornata a casa. Non poteva rendere ufficiale la sua scomparsa e mettere tutte le forze di polizia del paese sulle sue tracce, perciò poteva soltanto aspettare con la speranza che la figlia cominciasse a sentire nostalgia di casa. Gli si spezzava il cuore, ma non vedeva altro modo. Per il momento, lui e Janet avevano detto agli amici e ai vicini incuriositi che Yvonne era andata a stare un po' da sua zia a Londra. In ogni caso, era molto probabile che fosse andata a Londra, pensò Chadwick. Chiunque scappasse di casa andava a finire lì. Il tizio si avvicinò passando sotto il Kirkstall Viaduct, come stabilito. Jack Skelgate era un ricettatore di basso livello che assomigliava un po' a un furetto e che aveva aiutato Chadwick più di una volta come informatore. Chadwick aveva scelto Skelgate perché sapeva tante di quelle cose sul suo conto da poterlo sbattere dentro per i successivi dieci anni e, se c'era
una cosa che terrorizzava davvero Skelgate, era l'idea di finire in gattabuia. Cosa che, aveva pensato spesso Chadwick, avrebbe dovuto portarlo a prendere in considerazione una professione più onesta, ma alcune persone non riuscivano proprio a fare questo passo. Ecco perché le carceri erano sempre piene. Come molte delle persone che Chadwick aveva incontrato e con cui aveva parlato nelle ultime due settimane, Skelgate era del tutto ottuso, ma questo avrebbe giocato a suo favore. «Che giornata di merda, eh?» disse Skelgate per salutarlo. Tirava perennemente su con il naso, come se fosse sempre raffreddato. «C'è stato un furto a Cross Gates l'altra sera» disse Chadwick. «Qualcuno se l'è svignata con cinquanta astucci di posate. Belle. D'argento. Mi chiedo se non siano passate per le tue mani.» «Posate d'argento, ha detto? È un bel pezzo che non ne vedo.» «Ma me lo faresti sapere, se ne vedessi qualcuna?» «Certo che lo farei, signor Chadwick.» «Pensiamo che dietro possa esserci la banda dei Newton e tu sai quanta voglia ho di sbatterli in galera.» A quelle parole Skelgate rabbrividì, anche se si riferivano a qualcun altro. «I Newton, dice. Brutti ceffi, quelli là.» «Potrebbero avere in mente altre rapine. Se per caso senti qualcosa, possiamo fare come al solito.» «Terrò le orecchie aperte, signor Chadwick, lo farò.» Skelgate si guardò intorno con i suoi occhi da furetto. La paranoia era un'altra delle sue caratteristiche; pensava sempre che ci fosse qualcuno a spiarlo. «È tutto, signor Chadwick? Posso andare ora? Non mi va che ci vedano insieme. Quei Newton sono tipi violenti. Non ci mettono niente a spedire un uomo all'ospedale per un mese, glielo assicuro.» «Tieni occhi e orecchie bene aperti, tutto qua.» Chadwick esitò e si innervosì perché sapeva che stava per raggiungere il punto di non ritorno. Per settimane era stato in mezzo a gente che disprezzava tutto ciò che per lui aveva un valore e a un certo punto in mezzo a quel trambusto aveva perso il controllo. Lo sapeva e sapeva anche che non si poteva più tornare indietro. Tutto quello che voleva era che Yvonne tornasse a casa e che McGarrity fosse condannato per l'omicidio di Linda Lofthouse. Allora forse, sperava, avrebbe ritrovato un po' di pace. Ma, in fondo al cuore, sapeva anche che con tutta probabilità la pace gli sarebbe sfuggita per sempre. La sua rigida educazione religiosa gli diceva che sarebbe stato condannato alle eterne fiamme dell'inferno per quello che stava per fare. Ma così doveva
essere. Amen. All'improvviso sentì un peso sul petto. Non una fitta di dolore o qualcosa del genere, soltanto un peso, proprio la sensazione che veniva generalmente descritta come crepacuore. Gli era capitato di provarla soltanto una volta in vita sua, quando era sbarcato dalla motozattera la mattina del 6 giugno 1944, ma quel giorno l'aveva subito dimenticata in mezzo al rumore e al fumo, mentre schivava colpi di mortaio e di mitragliatrice. «C'è un'altra cosa che vorrei che tu facessi per me» disse. Era evidente che a Skelgate la cosa non piaceva. In pratica stava saltellando sulle punte dei piedi. «Cosa?» chiese. «Sa che faccio tutto quello che posso per lei.» «Voglio un coltello a serramanico.» Ecco, lo aveva detto. «Un coltello a serramanico?» «Sì. Con l'impugnatura di tartaruga.» «Ma perché vuole un coltello a serramanico?» Chadwick gli lanciò uno sguardo severo. «Puoi procurarmene uno?» «Certo» rispose Skelgate. «Niente di più facile.» «Quando?» «Quando le serve?» «Al più presto.» «Domani, stesso posto, stessa ora?» «D'accordo» disse Chadwick. «Fai in modo di esserci.» «Non si preoccupi, ci sarò» gli assicurò Skelgate, quindi si guardò intorno, vide che non c'era nessuno e s'incamminò a grandi passi lungo l'alzaia. Chadwick restò impalato a osservarlo e si domandò cosa mai lo avesse spinto a buttarsi in quell'impresa scellerata in quel posto dimenticato da Dio. Poi si voltò dalla parte opposta e si avviò verso l'auto sotto la pioggia. Ringraziamenti Vorrei ringraziare Sheila Halladay e Dominick Abel per aver letto e commentato le prime bozze del manoscritto e i miei editor Dinah Forbes, Carolyn Marino e Carolyn Mays per aver fatto un lavoro davvero fantastico con la stesura finale. Ovviamente anche i copy editor hanno avuto un bel da fare e se la sono cavata con grande successo. Dicono che se ti ricordi degli anni Sessanta vuol dire che non c'eri. Io c'ero, perciò non ho potuto fare più di tanto affidamento sulla mia memoria per quanto riguarda le parti del libro ambientate nel 1969. Jill Bullock, co-
ordinatrice delle comunicazioni della Alumni and Development Team dell'Università di Leeds, si è rivelata una miniera di informazioni utili. Kenneth Lee e Paul Mercs, che c'erano entrambi, hanno condiviso con me alcune interessanti storie, che in parte vengono riprese nel romanzo. Fra i tanti libri che ho letto e i tanti DVD che ho visionato, vorrei citare in modo particolare All Dressed Up, il resoconto di quel periodo fatto da Jonathon Green, e il documentario di Murray Lerner sul festival dell'Isola di Wight del 1970, Message to Love. Un ringraziamento speciale va a Andrew Male, vicedirettore di «MOJO», per le interessanti conversazioni e per le informazioni che mi ha fornito su alcuni degli elementi più oscuri della musica della fine degli anni Sessanta e perché mi ha lasciato essere un osservatore inosservato nel suo ufficio. Grazie anche, come sempre, a Philip Gormley e a Claire Stevens. Un grosso grazie anche al dottor Sue, dei volontari del Calgary Wordfest, ai dottori, agli impiegati e ai paramedici del Mineral Springs Hospital di Banff e ai dottori Michael Connelly e Michael Curtis, nonché a tutti gli infermieri e allo staff del reparto di cardiologia del Foothills Hospital di Calgary, senza i quali Black Dog avrebbe avuto tutto un altro significato! Grazie anche a Janet, Randy, Matthew, Jonathan e Megan per avermi fatto sentire a casa anche lontano da casa. FINE